MAG - AGO 2013 Società MiSSioni africane...

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MAG - AGO 2013 numero 121 Autorizzazione del Tribunale di Genova N° 18 del 2 aprile 1990 - Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: “Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n.46) art.1, comma 2, DCB Genova” - DETENTORE DEL CONTO PER RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA. Imprimé à taxe réduite taxe perçue -Tassa riscossa CMP/CPO Genova -Italia Red./Amm. SMA NOTIZIE Via Francesco Borghero 4 16148 Genova (GE) Tel. 010.307011 Fax 010.30701240 - C.C.P. 479162 Direttore Responsabile: S. Galli. Redazione: G. Benetti, M. Bonazzetti, A. Porcellato, I. Micheli, R. Zoggia. Stampa Erga Edizioni - Via Imperiale 41r. 16143 Genova Contiene inserto redazionale “SMA Solidale Onlus” Iscritta all’Unione Stampa Periodica Italiana Federazione Stampa Missionaria Italiana SOCIETÀ MISSIONI AFRICANE Messaggio dell’Assemblea Carissimi Il Papa che viene dalla “fine del mondo”, con il suo stile di presenza e di servizio e la nuova speranza che egli ha infuso in una Chiesa e in una società malate di stanchezza e di sfiducia, ha marcato anche noi lungo tutta questa assemblea. Papa Francesco ci ha esortato in questi mesi a tornare alla semplicità del Vangelo “sine glossa”, ad essere Chiesa povera che sta con i poveri, ad andare verso la gente, a stare nelle periferie geografiche ed esistenziali, a sentirci fratelli tra fratelli, a lasciarci impregnare dall’“odore delle pecore”. Gira aria nuova nella Chiesa, come quando 50 anni fa il Concilio indetto da Papa Giovanni “aprì le finestre” e invitò la Chiesa a guardare al mondo con simpatia e ad essere “sacramento” dell’ unità di tutto il genere umano. Chiamati in Assemblea per riscoprire l’attualità della nostra vocazione missionaria e discernere il cammino dei prossimi anni, in fedeltà creativa al carisma delle origini, anche noi, nonostante e attraverso tutte le nostre fragilità e le ferite del mondo in cui viviamo, ci siamo sentiti felici di essere Chiesa, di essere nella SMA, di essere inviati ad annunciare la Buona Notizia della tenerezza di Dio verso tutti. Con Papa Francesco anche noi vorremmo dire tanti “Non abbiate paura!”: “Non abbiate paura della bontà e della tenerezza” con i confratelli, soprattutto con i più anziani e gli ammalati, con gli immigrati, con i parrocchiani e con chi è lontano dalla Chiesa o sta in una religione diversa. “Non abbiate paura di compromettervi”, in un servizio per la comunità, in una nuova partenza, nella lotta contro le ingiustizie e per la pace, nella condivisione delle incertezze dei più poveri, nella comunione di vita e di missione in una SMA sempre più internazionale. “Non abbiate paura della solidarietà” rivedendo lo stile di vita, facendo posto ai poveri, assumendo responsabilità e servizi in comunità. A tutti i giovani che incontriamo vogliamo ricordare le parole del Papa: “I giovani devono dire al mondo: è buono seguire Gesù; è buono andare con Gesù; è buono il messaggio di Gesù; è buono uscire da se stessi, alle periferie del mondo e dell’esistenza per portare Gesù!“. Oltre al Papa che viene dalla “fine del mondo” ci ha colpito anche il folto numero di confratelli “dal sud del mondo” presenti alla nostra Assemblea Generale. Il baricentro della Chiesa e della SMA si sposta verso il sud del mondo. Non siamo più protagonisti di una missione che parte dal nord verso il sud, siamo collaboratori di chiese locali che devono sentirsi responsabili della missione “ad gentes” e di confratelli africani, asiatici e latino- (continua a pag.. 2) DALLA MISSIONE ASSEMBLEA GENERALE Pag. 6 FOCUS ON AFRICA NAMIBIA, TERRA D’AFRICA Pag. 12 SMA ITALIA ASSEMBLEA PROVINCIALE pag. 2 (nella foto: i partecipanti all’Assemplea Provinciale 2013) SMA notizie MISSIONE INSIEME

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MAG - AGO 2013 numero 121

Autorizzazione del Tribunale di Genova N° 18 del 2 aprile 1990 - Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: “Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n.46) art.1, comma 2, DCB Genova” - detentore del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa. Imprimé à taxe réduite taxe perçue -Tassa riscossa CMP/CPO Genova -Italia Red./Amm. SMA NOTIZIE Via Francesco Borghero 4 16148 Genova (GE) Tel. 010.307011 Fax 010.30701240 - C.C.P. 479162 Direttore Responsabile: S. Galli. Redazione: G. Benetti, M. Bonazzetti, A. Porcellato, I. Micheli, R. Zoggia. Stampa Erga Edizioni - Via Imperiale 41r. 16143 Genova

Contiene inserto redazionale “SMA Solidale Onlus”Iscritta all’Unione Stampa Periodica Italiana Federazione Stampa Missionaria Italiana

Società MiSSioni africane

Messaggio dell’Assemblea

CarissimiIl Papa che viene dalla “fine del mondo”, con il suo stile di presenza e di servizio e la nuova speranza che egli ha infuso in una Chiesa e in una società malate di stanchezza e di sfiducia, ha marcato anche noi lungo tutta questa assemblea.

Papa Francesco ci ha esortato in questi mesi a tornare alla semplicità del Vangelo “sine glossa”, ad essere Chiesa povera che sta con i poveri, ad andare verso la gente, a stare nelle periferie geografiche ed esistenziali, a sentirci fratelli tra fratelli, a lasciarci impregnare dall’“odore delle pecore”.

Gira aria nuova nella Chiesa, come quando 50 anni fa il Concilio indetto da Papa Giovanni “aprì le finestre” e invitò la Chiesa a guardare al mondo con simpatia e ad essere “sacramento” dell’ unità di tutto il genere umano.

Chiamati in Assemblea per riscoprire l’attualità della nostra vocazione missionaria e discernere il cammino dei prossimi anni, in fedeltà creativa al carisma delle origini, anche noi, nonostante e attraverso tutte le nostre fragilità e le ferite del mondo in cui viviamo, ci siamo sentiti felici di essere Chiesa, di essere nella SMA, di essere inviati ad annunciare la Buona Notizia della tenerezza di Dio verso tutti.

Con Papa Francesco anche noi vorremmo dire tanti “Non abbiate paura!”:“Non abbiate paura della bontà e della tenerezza” con i confratelli, soprattutto con i più anziani e gli ammalati, con gli immigrati, con i parrocchiani e con chi è lontano dalla Chiesa o sta in una religione diversa.“Non abbiate paura di compromettervi”, in un servizio per la comunità, in una nuova partenza, nella lotta contro le ingiustizie e per la pace, nella condivisione delle incertezze dei più poveri, nella comunione di vita e di missione in una SMA sempre più internazionale.

“Non abbiate paura della solidarietà” rivedendo lo stile di vita, facendo posto ai poveri, assumendo responsabilità e servizi in comunità.

A tutti i giovani che incontriamo vogliamo ricordare le parole del Papa: “I giovani devono dire al mondo: è buono seguire Gesù; è buono andare con Gesù; è buono il messaggio di Gesù; è buono uscire da se stessi, alle periferie del mondo e dell’esistenza per portare Gesù!“.

Oltre al Papa che viene dalla “fine del mondo” ci ha colpito anche il folto numero di confratelli “dal sud del mondo” presenti alla nostra Assemblea Generale. Il baricentro della Chiesa e della SMA si sposta verso il sud del mondo. Non siamo più protagonisti di una missione che parte dal nord verso il sud, siamo collaboratori di chiese locali che devono sentirsi responsabili della missione “ad gentes” e di confratelli africani, asiatici e latino-

(continua a pag.. 2)

DALLA MISSIONE ASSEMBLEA GEnErALE Pag. 6 FOCUS ON AFRICA

nAMiBiA, tErrA d’AfricA Pag. 12SMA ITALIAASSEMBLEA prOvinciALE pag. 2

(nella foto: i partecipanti all’Assemplea Provinciale 2013)

SMAnotizie

MiSSione inSieMe

Padre Paul Enin (con P. Lionello), ex vicario gnerale che ha animato il nostro incontro

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SMA - SOCIETà MISSIOnI AfrICAnE

Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità. (Gal 5,6).Non cercate di costruire su altro fondamento, cari giovani, infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo (1Cor 3,11). Tutto ciò che non poggia su questo fondamento è come una casa costruita sulla sabbia.”

(Brésillac - Soissons, juin 1855;, 549-550).

SMA

MeSSaggio dell’aSSeMbleaamericani che condividono con noi la passione per l’annuncio. Sempre di più, nelle comunità in Europa e in Africa, saremo chiamati a lavorare insieme, vedendo l’interculturalità non come un problema, ma come una risorsa, fieri di avere potuto trasmettere ad altri l’ardore missionario che lo Spirito ha acceso nel Fondatore e in tutta la storia della SMA.

è insieme alle nostre Chiese d’origine e di ministero, insieme alle nuove realtà della SMA internazionale, insieme alle Suore NSA, agli altri istituti religiosi e missionari, insieme ai laici che chiedono di condividere il nostro carisma, che vogliamo “essere una risposta concreta alla vocazione missionaria della Chiesa, principalmente tra gli Africani e i popoli di origine africana” (cfr CL 2)Nel momento in cui anche in Africa si fa sentire il vento della partecipazione e il desiderio della democrazia, facciamo nostre le aspirazioni di libertà dei nostri popoli e ci impegniamo a sostenerli nella loro ricerca di libertà e di dignità, rimanendo vicini in particolare ai migranti e agli esclusi della storia.

Oltre alle motivazioni spirituali, anche la crisi economica che si vive in Europa e le condizioni di povertà delle nostre comunità in Africa ci spingono ad uno stile di vita sobrio e semplice, ad un uso responsabile delle nostre risorse e del nostro tempo, cercando “standards di vita” alti non a livello economico, ma etico-spirituale.

Ci siamo accorti che molte cose che volevamo dire nei testi di questa Assemblea, già erano state dette, forse anche meglio, nelle assemblee precedenti. Come lo scriba del vangelo, “che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (Mt 13,52), anche noi abbiamo ripreso cose già scritte in passato, perché esse rimangono pietre miliari del nostro cammino. I testi delle Assemblee sono efficaci non solo se sono scritti bene, ma soprattutto, se sono tradotti e incarnati nella nostra vita.

L’Assemblea è stata per noi un grande momento di comunione. Dal 25 al 29 giugno eravamo più di 30 confratelli a partecipare alla Mini Assemblea. Anche gli altri erano con noi nella preghiera e attraverso i rapporti presentati. Leggendoli ci siamo resi conto dei “mirabilia Dei” di cui è intessuta la vita e il servizio dei confratelli e delle comunità.

Ringraziamo di cuore l’Equipe che ci ha guidato negli scorsi sei anni: P. Lionello Melchiori, P. Antonio Porcellato e P. Andrea Mandonico e ci stringiamo attorno alla nuova équipe che abbiamo scelto: P. Luigino Frattin, P. Leopoldo Molena e P. Lorenzo Snider. Per loro preghiamo:

“Incominciamo questo cammino ... di fratellanza, amore, fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi, l’uno per l’altro, perché vi sia una grande fratellanza» (Papa Francesco).

In quest’anno della fede, alla soglia del bicentenario della nascita del nostro Fondatore, vogliamo ricordare le sue parole: “Preparatevi al vostro futuro ministero facendo grandi provviste di fede. Non affidatevi alla vostra scienza, alla vostra eloquenza e agli altri vantaggi naturali che vi derivano dai talenti, dalla fortuna, dall’abilità nel tessere relazioni. Tutto questo vi servirà solo se riporrete la vostra fiducia nella fede. Perché in Cristo

Una riunione dell’Assemblea Provinciale

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I partecipanti alla miniassemblea che ha preceduto l’Assemblea Provinciale

il nuovo conSiglio provinciale

P. LEOPOLDO MOLENAè nato a Piove di Sacco il 24 Aprile 1953, è stato ordinato sacerdote SMA l’8 giugno 1986. Ha lavorato dapprima in Costa d’Avorio, in particolare nella parrocchia di Port Bouet, nei pressi di Abidjan. Dal 1992 al 2001 è stato in Italia, a Genova come formatore e come consigliere provinciale. E’ poi tornato in Africa, sempre con il compito di formatore dei seminaristi SMA dapprima a Ibadan (Nigeria) e poi a Calavi ( Benin). Dove fino all’anno scorso è stato Superiore del Centro Brésillac, sede dell’Anno Internazionale di spiritualità. Come viceprovinciale ha un incarico di 6 anni, fino al 2019.

P. LuigiNO FrAttiN è nato a Loria (TV), il 10 febbraio 1953 (compie gli anni lo stesso giorno del Superiore Generale della SMA, P. Fachtna, che è più giovane di un anno). Dopo gli studi secondari nel Seminario Vescovile di Treviso, è entrato nel 1972 alla SMA ed ha frequentato la teologia nel Seminario di Genova. Ordinato sacerdote il 30 settembre 1978, ha passato dapprima un anno a Feriole (PD) e poi il 10 agosto 1979 è partito per a Costa d’Avorio insieme con P. Finotti . Per 10 anni ha lavorato Abengourou e Bondoukou e con una parentesi di due anni a Roma dove nel 1988 ha conseguito una licenza in missiologia all’Università Gregoriana. Dal 1991 al 1998 è tornato in Italia per animazione missionaria dapprima nella casa di Palombaio (BA) e poi in quella di Feriole. Nel 1999, dopo un breve soggiorno in Portogallo per imparare la Lingua, è andato a Luanda (Angola) dove è rimasto 14 anni, fino a pochi giorni fa. è sempre rimasto nel quartiere di Kikolo, dove ha visto crescere tumultuosamente la popolazione, nascere la parrocchia del Bom Pastor e infine la diocesi di Caxito, di cui è Vicario Generale.

