MALATTIA-INFORTUNIO Trattazione in ambito...

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MALATTIA-INFORTUNIO Trattazione in ambito INAIL A cura di: Mariano INNOCENZI Fiorella RULLO Claudia SFERRA Adriano OSSICINI SOVRINTENDENZA MEDICA GENERALE

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MALATTIA-INFORTUNIOTrattazionein ambito INAIL

A cura di:Mariano INNOCENZIFiorella RULLOClaudia SFERRAAdriano OSSICINI

SOVRINTENDENZA MEDICA GENERALE

ISBN-13: 978-88-7484-102-7ISBN-10: 978-88-7484-102-7

Tipolitografia INAIL - Milano

Ristampato nel mese di marzo 2007

PRESENTAZIONE

La “malattia infortunio” è termine derivato dall’assioma formulato dal Borri nel 1912con il quale veniva connotato come “causa violenta” la “causa virulenta”. Questo particolare tipo di infortunio, tuttavia ha cominciato ad avere maggiore impor-tanza pratica solo in tempi recenti ed in particolare da quando (anni 70) sono stati iso-lati i virus dell’epatite B, C (anni 90) ovvero da quando ha fatto la sua comparsa lasindrome da immunodeficienza acquisita.La gravità di questi quadri morbosi sia quoad vitam sia quoad valetudinem, anche seincidenti in numero relativamente modesto rispetto al totale degli infortuni assume par-ticolare importanza ed ha determinato problemi di carattere medico legale di non pococonto connessi con la difficoltà, spesso oggettiva, ad individuare il momento infettante.Le numerose sentenze della magistratura di legittimità che hanno ritenuto valido, intalune circostanze, il ricorso alle presunzioni semplici ex art.2729 c.c., comporta peril medico legale dell’Istituto una approfondita conoscenza clinica e delle norme per trat-tare adeguatamente e correttamente i casi di malattia-infortunio.L’argomento, già affrontato in recenti convegni e seminari di aggiornamento, meritavauna trattazione organica, completa e approfondita come quella realizzata dagli autoridel testo che presento, nel lodevole intento di offrire ai medici dell’INAIL, ma nonsolo, un utile strumento di lavoro.

Giuseppe Cimaglia

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PREFAZIONE

L’ottima riuscita del seminario di aggiornamento su tale tematica e soprattutto l’im-patto avuto sui medici della non facile problematica hanno spinto lo scrivente ad invi-tare gli autori a dare corpo ad un lavoro che in maniera esaustiva mettesse un puntofermo sull'argomento non solo sul piano normativo ma anche medico-legale.Un gruppo di lavoro coordinato dallo scrivente aveva portato alla stesura delle Lineeguida di cui alla circolare del dicembre 1998, con il presente lavoro si intende fornireelementi di chiarezza al fine di concorrere all'opera di armonizzazione dei principimedico-legali operativi nella definizione dei singoli casi e nello stesso tempo contribui-re alla omogeneizzazione dei criteri valutativi.Si è partiti da un excursus storico, dottrinario sulla fattispecie, e non si poteva sorvo-lare, perché tale percorso ha coinvolto per circa un secolo la scienza medico-legale assi-curativa italiana, entrando poi nel merito del concetto della "presunzione semplice"che recentemente, e non solo, è stato proposto con vigore dai continui pronunciamen-ti della Corte di Cassazione ed infine una lettura attenta delle linee guida citate perconcludere con le tabelle valutative da epatite.E' importante segnalare che tali tabelle, riferentesi esclusivamente al danno da epati-te, hanno un valore indicativo ma non potranno che tornare utili non solo a chi è com-pletamente a digiuno della specifica materia ma anche a chi già altre volte con difficoltàsi è dovuto cimentare con tali valutazioni.Non posso che concludere che il compito dello scrivente è stato solo quello di sollecita-re i tre colleghi, M.Innocenzi, F. Rullo e C. Sferra, a dare un corpo unitario alla mate-ria - già trattata nella giusta maniera in situazioni diverse - e di coniugare il diversomateriale in modo tale che tutta la materia avesse una sua organicità.Abbiamo la presunzione di dire di esser stati mossi da un solo obiettivo, che non eraquello di una nuova base di approfondimento su cui cominciare a discutere ma, la pre-tesa, se non di esaurire una volta per sempre tale problematica all'interno dell'INAIL,almeno di mettere un punto chiaro e preciso sull'argomento che da troppo tempo lorichiedeva; se ci saremo riusciti il merito va integralmente ai miei collaboratori.

Adriano Ossicini

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PREMESSA

Trattare di “malattia-infortunio” e della sua indennizzabilità in ambitoI.N.A.I.L. è come riproporre un nuovo appuntamento lungo un percorso cultu-rale, ricco di acquisizioni dottrinali, sul quale da oltre un secolo si cimenta lamedicina-legale assicurativa italiana, ma del quale non si coglie il traguardo perla continua evoluzione scientifica, giuridica e la crescente attenzione socialesugli aspetti previdenziali della materia.In occasione di diversi Seminari di Aggiornamento per Dirigenti Medici orga-nizzati dalla SOVRINTENDENZA MEDICA GENERALE questi argomentifurono trattati con dovizia di particolari e nel maggio 1999 hanno trovato unaloro soddisfacente risoluzione, anche alla luce di recentissime acquisizioni scien-tifiche e consolidate pronunce giurisprudenziali.I continui pronunciamenti della CORTE DI CASSAZIONE, dimostrano, se vene fosse bisogno, da una parte la sempre attualità dell’argomento, dall’altra inconsiderazione dell’importanza dei contenuti delle stesse sul tema assicurativo-previdenziale, non possono non influenzare la nostra attività professionale, eobbligare a validare i criteri di giudizio medico-legale in sede INAIL.In questo contesto il contributo del presente lavoro è quello di fornire elementidi chiarezza al fine di concorrere all’opera di armonizzazione tra i nuovi principied i metodi operativi, nello stesso tempo contribuire alla omogeneizzazione deicriteri valutati del danno indennizzabile.

All’inizio (M. INNOCENZI) vengono illustrati gli aspetti storici, culturali e dot-trinari della malattia-infortunio nell’ambito della tutela assicurativa pubblica dellavoro, e forniti gli elementi conoscitivi di base per una compiuta interpretazionedel fenomeno nel corso dei mutamenti sociali e culturali dell’ultimo secolo.Vengono evidenziati gli strumenti operativi elaborati dall’INAIL nel corso degliultimi anni, individuando gli elementi di novità introdotti dalle recenti senten-ze della Corte di Cassazione in materia.

Successivamente (F. RULLO ) ci si addentra in un terreno ostico, con uno sfor-zo culturale si introduce meglio e si cerca di spiegare il concetto giuridico della“Presunzione Semplice” . Partendo dall’analisi dei vari procedimenti giuridici espone il “CriterioPresuntivo” dapprima nella sua accezione teorico-nomativa, quindi ripercorren-do le varie Sentenze della Corte di Cassazione indica gli ambiti di applicazionedi tale principio.

Infine (C. SFERRA) vengono forniti - dopo un ampio e puntuale lavoro di ricer-ca dei più recenti dati scientifici - nuovi elementi per una corretta interpreta-zione medico-legale dei dati clinici e di laboratorio e proposte tabelle indicativedi riferimento per un’adeguata quantificazione del danno indennizzabile.

Le ragioni di ordine pratico che hanno indotto la SOVRINTENDENZA MEDI-CA GENERALE ad affrontare la tematica con questa pubblicazione sono ricon-ducibili essenzialmente:

• alla constatazione di una difformità interpretativa delle norme e delle proce-dure fornite dall’Istituto sull’argomento;

• all’elevato numero di pareri medico-legali richiesti dalle strutture sanitarieperiferiche ai Settori della S.M.G. confermando il disagio interpretativo edapplicativo delle disposizioni relative;

• alla divergenza esistente tra l’altissima diffusione delle patologie in oggettonegli operatori professionali della Sanità ed il numero esiguo dei casi ricono-sciuti dall’INAIL; aspetto quest’ultimo oggetto di interpellanze parlamentarialle quali la stessa S.M.G. è stata chiamata a rispondere.

• L’opportunità di illustrare le recenti LINEE GUIDA PER LA TRATTAZIO-NE DEI CASI DI MALATTIE INFETTIVE E PARASSITARIE in modo tem-pestivo e pertinente, aiutando così ancor di più i medici che troppo spessonelle sedi decentrate si vedono pervenire circolari senza una procedimentopropedeutico ad una corretta lettura delle circolari stesse.

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INDICE

PRESENTAZIONE

PREFAZIONE

PREMESSA

PRIMA PARTE

RICOSTRUZIONE STORICA, CULTURALE E DOTTRINARIA DELCONCETTO MALATTIA/INFORTUNIO ...................................................................... pag. 2

PRESUNZIONE SEMPLICE TRA DIRITTO E MEDICINA LEGALE(O DAL GIUDICE AL MEDICO LEGALE) ......................................................................... 13

PROCEDIMENTI OPERATIVI PER IL RICONOSCIMENTO ALLA LUCEDELLE “LINEE GUIDA” ....................................................................................................... 19

LA VALUTAZIONE DEL DANNO ALL’ATTITUDINE AL LAVORODA EPATITE ............................................................................................................................ 21

- BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE................................................................................. 32

SECONDA PARTE

RECENTI ACQUISIZIONI CLINICHE IN TEMA DI EPATITE VIRALE ..................... 34

Allegati

Lettera INAIL 1° luglio 1993 .................................................................................................... 49

Circolare INAIL n. 74 del 1994 ................................................................................................ 51

Linee Guida allegate circ. 1° dicembre 1998 ............................................................................. 53

Sentenze Corte di Cassazione n. 1373 del 10 febbraio 1998 e n. 6390del 26 giugno 1998 .................................................................................................................... 59

BIBLIOGRAFIA GENERALE ................................................................................................ 65

PRIMA PARTE

RICOSTRUZIONE STORICA, CULTURALE EDOTTRINARIA DEL CONCETTOMALATTIA/INFORTUNIO

PRESUNZIONE SEMPLICE TRA DIRITTO EMEDICINA LEGALE (O DAL GIUDICE ALMEDICO LEGALE)

PROCEDIMENTI OPERATIVI PER ILRICONOSCIMENTO ALLA LUCE DELLE“LINEE GU IDA”

TABELLA VALUTATIVA DEL DANNO DAEPATITE

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RICOSTRUZIONE STORICA, CULTURALE E DOTTRINARIADEL CONCETTO DI MALATTIA-INFORTUNIO

Le origini del problema concernente la tutela assicurativa degli infortuni sul lavoro,nel nostro Paese risalgono intorno al 1870, allorché veniva a svilupparsi una cre-scente sensibilità sociale conseguente alla grave esperienza del fenomeno infortuni-stico aggravatosi per la crescente attività industriale ed edilizia successiva alla Unitàd’Italia.Il processo di industrializzazione che si realizzava in modo difforme sul territorionazionale nella seconda metà del XIX secolo, interessando tra i settori produttivisoprattutto il metalmeccanico, il chimico ed il tessile, coinvolgeva masse progressi-vamente maggiori di forza lavoro sottratte forzatamente all’agricoltura.L’attività agricola, per quanto impoverita da masse di lavoratori transitate allenascenti attività industriali, continuava a rappresentare una delle maggiori forme disostentamento della popolazione, peraltro svolta in condizioni di assoluta precarietàe di arretratezza di mezzi. In siffatto contesto produttivo, le condizioni di lavoro caratterizzate dalla mancanzadelle più elementari norme di igiene e sicurezza, prive di ogni forma di regolamen-tazione, determinavano il proliferare degli eventi infortunistici divenendo una delleprincipali preoccupazioni delle nascenti organizzazioni sindacali dei lavoratori, diriflesso della classe politica nazionale.Ad una crescente domanda di tutela della salute da parte dei lavoratori organizzatifaceva tuttavia riscontro l’impossibilità da parte delle norme generali del diritto allo-ra vigenti di fornire una efficace ed adeguata risposta; conseguentemente prendevacorpo nel dibattito sviluppatosi sulla materia la necessità di una normativa specificain materia infortunistica.La creazione di una Cassa Nazionale nel Febbraio 1883 che, senza fini di lucro, aves-se potuto gestire un’assicurazione volontaria contro gli infortuni lavorativi sulla basedi una Convenzione Nazionale, si dimostrava assai più proficua rispetto alla soluzio-ne legislativa che per circa un decennio era stata tentata nelle Aule e nelleCommissioni parlamentari senza successo.La stipula di polizze, in numero sempre maggiore in un brevissimo arco di tempoconfermava la validità della formula assicurativa fondata sul diretto collegamentoesistente tra attività imprenditoriale e rischio lavorativo. L’individuazione del cosiddetto “Rischio professionale” e la sua accettazione da partedel mondo produttivo comportava l’affermazione di un “principio di equità” secon-do il quale la domanda di tutela dei lavoratori, lungi dal trovare soddisfazione nellastipula di polizze a carattere volontario, avrebbe avuto più adeguata risposta nellaobbligatorietà della assicurazione.Con legge n. 80 del 17 Marzo 1898 veniva inaugurato un iter legislativo di sicurez-za sociale in tema di tutela che, sebbene avesse conosciuto nel suo svilupparsi fasialterne di interesse e di successi reali, conserva ai giorni nostri un grande interesseper l’attualità dei problemi affrontati.Una delle prime conseguenze della legge n. 80 / 1898 era l’emanazione di tre decre-ti legislativi che realizzavano il nuovo sistema di tutela della sicurezza sul lavoromediante l’approvazione di un “Regolamento generale di prevenzione” .Nell’ambito della normativa delineata per gli eventi infortunistici, emergeva l’esi-genza anche di una tutela previdenziale delle malattie professionali. L’argomento era

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oggetto di studio da parte di una specifica Commissione ministeriale costituita nelDicembre 1901 la quale veniva incaricata di studiarne le cause e di proporre prov-vedimenti idonei alla prevenzione delle stesse.Detta Commissione, tra l’altro, elaborava una Lista di Malattie Professionali checomprendeva anche “il CARBONCHIO E LA MORVA” .

Le conclusioni cui era pervenuta la citata Commissione non avevano fortuna, percui si rafforzava e prendeva corpo giuridico, anche per effetto dei primi provvedi-menti giurisprudenziali e delle opinioni dottrinarie medico-legali allora in auge, latutela di siffatte patologie nell’ambito della materia infortunistica.Il testo Unico n. 51 del 31 Gennaio 1904 riordinando tutta la precedente normati-va in materia di infortuni sul lavoro, estendeva la prima forma di tutela anche adalcune lavorazioni agricole e sebbene conservasse ancora il carattere della contrat-tualità assicurativa, introduceva di fatto alcuni elementi indice di un iniziale StatoSociale.Nel suddetto T.U. n. 51 / 1904, il legislatore indicava l’evento coperto dalla assicu-razione con la formula: “...l’infortunio che avvenga per causa violenta in occasionedi lavoro”. La dizione “causa violenta” veniva introdotta per la prima volta in que-sta normativa al fine di circoscrivere il risarcimento ai soli fatti derivanti da situa-zioni di rischio lavorativo, dovuti a causa accidentale e di rapida azione. In tal modoveniva ben differenziato l’Infortunio lavorativo dalla Malattia Professionale che, alcontrario, era conseguenza inevitabile di determinate lavorazioni e proveniente dacause patogene ad azione lenta e progressiva. Peraltro, non definendo l’infortunio, il Legislatore pur riferendosi alla accezionecomune di evento sfavorevole, non aveva posto limiti cogenti ai caratteri che essoavrebbe dovuto possedere lasciando all’interprete una certa larghezza di concezione. La suddetta formula identificativa di infortunio lavorativo veniva sostanzialmenteconservata nel Decreto n. 1450 del 23 Agosto 1917 che estendeva, sotto la pressio-ne dei contadini reduci dalla Prima Guerra Mondiale, la tutela assicurativa anchealle lavorazioni agricole.Il R.D. n. 928 del 13 Maggio 1929 introduceva la tutela previdenziale delle malattieprofessionali, estendendo ad esse la normativa vigente per gli infortuni sul lavoro;indicava in un’apposita lista le 6 patologie oggetto della tutela, tra le quali era pre-vista l’ANCHILOSTOMIASI.Tale decreto, entrato in vigore il 1° Gennaio 1934 era successivamente inserito nellariforma complessiva operata in tutto il Settore dell’assicurazione per gli infortuni sullavoro e le malattie professionali operata con il R.D. n. 1765 del 17 Agosto 1935,nell’ambito del quale era confermata l’esclusiva competenza dell’INAIL alla gestio-ne dei casi come precedentemente sancito nel R.D. n. 264 del 23 Marzo 1933. La legge di riforma del 1935 determinava il carattere pubblicistico dell’assicurazioneed introduceva i principi cardine della tutela rappresentati dalla costituzione auto-matica del rapporto assicurativo, l’automaticità delle prestazioni, l’erogazione delleprestazioni sanitarie, la revisione delle rendite e la nuova disciplina nell’assistenzadei grandi invalidi.Nella suddetta legge la formula usata per l’indicazione dell’evento “Infortunioindennizzabile”, oggetto dell’assicurazione, indicava, all’art. 2, la causa del danno inun infortunio genericamente inteso; specificava i requisiti essenziali ai fini dellatutela (per causa violenta, in occasione di lavoro), ammetteva il realizzarsi di conse-guenze dannose alla attitudine lavorativa.

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Nello stesso art. 2 la Legge sanciva doversi considerare il CARBONCHIO infortu-nio sul lavoro ove fosse risultato che la malattia era stata contratta in seguito arischio lavorativo.Al contrario, non risultava indennizzabile la MALARIA oggetto di una specifica tutela.

* * *

La dottrina medico-legale delineando la figura dell’evento infortunistico, sin daglialbori della tutela assicurativo-previdenziale aveva ricondotto il concetto diInfortunio lavorativo ad un “… avvenimento lesivo causante un danno ed occorsoin occasione di lavoro”. Il Moriani in un pregevole studio sul concetto di Infortunio sul lavoro (1917) rite-neva che esso potesse ammettersi allorché sussisteva il trinomio rappresentato da“Causa lesiva esterna e violenta, incontro fortuito della stessa con l’organismoumano, lesione del corpo e della psiche umana ...”. A questa interpretazione, certamente la più condivisa da parte degli Studiosi dell’e-poca, erano state sollevate molteplici critiche; in particolare le riserve avevanoriguardato il concetto d’infortunio limitatamente all’incontro di una causa lesivaviolenta con il corpo umano identificabile nell’attimo in cui l’energia lesiva dellacausa si fosse convertita in lesione corporea o psichica.Il dissenso era stato motivato dalla constatazione che non in tutti i casi l’evento dan-noso risultava dall’incontro di una forza lesiva esterna con l’organismo umano; seb-bene questa fosse stata riconosciuta come la modalità più ricorrente, tuttavia bennoti erano casi in cui l’avvenimento lesivo non aveva prodotto di per sé un dannoma aveva determinato le condizioni perché tale danno, anche a distanza di tempo,si fosse estrinsecato.Era per merito soprattutto di Lorenzo Borri (1918) che prendeva corpo e si delinea-va una nuova classificazione medico-legale delle forze lesive. Questa concezionedella causalità violenta distingueva, sulla base dell’agente etiologico:

I. - Energie lesive di ordine fisico:energie meccaniche (traumi);energie dinamiche (sforzo corporeo);asfissie da cause fisiche;energie di natura termica in eccesso e in difetto;energie di natura barica in eccesso e in difetto;energie fotiche, da raggi X e da radium;energia di natura elettrica.

II. - Energie lesive d’ordine chimico:sostanze caustiche;tossici esogeni.

III. - Energie lesive d’ordine biochimico: tossici endogeni;sostanze anafilattizzanti.

IV. - Energie lesive d’ordine virulento.

V. - Energie lesive d’ordine psichico.

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La concezione etiologica della Causa violenta permetteva di includere tra lecause determinanti l’infortunio lavorativo non già le modalità di penetrazionenell’organismo di agenti microbici e parassitari, bensì l’azione lesiva insita nellaloro virulenza.Così intesa la qualità della violenza causale era pertanto attribuita non più allagenesi traumatica con cui era avvenuta l’immissione nell’organismo, ma allaestrinsecazione clinica del potere patogeno degli stessi indipendentemente dallavia ingresso. Contro il riconoscimento, quale evento infortunistico tutelato, delle malattie infet-tive contratte per cause lavorative erano state sollevate varie obiezioni che poteva-no così riassumersi:

a) nel caso di infezione, il danno non si verificava per l’azione patogena dei soligermi che erano stati inoculati o che si erano introdotti al momento del traumama per l’azione di un numero assai più elevato degli stessi, conseguenza di un suc-cessivo e rapido moltiplicarsi che di fatto modificava il potere lesivo originario;

b) perché si fosse resa manifesta la malattia era necessario un periodo di incu-bazione più o meno lungo durante il quale si sarebbero sommate le azionipatogene sviluppate da più generazioni di germi sino a vincere le resistenzedell’organismo; la presenza di questo intervallo di tempo e la decadenza pro-gressiva delle difese immunitarie avrebbe tolto il carattere della violenza allacausa lesiva originaria.

c) una malattia infettiva si sarebbe potuta manifestare clinicamente a seguito dellaintroduzione di ripetute quanto minime cariche di germi patogeni con ciò deter-minando un meccanismo eziopatogenetico di tipo “non infortunistico”;

d) non poteva ritenersi dimostrato il requisito della concentrazione nel tempo del-l’azione lesiva nei casi in cui non era possibile stabilire il momento infettanteresponsabile della introduzione dei germi nell’organismo.

