Maggio - Giugno 2010 · 12 “Giornalismo senza fiocchi” 19 Metodo natura: due anni dopo MISTERO...

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Numero 7 anno 12 - Maggio - Giugno 2010 - periodico degli studenti del Liceo Classico G. Prati di Trento

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Numero 7 anno 12 - Maggio - Giugno 2010 - periodico degli studenti del Liceo Classico G. Prati di Trento

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Cari prataioli e prataiole,

non la sentite già, l’aria d’estate, dopo un inverno lunghissimo? Un altro anno sco-lastico sta volgendo al termine! Un anno che è stato il primo al Prati per taluno, l’ultimo per altri, ai quali facciamo i no-stri migliori auguri per gli esami di matu-rità. Per noi quest’anno è stato l’esordio alla capo redazione di Praticantati, e ammet-tiamo di essere soddisfatti di ciò che sia-mo riusciti a fare in questo arco di tempo.

Le difficoltà, inutile nasconderlo, ci sono state, ma alla fine le cose bene o male hanno trovato il loro posto. Abbiamo visto un grande incremento di partecipazione ed abbiamo avuto il riconosci-mento, da parte di alcuni, di un buon lavoro, un lavoro di squadra, e questo ci basta per essere orgogliosi dell’anno passato. Ci sono stati alcuni refusi sullo scorso numero, e volevamo scusarci a riguardo. Ci teniamo a puntualizzare però che la forma verbale “possum” utilizzata come prima persona plurale sull’ultima copertina non è sbagliata: viene infatti usata a volte in poesia. Noi l’abbiamo scelta per motivi di spazio (“possumus” in copertina non ci sarebbe mai en-trato), ma in effetti avremmo dovuto specificare la natura della scelta nello scorso editoriale, quindi chiediamo scusa ai lettori anche per que-sto. In occasione dell’ultimo numero vogliamo rin-graziare tutti coloro che hanno collaborato con il giornalino, specialmente chi si è trovato per la prima volta in un ambiente come il Prati. Lo spi-rito di intraprendenza che abbiamo visto fra le new entries della redazione è veramente fantasti-co. Chiudiamo l’anno in bellezza, ma speriamo anche di poter cominciare l’anno prossimo con altrettanto entusiasmo e, soprattutto, con altret-tanta partecipazione! Infine qualche dato: quest’anno, come abbiamo riportato negli scorsi editoriali, abbiamo potuto constatare un decisivo aumento delle offerte ri-cavate dalla distribuzione di Praticantati: chiaro

segno, speriamo, del sempre maggior interesse a cui alludevamo prima. Anche i 75 euro ricavati il mese scorso, assieme a quelli che otterremo da questa pubblicazione, saranno devoluti a Sa-ve the Children. Dal prossimo anno, tuttavia, è stato richiesto di inviare parte del ricavato all’associazione Ama-zônia , della quale verrà trattato nell’intervista a pagina 4. A proposito, quest’ultimo numero è, rispetto ai precedenti, il più ricco di interviste ed approfon-dimenti, specialmente riguardo il nostro am-biente scolastico. Partiamo subito con un’intervista ad una famosa biologa e giornalista italiana, impegnata da tem-po nella salvaguardia della foresta amazzonica, ma non vi vogliamo anticipare tutto… Molto interessanti sono inoltre le interviste a vari ex prataioli, di cui tre sono studenti di Eco-nomia, mentre una opera nel volontariato a Ber-lino. Sempre riguardo al Prati potrete trovarne anche una ad alcuni studenti tuttora frequentanti il no-stro Istituto, a cui abbiamo fatto alcune brevi domandine a proposito del loro futuro. Ed ancora tante rubriche, racconti, poesie; sono persino tornati gli aforismi, che mancavano nel-la nostra rivista ormai da oltre cinque mesi. In-somma, tuffatevi subito in questo mare di noti-zie, idee e racconti made in Prati! Un saluto, quindi, ed un sentito ringraziamento a tutti voi che anche solo sfogliando queste pa-gine avete contribuito all’arricchimento di Prati-cantati: il giornale degli studenti del Prati, per gli studenti del Prati, fatto dagli studenti del Pra-ti. Buona lettura!

I caporedattori Martina Folena &

Silvio Defant

2 � PRATICANTATI Maggio – Giugno 2010

E D I T O R I A L E

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Redattori: Lia Facchinelli Francesca Laura Nava Gaia Faustini Georgiana Leveghi Enrico Dal Fovo Dario Amadori Angelo Naso Riccardo Schöfberger Francesca Pedron Davide Leveghi Fabrizio Lettieri Enrico Pozzo Jacopo Sartori Angelica Giovannini

Giorgia Folgheraiter Gaia Manzin Roberta Salvi Lisa Caresia Camilla Simonetti Elisa Algarotti Caterina Giovannini Martina Sevegnani Nicola Bassetti Disegno a pagina 25 realizzato da: Martina Sevegnani Elaborazione grafica pagine di coperina: Giulia de Martin

PRATICANTATI è il giornalino del Liceo Prati n° 7 anno 12 maggio/giugno 2010

INTERVISTA � 4 Una vita per l’ambiente - intervista a Emanue-

la Evangelista � 7 Da prataiolo a… studente di Economia � 13 Un anno di volontariato: una prataiola in un

circo di Berlino � 26 Progetti futuri ATTUALITA’ PRATAIOLA � 10 La voce dei rappresentanti � 11 Consulta i praticanti � 11 Giunsi, tradussi e vinsi � 27 La pagella dell’anno ATTORNO A NOI � 12 “Giornalismo senza fiocchi” � 19 Metodo natura: due anni dopo MISTERO � 15 Perché non il nulla � 16 Atlantide: verità o pura fantasia? � 18 Paura di morire - la costante dell’animo uma-

no � NEL MONDO � 34 Libia, tra tortura ed assenza di libertà � 36 Conviene o no legalizzare la marjiuana? � 37 Facciamo un po’ d’ordine MUSICA � 21 Spasm Smash XXOXOX OX and ass

FILM E TELEFILM � 22 Mistero, inganno, ambiguità � 23 Prince of Percia, le sabbie del tempo

MODA � 25 Prataioli d’estate

INFO & FUN � 24 Ipse scripsit � 28 Tachicardia amorosa

POESIA � 33 Ho scagliato l’alba

Con le sue memorie il sole Tributo: note di fine maggio Lei. Aqua Eros

RACCONTI � 29 Bugie - If I smile and I don’t belive � 30 Parole: rigurgiti d’anima � 31 Colonna sonora: “Uska”

dei London Elektricity LA POSTILLA � 40 La messaggeria di

Praticantati

In questo numero

Volete informazioni? Ci volete scrivere? Fate così: � contattate la redazione utilizzando la e-mail

[email protected] � usate il box della messaggeria nell’atrio in

sede e nella sala dei distributori automatici in succursale � contattateci direttamente (possibilmente non

durante le lezioni… qualcuno avrebbe da ridi-re.) � su http://praticantationline.wordpress.com,

potrete interagire con Praticantati anche sul web, facilmente, velocemente ed immediatamente. Un modo ancora più diretto per esprimere i nostri pensieri e per essere più vicini gli uni agli altri.

n° 7 anno XII PRATICANTATI � 3

Direttore responsabile: Antonio Di Seclì Caporedattori: Martina Folena & Silvio Defant

Redazione

Autorizzazione del Tribunale di Trento n° 1390 del 1 luglio 2009

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1. Ci descrive il suo percorso di studio e le occupazioni svolte dopo la scuola? Dopo il liceo scientifico mi sono iscritta all’Università per frequentare il corso di Biolo-gia. Per mantenermi agli studi ho svolto diversi lavori, ho venduto enciclopedie, sono stata o-peraia, assistente odontoiatra, assicuratrice, baby sitter e book maker nell’ippica. Durante l’ultimo anno di università, mentre facevo vo-lontariato in un’associazione per l’ambiente, ho conosciuto la foresta amazzonica e la lontra gigante, specie endemica e minacciata di estin-zione che ho scelto di studiare per la tesi di

laurea. E’ partita così la mia “avventura” amazzonica.

2. Qual è la sua situazione familiare? Sono single. 3. Presso quale Ente lavora, attualmente? Associazione Amazônia Onlus. www.italia.amazonia.org 4. Lei è biologa e giornalista, ed è impegnata sia nella ricerca scientifica che nella conservazione della natu-ra tropicale in Brasile: in che cosa consiste esatta-mente il suo lavoro? Si articola su diversi livelli.

Come biologa e membro della Species Survival Commission (SSC) dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) il mio lavoro mi porta a fare ricerca sul campo e condi-viderne i risultati con il mondo scientifico. Si-gnifica dedicare parte del tempo che trascorro in Amazzonia nella raccolta di dati, parte nell’analisi dei dati finalizzata alla pubblicazione e parte ancora nella ricerca di fondi che permet-tono le ricerche. La biodiversità della foresta Amazzonica è il larga parte sconosciuta e c’è ancora un gran lavoro da fare per conoscere, ca-talogare e quindi gestire in maniera sostenibile questa ricchezza.

Come giornalista, ho collaborato con testate naziona-li e internazionali, curato la redazione di siti internet e partecipato a trasmissioni televisive o radiofoniche. Credo sia molto importante infor-mare sui temi che riguardano l’Amazzonia, dob-biamo creare consapevolezza intorno alla bellez-za delle foreste tropicali, alle pressioni che subi-scono e soprattutto al ruolo cruciale che rivesto-no per la nostra sopravvivenza.

Fare conservazione è anche un lavoro molto pratico, si dialoga con le comunità locali, si scrivono

progetti, si cerca-no fondi e poi si realizzano gli in-terventi previsti. E’ un lavoro che mi porta a viag-giare molto, tra l’Italia, il Brasile e Londra dove abbiamo recente-mente creato una nuova fondazione per la difesa dell’Amazzonia. 5. Presiede la se-zione italiana di “ A m a z ô n i a ” , un’associazione c h e d i f e n d e l’ambiente di un particolare e ca-ratteristico terri-torio del Sud A-

merica, coinvolgendo le popolazioni locali e favorendo migliori condizioni di vita: i risultati ottenuti i n questa direzione sono soddisfacenti? In che modo secondo lei sarebbe possibile fare di più? Perché nel mondo ci sono ancora oggi popolazioni depresse e svantaggiate e come si può combattere questa piaga? I risultati ottenuti dal modello di conservazione applicato da Associazione Amazônia sono molto interessanti. L’associazione crede che la difesa dell’ambiente naturale sia intimamente legata alla lotta alla povertà e che sola-mente attraverso il coinvolgimento diretto delle popola-zioni locali è possibile difendere le aree di foresta ancora intatte. La nostra formula ha permesso finora la protezio-ne integrale di quasi 200mila ettari di foresta primaria e incontaminata nello stato brasiliano di Roraima. Gli abi-tanti dell’area, chiamata Riserva Xixuau Xiparina, sono tutti membri dell’associazione Amazônia e difendono la foresta attraverso azioni di controllo della pesca com-merciale, del bracconaggio e del taglio illegale di legna-me. In cambio, l’associazione ha realizzato progetti di assistenza sanitaria (formazione, ambulatori, lotta alla malaria), educazione (scuole primarie, inclusione digita-le), sicurezza alimentare (orti comunitari, piccoli alleva-menti), trasporto e nuove opportunità di reddito (artigianato, commercio di prodotti forestali, turismo responsabile). Il successo del modello applicato ha porta-to negli anni al coinvolgimento di altre nove comunità

UNA VITA PER L’AMBIENTE Intervista a EMANUELA EVANGELISTA

di Silvio Defant

I N T E R V I S T A

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vicine, oggi impegnate nella lotta per l’ampliamento del-la riserva fino a 600mila ettari. La nuova riserva, consi-derata di alta priorità per la conservazione della biodiver-sità in quanto parte del Corridoio Centrale dell’Amazzonia, attende solo l’emissione del decreto presidenziale. Fare di più è possibile. La foresta amazzonica continua ad essere distrutta a ritmi allarmanti a causa delle sue ricchezze naturali. L’agricoltura industriale, gli alleva-menti, l’estrazione di minerali e legname pregiato su ri-chiesta dei paesi industrializzati rappresentano le forze più importanti che guidano questa distruzione. L’Amazzonia deve essere protetta legalmente, attraverso la creazione di aree protette, la lotta alle attività illegali ma anche attraverso la valorizzazione economica delle sue risorse naturali. La foresta ci offre un’infinità di pro-dotti che possono essere commerciati e soprattutto im-portanti servizi ambientali come l’equilibrio del ciclo idrologico e la stabilità climatica che siamo abituati a ricevere gratuitamente e che invece andrebbero monetiz-zati. Il mondo industrializzato deve riconoscere le pro-prie responsabilità nella distruzione in atto e impegnarsi perché la deforestazione sia arrestata al più presto. E’ ora di pagare il nostro debito con la natura. 6. Ha ricevuto il riconoscimento di ‘Ambientalista dell’anno 2009′: ci può dire cosa ha pensato e provato essendo candidata, e poi vincendo questo concorso? Ho provato soprattutto sorpresa. E’ una piacevole sorpre-sa vedere che il tema della difesa delle foreste tropicali solleva finalmente grande interesse. Significa che inizia-mo a capire le profonde connessioni tra il nostro futuro e quello di habitat naturali anche molto lontani da noi. Le distanze non contano quando si parla del pianeta Terra: nessun luogo è lontano. Il fatto che così tante persone abbiano votato la mia causa significa per me che una grande trasformazione culturale è in atto. Questa co-scienza dovrà determinare presto le decisioni politiche per un vero cambiamento. 7. Qual è il motivo preciso per cui ha scelto di intra-prendere questo genere di vita e l’impegno che l’ha condotta ad occupare questa posizione? Quando arrivai in Amazzonia la prima volta, come stu-dentessa di Biologia, ero interessata soltanto all’ambiente. E alla lontra gigante! Non avevo un’idea chiara della stretta e reciproca dipendenza che esiste tra uomo e foresta ma ho dovuto capire in fretta che non c’è modo di proteggere una specie minacciata d’estinzione senza occuparsi di lotta alla povertà. E’ necessario af-frontare il problema da molti angoli diversi per fare con-servazione. Il motivo per cui ho iniziato non è più il mo-tivo che oggi determina la mia scelta. E’ stato un percor-so naturale, dal particolare al globale. 8. Ci descriva la sua giornata tipo. In Amazzonia e in

Italia. La mia giornata tipo è una formula che si ripete sui due lati dell’oceano Atlantico, con poche piccole differenze. Trascorro la maggior parte del mio tempo al computer per scrivere progetti, relazioni e rispondere ai messaggi di posta elettronica. Potremmo chiamarlo lavoro d’ufficio, con l’unica differenza che in Amazzonia vado in ufficio in canoa. Ogni mattina attraverso a remi il lago che separa la mia capanna dal villaggio, popolato da del-fini rosa, pappagalli e caimani. In Amazzonia dedico an-che molto tempo al lavoro con la popolazione locale, si fanno riunioni, si organizza il lavoro quotidiano e si prendono decisioni comunitarie. 9. Quali sono le soddisfazioni personali che ha facen-do il suo mestiere? Vedere il coinvolgimento degli abitanti della foresta nel-la lotta per la sua difesa è una soddisfazione quotidiana. Ogni volta che vedo un ragazzo locale fare progressi in questa direzione mi commuovo. Imparano ad usare i no-stri mezzi di comunicazione per difendersi, usano internet, Skype e Facebook, studiano educazione am-bientale, gestiscono una cooperativa, conoscono i loro diritti. 10. Sono state esaudite le aspettative che aveva quan-do intraprese questa strada? Non tutte. E questo è un bene. E’ un motore che mi spin-ge a fare di più e fare meglio. Le aspettative esaudite ge-nerano sempre nuove e più belle aspettative. 11. Ci può raccontare due aneddoti derivante dalla sua esperienza, uno rappresentante una situazione di particolare soddisfazione, e l’altro di segno negativo? Un aneddoto che ricordo con gran piacere è la prima vol-ta che ho assistito alla nascita di un bambino nella comu-nità Xixuau. Naisa aveva 16 anni ed era al suo primo parto, Matteo è nato tra le mie braccia come un miracolo semplice e naturale. Da allora non perdo occasione per esserci e tagliare il cordone ombelicale di ogni nuovo arrivato della comunità. Un aneddoto spiacevole da ricordare è invece l’affondamento della canoa su cui viaggiavo, insieme ad altri abitanti locali, di notte, in mezzo al fiume. Non sa-pevo nuotare e non è stato facile raggiungere la riva. Ab-biamo perso molte cose, materiale che trasportavamo, alimenti e anche un computer. Per fortuna però ne siamo usciti tutti illesi. 12. Qual è il valore aggiunto dello svolgere la sua atti-vità in Brasile? Quali le specifiche peculiarità che le-gano questo territorio al mantenimento ed alla con-servazione ambientale mondiale? L’Amazzonia è la più grande foresta tropicale rimasta sul nostro pianeta con quasi 6 milioni di km quadrati e il 60% di questo Bioma appartiene al Brasile. La foresta

