Maestro Gesù - istsantafamiglia.comistsantafamiglia.com/1/upload/gesui_maestro_4_2018.pdf ·...

56
Tariffa Associazioni senza fini di lucro: Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004n. 46) art 1 comma 2 DBC Roma “Questo povero grida e il Signore lo ascolta” (Salmo 34,7) Gesù Maestro Novembre Dicembre 4 -201 8

Transcript of Maestro Gesù - istsantafamiglia.comistsantafamiglia.com/1/upload/gesui_maestro_4_2018.pdf ·...

Tarif

fa A

ssoc

iazi

oni s

enza

fini

di l

ucro

: Pos

te It

alia

ne S

.p.A

. Spe

dizi

one

in a

bbon

amen

to p

osta

le D

.L. 3

53/2

003

(con

v. in

L. 2

7.02

.200

4n. 4

6) a

rt 1

com

ma

2 DB

C Ro

ma

“Questo povero gridae il Signore lo ascolta” (Salmo 34,7)

GesùMaestroNovembreDicembre4-2018

Novembre-Dicembre 4/2018Trimestrale anno 22Istituti Paolini “Gesù Sacerdote”e “Santa Famiglia”

DIRETTORE: Don Roberto Roveran

DIREZIONE: Circonvallazione Appia, 162 - 00179 Roma Tel. 06.7842609 - 06.7842455 - Fax 06.786941

AUTORIZZAZIONE TRIBUNALE DI ROMA n° 76/96 del 20/02/1996

Grafica e stampa: Mancini Edizioni s.r.l. - Pubblicazioni e stampa

Via Tasso, 96 - 00185 Roma - 06.45448302 - 06.93496056 - [email protected]

In copertina: In Africa è forte la richiesta di cultura

Giovani ad ogni costo, senza adulti e vocazioni . . . . 3

Il Matrimonio non è soltanto un evento sociale, ma un vero Sacramento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

“Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

L’infermo si sente membro di Gesù Cristo . . . . . . . 13

Paolo VI: il Papa di don Alberione . . . . . . . . . . . . . 15

Ancora sul discernimento del presbitero . . . . . . . . . 18

L’Associazione “Ancilla Domini” . . . . . . . . . . . . . . 22

1968 – Rivoluzione sessuale: libertà senza verità1968 – Humanae vitae: verità che libera . . . . . . . . . 25

Tre atteggiamenti dell’Avvento . . . . . . . . . . . . . . . . 28

Gli sposi e il prete: due ali per volare verso il Regno . 30

Il Matrimonio tra patto e contratto . . . . . . . . . . . . . 35

L’anzianità secondo la Bibbia . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

Il silenzio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

CineFamily a Canicattì . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45Domenica della Parola a Novara . . . . . . . . . . . . . . . 46I nostri figli dopo Fognano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47In ritiro con i Responsabili zonali . . . . . . . . . . . . . . 48Risonanza dagli Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50Diffusione della Parola a Sommatino . . . . . . . . . . . 51Pellegrinaggio zonale a Pompei . . . . . . . . . . . . . . . 52Grazie, Giovanna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52

Uniti nel suffragio e nell’intercessione . . . . . . . . . . 53

Libri, audiovisivi e film . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54

2 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

EDITORIALEMAGISTERO DELLA CHIESA

CONOSCERE LA FAMIGLIA

LE PAROLE DEL FONDATORE

CONOSCERE SAN PAOLO

NUOVI SANTI

IstItuto “GESU’ SACERDOTE”

50° DI HUMANAE VITAE

NOTE DI LITURGIA

SPIRITUALITÀ CONIUGALE

LE ETÀ DELLA VITA

ESPERIENZE E TESTIMONIANZE

NOTE DI ECOLOGIA

IN MEMORIA

IstItuto “SANTA FAMIGLIA”

Comunicazione del delegato

Lettera del delegato

NOVITÀ

GesùMaestro

SO

MM

AR

IO

3GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Editoriale

L’attuale fatica delle relazioni familiari, dell’educare, del trasmettere la fede, la fatica che oggi incontra la pastorale vo-

cazionale, la fatica ad imporsi di una coscienza ecologica diffusa hanno tutte a che fare proprio con la dimenticanza del fatto che amare signifi-ca anche “lavorare”, investire il proprio sé verso l’altro. E la ragione ultima di questo dato – ma in verità non si tratta che di due facce della stessa medaglia – sta nella mancata crescita in adultità degli adulti attuali; dal fatto cioè che gli adulti disattendano la vera vocazione di ogni uomo e di ogni donna: quella di diventare “adulti”. È que-sto il versante antropologico che sfida oggi più di tutto la famiglia, la società ed anche la cura del pianeta. Gli adulti, insomma, non vogliono più crescere come sottolinea bene un autore: «Dove sono gli uomini e le donne adulte, co-loro che hanno lasciato alle spalle i turbamenti, le contraddizioni, le fragilità, gli stili di vita, gli abbigliamenti, le mode, le cure del corpo, i modi di fare, persino il linguaggio della giovinezza e, d’altra parte, non sono assillati dal pensiero di una fine che si avvicina senza che le si possa sfuggire? Dov’è finito il tempo della maturità, il tempo in cui si affronta il presente per quello che è, guardandolo in faccia senza timore? Ne ha preso il posto una sfacciata, fasulla, fittiziamente illimitata giovinezza, prolungata con trattamen-ti, sostanze, cure, diete, infiltrazioni e chirurgie; madri che vogliono essere e apparire come le figlie e come loro si atteggiano, spesso ridicol-mente. Lo stesso per i padri, che rinunciano a se stessi per mimetizzarsi nella cultura giovanile

dei figli» (G. Zagrebelsky, Senza adulti, Einaudi, Torino 2016, pp. 46-47).

Dove sono gli adulti? Cosa è successo a quella abbondante fetta di

popolazione che risulterebbe titolare di questo status che indica appunto persone mature, ben piantate, salde in se stesse, capaci pertanto di un affrontamento dell’esistenza che ha lasciato alle spalle le titubanze e i turbamenti delle preceden-ti stagioni della vita e che proprio in ragione di ciò può far fronte alle leggi elementari dell’amo-re, accompagnare le nuove generazioni nel cam-mino della crescita, che è sempre contempora-neamente cammino di decisione e di rinuncia, e prendersi infine efficacemente cura del pianeta? Per quanto sia difficile crederlo, di adulti così ce ne sono sempre di meno. La ragione di tale af-fermazione si trova in una vera e propria rivolu-zione copernicana circa il sentimento di vita che ha visto protagonista la generazione postbellica, quella nata tra il 1946 e il 1964, e che poi si è ormai diffusa anche nella generazione successi-

Riprendiamo buona parte della relazione di don Armando Matteo ai membri dei Governi generali della Famiglia Paolina riuniti all’inizio dell’anno per riflettere sugli aspetti antropologici e

vocazionali dell’attuale momento storico.

Giovani ad ogni costo,senza adulti e vocazioni

Giovani ad ogni costo, senza adulti e vocazioni

4 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

va, rintracciabile nei nati tra il 1964 e il 1979. Per quella generazione (e la successiva) so-

stanzialmente al centro del compimento di un’e-sistenza umana non c’è la volontà di diventare adulto, e quindi responsabile della società e del suo futuro, ma quella di “restare giovane” ad ogni costo.

Va da sé che qui non esiste più alcuno spazio per il lato etico-morale, educativo, specificante l’età adulta. Sostiene M. Gauchet che siamo or-mai giunti alla liquidazione dell’età adulta. Sia-mo al cospetto di una disgregazione di ciò che significava maturità [...] Quella dell’adulto non è ormai che un’età, senza un particolare rilievo o privilegio sociale. Nessuno deve più essere maturo, nel senso che non sussiste più l’obbligo pubblico della riproduzione collettiva. La vita familiare e la procreazione sono divenute que-stioni puramente private. Non esistono più mo-delli di esistenza adulta definiti dal discrimine della creazione di un nucleo famigliare» (Il figlio del desiderio. Una rivoluzione antropologica, Vita e Pensiero, Milano 2010, p. 43).

Incapaci di generare e di morireGli adulti hanno rinnegato la loro vera au-

tentica vocazione che è quella della generatività: l’adulto è infatti uno che è capace di dimenti-carsi di sé in vista della cura d’altri. È uno che ha finalmente capito che la domanda vera che decide della qualità della vita – come sostiene P.

Sequeri – non è “chi sono io?”, ma “per chi sono io?”. Quella della generatività, ovvero la vocazio-ne all’adultità, è la prima ed elementare forma di ogni altra vocazione. Ma proprio questo è oggi messo terribilmente in crisi. E non è un caso che in una città come Roma il numero dei single sia superiore di quello di coloro che vivono in fa-miglia, che continui la denatalità… che le prassi educative attuali siano del tutto inefficaci e che la cura del pianeta terra sia a livelli disastrosi…

La mancata risposta alla più elementare del-le vocazioni umane – quella all’adultità – com-porta una paralisi di ogni altra vocazione, cioè di ogni altra disponibilità nei confronti di ogni altra voce che mi chiami, mi convochi, mi inviti a uscire da me e a porre la mia esistenza oltre il mio piccolo ombelico... sia la voce dell’amato, del figlio, del pianeta! E ovviamente quella di Dio.

E cosa dire ancora della percezione diffusa delle età della vita? Quando finisce la giovinezza e quando inizia infatti da noi la vecchiaia? La-pidario è Ilvo Diamanti: «Solo il 15 per cento si riconosce “anziano”. Anche se il 23 per cento della popolazione ha più di sessantacinque anni. D’altronde, da noi, quasi nessuno “ammette” la vecchiaia. Che, secondo il giudizio degli italiani […], comincerebbe solo dopo gli ottant’anni. In altri termini, vista l’aspettativa di vita, in Italia si “diventa” vecchi solo dopo la morte».

Nessuno insomma ammette la vecchiaia: è parola che non trovi neppure su wikipedia! Oggi vecchio è sinonimo di rimbambito, rincitrullito, babbeo. C’è forse oggi un complimento più bel-lo per un adulto del “ma come sembri giovane!” e viceversa c’è forse oggi un’offesa della quale è possibile pensarne una maggiore del “ma come ti sei invecchiato!”? Se uno vuole rompere defi-nitivamente le relazioni con qualcuno, basta, la prima volta che lo vede, fargli presente di quanto sia invecchiato, per constatare quella persona let-teralmente sparire dal proprio orizzonte di vita.

Ma se la vecchiaia a causa del mito della gio-

5GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Editoriale

vinezza finisce nel cono dell’irrealtà, nel cono della maledizione, nel cono di ciò che le persone per bene e politicamente corrette evitano di no-minare, essa trascina con sé anche l’età adulta, che di fatti oggi nessuno onora più.

La stessa malattia non è più interpretata come un messaggio - come sintomo - che ci giunge dal nostro corpo nella sua globalità (del tipo: non esagerare, mangia di meno, riposati ecc.), ma come un temporaneo e specifico bloc-co o disturbo da eliminare prima possibile, per riprendere la nostra pazza corsa, senza spesso sa-pere neppure dove andiamo.

E cosa dire della morte? Oggi nessuno muo-re: basta guardare i manifesti funebri. La gente scompare, viene a mancare, si spegne, compie un transito, si ricongiunge, ma nessuno muore! E la medicina ormai tratta la morte alla stregua di una malattia. Non a caso si parla della nostra come di società postmortale.

Nella misura in cui la giovinezza diventa la grande macchina di felicità degli adulti odier-ni, l’unica fonte di umanizzazione, l’unico bene emerge un profilo d’umano essenzialmente au-toreferenziale. Papa Francesco parla di egola-tria, che quasi inibisce qualsiasi possibilità stessa dell’amore.

Aspetti vocazionali Disattendere la propria vocazione all’adultità

significa tradire essenzialmente tutte quelle vo-cazioni intorno alle quali ruotano e delle qua-li si nutrono la realtà della famiglia e la realtà dell’impegno ecologico.

a) Vocazione alla reciprocità. La realtà dell’amore è quella per la quale ciascuno desi-dera l’altro in quanto altro e non in funzione di sé. Ho bisogno di te perché ti amo e non ti amo perché ho bisogno di te, diceva Fromm. Ma dove domina l’egolatria scompare il senso della prossimità. L’adulto dovrebbe essere l’antinar-ciso per eccellenza; ebbene oggi abbiamo a che fare con adulti narcisi. L’amore di coppia è in crisi perché il cammino verso la reciprocità non è mai cosa facile o semplice ed oggi lo è ancora di meno. Per gli adulti odierni egolatri è sempre più difficile comprendere che l’autorealizzazione passa attraverso la felicità di cui siamo capaci di far vivere agli altri, a partire dalla persona amata. Ecco il lavoro dell’amore!

b) Vocazione all’educazione. Chi non è adulto non può educare. Educare indica sempre il cammino di introduzione dei più giovani nel mondo dell’adultità. Oggi nelle famiglie vige so-

Giovani ad ogni costo, senza adulti e vocazioni

6 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

stanzialmente la prassi del controllo asfissiante e del pre-occuparsi. Si tratta dell’atteggiamento di chi lavora solo per detraumatizzare e sterilizzare gli ambiti di vita dei propri figli… al fine di non farli crescere! L’adulto di oggi non è capace di quella testimonianza di vita che è la sua differenza specifica rispetto alla generazione che viene e che costituisce il punto di innesco del processo deci-sionale che attende proprio quest’ultima. La vita, che pure è fragile, che non sempre concede un’al-tra chance, che impone la malattia e la vecchiaia, che non risparmia a nessuno la morte, è pur tut-tavia degna del tuo desiderio. Quanto lavoro ar-tigianale su di sé richiede una tale testimonianza?

c) Vocazione alla trasmissione della fede. Il passaggio da una fede bambina ad una fede adulta, almeno allo stadio iniziale, richiede che i ragazzi e i giovani possano vedere Dio negli oc-chi di mamma e di papà. E quindi vederli pre-gare, leggere il Vangelo; sentirli impegnati in di-scorsi sul senso della vita nei quali la dimensione religiosa non sia qualcosa di totalmente ignoto. Ma appunto per gli adulti di oggi la vera dimen-sione religiosa è quella legata alla loro rincorsa della propria giovinezza. Non pregano più. Non

leggono più la Bibbia e le discussioni domesti-che si concentrano essenzialmente su chi vincerà la prossima edizione del Grande Fratello!

d) Vocazione alla cura della “casa comu-ne”. A mio avviso il punto è qui quello relativo a una sorta di “immortalismo” che ha afferrato la popolazione adulta attuale. Sembra che non ci sia più lo spazio per pensare ad altro dopo di loro. Non si preoccupano minimamente – gli adulti attuali egolatri - del diritto delle genera-zioni che vengono di succedere loro. Questo è dovuto certamente al fenomeno della longevità, ma anche all’imporsi di un modello di consumo che non tocca più semplicemente i beni di cui possiamo arricchire la nostra esistenza, quanto l’esistenza stessa come un bene in sé, che ha ra-gione in sé, che non conosce altro da sé.

e) La questione delle vocazioni. Ovvia-mente tutto questo si ripercuote pure sulla que-stione delle vocazioni, che tanto affanna la no-stra Chiesa. Lì dove diminuisce la qualità adulta dell’umano, la cultura della vocazione in genera-le patisce una paralisi. La vocazione all’adultità è la “forma zero” di ogni altra vocazione, che sem-pre ne specifica l’orizzonte di donazione.

Maria diede alla luce il suo figlio primogenito,

lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia (Lc 2,7)

Tanti cari auguri di buon tempo di Avvento

e gioiosa celebrazione del mistero dell’Incarnazione

«Adoriamo nel Tabernacolo, che è il vero presepio,il Verbo divino, coeterno al Padre, nato nel tempo da Maria e che deve nascere in ogni anima per mezzo della grazia, in attesa che nasca in noi nell’eternità» (Alberione, Per un rinnovamento spirituale, p. 310).

7GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Magistero della Chiesa

Il Matrimonio non è soltanto un evento sociale, ma un vero SacramentoPapa Francesco il 27 settembre scorso ha incoraggiato coloro che operano nella pastorale matrimoniale insistendo sull’importanza della preparazione al Sacramento, senza però dimenticare la necessità dell’accompagnamento successivo.

Cari fratelli e sorelle, con gioia vi incon-tro a conclusione del corso di forma-

zione su Matrimonio e famiglia, promosso dalla Diocesi di Roma e dal Tribunale della Rota Romana. Rivolgo a ciascuno di voi il mio saluto cordiale, e ringrazio il Cardinale Vicario, il Decano della Rota e quanti han-no collaborato per queste gior-nate di studio e di riflessione. Esse vi hanno dato modo di esaminare le sfide e i progetti pastorali concernenti la fami-glia, considerata come chiesa domestica e santuario della vita. Si tratta di un campo apostolico vasto, complesso e delicato, al quale è necessario dedicare energia ed entusia-smo, nell’intento di promuo-vere il Vangelo della famiglia e della vita. Come non ricor-dare, a questo proposito, la visione ampia e lungimirante dei miei Predecessori, in par-ticolare di San Giovanni Paolo II, che hanno promosso, con coraggio, la causa della famiglia, decisiva e insostitui-bile per il bene comune dei popoli?

Necessaria preparazioneNella loro scia ho sviluppato questo

tema, specialmente nell’Esortazione apo-stolica Amoris Laetitia, ponendo al centro

l’urgenza di un serio cammino di prepa-razione al matrimonio cristiano, che non si riduca a pochi incontri. Il Matrimonio non è soltanto un evento “sociale”, ma un vero Sacramento che comporta un’ade-guata preparazione e una consapevole ce-lebrazione. Il vincolo matrimoniale, infatti,

richiede da parte dei fidanzati una scelta consapevole, che metta a fuoco la volontà di costruire insieme qualcosa che mai do-vrà essere tradito o abbandonato. In diver-se Diocesi del mondo si stanno sviluppan-do iniziative per rendere più adeguata alla situazione reale la pastorale familiare, in-tendendo con questa espressione in primo

Il Matrimonio non è soltanto un evento sociale

8 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

luogo l’accompa-gnamento dei fi-danzati al Matrimo-nio. È importante offrire ai fidanzati la possibilità di par-tecipare a seminari e ritiri di preghie-ra, che coinvolga-no come animatori, oltre ai sacerdoti, anche coppie spo-sate di consolidata esperienza familia-re ed esperti nelle discipline psicologiche.

