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Anno 7- n.61 MAggio 2011 ...continua a pagina 2 Sommario PPilo Per Milano 1 redazionale 1 Per l’italia e Per il lavoro 3 L’Europa dicE No aLL’itaLia. 5 ...continua in ultima pagina Redazionale Ormai ci siamo. Fra pochissimi giorni, a Milano, si realizzerà quello che è ormai unanime- mente riconosciuto come il test sulla tenuta del berlusconismo sulla scena della politica italiana. La partita è ad alta concentrazione di energie. Il centrosinistra gioca la candida- tura di Giuliano Pisapia, che incarna finalmente un modo di essere attore politico in grado di riunificare una passione per troppo tempo frantumata in mille rivoli ed in mille microconflit- tualità, riesce a mobilitare un patri- monio umano, di candidati ma anche di normali cittadini, riconquistato alla politica ed impegnato in un’azione di sostegno tesa a diffon- dere il convincimento che questa volta si può davvero cambiare. La destra, consa- pevole delle difficoltà derivanti dagli eviden- ti fallimenti dell’am- ministrazione Moratti (dall’ecopass, all’ex- po 2015, ai servizi alla cittadinanza, non c’è A r ea S indacale u i lt u c s l o m b a r d i a p e r i o d i c o d i a p p r o f o n d i m e n t i , a g g i o r n a m e n t i t e c n i c i e d i b a t t i t o p o l i t i c o Le eLezioni AMMinistrAtive di MiLAno Più Pilo per Milano Le prime parole del candidato alla carica di consigliere comunale, Bruno Pilo, non sono diverse da quanto dichiarato all’inizio. Siamo oramai giunti nella fase finale della campagna elettorale – ci spie- ga - gli animi si stanno scaldando e io mi sono ripromesso di non aderire alla pratica della politica urlata e pertanto continuerò, anche in questa fase “calda”, a mantenere il mio profilo basato sui “contenuti” della mia proposta politica. Approfondiamo allora i contenuti della tua proposta politica. Sono un Sindacalista, quindi penso di poter dare un forte contributo ai cittadini e alle cittadine di Milano. Innanzitutto sui temi del lavoro e dello stato sociale ma non solo. La città a cui penso da sempre è una città nella quale il lavoro è dignità così, come ho detto più volte, deve essere dignitosa anche la sua vita. Che cosa intendi quando dici che Milano deve garantire la dignità del lavoro e della vita? Da troppo tempo la linea tenuta dall’attuale sindaco Letizia Moratti non ha contribuito a far si che questo accadesse. Milano è una città europea solo sulla

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Anno 7- n.61MAggio 2011

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SommarioPiù Pilo Per Milano 1redazionale 1Per l’italia e Per il lavoro 3L’Europa dicE No aLL’itaLia. 5

...continua in ultima pagina

RedazionaleOrmai ci siamo.

Fra pochissimi giorni, a Milano, si realizzerà quello che è ormai unanime-mente riconosciuto come il test sulla tenuta del berlusconismo sulla scena della politica italiana.

La partita è ad alta concentrazione di energie.

Il centrosinistra gioca la candida-tura di Giuliano Pisapia, che incarna finalmente un modo di essere attore politico in grado di riunificare una passione per troppo tempo frantumata in mille rivoli ed in mille microconflit-tualità, riesce a mobilitare un patri-monio umano, di candidati ma anche di normali cittadini, riconquistato alla politica ed impegnato in un’azione di

sostegno tesa a diffon-dere il convincimento che questa volta si può davvero cambiare.

La destra, consa-pevole delle difficoltà derivanti dagli eviden-ti fallimenti dell’am-ministrazione Moratti (dall’ecopass, all’ex-po 2015, ai servizi alla cittadinanza, non c’è

AreaSindacale

uiltucslombardia

periodico di approfondimenti, aggiornamenti tecnici e dibattito politico

Le eLezioni AMMinistrAtive di MiLAno

Più Pilo per MilanoLe prime parole del candidato alla carica di consigliere comunale, Bruno

Pilo, non sono diverse da quanto dichiarato all’inizio.

Siamo oramai giunti nella fase finale della campagna elettorale – ci spie-ga - gli animi si stanno scaldando e io mi sono ripromesso di non aderire alla pratica della politica urlata e pertanto continuerò, anche in questa fase “calda”, a mantenere il mio profilo basato sui “contenuti” della mia proposta politica.

