MADRETERRA NUMERO 29 - MAGGIO 2012

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www.madreterranews.it MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA Anno III - N. 29 - MAGGIO 2012 PALMI & DINTORNI OMAGGIO VINALIA PRIORA UN SAPORE TUTTO ANTICO! Di Walter Cricrì Pag 10 Foto - Leandra Maffei

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MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA

Anno III - N. 29 - MAGGIO 2012

PALMI & DINTORNI

OMAGGIO

vinalia priora

un sapore tutto antico!Di Walter Cricrì Pag 10

Foto - Leandra Maffei

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Non c’è che dire! I francesi si sono risvegliati dal tor-pore che li aveva, magicamente, avvolti.

Eh si, caro maritino della bella Carla, questa volta i tuoi compatrioti ti hanno fatto uno bello sgambetto. Ben me-ritato, dico io! Sei riuscito a tirarti addosso le ire di quasi tutti i politici e di tutti gli stati d’Europa, pensa che nean-che la tua tanto amata Merkel riusciva più a sopportarti.

La vita ripaga così, certo sei stato uno dei presidenti di Francia, sarai annoverato nei secoli come Napoleone o Robespierre, De Gaulle o Mitterand, giusto per rimanere vicino ai nostri tempi, ma di certo sarai più famoso per aver sposato la Carla italiana che per i tuoi fatti (o misfat-ti) politici.

Bando alle ciance, non sta a me giudicare il suo operato. Io, in questo caso, sono molto più superficiale di quan-to debba esserlo e mi soffermo solo su questo pensiero: Grazie a Dio non sentiremo più nominare il nome france-se (forse l’unico) che riesce ad esprimere tanta antipatia quanto gli anni che porta addosso, per il solo fatto di es-sere portatore sano di virus dispreggiativo nei confronti dell’Italia e degli italiani (manco gli avessimo rubato le “galline”!).

Torniamo a noi, però, alle cose serie, occupiamoci della nostra terra e dei nostri problemi che, purtroppo, difficil-mente smetteranno di assillarci nel breve periodo.

Questa tornata elettorale la dice lunga sullo stato psi-cologico dei cittadini, sulla loro voglia di voler dipingere un futuro migliore e da, anche e soprattutto, un ulteriore segnale di disaffezione nei confronti della politica e una poca voglia di dar consensi accompagnati dalla preoccu-pazione che, alla fine, non si riuscirà, ugualmente, ad eva-dere dal vortice che tenta di inghiottirci.

Palmi vive di erosione naturale; una cosi bella cittadina, prospicente al mare che si gonfia con la salmastra brezza mediterranea e si scalda col più bel sole del mondo (è un parere poco obiettivo, ovviamente), ha bisogno di amore-voli cure, di tante mani che la coccolino e la cullino, ma anche di guide tenaci e di condottieri coraggiosi.

E’ proprio il coraggio quello che serve a Palmi, l’eroico fare di un sindaco e delle persone che lo circondano, co-lorato da un pizzico di “follia” (legale) per saltare il fos-so, per arginare quell’erodersi della sua quasi mitologica bellezza che si sta smarrendo dietro un lassismo, ormai, diventato proverbiale.

Abbiamo subito una campagna elettorale che qualche volta ha rischiato di andare oltre, di scendere troppo sui personalismi, che ha cercato di innervosire gli avversari piuttosto che gridare a gran voce i programmi da portare

di Paolo Ventrice

L’EDITORIALE

SARkO-NO!quando la “patria” del nazionalismo assoluto e della rivoluzione dice no al lecchinaggio furbetto di Monsieur sarkozy nei confronti della poderosa merkel, in europa cambia qualcosa. e in italia? a palmi intanto le urne piangono... e le speranze crescono.

avanti, le priorità da seguire, gli obiettivi da realizzare e i progetti per conseguirli.

Parole, solo parole. Ora dovranno seguire i fatti. Fra qualche giorno avremo il nuovo Sindaco, i nuovi ammini-stratori. Cambierà il panorama comunale (dopo la consilia-tura Gaudio e il commissariamento con la dott.ssa Bello-mo), cambieranno, speriamo, le prospettive, le speranze.

I palmesi sono stanchi di essere sballottati a destra e manca, esigono una tranquillità che possa dar loro la fa-coltà di progettare, ognuno nel suo piccolo, e di riappro-priarsi dell’epiteto di appartenenti a una città di cultura, ma viva anche nei suoi aspetti naturalistici, commerciali e turistici; abbiamo bisogno di riappropriarci della nostra storia.

16.746 elettori, 11.816 votanti. Hanno votato solo il 70,56% degli aventi diritto che, per carità, se paragonato al dato nazionale è un successone (67% ndr), ma rispetto alle votazioni del 2007 (74,89% ndr), vi è comunque un calo importante: si aggiunge un altro 4,33% al già man-cante 25,11%. In pratica il 30% dei cittadini ha evitato, ad eccezione degli impossibilitati a farlo, di andare a votare, nonostante la popolazione votante sia cresciuta, nel frat-tempo, di un altro 2% che se sommato al dato ufficiale porta il risultato dei desaparecidos al 6,33% in meno ri-spetto al 2007.

Brutta storia questa. E’ una situazione che viaggia paral-lela a quella per la quale i giovani “volano” via da Palmi. Preferiscono allontanarsi perché sono certi di non riuscire a trovare sbocchi in terra natia.

Non credo sia un “non voto” di protesta, questo, piut-tosto suppongo sia sfiducia nel sistema, antipatia per un metodo vecchio e improduttivo. Qui, gli uomini, presi sin-golarmente, non c’entrano nulla. Tutti per bene e tutti rispettabili; tutti degni di fiducia, ma… basterà tutto ciò?

Il mio pensiero rimane sempre lo stesso: La storia poli-tica, intesa come modello sociale di evoluzione e costru-zione, nella tipologia di gestione qual è quella che vige attualmente, diventa anacronistica, non in sintonia con i tempi, non in frequenza con le necessità moderne, non più dettate da esigenze partitiche di fare per raccogliere voti futuri, ma bensì da evoluzioni, anche e soprattutto economiche, per gettare le basi di una veloce ripartenza.

Se non cambia la valutazione oggettiva degli attuali po-litici, se non ci si dirige verso politiche del fare senza par-lare, piuttosto che del parlare senza fare, signori, ahimè, siamo cotti!

Ubi abundantia, ibi incuria… A Palmi c’è l’abbondanza, ma prendiamocene cura.

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soMMario

5 iMu - abbattuta l’iMu sulla priMa casa...polistena di Giuseppe Arevole7 vite spezzate nell’indifferenza insopportabile di Saverio Crea8 la torre ritrovata di Giuseppe Cricrì10 per i fasti taureani si inizia con i vinalia priora di Walter Cricrì13 “scusino, hanno docuMenti su san fantino?” di Francesco Saletta14 fra gli scogliazzi e la cacina di Felice Badolati15 la sterilita’ Maschile: una sfida Medico-sociale... di Giuseppe Ciappina18 parco giochi ...si coMincia!!! di Prometeus19 quella rotonda... sul Mare di Enza Spatola20 feMMinicidio - quando si puo’ Morire d’aMore... di Nella Cannata22 concorso fotografico “iMMagini della Mia citta’” di Prometeus24 verita’ e Menzogna di Chiara Ortuso26 i club unesco della cal... grotta dei re di placanica di Oreste Kessel Pace27 viaggiatori a palMi nel secolo xviii avanti al... di Rocco Liberti28 il cuore delle ragazze - seconda ed ultiMa parte - di Cassiopea30 il volto oscuro dei diritti civili di Mario Idà32 soMs - presentazione del libro... zappone-calogero 33 satira - palMi elezioni aMMinistrative 2012 il ball... di Saverio Petitto34 a tutta birra di Walter Cricrì37 lo storico gruppo sportivo dipendenti del coMun... di Rocco Cadile39 terri lyne carrington - the Mosaic project di Cristoforo Bovi

MADRETERRA Palmi & Dintorni

REGISTRAZIONE AL TRIB. DI PALMI Nr. 1 / 2010

Anno III - Numero 29 - Maggio 2012 Direttore respons.: Francesco MassaraCoordinatore: Paolo Ventrice

Collaboratori di REDAZIONE di questo numero.

Saverio Petitto Walter CricrìCettina Angì Salvatore De FranciaNella Cannata Giuseppe Cricrì

Hanno collaborato per questo numero anche: Salvatore De Francia, Bruno Vadalà, Marilena Sica, Pasquale Frisina, Giuseppe Magazzù

Editore: Associazione Culturale MadreterrraSede Palmi-Via ss.18 km 485.30P.I. 02604200804Cod. Fisc. 91016680802Mobile-Paolo Ventrice 335 6996255e-mail: [email protected]

Progetto Grafico: Saverio Petitto-Walter Cricrì-Paolo VentriceImpaginazione grafica: Paolo Ventrice Progetto e cura sito web:S. De Francia-D. Galletta Stampa: GLF sas -Via Timpone Schifariello Zona P.I.P. II Traversa-87012 Castrovillari (Cs)

se vuoi rilegare tutti i nuMeri di Madreterra in un elegante vo-luMe, o in due annuari, chiedi in-

forMazioni, scrivi a [email protected]

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L’Amministrazione Comu-nale di Polistena sta di-

mostrando in concreto, con il proprio operato, di rimanere schierata al fianco del popo-lo, evitando di mettere le mani in tasca ai cittadini sulla nuova ICI prevista per la prima casa. Pur non potendo sottrarci all’im-posizione della legge, abbiamo stabilito nell’ultimo Consiglio Co-munale un principio di equità e giustizia sociale abbattendo l’I-MU (così si chiama la nuova ICI) allo 0,2% per la prima casa, sgra-vando in tal modo la stragrande maggioranza della popolazione da una tassa che reputiamo in-giusta ed iniqua.

Proprio in un momento dram-matico per le famiglie, dove il disagio spesso sfocia in tragedia, il Governo Monti avrebbe dovuto alleggerire la pressione fiscale sui cittadini incentivando piut-tosto salari e stipendi. Cosa che invece non solo non è avvenuta, ma la reintroduzione dell’ICI sul-la prima casa, sulla quale riba-diamo la nostra contrarietà, è un atto che colpisce uno dei diritti fondamentali del cittadino. La prima abitazione è sempre un qualcosa costruito dopo sacrifi-ci di lavoro e sudore da parte di genitori e figli, che non è giusto tassare.

non paghera’ nulla sulla prima casa circa il 90% dei cit-tadini.