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amazzonica influenza la vita dell’intero pianeta Terra per mezzo di diversi processi, alcuni dei quali non sono an-cora completamente conosciuti. Le foreste per esempio hanno un’importante funzione stabilizzatrice del clima. Sono enormi contenitori di CO2 e la loro distruzione è responsabile di quasi un quinto delle emissioni di gas serra di tutto il pianeta. Gli specialisti hanno calcolato che gli alberi dell’Amazzonia contengono 90-140 miliar-di di tonnellate di carbonio equivalenti a 9-14 anni di emissioni di carbonio attuali a livello globale. Questo significa che nessun piano di riduzione delle emissioni funzionerà se non fermiamo la distruzione della foresta amazzonica. Inoltre è un Bioma ricchissimo di biodiver-sità, una ricchezza che stiamo perdendo prima ancora di averla conosciuta. 13. Gli esiti della recente conferenza di Copenhagen hanno lasciato deluse molte componenti sociali a tutti i livelli. Una delle maggiori critiche mosse riguarda l’eccessivo peso geopolitico che ha connotato il summit, a scapito dei reali problemi dell’ambiente. Qual è il suo pensiero in merito? Non sono pessimista sugli esiti della conferenza di Co-penhagen, al contrario. Ho partecipato alla conferenza e trovo che la convinzione e la consapevolezza di quei giorni siano invece un segnale molto positivo se guarda-to a lungo termine. E’ ingenuo avere grandi aspettative quando i temi in gioco sono così complessi come quelli trattati nel contesto della lotta al caos climatico. Chi è rimasto deluso si aspettava un giusto impegno concreto da parte dei partecipanti ma non bisogna sottovalutare l’importanza storica di quello che è accaduto: per la pri-ma volta tutti gli attori hanno accettato di discutere intor-no ad un tavolo. Nessuno ha ancora trovato la soluzione o la formula che mette tutti d’accordo ma questo non è un fallimento, è un passo importante di un lungo percor-so. Inoltre, la mobilitazione e l’interesse all’ambiente dimostrati in quei giorni da moltissimi cittadini del mon-do ci danno un segnale di grande speranza per il futuro. Le rivoluzioni partono sempre dal basso e le buone idee sono eserciti inarrestabili. 14. Perché nella evoluta e tecnologica società di oggi accadono disastri ambientali come quello che vede protagonista la compagnia petrolifera BP nei mari centro americani? Da quale errore globale derivano queste sciagure? L’errore globale è l’illusione di essere una specie eman-cipata dalla natura. Lo stile di vita urbano ci ha portato all’erronea convinzione di non aver più bisogno di eco-sistemi intatti, le nostre esigenze sembrano soddisfatte dal solo benessere economico: una casa, un’auto, un cellulare, una televisione… Dimenticando che abbiamo ancora esigenze che solo la natura può soddisfare: ac-qua, suolo, ossigeno, alimenti. Questi beni, di proprietà esclusiva del pianeta, hanno un valore, andrebbero pre-

servati e difesi e il danno inferto andrebbe punito legal-mente, come facciamo per ogni altro atto illecito. Il cri-mine contro l’ambiente andrebbe riconosciuto come cri-mine e i responsabili giudicati da un tribunale interna-zionale. 15. Quali sono le sue proposte più facilmente attuabili e spendibili politicamente per migliorare la vivibilità ambientale? E che ruolo possono darsi gli studenti di oggi, futuri amministratori del proprio territorio e delle proprie risorse, per esercitare una concreta a-zione di salvaguardia e valorizzazione? Le proposte sul tavolo sono molto interessanti e offrono grandi possibilità di miglioramento. Energie rinnovabili come il fotovoltaico, sistemi di riduzione dei consumi energetici, il riciclo dei materiali, città e edifici ecocom-patibili, maggiore efficienza dei trasporti pubblici, nuove formule come il car sharing e altre ancora. Gli studenti di oggi devono sapere che tutto ciò sarà determinante ma non sufficiente. La vera azione concreta è il cambiamen-to dei nostri paradigmi di sviluppo. L’approccio al con-sumo deve cambiare, sarà necessario rallentare e adottare modelli più sobri e responsabili. Gli studenti di oggi do-vranno scegliere domani se essere complici del dramma in atto o parte della soluzione. 16. Un’indicazione agli studenti intenzionati a seguire un’attività come la sua, o semplicemente che deside-rano adoperarsi, anche nella massima semplicità, per la salvaguardia delle risorse della natura e dei diritti dell’uomo. A chi è interessato alla difesa della natura come profes-sione posso dire che è un’attività in grande espansione. Esiste una domanda crescente di professionisti e tecnici con competenze diverse per un lavoro multidisciplinare e di squadra. Il futuro della nostra specie dipenderà dall’abilità al dialogo di ecologi, economisti, climatologi, politici, agronomi e ingegneri tra gli altri. Un pool di grande varietà pronto ad agire come sistema immunitario del pianeta per fermare il decor-so della malattia. Si tratta di una lotta contro il tempo, in cui con-ta l’impegno di ogni singolo studente che deve mantenersi informato e consapevole. E’ importante conoscere la prove-nienza dei prodotti che si usano, non acquistare passivamente ciò che il mercato impone, riciclare, risparmiare acqua, energia, in-contrare altre culture e diffon-derne la ricchezza. Ognuno può agire con le proprie armi di dif-fusione del pensiero. Parlatene, fate camminare le nuove idee.

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DA PRATAIOLO A ….

STUDENTE DI ECONOMIA Di Francesca Laura Nava

Per questo numero di Praticantati intervistiamo tre studenti che frequentano l’università di econo-mia: Michela a Milano, Marco a Trento e Alessio a Bolzano. Tutti e tre sono iscritti alla stessa facoltà, ma ciascuno dei tre atenei ha le proprie caratteristiche.

2. Qual è il ricordo migliore che conservi di cinque anni di Li-ceo?

Alcune mie compagne di classe, care amiche, e il meraviglioso viaggio in Australia il terzo anno!

Secondo Nietzsche la maggior parte degli uo-mini, non conoscendo i rari momenti magici del-la vita, finisce col vivere solo gli intervalli. Ecco, gli intervalli al Prati sono stati in assoluto i miei momenti più magici.

Gli anni che ho trascorso nella scuola in sé. Le a-micizie che mi sono fatto e, più generalmente, le persone che ho conosciu-to, le assemblee spetta-colo, le lezioni di Osti...

3. Ce n’è forse anche qualcuno spiacevole?

No comment … No, tutto liscio … La mia bocciatura anche se, un po', me l'aspetta-vo ...

4. Perché hai scelto la facoltà di economia?

Inizialmente ero molto indecisa tra economia e medicina, ma poi ho ca-pito che quello che mi piace veramente è rela-zionarmi con le persone, soprattutto in ambito in-ternazionale, avere com-piti dirigenziali, viaggia-re. Inoltre economia è una facoltà che permette di capire criticamente gli eventi di attualità e apre tantissime strade, anche in ambiti molto diversi.

Perché credevo ferma-mente nell'equazione e-conomia = tanti soldi, prontamente smentita dalla crisi e per fortuna anche dal mio piano di studi. Studiare economia ci fornisce gli strumenti per tentare di compren-dere la realtà con cui in-teragiamo tutti i giorni. It's not all about money!

Ero interessato a studiare economia perché la so-cietà odierna si basa su di essa. In secondo luogo per i possibili sbocchi lavorativi, ottenibili in seguito ad una laurea in questa disciplina.

I N T E R V I S T A

Nome: Michela Elisabetta Nava

Michela Elisabetta Nava

Alessio Decarli

1. In che anno ti sei diplomata/o?

2009 2008 2009

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5. Posto che questa fa-coltà è presente anche a Trento, perché hai deciso di iscriverti presso un’altra univer-sità? / Hai valutato di iscriverti anche presso altre università in città diverse?

Innanzitutto perché cre-do che vivere e studiare in un’altra città sia un’esperienza molto for-mativa a livello persona-le. Inoltre, la Bocconi è una delle migliori uni-versità del mondo, come testimoniano molte clas-sifiche internazionali.

Mi sono informato sulle possibili alternative sia in Italia (Padova, Mila-no, Roma) che all'estero.

Ho deciso di iscrivermi alla Libera Università di Bolzano per vari motivi; in primis sicuramente per l'opportunità, unica a livello europeo, di stu-diare in tre lingue, italia-no, inglese e tedesco, e per l'internazionalità dell'ateneo; in secondo luogo per il corso offer-to: Scienze Economiche e Sociali, che affianca materie umanistiche allo studio dell'economia. Inoltre, desideravo cam-biare città.

6. Con quali procedure sei entrato/a in univer-sità?

Sono stata ammessa con il progetto “Scopri il tuo talento”, indirizzato agli studenti di quarta supe-riore. Sono stata invitata una settimana presso l’università, dove ho seguito varie lezioni. E’ stata un’esperienza mol-to interessante che con-siglio di sperimentare.

Ho firmato e ho pagato le tasse.

A marzo 2009 ho parte-cipato a “porte aperte” e ho deciso di partecipare alla sessione di preiscri-zione di aprile. Dopo aver passato detta sele-zione, col pagamento della prima rata delle tasse universitarie mi sono assicurato un posto come studente.

7. Pensi che il Prati ti a b b i a f o r n i t o un’adeguata prepara-zione per l’ammissione alla facoltà che hai de-ciso di intraprendere?

Si, assolutamente. Non ho avuto alcun problema nello studio né di mate-rie qualitative come eco-nomia aziendale e storia economica, né di mate-rie quantitative come matematica e matemati-ca finanziaria.

Mi sento sicuro delle no-zioni acquisite in mate-matica, italiano, lingue e storia, tutte indispensabi-li per lo studio dell'eco-nomia. E' delle cose che non uso che non mi ri-cordo più niente!

Ovviamente se avessi frequentato una scuola superiore come il liceo economico Tambosi mi avrebbe avvantaggiato nello studio delle mate-rie economiche. La formazione fornitami dal Prati rimane comun-que ideale per proseguire con qualsiasi tipo di stu-dio, fornendo una solida base nell'ambito delle materie umanistiche ma anche di quelle scientifi-che (so che può suonare strano da uno che è pure stato bocciato, ma se do-vessi tornare indietro lo rifrequenterei).

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Hai già qualche pro-getto per il futuro?

Tantissimi. Mi piacereb-be lavorare in un’organizzazione inter-nazionale come le Na-zioni Unite o il Parla-mento Europeo. Oppure presso prestigiose ban-che come Goldman Sachs, Deutsche Bank o la Banca d’Italia. O an-che con una grande a-zienda energetica inter-nazionale, come l’Eni. Insomma, ora penso a laurearmi in tempo e bene, poi si vedrà!

I progetti sono privi di significato, soprattutto quelli per il futuro. Desi-dero studiare all'estero, magari in Inghilterra, e aprire una catena di ri-storanti slow-food con prodotti tipici pu-gliesi.

Nell'ambito della laurea triennale partecipare al programma Erasmus; successivamente, fre-quentare un corso di lau-rea specialistica, all'este-ro possibilmente. Per quanto riguarda l'ambito lavorativo non mi di-spiacerebbe lavorare nell'ambito della gestio-ne delle risorse umane.

Un saluto. Ciao Prati! E’ sempre un piacere pensare ai cin-que anni trascorsi lì, ed un grande in bocca al lupo ai maturandi!

Buena suerte a tutta la 3B, in particolare a Bru-no, Vanni, all'immenso Mancio e alla mia balle-rina di Grease.

In bocca al lupo a tutti i maturandi e buon prose-guimento agli studenti degli altri anni.

8. Potresti descrivere i caratteri peculiari del-la tua università?

Innanzitutto il corso che frequento: il Bachelor in International Econo-mics, Management and Finance, impartito inte-ramente in lingua ingle-se e frequentato da una maggioranza di studenti stranieri. Per questo, credo che la Bocconi abbia una mar-cia in più nell’ambito del network aziendale e delle relazioni interna-zionali.

Abbiamo un bel giardi-no con le rose in fiore, tanti simpatici ragazzi e un 'o t t ima t r ienna-le. Tutto il resto ognuno lo vive a modo suo.

Oltre alla già citata in-ternazionalità dell'uni-versità, con studenti e professori da ogni parte del mondo, aggiungerei il fatto che è un ateneo piccolo, con classi di pochi studenti, e ottima-mente organizzato. Al-tro punto di forza è la presenza dei cosiddetti Teaching Assistant, col-laboratori qualificati dei professori di ruolo che si occupano delle cosiddet-te Exercise Lessons, ove si mette in pratica ciò che si è imparato nelle lezioni teoriche.

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La voce dei Rappresentanti di Enrico Pozzo e Jacopo Sartori

Attualità prataiola

Salve prataioli! E’ l’ultimo articolo di noi rappresentanti per quest’anno e vorremmo subito aprirlo ringraziando tutti quelli che quest’anno hanno partecipato attiva-mente all’organizzazione e alla messa in atto delle nostri eventi più importanti, in primo luogo ovvia-mente Valentina, ma anche tutti coloro che hanno semplicemente preso parte alle assemblee, alla coge-stione e alla giornata della creatività con entusiasmo, dandoci una grande soddisfazione. Anche questo anno scolastico si sta avviando infatti verso la con-clusione e noi speriamo che a tutti voi rimanga, co-me a noi, un ottimo ricordo. Ma per noi rappresen-tanti è questo il momento di tirare anche le somme. Abbiamo speso molto tempo e molte energie nell’organizzazione degli eventi di questo anno, ma lo abbiamo sempre fatto con passione ed entusiasmo e siamo sicuri di aver ripagato la fiducia che avete riposto in noi. Avete tutti seguito con grande interes-se le assemblee d’istituto e la cogestione è stata sen-za dubbio un successo, ma è la giornata della creati-vità l’evento di quest’anno di cui andiamo più fieri. La perdita dell’assemblea spettacolo è stata un duro colpo, ma in fondo ci ha dato la possibilità di speri-mentare nuove possibilità. L’auditorium Santa Chia-ra non ha fatto sentire la sua mancanza e tra il palco in palestra, i gruppi artistici e il resto l’interesse e il coinvolgimento sono stati grandi, e il numero di quelli di noi che hanno partecipato attivamente è salito nettamente rispetto all’anno scorso e la qualità dell’evento è stata molto elevata, nonostante il di-sguido alla mattina, ma dopotutto non è stata colpa nostra, il professore che avevamo contattato ci ha tirato il classico “bidone”. Forse è stato l’effetto novità, ma siamo felici del risultato e speriamo che l’anno prossimo possa avere una risultato ancora migliore. L’unica cosa che rimpiangiamo è di non essere riusciti a far decollare la giornata del-lo sport in collaborazione con gli altri licei. L’organizzazione e la preparazione di que-sta manifestazione ha richiesto grandi sforzi da parte di noi rappresentanti d’istituto e la sua mancata realizzazione non è dovuta ad errori nostri, ma alla mancanza di collabora-zione da parte dei collegi docenti di Galilei e Da Vinci. Come hanno sottolineato i diri-genti scolastici in un recente incontro, la

nostra organizzazione era infatti impeccabile e ci consola sapere che i nostri sforzi non andranno sprecati. Quest’anno però ci è servito per gettare le basi di una buona collaborazione con gli altri licei e aiuteremo i futuri rappresentanti a concludere feli-cemente il progetto, e quindi vi possiamo assicurare che l’anno prossimo ci sarà una giornata dello sport tra le scuole, ma anche, secondo recenti indiscrezio-ni, anche della nostra scuola da sola.. Non rimangono molte cose da dire. L’annuario sco-lastico sta per essere dato alle stampe e quindi riu-sciremo a consegnarvelo entro il 5 giugno. Intanto chiunque volesse vedere le foto che abbiamo scelto può vederle su facebook, infatti le abbiamo caricate sull’account liceoprati. La festa di fine anno, evento immancabile della nostra scuola, si terrà il 1 giugno alle Novaline e l’abbiamo organizzata insieme a Ga-lilei e Da Vinci. Per le prevendite rivolgetevi pure a noi. Per quest’ultima parte dell’anno rimane solo da definire l’ultimo giorno di scuola. Ci sarà lectio bre-vis, quindi si uscirà alle 10.35, e ci sarà solo la pri-ma ora di lezione effettiva. Durante la seconda e la terza, oltre alla finale di pallavolo, stiamo organiz-zando un intrattenimento musicale e altre cose. Ecco, non ci rimane che salutarvi sperando che vi siate divertiti e acculturati grazie a quello che abbia-mo organizzato. Dateci tutti dentro gli ultimi giorni, è il momento di tirarsi su e poi passare un’estate alla grande, perchè l’anno prossimo si inizia di nuovo e vi vogliamo tutti carichi! Ciao! I vostri rappresentanti d’istituto Jacopo ed Enrico

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Ciao a tutti! Finalmente è arrivato giugno e purtroppo (o fortuna-tamente) il nostro mandato è terminato. È quindi ar-rivato il momento di tirare le somme ed esprimere quello che ha significato per noi essere rappresen-tanti della consulta provinciale. Prima di tutto ci te-niamo a dirvi che è stato un onore rappresentarvi e che, nonostante i momenti di sconforto che abbiamo dovuto affrontare durante l’anno, è stata un’esperienza indimenticabile ed arricchente sotto tutti i punti di vista. La consulta è un organo davvero complesso, ma af-fascinante. Comprende realtà scolastiche molto di-verse tra loro e ad ogni assemblea si ha la possibilità di prendere coscienza e confrontarsi su tematiche di attualità, che coinvolgono direttamente noi studenti. Molti però sono i difetti: le sedute non bastano e ri-sultano dispersive, per la maggior parte delle volte, a causa del numero troppo elevato dei partecipanti. Quest’anno la riforma Dalmaso ha occupato quasi tutte le sedute e i progetti e le iniziative non sono stati per questo concretizzati. È un vero peccato per-ché le intenzioni c’erano e la voglia anche.

