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MAGNETISMO Per magnetismo si intende la proprietà di attirare dei pezzettini di ferro. Un pezzo di materiale che è dotato di magnetismo si chiama magnete o calamita. In natura esistono delle rocce che si comportano da magneti; per esempio la magnetite; tali magneti vengono detti naturali perché esistono in natura. Si chiamano magneti artificiali quelli costruiti dall'uomo; per esempio la calamita è un magnete artificiale in quanto è costruita prendendo un pezzo di ferro e magnetizzandolo con la corrente. I magneti artificiali si possono costruire di due tipi: magneti permanenti e magneti temporanei. Un magnete si dice permanente se conserva la magnetizzazione per molto tempo; la calamita e' un magnete permanente. Un magnete si dice temporaneo se si comporta da magnete quando attorno ad esso si fa circolare della corrente elettrica e poi perde il magnetismo non appena finisce la corrente. Per esempio nel relè e' presente un magnete temporaneo. Non tutti i metalli si magnetizzano. Si chiamano ferromagnetici i materiali che si magnetizzano molto bene, come il ferro. Si chiamano diamagnetici i materiali che non si magnetizzano affatto come il rame e l'alluminio. Nei magneti distinguiamo un polo nord N e un polo sud S. Non si può isolare il polo nord dal polo sud, ma per ogni polo N esiste un polo S. Poli dello stesso nome si respingono; poli di nome contrario si attraggono. Si chiama campo magnetico lo spazio che circonda un magnete. Il campo magnetico si rappresenta con delle linee di forza che partono dal polo nord e terminano al polo sud esternamente al magnete. rappresentazione del campo magnetico di un magnete

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MAGNETISMO

Per magnetismo si intende la proprietà di attirare dei pezzettini di ferro. Un pezzo di

materiale che è dotato di magnetismo si chiama magnete o calamita.

In natura esistono delle rocce che si comportano da magneti; per esempio la magnetite;

tali magneti vengono detti naturali perché esistono in natura.

Si chiamano magneti artificiali quelli costruiti dall'uomo; per esempio la calamita è un

magnete artificiale in quanto è costruita prendendo un pezzo di ferro e magnetizzandolo

con la corrente. I magneti artificiali si possono costruire di due tipi: magneti permanenti

e magneti temporanei. Un magnete si dice permanente se conserva la magnetizzazione

per molto tempo; la calamita e' un magnete permanente.

Un magnete si dice temporaneo se si comporta da magnete quando attorno ad esso si fa

circolare della corrente elettrica e poi perde il magnetismo non appena finisce la

corrente. Per esempio nel relè e' presente un magnete temporaneo.

Non tutti i metalli si magnetizzano. Si chiamano ferromagnetici i materiali che si

magnetizzano molto bene, come il ferro. Si chiamano diamagnetici i materiali che non

si magnetizzano affatto come il rame e l'alluminio.

Nei magneti distinguiamo un polo nord N e un polo sud S.

Non si può isolare il polo nord dal polo sud, ma per ogni polo N esiste un polo S.

Poli dello stesso nome si respingono; poli di nome contrario si attraggono.

Si chiama campo magnetico lo spazio che circonda un magnete. Il campo magnetico si

rappresenta con delle linee di forza che partono dal polo nord e terminano al polo sud

esternamente al magnete.

rappresentazione del campo magnetico di un magnete

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Un filo percorso da corrente genera attorno a sé un campo magnetico:

Se la corrente e' diretta verso l'alto il verso del campo magnetico e' antiorario, cioè

contrario alle lancette dell'orologio tradizionale.

Se il filo lo ripiego a forma di circonferenza:

e la corrente circola in senso antiorario nel filo il polo nord si trova sopra e quindi il sud

sotto.

Il tipo di magnetismo generato dalla corrente elettrica si dice elettromagnetismo. Si

chiama solenoide un lungo filo avvolto in modo da formare tante spire; il solenoide e'

detto anche bobina.