Approfondiamo allora i contenuti della tua proposta politica.

Sono un Sindacalista, quindi penso di poter dare un forte contributo ai cittadini e alle cittadine di Milano. Innanzitutto sui temi del lavoro e dello stato sociale ma non solo. La città a cui penso da sempre è una città nella quale il lavoro è dignità così, come ho detto più volte, deve essere dignitosa anche la sua vita.

Che cosa intendi quando dici che Milano deve garantire la dignità del lavoro e della vita?

Da troppo tempo la linea tenuta dall’attuale sindaco Letizia Moratti non ha contribuito a far si che questo accadesse. Milano è una città europea solo sulla

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Maggio 2011 Area Sindacale N. 61

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carta e al massimo per il numero di persone che la abitano.

Paradossalmente sconta tutte le difficoltà delle città grandi come la sua densità abitativa, il traffico, a volte la dif-ficile convivenza con le diverse culture che vi si incrociano, senza però nem-meno essere caratterizzata da quegli elementi che fanno grande una città.

Quanto ti piace la Milano di oggi e quanto essa è lontana dalla “Milano da bere” che molti hanno in testa quando pensano a questa città?

Spesso osservandola, nelle sue vie nei suoi palazzi, addirittura nella sua concezione urbanistica, ci si rende conto come, in tutti questi anni, nessu-no, e dico proprio nessuno, ha fornito a Milano una seria e definita politica di sviluppo. Per capirlo basta osservare alcuni quartieri che sorti in un contesto felice, come per fare un esempio un enorme area verde, si sono poi trasfor-mati in quartieri dormitori privi di servizi.

Girando poi per le zone storiche di Milano non ci si può non rendere conto di come la stessa politica edilizia sia figlia di una o dell’altra maggioranza che l’hanno governata in tutti questi anni e/o sia priva di qualunque logica si possa essa considerare pratica od estetica. Paragonandola a Parigi o ad altre capitali europee verrebbe da dire che questa o queste sono state “costru-ite da architetti”, Milano al massimo da geometri palazzinari.

Ti chiedo di esplicitarmi degli esempi di quanto detto.

Per osservare l’incuria con la quale trattiamo Milano mi piacerebbe

parlare di almeno due aree che trovo scandaloso non siano state ancora riqualificate o, per meglio dire, donate alla cittadinanza.

Parlo dello Palasport di San Siro, detto anche Palazzo dello Sport di Milano, una meravigliosa tensostruttura che, dopo il 1985, anno nel quale una nevicata ne distrusse il tetto, fu abban-donata e al posto della quale ora sorge un area degradata.

Come non parlare poi, restando in zona, del complesso della villa e delle scuderie De Montel che sorge a pochi passi dall’ippodromo. Anche qui piut-tosto che intervenire con una proposta concreta, si è preferito lasciare correre e dimenticarsi di un area piuttosto che assegnarla ad un uso sociale.

E ritornando alla “Milano da bere”, che attraverso uno spot ha creato un immaginario comune, cosa ci dici ?

Ecco quando utilizzo il termine “sociale” non intendo solo il settore ma parlo di una Milano che sociale non è più, che non è in grado quindi di far vivere ai propri cittadini le sue strade e le sue piazze.

Parlo quindi della sua vita, delle iniziative che la animano, dei sui servizi dedicati ai cittadini di tutte le età, ceti sociali o provenienze e della sua vivi-bilità in fatto di trasporti e piste ciclabili

Penso che un Amministrazione Co-munale deve fare molto su questi temi, partendo dal presupposto di “lavorare sui bisogni dei cittadini con i cittadini”.

A pochi giorni dalle elezioni cosa vedi oggi guardando fuori

dalla finestra?

Vedo che in questi ulti-mi giorni ci siamo svegliati in un cantiere aperto, tutto quello che non si è fatto in quattro anni sembra lo si debba fare in un mese di campagna elettorale.

Mi sono fatto l’idea che qualcuno stia pensan-do che bisogna solo fare movimento e non importa su cosa e per cosa, ma bisogna far vedere ai cit-tadini o più correttamente, mostragli l’illusione, che si stia lavorando per loro.