All’inizio dell’anno ci siamo ripromessi di far cono-sce un po’ di più quello che è la consulta e quello di cui si occupa. Speriamo di esserci riusciti, almeno in parte. L’importanza di quest’organo, che permet-terebbe a noi studenti di farci sentire ed ascoltare dalle istituzioni in maniera più coesa e quindi più forte, è sempre stato sottovalutato. Non possono es-sere solo i rappresentanti a crederci, ognuno deve dare il proprio contributo. Quindi ai prossimi rap-presentanti consigliamo di non abbattersi, di tenere duro anche se sembra che a nessuno interessi nulla, ma soprattutto di collaborare con i rappresentanti d’istituto, di ricordarsi sempre che “la consulta non è importante” è una bugia, lo è se non si crede in quello che si sta facendo. E anche questa volta ho finito, quasi quasi mi scap-pa la lacrimuccia. Ringrazio tutti voi di avermi dato questa opportunità, ringrazio Fabrizio che è stato il miglior collega che potessi avere e tutte quelle per-sone che mi sono state vicine. Buone vacanze Prataioli!!!!!!!!!

CONSULTA I PRATICANTICONSULTA I PRATICANTICONSULTA I PRATICANTICONSULTA I PRATICANTI

di Francesca Pedron e Fabrizio Lettieri �

Attualità prataiola

GIUNSI, TRADUSSI, VINSI!

Gianluca Brol vincitore dell’Agon Eschileo.

Gianluca Brol di 3 A si è messo alla prova in una traduzione da Eschilo, il 20 aprile 2010 al liceo classico di Gela, partecipando ad una sfida che fa-rebbe venire i brividi a qualunque studente del clas-sico: l’Agon Eschileo.

L’Agon Eschileo, ormai alla settima edizione, pro-pone ai partecipanti un brano in greco tratto da una tragedia di Eschilo. La gara è aperta agli studenti di tutti i licei classici italiani, purché frequentino la seconda o la terza liceo. Il testo davanti al quale i partecipanti si trovano è solitamente lungo 50 versi, mentre il tempo a dispo-sizione non supera le 6 ore. Gli strumenti del me-stiere permessi sono il vocabolario greco-italiano e il dizionario di lingua italiana. Giocano però un ruo-lo fondamentale la determinazione e il sangue fred-do di questi veri atleti della traduzione.

Gianluca Brol, accompagnato dal professor Matteo Taufer, ha conquistato il primo posto. Secondo uno studente di Termoli, Costantino Sabella, mentre Federica Sant’Angelo di Grosseto si è classificata terza.

OLIMPIADI DELLA MATEMATICA Chiara Dellantonio vince la medaglia

d’argento La studentessa di 3 A Chiara Dellantonio ha ottenu-to la medaglia d’argento alla fase nazionale delle Olimpiadi della Matematica.

Le Olimpiadi si sono tenute a Cesenatico dal 6 al 9 maggio 2010 e altri due studenti trentini hanno con-quistato il bronzo: Daniele Taufer del Galilei e Gio-vanni Inchiostro dell’Arcivescovile.

Tantissimi complimenti ad entrambi!

di Martina Folena

Attualità prataiola

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Se Amleto stringesse ancora tra le mani il teschio, si chiederebbe non più “essere o non essere”, ma “comunicare o non comunicare”. É questa la premessa con cui si apre l'incontro “Giornalismo senza fiocchi” con Enrico Mentana e Alberto Faustini, direttore del “Trentino”, all'interno del laboratorio permanente sui linguaggi contempo-ranei “Futuro Presente: Più reale del reale - É vero solo ciò che viene rappresentato?” tenutosi a Rove-reto dal 12 al 15 maggio 2010. Il dialogo tra i due giornalisti si è proposto come in-dagine sul rapporto tra informazione giornalistica e rappresentazione della realtà; interessanti i riferi-menti alla più stretta attualità e divertenti le battute, che hanno contribuito a rendere il tono della serata coinvolgente e piacevole. Non sono mancati neppure gli interventi dell'onnipresente Caterina Dominici. Al centro della discussione, la crisi della carta stam-pata, le sue cause ed effetti. La risposta di Mentana è semplice e precisa: il problema non è la mancanza di libertà di informazione, ma anzi, la sua eccessiva e massiccia presenza. Internet, “cancellatore delle gerarchie”, dilata l'informazione, dà credito a “teorie iperboliche fondate sul nulla” e tutti i motori di ricerca ci convogliano indiscriminatamente a ver-sioni diverse di uno stesso fatto, che siano quelle di

plurilaurea-ti, o di e-s o r d i e n t i assoluti. É nostro com-pito stabilire delle gerar-chie, al fine di saperci orientare tra le pseudo-informazio-ni che circo-

lano in tutto il mondo. Mentre ieri si era presbiti, cioè si conosceva ogni aspetto delle culture più lon-tane, esotiche e remote, oggi il mondo che conoscia-mo è più piccolo, ma lo seguiamo in tutte le sue sfaccettature. L'informazione va a flussi e noi la se-guiamo, in ogni suo aspetto. I giornali mostrano una drammatica difficoltà a se-guire le notizie. Cercano di tutto pur di farle durare di più, specialmente le più inverosimili e cretine,

che poi sono le più lette. La ca-duta tendenziale di vendite è do-vuta all'anacro-nismo del siste-ma e alla non fruizione della tecnologia: il giornale è lo s t e s s o d i cent'anni fa. O-gni giorno che passa muoiono due lettori e non ne nascono di nuovi; il 95% dei giovani tra i 18 e i 25 anni non legge il giornale. Il rito di leggere i giornali è supe-rato, e questi si sentono sempre più assediati. Gli effetti sono devastanti: il crollo della raccolta pub-blicitaria investe la libertà dei giornali, e un giorna-le libero è un giornale forte. Altre colpe non sono da ricercare nella televisione, né in Berlusconi: ma nel giornalismo stesso, che dovrebbe stare in mezzo (non inteso come centri-sta!) e superare il berlusconismo/antiberlusconismo che domina l'informazione italiana. Secondo Mentana, Berlusconi non sempre ha ragio-ne, ma neanche sempre torto; se dicesse che la terra è quadrata, Libero manderebbe i reporter a misurar-ne gli angoli; se invece dicesse che è rotonda, an-drebbero a cercarli i giornali dell'opposizione. Il dialogo prosegue con il commento delle vicende che hanno riguardato privatamente Mentana, il pas-saggio da Rai a Mediaset, la sua carriera nel mondo della televisione, rimpianti ed, in particolare, errori; a questo proposito Mentana ricorda che il compito principale del giornalista è stare attento alla portata sociale di ciò che dice: qualsiasi cosa può avere effetti devastanti sull'opinione pubblica. Il futuro che attende i giornali? Creare un metodo diverso di fare informazione, non vivere sull'eredità del passato. I giornali fornivano notizie, oggi que-sto non è più necessario con le nuove tecnologie, in primis internet. Avrà successo solo chi saprà anda-re oltre la semplice notizia e sarà in grado di offrire nuovi spunti di riflessione e inediti punti di vista.

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Attorno a noi

“Giornalismo senza fiocchi” di Angelica Giovannini

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Anno di volontariato: Anno di volontariato: Anno di volontariato: Anno di volontariato:

UNA PRATAIOLA IN UN CIRCO DI BERLINOUNA PRATAIOLA IN UN CIRCO DI BERLINOUNA PRATAIOLA IN UN CIRCO DI BERLINOUNA PRATAIOLA IN UN CIRCO DI BERLINO

di Martina Folena

Fucsia Crea ha preso la maturità l’anno scorso proprio nel nostro liceo nel giugno 2009, e il set-tembre scorso è partita per Berlino, non per frequentare l’università, ma per passare un anno lavo-rando lì come volontaria, insegnando acrobatica e prendendo lezioni lei stessa dagli altri circensi.

Ciao Fucsia! Come sei venuta a sapere dell’anno di volontariato? Ciao! Avevo sentito parlare di questa pos-sibilità da amici, ma ho avuto tutte le infor-mazioni precise dallo sportello del Servizio

Volontario Europeo delle Politiche Giovanili del Comune di Trento (www.trentogiovani.it). In che cosa consiste il Servizio Volontario Euro-peo? E' un progetto finanziato dalla Commissione Euro-pea che incentiva lo scambio di giovani tra paesi europei. Ha una durata variabile dai due mesi all'an-no e ha campi di interesse vari e svariati: dall'ecolo-gia al supporto ai disabili, dalla cittadinanza attiva al monitoraggio di animali. Servono requisiti particolari per aderire all’iniziativa? Gli unici requisiti sono l'età compresa tra 18 e 30 anni e la residenza in un paese dell'UE. Le spese sono tutte a tuo carico o ricevi un contri-buto? Proprio perché il Servizio Volontario Europeo sia accessibile a tutti c'è un rimborso spese che com-prende il viaggio di andata e ritorno, il vitto, l'allog-gio e i trasporti nel paese ospitante, una copertura assicurativa e, se necessari, corsi di lingua e di for-mazione mirati al lavoro da svolgere. Inoltre il vo-lontario riceve una somma mensile che varia a se-conda del paese. Come mai proprio Berlino? Berlino non è stata una mia scelta dall'inizio, avrei voluto infatti andare in Turchia. Avevo ricevuto già delle risposte positive da associazioni turche, con una in particolare avevo già stretto buoni contatti, ma poi sono stata dissuasa dal fare come prima e-sperienza lavorativa e di vita da sola quella che mi prospettava in un paesino ai confini con la Siria. Contemporaneamente mi hanno scritto per un collo-quio telematico da una scuola di circo di Berlino a

cui avevo fatto domanda. Le mie esperienze erano adatte al lavoro, l'organizzazione mi è parsa ottima e... eccomi qui, da otto mesi nella grandiosa Berlino ad allenare i bambini e i ragazzi della scuola di cir-co Cabuwazi! Qual è stata la tua primissima impressione arri-vata sul posto di lavoro? Fin dal primo giorno sono stata accolta dagli altri allenatori in un gruppo coeso, più simile ad una fa-miglia che a colleghi. Mi hanno aiutato molto so-prattutto all'inizio, non conoscendo io il tedesco e non avendo mai avuto a che fare con ragazzi proble-matici, quali quelli che prendono parte ai nostri pro-getti. Dopo le prime due settimane ero ancora incredula di come il circo si dimostrasse ogni giorno un mezzo pedagogico efficace con ragazzi che, provenienti da famiglie di differenti origini migratorie, hanno pro-blemi familiari e d'integrazione, e di come il circo possa dare loro tanto entusiasmo verso la vita in tempi tanto brevi (le nostre collaborazioni con le scuole durano una sola settimana nella quale aiutia-mo i ragazzi a creare uno spettacolo). Cosa accomuna gli altri “post liceali” che hai cono-sciuto durante la tua esperienza? A dir la verità di “post liceali” ne ho conosciuti ben pochi. Molti giovani che stanno facendo il Servizio Volontario Europeo hanno finito il percorso di studi e a seconda dei casi hanno preso un anno di pausa o hanno preso parte ad un progetto coerente con gli studi, che magari possa aprir loro opportunità lavora-tive all'estero. Come viene accolto a Berlino un ex studente di un liceo classico italiano? Berlino è la città di tutti, accoglie tutti indistintamen-te. D'altra parte le origini così si confondono, si mi-schiano, e l'ex studente di liceo classico italiano non si riconosce tanto più tale se non nelle rappresenta-zioni teatrali, nei musei e in ognuno di quei luoghi in

I N T E R V I S T A

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cui si risente un po' più vicino ai greci antichi che ai tedeschi o ai turchi, che in tanti popolano questa cit-tà. Berlino offre mille opportunità tra eventi culturali, divertimento, lavoro e studio. Trovo sia una città in cui vivere è facile: ha un costo della vita molto basso rapportato all'alta qualità. E' una città verde e ben organizzata. Purtroppo non sono in grado di riportare un com-mento sull'università, che sarebbe potuto interessare, ma posso solo dire che ho conosciuto vari studenti italiani che sono migrati verso Berlino poiché stufi della lenta università italiana e che mi hanno detto che qui si sono trovati bene. C’è qualcosa che ti manca del liceo? Del liceo mi manca l'ambiente di amici e coetanei. Frequento infatti soprattutto gente più grande e ma-gari a volte desidererei un po' d'atmosfera liceale. Si è fatta sentire anche la mancanza del lavoro men-tale costante. Allenare i bambini è molto interessan-te e imparo moltissimo sia sulle discipline circensi che sulla pedagogia, ma mi manca lo studio, la rego-larità del “cervello impegnato”. Incredibile ma vero, all'inizio ho avuto addirittura nostalgia delle versio-ni.

Hai un aneddoto interessante da raccontarci? All'inizio, con il mio tedesco zoppicante, ero riusci-ta a capire da una pagina internet che il tal giorno ci sarebbe stato l'open day al dipartimento di fisica. Mi

presento dunque insieme ad una massa per lo più alta, bionda e maschile in facoltà. Ascolto discorsi a me totalmente alieni, poiché non capivo nulla, per un paio d'ore. Finalmente usciamo e tutti i ragazzi vengono chiamati in gruppi da relativi responsabili, tutti tranne me. Chiedo in inglese che cosa stia suc-cedendo ad un ragazzo che vende un giornalino an-tifascista interno alla facoltà e mi dice che stanno per iniziare il giro dei locali e degli spazi dell'uni-versità. Cerco di intrufolarmi in un gruppo ma ovviamente vengo scoperta. A quel punto dichiaro che non sto capendo nulla da tempo ormai, implorando di ag-giungermi alla lista del gruppo. Tutti stupiti dal fat-to che qualcuno non sia sulla lista, li vedo ancor più sgomenti quando tentano di parlare tedesco con me con pessimi risultati. Finalmente un ragazzo mi chiede come io possa studiare fisica in tedesco se non riesco a spiccicar parola e da qui si sbroglia l'e-quivoco. Io rispondo che sarebbe per un altro anno, lui finalmente mi spiega: era il giorno di accoglien-za dei nuovi iscritti, altro che open day! Ormai però ci siamo fatti due risate insieme, non se la sentono di cacciarmi e mi portano in giro con lo-ro. “In una di queste aule domani avrete lezione” , “Se vi viene fame lì c'è la mensa, ma il consiglio è di andare fuori a mangiarsi uno schawarma all'ango-

lo”, “se vi volete riposare ci so-no questi prati, da quegli strani funghi a volte trasmettono musi-ca” diceva il nostro sherpa in inglese per farsi capire anche da me. Quasi mi avevano convinto che il giorno dopo ci saremmo rincontrati tutti lì. Credi che il Prati fornisca ab-bastanza competenze - anche pratiche - ad uno studente che voglia fare il tuo stesso tipo di esperienza dopo la maturità? In realtà le competenze spendi-bili in progetti di questo tipo hanno spesso origini diverse da quelle scolastiche (di sicuro io non ho imparato l'acrobatica a scuola). Certo è che ci sono pro-getti che possono sfruttare capa-

cità acquisite al liceo, ad esempio collaborazioni con giornali, divulgazione di informazioni, progetti cul-turali.

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Hai mai rimpianto la scelta del volontariato du-rante la tua permanenza a Berlino? No, mai: è stata una scelta a lungo ponderata. Credo che questa esperienza mi abbia arricchito di molte competenze. Ho imparato una lingua, sono stata im-mersa in un lavoro e sono andata a vivere da sola all'estero. Spesso chi sceglie di dedicarsi ad un anno di volon-tariato dopo il liceo lo fa perché non è ancora sicuro di cosa vuole fare di sé. Io, al contrario, avevo le ide-e chiare sugli studi futuri e proprio per questo non ho voluto perdere questa occasione. So infatti che se non lo avessi fatto ora, dopo non avrei trovato il tempo e mi sarei lasciata sfuggire una grande oppor-tunità. Cosa rispondi a chi critica l’anno di volontariato dicendo che serve solo a “temporeggiare” in atte-sa di fare una scelta universitaria? Rispondo dicendo che “temporeggiare” un anno fa-cendo qualcosa di costruttivo e schiarendosi le idee

è tutt'altro che una perdita di tempo. Si creano com-petenze, non ultima una lingua straniera, spendibili per il resto della vita. Cosa farai quando sarai tornata a Trento, e so-prattutto, come pensi che ti servirà la tua espe-rienza? Tornata a Trento mi iscriverò a Fisica e inizierò così qualcosa di nuovo. Poiché è molto probabile che il mio futuro lavorativo mi riporti in Germania direi che questa esperienza mi è servita d'assaggio. Pur-troppo, avendo io scelto un progetto in un ambito particolare quale il circo, posso sfruttare ciò che di pratico ho imparato solo a livello personale o per lavori paralleli agli studi. Ringraziamo Fucsia per aver condiviso con noi quest’esperienza, e le facciamo i migliori auguri per la conclusione dell’anno di volontariato a Berlino!