Per costruire un elettromagnete occorre un pezzo di ferro su cui avvolgiamo un certo

numero di spire, cioè un solenoide.

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Se applichiamo un generatore di tensione circolerà una certa corrente: se la corrente

circola in senso antiorario vista da sopra il polo nord si trova sopra. Se il pezzo di ferro

e' molto puro, cioè e' ferro dolce, quando stacco la corrente il magnetismo sparisce. Se

invece il ferro non e' puro ma e' misto a carbonio o nichel allora il magnetismo resta

anche quando stacco la corrente e il pezzo di ferro si chiama calamita o magnete

permanente.

INTENSITÀ' DI CAMPO MAGNETICO

L'intensità di campo magnetico ci indica quanto un campo magnetico e' più forte e si

indica con la lettera H. L'unita' di misura del campo magnetico e' Asp/m, cioè

amperspire/metro.

Se consideriamo allora un solenoide percorso dalla corrente I

esso avrà un certo numero di spire, cioè di giri, che indico con la lettera N; ed avrà una

certa lunghezza in metri che indico con la lettera l. Per calcolarci il campo magnetico H

utilizziamo la seguente formula:

H = N x I

l

In pratica l'intensità di campo magnetico H e' tanto più grande quanto più sono le spire N

e la corrente, e quanto più piccola è la lunghezza l. Di solito poiché la lunghezza del

solenoide non è molto grande al posto dei metri si usano i centimetri; quindi l'unita' di

misura del campo magnetico diventa Asp/cm, cioè amperspire/centimetro.

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CIRCUITO MAGNETICO

Se ad un elettromagnete avviciniamo un pezzo di ferro a forma di U:

si verifica che il pezzo si magnetizza, non solo, ma vi circola in esso un qualcosa cui

diamo il nome di flusso magnetico e lo indichiamo con la lettera greca Æ (fi). Unità di

misura del flusso magnetico e' il Weber, che si abbrevia Wb.Allora per circuito

magnetico si intende un percorso chiuso nel quale circola un certo flusso magnetico.

A questo punto noi conosciamo due tipi di circuiti: il circuito elettrico ed il circuito

magnetico.

Il circuito elettrico funziona in questo modo: da un generatore di tensione parte una certa

corrente che scorre nel circuito elettrico; tale corrente incontra una certa resistenza che

abbiamo indicato con la lettera R; su ogni resistenza c'e' una certa caduta di tensione

V=RI dalla legge di Ohm.

Con lo stesso modo di ragionare studiamo ora i circuiti magnetici.

Cioè diciamo che in un circuito magnetico esiste un certo generatore di tensione

magnetica che e' il solenoide; da tale generatore parte un certo flusso magnetico che

scorre nel circuito; questo flusso incontra una certa resistenza, che si chiama riluttanza

magnetica, cioè opposizione che presenta il circuito magnetico al passaggio del flusso.

Cominciamo dalla tensione magnetica. La tensione magnetica e' una forza che fa

scorrere il flusso in un circuito magnetico; per misurarla ci vogliono due punti un po’

distanti sul circuito magnetico.

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Allora se prendo due punti A e B coincidenti con gli estremi del solenoide per ottenere la

tensione magnetica faccio il prodotto Hxl, cioè moltiplico l’intensità di campo

magnetico H

per la lunghezza del solenoide; ma: H x l = NxIxl = NI Asp

l

ricordando che: H = NxI

l

Tale tensione magnetica la chiamo anche forza magneto motrice, perché da qui parte la

forza che mi fa circolare il flusso magnetico nel circuito. Unità di misura della forza

magneto motrice e' Asp, cioè amperspire.

Anche tra i punti C e D esiste una tensione magnetica, che ora chiamo caduta di tensione

magnetica e la ottengo sempre facendo: Hxl e l'unita' di misura della caduta di tensione

magnetica sarà sempre Asp.