In altre parole l’impossibilità di circoscrivere nel tempo il momento del contagioavrebbe determinato l’incapacità di dimostrare l’effettiva concentrazione e vio-lenza della causa intervenuta ed inoltre avrebbe validamente compromesso ladimostrazione dell’occasione lavorativa quale ulteriore presupposto ai fini delriconoscimento assicurativo.

Le argomentazioni medico-legali, esposte in antitesi alle suddette obiezioni, ricono-scevano essenzialmente nella continuità del rapporto causale tra evento lesivo /introduzione di germi e manifestazioni patologiche, la ragione della sussistenza deldiritto alla prestazione assicurativa in quanto era considerata non interrotta la con-sequenzialità dei vari fenomeni patologici (Borri, Diez).Relativamente alla quarta obiezione veniva contrapposta la constatazione che alcu-ne tra le infezioni ed infestioni fossero così legate all’ambiente di lavoro per cui laloro derivazione da un rischio lavorativo era insita nella loro stessa natura. Per altre infezioni che si sarebbero potute contrarre anche in condizioni estranee allavoro, la ricorrenza in determinate categorie di lavoratori operanti in uno specifico

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ambiente ed adibite a specifiche mansioni con la conseguentemente ripetuta espo-sizione ad uno specifico rischio, la presunzione della origine lavorativa sarebbe statacosì grave da raggiungere quasi la certezza.Al contrario, la dimostrazione del nesso con il lavoro si sarebbe resa indispensabilesolo per quelle malattie infettive per le quali fosse sussistita un’eguale probabilità dicontagio sia in occasioni lavorative sia in situazioni ambientali extralavorative(Borri, Diez). Lo stesso Borri definiva “idiopatiche” quelle malattie infettive di competenza previ-denziale-assicurativo per le quali l’evento-infortunio risultava costituito dall’ingres-so di microrganismi patogeni indipendentemente dalla via e dalle modalità dell’in-gresso e per le quali il requisito della “violenza” si identificava nella “virulenza” degliagenti infettanti. Al contrario, Egli considerava “secondarie” le malattie infettive sviluppatesi a segui-to della attivazione-riattivazione da parte di fattori esterni all’organismo, ritenendo“evento infortunistico “non già funzione della virulenza propria del germe quantodella responsabilità del “fattore esterno” al quale riconosceva il ruolo di causa vio-lenta determinante la virulentazione di microrganismi sino ad allora “quiescenti”.L’assimilazione della CAUSA VIRULENTA di natura biologica con la CAUSAVIOLENTA, contemplata a pieno titolo nell’ambito delle cause determinanti unevento infortunistico lavorativo, era stata ammessa sin dal 1910 anche dallaGiurisprudenza della Corte di Cassazione di Torino la quale in una specifica senten-za aveva considerato infortunio lavorativo il CARBONCHIO manifestatosi in ope-raio addetto al trasporto di pelli . Né mancavano ulteriori pronunciamenti della Corte Medesima in epoche successi-ve come confermato dalla sentenza del 31 Ottobre 1921, FFSS / Migliori, in cuiaffermava: “.. nella causa violenta è compresa anche la causa virulenta e che esisteinfortunio ogni qual volta il lavoro abbia esposto l’operaio a quella causa”.La validità dello stesso principio era successivamente riconosciuta dal Legislatoredapprima nel R.D. n. 328 del 13 Maggio 1929 quindi nel citato art. 2 del T.U.n. 1765 del 17 Agosto 1935 allorché sanciva doversi considerare il CARBONCHIOinfortunio sul lavoro ove fosse risultato contratto a seguito di un rischio lavorativo. Nel medesimo art. 2 era esclusa tra i casi d’infortunio sul lavoro l’evento dannosoderivante da infezione MALARICA, in quanto regolato da disposizioni speciali. Leragioni di tale esclusione andavano ricercate essenzialmente nel fatto che tale malat-tia rappresentasse un rischio generico al quale erano esposti non soltanto i lavorato-ri ma anche tutti gli abitanti di determinate zone.Facendo riferimento soltanto al CARBONCHIO il Legislatore certamente nonintendeva escludere che altre patologie infettive e parassitarie potessero considerar-si infortunio lavorativo se conseguite a causa violenta occorsa in occasione di lavo-ro; Egli voleva di fatto dettare i principi generali di una nuova tutela assicurativa perentità nosografiche di difficile inquadramento eziopatogenetico. La decisione di voler considerare, agli effetti della protezione del lavoratore contro irischi del lavoro, le malattie infettive nella tutela infortunistica anziché in quelladelle Malattie Professionali, e ciò nonostante vi fosse stato in precedenza una speci-fica indicazione dalla 7° Conferenza Ginevrina del B.I.T. (1925), risultava certa-mente la più proficua sia per il miglior trattamento economico sia per l’ampliamen-to della copertura assicurativa di tutte le possibili evenienze in luogo dei rigidi sche-matismi previsti nel sistema della lista chiusa. In una situazione di collasso totale del Paese prodotto dalla disastrosa seconda guer-

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ra mondiale, nell’ambito di una faticosa opera di ricostruzione della vita socialeerano emanati numerosi provvedimenti legislativi tendenti, almeno in parte, a sana-re le tragiche conseguenze delle operazioni militari e la drammatica svalutazionenella moneta. Anche la tutela previdenziale del lavoro, nell’immediato dopoguerra,era oggetto di attenzione da parte del Legislatore il quale con il D.Lgt. n. 85 dell’8Febbraio 1946 estendeva l’obbligatorietà delle cure mediche e chirurgiche, intro-dotte nel 1935 per l’industria, anche agli infortuni sul lavoro agricolo. Con il D.L. n. 14 del 25 Gennaio 1947, migliorava la normativa concernente la ren-dita di inabilità permanente dettando i criteri valutativi del grado d’invalidità allor-ché quest’ultimo risultasse aggravato da altre invalidità preesistenti derivanti da fattiestranei al lavoro o da infortunio non contemplato nel R.D. n. 1765/35.La disposizione di legge codificava la cosiddetta “Formula del Gabrielli“peraltro giàconsiderata ed accolta dalla giurisprudenza di merito.Con il D.L. n. 804 del 29 Luglio 1947 attribuiva il riconoscimento giuridico agliIstituti di Patronato, ai quali era data una funzione di assistenza sociale “... svolta gra-tuitamente nei confronti di tutti i lavoratori, senza alcuna limitazione ...”. Nell’iter storico-legislativo del dopoguerra si collocava l’entrata in vigore della nuovaCostituzione della Repubblica la quale, all’art. 38 sanciva, quale caposaldo della tute-la pubblica del lavoro, che “...i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assi-curati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso d’infortunio ...” e che “...gli ina-bili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale ...”.Contemporaneamente alla promulgazione della nuova legge costituzionale si con-cludevano i lavori della Commissione per la Riforma previdenziale, nei qualierano prospettati “... l’adeguamento effettivo delle prestazioni economiche eroga-te allo stato di bisogno, un’ampia assistenza sanitaria, l’estensione della tutela assi-curativa a tutti lavoratori compresi gli artigiani, autonomi e professionisti, lagaranzia della tutela stessa oltre i confini nazionali in favore dei lavoratori emigratiin paesi esteri...”.La legge n. 33 /1952 dettava una nuova disciplina per l’Assistenza PersonaleContinuativa, ne migliorava gli importi economici ed introduceva una tabella indi-cante le menomazioni rilevanti ai fini della concessione di tale assegno.La regolamentazione legislativa del 1929 che assimilava il regime degli infortuni lavo-rativi e delle malattie professionali nell’industria, già migliorata dal R.D. 1765/35veniva perfezionata con la Legge n. 1967 del 15 Novembre 1952 ampliandone ulte-riormente il numero delle lavorazioni morbigene ed estendendo i periodi massimi diindennizzabilità anche in epoca successiva all’abbandono della lavorazione. La legge n. 313 del 21 Marzo 1958 ed il successivo D.P.R. n. 471 del 28 Aprile 1959introducevano la tutela previdenziali delle malattie professionali in agricoltura, connotevole ritardo rispetto al settore industriale e limitatamente ad un numero moltoristretto di tecnopatie ritenute le più note e diffuse e per le quali l’identificazione delnesso causale di origine professionale avesse presentato minori incertezze.La suddetta tutela, realizzata con criteri di prudenza e di gradualità analoghi a quel-li che avevano ispirato gli stessi provvedimenti nel settore industriale, restringeva difatto la competenza a sette patologie connesse all’attività agricola la prima dellequali era l’ANCHILOSTOMIASI. Peraltro, mentre per le altre sei tecnopatie tabellate l’individuazione della lavorazio-ne protetta risultava generica, per l’Anchilostomiasi era tassativamente richiesta laprova da parte dell’Assicurato di aver lavorato “in terreni argillosi ed irrigui”. La limitazione così marcata posta dalla legge, in modo particolare per quanto con-

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cerneva le Malattie Infettive e Parassitarie era assai criticata; pur tuttavia non man-cavano opinioni a sostegno della validità della scelta tenuto conto che, molte diqueste ultime patologie, assai frequenti in agricoltura (carbonchio, tetano, morva,leptospirosi, callo suppurato) risultavano già tutelate dalla legge e, per orientamen-to univoco della giurisprudenza e della dottrina medico-legale (Gabrielli 1915, Borri1918, Barile 1927, Benassi 1929, Prosperi 1930, Tovo 1932, Diez 1933, Mori 1939,Grasso-Biondi 1939, Miraldi 1942, Giannini 1943, Leoncini 1944, Sartorelli 1949,Lorenzoni 1952, Pendini 1955 …), considerate “evento infortunistico lavorativo”secondo il principio base tendente ad assimilare la causa violenta con il potere divirulenza dei microrganismi in questione. Dubbi interpretativi nella eziopatogenesi avevano mantenuto estranee alla tutelaprevidenziale altre malattie infettive o trasmissibili, di possibile origine professiona-le e particolarmente diffuse tra gli agricoltori per le quali sussistevano difficoltà nel-l’accertamento del nesso causale con l’attività lavorativa rispetto ai rischi connessialle generali condizioni di vita dell’ambiente rurale; era il caso della brucellosi, acti-nomicosi, ecchinoccosi e delle altre zoonosi meno ricorrenti.Il contributo dottrinario medico-legale ed i ripetuti interventi della giurisprudenzadi merito ampliavano negli anni successivi la tutela previdenziale anche a questepatologie, ove avesse avuto dimostrazione l’esistenza di una “idonea esposizione adun rischio specifico” e ciò pur non essendo documentabile nè il momento esatto néle modalità dell’introduzione del germe patogeno in questione. Per ciò che riguardava l’infezione malarica perniciosa, già esclusa nella configurabi-lità di infortunio lavorativo nell’art.2 del R.D. 1765/35, rimaneva disciplinata aparte da una nuova normativa speciale (legge n. 160 del 11 Marzo 1953).La tutela previdenziale delle malattie professionali nel settore lavorativo agricolo,introdotta con la citata legge n. 313 del 1958, veniva completamente revisionata edampliata nella successiva evoluzione legislativa in concomitanza con quanto acca-deva per il settore industriale ed in analogia alla materia infortunistica.La legge n. 15 del 1963 oltre ad apportare significativi miglioramenti al trattamen-to economico dei lavoratori dell’industria e dell’agricoltura, realizzava per il settoreagricolo la piena parificazione retributiva tra uomo e donna; la medesima legge con-teneva inoltre due deleghe legislative al Governo delle quali la prima prevedeva ladefinizione di un testo unico sulla materia successivamente realizzata con il D.P.R.n. 1124 del 30 Giugno 1965, la seconda la disciplina dell’infortunio in itinere suc-cessivamente prorogata e non attuata.Il T.U. del 1965 riunificando tutta la normativa esistente in materia confermava edampliava i principi fondamentali dettati a tutela dei rischi delle attività lavorative;finalizzava l’attività istituzionale dell’INAIL al massimo possibile recupero del lavo-ratore invalido; dava impulso alle prestazioni assistenziali e di servizio sociale; raffor-zava lo stretto legame tra assicurazione e prevenzione degli infortuni. Sotto l’aspetto della tutela assicurativa, estendeva il diritto alle prestazioni agli arti-giani ed ad altri soggetti operanti nel settore autonomo e la previsione di quote inte-grative delle rendite corrisposte in ragione della composizione familiare del lavora-tore infortunato e/o tecnopatico.Allo stesso T.U. del 1965 erano allegate numerose tabelle di significato medico-legale:

• tabella delle valutazioni del grado percentuale d’invalidità permanente (settoreindustria: all.to 1);

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• tabella di valutazione delle menomazioni dell’acutezza visiva (settori industrialeed agricolo: all.to 1);

• tabella di valutazione del grado percentuale d’invalidità permanente (settore agri-colo: all.to 2);

• tabella delle menomazioni per l’assistenza personale continuativa (settori indu-striale ed agricolo: all.to 3);

• tabella delle malattie professionali nel settore industriale (all.to 4);• tabella delle malattie professionali nel settore agricolo (all.to 5);• tabella delle lavorazioni per le quali era obbligatoria l’assicurazione contro la sili-

cosi e l’Asbestosi (all.to 8).

Il D.P.R. n. 1124 / 65 pur rappresentando una tappa fondamentale nel processo diammodernamento della tutela infortunistica e delle malattie professionali, non esau-riva l’azione legislativa che compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili neampliava gli ambiti negli auspici ed in conformità ai principi costituzionali.Il D.P.R. n. 482 del 9 Giugno 1975, modificava le tabelle delle malattie professiona-li nel settore industriale ed in quello agricolo, senza tuttavia apportare significativicambiamenti sui criteri di definizione delle patologie considerate e delle lavorazionitutelate.Anche in questa normativa la tutela assicurativa era circoscritta alle malattie rite-nute professionali secondo l’elenco delle apposite liste (una per l’industria ed una perl’agricoltura) semprechè fossero state contratte nell’esercizio ed a causa delle lavora-zioni specificate nelle liste stesse ed in quanto tali lavorazioni rientrassero tra quelleper le quali ricorreva l’obbligo assicurativo. L’evoluzione culturale nell’ambito della dottrina medico-legale, ispirata alla cre-scente domanda di tutela previdenziale del lavoro, vedeva affermarsi con vigore lasoluzione infortunistica nella trattazione delle malattie infettive e parassitarie con-fermata come strumento di maggior garanzia delle prestazioni indennitarie in luogodei rigidi schematismi del sistema tabellare.Acquisita definitivamente l’assimilazione della causa virulenta con la causa violen-ta, veniva proposta una classificazione (Diez, Betocchi, 1959) di tali patologie inbase al rapporto esistente tra le diverse infezioni ed i rischi lavorativi, che prevede-va la distinzione, in verità artificiosa, di:

• I° GRUPPO: Infezioni nei riguardi delle quali il contagio avveniva, se non esclu-sivamente, in gran prevalenza per ragioni di lavoro;

• II° GRUPPO: Infezioni il cui contagio, di regola generico, in determinate circo-stanze poteva essere facilitato o aggravato dal lavoro.

• III° GRUPPO: Infezioni generalmente decorrenti sotto forma epidemica ma i cuifocolai in determinate circostanze risultavano localizzati soltanto in luoghi ovesolo un lavoratore per ragioni professionali le avrebbe potute contrarre.

Venivano previste nel primo gruppo il Carbonchio, la Morva, il Farcino, ilTetano, l’Erisipeloide da mal rossino dei suini, il Morbo di Weil, la Leptospirosidelle risaie, la Malattia dei porcai, il Sodoku, la Tularemia, la Febbre ricorrente,l’Actinomicosi, l’Echinococcosi.

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Nel secondo gruppo venivano considerate l’infezione Tubercolare e l’infezio-ne Sifilitica contratte per ragioni di lavoro; la Febbre Maltese e le altre infe-zioni da Brucelle, la Sporotricosi, la Rabbia, le infezioni da Virus (Febbre Q,l’Epatite Epidemica, l’Herper Zoster in rapporto a trauma meccanico, ilTracoma).

Nel terzo gruppo erano collocate tutte le malattie a carattere epidemico tra-smissibili all’uomo per contagio diretto con altri individui infetti oppure amezzo di materiale contaminato, quali il Colera, la Meningite cerebrospinale,il Tifo petecchiale, la Peste etc, che potevano in determinate contingenzeessere contratte in conseguenza di maggiori rischi connesso all’attività lavo-rativa.

La suddetta impostazione dottrinaria veniva recepita anche dalla Giurisprudenza dimerito circa l’indennizzabilità della malattia infettiva e parassitaria in ambito previ-denziale, estendendo di fatto il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurati-ve alle fattispecie per le quali era comprovata l’insorgenza della patologia in oggettoin relazione ad occasioni di lavoro ritenute fonte di un “rischio specifico o quanto-meno di un rischio generico aggravato”.Da notare che l’art.2 del T.U. laddove stabiliva che “…agli effetti del presente decre-to è considerata infortunio sul lavoro l’infezione carbonchiosa. Non è invece compresotra i casi di infortunio sul lavoro l’evento dannoso derivante da infezione malarica, ilquale è regolato da disposizioni speciali” è decaduto a seguito della sentenza dellaCorte Costituzionale n.226 del 4 giugno 1987 relativamente al capoverso sottoli-neato in quanto né è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale, con ciò rafforzan-do il concetto di infortunio/malattia.La novità assoluta circa la trattazione delle malattie infettive e parassitarie, però, eraintrodotta con la sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 18 Febbraio 1988,la quale dichiarava l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, 1° comma del T.U.1124/65 “... nella parte in cui non prevede che l’assicurazione contro le malattie pro-fessionali nell’industria è obbligatoria anche per malattie diverse da quelle compre-se nelle tabelle allegate concernenti le dette malattie e da quelle causate da unalavorazione specificata o da un agente patogeno indicato nelle tabelle stesse, purchési tratti di malattie delle quali sia comunque provata la causa di lavoro”.Analoga valutazione di illegittimità veniva estesa all’art. 211, 1° comma del T.U.1124/65 relativa alla trattazione delle malattie professionali nell’agricoltura.L’introduzione del cosiddetto Sistema misto della tutela delle malattie professionaliconseguente alla citata sentenza 179/88, introduceva di fatto la possibilità di consi-derare la malattia infettiva e parassitaria indennizzabile oltreché nella usuale fatti-specie infortunistica anche come tecnopatia nel momento in cui fosse stata appor-tata dal lavoratore la prova della sua origine professionale. Oggetto di questa opportunità sarebbero state soprattutto quelle patologie infettive perle quali non era stato possibile individuare il momento contagiante né che potevanoconsiderarsi contratte a causa di una “idonea esposizione ad un rischio specifico”. Tuttavia gli effetti operativi conseguiti alla duplice possibilità di trattazione dellamateria non risultavano agevoli essenzialmente per le difficoltà emerse nel soddisfa-cimento dell’onere della prova che il nuovo sistema poneva a carico del lavoratore.La necessità di tale dimostrazione quasi sempre rimasta insoddisfatta, vanificava difatto l’ampliamento della tutela previdenziale che pure aveva ispirato la Suprema

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Corte al momento della elaborazione della sentenza in oggetto, generando nel con-tempo un vasto contenzioso giudiziario per differenti comportamenti interpretativie per difformità di trattamento delle singole fattispecie da parte della Giurisprudenzadi merito. La Corte di Cassazione, con le Sentenze n. 8058 del 25 Luglio 1991 n. 3090 del 13Marzo 1992 definiva finalmente ed in modo compiuto gli ambiti della tutela assicu-rativa introducendo il ricorso al “Principio della Presunzione Semplice d’Origine”,così come previsto dall’art. 2729 del Codice Civile. Tale principio rendeva possibile applicare il procedimento presuntivo sia “.... inmerito alla natura infettante di un evento lesivo indicato come occasione e fonte dicontagio...”, sia “sull’accadimento dell’evento stesso...” Conseguentemente eraintrodotto nella tutela previdenziale il principio secondo il quale la prova di un con-tagio di supposta origine professionale, sebbene non dimostrata, poteva ritenersi“presunta in presenza di gravi, precisi e convergenti elementi”. La nuova disciplina conseguita ai pronunciamenti della Corte di Cassazione con leSentenze 8058/91 e 3090/92, investiva direttamente l’attività istituzionaledell’INAIL imponendo la necessità della ridefinizione degli aspetti normativi e pro-cedurali riservati alla trattazione delle malattie infettive e parassitarie nell’ambitodella tutela previdenziale.Con LETTERA del 1° Luglio 1993 l’Istituto assicuratore, confermava la validitàdella criteriologia medico-legale infortunistica storicamente osservata e nel contem-po recepiva il nuovo indirizzo giurisprudenziale introdotto con il possibile ricorso alsuccitato principio della Presunzione Semplice d’origine.La constatazione che, nell’ultimo decennio le forme patologiche suscettibili diinquadramento in qualità di malattia-infortunio avesse riguardato soprattutto gliOperatori Sanitari esposti al rischio professionale d’infezione per Le EPATITI DAVIRUS A E B, LA SUPERINFEZIONE DA AGENTE DELTA, l’AIDS induceval’I.N.A.I.L. ad allegare alla nuova normativa un Protocollo Operativo al fine di cir-coscrivere il diritto alle prestazioni previdenziali a chi effettivamente avrebbe potu-to contrarre le suddette patologie per il contagio, anche presunto, determinatosi nelcorso dell’attività lavorativa.Tale protocollo prevedeva ai fini del riconoscimento, nel caso in cui non fosse statopossibile identificare il momento infettante, il soddisfacimento di tutte le circostan-ze indicate affinché tale l’evento potesse ritenersi ragionevolmente accaduto nel-l’ambiente lavorativo in ragione dell’esistenza di un rischio specifico o genericoaggravato.A tal fine considerava come imprescindibili le seguenti condizioni:Doversi trattare di Assicurati esposti per motivi professionali al contatto frequen-te con sangue e sperma (potevano ravvisarsi al riguardo le seguenti figure profes-sionali:

• Se operanti in reparti di malattie infettive: chirurghi; medici addetti a manovre diagnostiche e/o terapeutiche invasive (comprese lemanovre connesse ai riscontri autoptici); infermieri addetti a prelievi di sangue e a terapia iniettiva.