Perchè esiste qualcosa? Perchè non il nulla? La filosofia, la scienza delle domande, non è ancora riuscita a risolvere questo immenso interrogati-vo. È possibile pensare al nulla relativo: l'inesi-stenza di una persona, di un albero, di una casa, perfino di un dio. Ma pensare al nulla assoluto mi spaventa. Ritengo che faccia parte di quell'in-sieme di domande a cui l'uomo non può arrivare, forse per una relativa misura di pensiero. Io cre-do che l'uomo non abbia una profondità di pen-siero tale da comprendere concetti tanto infiniti, così come una formica non potrebbe mai capire un sistema formale. Probabilmente forme di vita con una capacità di pensiero superiore a quella umana potrebbero comprendere appieno il con-cetto di nulla assoluto: potrebbe addirittura esse-re innato in loro. Se l'uomo è in grado di conce-pire l'inesistenza di un fiume, allo stesso modo un alieno (che, dato per vero che esista, avrebbe capacità nettamente superiori alle nostre) saprà spiegare l'inesistenza dell'universo. Lo stesso va-le per il concetto di tempo o per l'idea di spazio: per l'uomo è impossibile pensare ad una realtà infinita a livello spazio-temporale, mentre per un

alieno la grandezza dell'universo potrebbe equi-valere per noi alla grandezza di una casa. Quello che è certo è che vi sono ordini e ordini di diffe-rente grandezza tra le capacità di pensiero degli esseri viventi. L'obiettivo della scienza è quello di spiegare razionalmente ciò a cui ambisce la filosofia: estendere la vastità del pensiero uma-no. Ma, mentre la filosofia continua a porsi da millenni le stesse irrisolte domande, la scienza ha compiuto nel corso della storia progressi asso-lutamente portentosi. A tutt'oggi è possibile gui-dare un'automobile con lo sguardo, viaggiare nello spazio, parlare con una macchina umanoide dall'intelligenza artificiale e perfino fermare il tempo (attraverso le invenzioni tecnologiche dell'ultimo secolo, come i registratori video-sonori, che permettono di immortale la realtà del presente esattamente come appare e riviverla nel futuro). E tutto questo soltanto grazie alla scien-za. Non è escluso che tra un paio di millenni l'uomo sarà in grado di spiegare con la ragione il concetto di nulla, così come fino a mille anni fa non poteva dimostrare scientificamente cosa vi fosse al di là del cielo.

Mistero

Perchè non il nulla? di Angelo Naso

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“Al di là di quello stretto di mare chiamato Le Co-lonne d’Ercole, si trovava un’isola più grande della Libia e dell’Asia messe insieme, e da essa si poteva passare ad altre isole, e da queste isole alla terrafer-ma di fronte (…). In quell’isola chiamata Atlantide v’era un regno che dominava non solo tutta l’isola, ma anche molte altre isole nonché alcune regioni del continente al di là: il suo potere si spingeva, inoltre, al di qua delle Colonne d’Ercole; includen-do la Libia, l’Egitto e altre regioni dell’Europa fino alla Tirrenia.

E’ Platone a scrivere, riportando le parole di Crizia nei “Dialoghi di Timeo e Crizia”. Infatti nel 590 a.C Solone si era fermato in Egitto e aveva cercato di impressionare i sacerdoti di Iside illustrando le antiche tradizioni greche, ma uno di loro sorrise affermando che quello greco era un popolo fanciul-lo in confronto a un altro che gli Egizi conosceva-no bene. Ma è verità? E’ fantasia? Platone ha saputo creare con sapiente gioco di prospettive l’affascinante proposta di un interesse vivo, di una viva parteci-pazione del nostro spirito oppure la sua testimo-nianza non è solo frutto della sua immaginazione? L’essenza del mistero è proprio questa. E così addentriamoci insieme nel mistero che le parole di Platone hanno creato fin dai tempi di Co-lombo. Si deve sapere che il dialogo tra Timeo e Crizia rappresentò un’assoluta novità ai tempi del-lo scopritore dell’ America, poiché l’opinione di Aristotele, discepolo di Platone che credeva che la storia del suo maestro fosse stata inventata, ebbe

un peso determinante nel medioevo cristiano. Ari-stotele era infatti considerato un’autorità indiscus-sa e data la sua posizione di sostenitrice della Chiesa, non credeva nell’esistenza di un continente distrutto 9000 anni prima della creazione del mon-do secondo la Genesi, calcolata nel 3760 a.C. Fu così che il mistero di una terra esistita nell’oceano Atlantico riemerse solamente quando si ipotizzò che l’America fosse proprio il continente descritto da Platone. Queste novità arrivarono alle orecchie dei cartografi che chiamarono le Americhe con il

nome di Atlantide, mentre l’oceano a occidente dell’Europa tiene ancora oggi il nome risalente a Colombo: oceano Atlantico. Ed è proprio con lui che arriva il bello: il mistero qui si infittisce quando i primi colonizzatori scoprirono i costu-mi delle Americhe. Si scoprì infatti che in un’antica tribù di indigeni nel Messico, una del-le leggende parlava di Aztan: un’isola dell’Atlantico che le antiche tribù avevano do-vuto lasciare perché stava sprofondando nell’oceano. I superstiti avevano preso i nomi proprio dall’isola scomparsa: si tratta di coloro che noi conosciamo come Aztechi. Ragionan-doci bene, sarà solo casuale, tra le altre, l’analogia tra zone concentriche scavate da Po-

seidone nel cuore di Atlantide con la struttura di città messicane preistoriche? Secondo me no, altri-menti come si potrebbero spiegano i geroglifici della piramide messicana di Xochicalco che, guar-da caso, accen-nano ad “una terra posta pro-prio in mezzo all’oceano, di-strutta e scom-parsa”? Altre prove ci vengo-no fornite dalla scoperta di resti a r c h e o l o g i c i p r e s e n t i nell’oceano a-tlantico. Dalle sue acque sono venuti alla luce almeno sessanta

Mistero

Atlantide: verità o pura fantasia?Atlantide: verità o pura fantasia?Atlantide: verità o pura fantasia?Atlantide: verità o pura fantasia? di Giorgia Folgheraiter

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luoghi archeologicamente significativi, ad esempio nei fondali di Bimini (Bahamas) nel 1969 un ar-cheologo identificò quella che sembrava una strada costituita da enormi blocchi di roccia perfettamen-te incastrati che correva rialzata sul fondo sabbioso dell’oceano ed era simile ad un sachè, la strada cerimoniale dei Maya (nella fotografia azzurra). Ancora, la presenza del misterioso metallo “più brillante del fuoco” detto oricalco potrebbe essere identificata con la presenza di miniere di pirite op-pure il termine potrebbe riferirsi ad una lega di ra-me e stagno, metalli che in genere si trovano in regioni vulcaniche. In fondo però, cosa importa all’uomo di tutto ciò? L’uomo vuole le prove scientifiche e fisiche della vera esistenza di Atlan-tide. A mio parere però, sarà sempre e comunque impossibile trovare una mediazione tra credenze religiose e scientifiche che parlano di una terra esi-stita prima della creazione dell’universo. Ma ades-so vediamo di analizzare tutti gli aspetti scientifici del mistero. Partendo dal presupposto che certa-mente Platone volle esagerare parlando della scomparsa di questo continente in un giorno e una notte, non voglio escludere il caso in cui il filosofo greco si riferisse all’ultimo di una serie di eventi climatici catastrofici con la locuzione “un giorno e una notte”. Quando venne a formarsi l’Oceano Atlantico, la crosta terrestre subì un’immensa frattura dalla qua-le il magma fuoriuscì. Tuttavia durante questa se-parazione potrebbe essere accaduto che la dorsale abbia ritagliato uno o più blocchi lasciandoli isola-ti: e chi dice di uno di que-sti grandi blocchi non pos-sa essere stato proprio At-lantide? Questo lento movimento della tet-tonica a zolle tutt’ora in espansione sulla dorsale medio-oceanica, situata appunto nell’oceano atlan-tico, potrebbe aver provo-cato numerosi fenomeni sismici che avrebbero scos-so Atlantide producendo anche imponenti maremoti. Inoltre va considerato che circa 12000 anni fa la gla-ciazione terminò e le acque degli oceani si alzarono di

parecchi metri nel giro di breve tempo entrando così nei bacini magmatici dei vulcani esistenti ad Atlantide. L’incontro di acqua marina con il mag-ma crea effetti esplosivi a causa dell’enorme pres-sione del vapore acqueo e le eruzioni diventano più pericolose accompagnate da terremoti molto più violenti. Questo ci dà ulteriore prova dei ritrova-menti di cui parlavo poco fa, l’oricalco è infatti un metallo presente in zone vulcaniche. Lo scioglimento dei ghiacci è scientificamente accertato e ciò avrebbe anche contribuito anche alla definitiva sommersio-ne di Atlantide: l’ultimo evento di cui parla Plato-ne. Forse però il territorio Atlantideo non sparì del tutto. Notiamo infatti come le isole Azzorre possa-no essere considerate le parti emerse di una catena montuosa a forma di arco attorno alla pianura cen-trale. Anche l’Islanda a quanto pare rappresenta una larga parte emersa della dorsale medio-oceanica; inoltre la sua elevata sismicità ci dà un’idea abbastanza precisa di quello che doveva accadere su Atlantide. In conclusione, che Atlantide sia esistita o meno è ancora un mistero, per adesso possiamo solo deci-dere se credere al dialogo di Platone come una veri-tà oppure come una fantasia inventata per ammalia-re il popolo. Personalmente però credo che almeno un fondo di veridicità ci sia in tutti i miti ed in tutti gli scritti fin’ora ritrovati, certamente sono convinta che la fantasia possa arrivare anche oltre l’orizzonte, ma il punto di partenza sarà sempre la nostra mente.

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And yet to times in hope my verse shall stand, prai-sing thy worth, despite his cruel hand (e tuttavia contro i tempi futuri starà la mia poesia, lodando il tuo valore, a dispetto della sua mano crudele). Così nel 1609 descriveva l'immortalità della sua poesia Shakespeare, mentre componeva il Sonetto 60. Poco più di due millenni prima, Eraclito lasciava un se-gno indelebile nella storia della filosofia con l'affer-mazione “πάντα ῥεῖ ”. E Socrate e Platone, pur spo-standosi dallo studio della creazione del mondo a quella dell'uomo, in parte ricalcarono questa idea contrapponendo l'immortalità dell'anima a quella del corpo e di tutti i beni materiali. E due o tre seco-li più tardi, il greco Polibio, analizzando la nascita della repubblica romana e risaltandone i punti di forza, sosteneva, con il suo concetto di ανακυκλοσισ, che anche Roma, come ogni altra società, sareb-be presto o tardi crollata, a dimostrazione che ciò che resiste al tempo è cosa rara o forse inesistente. Ma scavando ancora più a fondo nella storia dell'uo-mo, spicca quello che ormai è un usatissimo modo di dire: “polvere eri e polvere tornerai” (Genesi, capi-tolo 3, versetto 19). E in un basso Medioevo armai proiettato alla rivo-luzione dell'Umanesimo, Boccaccio parlava, nel Decameron, di una so-cietà dilaniata dall'angoscia di mori-re a causa della peste, le cui caratte-ristiche calzano a pennello con la descrizione della più umana delle paure, la morte, di cui parla Ernesto de Martino nel libro intitolato “Crisi della presenza.” Ed è proprio di que-sto che vorrei parlare. Danilo Mainardi afferma, in un arti-colo pubblicato su Focus Extra, che gli animali soffrono per la scompar-sa dei loro simili ma non hanno co-scienza della loro morte né com-prendono cosa sia il suicidio. Molto probabilmente neanche quell'ominide peloso che è nostro progeni-tore aveva i neuroni per capire queste cose, ma noi sì. Per gli illuministi questa è una sfortuna, perché siamo soggetti al fenomeno da loro ampiamente de-cantato e discusso, definito “antistoricismo”, secon-

do il quale l'uomo era felice e libero quando ancora non si distingueva dagli altri esseri viventi, e che mano a mano che ha sviluppato il suo intelletto è rimasto prigioniero della sua stessa intelligenza. Po-tete essere d'accordo con loro oppure no, ma il pro-blema rimane: la morte è la paura che presto o tardi, spesso o di rado, fa riflettere ognuno di noi. Sono sicuro che anche le persone famose che hanno co-struito la loro figura sul coraggio e sulla noncuranza nei confronti del pericolo, quando la sera si corica-no nel letto, pensano alla loro fine e se ne impauri-scono, o quanto meno si chiedono cosa comporti la loro scomparsa. Shakespeare, Eraclito, Polibio, So-crate, Platone e de Martino non sono i soli ad aver affrontato questa paura, anzi, si potrebbe riempire un giornalino di citazioni di questo genere. Ma ciò che si può capire è che ogni uomo di ogni epoca di ogni regione del mondo ha provato la stessa sensa-zione di impotenza davanti all'enorme punto inter-rogativo che è la morte. Questa paura umana è cau-

sata dal pensiero che possa scom-parire la nostra presenza che, dice de Martino “è movimento che trascende la situazione nel valore, è volontà di storia deside-rosa di ritornare sempre a deci-dere il divenire". A mio parere il messaggio è che la paura che proviamo nei confronti della morte non è e-sclusivamente

causata dall'idea di abbandonare il proprio corpo, ma anche da quella di essere dimenticati e di non avere più la possibilità di cambiare le cose, di farsi sentire, di potere, quindi, essere partecipe di ciò che sta per accadere e di non avere più, di conseguenza, il proprio piccolo compito all'interno della società.

Mistero

Paura di morirePaura di morirePaura di morirePaura di morire la costante dell'animo umanola costante dell'animo umanola costante dell'animo umanola costante dell'animo umano

di Dario Amadori

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-Chi è Orberg? -È un professore danese. Negli anni 50/60 ha ripre-so questo metodo di studio delle lingue classiche, partendo dal latino. -Quindi questo metodo esiste da parecchio tempo. Da quanti anni viene usato in Italia? -Circa da 15 anni, da quando venne fondata l’accademia Vivarum Novum. Il metodo è stato ri-preso da 60 o 70 anni. -Lei dice “ripreso”. Dunque esisteva già prima. -Sì. Fino al ‘700 il latino veniva studiato circa così: più…direttamente. Poi, parallelamente al Positivismo, si cominciò ad utilizzare quello che noi chiamiamo “metodo classico”, ma che è in

realtà molto più recente. In Italia quest’ultimo fu accolto da alcuni con freddezza. Pascoli, ad esempio, riteneva che disamorasse gli studenti. Questo metodo era finalizzato più all’acquisizione di una struttura del pensiero, di un metodo di stu-dio razionale, che all’apprendimento vero e proprio della lingua. -Come l’ha scoperto? -Per via di un incontro col professor Miraglia al Liceo Scientifico Galilei. Ho provato a metterlo in pratica, ma non interamente. Inoltre, la classe non rispondeva a dovere. Ho usato metà di un metodo e metà dell’altro. -Chi è il professor Miraglia?

Siamo ormai alla fine dell’anno scolastico; addio, latino; addio, greco! Tre mesi senza di voi saranno insostenibili! Questo, a testimonianza di quanto uno studente sap-pia mentire con arte… La verità è che, dopo quest’anno, i verbi greci hanno ridotto la nostra VC a trascinare la lingua sul pavimento per la stanchez-za. Abbiamo scoperto che, metodo Orberg o meno, la fatica è una perpetua compagna di banco. Il punto è proprio questo: cosa cambia tra questo metodo e quello “tradizionale”? Molti non lo sanno; e come ci sentiamo noi, dopo due anni di utilizzo? Qual è la valutazione dell’insegnante? Dal mio punto di vista, studiare il latino e il greco prestando attenzione al senso, ai vocaboli e al conte-sto, senza cercare sul vocabolario ciecamente, come accade all’inizio, è una buona strategia di apprendi-mento. A beneficio di chi ne ha una visione stereoti-pata, dirò che questo metodo non si propone di stu-diare il latino e il greco come se fossero propria-mente lingue vive, ma solo…non così morte. Posto il fatto che lo studio di queste lingue è solo uno stru-mento per la comprensione dei testi e dei loro conte-nuti culturali, è utile studiare quel che serve allo scopo; la grammatica intricata, precisa in ogni detta-glio, fine a se stessa, è una perdita di tempo (provate ad elencare tutte le eccezioni del greco e poi dite quanti anni avete impiegato). Naturalmente io penso questo, ma nella nostra VC esistono le opinioni più diverse. C’è chi vorrebbe continuare con questo me-

todo anche nei prossimi anni, chi non ne può più di imparare i vocaboli a memoria, chi si preoccupa per il futuro che a-vremo col voca-bolario. C’è chi avrebbe preferito una sezione più “tradizionale” e chi ha trovato la salvezza nel me-todo Orberg; e c’è chi avrebbe ottenuto ottimi o scarsi risultati con qualunque metodo. Mentre scrivo questo articolo, penso che loro staranno già certo pensando a cosa faranno in vacanza, lontano da qua-lunque fumoso baluardo dell’ istruzione scolastica. Ironia della sorte. Tuttavia, siccome non sono io l’esperta migliore sulla piazza, almeno dal punto di vista nozionistico, ho “intervistato” la nostra insegnante di latino e gre-co di questi due anni, la professoressa Malaspina, che ha fronteggiato stoicamente anche quest’incombenza. Ecco di seguito l’argomento di una nostra ricreazio-ne.