P. LOrENzO SNiDErNato nelle montagne di Chiavenna il 23 ottobre 1976, ha frequentato il Seminario di Como da dove è passato alla SMA.

Dopo due anni di esperienza in Costa d’Avorio a Abidjan, è stato ordinato sacerdote il 10 giugno 2006. Ha poi continuato il suo ministero in Costa d’Avorio nella diocesi di San Pedro, prima in città e poi nella nuova parrocchia di Doba. Attualmente è animatore Missionario nella Comunità di Feriole.

iL ruOLO DEL CONSigLiO PrOviNCiALE

Il Superiore Provinciale e il suo Consiglio governano e animano la Provincia secondo le Costituzioni e le Leggi della Società, e le decisioni delle Assemblee Generali e Provinciali (cfr CL 106). Essi formano insieme un’”équipe” di cui il Superiore Provinciale è il responsabile.

Il Superiore Provinciale ha un Consiglio è formato da due membri: il Vice-provinciale e il Consigliere provinciale. Come il Superiore Provinciale, anch’essi risiedono in Italia.

Superiore Provinciale e il suo Consiglio si riuniscono regolarmente per un tempo sufficiente al fine di pregare, studiare, riflettere e provvedere insieme all’animazione e alla amministrazione della Provincia.

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SMA - SOCIETà MISSIOnI AfrICAnE SMA

2013-2014Festa SMA

FERIOLE 2013

“Ti stavo aspettando...”...Perché vi porto nel cuore

(Fil 1,7)

Ecco il programma della festa SMA di quest’anno:

Venerdì 6 settembre, ore 21.00Fiaccolata a Feriole: testimonianze e segni per la missione di oggi e di domani

Sabato 7 settembre, ore 18.00Eucaristia di apertura, con il nuovo consiglio generale

Domenica 8 settembre, ore 10.30Eucaristia: ‘la missione che porto nel cuore’

ore 21.00Spazio Giovani (musica, testimonianze, immagini dal mondo giovane)

Mercoledì 11 settembre, ore 21.00Cineforum

Venerdì 13 settembre, ore 21.00Veglia di preghiera: ‘Ti stavo aspettando...’: l’amore di Dio, il grido dell’uomo

Sabato 14 settembre, ore 18.00Eucaristia

Domenica 15 settembre, ore 10.30Eucaristia della famiglia

Nei due week end: incontri, filmati, spazio ‘adorazione’,

danze, giochi per ogni età, pesca, mercatini e stand gastronomico

GARANZIA DI TUTELA DEI DATI PERSONALI. La Società Missioni Africane gestisce i vostri dati personali in conformità alla Legge sulla Privacy n° 675/96. Essi sono trattati direttamente dalla SMA per l’invio delle sue pubblicazioni e informazioni sulle proprie iniziative. Non sono comunicati o ceduti a terzi. Responsabile dei dati è: Padre Procuratore SMA, via Borghero 4, Genova. I vostri dati anagrafici sono condivisi, con gli stessi criteri, con l’Associazione SMA Solidale Onlus, Via Romana di Quarto 179, Genova. In conformità al DL 30/06/2003 n° 196 potete in ogni momento consultare i dati che vi riguardano e chiederne la cancellazione, dietro semplice richiesta scritta.

Nelson Mandela, icona del nostro tempo e simbolo di democrazia e di speranza per i popoli oppressi di tutto il

mondo, in questi giorni lotta tra la vita e la morte in un letto d’ospedale a Pretoria, la sua città, circondato dall’affetto di molti che hanno lottato accanto a lui per cancellare dal Sudafrica la vergogna dell’Apartheid. Anche se per arrivare ad una piena realizzazione del sogno di Mandela la strada da fare è ancora molto lunga, in questo numero di SMA Notizie ci sembra importante dare spazio alla sua figura e lo facciamo riportando un articolo comparso il 18 luglio, giorno del suo 95° compleanno, su Internazionale. (http://www.internazionale.it/news/sudafrica/2013/07/18/tanti-auguri-madiba-2/)

Tanti auguri MadibaL’ex presidente sudafricano Nelson Mandela oggi festeggia i suoi 95 anni in ospedale. è ricoverato in una clinica di Pretoria dall’8 giugno per una grave infezione ai polmoni. In occasione del suo compleanno il presidente sudafricano Jacob Zuma ha dichiarato che le condizioni di Mandela migliorano di giorno in giorno. Per la prima volta da quando Mandela è in ospedale, non si parla di una situazione “critica” in un comunicato stampa divulgato dalla presidenza sulla salute dell’ex presidente.

Il 18 luglio, giorno del compleanno di Mandela, si festeggia il Mandela day in tutto il mondo. Si tratta di una giornata dedicata dall’Onu all’ex presidente sudafricano, in cui vengono promosse azioni benefiche e di sostegno dei diritti umani. Ciascun cittadino dovrebbe dedicare almeno 67 minuti della sua giornata al servizio degli altri, durante il Mandela day, in omaggio ai 67 anni di militanza di Nelson Mandela, eroe della lotta contro l’apartheid.Il presidente statunitense Barack Obama ha fatto gli auguri a Mandela e ha ricordato che è “un esempio straordinario di coraggio, gentilezza e umiltà”.Una delle figlie di Mandela, Zindzi, ha dichiarato a Sky News che la salute di suo padre “fa dei discreti progressi”. Una buona notizia, dopo che nelle ultime settimane c’era stata molta apprensione intorno alle condizioni di salute dell’anziano leader.

Una lunga vita di lotte. Mandela è nato il 18 luglio 1918 dalla famiglia reale dei thembu, una tribù di etnia xhosa della provincia del Capo orientale. Il suo nome in lingua xhosa, Rolihlahla, ha un significato quasi profetico: “attaccabrighe”. Sarà chiamato Nelson solo quando comincerà a frequentare il collegio britannico di Healdtown.Studia legge all’università di Fort Hare e all’università di Witwatersrand, a Johannesburg. Nella metà degli anni quaranta si unisce all’African national congress (Anc). Insieme a Walter Sisulu e Oliver Tambo, crea la Lega giovanile dell’Anc. Dal 1948 partecipa attivamente alle campagne di resistenza contro la politica di apartheid e segregazione razziale messa in atto dal regime.In quegli anni Mandela fonda uno studio legale per dare assistenza a basso prezzo o gratuita ai neri che diventa il centro della lotta alla discriminazione razziale. Nel 1962 viene arrestato e condannato a cinque anni di lavori forzati per incitamento alla dissidenza e viaggi all’estero non autorizzati. Mentre sconta la condanna, è di nuovo accusato di sabotaggio al processo di Rivonia. Nel 1964 Mandela è condannato con i suoi compagni alla pena massima: l’ergastolo, da scontare a Robben island, un isolotto in mezzo all’oceano Atlantico di fronte a Città del Capo.In prigione diventa il leader della lotta contro l’apartheid. Dopo aver rifiutato più volte di essere liberato o di ricevere un trattamento di riguardo in carcere in cambio di un appello all’Anc perché cessasse la lotta, viene liberato l’11 febbraio 1990, soprattutto grazie alle pressioni della comunità internazionale.

Appena uscito di prigione, diventa presidente dell’Anc e avvia un dialogo con il presidente Frederik De Klerk per pacificare il paese: nel 1993 i due leader sudafricani ricevono il premio Nobel per la pace.Nel 1994 Mandela si candida alle elezioni presidenziali. è una campagna elettorale quasi scontata e Mandela viene eletto: è il primo presidente nero del paese. Nel corso della sua presidenza viene istituita la Commissione per la verità e la riconciliazione, che ascolta le testimonianze delle vittime e dei responsabili dei crimini commessi durante l’apartheid.

Il 18 luglio 1998, il giorno del suo ottantesimo compleanno, Mandela, che nel 1992 si era separato dalla moglie Winnie, sposa Graça Machel, vedova del defunto presidente del Mozambico Samora Machel.

Mandela si è ritirato ufficialmente dalla vita pubblica nel 1999, mantenendo attivo il suo impegno a favore dei diritti umani, in particolare della lotta all’aids.

Nelson Mandela, in prima fila per l’uguaglianza dei popoli

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itALiAgenova

la SMa in feStaUn po’ in ritardo rispetto alle date solite,

fine giugno in concomitanza con l’anniversario della morte del fondatore Mons de Brèsillaca avvenuta il 25 giugno 1859, anche quest’anno si è tenuta l’annuale festa-incontro presso la casa della SMA a Genova quarto.Le occasioni di ringraziare Dio facendo festa non mancavano. Oltre alle “solite”, c’era la presentazione e il confidare a Dio il servizio dei nuovi responsabili che guideranno la SMA italiana per i prossimi sei anni (per conoscerli meglio vedi pag. 3).I giubilei sacerdotali di P. Lorenzo Rapetti e di p. Dario Falcone, tutti e due con 50 anni di ministero a servizio di Dio e delle comunità. Un po’ più indietro nel cammino ma appunto in cammino P. Giovanni Benetti e p. Walter Maccalli, arrivati a 25 anni di ministero. P. Walter non era presente fisicamente, ma in comunione con noi dalla sua missione di Nambuangongo in Angola.Inoltre festeggiavano i 60 anni di vita religiosa suor Maria Grazia Fontane e suor Gaetana Torre, suore di Nostra Signora degli Apostoli che vivono nella comunità di Genova.Nel tardo pomeriggio all’accoglienza dei vari amici che hanno avuto la gioia di incontrare i vari padri, presenti in buon numero a causa dell’Assemblea Provinciale, è seguita la celebrazione Eucaristica presieduta da p. Luigino Frattin, nuovo superiore provinciale. Celebrazione Eucaristica animata dalla corale di Murazzo, la parrocchia dove svolge il ministero P. Dario Falcone.Terminata l’eucaristia, con il festeggiamento di tutti i padri giubilari e delle suore, la festa è continuata con la condivisione della cena. Ognuno aveva portato qualcosa e ognuno ha avuto qualcosa. Anche questo è motivo di gioia.

In alto: la celebrazione Eucaristica presieduta da P. Luigino Frattin, nuovo provinciale. Sotto: i preparativi e il “finale” della festa

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in caMMino... per forMare2013 ASSEMBLEE SMA

di trasparenza, dove ogni persona, compresi i bambini, è rispettata.

La formazioneLa formazione dei giovani che vogliono diventare missionari: nella formazione, l’equilibrio personale è più importante che le cose da studiare e da conoscere; i nuovi missionari della SMA dovranno avere una più solida formazione: non si tratta solo di “predicare il Vangelo”, ma di conoscere la gente a cui siamo inviati, la loro cultura, la loro lingua, veicolo necessario per poterli incontrare in profondità. La formazione richiede tempi più lunghi di una volta: oltre agli studi di filosofia e di teologia (almeno 6 anni pieni), i futuri missionari devono accettare di vivere un anno di spiritualità che faccia conoscere il Fondatore, la spiritualità SMA come base per vivere insieme, per scegliere e programmare le attività apostoliche che tengano conto che siamo “per i più abbandonati”, sia in zone di prima evangelizzazione che nelle periferie delle città abitate da popolazioni venute dalle campagne con la speranza di un futuro migliore; è una vita spirituale seria che deve sostenerci per essere veri testimoni di Gesù Cristo, Amore di Dio che salva ogni uomo e tutto l’uomo. La sfida nuova che ci sta davanti è quella di vivere la vita in comune e internazionale più in profondità e questo non è sempre facile.La formazione all’interculturalità ha bisogno di allenamento; esso si impara lavorando insieme nelle piccole attività di ogni giorno (lavori manuali, attività parrocchiali), nella preghiera, nell’accoglienza della gente. La spiritualità fondata sui consigli evangelici

delle varie comunità nazionali in Europa, Africa e Asia, poi quelle di ogni comunità nei rispettivi paesi, quelle che nel nostro gergo chiamiamo Province, Distretti e Distretti in formazione.“SMA Notizie” ha cercato in questi ultimi numeri di mettervi al corrente e di sensibilizzarvi a questi importanti appuntamenti.

L’Assemblea GeneraleL’assemblea generale si è tenuta a Roma, alla casa generalizia della SMA, dal 9 aprile al 4 maggio 2013.Si è conclusa con i dei testi che vogliono guidare la nostra vita di missionari nel prossimo futuro:le scelte della nostra Missione, soprattutto in Africa : luoghi di prima evangelizzazione, i gruppi umani “più poveri e più abbandonati” da privilegiare, le situazioni di conflitto da affrontare come pure quelle dell’estremismo religioso e di violenza dove siamo presenti.Abbiamo ribadito che la nostra missione non è legata a dei “territori di missione”, ma a dei gruppi umani dimenticati, come i rifugiati, i prigionieri, le vittime del traffico umano (prostituzione delle ragazze in Europa).Per poter far condividere la nostra missione con chi ci è amico e prega per noi, dobbiamo pure avvalerci delle nuove tecnologie per diffondere il nostro messaggio e la nostra testimonianza di missionari, usando dei mezzi moderni per entrare in dialogo con le persone che vogliono interpellarci.La Missione a noi affidata esige una vita morale di “alta qualità” dove il celibato è veramente vissuto, dove l’autorità è servizio, dove dobbiamo dare prova di responsabilità e

Ogni sei anni la Società delle Missioni Africane (SMA.) è chiamata a rinnovarsi

nelle strutture, nei superiori che dovranno guidarla, ma soprattutto nello spirito.Rinnovare lo spirito significa avere anzitutto la capacità di guardare e capire ciò che la società umana, ma soprattutto quella della parte di Africa dove siamo chiamati a evangelizzare, sta vivendo, quali sono i problemi, come li affrontano e quale è invece la nostra risposta, quella del Vangelo che siamo chiamati a proclamare e a vivere.