Questo è un malcostu-me tipico di un certo modo di governare la città’ e di

fare politica.

Intanto i problemi reali rimangono ir-risolti, i patrimoni culturali in decadenza rimangono fatiscenti.

Durante questa campagna el-letorale molti sono stati i momenti di incontro con i cittadini. Chi ti ha colpito di più in questi momenti?

Gli inquilini delle case ALER di via Sergio Tofano nel quartiere di Quinto Romano. Continuano a vivere in appar-tamenti invivibili in stretta compagnia con l’amianto.

Durante i volantinaggi quali sono i discorsi più ricorrenti con i poten-ziali elettori?

Mi continuano a ripetere che a Mi-lano il semplice rapporto di convivenza tra automobilisti , motociclisti e ciclisti con le buche milanesi diventate nel frattempo voragini, sono degni rapporti tipici da terzo mondo ( e chiedono scu-sa ai cittadini del terzo mondo!).

Ogni campagna elettorale lancia sfide e promesse. Quali sono le tue proposte concrete? Cosa dici ai tuoi potenziali elettori ed elettrici?

“Governiamo assieme la città” è il mio impegno nella lista Milano civica x Pisapia sindaco e tutta la mia promessa da consigliere comunale, in caso sia eletto, sta in queste semplici parole. Semplici concetti che non devono rima-nere uno slogan, ma devono diventare il fare quotidiano e trasformarsi in pra-tica effettiva, per dare modo ai cittadini di sentirsi veramente parte della città.

Vuoi lanciare un appello finale ai nostri lettori ed alle nostre lettrici?

La mia proposta è sempre la stessa “Governiamo insieme la città” e faccia-mo di uno slogan la pratica quotidiana, con Pisapia sindaco e Bruno Pilo con-sigliere comunale.

Gabriella Dearca

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Area Sindacale N. 61 Maggio 2011

Unità sindAcALe

Per l’Italia e per il LavoroIn un paese mal governato, che sta

pagando un prezzo altissimo al berlu-sconismo, si diffonde il malessere che invoca un cambiamento di rotta.

Il pregiudizio è estraneo alla nostra formazione culturale e spirituale, ma siamo convinti che a Palazzo Chigi c’è (quando c’è) un signore che sta facen-do molto male all’Italia: sta distruggen-do civiltà e principi costituzionali, storia e cultura della convivenza.

L’indegno attacco alla Scuola Pub-blica, alle prese con enormi difficoltà, che il suo governo ha pesantemente aggravato, aggiunge altra demagogia e falsità, nel tentativo di recuperare consensi con forsennate accuse contro tutti coloro che non assecondano i suoi interessi.

“Stiamo assistendo ad un inde-coroso disfacimento del senso delle istituzioni, e ciò è accompagnato dal silenzio assordante della società civile, delle associazioni di rappresentanza e della classe dirigente del paese, che rischia di diventare complice di questo degrado. L’unico argine che tiene è la Presidenza della Repubblica, a cui dobbiamo essere tutti grati”( Monte-zemolo).

“L’Italia rischia di uscire (?) dalla crisi con gli stessi problemi strutturali di prima -aggravati da maggiore disoccu-pazione e precariato-, che non si risolvono senza una politica economica in grado di generare maggiore sviluppo. (Ma-rio Draghi).

Le organizzazioni sin-dacali devono comunque pensare alle proprie re-sponsabilità, in qualun-que contesto politico ed economico, a partire dal dovere di confron-tarsi costruttivamente con tutti gli interlocutori Istituzionali e Aziendali.

Nei momenti di crisi, in particolare, è dove-roso distinguere i diritti fondamentali (indispo-nibili), dai diritti acquisti nel tempo mediante la contrattazione collettiva, che giocoforza vanno adattati alle condizioni di mercato e di bilancio dei

settori e delle imprese in cui operiamo, a salvaguardia soprattutto dei livelli occupazionali. Qualsiasi trattamento economico e normativo si finanzia con i volumi di lavoro e di fatturato rapportati ai costi, che comunemente chiamiamo produttività.

Questa, a sua volta, per essere di buon livello, richiede una equilibrata dose di flessibilità, ma non certo di illogica e discriminatoria precarietà, anche a dispetto del buonsenso e del tanto esaltato merito, che si nega, quando, a parità di quantità e qualità di lavoro (misurabile e dimostrabile) si stabiliscono trattamenti economici e normativi inferiori.