Tante volte la radice ultima delle pro-blematiche, che vengono alla luce dopo la celebrazione del Sacramento nuziale, è da ricercare non solo in una immaturità na-scosta e remota esplosa improvvisamente, ma soprattutto nella debolezza della fede cristiana e nel mancato accompagnamen­

to ecclesiale, nella solitudine in cui vengono lasciati di solito i neo-coniugi dopo la celebra-zione delle nozze. Soltanto messi di fronte alla quotidia-nità della vita in-sieme, che chiama gli sposi a crescere in un cammino di donazione e di sa-crificio, alcuni si

rendono conto di non aver compreso pie-namente quello che andavano ad iniziare. E si scoprono inadeguati, specialmente se si confrontano con la portata e il valore del Matrimonio cristiano, per quanto riguarda i risvolti concreti connessi all’indissolubi-lità del vincolo, all’apertura a trasmettere il dono della vita e alla fedeltà.

“Questo povero grida e il Signore lo ascolta” (Salmo 34,7)

Dal Messaggio di Papa Francesco per la 2a Giornata Mondiale dei Poveri che si celebra domenica 18 novembre.

Il Salmo 34 caratterizza con tre verbi l’atteggiamento del povero e il suo rapporto con Dio. Anzitut-to, gridare. La condizione di povertà non si esaurisce in una parola, ma diventa un grido che attraversa i cieli e raggiunge Dio. Che cosa esprime il grido del povero se non la sua sofferenza e solitudine, la sua delusione e speranza? Possiamo chiederci: come mai questo grido, che sale fino al cospetto di Dio, non riesce ad arrivare alle nostre orecchie e ci lascia indifferenti e impassibili? In una Giornata come questa, siamo chiamati a un serio esame di coscienza per capire se siamo davvero capaci di ascoltare i poveri…

Un secondo verbo è rispondere. La risposta di Dio al povero è sempre un intervento di salvezza per curare le ferite dell’anima e del corpo, per restituire giustizia e per aiutare a riprendere la vita con dignità. La risposta di Dio è anche un appello affinché chiunque crede in Lui possa fare altrettanto nei limiti dell’umano. La Giornata Mondiale dei Poveri intende essere una piccola risposta che dalla Chiesa intera, sparsa per tutto il mondo, si rivolge ai poveri di ogni tipo e di ogni terra perché non pensino che il loro grido sia caduto nel vuoto…

Un terzo verbo è liberare. Il povero della Bibbia vive con la certezza che Dio interviene a suo favore per restituirgli dignità. La povertà non è cercata, ma creata dall’egoismo, dalla superbia, dall’avidità e

Magistero della Chiesa

9GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Aiutare la consapevolezzaPer questo ribadisco la necessità di

un catecumenato permanente per il Sa-cramento del Matrimonio che riguarda la sua preparazione, la celebrazione e i primi tempi successivi. E’ un cammino condivi-so tra sacerdoti, operatori pastorali e sposi cristiani. I sacerdoti, soprattutto i parroci, sono i primi interlocutori dei giovani che desiderano formare una nuova famiglia e sposarsi nel Sacramento del Matrimonio. L’accompagnamento del ministro ordinato aiuterà i futuri sposi a comprendere che il Matrimonio tra un uomo e una donna è segno dell’unione sponsale tra Cristo e la Chiesa, rendendoli consapevoli del signi-ficato profondo del passo che stanno per compiere. Più il cammino di preparazione sarà approfondito e disteso nel tempo, più le giovani coppie impareranno a corrispon-dere alla grazia e alla forza di Dio e svilup-peranno anche gli “anticorpi” per affronta-

re gli inevitabili momenti di difficoltà e di fatica della vita coniugale e familiare.

Nei corsi di preparazione al Matrimonio è indispensabile riprendere la catechesi dell’iniziazione cristiana alla fede, i cui contenuti non vanno dati per scontati o come se fossero già acquisiti dai fidanza-ti. Il più delle volte, invece, il messaggio cristiano è tutto da riscoprire per chi è ri-masto fermo a qualche nozione elementa-re del catechismo della prima Comunione e, se va bene, della Cresima. L’esperienza insegna che il tempo della preparazione al Matrimonio è un tempo di grazia, in cui la coppia è particolarmente disponibile ad ascoltare il Vangelo, ad accogliere Gesù

“Questo povero grida e il Signore lo ascolta” (Salmo 34,7)

Dal Messaggio di Papa Francesco per la 2a Giornata Mondiale dei Poveri che si celebra domenica 18 novembre.

dall’ingiustizia. Mali antichi quanto l’uomo, ma pur sempre peccati che coinvolgono tanti innocenti, portando a conseguenze sociali drammatiche. L’azione con la quale il Signore libera è un atto di salvezza per quanti hanno manifestato a Lui la propria tristezza e angoscia. La prigionia della povertà viene spez-zata dalla potenza dell’intervento di Dio…

Si comprende quanto sia distante il nostro modo di vivere da quello del mondo, che loda, insegue e imita coloro che hanno potere e ricchezza, mentre emargina i poveri e li considera uno scarto e una vergogna. Le parole dell’Apostolo sono un invito a dare pienezza evangelica alla solidarietà con le membra più deboli e meno dotate del corpo di Cristo: «Se un membro soffre, tutte le membra soffro-no insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui» (1 Cor 12,26). Alla stessa stregua, nella Lettera ai Romani ci esorta: «Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile» (12,15-16). Questa è la vocazione del discepolo di Cristo; l’ideale a cui tendere con costanza è assimilare sempre più in noi i «sentimenti di Cristo Gesù» (Fil 2,5)…

Il Matrimonio non è soltanto un evento sociale

10 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

come maestro di vita. Mediante un sin-cero atteggiamento di accoglienza delle coppie, un linguaggio adeguato e una pre-sentazione chiara dei contenuti è possibile attivare dinamiche che superino le lacune oggi molto diffuse: sia la mancanza di for-mazione catechetica, sia la carenza di un senso filiale della Chiesa, che pure fa parte dei fondamenti del Matrimonio cristiano.

Accompagnare nei primi anniLa maggiore efficacia della cura pasto-

rale si realizza dove l’accompagnamen­to non termina con la celebrazione delle nozze, ma “scorta” almeno i primi anni di vita coniugale. Mediante colloqui con la coppia singola e momenti comunitari, si tratta di aiutare i giovani sposi ad acqui-sire gli strumenti e i supporti per vivere la loro vocazione. E questo non può avvenire che attraverso un percorso di crescita nella fede delle coppie stesse. La fragilità che, sotto questo profilo, si riscontra spesso nei giovani che si avvicinano al Matrimonio rende neces-sario accompagnare il loro cammino oltre la celebra-zione delle nozze. E questo – ci dice ancora l’esperienza – è una gioia per loro e per quanti li accompagnano. E’ un’esperienza di gioiosa maternità, quando gli sposi novelli sono oggetto delle cure sollecite della Chiesa che, sulle orme del suo Maestro, è madre premurosa che non abbandona, non scar-ta, ma si accosta con tenerezza, abbraccia e incoraggia.

Riguardo a quei coniugi che sperimen-tano seri problemi nella loro relazione e si trovano in crisi, occorre aiutarli a rav-vivare la fede e riscoprire la grazia del

Sacramento; e, in certi casi – da valutare con rettitudine e libertà interiore – offrire indicazioni appropriate per intraprendere un processo di nullità. Quanti si sono resi conto del fatto che la loro unione non è un vero Matrimonio sacramentale e vogliono uscire da questa situazione, possano tro-vare nei vescovi, nei sacerdoti e negli ope-ratori pastorali il necessario sostegno, che si esprime non solo nella comunicazione di norme giuridiche ma prima di tutto in un atteggiamento di ascolto e di compren-sione. A tale proposito, la normativa sul nuovo processo matrimoniale costituisce un valido strumento, che richiede di es-sere applicato concretamente e indistin-tamente da tutti, ad ogni livello ecclesia-le, poiché la sua ragione ultima è la salus animarum! Mi ha rallegrato apprendere che molti Vescovi e Vicari giudiziali han-no prontamente accolto e attuato il nuo-

vo processo matrimoniale, a conforto della pace delle coscienze, soprattutto dei più poveri e lontani dalle nostre comunità ecclesiali.

Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per il vostro impe-gno in favore dell’annuncio del Vangelo della famiglia. Auspico che l’orizzonte del-la pastorale familiare dioce-sana sia sempre più vasto,

assumendo lo stile proprio del Vangelo, in-contrando e accogliendo anche quei giovani che scelgono di convivere senza sposarsi. Occorre testimoniare loro la bellezza del Ma-trimonio! Lo Spirito Santo vi aiuti ad essere operatori di pace e di consolazione, special-mente per le persone più fragili e bisogno-se di sostegno e di sollecitudine pastorale. Vi imparto di cuore la mia benedizione e vi chiedo per favore di pregare per me.

Conoscere san Paolo

11GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Ringraziamo don Nunzio che con questo articolo inizia la sua collaborazione alla nostra Rivista. Avremo modo di riflettere su alcune frasi dell’Apostolo delle genti particolarmente utili per il nostro vivere insieme nella fraternità dei gruppi.

Quando Paolo nell’anno 56 scrive ai Filippesi è un uomo vitalmente matu-

ro, maturato nel lavoro apostolico e prigio-niero: si trova “nel pretorio, in catene per Cristo” (Fil 1,13), incerto sul destino che lo aspetta, ma sicuro che qualunque sia l’esito della prigionia la causa del Vangelo ne uscirà rafforzata (Fil 1,12).

La Lettera ai Filippesi, da molti definita «la lettera della gioia», nasce da una situa-zione di profonda sofferenza, di fatica, di prigionia e di rischio di morte. La situazio-ne della comunità di Filippi, primizia della missione paoli-na in territorio europeo, non è buona. Non tutto andava per il meglio: • la rivalità personale che Pao-

lo avverte in alcuni predica-tori mentre lui è in prigione (Fil 1,15) e che “aggiungo-no dolore alle mie catene” (Fil 1,17);

• l’accorato invito pubblico a Evodia e Sin-tiche – che sono state compagne di Paolo nell’evangelizzazione e che hanno un ruo-lo di responsabilità nella comunità - di “andare d’accordo nel Signore” (Fil 4,2);

• la presenza eversiva di propagandisti giudeo-cristiani che si comportavano “da nemici della croce di Cristo” (Fil 3,18), impegnati come erano in una contro-mis-sione che chiedeva la circoncisione dei-

credenti (Fil 3,2-19), dimostrano che non mancavano malintesi, conflitti personali e gravi contese.

L’invito alla gioia La comunità che riceve il mandato apo-

stolico di gioire nel Signore è dunque una comunità provata, che conosce il dissenso interno e la persecuzione esterna, ma fede-le all’apostolo e fedele al Signore. Tre parti-colari sono da tenere in conto:

1. La ripetizione, rimarcata, del ver-bo rallegrarsi all’imperativo identifica la gioia raccoman-data come comportamen-to imposto; non si tratta di un’emozione involontaria o intima, naturale, ma di una condotta ingiunta. Per il cri-stiano, pensa Paolo, vi è un obbligo di gioia: “state sem-pre lieti”. E se viene imposta non può considerarsi sempli-

ce benessere personale o né può uno pro-porsela come eroico programma di vita.

2. Questa gioia la si deve vivere sempre e non saltuariamente, cioè solo se uno si sente bene o quando tutto intorno va bene, ma senza pausa né eccezioni, a tutti i costi. E’ una gioia non fortuita, né effimera, vissu-ta nel quotidiano, che non dipende, perché non proviene da motivazioni esterne e che si deve esperimentare pure in momenti di difficoltà.

“Siate sempre lieti nel Signore,ve lo ripeto: siate lieti” (Fil 4,4)

3. La gioia prescritta da Paolo ai suoi è da viversi “nel Signore”. E’ questa una formula tra le più caratteristiche di Paolo, sconosciuta in pratica dagli altri autori del Nuovo Testamento. Il che fa ancora più insolita questa gioia: ha il Signore Risorto come spazio o luogo di realizzazione.

Gioire nel SignoreLa gioia di cui parla Paolo è un’esperien-

za di vita che deriva da un’amicizia profon-da con Gesù. A Lui dunque bisogna risalire per capire il senso della gioia in Paolo.

I cristiani sono in Cristo (Gal 1,22) e Cristo è nei cristiani (Gal 2,20): i credenti hanno il loro fondamento in Lui ed Egli è attivo in loro (Gal 2,8). Cristo è colui che determina, dirige, impone e rende possibile la vita del cristiano.

La gioia di essere nel Signore non è, dunque, una sensazione emotiva, un moto salutare dell’animo, ma nep-pure solo la lieta disposizio-ne del cuore del credente a obbedire sempre al suo Si-gnore. È piuttosto il benes-sere che risulta dal lasciare che sia Lui a vivere in noi.

È lui, il Signore, morto e risorto, il luogo dove i cristia-ni sono, provano sentimenti e agiscono: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù” (Fil 2,5). Dunque, non un otti-mismo facile sta alla base della gioia cristiana, ma la coscienza di essere uniti a Cristo e partecipi della sua vita.

Essere nella gioia sempre!La gioia del cristiano è continua, co-

stante. L’apostolo dice: “Rallegratevi nel Signore, sempre, ve lo ripeto ancora, ralle-gratevi”. Il Padre desidera che “siamo lieti sempre”, in ogni circostanza.

“Sovente pensiamo che la gioia sia frut­to del caso, perciò se mi va bene sono con­tento, se le cose vanno male allora sono nello sconforto. Non è proprio così per il cristiano.

Stare lieti in ogni circostanza vuol dire che c’è una certezza che mi accompagna anche nelle tribolazioni, ossia che Dio si prende cura di me tramite il suo amore, spesso misterioso” (Giuseppe Forlai, Io sono Vangelo, Paoline, p. 166).

Quale gioia?“Il cristiano è un uomo e una donna di

gioia. Che cosa è questa gioia? E’ l’allegria? No: non è lo stesso. L’allegria è buona, eh?, rallegrarsi è buono. Ma la gioia è di più,

è un’altra cosa. E’ una cosa che non viene dai motivi congiunturali, dai motivi del momento: è una cosa più profonda. E’ un dono. L’alle-gria, se noi vogliamo viverla tutti i momenti, alla fine si trasforma in leggerezza, su-perficialità, e anche ci porta a quello stato di mancanza di saggezza cristiana, ci fa un po’ scemi, ingenui, no?, tutto è allegria… no. La gio-ia è un’altra cosa. La gioia è un dono del Signore. Ci riempie da dentro. E’ come

un’unzione dello Spirito. E questa gioia è nella sicurezza che Gesù è con noi e con il Padre” (Papa Francesco, Omelia a Santa Marta, 10 maggio 2013).

Don Nunzio CAMPO

Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti

12 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Le parole del Fondatore

13

L’infermo si sente membro di Gesù CristoLe malattie sono ammonimenti, avvisi del cielo che ci mettono in relazione con la passione di Gesù Cristo. Così il beato Alberione spiegava alle Figlie di san Paolo nel 1946 il senso delle sofferenze.

Gesù arrivò alla piscina probatica, detta Betsaida, e vi trovò un uomo paraliti-

co da trentotto anni. Gli domandò: “Vuoi guarire?”. Ed egli rispose: “Sono trentotto anni che aspetto di scendere nell’acqua quando l’angelo l’agita; ma non ho mai potuto arrivare per primo; non ho chi mi aiuti”.

Se domandate al malato: “Vuoi gua-rire?”, egli subito risponde: “Lo deside-ro tanto!”. Però il Signore non guarisce sempre. Le malattie sono le ancelle della morte e, siccome tutti dobbiamo morire, è necessario che tutti passiamo per le ma-lattie. Può ammalarsi prima lo stomaco o prima gli occhi, il polmone o il fegato; pre-avvisi di morte.

Tipi di malattieNon aspettiamo ad accettare la morte

all’ultima malattia. Accettiamo le piccole infermità come avvisi del cielo: “Sei polve-re e tornerai in polvere”. Se una parte del nostro organismo si indebolisce: l’occhio, l’udito, il cuore ricordiamo: “Ricordati che dovrai morire!”.

Accettiamo questa graduale distruzione del nostro essere in spirito di sottomissio-ne alla divina volontà. Questi piccoli mali sono misericordia, perché sono ammoni-mento: non è stabile la dimora quaggiù, preparati ad entrare nella casa della tua eternità. Dio solo conta; i beni spirituali, i meriti si devono cercare.

La robustezza, l’ingegno, la salute, la bellezza, la stima degli uomini, tutto fini-

rà sotto quattro palate di terra. Invece le opere buone vanno alle porte dell’eternità ad attenderci per accompagnarci al pre-mio.

I piccoli mali sono come angeli pre-cursori di Gesù, nostro premio e felicità eterna. La morte viene come un ladro ed è terribile solo per chi non è pronto e non vuole prepararsi…

Un leggero malessere si domina facil-

mente non facendone caso. Diceva san Francesco di Sales: “Non sto mai meglio di quando non mi sento del tutto bene”.

Malattia e apostolatoAllora si tratta di combattere e vin-

cere il nemico; ovvero, se è troppo for-te, farcelo alleato ed utile amico: farne uno strumento di merito, un mezzo di apostola-to. Sollevare gli occhi a Dio; unirsi alle in-tenzioni con cui Gesù si immola sugli altari; chiedere o la salute per vivere più santamen-te o la grazia di morire bene.

Santo pensiero, di giorno e di notte, di ogni istante, preparare un sacrificio di espiazione, di lode, di adorazione: offrendo il proprio cor-po come ostia viva, gra-devole; e glorificando il Signore anche nei giorni dell’afflizione, portando-lo nel nostro corpo mor-tale.

Allora l’infermo si sente membro di Gesù Cristo e sente che il suo soffrire sta in relazione con la passione di Gesù Cri-sto; e che questa relazione è fonte copiosa di grazia. Egli solleva i suoi occhi ed il suo cuore al Crocifisso: l’Uomo dei dolori gli è innanzi e lo invita a seguirlo nella via della croce.

Non è più solo l’infermo: ha una guida da seguire, un compagno che lo sostiene, un consolatore che promette il premio… “Buona è la preghiera, migliore il lavoro,

ottima la sofferenza”. Occorre d’altra parte che ci sia la fiducia…

Gesù, che ha tanto amato i malati, vuo-le entrare in intimo trattenimento nella solitudine con essi. Lasciamo al Signore il tempo giusto per parlare all’anima. Lo si aiuti, sollevi, soccorra, ma il malato entri

quanto più in se stesso. Il Signore tratte-rà a tu per tu con l’anima, la illuminerà ad esaminare la vita, le opere, il bene e il male; in una parola, a rivedere in una luce speciale il proprio stato spirituale. Il malato deve sentire Gesù, parlare a Gesù, esporgli i timori, le speranze, il dolore e prepararsi ad una confessione straordinaria…

San Francesco d’Assisi esortava il me-dico a dirgli la verità perché lui non temeva la morte (da Alle Figlie di san Paolo, medi-tazioni di Alberione 1946, pp. 339-342).