La maggioranza comunale ha approvato la definizione delle aliquote della nuova imposta, assumendo la decisione storica, esemplare e coraggiosa di non far pagare sulla prima casa la maggior parte dei polistenesi, i quali potranno ridurre a zero il dovuto grazie alla detrazione fis-sa di €. 200,00 prevista dalla leg-ge ed a quella aggiuntiva di 50 Euro per ogni figlio a carico al di sotto di ventisei anni. Infatti solo per fare qualche esempio reale:

- con nucleo familiare com-posto anche da un solo compo-nente proprietario di una casa classificata nel gruppo A2 (abi-

Abbattuta l’IMU sulla Prima CasaStabilito un principio di equità e di giustizia sociale

POLISTENA sarà un esempio per tutti gli altri Comuni.

tazioni civili residenziali) con 7,5 vani (120mq circa) classe 3 (massima) e rendita catastale di € 561,65 - non si paga

- con nucleo familiare com-posto da almeno un figlio a ca-rico sotto i 26 anni e genitori proprietari di una casa classifi-cata nel gruppo A2 (abitazioni civili residenziali) con 10 vani (180mq circa) classe massima e rendita catastale di € 748,86 - non si paga

- con nucleo familiare com-posto anche da un solo compo-nente proprietario di una casa classificata nel gruppo A3 (abi-tazioni di tipo economico) con 7,5 vani (120mq circa) classe massima e rendita catastale di € 426,08 - non si paga

- per i gruppi a4 - a5 - a6 (Abitazioni popolari - ultrapo-polari -rurali) dove la rendita catastale è assai inferiore alle altre categorie, esenzioni pres-sochè totali - non si paga

- con nucleo familiare com-posto anche da un solo compo-nente proprietario di un villino classificato nel gruppo A7 (abi-tazioni tipo villini) con 7,5 vani (120mq circa) classe massima e rendita catastale di € 619,75 - si pagano €. 8,24, ma con un

figlio sotto 26 anni NON SI PAGADi fronte a queste importanti

agevolazioni, bisogna registrare l’atteggiamento pretestuoso e fantastico dell’opposizione che, al contrario di molti Sindaci d’I-talia intenzionati a prendere esempio da Polistena, ha votato contro dietro motivazioni assur-de ed ingiustificate, allontanan-dosi ancor di più dai bisogni dei cittadini.

Per pareggiare gli incassi degli anni precedenti tuttavia, sarà applicata l’aliquota massima dell’1,06% sulle seconde case sfitte, anche perchè sugli al-tri immobili diversi dalla prima casa, i Comuni saranno costretti a versare, a differenza del passa-to quando tutto rimaneva nelle casse comunali, il 50% dell’ali-quota media allo Stato. Una vera beffa che costringerà in ogni caso tutti i comuni ad esasperare i tributi sugli altri immobili per garantire allo Stato la propria quota.

L’Amministrazione Comunale ha previsto però agevolazioni e riduzioni rispetto all’aliquo-ta ordinaria stabilita nell’1,06%, come ad esempio per le secon-de case affittate con regolare contratto (0,96%) o concesse in

comodato ai figli (0,76%), per terreni agricoli (0,76%) e fabbri-cati rurali (0,1%). Altre piccole riduzioni rispetto all’aliquota ordinaria sono previste per le attività produttive inquadra-te catastalmente nel gruppo D (1,00%), per le aree fabbricabili (1,00%) e per botteghe e negozi (0,86%), che purtroppo subiranno un notevole incremento in quan-to i moltiplicatori delle rendite catastali sono stati aumentati direttamente dalla legge, senza che venisse riconosciuto ai co-muni alcun potere di riduzione. Con questa scelta adottata dall’Amministrazione di Poli-stena, è stato realizzato quel principio di giustizia e di equi-tà sociale di progressività della tassazione, che il Governo Monti congelando l’idea della patrimo-niale, non è stato in grado di re-alizzare su vasta scala.

a polistena dunque, a diffe-renza di altri comuni italiani che stanno cogliendo l’occa-sione dell’iMu per fare cassa, l’amministrazione comunale ha come sempre saputo distin-guersi ed interpretare il diffici-le momento di disagio sociale, stavolta tutelando il diritto alla prima casa per tutti.

di Giuseppe Arevole

COMUNICATO STAMPA

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di Saverio Crea

Da gennaio è iniziato una conteggio di avvenimenti

che nessuno mai avrebbe voluto annotare.

Fallimenti di aziende sane che vantano crediti principalmente nei confronti della “Pubblica Am-ministrazione”, saldo negativo tra imprese avviate e imprese definitivamente chiuse.

Esercizio di conteggio mostruo-so, al quale rischiamo di fare ancora una volta un’abitudine diabolica, dei suicidi che, giorno dopo giorno, vengono elencati nella più assoluta indifferenza dei nostri “grassi” governanti che continuano a chiedere sempre alle stesse categorie “doverosi”

sacrifici.Ma alla richiesta di un sacri-

ficio, perché venga accettato, deve corrispondere, una condivi-sione degli obiettivi ed una forte motivazione al raggiungimento degli stessi.

Elemento fondamentale è ap-punto la condivisione che signifi-ca, nell’accezione specifica, “di-videre con altri”.

Orbene, nel caso di condivi-sione di sacrifici per il raggiun-gimento del bene comune, non può la condivisione riguardare una sola parte della popolazione ma è necessario che sia coinvolta tutta quanta, senza alcuna ecce-zione.

Però i nostri politici pare non abbiano chiaro il concetto e pensano, invece, che il sacrifico

debba riguardare solo una parte facilmente individuabile e conse-guentemente massacrabile.

Ben lontani dal pensare che se si vuole raggiungere un obiettivo “concreto” occorre dare il buon esempio e dimostrare concreta-mente che il sacrificio è giusti-ficabile e pertanto condivisibile con loro!!

Il popolo è davvero stanco e potrebbe a breve scatenarsi una rivolta verso gli Usurpatori.

Assistere passivamente allo spoglio delle ricchezze ad opera della Casta non è più una visione sopportabile.

Leggere quotidianamente di milioni e milioni di euro sottratti alle casse comuni per non si sa quali nefandezze diventa quanto mai difficile da sopportare.

Quello che manca è lo Spirito, è l’Anima della riforma, ed oggi siamo obbligati ad assistere “pas-sivamente” ad un manipolo di ragionieri che rastrellano quanto più possibile per poter coprire le spese che spesso sono di una inutilità sociale spaventosa; spe-se scellerate che si continuano a perpetrare senza alcuna vergo-gna e, ancor più grave, senza una logica spiegazione.

Ricorreranno sempre più frequentemente a tasse “momentanee”(DEFINITIVE) per coprire i buchi che continuano ad alimentare giorno dopo giorno.

L’assurdo a cui ci tocca assi-stere è la richiesta rivolta a NOI, dal sito del governo, di indicare LORO gli sperperi. Offesa alla di-gnità del Popolo che, vittima di questo assurdo sistema, rischierà una maggiore strumentalizzazio-ne ed una inconsapevole alimen-tazione dell’odio interclassista.

Occorre dare l’esempio dall’al-to, occorre prendere decisioni forti che modifichino lo stato di sopraffazione costante che sta mortificando i lavoratori ed i pensionati (“veri” e non già i burocrati di Stato) che rischia-no di perdere definitivamente la dignità dal momento che stanno diventando un peso per la so-cietà e non già una ricchezza “morale”ed un esempio per i più giovani.

Vorremmo un esempio: RESTI-TUITE LE SOMME RUBATE AL PO-POLO PER FINANZIARE LE CASSE DEI PARTITI CHE OFFENDONO TUTTI STUDIANDO STRATEGIE DI INVESTIMENTO E DI SPECULAZIO-NI FINANZIARIE!!!

E’ inconcepibile ed insopporta-bile sentire che verranno “ridot-ti” i contributi ai partiti.

E’ come se chi ha rubato, da-vanti al Giudice, dicesse: …assol-vimi… la prossima volta ruberò solo la metà!!!

E’ quanto vanno dicendo i nostri politici senza Vergogna alcuna.

In tempo di crisi e di sacrifici si offende la popolazione arrivan-do ai comizi elettorali a bordo di auto BLU e con la scorta.

E’ il popolo che ha bisogno del-la scorta per difendersi dallo spo-glio costante e quotidiano che i governanti perpetrano!!!

Non è tollerabile che si ricorra alla tassazione scellerata per co-prire le spese.

Le spese si coprono con le at-tività, con la produzione, con la programmazione e con enorme attenzione alla spesa stessa.

Scusate, stavo sognando, per un solo momento ho pensato che chi ci governa trovi interesse a pensare alla programmazione ed al Bene del Paese!

Non è più tollerabile che i LA-VORATORI, quotidianamente vengano privati della loro dignità perché impossibilitati ad andare avanti nelle loro attività e, pur avendo CREDITI, debbano sce-gliere di farla finita!!! Sono omi-cidi di Stato e non già suicidi!!!

VITE SPEZZATE NELL’ INDIFFERENZA INSOPPORTABILE

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di Giuseppe Cricrì

Presso la contrada Torre di Palmi, fino alla seconda

metà dell’800 esisteva una torre vera, che quasi nessun contem-poraneo ricorda di aver mai visto rappresentata in modo ravvicina-to. Era molto simile a quella che oggi troviamo a Taureana, ed era stata costruita nel lontano pe-riodo del Viceregno, a seguito di un editto emanato da Don Pedro de Toledo che, nel 1592 mirava a proteggere le zone costiere dalle incursioni turchesche. L’ubica-zione delle torri sarebbe stata funzionale ad un programma di-fensivo che, per mezzo dell’av-vistamento e della segnalazione, avrebbe consentito alle popola-zioni indigene di arginare i dan-ni degli attacchi corsari, sempre più frequenti e distruttivi. Esse sarebbero state edificate in pros-simità delle località di più faci-le accesso alle navi, e quindi ai pirati, distanziate fra loro a non più di 6000 passi e comunque sempre visibili l’una dall’altra, in

modo che ogni torre, non appe-na avesse avvistata qualche nave o flottiglia nemica, attraverso l’uso di fumate e fuochi, od op-portune differenti segnalazioni, sarebbe stata in grado di dare l’avvertimento alla torre conti-gua, mentre un drappello di mi-litari si preparava a contrastare l’approdo ed i conseguenti assalti e saccheggi. Da Scilla fino a Capo Vaticano se ne contavano ben di-ciotto. Le torri erano affidate al comando di un torriero, col grado di caporale, che doveva essere di cittadinanza spagnola, ed aver conseguito una regia patente, es-sendo quindi in grado di leggere e scrivere. Esse si distinguevano in torri cavallare e torri a difesa vera e propria. Le torri cavallare erano assistite da militi a cavallo, i cavallari, in grado di garantire la vigilanza costiera e di dare l’allarme ai paesi dell’entroter-ra, avvisando tempestivamente del pericolo la popolazione col suono dei corni e con colpi d’ar-chibugio. Dette torri avevano una circonferenza alla base di circa

22 metri, un’altezza di 15 metri e la porta d’entrata a 7 metri dal suolo, con una camera provvista di feritoie. Rocco Liberti nel Qua-derno Mamertino n° 17 intitola-to “ Pirateria e guerra di corsa” scrive: …L’altra torre del terri-torio gravitante su Palmi, quella denominata S. Francesco e oggi non più esistente, era ubicata nelle immediate adiacenze della città e, con tutta probabilità, nel luogo noto come ‘a turri, (la tor-re), sulla strada che conduce alla Marinella. La torre demolita con miope leggerezza nella seconda metà dell’800, prima della sua completa distruzione, sarebbe stata utilizzata come sede del telegrafo.

Nel corso dei secoli non sappia-mo quante volte questo fortilizio fu rappresentato graficamente.

Lo ricordiamo ritratto nel pae-saggio della magnifica incisione di Antonio Minasi, del 1779 inti-tolato Prospetto del Faro di Mes-sina, riviera di Scilla-Costiera di Parma, e spiaggia di Gioia.

E poi ancora nell’illustrazione

del viaggiatore inglese, barone Richard keppel Craven del 1821, dove se ne poteva apprezzare la sagoma lontana. Tale disegno era contenuto nel suo taccuino di viaggio intitolato: A Tour throu-gh the Southern Provincies of the Kingdom of Naples.

Recentemente, (nel 2005) gra-zie all’uso del web, abbiamo avu-to notizia che la nota casa d’a-ste Christie’s avrebbe messo in vendita una collezione di disegni del viaggiatore inglese Edward Cheney (1803-1884) fra i quali si apprezzava (in versione poco de-finita) il disegno n° 1.