Tuttavia la caduta di tensione magnetica fra i punti C e D la posso ottenere anche in

questo modo: chiamiamo riluttanza e indichiamo con la lettera  per distinguerla da R la

resistenza magnetica che esiste fra i due punti C e D; sapendo che vi scorre un certo

flusso la caduta di tensione magnetica sarà sempre Â, misurata in Asp; mentre la

riluttanza  ha unità di misura Henry-1, cioè Henry alla meno uno che si scrive anche

1/H oppure H-1.

E' chiaro che la riluttanza fra due punti di un circuito magnetico dipende sia dalla

lunghezza fra i due punti, sia dalla sezione S in quei due punti e sia dal materiale.

In definitiva la formula per calcolarci la riluttanza e' la seguente:

 = l

mS

cioè la riluttanza e' tanto maggiore quanto più grande e' la lunghezza l; quanto più

grande e' la sezione S la riluttanza diventa più piccola, perché c'e' più spazio per il

flusso; m tiene conto del tipo di materiale ed è detta permeabilità magnetica o permeanza

e ci indica l'attitudine del materiale a farsi attraversare dal flusso.

Unità di misura della permeabilità magnetica e' H/m, cioè Henry/m. Per l'aria mo= 1,256 .10-6 H/m.

Di solito al posto di m si usa mr cioè la permeabilità magnetica relativa ottenuta da:

m = mr

mo

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cioè confrontando la permeabilità del materiale con quella dell'aria.La permeabilità

relativa non ha unità di misura.

LEGGE DI HOPKINSON

La legge che regola i circuiti magnetici si chiama legge di Hopkìnson ed e' analoga alla

legge di Ohm.

La legge di Hopkinson dice che in un circuito magnetico la forza magnetomotrice NI e'

uguale alla somma delle riluttanze di tutto il circuito moltiplicata per il flusso Æ. In

formula:

N . I = Æ S Â

dove il simbolo S (sommatoria) indica che dobbiamo fare la somma delle riluttanze di

tutto il circuito per ottenere la riluttanza totale.

Dato per esempio il seguente circuito:

in cui cambiano le sezioni e le permeabilita' per ogni tratto, prima ci calcoliamo:

Â1 = l11 Â2 = l22 Â3 = l33

m1S1 m2S2 m3S3

Â4 = l44 Â5 = l55 Â6 = l66

m4S4 m5S5 m6S6

e poi facciamo la somma delle riluttanze: S Â = Â1+ Â2+Â3+Â4+Â5+Â6

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Fin qui il calcolo dei circuiti magnetici sarebbe molto semplice.

Purtroppo nei materiali ferromagnetici si verifica che il valore della permeabilità

magnetica non è un numero fisso ma dipende dall'intensità di campo magnetico H

secondo una legge molto complessa.

Ritorniamo ora al nostro solenoide percorso da una certa corrente I, con un certo numero

di spire N, avente una certa lunghezza l.

Di esso ci sappiamo calcolare il campo magnetico H da esso generato utilizzando la

formula:

H = NxI

l

inseriamo ora un pezzo di ferro all' interno del solenoide:

e vediamo che il ferro si magnetizza generando anche lui un certo campo magnetico.

Quindi i campi magnetici H da considerare sono ora

due: quello H generato dal solenoide ed il campo magnetico che ha il ferro, che

indichiamo con la lettera B. Si dice allora che il solenoide, percorso da corrente genera

per induzione nel pezzo di ferro un'altro campo magnetico detto di induzione che

indichiamo con la lettera B e che chiameremo induzione B. Unità di misura di B: Wb/m2

Tra B ed H esiste la seguente relazione:

B = m . H

che ci dice che la induzione B che si crea nel ferro per effetto del campo magnetico H

dipende dal prodotto della permeabilità magnetica m per il campo magnetico H. Solo

che però la permeabilità del ferro non e' costante ma dipende anche da H e da B.