In questi ultimi tempi si tratta spesso di fare attenzione ai conflitti interni inventati o imposti al continente africano da chi vuole approfittarne dall’esterno per appropriarsi delle materie prime, ma anche di conflitti tra generazioni , tra i detentori delle tradizioni secolari e dei giovani che vivono nell’era della globalizzazione e della comunicazione virtuale.

Ci sono inoltre i conflitti nuovi drammaticamente creati tra religioni e che prima non esistevano: la parte dell’Islam radicale e il cristianesimo, visto come distruzione del “credente”, accusato di portare il secolarismo occidentale, che si oppone ai valori spirituali del fedeli di Allah e del suo profeta Maometto.

La Chiesa e i suoi diretti responsabili, i vescovi e il clero locale, anzitutto, ma anche noi missionari siamo chiamati a dare delle risposte.E’ dunque per questo che ogni sei anni la SMA ha bisogno di confrontarsi e rinnovarsi attraverso le Assemblee, prima quella generale, alla quale partecipano tutti i responsabile

I partecipanti all’Assembea Generale con al centro il nuovo Consiglio Generale

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2013 ASSEMBLEE SMA

e sul carisma di Mons.. De Brésillac e dei padri che hanno seguito le sue tracce, richiede amore senza condizioni, rispetto e apprezzamento reciproci. Ai formatori è richiesto di formare non dei semplici preti che presentino il Vangelo e la Chiesa, ma degli uomini solidi, maturi, veri, sicuri nella risposta alla loro vocazione, coscienti però delle loro fragilità che li mantiene umili e bisognosi dell’aiuto di Dio e degli altri.

Lo stile di vitaLo stile di vita comunitaria e internazionale deve far seguito alla spiritualità, dove il vivere insieme diversi per cultura e per comportamenti, diventa ricchezza da testimoniare come presenza di Dio attraverso una vita comunitaria vissuta con convinzione, passione e gioia, anche se bisogna mettere in conto le difficoltà di relazioni derivate da culture diverse, da diversi caratteri; la vita fraterna a cui Dio ci chiama è segno visibile del nuovo popolo che Dio ha fondato con l’invio di Gesù Cristo, è immagine della Trinità che vive di amore;

L’amministrazione e le nuove strutturel’amministrazione e le nuove strutture da rivedere, perché la SMA è un’unica realtà e non tante entità staccate l’una dall’altra. La SMA in Europa e in America sta invecchiando e ha bisogno di personale giovane che ci può venire solo dall’Africa e dall’Asia dove la SMA si sviluppa sempre di più.E’ necessario che ci sia scambio di ricchezze che facciano vivere la nostra comunità missionaria: alle ricchezze materiali e finanziarie che vengono dalle vecchie comunità europee e americane, deve corrispondere uno scambio di ricchezze in personale provenienti dall’Africa e dall’India, dove le vocazioni alla vita missionaria sono ancora numerose.

Le finanzeLe finanze: da sempre la SMA ha vissuto la sua missione grazie all’aiuto di tanti benefattori.Il sostegno finanziario dei missionari che vivono in zone dove la comunità cristiana non esiste o è ridotta a poche persone, per lo più povere, richiede un minimo di strutture per vivere e di cappelle per la riunione dei fedeli , come pure di mezzi di trasporto per visitare la gente sparsa in numerosi villaggi e accampamenti, molte volte distanti dalla missione centrale decine di chilometri, a volte superano anche i 100.La SMA internazionale vive di carità; i fondi per la prima evangelizzazione e per la solidarietà gestito dal consiglio generale sono quelli più importanti, assieme a quello della formazione dei futuri missionari e per la gestione delle varie case in cui sono formati.

La SMA italiana ha lanciato, oltre alla richiesta di questue nelle giornate missionarie, di offerte per celebrare delle S. Messe, di doni, di lasciti, le borse di studio per aiutare alla formazione di questi giovani seminaristi missionari che sono chiamate BSAG (borse di studio “ad gentes”): è una maniera che proponiamo anche a chi,

come voi, ci sostiene e vuole partecipare con noi per continuare la missione di Gesù a noi affidata perché questi prossimi missionari africani e indiani possano affiancarsi a noi, anche in Italia.Nella Santa Messa di ringraziamento alla fine dell’assemblea generale ci è stato dato un motto che diventa così anche un impegno: è in fondo alla vecchia corda che si può tessera la nuova (proverbio africano).La frase illustra molto bene ciò che noi abbiamo vissuto e cercato di proporci per l’avvenire; una proposta di continuità e di autenticità, di fedeltà al passato e di slancio per un nuovo avvenire.

Ci guiderà un nuovo gruppo di superiori abbastanza giovani, tra i quali il nostro p. Antonio Porcellato eletto come vicario generale della SMA internazionale. Il superiore generale, irlandese P. Facthna O’Driscoll, 59 anni, avrà come consiglieri, oltre a P. Antonio (58 anni), due padri che vengono dalle nuove comunità missionarie della SMA, l’uno dal Benin, dove P. Francesco Borghero è arrivato come primo missionario 152 anni fa, il P. François Gnonhossou (52 anni) e l’altro dall’India, dove il nostro fondatore è stato missionario e vescovo, il P. Francis Rozario (38 anni), uno tra i più giovani delegati all’assemblea generale.

Essi dovranno aiutare tutta la SMA a rinnovarsi mettendo il pratica ciò che per un mese l’assemblea generale è stata chiamata a riflettere e a proporre a tutta la SMA per l’avvenire dei 6 prossimi anni.Le varie assemblee delle entità nazionali (Province, Distretti, Distretti in formazione) dovranno riprendere i documenti dell’assemblea generale per applicarli alle loro singole realtà facendo scelte di Missione, Spiritualità, Stile di vita, Formazione, Strutture e Amministrazione, Finanze che siano coerenti con quanto deciso dall’assemblea generale.

Non ci è mancata la sollecitazione, sempre presente soprattutto nella preghiera, dell’impegno della Chiesa per una “nuova evangelizzazione”, del meditare sulle parole e sui gesti del nuovo Papa Francesco che abbiamo potuto incontrare il primo maggio, in particolare per una spiritualità e uno stile di vita che sia in rapporto con ciò che vivono i poveri del mondo e specialmente dell’Africa, in una vita di fraternità aperta alla gente che siamo chiamati a incontrare, a conoscere, ad amare, ad evangelizzare.

Ma soprattutto la riflessione ha avuto come sfondo la consapevolezza rinnovata della necessità anche della presenza di missionari in Africa.

un Solo popolo di fratelli

Quale sarà l’avvenire della SMA dopo questa assemblea generale?

Sarà quello che costruiremo insieme come unica comunità internazionale voluta da Dio attraverso la chiamata di Mons. De Brésillac che ha voluto non solo essere fondatore di una comunità missionaria, ma che è stato tra i primi a partire per la missione e tra i primi a morire per essa per primo ha dato la vita a 46 anni. Ma abbiamo bisogno anche della vostra collaborazione con la preghiera, l’amicizia e l’aiuto nei modi che vi sono possibili.

Lo spirito di famiglia vissuto durante l’assemblea generale ha dato il segnale di una nuova comunità rinnovata, dove “vecchi” e “giovani” non hanno rivendicazioni da presentare, dove l’interculturalità è presentata come ricchezza da vivere con entusiasmo e amore perché è disegno e volere di Dio di “formare un solo popolo di fratelli” di cui la nostra comunità deve essere segno visibile.Tutti hanno apprezzato la capacità di ascoltarci senza pregiudizi, di accogliere le opinioni più diverse, accettando che ognuno veda la realtà da un angolo tutto suo, sconosciuto agli altri, accettando nella programmazione anche ruoli diversi da vivere per ringiovanire una comunità che ha ancora qualcosa da proporre al mondo, alla chiesa, alle popolazioni alle quali è inviata.

Nella preghiera che ci è stata proposta per chiedere l’aiuto dello Spirito che ci assista nelle nostre assemblee, una frase mi è rimasta nel cuore e che ritengo sempre valida per la mia preghiera:Signore, che la tua volontà sia sempre una festa per noi!La affido anche a voi perché noi tutti, missionari della SMA, possiamo andare avanti con fiducia e con gioia.

P. Lionello Melchiori

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NOtiziEiN BrEvEverdenero

Senegal: un progetto da 14mila ecovillaggi

Da ormai qualche anno, è attiva in Senegal l’Agenzia nazionale degli ecovillaggi (ANEV). è stata creata nel 2008 con il

benestare dell’allora Presidente Abdoulaye Wade. L’obiettivo dell’Agenzia è quello di stimolare all’interno del paese un modello di sviluppo sostenibile, oltre che ecologico, fondato sulla partecipazione attiva dei cittadini. Ciò incoraggia a più livelli l’adozione di progetti che proteggano concretamente gli ecosistemi e che al contempo riducano l’inquinamento dell’aria e dei bacini idrici. Per promuovere questo modello ecologico, l’attuale amministrazione governativa senegalese, appoggiata dalla ANEV, sta sostenendo in tutta la nazione lo sviluppo di ecovillaggi. Si tratta di centri abitativi basati su principi comunitaristici e solidali, all’interno dei quali le persone cooperano, lavorano, interagiscono per lottare contro un duplice processo involutivo preoccupante: la degradazione dell’ambiente naturale e la degradazione sociale. In sintesi, si possono individuare quattro dimensioni di sostenibilità correlate fra loro per formare un ecovillaggio: la dimensione culturale, sociale, economica ed ecologica. Tutte sono necessarie e ognuna

si deve integrare alle altre. In Senegal se ne contano già numerosi, ma l’obiettivo lanciato dall’attuale Direttore generale della ANEV, Demba Mamadou Bâ, è quello di crearne ben 14mila entro il 2020. Un progetto encomiabile e al tempo stesso complesso da attuare. Determinanti per la concreta realizzazione di questo piano saranno i fondi a disposizione, nonché la volontà, la partecipazione e l’educazione ambientale delle persone coinvolte. Tra gli ecovillaggi pilota vi è quello di Tobor, situato a circa dieci chilometri da Ziguinchor, nella regione della Casamance, dove vengono promossi la produzione e il consumo locale in un’ottica di preservazione dell’habitat. Proteggere e valorizzare le risorse del territorio ha come effetto la riduzione della povertà e dell’insicurezza alimentare, poiché il cibo può essere prodotto direttamente nel villaggio, bypassando importazioni, oltre che lunghi e costosi trasporti delle merci. Il progetto degli ecovillaggi è appoggiato anche da associazioni e Ong, come SOS environnement. Secondo gli artefici dell’iniziativa, la struttura degli ecovillaggi permette di creare nuova occupazione strettamente connessa al settore ecologico-ambientale. Indispensabile in tutto questo è l’educazione delle persone, attraverso corsi mirati, incentrati sulle moderne pratiche agricole sostenibili. Ma è soprattutto fondamentale educare i più giovani, ecco perché sono previsti programmi di informazione nelle scuole. Tra queste figura il liceo Lamine Guèye di Dakar, scelto come istituto pilota per portare avanti programmi di studi incentrati sulla preservazione dell’ambiente. Perché sono importanti gli ecovillaggi? Essi sono fondamentali per ridare nuovi stimoli di cooperazione, non solo economica, tra gli abitanti di un centro urbano. Un tipo di cooperazione che ha come obiettivo comune per tutte le persone coinvolte quello di interrompere il ciclo della povertà e dell’emigrazione. In Senegal, soprattutto nella regione della Casamance, lo sviluppo degli ecovillaggi rappresenta una sorta di perfezionamento del già esistente “turismo rurale integrato”, con la differenza fondamentale che i primi non si indirizzano a stranieri e viaggiatori, bensì alla gente del posto in un’ottica di sviluppo sostenibile. La realizzazione degli ecovillaggi non ha come fine ultimo la crescita economica, ma il miglioramento della qualità di vita in armonia con l’ambiente. Proteggere la biodiversità e ridurre le emissioni degli agenti inquinanti sono due punti chiave per sviluppare modelli esistenziali più rispettosi dell’uomo e della natura che lo circonda. In Africa sono già presenti o si stanno avviando ecovillaggi in altre nazioni, tra cui Liberia, Benin, Gabon, Etiopia, Zimbabwe, Kenya e Sudafrica.

Silvia Turrin

Repubblica Centrafricana:“Du jamais vu!”

(“Mai visto prima”)

“Più di 60.000 bambini e loro familiari soffrono una grave penuria alimentare e più di 200.000 bambini e loro familiari sono stati

costretti a fuggire dalle loro case nel corso degli ultimi 6 mesi” denuncia un appello sottoscritto da 9 organizzazioni umanitarie che operano nella Repubblica Centrafricana, e da S.E. Mons. Dieudonné Nzapalainga, Arcivescovo di Bangui.Il documento traccia un quadro drammatico della situazione del Centrafrica a pochi mesi dalla cacciata dell’ex Presidente François Bozizé e l’arrivo al potere di Michel Djotodia, leader della coalizione ribelle Seleka. “La maggior parte dei centri sanitari del Paese sono chiusi da 6 mesi, circa un milione di bambini non andranno a scuola e la popolazione è priva dei servizi più elementari”. A questo si aggiunge la mancanza di sicurezza che colpisce soprattutto i più deboli ed indifesi: “i bambini, e in particolare bambine e ragazze, sono esposti a un gran numero di abusi, in particolare violenze sessuali e matrimoni precoci”. Migliaia di bambini sono reclutati a forza nelle file dei gruppi armati.