• Personale addetto alla manipolazione di sangue o sperma per accertamenti e/oricerche di laboratorio o autoptiche, emodialisi.

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• Personale sanitario e parasanitario addetto ai reparti di Rianimazione, Emodialisi,Trapianti, Odontoiatria:

• Personale addetto alla pulizia di strumenti inquinati da sangue o sperma;

• Personale addetto al rigoverno di ambienti inquinati da sangue.

Il contatto con sangue o sperma sarebbe dovuto avvenire in tempi compatibili conil periodo di incubazione della forma virale diagnosticata.Negli ambienti ove si riteneva essere accaduto il contatto, avrebbe dovuto transita-re soggetto in condizioni tali da poter trasmettere i contagio della malattia infettivariscontrata nell’assicurato.L’assicurato non avrebbe dovuto presentare comportamenti extraprofessionali defi-nibili “a rischio”.Era allegata alla lettera del 1.7.93 una Scheda d’indagine mediante la quale, nei casid’infortunio lavorativo, veniva richiesto ai fini del riconoscimento della indennizza-bilità dell’evento, la conoscenza di:

Test di laboratorio eseguiti nelle immediatezze dell’evento; notizie anamnesticherelative:

• alla natura del materiale biologico sospetto infettante;• la provenienza dello stesso;• a possibili comportamenti a rischio extraprofessionale.

L’I.N.A.I.L. ritornava sull’argomento con la Circolare n. 74 del 23 Novembre 1995mediante la quale estendeva l’applicabilità del Criterio della Presunzione Sempliced’Origine oltreché alle epatopatie da virus B e C, e all’A.I.D.S. anche alle altre pato-logie infettive e parassitarie, ad eccezione dell’anchilostomiasi considerata ancoranell’ambito delle malattie professionali.Erano allegati alla Circolare 74/95 il Codice Nosologico “E “con l’inserimento divoci specifiche per le patologie infettivo-parassitarie al fine di consentire una piùapprofondita conoscenza statistica ed epidemiologica del fenomeno (Allegato 1 e 2)ed alcune schede cliniche con riferimenti diagnostici per alcune tra le patologieinfettive di possibile origine professionale (Allegati 3,4,5,6,7,8 ) così individuate:

• Brucellosi o Febbre melitense;• Echinoccosi o Idatidosi;• Leptospirosi Ittero-Emorragica o Morbo di Weil;• Tetano;• Tubercolosi;• Malattia di Lyme.

L’applicazione del principio della presunzione semplice d’origine nelle proceduredell’I.N.A.I.L. per i casi di Epatite Virale, dal 1993 al 1998, risultava tuttavia effet-tuata in modo non uniforme, con diversificazioni sia interpretative che valutative;la stessa codificazione delle patologie era talvolta effettuata in modo improprio nonfornendo dati complessivamente attendibili. Stante la situazione sopradescritta, effettuata una verifica sulle modalità operative ed

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i criteri interpretativi che ne erano alla base, confermata l’esistenza di alcune distor-sioni operative, L’Istituto Assicuratore emanava le NUOVE LINEE GUIDA PERLA TRATTAZIONE DEI CASI DI MALATTIE INFETTIVE E PARASSITARIEelaborate a cura della Sovrintendenza Medica Generale e la DIREZIONE CEN-TRALE PRESTAZIONI

LA “PRESUNZIONE SEMPLICE” DAL GIUDICE AL MEDICOLEGALE

Premessa: il problema tra diritto e medicina legale.

Le recenti “Linee guida per la trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie”,nel riconfermare il vigente indirizzo giurisprudenziale in base al quale tali affezionimorbose sono assicurativamente inquadrate nella categoria degli infortuni, hannoinequivocabilmente affermato la necessità di ricorrere nella loro trattazione, se inpresenza di particolari circostanze, alla “presunzione semplice”.L’affermazione di tale principio è avvenuta in conseguenza dell’evoluzione giurispru-denziale e dell’ampio dibattito sviluppatosi intorno a questi temi; nelle “Linee guida”è stato, pertanto, affermato che “la qualificazione come infortunio permette unpronto e duttile adeguamento dei confini della tutela alle situazioni di rischio pro-fessionale, sia già note che emergenti, anche grazie al criterio della presunzione sem-plice, che consente a determinate condizioni di estendere la protezione assicurativapure alle ipotesi in cui l’identificazione delle precise cause e modalità lavorative delcontagio si presenti problematica o impossibile”.La “presunzione semplice”, alle cui modalità applicative viene dedicato il secondoparagrafo delle citate “Linee guida”, rappresenta, quindi, il criterio giuridico attra-verso il quale si snoda, spesso, la tutela di queste patologie. Infatti il ricorso alla suaapplicazione non si rende necessario solo “nei casi in cui l’evento lesivo potenzial-mente contagiante è denunciato all’INAIL a ridosso o a breve distanza dal suo acca-dimento”. Se si tiene conto della limitata ricorrenza di tale presupposto (tempesti-vità della denuncia) rispetto alla totalità dei casi e se nel contempo si considera lafrequenza e l’impatto sociale e assicurativo di tali patologie, di conseguenza si com-prende come sia opportuno definire correttamente il concetto giuridico della “pre-sunzione semplice“e il relativo criterio, al quale il medico legale sarà chiamato, spes-so, a dare applicazione nella trattazione “assicurativa” delle specifiche patologie inesame.Ciò detto, sicuramente il primo quesito che si pone è: in che modo tale “criterio pre-suntivo” è trasferibile e legittimamente collocabile nel processo medico legale di rico-struzione del nesso di causalità? Quesito, questo, che certo riporta al classico e stori-camente dibattuto problema del rapporto esistente tra diritto e medicina legale, rap-porto magistralmente illustrato dal Barni secondo il quale “la medicina legale è e restascienza della causalità, in forza appunto della sua duplice natura, essendo cioè parte-cipe della medicina che è soprattutto ricerca delle matrici etiologiche e dei fenome-ni patogenetici, tanto della devianza quanto della malattia e delle invalidità quantoinfine del morire stesso, ed essendo contemporaneamente samaritana del diritto chesussume la disciplina degli effetti dalla dottrina e dalla conoscenza delle cause”. (M.BARNI, Il rapporto di causalità materiale in medicina legale, Milano, 1991).

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Se si prescindesse dal necessario rapporto interdisciplinare tra diritto e medicinalegale, ne deriverebbe la identificazione di diverse forme di causalità (tecnica, giuri-dica) potenzialmente non conciliabili, pregiudicando la possibilità di fornire rispo-ste unitarie e risolutive ai numerosi quesiti che quotidianamente si pongono al medi-co legale e che attengono sempre, pur con le necessarie differenziazioni a secondadello specifico ambito applicativo, al rapporto causa-danno di rilevanza giuridica.Rapporto questo compiutamente esplorabile e definibile solo in una visione unitariadella causalità la quale “è unica e nella materialità si accosta alla scienza, è taloraconsiderata e valorizzata dai particolari fini politico-giuridici, che il medico legaledeve tuttavia conoscere, tenendo conto del suo ruolo che non è autonomo ma scien-tificamente strumentale” (M. BARNI, op. cit.).

La presunzione semplice come mezzo di prova

Riconosciuta, quindi, la necessità di fondare l’attività medico legale sulla conoscen-za di quei principi giuridici che ne costituiscono il presupposto e tornando alla tema-tica specifica in esame, è opportuno analizzare i significati giuridici della “presunzio-ne”. La “presunzione” nell’ambito delle norme che regolano il diritto civile si collo-ca all’interno “delle prove” (disciplinate dal Titolo II del Libro VI, articoli dal 2697al 2739, avente ad oggetto “della tutela dei diritti”).Gli articoli citati (dal 2697 al 2739) congiuntamente al 2907, 1° comma, Titolo IVdello stesso Libro VI, al successivo articolo 2909 ed agli articoli dal 413 al 447 delCodice di Procedura Civile, fissano dei principi che è opportuno esaminare in quan-to permettono di comprendere in profondità molte tematiche che quotidianamentesi incontrano nello svolgimento della nostra attività medico legale, visto che su diessi si ancora gran parte della attività istituzionale di un Ente pubblico quale l’INAILe, come vedremo, anche la trattazione delle patologie in oggetto. L’articolo 2907 del Codice Civile fissa, infatti, il cosiddetto “principio della doman-da”: “Alla tutela dei diritti provvede l’autorità giudiziaria su domanda di parte e,quando la legge lo dispone, anche su istanza del pubblico ministero o d’ufficio”.Secondo il “principio della domanda” alla tutela dei diritti la legge (il giudice) prov-vede, di regola, solo su domanda di parte: principio, questo, esplicitato dall’articolo99 del Codice di Procedura Civile che recita: “Chi vuol far valere un diritto in giu-dizio deve proporre domanda al giudice competente”.Strettamente connessa e discendente da tali articoli è tutta la disciplina relativa alla“prescrizione dei diritti” (artt. 2934 e succ. del Codice Civile) dalle ampie ripercus-sioni nel nostro ambito istituzionale (art. 112 del T.U. 1124/65 e successive modifi-che ed integrazioni).L’illustrato “principio della domanda” è, a sua volta, un aspetto del più generale prin-cipio dispositivo che caratterizza tutto il processo civile, principio definito dall’arti-colo 115 del codice di procedura civile, secondo cui il giudice deve porre a fonda-mento della propria decisione le prove che sono state proposte dalle parti e non puòtrarre elementi per la sua decisione da fonti che non siano state acquisite al giudiziocon le garanzie del contraddittorio. I fatti devono essere provati dalle parti anche se,sempre secondo l’art. 115, il giudice “può, tuttavia, senza bisogno di prova, porre afondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune espe-rienza”.(A tale riguardo è opportuno evidenziare che il principio dispositivo non trova

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applicazione nel processo penale il quale è, invece, dominato dall’opposto “princi-pio inquisitorio”. Stante, infatti, il fine pubblicistico che il procedimento penale per-segue e l’importanza degli interessi che ne formano oggetto, il giudice, disponendodi un amplissimo potere-dovere di iniziativa e di impulso deve ricercare la veritàreale indipendentemente dal comportamento delle parti private).Ancora ispirato al “principio della domanda”, in ambito di diritto civile, risulta l’ar-ticolo 2697 relativo all’onere della prova, secondo cui: “Chi vuol far valere un dirit-to in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento”. Pertanto idiritti ricevono protezione giurisdizionale solo e in quanto chi li fa valere in giudiziofornisce la prova dei fatti sui quali si fondano: e i medici dell’Istituto ben conosco-no la problematica dell’onere della prova per le molteplici ripercussioni applicativein tema di malattie professionali tabellate e non.La prova dei fatti in ambito giuridico, quindi, si dà mediante specifici mezzi di prova.Nel diritto civile essi sono: le prove documentali, le prove testimoniali, la confes-sione, il giuramento, le presunzioni. Una tradizionale classificazione giuridica deimezzi di prova distingue: le prove storiche, o dirette, e le prove critiche o indirette.Le prove storiche sono quelle che hanno direttamente ad oggetto il fatto da prova-re e sono tali le prove documentali, testimoniali, le confessioni ed il giuramento.Sono prove critiche le presunzioni nell’ambito delle quali, dalla prova storica di unfatto diverso da quello da provare, si risale con un ragionamento induttivo, e quin-di criticamente, alla indiretta prova del fatto da provare.Le presunzioni sono, pertanto, mezzi di prova critici o indiretti e consistono nell’in-durre (ragionamento induttivo) da un fatto noto l’esistenza di un fatto ignoto.Recita, infatti, l’art. 2727 del Codice Civile: “Le presunzioni sono le conseguenzeche la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato”. Ed,ancora, il successivo art. 2728 (Prova contro le presunzioni legali): “Le presunzionilegali dispensano da qualunque prova coloro a favore dei quali esse sono stabilite. Contro le presunzioni sul fondamento delle quali la legge dichiara nulli certi atti onon ammette l’azione in giudizio, non può essere data prova contraria, salvo chequesta sia consentita dalla legge stessa”.Le presunzioni legali, in cui è la legge che attribuisce ad un fatto un valore probato-rio in ordine ad un fatto diverso, dunque, possono essere assolute o relative.La presunzione legale assoluta non ammette la prova contraria, ed è definita iuris etde iure. Un esempio di presunzione legale assoluta, nell’ambito della assicurazioneINAIL, è dato dal disposto dell’art. 83 del T.U. 1124/65: ai sensi di esso la misuradella rendita di inabilità da infortunio può essere sottoposta a revisione, nell’ipotesidi diminuzione o di aumento dell’attitudine al lavoro, a condizione che tali modifi-cazioni si verifichino entro dieci anni dalla costituzione della rendita, decorsi i quali,sorge la presunzione legale assoluta che i postumi non siano più suscettibili di modi-fica (Cassazione Civile - Sezione Lavoro n. 9515 del 12 novembre 1994).La presunzione legale relativa, definita iuris tantum, ammette la prova contraria: unesempio è dato dalla presunzione legale d’origine in tema di malattie professionalitabellate.In questo contesto di norme e di principi si colloca, dunque, la presunzione semplice.E’ l’art. 2729 C.C. che ne dà la definizione “Le presunzioni non stabilite dalla leggesono lasciate alla prudenza del giudice il quale non deve ammettere che presunzionigravi, precise e concordanti.”. Esse sono, quindi, le illazioni che il giudice trae da unfatto storicamente provato per formare il proprio convincimento circa i fatti nonprovati; sono lasciate alla prudenza dello stesso giudice e devono essere “gravi, pre-

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cise e concordanti”. Deve, cioè, esserci un rigoroso rapporto di consequenzialità logi-co-fattuale tra premessa e conclusione.Sulla interpretazione giurisprudenziale delle caratteristiche che la prova per presun-zioni deve avere per essere giuridicamente valida, numerosi sono stati i pronuncia-menti della Cassazione. Tra i tanti, particolarmente significativa la sentenza: n. 1494del 10 marzo 1979: “Per aversi una presunzione giuridicamente valida non occorreche la relazione tra fatto noto e fatto ignoto presenti il carattere della necessità asso-luta ed esclusiva sul piano fenomenico essendo sufficiente che dal dato noto siadeducibile il fatto ignoto attraverso un procedimento logico basato sull’id quod ple-rumque accidit.I requisiti della gravità, precisione e concordanza, richiesti dalla legge per la validitàdella prova presuntiva, non devono essere ricercati soltanto nei singoli elementiindiziari concorrenti a fornire detta prova, ma, vanno viceversa individuati attra-verso una valutazione globale dei vari indizi che devono essere esaminati nel lorocomplesso al fine di stabilire se presentino o meno le caratteristiche volute dallalegge perché la presunzione possa essere assunta a mezzo di prova”.E Cass. n. 5713 del 5 novembre 1973: “La prova per presunzioni è sufficiente a sor-reggere anche da sola il convincimento del giudice del merito in quanto la stessa nonè relegata in una posizione inferiore rispetto alle altre prove non essendo configura-bile per il nostro ordinamento una gerarchia di efficacia tra i mezzi probatori … omis-sis … Per aversi una presunzione giuridicamente valida non occorre che i fatti su cuiessa si fonda siano tali da far apparire l’esistenza del fatto ignoto come l’unica con-seguenza possibile del fatto noto, sicché la relazione tra fatto noto e fatto ignoto pre-senti il carattere della necessità assoluta ed esclusiva, bastando che il secondo possaessere dedotto dal primo come conseguenza ragionevolmente possibile secondo uncriterio di normalità”. E ancora: “Nella deduzione dal fatto noto a quello ignoto il giudice del merito incon-tra il solo limite del principio di probabilità, che deve considerarsi rispettato quan-do le circostanze acquisite siano tali da far ritenere, secondo le regole di esperienza,possibile e verosimile la loro connessione causale con il fatto da accertare” (Cass.n. 154 del 17 marzo 1981). Tali principi sono stati riaffermati nelle sentenze n. 4688/86; 4878/89; 7084/90 enelle recenti n. 1373 e 6390 del 1998 citate anche nelle “Linee guida” in esame.

La trattazione delle malattie infettive e parassitarie alla luce del“criterio presuntivo”.

La legittimità del ricorso al criterio presuntivo nella trattazione delle malattie infet-tive e parassitarie viene sancita con la sentenza della Cassazione Civile - SezioneLavoro n. 5764 dell’82. Nello specifico, oltre a ribadire che tra le cause violentecaratterizzanti l’infortunio sul lavoro rientrano anche quelle cause lesive di naturamicrobica o virale, veniva affermato che con il ricorso al criterio presuntivo, e stan-te la concorrenza di determinate circostanze obbiettive (gravi, precise e concordan-ti), può essere ritenuto dimostrato il rapporto etiologico tra l’agente patogeno e l’ef-fetto invalidante. In particolare, nell’ipotesi di decorrenza di un certo lasso di tempotra la penetrazione del fattore patogeno e l’insorgenza dei sintomi, può essere pre-sunto, nei termini esplicitati, che il rapido contatto con tale agente microbico ovirale - contatto che deve essere connesso con lo svolgimento dell’attività lavorati-

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va - sia stato il fattore determinante dell’alterazione dell’equilibrio anatomo-fisiolo-gico.Veniva, quindi, affermata la legittimità del ricorso alla presunzione nel valutare ilrapporto etiologico tra l’agente patogeno e l’effetto invalidante; in sostanza, la “pre-sunzione” della natura infettante dell’evento professionale.La vertenza, da cui è poi scaturito il pronunciamento della Suprema Corte, eraincentrata sulla richiesta, avanzata da una ausiliaria di laboratorio, del riconosci-mento del diritto ad una rendita per aver contratto una epatite virale nell’espleta-mento della propria attività. L’Istituto aveva contestato l’indennizzabilità del casosia come malattia professionale sia come infortunio e, in relazione a tale inquadra-mento assicurativo, aveva affermato la non ricorrenza dei due aspetti cardine perl’indennizzabilità (occasione di lavoro - causa violenta). Sebbene fossero stateaddotte prove testimoniali tendenti a dimostrare che la ricorrente si era procurata inpassato alcune ferite facendo uso di aghi e vetrerie di laboratorio, il Tribunale diPistoia, accogliendo la tesi dell’Istituto, aveva respinto l’istanza per il fatto che lamalattia virale si era manifestata in forma lenta e subdola, identificando così erro-neamente la causa violenta con la rapidità dell’effetto patologico, e aveva rifiutatol’ammissione della prova per presunzione tendente a dimostrare il nesso etiologicotra alcune ferite e l’insorgere della malattia. A causa di tale rifiuto la Suprema Cortestabiliva la cassazione della sentenza e l’affermazione della legittimità del ricorso apresunzioni semplici per la dimostrazione del rapporto etiologico tra agente patoge-no ed effetto invalidante.Il principio della presuntività della natura infettante dell’evento viene ulteriormen-te esplicitato ed esteso con due pronunciamenti, sempre della Cassazione, del 1991(n° 8058) e del 1992 (n° 3090). Entrambi scaturiscono da procedimenti civili in cuil’INAIL, quale parte convenuta, aveva sostenuto la inammissibilità all’indennizzo diepatiti virali, contratte da personale paramedico, eccependo che difettava il requisi-to della causa violenta (es. ferita, puntura, ecc.) per la quale si fosse determinato ilcontagio. Tale impostazione era stata recepita dal giudice, nel procedimento diprimo grado, sulla scorta della motivazione, analoga nei due procedimenti, secondocui non trovava conforto, nelle carte processuali, l’asserita esistenza del nesso causa-le tra l’affezione riscontrata all’assicurato ed il lavoro dallo stesso svolto nell’ospeda-le, rinvenendosi soltanto indici di una mera possibilità di ricollegare l’affezione conl’espletamento di detto lavoro; né appariva univoco il fatto che nel periodo in cuidoveva essere avvenuto tale evento nell’ospedale erano stati trattati altri casi di epa-tite ed il fatto che le mansioni svolte rendessero possibile la contrazione di affezionidel genere. In particolare era stata ritenuta determinante, per il rigetto dell’istanza,la non individuazione di un preciso evento lesivo.La Suprema Corte, cassando la due sentenze di primo grado, enunciava dei principidai quali è scaturita la necessità, per l’Istituto, di reimpostare i criteri di trattazionedelle specifiche tipologie di malattie. Infatti, l’ormai definito quadro giurispruden-ziale contribuiva a determinare l’emanazione, prima delle disposizioni di cui alla let-tera del 1 luglio 1993, poi della circolare n. 74 del 1995 ed ora delle recenti “Lineeguida”. Era stato, in vero, affermato dalla Cassazione che: “Se si considera che nellainsorgenza dell’epatite virale di tipo B ben difficilmente è individuabile, specie perchi lavora in ambiente ospedaliero, lo specifico episodio che ha generato la malat-tia, si comprende come sia giustificato ritenere raggiunta la prova della causa vio-lenta quando sia provata, anche attraverso presunzioni, la possibilità che detta causaviolenta si sia verificata” (Cass. n. 8058/91).