Conoscendo B ci possiamo calcolare il valore del flusso utilizzando la seguente formula:

Æ = B . S

CURVA DI PRIMA MAGNETIZZAZIONE

Facciamo ora il seguente esperimento utilizzando uno schema del genere

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Da tale schema si vede come possiamo variare il valore della corrente I spostando i due

cursori del potenziometro e possiamo variare anche il verso della corrente I; lasciando

fisso il numero di spire ci possiamo calcolare H dalla formula: H = NxI

l

Con un altro strumento siamo in grado di misurare il valore della induzione B che si ha

nel ferro per effetto di H.

Cominciamo dallo zero e diamo dei valori crescenti ad H; otteniamo un diagramma del

tipo:

In tale curva notiamo un primo tratto 0-1, detto ginocchio inferiore, in cui all'aumentare

di H l'induzione B aumenta di poco.Un secondo tratto 1-2, chiamato zona di linearità, in

cui B aumenta di molto e linearmente all'aumentare di H; qui la permeabilità magnetica

m raggiunge dei valori molto elevati;un terzo tratto 2-3, detto ginocchio superiore, in cui

B aumenta di poco e in modo non lineare; infine il tratto 3-4, detto zona di saturazione,

in cui all'aumentare di H l'induzione B resta praticamente costante.

CICLO D'ISTERESI

Se ora diminuiamo la corrente e quindi il campo magnetico H la curva non segue il

percorso precedente ma quello superiore del seguente diagramma:

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quando H diventa zero B non e' zero ma ha un valore Br che e' detto induzione residua.

Invertendo il verso della corrente il campo magnetico H assume valori negativi crescenti

e la induzione B diminuisce e quindi: il ferro si sta smagnetizzando; esso e'

completamente smagnetizzato al punto -Hc ; Hc e detto campo coercitivo, cioè quel

valore che bisogna dare al campo magnetico H affinché l'induzione B sia zero e quindi il

materiale sia completamente smagnetizzato.

Aumentando ancora H in senso negativo si arriva al massimo valore negativo di H e di B

tali valori sono eguali e contrari a quelli positivi.

Successivamente diminuiamo H; l'induzione B segue il percorso indicato dalla freccia;

quando H = 0 l'induzione B assume il valore negativo -Br. Quando H raggiunge il valore

Hc allora l'induzione B si porta a zero e il materiale e' completamente smagnetizzato.

Aumentando ancora H si raggiunge il valore massimo HM a cui corrisponde il valore

massimo B; il ciclo poi si può ripetere per diverse volte; se i valori massimi di H restano

gli stessi il percorso è quello indicato dalle frecce.

Se invece i valori massimi di H sono inferiori, il ciclo percorso sarà interno al

precedente.

Per ciclo di isteresi si intende un percorso chiuso che il materiale ferromagnetico compie

al variare del campo magnetico H.

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Confrontiamo ora il ciclo di isteresi del ferro dolce, adatto per magneti temporanei, con

quello dell'acciaio, adatto per magneti permanenti:

Notiamo che il ferro dolce si magnetizza con piccoli valori di H, cioè con poca corrente,

e raggiunge un alto valore di Br, quindi si magnetizza bene, solo che appena viene meno

la corrente, basta un piccolo campo coercitivo -Hc per far sparire l'induzione.

L'acciaio, invece, ha un basso valore di Br, quindi si magnetizza poco, ma ha un alto

valore di Hc quindi non si smagnetizza facilmente.

LEGGE DI FARADY-NEUMANN-LENZ

Consideriamo il seguente circuito:

in cui notiamo un solenoide che genera un campo magnetico H la cui intensità può

essere variata agendo sul resistore variabile R, ed una spira avente sezione S, immersa

nel campo magnetico. Se indichiamo con B la induzione magnetica prodotta nella spira,

il flusso magnetico della spira sarà

F = B S

qualora la spira sia ortogonale alle linee di induzione. Lo strumento G è un

galvanometro, in grado di misurare piccoli valori di tensione.