La base d’asta partiva da 600 sterline. L’opera intera (per fortu-na di noi calabresi) se l’aggiudicò, per la somma di 1.100 sterline, l’Istituto della Biblioteca Cala-brese di Soriano, allora diretto dal compianto Dott. Nicola Pro-venzano, fondatore della stessa, illuminato intellettuale, dedito ad una certosina attività di re-cupero e catalogazione di opere che avessero come argomento la Calabria o i calabresi o essi stes-

La Torre ritrovataScoperti tre antichi disegni che ritraevano l’ “osservatorio difensivo” cinquecentesco intitolato a San Francesco.

ecco i tre inediti disegni di edward cheney - sopra, il panorama di palmi con la sua torre -Nella pagina a fianco, in alto - La Costa Viola e lo Stretto con un altro scorcio della torre “S.Francesco” -

in basso - Le due torri: quella di Capo Rocchi e quella di “S. Francesco” viste da Bagnara.

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si come autori. La biblioteca che custodisce ben 33.300 volumi, fra cui preziosi incunaboli, trattati e volumi introvabili, cinquecentine e seicentine di inestimabile va-lore, è stata fondata 33 anni fa, ed è gestita da un dotto Consiglio d’Amministrazione che oggi vede come neo Direttore l’ing. Antonio Tripodi, Deputato di Storia Patria per la Calabria. Era nostro intento poter recuperare queste immagi-ni per poterle offrire in anteprima ai lettori di Madre Terra, nell’am-bito di un progetto editoriale che presto vedrà la luce. A que-sto proposito, poco prima della scomparsa del Direttore Proven-zano avevamo rivolto alla biblio-teca la nostra istanza, per avere l’autorizzazione a fotografare e pubblicare i disegni del Cheney.

La zelante segretaria Sig. ra Maria Concetta Curatola, si sa-rebbe fatta portavoce delle no-stre richieste presso il Direttore, che si trovava assente per mo-tivi di salute. La sorte non ha consentito al Dott. Provenzano di continuare la sua importante missione. Il suo successore, ing. Tripodi, consultandosi col Consi-glio d’Amministrazione ha accolto la nostra richiesta ed ha concesso

l’autorizzazione. Così, dopo ben 189 anni, per la prima volta dalla loro realizzazione dal vero, que-sti suggestivi disegni, vengono pubblicati su supporto cartaceo in questo nostro periodico.

Gli originali, vennero disegnati dall’autore su un cartoncino, del-le dimensioni di 335x230mm. Essi furono realizzati a china e matita il 16 maggio 1823, ed inseriti nel taccuino di viaggio dell’artista e mecenate inglese.

Nel disegno n° 1) La Torre di S. Francesco occupa la parte si-nistra dell’illustrazione ed il viot-tolo che reca all’abitato di Palmi è occupato dalla presenza di vari personaggi, (due contadini, una donna con cesto sul capo ed una bambina) ed alcuni animali, (un asino, e due cani che giocano.) In-teressante è notare la presenza di abbondante vegetazione, (palme, agavi, fichi d’india, ecc.) e di una targa incisa, collocata nel corpo della torre. Nel centro abitato si riconoscono: a sin. La chiesa del Carmine, vicino ad essa quella dei Monaci, ed in cima quello che sembra essere il campanile della chiesa del Soccorso.

Nel disegno n°2) La Torre è sul-la sinistra, ai piedi di essa un per-

sonaggio col cappello sta seduto e si gode il panorama. In mare si intravedono i luntri per la pesca del pesce spada, ed in fondo l’Et-na fumante.

Il disegno n° 3) E’ stato realiz-zato da Bagnara, da dove è visibi-le uno scorcio della Costa Viola. In primo piano si nota la torre di Bagnara, del capo Rocchi o Rosci, (definita erroneamente di re Rug-gero) ed in fondo la sagoma della Torre di S. Francesco.

Edward Cheney di Badger è il nome più rilevante di una nobile famiglia inglese di cultori ed ap-passionati d’arte, Il suo nome è presente nelle biografie di molti artisti del XIX secolo, dei quali fu un generoso patrono. Egli acqui-stò centinaia di dipinti provenien-ti dall’Italia. A sua volta assieme al fratello Robert Henry, ad alla loro madre e sorella, si dedica-rono con successo al disegno e all’acquerello, arte che misero abilmente in pratica durante il loro lungo soggiorno nella peni-sola. La loro collezione di disegni ed acquerelli rappresentava la più grande e vasta connessione fra l’Italia e l’Inghilterra duran-te il periodo del Grand Tour. (Il Grand Tour era un lungo viaggio

nell’Europa continentale, ed in particolare nel sud dell’Italia, ef-fettuato dai ricchi giovani dell’a-ristocrazia europea a partire dal XVII secolo e destinato a perfe-zionare il loro sapere con par-tenza e arrivo in una medesima città.) La Collezione Cheney fu collocata a S: Audley, in Londra e successivamente spostata nel 1860 a Badgher Hall. Alla mor-te di Edward (1884) fu eredita-ta dal cognato Afred Capel-Cure che immediatamente ne mise in vendita una grande parte; i di-pinti finirono in asta da Christie’s mentre i disegni e le incisioni da Sotheby’s. Il resto della presti-giosa raccolta finì nelle mani di Francis Capel-Cure che la mise in vendita da Sotheby’s il 6 maggio 1905, disperdendo così definiti-vamente la più importante col-lezione di opere del Grand Tour. Oggi grazie alla lungimiranza del Direttore Nicola Provenzano, alla generosa disponibilità del Con-siglio d’Amministrazione della Biblioteca Calabrese di Soriano ed alla vocazione giornalistica di Madre Terra, queste suggestive immagini della nostra (rediviva) Torre di San Francesco sono tor-nate a casa.

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di Walter Cricrì

<<O Giove Dapalis sii onorato con l’offerta del vino sacrifica-le. …Vale!>>

Così il Flamen Dialis, sacer-dote preposto al culto di

Giove, dava il suo assenso all’a-pertura delle botti con il vino nuovo; così s’inauguravano i fasti tauriani.

Il culto di Giove rivissuto tra le vestigia romane, ritrovate nel parco archeologico di Taureana: un salto nel passato, di 2.000 anni per festeggiare i ruderi di quello che fu il cuore abitato dell’antica Taurianum.

I fasti nell’antica Roma, erano dei calendari annuali (fasti anna-les), organizzati dai pontifex ma-ximus, che regolavano la vita dei Romani.

I Vinalia Priora, per distinguerli da quelli di agosto “vinalia rusti-ca”, festa della vendemmia pri-miziale, è la festività del calen-dario religioso romano adottato per il mese di Aprile (il prossimo mese saranno i ludi florales cir-censes, a giugno i piscatorii ludi, a luglio le nonae caprotinae, ad agosto i vinalia rustica, ecc... e così per tutto l’anno).

I Vinalia Priora, celebrati il 23 aprile, rappresentava la fe-sta della spillatura delle botti e dell’assaggio del vino; sancivano la fine della vinificazione e l’im-missione del vino al consumo; servivano a benedire il prodot-

to da immettere sul mercato e a chiedere il bel tempo fino al prossimo raccolto.

Il cerimoniale, nella nostra rappresentazione, ha previsto due quadri:

• Il primo ha consistito nel-la spillatura simbolica delle botti, collocate in tre diversi punti della città antica, dove il flamen dialis (sacerdote) e i rustici (vinificato-ri) hanno recitato le formule (in latino e in italiano) e consacrato a Giove una libagione primiziale. Il tutto accompagnato dalle fel-pate note di un flauto.

• Il secondo quadro ha fat-to riferimento a Venere con Ve-stali, suonatori e danzatrice.

Completata la performance ce-rimoniale, tra i resti dell’antica città, nelle cauponae, antiche cantine dove si gustava il vino, si è passati ad una assaggio gui-dato, a cura dell’ONAV, dei vini dei “giorni nostri”: si è parlato di archeoviticoltura della Costa Viola, visto che da generazioni, forse proprio dai tempi ripropo-sti, i viticoltori del territorio si sono arrampicati lungo i terraz-zamenti, sostenuti dalle arma-cie, per produrre i vini del mare: vini eroici, caratterizzati proprio dalla mineralità della pietra e dalla sapidità dovuta probabil-mente alla salsedine accumulata lungo la fascia vitata costiera. Il vino ha accompagnato poi, per tutti gli ospiti, pietanze dell’an-tica cucina dell’epoca, presso le cauponae, ossia le antiche cantine, simbolicamente rappre-sentate da banconi in legno ap-positamente costruiti e allestiti all’interno del parco. Sono state proposte alcune ricette, rielabo-rate al fine di ingentilire i sapori forti di allora, scelte a seguito di ricerche da studiosi della antica cucina romana. Tutta la cerimo-nia si è svolta in costume dell’e-

poca. Con Vinalia Prioria, il vino ha acquistato un identità partico-lare, in quel pezzo di storia che si è voluto ricostruire.

La dr.ssa Marilena Sica, la mira-bolante archeologa che, oltre ad aver condotto gli scavi negli anni passati, ha curato la regia della manifestazione e, assieme agli operosi componenti dell’Associa-zioni, elaborato il calendario dei prossimi eventi, ci racconta: <<la manifestazione con la quale sono stati avviati i Fasti Taureani, così chiamati in onore alla città ro-mana in cui le abbiamo celebrati, prende il nome di Vinalia Prioria; abbiamo, sicuramente, fatto una forzatura sulla base di quelli che erano i fasti romani; chiaramen-te, non sappiamo quale fosse il calendario reale e ufficiale della Taureana romana, ma ci siamo basati sulle documentazioni per-venuteci.>>

Molti i “gioielli archeologici”, riportati alla luce durante tutti questi anni: le capanne dell’età del bronzo di 2.000 anni A.C.; le tracce della città italica brettia abitata dal IV a.C.; la città roma-na che ha vissuto, grosso modo, fino al IV secolo; e grazie al ma-gnifico uliveto che ha preservato, in qualche modo, il territorio dal-le costruzioni moderne, ci resti-tuirà ancora molta storia, con la prosecuzione degli scavi.

<<Il parco archeologico è sta-to inaugurato solo qualche mese fa>>- commenta la dr.ssa Rossella Agostino, della Sovrintendenza dei Beni Archeologici in Calabria, - <<ed è stata creata un’unica struttura, ricadente nell’area ar-cheologica, che vogliamo rendere visibile; tutto ciò grazie ad un pro-tocollo, siglato tra la sovrainten-denza dei beni archeologici, Italia Nostra, sezione di Reggio Calabria ed il movimento di San Fantino. Naturalmente anche l’Ammini-

strazione Provinciale è stata d’ac-cordo ad avviare questa gestione “immediata”, capace di occuparsi quotidianamente della pulizia, del taglio dell’erba, della manutenzio-ne del sito, sino a questa program-mazione di eventi, fondamentale per convincere, qualora ce ne fos-se bisogno, che l’area archeologica di Taureana è molto importante, ricca di testimonianze e anche pa-esaggisticamente di grande valore per questo territorio tirrenico me-ridionale, della provincia di Reggio Calabria>>.

Anche la dr.ssa Angela Martino, presidente della sezione di Reg-gio Calabria di “Italia Nostra”, ha voluto ribadire che <<l’obiettivo preposto è quello di far rivivere e far vivere l’archeologia, anche con dei laboratori di archeologia sperimentale. E in accordo con la Provincia si organizzerà per luglio prossimo un simposio internazio-nale di scultura, seguiti poi dai fasti che verranno rappresentati ad agosto, sotto forma di spetta-coli musicali, i Vinalia Rustica>>.