“Una situazione mai vista prima nel nostro Paese” afferma Sua Ecc Mons. Dieudonné Nzapalainga, Arcivescovo di Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, una situazione è così drammatica che si può sintetizzare con l’espressione “di mai visto prima” per il livello di distruzione causato dai ribelli Seleka. “Di mai visto prima” per quanto riguarda le distruzioni dei beni civili e dell’amministrazione dello Stato (in particolare gli archivi. “Che cosa spinge queste persone ad annichilire la memoria, bruciando i documenti amministrativi e gli altri archivi?” si chiede l’Arcivescovo). “Mai visto prima” un simile accanimento contro i cristiani, cattolici e protestanti. “Di mai visto prima” come numero di mercenari tra le file della ribellione che vivono sulle spalle della stremata popolazione centrafricana. “La mia speranza- dice l’Arcivescovo di Bangui - è vedere la Repubblica Centrafricana unita. Che tutti i suoi figli, tutte le sue regioni, tutte le sue tribù, tutte le sue etnie possano sentirsi centrafricani, perché l’unità dà la forza”. “è ora di sfidare i nostri interessi egoistici e di cercare quello ci unisce” conclude Mons. Nzapalainga.

Le nuove autorità si sono impegnate a riportare sotto controllo la situazione dopo la cacciata dell’ex Presidente François Bozizé, “ma il problema - come riferisce il missione - è che ribelli si stanno dividendo in diversi gruppi che non riconoscono nessuna autorità”.Il disarmo dei ribelli è condotto dalla forza di pace dei Paesi dell’Africa Centrale (FOMAC). La stampa locale ha riportato i sospetti diffusi tra la popolazione sui militari ciadiani che fanno parte della FOMAC, che di giorno confischerebbero le armi ai ribelli, per poi riconsegnarle agli stessi gruppi di notte.

La Chiesa che ha subito danni enormi nelle sue strutture a causa delle razzie dei ribelli, continua la sua opera di sensibilizzazione sulla situazione del Centrafrica, aiutando la popolazione a ritrovare la speranza. “Fedeli alla missione della Chiesa di annunciare Cristo e di dare voce ai senza voce” sottolinea il messaggio, i Vescovi tracciano un quadro allarmante dello stato della nazione. Sul piano sociale “non si è ancora finito di contare le perdite di vite umane, e gli stupri, i saccheggi, i villaggi incendiati, le distruzione dei campi, le violazioni e i saccheggi di domicili privati, le famiglie illegalmente espropriate delle loro case occupate abusivamente da un uomo forte o da una banda armata. Il tessuto sociale è completamento lacerato”. La Chiesa rinnova la sua disponibilità a proseguire la collaborazione con lo Stato nell’educazione, nella sanità e nella ricerca della pace e della riconciliazione, ma chiede misure concrete per stabilizzare la situazione (disarmo, rimpatrio dei mercenari, indennizzo delle vittime, sicurezza ecc..) per ridare speranza al popolo centrafricana.

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DALLA MiSSiONECOStA D’AvOriO

Il rapporto tra la SMA e la Costa d’Avorio dura ormai da quasi 118 anni. Era infatti il

28 ottobre 1895, quando i primi due padri SMA francesi misero piede a Grand Bassam. Da allora la Chiesa in Costa d’Avorio è cresciuta, e se sono 77 i padri SMA sepolti nel paese, la loro opera missionaria ha dato e continua a dare molti frutti, soprattutto dal 1983, anno in cui l’Assemblea Generale ha permesso l’ingresso di africani nella SMA. Se nel 1980, quando padre Dario Dozio, oggi responsabile della casa regionale di Abobo-Doumé (Abidjan), è sbarcato nella prima volta nel paese, i missionari SMA erano ancora più di 150, mentre oggi i numeri si assottigliano sempre di più e, per esempio, gli SMA presenti nel paese nello scorso anno pastorale erano solo 30.... ma è giusto così... i missionari devono continuare a gettare semi là dove il Vangelo è ancora sconosciuto e ormai (per fortuna) in Costa d’Avorio la messe delle vocazioni e delle conversioni è molto ricca. Riportiamo qui di seguito la lettera di p. Dario, che ci racconta come stanno andando le cose in questo momento così delicato di ricostruzione del paese dopo i troppi anni di guerra civile che hanno fatto seguito al colpo di Stato del 19/09/2002.

Abdul non porta più il kalashnikov quando viene a trovarmi: sa che le armi non sono gradite a casa nostra. Siamo diventati amici quando qui attorno regnava il caos totale e i ribelli sfondavano le porte delle case per rubare tutto quel che potevano. Quel giorno, sei gruppi armati erano già entrati da noi saltando il muro di cinta. Steso a terra, con le armi puntate alla testa, ho visto partire il mio computer, la bombola del gas, le pentole della cucina e anche la macchina

bloccata in garage da mesi… è allora che ho incontrato Abdul e la sua banda: avevano sete, non mangiavano da giorni e cercavano un angolo dove riposarsi. Così ci siamo messi a parlare attorno a un piatto di riso con peperoncino e pesce affumicato, mentre tutt’attorno si sentiva sparare. è strano quante cose ci si possa dire quando la vita è attaccata a un filo e non sai se ci si rivedrà ancora. Non aveva mai chiacchierato con un prete, non capiva perché non fossi scappato come gli altri bianchi e che ci stavo a fare in questo quartiere di periferia. Ci siamo lasciati con la promessa di ritrovarci a guerra finita.

Ora Abidjan ha ripreso con fatica a vivere: scuole, uffici, banche… tutto corre quasi con il ritmo di prima. Vari cantieri lavorano giorno e notte per sistemare le strade, gli autobus sono strapieni e per arrivare in centro con la macchina ti devi fare almeno un’ora di coda. Ma chissà quanto ci vorrà per riparare i disastri provocati dalla guerra. I semafori sono ancora fuori uso, spesso ci sono lunghe interruzioni di corrente elettrica, l’acqua potabile arriva a tratti e solo di notte. E più grave ancora è l’insicurezza generale: ogni settimana giunge notizia di aggressioni armate soprattutto alle parrocchie o alle case religiose. Un parroco della zona è finito all’ospedale con la mandibola rotta a calci in bocca: non aveva in casa abbastanza soldi da dare ai ladri.Ma il mio amico Abdul è sempre pronto per proteggermi: da ribelle a angelo custode – mi dice scherzando. Spero proprio di non averne bisogno: preferisco l’altro, che prego ogni sera prima di dormire. Però Abdul non si scoraggia e

la scorsa settimana mi ha invitato al campo militare per conoscere i capi e salutare i suoi colleghi. Sono tantissimi i giovani arruolati un po’ ovunque durante la guerra. Li hanno armati per poi mandarli a combattere. Ora il problema è come disarmarli e reinserirli nella vita sociale. Perché chi ha avuto un kalashnikov in mano, fa fatica a riprendere la zappa. Poi molti hanno perso tutto: parenti, casa e anche la dignità.

Non è semplice tornare a vivere come prima.

Con pazienza, ogni volta spiego che la terra è dura da lavorare ma non tradisce, soprattutto con il clima caldo-umido della Costa d’Avorio, dove tutto cresce rigogliosamente e in poco tempo. E che è ancora possibile vivere onestamente.

Così, con l’aiuto della Provvidenza, abbiamo iniziato una piantagione di hevea (albero della gomma). Ci vogliono circa 7 anni di lavoro e sacrifici, prima di arrivare a produzione. L’impresa è lunga e abbastanza cara, ma noi ci siamo lanciati su un terreno di 10 ettari fuori Abidjan. Altri giovani si stanno specializzando nell’allevamento di pesci: l’acqua non manca in questa zona di lagune. Tra qualche mese le carpe saranno adulte e Arlaine penserà ad affumicarle per spedirle nei mercati dell’interno. Kwaku ha puntato sulla manioca: qui al sud abbonda e le donne sanno trasformarla in farina per l’“attieké”, l’alimento base, come la banana o l’igname. Così pensa di venderlo al nord del paese, proprio dove era iniziata la ribellione. è là che Kwaku è stato arruolato e si è formato per la guerra. Ma lui non ne vuole mai parlare. “è roba passata – mi dice – e non bisogna guardare indietro, altrimenti si rischia di rovinare tutto.” Sarà poi vero che “la storia è maestra di vita”? A vedere i suoi allievi non sembra molto. Comunque da noi vale il proverbio del tamburo parlante che dice: “Dio ha fatto tante cose belle, ma di tutte la migliore è l’oblio.” Dimenticare, mi ripetono con tristezza, è l’unica cosa possibile per andare avanti. La parola “perdono” invece è dura da capire: forse ci vorrà più tempo che per la piantagione di hevea. Così oggi è questa è la mia terra di missione: il cuore di tanti giovani profondamente ferito dalle assurdità della guerra. Terra dura, arida… Ma io credo ancora ai miracoli e non mi stanco mai di sperare con loro.

P. Dario

coSta d’avorio terra di MiSSione

La raccolta del cotone nel Nord della Costa d’Avorio

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la SMa in nigeravaMpoSto della priMa evangelizzazione

di Niamey il primo sacerdote nigerino e per la SMA è una gioia vedere il clero locale crescere fino ad assumere responsabilità di governo.Durante l’anno pastorale 2012-2013, il gruppo SMA in Niger era composto da 13 padri, affiancati da 2 seminaristi apprendisti missionari. Si trattava di un gruppo multietnico e multicolore. C’erano infatti 2 Indiani, 3 spagnoli, 4 francesi (di cui il vescovo di Niamey, mons. Michel Cartatéguy), 4 italiani (compreso il nostro italo argentino Carlos Bazzara) e 2 giovani seminaristi SMA beninesi in stage pastorale.Per vari motivi però bisogna dire che la nostra presenza, di missionari europei, nel paese è in diminuzione e non solo per “raggiunti limiti d’età”, com’è il caso in molte altre zone dell’Africa. Recentemente abbiamo dovuto lasciare una delle nostre missioni, quella di Tera, ai confini con il Burkina Faso, ma vicina anche al Mali, poiché ci era stato detto che sussisteva il forte rischio che i tre confratelli spagnoli che stavano lì diventassero il bersaglio di attacchi di estremisti musulmani. Dei tre dunque, due sono rientrati in Spagna, mentre un altro si è spostato in una zona che sembra più sicura. Allo stesso tempo un confratello francese, dopo undici anni di servizio in Niger, è stato richiamato in Francia.

Il futuroPer quanto riguarda il futuro, padre Vito si dice convinto che la SMA debba mantenere

DALLA MiSSiONENigEr

questa sua presenza tra la gente del Niger, anche se in molte zone di Niamey e del resto del paese, l’unica pastorale possibile è quella “ della stuoia”, ovvero quella della presenza vicina alla gente, dell’ascolto non per convertire, ma per far capire che Gesù Cristo e la Chiesa sono lì per tutti, indistintamente dalla religione. La zona di Makalondi viene definita dai nostri padri “un’isola felice”, poiché lì ci sono adesioni alla fede cristiana, ma altrove i battesimi sono rari. I padri SMA si impegnano in prima persona nell’avvicinare etnie di fatto ancora ancorate alla religione tradizionale, o addirittura islamiche, come quella dei peul e un altro grosso impegno è quello che sentono nei confronti degli immigrati, i più poveri tra i poveri del Niger (missione che vede in prima linea il nostro padre Mauro)... e in tutto questo il dialogo interreligioso con l’Islam moderato è una strada obbligata per permettere che la prima evangelizzazione possa essere portata avanti in un clima più sereno. Particolarmente tra i gurmancés l’inculturazione e la formazione cristiana della fede sono le dimensioni portanti. Le priorità della SMA in Niger per il futuro si possono riassumere così:

1) Testimoniare a tutti il Dio della Vita e della Speranza;

2) Essere chiesa accogliente e aperta a tutti, povera coi poveri e in dialogo con le altre religioni, tra cui l’islam maggioritario.

3) Spronare la chiesa locale alla missione e all’apertura al mondo, secondo lo spirito del Vaticano II.

P. Gigi Maccalli

Tutti sappiamo che il Niger, con il suo 93% di abitanti che professano la religione

islamica (secondo i dati ufficiali dell’Association of Religion, novembre 2012), contro il 7% di animisti e il minuscolo 0,4% di cristiani, rappresenta una delle terre di missione più difficili di tutta l’Africa.

Il primo incontro tra la SMA e il Niger risale a circa 80 anni fa, quando p. Faroud SMA francese, ha iniziato la missione in Niger. La Congregazione Romana di “Propaganda fidei” ha in seguito affidato ai missionari redentoristi l’impegno di evangelizzazione di questo immenso paese, invitando la SMA a ritirarsi più a sud verso il Benin e i paese della costa del Golfo di Guinea. è solo negli anni ’70 che i padri SMA francesi fanno ritorno nel paese e si stabiliscono, sia in città a Niamey, sia nella missione di Makalondi in zona gurmancé, dove oggi si trovano i nostri padri Vito, Carlos e Gigi. Con l’arrivo della SMA nei quartieri della capitale sono nate nuove parrocchie-missioni e da Makalondi sono state aperte le missioni di Bomoanga, Torodi e Kankani.

La situazione oggiPer molti anni la presenza SMA in Niger è stata assicurata soprattutto dai confratelli francesi, ma oggi stiamo assistendo ad un cambiamento radicale: molti dei padri francesi stanno rientrando in patria per raggiunti limiti di età e probabilmente resterà solo il vescovo di Niamey e il testimone sta passando ad altre entità SMA più giovani, tra cui l’Italia, l’India e la Spagna e (speriamo presto) l’Africa. Il 9 giugno scorso è stato ordinato vescovo ausiliare

La danza durante la messa dei battesimi

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Una delle terre di missione che da ormai 14 anni vede impegnati i nostri padri SMA

italiani è l’Angola, un paese attualmente in crescita, ma che ancora porta nella carne e nell’anima della sua gente i segni evidenti delle ferite riportate nei lunghi anni della guerra civile, iniziata nel 1975 e conclusasi (ufficialmente) solo nel 2002. A parlarci della SMA nel paese, ecco il nostro nuovo Superiore Provinciale, P. Luigino Frattin, nato nel 1953 a Loria (TV), ed entrato nella SMA nel 1972 e ordinato sacerdote il 30 settembre del 1978. P. Luigino, missionario in Costa d’Avorio dal 1979 al 1992, è stato in Angola dal 1999 fino allo scorso giugno.Di seguito riportiamo la sua testimonianza.