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Se il solenoide, la spira, il potenziometro restano fermi, non si nota alcuna tensione

misurata dal galvanometro. Qualora, invece, anche uno solo dei tre componenti subisce

una variazione, vi sarà una tensione misurata dal galvanometro. Quindi per ottenere una

certa tensione nella spira si può:

1. Tenere fermo il solenoide e muovere la spira.

2. Tenere ferma la spira e muovere il solenoide.

3. Muovere sia il solenoide sia la spira.

4. Tenere ferma la spira e il solenoide e muovere il potenziometro.

Solo durante il movimento o la variazione, vi è tensione; non appena il movimento o la

variazione si arresta, la tensione sparisce.

La tensione che si forma nella spira si dice forza elettromotrice indotta, e la indichiamo

con la lettera e minuscola, per indicare che varia istante per istante. La causa che genera

tale forza elettromotrice indotta è la variazione di flusso magnetico della spira. Ciò può

essere sintetizzato con la legge di Farady - Neumann - Lenz che dice: la forza elettro

motrice indotta in una spira, a causa di una variazione di flusso magnetico concatenato

con la spira è direttamente proporzionale alla variazione di flusso, è inversamente

proporzionale al tempo in cui tale variazione di flusso avviene, ed ha verso tale da

opporsi alla causa che l'ha generata. In formula abbiamo

e = - dFC

dt

dove e è la forza elettromotrice indotta, dF C è la variazione di flusso, dt è la variazione

del tempo.

AUTOINDUZIONE

Un solenoide percorso da corrente elettrica genera un campo magnetico in cui esso

stesso è immerso. Se tale campo magnetico è variabile, vi si genera nel solenoide una

forza elettro motrice indotta, secondo la legge di Farady - Neumann - Lenz. Tale forza

elettro motrice si dice di autoinduzione, perché viene indotta dal solenoide stesso e non

da un altro solenoide.

Esiste una relazione tra corrente e flusso concatenato col solenoide, che è la seguente:

F C = L i

dove F C è il flusso concatenato col solenoide, L è detto coefficiente di autoinduzione, i è

la corrente che attraversa il solenoide. Unità di misura dell'autoinduzione L è l'henry.

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MUTUA INDUZIONE

Quando due solenoidi sono posti nelle immediate vicinanze oppure sono avvolti l'uno

sull'altro, si dice che i due solenoidi sono mutuamente accoppiati, in quanto una

variazione di corrente di un solenoide genera nell'altro solenoide una forza elettromotrice

indotta. Per tenere conto di questo si introduce un coefficiente di muta induzione M;

unità di misura di M è l'henry. Dato il seguente schema:

se indichiamo con i1 la corrente che circola nel primo solenoide, con e2 la forza elettro

motrice indotta nel secondo solenoide, otteniamo:

e2 = - M di1

dt

dove di1 indica la variazione di corrente nel primo solenoide, dt indica la variazione di

tempo in cui è avvenuta di1.

TRASFORMATORE

Il trasformatore è una macchina elettrica che ha lo scopo di trasformare una tensione

alternata avente un certo valore in un'altra, sempre alternata ma di valore diverso. Lo

schema elettrico è il seguente:

Vista di un trasformatore, in cui si nota il nucleo in ferro di colore grigio, e i due

avvolgimenti in rame smaltato al centro

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Il trasformatore è costituito da due avvolgimenti, cioè da due solenoidi costituiti da spire

di filo di rame smaltato. Quello di alimentazione viene detto avvolgimento primario. Il

secondo avvolgimento viene detto secondario. All'interno degli avvolgimenti vi è un

nucleo di materiale ferromagnetico, che ha lo scopo di far circolare il flusso magnetico

all'interno dei due avvolgimenti, in modo che gli stessi siano mutuamente accoppiati. Si

considera che tutto il flusso magnetico del primario sia uguale a quello del secondario.