Ma i nostri avi se ne erano ac-corti già circa 5 mila anni fa che lo spuntone sul mare, in località San Fantino, era un punto stra-tegico: un balcone affacciato sul mediterraneo, che abbraccia con lo sguardo dallo Stretto di Messi-na, passando per le Isole Eolie e finendo con Capo Vaticano.

Oggi il parco archeologico, in-titolato allo studioso Antonio De Salvo palmese che per primo lo scoprì, è diventato luogo fruibile dai più.

La programmazione, le atti-vità e tutte le manifestazioni in programma nel Parco, saranno a cura dalle associazioni Italia No-stra, sezione di Reggio Calabria e il Movimento Culturale “San Fan-tino” di Palmi, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria.

per i FASTI TAURIANIsi inizia con i VINALIA PRIORA

Le associazioni itaLia nostra, sezione di reggio caLabria e iL MoviMento cuLturaLe “san Fantino” di PaLMi, in coLLaborazione con La soPrintendenza Per i beni archeoLogici deLLa caLabria hanno Fatto rivivere iL Pianoro di san Fantino

25 aPriLe scorso si è svoLto iL ceriMoniaLe aLL’interno deL Parco archeoLogico dei tauriani, in costuMe d’ePoca, con PerForMances deL rituaLe rivisitato e Presentazione deL PrograMMa deLLe attività/ManiFestazioni 2012-2013; LusinghevoLe ParteciPazione.

Per informazioni visita: http://www.parcoarcheologicodeitauriani.it oppure scrivi a: [email protected]

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di Francesco Saletta

di Francesco Saletta

Venezia, un mattino del 1996 perso dentro una nota bi-

blioteca/archivio della città di Casanova, dove è più facile ac-cendere ad un mutuo in banca che accedere ad essa, davanti ad una bibliotecaria dall’aria inter-rogativa.

“Salve, avete documenti sulla Chiesa di San Fantin?”, esordii. “Si certo dovrebbe far richiesta in quei moduli, firmare questi altri moduli, fare la foto segnaletica, mettere lo zaino nell’armadietto, firmare qui, su, giù a doppia co-pia a tripla copia, non si possono far fotografie, metta via quei due chili di pane! Là nell’angolo, se ha bisogno c’è la macchina per il caffè che non le consiglio.” dice.

“Non si possono fare fotocopie, scrivere sui libri, scrivere sui ta-voli e né prestiti viste le condi-zioni dei documenti (ai quali, tra l’altro non avevo avuto ancora accesso), se ha bisogno ci sono postazioni con computer, il servi-zio con essi non costa un tot, ma tre tot!” esclama.

“Ha bisogno di consultare qual-cosa in particolare o scendere in dettagli su qualcosa”

“...vorrei dettagliare lei..” Mi sarebbe piaciuto dirle, ma le mostrai un elenco di libri rari e meno rari…

La bibliotecaria (con sicura-mente discendenze prussiane o austriache) scomparve quindi nei meandri scuri della biblioteca, riapparendo dopo pochi minuti, in mano aveva un libro del 1970 circa e due contenitori rotondi in pelle bruna cuciti con pelle di mammut prima della loro estin-zione, lunghi circa 20 x 5 cm.

“Le dò, per adesso, alcuni do-cumenti ed un libro. Se ha biso-gno di una lente d’ingrandimen-to, non ha che da chiederla, è gratis.” Ridice l’occhialuta.

“ScuSino, hanno documenti Su San Fantino?”

La guardo interrogativo, come per dirle: “Ma che perdindirin-dina mi consegna?”. E lei, indo-vinando il mio pensiero, da die-tro gli occhiali mi dice con l’aria di chi ha tanta pazienza: “Sono due documenti antichi! Li tratti bene per favore!”. “Obbedisco.” dissi poco convinto con l’aria di chi voleva scappare. E firmai, per l’ennesima volta in 20 minuti, con il mio nome firmai e il mio nome era Pecos Bill… Prendendo in pre-stito una strofa di una canzone di De Gregori.

Così mi avviai con il mio fagot-tello verso uno stanzone enorme, dove vi erano studenti, ricer-catori e studiosi seduti in tavoli antichi intarsiati dentro la qua-le il santo silenzio era rotto dal ticchettio dei portatili anni ‘90 e dallo sfoglio di libroni medievali..

Passando notai un signore con i capelli bianchi assorto nella lettura di un paginone istoria-to scritto in non so quale lingua antica, ma doveva essere là da parecchio tempo dato che vi era una ragnatela tra la crapa pelata e le basette fine ‘800 ed il tavolo.

Sedutomi in una postazione li-bera dove vi era il graffito di Gu-tenberg, almeno così mi era sem-brato, cominciai a mettere sul tavolo notes, penna e calamaio, quindi incominciai a sfogliare il libro del 1970 sull’architetto che nel XVI° sec. risistemò la chiesa e la piazzetta antistante. Messo da parte il libro cominciai ad aprire i due astucci e in quel silenzio, all’improvviso, si udì un: “Ohhh!” di meraviglia. Era il mio perché mi comparvero nelle mani due pergamene arrotolate!

Nei mesi precedenti il 1996 avevo fatto a Padova un corso di Paleografia, tenuto da docenti ex insegnanti in pensione e non, i quali oltre che a tenere quelle lezioni, erano dei ricercatori veri e propri, e riversavano con amo-

re e professionalità le loro cono-scenze a noi allievi, invitandoci nei momenti liberi a seguirli nelle loro ricerche in giro per monti e per valli degli archivi del Veneto.

Allievi, insomma erano 50 per-sone tutti insegnanti, docenti, professori di italiano, latino, lettere antiche, storia antica e medievale, scrittori e scrittrici, studiosi. Nessuno che avesse, ad esempio, solo un diploma di agra-ria…

Mi ritrovai nelle mani queste due pergamene, le quali effetti-vamente erano delicatissime, an-che se erano state trattate chimi-camente per preservarle dai bat-teri e dal tempo, era come avere un neonato in braccio, cullarlo e aver paura di fargli del male con le nostre grandi mani e i nostri modi rozzi e duri.

Una grande emozione si im-padronì della mia mente, infatti durante quel corso fatto a Pado-va avevamo compiuto esercita-zioni su non so quante fotocopie di pergamene notarili del X - XI secolo aspettando il momento di avere in mano una pergamena autentica ed essere così iniziati a curare, proteggere e far preser-vare le memorie storiche.

Forse quell’emozione è la stes-sa scossa che i ricercatori di tut-to il globo terracqueo provano, dopo aver trovato delle antiche testimonianze.

Perciò avvolto da questa gran-de emozione svolsi lentamente la prima pergamena di colore giallognolo, lessi la data scritta a mano con una grafia fine con poche sbavature d’inchiostro anche se con alcune macchie di vecchiaia, in un latino chiaro e comprensibile (tradurlo è stata una botta di c… fortuna incredi-bile, probabilmente con un altri documenti non sarei riuscito), e tradussi:. (anno dello stato vene-ziano 1235, anno calabrese e dei

vari Stati dello Stivale 1236. In-fatti il Dogato Veneziano contava gli anni dal 25 marzo anziché dal 1° gennaio).

Pensando di trovare la storia della fondazione della Chiesa, o del teatro di comedia de San Fantin distrutto da un incendio nel 1750 o la commissione per la statua in marmo di San Fantin il calavrese di Tauriana come è chiamato dagli autori veneziani nel loro tipico dialetto, invece non era tutto ciò, erano “solo” donazioni che due signori faceva-no alla Chiesa di San Fantin nel 1235 e nel 1250, con la firma, purtroppo per me illeggibile, di un notar de Vinegia con bellissimi Signus Notaris all’inizio e alla fine del documento.

Nel corso di paleografia il no-stro insegnante, un ottantacin-quenne (purtroppo ormai buo-nanima) padovano alto, con due ciglia bianche folte, un bastone da passeggio ed una voce alta, solenne, autorevole di chi sapeva ciò che diceva (ed una bellissima figlia che lo veniva a prendere dopo le lezioni), ripeteva sem-pre a fine giornata, a noi allievi, Novelli Ricercatori ed ai “povari chiantapipi” con il solo diploma di agraria, un passo di Orazio: “Quandoque bonus dormitat Homerus”, e di suo: “Numquan bonus paleographus dormitat” e cioè: “Ogni tanto il buon Omero dorme” - “Giammai il buon pale-ografo dorme”.

Mah...

In alto uno scorcio della Chiesa di “San Fantino” a Venezia - A lato il frontespizio di un libretto di un’Opera rappresentata al Teatro “San Fantino” di Venezia nel 1714

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di Felice Badolati

Ecco! Sono affacciato alla rin-ghiera della Motta, su quel

quadro dai colori incredibili. Ed ho la gola chiusa. Ho provato, l’anno scorso, a scendere alla Ma-rinella per fare ancora un bagno. L’ultimo? Ma non ce l’ho fatta: non riesco più a camminare su quelle grandi pietre che per tanto tem-po sono state e sono il naturale percorso dalle scalette al primo Canemarino. Non ho più l’agilità o la forza – non importa come la si possa chiamare – per muovermi senza pericoli. Meglio rassegnar-si. Anche se costa fatica…tanta…, ma la tavolozza di questo impa-reggiabile pittore è talmente ric-ca che la mente e il cuore fanno in fretta a distrarsi. Si passa dal chiaro quasi avorio degli enormi massi proprio qui sotto, al verde brillante, là, vicino ‘o Scarricali; dall’azzurro chiarissimo fra la Ca-cina e gli Scogliazzi al blu profon-do, l’indaco, fuori la Tappa; e il verde scuro macchiato del marro-ne degli scogli, sotto la Galleria…

Quanti ricordi, quanti pensieri, quanti battiti di un cuore che non sa dimenticare. E vorrebbe ritro-vare, per esempio, i garangituli che coprivano di macchie scure rossastre o verdognole – a secon-da del sesso quegli scogli bianchi e nudi sotto la Motta. O i ciuffi di vermicelli di mare quasi nasco-sti dalle grandi alghe a forma di albero – quelle con le quali ci si puliscono i denti che diventano

bianchissimi – che tappezzano di giallo-bruno le rocce cristalline del granito ercinico che rende così limpido il nostro mare. O le bocche sempre aperte delle mu-rene che fra uno scoglio e l’altro aspettano le consuete prede: Mo-naceddhi, Vidioli e Gaioli…

E il profumo. Il sentore tipico di questo nostro UNICO Paese.

Anzi: I ‘sentori’ I profumi. Che variavano da zona a zona, cam-biavano e indicavano questo o quel quartiere.

Su al Trodio, la puzza del car-bone e del ferro, elargita dalla Calabrolucana, si mescolava con le inconfondibili tracce lasciate – all’acqua e al vento…- da capre, asini, muli e …zingari accovaccia-ti o appoggiati, ma sempre pre-senti.

Dietro il Tribunale e la Matrice, si passava dagli aromi stuzzican-ti delle cucine nella Ferrobeto-na, all’aspro salato sentore del Mercato, davanti al quale, pro-prio all’entrata, le “putiche” di donn’Antoni Divisa e ‘i Gambar-della mettevano in bella mostra di sé le botticelle di alici salate e i fusti di piscistoccu. Vicino c’era il forno da Mannisa, che, con quello della Femiota nella piazzetta da farmacia di fronte a don Ciccio De Maria, riempiva le mattinate del profumo del pane fresco.