L’infermo si sente membro di Gesù Cristo

14 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Nuovi santi

15

Vicino alla Famiglia PaolinaIn primo luogo fu il Papa che raccolse

la piena maturità della fondazione paolina, come ebbe a dire lui stesso nella memora-bile udienza del 28 giugno 1969: “Ecco davanti a Noi la Pia Società San Paolo... Non è, ben lo sappiamo, un’istituzione semplice, ma una Famiglia, la «Famiglia Paolina», composta da vari istituti religio-si, che oggi Ci piace accogliere presso di Noi”.

E fu ancora lui, certamente ispirato, a lasciarci il più alto e insieme semplice ri-tratto spirituale di don Alberione che vale la pena di rileggere quasi come una preghiera: “Ec-colo: umile, silenzioso, in-stancabile, sempre vigile, sempre raccolto nei suoi pensieri, che corrono dalla preghiera all’opera (secondo la formula tradizionale: «ora et labora»), sempre intento a scrutare i «segni dei tem-pi», cioè le più geniali forme di arrivare alle anime, il no-stro don Alberione ha dato alla Chiesa nuovi strumenti per esprimersi, nuovi mezzi per dare vi-gore e ampiezza al suo apostolato, nuova capacità e nuova coscienza della validità e della possibilità della sua missione nel mondo moderno e con mezzi moderni. La-sci, caro don Alberione, che il Papa goda

di codesta lunga, fedele e indefessa fatica e dei frutti da essa prodotti a gloria di Dio ed a bene della Chiesa; lasci che i suoi figli godano con Noi e che oggi le esprimano, come forse non mai, la loro affezione e la loro promessa di perseverare nell’opera”.

In secondo luogo, ma non meno im-portante, possiamo dire, guardando alla formazione di una storia della comunica-zione sociale nella Chiesa, che Papa Mon-tini fu il Papa della comunicazione sociale per eccellenza, il Papa dell’Inter Mirifica, il decreto conciliare sulla comunicazione sociale, che tanto fece esultare il nostro

Fondatore, il Papa dell’E­vangelii Nuntiandi sull’e-vangelizzazione nel mondo contemporaneo, a cui Papa Francesco si è ispirato per buona parte dei suoi do-cumenti. In queste poche righe, vogliamo omaggiare il nuovo santo alla maniera paolina, cercando di rac-contare quest’importante aspetto del magistero mon-tiniano.

Attento alla comunicazionePapa Montini, figlio di un direttore di

giornale, uomo e pastore di cultura im-mensa e promulgatore della carità della verità a tutto tondo e in qualunque ambito, predicherà con forza il diritto all’informa-

Paolo VI: il Papa di don AlberioneIl beato Giacomo Alberione concludeva la sua lunga e operosa giornata terrena il 26 novembre 1971 dopo aver ricevuto il conforto personale della visita di papa Paolo VI. Possiamo osservare che Paolo VI, tra tutti i pontefici amati e serviti con dedizione encomiabile dal nostro Fondatore, può essere definito come il Papa di don Alberione per due motivi complementari tra loro.

zione (ispiratore del quotidiano cattolico Avvenire) approfondendo la dinamica della formazione dell’opinione pubblica (su cui Alberione lavorava fin dagli anni trenta con i settimanali) e difendendo la grandezza e la responsabilità dei mezzi di comuni-cazione quali mezzi di predicazione per la Chiesa come ebbe a ricordare nel discorso del 1969.

“Conosciamo codeste attività, che tutte sono caratterizzate da spirito e da scopo apostolico: vostro è l’apostolato delle edi-zioni, vostro l’apostolato liturgico, l’apo-stolato parrocchiale, l’apostolato vocazio-nario, e quello per la intensità della vita cristiana in varie categorie di persone. E ben ricordiamo come il vostro apostolato ab-bia avuto principio mediante l’impiego moderno di que-gli strumenti prodigiosi, che servono alle così dette co-municazioni sociali; servono cioè per voi all’apostolato: la stampa soprattutto, poi la ra-dio, il cinema, ed ora anche i dischi… Ed ognuno di questi mezzi allarga il suo servizio a scopi diversi: i libri, i pe-riodici, le riviste, le edizioni della Sacra Scrittura, le pubblicazioni li-turgiche, i catechismi, i corsi di cultura re-ligiosa per corrispondenza, e così via. E a questa fioritura di forme diffusive del pen-siero e della parola cristiana fa riscontro la diffusione geografica delle vostre inizia-tive: la vostra opera raggiunge ormai ogni continente, molte nazioni; assume carat-tere missionario e si apre dappertutto vie di penetrazione apostolica. Se la Nostra osservazione è esatta, due virtù pratiche distinguono e conferiscono efficacia al vo-stro metodo espansivo: e cioè la continuità

delle varie iniziative, e la capillarità della loro diffusione; ciò che lascia intravedere come altre virtù, morali e spirituali queste, sostengano cotesto lavoro: la saggezza am-ministrativa, l’occhio vigile sui bisogni del nostro tempo, l’ansia di portare alimento e conforto agli uomini d’oggi, lo spirito di fedeltà e di sacrificio per dare allo stru-mento tecnico la sua efficacia, la carità della verità. E guardiamo con compiacen-za e con ammirazione la rapida e grande crescita dell’opera vostra: persone e inizia-tive si sono moltiplicate, risultati grandi, consolanti ed insoliti sono stati raggiunti, tecniche e contenuti si sono perfeziona-

ti. La Pia Società S. Paolo, con le diverse diramazioni e con il volume della sua pro-duzione e l’abilità della sua irradiazione, è diventata così grande e vitale da costituire un fatto notevole nella vita della Chiesa in questo seco-lo; essa ha realizzato, «ante et post litteram», molti po-stulati del Concilio Ecumeni-co nel campo delle comuni-cazioni sociali. Noi volentieri ve ne diamo riconoscimento, elogio ed incoraggiamento”.

Immediatamente dopo il decreto In­ter Mirifica merita particolare attenzione l’istruzione pastorale Communio et pro­gressio del 1971, che possiamo conside-rare il vademecum operativo del Decreto conciliare. L’Istruzione è stata curata dal Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali. Le tre parti in cui è suddiviso il documento, che trasuda la neonata eccle-siologia conciliare, richiama, a nostro av-viso, per alcuni aspetti teorici e pratici la suddivisione dell’opera Apostolato Stampa di don Alberione.

Paolo VI: il Papa di don Alberione

16 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Nuovi santi

17

Valorizzazione dei mezziMa è nell’Evangelii Nuntiandi che Pao-

lo VI da il meglio di sé riguardo al suo in-segnamento in merito all’evangelizzazione con e nei mezzi di comunicazione sociale. Il testo risale al 1975, al termine dell’An-no Santo giubilare, quando Alberione è già in Paradiso. Il tema è quello dell’evange-lizzazione analizzato in tutte le sue impli-canze dal Papa che, per nome e di fatto, fu un vero Apostolo nel portare, lui il primo ad inaugurare i grandi viaggi apostolici nel mondo, la Luce del Vangelo di Cristo a tut-ti gli uomini del mondo contemporaneo.

Nello specifico, riprendendo un’idea an-tica e che sta alla base del nostro carisma riguardo agli strumenti di comunicazione sociale così si esprime: “Nel nostro secolo, contrassegnato dai mass media o strumenti di comunicazione sociale, il primo annun-cio, la catechesi o l’approfondimento ulte-riore della fede, non possono fare a meno di questi mezzi come abbiamo già sotto-lineato. Posti al servizio del Vangelo, essi sono capaci di estendere quasi all’infinito il campo di ascolto della Parola di Dio, e fan-no giungere la Buona Novella a milioni di persone. La Chiesa si sentirebbe colpevole di fronte al suo Signore se non adoperas-se questi potenti mezzi, che l’intelligenza umana rende ogni giorno più perfezionati; servendosi di essi la Chiesa «predica sui tet-ti» il messaggio di cui è depositaria; in loro essa trova una versione moderna ed efficace del pulpito. Grazie ad essi riesce a parlare alle moltitudini” (Evangelii Nuntiandi 45).

Responsabilità nell’apostolatoSono parole sempre attuali, riprese an-

che nel documento di inizio pontificato di Papa Bergoglio dal titolo assonante Evan­gelii gaudium. Sono parole che dobbiamo

tornare ad amare e soprattutto ad applicare nella scelta dei nostri apostolati parrocchia-li, ecclesiali e paolini per essere davvero apostoli ardenti nel “vivere e dare al mondo Gesù Maestro Via e Verità e Vita” così come ci è stato affidato dal beato Alberione e si esprimeva il Papa in quella bella mattinata di giugno del 1969: “Avete abbracciato una grande causa. Ed ogni causa grande, men-tre è fonte di spirituali energie e domanda amore, dedizione e sacrificio, comporta in-sieme grandi responsabilità, grandi doveri, e perciò anche rischi e pericoli. Sì, pensate alla vostra responsabilità: chi si propone l’apostolato come scopo della propria vita, l’apostolato potente dei mezzi di comuni-cazione sociale, deve avere sempre davanti alla propria coscienza questa responsabili-tà, quella cioè di esercitare un influsso su gli animi altrui, su la vita degli uomini, che sono, vicini o lontani, il nostro prossimo; quel prossimo che dobbiamo amare e servi-re come Cristo ci ha amati e salvati”.

Il Vangelo è annunciato per essere vis-suto e i santi ci sono dati per essere imi-tati, al grande Papa Paolo VI affidiamo di cuore tutta la “Mirabile Famiglia Paolina” perchè dal cielo la benedica, e la causa del nostro beato Alberione perchè presto possa essere riconosciuto Santo tra i santi della Chiesa del XX secolo.

Gianfranco MASTROLILLI, isf di Milano

ISTITUTO “GESÙ SACERDOTE”Istituto di vita consacrata per Sacerdoti diocesani

Ancora sul discernimento del presbitero

Regola di vita sana

Uno dei motivi della scelta del tema per il nostro annuale Convegno che verterà sul DI-

SCERNIMENTO-LIBERTA’ PAOLINA (cfr programma a parte) è dipeso dal fatto che noi presbiteri incon-triamo tante difficoltà nello svolgere l’importante compito del discernimento pastorale, soprattutto nel recepire e attuare adeguatamente quanto ci viene richiesto dal capitolo ottavo di Amoris Lae­titia.

Senza tralasciare che i tanti progetti da realiz-zare nell’attività apostolica, le tante supplenze da assolvere, la carente fraternità nei presbitèri dio-cesani, i ritmi di vita accelerati… provocano una sorta di crisi del nostro ruolo di sacerdoti che può intaccare lo stile e il modo di fare il prete. E an-che la nostra identità: anch’essa può diventare “li-quida” (Z. Bauman), cioè troppo frammentaria e adattata alle sensibilità e vedute personalistiche. Ci troviamo ingolfati, infatti, con mille impegni, in una prassi pastorale sempre nuova da inventare e attuare, in un contesto culturale che si va sempre più scristianizzando, così che, vedendo andare a vuoto buona parte delle nostre fatiche, proviamo spesso un sentimento di disagio, correndo il rischio di diventare pressappochisti nella vita personale e nell’animazione pastorale.

Oggi, i sacerdoti, ricevono tante pressioni e conti-nue esortazioni dal Magistero e da altre fonti, spesso anche contrastanti: da parte di molti esperti e maes-

Comunicazione del Delegato

tri di Spirito, i preti sono invitati a privilegiare la preghiera, l’ascol-to della Parola. Cioè a capire che è molto più importante ciò che il Signore vuole operare, per mezzo dello Spirito, nella loro vita che ciò che loro fanno per la gente; e per-ciò è fondamentale programmare ampi spazi di tempo alla preghie-ra-meditazione. Da parte di altri maestri di Spirito, compreso Papa Francesco, i preti sono sollecitati a tenere le chiese sempre aperte, a non fare vacanze, a rimanere sem-pre disponibili all’ascolto di chiun-que abbia bisogno, ad impegnarsi a raggiungere tutte le periferie, a spendersi e sopraspendersi per gli altri…

Il presbitero è chiamato, di con-seguenza e inevitabilmente, a di-scernere, a rivisitare periodicamen-te la sua identità, sotto la guida di Cristo buon Pastore; e a valu-

18 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

19GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

COMUNICAZIONE DEL DELEGATO

di Nazareth, la sapienza della Croce e la forza della Risurrezione. Questi aspetti sono così intrinsecamente connessi tra di loro che uno senza gli altri non avrebbe senso compiu-to. Il presepio, la vita nascosta di Gesù manifesta il senso umano o

la piena umanizzazio-ne del Dio diventato carne; la croce figura come via storica dello sviluppo del mistero dell’Incarnazione, e la Risurrezione la sua pienezza definitiva.

Lo stile di vita cri-stiana, soprattutto lo stile del prete nello svolgere il ministero, non può che ricalcare ed esprimere lo stile

di vita che Gesù ha praticato nei confronti del Padre e dei fratelli. Gesù diventa testimone del grande amore del Padre per l’uomo, ren-dendosi pienamente disponibile alla sua volontà: «Non hai gradito né olocausti né sacrifici… Allora ho detto: Ecco io vengo per fare o Dio la tua volontà» (Eb 10,7); con la mor-

te in Croce dimo-stra fedeltà al Pa-dre fino all’estrema conseguenza, ab-bandonandosi to-tal mente nelle sue mani: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46).

Il presepio, Na-zareth, la croce e la risurrezione, infatti, sono punti di riferimento

tare con saggezza le sue forze, vivendo la libertà evangelico-paolina (cfr Gal 5,1-5). E’ indispensa-bile questo discernimento per continuare a svolge-re il ministero pastorale con sano equilibrio e con le necessarie energie fisiche, mentali e spirituali per perseverare nel bene con fecondità apostolica e perciò con il saper dire indispensabili “sì”, ma anche dei “no”. E il dialogo, l’ascolto, una comunione vitale e profonda con Dio Padre, con Cristo buon Pastore e con lo Spirito consolatore­avvocato e anche con la gente risulta fondamen-tale perché favorisce una serenità pro-fonda e duratura, un’attività apostoli-ca realistica e una relazione liberante con i fedeli.

Solo la comunione vitale con Cristo che favorisce l’unità di vita, la neces-saria agape pastorale e la dinamicità apostolica opportuna, può evitare al sacerdote la dispersione in troppe at-tività e di trovare un centro che assicuri pace pro-fonda, libertà evangelica e fecondità apostolica. La libertà paolina, cioè il dono di un discernimento spi-rituale e pastorale maturo permette di non subire crisi di disimpegno per le fatiche della cura pastorale, ma di padroneggiarle.

Le esigenze dell’Incarnazione di CristoPer discernere meglio gli atteggiamenti fecondi

e necessari nello svolgere il nostro ministero e leggere con lucidità i segni dei tempi, siamo guidati dagli stimolanti messaggi che ci vengo-no dai tempi forti dell’Anno liturgi-co. Per esempio di fronte al miste-ro dell’Incarnazione che, in questo periodo dell’anno siamo chiamati a contemplare e ad impiantare più profondamente nel nostro cuore, scopriamo che le coordinate es-senziali del nostro ministero sono la piccolezza e semplicità del presepio, la vita nascosta e laboriosa

20 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

re in comunità la con-presenza dei deboli e dei forti (cfr Rm 14,1-4); sa portare il peso feriale della cro-ce del limite proprio e altrui (cfr 2Cor 6,1-10); sa soffrire con chi soffre e gioire con chi gioisce. Di conseguenza è capace di accettare ciò che giova per il bene comune, sacrificando spesso ciò che pia-ce, dedicandosi a ruoli poco ap-pariscenti, e riuscendo a faticare nell’ombra per ciò che non è gra-tificante, ma necessario per l’apo-stolato per il bene dei fratelli.

Cristo, con il forte rimprovero ai due discepoli di Emmaus “tardi di

cuore a credere…” e che rivolge anche a noi preti, vuole dirci questo: non avete saputo met-tere cuore, amore, passione nel mini-stero pastorale, nel vivere e testimonia-re la logica dell’aga-pe che vi ho conti-nuamente inculcato

e testimoniato. Non avete sapu-to coinvolgervi, mettere in gioco la vostra vita: avete avuto paura di compromettervi radicalmente e per questo siete tristi e vi sta-te ripiegando su voi stessi. I due discepoli di Emmaus, ascoltando Gesù, pregando e celebrando bene l’Eucarestia (allo spezzare il pane lo riconobbero, cioè nel segno del dono della vita in pienezza), con gioia e forte carica interiore ritor-narono a Gerusalemme dai fratel-li; e addirittura di notte, perché il loro cuore era ormai risanato vin-

COMUNICAZIONE DEL DELEGATO

obbligatori e fonte di luce che illuminano lo stile che il presbitero deve coltivare nello svolgere il suo ministero pastorale. La rivelazione di Dio, infatti, non si è esaurita in Gesù. Essa continua e sempre secondo la legge dell’Incarnazione, guidati dallo Spirito Santo che vuole servirsi dei battezzati, dei religiosi e soprattutto di noi presbiteri per portare avanti la salvezza del Regno di Dio. Gesù è stato costituito Messia e Signore appunto perché altri, riferendosi a Lui, possano perpetuare la sua mis-sione. Gesù ci ha rassicurato: «In verità, in verità vi dico: chi crede in me, anch’egli farà le opere che io faccio e ne farà anche di più grandi» (Gv 14,12); è la promessa della continuità.

La spiritualità della concretezza evangelicaNei Vangeli, nelle lettere di

Pao lo e in tutto il Nuovo Testa-mento viene indicato che il compi-to primario del cristiano e soprat-tutto dell’apostolo è la preghiera. Eppure si mette ben in guardia che non conta tanto chi dice “Signore! Signore!”, ma chi, pregando bene, opera in concreto a vantaggio dei fratelli, accogliendoli e servendoli con spirito evangelico: è questo il culto che vuole Dio e che fa cresce-re il suo Regno. La fede e la preghiera sono operative nella carità, ma in tutte le sue dimensioni: accoglie-re l’amore di Dio, opere di bene, la carità della verità, ascolto fraterno con magnanimità d’animo, l’animazione-testimonianza per far crescere i fede-li sia nella comunione che nell’interiorizzazione e manifestazione dei valori autentici umani e perciò profondamente cristiani.

Cristiano, prete, apostolo con un cuore secondo Cristo incarnato che passò facendo del bene e pren-dendo su di sé i mali degli altri, sa dimostrarsi ca-pace di affrontare, assieme a tutti i fratelli, con senso di responsabilità e generosità, le situazioni difficili e complesse della realtà, facendo leva sul positivo e ri-uscendo a farsene carico con coraggio. Sa accetta-

21GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

stra, promettiamo e ci obblighiamo: a cercare in ogni cosa e con pie-

no cuore, nella vita e nell’apostolato, solo e sempre, la tua gloria e la pace degli uomi-ni. E contiamo che da parte tua voglia darci spirito buono, gra-zia, scienza, mezzi di bene…”. Beati noi se sappiamo farlo nostro con animo umile e fi-

ducioso: “Conoscendo queste cose, sarete beati se le metterete in prati-ca” (Gv 13,17).