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Attorno a noi

METODO “NATURA”… due anni dopoMETODO “NATURA”… due anni dopoMETODO “NATURA”… due anni dopoMETODO “NATURA”… due anni dopo

di Lia Facchinelli

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-È il direttore dell’accademia Vivarum Novum. Inoltre insegna, tiene convegni e conferenze e cura i libri di testo che usiamo. È completamente immerso in quest’attività. -Perché ha deciso di usare questo metodo? -Per disperazione. I ragazzi studiavano poco, o non ragionavano, e il livello andava calando di anno in anno. -Si è preparata per utilizzarlo? -Sì. Ho fatto due corsi d’aggiornamento e mi sono studiata il manuale per gli insegnanti. Ma è stato lavoro ben speso. -Quanti insegnanti lo usano al Prati? -Per ora solo io. Tre anni fa anche il professor Sodi-ni, col corso precedente. -E nelle altre scuole? -Viene usato al Galilei, al Da Vinci e all’Arcivescovile, ma lì solo col latino. -I vantaggi e gli svantaggi che ha riscontrato? -Come vantaggi, gli studenti hanno un repertorio piuttosto vasto di vocaboli, hanno più dimestichezza con i testi e si orientano meglio an-che dal punto di vista grammaticale. Inoltre questo metodo risulta, se non meno faticoso, alme-no meno noioso di quello “tradizionale”. Come svantaggi, non si può continuare nel triennio, il che causa una condensazione di argomenti alla fine della quinta, anche se prima o poi si farà così, penso. Si potrebbe anche parlare di più in lingua in classe se i tempi fos-sero più rilassati. -Perché non tutti i cinque an-ni? -Alcuni insegnanti non vedono il metodo di buon occhio. Inol-tre sussistono problemi tecnici nel formare le sezioni. Si vede però la possibilità futura per lo studente che si iscrive al Prati di scegliere il metodo che pre-f e r i s c e a l m o m e n t o dell’iscrizione, per formare le classi più agevolmente. I testi di letteratura ci sono. -Infine, nel complesso è soddi-

sfatta dei risultati? -Sì, sia del corso precedente, sia di questo. Aggiungo un’opinione personale: è strano che ci siano insegnanti che cercano di trattare il latino e il greco come lingue vive, mentre altri sembrano sfor-zarsi per insegnare l’inglese o il tedesco come lingue quanto mai defunte, nonché sepolte, con tanto di e-pitaffio. Non ci sono allusioni a qualcuno in partico-lare, ma in una scuola, in genere, sarebbe opportuno tendere sempre a migliorare l’organizzazione e i me-todi d’insegnamento. Latine e greche sono le radici della nostra mentalità e, che ci piaccia o meno, ne rimangono una parte basilare nel corso della sua evoluzione; dunque que-ste lingue non sono morte, anzi. Se però le trattiamo come se fossero morte davvero, allora diventano inutili, e anche per la nostra società sarebbe un sui-cidio. Il mondo intorno a noi cambia e nostro compito è, credo, indirizzare il mutamento lungo la strada che lo ha reso possibile fino ad oggi. Così anche un liceo, prato o pascolo che sia, dovreb-be essere il luogo dove si studia il passato, certo, ma nell’ottica della società presente e futura, che neces-sita di un’anima, di un’idea di fondo su cui basarsi. Suppongo sia per questo che noi prataioli e pratoline fatichiamo tanto. Proprio perché fatichiamo, però, lo studio non deve essere fine a se stesso. Se a qualcuno interessa questo genere di studio, potrebbe coltivarlo come hobby…!

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Spasm Smash, album del 1993 degli americani Trumans Water, è una pietra miliare del noise-rock se non altro come concetto: disintegrare quanto di melodico rimanga in pezzi già abbon-dantemente sfigurati a livello strutturale. L'album (doppio, per giunta) appare come un inascoltabile blocco di granito chiuso in sé stesso, incompren-sibile al primo ascolto e fisiologicamente detesta-bile per la sua immensa e sgangherata ripugnanza. I brani più rappresentativi dello stile del gruppo sono la scatenata Sun Go Out, l'incalzante Speeds Exceeding, annunciata da un urlo e da un riff as-sordante di chitarra, Top of Morning, che inizia e si ferma tre volte prima di ricominciare e prende-re finalmente il volo in una jam per lamenti, stri-dii chitarristici e improvvise accelerazioni di tem-po, e 6 Steps Ahead of Our Minds, un riff spaven-toso che si trasforma poi in un dissonante pezzo minimalista. Nella stupenda Athlete Who Is Suck le chitarre imitano rumori spaziali, mentre la voce si lamenta dolorosa e nostalgica prima di insegui-re in urla sconnesse i feedbacks martellanti. Lo Priest, che ricorda le vignette paranoiche dei Pri-mus, è ancora più straziante e, a suo modo, mae-stosa. Ma il capolavoro rimane Aroma of Gina Arnold, forse uno dei massimi brani noise-rock di tutti i tempi, otto minuti di delirio assordante portato avanti da un tema solenne di chitarra, puntual-mente interrotto da un contrappunto baccanale che si sfoga in un susseguirsi di rumori casuali

scanditi dall'incedere della batteria, e ricomincia poi di nuovo e un'altra volta ancora... e soltanto di tanto in tanto affiora il canto, un ricordo in lonta-nanza. La monumentale opera culmina negli scampanel-lii lancinanti di The Sad Skinhead, una cover dei Faust regredita all'ultimissimo stadio di inettitudi-ne che si possa concepire in musica. Le influenze naturalmente sono infinite, e vanno dal free jazz a Captain Beefheart, dal rock de-menziale di discendenza zappiana al post-hardcore degli anni '80. L'arte dei Trumans Water è proprio quella di annientare gli ultimi brandelli

di musicalità delle loro “canzoni”, deflagrate da qualsiasi rumore possibi-le. L'album è anche l'en-nesima dimostrazione di quanto il noise nasconda, sotto quella adorabile par-venza di pressapochismo e incapacità, complicatis-sime strutture ritmiche e armoniche di gran lunga più complesse di quelle dei generi udibili.

Spasm Smash XXXOXOX Ox and Ass

di Angelo Naso

Musica

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Repulsion, il primo film occidentale di Polanski, è uno studio sulla follia u-mana, o meglio su come la follia possa catturare lentamente un essere uma-no. Completamente senza conflitto, ma indubbia-mente intenso a livello visivo (grazie alla regia tesa di Polanski e alla fo-tografia chiaroscurale di Gilbert Taylor), è giocato

intelligentemente sul contrasto tra allucinazioni (le crepe nel muro, l'uomo riflesso nello specchio) e percezioni della protagonista, che si rinchiude per dieci giorni in un appartamento vuoto ed opprimen-te. Che diventerà prima il suo rifugio dalla freddez-za delle persone che le stanno accanto (le colleghe al centro di bellezza, la sorella che guarda le partite di boxe) e poi la sua prigione, resa ancora più ango-sciante dalla “claustrofilia” della macchina da presa. In questo processo di isolamento la protagonista (di cui la splendida Catherine Deneuve dà un'interpreta-zione impeccabile, misurata e coinvolgente) seguita ad autodistruggersi per concedersi ad un'insinuante e impietosa follia. Polanski tratteggia l'inferno nella swinging London sognante. Decisamente un film insolito per i tempi, sperimentale e coraggioso: qua-si del tutto senza dialoghi e con pochi personaggi sulla scena, una regia da New American Cinema e ardite incursioni nell'horror. Una serie di ottime in-tuizioni che in parte verranno poi riprese in Rose-mary's Baby, tra cui le allucinazioni scandite dal ticchettio dell'orologio, inquietanti vicini di casa e

una musica di pianoforte come sottofondo ad un appartamento deserto. Il medesimo stile di Po-lanski, teso, cupo e clau-strofobico, è rintraccia-bile anche nell'Uomo nell'ombra, il suo ulti-mo film da poco uscito nelle sale, un sorpren-dente thriller fanta-politico intriso di ambi-guità e pessimismo. La

storia è quella di un giornalista ingaggiato per ri-scrivere la biografia del controverso leader politico Adam Lang, perchè la prima versione era rimasta incompiuta a causa della morte prematura dell'auto-re: è proprio a partire dalla misteriosa scomparsa del suo predecessore che il “ghost writer” (non co-nosciamo il suo nome) interpretato da un appassio-nante Ewan McGregor inzia a indagare sulla vera identità di Lang e sugli intrighi politici che nascon-

de l'isola semideserta sulla quale è costretto a rimanere fino al ter-mine del suo lavoro. Al di là della trama a tratti un po' confusa (soprattutto nell'intri-cata prima parte e nel finale), Polanski co-struisce un abilissimo thriller, visivamente barocco, di stampo hitchcockiano, che sfrutta al meglio la

componente gotica del paesaggio, rappresentata al meglio dalle piogge e tempeste che sconvolgono l'isola, simbolo e proiezione esterna dell'ego del protagonista. Le infinite analogie tra quel film e l'ultimo Scorsese, il coevo Shutter Island, sono tanto sorprendenti da risultare quasi inquietanti: al centro della storia un personaggio insicuro che si sta formando una co-scienza, l'isola come fortezza e rappresentazione metafisica dell'isolamento interiore del protagonista, un immaginario di personaggi sconcertanti e negati-vi, una fotografia attenta ai colori freddi, uno svolgi-mento temporale del racconto del tutto privo di ellis-si, tanto regolare da appa-rire addiruttura oppri-mente, perfino l'uso siste-matico delle forze della Natura come elementi di ostilità al protagonista. Un poliziotto deve inda-gare sulla fuga di una pa-ziente da un manicomio-carcere arroccato su una ripida isola sperduta, do-ve tutti sembrano nascon-

Film - Telefilm

Mistero, inganno, ambiguità di Angelo Naso

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PRINCE OF PERSIA, le sabbie del tempo

di Gaia Manzin

Cari prataioli, vi voglio consigliare un film ap-pena uscito che mi ha colpito tantissimo! Sto parlando di “Prince of Persia, le sabbie del tem-po”, di cui avrete sicuramente sentito parlare nei numerosi trailer che trasmettono in televisione. La storia riguarda un ragazzo persiano residente nei bassifondi della capitale, interpretato da Ja-ke Gyllenhaal, che viene adottato dal re dopo uno straordinario esempio di coraggio. Sin da piccolo dimostra agilità, forza e tattica militare, senza dimenticare che è stato temprato dall’esperienza di un’ infanzia molto dura. Un giorno, mentre il principe è in ricogni-zione con i due fratellastri, una spia li informa che una città ritenuta innocua commercia armi con i nemici: dopo aver appreso ciò, i tre organizzano una spedizione militare contro i traditori, che ha buon fine gra-zie alla strategia del fratello adottivo. Dopo aver riportato questa schiacciante vittoria, il principe viene in possesso di uno strano pugnale che ha il potere di ritornare indietro nel tempo. A causa di questo og-getto il giovane si ritroverà a

combattere persino la sua famiglia, nella speran-za di salvare il suo mondo. Sono stata molto vaga, ma vi posso assicurare che se vi rivelassi tutta la trama rovinerei la vi-sione di questo film, dato che i colpi di scena e i capovolgimenti delle varie situazioni sono così frequenti da non lasciare allo spettatore un atti-mo di respiro! Solitamente questo genere di sto-rie non mi piacciono, le trovo insensate e piene di effetti speciali, ma in questo caso

l’espressività degli attori e le continue sorprese (vi av-viso, a volte anche poco gradite) mi hanno tenuta con il fiato sospeso per due ore di film. Sconsiglio que-sta esperienza alle persone sensibili di stomaco, perchè non mancheranno serpenti e individui disgustosi, ma nel complesso dovrebbe piace-re sia alle ragazze (eh sì, sto proprio parlando del prota-gonista!), sia ai ragazzi (non preoccupatevi, c’è an-che gente che si picchia). Chiudo il mio articolo con un bacione e un augurio per le pagelle! (tremate...)

dere qualcosa di grosso, a cominciare dai dottori, che eseguono per il governo crudeli esperimenti sul cervello dei malati. Ma è davvero così o si tratta sol-tanto delle allucinazioni del protagonista, anch'egli un pazzo in isolamento sull'isola? L'intento del film (e del romanzo da cui è tratto) è quello di lasciare dubbio il finale, in cui lo spettatore deve fare i conti, prima di tutto, con sé stesso (anche se forse è co-munque intuibile, per coerenza narrativa, per chi parteggi Scorsese). D'altro canto è il meccanismo filosofico che era sta-to alla base anche della Zona morta di Cronenberg, film non del tutto riuscito ma importante per il mes-saggio che rappresenta: non sappiamo davvero se il protagonista sia sano di mente e ci stia dicendo la

verità (in quel caso è un medium che, sopravvissuto ad un grave incidente, riesce, grazie al solo contatto con le persone, a prevedere il loro futuro), ma siamo portati comunque a tifare per lui sino alla fine, e non ci interessa particolarmente scoprire se la realtà all'interno della sua mente sia veritiera o del tutto schizofrenica. Tutti questi film hanno in comune, oltre ad un'ambi-guità di fondo (una verità orribile che emerge un po' alla volta), la sofferenza interiore del protagonista, causata dal vacuo ricordo del passato (Shutter I-sland) o del futuro (La zona morta), da allucinazioni (Repulsion) o dalla solitudine (L'uomo nell'ombra).

Film - Telefilm

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“La parola nella notte è come un raggio di luce. Illumina un tratto di realtà in confronto al quale sbiadiscono le costruzioni della fantasia” (Italo Svevo - La coscienza di Zeno) “Sapete che cos’è una pioggia d’estate? All’inizio la bellezza pura che irrompe nel cielo, quel timore rispettoso che si impadronisce del cuo-re, sentirsi così irrisori al centro stesso del sublime, così fragili e così ricolmi della maestà della cose, sbalorditi, ghermiti, rapiti dalla megnificenza del mondo. Dopo, percorrere un corridoio e d’improvviso pe-netrare in una stanza piena di luce” (Muriel Bar-bery - L’eleganza del riccio) “Viaggi per rivivere il tuo passato?- era a questo punto la domanda del Kan, che poteva anche esse-re formulata così:- Viaggi per ritrovare il tuo futu-ro? E la risposta di Marco: -L’altrove è uno specchio in negativo. Il viaggiatore riconosce il poco che è suo, scoprendo il molto che non ha avuto e non avrà.” (Italo Calvino - Le città invisibili) “Anni di solitudine gli avevano insegnato che i giorni, nella memoria, tendono a uguagliarsi, ma non c’è un giorno, neppure di carcere o d’ospedale, che non porti una sorpresa, che non sia, controluce, una rete di minime sorpre-se.” (Jeorge Luis Borges - L’Aleph)

“Non abbiamo bisogno di liste di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato, abbiamo bisogno di libri, di tempo e di silenzio. Non devi è presto dimenticato, c’era una volta durerà per sempre.” (Philip Pullman) “Amore è ogni moto della nostra anima in cui essa sente se stessa e percepisce la propria vi-ta.” (Herman Hesse) “Ecco la serenità! Ecco ciò che supera in perfezio-ne qualsiasi dipinto e ogni sinfonia, ciò che la poe-sia può solo tentare di descrivere. Ecco ciò che le-nisce ogni affanno e conduce il cuore a rapimento! Quando mi perdo in una notte come questa, sento che al mondo non può esistere né malvagità né do-lore; e vi sarebbe assai meno di entrambi se si am-mirasse di più la bellezza della natura, e se la gente contemplasse simili meraviglie. (Jane Austen - Mansfield Park) “Giudicare se stessi è la cosa più difficile. È molto più difficile giudicare se stessi che gli altri. Se rie-sci a giudicarti bene è segno che sei veramente saggio.” (Antoine du Saint-Exupéry- Il piccolo principe) “Se dentro di te, inciso sul cuore, vive il volto della persona amata, il mondo è ancora la tua casa. (Orhan Pamuk - Il mio nome è rosso)

Si avvicina l’estate, il tanto agognato riposo, le ultime fatiche per i maturandi e probabilmente ognuno di noi avrà più tempo da dedicare ai suoi hobby e per spro-fondare nelle letture spaparanzato al sole. Se capita anche a voi di rimanere colpiti da un verso, di sottoli-neare la vostra frase preferita, di piegare l’angolino della pagina che volete fissare nella vostra memoria e siete stufi di ritrovare sempre le stesse frasi sulle carti-ne dei cioccolatini, non dovete fare altro che collabora-re per questa nuova rubrica. L’idea è quella di raccogliere le frasi dei vostri libri preferiti o delle poesie che più vi piacciono per creare una specie di mosaico attorno ad un unico tema. Penso che sarebbe interessante vedere come il medesimo sentimento, oggetto o paesaggio venga trattato in tanti

modi diversi, a seconda della sfaccettatura colta dall’autore o dal poeta. Se siete particolarmente colla-borativi potete aggiungere il brano musicale o il viag-gio ai quali associate il libro oppure descrivere breve-mente il vostro personaggio preferito. In questo nume-ro le frasi sono di argomento vario ma per rendere la rubrica più interessante vi propongo tre tematiche per quest’ estate: il mare, l’illusione e la libertà. Quindi se avete voglia di trascrivere le frasi, le parole o i versi che vi hanno colpito su un pezzo di carta, conservatelo fino al prossimo settembre per conse-gnarlo alla redazione di Praticantati oppure scrivetemi u n ’ e - m a i l e p r o v ve d e r ò a l c o l l a ge ([email protected]). Confido nella vostra collaborazione e buona lettura!