Il trasformatore è una macchina reversibile, cioè può essere alimentata sia dal primario,

con tensione V1, ottenendo in uscita una tensione V2; oppure dal secondario con tensione

V2, ottenendo in uscita la tensione V1.La tensione di alimentazione deve essere sempre

di tipo alternata, con valore di tensione e di frequenza stabiliti dal costruttore. Il

trasformatore non può funzionare con tensione continua, perché il flusso concatenato

con gli avvolgimenti sarebbe costante, e non vi sarebbero forze elettro motrici indotte, né

al primario, né al secondario. Se indichiamo con N1 il numero di spire del primario e con

N2 il numero di spire del secondario, si dice rapporto spire il rapporto:

N1

N2

Si dice rapporto di trasformazione il rapporto

V1

V2

Si ottiene che:

cioè il rapporto di trasformazione è uguale al rapporto spire. In pratica se N1=N2 si ha

che V1=V2. Se N1>N2 la tensione al primario sarà maggiore della tensione al secondario,

cioè V1>V2 ed il trasformatore si dice di tipo abbassatore, cioè la tensione di uscita è

inferiore a quella di ingresso. Se, invece, N2 > N1 la tensione al secondario sarà

maggiore di quella al primario, cioè V2>V1, e quindi il trasformatore sarà di tipo

elevatore.

POTENZA DEL TRASFORMATORE

Il trasformatore assorbe una certa potenza P1 = V1 I1, dove V1 è la tensione del primario

e I1 è la corrente del primario. Inoltre eroga in uscita sul secondario una certa potenza P2

= V2 I2. Ricordiamo che si parla di potenza apparente, cioè non si considera il fattore di

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potenza. Si ha sempre P1 = P2, in quanto si considerano trascurabili le perdite nel

trasformatore, esso ha, infatti, un rendimento h che si aggira sul 99 %. Si dice

rendimento del trasformatore il rapporto tra la potenza utile fornita al secondario rispetto

alla potenza assorbita dal primario.

Nel trasformatore vi sono perdite nel ferro, dovute sia ai flussi dispersi che alle correnti

parassite. Poiché il nucleo è percorso da un flusso variabile ed è costituito da materiale

conduttore, anche nel nucleo si generano forze elettromotrici indotte, che danno luogo a

delle correnti, dette parassite. Per ridurre le correnti parassite si costruisce il nucleo con

lamierini di ferro al silicio, infatti il lamierino spezza il percorso delle correnti parassite e

le riduce. Inoltre vi sono perdite nel rame, cioè nel filo conduttore, dovute al

riscaldamento per effetto Joule. Di conseguenza la formula del rendimento è la seguente:

h = Psecondario

Psecondario + Pfe + Pcu

Dove Pfe sono le perdite nel ferro, e Pcu sono le perdite nel rame.

Lezioni di Elettrotecnica ed Elettronica

MOTORE IN CORRENTE CONTINUA

Il motore in corrente continua è una macchina elettrica che trasforma in movimento

rotatorio la potenza elettrica assorbita dall'alimentazione.

Costituzione del motore in corrente continua

Se prendiamo due solenoidi, cioè due avvolgimenti di filo di rame smaltato, e li

alimentiamo tutti e due con una tensione continua, avviene che ciascun solenoide si

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magnetizza, a seconda del verso di circolazione della corrente. Cioè se voglio che il polo

Nord del magnete sia verso l'alto, faccio circolare una corrente continua con il polo

positivo sulla parte superiore del solenoide, e dispongo il solenoide in modo che le spire

sia avvolte in senso antiorario, viste dall'alto. Naturalmente il polo Sud si troverà verso il

basso.