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Successivamente “è certamente viziata la sentenza impugnata nella quale, purammettendosi la possibilità di ricollegare l’affezione con l’espletamento delle man-sioni svolte dall’appellato si nega l’esistenza di un rapporto causale tra la prima e leseconde sulla base di argomentazioni del tutto fragili come la mancata individuazio-ne di un preciso evento lesivo” (Cass. n. 3090/92).In seguito, dunque, a tali pronunciamenti e alla definizione di principi e criteri, laapplicabilità del criterio presuntivo è stata estesa: non più solo presunzione dellanatura infettante dell’evento professionale, ma anche dell’accadimento dell’eventostesso in quanto “è giustificato ritenere raggiunta la prova della causa violenta (inte-sa come penetrazione del fattore patogenetico) allorché sia provata, anche attraver-so presunzioni, la possibilità che detta causa violenta si sia verificata” vale a direattraverso l’identificazione di quelle circostanze “gravi, precise e concordanti” chelegittimano il ricorso alla presunzione semplice come mezzo di prova.Tali criteri sono stati ulteriormente articolati e collegati con le tematiche relative alrischio professionale nelle recenti sentenze n. 1373 e n. 6390 del 1998; sentenze cherendono ancor più legittimato il ricorso al criterio presuntivo nella identificazionedegli antecedenti causali dell’evento, in quanto esplicitano che, per tali specifichepatologie, la possibilità di verificazione della causa violenta (virulenta) configurauno specifico rischio professionale. Infatti, in tali termini, si è espressa chiaramentela Suprema Corte nella recentissima sentenza n. 6390 del 27 giugno 1998 con laquale è stato affermato che il nesso tra lavoro espletato (nello specifico: medico inun centro trasfusionale) e patologia (epatite) può provarsi a mezzo di presunzionisemplici essendo sufficiente che “il fatto da provare sia desumibile dal fatto notocome conseguenza ragionevolmente possibile secondo un criterio di normalità”. Percui ritenere che il ricorrente “in quanto addetto alle trasfusioni e alle analisi di labo-ratorio conseguenti, incorreva in un rischio specifico di contrarre la malattia oltre10 volte maggiore del rischio generico della restante popolazione, equivale a dire chevi furono oltre 9 probabilità su 10 che la malattia fu contratta in funzione e a causadel lavoro svolto”.

Dal problema alla soluzione: un approccio metodologico.

In conclusione da un punto di vista giuridico il ricorso al procedimento presuntivo,per le specifiche patologie in esame, non può che essere definitivamente acquisito:sia in relazione al rapporto etiologico tra evento e malattia sia in relazione all’acca-dimento dell’evento stesso.Ciò stabilito, la concreta attuazione del procedimento nell’ambito dell’attività medi-co-legale non può che risultare particolarmente impegnativa: richiede, infatti, almedico legale una metodologia di ricerca ed una strumentazione logica e criticamolto affinate. In vero tale attuazione, fondata su una elaborazione dei dati noti permezzo di un procedimento logico prevalentemente induttivo, deve scaturire la iden-tificazione ed eventuale acquisizione dell’antecedente causale (accadimento dell’e-vento in ambito lavorativo e sua potenzialità infettante) della patologia infettivaavente rilevanza assicurativa. Appare, altresì, chiaro che l’applicazione del criteriopresuntivo si concretizza in una metodologia di ricerca e di indagine che non esclu-de il ricorso anche ai classici criteri di ricostruzione del nesso di causalità. Quindi il medico legale, dopo aver contestualmente constatato la ricorrenza delrischio professionale specifico in periodi compatibili con la comparsa della malattia

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e l’assenza di fattori etiologici extralavorativi, cioè la presenza di circostanze “gravi,precise e concordanti”, con un procedimento fondato sulla ragionevole possibilità everosimiglianza secondo un criterio di normalità (vedi le Linee guida), è pienamen-te legittimato a ricorrere alla “presunzione semplice”.In fine pare opportuno sottolineare due aspetti del tema qui affrontato:primo, la “presunzione semplice”, pur con le sue difficoltà di attuazione, consente ilriconoscimento di un diritto alla tutela che altrimenti sarebbe negato: e questo è ilsenso più profondo di quanto la giurisprudenza ha via via chiarito e affermato inmerito; secondo, il medico-legale, attuando correttamente il procedimento presun-tivo, dà una prova “alta” della sua professionalità.E, senza dubbio, entrambi questi aspetti sono motivi più che validi a ben operare.

PROCEDIMENTI OPERATIVI PER IL RICONOSCIMENTOALLA LUCE DELLE “LINEE GUIDA”

Sulla base delle nuove disposizioni, ai fini della tutela assicurativa il diritto alla pre-stazione erogata dall’I.N.A.I.L. si concretizza nel momento in cui risultano soddi-sfatti i seguenti presupposti normativi:L’azione patogena sia risultata in rapporto con lo svolgimento dell’attività lavorativa.I suoi effetti lesivi acuti si siano manifestati in tempi compatibili con il periodo di incu-bazione della malattia, in rapporto cronologico con l’effettivo espletamento del lavoro;Gli effetti lesivi a distanza si siano resi evidenti prima della scadenza dei termini direvisionabilità.Le Linee Guida di recente pubblicazione hanno introdotto elementi esplicati ed inno-vativi riguardanti essenzialmente il “Campo di applicazione” del citato criterio dellaPresunzione Semplice d’origine e ridefinito l’iter concreto di attuazione dello stesso.Relativamente al campo di applicazione, il Criterio non si applica allorché l’inci-dente lesivo risulta denunciato all’I.N.A.I.L. a ridosso o a breve distanza dal suoaccadimento data la possibilità di effettuare indagini sierologiche immediate edavendo conoscenza dello stato anteriore dell’Assicurato per le disposizioni preven-zionali in materia di rischio biologico introdotte dal D. Lgs. 626 / 94.Al contrario, esso risulta di grande ausilio nei casi in cui:L’Assicurato denunci la patologia collegandola ad eventi lesivi subiti in passato peri quali non sia possibile reperire riscontri oggettivi in merito alla contagiosità deglistessi (Presunzione della natura infettante del materiale biologico di quel particola-re evento).L’Assicurato denunci la patologia infettiva o parassitaria ricollegandola alla sua atti-vità professionale, senza poter documentare specifici episodi contagianti(Presunzione dell’accadimento dell’evento lesivo).Certamente è questa seconda opportunità che costituisce l’elemento innovativodelle Nuove Linee Guida chiarendo definitivamente i dubbi che in passato si eranosviluppati circa l’effettivo ampliamento della tutela previdenziale.Relativamente all’iter operativo, alla luce delle recenti disposizioni, il Principiorisulterà correttamente applicato allorché sia stata accertata la ricorrenza del rischioprofessionale specifico in periodi compatibili con la comparsa della malattia e si siaconstatata la concomitante assenza di fattori etiologici extralavorativi. Nel raffronto con le disposizioni impartite con la lettera del 1.7.93 e con la Circolare

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n. 74/95, appare evidente come le Nuove Linee Guida abbiano modificato sostan-zialmente i criteri interpretativi e di valutazione del Protocollo Operativo allegato,attribuendo ad esso il valore di uno “strumento di indirizzo” tendente a garantire l’u-niformità e la correttezza dei comportamenti valutativi sul territorio nazionale ed alquale non potrà essere attribuito un valore vincolante e tassativo come precedente-mente effettuato. A riguardo delle condizioni poste dal citato protocollo, le Nuove linee guida auto-rizzano a considerare:

• non tassativo l’elenco delle figure professionali riportato al punto 1°, essendo diri-mente la prova di un contatto frequente con materiali biologici potenzialmenteinfetti, per motivi lavorativi;

• di fondamentale rilevanza, ai fini del riconoscimento dell’origine professionale, lacircostanza riportata al punto 3°, vale a dire il transito di Soggetti o la presenza dimateriali biologici infettanti negli ambienti ove si presume sia avvenuto il contatto.

• l’opportunità di raccogliere notizie relative a possibili comportamenti o alla pre-senza di ulteriori fattori di rischio extraprofessionale, secondo quanto previsto alpunto 4° mediante un’accurata indagine anamnestica e l’acquisizione di riscontrioggettivi (es. Cartelle Cliniche, certificazioni, indagini di laboratorio precedentietc.) pur tenendo nella dovuta considerazione i limiti posti dalla Legge n. 675 del31 Dicembre 1995 (cosiddetta Legge sulla privacy).

Oltreché realizzare un effettivo ampliamento dell’ambito lavorativo tutelato, leNuove Linee Guida chiariscono alcuni aspetti normativi in merito ai quali in passa-to si erano registrate difformità interpretative.In particolare, le nuove disposizioni ribadiscono il principio già previsto dall’art. 52del T.U. 1124/65 secondo il quale la “...decorrenza delle prestazioni non può essereprecedente alla data della denuncia...” e ciò nel caso in cui il riferimento avvengaper un episodio realmente accaduto, denunciato e dimostrato infettante.Al contrario, nel caso in cui non sia stato possibile identificare il momento infet-tante per cui “l’episodio lesivo “debba necessariamente essere presunto, ai fini ope-rativi appare fondato far coincidere la data dell’infortunio con la data della denun-cia, in analogia a quanto già avviene per la malattia professionale. Relativamente ai tempi prescrizionali, nelle fattispecie della malattia-infortunio, ecomunque secondo le indicazioni fornite dalle Nuove Linee Guida, andranno appli-cate le stesse direttive esistenti per le Malattie professionali. Così in dettaglio:

• ... se il grado d’inabilità indennizzato in rendita è stato raggiunto prima delladenuncia all’I.N.A.I.L., la prescrizione decorre dalla data in cui l’Assicurato haavuto cognizione, secondo criteri di normale conoscibilità, di essere affetto damalattia infettiva di probabile origine professionale;

• ... se la malattia non ha provocato l’astensione dal lavoro o si è manifestata dopol’abbandono della lavorazione morbigena, la prescrizione decorre dalla data didenuncia all’Istituto assicuratore;

• ... infine, la prescrizione decorre dalla data in cui i postumi hanno raggiunto lamisura indennizzabile se questa è successiva alla data della denuncia.

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A completamento di quest’excursus normativo, occorre ricordare che per gliAssicurati emotrasfusi a seguito di lesioni riportate in un infortunio lavorativo, infet-tati da virus epatitici, o da virus HIV, accertata la competenza dell’I.N.A.I.L., se rico-nosciuti portatori di danno indennizzabile, sussiste il diritto di cumulare le presta-zioni fornite dall’Istituto con l’indennizzo erogato ai sensi della Legge n. 210 del 25Febbraio 1992 ribadite dalla Legge n. 238 del 25 Luglio 1997.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Ad un’attenta analisi del fenomeno infortunistico della malattia-infortunio, conparticolare attenzione al riguardo delle epatopatie virali e all’A.I.D.S., è fondatoritenere che il ricorso alla presunzione semplice sarà sempre più circoscritto sia:

• per la nuova disciplina prevenzionale introdotta con il D. Lgs 626/94 in merito alrischio biologico (che prevede la realizzazione di mappe di rischio, controlli medi-ci mirati, registro degli esposti e registro degli eventi accidentali);

• per un’auspicata collaborazione con le strutture sanitarie territoriali, affinchésiano denunciati tutti gli infortuni compresi quelli che potrebbero sembrare discarso interesse clinico;

• per la crescente attenzione sociale e sanitaria nei confronti del problema (presup-posti culturali e politici che certamente concorreranno sempre di più all’identifi-cazione dell’episodio contagiante).

LA VALUTAZIONE DEL DANNO ALL’ATTITUDINE ALLAVORO DA EPATITE VIRALE

L’esigenza di redigere un protocollo valutativo del danno all’attitudine al lavoro con-seguente ad infezioni da virus dell’epatite e’ scaturita non tanto dal pur sensibileaumento delle richieste di ammissione all’indennizzo di casi di epatite virale Coccorsi su lavoratori del comparto sanitario, ma piuttosto dall’ampliamento delleconoscenze circa l’eziopatogenesi e l’evoluzione delle epatiti virali connesso al per-fezionamento delle tecniche bioptiche ed allo sviluppo delle metodiche di ingegne-ria genetica; le nuove acquisizioni scientifiche, infatti, oltre a fornire elementi ido-nei ad esperire una valutazione della prognosi quoad vitam e quoad valetitudinempiù attendibile e circostanziata che in passato, hanno condotto ad una riformulazio-ne della classificazione nosologica delle virus epatiti croniche.Il fatto che le indicazioni valutative sino ad oggi espresse nei diversi rapporti giuri-dici che si occupano del danno alla persona abbiano perso, per questo, gran partedella loro attualità, non le ha private di quell’interesse e di quel valore tali da ren-dere il loro riesame propedeutico alla formulazione di una guida valutativa del dannoepatico post epatitico.Rilevando preliminarmente come la letteratura di merito non offra, in generale,indicazioni che consentano di superare un certo empirismo valutativo legato al fattoche il danno epatico viene per lo più distinto in tre o quattro classi o fasce che vannodal minimo interessamento disfunzionale del fegato, ancor privo di ripercussioni

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sulle condizioni generali dell’epatopaziente, alle più gravi manifestazioni clinichedella cirrosi epatica, si ritiene doveroso, per una completezza di trattazione, riporta-re qui quanto di specifico riferimento si rileva nella norma scritta per poi far cennoad alcune delle proposte di maggior seguito. Nell’ambito della disciplina della invalidità civile, il Decreto del Ministero dellaSanità del 5.2.92 (“Approvazione della nuova tabella indicativa delle percentuali diinabilità per le minorazioni e malattie invalidanti”) identifica, in premessa, quattroclassi di compromissione funzionale dell’apparato digerente a prescindere dalla loca-lizzazione e dalla natura della patologica:

“I CLASSE: la malattia determina alterazioni lievi della funzione tali da provocaredisturbi dolorosi saltuari, trattamento medicamentoso non continuativo e stabilizza-zione del peso corporeo convenzionale (rilevato dalle tabelle facenti riferimento alsesso ed alla statura) su valori ottimali. In caso di trattamento chirurgico non devo-no essere residuati disturbi funzionali o disordini del transito.

II CLASSE: la malattia determina alterazioni funzionali causa di disturbi dolorosinon continui, trattamento medicamentoso non continuativo, perdita del peso sinoal 10% del valore convenzionale, saltuari disordini del transito intestinale.

III CLASSE: si ha alterazione grave della funzione digestiva, con disturbi dolorosimolto frequenti, trattamento medicamentoso continuato e dieta costante; perditadel peso tra il 10 ed il 20% del valore convenzionale, eventuale anemia e presenzadi apprezzabili disordini del transito. Apprezzabili le ripercussioni socio-lavorative.

IV CLASSE: alterazioni gravissime della funzione digestiva, con disturbi dolorosi etrattamento medicamentoso continuativo, perdita del peso superiore al 20% delconvenzionale, anemia, gravi e costanti disordini del transito intestinale.Significative le limitazioni in ambito socio-lavorativo.”

La tabella annessa al citato Decreto, poi, espressamente prevede:

• per l’ “Epatite cronica attiva” la misura fissa del 51%;• per la “Cirrosi epatica con ipertensione portale“una valutazione in fascia dal 71

all’80%;• per la “Cirrosi epatica con disturbi della personalità (encefalopatia epatica inter-

mittente)” la misura fissa del 95%;• per le “Neoplasie a prognosi infausta o probabilmente sfavorevole nonostante l’a-

sportazione chirurgica”, fra le quali può comprendersi l’epatocarcinoma, la misu-ra fissa del 100%.

Utile riportare, qui, per la frequente associazione della epatite C con la crioglobuli-nemia mista essenziale, l’unico riferimento previsto per le alterazioni della frazioneproteica globulinica concernente la “Gammapatia monoclonale benigna”, valutatanella misura fissa del 25%.Nella normativa riguardante la pensionistica privilegiata da causa di guerra o di ser-vizio non sono previste voci esplicitamente riguardanti le epatopatie da primitivointeressamento della cellula epatica; le previsioni riguardanti la “Colecistite cronicacon disfunzione epatica persistente”, di cui alla settima categoria della Tabella A, e la“Colecistite cronica ed esiti di colecistectomia con persistente disepatismo”, di cui

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alla ottava categoria della stessa Tabella, attengono, infatti, a patologia nelle quali ildanno epatico e’ solo secondario alla patologia biliare; non resta che un unico gene-rico riferimento cioè quello che ascrive “le affezioni gastroenteriche e delle ghiando-le annesse con grave e permanente deperimento organico” alla seconda categoriadella Tabella A (riduzione della capacita’ lavorativa generica dall’80 al 75%), doven-dosi procedere, nella valutazione di pregiudizi più o meno gravi, all’attribuzione aduna delle diverse altre sette categorie della Tabella A, od alla Tabella B, con criteri diequivalenza a seconda del grado di riduzione della capacità lavorativa generica. Un breve inciso per far cenno all’indennizzo concesso dallo Stato (Ministero dellaSanità) ai “danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali” (art. 1 comma 3 L25.2.92, n.210, L. 25.7.97, n. 238); questo e’ condizionato dall’esistenza di una inva-lidità almeno ascrivibile alla tabella A (e dunque almeno pari al 20%) e rapportato,nella sua misura, alla tabella B allegata alla legge 29.4.76, n. 177 e successive modi-fiche (art. 8 L. 2.5.84, n. 111).Per quanto attiene alle diverse proposte di valutazione del danno epatico, sia in temadi responsabilità civile che nello specifico giuridico della infortunistica sul lavoro,brevemente si rammentano la classificazione dello “JAMA” (1968), la propostavalutativa di Altamura et al (1984) sulla quale era basato anche un “sistema esper-to” (LITO-1) di indicizzazione dello stato funzionale del fegato attraverso l’elabora-zione informatica della variazione di alcuni dati ematochimici, nonché quella pre-sentata al 50° Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina del Lavoro(Roma, 1987) e riportata, “… a titolo puramente orientativo…” quale “...indicazio-ne di base per una percentualizzazione del danno…” all’attitudine al lavoro, nelmanuale “Elementi pratici di procedura operativa di infortunistica sul lavoro” (G.Ercolani, A.G Mezzetti) edito dall’Istituto nel 1989.Secondo lo JAMA possono distinguersi 4 classi di danno:

• Classe 1 (0-10%): malattia epatica sostanzialmente asintomatica con buono statodi nutrizione e iniziale alterazione del metabolismo della bilirubina e minime alte-razioni degli indici di funzionalità epatica.

• Classe 2 (15-25%): presenza di più sensibili alterazioni biochimiche in presenza,però, ancora di un buono stato di nutrizione e forza muscolare ed in assenza di itte-ro, ascite e sanguinamento di varici esofagee negli ultimi cinque anni.

• Classe 3 (30-50%): ittero, ascite e sanguinamento di varici esofagee nel corso del-l’ultimo anno con compromissione dello stato di nutrizione.

• Classe 4 (60-90%): malattia epatica cronica progressiva con ascite e ittero persi-stente, sanguinamento di varici esofago-gastriche, interessamento del SNC e statodi nutrizione in condizione di grave carenza.