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Info & Fun

IPSE SCRIPSITIPSE SCRIPSITIPSE SCRIPSITIPSE SCRIPSIT La lettura rende l’uomo completo, il dialogo lo rende pronto, la scrittura preciso.

(F. Bacon) di Roberta Salvi

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di Lisa Caresia e Francesca Laura Nava

C’è chi fa il conto all’indietro da chissà quanto tempo, chi invece non lo fa proprio perché con-vinto che così il tempo passi più velocemente. Sta di fatto che l’estate è già da un po’ protago-nista dei pensieri di moltissimi Prataioli. Spiag-gia, mare, sole, piscina, serate con gli amici, notti più lunghe … Chi durante le lezioni, maga-ri nel bel mezzo di una spiegazione alquanto noiosa, non si è lasciato andare a questi pensieri estivi? L’aria della bella stagione si può respirare fra i corridoi nel nostro liceo, il sole mattutino, che ci accompagna tra gli ultimi temi e interrogazioni, sembra chiamarci a uscire, a go-derci queste splendide giornate. Da alcuni giorni molti studenti si sono lasciati trasportare dalla voglia di vestire leggero, colora-to, fresco e hanno chiuso negli armadi le giacche a vento, i pan-taloni lunghi, i maglioni che per tanto tempo, forse troppo, abbia-mo dovuto indossare durante questo lungo e freddo inverno. Ma se però le ragazze stanno pensando a quanto saranno belli i loro pantaloncini corti, i ragaz-zi stanno immaginando a quanto saranno carine le ragazze con i pantaloncini corti! Chissà quanti progetti hanno i Prataioli che dopo un anno pas-sato a sgobbare sui libri voglio-no un po’ di relax e di meritata tranquillità! Quante idee affolla-no già da alcuni mesi le menti di noi studenti, che siamo occu-pati a sognare avventure in riva al mare o in montagna! E quan-te immagini di noi stessi con un cappello da Indiana Jones o con

bel costume e una tavola da surf! Ma rincuoriamoci: la fine è vicina e l’inizio di un’estate, le cui aspettative sono molto alte, è prossimo. Auguriamo a tutti [e ovviamente a noi stesse!] di trascorrere i prossimi mesi come avete spera-to, finalmente lontani dalla frenesia e dal ritmo martellante della scuola. P.S.: un sincero in bocca al lupo a tutti i matu-randi.

Moda

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PROGETTI�FUTURI�?��

di Camilla Simonetti ed Elisa Algarotti

Evangelina Frate 4e

Enrico Sebastiani 5d

Nicola Moschen 1a

Francesco Montagni 2c

Silvia Vezzoli 3b

1) Preferisci vivere giorno per giorno o programma-re il tuo futu-ro?

Preferisco vi-vere giorno per giorno…

Mi piace pro-grammare il menù del gior-no dopo…

mmm.. la prima..

La prima perché non ho idee chiare sul mio futuro…

Direi la secon-da…

2) Cosa ti a-spetti dal do-mani?

Di dormire fino a tardi =)

La prova dei verbi di gre-co..

No niente.. di trovare un lavoro..

Happy hour al Pe-davena ..

Di andare al mare..

3) Come fe-steggerai la fine della scuola?

Andando in campeggio con i chieri-chetti…

Con una dor-rnita..

Con una mo-lotov =)

Andremo all’Eurospin, com-preremo birra e berremo fino alla disperazione..

Organizzerò un festa con i miei compagni di classe =)

4) Come tra-scorrerai l’estate?

Purtroppo stu-diando =(

Dormendo e a Folgaria a mangiare ca-nederli con la Camilla…

Facendo il bagnino a Le-vico e in tenda con Silvio a Rimini! Si accettano altre persone !

Andrò al Heine-ken Jammin Festi-val, farò un inter-rail in Europa e una settimana in Israele…

Viaggerò e stu-dierò per il test di ingresso dell’università..

5) Hai già qualche pro-getto per il prossimo an-no?

Sì, cambierò scuola…

Inventare nuo-ve ricette per i canederli…

Passare l’anno =)

Studiare…devo di-mostrare a Stefanini che ho la testa a po-sto e a Fuganti che mi piace il greco..

Vorrei andare ad Urbino a fare l’università o il carabiniere..

6) Hai già un’ idea sull’ uni-versità che ti piacerebbe fare?

Per il momen-to no..

Non so O.o No non ho nessuna idea -.-

Mi piacerebbe fre-quentare l’università di sto-ria o di storia della filosofia…

Scienze della Comunicazione o l’accademia militare…

7) Che cosa vuoi fare nel-la vita?

Vorrei diven-tare avvocato..

È ovvio.. il falegname, se no non avrei scelto il Prati =)

Il barbone a Malibù..

Mi piacerebbe di-ventare professore o ricercatore uni-versitario..

Avere una fami-glia numerosa..

8) Un sogno da realizza-re?

Diventare una scrittrice fa-mosa! =)

Ho tanti sogni nel cassetto: 2… una casa a Folgaria e un allevamento di conigli!

Fare la pub-blicità della Tim con Be-len Rodri-guez

A 50 anni vorrei ritrovarmi con Giz-zu (sperando che stia ancora con l’Alice) e con La Ganga a mangiare una pizza e vorrei che Jack Sartori im-parasse ad usare i preservativi!

Pubblicare il mio libro !

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OGGETTO VOTO

Assemblee d’istituto 7,6 Cogestione 7,3 Giornata della creatività 8,5 Gite scolastiche (Irlanda compresa) 6 Giornalino 7 Capacità di autogestione della classe 5,6 Rappresentanti d’istituto 7,4

Anche quest’anno scolastico è passato, ma per noi il giubilo del momento cela anche una domanda: che cosa ne resta? Si festeggia la fine delle lezioni, ma bisogna ammettere che ci sono state anche altre cose, che hanno reso quest’anno diverso da quello precedente e che non si ripeteranno.

Così, ecco i risultati di un sondaggio fatto tra i nostri compagni, di tutte le sezioni e di tut-te le età, a proposito di alcune tra le attività svoltesi durante l’anno. Gli “inquisiti” hanno dato un voto anonimo da 3 a 10, formando una panoramica il più rappresentativa possi-bile dell’ ”opinione pubblica” prataiola.

Il voto migliore spetta alla giornata della creatività, che secondo me lo merita tutto. Le classi terze non hanno potuto dare un vo-to alla giornata della creatività perché, beh… non c’erano. Il giornalino avrebbe me-ritato un voto migliore, se non fosse stato per quell’”ipse dixit”. Inoltre qualcuno ha criticato la “controparte”. I rappresentanti d’istituto si sono persino meritati il “chi sono?” di due o tre intervistati. L’unica insufficienza,

strano a dirsi (supino passivo), riguarda l’autogestione della classe, che si vede so-prattutto nei collettivi. Strano davvero, perché da studenti quasi a-dulti ci si aspetterebbe un’organizzazione

migliore. Invece, gli inter-vistati sorridono imbaraz-zati e danno un giudizio basso, fatta eccezione per un generoso 10 che ci ha sorprese e rassicurate. Dopo questa pagella antici-pata, dove voi avete dato i voti anziché riceverli, vi auguriamo buona fine dell’anno e buone vacanze!

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Attualità prataiola

La�pagella�dell’anno�

di Lia Facchinelli e Caterina Giovannini

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TACHICARDIA AMOROSA Prataioli!

Sono tornata anche per quest’ultimo mese di scuola per rispondere, forse non molto seriamente, alle vostre lettere e cercare di risolvere, anche ironicamente, quei piccoli problemi d’amore che attanagliano la nostra vita di adolescenti!

La Vostra Consigliera di Fiducia Chocolat

Info & Fun

Cara Chocolat, sono una ragazza di prima liceo, ho una relazione con un ragazzo delle ITI da sei mesi. Ho anche uno splendido barboncino pelo ocra che non sopporta il mio ragazzo. Amo il mio barboncino,ma il mio ragazzo mi ha messo da-vanti a una scelta: o lui o il cane. Sono disperata aiutami Kiss Disperata

Cara Disperata, la tua situazione mi ha fatto molto ridere. Mi sembra di vederti : una ragazza alla Paris Hilton con in braccio il suo barboncino color ocra, magari vestito con un cappottino “ leopardato “in tinta con il tuo cerchietto, e un ragazzo tutto muscoli , magari con una maglia tutta attillata per sembrare più duro, che ti dice:” Baby, o me o il cane!” OMG spassosissimo! Comunque senza dubbio io sceglierei subito il cane!! Un ragazzo non può metterti davanti alla condizione di sceglie-re, soprattutto se si tratta di un povero innocente animaletto. Inoltre, il cagnolino ti sarà sempre fedele, il ragazzo no! W il barboncino dal pelo ocra!

Chocolat

Aiutami! Pedino una ragazza da nove mesi… ci conosciamo di vista, ma io sono follemente innamorato di lei; conosco i suoi orari, i suoi bar preferiti, le sue amiche... non sono uno psicopatico, credo solo nel colpo di fulmine! Dammi un consiglio! Dovrei farmi avanti? XXX’93

Sul fatto che tu non sia uno psicopatico avrei i miei dubbi. La tua descrizione è un po’, ma che dico, alquanto inquie-tante! Insomma caro, in nove mesi si fa una nuova creatura e tu non riesci neanche ad avvicinare una ragazza! Devi assolu-tamente farti avanti! Anche perché se lei si è accorta di averti sempre davanti,magari nei posti più strani, forse qualche domandina se la sarà fatta ! Non vorrai mica che ti creda un pazzo ?

Cara Chocolat, ho veramente bisogno d’aiuto, sono confusa e non so che pesci pigliare! Piaccio a un mio amico (ci conosciamo da quando siamo nati), e anche lui non mi dispiace. Ma sono preoccupata di rovinare una splendida amicizia e che lui mi chieda di più di quello che sono disposta a vivere con lui. Cosa devo fare? Devo parlargli e chiarire? Dobbiamo rimanere amici? Seguo il cuore e rischio, ma chiarendo i limi-ti? Grazie, Francesca

Cara Francesca, se ti poni tutte queste domande vuol dire che non sei pronta e che non vuoi qualcosa di più di un’amicizia. Ti consiglio di preservare questa fantastico legame che vi lega da anni, che tra l’altro è cosa rara al giorno d’oggi, soprattutto tra maschio e femmina, e rimanere semplicemente buonissimi amici. Naturalmente devi chiarire e dargli qualche spiegazione .Digli che tieni così tanto alla vostra amicizia , che non vuoi rovinare tutto e che il vostro legame è così speciale che durerà per sempre. L’amicizia è il bene più prezioso che ci sia al mondo.

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Possibile che si parli di me quasi fossi un mostro? E in queste giornate mi ritrovo a pensare solo a stronzate e chiacchiere. Sento troppe insinuazioni stupide che mi scivolano addosso come queste lacrime. E vorrei poterti credere ma... Io, la verità, volevo la verità, e ho avuto un'altra illu-sione, una sporca illusione. La tua finta fragilità adesso non mi commuove, ormai non mi commuove, Ti guardo e vorrei capire chi sei, ma non ti ricono-sco.

Hai una nuove versione, ne hai cambiate un milione ora è impossibile crederti. Ed è come quando mi dicevi che non riuscivi proprio a creder di potermi perdere. Ora in testa ho solo le tue falsità. La tua falsa sincerità mi fa sentire migliore,, Sentire migliore. mi hai tolto anche la ragione, non c'è più ragione. Datti un'altra possibilità, è stato solo un errore, uno stupido errore. Solo un' illusione, un' altra illusione.

Il buio e l’attesa hanno lo stesso colore. Il ragazzo, che un giorno sarà seduto nell’oscurità co-me in una poltrona, ne avrà avuto a sufficienza dell’uno e dell’altra per averne paura. Avrà imparato fin troppo bene a sue spese che la vista a volte non è un fatto e-sclusivamente fisico ma mentale. Improvvisamente, i fari di una macchina di passaggio disegneranno un ri-quadro luminoso che percorrerà le pareti con rapida e furtiva curiosità, come alla ricerca di un punto immagi-nario. Poi, dopo la prigionia della stanza, quel ritaglio di luce ritroverà la libertà della finestra e tornerà fuori, all’inseguimento della macchina che l’ha generato. Ol-tre la cortina delle tende, oltre i vetri, oltre i muri, nel buio giallastro di mille luci e di mille neon, ci sarà an-cora quella follia incomprensibile che chiamano ViTA, la città che tutti dicono di detestare e che tutti continua-no ostinatamente a percorrere con l’unico scopo non dichiarato di capire quanto l’amano. E col terrore di scoprire quanto poco ne sono riamati. Così, si ritrovano a essere solo uomini, uguali a quelli che popolano tutto il resto del mondo, semplici esseri umani che si rifiutano di avere occhi per vedere, orec-chie per sentire e una voce da contrapporre ad altri voci che gridano più forte. Sul tavolino di fianco alla sedia su cui è seduto il ra-gazzo ci sarà un foglio con una penna, appositamente posti per catturare la rabbia del ragazzo stesso. Prima di appoggiarlo sul piano di cristallo avrà trafitto con un gesto deciso la carta e il rumore della lacerazione sarà rimbalzato nel silenzio della stanza col suono secco di un osso che si spezza. A poco a poco i suoi occhi si

saranno adattati all’oscurità e riuscirà ad avere la per-cezione del luogo in cui si trova anche con le luci spente. Lo sguardo del ragazzo sarà fisso sulla parete davanti a lui dove indovinerà, più che vederla, la mac-chia scura di una porta. Una volta, a scuola, ha impara-to che guardando intensamente una superficie colorata, quando si distoglie lo sguardo resta impressa nelle pu-pille una macchia luminosa del colore esattamente complementare a quello fissato in precedenza. Il ragazzo sentirà il proprio sorriso amaro fiorire nel buio. I colori complementari sono quelli che mescolati insie-me nella giusta quantità danno come risultato il grigio assoluto. Questo non può succedere con l’oscurità. Il buio genera solo altro buio. In quel momento, tuttavia, il buio non sarà il problema. Quando la persona che sta aspettando sarà arrivata, con il suo ingresso ridarà di colpo luce alla stanza. Nean-che questo sarà il problema, e nemmeno la sua soluzio-ne. Dopo una strada apparentemente infinita percorsa per uccidere o per non essere uccisi, dopo un lungo viag-gio in quel tunnel dove solo poche ridicole luci indica-vano la strada, ora due persone saranno finalmente prossime a uscire nel sole. E saranno le uniche in pos-sesso di quella condizione mentale che rappresenta da sola la parola, l’udito, la vista: la verità. Una è lui, un ragazzo troppo spaventato per sapere di possederla. L’altra, naturalmente, sarà la persona che sta aspettan-do.