Intorno al corso, tutto, quasi ogni casa aveva un cortile giardi-no, nel quale le signore del tempo amavano curare piante da frutto. Il che faceva sì che ogni stagione

avesse il proprio rappresentante floricolo: d’autunno l’uva e il mo-sto – non si poteva scendere verso il Ponte Vecchio perché girava la testa…-, d’inverno arance e man-darini; a primavera il glicine che riempiva l’aria dei suoi effluvi; e d’estate…beh! D’estate la…natu-ralità…di equini – che avevano le stalle dietro l’angolo -, e capre – che ogni mattina portavano il lat-te fin dentro i portoni- prendeva decisamente il sopravvento. Fino a che, in serata, il Terrano non ripuliva l’aria e le coscienze…

Ma già a maggio la Costa si ani-mava di persone che andavano ad assistere alla pesca del pesce-spada. Perché l’ultima domenica di aprile si sorteggiavano ‘ i po-sti’, cioè quegli speroni di roccia, sparsi dalla Petrusa a Bagnara, dove si sistemava il ‘guardiano’ che avvistato il pescespada nel-lo specchio d’acqua assegnato al suo equipaggio, ne segnalava la presenza al Raìs sull’Untri, gri-dando sbracciando, urlando. “ Veni ‘n terra, veni ‘nterra”, oppu-re “ca man’ ‘i fora” o ‘pe Ggioi, pe Ggioi” se non “pe sutta, pe sutta”. Tanto urlava, tanto muo-veva la bandiera – uno straccio biancastro legato ad un bastone - che l’Untri sottile e veloce si por-tava a tiro e il rais lanciava sicuro e preciso la fiocina. E non sba-gliava mai! Con l’applauso di quei palmesi che al mattino seguivano tale tipo di ‘caccia’ ed il pome-riggio, invece pure… aspettando l’orra che trasinu i Messina…

E siamo arrivati, così, alla Ma-

rinella. A piedi. Immersi in un mondo di luci e colori e profumi, i più vari. Già ‘o Trappitu o ‘a Parmara – a seconda da dove si prendesse la strada per scendere - si passava dal sole pieno alla pe-nombra degli ulivi. Poi, all’altez-za della Madonnella cominciava ‘a Curvatura che con il suo lastri-cato romano (è possibile, almeno così dice la tradizione) portava fino al ponticello sullo Scaricale che veniva, allora asciutto dal Campo Sportivo, ricco com’era di sambuchi e finto finocchietto. Da lì in poi, dopo la casa Lopresti e la curva con al centro la casa di Pietro Lucia ed al bordo – sul vallone - quella di Sasà Santoro con la sua barca bianca e azzurra sempre sotto calafatura, comin-ciavano le scalette che attraver-savano quelle ‘lenze’ di viti da vino, cu ficareddhi ianchi e pira e giuggioli; fino all’ultima piazzola, sulla quale si apriva il balcone di Rroccu Saracinu, il Prof.Puglie-se, che vi ospitava le sue amiche francesi… E su tutto e fra tutto, il profumo salmastro di erbe sec-che, di fiori di campo, di fili d’a-vena e di mare.

Chi sa per quale antica abitu-dine o vizio scaramantico, tutti i ragazzi, arrivati a quella ter-razza, si affacciavano, come chiamati a guardare la Cacina e quei palazzi antichi – dei La Ca-pria, dei Saffioti, e di chi…?- che ricevettero Garibaldi nel 1860 e nel 1943 i tedeschi che ferirono la Cacina con quegli zatteroni da sbarco arenativi sopra.

Alessio MarincolaFonte - Panoramio.com

CristianelloFonte - Flickr.com

FRA GLI SCOGLIAZZIE LA CACINA

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LA STERILITA’ MASCHILE:UNA SFIDA MEDICO-SOCIALE

PER IL TERZO MILLENNIOGiuseppe Ciappina – Unità biologica della riproduzione umana

Fabio Palmiotto - Andrologo

E’ ormai innegabile come molti sono i fattori che con-

tribuiscono a determinare una ri-duzione delle capacità fecondan-ti del prodotto seminale; tutte le variabili che vi si associano, dun-que, determinano grandi difficol-tà nella diagnosi del problema e nella individuazione della cor-retta terapia volta a migliorare le condizioni di integrità funzio-nale del paziente. Al contempo, i medici ed i biologi perseguono l’affannata ricerca nel tentativo di contribuire a migliorare effica-cemente questa condizione pato-logica sia sul versane diagnostico che sul versante terapeutico. E’ importante realizzare campagne comunicative al fine di diffondere informazioni sulle giuste e sane abitudini quotidiane, infatti, la vita frenetica ed abitudini di vita errate (complice lo stress) contri-buiscono notevolmente a rende-re tali patologie più diffuse con conseguenze negative in termini di ricadute economico-sociali e lavorative: l’uomo rimane sem-pre l’essere potente e fertile, ma in preda a problematiche socio-culturali maggiori ed a molteplici patologie.

Fino ad oggi gli sforzi medico-informativi non sono mai stati fortemente incisivi, ma ades-so, la maggiore consapevolezza comporta la necessità di una diffusione delle informazioni anche e soprattutto attraverso i media e con linguaggi facili da comprendere per le giovani ge-nerazioni.

cause della infertilità maschi-le. Alcuni autori, già nel 1996, avevano elencato 51 sostanze capaci di limitare il comporta-mento degli estrogeni “hormone disripting chemicals”(impositori ormonali).

Esistono, oltre a questi altri

elementi nocivi alla fertilità tra i quali: diossina, pesticidi, metalli pesanti, radiazioni, ecc.

le patologie più frequenti dell’apparato riproduttivo ma-schile

Uno studio da noi condotto nel comprensorio del Lamentino-Vibonese, a cavallo degli anni 2009/2011, su un campione di 116 pazienti con varie patologie e con difficoltà a concepire, ha fat-to emergere le patologie più fre-quenti dell’apparato riproduttivo maschile: (questi dati non sono ancora assoluti, ma sovrapponibi-li ad altri lavori condotti da molti altri autori ancora allo studio).

Infertilità Idiopatica (40%); vari-cocele (19%); altre patologie (9%); Criptorchidismo (7%); infezioni del tratto uro-genitale da parte di agenti patogeni (6,50%); Ipogo-nadismo (2,5%); infertilità immu-nologica (1,5%); Turbe endocrine (1,4%); cromosomopatie (0,1%)

il ruolo degli estrogeni am-bientali

In questo ultimo decennio una lunga serie di ricerche ha sotto-lineato l’incidenza dell’inquina-mento ambientale sulle patologie dell’infertilità, evidenziando una diretta correlazione tra inqui-namento ambientale e infertili-tà. Tra gli elementi ambientali nocivi si individuano: pesticidi, organocloruri, bifenilpoliclorura-ti, fenoli, fitoestrogeni, ecc. con conseguente deposito nel tessuto adiposo.

Altre cause dell’infertilità ma-schile sono:

impositori ormonali: caffè, al-cool, droga, attività lavorative a rischio, xenobiotici, irregolarità alimentare, ecc.;

infezioni: la probabilità di con-trarre infezioni è sicuramente in-fluenzata dal numero dei partner sessuali e dal non utilizzo di una

corretta contraccezione come barriera; tale coinvolgimento spiega la grande difficoltà nella eradicazione di tali patologie.

il declino della fertilità ma-schile

I dati di alcune ricerche con-dotte sulla fertilità maschile (cir-ca 65 ricerche) evidenziano che negli ultimi 50 anni la qualità del liquido seminale è diminuita dal 3,4 al 2,75 milioni/ ml e che la concentrazione è crollata da112 milioni/ml nel 1940, e 66 milioni/ml nel 1998, successivamente nel 2005 a 40 milioni/ml.

Ancora oggi gruppi di studi la-vorano per avere dei dati aggior-nati al nostro periodo, ma sicu-ramente, i risultati ottenuti fino ad ora fanno pensare che tali dati non saranno certamente positivi

terapie della infertilità ma-schile

Farmaci Fsh (Ric) o/e ur., inte-gratori, antibiotici, antinfiamma-tori, ecc.

Terapie chirurgiche: elevato li-vello di tecniche diagnostiche ed operative.

Applicazione di tecniche di con-cepimento assistito: IUI, FIVET, ICSI, ecc.

Vanno ampliate le conclusioni e legate al resto

Poiché la riproduzione rappre-senta uno dei momento fonda-mentali della nostra esistenza è comprensibile come qualsiasi in-dicazione su alcune difficoltà (o anche il solo sospetto), possa in modo indiscutibile evocare rea-zioni emotive non solo nel pub-blico, ma anche nel mondo scien-tifico. Attraverso tale articolo perciò, si è tentato di comunicare l’idea che anche la infertilità va considerata una malattia al pari di altre e che, pertanto, è indi-spensabile porre l’attenzione su tale problematica.

Poi, ma in uno strano silenzio, con fretta ordinata, una bevuta alla fontanina,a fianco della sca-la, e giù fin dopo la barracchetta di ‘zi Rafaeli, utilizzata dai gnuri e dai forasteri, fino allo ‘scoglio da surprisa’, messo metà in ac-qua e metà a terra fra i Canima-rini e i Scogghiazzi. Per poter es-sere al centro ed avere di fronte, là,in mezzo alla baia dove il fon-dale sprofonda nel blu, la tappa. Bisognava saper nuotare per rag-giungerla, appunto come sosta nella nuotata fino alla Motta. Da lì tutta una tirata fino alla Grotta, passando sopra scogli dai colori i più vivaci, dai disegni inaspettati tracciati da ciuffi di alghe e colo-nie di ricci, e gaiole, monaceddhi, vidiole e rossi invitanti ‘pumado-ra i mari’ – attenti che bruciano da morire - e pateddhi. A volte piccole, piccole e come seminate ma secche, oppure più grosset-te ma con la calotta bucata dai polipi e dai granchi che le man-giano. Più giù quelle più grosse e sotto ancora quelle enormi, le pateddhi i fundu, grandi potenti così attaccate allo scoglio che per poterle prendere bisognava usare un coltello.

Chi sa perché, invece, non si nuotava verso gli scogli sotto la galleria, Non era una gita norma-le. Forse perché da quella parte, dopo gli Scogliazzi, andavano i forestieri. O, più probabilmente, perché lì buttava le nasse Loiggi Barrara. Le nasse e le bombe. Ma all’alba quando non c’era anco-ra nessuno. Poi all’improvviso lo vedevi arrivare, ai remi della sua barca rossa e verde, tanto cari-ca di pesce da sembrare mezzo affondata.. Pesce che vendeva subito: erano spigole, cerniotte, aragoste, occhiate, murene, ga-rangitoli e pateddhi i fundu. E vedevi quelle signore che sceglie-vano: “no aragosta no, l’abbiamo mangiata ieri”, oppure “prendo quelle occhiate da fare alla bra-ce con le patate sotto la cenere” …e i signori che si abboffavano di pateddhi e garantitoli che Loiggi apriva come fossero di pezza, in-curante di tutte quelle spine.

Mentre zi Rafaele faceva la doccia all’avvocato… al dottore… vuotando sulle loro teste a bum-bula che aveva appena riempito alla FONTANINA. No, non quella sotto gli archi ‘da casa i mastru Carminu’, quella naturale che scendeva dal buco nella roccia all’inizio della scaletta e irrigava naturalmente una lenzetta i pu-madoreddhi. Così leggera, così dissetante che allo scendere e al salire ci fermavamo tutti.

Ora non c’è più - mi dicono -. Come la palizzata dove ci spo-gliavamo. Come la baracchetta di zi Rafaeli. O Rocco Pugliese, o… tanti, tanti…

Ma forse sono io, ormai vec-chio, che non vedo più tanto bene e non riesco più ad andare fin laggiù a provare ancora quel-la sensazione incredibile che si avverte quando ci s’immerge nel blu più profondo, nel verde cri-stallino, nel mare più caldo e più profumato che esista al mondo fra la Cacina e gli Scogliazzi, alla Marinella di Palmi.