Della proposta di Altamura, desta interesse la previsione di variazioni, nell’ambitodi uno stesso grado d’insufficienza epatica (1), della valutazione percentuale deldanno alla capacità lavorativa e del giudizio di idoneità al lavoro a seconda dell’im-pegno energetico condizionato dall’attività svolta. A titolo di esempio, per il gradoIII, la valutazione varia dal 21- 60%, per individui il cui lavoro comporti leggera atti-vità fisica (fino a 200 Kcal/ora), al 71-100% per addetti a lavori “molto pesanti”

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(1) Secondo l’Altamura l’insufficienza epatica può essere di quattro gradi entro cui ricondurre il danno anatomo-funzionale: transitoria, piccola, media o grave.

(con dispendio energetico maggiore di 300 Kcal/ora); da un possibile giudizio di ido-neità lavorativa riservato ai primi, si passa, nei secondi, alla sua esclusione. A parte l’interesse più che attuale delle problematiche di squisita pertinenza delMedico del Lavoro, e’ chiaro che, nello specifico giuridico dell’assicurazione infor-tuni non potrà tenersi alcun conto dell’eventuale giudizio di non idoneità determi-nato da misure di ordine profilattico volte sia verso lo stesso ammalato che verso l’u-tenza; il parametro di riferimento, infatti, così come vuole giurisprudenza corrente(2) e così come recentemente ribadito dalla Corte Costituzionale (3), non può cheessere la generica attitudine al lavoro industriale (o agricolo), senza possibilità dialcuna personalizzazione del danno. Detto parametro - che non coincide con la generica efficienza psico-fisica a com-piere qualsiasi attività, la cui lesione e’ presupposto del danno biologico – consistein una validità in astratto impiegata in un lavoro manuale di media gravosità; tant’èche i valori percentuali di cui alla tabella allegata a vigente T.U. recano un inequi-vocabile plus valore riservato alle menomazioni degli apparati maggiormente coin-volti nell’espletamento del lavoro manuale (4). Ed allora, in aderenza ed analogia con il dettato dell’articolo 78 del T.U., nella partein cui fa collegare il grado di riduzione dell’attitudine al lavoro al valore lavorativodella funzione lesa, l’innegabile ruolo svolto dalla funzione digestiva nello svolgi-mento di attività di tipo fisico (5), anche se comportanti un dispendio energeticosolo di media intensità, impongono di attribuire alla insufficienza funzionale delfegato un valore aggiunto rispetto al quid valutabile in termini di pregiudizio allamera validità (danno biologico). E se ciò risulta equo ed esatto in riferimento ad una categoria esposta, quale quelladegli operatori ecologici le cui mansioni effettivamente presuppongono un mediodispendio energetico, per i soggetti maggiormente a rischio, ossia per quei lavorato-ri del comparto della sanità che vengono frequentemente a contatto con materialibiologici, che non svolgono mansioni comportanti un dispendio energetico pari aquello dei lavoratori manuali, il plus valore potrà almeno, solo in parte ed indiretta-mente, sopperire alla impossibilità della considerazione valutativa della capacitàlavorativa attitudinale che in alcuni casi può essere addirittura abolita in ragionedella perduta idoneità alla specifica mansione per motivi profilattici. Di tale considerazione si era già tenuto conto nella formulazione dell’indirizzo valu-

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(2) Per tutte: Corte di Cassazione – Sez. lavoro. Sent. N. 8058 del 19.7.91: “…L’accertamento della inabilità per-manente va compiuto con riguardo alla capacità lavorativa generica… e non già alla capacità lavorativa specifica(rapportata al lavoro esercitato al tempo dell’infortunio…) o alla capacità lavorativa attitudinale del singolo sog-getto”. La sentenza impugnata riguardava la mancata considerazione valutativa dell’ “opportunità”, per un’assicu-rata colpita da epatite-infortunio, di “evitare nuove occasioni di contagio” con conseguente abbandono del lavoronella cui occasione era stata contratta la malattia infettiva. (3) Corte Costituzionale – Sent. N. 350 del 21.11.97; “…per attitudine al lavoro” deve “…intendersi la capacitàdi lavoro generica riferita a qualunque lavoro manuale medio e non la capacità di lavoro specifica o quella capacitàriferita al tipo di lavoro confacente alla qualificazione attitudinale dell’assicurato”. Il caso di specie riguardava unaparrucchiera affetta da dermatite allergica professionale. (4) Valga per tutti gli altri l’esempio della percentuale del 5% assegnata agli “esiti di frattura della clavicola beneconsolidata, senza limitazione dei movimenti del braccio”; pur in assenza di alterazioni funzionali e di disturbi lega-ti ad una ipertrofia del callo osseo od ad una viziata posizione dei monconi di frattura e’ riconosciuta comunque unadignità valutativa in termini di lesa attitudine al lavoro evidentemente ricondotta alla ipotizzata limitazione al cari-co di gravi sulla regione claveare dovuta ad altrettanto ipotizzate reazioni algiche.(5) Al riguardo si ponga l’attenzione all’unico riferimento valutativo concernente la funzione digestiva di cui allatabella dell’Industria: “Perdita di molti denti in modo che risulti gravemente compromessa la funzione masticato-ria: a) con possibilità di applicazione di protesi efficace: 11%; b) senza possibilità di applicazione di protesi effica-ce: 30%.

tativo di cui al citato manuale edito dall’INAIL che si riporta, per completezza, inallegato (all. n. 1).Così come risulta anche dalla rilettura della letteratura di merito, poiché la valutazio-ne del danno epatico deve basarsi sulla entità del danno funzionale, necessaria pre-messa alla formulazione di qualsiasi protocollo valutativo delle epatiti croniche viralideve essere la considerazione che la insufficienza epatica e’ solo in parte correlata, pergravità, con la estensione del danno anatomico; la grande capacità di riserva funzio-nale del fegato, infatti, fa sì che l’alterazione dei valori dei parametri ematochimicivolti a saggiare le molteplici funzioni epatiche compaia solo quando la lesione ha inte-ressato gran parte del parenchima; ciò, oltre a porre un non trascurabile limite ad unavalutazione esperita sulla scorta solo di un, per quanto circostanziato, dato anatomo-patologico, rende necessaria la considerazione simultanea di più ordini di fattori dallaquale ottenere un quadro che renda evidente, quanto più fedelmente possibile, l’effet-tivo stato di disfunzionalità epatica al quale correlare il grado di lesa attitudine al lavo-ro. La valutazione del danno sarà dunque funzione, innanzi tutto, delle condizionigenerali dell’assicurato, della presenza e dell’entità delle variazioni degli indici biou-morali, delle condizioni anatomiche del fegato e della milza ed, infine, della eventua-le presenza di segni o sintomi di ipertensione portale.Per quanto attiene ai numerosi parametri laboratoristici idonei allo studio della fun-zionalità epatica, si e’ ritenuto di doverne selezionare alcuni per la loro capacità diessere considerati fedeli indici di sofferenza funzionale dell’epatocita, elettivamentecolpito dai virus dell’epatite, di infiammazione, di citolisi, di colostasi ed, infine, diprobabile evoluzione neoplastica; questi i parametri considerati:

• Transaminasi: il loro aumento e’ indice di citolisi (danno anatomico).• Albuminemia: la ridotta protidosintesi è diretto indice di funzione epatocellulare.• Rapporto colesterolo esterificato/ colesterolo libero: la sua riduzione (vn 2/3) e’

indice di insufficienza funzionale dell’epatocita. • Tempo di protrombina: il suo aumento (o la diminuzione del % di attività) e’

indice di grave interessamento epatico (ovviamente in soggetti non preesistente-mente affetti da coagulopatie e non in trattamento anticoagulante).

• Sideremia: un suo aumento (oltre i 180 mcg/100 ml) e’ indice insieme di citolisi(liberazione di ferritina dagli epatociti) e di ridotta capacità del fegato di captareil ferro.

• Gammaglobulinemia; l’aumento, in valori assoluti, della gammaglobuline essen-do correlato ad una elevata attività mesenchimale e’ indice di attività infiamma-toria.

• Bilirubinemia diretta e fosfatasi alcalina: il loro aumento e’ indice di colostasi. • αα11 Fetoproteina: valori superiori a 200 ng/ml sono suggestivi per la presenza di

un epatocarcinoma.

Per quanto attiene, infine, al quadro di stretta pertinenza anatomo-patologica, qua-lora non possa disporsi dell’esito di una biopsia (6), le condizioni del fegato potran-no essere dedotte, oltre che dalla clinica, dai rilievi ecografici, utili anche per evi-denziare le condizioni della milza e della circolazione portale.

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(6) Sin troppo ovvia l’annotazione che a fini medico legali non può effettuarsi alcuna indagine invasiva; la biopsiaepatica e’ oggi, comunque, più frequentemente effettuata che in passato, sia per determinare, a fini clinici, il gradodi attività dell’infezione che per monitorare gli effetti della terapia con l’interferone.

Tutto ciò premesso ne risulta la seguente tabella valutativa:

A necessario ulteriore commento della tabella, si vuole sottolineare che l’esprimere,come si e’ fatto nella ipotesi di cui alla prima fascia percentuale, una valutazionesotto il minimo indennizzabile, ovviamente quando le condizioni dell’assicurato nonsia tali da determinare l’esistenza di una “essenziale” riduzione dell’attitudine al lavo-ro (art. 74 T.U. 1124/65), fa scivolare in avanti il termine decennale di cristallizza-zione ampliando così la possibilità di tener conto delle tardive più gravi manifesta-zioni della malattia; queste, evidenziate in uscita dallo schema (cirrosi, associazionecon una crioglobulinemia che ha già determinato coinvolgimenti neurologici e/orenali, epatocarcinoma), qualora esplichino effetti disfunzionali tali da determinare“alterazioni delle facoltà mentali che apportino gravi perturbamenti della vita orga-nica e sociale” oppure “…la continua o quasi continua degenza a letto” (punti 7 e 8,tabella allegato 3 al T.U.), potranno dar titolo all’assegno per l’assistenza personalecontinuativa. In specifico riferimento, poi, alla cirrosi epatica si e’ ritenuto utile trasferire i valoripercentuali propri del protocollo valutativo alla classificazione di Child-Pugh per ilmotivo che detta classificazione, per quanto redatta al fine di selezionare, fra ipazienti cirrotici, quelli candidati alla correzione chirurgica della ipertensione por-tale (intervento di shunt porto-sistemico), viene oggi generalmente impiegata anchea fini nosografici generali.

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Condizionigenerali

Indici

Bioumorali

Fegato

Milza

Ipertensioneportale

Valutazione

Buone

Alterazioni

Modeste ed

Incostanti

Lieveepatomegalia

Normale

Assente

5 –11%

Discrete

GOT-GPT x 2-3

Sideremia =/↑

A/G >1

Colest. Est. =/↓

Modestaepatomegalia

Incostante, lievesplenomegalia

Assente

11 – 30%

Discrete

GOT-GPT x 3-4

Sideremia ↑

A/G = /< 1

Colest. Est ↓

Bil. Dir. </= 2 mg/dl

T. Protr. >/ = 70%

Epatomegalia

Lieve splenomegalia

Assente

30 – 50%

Mediocri

GOT-GPT x 5

Sideremia ↑

A/G<1

Colest. Est ↓

Bil. Dir > 2/3 mg/dl

T.Protr. < 70%

Epatomegalia

Splenomegalia

Iniziale oconclamata senzascompenso

50–70% →

Scadute

Tutti Sensibilmente

Alterati

Epatomegalia

Splenomegalia

Scompensata

→ 100%

CIRROSI CME EK

······

CLASSE A (compensata) B (compensabile) C (scompensata)

Bilirubinemia < 2 mg/dl 2-3 mg/dl >3 mg/dl

Albuminemia >3,5 g/dl 3 – 3,5 g/dl <3 g/dl

T.Protrombina(in % attività) 70 – 90% 50 –70% <50%

Ascite Assente Facilmente Difficilmentecontrollabile controllabile

Encefalopatia Grado 0 Grado 1-2 Grado 3 – 4

Stato di Nutrizione Ottimo Buono Scarso

Inabilità 50% → 70% → 100%

Ancora in riferimento alla lacunosità della tutela assicurativa di quei casi che mani-festino le più gravi conseguenze della epatite virale oltre l’ultimo termine revisiona-le, pur nella consapevolezza di non poter fare, nello specifico giuridico dell’assicura-zione infortuni, alcun esplicito riferimento al danno futuro si ritiene che, in prossi-mità della scadenza decennale, non possa non tenersi conto del valore prognosticoposseduto dall’intensità della flogosi e dall’entità della fibrosi, direttamente desumi-bile dalle risultanze dell’esame istologico sempre naturalmente che esso sia disponi-bile; così, nell’ambito delle sufficientemente ampie fasce valutative espresse nel pro-tocollo, si ritiene che nel corso della revisione al decimo anno la percentuale didanno debba tanto più avvicinarsi al valore massimo quanto più la prognosi e’ sfa-vorevole. A parte l’annotazione che il virus C e l’agente Delta sono in grado dideterminare forme epatitiche croniche senz’altro più gravi ed evolutive di quantonon faccia il virus B, gli indici prognostici più attendibili sono oggi ritenuti essere ilgrado di intensità della infiammazione, l’entità della necrosi e la stadiazione dellafibrosi.Dal momento che e’ proprio su detti indici che si basa la ridefinizione nosograficadelle epatiti virali croniche, tali in presenza di marker positivi e rialzo transaminasi-co perdurante da oltre sei mesi, sembra opportuno farne breve cenno. Deve, al riguardo, essere premesso che le principali osservazioni che hanno condot-to alla nuova classificazione riguardano la frequente coesistenza, in uno stesso pre-lievo bioptico, di quadri istologici intermedi tra l’epatite cronica persistente e l’atti-va e che la stessa epatite cronica attiva può esprimersi in gradi di intensità di necro-si e di attività infiammatoria assai diversi.La nuova classificazione, dunque, prevede che venga sempre indicato il virus (od ivirus) responsabile e si basa, come si e’ già detto, sul grado di intensità della necrosie della attività infiammatoria (da 0 a 18) e sulla intensità della fibrosi (indice di sta-diazione da 0 a 6).

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Sulla base del punteggio cumulativo, assegnato dagli istologi sulla base della presen-za e dell’intensità di epatite periportale e perisettale, di necrosi confluente e panaci-nare, di attività infiammatoria lobulare e infiammazione portale (allegato n. 2), l’e-patite virale cronica viene così classificata:

Attiva Minima se ha indice di gradazione numerica da 0 a 4Attiva Lieve se ha indice di gradazione numerica da 4 a 9Attiva Moderata se ha indice di gradazione numerica da 10 a 15Attiva Severa se ha indice di gradazione numerica da 16 a 18

Pur ritenendo maggiormente corretta una valutazione del danno all’attitudine allavoro esperita sulla base dell’effettiva entità del pregiudizio alla funzione epaticaquale risulta dalla valutazione clinica dell’epatopaziente, si e’ ritenuto comunqueutile attribuire un valore percentuale in termini di lesa attitudine al lavoro ai diver-si quadri delle alterazioni anatomo-patologiche secondo la nuova classificazionedelle epatiti croniche, tenuto conto delle afferenze disfunzionali che la letteratura dimerito, in linea generale, riconnette ai diversi quadri bioptici; ne sono derivate leseguenti indicazioni percentuali che presuppongono di poter disporre di una precisavalutazione esperita in sede bioptica e che, comunque, devono essere intese comesemplice corollario di raffronto con la tabella valutativa precedentemente illustrata:

EPATITE CRONICA MINIMA SENZA FIBROSI 5% – 11%

EPATITE CRONICA LIEVE SENZA FIBROSI 11% - 20%CON FIBROSI 21% - 25%

EPATITE CRONICA MODERATA SENZA FIBROSI 20% - 30%CON FIBROSI 30% - 45%

EPATITE CRONICA SEVERA CON FIBROSI →→ 3 40% - 50%CON FIBROSI →→ 6 51% - 70% Da virus C associata a CME 50% - 100%

CIRROSI EPATICA 50% - 100%

Ca EPATICO 100%

Deve essere precisato che, nella diversa attribuzione di percentuale di inabilita’, perle epatiti croniche minima e lieve senza fibrosi, in ragione del più volte richiamatocriterio prognostico, riservato, si intende, all’ultima revisione, assume rilievo valu-tativo il virus responsabile nel senso che la valutazione si avvicinerà più la valoremassimo previsto se l’epatite e’ sostenuta da virus C o da superinfezione δ. Da ultimo, e sulla scorta del medesimo criterio prognostico, si vuole sottolineare cheanche la presenza di patologie che comportino una severa controindicazione al trat-tamento con Interferone, rilevata in prossimità dell’ultimo termine revisionale,

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TIPO

Epatite A

Epatite BNANB

Epatite daAgente DELTA

VALUTAZIONE

Non postumiRendita aisuperstiti

Non postumi Dall’11% al 30%

Dal 30% al 70%

Dal 50 al 100%

Rendita aisuperstiti

Non postumi

Dall’11% al 30%

Dal 30% al 70%

Dal 50 al 100%

Rendita ai super-stiti

EVOLUZIONE

GuarigioneEpatite fulm. - Esitoletale

GuarigioneEpatite cronicapersistente

Epatite cronica attiva

Cirrosi

Morte

Guarigione

Epatite cronicapersistente

Epatite cronica attiva

Cirrosi

Morte

dovrà possedere una supplementare dignità valutativa. A tale riguardo si e’ ritenutoutile riportare, in allegato n. 3, le principali controindicazioni alla terapia con IFN,così come risultano dalle indicazioni bibliografiche.Per rimanere in tema di terapia con interferone può essere utile qui rammentare,infine, che nel corso del trattamento possono comparire effetti collaterali di inten-sità tale, non solo da provocare una assoluta inabilità temporanea, ma anche daimporre la sospensione del trattamento. Solo accennando che l’intensità dei sinto-mi propri della sindrome simil-influenzale (episodi caratterizzati da febbre, brividi,cefalea e malessere della durata di quattro – otto ore), che frequentemente si accom-pagna alle prime somministrazioni, può essere particolarmente elevata nelle primedue o tre settimane di trattamento, per l’elencazione degli altri effetti collaterali, piùo meno rari, si rinvia allo schema di cui all’allegato n. 4.

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MALATTIA-INFORTUNIO - TRATTAZIONE IN AMBITO INAIL

ALLEGATO n. 1: proposta valutativa presentata al 50° Congresso Nazionale SIMLII (Roma, 21-24 ottobre1987) e pubblicata su “Elementi pratici di procedura operativa in infortunistica sul lavo-ro“(G. Ercolani, A.G. Mezzetti – INAIL 1989)

POSTUMI EMATOCHIMICIINDICATIVI

Mov. Enzimatici –Sideremia

Mov. Enzimatici –SideremiaProtidogrammaRapporto esteri/colesterolo totale

Protidogramma – bilirubinemiaRapporto esteri/colesterolo totale

Mov. Enzimatici –Sideremia

Mov. Enzimatici –SideremiaProtidogrammaRapporto esteri/colesterolo totale

Protidogramma – bilirubinemiaRapporto esteri/colesterolo totale

NOTE

Non cronicizza

Risparmia la strutturaFondamentale del fegato

Sovvertimentoe distruzione dell’architet-tura epatica

Fibrosi diffusa e sovverti-mento della struttura conformazioni nodulariabnormi

Evolve più facilmente versola forma cronica attiva e lacirrosi

ALLEGATO n. 2: Indici istologici per lo score di gradazione dell’intensità della necrosi e dell’attività infiam-matoria.

EPATITE PERIPORTALE E PERISETTALE 0 - 4

Perdita degli epatociti all’interfaccia tra parenchima e connettivo associata ad infiltrato linfocita-rio o plasmacellulare degli spazi portali che distrugge la lamina limitante (Piecemal necrosis)

NECROSI CONFLUENTE E PANACINARE 0 - 6

Necrosi di gruppi adiacenti di epatociti sino a distruggere l’acino con aree di collasso parenchimalee addensamento delle fibre reticolari residue che uniscono a ponte gli spazi portali e le vene cen-trolobulari o che si estendono ai lobuli interposti fra gli spazi portali

ATTIVITA’ LOBULARE 0 - 4

Necrosi di singoli epatociti e raccolta di elementi flogistici nel lobulo epatico con maggiore evi-denza fra gli spazi portali

INFIAMMAZIONE PORTALE 0 - 4

Accumulo di elementi flogistici (infiltrato in prevalenza linfomonocitario) che generalmente nonsupera la lamina limitante e non invade il parenchima

TOTALE 0 - 18

ALLEGATO n. 3: Controindicazioni alla terapia con interferone.

CONTROINDICAZIONI ALLA TERAPIA CON IFN

• IPERSENSIBILITA’

• GRAVE PATOLOGIA CARDIACA

• IMPORTANTE INSUFFICIENZA EPATICA O RENALE

• MIELODEPRESSIONE

• EPILESSIA O COMPROMISSIONI SNC

• PZ IN TRATTAMENTO IMMUNOSOPPRESSIVI

• EPATITE AUTOIMMUNE

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ALLEGATO n. 4: Effetti collaterali della terapia con interferone.