Racconti

BUGIE BUGIE BUGIE BUGIE I Mostri sono reali e anche i fantasmi sono reali. Vivono dentro di noi e, a volte, vincono.

di Martina Sevegnani

Racconti

IF I SMILE AND DON'T BELIEVE IF I SMILE AND DON'T BELIEVE IF I SMILE AND DON'T BELIEVE IF I SMILE AND DON'T BELIEVE Tutta la vita è morte. (Giuseppe Verdi)

di Martina Sevegnani

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Con sguardo trasognato scrutavo attraverso il ve-tro della finestra ancora rigato dagli irregolari per-corsi delle gocce di pioggia recente. Notai un movi-mento d'ombre nel momentaneo oblio notturno della realtà che distolse il mio sguardo dal caleido-scopio di colori che ancora per poco avrebbe ri-schiarato il cielo plumbeo. Come l'acqua che ac-quietandosi lascia intravedere il fondale marino, così un improvviso lampo tremante mi permise di identificare l'apparizione in un giovane ragazzo. Chiudendo gli occhi per vedere meglio le immagini che scorrevano impetuose nella mia mente fantasti-cai sognando di seguirlo e osservare passivamente lo scorrere degli eventi. Il giovane procedeva spedito lasciandosi inebriare dall'impercettibile profumo notturno. Svoltò in una viottola che si snodava tra i fitti alberi del bosco e fu inghiottito dalle tenebre. Riemerse poco più in là, do-ve l'abbraccio delle conifere si faceva meno intenso, e la sua figura si stagliò netta e illuminata dalla fioca luce della luna. Raggiunse a rapide falcate una roccia massiccia e levigata dal tempo sulla quale, quindi, si sedette. Rimase immobile a lungo e lo scorrere del tempo era definito dal solo frusciare delle foglie ani-mate dal vento primaverile. Sui suoi occhi, lucidi, sci-volavano rapide le nubi caliginose che infestavano il cielo. Inaspettatamente estrasse da una tasca un qua-dernetto sciupato e liberando la penna in una danza frenetica prese a scrivere: “Ciò che ti racconterò è la mia storia delirante, stra-ordinaria ma assolutamente vera; peccato che anche io non sia tale.” Si fermò perplesso soppesando le parole che aveva scritto. Non capiva esattamente il motivo che l'aveva portato ad appuntare quella frase. Non capiva chi fos-se il personaggio che stava prendendo possesso della sua mente e ancora più oscuro gli era il motivo che l'aveva condotto a rimarcarne l'inesistenza. Riprese a riem-pire di sottili arabeschi il fo-glio alzando incurantemente le spalle. “Non potrai mai compren-derla appieno, infatti la a-datterai alla tua realtà che, tuo malgrado, ne risulterà al contempo modificata. Ma come potresti capire ciò che non esiste? Saresti costretto ad ammettere la sua esisten-za per renderla tale. Io sono

conscio del mio stato..ho ormai compreso che la per-sona che frequentano i miei amici, amano i miei geni-tori ed incontrano casualmente gli sconosciuti, non sono io. Per questo ho deciso di scrivere: per stabili-re un contatto fra te e me.” Osservò basito quanto aveva scritto avvertendo una sorta di inafferrabile inquietudine. “Mi sono ritirato in un luogo isolato e vuoto formato dalle pagine di questo manoscritto per ritrovare me stesso, pur sapendo che egli non mi vorrà riconosce-re.” Scrisse queste ultime parole quasi graffiando il foglio. Sprofondando nello sconforto si accorse di essere allo stesso tempo sia il personaggio narrante che il destina-tario di quanto scriveva. Si sentiva irritato dall'assurdi-tà della situazione ed allo stesso tempo spaventato dal-le implicazioni che comportavano tale presa di co-scienza. Fece per strappare il foglietto consunto ma, prima di abbandonarsi a questo gesto irrazionale, ebbe un'idea. Lui aveva il potere di creare mondi, personag-gi, situazioni con la propria penna tanto quanto di di-struggerli. Se il suo personaggio non gli piaceva, pote-va annientarlo come preferiva. Il potere è un'illusione ma anche ciò che scriveva lo era. Lo immaginò colpito da centinaia di pietre che gli fracassavano le ossa, sen-tì il miasma di carne bruciata mentre veniva arso, udì le sue urla mentre le sue membra venivano dilaniate da belve feroci ed uccelli rapaci; e proprio quando, dopo essersi avvicinato al suo corpo esanime, mentre gli sollevava la testa afferrandola per i capelli per mozzar-la, affondava la lama incominciando ad ammirare il primo rivolo di sangue cremisi, i suoi occhi incontra-rono il suo viso. Il sangue gli si gelò nelle vene alla vista della propria morte. Sobbalzando scacciò quell'incubo quasi fosse uno sciame di insetti che lo insidiava. Si portò istintivamente la mano al collo e con orrore la scoprì sporca di un liquido familiare. Al-

zò la mano tanto da illu-minarla al bagliore luna-re e, inizialmente, stupi-to, vide l'inconfondibile colore del liquido ormai quasi secco. Inchiostro. Riaprii gli occhi. Mas-saggiandomi le tempie estrassi un foglio ed annotai quanto avevo visto, o forse solo pen-sato. Aprii un attimo la finestra e serrai nuova-mente gli occhi.

Racconti

PAROLE: RIGURGITI D'ANIMAPAROLE: RIGURGITI D'ANIMAPAROLE: RIGURGITI D'ANIMAPAROLE: RIGURGITI D'ANIMA di Nicola Bassetti

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(0.00) Ricordo fumoso. Un divano fumoso. Una stanza fumosa. Un posacenere colmo. Botti-glie di birra mezze vuote sparse sul pavimen-to. Dalle bottiglie esce fumo. Lui che fuma. Lei che fuma. Ma lui no. Lui se ne stava alla finestra del suo palazzo in città e guardava all'esterno come alla ricerca di un certo spiraglio di vita, di un fiume di sole, di qualcosa che andasse in giusta sintonia, che suonasse la stessa nota di quello che provava all'interno, nei pensie-ri. Lui lo potremmo anche nominare il nostro protagonista. Lei è invece la protagonista per lui. I suoi occhi funzionano anche senza il liqui-do lubrificante, ma le ciglia scandiscono il tempo, senza trovarsi in sintonia con esso. (0.23) La ragazza lo guarda e pensa: "Ora guardami mentre cammino per strada ti ricordo qualcuno i tuoi sogni forse le sigarette che hai fumato con qualcuno ora guardami mentre cammino accanto a te forse vorresti vorresti scegliermi tra i tanti curarmi ed eccoti ti piacerebbe tanto curarmi allontanare il cancro dal cancro mentre i cani per le strade ti hanno cir-condato ora guardami nei tuoi sogni nei tuoi ricordi come un cane abbandonato bastonato rinnegato come un gatto an-negato vorresti tanto prendermi dalla strada costruirmi una testa che corrisponda alla mia possibilità in questa società ora guardami seduta ai piedi di un portone ti guardo penso a cosa provi guardandomi lasciando che l'im-magine di me ti entri nei pensieri scatenando reazioni sono io sono io che sto sfruttando il fatto che mi stai guar-dando senza riconoscermi in questa scena di cani senza pa-

tria senza casa senza sentimenti con l'unico calore di una sigaretta. ora guardami ora guardami ora guardami ora guardami ora guardami giro giro tondo casca il mondo tutti giù per terra". Lui pensa: "Vorrei immaginare di vivere senza tutto questo, vivere appieno questi giorni, queste notti, dimenticare questi pixel". (1.24) Come un gatto coperto dal cappuccio sto scrivendo, su questo muro il vuoto muto sta sparendo a favore di un colorato silenzio. Sotto tre ponti, due dell'autostrada e uno della ferro-via. Te troverai ben quel del formai. Eravamo così, al riparo dal sole, sulle scalinate, una birra a testa in mano e poco o tanto da dirci. Sto andando fuori di testa. Quella sera, al riparo dal cielo in mezzo ai palazzi da dieci piani l'uno, ti osservavo seduta su quel mu-retto insieme a me. In quella città, in quella voglia di sfidare la sera, in quel quartiere, in quella via, su quel muretto ci era-vamo capitati per caso.

Racconti

COLONNA SONORA: COLONNA SONORA: COLONNA SONORA: COLONNA SONORA:

"USKA" DEI LONDON ELEKTRICITY"USKA" DEI LONDON ELEKTRICITY"USKA" DEI LONDON ELEKTRICITY"USKA" DEI LONDON ELEKTRICITY di Riccardo Schöfberger

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Sicuramente abbiamo provato, e tutt'ora provo, un sottile senso di colpa per essere entrato in tante in-violabili intimità, dentro le stanze di gente che non conoscevamo, che non conosciamo e che probabil-mente mai conosceremo. Ho però la certezza che chi non ha lasciato che le vibrazioni delle nostre corde vocali reclamassero un posto tra i sui pensieri, chi non ha voluto condividere con noi la sua casa, abbia commesso un errore. (1.58) Il sentimento dell'abbandono è una dolce mancanza di sentimenti. Ecco, uomo, cammina. Passo dopo passo, cammina e basta. Non pensare. Calpesta l'asfalto sotto ai tuoi piedi. Due entità non pensanti che ti portano chissà dove. (2.15) Soggiorni uguali, casette uguali, giardini uguali, pe-rimetri di terreno uguali, strade uguali, quartieri u-guali. Va tutto bene in questa periferia londinese. Right. Me ne sto bene in questa periferia londinese. Right. Vediamo un po' se ci morirò in questa periferia lon-dinese. Right. (2.56) Solo gente, qualche centinaio di migliaio di gente

con sentimenti diversi l'un l'altro. La gente che si ammassa ai lati della strada quando l'inverno è già quasi passato ma la neve permane grigia e acida. La gente che si trova sotto al mio letto, pronta per esse-re raccolta dall'aspirapolvere. La gente che vota sempre quel 35% alle elezioni di stato per un partito che non mi rappresenta minimal-mente. La gente pazza, tutta pazza, tutti pazzi. Pada-ni terroni by un crucco. (3.42) La tua saliva mi fa passare la sete. (in elaborazione....attendere prego, caricamento in corso. Ancora 2,32345362312543853457325786 giorni). (5.09) Da un paio di giorni, cioè da un paio di settimane, cioè da un po' di mesi, cioè da settembre, intendo del 2006, le giornate di Tony erano avvolte in un alone incredibile inebriante afrodisiaco di tabacco, birra, hashish, dolore acuto alla milza, sangue, latte avve-lenato, ricordi assurdi, ricordi che gli spaccavano il cuore in cinque. Yo. (6.06/fine>boh) sai la prima volta che ho salutato il mio palazzo ho pensato eccomi qua, la strada, la vita, i fantasmi, ciò che realmente sono mi consentirà di mantenermi in vita.

aveva piovuto, quella notte, ancora per stra-da pozzanghere di acqua piova-na col suo sa-pore così simile a quello della libertà. ho pen-sato natural-mente: e ora dove vado ora dove vado ora dove vado. più lontano possi-bile pensavo incamminando-mi direzione stazione, la strada per la stazione è molto lunga.

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Con le sue memorie il sole

Con le sue memorie il sole scalda l'altopiano di lacrime

e di risate versa il mattino

Il raggio consunto percorre il domani

spargendo le sue vesti sul mare e tacendo

i suoi respiri

Angelo Naso

Poesia TRIBUTO: notte di fine maggio

Gelido vento, che scateni tanto pianto

e strappi animi buoni dai letti ancor caldi..

Tu, crudele,

il vuoto negli occhi che sorridevano,

hai infranto il suo riflesso..

Ladra affamata, gli hai rubato la

cosa più cara, ora povero figlio piange,

ma perchè..?

Vergine nera, Morte beffarda,

finisci il tuo tetro addio, cantando

il suo fresco dolore.

Georgiana Leveghi

Eros Creder che sia Amor non è vertiero:

E’ gran passion, tenzon per fier guerriero. Lo stral, il gladio, il rostro sanguinario Son verbi, occhi e d’occhi il bel sipario.

Trista l’ombra al cor non dà mercede

Se non quando a Possesso il tron concede. Allor di fiele il sangue è portatore E Mente a lupi astuti è reo pastore.

E’ barbaro liquor, dolce veleno,

asperse son le membra ed i pensieri e ad altri non rispondono che al cuore.

E’ il Tartaro d’Amor per l’uom terreno

Che agli occhi pazzo sembra, ed i corsieri Di mente sua soccombono ad Amore.

Enrico Dal Fovo

Aqua Seguendo il Sole e le Costellazioni Cercavo tra le onde di un Mar Nero

Miraggi del mio Amore, o apparizioni. Non davo ascolto a Mente o al pensiero:

il senno era annegato dolcemente nel guardo che crudele m’attirava.

Amor che non travaglia è inesistente, pensava il cuore mentre naufragava.

Enrico Dal Fovo

Ho scagliato l'alba Ho scagliato l'alba contro il tuo sorriso e ho raccolto i ciottoli del nostro amore Mi ricordo di quando il vento ti danzò sulla riva del lago e tu lasciasti uno dei tuoi baci come indizio per me Ma perchè tu che mai hai offerto le tue candide labbra ora mi avvolgi sussurrandomi di splendere nel tuo domani? Non imploro un ultimo abbraccio dalle tue guance calde ma dietro il tramonto nasconderò il mio volto pallido e stretto alle mie lacrime ti osserverò sino alla fine della sera senza più sapere dove cadrà il tuo sguardo né quale sia la stella che ci dividerà

Angelo Naso

Lei. Sola, sulle labbra la vita, negli occhi la bellezza. E nel cuore tanta libertà.

Anonimo

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Libia, tra tortura ed assenza di libertà. Ecco il partner dell’Italia nella lotta all’immigrazione

di Davide leveghi

Il seguente articolo espone un’informazione con l’aggiunta di opinioni personali; per questo l'autore si assume ogni responsabilità e sottolinea che ciò che è scritto non rispecchia in nessuna maniera il pensiero

della redazione, e libera quest'ultima da ogni responsabilità.

Nella lotta all’immigrazione clandestina, l’Italia, da circa 10 anni, ha intrapreso una cooperazione con il governo di Tripoli, che desta qualche perplessità a causa delle modalità con cui essa viene condotta. Il momento fondamentale di questo percorso di collaborazione è costituito dagli accordi conclusi nel 2007 che dispongono il pattu-gliamento marittimo congiunto da parte di nuclei operativi italo-libici, sotto comando libico, mediante l’uso di navi fornite dall’Italia. Il rapporto tra i due Paesi è diventato particolarmente privilegiato, dopo la mediazione di più ministri di di-versi e disparati governi, nel 2008, con un accordo concluso dal Presidente del Con-siglio Berlusconi nella capitale del Paese nord-africano, e ratificato dal Parlamento all’inizio del 2009. Con il pacchetto sicurezza sono en-trate in vigore nuove norme che introducono il respingi-mento ai porti libici di partenza degli immigrati trovati in mare. E spesso quindi gli immigrati, dopo aver rischiato la vita, prima attraversando il deserto, poi il mare, vengo-no soccorsi e poi rimandati in Libia o non vengono nem-meno fatti sbarcare sulla costa, lasciati in mare e poi riac-compagnati. Così è avvenuto nell’aprile dello scorso an-no, quando l’Italia, impegnata in una discussione con Malta per stabilire le reciproche competenze territoriali, ha anteposto le sue diatribe con il piccolo Stato vicino, riguardo i norme marittime internazionali, al salvataggio delle vite umane dei poveracci stipati in maniera disuma-na su una nave cargo turca che li aveva messi in salvo: il 20 dello stesso mese, dopo addirittura 4 giorni, accampati senza acqua e cibo a sufficienza sul ponte della nave, i 140 migranti protagonisti di questa triste avventura han-no avuto il permesso di raggiungere un porto siciliano. Tra il 7 e l’11 maggio del 2009, in Libia, forzatamente, sono stati condotti 500 migranti, tra cui alcuni richiedenti asilo, senza che sia stato valutato un eventuale bisogno di protezione, violando così gli obblighi in materia di diritti internazionali e umani. Al di fuori delle inquietanti e spregevoli violazioni dei diritti universali dell’uomo (di cui parlerò più avanti), compiuti dal nostro Paese (che si dice democratico!), voglio raccontare con quale nazione esso collabori.

La storia della Libia, Paese del Nord-Africa affacciato sul Mediterraneo, è as-sai travagliata e le-gata direttamente a q u e l l a d e l l o “stivale”. Essa infat-ti fu una delle colo-nie italiane nel “Continente nero”. Nel 1911, l’allora Primo Ministro Gio-vanni Giolitti, spinto dall’industria d’armi e dai nazionalisti, seguendo la politica espansionistica delle

altre grandi potenza europee, intraprese la conquista del territorio libico, in quel tempo sotto il dominio turco. Iniziò quindi il conflitto italo-turco, durato un anno e terminato con la vittoria dell’Italia e la firma del trattato di pace di Losanna. La conquista del Paese, però, non fu definitiva già nel ’12, ma fu conclusa negli anni ’30, con l’impulso del fascismo e la sconfitta della ventennale resistenza indigena libica. Sempre nel Ventennio, con-clusa appunto l’occupazione, costata la vita a 150000 libici (il 20% della popolazione), ci fu un grande afflusso di coloni, che si insediarono in tutto il territorio libico e andarono a costituire addirittura il 13% della popolazio-ne. Il regno italiano di Libia durò una trentina d’anni, fini al 1943, quando durante il secondo conflitto mondia-le il Paese cadde in mano agli alleati. Nel 1950 la Libia dichiarò l’indipendenza e diventò il Regno Unito di Li-bia, una monarchia ereditaria, costituzionale e parlamen-tare. Dopo solo 19 anni, però, essa perse nuovamente la sua “libertà” con il colpo di Stato contro il re e l’instaurarsi di un governo provvisorio presieduto da Muammar el-Gheddafi, che resterà a capo del Paese da quel momento fino ad oggi. Lo Stato nord-africano si trasformò nella Repubblica Araba di Libia. E questa è la Libia che conosciamo: un Paese considerato da molti un regime autoritario, non libero, che non rispetta i diritti umani. Essa ricorre alla pena di morte e pratica la tortu-ra, sopratutti nelle carceri (dove finiscono anche i mi-granti respinti). In un rapporto del Dipartimento di Stato

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Nel Mondo

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americano vengono descritti i metodi di tortura adoperati dal Paese africano: incatenamento, percosse con bastoni, scariche elettriche, fratture delle dita, soffocamento con buste di plastica, privazione del sonno, di cibo e acqua, sospensione per gambe o braccia, bruciature di sigarette, intimidazioni con cani aggressivi, avvitamento di cava-tappi alla schiena, succo di limone nelle ferite aperte… Questo è lo Stato con cui l’Italia collabora; alle forze di polizia di questo Paese noi affidiamo la vita di poveri disgraziati che tentano di scappare da guerre, miseria e persecuzioni, che ricercano la salvezza nella nostra “democrazia” e incappano invece in un regime violento e autoritario, e in una nazione che per chiudere le frontiere adopera maniere che di democratico hanno ben poco, osservando il tutto con un’impassibilità e un’insensibilità riprovevoli ed incresciose.