Sono arrivato in Angola quattordici anni fa, nel 1999, quando il paese era ancora alle prese con l’interminabile guerra civile, che ha fatto seguito all’indipendenza dal Portogallo ottenuta nel 1975, e con il carico di distruzioni e sofferenze che essa comportava: due milioni di profughi, esodati dal paese, intere zone controllate dalla guerriglia, vie di comunicazione interrotte, attacchi continui ai civili, rappresaglie e tante altre tragedie che non sto ad elencare. In poche parole, dopo anni relativamente sereni in Costa d’Avorio, mi trovavo di fronte un paese intero ostaggio della violenza e dell’odio.

Nel 2002 finalmente la fine della guerra civile, con la morte di uno dei due contendenti, Jonas Savimbi, e la firma degli accordi di pace. Il paese che ricomincia a credere e a sperare in un futuro migliore. E poi l’inizio di un processo di sviluppo economico veloce e tumultuoso, basato sullo sfruttamento delle immense risorse naturali di una terra benedetta da Dio e maltrattata dagli uomini. C’è solo da sperare che questa crescita economica si trasformi in

DALLA MiSSiONEANgOLA

la SMa in angola rifleSSioni per reStituire un SenSo alla vita

Riguardo al futuro della SMA in Angola, penso che la nostra Società debba concentrarsi almeno su tre cose, tutte estremamente impegnative, ma necessarie:• La prima evangelizzazione in ambiente

rurale, per es. nella Lunda Norte. Ci sono ancora zone vaste come il Piemonte o la Lombardia messi assieme che hanno una sola parrocchia al massimo uno o due missionari. è una corsa contro il tempo, considerando che l’Islam sta arrivando e si sta espandendo a velocità impressionante, con i metodi che spesso usa: matrimoni misti, commercio, pressioni di vario genere…

• Continuare la presenza in ambiente urbano. Le città africane continuano a crescere tumultuosamente, nuovi quartieri nascono dall’oggi al domani, dove la Chiesa non riesce a darsi un minimo di visibilità per mancanza di spazi, di operatori missionari, di catechisti preparati o di vero spirito missionario… E così una moltitudine di chiese pentecostali (di origine americana) o sincretiste (di origine congolese), con i nomi più improbabili e le proposte più assurde la fanno da padrone. Bisogna stare molto attenti, perché si sa che la gente che ha bisogno di calore umano, di ritrovare il senso della vita e di essere consolata nei momenti duri, non va tanto per il sottile: entra per la prima porta che trova aperta, fosse anche la chiesa del diavolo!

• Puntare sulla formazione, a tutti i livelli: umano, spirituale, biblico, professionale … Soprattutto nei giovani c’è un desiderio immenso di formarsi, di prepararsi al futuro, di non perdere il treno come l’ha perso la generazione della guerra. Stanno nascendo scuole e università di ogni genere, per tutte le ambizioni e, spiace dirlo, anche per tutte le tasche. Con l’esperienza che ci è propria, abbiamo qualcosa da dire e da fare in questa situazione, dando alla chiesa locale un prezioso contributo.

P Luigino Frattin

vero sviluppo, che generi benessere e migliori le condizioni di vita di tutti e non solo di alcuni, come purtroppo sta succedendo. Noi, come missionari e direi, come Chiesa, siamo pienamente coinvolti in questo processo di cambiamento: la sfida più impegnativa è quella di aiutare la gente del posto a ricostruirsi una scala di valori, cioè a rimettere al posto giusto il rispetto per la vita, la convivenza pacifica, la promozione della democrazia, la giustizia sociale, ecc. tutti valori che la guerra aveva stravolto. Si sa che in situazioni di conflitto, con il comando nelle mani del più forte, il potere spesso si trasforma in abuso e ingiustizia e così, fin dal mio arrivo nel paese, insieme ai miei confratelli, ho cercato di lavorare proprio in questa direzione.

Oggi la SMA è presente in Angola con nove missionari di cinque nazionalità diverse: Italia, Argentina, Belgio, Costa d’Avorio e Kenia. Uno di noi opera nella diocesi di Dundu (Prov. della Lunda Norte) mentre gli altri lavorano nella Diocesi di Caxito (Prov. del Bengo), anche se dislocati in tre parrocchie diverse. Due di esse, Bom Pastor e Santa Isabel, sono situate nel quartiere di Kicolo, alla periferia della capitale, Luanda, mentre l’altra, Nambuangongo, è in una zona rurale, a 150 Km da Caxito. Siamo pochi, ma speriamo che la missione in Angola continui ad affascinare ancora qualche confratello italiano. Le prospettive per il futuro sono comunque promettenti, infatti penso che tra non molto potremo ad esempio contare anche sull’appoggio del Distretto SMA dei Grandi Laghi (Kenia), che si è detto disposto a mandare altri giovani confratelli per continuare l’azione iniziata da noi. Pensiamo inoltre che sia giunto il momento di proporre la vocazione missionaria anche ai giovani angolani, sia per l’evangelizzazione della loro propria patria, sia per quella di altre terre africane ancora bisognose di conoscere il messaggio salvifico del Vangelo.

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f ocus on

s t o r i a c u l t u r a a r t e s p e t t a c o l o a t t u a l i t à

focus

Namibia, terra d’africa desertica e sconosciutaSara Rizzi, nata a Milano nel 1986, si Laurea in Comunicazione Interculturale presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Approfondisce la sua passione per l’Africa e l’Antropologia con la Laurea Magistrale in Scienze Antropologiche ed Etnologiche nella stessa Università. In seguito alla vincita della borsa di studio del progetto Extra di Fondazione Cariplo, ha la possibilità di sviluppare la propria ricerca collaborando con la University of Namibia per una tesi dal titolo “I Living Museum San in Namibia. Etnografia, turismo e immaginario turistico”. Si laurea nel 2011 e continua a coltivare la sua passione per la Namibia attraverso pubblicazioni e incontri, mentre lavora attualmente per una Onlus italiana.Parte di questo Focus deriva dalla tesi di laurea magistrale sopra citata.

La Namibia, indipendente dal 1990, è una repubblica dell’Africa meridionale con capitale Windhoek. Con una densità di popolazione di circa 2 abitanti per chilometro quadrato si posiziona al secondo posto tra i Paesi meno popolati al mondo. Il suo territorio è prevalentemente desertico: appartengono alla Namibia il deserto del Kalahari e il deserto del Namib, il più antico al mondo, che dà il nome al Paese stesso. Confina con l’Angola a nord, con il Sud Africa a sud e sud-est, con il Botswana a est e arriva a toccare, con l’estrema punta nord-est del Caprivi, Zambia e Zimbabwe. Ad ovest è completamente bagnata dall’oceano Atlantico. La geografia della Namibia è caratterizzata da una serie di altopiani, il punto più alto dei quali è il Brandberg (2.606 metri). L’altopiano centrale attraversa il paese lungo l’asse Nord-Sud, ed è circondato a ovest dal Deserto del Namib e dalle pianure che giungono fino alla costa, a sud dal Fiume Orange, a sud e a est dal Deserto del Kalahari. I confini del paese a nord-est delimitano una stretta fascia di terra, nota come “dito di Caprivi”, che fu ottenuta dai tedeschi come sbocco verso il fiume Zambesi. L’aridità del territorio fa sì che buona parte dei fiumi siano a carattere torrentizio. I fiumi di maggiore entità si trovano solo lungo i confini: da nord a sud,

on

La Namibia Forma di Governo: RepubblicaSuperficie: 825 615 kmqCapitale: Windhoek 322 500 ab. (2011)Unità monetaria: dollaro namibiano

(100 centesimi)Indice di sviluppo umano: 0,625 (120°

posto)

Popolazione: 2 104 900 ab. (cens. 2011)Densità: 2,55 ab./kmqPopolazione fasce età: 0-14 anni 34,2

%; 15-29 anni 32,9 %; 30-44 anni 17,4 %; 45-59 anni 9,3 %; 60-74 anni 4,9 %; 75+ anni 1,3 %

Etnie: Ovambo 34,4 %; Kavango 9,1 %; Afrikaner 8,1 %; Boscimani (San) e Bergdama 7 %; Herero 5,5 %; Nama 4,4 %; Kwambi 3,7 %; altri 27,8 %.

Lingue: Afrikaans (ufficiale); bantu; herero; inglese (ufficiale); nama; oshivambo; tedesco (ufficiale).

Religioni: protestanti 51.4 %; cattolici 16,5 %; anglicani 5,5 %; altri cristiani 7,1 %; altri 19,5 %.

Economia L’economia del paese è strettamente legata alle esportazioni di minerali, rimanendo quindi suscettibile alle variazioni dei prezzi di mercato.

L’allevamento (bovino, ovino e caprino) alimenta l’export di carne e di lana (karakul). Tra le colture di sussistenza prevalgono il mais e il miglio. Notevole la pesca. Uso del suolo: arativo 0,98 %; prativo 46,16 %; foreste 8,94 %; incolto 43,92 %.Foreste: produzione di quasi un milione di metri cubi di legname

Le risorse minerarie, abbondanti, rappresentano circa il 70% delle esportazioni. Significativa la produzione di diamanti di alta qualità, estratti nei giacimenti di Auchas ed Elizabeth Bay e nelle sabbie costiere. Importante anche l’uranio (la miniera di Rössing è una delle maggiori al mondo). Si estraggono inoltre zinco, piombo e argento (Rosh Pinah), rame (Otjihase). Le industrie sono legate all’attività mineraria e al settore alimentare. Produzione elettrica installata: 393 mW, totale produzione 1295 MW

È in progetto la costruzione della linea ferroviaria Trans-Kalahari (tra il centro carbonifero di Morupule, in Botswana, e il porto di Shearwater Bay) e di quella da Tsumeb a Oshikango verso il confine angolano. Il dollaro namibiano è legato al rand sudafricano da un tasso di cambio uno a uno. Il turismo è in crescita.

Importazioni: 6200 milioni di dollari USAEsportazioni: 4490 milioni di dollari USA

(fonte www.deagostinigeografia.it)

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trasporto ed i prodotti alimentari (circa il 50% del fabbisogno di cereali del paese).

Turismo namibiano e gestione delle terreIl turismo possiede un enorme potenziale, con un ritmo di crescita annuale medio dell’ 8% (un incremento del 9,92% tra il 2005 e il 2006 e del 7,13% tra il 2006 e il 2007). Riconoscendo l’importanza strategica del settore turistico per lo sviluppo del Paese, il Governo namibiano prevede che esso diventi, nei prossimi anni, il secondo motore trainante del Paese. Nel 2006 il settore turistico ha rappresentato il 15,96% delle entrate statali e ha creato 71.780 posti di lavoro. Il turismo namibiano e quello della maggior parte dei Paesi sudafricani è basato sull’aspetto naturalistico e faunistico che ha portato i Governi ad attuare politiche mirate alla protezione della flora e della fauna. Le risorse naturali sono state riconosciute come portatrici di valore.Secondo le stime del Consolato Onorario di Namibia in Italia, la popolazione bianca in Namibia rappresenta il 5% del totale, ma produce il 75% della ricchezza nazionale. Per capire la distribuzione e lo sviluppo dei canali turistici ed economici, nonché le problematiche sociali ad essi legati, è utile avere una mappa della distribuzione delle terre in Namibia. In Namibia vi sono terre commerciali (freehold land), private, che occupano il 45% del territorio nazionale e rappresentano la maggior parte delle terre fertili. Sono di proprietà di agricoltori per lo più bianchi e forniscono circa il 90% dei raccolti immessi sul mercato. Tutte le principali concentrazioni urbane, compresa la capitale Windhoek si trovano su queste terre. Le terre comunitarie (communal land) occupano invece il 40% del territorio e derivano dalle homeland, create in passato per concentrarvi le varie etnie. Oggi la maggioranza della popolazione risiede in queste terre praticando un’economia di sussistenza. In fine vi sono terre statali (state land) che

i principali sono il Kunene, l’Okavango, lo Zambesi e l’Orange.A livello amministrativo la Namibia è divisa in 13 regioni molto diverse tra loro per numero di abitanti, lingua, etnia prevalente, sviluppo economico e distribuzione del reddito. La Namibia presenta ben tredici etnie riconosciute nel Paese ed una conseguente gran varietà culturale, etnica e linguistica. La lingua ufficiale è l’inglese, tuttavia sono presenti più di undici lingue indigene, di cui l’Oshiwambo, di ceppo Bantu, è la maggioritaria e parlata da circa il 50% dell’intera popolazione. È la lingua dell’etnia Owambo, la più numerosa della Namibia. Oltre alle altre lingue indigene, sono molto diffuse il tedesco e l’Afrikaans, quest’ultimo soprattutto nelle zone costiere e nella parte meridionale del Paese.

Contraddizioni namibiane oggiAd oggi la Namibia è uno Stato indipendente e ricco di contraddizioni. Proprio questo costituisce parte del suo indiscutibile fascino. Se da un lato presenta un Pil pro-capite tra i più elevati dell’Africa, dall’altro presenta una delle più elevate disparità di distribuzione del reddito al mondo. Nonostante i giacimenti di diamanti, zinco, rame, argento e oro, l’economia namibiana si sta sviluppando solo da pochi anni e non aiuta comunque a fermare l’alta incidenza di infezioni di AIDS/HIV delle regioni del nord al confine con l’Angola. Pur possedendo ricchezze culturali, biodiversità e ambienti naturali tra i più disparati, stenta ancora ad attuare realmente i propositi di tutela ambientale e dei diritti umani decantati nella Costituzione, presentando infatti ancora oggi gravi problemi nei progetti di sviluppo e tutela delle minoranze.