Don Emilio CICCONI,Delegato IGS

[email protected]

COMUNICAZIONE DEL DELEGATO

cendo ogni paura: non più tristi, ma pieni di amore e zelo apostolico.

E’ l’augurio che ci facciamo anche noi, impegnandoci a celebrare con fede e viva partecipazione i prossimi tempi forti dell’Anno liturgico (feste natalizie) e riappropriandoci di tutti i mezzi di grazia che come sacerdoti abbiamo a disposizione. Come mem-bri dell’IGS dobbiamo manifestare viva gratitudine anche a don Alberio-ne, che ci ha lasciato doni carismatici peculiari per rimanere fedeli al mini-stero sacerdotale. Tra questi, il Patto o Segreto di riuscita (ne celebriamo il centenario l’anno pros-simo: 1919-2019). Il punto forte di questo patto da capire, rivisitare (lo faremo negli incontri per i Ritiri zonali), se vogliamo sperimentare il centu-plo di grazie, serenità, fecondità apostolica, viene ben espresso da questo passaggio: “Per parte no-

CONVEGNO IGS 2019“La libertà paolina (Ga 5,1-5):

discernimento spirituale-pastorale”Roma (Casa Betania): 26-28 febbraio 2019

• Sr Joseph Oberto pddm: Don Giacomo Alberione: un rivoluzionario obbediente

• Don Armando Augello igs: La libertà paolina (Ga 5,1-5)

• Don Fabrizio Pieri igs: Chiamati alla libertà per essere discernimento della volontà di Dio: 1Ts 5,16-22 e Rm 12,1-2.

• Spazi per riflessione personale, dibattiti, condivisione…

-------------------------------

Iscrizioni: [email protected], cell. 347 6785212 Sede: Via Portuense 749, dal raccordo anulare, uscita 31

Costo complessivo soggiorno (da cena 26 a pranzo 28 febbraio): euro 80

L’Associazione “Ancilla Domini”Si ispira alla spiritualità della Famiglia Paolina, si sente fortemente unita ad essa, seguendone la devozione a Gesù Maestro Via Verità e Vita, pregando Maria Regina degli Apostoli, San Paolo e facendo memoria delle festività paoline nella liturgia e nelle preghiere.

Il 5 agosto scorso l’Associazione ha fe-steggiato il quarantesimo anno di fon-

dazione. Cosa sappiamo di essa se non un semplice sentito dire? Una migliore cono-scenza delle motivazioni delle sue origini e della sua storia forse porterebbe a dar lode a Dio in questo anno anniversario.

I sacerdoti diocesani sempre sono stati portati da don Alberione nel suo cuore e per la loro san-tificazione non solo ha pregato ma anche opera-to; ricordando la famosa notte all’inizio del secolo, egli scrisse: «Una parti-colare luce venne dall’O-stia santa, maggiore com-prensione dell’invito di Gesù “Venite a me tutti” gli parve di comprendere […] la missione vera del sacerdote». Nel terzo vo-lume de Il Dio dei mistici, Charles-André Bernard, nelle pagine dove parla di don Alberione, sottolinea che cosa volesse si-gnificare per lui “la missione vera del sa-cerdote”, cioè “una mistica apostolica” in Gesù Maestro Via, Verità e Vita; missione che egli attuò nella sua vita e che desi-derava vederla in ogni sacerdote. Non fu anche questa la vita “mistica” di San Pa-olo? Don Alberione per i sacerdoti ha dato inizio a Vita Pastorale; qualcuno ha detto: don Alberione parla poco nei suoi scritti

dei vescovi, eccetto il Papa, ma molto dei sacerdoti. Ciò è indice della sua particola-re attenzione che aveva per essi.

In questa prospettiva possiamo capire anche la figura di don Stefano Lamera e la sua fedeltà al compito affidatogli dal Fon-datore. Tutti sappiamo ciò che don Lamera

ha fatto per i sacerdoti e come si consumò per essi. Da dove veniva a don Stefano questo suo zelo? Dal programma che don Alberione gli aveva affi-dato il 4 maggio 1950. Citiamo in breve: «Caro d. Lamera, al Signore piacque affidarti delica-ti uffici: il Divin Maestro da evangelizzare; il sig. Maestro da far vivere; il nostro istituto da descri-vere; i Maestri delle ani­me da confortare. Questo

basta…» (Dopo la morte del Fondatore, don Zanoni confermò questo programma aggiungendo l’Istituto “Santa Famiglia”). La fedeltà di don Lamera fu tale che vi im-pegnò tutta la vita, sino ad essere accusato di isolazionismo.

Come a don Alberione stessero a cuore i Maestri delle anime, cioè i sacerdoti, risul-ta anche da un articolo su Vita Pastorale del maggio 1963, intitolato Opera “Mater Christi”, a cui si rimanda, pur accennando qui brevemente al suo contenuto. È vero

Conoscere la Famiglia

22 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

L’Associazione “Ancilla Domini”

23

che l’articolo non è firmato per esteso “Al-berione”, ma la firma riporta una sempli-ce “A.”, il pensiero e lo stile, la proposta stessa indicano che l’autore è il nostro Be-ato. La maternità spirituale di cui l’articolo parla fu propria di don Alberione; nessun altro ne parlò come lui, anzi la espresse e l’affidò alle Pie Discepole.

L’Associazione “Ancilla Domini” trova la sua vena carismatica e fondazionale in questo articolo che ne presenta il program-ma. Inizia: «Gesù, Sacerdote Eterno, attuò l›Incarnazione per mezzo di una Madre e volle questa Madre associata alla sua ope­ra di Redentore […]; soprattutto la volle vicino a sé ai piedi della Croce, quando immolandosi operava la nostra salvezza. In quel momento particolare affidandole Gio­vanni come Figlio, la costituiva Madre di tutti i Sacerdoti». È chiaro che la mater-nità di Maria è per tutti i cristiani - conti-nua l’articolo - ma verso i sacerdoti Maria è Madre a titolo particolare. E l’articolo continua: «Ci domandiamo: come Gesù volle avere nel tempo i suoi continuatori, i Sacerdoti, perché non potrebbe anche Maria avere delle sue continuatrici visibili, in anime generose che sentano quasi un

impegno di maternità spirituale verso i Sa­cerdoti, da esercitare con la preghiera, i sacrifici, una grande fedeltà alle parole dei Sacerdoti […] e l’aiuto anche materiale?»

Su questo esempio del Vangelo, arric-chito dalla presenza delle pie donne, don Alberione auspica che possa sorgere un Istituto che «nella molteplicità degli isti-tuti che sono sorti nei secoli per provve-dere a particolari necessità caritative, as-sistenziali, sociali, educative, penso che possa utilmente inserirsi un istituto la cui altissima finalità - proprio in questi tempi - è particolarmente urgente e sentita. […] Chiedo a tutti una particolare preghiera per quest’opera che dovrebbe riuscire di conforto a tutti i Sacerdoti».

Don Lamera, che nel 1963 era direttore di Vita Pastorale ed aveva quasi incontri quotidiani con il Primo Maestro, nella sua predicazione ricordando quei colloqui af-ferma più volte che l’Associazione “Ancilla Domini” è conforme alla volontà di don Al-berione, anzi egli ne è il Fondatore.

A Trieste il 21 luglio 1979 diceva: «Nessuno pensi che Fondatore dell’Istitu-to “Ancilla Domini” sia don Lamera o don Gauss: né l’uno, né l’altro. Il Fondatore

delle “Ancillae Domini” è don Alberione. Chiaro? Perché ancora vivente più volte ne ha parlato. Non ha potuto compiere lui tutta la volontà di Dio per quello che era l’opera della Famiglia Paolina, e ha lascia-to ai suoi figli di completare» (cfr Stefano Lamera, Meditazioni, IV, p. 104).

Questa potrebbe sembrare una pia bu-gia dovuta a legittimare la presenza delle Ancille nell’ambito della Famiglia Paolina, ma l’articolo su Vita Pastorale ne conferma la veridicità.

Quale fu l’inizio? Don Furio Gauss, dell’Istituto Gesù Sacerdote e fedele colla-boratore di don Stefano Lamera, da Trieste si recava spesso a Roma soprattutto per la preparazione degli Statuti e Direttorio, dell’Istituto Gesù Sacerdote e Santa Fami-glia. In un suo viaggio di ritorno dalla capi-tale, a Mestre sul treno ha incontrato una donna di mezz’età Luisa Vannini di Gori-zia, desiderosa di consacrarsi al Signore in stretta collaborazione con i sacerdoti. Don Furio per telefono ne parlò con don Stefa-no; quella telefonata fu come una scintilla che risvegliò in lui ciò che don Alberione diceva quando egli era direttore di Vita Pa­storale; ha preso la proposta sul serio e si è adoperato da allora in poi a completare i desiderata del Primo Maestro.

Dal 2 al 5 agosto 1978 c’è stato il pri-mo corso di Esercizi spirituali durante i

quali spiegò alle convenute il programma del nuovo Istituto (cfr Stefano Lamera, Meditazioni, vol. III, pp. 47-137) e il 5 agosto ci furono le prime adesioni.

Con la morte di don Stefano sembrava che tutto scomparisse, invece proprio il 1° giugno 1997, lasciando egli questa terra, mons. Eugenio Ravignani, vescovo di Trie-ste, approvava l’Atto costitutivo dell’Asso­ciazione, con il relativo Statuto, preparato mesi prima con l’approvazione dell’allora Superiore generale, don Silvio Pignotti.

Da allora sotto la guida spirituale e sag-gia di don Furio Gauss e sotto la direzione della responsabile Amalia Usai, fedelissi-ma agli insegnamenti di don Stefano La-mera e alla spiritualità della Società San Paolo, a cui l’Associazione è vincolata con il 2 art. dello Statuto, ha fatto dei progres-si nella crescita spirituale e apostolica.

Don Domenico CASCASI ssp

Conoscere la Famiglia

24 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Esercizi spirituali isf a Fognano, settembre 2018

1968 - Rivoluzione sessuale: libertà senza verità1968 - Humanae vitae: verità che libera

Il risvegliarsi dell’uomo alla coscienza e dignità di se stesso come persona

unica e irrepetibile, chiamata alla comu-nione, ebbe luogo quel mattino, quando Adamo, uscendo dal sonno nel quale Dio lo aveva im-merso, scoprì al suo fianco Eva. Lo stupore dell’uomo davanti alla bellezza del-la donna, manifestata in quell’ammirazione, non ha cessato di ripetersi nel cor-so dei secoli dando origine alla più affa-scinante tra le esperienze umane: l’Amore.

Cosa ha colto, però, Adamo nel vedere Eva? Ha colto un’identità, e nello stesso tempo, una differenza. Quella differenza, riflessa nella sessualità, ben lontana dal comportare un distacco, rendeva possibile una relazione assolutamente unica e origi-nale: quella dell’amore sponsale. La ses-sualità, allora, si presentò ad Adamo come un mistero che svelava una promessa di pienezza: la chiamata a vivere una comu-nione di persone nel dono reciproco e tota-le di se stessi aperto alla vita.

Un’enciclica profeticaA cinquant’anni dall’intervento di Paolo

VI sul tema della trasmissione della vita, si può apprezzare fino a che punto l’encicli-ca Humanae vitae sia stata profetica. Pro-

fetica, perché in essa l’uomo, ogni uomo, può incontrare, senza ambiguità, la Verità sull’amore umano che Dio plasmò nei suoi dinamismi. Infatti, questa è la sola verità

della sessualità umana che realizza e rende libera la persona nel “legame amo-roso” di un uomo con la sua donna. Al tempo stesso è garanzia della sua pie-nezza: garanzia che quella intuizione della prima cop-

pia umana possa continuare a realizzarsi in ogni matrimonio.

L’Humanae vitae è pertanto una buo-na novella per l’amore umano: mostra che il dinamismo dell’amore, lontano dal rinchiudersi in se stesso e dal guardare l’alterità del coniuge o del figlio come un qualcosa di estraneo o, addirittura, come una minaccia allo stesso amore, integra al suo interno la capacità di dono della pa-ternità e della maternità, incontrando nel figlio l’espressione ultima del suo essere una sola carne.

Adamo è, sì, persona umana amata per se stessa e capace di amare Eva per se stessa. Entrambi sono, tuttavia, anche pa-dre e madre, co-creatori con Dio. È il figlio che rivela ad entrambi la profondità e tra-scendenza del loro essere una sola carne essendo padre e madre. Solo in questa

50° di Humanae vitae

25GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

E’ un argomento che non entra quasi mai nella pastorale con il rischio di non vivere in pienezza il sacramento nuziale: si tratta dell’educazione alla castità necessaria per scoprire il grande valore della sessualità. A 50 anni dal documento profetico Humanae vitae, grande regalo di papa Paolo VI all’umanità, possiamo aprire una condivisione di esperienze su questo tema sempre caldo.

apertura alla procreazione e a Dio, l’amore umano preserva il suo valore personalistico di espressione del dono.

Per questo il cuore della dottrina di Humanae vitae è l’inscindibilità dei due significati, unitivo e procreativo, dell’atto coniugale, con i suoi fondamenti antropo-logici e le implica-zioni intrinseche al dinamismo dell’amo-re uomo/donna.

Ma questo è il grande punto di di-scordia dell’Enci-clica con la cultura pansessualista origi-natasi con la rivoluzione sessuale del 1968 che, allo slogan “vietato vietare”, scardina ogni legge di natura e mette a fondamento della sua ideologia la completa dissocia-zione dell’atto sessuale dalla procreazio-ne, con tutto quello che ha comportato di aberrante in questi cinquant’anni: rappor-ti sessuali occasionali come stile di vita, partner diversi, contraccezione, aborto, fecondazione artificiale, utero in affitto, embrioni manipolati, congelati, distrutti, teoria del gender, eutanasia.

La comunione integrale degli sposiCon certezza, possiamo dire che Huma­

nae vitae è il regalo più grande che Paolo VI ha lasciato alle donne e agli uomini, di tutti i tempi, a riguardo dell’amore umano, in un contesto culturale, sociale e spes-so anche religioso, ubriacato dai venti di novità del ’68, che sembravano liberare da tutte le arcaiche posizioni di dominio: i padri sui figli, gli uomini sulle donne, la religione sulle coscienze… Paolo VI, con grande fermezza e profezia, attraverso la sua sofferta Enciclica, ha ribadito a tutto il

mondo i punti teologici, morali e pastorali, decisivi per una comunione integrale tra gli sposi.

Infatti, la prospettiva teologica offre come chiave interpretativa il mistero nu­ziale con cui si indica la connessione tra

la differenza sessua-le, l’amore e la fe-condità; la prospetti-va etica, situata nel dinamismo proprio del soggetto che agisce, scopre l’in-tenzionalità ultima dell’atto coniugale come dono alla per-

sona della propria persona e le condizioni di cui ha bisogno per raggiungerlo, la sua relazione con la carità sponsale di Cristo e con la comunione ecclesiale; la prospetti-va pastorale pone in evidenza la necessità di costruire un soggetto adeguato attraver-so l’educazione alla castità.

Inoltre, al suo interno spiccano, tra al-tri, i seguenti aspetti: il valore che le de-riva dal guardare la connessione del suo contenuto con la felicità umana, o il ruo-lo integrativo della castità, o il pericolo di una “privatizzazione coniugale” implicito nella mentalità contraccettiva, o il corag-gio che il Papa ha avuto ad illuminare il

1968 Rivoluzione sessuale - 1968 Humanae vitae

26 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

50° di Humanae vitae

27GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

tema dell’amore in una società narcisista, o la dimensione dialo-gale e, di conseguenza, di risposta al coniuge e a Dio, dell’amore co-niugale.

Perciò lo stupore di Adamo davanti ad Eva e l’amore che in quel momento è nato, incontra una suggestiva proiezione nella testimonianza di Humanae vitae: la sessualità racchiude in sé il fatto che l’uomo è capace di in-tuire un progetto divino, che lo innalza al di sopra dei limiti propri del suo rap-porto, aprendolo al dono della vita. Per-ché, come dicevano i teologi medievali, “amor diffusivum sui”: l’Amore (quello vero) si diffonde da sé stesso.

Oggi, a cinquant’anni da questo gran-de dono, c’è solo da riprendere e fare nostri tutti gli insegnamenti di Humanae

vitae proprio dal punto di vista pastorale, con la certezza che il servizio all’uomo passa indicando strade di Verità (“Fate a tutti la Carità della Verità” diceva don Alberione), quella verità che ci fa liberi e sereni in mezzo alle difficoltà del vivere quotidiano.

Mariapia e Paolo AMBROSINI,isf di Lucrezia

Esercizi spirituali isf ad Assisi, settembre 2018

Note di liturgia

28 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Tre atteggiamenti dell’AvventoVegliare

Il primo atteggiamento viene dal Vangelo della prima domenica che ci invita a

“vegliare”, cioè a prestare attenzione, es-sere desti per attendere il Signore che ver-rà e che continua a venire nella nostra vita. Veglia chi ama, chi è in relazione e si sente responsabile degli altri. Veglia il pastore le sue pecore che sono tutto il suo capitale, veglia la mamma il suo bambino che si è ammalato…

Vegliare è come custodire. Veglia la

sentinella che difende la comunità, veglia la monaca di clausura che si adopera a pregare per tutti, veglia l’amato nei con-fronti dell’amata perché vogliono progetta-re una vita insieme. Ma è soprattutto Dio che veglia su di noi, suo popolo, e se ne prende cura e ci custodisce. Si veglia con-tro il sonno che ci fa sbagliare strada nelle scelte; si veglia per non cadere nello stile di vita della maggioranza; si veglia per sta-re dalla parte di Gesù come non fecero gli apostoli nell’orto del Getsemani; si veglia per apprendere come assomigliare a Gesù.

Quali i tempi e i modi per vegliare?• nel riconoscere e confessare i nostri

limiti e peccati per far nascere Gesù in noi;• nella cura e attenzione alla Parola di

Dio al fine di leggere la vita e la storia con gli occhi della fede;

• nell’Adorazione eucaristica quali re-sponsabili della nostra famiglia e dell’u-manità.

AttendereUn secondo atteggiamento tipico del

tempo forte dell’Avvento è l’attendere. Non si attende più nulla oggi - neppure più la frutta nella sua stagione - tanto meno a livello di relazioni con la comunicazione così tanto accelerata.