IFN: EFFETTI COLLATERALI

COMUNI

• MALESSERE, ASTENIA, ARTROMIALGIE• CEFALEA, FEBBRE, BRIVIDI• INAPPETENZA, NAUSEA• DISTURBI DELLA CONCENTRAZIONE, DEL SONNO• IRRITABILITA’, ANSIA• ALOPECIA• ERITEMA NEL PUNTO DI INOCULAZIONE• GRANULOCITOPENIA E PIASTRINOPENIA (moderata)

MENO COMUNI

• VOMITO, DIARREA• MIELOSOPPRESSIONE• VERTIGINI• DEPRESSIONE, ATTACCHI DI PANICO, PSICOSI• TIROIDITE AUTOIMMUNE• SINDROME DI Sjogren• ARTRITI• PORPORA TROMBOCITOPENICA IDIOPATICA• ANEMIA EMOLITICA

RARI

• DIABETE MELLITO• INSUFFICIENZA EPATICA• INSUFFICIENZA RENALE• INSUFFICIENZA CARDIACA CONGESTIZIA• CONVULSIONI• IMPOTENZA• STOMATITE• PORPORA DI Henoch – Scholnlein

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MALATTIA-INFORTUNIO - TRATTAZIONE IN AMBITO INAIL

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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MALATTIA-INFORTUNIO - TRATTAZIONE IN AMBITO INAIL

SECONDA PARTE

RECENTI ACQU ISIZIONI CLINICHE IN TEMADI EPATITE VIRALE

Allegati

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RECENTI ACQUISIZIONI CLINICHE IN TEMA DI EPATITEVIRALE

Il progresso delle tecniche laboratoristiche, in gran parte legato anche all’evoluzio-ne della ingegneria genetica ha, di recente, consentito una migliore conoscenzadegli agenti eziologici della epatite virale propriamente detta, ossia della epatite cau-sata da virus primitivamente epatotropi (Figura n. 1)Dal 1990 ad oggi, infatti, sono stati identificati, oltre ai virus A, B e C ed alla fra-zione δ, almeno altri due virus epatotropi:

il virus E ed il virus G

Il virus E (Calicivirus a RNA a catena singola), clonato e sequenziato nel 1990,riconosce modalità di trasmissione fecale - orale e, al momento, si presenta in con-dizioni di diffusione endemica solo nei Paesi a clima caldo ed in popolazioni a bassolivello socio economico; non sembra, però, che gli sporadici casi descritti in Europa,Italia compresa, possano essere tutti ricondotti a soggiorni nei Paesi endemici.L’infezione e’ dimostrabile attraverso la precoce positivizzazione anticorpale (ricercaIgM ed IgG anti HEV con metodo immunoenzimatico); la presenza virale nelle feci,e dunque la possibilità della diffusione, sembra limitata alla settimana precedentel’esordio clinico della malattia ed al periodo subito seguente; per quanto non si abbiacertezza circa il potere protettivo degli anticorpi non sono stati descritti casi evolu-ti in cronicizzazione. Merita menzione la particolare ricorrenza di mortalità in donneche avevano contratto l’infezione al III trimestre di gravidanza (20%?) forse in con-seguenza di una localizzazione del virus anche a livello dei tubuli renali (eclampsia?).

Il virus G (Hepacivirus a RNA a catena singola) e’ stato, invece, identificato nel1995; in realtà sono stati identificati quasi contemporaneamente, da due diversigruppi di ricercatori, due virus denominati rispettivamente GB virus C (per la somi-glianza dell’organizzazione genomica con quella del virus C) e HGV, che vengono,comunque, considerati come isolati di uno stesso virus. Il virus G sembra riconosce-re modalità trasmissive parenterali e sarebbe in grado di determinare forme di infe-zione sia acuta e che cronica; non si dispone di dati clinico- epidemiologici più pre-cisi in quanto i metodi idonei a rilevare la presenza anticorpale (solo nel 1997, e’stato messo a punto un test immunoenzimatico) sono ancora riservati ai laboratoridi ricerca. La diagnosi eziologica, dunque, e’ limitata alla dimostrazione della pre-senza di HGV – RNA nel sangue con metodiche di amplificazione genica che nonpossono trovare impiego routinario.

Il virus F

L’isolamento di una particella simil-virale nelle feci di un soggetto con epatite non Anon E ha fatto ipotizzare l’esistenza anche di un virus F che potrebbe appartenere allafamiglia delle Paramyxoviridae. Tale ipotesi, però, non risulta ancora confermata.

Il virus B e la frazione δδ

Per quanto attiene alle ulteriori conoscenze dei sistemi antigene - anticorpo nella

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epatite da virus B (Orthoepadnavirus a DNA circolare parzialmente a doppia elica),risulta di indubbio interesse la dimostrazione dell’esistenza di mutazioni puntiformidel determinate gruppo specifico “a”, comune a tutti i sieri HBsAg positivi (sostitu-zione in posizione 145 della glicina con arginina). Tali mutazioni sono state eviden-ziate in soggetti vaccinati contro la epatite B i quali, di seguito di un episodio con-tagiante, avevano sviluppato una epatite acuta B. Per quanto raro, il fatto che unsoggetto anti HBs positivo, con titolo anticorpale ritenuto protettivo, possa comun-que sviluppare una epatite B (epatite da virus B “a” mutante) riveste notevole inte-resse medico legale e conferma la necessità di effettuare, al tempo zero, l’assetto com-pleto dei marker anzi che, come vorrebbero alcuni dei protocolli di gestione degliincidenti occupazionale comportanti esposizione ad agenti infettivi degli operatoridelle aziende ospedaliere, limitare l’indagine al solo HBsAb la cui positività, al tito-lo considerato protettivo, era sino ad oggi considerata garanzia di immunità. Allaluce delle nuove acquisizioni, invece, la possibilità di infezione, per quanto remota,impone di seguire i soggetti sieropositivi per l’anticorpo di superficie alla stessa stre-gua dei sieronegativi. Ovviamente, nel caso in cui un soggetto asintomatico HbsAbpositivo con anamnesi positiva per evento idoneo al contagio manifesti, in tempicompatibili con il periodo di incubazione, un rialzo transaminasico sarà di fonda-mentale rilievo, per l’eventuale ammissione all’indennizzo, poter escludere il preesi-stere dell’antigenemia (HBsAg).

Un altro dato di notevole importanza diagnostica e’ rappresentato dalla identifica-zione di virus B precore mutanti in grado di provocare epatiti con peculiare ten-denza all’evoluzione cirrotica, scarsa sensibilità all’interferone e tendenza alle reci-dive alla sospensione del trattamento; l’epatite cronica B precore mutante sembraabbia assunto prevalenza nei soggetti HBsAg positivi di origine orientale e mediter-ranea. Nei confronti dell’assetto dei marker ciò comporta che alla sieroconversioneda HBeAg a HbeAb non può più essere interpretata come un indice prognosticofavorevole (1) se le indagini non vengono completate dalla ricerca dell’HBV-DNA;questo, essendo diretta espressione della presenza virale, ovviamente permarrà ele-vato nei soggetti affetti da epatite cronica B con variante precore mentre, negli altricasi, tenderà alla negativizzazione. Purtroppo l’elevato costo delle metodiche con lequali si effettua la ricerca, quali e quantitativa, dell’HBV-DNA (amplificazione geni-ca – PCR = reazione a catena delle polimerasi) impedisce il loro impiego routinario.Nel rinviare il riepilogo dell’assetto dei marker nello stato di portatore cronico, nellaimmunità post-vaccinica e nelle diverse fasi della epatite B e della coinfezione esuperinfezione δδ alla figura n. 2, si concludono queste brevi note sui sistemi antige-ne/anticorpo specifici del virus B, sottolineando i peculiari significati che assumonol’HBeAg e l’HBcAb. La presenza di HBeAg riflette la presenza nel sangue dei virio-ni (dell’HBVDNA nel siero) e la sua quantità e’ proporzionale al grado di attivitàreplicativa del virus nel fegato; ciò rende tale antigene il più fedele indice di infe-zione, pur se resta l’eccezione delle forme da virus B precore mutante. Le IgM anti

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MALATTIA-INFORTUNIO - TRATTAZIONE IN AMBITO INAIL

(1) Dal momento che la presenza dell’antigene HBe riflette quali e quantitativamente la presenza ed il grado direplicazione virale e’ ovvio che alla sieroconversione HBeAg - HBeAb venga attribuito un valore prognostico deltutto favorevole specie, quando essa, così come avviene in molti dei casi non ancora evoluti verso la cirrosi epati-ca, si accompagna ad un miglioramento del quadro anatomopatologico; ma e’ altrettanto ovvio che nei casi infet-tati con variante precore mutante la negatività dell’antigenemia non corrisponde ad una reale scomparsa del virusbensì alla incapacità del test di rivelarne la presenza a causa dell’intervenuta mutazione.

HBc devono, invece, essere considerate marcatore di infezione acuta migliore diquanto non lo sia l’HBsAg; puo’, infatti, non di rado accadere che il soggetto affet-to da una forma acuta ad evoluzione favorevole, giunga all’osservazione quando giàl’antigene di superficie sia stato eliminato ( a volte ciò si verifica ancor prima chesiano trascorse le prime tre o quattro settimane dall’esordio clinico); la forma acutariscontrata in un soggetto HbsAg positivo, poi, può trovare eziologia in un diversovirus della epatite (coinfezione). Le IgG anti HBc, devono, invece, essere conside-rate i migliori marcatori delle pregresse infezioni per il fatto che permangono tuttala vita, al contrario della frazione anticorpale di superficie che può essere persa.

Nelle figure da 3 a 6 vengono riassunti i movimenti dei marker e delle transaminasi(GPT) a seconda della evoluzione della epatite B precisando che la cronicizzazioneatipica e’ sostenuta dalvirus B precore mutante; le figure 7 e 8 mostrano, invece, le variazione degli stessiparametri in caso, rispettivamente, di coinfezione virus B e frazione δ ad evoluzionefavorevole ed in caso di superinfezione δ con evoluzione in cronicizzazione.

Il virus C

Passando a considerare il virus C (Hepacivirus a RNA a catena singola) si riassumequi che esso possiede una complessa struttura antigenica che rende ragione della dif-ficoltà di mettere a punto delle metodiche di identificazione della presenza antige-nica utilizzabili a livello di screening. A tutt’oggi, infatti, la diagnosi di epatite C si fonda sull’evidenza della risposta anti-corpale; i test immunoenzimatici di attuale comune impiego (ELISA II generazione)non comprendono, pero’, tutte le frazioni anticorpali rivolte alle diverse componen-ti del virus (proteine strutturali e non strutturali: figura n. 3 in fondo al testo) il chedetermina una non trascurabile frequenza di risultati dubbi e la necessità di ricorre-re a, più costosi, test di conferma RIBA (recombinant immunoblast assey) di II e/oIII generazione. La inapplicabilità routinaria delle metodiche di amplificazione genica atte a eviden-ziare la presenza quali e quantitativa dell’HCVRNA di fatto limita la possibilità diformulare una diagnosi precoce (l’anti HCV puo’ essere assente all’esordio clinico)ed un attendibile giudizio prognostico: mentre l’HCV RNA e’ in stretta relazionequantitativa con l’entità del danno epatico, l’anti HCV ha una lentissima tendenzaalla negativizzazione ed il ritorno delle transaminasi a valori compresi nei limiti dinorma non e’ sicuro indice di guarigione. Le recenti acquisizioni in tema di epatite C dimostrano, infatti, che nella maggiorparte dei pazienti HCVRNA positivi con transaminasi normali la biopsia epaticadimostra l’esistenza di epatite cronica e che, nei rimanenti pazienti, non e’ possibileescludere la successiva comparsa di epatite cronica. Ciò fa oltretutto relegare la con-dizione di “portatore sano” ad ipotesi del tutto residuali, quasi eccezionali, tanto dafar preferire, per detta condizione, la terminologia di “portatore asintomatico”. Deve, poi, essere sottolineata l’elevata variabilità genomica dell’HCV; al momentosi riconoscono almeno quattro genotipi maggiori (I, II, III e IV) dei quali il III sem-bra essere il meno virulento; al contrario al II, che si presenta in maggiore prevalenzanei soggetti più anziani ed in quelli infettati da più tempo, sembrano riconnettersi leforme con più intensa viremia. L’esistenza di numerosi ceppi virali (al genotipo maggiore si associano molto piu’

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numerose varianti di genotipi minori) oltre a risultare di ostacolo alla messa a puntodi uno specifico vaccino ed a comportare la possibilità di reinfezioni in soggetti pre-cedentemente affetti da epatite C, fa sì che in uno stesso individuo possa coesistereuna popolazione virale eterogenea, costituita da elementi tra loro geneticamentecorrelati ma non identici; ne conseguono processi di selezione che conducono all’e-mergenza di quelle varianti genotipiche che meglio possono sfuggire alla sorveglian-za immunitaria rendendo così agevole la cronicizzazione che, nella infezione da virusC, si presenta con una frequenza dell’ordine del 70 – 80% contro quella del 5 –10%che caratterizza l’epatite B. Utile sottolineare che gli individui infettati con piùceppi presentano una scarsa riposta alla terapia con interferone.Per l’assetto dei marker e del movimento transaminasico (GPT) proprio della fre-quente evoluzione dell’epatite C in cronicizzazione si rinvia allo schema illustratonella figura n. 9; nella figura successiva (n. 10) vengono, invece, mostrate le varia-zioni degli stessi parametri nella rare forme di evoluzione favorevole.

Il virus C e la Crioglobulinemia Mista Essenziale

Già nota la frequente coesistenza di malattie autoimmuni con l’epatite cronica davirus C (tiroidite, sindrome di Siögren ecc..), un cenno a parte merita la più recen-te evidenza della peculiare associazione con la crioglobulinemia mista essenziale(CME: tipo II con una immunoglobulina monoclonale ed una policlonale; tipo IIIcon due immunoglobuline policlonali). Si pensi che, secondo alcune casistiche,addirittura il 96% dei pazienti affetti da tale vasculite sistemica causata da deposi-zione vasale di immunocomplessi e di frazioni di complemento e caratterizzata dallatriade sintomatologica astenia, porpora cutanea ed artralgie (malattia di Meltzer eFranklin), sarebbe HCV positivo.

E’ probabile, dunque, che il virus C abbia una diretta implicazione nella patogenesidella CME con un meccanismo ipotizzato come essenzialmente imperniato su un’au-toreattività cellulare ed umorale allo stimolo rappresentato dai linfociti B infettatidal virus; ne conseguirebbe una espansione clonale di linfociti e, probabilmente,anche l’attivazione di oncogeni che favorirebbe la non infrequente evoluzione dellaCME verso il linfoma di Hodgkin. Non tutti i pazienti affetti da epatite cronica ditipo C manifestano, fortunatamente, il quadro clinico della crioglobulinemia mista.Al riguardo e’ stato ipotizzato che solo determinati genotipi del virus C sarebbero ingrado di rappresentare un siffatto stimolo antigenico, il che parrebbe confermatodalla evidenza di maggiore frequenza di associazione tra epatite C e CME negli stes-si soggetti che risultano contemporaneamente infettati da più ceppi cioe’ in quelliinfettati da più tempo, specie se già in evoluzione cirrotica. Un’altra ipotesi parreb-be, invece, più orientata verso fattori genetici legati all’ospite (HLA, attività deilinfociti natural killer).

37

MALATTIA-INFORTUNIO - TRATTAZIONE IN AMBITO INAIL

38

MALATTIA-INFORTUNIO - TRATTAZIONE IN AMBITO INAIL

Figu

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39

MALATTIA-INFORTUNIO - TRATTAZIONE IN AMBITO INAIL

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MALATTIA-INFORTUNIO - TRATTAZIONE IN AMBITO INAIL

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MALATTIA-INFORTUNIO - TRATTAZIONE IN AMBITO INAIL

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MALATTIA-INFORTUNIO - TRATTAZIONE IN AMBITO INAIL

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MALATTIA-INFORTUNIO - TRATTAZIONE IN AMBITO INAIL

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MALATTIA-INFORTUNIO - TRATTAZIONE IN AMBITO INAIL

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MALATTIA-INFORTUNIO - TRATTAZIONE IN AMBITO INAIL

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MALATTIA-INFORTUNIO - TRATTAZIONE IN AMBITO INAIL

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MALATTIA-INFORTUNIO - TRATTAZIONE IN AMBITO INAIL

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MALATTIA-INFORTUNIO - TRATTAZIONE IN AMBITO INAIL

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ALLEGATI

Lettera del Servizio Normativo Per Le Gestioni AssicurativeUff. II Area Eventi Tutelati

Roma 1 luglio 1993

Oggetto: Modalità di trattazione dei casi di epatite virale a trasmissione parente-rale e di AIDS.

Pervengono dalle Unità periferiche frequenti richieste di chiarimenti sulle modalitàdi istruttoria delle denunce di malattie infettive (prevalentemente epatiti virali>; inparticolare si chiede se le suddette patologie debbano continuare ad essere trattatecome “malattia-infortunio”, secondo l’indirizzo sempre seguito dall’Istituto, o seinvece possano essere esaminate come tecnopatie non tabellate, a norma dellaSentenza no 179/88 della Corte Costituzionale.

Tali quesiti hanno indotto questa Direzione Generale a prendere in esame il proble-ma sotto un profilo di carattere generale, cogliendo anche l’occasione fornita da duerecenti Sentenze della Corte di Cassazione ( n..8058 del 19.7.1991 e n.3090 del13.3.1992) che, confermando indirizzi già espressi in passato, fanno ritenere che sultema l’orientamento della Suprema Corte sia ormai consolidato.

I punti salienti desumibili dalle suddette pronunce sono i seguenti:

- viene ribadito che deve essere considerata causa violenta di infortunio sul lavoroanche l’azione di fattori microbici e virali che, penetrando nell’organismo umano,ne determinino l’alterazione dell’equilibrio anatomico-fisiologico, semprechè taleazione - pur se i suoi effetti si manifestino dopo un certo tempo- sia in rapporto conlo svolgimento dell’attività lavorativa;- viene specificato che la mancata dimostrazione dell’episodio specifico di penetra-zione nell’organismo del fattore patogeno non può ritenersi preclusiva della ammis-sione alla tutela, essendo giustificato ritenere raggiunta la prova dell’avvenuto con-tagio per motivi professionali quando, anche attraverso presunzioni, si giunga a sta-bilire che l’evento infettante si è verificato in relazione con l’attività lavorativa. Eperché si abbia una presunzione giuridicamente valida non occorre che i fatti su cuiessa si fonda siano tali da far apparire l’esistenza del fatto ignoto come l’unica con-seguenza possibile del fatto noto, bastando che il primo possa essere desunto dalsecondo come conseguenza ragionevole possibile e verosimile secondo un criterio dinormalità (cosiddetta “presunzione semplice”)Da un lato, dunque, le sentenze della Cassazione costituiscono una ulteriore confermadel tradizionale orientamento dottrinale e giurisprudenziale che, equiparando la causavirulenta alla causa violenta, ha da sempre consentito la tutela delle patologie inesame attraverso il loro inquadramento assicurativo nella categoria degli infortuni.Dall’altro lato, invece, le suddette pronunce obbligano ad affrontare un problemanuovo, e cioè quello di disciplinare organicamente l’estensione della tutela anche aicasi nei quali non sia identificabile l’esatto evento che ha determinato il contagio,ovverosia di definire, con criteri certi ed omogenei a livello nazionale, quando pos-

49

MALATTIA-INFORTUNIO - TRATTAZIONE IN AMBITO INAIL

sano ritenersi ricorrenti quelle circostanze gravi, precise e concordanti“che, in baseall’art. 2729 c.c., configurano la presunzione semplice.

La questione delle presunzioni riguarda, ovviamente, non solo l’epatite virale el’AIDS ma qualunque malattia infettiva e parassitaria; si è programmata al riguardol’elaborazione di una apposita “guida diagnostica” da utilizzare come supporto perl’accertamento medico-legale di tutte le infezioni e le infestazioni, che si fa riservadi distribuire quanto prima possibile.

Nel frattempo, tuttavia, si è ritenuto che fosse improcrastinabile affrontare il proble-ma delle modalità di trattazione delle malattie infettive a trasmissione parenterale, siaperché esse costituiscono il fenomeno di dimensioni più vaste, sia perché presentanomaggiori difficoltà nell’identificazione delle cause che hanno determinato il contagio.Si è pertanto predisposto un “protocollo per le presunzioni semplici” nel quale, limi-tatamente alle epatiti da virus B e C, alla superinfezione epatitica da agente Delta eall’Aids, sono state individuate le circostanze oggettive concomitanti che devonoricorrere perché l’evento infettante, di cui sia stato impossibile accertare il precisomomento di accadimento, possa considerarsi “presunto” (allegato 1).