Economia namibiana Anche se i dati mostrano un paese in via di sviluppo, con una crescita reale del PIL pari al 2,8% per il 2008 ed un PIL procapite nominale molto alto (4.135$ nel 2008), bisogna tenere in considerazione che la Namibia è uno degli stati dell’Africa con la più alta diseguaglianza di reddito, per cui il 55,8% della popolazione vive ancora oggi con meno di due dollari al giorno. La crescita economica della Namibia risulta strettamente connessa agli introiti provenienti dall’esportazione dei prodotti dell’industria mineraria, che rappresentano il 50% delle entrate derivanti dagli scambi con l’estero.La Namibia si colloca al sesto posto tra i produttori mondiali di diamanti di ottima qualità, al quinto posto al mondo tra i paesi esportatori di uranio ed al quarto posto tra i paesi dell’Africa esportatori di minerali non combustibili. Oltre ai diamanti e all’uranio, lo stato estrae ingenti quantità di zinco, rame, piombo, argento e oro. Nonostante ciò, il settore minerario occupa solo il 3% della popolazione. La metà dei namibiani si dedicano all’agricoltura e all’allevamento di sussistenza. Si coltivano principalmente mais e miglio e si allevano soprattutto capre e pecore. La produzione agricola comunque non copre il fabbisogno nazionale, che dipende al 50% dalle importazioni. In particolare i principali prodotti importati nel paese sono, i macchinari, i mezzi di

I tesori del sottosuoloLa Nambed Diamond Corporation è la società di estrazione di diamanti controllata per il 50% dal colosso De Beers e per il 50% dal governo namibiano. Ha annunciato nel 2012 la costruzione di un nuova miniera sul fiume Orange, a sud del paese, vicino al confine con il Sudafrica. La Namibia è il paese africano con le miniere più redditizie e importanti. Tutta la zona mineraria namibiana controllata da De Beers è militarizzata e invalicabile, se non con permessi particolari e in seguito a profondi controlli di sicurezza. La Rössing Mine invece è la maggiore miniera d’uranio namibiana e una delle più grandi a cielo aperto del mondo, scoperta nel 1928. È situata nel deserto del Namib, a circa 70 km da Swakopmund. Per il 69% la miniera è controllata dalla Rio Tinto Group, una multinazionale anglo-australiana. Una percentuale di controllo societario è detenuto anche dall’Iran, questione che ha livello di politica internazionale ha creato diversi contrasti.

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costituiscono il 15% del territorio nazionale e sono costituite da parchi nazionali o riserve minerarie.Carlo Cencini sottolinea come sia importante per la Namibia un ecoturismo che si accosti alla definizione dell’International Union for Conservation of Nature (IUCN) (Ceballos-Lascuràin, 1996), cioè non solo “ecologico”, ma anche “etnico”, cioè aperto all’incontro con le altre culture a alla scoperta dell’Africa, ed “etico”, cioè capace di coinvolgere le comunità locali e contribuire al loro sviluppo. Si propone un turismo delle tre “e”. Questo tipo di turismo permetterebbe infatti di non concentrare l’intero flusso turistico nel “nucleo interno”, cioè nelle terre commerciali, ma di permettere un regolare afflusso turistico anche alle zone periferiche attraverso l’incontro consapevole con diverse culture e attraverso il coinvolgimento

Namibia, terra d’Africa desertica e sconosciuta

delle comunità locali e la partecipazione al loro sviluppo. Il turismo in Namibia è inevitabilmente legato – sostiene Cencini – al coinvolgimento delle popolazioni locali, poiché solamente in questo modo si potrebbe evitare di aggravare le disparità spaziali e sociali tra “centro” (capitale e terre commerciali) e “periferia” (terre comunitarie). Per realizzare questo progetto e per un reale sviluppo economico omogeneo, le aree comunitarie dovrebbero essere integrate nell’industria turistica namibiana attraverso nuove forme di ecoturismo e di etnoturismo. Se si considerano i diversi tour proposti dai tour operator si nota come le rotte turistiche siano pressoché identiche, standard e tocchino davvero una minima parte dello sconfinato territorio namibiano. Esse toccano generalmente i “must” namibiani, quei luoghi

irrinunciabili, già visti e rivisti da milioni di turisti, ma non considerano le rotte meno note.

Politiche governativeI programmi intrapresi dal Governo, mostrano il tentativo di attuare un’attività turistica controllata e non lesiva delle risorse naturali. La Namibia è l’unico Stato africano ad avere all’interno dell’articolo 95 della Costituzione una dichiarazione d’intenti che fa appello «alla conservazione degli ecosistemi, dei processi ecologici essenziali e della diversità biologica della Namibia nonché all’utilizzo delle risorse naturali viventi su base sostenibile a beneficio di tutti i Namibiani, sia attuali che futuri.». La nascita del Ministry of Environment and Tourism of Namibia (MET), sancisce proprio il forte legame tra turismo e ambiente. Questo organo governativo ha dato vita a due importanti documenti, il Tourism Development Plan (MET, 1992) e il White Paper on Tourism (MET, 1994), che si propongono di guidare lo sviluppo turistico in base alla capacità di sopportazione dei diversi ecosistemi e alla possibilità di coinvolgimento delle comunità locali nelle aree comunitarie attraverso joint ventures e creazione di cooperative locali. L’obiettivo sarebbe quello di favorire il turismo nelle zone periferiche della Namibia e renderlo strumento di equa distribuzione dei redditi (Weaver e Elliott, 1996). Altro documento estremamente importante è il Promotion of Community Based Tourism (MET, 1995), che pone attenzione all’aspetto delle comunità locali come attori principali dello sviluppo e della tutela ambientale: «Questo documento fornisce un quadro per garantire che le comunità locali abbiano accesso alle opportunità di sviluppo turistico e siano in grado di condividere i benefici delle attività turistiche che si svolgono sulla loro terra.».Proprio per favorire questo aspetto, nel 1995 il Governo ha lanciato la Concervancy Policy che concede agli abitanti della aree comunitarie

Le mete toccata dai vari tour operator, sono solitamente tra le più belle della Namibia, ma anche tra le più note e frequentate: le città sulla costa di Walvis Bay e Swakopmund con l’offerta di numerose attività sportive sull’oceano e sulle dune del deserto che arriva fino alla costa; Cape Cross con la sua colonia di otarie; la Skeleton Coast con i suoi affascinanti relitti di navi; il parco Nazionale Etosha con le sue numerose specie di animali e l’offerta di safari; la capitale Windhoek, affascinante, moderna e attiva; il deserto rosso del Namib, le dune di Sossusvlei; la zona del Damaraland con le sue pitture rupestri, il Kaokoland zona originaria dell’etnia Himba. Ci sono poi alcune zone che rimangono ai margini delle principali rotte turistiche e che attraversano paesaggi ricchi di storia e cultura, ma meno noti. Tra questi la lingua di terra del Caprivi, a nord est fino alle Victoria Falls; la zona del Bushmanland, a ridosso dell’antico deserto del Kalahari, dove vivono ancora oggi diverse comunità San namibiane; l’Owamboland a nord dell’Etosha Pan, territorio ricco della tradizione agricola e di allevamento dell’etnia Owambo. Tutte queste zone, con un po’ di attenzione ed esperienza sono visitabili anche in autonomia.

Le mete turistiche della Namibia

La città di Swakopmund. Il suo nome in tedesco significa foce del fiume Swakop, in corrispondenza della quale si distende la città.

Una strada in mezzo al bush, la tipica vegetazione namibiana

meridionale a significare “straniero”, la seconda dai coloni bianchi per indicare gli “uomini del bush, della boscaglia”. Le popolazioni categorizzate come “San” erano piuttosto differenti dai popoli Bantu incontrati: parlavano lingua khoe o san (caratterizzata dai cosiddetti click), vivevano prevalentemente di caccia e raccolta e avevano una struttura fisica simile tra loro caratterizzata dalla bassa statura, l’esile corporatura ed un colorito della pelle giallognolo. I San fanno parte, insieme ai Khoi (detti Ottentotti dei colonizzatori bianchi) che praticavano prevalentemente l’allevamento,

Due bambini San al Nharo Living Museum

del più ampio gruppo etnico khoisan. Dopo l’incontro e lo scontro con le popolazioni bantu giunte in Africa meridionale 1.500 anni fa, dagli anni Cinquanta del Seicento i San si scontrarono con gli Olandesi giunti in terra africana e vennero spinti verso il bacino del Kalahari. Proprio questo, secondo l’antropologa Megan Biesele, fece sì che i San riuscissero a mantenere salde le proprie tradizioni, i propri costumi e i propri metodi di sussistenza, vivendo in un ambiente solitario e duro come il deserto del Kalahari intorno al quale ancora oggi risiedono i più numerosi gruppi san. Le

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Leggende SanUna leggenda San racconta che all’inizio lo struzzo era il solo essere vivente a possedere il fuoco. Gli uomini dovevano scaldarsi con pelli animali e cucinare carne cruda.Ma un giorno una coppia di San vide una strana luce sotto l’ala di uno struzzo e,intuendo che poteva trattarsi di qualcosa di importante, lo distrassero e gli rubarono il fuoco.Da allora gli umani sono gli unici in grado di accendere il fuoco e lo struzzo,ancora sgomento e arrabbiatissimo per l’affronto subito, non usa più le ali.Ecco perché, pur essendo un uccello, non vola.

Secondo i San, la Luna piena è così perché le è cresciuto un grosso stomaco.Allora illumina la terra, mentre la gente dorme.Quando però il Sole esce all’alba, è così pieno di invidia che la colpisce con i suoi raggi,che sono coltelli affilati.Così ogni mattina taglia via piccoli pezzi dal suo corpo,finché non ne rimane che una sottilissima striscia, la spina dorsale.Da quel piccolo osso la Luna comincia di nuovo a riacquistare la sua vecchia forma:prima è una Luna crescente e poi una mezza Luna e comincia a diffondereuna bella luce finché ritornata alla sua pienezza originaria, la sua luminosità sconfigge la notte.Allora il Sole, geloso, l’aggredisce di nuovo e ricomincia il ciclo

I San ritengono che la notte non sia freddo solo per loro, ma anche per il Sole,descritto come un vecchio dormiglione che vive solitario in una capanna isolata.Così, per proteggersi dal freddo, si tira addosso la sua coperta per stare caldo,ma la coperta è vecchia quanto lui ed è piena di buchi.È per questo che l’oscurità della notte è rotta dalla luce che filtra attraversoi buchi della coperta, le stelle.

(Le leggende sono prese dal web)

il diritto di beneficiare delle proprie risorse naturali. La legge consente infatti la creazione di concervancy, cioè aree comunitarie in cui la popolazione locale o i proprietari mettono in comune le risorse naturali ai fini della loro tutela e dell’utilizzo sostenibile delle risorse stesse. Il Governo sta tentando di portare avanti, dal 1994 il Community-Based Tourism Development (CBTD), cioè il coinvolgimento dei residenti delle aree comunitarie nel turismo sta ricevendo una grande attenzione da parte del Governo, dei tour operator, delle organizzazioni non governative presenti sul territorio e delle comunità locali stesse. Dal 1998 ad oggi sono state istituite 59 concervancy.

Un po’ di storia namibianaI primi abitanti della Namibia furono i San o Boscimani, la cui antica presenza è testimoniata da numerosi esempi di arte rupestre nella zona del Damaraland. Da qui furono spinti, durante il XIV sec. verso il deserto del Kalahari dalle popolazioni Nama e Damara. Verso il XVI sec. giunsero, probabilmente dalla regione dei Grandi Laghi, i popoli Owambo di origine bantu. Si stabilirono lungo il confine tra Angola e Namibia, sulle rive del fiume Okavango. Infine intorno al XVII sec. fecero la loro comparsa i primi mandriani Herero. Questa è una delle principali caratteristiche namibiane, cioè il gran numero di etnie presenti e riconosciute, ben tredici: San, Nama, Damara, Herero, Himba, Owambo, Kavango, Capriviani, Tswana, Basters, Coloured, Afrikaners, Caucasian. Queste etnie sono riconoscibili poiché presentano caratteristiche fisiche molto diverse e anche le lingue da loro parlate sono spesso molto differenti a livello fonetico. Sebbene oggi la Namibia sia uno Stato unitario e non-etnico, permane una grossa divisione tra identità etnica e classe economica o socio-politica. L’etnia Owambo è attualmente la più numerosa e con questo potere numerico decide spesso le sorti politiche del Paese. I diversi gruppi San, sebbene parlino lingue o dialetti diversi, vivano in aree differenti e abbiano sviluppato identità autonome, condividono uno stato sociale disagiato, da emarginati.

I San ci raccontano la NamibiaEssendo i più antichi abitanti della Namibia, i San attraverso la loro storia ci possono raccontare anche la storia del Paese.Oggi sono presenti circa 33.000 San namibiani, dislocati principalmente nel nord-est del Paese. Essi rappresentano solamente il 2% della popolazione totale. Studi archeologici e storici hanno portato alla conclusione che ci fosse presenza umana in Namibia fin dall’ottomila a.C.. Si ritiene che molte delle persone classificate oggi come “San”, siano i diretti discendenti della popolazione preistorica che anticamente abitava quest’area (Suzman, 2001). Le categorie “San” o “Bushman” vennero create, la prima dai pastori o agricoltori di lingua bantu migrati verso l’Africa

La cultura SanLe lingue san appartengono alla famiglia khoisan. La gamma di suoni è articolatissima e comprende i famosi “click”: ne esistono sei tipi codificati che si ottengono disponendo la lingua tra il palato e le gengive in maniera particolaree e trascritte con segni come “|” o “/”. Oltre ai suoni, la gestualità. Comunicano anche con il resto del corpo: sguardi, ondeggiamenti del capo, messaggi con le mani. Ciò deriva, presumibilmente, dalle strategie di comunicazione silenziosa utilizzate per coordinare le operazioni durante le attività di caccia.