Eppure le mamme sanno cos’è l’atte-sa. I nove mesi della gestazione segnano la vita di una mamma che deve attendere il ritmo biologico e fisiologico della natura. Ed in quei mesi pensa al nascituro, prega e si prepara dando un nome, un lettino, le scarpine…

Attendere significa non bastare a se stessi, vuol dire aver bisogno degli altri, del partner, della famiglia, del gruppo e anche della comunità. Attendere comporta il saper essere umili e non autosufficienti.

E’ l’amata che vibra nel cuore in atte-sa dell’amato (ricordate quando eravate infiammati d’amore e vi attendevate reci-procamente…), è la sposa che attende lo sposo quando torna dal lavoro dopo tutta una giornata, è la madre (e il padre) che attendono i figli dopo il divertimento del sabato sera…

E’ Dio che da innamorato di noi ci at-tende e bussa alla porta del nostro cuore fino a quando non gli apriamo. Da Dio im-pariamo ad attendere, da Lui che ha atteso secoli e secoli per l’ora della salvezza, per

Tre atteggiamenti dell’Avvento

29GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

l’incarnazione del Figlio dentro la nostra storia.

Ma noi in questo Avvento chi e che cosa attendiamo? Sentiamo davvero il bisogno di essere salvati da Dio in Cristo Gesù per essere testimoni di risurrezione?

Guardiamo a Maria, la donna dell’at-tesa, che ha generato in sé il Cristo e lo ha donato al mondo. A lei tutti i giorni va la nostra preghiera del Rosario insieme all’Angelus. A Maria chiediamo che ci aiu-ti ad attendere l’incarnazione del Figlio di Dio.

ContemplareUn terzo atteggiamento tipico dell’Av-

vento è la contemplazione. Per contempla-re occorre fermarsi, darsi tempo, guardarsi attorno e dentro al fine di riconoscere dav-vero l’opera di Dio evitando di dare tutto per scontato o tutto come dovuto. Contem-pla davvero chi ha occhi per guardare fuori di sé, al di là di sé, agli altri, al mondo, alla natura invece che vedere solo il pro-prio ombelico.

E’ contemplativo il poe-ta che si stupisce della vita così tanto da trasfondere la meraviglia nei versi poetici. E’ contemplativa la mamma che si scopre con grande stupore guardando al suo bambino collaboratrice di Dio nel dare la vita. E’ con-templativo il pittore che tra-duce in bellezza artistica ciò che ammira nella natura. E’ contemplativo il profeta che guarda con saggezza la realtà e la sa interpretare come luogo di manifestazione del divino. E’ contemplativo il monaco che ha fatto della vita una costante contempla-zione di Dio quale unico fine della propria esistenza.

Anche noi possiamo contemplare i tratti del volto di Dio attorno a noi negli altri ed in particolare in chi Dio ci ha messo accan-to per esserne responsabili e averne cura. Non devi allontanarti o estraniarti per con-templare Dio. Lo trovi nel tuo partner, nel tuo sposo, nella tua sposa che ti rimanda i tratti d’amore di Dio per te. Occorre alle-nare gli occhi del cuore per vedere davvero Dio in lui o in lei. Solo così l’amore non si esaurisce mai, quando lo riscopriamo come una ricchezza inesauribile. Al nostro sposo allora dobbiamo la stessa devozione, stima e amore che dobbiamo a Dio. Non che sia un dovere ma piuttosto si tratta di una necessità.

Che serve pregare e adorare Dio se poi non amiamo e onoriamo nostra moglie o nostro marito? Riusciamo a contemplare in lui e lei i tratti del volto di Dio? Nell’amo-re di coppia c’è Dio perché Dio è amore e dove c’è amore lì c’è Dio.

Ma Dio è anche nel prossimo e le cop-pie consacrate lo contemplano in chi ha

più bisogno. Per questo dell’aiuto ad altre coppie si fa una missione in forza di una vera e propria chiamata. “Ogni volta che avrete dato anche solo un bicchiere d’acqua a questi miei fratel-li più piccoli l’avrete fatto a me”, dice Gesù nel vangelo di Matteo.

La contemplazione dell’a-more di Dio ci spinge ad amare tutti rico-noscendolo presente in chi è più bisognoso e in difficoltà. E sono tanti al giorno d’oggi attorno alle nostre case.

Prepariamoci a contemplare Dio che si fa bambino per la nostra salvezza.

A cura di don Roberto ROVERAN

30 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

quello che appesantisce la comu-nione, e soprattutto, per alzarsi in volo, è necessario il grande fuoco dello Spirito.

Per poter spiccare il volo pos-siamo allora lasciarci librare dalle parole che all’inizio del suo Pon-tificato Karol Woityla ci ha offerto al n. 10 dell’enciclica Redemptor Hominis: “L’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non s’incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente”.

Questa definizione di essere umano risulta molto pertinente per le due vocazioni che, pur nella differenza, sono legate da un uni-co orizzonte: una scelta indirizzata alla totalità del dono di sé. Il pre-sbitero è infatti chiamato ad una scelta incondizionata per Cristo che si traduce nell’amore per la Chiesa sua sposa e quindi in un dono totale al servizio dei fratelli. Nel caso dell’amore coniugale in-vece questa totalità del dono è ri-volta verso la persona concreta con

A prima vista, nulla sembra accomunare il sa-cramento dell’Ordine a quello del Matrimonio,

anzi sembrano tra loro opposti. Il sacerdote non è sposato e poi sono gli sposi che fungono da mini-stri del sacramento del Matrimonio, non il prete, il quale semplicemente assiste e benedice il patto degli sposi in qualità di testimone autorizzato, ruolo che peraltro può essere svolto anche da un diacono.

Chiamati al dono di séEppure la ministerialità dei coniugi è inscindi-

bilmente legata alla missione dei presbiteri. Infatti, potremmo dire che Ordine e Matrimonio sono due ali per volare verso il Regno. L’immagine è quella di una mongolfiera che ci getta dentro l’esperien-za affascinante di uno splendido volo. Di solito, in mongolfiera, si può volare solo insieme e non da soli. Inoltre, occorre buttar via le zavorre, o meglio,

Lettera del Delegato

Gli sposi e il prete: due ali per volare verso il Regno

ISTITUTO “SANTA FAMIGLIA”Istituto paolino per coppie di Sposi consacrati

LETTERA DEL DELEGATO

31GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Tutti consacratiIl Catechismo della Chiesa cat­

tolica accosta i due sacramenti per il fatto che entrambi “sono al servi-zio della comunità e della missione dei fedeli” (n. 1211); “Essi confe-riscono una missione particolare nella Chiesa e servono all’edifica-zione del popolo di Dio” (n. 1534). Entrambi sono delle consacrazioni particolari conferiti a “coloro che sono già stati consacrati mediante il Battesimo e la Confermazione” (n. 1535). Il sacerdote, grazie al sacramento dell’Ordine, è consa-crato al servizio della Chiesa; gli sposi sono anch’essi “come con-sacrati” (Gaudium et spes, n. 48) mediante il sacramento del Ma-trimonio. Il prete è consacrato al servizio della Chiesa e configurato sia al Cristo in quanto “Capo della Chiesa, nella sua triplice funzione di sacerdote, profeta e re” (Cate­chismo, n. 1581), sia al Cristo in quanto Sposo della Chiesa.

Come Cristo si dona intera-mente alla Chiesa, come lo spo-so alla sposa, anche il prete, che mediante la grazia del sacramento dell’Ordine diviene un altro Cristo (alter Christus), è chiamato a do-narsi alla Chiesa allo stesso modo: nel modo nuziale o “sponsale” e dunque esclusivo. Così la Chiesa diventa, in qualche modo, anche la Sposa del prete, che egli purifi-ca e rigenera mediante il ministero della misericordia; di cui si prende cura insegnando ed esortando; che ogni giorno nutre con l’Eucarestia. Nella celebrazione della Messa il sacerdote offre se stesso con Cri-

cui, come coppia sponsale, divenire una caro, una sola carne, al servizio della Chiesa e della società.

È molto chiaro questo aspetto nel Catechismo della Chiesa cattolica al n. 1534. “Due altri sa-cramenti, l’Ordine e il Matrimonio, sono ordinati alla salvezza altrui. Se contribuiscono anche alla salvezza personale, questo avviene attraverso il servizio degli altri. Essi conferiscono una missione particolare nella Chiesa e servono all’edificazione del popolo di Dio”.

È evidente il riferimento al quinto capitolo della Lettera agli Efesini, a quel mistero grande a cui sapientemente aveva già fatto riferimento Giovanni Paolo II nella Lettera alle Famiglie al n. 19: “Non esiste il «grande mistero», che è la Chiesa e l’uma-nità in Cristo, senza il «grande mistero» espresso nell’essere «una sola carne» (cfr Gn 2,24; Ef 5,31-32), cioè nella realtà del matrimonio e della fami-glia”. Quindi la coppia sponsale che diviene fami-glia, nella dimensione di piccola chiesa domestica, illumina il mistero della Chiesa. Similmente, il pre-sbitero, figura di Cristo Capo, è visibile presenza del sacerdozio di Nostro Signore e del desiderio ultimo che Gesù, riferendosi all’umanità, affida al Padre “perché siano una sola cosa, come noi”.

Insieme, questi due sacramenti possono allora fecondamente costruire la comunione ecclesiale. Il sacerdote è chiaramente ministro di comunione, ma, allo stesso tempo, la piccola chiesa domestica è chiamata ad essere segno visibile di comunione. C’è quindi una missione comunionale che lega gli sposi ed i presbiteri.

32 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

tutta la fecondità spirituale del ministero sacerdotale.

Gli sposi a loro volta devono di-ventare per il prete come la figura concreta del suo dono nuziale alla Chiesa, mentre il prete deve po-tersi sentire corroborato nella sua consacrazione alla Chiesa dall’e-sempio della loro reciproca dedi-zione. Il prete deve poter vedere, nella fedeltà degli sposi, una moti-vazione per la sua fedeltà al dono totale di sé alla Chiesa, sicchè la rottura del suo celibato può assi-milarsi ad una forma di adulterio.

Gli sposi sono considerati i veri ministri del loro sacramento, che essi si conferiscono reciprocamen-te in presenza del prete, testimone ufficiale della Chiesa. Ma la pre-senza del prete non va intesa, in prevalenza ed esclusivamente, in senso giuridico: se egli è testimo-ne privilegiato del Matrimonio è perché rappresenta Gesù Cristo-Sposo dinanzi agli sposi. Attraver-so il loro patto matrimoniale gli sposi fondano una famiglia chia-mata ad essere una “piccola Chie-sa” nel quadro della grande Chie-sa. E’ dunque significativo il fatto che il prete, configurato al Cristo-Sposo dal sacramento dell’Ordine, assista come rappresentante di Cristo alla costituzione di una nuo-va “piccola Sposa di Cristo” qual è la famiglia. In questa funzione il prete fa ben più che assistere al Matrimonio o gestirne la cele-brazione: vi presiede realmente, in persona Christi, quale rappresen-tante di Cristo, unico Sposo della Chiesa. In qualche modo, con il

sto per la Chiesa, in un’offerta nuziale di sé. Quan-do pronuncia le parole consacratorie sul pane e sul vino per cambiarli nel corpo e sangue di Cristo è anche il suo corpo di prete, il suo sangue di prete, la sua vita di prete che egli offre con Cristo-Sposo per la Chiesa-Sposa. E’ il dono nuziale di se stes-so, che il prete fa alla Chiesa, associato al dono nuziale di Cristo alla sua Chiesa. Un dono che as-sume una dimensione quasi carnale.

Un aiuto reciprocoIl celibato sacerdotale si rivela, in questa

luce, non una negazione del valore del Matrimo-nio, ma pieno compimento del suo significato. La lettera di Paolo agli Efesini (cap. 5), che esprime la natura nuziale del legame di Cristo e della Chiesa, contiene una dottrina che si applica tan-to al Matrimonio quanto al celibato sacerdotale. La figura del prete deve diventare per gli sposi la figura perfetta del loro dono nuziale e il suo ce-libato è chiamato ad esprimere l’assolutezza di questo dono. Il cuore del prete, se vuole davvero configurarsi a quello di Gesù, non può che esse-re un cuore di sposo. E poiché il dono nuziale è per sua natura esclusivo, il prete può donarsi solo all’unica Sposa di Cristo, essendo associato a Cristo nella sua offerta nuziale alla Chiesa. E’ da questa totalità dell’autodonazione che sorge

LETTERA DEL DELEGATO

33GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

uniti da un legame misterioso e profondissimo.

Unica vocazione all’amoreMa quanto è diffusa nelle no-

stre comunità la consapevolezza delle ricchezze presenti nei due ministeri? Ancora troppo poco per-chè i presbiteri sono visti come gli uomini del sacro, mentre gli sposi sarebbero dediti alle cose profane. Mons. M. Russotto, ve-scovo di Caltanissetta, è molto chiaro: «Sbagliando, pensiamo ai presbiteri e agli sposi come a due vocazioni diverse. La vocazione è una sola: è la vocazione all’amo-re, a Dio che è l’Amore perfetto. Poi ci sono le diverse vie che uno può percorrere, quella al matrimo-nio, che è inscritta nelle fibre di ciascuno, e quella di chi rinuncia all’amore per amore, ma che non è al di fuori della logica dell’incar-nazione e dell’amore donato. Per questo, ogni prete dovrebbe essere per così dire affidato ad una fami-glia».

Gli fa eco mons. E. Solmi, ve-scovo di Parma: «I tre compiti fondamentali del presbitero – reg-gere, insegnare, santificare – sono gli stessi che i coniugi hanno nella chiesa domestica. Dall’unica cro-ce di Cristo scaturiscono sia la ca-rità pastorale (del presbitero) che l’amore coniugale. È allora fonda-mentale trovare dei luoghi e degli spazi di incontro, non casuali ma programmati e innovativi, in cui sostenersi ed anche correggersi a vicenda. La famiglia può aiutare il prete a restare agganciato alla re-

loro impegno totale nel Matrimonio, gli sposi con-fermano il prete nel dono totale di se stesso alla Chiesa.

Uniti da un legame profondoGli sposi e il prete sono chiamati ad offrirsi un

mutuo sostegno nella donazione di sé. Il prete po-trà vedere negli sposi l’espressione viva della sua consacrazione, come gli sposi potranno riconosce-re nel prete la figura perfetta dello sposo. Nessuna opposizione tra lo stato di vita del prete e quello degli sposi, bensì due modalità diverse e comple-mentari di vivere l’unica vocazione sponsale della persona.

Sposi e sacerdoti devono sentirsi uniti da un forte legame spirituale, radicato nel rapporto spon-sale tra Cristo e la Chiesa. I preti sono servitori dell’Eucarestia e degli altri sacramenti a favore dei fedeli. Gli sposi rappresentano con tutta la loro vita l’unione nuziale di Cristo e della Chiesa e prefi-gurano così la condizione futura dell’umanità pie-namente compiuta nel Regno, quando la sete di comunione che ci caratterizza come persone sarà pienamente saziata dal dono che Dio farà di se stesso alla nostra umanità risuscitata. Gli sposi hanno la vocazione a manifestare, nell’articola-zione di una vita genuinamente cristiana, ciò che l’Eucarestia significa e annuncia. Con la loro vita e il loro esempio essi confortano la missione del pre-te in quanto ministro/servo dell’Eucarestia: nella mediazione eucaristica, prete e sposi si ritrovano

LETTERA DEL DELEGATO

34 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

LETTERA DEL DELEGATO

nell’amicizia fraterna di un presbi-tero o di un seminarista. Un’atten-zione quanto mai provvidenziale e preziosa al giorno d’oggi per un comune arricchimento e solidarie-tà nel bene.

Don Roberto ROVERAN, Del. [email protected]

altà, a fare in modo che nelle nostre comunità si respiri un’aria sana».

Sacerdoti e famiglie, specialmente nei due isti-tuti secolari paolini “Gesù Sacerdote” e “Santa Famiglia”, si sostengono e incoraggiano a vicenda nella comune ricerca della santificazione. “Adotta-te un sacerdote” diceva don Lamera a suo tempo, invitando le famiglie a farsi carico nella preghiera e

Nuovi Responsabili di gruppo ISF 2018-2023

Delugas Valpiero e Franca a Oristano e San Vero Milis (riuniti) dal 18 ottobre 2018Diritti Antonio e Maria Antonietta a Bologna dal 22 ottobre 2018

Informiamo che con il mese di novembre il signor Angelo Lanzoni ha concluso il servizio di segreteria che viene ora assunto da don Nunzio. A motivo però dei nostri continui viaggi per visite ai Gruppi ed Esercizi spirituali è preferibile inviare le richieste di materiale e altre informazioni attraverso il servizio di posta elettronica scrivendo a [email protected]

Esercizi spirituali isf ad Ariccia, ottobre 2018

35GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Spiritualità coniugale

Arturo Carlo Jemolo definiva la famiglia come “un’isola che il mare del diritto

può lambire, ma lambire soltanto” (La famiglia e il diritto, in Annali del Semi­nario giuridico dell’Università di Catania, III (1948-1949), Napoli 1949, p. 38). Quest’affermazione ci fa comprendere la difficoltà che il Legislatore civile incontra nel tentare di comprendere l’istituto della famiglia e del matrimonio nella sua rica-duta oggettiva. Questa stessa difficoltà è presente anche nel Legislatore canonico il quale, nel canone 1055 del suo Codice, definisce il matrimonio come un “patto matrimoniale con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione e educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramen-

to”. E al paragrafo successivo si afferma che “tra i battezzati non può sussistere un valido contratto matrimoniale, che non sia per ciò stesso sacramento”.

A ben guardare, nel canone 1055 si parla prima di matrimonio come patto (fo­edus) e successivamente come contratto. Ma c’è di più: dapprima gli sposi formano un consorzio di tutta la vita; poi si afferma che il matrimonio ha come scopo il bene dei coniugi. E proprio in questa dualità di patto-contratto e consorti-coniugi, che si trova la difficoltà oggettiva per una defini-zione di matrimonio.

Uniti dalla stessa sorteIn effetti sembrerebbe quasi che l’unio-

ne sponsale sia determinata dapprima da un patto d’onore tra i due, e solo succes-sivamente suggellata dalla firma tramite contratto. E così anche la dizione usata per gli sposi: dapprima sono consorti, ovvero uniti dalla stessa sorte; poi sono chiamati coniugi, ovvero uniti per uno stesso scopo tramite una modalità non più spirituale, bensì solamente materiale.

Ed in effetti è proprio così: il matri-monio – da un punto di vista giuridico, e quindi sociale – è caratterizzato prima di tutto da un patto, ovvero un accordo tra le parti basato sulla reciproca stima e rispet­to che sono gli elementi base della fiducia. Questo patto si conferma quando i due ra-gazzi si “mettono insieme”; e di solito vie-ne suggellato da un bacio, fatto – questo

Il Matrimonio tra patto e contrattoLa bellezza del Sacramento è data dal patto fiduciale tra i coniugi che comporta il rispettare l’altro nella sua dignità e la vera castità consiste nel darsi completamente come ha fatto Cristo sulla croce.