L’Italia lavora a fianco di uno Stato autoritario, una ditta-tura che non rispetta i diritti umani. Il comportamento del governo è ignobile quando stende un velo d’omertà, fa-cendo spallucce o fingendo preoccupazione, su ciò che succede fuori dal proprio confine, nelle carceri libiche, nonostante formalmente sia ancora responsabile della sorte dei migranti. Il nostro Paese viola il principio di non refoulement (non respingimento), contenuto nella convenzione di Ginevra, che vieta di rinviare “in qualsia-si modo” gli esseri umani verso territori in cui potrebbero essere perseguitati. E questo invece non accade: dall’Africa arrivano ad esempio Somali, o Eritrei, prove-nenti da Stati in cui la situazione non è sicuramente idil-liaca, e noi che facciamo?! Beh li rimandiamo indietro, come dire ai persecutori: “Ehi eccoli qua! Sono tutti vo-stri!”. L’Italia respinge, trasgredendo il proprio obbligo stabilito dall’articolo 19 del Testo unico sull’immigrazione, tutti gli immigrati, senza identificarli o ascoltare la richiesta di un’eventuale domanda di asilo politico. Peraltro il nostro Paese passa sopra alla propria legislazione che individua inequivocabilmente le catego-rie di stranieri che non possono essere espulse: tra queste i minori, le donne incinte e quelle nei mesi successivi alla nascita di un figlio. Vengono inoltre violati i diritti anche nei centri di detenzione sulla co-sta, dove gli immigrati aspettano ignari del pro-prio destino, ammassati in condizioni igieniche indecenti e disumane. L’Italia se ne frega alta-mente delle domande di ricovero per motivi politici, etnici o religiosi, e respinge i migranti in uno Stato dove l’istituzione dell’asilo politi-co non esiste. La verità è dura. L’Italia continua i suoi rap-porti con la Libia perché quest’ultima è ricca di risorse che provvedono al nostro fabbisogno energetico, cosa che limita la nostra possibilità di critica, e sembra che sia un partner perfetto per scoraggiare la partenza verso il nostro Pae-se (abbiamo perfino pensato alla prevenzione dell’immigrazione, geniale!). In effetti il solo

pensiero di essere rispedito dal nostro Paese alla Libia, e alle sue carceri, dove si tortura e dove la polizia ha rap-porti con i trafficanti di uomini, è un po’ sconfortante e non troppo allettante. Inoltre le frontiere libiche a Sud pullulano di cadaveri, migranti morti di stenti sotto il co-cente sole del Sahara, in mezzo al deserto con intorno centinaia e centinaia di chilometri di sola sabbia, abban-donati alla loro disperazione senza una sepoltura e senza aver rivisto la propria terra, rifiutati del mondo a cui han-no chiesto aiuto. Il diritto dell’Italia di limitare l’immigrazione irregolare e di monitorare le frontiere può essere legittimo (io per-sonalmente non lo condivido per diversi motivi), il pro-blema però sta nel fatto che vengano calpestati i diritti fondamentali dell’uomo e che ci siano dei rapporti con una nazione autoritaria e sanguinaria come quella capeg-giata da Gheddafi (quando lo Stato autoritario arabo non può bloccarci le tubature del gas lasciandoci al buio si può benissimo criticare, vedi l’Iran), il quale, dopo la decisione della Svizzera di rendere pubblico un elenco di uomini libici considerati indesiderabili, ha vietato l’ingresso nel Paese a tutti i cittadini svizzeri e a quelli appartenenti ad uno Stato della zona di Schengen, e ha inneggiato alla guerra santa. Tutto ciò è successo in se-guito all’arresto del figlio del dittatore libico per violen-ze contro la convivente. Questo è il personaggio con cui collaboriamo da 10 anni. Concludo dicendo che è inutile continuare a girare intor-no al problema dell’immigrazione, tentando di trovare il modo migliore di limitarla. La soluzione finale resta agi-re e aiutare gli Stati da cui partono migliaia di migranti. L’Europa è la prima responsabile di quello che sta succe-dendo in Africa, e fino a che in quei Paesi persisteranno scontri di ogni genere, continueranno ad arrivare dispera-ti in cerca di una vita normale, che noi quantomeno ab-biamo il dovere di trattare ed accogliere come uomini e simili, non come bestie.

Fonte: Amnesty International

n° 7 anno XII PRATICANTATI � 35

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Con questo articolo vorrei proporvi una riflessione sui vantaggi e svantaggi che deriverebbero dalla legalizza-zione della droga leggera più famosa, la marijuana. Sottolineo marijuana: non vorrei che le mie parole venga-no travisate. Le droghe come l'eroina, la cocaina e l'ecstasy sono un discorso completamente a parte. In Italia il possesso e il commercio di ganja (foglie di marijuana), di hashish (la resina della pianta) e di olio di hashish è punito legalmente, con multe e/o col carcere. Il motivo di tale accanimento contro la simpatica pianti-cella è, da una parte, il danno alle cellule del cervello dato dall'uso e, dall'altra parte, la delinquenza che sta dietro allo spaccio. L'obbiettivo che lo stato quindi si pone è quello di com-battere la criminalità e, nel tempo stesso, perseverare la salute dei suoi cittadini. Qual'è da uno a dieci il successo di questi provvedimen-ti? Vogliamo essere sinceri? Zero. Le mafie che si na-scondono e che campano sulle spalle dello spaccino del parco ci sono ancora. I ragazzi attratti dalla maria come da una bella ragazza non sono certo scomparsi. Quale potrebbe essere, allora, un modo veramente effica-ce per combattere sia la criminalità organizzate sia il fa-scino di un cannone? Rendere la marijuana legale. Difficile da concepire? Chi sta leggendo già immagina i ragazzi fumare nel doposcuola canne al posto delle Mar-lboro? Ragazzini che dalla marijuana ottenuta legalmente passano a dodici anni alla spada? Ma va. Il contrario. Come si fa a combattere la criminalità organizzata? Sem-plice, le si frega il mercato e lo si mette in mano allo sta-to. Risultato: mafiosi che si suicidano, prezzi della mari-juana meno alti e droga più sana. Sottolineo più sana: sapete cosa usano gli spacciatori per tagliare l'hashish e, quindi, trasformare magicamente un grammo in due grammi e guadagnare il doppio? Me-glio ometterlo. Dico solo che l'acqui-sto di hashish è paragonabile a quello del contadino che compra letame per concimare il campo. Come si fa a combattere il fascino esercitato dalla fogliolina? Semplice, la si rende legale e quindi la si fa ap-parire meno trasgressiva. Non c'è modo migliore di far deside-rare una cosa che proibendola. Perchè il governo allora non la lega-lizza? Ancora un attimo ed espongo

la mia teoria. A chi pensa che queste siano utopie vorrei citare l'esem-pio dell'Olanda. In Olanda la marijuana e i vari derivati sono legali dai diciotto anni in su (fino a un certo quanti-tativo, ovviamente). Per i minorenni trovati con la droga esistono, invece, multe salatissime. Come lo immaginate uno stato così? Una terra di fattoni che non lavorano e non studiano? Un'occhiata alla classi-fica dei paesi che consumano più marijuana toglierà ogni dubbio. Guarda un po', l'Italia è seconda dopo la Danimarca e l'Olanda settima (http://www.enjoint.info/?p=1230). In Olanda non esistono però spacciatori che la sera mar-tellano l'avventore del parco col solito ritornello "Vuoi fumo?", non esistono retate, non esistono multe stratosfe-riche e processi per una fumata, non esistono giovani in ospedale per droga tagliata male, non esiste tutto il con-sumo che c'è in Italia. Si commenta da solo, quindi, l'intenzione di limitare l'uso di una droga rendendola illegale. Non è comprensibile tanto accanimento del governo ita-liano contro una sostanza che, pur essendo una droga (come l'alcol, come le sigarette, come facebook), con buon senso, può essere usata senza particolari danni. Di marijuana non è mai morto nessuno, di alcol sì. L'al-col è molto peggio della marijuana. Non esistono mariti che, tornando a casa dopo una fumata, picchiano moglie e figli. Espongo ora la mia teoria sil perchè il governo non lega-lizza la marijuana. Probabilmente il governo italiano è perfettamente co-sciente che la legalizzazione non produrrebbe nessuna catastrofe, anzi. Mi sorge il dubbio che chi ha in mano il

potere (politici, uomini di affari e mafiosi) abbia paura della legalizza-zione perchè ne perderebbe. Ora, non è un mistero se dico che in Italia la mafia e la malavita hanno un grande influsso sulla vita del pae-se. Non dimentichiamoci poi che nelle operazioni antidroga chi ci rimette sono gli spacciatori, "pesci piccoli", e quasi mai i delinquenti pieni di soldi e potere che danno lavoro a questi.

I seguenti articoli espongono un’informazione con l’aggiunta di opinioni personali; per questo gli autori si assumono ogni responsabilità e sottolineano che ciò che è scritto non rispecchia in nessuna maniera il

pensiero della redazione, e liberano quest'ultima da ogni responsabilità.

36 � PRATICANTATI Maggio – Giugno 2010

Nel Mondo

CONVIENE O NO

LEGALIZZARE LA MARIJUANA?

di Riccardo Schoefberger

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Quello della proposta di legalizzazione della marijuana è un argomento spinoso e tuttora di grande attualità, tant’è che le proposte formulate da Riccardo non sono né nuo-ve né le più sconcertanti. Anzi, proprio queste proposte in passato sono state prese in considerazione per trovare una soluzione di questo genere. Leggendo tra qualche notizia sull’argomento, spiccava una cronaca di alcuni anni fa, in cui si racconta-va di un parco di Zurigo dove era stato installato un pre-sidio medico dove dei sanitari specializzati somministra-vano sostanza stupefacente (siamo parlando di eroina, non sicuramente di droghe leggere) a tossicodipendenti, che pertanto venivano seguiti secondo un percorso santi-tario prestabilito. Si è cercato così di capire se con que-sto metodo, che si avvicina molto alla proposta di Ric-cardo, ci fossero dei cambiamenti, ovvero un recupero dei tossicomani, una diminuzione dei reati connessi all’acquisto di stupefacente e soprattutto un calo dei decessi dovuti ad overdose. Ma il progetto, nonostante le premesse positive ed incoraggianti, non ebbe i riscontri sperati su nessun punto considerato e così fu abbandonato. Quella del consumo di droga, come dice Riccardo, è una vera e propria piaga per-ché non è che l’introduzione a tutta un’altra lunghissima serie di problematiche connesse, che si ripercuotono a pioggia su tutta la popolazione che sente l’argomento indiretto e distante: non è facile riusci-re a trovare una soluzione reale e meno pesante del pro-blema stesso. Per capire cosa succede nel nostro paese, recenti statisti-che dicono che il consumo abituale di droga è in calo, mentre aumenta quello occasionale, non meno pericolo-so per la salute, nonostante alcuni studi indichino pro-prietà terapeutiche di qualche sostanza, come la canna-bis. D’altro canto bisogna precisare che non in Italia l’uso di droghe (leggere o pesanti che siano) personale ed in limitata quantità non viene punito con multa e re-clusione, ovvero non è previsto alcun processo e pertanto non segue un possibile periodo di carcerazione. In questo caso, in teoria, si viene avviati verso un percorso tera-peutico di recupero ed eventualmente, se questo non tro-va riscontri positivi, scattano (scatterebbero) delle san-zioni amministrative, come ad esempio il ritiro della pa-tente; viene invece punito in maniera relativamente più severa, ovvero con un processo penale cui segue, a se-conda dei casi, una multa o la reclusione, il trasporto, lo

spaccio e la produzione di stupefacente. C’è da dire che in altri stati occidentali questi aspetti vengono puniti in maniera decisamente più severa, mentre in alcuni territo-ri orientali con pene di estrema gravità.. . Tornando alla statistica, alcune fonti fruibili su internet indicano che il consumo di droghe in Italia, come la Can-nabis, sia in calo; questo dato stride con la statistica di Riccardo, che potrebbe verosimilmente non tener conto del numero totale di abitanti degli stati (l’Italia, che è “seconda in classifica” per consumo di droga, ha una po-polazione di circa 60 milioni di abitanti, mentre l’Olanda, settima, ne ha 16 la Danimarca 10). Comunque , in linea di massima, si potrebbe facilmente essere d’accordo con Riccardo, ma come nota personale vorrei aggiungere che, essendo stato in Olanda e Dani-marca proprio poco tempo fa, al di là dei dolci paesaggi

bucolici, marittimi e delle numerose bellissime e curiose realtà che essi con-tengono, al loro interno non mancano evidenti caratteristiche sociali preoccu-panti, o per lo meno sgradevoli. Nella specifica realtà di Amsterdam e Copenaghen, il consumo di droghe è decisamente alto ed a seconda della tipologia di sostanza, è legale o comun-que tollerato. La cosa preoccupante è

invece constatare con una triste frequenza, persone giova-ni che “scabinano” per le strade dopo il consumo di tali sostanze. Ma per carità, non essendo illegale, la situazio-ne fa solo pensare: in passato ci sono anche stati governi che hanno proibito (oggi diciamo ridicolmente) l’assunzione di bevande alcoliche, e per assurdo nessuno di noi si sognerebbe di criminalizzare le massaie poiché detentrici di armi bianche nelle mura domestiche. Bersi una birra o affettare l’arrosto per fortuna non è illegale. Pensare però alla facilità nel drogarsi ed alterare il pro-prio stato mentale, fa capire che ciò può portare a com-mettere cose che coscientemente non si farebbero toglien-do i freni inibitori ad un ego che si tiene nascosto, ed arri-vando magari a fare cose di cui è facile pentirsi, come purtroppo le cronache spesso ci ricordano. Se una società concepisce la libertà di assumere droghe, allora quella stessa società accetta di essere a volte un po’obnubilata, con tutte le conseguenze che ne derivano. E’ difficile pensare di misurarsi con un popolo che faccia libero uso di sostanze stupefacenti, a causa delle quali - anche in piccolissime dosi - pare che si alterino in maniera irrever-sibile le facoltà celebrali. Riflettiamoci sopra.

Non penso sia fantascienza ipotizzare un forte legame tra parte della politica e malavita. Con politica intendo sia destra che sinistra (preciso questo perchè sull'ultimo gior-nalino qualcuno mi accusava ingiustamente di volere un

"giornalino di regime”). A chi pensa che ciò che è stato detto non sia vero e mia pura fantasia invito ad aprire un giornale.

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FACCIAMO UN PO’ D’ORDINE di Silvio Defant

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Ivan 2a E you are so cute… :)

Gulp!

VOLETE CONTATTARE LA REDAZIONE DI

PRATICANTATI?: FATE COSI: � contattate la redazione utilizzando la e-mail [email protected]

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messaggeria di

PRATICANTATI

NOM. Mosna

GEN. Mosnae

DAT. Mosnae

ACC. Mosnam

VOC. Fede!!!

ABL. Mosna

Alessandro Pardi 3 C hai degli occhi stupendi!!!!

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len-

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S. VD I love you...

P. 322 del GI Sotto αποψάω, αποµυξαµενοϛ... µου πρός την κεφαλήν...

Marco 6 molto carino!!! ♥

Enrico 5D:

Smettila di

rubare i

sellini alle

bici!!!

“Porti i pantaloni da extraterrestre?” “No, perché?”

“perché hai un culo fuori dal mon-do!”

La coniglia! Mi chiedo se sia

possibile!!! La coniglia!

Forever

young, I

want to

be fo-

rever

young...

Caro giornalino del mio cuore, devvo vin-cere una scommessa con i miei genitori.

Poldo sei bellissimo! ♥

By quartina infatuata

Per Lucio: grazie!!!

In bocca al lupo per gli

esami (6 sempre il miglio-

re!!!).

Ricordati di noi. Peace &

Love

By C. e P. (D.C. L. C. C.)

A chi si alza con il sorriso A chi ama la cioccolata con le nocciole

A chi regala ancora fiori A chi crede in quello che fa

Ad Ari, Silvia e Ila A chi canticchia venendo a scuola A chi si ferma a guardare il cielo

Ai Sundey Drivers A chi sogna ad occhi aperti e chiusi

A tutti i musicisti Alla mia classe Agli innamorati

BUONA GIORNATA R.

PRATICANTATI

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Pesce sei bellissimo!

“Dove c’è Lucio “Dove c’è Lucio “Dove c’è Lucio “Dove c’è Lucio

c’è casa hai rot-c’è casa hai rot-c’è casa hai rot-c’è casa hai rot-

to”!!! Giuliato”!!! Giuliato”!!! Giuliato”!!! Giulia

Martino 3D 6 grande!!!

Miky non lasciarci!!!

Marty e Patty

La vita è un biscotto se pio-ve si scioglie muhahaha

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