I San sono dei cacciatori-raccoglitori che, per migliaia di anni, hanno trovato la loro sussistenza nel deserto grazie a un’approfondita conoscenza dell’ambiente e a un insieme ridotto di tecniche efficaci in tale ambiente. Cacciavano soprattutto antilopi, facendo uso di frecce avvelenate; il veleno è ottenuto dalla linfa di una specie di euforbia endemica dell’Africa meridionale, la Euphorbia damarana, mentre le faretre e il corpo della freccia erano ricavate da un’altra pianta endemica della zona, la Aloe dichotoma. Le basi della dieta dei San erano comunque costituite da frutti, bacche e radici del deserto.

I riti religiosi erano pervasi da quella che James Frazer definì magia omeopatica. Per

esempio, se i Boscimani dovevano cacciare una preda notoriamente veloce, cercavano di nutrirsi di carne di un animale lento nei movimenti, augurandosi che la loro preda ne subisse l’influsso “magico”.

La forma di arte principale dei San è rappresentata dai petroglifi, che venivano usati anche per istruire i bambini. In Namibia si trovano numerosi siti archeologici ricchi di graffiti boscimani; uno dei più noti è quello di Twyfelfontein.

La cultura tradizionale dei San è oggi quasi completamente scomparsa. Molti San sono stati obbligati a lasciare i loro territori d’origine per vivere nei villaggi situati in zone non adatte alla caccia ed alla raccolta.

L’integrazione dei San con le altre società umane ha avuto quasi dappertutto il risultato di annullare la cultura san. In Namibia, per esempio, i San svolgono soprattutto lavori umili al servizio della popolazione bianca. Nel San subiscono la discriminazione e l’ostracismo della società tswana malgrado un programma di sedentarizzazione lanciato dal governo: vivono nei ranch in cui lavorano e sono marginalizzati.

(fonte wikipedia)

© Steve Evans

Petroglifi boscimani in Zimbabwe

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avvenuto durante la Prima Guerra Mondiale con un atto d’occupazione, al quale seguì un mandato ufficiale d’amministrazione da parte della Società delle Nazioni - e alla necessità di controllare terre e popolazione, il Governo d’occupazione sudafricano spinse i gruppi San a sedentarizzarsi e a praticare prevalentemente l’agricoltura. Sebbene la situazione dei San non fosse delle migliori neanche sotto il controllo dei colonizzatori tedeschi, che resero la zona dell’attuale Namibia colonia tedesca nel 1892 con il nome di Africa Tedesca del Sudovest, tuttavia la loro situazione peggiorò in seguito al passaggio della South West Africa sotto il controllo del Governo sudafricano (Suzman, 2001). Nel 1960 la Odendaal Commission decise che la zona del Bushmanland e del Caprivi Ovest diventassero homeland, evoluzione delle riserve etniche nate in precedenza in Sudafrica. Nel 1971 il progetto si realizzò e da quel momento le sorti dei gruppi di lingua san furono diverse in base al loro luogo di residenza. Chi infatti non si trovava all’interno della zona del Bushmanland – attuale Tsumkwe District - perse i propri diritti sulla terra, infatti il Governo iniziò a confiscare territori per la creazione di riserve naturali e parchi protetti o per assegnarle ad altre etnie per la creazione di homeland (buona parte delle terre degli Ju/’Hoansi San nella zona di Tsumkwe venne confiscata per creare l’Hereroland Est per l’etnia Herero). Suzman

Gruppo di zebre all’interno dell’Etosha National Park

lingue e i dialetti San sono diversi e numerosi, ciascuno appartenente a regioni diverse, quasi tutte però del nord-est della Namibia. Come vedremo successivamente queste lingue e dialetti hanno in realtà una struttura e delle caratteristiche molto simili, quindi anche oggi i diversi gruppi dialettali riescono molto spesso a comprendersi ed interagire senza

problemi. La differenza linguistica è data dalla struttura originaria della società San. I San infatti han sempre vissuto in modo semi-nomade in piccoli gruppi famigliari autonomi, in diverse regioni del Kalahari, a contatto con altri diversi gruppi linguistici ed etnici. In seguito al controllo sudafricano sulla Namibia (denominata allora South West Africa) -

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ci ricorda che in quegli anni all’interno della zona denominata Bushmanland vivevano meno del 3% dei San namibiani (Suzman, 2001). In questi anni si verificarono gravi problemi di vagabondaggio, alcolismo e alti tassi di povertà tra i San che erano stati spinti per altro in una terra ben poco fertile e redditizia. Tra gli anni Cinquanta e Ottanta del Novecento gli Ju/’Hoansi San namibiani persero il 70% delle loro terre di caccia e raccolta. Questa loro vulnerabilità venne sfruttata dal Governo sudafricano durante i conflitti con l’organizzazione indipendentista di ispirazione marxista South-West Africa People’s Organisation (SWAPO), che lottava per l’indipendenza namibiana (Biesele e Weinberg, 1990; Gordon, 1984; Lee 1988; Marshall e Ritchie, 1984). Si pensi ad esempio al “31° Battaglione Boscimano”, costituito dal Governo sudafricano per contrastare i guerriglieri. Era composto da Boscimani attratti dal buon salario - vista la loro assai precaria situazione economica- e reclutati come tracker. La loro esperienza ed enorme conoscenza della natura e del luogo, permisero al Sudafrica una forte azione di controguerriglia. Una volta ottenuta però l’indipendenza della Namibia il battaglione fu sciolto e i Boscimani non vennero più accettati in patria o comunque emarginati. Chi non era entrato nelle file dell’esercito, prestava generalmente servizio nelle fattorie dei coloni bianchi. Qui i San rappresentavano l’ultimo gradino nella gerarchia sociale lavorativa. Essi venivano pagati meno dei lavoratori non San che di solito occupavano posizioni di autorità al di sopra dei San. Questi ultimi infatti erano ritenuti dai proprietari delle fattorie non affidabili, indisciplinati, contrattori di debiti. Molti San lavoravano e lavorano inoltre nella cura del bestiame per Herero o Tswana su terre comunitarie (R. Sylvain, 2002). Queste terre derivano dalla trasformazione e abolizione delle homeland in seguito

all’indipendenza.Dopo l’indipendenza della Namibia nel 1990, la popolazione san si è sempre più impoverita, in seguito anche alla creazione di parchi nazionali che han tolto loro terre e al divieto conseguente di cacciare in molte zone del Paese. Essi risultano per la maggior parte dipendenti dall’esterno, da finanziamenti governativi e non, ma soprattutto lontani da canali possibili di sviluppo (Suzman, 2001). Secondo dati UNPD, il gruppo san è l’unico della Namibia i cui indici di povertà e sviluppo umano sono peggiorati tra il 1996 e il 1998.L’immaginario tipico dei San oggi, veicolato da documentari, brochure e film, è quella di un popolo di cacciatori e raccoglitori ancora legato alla natura, in simbiosi con essa, vestiti

di pelli, ma questa immagine è ormai ben lontana dalla realtà. Alla fine degli anni Novanta, la società San, dai !Kung del Botswana agli Ju/’Hoansi namibiani, era in pieno cambiamento. Anche i San sono dunque inseriti, seppur ancora oggi con un ruolo molto marginale, in quel processo di modernizzazione e creazione di uno Stato indipendente ed unitario che ha portata alla Namibia odierna.

La Carta del Turismo Sostenibile, firmata a Lanzarote nel 1995, afferma che «il turismo per il suo carattere ambivalente deve essere esaminato in una prospettiva globale, perché può contribuire in maniera positiva allo sviluppo socioeconomico e culturale, ma anche al deterioramento dell’ambiente e alla perdita dell’identità locale». Uno dei dibattiti intorno al turismo riguarda proprio la consapevolezza che i rapporti tra visitati e viitatori sono spesso assai diversi. C’è chi può viaggiare e chi può solamente essere visitato (Aime, 2005; Garrone, 1993). Secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo i Paesi in via di sviluppo ospitano il 23% degli arrivi turistici internazionali e una percentuale analoga guadagnano dal mercato turistico in valuta. La Namibia è un esempio di Pese africano in grande sviluppo e con grandi potenzialità economiche, con una grande e ricca varietà culturale e con grande ricchezze naturalistiche. Tutto questo la rende anche molto vulnerabile. La sfida per questi Paesi africani emergenti è proprio quella di riuscire a dosare in modo appropriato risorse e difficoltà, sviluppo e conservazione culturale e naturale.

Sara Rizzi

Il Namib Desert con le caratteristiche dune di colore rossastro

Danza della malattia

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Uno studio realizzato dalle Nazioni Unite ha mo-strato come la desertificazione ed il degrado dei suoli sia la causa in Africa di una perdita fino al 12% del prodotto interno lordo agricolo.I dati sono contenuti in una relazione presenta-ta nel corso della conferenza scientifica svolto-si a Bonn, in Germania, della Convenzione delle Nazioni Unite per combattere la desertificazione (UNCCD) e rappresentano il primo tentativo di quantificare sotto il punto di vista economico le conseguenze sull’agricoltura di desertificazione, degrado delle terre e siccità. Intitolato The Economics of Desertification, Land Degradation and Drought, secondo Luc Gnacadja, segretario esecutivo dell’UCCD lo studio dimo-stra in modo evidente come “la desertificazione, il degrado del territorio e la siccità sono i principali ostacoli alla ripresa ambientale e al raggiungimento della sicurezza alimentare globale”.

60 giorni in Africa

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agricoltura

Politica

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salute

Diritti umaNi

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Nigeria: Un centro “per il controllo e la prevenzione delle malattie”, che fornisca dati

e realizzi studi utili a tutti i paesi del continente: è uno degli impegni assunti ad Abuja, in occasione di un vertice dell’Unione Africana sulla lotta all’aids, alla tubercolosi e alla malaria.Nel corso del vertice, denominato Abuja +12, è stato fatto il punto sui progressi ottenuti e le difficoltà incontrate nella lotta all’aids, alla tubercolosi e alla malaria dopo un incontro analogo che si era tenuto sempre nella capitale della Nigeria nel 2001. Questa settimana, riferisce l’agenzia di stampa panafricana Pana, i capi di Stato e di governo hanno ribadito l’impegno a devolvere almeno il 15% delle entrate pubbliche al settore sanitario. Un impegno rispettato appieno da pochi ma che, è stato evidenziato durante il vertice, ha comunque portato a un generale aumento degli stanziamenti e a direttive politiche potenzialmente in grado di “garantire un accesso universale alle cure”.L’Africa è il continente più colpito sia per quanto riguarda l’aids che per la malaria. A sud del Sahara, però, ci sono stati alcuni sviluppi positivi. Stando a dati dell’Organizzazione mondiale della sanità e di altre agenzie delle Nazioni Unite, nell’ultimo decennio il numero dei decessi causati dalla malaria è diminuito di un terzo. In sette paesi africani, poi, il numero dei contagi da virus dell’hiv si è dimezzato nell’arco di appena tre anni.

aNgola: rifugiati chiedono più dirit-ti, da governo nuova legge. Chiedono che

i loro figli possano andare a scuola senza proble-mi, chiedono di poter aprire un conto in banca o di non essere arrestati con il sospetto che il loro documento sia falso. Hanno avanzato anche que-ste richieste oggi i rifugiati ospitati in Angola, al governo, nel corso di una conferenza organizzata a Luanda dall’Alto commissariato Onu per i rifu-giati (UNHCR) in occasione della giornata mon-diale del rifugiato. Nel corso dello stesso incontro il rappresentante del governo ha annunciato una nuova legge proprio per facilitare la vita dei rifu-giati in questo paese. “Il nostro documento di identificazione non è riconosciuto in banca e a volte neanche la polizia lo riconosce - afferma Kalolekeza Malangi, coor-dinatore dei rifugiati dell’Angola - non riusciamo a chiedere il passaporto. La nostra vita è davvero difficile qui”. Dal palco, Alfredo Leite, capo del dipartimento per i rifugiati del ministero dell’As-sistenza sociale ha rassicurato i rifugiati presenti. “Stiamo pensando ad una nuova legge - ha dichia-rato - con cui possa essere più’ facile riconoscere quali siano i veri rifugiati e quali no. In questo pe-riodo c’è tantissima gente che e’ attratta dall’An-gola perché c’è la crescita economica e utilizza l’e-scamotage dello status di rifugiato per restare qui, ma in realtà’ non ne hanno diritto e sono illegali”.