Se, invece, nello stesso solenoide, con le spire avvolte in senso antiorario viste dall'alto,

fornisco una tensione negativa sulla parte superiore del solenoide, allora il solenoide

avrà il polo Sud verso l'alto e il polo Nord verso il basso.

Mettendo due soloneidi, alimentati con tensione continua, nelle immediate vicinanze, si

manifestano tra di loro delle forze o di attrazione o di repulsione; cioè di attrazione se i

due poli sono contrari, cioè Nord-Sud; di repulsione se i due poli sono uguali, cioè Nord-

Nord oppure Sud-Sud.

Se uno dei solenoidi lo avvolgo attorno ad un nucleo di materiale ferromagnetico di

forma cilindrica, cavo internamente, mentre l'altro soleonide lo avvolgo sulla parte

esterna di un cilindro più sottile, posto internamente al primo, a causa delle azioni di

attrazione o di repulsione, il cilindro posto internamente è costretto a muoversi, e quindi

a girare, nel verso stabilito dai due poli.

Si chiama motore, appunto, un insieme di avvolgimenti e di nuclei di materiale

ferromagntico, che opportunamente alimentati, fanno mettere in rotazione un albero,

detto rotore.

La parte fissa del motore, si chiama statore, cioè sta fermo;

statore con i due poli magnetici Nord e Sud

la parte che gira, si chiama rotore, cioè può ruotare.

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Rotore con avvolgimenti e collettore

Dei due avvolgimenti quello fisso sulla parte cilindrica che non può ruotare, lo statore, si

chiama avvolgimento di eccitazione; mentre l'altro avvolgimento, posto sulla parte che

può ruotare, cioè il rotore, si chiama avvolgimento di armatura.

Collegare lo statore ad un generatore di tensione continua è molto semplice, in quanto lo

statore è fermo.

Più complesso è, invece, collegare il rotore ad un generatore di tensione continua, in

quanto appena il rotore inizia a ruotare si avvolge su di sè i fili di collegamento dando

luogo alla rottura dei fili stessi. Per evitare questo si è utilizzato un sistema detto a

collettore e spazzole.

Collettore a lamelle

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In pratica sul rotore, si riempiono due solchi cilindrici di rame nudo, isolati

elettricamente dal nucleo di materiale ferromagnetico e tra di loro. Su questi due anelli di

rame si poggiano due elettrodi di grafite, ricordiamo che la grafite è un conduttore, ed ha

la proprietà di autolubrificarsi. Questi elettrodi vengono chiamati spazzole.

Spazzole con molle

Occorrono quindi due spazzole, una collegata col polo positivo del generatore di

tensione; l'altra collegata col polo negativo del generatore di tensione.

Collettore a contatto con le spazzole

Poggiando le spazzole sui due anelli e premendole con una molla, in modo da avere un

perfetto contatto elettrico, anche il motore gira, le spazzole restano sempre collegate

l'una con la parte superiore del solenoide, l'altra con la parte inferiore. In tal modo il

motore può ruotare e il rotore resta sempre alimentato, senza rompere i fili.

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Esterno di un motore in

continua

Spinotto di alimentazione

Collettore a lamelle

Rotore con avvolgimenti e

collettore

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Statore con i due poli magnetici a magnete permanente

Spazzole con molle

Collettore a contatto con

le spazzole

Lo schema elettrico del motore in corrente continua è il seguente:

Indichiamo con Ve la tensione continua di alimentazione dell'avvolgimento di

eccitazione Le, cioè dell'avvolgimento che genera il flusso magnetico di eccitazione Fe;

tale avvolgimento si trova sulla parte fissa del motore, detta statore. Indichiamo con Va

la tensione continua di alimentazione del secondo avvolgimento, detto avvolgimento di

armatura che si trova sulla parte del motore che ruota, detta la tensione continua di

alimentazione del secondo avvolgimento, detto avvolgimento di armatura che si trova

sulla parte del motore che ruota, detta rotore. Nel rotore circola una certa corrente detta