– che rende palese l’accordo non solo tra i due contraenti, ma anche nei confronti della società. Importante è anche la mo-tivazione data da entrambi i ragazzi nella scelta del partner, così come risulta essere importante tutto lo svolgimento del rappor-to prematrimoniale in vista del consenso matrimoniale; ovvero quali aspettative ci sono dietro quel sì sull’altare che potreb-bero essere non in linea con le caratteristi-che del matrimonio canonico (unità, indis-solubilità, figli, fedeltà...).

Il patto è compiuto dall’uomo e dalla donna per costituire un consorzio di tutta la vita. E nel termine consorzio abbiamo la seconda caratteristica del matrimonio cristiano, per mezzo del quale i due sposi sono uniti per andare incontro alla stessa sorte, allo stesso destino spirituale. Sorte altro non è che la dea Fortuna, vista in una accezione tutta cristiana, dove persiste la presenza del Signore suggellata nel sacra-mento.

E se ciò è vero, è vero anche che il ma-trimonio ha una ricaduta materiale nella coniugalità (bonum coniugum) e nei figli (prolis generationem et educationem): per coniugalità si intende il “tirare avanti”, così come lo fanno i buoi tenuti insieme dal giogo (iugum), quel bastone poggiato sul collo che accoppia i due animali e li costringe a procedere per forza in paralle-lo sia quando si gira, sia quando si va in linea retta. Ed il giogo altro non è che la quotidianità fatta di confronto, di intimità, di affetti, ma anche – e soprattutto – di patrimonio, di economia domestica.

Per quanto attiene ai figli, si specifica sia la loro generazione, sia la loro educazio-ne. E ciò è importante perché il diritto ca-nonico è erede dell’istituto del matrimonio romano, dove la presenza dei figli era im-

portante, tanto da arrivare a dire che dove non ci sono figli non può parlarsi di matri-monio. E ciò era presente già nell’abrogato Codice di diritto canonico del 1917, dove si amplificava il concetto ponendo però in evidenza il matrimonio come rimedio alla concupiscenza. E il matrimonio visto come rimedio al male deriva da tutta una dottri-na presente già nei Padri della Chiesa e derivante dal dettato paolino di 1 Cor 9, dove si afferma che “è meglio sposarsi che ardere (di passione)”. E ciò perché l’ideale sommo è contemplare l’Onnipotente senza essere distratto dalle cose della vita.

Oltre a quanto detto, il Legislatore ca-nonico ribadisce con forza che la sacra-mentalità del matrimonio non può essere distinta dalla sua giuridicità, dal contratto: sono due aspetti che vanno di pari passo e il primo è necessario al secondo e vicever-sa. Ciò è perfettamente in linea con il Ma-gistero della Chiesa per la quale teologia e diritto sono le sue due basi imprescindibili e indivisibili. Ma c’è di più: c’è da con-statare l’unicità e la specialità del diritto canonico rispetto agli altri diritti dato che è a fondamento – per sua stessa ammissio-ne – di un ordinamento che ha per scopo la salus animarum, un fine cioè che è meta-

Il Matrimonio tra patto e contratto

36 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

37GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Spiritualità coniugale

fisico e quindi, paradossalmente, metagiu-ridico (se intendiamo il diritto nei suoi fini immanenti alla storia).

Capaci di amare come CristoPer quanto attiene alla sacramentalità

del patto coniugale, rimandiamo agli innu-merevoli interventi presenti su questa Ri-vista. Dobbiamo solamente ricordare come il sacramento è una specie di strumento dato da Dio per renderci partecipe della sua Pasqua: in altre parole il Signore rende gli sposi partecipi della sua stessa capaci-tà d’amare, del suo stesso amore. E pro-prio in quell’“amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”, possiamo dire che nel cuore degli sposi si effonde lo stesso amo-re con cui il Signore, dando tutto se stes-so, ha amato l’uomo. E forse per questo motivo che S. Paolo chiama il matrimonio un “grande mistero”.

Si badi bene: ciò non vuole dire che Cristo è l’esempio e gli sposi devono imi-tarlo. Anzi: il sacramento del matrimonio è dono del Signore. Gli sposi non devono imitare un modello, perché semplicemen-te non ne sono capaci, perché non esiste

un cuore allo stato puro: devono rifiutare o accettare il dono che il Signore dà: la sua capacità di amare. E dato che il cuore degli uomini deve essere in qualche modo guarito, un primo miracolo che il Signore compie negli sposi è quello della concu-piscenza, che non è legato essenzialmen-te alla sessualità, ma alla castità: è l’in-capacità di vedere l’altro come persona con la sua dignità, perché come uomini siamo sempre tentati di dominare l’altro e di farne uso per noi stessi. In altre pa-role la bellezza e lo stupore della persona che ci sta al nostro fianco vengono offu-scati dalla volontà intrinseca dell’uomo di rendere l’altro un oggetto del proprio go-dimento. E ciò non tanto e non solo agen-do: ma anche e soprattutto non agendo, non mettendosi in gioco, dato che siamo fondamentalmente egoisti. L’esempio più calzante lo ha dato proprio Nostro Signore sulla croce; è come se ci avesse detto: “Io ci sto. Ci sto fino in fondo. Anche quando torno a casa la sera e trovo mia moglie in difficoltà, tra i compiti dei figli e la cuci-na. Anche quando mio marito (come tutti gli uomini) deve essere «tutto d’un pez-

zo» e non far vedere le sue fragilità e le sue paure (al lavoro, nei sentimenti, nei figli che crescono…), e devo – con la mia affabilità e la mia femminilità – «perdere tempo» a sciogliere il suo muro… magari anche usando il suo lato più fragile, le in-timità affettuose”.

In altre parole, la castità, nella pro-spettiva della teologia postconciliare, non si identifica con l’astensione dai rapporti sessuali, ma definisce la capacità della persona di essere fedele alla verità del-la sessualità. Come Cristo è stato casto nella misura in cui ha amato la propria Chiesa dando tutto se stesso fino a mo-rire per l’uomo, così gli sposi nella loro castità hanno il diritto-dovere di amare in modo gratuito l’altro, sia nel campo spi-rituale che fisico e senza limitazione al-cuna. Sempre nel rispetto dei tempi, dei modi e dei luoghi, la castità non significa affatto “né rifiuto, né disistima della ses-sualità umana” (cfr Familiaris Consortio, 33), bensì armonizzare le proprie pulsio-ni con quelle del coniuge: si tratterà di mettere da parte la propria stanchezza o

le proprie esigenze; ma anche aspettare, se necessario. La castità altro non è che un’attenzione al coniuge, la capacità di stupirsi continuamente di fronte ad un corpo che cambia ogni giorno e ad uno spirito in continua evoluzione. Tutto ciò realizza l’una caro di Mt 19,6 che è il di-segno originario del matrimonio.

Nostro Signore, abbracciando tutte le nostre fragilità nella croce, ci ha voluto far capire che nell’unione sponsale (come d’altronde anche nel sacramento dell’Or-dine) occorre esserci sempre, dando tutto se stessi nei tre momenti che contraddi-stinguono il matrimonio: l’essere moglie/amante/madre, così come essere marito/amante/padre. E’ questa la castità coniu-gale che caratterizza il matrimonio cristia-no: darsi tutto, abbracciare l’altro, sempre però tenendo conto della dignità dell’altro, nel rispetto dei tempi, dei luoghi e dei modi. Ciò ha fatto Nostro Signore per noi, ciò ha voluto trasfondere nel sacramento del matrimonio per noi.

Alessandro BUCCI, isf di Roma

Il Matrimonio tra patto e contratto

38 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Esercizi spirituali isf a S. Giovanni Rotondo, maggio 2018

Le età della vita

L’anzianità secondo la Bibbia

39GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Proseguiamo con la seconda parte dell’intervento di don Paolo che ci ricorda la preziosità dell’essere anziani per trasmettere la fede e i valori fondamentali della vita.

L’anziano è custode della memoria e trasmettitore della fede

L’anziano ha un patrimonio di espe-rienza che gli permette di insegnare

ai giovani la saggezza. Ma l’anziano ha la possibilità anche di trasmettere la fede: è il trasmettitore naturale della fede, perché anche la fede nasce e si trasmette come esperienza.

Di fatto qual è il conte-nuto essenziale della fede? È la memoria dei grandi av-venimenti di salvezza che Dio ha operato per il suo popolo. E chi è il custode della “memoria”, se non l’anzia-no? L’anziano vive di memoria. Il credente anziano vive della “memoria della fede”, e proprio per questo è il maestro naturale. La fede s’impara dagli anziani e dai ge-nitori, che trasmettono l’educazione e la memoria di fede.

Dice il Salmo 44,2: «Con le nostre orecchie abbiamo udito, i nostri padri ci hanno raccontato l’opera che hai compiuto ai loro giorni, nei tempi antichi». Tutte le esperienze di fede nascono come narrazio-ni di fatti del passato. L’esperienza di fede biblica, cristiana, è il ricordo dell’amore di Dio in senso storico, cioè dei fatti, degli avvenimenti della storia della salvezza in cui Dio ha manifestato il suo amore.

Al giorno d’oggi ci sono i preti e i ca-techisti che trasmettono il contenuto del-la fede, ma sono soprattutto i genitori e i

nonni che trasmettono un’esperienza della fede, non solo come trasmissione dei con-tenuti dogmatici, ma come esperienza di vita. Papa Francesco ha ricordato più volte l’importanza dell’opera dei nonni e delle nonne per la trasmissione della fede.

L’anziano è in grado di trasmettere la fede con forza e grande chiarezza, perché la sua fede ha affrontato e supera-to le prove della vita. Un an-ziano, che ha mantenuto la fede, testimonia che le pro-ve della vita non sono state capaci di schiacciargliela e

rubargliela.

L’anziano è figura autorevole a livello sociale e religioso

Tra gli elementi che esprimono la ric-chezza dell’anziano dobbiamo aggiungere l’autorità. Nella struttura sociale di Israe-le gli anziani hanno sempre avuto un’im-portanza decisiva. Le decisioni politiche che riguardano la città vengono prese dal consiglio degli anziani; e quando c’è una causa, un giudizio da pronunciare in tri-bunale, sono gli anziani che debbono va-lutare e decidere. È vero che l’essenziale non è ancora l’anzianità anagrafica, ma è anche vero che l’anziano, a motivo della sua saggezza, ha la possibilità di valutare e di decidere per il bene della comunità in cui vive.

Si può notare che per questa funzione sociale gli anziani sono sempre nominati

al plurale, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento; come se l’autorevolezza fosse legata più alla categoria che alla singola persona anziana.

La parola “prete” viene da “presbitero” che vuol dire anziano. Questo non signi-fica che un prete debba essere anagrafi-camente anziano; però è significativo che per esprimere il servizio di guida della co-munità si usi esattamente questa parola. Se ne potevano utilizzare molte altre, in-vece quella che ha prevalso è proprio “presbitero”, an-ziano. L’autorità in quanto tale quindi, da chiunque sia esercitata, fa riferimento alla pienezza di vita che è propria dell’anziano; se è un giovane che ha questa autorità, dovrà supplire in qualche modo, perché il suo servizio sia ef-fettivamente saggio, quindi sia arricchito della pienezza che è propria dell’anziano.

Ma c’è un altro motivo per cui Dio con-cede agli anziani una certa autorevolezza. Secondo la Bibbia «non c’è autorità se non da Dio» (Rm 13,1); inoltre la forza di Dio «si manifesta pienamente nella debolez-za» (2Cor 12,9). Ora il discorso è questo: la vecchiaia è una perdita di energie, ma non significa una sconfitta per la vita; anzi è proprio in quel momento che l’uomo ha maggior coscienza del suo limite. Proprio perché la vecchiaia è fisicamente debolez-za, è il momento in cui la potenza di Dio si può manifestare con il massimo di forza e lucidità.

Da questo punto di vista la vecchiaia è il momento in cui la vita di fede e di speranza può essere realizzata più piena-mente. La vecchiaia diventa un momento privilegiato nell’esperienza della fede e della speranza. L’anzianità anche oggi di-

venta un luogo in cui l’autorità di Dio si fa più presente al nostro mondo povero e orgoglioso.

Gli anziani sono sempre da ascoltareNella Bibbia, comunque, gli anziani

sono sempre da ascoltare, anche se non ricoprono ruoli istituzionali: «Come si ad-dice il giudicare ai capelli bianchi e agli anziani intendersi di consigli. Come si addice la sapienza ai vecchi... Corona dei

vecchi è un’esperienza mol-teplice, loro vanto è il timore dei Signore» (Sir 25,4-6); «Non trascurare i discorsi dei vecchi, perché essi han-no imparato dai loro padri; da essi imparerai l’accorgi-mento e come rispondere a tempo opportuno» (Sir 8,9).

Ci ammonisce Paolo: «Fi-gli o nipoti..., imparino prima a praticare la pietà verso quelli della propria famiglia e a rendere il contraccambio ai loro genito-ri, poiché è gradito a Dio» (1Tm 5,4).

L’anziano andrà poi sempre trattato con particolare carità e pazienza: «Non essere aspro nel riprendere l’anziano, ma esortalo sempre come fosse tuo padre..., e le don-ne anziane come madri» (1Tm 5,1).

Già queste pagine della Scrittura ci im-pongono un severo esame di coscienza: ma non dimentichiamo che nei rapporti con gli anziani valgono tutti gli altri co-mandi evangelici: amare il prossimo come se stessi (Lc 25,27), dar da mangiare agli affamati e da bere agli assetati, dare al-loggio a chi non ne ha, vestire gli ignudi e visitare i malati (Mt 25,31-46), lavarci i piedi a vicenda (Gv 13,15), farci servi degli altri (Mc 9,35), riconoscendo Cristo nei fratelli (Mt 25,40).

Don Paolo LANZONI

L’anzianità secondo la Bibbia

40 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Le età della vita

41GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

“La vostra consacrazione nella vedovanza è un dono”Papa Francesco il 6 settembre scorso ha tenuto un discorso breve ma significativo

alle partecipanti al Convegno internazionale per le vedove consacrate.

Care amiche, con gioia vi accolgo in occasione del vostro pellegrinaggio a Roma. Vi ringra-zio per la vostra presentazione ed esprimo il mio saluto cordiale a voi oggi presenti in diversi Paesi, come pure ai sacerdoti che vi accompagnano, e, attraverso di voi, a tutte le persone che sono provate dalla morte del loro coniuge.

«La vedovanza è un’esperienza particolarmente difficile […]. Alcuni mostrano di saper ri-versare le proprie energie con ancor più dedizione sui figli e i nipoti, trovando in questa espres-sione di amore una nuova missione educativa» (Amoris laetitia, 254). Se questo è vero per la maggior parte di voi, la morte del vostro sposo vi ha portato anche a riconoscere una chiamata particolare del Signore e a rispondervi consacrandovi a Lui per amore e con amore. Insieme a voi rendo grazie a Dio per la fedeltà del suo amore che unisce ognuna di voi, al di là della morte, al suo sposo e che vi ha chiamate e consacrate per vivere oggi la sequela di Cristo in castità, obbedienza e povertà.

«A volte la vita presenta sfide più grandi e attraverso queste il Signore ci invita a nuove conversioni che permettono alla sua grazia di manifestarsi meglio nella nostra esistenza “allo scopo di farci partecipi della sua santità” (Eb 12,10)» (Gaudete et exsultate, 17). Così, con la vo-stra consacrazione, voi attestate che è possibile, con la grazia di Dio e il sostegno e l’accompa-gnamento dei ministri e di altri membri della Chiesa, vivere i consigli evangelici esercitando le proprie responsabilità familiari, professionali e sociali. La vostra consacrazione nella vedovanza è un dono che il Signore fa alla sua Chiesa per richiamare a tutti i battezzati che la forza del suo amore misericordioso è una strada di vita e di santità, che ci permette di superare le prove e di rinascere alla speranza e alla gioia del Vangelo.

Vi invito pertanto a tenere il vostro sguardo fisso su Gesù Cristo e a coltivare il legame particolare che vi unisce a Lui. Perché è lì, nel cuore a cuore con il Signore, in ascolto della sua parola, che noi attingiamo il coraggio e la perseveranza di donarci corpo e anima per offrire il meglio di noi stessi attraverso la nostra consacrazione e i nostri impegni (cfr ibid., 25). Possiate anche voi, mediante la vostra vita sacramentale, portare la testimonianza di questo amore di Dio che è per ogni uomo chiamata a riconoscere la bellezza e la felicità di essere amati da Lui. Unite a Gesù Cristo, siate lievito nella pasta di questo mondo, luce per quanti camminano nelle tenebre e nell’ombra della morte. Con la qualità della vostra vita fraterna, in seno alle vostre comunità, abbiate cura, attraverso l’esperienza della vostra stessa fragilità, di farvi vicine ai piccoli e ai poveri, per manifestare loro la tenerezza di Dio e la sua prossimità nell’amore.

In questa prospettiva, vi incoraggio a vivere la vostra consacrazione nel quotidiano con semplicità e umiltà, invocando lo Spirito Santo perché vi aiuti a testimoniare, nell’ambito della Chiesa e del mondo, che «Dio può agire in qualsiasi circostanza, anche in mezzo ad ap-parenti fallimenti» e che «chi si offre e si dona a Dio per amore, sicuramente sarà fecondo» (Evangelii gaudium, 279). Con questa speranza, vi affido al Signore e, per intercessione della Vergine Maria, vi imparto la Benedizione Apostolica, che estendo a tutte le vostre sorelle. E, per favore, pregate per me come io prego per voi.

Silenzio e parola... Parlare e tacere... Tutta la nostra vita incarna questa al-

ternanza. Con la parola diamo possibilità “all’altro” di conoscere ciò che nasce, cre-sce, prende forma definita dentro il nostro essere, ma che rimane segreto, inaccessi-bile, fino a che non ne fac-ciamo dono al prossimo, proprio con la parola. Con il silenzio che si riveste di ascolto, “l’altro” fa do-no, uno dei doni più belli che ci è dato di ricevere, dell’accoglienza di ciò che esprimiamo di più autenti-camente nostro. Da questo scambio, equilibrato, affin-ché non vi sia un prevari-care di parola su silenzio o viceversa, nasce il dialogo.