Zimbabwe: Promulgata la nuova costi-tuzione Da ieri lo Zimbabwe ha una nuova

Costituzione. Largamente approvata dagli elettori nel referendum del 19 marzo scorso e passata ai primi del mese per l’approvazione dei due rami del Parlamento, la nuova Carta Fondamentale del pa-ese è stata promulgata ufficialmente ieri dal presi-dente Robert Gabriel Mugabe. “Oggi è un giorno storico, è l’inizio del futuro” ha detto, enfatica-mente, il ministro degli Affari costituzionali Eric Matinenga al termine della cerimonia della firma.La nuova Costituzione prevede, per la prima volta, un limite ai mandati presidenziali, da adesso bloc-cati a due periodi di 5 anni, dopo 33 anni di potere di Mugabe. Il testo, che non è retroattivo, permette tuttavia all’attuale capo di Stato, che gode ancora di un forte sostegno nelle zone popolari e rurali del paese, di candidarsi alle prossime elezioni, previste entro la fine di quest’anno. La nuova Costituzione rimuove il ruolo di primo ministro, creato come figura di bilanciamento nel governo di unità na-zionale fortemente voluto dalla comunità interna-zionale nel 2009 per mettere fine alle tensioni post elettorali di cinque anni fa, ma rafforza i poteri del Parlamento. La nuova Carta – che tra le altre cose contiene l’abolizione dell’immunità presidenziale una volta terminato l’incarico – infatti aumenta i poteri del legislativo, che sarà composto da 210 membri più altre 60 rappresentanti donne, eletti attraverso un metodo proporzionale. La Costi-tuzione appena promulgata contiene la creazione, per la prima volta, di una Corte costituzionale che si occuperà degli abusi del governo. Sarà inoltre abolita la pena di morte tra tutte le persone con meno di 21 anni e più di 70 e per tutte le donne.

si può ammirare la mostra “Africa Nera”, che raccoglie proprio le numerose sculture collezionate da Friedmann durante i suoi viaggi nelle tribù della Guinea, tra i Baga, della Costa d’Avorio, tra i Senufo e i Dan, del Burkina Faso, tra i Lobi. Per comprendere pienamente il significato simbolico delle varie statue e delle maschere è utile conoscerne le espressioni allegoriche, nonché la collocazione esatta dell’etnia artefice dell’opera. Per esempio, i Dan della Costa d’Avorio realizzano maschere di legno – generalmente dal colore nero – di forma ovale, con linee del viso ben precise: le labbra sono serrate, e gli occhi sono spesso raffigurati da fessure orizzontali. I Lobi del Burkina Faso realizzano invece sculture lignee semplici (recentemente rivalorizzate negli allestimenti delle mostre d’arte africana), ma evocative dei grandi poteri attribuiti alle energie della natura. Anche nelle maschere Senufo si ritrovano elementi legati all’animismo, che è l’espressione più autentica della vera Africa nera. Oltre alla collezione Friedmann, presso la Galleria d’Arte Moderna di Albenga si può ammirare un’altra lettura dell’arte africana, grazie alla mostra personale

della scultrice Renza Sciutto, albenganese di nascita e alassina di adozione, che ha dato vita a totem e ad altre sculture pregevoli in cui si ravvisano influenze provenienti dalla Madre Africa.

Info: Galleria Arte Moderna Albenga (SV) - piazza San Michele (Palazzo Vecchio - Torre Civica) - Tel. 335 7045211; [email protected]

Orari: da martedì a domenica dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 18.30

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f ocus on recensioniValentina codeluppi, LE CICATRICI DEL RUANDA. Una faticosa riconciliazione, edizioni emi, 2012, pp. 192, € 13,00

Nel 1994 si scatena in Ruanda, piccolo paese africano situato nella regione dei Grandi Laghi, uno dei più feroci ed inimmaginabili genocidi del XX secolo. Nel breve arco temporale di tre mesi ha provocato 800.000 vittime e altrettanto numerosi sono stati gli autori delle stragi. Altrettanto inimmaginabile è stato il vuoto lasciato, a livello materiale, sociale, morale.Nella prima parte dell’indagine, dedicata al geno-cidio, l’Autrice ha inquadrato il contesto nel quale

questo si è verificato ritenendo necessaria una analisi della storia del Ruanda, della presenza coloniale e della lotta per l’indipendenza, eventi che hanno avu-to un’influenza determinante sull’importanza della questione etnica nella vita sociale del paese. Si è quindi rivolta alla descrizione degli eventi dei primi anni Novanta, soffermandosi sull’evoluzione politica interna e sulla guerra civile, per poi concentrarsi sull’evento stesso del genocidio, cercando di sottolineare le modalità di svolgimento, iI ruolo avuto dalle Autorità, dai media e dalla pro-paganda.Nella seconda parte dell’indagine, dedicata in modo più specifico alla riconcilia-zione, l’Autrice si è soffermata sui metodi scelti per affrontare e punire il genoci-dio ruandese indagando sul compromesso realizzato tra le aspirazioni della co-munità internazionale, quelle del governo ruandese e quella della popolazione che non sempre hanno coinciso. In particolare da parte del governo il concetto di riconciliazione è stato pensato soprattutto come punizione e distinzione net-ta fra vittime e carnefici invece che come possibilità di superare insieme i trau-mi comuni. E’ tuttavia confortante segnalare che sussistono segnali positivi che testimoniano l’esistenza di concetti di riconciliazione diversi da quello ufficiale che dimostrano come la divisione non sia l’unica prospettiva possibile in Ruanda e come si possa sperare nella ripresa del dialogo e della fiducia reciproci.

Rinaldo Bonavita

mauro armanino, LA SToRIA PERDUTA E RITRovATA DEI MIGRANTI. Il fatto-re religioso dentro e fuori i cancelli del carcere. gammarò editore, sestri levante, 2013, pp.209, € 16,00

“Il viaggio è anche parte della meta”. Questo testo di Mauro Armanino, missionario SMA, antropolo-go e aiuto cappellano nei due anni di permanenza a Genova, puo’ essere vissuto come un viaggio per leggere il mondo attraverso gli sguardi e le testimo-nianze dei detenuti stranieri (africani e sud america-ni) all’interno della Casa circondariale di Marassi, a

Genova. Ogni testimonianza ha un nome, un’età, uno sguardo, un passato che arriva da lontano, che ha attraversato il deserto, il mare, che ha visto orrori, traffici di esseri umani e ha pagato un prezzo altissimo per arrivare in Italia. In ogni sguardo rimane l’unicità che incontra l’unicità dell’altro e racconta storie che si avvicinano, si intrecciano e in parte si incontrano nel comune destino, il carcere, appunto. Storie che però non sono mai identi-che, perché diversa è la partenza, diverso è il punto di vista, la storia da rac-contare. “L’identità da sola muore”. E’ un lavoro che abbraccia molti temi: quello dell’identità che cambia continuamente e che il carcere in qualche modo aiuta a ridefinire e a ritrovare. I processi di globalizzazione, le mutate forme di migrazione, le diverse interpretazioni del multiculturalismo. La pratica religiosa come spazio trovato o ritrovato che offre speranza e futuro. Il testo, tesi di laurea in antropologia culturale ed etnologia presso l’Univer-sità di Genova, è diviso in sei parti. Inizia e termina con una lettera scritta da Frank, giovane migrante nigeriano incontrato alla fine del suo percorso, lettera che insieme ad altre testimonianze formano una mappa per il lavoro di Mauro Armanino. E noi, muovendoci all’interno di questa mappa, co-nosciamo la complessità dei mondi culturali diversi che abitano il carcere. Il nostro mondo specchio.”Ci definiamo in relazione all’altro e la nostra identità non puo’ prescindere dalla relazione con l’alterità”. Come ripete p. Mauro, per capire la vita dentro al carcere, bisogna saper vedere la realtà che abita fuori.

Maria Ludovica Piombino

Tomas D.W. Friedmann è un nome sconosciuto ai più. Scarse le informazioni che si trovano in merito alla sua biografia. Eppure, il suo occhio sensibile di fotografo è riuscito a immortalare paesaggi, volti ed eventi legati a diverse nazioni del continente africano. Alcuni dei suoi scatti sono stati pubblicati sull’autorevole magazine Life, altri inseriti all’interno di saggi in cui si affrontano le vicende politico-storiche dei paesi dell’Africa Centrale e Orientale. Soprattutto nel corso degli anni Sessanta, Friedmann è stato testimone della realtà sociale di nascenti città, così come di remoti villaggi, viaggiando dalla Costa d’Avorio al Ghana, dalla Nigeria al Congo, dalla Tanzania al Sudan. Da queste sue esperienze non solo ha ritratto l’Africa nel periodo postcoloniale, realizzando numerosi reportage, ma ha anche raccolto molteplici sculture provenienti da varie etnie. Questa sua collezione di statue africane è stata recuperata, assemblata e fatta pervenire alla Galleria d’Arte Moderna di Albenga (GAMA), situata nell’antico Palazzo Vecchio di piazza San Michele.Sino al 6 ottobre 2013, in questo spazio espositivo

MostreAd Albenga una mostra dedicata all’Africa nera di Silvia C. Turrin

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In mIssIone nIente è nostro

Ah, come respingo questa parola: La nostra missione! La missione dei nostri padri! Vi è forse qualcosa di tuo, di nostro nelle missioni?

(Mons. de Brésillac, Pensieri sulla missione, n° 86)

L’occasione del rinnovo dei responsabili di una comunità porta con sé sempre una riflessione sulla sorgente della missione. Ritornano alla mente

le parole che Gesù dice a Pietro: «Pasci le mie pecore» (Gv 21,15).Pietro poi trasmette ai presbiteri il mandato che ha ricevuto: « pascete il gregge di Dio che vi è affidato» (1 Pt 5,2).Anche Paolo nel Discorso di Mileto agli anziani di Efeso fa riferimento a questo: «Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue» (At 20,28).Notiamo che Gesù dice: «Pasci le mie pecorelle»; Paolo: «Pascete la Chiesa di Dio»; e Pietro: «Pascete il gregge di Dio che vi è affidato».La Chiesa perciò è di Dio, il gregge è di Cristo. Risulta chiaro che lui è il vero pastore, il pastore supremo. Il gregge è suo e di nessun altro, è lui che lo possiede e lo conduce; noi siamo vicari, collaboratori, aiutanti, delegati.è fondamentale, per conservare la pace del cuore e liberarci dall’ansietà, sapere che, pur sacrificandoci per il gregge, non ne siamo i responsabili ultimi. Siamo certamente responsabili davanti a Dio, ma ricordando che non potremo mai aver cura della nostra gente più di quanto ne abbia il Signore. è lui il padrone unico.In questa certezza si situa ogni servizio nella Chiesa, nella certezza che non c’è niente di nostro, ma che tutto è dono. Dono da ricevere e da donare. Compresa la capacità di non attaccarsi a quanto ci è donato.Ritornano alla mente le motivazioni della rinuncia di papa Benedetto XVI dove ricorda che è il papa ad essere al servizio della Chiesa, non viceversa. La funzione del successore di Pietro è dunque di servizio, e un servizio lo si può svolgere al massimo grado proprio facendosi da parte, proprio tornando a separare l’uomo (in questo caso Joseph Ratzinger) dalla funzione di Papa che gli era stata conferita dai cardinali sotto ispirazione dello Spirito Santo.Se si ha la certezza che la Chiesa è di Cristo ed è affidata a Lui, si può fare tutto, anche lasciare la sedia vuota perché venga un altro. Perché è certo che verrà e sarà come deve essere, mentre tu vai ad aprire la porta a qualcuno che bussa.

MB

la sorgente della Missione

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ANGOLAAdorni P. Renzo Cel. 00244 923425291Besenzoni P. Angelo Cel. 00244 [email protected] P. [email protected] P. Cainelli Cel. 00244 [email protected] P. Walter Cel. 00244 [email protected] P. Mario Cel. 00244 924610714Paròquia Bom Pastor - C.P. 14748 LUANDA

COSTA D’AVORIOBasso P. Eugenio - [email protected] B.P. 702 ANYAMA - T. 00225 55787994 Arnolfo P. Francesco - [email protected]. 212 ADZOPE - Cell 00225 08129962Dozio P. Dario - [email protected] B.P. 884 ABIDJAN 04 - T. 00225 23451791Prada P. Marco - [email protected] Catholique de MADINANIper la posta: 04 B.P. 884 ABIDJAN 04

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SMA SOLIDALE ONLUS

inserto redazionale “SMA Notizie” - n° 121- Maggio - Agosto 2013

In questi ultimi tempi SmaSolidale Onlus è stata sollecitata da P. mauro armanino per l’emergenze dei migranti che passano daNiamey, capitale del Niger, sulla strada della ricerca di un futuro, a volte immaginario, migliore. Ora p. Mauro ci presenta un resocontodell’attività svolta anche con il sostegno di SmaSolidale Onlus

IntroduzioneIl progetto di servizio pastorale dei migranti nella diocesi di Niamey (NIGER) è nato nel mese di luglio del 2011 conl'urgenza della crisi libica che ha costretto migliaia di emigratia tornare ai paesi rispettivi. Molti di loro erano originari del Niger mentre altri erano partiti dai paesi costieri.Questo servizio, nato nella fretta, si è subito strutturato graziealla rete delle caritas (CADEV in Niger) esistente nelle varieparrocchie. Il primo fondo di circa 5 milioni di franchi CFA(7.622 E), è stato offerto dal vescovo di Niamey.

Il tipo di servizioIl Niger è una terra di mezzo, passaggio obbligato per coloroche vogliono raggiungere il nord Africa, soprattutto dopol'inizio della guerra nel confinante Mali. I migranti che cercano

di attraversare questa zona saheliana sono migliaia. La maggior parte di loro cerca un lavoro in uno dei paesidell'Africa 'bianca' (Marocco, Algeria e Libia), le recenti guerree le politiche dell'Unione Europea rendono questi viaggiun'epopea. Vite umane sono perdute nel tentativo diattraversamento del deserto. Molte altre persone sonodetenute in campi di detenzione che sono come prigioni. Altri riescono ad attraversare il mare o approdare nelle enclavispagnole di Ceuta o Melilla. Molti, troppi, tornano indietrocon ferite insanabili e con le mani vuote.In questo contesto il primo servizio è quello dell'accoglienza edell'ascolto. Accanto a ciò esiste un servizio di orientamento:— Presso alcune istituzioni che possono aiutare, per esempiol'OIM (Ufficio per le Migrazioni Internazionali), oppure l'AltoCommissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (HCR).— Per tutti c'è un servizio di prima assistenza alimentare,medica e in termini di alloggio. Lo scopo è quello di'riumanizzare' l'incontro tra persone, in attesa che la personascelga il passo successivo : fermarsi tentando di trovare undifficile lavoro oppure tornare al paese di origine.

(continua a pag.3)

I mIgrantI nelladIocesI dI nIamey

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