I trattamenti inferiori ai minimi tabel-lari -salario d’ingresso e quant’altro-, si giustificano quando si deve imparare un mestiere che richiede una lunga fase di addestramento, accompagnata da una buona dose di formazione pratica sul lavoro e teorica in aula, o a distanza, ma solo in determinati casi. Il lavoro va ri-valutato, normalizzato, unificato e ricomposto, mediante una concezione produttiva e dei servizi equilibrata, tale da accogliere senza tentennamenti la flessibilità, ma nel contempo di rifiutare e sopprimere la precarietà. La UIL de-dicò a questo tema-obiettivo, ovvero di dare (o ridare) “Più valore al lavoro” il suo XIII Congresso al Lingotto di Torino. Rimediare al parziale ma consistente sfaldamento del merca-to del lavoro non sarà facile e comunque richiede tempo, di-sponibilità alla me-diazione, inter-locu-zio-

ne costruttiva, esempio delle ammini-strazione pubbliche.

Intanto ci sono le leggi che cono-sciamo, è vero.

Ma un conto è doverle applicare e/o farci i conti quotidianamente; altra cosa è esaltarle senza riflettere criticamente sui risultati che producono.

La manifestazione dei lavoratori “precari” del 9 Aprile, organizzata dal comitato “il nostro Tempo è adesso”, ha messo in evidenza la faccia triste di un “sistema” che toglie umanità a tanti giovani -uomini e donne, anche con famiglia a carico-, che vivono (e possono vivere) solo di lavoro.

È necessario (e urgente) costruire un argine civile e sociale nel diritto del lavoro e nella contrattazione, in grado di sancire che la flessibilità non deve costare meno del lavoro “normale”, anzi, qualcosa in più, in funzione di un mercato del lavoro coeso e solidale con diritti e tutele ragionevoli per tutti i lavoratori. È doveroso compensare i lavoratori che sopportano i maggiori disagi, anche dal punto di vista previ-denziale, degli ammortizzatori sociali e del rapporto Fisco, Lavoro, Famiglia.

C’è un evidente bisogno di unità, in luogo della frammentazione e dei settarismi dispersivi e inconcludenti, all’altezza dei problemi strutturali del paese e del mondo del lavoro, alterna-tiva alla volgarità dello scontro perma-

nente, sul quale, non a caso, il berlusconismo ha costruito la sua fortuna, che serve a nascondere la paurosa po-vertà culturale di cui è al contempo concausa ed

effetto.

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Maggio 2011 Area Sindacale N. 61

Il principio/valore unitario, che talvolta si esalta solo all’interno della propria organizzazione o parte politica, limitandone la portata, è in realtà la filosofia dell’incontro e della reciproca legittimazione.

Che oggi, anche nella nostra ca-tegoria, all’indomani del nuovo disac-cordo sul CCNL del Terziario, sia ancor più difficile, è evidente. Ma questo non significa che lavorare per ricostruire le condizioni di una normale pratica unitaria -alternativa a una “normale” e permanente spaccatura- sia tempo perso, o che siano più utili le esaspera-zioni identitarie (?) di tutte e di ciascuna organizzazione.

Ciò anche quando si ha a che fare con organizzazioni sindacali che rivendicano una diversità (e chi non è diverso dagli altri? E quale organizza-zione non ha al suo interno le stesse innumerevoli diversità esistenti tra le organizzazioni sindacali?) che non

AreA SindAcAle hA viSto...

Habemus PapamAmbientato ai giorni nostri, racconta la storia di un Papa umile e incapace di sostenere il peso dell’in-

vestitura .

Il cardinale Melville viene eletto Papa ma, al momento di proclamarsi ai fedeli, viene assalito da dubbi e incertezze, cadendo così in depressione, per ragionare sui suoi dubbi e le sue perplessità, sfociate in una specie di crisi di panico, il Papa si affida a uno psicanalista, interpretato da Moretti stesso .

La sua crisi deriva dal sentimento di non sentirsi all’altezza del compito per cui Dio l’ha designato, diven-tare la guida spirituale per un miliardo di persone è responsabilità di un cer-to peso e il futuro papa si prende del tempo per decidere cosa fare

La trama si snoda in un continuo alternarsi di ironia pungente e di momenti di acuta rifles-sione, di risate amare e di reminiscenze malinco-niche, è un film particola-re, intenso....da vedere.