Tutto ciò è meraviglio-so, è un grande mistero. Tanto grande da diventare “divino”, se pensiamo come Dio stesso abbia cercato il dialogo con Ada-mo... Come Adamo non si sia sentito rea-lizzato fino a che, al suo fianco, non ci sia stata Eva, unica creatura nel vasto Eden, con la quale parlare. Parlare è vivere. Co-noscere, amare il silenzio, non solo dell’a-scolto, ma il silenzio del tacere, del taciu-to, della ricerca di un luogo, di un tempo in cui tutto tace attorno a noi, è vivere la vita.

Mistero grandeIl silenzio è l’onda del mare, che rag-

giunta la spiaggia, l’accarezza di spuma e si ritrae lontano, nelle profondità, dove si rigenera... Può tacere chi può parlare. Può parlare chi può tacere: due misteri in cui l’uomo vive. Essere padroni del proprio si-lenzio è una virtù.

Il rendere noto ciò che siamo DENTRO, manifestandolo con la parola è REALIZZA-RE LA COMUNIONE TRA DI NOI, è vita tradotta in concretezza.

Esistono momenti, pe rò, in cui sentia-mo forte il bisogno di chiuderci momenta-

neamente alla comunione, per schiuderci ad espe-rienze interiori in cui un altro tipo di comunione si manifesta nel nostro inti-mo, per essere fecondi. La presenza di Dio, quando si manifesta nel segreto del nostro cuore, attraverso una lettura, un incontro, un evento che ci richiama a noi stessi, si può solo assaporare, vivere, trasfor-mare in parte di noi, nel silenzio. Dal silenzio inte-

riore scaturisce la fonte, che diventa ine-stinguibile se impariamo a cercare questo stato di Grazia, che è capacità di amare. In questo silenzio voluto, coltivato, amato, ricercato, impariamo, infatti, il vero amore verso Dio, verso il prossimo e verso di noi perché possiamo finalmente accedere a noi stessi, ai nostri tempi, alla nostra fame e sete di verità. Dal silenzio nasce l’atten-zione vera e cristallina per l’altro, ripulita da egoismi, desideri di glorie, gratificazio-ni personali.

Solo nel silenzio trovo Dio, solo nel si-lenzio entro in comunione con lui. Quale meraviglia poter dire a Dio: “TU”!? Un Tu che diventa vero, essenziale; un Tu che ci permette di dire: “Dio e l’anima mia e null’altro al mondo”. È una tale intima realtà, questa, che per compiersi richiede che ci si chiuda alla parola, per sperimen-

Note di ecologia

42 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Il silenzio

43GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Il silenzio

tare il tacere. È un percorso da appren-dere passo dopo passo; non arriva come dono preconfezionato. È bisognoso di nuovi spazi, per crescere fecondo. Dobbia-mo ampliare le stanze segrete del nostro cuore. Chiudere, per quanto inizialmente faticoso, i cancelli del nostro giardino in-teriore. Arginare i fiumi di parole che diventano chiacchiere, in cui quo-tidianamente anneghia-mo. Arte da apprendere che, come tale, abbiso-gna di impegno, costan-za, esercizio. Ancora di più, dobbiamo osserva-re, per riconoscerlo, per farlo tacere, il nostro chiasso interiore. Pen-sieri che cozzano con altri pensieri, grovigli di desideri, inquietudini, angosce, tristezze, ottusità che, insieme ad altri detriti si am-mucchiano dentro di noi, occludendo la sorgente della vita intima, più vera. È un pericolo molto serio che richiede anche il coraggio di osservarci così come siamo e di adottare comportamenti “nuovi”, che ci

renderanno più sani. Dai quali trarranno giovamento anche “gli altri”... Sono gesti molto pratici, alla portata di tutti: tenere concretamente la bocca chiusa quando ci siamo impegnati a non tradire la fiducia accordataci, rivelando confidenze; evitare di parlare per sentirci gloriosi protagoni-

sti, abbeverandoci di ammirazione e stupore.

Il silenzio è belloQuante cose super-

flue noi diciamo in un giorno, quante cose sciocche!

Il silenzio è bello. Non è vuoto. È vita ge-nuina e colma. E altret-tanto è bello imparare ad indugiare dentro di noi, nel silenzio, su do-

mande importanti, compiti gravi da assu-merci, problemi riguardanti non solo noi, ma anche i nostri cari.

Avverrà così la più incredibile delle sco-perte: il nostro mondo interiore è vasto! In esso possiamo andare sempre più a fondo!

È in questo mondo che riscopriamo la

La baia del silenzio (Sestri Levante)

Note di ecologia

44 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Mi presento: sono il Silenzio (di Pino Pellegrino)Per favore. Lasciatemi, una volta tanto, prendere la parola.

Lo so che è paradossale che il silenzio parli. E’ contrario al mio carattere schivo e riservato.

Però sento il dovere di parlare: voi uomini non mi conoscete abbastanza!Ecco, quindi, qualcosa di me.

Intanto le mie origini sono assolutamente nobili. Prima che il mondo fosse, tutto era silenzio. Non un silenzio vuoto, no, ma traboccante.

Così traboccante che una parola sola detta dentro di me ha fatto tutto! Poi, però, ho dovuto fare i conti con una lama invisibile che mi taglia dentro: il rumore!

Ebbene lasciate che ve lo dica subito: non immaginate cosa perdete ferendomi! Il baccano non vi dà mai una mano!

Io, invece, sì.Io sono un’officina nella quale si fabbricano le idee più profonde,

dove si costruiscono le parole che fanno succedere qualcosa. Io sono come l’uovo del cardellino: la custodia del cantare e del volare. Simpatico, no?

Io segno i momenti più belli della vita:quello dei nove mesi, quello delle coccole, quello dello sguardo degli innamorati... Segno anche i momenti più seri: quelli del dolore, della sofferenza, della morte.

No, non mi sto elogiando, ma dicendo la pura verità.Io mi inerpico sulle vette ove nidificano le aquile.

Io scendo negli abissi degli oceani. Io vado a contare le stelle... Io vi regalo momenti di pace, di stupore, di meraviglia.

Io sono il sentiero che conduce al paese dell’anima. Sono il trampolino di lancio della preghiera. Sono, addirittura, il recinto di Dio!

Ecco qualcosa di me.Scusatemi se ho interrotto i vostri rumori e le vostre chiacchiere.

Prima di lasciarci, però, permettete che riassuma tutto in sole quattro parole:Custoditemi e sarete custoditi!Proteggetemi e sarete protetti!

Dal vostro primo alleatoIl Silenzio

grazia della rigenerazione, dono ricevuto nel Battesimo.

Come Gesù Cristo, Uomo di lunghi, profondi silenzi, anche noi possiamo, co-noscere il Padre coltivando la preghiera silenziosa, la ricerca di noi stessi in Dio dentro di noi. In questo atteggiamento che, giorno dopo giorno, diventerà parte di noi, quando stanchi, sfiduciati, saremo bisognosi di una Parola che sia buona ve-ramente, faremo la stessa esperienza del

grande profeta Elia sul monte Oreb: Dio non è nel fragore, non si nasconde nel fra-stuono. Si rivela nel mormorio del vento leggero. Copriamoci il viso, come Elia con il proprio mantello, escludiamo tv, musica, rumore... e godiamo della brezza silenzio-sa del nostro Dio (liberamente tratto da R. Guardini, Virtù. Temi e prospettive della vita morale, 1972, pp. 197-207).

Stefania TESTA, isf di Fossano

45GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Esperienze e testimonianze

La partecipazione alla seconda edizio-ne del CineFamily all’aperto è stata

maggiore dell’anno precedente e ha coin-volto anche intere famiglie. Ci ha sorpresi l’interessamento da parte delle persone che è stato costante e assiduo.

In programma tre film differenti: Mira­coli dal cielo, Cuori di vetro e God’s not dead2. Il percorso cinematografico si è focalizzato sulla presentazione e sulla di-scussione di temi differenti. Non soltan-to temi riguardanti la relazione di coppia, ma anche quelli che fanno riflettere sulla nostra fede. Per questo motivo, ci siamo interrogati sul modo in cui affrontiamo le difficoltà e sul coraggio di annunciare il Vangelo. È soprattutto nelle difficoltà, in-fatti, che il Signore ci sta vicino e, di con-seguenza, è soprattutto in esse che non dobbiamo mai dimenticare di avere fede.

La proiezione dei film si è svolta esclu-sivamente presso la parrocchia Santa Chiara, guidati dalla presenza del nostro direttore spirituale don Giuseppe Argento.

Ancora una volta, il CineFamily ha per-messo l’avvicinamento di molte persone alla parrocchia. È noto, infatti, che il ci-nema viene spesso considerato da molti

come momento di svago. Proprio per tale motivo, si è scelto di utilizzare la proiezio-ne di alcuni film al fine di coinvolgere un maggior numero di persone. Inoltre, grazie alla natura del cinema stesso, che utilizza immagini e suoni favorendo l’immedesi-mazione dello spettatore, sono stati scelti dei film che veicolano messaggi cristiani. L’obiettivo è quello di diffondere la paro-la di Cristo attraverso il grande schermo. Infatti, osservare storie che spesso coin-cidono con esperienze realmente vissute, permette non soltanto una maggiore im-medesimazione, ma anche una maggiore riflessione e comprensione.

Di conseguenza, poiché lo scopo è di riflettere sulla fede ed evangelizzare, a seguito della proiezione del film abbiamo concesso ampio spazio al confronto. Con-frontarsi, infatti, permette di conoscere ul-teriori punti di vista ed ulteriori esperienze, che spesso aiutano ad accrescere la nostra fede in Cristo. Il dibattito si è rivelato mol-to utile per coloro che si avvicinano per la prima volta alla parrocchia. Essi hanno la possibilità di ascoltare una testimonianza diretta della fede e, pertanto, di conoscere Gesù e la sua parola. Per tale motivo, sono

CineFamily a Canicattì

Esperienze e testimonianze

46 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

state realizzate delle slides in power point dove abbiamo riportato alcune domande pensate per esortare alla riflessione.

Ancora una volta il CineFamily si è di-

mostrato un ottimo strumento di evange-lizzazione che possiamo riproporre in fu-turo (Agostino e Mirella DI BELLA, isf Gesù Maestro).

Il 30 settembre presso la parrocchia di S. Maria alla Bicocca abbiamo ce-

lebrato la Domenica della Parola, come coppia dell’Istituto e in collaborazione con le Figlie di san Paolo presenti da più di ottanta anni in città con la libreria.

La giornata, preparata da tanta preghie-ra e offerta nelle settimane precedenti, è iniziata sabato sera con l’Adorazione eu-caristica e l’intronizzazione del libro dei Vangeli, che abbiamo voluto porre sotto il Tabernacolo, secondo l’insegnamento del beato Alberione, per cui Gesù Maestro si fa Pane e Parola. In seguito abbiamo recitato il Rosario biblico, tanto significativo in una parrocchia a titolo mariano e alla vigilia del mese di ottobre.

La domenica ha visto il suo culmine nella Celebrazione eucaristica presieduta

dal paolino don Antonio Rizzolo, direttore di Famiglia Cristiana e dei più importanti periodici della San Paolo. Erano presenti anche la Superiora delle Figlie di San Pao-lo sr Silvana e sr Anna, per dare un tono di Famiglia Paolina alla celebrazione.

Hanno ricevuto il mandato gli animatori dei Cenacoli della Parola che da anni por-tano nelle famiglie la ricchezza della Paro-la e del Vangelo e dai quali molto avremmo da imparare circa l’apostolato biblico per le famiglie.

Al termine della Messa ha avuto luogo in chiesa un talk domenicale sul tema “La Parola nei nuovi areopaghi della comuni-cazione”. Don Antonio ha risposto alle do-mande dei parrocchiani circa le modalità di annuncio e di comunicazione delle ric-chezze e della verità della Parola nei nuovi ambiti esistenziali dell’oggi, con partico-

Domenica della Parola a Novara

47GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Esperienze e testimonianze

lare riferimento al mondo dei giovani e a quello del lavoro, come pure alla capacità per una parrocchia di essere davvero “in uscita” anche con la proposta di pastorale biblica.

In ogni Celebrazione eucaristica il par-roco don Andrea Mancini, attento e sensi-bile quanto mai alla formazione liturgica e biblica, ha fatto distribuire 150 Vangeli tascabili con il testo di San Luca, che sarà il Vangelo del prossimo Anno liturgico.

Noi come coppia dell’Istituto abbiamo animato il Rosario nella preghiera del sa-bato, curato e gestito l’allestimento del punto di diffusione delle pubblicazioni e dei sussidi biblici sul sagrato della chiesa. E’ stato un tempo prezioso per accostare tante persone e scambiare qualche parola

sulla Famiglia Paolina e sul nostro Istituto, che ancora troppo poco si conosce nella Chiesa. Abbiamo distribuito a piene mani i volantini dell’Istituto.

La benedizione con l’Evangelario nella Messa della sera ha concluso la giornata.

E’ stata una bella domenica di aposto-lato e di vita paolina, nata su nostra pro-posta al parroco che ha accolto la nostra presenza e intraprendenza. Altre domeni-che della Parola ci attendono come altre parrocchie aspettano solo che ci facciamo avanti con ardore tutto paolino, sull’esem-pio di don Alberione e dei primi paolini che andavano, bussavano e venivano ac-colti come missionari e apostoli della Pa-rola (Bernadette e Gianfranco MASTROLILLI, isf di Milano).

Il gruppo ISF di Livorno si è radunato insieme, genitori e figli, per sottoporre

questi ultimi ad un questionario dopo la bella esperienza vissuta a Fognano. Si è pensato a questo incontro per farli riflette-re e approfondire il perché del loro servizio alle famiglie riunite in preghiera. Ecco come loro hanno vissuto l’incontro.

Abbiamo ricevuto il questionario tra-mite Whatsapp e, sollecitati dai genitori, siamo riusciti a completarlo al meglio. Una volta riuniti, sia grandi che piccoli lo hanno consegnato. Dopo aver pranzato al-legramente, abbiamo iniziato con la lettura e spiegazione dei questionari. Alle prime quattro domande tutti noi abbiamo rispo-

I nostri figli dopo Fognano

Esperienze e testimonianze

48 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

In occasione del ritiro mensile di set-tembre, abbiamo avuto il piacere di

ricevere la visita dei Responsabili zonali isf, Michele e Irene Giammario. Il ritiro è al pomeriggio, per consentire la frequenza anche a giovani coppie con bambini pic-coli.

Michele ed Irene hanno notato che un giovane gruppo come il nostro ha dinami-che differenti da gruppi consolidati, ma

pur avendo criticità, permette di respirare aria frizzante che spesso motiva e spinge a non rimanere fermi ma a mettersi in cam-mino per cercare di far meglio e cercare soluzioni, è un po’ quel “cercare di salire un gradino ogni giorno per migliorare” tan-to caro al nostro Fondatore.

Hanno anche notato che abbiamo preso consapevolezza che alla fine i piani di Dio spesso non coincidono con quelli degli uo-

sto di essere rimasti contenti e di esserci accorti (non subito) dei genitori che prega-vano e questo ci ha fatto piacere. Inoltre ci siamo divertiti molto e vorremmo conti-nuare questo percorso.

Noi più grandi abbiamo risposto alle domande dicendo che ci ha fatto piace-re stare insieme a ragazzi di diverse città, condividendo esperienze, ridendo e scher-zando su molti argomenti. Le cose che ci hanno divertito di più sono stati i giochi, specialmente quelli notturni. Anche i mo-menti di riflessione sono stati molto impor-tanti e ci hanno portato a riflettere su cose di cui non parliamo tutti i giorni. Un’al-tra cosa vissuta in maniera piacevole sono stati i momenti spirituali. Stando insieme

ai bambini abbiamo dato la possibilità ai genitori di fare il loro percorso di preghiera senza distrazioni.

Alla proposta di vivere due giorni di for-mazione a Spicello, sia per imparare giochi e canti nuovi e fare una piccola formazione metodologica, abbiamo espresso un parere favorevole, compatibilmente con le possi-bilità economiche delle famiglie. Inoltre abbiamo proposto di recarci a Fognano un giorno prima degli Esercizi dei genitori per poter organizzare le attività.

La chiusura dell’incontro è avvenuta re-citando una decina del santo Rosario, una Ave Maria a testa, più il Gloria e il Padre nostro. Poi ci siamo fatti la foto di grup-po. Infine siamo rimasti fuori a giocare nel parco della villa che ci ospita. Siamo rimasti contenti di aver trascorso questa giornata di fraternità che ci ha impegnati, ma anche molto divertiti. Abbiamo deciso di formare il nuovo gruppo di noi ragazzi su Whatsapp. Speriamo, con l’aiuto del-la Santa Famiglia di Nazareth, di avviare qualcosa che piaccia al Signore (Stefano Citi, Emma De Grandis, Paolo Citi, Gaia Brio-schi, Silvia Brioschi, Matteo Iuliani, Lucia Brioschi, Valeria Ferrari, Eva Trivellini, Va-nessa Bagnoli, Denis Bagnoli – Gruppo di Livorno).

In ritiro con i Responsabili zonali

49GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Esperienze e testimonianze

mini. Le famiglie isf di Potenza provengo-no da città diverse, da parrocchie diverse, da formazioni diverse: ciò più che una cri-ticità noi la riteniamo una risorsa, poiché è nella diversità che ci si completa, poichè facciamo attività differenti, ma anche se non sempre fisicamente assieme, spiri-tualmente lo siamo sempre.

“Non voi avete scelto me, ma Io ho scel-to voi” dice Gesù: è Lui che ci ha messi insieme affinchè il cammino verso la san-tità sia agevole, per cui teniamo molto ad essere presenti al ritiro mensile, all’adora-zione di gruppo e agli Esercizi, poiché è in queste occasioni che riceviamo la grazia per poter camminare.

Aspetto importante per una buona re-lazione di gruppo è il crescere nella cari-tà secondo San Paolo, e anche se non ci riusciamo sempre siamo consapevoli che stiamo affrontando un percorso lungo che durerà la vita intera.

Crediamo alle varie forme di apostolato, abbiamo spesso sperimentato incompren-sioni come quella della sofferenza, che col tempo però ha portato e porterà i suoi frutti. Altra forma di apostolato è l’esem-pio: oggigiorno il mondo ci ascolta con gli occhi e quindi è fondamentale essere co-erenti sempre più che con le parole e con l’agire.

Michele ed Irene con la loro esperienza hanno puntualizzato che la priorità nella carità e nel cammino nell’isf va data alla famiglia, poiché la prima forma di vocazio-ne e consacrazione avviene nel sacramento del Matrimonio e nella famiglia il rapporto marito/moglie ha priorità rispetto ai figli.

Quando nel gruppo sorgono conflitti, focalizziamo l’attenzione sul sì dato al Si-gnore a prescindere dai nostri compagni di viaggio, fiduciosi nel suo aiuto e riteniamo la fiducia in Lui debba crescere, passando da una fede da bambini ad una fede da adulti.