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16MERAVIGLIOSAMENTE

PALMI

Proviamo a scoprire le caselle mancanti!Noi abbiamo cominciato, tu puoi aiutarci a trovare le altre me-raviglie di Palmi, segnalandole ed inviandone la foto all’indiriz-zo [email protected] per completare un meraviglioso mosaico.

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C/C N. 000094156981 INTESTATO AD ASSOCIAZIO-NE CULTURALE PROMETEUS CON CAUSALE: ”PARCO GIOCHI”;

BONIFICO CODICE IBAN: it39p0760116300000094156981 - POSTE ITALIANE PALMI CENTRO - ASSOCIAZIONE CUL-TURALE PROMETEUS.

OPPURE RITIRA L’ATTESTATO DI PARTECIPAZIONE, DIRETTA-MENTE DAI VOLONTARI DELLE ASSOCIAZIONI COINVOLTE E NEI CENTRI AUTORIZZATI.

la donazione e’ detraibile dal-le tasse conservando la copia del bonifico o dell’assegno.

partners partner istituzionale

Area Politiche del Welfare Area Cultura, Pubblica istruzionee politiche giovaniliArea Sport, Turismo e Spettacolo

comune di palmi

Scuola “Sergi”

MONTEROSSO ANTONIOMORGANTE ANTONIOMURATORE LUIGIMURATORE NUCCIOMURATORE PIERLUIGIMUSICO’ ANTONINONASTRI CARMINENIZZARI MICHELANOTO VINCENZOOLIVA CARLOOLIVERI DOMENICOOLIVERIO FRANCESCOOLIVERIO ROBERTOORLANDO DOMENICOORLANDO MARIAORLANDO TONINOOTTOBRE ANTONINOPACILE VINCENZOPALERMO PIETROPAPALIA MARCELLOPARDEO FRANCESCOPARDEO GAETANOPARDEO ROCCOPARISI NINOPARISI VINCENZOPARRELLO AURELIOPARRELLO CARMELAPARRELLO LUCIANOPARRELLO NICOLA E IDAPARRELLO NUNZIATINAPASSALACQUA TERESAPASSARELLI MAUROPATAMIA CARLOTTAPATAMIA LORENZOPATTI ANTONELLAPEDULLA’ LUCIAPELLEGRINO EMILIOPELLEGRINO PASQUALE(VARAPODIO)PERNA ENZO (Tessano)PETITTO ANTONIOPETITTO ROSAPETITTO SAVERIOPICCOLO GIOVANNIPICCOLO GIOVANNIPICCOLO MARIAPIPINO GIUSEPPEPIPINO ROBERTOPIRROTTINA ANTONIOPISANO ROBERTOPITERA’ GRETAPITITTO LUIGIPITTI PIETROPIZZUTO SABINA(TAURIANOVA)POLIMENI GIULIAPOZZOLINI WALTERPRINCI ROCCOPUGLIESE AURELIOPUGLIESE CARMELINAPUGLIESE GIORGIAPUGLIESE MARTAPUNTO VERDEPUTRINO GIANCARLOPUTRINO GIULIANARAMONDINO ENZORANDAZZO ANTONIORANIERI ENZAREPACI ADOLFORESIDENCE “LA MARINELLA”RICCIARDI MARCORIGITANO PALMERINO EUGENIORIOLO GERARDINARIOTTO ROCCORISO ANDREARIZZITANO ALESSANDRORIZZITANO FILIPPOROMANO’ CATERINA PAOLAROMEO ANASTASIAROMEO FRANCOROMEO MEME’ROMEO ROBERTO(MAROPATI)ROMEO TINAROMEO VINCENZOROMOLA ALESSANDRAROMOLA GIOVANNIRONDANINI ENZOROSACE GIUSEPPE

CREA EUGENIOCRICRI’ ALBERTOCRICRI’ AURORACRICRI’ CLAUDIOCRICRI’ FILIBERTOCRICRI’ FILIBERTO junior CRICRI’ GIUSEPPECRICRI’ GIUSEPPE juniorCRICRI’ WALTERCRISAFULLI SIMONECROCITTA MAURIZIOCRUCITTI JULIACUCINOTTA VINCENZOD’AGOSTINO A. CONCETTAD’AGOSTINO DOMENICOD’AGOSTINO FRANCESCOD’ELIA TERESADAVI’ GIUSEPPEDE FRANCIA SALVATOREDE FRANCIA VINCENZODE GIORGIO TIZIANADE LEONARDIS MARIA ROSADE LUCA SALVATOREDE MARCO ROCCODE MARIA ELISABETTADE NICOLA Agenzia ViaggiDE SALVO PAOLADE SANTIS MARTADE SANTIS MATTEODE SANTIS NOEMIDE VINCENZO MAURIZIODE VIVO BIAGIODELLA SPINA LOREDANADELLO IACOVO CAMILLODI LORENZO GIOVANNIDOMINICI CARMELADONATO GIUSEPPEDONATO GIUSEPPEDORIA GIUSEPPEEPIFANIO FRANCESCOESPOSITO MARCOESPOSITO NATALEESPOSITO PIEROFARMACIA SAFFIOTIFAVAZZO CARLOFEBBO GIUSEPPEFERRARO ANTONIOFERRARO DOMENICOFERRARO MARGHERITAFILIPPONE ANGELAFILIPPONE CARMELAFILIPPONE CARMELOFILIPPONE DANIELAFILIPPONE GIUSEPPEFILIPPONE ROBERTOFIORAMONTE CINZIAFIORILLO MARINAFIORILLO MONICAFIORINO ANGELAFIORINO ANTONINOFIORINO CARMELAFIORINO GRAZIELLAFISIOFITFIUMARA SAVERIOFORTUGNO GAETANOFORTUGNO GIUSEPPEFOTIA ANTONELLOFOTIA CARMELOFRANCONIERI PASQUALEFRANCONIERI PASQUALEFRISINA MATTIAFRISINA PASQUALEFUSARO FRANCESCOFUSARO NICOLAGAGLIARDO ALICEGAGLIARDO GIORGIAGAGLIARDO ILARIAGAGLIOSTRO ANTONINOGAGLIOSTRO CONCETTAGAGLIOTI FRANCOGALLETTA ENZOGALLETTA GUIDOGALLETTA GUIDOGALLICO CATERINAGALLO GIORGIAGANGEMI PINOGARGANO ERNESTOGAUDIOSO ROCCOGENTILE GIUSEPPE

GENTILE ROSARIOGENUA NICOGEROCARNI ROSAGIOE’ FILIPPOGIORDANO NICOLAGRASSO DAVIDEGRASSO EMANUELAGRASSO LINAGRASSO LUIGIAGRASSO MARIA TERESAGRILLEA GIOVANNIGRILLO PATRIZIAGRUPPO ZULULANDIAGUARNACCIA ANTONIO PIOGUARNACCIA CATERINAGUERRERA ALESSANDROGUERRERA CRISTIANGUERRERA GIUSEPPEGUERRERA MANUELAGUGLIELMO FABIANAGULLO ANTONELLAGULLO DOMENICO ANTONIOIANNELLI ERIkAIANNELLI FRANCESCOIANNELLI GIUSEPPEIANNELLI LILLOIANNELLO MICHELEIANNINO DARIOIANNINO FRANCESCOIMPIOMBATO MANUELAIMPIOMBATO NICOLAINFANTINO VINCENZOISOLA BERNADETTE CARLAISOLA PEPPINOISOLA ROCCOISOLA VINCENZOLAGANA’ CONSUELOLAGANA’ STEFANOLAMBERTI GIUSEPPELAMBERTI PIETROLANDOLFO CARMINELANGONE MICHELELANZA GIULIALENTINO MICHELE V.LENTINO ROSALEONARDIS ANNA M.LEONARDIS FRANCESCOLEONARDIS GIULIALEONARDIS SANTINALEONARDIS VINCENZOLEONELLO ANGELALO BARTOLO GIUSEPPELO PREVITE STEFANOLUPPINO DOMENICOLUPPINO ROCCOLUPPINO SIMONELUVERO CESAREMAGAZZU’ ANTONINOMAGAZZU’ ANTONIOMAGAZZU’ GIUSEPPEMAGAZZU’ MARCOMAGAZZU’ MICHELANGELOMAGLIANO RENATOMAISANO GIORGIAMALGERI ANTONIOMAMBRINO VINCENZOMAMMOLITI DOMENICOMANAGO’ BIANCAMANAGO’ FRANCESCOMANAGO’ VINCENZOMANUCRA FRANCESCOMANUCRA SINAMARIANO CAMELAMATARESE GIOVANNIMATINA FRANCOMAURO SILVANAMAZZA ANTONIETTAMAZZAFERRO SANTINAMELISSARI LORENZOMELISSARI MINOMELISSARI SERENAMICARI ROCCO ANTONIOMILIDONO CONCETTAMILITANO ANNAMILITANO CONCETTAMILITANO GIUSEPPEMILITANO VINCENZOMONTEBIANCO LILIANAMONTELEONE SILVANA

PALMESI: CUORE D’ORO!

CONTINUATE ASOSTENERCI!

ROSITANI DOMENICAROTOLO ANTONELLARUOPPOLO ANTONIORUSSO GIUSEPPESACCA’ NATALESACCA’ NATALESAFFIOTI ANTONINOSAFFIOTI AURORASAFFIOTI ETTORESAFFIOTI GIUSEPPESAFFIOTI ING.GIUSEPPESAFFIOTI MARIASAFFIOTI ROBERTOSALERNO CARMELOSALVO FRANCESCOSALVO MARIASALVO ROSASANTORO ANNUNZIATOSANTORO GIUSEPPESANTORO MARIA TERESASANTORO SERGIOSCAGLIOLA ANTONELLASCARCELLA ALICE E NICOLASCARCELLA MIRELLASCARCELLA TIZIANASCARFONE DAVIDESCHIPILLITI ANTONINOSCHIPILLITI CARMELOSCHIPILLITI NINI’SCOPELLITI ANTONELLASCOPELLITI CARLASCOPELLITI LAURASEMINARA DOMENICOSEMINARA EUGENIOSEMINARA GIANNI E LILLASEMINARA GIROLAMOSIRIGATTI SILVANOSIRIO MARIA TERESASOLANO FRANCESCOSOLANO ROSASOLLEVANTE SNCSPERANZA NATALINASPRIZZI DINASPRIZZI FRANCESCASPRIZZI MARIOSURACE ANTONIO FRANCESCOSURACE DEMETRIOSURACE GIORGIASURACE MARTINASURACE ROCCOSURACE VITTORIASURACI ENZOSURIANO ANNATEDESCO ALESSANDROTEDESCO ANDREATEDESCO CHRISTIANTEDESCO GIOVANNATEDESCO ROSARIOTEDESCO VINCENZOTEGANO FLAVIOTEGANO GIANLUCATILOTTA GIOVANNITOPOLINIATORCHIA FRANCESCOTRENTINELLA MARTINATRIPODI ANTONINOTRIPODI GABRIELETRIPODI GIUSEPPETRIPODINA CLAUDIAUNIVERSITA’ TEL. CALABR.VENTRICE ALBERTOVENTRICE LOREDANAVENTRICE MANUELVENTRICE PAOLOVERSI’ VINCENZOVILLIVA’ ANTONINOVIOLA NUCCIOZACCURI STEFANIAZAPPATORE NICOLAZAPPONE ANTONIOZAPPONE VINCENZOZAPPONE VINCENZOZAVAGLIA DOMENICOZIMBELLO ANNAZIRINO PASQUALEZOCCALI ANTONIOZOCCALI CARMELOZOCCALI DOMENICOZOCCALI MELISSA