Erika Negri

sanno tramutare in proposte concrete e comportamenti conseguenti. Milano sarà un interessante banco di prova, da questo punto di vista, dopo le incom-prensioni degli ultimi mesi.

L’Italia, cioè il nostro paese, nel quale vivranno i nostri figli e nipoti, ha bisogno di una profondità di pensiero e di progettualità sociale che qualcuno chiama senso civico, qualcun altro senso dello Stato, altri ancora bene comune.

C’è bisogno di riportare all’attualità i valori autentici sui quali si è realizzata l’unità d’Italia (risorgimento) e la resi-stenza al fascismo che ha generato la Repubblica e il sistema democratico. Valori alternativi alla triste attualità che ci viene imposta.

È la nostra coscienza, e non altro, che ci impone di partecipare alla difesa delle “cose” essenziali che abbiamo ricevuto in preziosa eredità. La Co-stituzione, scritta e praticata, è la più

importante di queste “cose”.

Provoca una particolare sofferenza non comprendersi su questo punto, che a parere di chi scrive dovrebbe acco-munare tutte le persone che guardano al presente e al futuro dell’Italia -di cui il mondo del lavoro è parte fondamen-tale-, con fondata preoccupazione.

Un punto che, sempre a parere di chi scrive, e al netto dei limiti personali e strutturali che appartengono a tutte le persone e le organizzazioni umane, ha segnato la storia e l’evoluzione della UILTuCS di Milano e Lombardia.

Giovanni Gazzo

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Area Sindacale N. 61 Maggio 2011

Umanità Migrante

EmErgENza immigrati

L’Europa dice NO all’Italia.tando sulla concessione di permessi di soggiorno temporanei. Una mossa subito considerata in Europa (specie dalla Francia e dalla Germania) come una manovra ideata per consentire ai beneficiari del provvedimento di spostarsi verso altri Paesi dell’Unione, e più in particolare in Francia, dove la maggioranza degli immigrati tunisini aveva dichiarato di volersi recare. Con buona pace di Maroni, secondo il quale respingendo i tunisini alla fron-tiera di Ventimiglia la Francia sarebbe “uscita da Schengen”, la linea dell’Italia non trova fondamento sul piano giuridi-co. La questione è infatti regolata con precisione dall’articolo 5 della Conven-zione di applicazione dell’Accordo di Schengen, conclusa il 19 giugno 1980: vi si stabiliscono una serie di condizioni per l’ingresso nel territorio degli Stati membri, e in particolare il possesso di un documento che consenta di attra-versare la frontiera, di un visto valido, di documenti che giustifichino “lo scopo e le condizioni del soggiorno”, di mezzi di sussistenza sufficienti. Con tutta evi-denza, la sola esibizione del permesso di soggiorno temporaneo, rilasciato dalle autorità italiane, non è tale da consentire l’ingresso nel territorio di un altro Stato membro dell’Unione.

Stando così le cose, a sostegno della posizione italiana non reste-rebbe che la mancanza di solidarietà dell’Unione di fronte all’emergenza: quell’aspetto che aveva spinto il Pre-sidente del Consiglio a minacciare che “o si trova l’accordo su Schengen, o tanto vale dividerci”. Anche per quan-to riguarda la solidarietà, comunque, sarebbe il caso di muoversi tenendo ben presenti i termini della questione. E’ vero che in tema di immigrazione e di asilo i Trattati e i documenti europei evocano assai spesso il principio di solidarietà.

Lo fanno però usando espressioni vaghe e generiche: niente di assi-milabile alla “clausola di solidarietà”, inserita nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, all’art. 222. In

questo caso, infatti, l’Unione e gli Stati membri si impegnano ad agire “congiuntamente”, ma soltanto qua-lora uno Stato membro sia oggetto di un attacco terroristico o vittima di una calamità naturale. Al contrario, nello stesso Trattato il principio di solidarietà non origina alcun obbligo giuridico in presenza di emergenze provocate da un afflusso improvviso di immigrati. Per fronteggiare tali emergenze, il Consiglio dell’Unione potrebbe adottare i provve-dimenti ritenuti opportuni. Dato, quindi, che in materia di immigrazione le norme dell’Unione europea restano fin troppo vaghe nell’affrontare la questione della solidarietà tra gli Stati membri, sorpren-de che prima dell’emergenza provocata dagli eventi che hanno scosso il Nord Africa nessun passo significativo sia stato compiuto, neppure dall’Italia, per rimediare ad una tale lacuna. Rimedia-re ad una prolungata inerzia politica oggi, quando la tensione è ormai giunta ai livelli di guardia, non appare purtrop-po un compito agevole.