Ringraziamo Michele ed Irene per la loro visita, consigli e partecipazione e ci auguriamo possano presto ritornare presto (Il Gruppo isf di Potenza).

Esperienze e testimonianze

50 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Ho partecipato al corso di Esercizi spirituali ad Orosei (in provincia

di Nuoro), ne sono tornata entusiasta per l’ospitalità, il luogo, le persone. Ho trovato un clima di amicizia e sincera disponi-bilità da tutti i fratelli sardi presenti. Ho potuto fermarmi pochi giorni e visitare una piccola parte della meravigliosa terra sarda e ringrazio di cuore la famiglia che mi ha ospitato.

Ho potuto, essendo presente, presenzia-re a un incontro di un gruppo di fratelli, ho ricevuto alcune impressioni che ritengo op-portuno condividere. Mi pare che i problemi presenti in tutti i gruppi siano i medesimi: poca amicizia tra i membri, scarsa sensi-bilità per chi si trova nella fragilità, poco attaccamento alla vocazione dell’Istituto.

Questo è purtroppo quello che anche noi riviviamo nel nostro piccolo gruppo, eppure basterebbe ad ogni incontro porre la prima attenzione al testamento spiritua-le lasciato da don Stefano Lamera il 25 maggio 1997 a Spicello. Io ero presente e

lui non si stancava di ripetere: AMATEVI, AMATEVI, AMATEVI!

Credo proprio che nei nostri gruppi non riusciamo a portare avanti questo impegno, di amarci. Quando ami, con cuore sincero, animo libero, apertura totale, non ti poni tante questioni, ami il prossimo come te stesso e ancora più i fratelli che il Signore pone avanti a te.

Come in famiglia, non si scelgono i fra-telli, i genitori, i parenti, così nell’Istituto non siamo noi a chiamare, ma Dio stesso e noi non possiamo ostacolare ciò che Dio ha deciso, ma dobbiamo favorirlo e acco-glierlo come dono.

Mi impegnerò perché i miei fratelli di gruppo e di tutta l’Italia, possano vedere in me una sorella e non un giudice severo, che sicuramente non potrebbe giudicare con verità.

Un caro saluto e abbraccio a tutti i membri sparsi nel nostro splendido paese e nel mondo intero (Donatella RINALDI, isf di Bologna).

Risonanza dagli Esercizi

51GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Esperienze e testimonianze

In un primo tempo avevamo pensato di farci fare degli striscioni da appen-

dere fuori, ma per le nostre tre chiese co-stavano troppo… Allora abbiamo aguzzato l’ingegno perché chi fa da sé fa per tre! E abbiamo comprato dei cartelloni di gom-ma brillantinata e ci siamo attivati. Chi ha disegnato, chi ha ritagliato, chi ha incol-lato e tutti insieme abbiamo realizzato tre cartelloni con tanto di logo!

La sera prima del 30 settembre dopo la Messa vespertina insieme al parroco ab-biamo animato l’Adorazione come sugge-riva il sussidio edito dalla san Paolo con i vari segni. Tutti in processione per essere profumati di nardo ma soprattutto dalla Parola di Dio. E’ stato un bel momento: infatti molti hanno apprezzato facendo i complimenti a padre Domenico.

Il giorno dopo ci siamo divisi nelle tre parrocchie animando tutte le Messe del-la giornata. Abbiamo messo i foulard della santa Famiglia e abbiamo allestito dei pic-coli tavoli per diffondere la buona stampa e la Bibbia. Inoltre abbiamo distribuito im-maginette con le preghiere paoline e pic-coli cartoncini con frasi bibliche.

Abbiamo privilegiato le Messe dei bam-bini. L’anno scorso avevamo comprato e sorteggiato le Bibbie; quest’anno invece

abbiamo pensato di far arrivare la Parola a più bambini e spendendo la stessa somma dalle Paoline abbiamo comprato dei gior-naletti a fumetti con le parabole di Gesù.

I parroci dopo la Messa hanno fatto i sorteggi. Ora come il buon seminatore cer-chiamo di raccogliere e seminare il buon grano con la speranza che finisca nel ter-reno fertile. Ogni giorno le Annunziatine di Roma ci fanno arrivare il Vangelo del gior-no seguito da belle riflessioni che giriamo a tanti amici. Molti ci chiedono di ricevere il messaggio ogni giorno. Sarà il buon Dio a trasformare i cuori di pietra in cuori di amore e fraternità (GRAZIOLINA per il Grup-po di Sommatino).

Diffusione della Parola a Sommatino

Esperienze e testimonianze

52 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

I Gruppi isf della Cam-pania si sono dati ap-

puntamento al Santua-rio della Beata Vergine del Rosario di Pompei per il pellegrinaggio zo-nale nell’ultima domeni-ca di ottobre, solennità di Gesù Divino Maestro. Insieme al diacono Clau-dio Astuto, Responsabile zonale, ha animato il ritiro il sacerdote che accompagna il gruppo di Benevento, don Crescenzio.

Aperto da un saluto inviato dal Delegato l’incontro è proseguito con i consueti momenti in cui si articolano i nostri ritiri. La meditazio-ne ha messo in risalto l’importanza della devo-

zione a Gesù Maestro, centrale nella spirituali-tà paolina, il significato del pellegrinaggio ma-riano e il consiglio che Maria Santissima con-tinua a rivolgerci: “Fate quello che vi dirà”, cioè seguite Gesù in tutte le sue parole e azioni.

Buona la partecipazione dei membri isf della Campania con i gruppi di Salerno, Bene-vento e Avellino che hanno presentato a Maria le loro intenzioni di preghiera e quelle di tut-to l’Istituto. In ogni pellegrinaggio infatti ci si sente rappresentanti di tutti gli altri fratelli e sorelle.

Sono Giovanna, moglie di Alfredo Leo del gruppo di

Veglie, la coppia più anziana. L’anno scorso per la Domenica della Parola abbiamo fatto 700 piccole Bibbie che abbiamo di-stribuito nelle nostre parroc-chie. Quest’anno dato che la Domenica della Parola coinci-deva con il mio compleanno vo-levamo festeggiarlo rifacendo le Bibbie. Ma quando ne abbiamo parlato qualcuno ha detto che i sacerdoti non amano queste iniziative. Allora in famiglia con il suggerimento e l’aiuto di nostro figlio abbiamo deciso di farle a nome

nostro. Ne abbiamo stampate più di 300 copie che abbiamo regalate a tutti: amici, vicini, parenti, dal salumiere al su-permercato, ai nostri fratelli di Veglie, Leverano e Copertino.

E’ stata una cosa gradita e per noi bellissima; abbiamo festeggiato così il mio 82mo compleanno nella gioia e per me è stato il più bel regalo. Siamo contenti di aver fat-

to una cosa bella e gradita al Papa e di aver portato così la Parola del Signore in tante fa-miglie. Il disegno all’interno è di nostro figlio Gian Piero che ci aiuta sempre in queste cose.

Pellegrinaggio zonaleal santuario di Pompei

Grazie, Giovanna,per il tuo amore alla Parola di Dio

53GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Uniti nel suffragio e nell’intercessione

NICOLA LO BUGLIO* 26/06/1943 - † 10/06/2018

Gruppo di Bari

La vita è un dono, così oggi ringraziamo il Signore per aver avuto il dono di papà Nicola, un uomo sempre presente, mite, paziente, pre-muroso, rispettoso, generoso, che instancabilmente e silenziosamente ha testimoniato nella quotidianità la sua fede. La stessa fede che ci ha comunicato e unito e ci unisce tuttora. Siamo lieti in modo particolare per il coronamento del percorso spirituale dei nostri genitori che, come coppia cristiana, si sono consacrati in perpetuo nell’ottobre 2017.

Il cammino formativo nell’Istituto Santa Famiglia è stato fonte ine-sauribile di insegnamenti, un insostituibile punto di riferimento e di

ispirazione nella vita di ogni giorno. Grazie alla preghiera il nostro dolore non è dispera-zione, ma una fase di passaggio verso la maturazione di una nuova concezione della sua presenza nella nostra vita (a cura dei figli).

ATTENZIONE – Accogliendo l’espresso desiderio di molti membri della “SantaFamiglia” per continuare a offrire un contributo, secondo le proprie possibilità,

all’Istituto e all’Opera di S . Giuseppe di Spicello, comunichiamo le modalità di offerta:

Conto corrente postale intestato a “Istituto Santa Famiglia” - n° 95135000conto intestato a “Santuario San Giuseppe” - n° 14106611

Banca di Credito Cooperativo di Roma - Agenzia n . 1 - c/c bancario “Istituto Santa Famiglia”IBAN: IT34K0832703201000000034764

Banca di Credito Cooperativo del Metauro - c/c bancario “Santuario San Giuseppe”IBAN: IT44Q0870009340000010199980

Esercizi spirituali isf a Spicello, maggio 2018

NOVITÀ LIBRI E FILM

Libri

54 GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

IL CERCHIO DELL’AMOREItinerario per fidanzati e sposi

Negri e Guglielmoni – Dehoniane

Partendo da un’ac-curata analisi del Tondo Doni di Miche-langelo, il testo pre-senta le tre coordina-te fondamentali per una coppia consape-vole: esserci, esserci

con e esserci per, e, con i suoi otto ca-pitoli, offre utili spunti ad altrettanti possibili incontri per fidanzati e cop-pie di sposi. In ogni capitolo vengono descritti alcuni particolari dell’opera, viene affrontata una tematica riguar-dante la coppia e, infine, sono propo-sti spunti di approfondimento.

CATECHESI della MORALE CRISTIANABonifacio Honings – Edizioni OCD

“La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù”. Così inizia l’E­vangelii gaudium e da queste parole prende le mosse padre Boni-

facio Honings, ultranovantenne, car-melitano scalzo, per la pubblicazione di tre volumi di catechesi della morale cristiana, raccolti in un cofanetto. Egli raccoglie tanti anni di insegnamento e di esperienza pastorale poiché è stato docente di teologia morale per diversi anni sia in Olanda che a Roma.Nel primo volume Semi di verità svi-luppa un’antropologia generale a im-magine di Dio Creatore. Nel secondo Vie di carità presenta invece un’an-tropologia speciale a somiglianza di Cristo Redentore. Infine nel terzo Fonti di vita viene spiegata l’impor-tanza della liturgia e della celebra-zione del mistero pasquale di Cristo attraverso i sacramenti.

L’ARTE DI SCEGLIEREIl discernimento

Enzo Bianchi – San Paolo

Come facciamo a sapere se la nostra scelta è per il bene o per il male, per la vita o per la morte? Attraverso l’ar-

te del discernimen-to, termine che agli orecchi dei più risulta oggi ermetico, paro-la caduta nell’oblio. Dono dello Spirito Santo, veniva consi-derato dai padri del

deserto la «migliore di tutte le virtù». Per questo, nota il nostro autore, è indispensabile tornare a esercitarsi in quest’arte così essenziale per la vita cristiana e non, offrendo anche utili e preziosi consigli affinché la nostra esistenza, nonostante i limiti e le fra-gilità, giunga a compimento e sia un “amen” sincero e convinto alla volon-tà del Signore.

PAOLOLa vita, le lettere,

il pensiero teologicoStefano Romanello – San Paolo

La figura di Paolo non lascia indiffe-rente chi si accosta a lui. Romanello de-dica congruo spazio alla presentazione delle singole lettere, mosso tuttavia dalla

convinzione che il loro messaggio possa essere adeguatamente colto se sono contestualizzate nella cornice ampia della missione e della biogra-fia del loro autore, nonché se si ab-bozza almeno uno schizzo sintetico delle convinzioni teologiche che esse manifestano. Ne è nata una guida alla lettura attendibile e aggiornata, in vista di un approccio personale alle lettere dell’apostolo delle genti.

PADRE PINO PUGLISIMartire di mafia per la prima volta

raccontato dai familiariFulvio Scaglione – San Paolo

La sera del 15 set-tembre 1993 padre Pino Puglisi, parroco del quartiere paler-mitano di Brancac-cio, fu ucciso dai killer della mafia. Perché si volle col-

pire quel sacerdote mite ma deciso,

affezionato alla sua gente e mai di-sponibile a deviare dalla strada del Vangelo? Chi era questo martire che nel 2013 è stato elevato agli onori de-gli altari e proclamato Beato da papa Francesco? In questo libro, e per la prima volta, i familiari di padre Pino ne tracciano un ritratto sorprendente che parte dalla giovinezza, dalla vo-cazione, dall’impegno con i ragazzi. Ma anche dal rapporto con la madre e i fratelli, dalla delicata funzione di supporto ai nipoti.

CON CRISTO SULLE STRADE DEL MOND

Trentuno meditazioniper una Chiesa in missione

Edizioni San Paolo

In questo volume sono raccolte 31 ri-flessioni che sintetiz-zano perfettamente il pensiero di don Toni-no sul tema missio-nario, tanto impor-tante per la Chiesa e

sempre più centrale nelle indicazioni di papa Francesco. Don Tonino sape-va che le missioni non sono riducibili, per il cristiano, a un luogo dove man-dare offerte, ma devono sempre più diventare spazi di riflessione globale, richiami ad aprirsi a una coscienza planetaria, territori e popoli grazie ai quali riflettere sul futuro delle rela-zioni umane, luoghi ove impegnarsi per trasformare la terra e accelerare la venuta del Regno.

SEPARAZIONESempre al tuo fianco

Costanza Marzotto – San Paolo

Separazione (e divor-zio) oggi sono tra le situazioni familiari più frequenti a cui i nonni si trovano ad assiste-re: come affrontare le difficoltà di un figlio o di una figlia che si di-

battono tra i cocci di un matrimonio fallito, e come salvaguardare il be-nessere dei nipoti e la relazione con loro? Con la voce dei diretti interes-sati e un ampio sguardo psicologico

NOVITÀ LIBRI E FILM

Librie sociale, il libro si propone come un piccolo strumento che accompagna i nonni a orientarsi nella complessa riorganizzazione.

MI FAI INCONTRARE DIO?I giovani la fede e la riconciliazione

Edizioni Paoline

Oggi più che mai, la comunità ecclesiale è invitata a mettersi in ascolto del mondo gio-vanile e a interrogarsi su come accompagna-re le nuove generazioni a riconoscere e acco-

gliere la chiamata all’amore e alla vita in pienezza. La Penitenzieria Aposto-lica ha inteso fornire il proprio con-tributo riaffermando il ruolo centrale del sacramento della riconciliazione nello sviluppo della fede e nel discer-nimento spirituale dei giovani cristia-ni, quale luogo e spazio privilegiato per incontrare Dio e il suo amore.

SEGUENDO LA STELLARiflessioni per il tempo

di Avvento e NataleHeyes Zacharias – Paoline

L’Autore, padre Zacharias Heyes, nel 1999, mentre trascorreva alcuni

giorni all’abbazia di Münsterschwarzach (dove vive anche pa-dre Anselm Grün), decise di fare il «Cam-mino di Compostela». Un padre, che ha fatto il viaggio con lui, gli

ha consigliato di leggere quel libro, che da allora è diventato uno dei testi più importanti della sua vita, contri-buendo a tenere viva in lui una gran-de nostalgia. A quello scritto si ispira il presente testo-guida per il periodo di Avvento e di Natale.

UNA TERRA BAGNATA DAL SANGUE. Oscar Romero e i martiri

di El SalvadorAnselmo Palini – Paoline

La storia recente di El Salvador è costel-lata di episodi dram-matici nei quali sono stati eliminati molti testimoni del-le ingiustizie e delle violenze perpetrate dal regime militare.

Questo libro presenta la vicenda di alcuni di essi. Tra gli altri, oltre a monsignor Oscar Romero: p. Octa-vio Ortíz, attivo nella formazione

spirituale dei giovani, e quattro dei suoi ragazzi; p. Rutilio Grande, par-ticolarmente vicino ai campesinos; Marianella García Villas, presidente della Commissione per i diritti uma-ni; sei padri gesuiti dell’Università Centroamericana (Uca) e due don-ne laiche che lavoravano presso di loro.

GIOVANNI BATTISTA MONTINI. PAOLO VI

Biografia storica e spiritualeGiselda Adornato – San Paolo

Questa biografia è ba-sata sulle fonti docu-mentarie al momento disponibili, le testi-monianze raccolte per la Causa di canonizza-zione e la consuetudi-ne trentacinquennale

dell’autrice con Paolo VI. Il suo cri-terio storico e spirituale risponde alla corretta visione di un prete, educa-tore, vescovo e pontefice che attra-versa tutto il Novecento, vibrando come un sismografo, dice lui stesso, di fronte alle vicende del suo tempo. Il suo pontificato apre un varco per la Chiesa nel raffronto con la modernità dal quale sono partiti tutti gli sviluppi successivi.

Audiovisivi

SALVATORE DEL MONDOMarco Frisina – Paoline

14 nuovi canti per le Messe di Avvento e Quaresima, composti, orchestrati e diretti da mons. Marco Frisina per il quale: «I tempi liturgici forti di Avvento e Quaresima ci mostrano il mistero della salvezza

dal punto di vista dei poveri e dei sofferenti: le loro pene e le loro preghiere diventano le nostre e siamo chiamati ad ascoltare lo struggente grido del cuore dell’uomo che si innalza fino a Dio, e farlo nostro».Una proposta di grande qualità, per animare le celebrazioni eucaristiche di Avvento e Quaresima e gli incontri di preghie-ra, indirizzata ai cori parrocchiali, agli animatori musicali della liturgia, alle assemblee liturgiche.

Film

PAOLO. APOSTOLO DI CRISTORegia: Andrew Hyatt - Anno 2018

Paolo ormai è un uomo vecchio e stanco, incarcerato dai romani che lo temono. Paolo è preoccupato per la sorte delle comunità, perseguitate e in clandestinità a Roma, ma anche tormentato dal peso del suo passa-to, ora che si avvicina l’incontro con Dio. Ad alleviare le sue sofferenze arriva l’evangelista Luca, che fa da tramite con la comunità guidata da Aquila e dalla moglie Priscilla, legatissimi a Paolo, e che inizia visite

in carcere con la scusa di curarlo essendo medico. In questa veste, entrerà in contatto anche con Mauritius, prefetto del carcere: sua figlia è molto malata e rischia di morire; la moglie, disperata, gli chiede di far di tutto per salvarla.

55GESÙ MAESTRO Novembre-Dicembre 4-2018

Istituto“Gesù Sacerdote”

Istituto“Santa Famiglia”

Due Istituti Paolinidi Vita Secolare Consacrata,aggregati alla Società San Paoloe parte integrante della Famiglia Paolina,nati dal cuore apostolicodel beato Giacomo Alberione,che si propongono come ideale la santità della vita sacerdotale e familiaree come missione specifical’annuncio di Cristo MaestroVia, Verità e Vita .