BELLOMO ANTONIAABRAMO TERESAALAMPI PAOLOALONGI FAUSTOALONGI GIORGIAAMBESI CELESTINOAMBROGIO CATERINAAMEDEO SANTINAAMMENDOLEA FRANCESCOANANIA ANTONELLAANDIDERO GIUSEPPEANEDDA ANNUNZIATAANEDDA ANTONELLAANGALO’ ROBERTOANGEMI ELENAANGI’ ANTONIOANGI’ CETTINAARCURI ANTONELLOARCURI ANTONIOARCURI SANTOARENA CARMELOARENA FRANCESCAARREDAMENTI SERR. ARCURIASS.SPORTIVA kOLBEAUDDINO VINCENZOBAGALA’ ANTONIETTABAGALA’ FRANCESCABAGALA’ PIETROBARBARO GIUSEPPEBARBARO IMMOBILIAREBARBERA GIUSEPPEBARBERA NINOBARBERA SARABARBERA VINCENZABARBIERI GROUP (Altomonte)BARONE ANDREABARONE ANTONIOBARONE CONCETTABARONE GIUSEPPEBARONE MARIABENDINI ROBERTOBENFATTO ANNA MARIABERNARDINI MARIA LUISABONACCORSO ANTONIOBONACCORSO GABRIELEBONACCORSO GIAMPIEROBONACCORSO GIOVANNIBONASERA ANTONIOBONGIOVANNI LUCABORRELLO ANGELABOVA ALESSANDROBOVI CRISTOFORO MARIABRACCO GIUSEPPE

BRANDO GIUSEPPEBRANDO GIUSEPPEBRANDO ROBERTOBRIZZI MARILENACAIA CARMELACALABRIA GIOVANNICALABRO’ DANIELACALI’ MARIOCALI’ MASSIMOCALOGERO DANIELACALOGERO SALVATORECALOGERO SALVATORECAMBARERI PINOCAMERA ANTONIOCAMERA FRANCESCOCAMMARERI MARIA TERESACANNISTRA’ SAVERIOCARATOZZOLO FRANCESCO R. (DELIANUOVA)CARBONE RAFFAELANGELOCARDONE VERACARIDDI PINACARMELITANO MATTEOCARNEVALE RODOLFOCARONE DOMENICOCARONE TINACARPANO SALVATORECASADONTE SERGIOCASEIFICIO “IL GRANATORE”CATALANO MARIA ROSARIACAVALLO IVANCELI ANNACHIAPPALONE SIMONECHINE.TER.CHOTEAU PASCALECICCONE CARMELOCILONA GIUSEPPECIPRI FRANCACIPRI FRANCESCOCOFANO ACHILLECOGLIANDRO CARMINECOLLURA ELENACOLLURA LUCIACOLLURA SABRINACOLOSI CARMELOCOLOSI FRANCESCOCOMMISSO ELVIRACOSENZA FRANCESCOCOSTA MARIA CONCETTACOSTANTINO DARIOCOSTANTINO SALVATORECOVELLO MATTEOCREA CARMELA

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PARCO GIOCHI... SI COMINCIA!!!

area basket -

l’area, destinata anche al pattinaggio, verrà completamente rinnovata, grazie al sostegno finanziario della compagnia di assicuazione,

alleanza toro s.p.a. agenzia generale di palmi.infatti, l’ammontare della spesa riguardante la ripavimentazione, il rifacimento dei canestri e i lavori necessari sarà completamente a carico dell’agenzia gene-rale di Palmi a cui va il nostro ringraziamento per la grande sensibilità dimostrata per l’iniziativa.

home designer di giuseppe Magazzùcon la collaborazione di Archiecostudio di Vincenzo Iannino

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di Enza Spatola

PARCO GIOCHI... SI COMINCIA!!!

Ci passo davanti ogni giorno. Essa è là, con la sua immagine per troppo tempo vagheggiata e adesso reale. Che la chiami-no “Prometeus” o in altro modo, l’importante è che ci sia, perché la Città ha bisogno di cose fatte e, alla maniera dei padri, “ogni ficateddhu i musca è sustanza”.

Raffinata la simbologia: radicate quelle ruote di pietra nel concetto di “cultura materiale” che William Ogburn espose, nella sua teoria del ritardo culturale, come mutante in modo rapido e progressivo, in correlazione alla “cultura adattiva” (linguaggio, valori, norme di comportamento), che presenta invece un percorso più lento: le mentalità rimangono statiche per decenni nella cosiddetta subcultura, che tuttavia non è inferiore né si pone in contrasto con quella prevalente, ma ad essa si affianca.

Due modi dunque di vedere le cose, le stesse cose: il bic-chiere mezzo pieno della cultura egemonica, rappresentativa del cambiamento, proiettata nel divenire, e il bicchiere mez-zo vuoto della cultura immateriale che ha bisogno di tempo per lasciarsi contaminare dalle speranze d’una socialità par-tecipata su larga scala.

Coesistono le due culture, convivono e si sfiorano dinami-camente.

E quando quella materiale manifesta periodi di stallo, poi-ché anche la tecnica ha bisogno di tempo per approfondire scienza e applicazione, ecco che quella immateriale prende il sopravvento, esce dal cono d’ombra e si manifesta immu-nizzata dalla contaminazione, pronta al confronto con le ulti-me frontiere materiali.

E’ allora che diciamo con più consapevolezza “i tempi can-giaru, non su cchiù i tempi ‘i na vota”.

Tuttavia dura poco il sorpasso, poiché con salti felini la prima cultura si ripropone attraverso nuove scoperte e inven-zioni a cui la seconda, con linguaggio, valori e comportamen-ti, dovrà ancora e perpetuamente adattarsi.

In questo perenne rincorrersi si realizza e si supera il ritar-do culturale di Ogburn.

Se ci guadiamo intorno è innegabile che Palmi sia in una fase di blocco che dura ormai da parecchio tempo e, purtrop-po, il blocco riguarda tanto la cultura materiale che quella immateriale. Non si vedono avanzamenti, prospettive, op-portunità.

Tranne sporadiche e brevi iniziative di pochi “illuminati”, con apprezzabili tentativi di colpi di coda che vorrebbero es-sere il guizzo per la risalita, tutto tace.

In tempi di elezioni ci si aspetta e si spera in cambiamenti politici. Ciò che conta non è il colore di bandiera, ma il “ter-zo occhio” di chi avrà la responsabilità di governare Palmi. Auspichiamo tutti che la nuova amministrazione sappia atti-vare il suo sesto chakra indiano, per i nostri giovani soprat-tutto, per mettere fine alla diaspora delle menti, che è anche diaspora di lingua, valori, memorie.

In caso contrario rimarremo quelli che siamo, e il cittadino medio leggerà in quella rotonda la sua sub-simbologia.

Passando davanti a quel granito continuerà a pensare:

Sugnu propriu ieu!Haiu la testa nduruta comu na pethra di thrappitu,

e cu nesci tundu non mori quathratu!Lavurai sempri comu nu ciucciu a la capizza

e mi throvu ancora notti e iornu… ammenzu a na sthrata.Ndi ungìa manigghj! E tutti s’a mbogghiaru!Ora mi misaru vicinu o palazzu i llenelli…

pecchì non vitti mai lusthru di luna!Mi sistemaru vicinu o campusantu…

pecchì cu di speranza vivi disperatu mori.E ddha rosa d’i venti m’arricorda

ca comu va’ lu ventu è mentiri la vila,ma, purthroppu, undi ti menti menti… u mari è salatu!

Il bicchiere mezzo vuoto. Il pessimismo dei pa-dri. E Ogburn? Da dimenticare.

QuellA ROtONdA...

Sul MARe

nella foto la pensilina di sosta coperta, in legno lamella-re, attrezzata di sedute, offerta dall’ affermata società palmese, leader del settore:

l’arte del falegnaMe srl di Massimiliano arcuri e oreste pace tel.096645057

il portale che sarà posto all’ingresso del parco giochi.

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di Nella Cannata

E’ la terza volta che Riana, una ragazza straniera che

vive nel nostro paese, torna do-lorante dal pronto soccorso. Le hanno curato, ancora una volta, le ecchimosi e le ferite che il ma-rito, durante le solite scenate di gelosia le ha procurato con bruta-le e ingiustificata violenza. Sono tre volte che si reca al commissa-riato a denunciare il fatto e poi ri-torna in quella che ormai non può più considerarsi “nido sicuro”, a trascorrere le giornate chiusa a chiave nella sua stanza, per sot-trarsi alle continue aggressioni, in attesa di una sentenza di separa-zione che l’allontani dal mostro. Ci sono migliaia di Riana in Italia che, come lei, vivono la paura di un rapporto malato, affrontano in solitudine e con grande dispera-

zione il buio del dramma familia-re. Le statistiche parlano chiaro: ogni tre giorni una donna in Italia viene uccisa per mano del proprio partner. Secondo i dati della Po-lizia e dell’Istat una donna su 4, nell’arco della vita, subisce vio-lenza. Negli ultimi nove anni il fe-nomeno degli omicidi è aumenta-to del 300%: 127 nel 2010, 137 nel 2011 e oltre 55 dall’inizio dell’an-no. Una vera e propria strage che solitamente si consuma dopo mesi di liti e violenze dentro le mura domestiche. Nella famiglia italia-na, dunque, si uccide più che nel-la mafia, più che nella criminalità organizzata. Donne strangolate, accoltellate o prese a martellate. Ex mogli o ex fidanzate, sorelle, suocere uccise con furia cieca con proposito, a volte, covato da lungo tempo. L’Italia è al 1° posto in Europa per le violenze fami-

liari. I media le segnalano come omicidi passionali, storie di rap-tus o di amori sbagliati. I prota-gonisti sono generalmente uomini consumati dalla rabbia e dalla ge-losia che mettono in atto una sor-ta di punizione nei confronti della propria donna, spesso colpevole della trasgressione di un modello comportamentale stereotipato in una cultura di tipo patriarcale. Si tratta, dunque, di una pratica che non ha matrice patologica, ma è frutto di un retaggio culturale che vede la donna in condizioni di inferiorità rispetto all’uomo, il quale quasi sempre opera su di lei una pressione psicologica, economica e fisica, sentendosi le-gittimato a disporre della sua vita come fosse “res propria”. Il nome che identifica tale fenomeno è femminicidio. La scrittrice atti-vista, femminista Diana Russel fu la prima a evidenziarlo, sostenen-do che tutte le società patriarca-li hanno usato e continuano ad usare il femminicidio come forma di punizione e controllo sociale sulle donne. Con tale neologismo si indica ogni forma estrema di violenza di genere contro la don-na, ogni violazione dei suoi diritti umani attuata attraverso condot-te misogine e la conseguente im-punità di tali condotte sia a livello istituzionale che sociale.