Sono cinque i requisiti che un ex-tracomunitario deve avere per superare le frontiere interne della Ue abolite dal Trattato di Schengen. A regolare le “condizioni di ingresso dei cittadini di paesi terzi” è l’art. 5 del regolamento 562 del 2006, detto “Codice delle fron-tiere Schengen”.

Secondo il comma 1 “per un soggior-no non superiore a tre mesi nell’arco di sei mesi” è necessario che gli extraco-munitari rispondano ai seguenti requisiti: a) essere in possesso di uno o più documenti di viaggio validi che consen-tano di attraversare la frontiera;

b) essere in possesso di un visto valido se necessario in base al paese di provenienza; c) giustificare lo scopo e le condizioni del soggiorno previsto e disporre dei mezzi di sussistenza sufficienti, sia per la durata prevista dal soggiorno sia per il ritorno nel paese di origine o per il transito verso un paese terzo nel quale l’ammissione è garantita, ovvero essere in grado

Per l’Europa l’emergenza umanita-ria che si è determinata con lo sbarco di decine di migliaia di immigrati a Lampedusa “è un problema italiano”. Quindi se è così, “meglio soli che male accompagnati”. Questo è il pensiero del ministro dell’Interno, Roberto Maroni, in risposta alla posizione tenuta dall’Euro-pa sull’emergenza immigrati.

“Di fronte alla gravissima crisi uma-nitaria che ha colpito l’Italia, con decine di migliaia di persone arrivate di colpo sulle nostre coste, dalla Tunisia e dalla Libia - ha spiegato Maroni - noi abbiamo chiesto all’Europa solidarietà. Abbiamo chiesto aiuto. Abbiamo chiesto agli altri Paesi Europei di condividere gli sforzi per risolvere la questione. La risposta è stata che fosse un problema italiano, che ce la dovevamo vedere noi”. E an-cora: “Se l’Europa è solo un’entità per definire quanto lunghi devono essere i cetrioli, che impedisce di dare aiuti e sostegno alle piccole imprese e quando c’è necessità di aiuto dice “sono affari tuoi”, non è l’Europa che abbiamo in mente”. E ha continuato: “Di fronte a questa gravissima crisi umanitaria con decine di migliaia di persone arrivate di colpo da Tunisia e Libia, abbiamo chiesto all’Europa solidarietà e aiuto. La risposta è stata un’altra volta an-cora che è un problema italiano”. Una risposta che per il titolare del Viminale non è né efficiente né utile.

Non è certo la prima volta che l’Italia si trova in difficoltà nel suo rapporto con l’Unione europea. Ma mai in pre-cedenza si era giunti ad un contrasto così profondo come quello attuale sulla questione dei migranti.

L’isolamento dell’Italia era andato progressivamente delineandosi dopo i pressanti appelli rivolti da Maroni alla UE per un più diretto coinvolgi-mento di Bruxelles nella ricerca di una soluzione all’emergenza venutasi a creare a Lampedusa. Giustificati o meno che fossero questi appelli, l’errore commesso dall’Italia è stato di tentare di sbloccare la situazione pun-

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Maggio 2011 Area Sindacale N. 61

Lo sportello Sai fornisce informazioni e servizi dettagliati e mirati, riguardanti problemi quotidiani che gli immigrati (extracomunitari, neocomunitari e comunitari) incontrano.