Allorché ricorrano tutte le suddette condizioni, la malattia infettiva denunciata puòessere ammessa alle prestazioniIl ricorso alla “presunzione semplice” potrebbe essere evitato, o quantomeno consi-derevolmente circoscritto, e il riconoscimento della tutela assicurativa sarebbe resoscientificamente più rigoroso, e probabilmente anche più ampio rispetto alle limita-zioni contenute nel protocollo, se fosse possibile, nell’immediatezza dell’evento lesi-vo lavorativo, eseguire quei test di laboratorio ed acquisire quei dati anamnestici chepermetterebbero di stabilire senza dubbio l’effettiva responsabilità contagiante del-l’evento stesso.Quella sopraindicata sarebbe certamente la soluzione ottimale, ma la sua praticabi-lità postula l’attivo coinvolgimento delle strutture sanitarie pubbliche e private,dalle quali dipendono gli operatori che costituiscono le categorie a maggiore rischio,e alle quali, comunque, si rivolgono di regola i lavoratori cui sia occorso un incidentelesivo potenzialmente infettante.

Sulla base di queste considerazioni, e ferme restando le disposizioni contenute nellaprima parte della presente lettera, questa Direzione Generale è intenzionata a speri-mentare, per il futuro, una diversa procedura istruttoria delle denunce delle patolo-gie in esame, sensibilizzando sul problema le predette strutture sanitarie e solleci-tandone la fattiva collaborazione.

Allo scopo è stata predisposta una scheda di indagine diagnostica, nella quale sonostati individuati gli accertamenti di laboratorio da svolgere e gli elementi conosciti-vi da raccogliere nell’immediatezza dell’evento lesivo che l’assicurato dichiara occor-so in relazione con l’attività lavorativa ( all. n 2).

Tale scheda dovrà essere distribuita a tutte le strutture sanitarie operanti nel territo-rio affinché essa, debitamente e tempestivamente compilata, venga sempre allegataalle denunce di lesioni da strumenti puntutì o taglienti o di sospette contaminazio-ni congiuntivali, mucose e cutanee per soluzione di continuo.

50

MALATTIA-INFORTUNIO - TRATTAZIONE IN AMBITO INAIL

Nel diffondere il modulo e nel contattare gli operatori del settore, si avrà cura di sot-tolineare il significato e gli scopi dell’iniziativa assunta dall’Istituto, che sono quellidi consentire la più ampia e rigorosa applicazione delle garanzie assicurative a tutti ilavoratori che abbiano contratto la malattia per effettivi motivi di lavoro.

Considerato il carattere, come si è detto, sperimentale dell’iniziativa, per il momen-to le schede saranno riprodotte direttamente dalle Unità periferiche in quantità dadeterminare secondo le esigenze locali; successivamente, si esaminerà l’opportunitàdi inserire la scheda stessa, eventualmente integrata o rettificata in relazione alleindicazioni che emergeranno dalla sua pratica applicazione, nella modulistica uffi-ciale dell’INAIL.

Si pregano le SS.LL. di seguire la questione particolare attenzione e, dopo un con-gruo periodo verifica, di riferire sui risultati fornendo altresì utile suggerimento.

Coerentemente con tutto quanto sovraesposto precisa infine che, fino a quando noninterverranno materia nuovi indirizzi legislativi o giurisprudenziali, è possibile prende-re in esame casi di epatiti virali o AIDS come malattie professionali non tabellate.

Pertanto, nelle ipotesi di denunce presentate ai sensi della sentenza n. 179/88, sidovrà procedere comunque all’apertura della pratica e contemporaneamente sidovrà invitare l’assicurato a riformulare subito la domanda - pena la sua reiezione -come denuncia di infortunio.Eventuali difficoltà dovranno tempestivamente segnalate a questa DirezioneServizio normativo per le gestioni assicurative.

Allegati

Circolare n.74/1995

Oggetto: Modalità di trattazione delle malattie infettive e parassitarie

Inquadramento assicurativo

Con la lettera del 1° luglio 1993 si dispose tra l’altro, di trattare i casi di epatite vira-le a trasmissione parenterale e di AIDS come infortuni sul lavoro, e non comemalattie professionali non tabellate.Viene posto ora il quesito se la suddetta direttiva debba considerarsi valida anche pertutte le altre malattie infettive e parassitarie, in particolare per quelle a trasmissioneinapparente per le quali è impossibile stabilire il momento contagiante.E’ noto al riguardo, che la nozione giuridico-dottrinaria di “malattia-infortunio”,fondata sull’equiparazione della causa virulenta alla causa violenta, ha da sempreconsentito, nella legislazione italiana, la tutela delle patologie in esame attraverso illoro inquadramento assicurativo nella categoria infortuni.E’ pur vero, d’altra parte, che grazie al progressivo consolidamento del sistema mistodi tutela delle malattie professionali da un lato, e al sempre più accelerato perfe-

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zionamento delle metodologie specialistiche di accertamento delle patologie profes-sionali dall’altro, sussistono oggi le premesse per garantire la protezione assicurativadelle malattie infettive e parassitarie anche senza il ricorso alla suddetta nozione di“malattia-infortunio”.In tal senso, d’altronde, sembra muoversi la giurisprudenza che, pur confermando iltradizionale indirizzo, non esclude tuttavia che questo tipo di affezioni morbose pos-sano essere tutelate anche come malattie professionali non tabellate, ai sensi dellasentenza della Corte Costituzionale n. 179/1988.Alla luce di quanto sopra questa Direzione generale, anche nella prospettiva di per-venire in materia alla armonizzazione della legislazione italiana con quella comuni-taria, ha programmato uno studio sulle problematiche giuridiche e medico-legalicollegate con l’eventuale scelta di inquadrare assicurativamente le patologie di cuisi tratta nell’ambito delle malattie professionali.

Nel frattempo si conferma che tutte le malattie infettive e parassitarie devonocontinuare ad essere trattate come infortuni sul lavoro (salvo, ovviamente,l’Anchilostomiasi).

Si coglie l’occasione per precisare - in relazione a specifici interrogativi formulati daalcune Unità periferiche - che tra le malattie in esame deve considerarsi rientranteanche la patologia tubercolare, per la quale la sussistenza della speciale assicurazioneobbligatoria gestita daII’INPS non è preclusiva dell’eventuale tutela INAIL; i due regi-mi assicurativi, infatti, devono considerarsi coesistenti, con competenza esclusiva edinderogabile dell’INAIL in caso di tubercolosi di comprovata origine professionale.E’ necessario, peraltro, che i casi di tubercolosi riconosciuti di origine professionale,e conseguentemente ammessi alle prestazioni INAIL, siano tempestivamente segna-lati alla locale Sede INPS.

RILEVAZIONE DATI GESTIONALI

Per una corretta gestione del fenomeno delle infezioni ed infestazioni di originelavorativa, anche ai fini dello studio che - come sopra detto - si intende svolgere sul-l’argomento, è necessario disporre di tutte le informazioni circa le sue caratteristichee dimensioni.

A tale scopo, si è ritenuto opportuno revisionare il Settore I del vigente codice noso-logico degli infortuni (Codice E), per apportarvi le modifiche rese necessarie dall’e-mergenza di nuove malattie infettive e dagli sviluppi delle conoscenze mediche.In particolare, sono state inserite nuove patologie (AIDS; Malattia di Lyme; per laT.B.C.: infiltrato precoce o di Asmann-Redeker; Legionellosi; Infezione da virusEbola), sono stati articolati i codici relativi alla epatite infettiva e alla echinococ-cosi, sono state ridescritte le malattie da rickettsie, sono stati attribuiti sottocodicispecifici alla Meningoencefalite ed alla Aspergillosi.L’aggiornamento del Settore I del Codice E viene allegato alla presente circolare(allegati n. i per l’elenco numerico e n. 2 per quello alfabetico) e sarà operante nonappena ultimati i lavori di adeguamento dei programmi nelle procedure automatiz-zate.

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MALATTIA-INFORTUNIO - TRATTAZIONE IN AMBITO INAIL

Nel raccomandare la massima attenzione e cura nella individuazione e digitazionedei dati, si dispone che:l’area sanitaria identifichi, e annoti nell’apposito riquadro della sottocopertina mod. 11SS, il codice nosologico della patologia, utilizzando il nuovo Settore I del Codice E;• l’operatore amministrativo, attenendosi scrupolosamente alle indicazioni medi-

che, digiti il codice nosologico nel campo COD. E nella mappa “dati sanitari dibase” della procedura infortuni;

• per tutti indistintamente i casi denunciati, compresi quindi quelli definitinegativamente, siano acquisite nell’archivio magnetico:

• per la gestione industria: posizione assicurativa, nonché qualifica professio-nale e

• assicurativa del lavoratore;• per la gestione agricoltura: attività agricola e genere di lavoro agricolo, nonché

qualifica professionale e assicurativa del lavoratore.

SCHEDE DIAGNOSTICHE

Per fornire un supporto al corretto ed omogeneo accertamento medico-legale dellemalattie di cui trattasi, sono state predisposte, e già inviate alle Unità operative,apposite schede di indagine diagnostica relativamente alle patologie di più frequen-te ricorrenza, che con l’occasione si ritiene opportuno ridistribuire (allegati da n. 3a n. 8).Tali schede, che vanno ad aggiungersi a quelle a suo tempo trasmesse con la letteradel 10 luglio 1993 sulle epatiti virali e sulI’AIDS che pure si ridistribuiscono (alle-gato n. 9), consentono di acquisire in maniera completa ed ordinata tutti gli ele-menti necessari per esprimere una motivata valutazione in tema di nesso causale.Nel far riserva di elaborare ulteriori protocolli su altre patologie, si ribadiscono lelinee generali, basilari ed imprescindibili, che vanno seguite indistintamente pertutti i casi di denunce di infezioni ed infestazioni:

1. effettuare indagini di laboratorio specifiche per la patologia denunciata;2. accertare se il tipo di mansioni svolte dall’assicurato comporta l’effettivo rischio

di contrarre la malattia;3. verificare la presenza o meno di identica infezione in colleghi di lavoro, o in

persone assistite, o in animali contattati per motivi di lavoro;4. verificare la presenza o meno di identica infezione in familiari o animali dome-

stici;5. svolgere indagini circa i tempi di comparsa delle infezioni di cui ai precedenti

punti 3 e 4.

Linee guida per la trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie.

1. Conferma dell’inquadramento assicurativo delle malattie infettive e parassita-rie nella categoria degli infortuni.

A conclusione dell’approfondimento condotto sul tema delle malattie infettive eparassitarie anche alla luce degli elementi di valutazione forniti dalle Unità periferi-

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che nel corso della ricognizione nazionale appositamente effettuata, si è giunti alladeterminazione di confermare il vigente indirizzo in base al quale le suddette affe-zioni morbose sono assicurativamente inquadrate nella categoria degli infortuni

Tale decisione scaturisce innanzitutto da motivazioni giuridiche e medico-legali; si èritenuta, infatti, ancora pienamente attuale la tradizionale equiparazione tra causa vio-lenta e causa virulenta, equiparazione che, identificando il fatto violento nell’azionebiologica concentrata del fattore microbico o virale penetrato nell’organismo, a pre-scindere dal carattere - traumatico o meno - delle modalità di ingresso del germe pato-geno, giustifica la qualificazione assicurativa di queste patologie come infortuni.

Alla suddetta scelta, inoltre, non è estranea la considerazione che l’ eventuale inqua-dramento nell’ambito della malattie professionali avrebbe, complessivamente, deter-minato una riduzione della tutela assicurativa in quanto, pur con le più ampie garan-zie fornite oggi dal sistema misto, l’ inserimento legislativo in tabella avrebbecomunque comportato una rigida e tassativa elencazione delle lavorazioni a rischioe conseguentemente, un gravoso onere probatorio per le categorie di lavoratoriescluse.

Di contro, la qualificazione come infortunio permette un pronto e duttile adegua-mento dei confini i della tutela alle situazioni di rischio professionale, sia già noteche emergenti, anche grazie al criterio della “presunzione semplice”, che consente -a determinate condizioni - di estendere la protezione assicurativa pure alle ipotesi incui l’identificazione delle precise cause e modalità lavorative del contagio si presen-ti problematica o impossibile.

2. Chiarimenti in ordine alla applicazione del criterio della presunzione semplice.

Sull’argomento è utile innanzitutto riassumere i principi affermati dalla Corte diCassazione.

Partendo dal presupposto che, per essere indennizzabile, “la malattia-infortunio devecostituire una conseguenza dell’esposizione del soggetto infortunato a un determina-to rischio professionale” e riconoscendo la “difficoltà della dimostrazione assolutadel rapporto eziologico tra l’agente patogeno e l’effetto invalidante”, già con sen-tenza n. 5764/82 la Corte sostenne che a tale difficoltà si può sopperire con il ricor-so a “presunzioni semplici e alla concorrenza di determinate circostanze obiettive”;con questa pronuncia, perciò, la Corte ritenne che fosse possibile presumere, a certecondizioni, la natura infettante dell’ evento professionale.

Con le successive sentenze nn. 8058/1991 e 3090/1992 la Cassazione ha ulterior-mente articolato il suddetto principio, affermando - seppure implicitamente- la pos-sibilità di seguire il procedimento presuntivo con riguardo non solo alla natura infet-tante dell’evento, ma anche all ‘accadimento dell’evento stesso; infatti, con riferi-mento ad una fattispecie in cui non era stato provato l’ episodio lavorativo cheaveva determinato la penetrazione del fattore patogenetico nell’organismo, laSuprema Corte ha statuito che quando non sia individuabile lo specifico episodioche ha generato la malattia, è giustificato ritenere raggiunta la prova della causa vio-

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lenta (intesa come penetrazione del fattore patogenetico) allorché “sia provata,anche attraverso presunzioni, la possibilità che detta causa violenta si sia verificata”.

Ed ha aggiunto che, “al fine di aversi una presunzione giuridicamente valida, nonoccorre che i fatti su cui essa si fonda siano tali da far apparire l’esistenza del fatto igno-to come i ‘unica conseguenza possibile del fatto noto, bastando che il primo possa esse-re desunto dal secondo come conseguenza ragionevolmente possibile e verosimilesecondo un criterio di normalità” (presunzione semplice di cui all’art. 2729 c.c.).

Tali principi sono stati confermati con le recenti sentenze nn. 1373 e 6390/1998.

L’ insieme delle argomentazioni contenute nelle soprarichamate sentenze consente ditrarre le seguenti conclusioni, con riferimento sia al campo di applicazione del criteriodella presunzione semplice sia alle modalità da seguire per la sua concreta attuazione.

A - Il criterio della presunzione semplice non si applica nei casi in cui l’ incidentelesivo potenzialmente contagiante è denunciato all’INAIL a ridosso o a brevedistanza dal suo accadimento. In questa ipotesi, infatti, è possibile per l’istituto effet-tuare tutte le necessarie indagini per verificare la ricorrenza sia dell’occasione dilavoro sia del nesso di causalità con la patologia già insorta o che dovesse insorgere,indagini oggi agevolate della disciplina introdotta in materia di rischio biologicodalla recente normativa prevenzionale.

B - Invece, quando l’assicurato denuncia la patologia collegandola a uno o più docu-mentati eventi lesivi subiti in passato e, a causa del tempo trascorso, non sia possi-bile reperire riscontri oggettivi della natura contagiante di quegli eventi, si devericorrere al criterio presuntivo.

C - Sulla base dei principi affermati dalla Corte di Cassazione, ma anche per evi-denti ragioni analogiche e per evitare immotivate disparità di trattamento, la pre-sunzione semplice va applicata pure ai casi in cui l’ assicurato denuncia la patologiaricollegandola alla sua attività professionale senza Indicare -o pur indicandoli senzaessere in grado di documentare- specifici episodi contagianti.

D - Alle suddette situazioni vanno assimilati i casi nei quali le modalità di trasmis-sione dell’agente eziologico rendono, per definizione, impossibile l’identificazionedell’evento contagiante.

Quanto al concreto iter di attuazione della presunzione semplice, non può che farsiriferimento all’insegnamento della Suprema Corte, In base al quale la presunzione ègiuridicamente valida quando si può risalire dall’insieme dei fatti noti e accertabili alfatto ignoto (e cioè l’evento professionale contagiante), con un procedimento fonda-to sulla ragionevole possibilità e verosimiglianza secondo un criterio di normalità.

Sotto il profilo operativo ciò significa sostanzialmente che il procedimento presun-tivo è correttamente applicato quando si accerta:

- la ricorrenza del rischio professionale specifico in periodi compatibili con la com-parsa della malattia;

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- la contestuale assenza di fattori eziologici extralavorativi.

In questo senso, con la circolare n. 74/1995 furono emanate istruzioni circa le lineegenerali, basilari ed imprescindibili, che vanno seguite indistintamente in tutti i casidi denunce di infezioni ed infestazioni, istruzioni che qui si confermano integral-mente.

3 Protocollo delle presunzioni semplici per i casi di epatiti virali a trasmissioneparenterale e di AIDS denunciati da operatori sanitari.

Questo protocollo, distribuito con la lettera del 1° luglio 1993 e poi allegato alla cir-colare n. 74/1995, si colloca nell’ambito dei principi di diritto sopradescritti e necostituisce una concreta attuazione con riguardo ad un settore, quello sanitario, nelquale si concentra la quantità maggiore di denunce di malattie infettive.

L’esigenza di un protocollo specifico scaturiva, per un verso dalla constatazione cheil rischio di epatiti e di AIDS presenta per gli operatori sanitari un carattere pre-ponderante, e per un altro dal fatto che tali patologie hanno nel nostro paese unadiffusione endemica, per cui era necessario stabilire linee guida il più possibile omo-genee a supporto dell’accertamento medico-legale.

Il documento, quindi, costituisce essenzialmente uno strumento di indirizzo finaliz-zato a garantire uniformità e correttezza di comportamenti sul territorio nazionale;perciò ad esso non può essere attribuito un valore vincolante, nel senso che’ laddo-ve le indagini consentano di riconoscere l’esistenza delle circostanze “gravi, precisee concordanti” che configurano la presunzione semplice, l’eventuale mancata corri-spondenza con tutte le previsioni del protocollo non può considerarsi preclusiva del-l’indennizzabilità del caso.

Con queste precisazioni si ritiene di aver dato risposta alla maggior parte dei quesitiinterpretativi riguardanti i singoli punti del protocollo, circa i quali, comunque, puòessere utile qualche ulteriore chiarimento

A- L’elenco delle figure professionali riportato al punto 1) del Protocollo non hacarattere tassativo in quanto dirimente è soltanto la provata circostanza che l’assi-curato, qualunque siano le sue mansioni, viene frequentemente a contatto con san-gue, liquidi biologici e componenti tissutali, per motivi lavorativi

Si è comunque ravvisata l’opportunità di semplificare il suddetto elenco come segue.

- personale sanitario e parasanitario che svolge effettiva attività clinica;- personale addetto alla manipolazione di sangue, liquidi biologici e componenti

tissutali per accertamenti e/o ricerche di laboratorio o autoptiche;- personale addetto alla pulizia di strumenti e biancheria inquinati da sangue, liqui-

di biologici e componenti tissutali;- personale addetto al rigoverno di ambienti inquinati da sangue, liquidi biologici e

componenti tissutali.

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B- La circostanza riportata al punto 3) del citato Protocollo, e cioè che negliambienti dove si presume sia avvenuto il contatto devono essere transitati soggettio materiali biologici potenzialmente in grado di trasmettere il contagio, costituisceun elemento di fondamentale rilevanza ai finì del riconoscimento dell’eziologia pro-fessionale.

Tuttavia, qualora non si abbia la possibilità di acquisire riscontri diretti, ogni notiziache indirettamente consenta di qualificare detti soggetti o materiali come poten-zialmente infetti può risultare utile per il convincimento medico-legale.

C- Le notizie su comportamenti extraprofessionali “a rischio” possono essere raccol-te soltanto tramite l’anamnesi; si ricorda, però, che sussistono fattori di rischio extra-lavorativi per i quali è possibile e necessario acquisire riscontri oggettivi (trasfusio-ni, interventi chirurgici, - trattamenti odontoiatrici, emopatie, ecc.).

4 Scheda di indagine diagnostica per i casi di infortunio da causa virulenta a tra-smissione parenterale.

E’ fondato ritenere che, tendenzialmente, la necessità di ricorrere al criterio dellapresunzione semplice sarà sempre più circoscritta, considerato che, da un lato ladisciplina introdotta dal D.l.vo n. 626/94 in tema di rischio biologico (documentovalutativo del rischio, mirati controlli medici, registro degli esposti, registro deglieventi accidentali), dall’altro la complessiva crescita dell’attenzione sociale e sani-taria nei confronti del problema, pongono oggi le condizioni per superare le diffi-coltà legate alla individuazione dello specifico episodio contagiante e per garantire,quindi, una effettiva, rigorosa e probabilmente più ampia tutela assicurativa.