Ia, cioè corrente di armatura. Tra i due avvolgimenti, uno fisso e l'altro libero di ruotare

attorno ad un asse, si manifestano delle forze magnetiche di attrazione o di repulsione,

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che fanno sì che il rotore si mette a ruotare, essendo lo statore fermo. Poiché la forza che

lo fa mettere in movimento ha una certa distanza dall'asse di rotazione si genera una

coppia motrice Cm che fa ruotare il rotore. La formula per calcolare la coppia motrice è

la seguente:

Cm = Ka Fe Ia

Cioè la coppia è direttamente proporzionale ad una costante Ka, che è caratteristica di un

motore una volta costruito e resta costante; è direttamente proporzionale al flusso di

eccitazione e alla corrente di armatura. In pratica una volta costruito il motore, possiamo

regolare la coppia motrice agendo o sul flusso Fe oppure sulla corrente di armatura Ia. A

causa del movimento del rotore vi sono degli attriti tra rotore e cuscinetti che lo

sostengono e tra rotore e aria, indichiamo con Cr la coppia resistente che tiene conto di

tutte le forze che si oppongono al moto. In equilibrio si ha:

Cr = Cm

Se invece la coppia motrice è maggiore di quella resistente, cioè:

Cm > Cr

il motore accelera, cioè aumenta di velocità finché non si raggiunge l'equilibrio e quindi

Cm = Cr

Se invece la coppia motrice è inferiore alla coppia resistente il motore decelera, cioè

rallenta la velocità.

Il movimento del rotore all'interno del flusso magnetico costante Fe, secondo la legge di

Farady - Neumann - Lenz genera all'interno del rotore una forza elettromotrice E di

verso opposto alla tensione di armatura Va, di conseguenza l'equazione del circuito di

armatura è:

Va = E + Ra Ia

Cioè la tensione di armatura è uguale alla somma forza elettromotrice E più la caduta di

tensione ai capi dell'avvolgimento di armatura, cioè RaIa, dove con Ra abbiamo indicato

la resistenza del filo che costituisce l'avvolgimento di armatura.

Il valore di E lo calcoliamo con la seguente formula

E = Ka Fe n

Dove Ka è caratteristica del motore una volta costruito; Fe è il flusso dello statore, n è la

velocità del rotore in numero di giri al minuto.

Per calcolare la velocità n si usa la seguente formula:

Page 21: MAGNETISMO - profzanottiprofzanotti.altervista.org/alterpages/files/MAGNETISMO.pdfMAGNETISMO Per magnetismo si intende la proprietà di attirare dei pezzettini di ferro. Un pezzo di

Notiamo che gli avvolgimenti sia sul rotore che sullo statore sono più di uno. Gli

avvolgimenti dello statore è semplice collegarli perché non sono in movimento. Quelli di

rotore, essendo in movimento, non è semplice collegarli, per cui si raggruppano sul

collettore, che si trova sul rotore, ed è costituito da una serie di lamelle di rame, ognuna

collegata ad un capo di un avvolgimento. Sul collettore premono delle spazzole di grafite

che è un materiale conduttore che si autolubrifica; le spazzole sono ferme e sono

collegate al generatore di tensione, hanno lo scopo di alimentare il rotore.

DINAMO

La dinamo è lo stesso motore in corrente continua, che si chiama motore in corrente

continua se riceve alimentazione da un generatore di tensione e fornisce un movimento

del rotore, se invece non si applica alimentazione o si alimenta uno solo degli

avvolgimenti, sull'altro avvolgimento è disponibile una tensione continua che può essere

utilizzata, in tal caso si chiama dinamo. La dinamo, quindi, è un generatore di tensione

che trasforma il movimento dell'albero rotore in elettricità. Avendo tale proprietà il

motore in corrente continua e la dinamo si dicono reversibili.