L’attività dello sportello è articolata nelle seguenti aree

• Legislazione generale

• Documentazione relativa alle diverse tipologie di soggiorno

• Asilo

• Orientamento al lavoro

• Ricongiungimento familiare

• Decreti Flussi

• Cittadinanza

Il servizio è attivo presso il nostro ufficio di Milano - Via Salvini, 4Fermata MM1 Palestro

tel. 027606791

di ottenere legalmente detti mezzi; d) non essere segnalato nel SIS (Siste-ma di informazioni di sicurezza) ai fini della non ammissione;

e) non essere considerato una mi-naccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna, la salute pubblica o le relazioni internazionali di uno degli Stati membri. L’articolo, al comma 3, specifica che “la valutazione dei mezzi di sussistenza si effettua in funzione della durata e dello scopo del soggiorno e con riferimento ai prezzi medi vigenti nello o negli Stati membri interessati di vitto e alloggio in sistemazione economica, moltiplicati per il numero di giorni del soggiorno”; inoltre è indicato che tale valutazione “può basarsi sul possesso di contanti, assegni turistici e carte di credito da parte del cittadino di paese terzo”. E’ anche previsto e regolamentato il caso di ospitalità (definita come “dichiara-zione di presa in carico”) fornita da un cittadino del paese in cui l’extracomu-nitario entra.

Fra le tre possibili deroghe di quan-to disposto dal comma 1, al punto 4b è indicato che, per quanti si presentino alla frontiera senza il visto quando esso è richiesto essi “possono essere ammessi nei territori degli Stati membri se è stato loro rilasciato un visto alla frontiera a norma del regolamento (CE) n. 415/2003 del Consiglio, del 27 febbraio 2003, relativo al rilascio di visti alla frontiera, compreso il rilascio di visti a marittimi in transito”.

Infine al punto 4c è scritto che “i cittadini di paesi terzi che non soddisfi-

no una o più delle condizioni di cui al paragrafo 1 possono essere autorizzati da uno Stato membro ad entrare nel suo territorio per motivi umanitari o di interesse nazionale o in virtù di obblighi internazionali”. Viene anche specificato che, quando si ammette una persona segnalata al SIS, “lo Stato membro che ne autorizza l’ingresso nel suo territorio ne informa gli altri Stati membri”.

Intanto, la realtà dei fatti ci porta a Ventimiglia, ultima frontiera prima del Paese transalpino, città dalla quale i tanti nordafricani che hanno invaso le coste italiane cercano di partire per ricongiungersi con i propri parenti residenti in Francia. Hanno lasciato l’Italia nel primo pomeriggio dello scor-so 16 aprile, dopo essere passati allo sportello dell’Ufficio immigrazione del Locale Commissariato per ritirare il loro permesso di soggiorno valido per sei mesi. Lo hanno fatto nel più semplice dei modi, attraversando cioè la frontiera a bordo del treno regionale in partenza dalla città dell’estremo Ponente ligure alla tredici e quarantasette come se fossero lavoratori frontalieri qualsiasi. Il regionale era diretto a Nizza. I venti tunisini di ieri sono stati minuziosamen-te controllati a bordo del convoglio da agenti delle Crs transalpine ma di loro uno solo è stato respinto in Italia. Il Ministro degli Interni transalpino, il duro Claude Gueant, ha invece informato la stampa internazionale sostenendo che, secondo l’ultimo rapporto inviatogli dal Prefetto di Nizza, Dipartimento delle Alpi Marittime, nessun magrebino sino-ra ha oltrevalicato il confine tra Italia e

Francia. “Gli immigrati a cui l’Italia ha concesso il permesso di sog-giorno temporaneo se non hanno né passaporto né soldi a sufficien-za non potranno entrare in Francia: lo dice il trattato di Schengen”, ribadisce una nuova circolare che il Governo francese ha inviato a tutti i Prefetti d’oltralpe. L’impressione è che, però, il Ministero francese continui a mostrare i muscoli per non concedere la minima soddi-sfazione al collega italiano Roberto Maroni ma che, in realtà, si sia deciso di allentare i controlli intorno al famoso “muro” di poliziotti eretto a Mentone, prima città francese della Costa Azzurra. I francesi con i loro reparti d’assalto, le molto temute Crs, continueranno a pre-sidiare le stazioni di quest’ultima cittadina e cioè Mentone-Garavan e Mentone-Città, salendo a bordo dei treni regionali su cui si sospetta ci siano questi tunisini che nessuno vuole, ma l’impressione è che alla fine pure la Francia contribuirà a svuotare Ventimiglia dalla numero-sa ed invasiva presenza di questi disperati che, in gran parte, dall’Ita-lia vogliono solamente transitare.