Come noto, già dal 1993 l’INAIL si attivò in questa direzione, predisponendo unascheda di indagine diagnostica da allegare alla denuncia di infortunio da causa viru-lenta a trasmissione parenterale e distribuendola alle strutture sanitarie pubbliche eprivate, dalle quali dipendono i lavoratori che costituiscono le categorie a maggiorerischio e alle quali si rivolgono di regola gli altri lavoratori coi sia occorso un inci-dente potenzialmente infettate.

Dalle notizie fornite in occasione della ricognizione nazionale citata al punto I, risul-ta che l’iniziativa dell’Istituto ha dato complessivamente buoni risultati, anche senon tutte le Direzioni Regionali hanno riferito sull’argomento.

Si raccomanda di proseguire, o di avviare subito laddove non vi si fosse ancora prov-veduto adeguatamente, nell’opera di sensibilizzazione e di coinvolgimento delle pre-dette strutture sanitarie, ponendo l’ accento sulla opportunità che all’INAIL venga-no subito denunciati - ovviamente con il corredo della scheda diagnostica- anche gliinfortuni di scarso interesse clinico (punture d’ ago, ferite superficiali, ecc.) che noncomportano assenza dal lavoro o hanno una prognosi non superiore a tre giorni.

E ciò anche nel quadro dei recenti indirizzi contenuti nella lettera del 28 luglio u.s.(avente per oggetto “finalizzazione prevenzionale della missione assicurativa”), mira-ti a costruire una rete di collaborazioni interattive con gli organismi sanitari territo-

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riali, presupposto indispensabile per una sempre più completa e rigorosa tutela assi-curativa di tutti gli eventi di origine professionale.

Oltre che verso le strutture sanitarie, è opportuno attivare interventi di sensibilizza-zione anche nei confronti degli altri datori di lavoro che svolgono attività compor-tanti la presenza del rischio di coi si tratta, invitandoli - dopo aver adeguatamenteillustrato Il significato e le finalità dell’iniziativa- a rinviare all’INAIL la denun-cia/segnalazione degli infortuni potenzialmente infettanti anche quando non deter-minano astensione dal lavoro o hanno una prognosi non superiore a tre giorni.

Circa le difficoltà che sono state segnalate nei rapporti con le strutture sanitarie, sirappresentano le seguenti soluzioni, con riserva di ulteriori istruzioni in relazione alleeventuali problematiche che dovessero emergere.

A- Qualora le strutture sanitarie forniscano i dati contenuti nella scheda diagnosti-ca INAIL utilizzando moduli diversi, autonomamente elaborati, e tali dati non risul-tino completi a finì medico-legali, le Unità periferiche possono provvedere diretta-mente alla loro integrazione eseguendo gli accertamenti a cura e spese dell’Istituto.

B- Nei casi in cui le strutture sanitarie che prestano il primo soccorso non abbianoeseguito gli esami di laboratorio né vi abbiano provveduto autonomamente gli assi-curati che hanno subito l’infortunio, le Unità periferiche potranno effettuare gliesami stessi con onere a carico dell’Istituto ove ne ravvisino la necessità (ad es. pergli addetti alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti).

C- Se la struttura sanitaria che effettua il primo soccorso e che compila la schedanon coincide con il datore di lavoro, essa dovrebbe consegnare all ‘assicurato lascheda stessa invitandolo a presentare il documento direttamente all’INAIL ed acomunicare i infortunio al datore di lavoro, per la denunciai segnalazione all’Istitutoanche se la prognosi non supera i tre giorni.

D- In modo analogo si dovrebbe procedere nei casi in cui i presidi sanitari non inten-dano inviare la scheda all’INAIL frapponendo problemi di riservatezza.

5. Determinazione della data dell’evento ai fini amministrativi quando l ‘episodioinfettante viene presunto

Il problema non ha rilevanza ai fini indennitari in quanto le prestazioni non posso-no comunque decorrere da un momento precedente alla data della denuncia (art. 52T.U.)

Difficoltà invece potrebbero sussistere per determinare il dies a quo della prescrizio-ne e, sebbene molto più raramente, per stabilire la data di decorrenza del terminedecennale previsto dal penultimo comma dell’art. 83 T.U.

Si ritiene che tali difficoltà possano essere risolte applicando per analogia le disposi-zioni vigenti in materia di malattie professionali, analogia giustificata da alcunecaratteristiche che le due fattispecie presentano in comune.

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In entrambi i casi, infatti, la manifestazione della patologia può presentare aspetti diincertezza e di opinabilità, sia quanto al suo momento di emersione, sia quanto allasua causa, sia infine quanto alla sua incidenza sulla attitudine lavorativa. Può acca-dere, dunque, come per le malattie professionali, che il lavoratore tardi a presentarela denuncia non per inerzia, ma perché non è consapevole di avere una inabilità diorigine lavorativa e non è, quindi, nelle condizioni di esercitare il proprio diritto.

Ciò stante, quando non sia individuabile lo specifico episodio che ha generato lamalattia e l ‘episodio stesso è stato perciò presunto (quando, cioè, ricorrono le ipo-tesi di cui ai precedenti punti 2B, 2C e 2D), si ravvisa fondato ai fini amministrati-vi far coincidere la data dell’ infortunio con la data della denuncia.

Ne consegue che, sotto il profilo prescrizionale, vanno applicate le direttive vigentiin materia di malattie professionali (cfr. Guida alla revisione delle rendite allegataalla circolare n. 71/1996, paragrafo F, pag. 27); in particolare, se il grado di inabilitàsuscettibile di indennizzo in rendita è stato raggiunto prima della denunciaall’INAIL, la prescrizione decorre dalla data in cui l’ assicurato ha avuto cognizione,secondo criteri di normale conoscibilità, di essere affetto da malattia infettiva oparassitaria di probabile origine professionale con danno indennizzabile in rendita.

S’intende, inoltre, che gli oneri relativi alle prestazioni vanno caricati sulla posizio-ne assicurativa del datore di lavoro alle dipendenze del quale l’ assicurato ha “pre-suntivamente” contratto il contagio.

Sentenze della cassazione sezione lavoro

Sentenza n.01373/98

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 3 settembre 1993 CAPRIO Antonietta chiedeva al Pretoredi Bari la condanna dell’INAIL al pagamento della rendita per la inabilità perma-nente provocata da una epatopatia di natura professionale, nella misura da accertar-si mediante consulenza tecnica di ufficio. Lamentava che il procedimento ammini-strativo si era concluso negativamente.Instauratosi il contraddittorio, l’INAIL costituitosi negava il nesso causale tra l’epa-topatia e la lavorazione svolta.Espletata C.T.U., con sentenza del 18.4.1994 l’adito Pretore, in accoglimento delladomanda, condannava l’INAIL a corrispondere alla Caprio la rendita per una ina-bilità permanente del 20% a decorrere dal 14.3.1991, oltre svalutazione monetaria,interessi e spese di lite.

Avverso la sentenza pretorile proponeva appello INAIL, lamentando la insussisten-za della prova della natura professionale della malattia e, comunque, la mancanza diriduzione della capacità lavorativa. La assicurata resisteva.Con sentenza del 4/10 - 3/11/1994 il Tribunale di Bari, in accoglimento dell’appel-lo, rigettava la domanda della Caprio.

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Osservava il Tribunale che la assicurata aveva chiesto il riconoscimento della epa-topatia come malattia professionale; che il C.T.U. nominato dal Pretore avevariscontrato la malattia (epatite cronica persistente HCV positiva) ma aveva esclusoche potesse qualificarsi come malattia professionale, ritenendo invece possibile uneventuale riconoscimento sotto l’aspetto infortunistico (presunzione semplice), conpostumi quantificabili nel 20%; che l’infortunio sul lavoro era un punto che esula-va dal giudizio, avente, invece, ad oggetto il riconoscimento della epatite qualemalattia professionale.Avverso la sentenza di secondo grado propone ricorso per cassazione la sig.ra Caprio.L’INAIL resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt.2 e 3 del D.P.R. 30.6.1965 n. 1124 e degli artt. 112 e 113 c.p.c., nonché insufficien-te motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.).Lamenta che il Tribunale, pur sembrando condividere il parere espresso dal consu-lente del precedente grado - che aveva individuato il nesso di causalità tra l’attivitàdi perito di laboratorio e l’infermità denunciata, qualificando quest’ultima comeinfortunio e non come malattia professionale - aveva poi respinto la domanda peraver ritenuto che l’infortunio era un fatto che esulava dal giudizio, giudizio aventead oggetto il riconoscimento della epatite quale malattia professionaleAssume che, con il ricorso introduttivo, aveva dedotta quale causa petendi, di avercontratto nell’esercizio dell’attività lavorativa l’epatite virale chiedendo la renditarelativa (petitum); che la qualificazione dell’evento - se infortunio o malattia pro-fessionale - non spettava al richiedente ma al giudicante; che l’assicurazione controgli infortuni sul lavoro e quella contro le malattie professionali sono aspetti delmedesimo rapporto assicurativo; che la differenziazione della disciplina cui sono sot-toposte le rendite per infortunio e per malattia professionale (ad esempio per i ter-mini di revisione) attiene ad un momento successivo alla denuncia dell’evento assi-curato, evento che nessuna norma impone di qualificare.Aggiunge che, ove si dovesse invece ritenere che il Tribunale abbia escluso l’esi-stenza di un nesso di causalità tra attività svolta ed evento, la sentenza risulterebbeassolutamente carente di motivazione sul punto.Il ricorso é fondato,Costituisce principio generalmente accettato, sia in dottrina che in giurisprudenza,che spetta al giudice, per il principio di legalità della decisione giudiziaria, la quali-ficazione giuridica della domanda, indipendentemente dalle relative indicazioni diparte o dalla mancanza di tale indicazioni.Non ricorre, quindi, il vizio di extrapetizione allorquando il giudice, senza attribui-re alla parte un ben diverso o maggiore di quello domandato, deduce in v a di pre-sunzione una determinata conclusione da un fatto che possa ritenersi acquisito alprocesso, o quando egli adotti una qualificazione giuridica di fatti o rapporti diversada quella che le parti ritengono appropriata (Cass., 25.7.1975 n. 2901; ma anche n.2831/73, n. 1069/74, n. 1920/74, n. 3350/86)Nello specifico settore previdenziale va poi ricordato che la classica distinzione trainfortunio sul lavoro e malattia professionale sotto il profilo delle modalità dellacausa lesiva (causalità lesiva concentrata nell’infortunio: c.d. causa violenta; causa-

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lità, invece, diluita nel tempo nella malattia professionale: c.d. causa lenta) é statatalora ritenuta artificiosa dal punto di vista medico. Si é rilevato, infatti, che la stessa causa lesiva, quindi lo stesso fattore eziologico,può, a secondo che agisca o meno violentemente, dare origine ad infortunio o amalattia professionale. Si pensi alla ipoacusia e sordità da rumori (n. 44 della tabel-la all. 4 al D.P.R. n. 1124/65, come modif. con D.P.R. 9.6.1975 n. 482), che può nonessere provocata sia da affaticamento del nervo acustico per una prolungata esposi-zione a livelli elevati di rumorosità, sia da una brevissima esposizione ad un rumoredi una determinata frequenza ed intensità (c.d. trauma acustico). Nel primo caso l’i-poacusia é, secondo la ricordata classificazione, una tecnopatia; nel secondo caso uninfortunio (c.d. malattia - infortunio).Ed occorre ancora ricordare che, dopo iniziali incertezze, costituisce ormai ius recep-tum che fra le cause lesive violente rientrano anche quelle di natura microbica, con-seguenti alla penetrazione nell’organismo umano di germi patogeni che determina-no l’alterazione dell’equilibrio anatomico - fisiologico, semprechè tale azione - purse i suoi effetti si manifestino dopo un certo tempo - sia in rapporto (accertabileanche con ricorso a presunzioni semplici) con lo svolgimento dell’attività lavorati-va (Cass. n. 5764/1982).La difficoltà di qualificazione, in taluni casi, di una malattia come tecnopatia o infor-tunio sul lavoro impone pertanto all’ Istituto assicuratore e al giudice di valutare equalificare caso per caso la malattia denunciata ed i fatti che l’avrebbero determina-ta, cosi come esposti dal lavoratore, al di là, ripetesi, dell’erronea qualificazione giu-ridica da questi data.Si tratta, in effetti, dello stesso principio di economia processuale in campo previ-denziale che sta alla base dell’orientamento di questa Corte per cui, in tema dimalattia professionale, non può essere considerata nuova, sia in sede di proceduraamministrativa che in sede giudiziaria, una domanda di prestazione assicurativa peruna malattia professionale la quale, ancorché non coincidente con quella denuncia-ta, rientri sempre nel quadro della sintomatologia allegata e sia correlata alla lavo-razione dedotta, trattandosi in tal caso di una diversa qualificazione giuridica delfatto costitutivo allegato, consentita, in sede giudiziaria, anche al giudice d’appello,previo esperimento, ove necessario, di nuova consulenza tecnica (Cass., 4.11.1988n. 5963; 11.2.1991 n. 1702; 13.4.1995 n. 4223).Nel caso in esame, nel ricorso della Sig.ra Caprio al Pretore - ricorso che é consen-tito a questa Corte esaminare, essendo stato denunciato un error in procedendo(violazione dell’art. 112 c.p.c. - il fatto posto a base della richiesta di rendita é indi-cato come il “contatto con liquidi biologici” nella attività di perito chimico pressola IRCES di Castellana, contatto che le avrebbe “procurato una epatopatia, ricono-sciuta, peraltro come causa di servizio dall’Ospedale Militare”.I giudici di appello avrebbero dovuto valutare se il fatto denunciato andava corret-tamente qualificato come infortunio sul lavoro (c.d. malattia - infortunio) comeritenuto dal C.T.U. di primo grado, e procedendo poi, previo eventuale rinnovodella consulenza, all’accertamento e del nesso causale e della eventuale inabilità per-manente al lavoro, contestata dall’INAIL, e non limitarsi a rigettare la domandasulla base della erronea qualificazione data a quel fatto dalla ricorrente.

La sentenza impugnata va pertanto cassata e la causa rinviata ad un nuovoTribunale, che si indica in quello di Trani, che dovrà giudicare sull’appellodell’INAIL (in ordine alla lamentata carenza di prova e alla dedotta inesistenza di

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riduzione della capacità lavorativa) tenendo presente il principio di diritto sopraaffermato in ordine al potere - dovere del giudice di merito di valutare se il fattocostitutivo denunciato, e posto a base della richiesta di rendita per inabilità perma-nente, sia da qualificarsi, ai sensi del D.P.R. 30.6.1965 n. 1124, infortunio o malat-tia professionale.Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese,al Tribunale di Trani.

Così deciso in Roma il 10 ottobre 1997.

Sentenza n.06390/98

Svolgimento del processo.

Il dott. Isaia Pazzaglia, con ricorso del 6.11.90 al Pretore di Pesaro, esponeva di avercontratto, a seguito dell’attività di medico presso il Centro Trasfusioni dell’ospedaledi Città di Castello, una epatite cronica aggressiva. Chiedeva, nei confrontidelI’INAIL, la costituzione di rendita per inabilità permanente.L’Inail resisteva alla domanda, affermando la natura non professionale della malattia.Il Pretore, disposta ctu, con sentenza del 17.5.92, accoglieva la domanda a far datadal 4.3.88 con una percentuale del 30%.L’Inail proponeva appello,cui resisteva il Pazzaglia.Il Tribunale di Pesaro, con sentenza depositata il 14.3.97, in riforma della sentenzadel Pretore, rigettava la domanda.Zandrelli Maria Antonietta, Antonio e Lucio Pazzaglia, vedova e figli dell’origina-rio attore hanno proposto ricorso per cassazione. L’INAIL ha depositato controri-corso.Motivi della decisione.Con l’unico motivo si deduce l’errata e falsa applicazione 1124/1965 e successivemodifiche ed integrazioni. Omessa ed errata interpretazione delle prove acquisite exart. 112 e 416 cpc relazione, anche, agli artt. 2727-2728, 2729 cc.Omessa, viziata e contraddittoria motivazione della decisione impugnata in n. 3 e 5cpc.Si lamenta che il Tribunale abbia ritenuto che “il nesso tra il lavoro espletato dallostesso Pazzaglia e l’epatite contratta (e che l’avrebbe poi, portato a morte), sia pro-babile ma non elevatamente e ragionevolmente probabile”, laddove il ctu di secon-do grado, prof. Governa aveva ritenuto “molto probabile che il dott. Pazzaglia abbiacontratto epatite virale durante l’attività lavorativa nei centri trasfusionali”. Che,inoltre il DM 22.12.88 del Ministero della Sanità elencava come esposti ad un’altis-sima specificità del rischio da contagio tutto il personale dei Centri Trasfusionali.Che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale e, cioè, che la qualifica di pri-mario del dr. Pazzaglia lascerebbe intendere una sua ridotta attività lavorativamanuale, doveva ritenersi all’opposto, che allorquando si tratti di esami che conclu-dono per l’esistenza di gravi patologie gli stessi sono di competenza del primario. Cheil dott. Pazzaglia aveva espletato tali mansioni per oltre 20 anni; che la contrazione

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dell’epatite è un rischio specifico per gli addetti ai centri trasfusionali e il semplicecontatto manuale con il materiale manipolato può determinarla.Il motivo è fondato.Costituisce principio consolidato (Cass.3090 del 92; 8058 del 91; 5764 dell’82)che causa violenta da infortunio è da considerarsi anche l’azione di fattori micro-bici o virali che penetrando nell’organismo umano, ne determinano l’alterazionedell’equilibrio anatomico-fisiologico semprechè tale azione,pur se i suoi effetti simanifestino dopo un certo tempo - sia in rapporto ( accertabile anche con ricorsoa presunzioni semplici) con lo svolgimento dell’attività lavorativa. Tale essendo ilprincipio di diritto applicabile al caso dì specie, va rilevato che il Tribunale hadato atto, senza opporre argomentazioni di smentita e, quindi, accettando le rela-tive conclusioni, che il ctu di 20 grado ha ritenuto “molto probabile che il dott.Pazzaglia abbia contratto epatite virale durante l’attività lavorativa” e ha afferma-to che, nei centri trasfusionali il personale addetto è esposto al rischio di contrar-re l’epatite in misura “10 volte superiore alla popolazione generale” e “maggiorenel personale di laboratorio.”Sulla base ditali risultanze, il Tribunale ha ritenuto che “il nesso tra il lavoro esple-tato dal Pazzaglia e l’epatite sia probabile ma non elevatamente e ragionevolmenteprobabile”. Pertanto, ha rigettato la domanda.Trattasi di motivazione insufficiente e contraddittoria.Assodato, per quanto detto, che il nesso de quo può provarsi a mezzo di presunzionisemplici, ci si deve rifare al concetto di presunzioni elaborato dalla giurisprudenza diquesta Corte, che, del resto, il Tribunale ha mostrato di tener presente, facendonemenzione.In proposito, ha avuto modo di affermare questa Corte (Cass. 7084 del 90; 4878dell’89; 4688 dell’86) che nella prova per presunzioni non occorre che tra il fattonoto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, maè sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenzaragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità.Orbene, quando, come nel caso di specie, si accetti il suddetto criterio,come hafatto il Tribunale, appare contraddittorio affermare, inizialmente, che un medicoaddetto a un centro trasfusionale è esposto, rispetto alla restante popolazione, a unrischio,di contrarre l’epatite, dieci volte maggiore e, se addetto a un laboratorio, aun rischio ancora più grande e, poi, escludere che, in base all’id quod plerumqueaccidit, cioè in base a ciò che avviene normalmente e non eccezionalmente, ilPazzaglia abbia contratto la malattia nello svolgimento della sua professione: rite-nere, come ha fatto il Tribunale, non disconstandosi dalla ctu, che il Pazzaglia inquanto addetto alle trasfusioni e alle analisi di laboratorio conseguenti, incorrevain un rischio specifico di contrarre la malattia oltre 10 volte maggiore del rischiogenerico della restante popolazione equivale a dire che vi furono oltre 9 probabi-lità su 10 che la malattia fu contratta in funzione e a causa del lavoro svolto. Che,pertanto, vi fu un altissimo grado di probabilità che si trattasse di malattia profes-sionale.Dunque, il Tribunale non poteva giungere alla conclusione contraria, stante la pre-messa da cui era partito.In conseguenza, il ricorso va accolto, la suddetta contraddizione va rilevata, con lacassazione che ne deriva della sentenza impugnata e la causa va rinviata, per nuovoesame dei fatti, ad altro Tribunale,il quale, attenendosi ai principi di diritto suespo-sti,ne tragga conclusioni esenti dalla riscontrata contraddizione.

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Il medesimo Giudice provvederà anche sulle spese di questo giudizio di cassazione.PQMAccoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa per nuovo esame,al Tribunale di Urbino, il quale provvederà anche in ordine alle spese di questo giu-dizio di cassazione.

Roma 17 febbraio 1998

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