Patrizia Floris

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Area Sindacale N. 61 Maggio 2011

Con accordo del 25 marzo 2009, Fil-cams, Fisascat e UILTuCS hanno dato origine al sistema degli RLST , Rappre-sentanti dei Lavoratori per la Sicurezza Territoriale.

12 RLST su tutto il territorio lombardo di cui tre sul territorio di Milano assicurano un presidio nelle aziende del settore Terziario Turismo e Servizi.

Se i lavoratori della tua azienda non hanno nominato il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza Territoriale, il RLST può intervenire per effettua-re sopralluoghi negli ambienti di lavoro e per diventare un riferimento per i problemi di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Le aziende possono fruire del servizio a condizione che aderiscano a ENBIL (come previsto dal contratto collettivo del Turismo e del Terziario) e con una quota di adesione di € 50 annuali + € 15 per ogni lavoratore.

Ad un costo competitivo quindi, l’azienda e i lavoratori potranno assicurarsi un intervento competente e utile anche ad aumentare la cultura della salu-te e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Per ulteriori informazioni non esitare a contattare la UILTuCS allo 027606791 o inviando una mail a [email protected]

ENBIL al servizio della Salute e della Sicurezza

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Maggio 2011 Area Sindacale N. 61

Anno 7° - N.ro 61 - Maggio 2011 - periodicità mensile

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uiltucslombardia

Direttore Responsabile: Guido Baroni

Direzione Editoriale: Sergio Del Zotto

Impaginazione: Sergio Del Zotto

Grafica: Asso srl

Illustrazioni realizzate da: Asso srl

In Redazione: Gabriella Dearca, Sergio Del Zotto, Erika Negri

Gli articoli di questo numero sono di: Gabriella Dearca, Sergio Del Zotto, Patrizia Floris, Giovanni Gazzo,Erika Negri.

La tiratura di questo numero è di: 10.000 copie

Pubblicazione Registrata con il numero 852 del 16/11/2005 presso il Registro Stampe del Tribunale di Milano

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Editrice: Asso srl

Via Salvini, 4 - 20122 Milano

...perchè ci sono uomini che fanno la guerra, ma non vogliono si definiscano come “guerra” le loro decisioni, le scelte e le azioni violente?

Perché molti agiscono con ingiustizia, ma non vogliono che la giustizia giudichi le loro azioni?

E ancora: perché tanti vivono arricchendosi sulle spalle dei paesi poveri, ma poi si rifiutano di accogliere coloro che fuggono dalla miseria e vengono da noi chiedendo di condividere un benessere costruito proprio sulla loro povertà?

...

Dionigi Tettamanzi (omelia della domenica delle palme

17 aprile 2011)

un progetto che abbia raggiunto gli obiettivi dichiarati) e dall’acuirsi delle difficoltà politiche più generali del centrodestra, vede concretizzarsi il rischio di sconfitta e mette in campo un manipolo di candidati impresentabili, per la personale statura politica, ma in grado di garantire quote elettorali e tutta la potenza manipolatoria di una campagna mediatica, sostenuta dalle note capacità economiche, che supera ogni limite con il caso dei manifesti ideati da Lassini.

Noi, da che parte stiamo, lo abbia-

mo già dichiarato ed anche in questo numero pubblichiamo una intervista al candidato che, proveniente dalle nostre fila, rappresenta in qualche modo il contributo che la UILTuCS Lombardia vuole dare affinchè Milano possa vivere una nuova primavera.

Il numero esce in edizione ridotta proprio per rispettare i tempi e non arrivare nelle vostre mani quando le elezioni si sono già concluse.

Non possiamo però accomiatarci senza un pensiero ad una persona che lasciandoci, barbaramente assas-sinato, ha impoverito l’intera umanità,

quella stessa uma-nità a cui ricordava sempre di non ce-dere alla barbarie ed alla disumaniz-zazione, a quella umanità a cui ha sempre do-nato la s u a

vita, i suoi giorni, il suo corpo offrendosi come scudo umano, e cercando di rap-presentare così un senso diverso della vita che non sia il profitto, il consumo, la violenza.

Le sue parole “Stay human” con le quali Vittorio Arrigoni concludeva i pro-pri articoli, sono ormai scritte nella sto-ria e ci accompagneranno per sempre.

Buona lettura

La Redazione