Il termine femminicidio fu in-trodotto per la prima volta nel 2009 in Messico, paese condan-nato dalla Corte interamaricana dei diritti umani a causa dell’in-differenza con cui le autorità di una cittadina del Chihuahua, nel 1993, avevano lasciato impuni-ti gli omicidi di oltre 500 donne (altre 500 risultarono scompar-se) che avevano subito violenze, amputazioni, torture ed erano state oggetto di “giochi” erotici disumani(molte di queste erano solo bambine)… Quando “la rela-trice speciale sulla violenza di ge-nere” delle Nazioni Unite, Rashi-da Manjoo, (che a marzo scorso ha visitato l’Italia),ha spiegato la situazione attuale del nostro Pae-se, ha parlato esplicitamente del-la violenza domestica come della “forma di violenza più pervasiva che continua a colpire le donne italiane”, ribadendo che è la pri-ma causa di morte per le donne tra i 16 e i 44 anni. “Ormai sia-mo al femminicidio”, ha aggiunto l’accademica, “cioè alla distru-

zione fisica, simbolica, psicologi-ca, economica e istituzionale del-la donna”. La sua colpa è quella di non incarnare più l’ideale di femmina obbediente, brava ma-dre e moglie virtuosa e soprat-tutto quella di essersi sottratta al controllo del proprio partner, decidendo liberamente della pro-pria vita. Purtroppo, molto spes-so la violenza domestica non è percepita come reato tant’è che nel nostro sistema giuridico man-ca uno specifico inquadramen-to normativo per la tutela della donna. Si evidenziano, infatti, grandi lacune nella inflizione del-la pena, nel risarcimento e nel-la protezione delle vittime. Ciò spiega la così bassa percentuale di denunce (solo il 6%) rispet-to al numero di violenze subite. La Commissione dell’ONU, pre-occupata dal nostro sistema al-quanto fallimentare in tema di protezione, vista la leggerezza delle condanne per violenza do-mestica e visto l’aumento di omi-cidi di donne ad opera dei propri partner, ha inviato all’Italia rac-comandazioni e obbligazioni per attuare campagne di sensibilizza-zione e prevenzione, proteggere e seguire le donne sul piano psi-cologico e agevolare il loro inseri-mento nel mondo del lavoro.

Sarebbe auspicabile, dun-que, il riconoscimento giuridico del femminicidio, inteso come reato, non solo contro le donne, ma contro l’umanità, al fine di favorire la effettiva parità dei diritti e l’eliminazione di ogni discriminazione e violenza ver-so le donne in quanto donne. Perché le donne non debbano più pagare con la vita la scelta di essere se stesse piuttosto che ciò che gli uomini e la società vorrebbero che fossero. Perché le donne non debbano più avere paura di essere “troppo amate”. Per questo motivo sul web è in corso una raccolta di firme volta a sollecitare la politica ad impe-gnarsi attivamente nel contrasto di questo fenomeno con una leg-ge parlamentare che disciplini il femminicidio: troppe donne con-tinuano a morire perché manca una reazione collettiva verso una cultura assassina che riporta in auge pregiudizi e stereotipi an-tichissimi, legati alla virilità e all’onore. E’ arrivato il momento di agire e dire basta!

feMMinicidio QUANDO SI PUò

MORIRE D’AMORE...

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La Redazione

Nell’ambito del progetto “La città è dei ragazzi”, promosso

dal settore WALFARE del Comune di Palmi ed organizzato dall’asso-ciazione PROMETEUS, è stato in-detto il concorso fotografico a cui la locandina a fianco si riferisce. La Redazione di MADRETERRA, sem-pre attenta e sensibile a qualsiasi forma di coinvolgimento, aggrega-zione e partecipazione attiva alla vita sociale della città da parte dei giovani, orgoglio e futuro di Pal-mi, ha deciso di “premiare”, con la pubblicazione delle foto, lo sforzo, l’arte e l’amore che i partecipanti hanno manifestato.

Ogni mese, su questa rivista, verranno pubblicate le foto, perve-nute nei tempi e modi previsti dal regolamento.

Non vi saranno dei vincitori di concorso, ma, di volta in volta, la foto che la redazione riterrà, arti-sticamente, più interessante avrà uno spazio maggiore all’interno delle pagine stesse.

foto - Madafferi isabella

foto - orlando alba

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foto - saffioti Matteofoto - barbaro andrea

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di Chiara Ortuso

di Carmela Gentile

Dire la verità è un dovere inequivocabile ed è diritto di ogni uomo ricercarla in ogni circostanza o esperienza della propria vita.

Contrapposta ad essa è la menzogna che può essere definita come: ‘dichiarazione non vera nei confronti di un altro uomo’. La bugia dan-neggia l’umanità in generale in quanto rende inutile e inservibile la stessa fonte del diritto. kant narra nel suo saggio ‘ Su un preteso diritto di mentire per amore degli uomini’ come anche una menzogna detta a fin di bene può, attraverso un’accidentalità, diventare puni-bile secondo leggi civili:

‘ Se infatti hai evitato al momento con una menzogna che qualcuno che meditava un assassinio compisse il fatto, sei però responsabile di fronte al diritto di tutte le conseguenze che ne potrebbero venire. Se invece ti sei attenuto alla verità, la giustizia pubblica non può avere nulla a che dire con te.”

Kant estremizza la pericolosità della menzogna per dimostrare che ‘chi mente per quanto benevolmente possa essere intenzionato’ deve rispondere poi delle conseguenze delle sue azioni di fronte alla legge. Nulla di più attuale in un panorama politico che della ‘nobile e utile arte della menzogna’, secondo la felice espressione di Jonathan Swift nei Viaggi di Gulliver, fa un uso tanto quotidiano quanto sfrontato. Non si può nascondere con amarezza che la politica, la ‘nobile po-litica’, non abita più qui. O forse non è all’altezza delle aspettative umane che, con il trascorrere degli anni, dei secoli, sono sempre più inesauribili e incontentabili. Ma la questione problematica consiste nel fatto che a non “dimorare più in questo mondo” sembra essere persino la morale, che certamente è distinta dall’arte politica ma non opposta! E’ l’interesse egoistico e personale che muove gli uomini al potere, non l’etica in sé e per sé avulsa da ogni esibizionismo, dal bisogno di emergere ad ogni costo, da parole ad effetto che non contengono nulla tranne eco e forma. Ogni situazione è infatti otti-ma per evidenziare preparazione, cultura, individualismo, perdendo di vista lo scopo principale: il benessere e la crescita della società. Tutto il tempo speso a spintonarsi, a complottare gli uni contro gli al-tri potrebbe essere impiegato più proficuamente per raggiungere dei risultati che non siano solo sterili numeri. Come se i numeri potessero parlare! Come se potessero raccontare della disperazione, delle diffi-coltà di ogni singolo, di ogni città, di ogni nazione. Detesto i numeri, specie se trattati non come mezzi o punti di partenza per risollevare le sorti individuali e generali, ma solo come meri fini. Nessun uomo può essere una cifra sommabile o sottraibile, ma è sempre un mondo, un universo differente da quello di altri con una dignità da rispettare. Forse i politici di oggi, coloro che ricoprono spazi di responsabilità, o chi si ritiene tale, dovrebbero fare propri gli imperativi morali di kant secondo cui la verità è il fondamento di tutti i doveri. Forse dovreb-bero ispirare le loro condotte, pubbliche ma anche private, a quella veridicità di affermazioni e comportamenti che non si può eludere, che è un dovere formale verso se stessi, verso l’uomo in quanto tale.

Verità e menzogna

Immanuel kant

Il sei maggio sono state indette a Palmi le elezioni comunali per la nomina del Sindaco ed il rinnovo del Consiglio Comunale. Si conclu-

de così il periodo contrassegnato dalla vacanza del Seggio del Primo cittadino Palmese, occupato pro tempore dalla dottoressa Bellomo, commissario designato, che ha degnamente condotto l’amministrazio-ne della Città di Palmi fino all’insediamento del nuovo Sindaco. I due candidati a sindaco andati al ballottaggio, Giovanni Barone e Salvatore Boemi, aspirano ad assumere l’oneroso incarico, promettendo alla Cit-tà ed all’elettorato di far meglio dei loro predecessori, nell’interesse della Città. Questo è anche ciò che si augurano gli onesti cittadini palmesi i quali, checché se ne dica e se ne pensi, rappresentano la stragrande maggioranza della popolazione della nostra beneamata Città. La sfiducia che ha investito la politica attuale, inevitabilmente colpisce anche le sue diramazioni comunali. Pertanto non risulta facile credere fermamente che un solo uomo (o donna), sia realmente in gra-do di mutare le sorti della Città. Anche se, ogni rinnovo della carica a Sindaco, inevitabilmente alimenta le speranze dei cittadini, di riuscire finalmente ad assistere al riscatto della Città di Palmi, che vanta un glorioso passato di civiltà, di cultura e di egemonia sui comuni limitrofi.

Probabilmente, con i tempi che corrono, le aspettative sono spro-porzionate rispetto al reale potere che possiede il Primo Cittadino, per quanto illuminato possa essere, di cambiare in maniera decisiva la realtà dei fatti. In tal senso, mi sento di concedere quantomeno solidarietà, alla persona che si appresta ad abbracciare l’ingrato com-pito, nella speranza che la propria opera rimanga a futura memoria. In realtà, tra pastoie burocratiche, opposizione e franchi tiratori, go-verno centrale sempre più tirato nei confronti delle amministrazioni comunali, il nuovo Sindaco avrà poco da gioire e tantissimo da lavo-rare. Dovrà essere dotato di spirito di sacrificio ed abnegazione, la-vorare indefessamente e prepararsi al fuoco di fila delle critiche che, inevitabilmente, prima o poi giungeranno a giudicare il suo operato.

Pertanto, visto il quadro desolante, obiettivamente, l’unico senti-mento che mi coglie, oltre la speranza che è sempre l’ultima a mori-re, è quello di solidarietà nei confronti della persona che si appresta con tanto entusiasmo (visto lo spiegamento di propaganda caratteri-stico dei giorni preelettorali), ad abbracciare il nuovo incarico.

Ad ogni buon conto, bando ai pessimismi, come cittadina palmese, profondamente amante della propria Città, continuo ad augurarmi e ad augurare ai miei concittadini, di poter eleggere una persona illu-minata, che sappia comprendere i profondi bisogni della gente, che sappia parlare ai propri concittadini e, senza vane promesse, si impe-gni a condurre il timone di questa nave in acque più tranquille; una persona che sappia porgere una mano a coloro che si trovano in reali difficoltà con equilibrio, elasticità e larghezza di vedute, ma che si impegni anche al rispetto della legalità (insomma un extraterrestre!)

Scherzi a parte, ritengo che, a fronte delle aspettative, che sono molte, ci si possa accontentare di un uomo comune, che abbia a cuo-re il destino della propria Città e dei propri concittadini, e che, senza pretendere troppo, si impegni a gettare le basi per un nuovo futuro più roseo e più prospero di quello attuale. In questo spirito, potrà ottenere il beneplacito e la collaborazione dei propri concittadini onesti e volenterosi.

UN NUOVO SINDACOPER PALMI

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di Oreste Kessel Pace

Domenica 15 aprile i Club Unesco di Reggio Calabria, Palmi, Scilla e Ge-

race si sono recati in sopralluogo presso la ormai famosa Grotta dei RE pelasgici di Placanica.

Le organizzazioni sono state ospiti del Sindaco Mario Clemeno e dell’Assessore alla Cultura Giuseppe Clemeno, (il “re italo” di reggio, presieduto da Alberto Gioffrè, il “san rocco di Montpellier” di palmi, presieduto da Rocco Militano ed Oreste kessel Pace, quello di gera-ce, presieduto da Emanuela Ientile, ed il Comitato di scilla, presieduto da Joe Laganà).

Nel Sud dell’Italia una nuova ricerca sta appassionando da anni i Club: quella sui “popoli del mare” o Pelasgi. Dagli stu-di che un socio onorario del Club UNESCO “Re Italo” di Reggio (Domenico Raso) ha svolto negli ultimi 30 anni, è emerso che proprio nell’attuale provincia di Reggio, ottomila anni fa, furono trasportati dal Nord Africa (medio Oriente) ben 110 se-polcri di Re del Mare, depositati per anni in una grotta situata nei pressi dell’anti-co borgo di Placanica, e quindi collocate definitivamente in un sito (scelto non a caso) nel territorio di Nardodipace.

Qui, negli anni Cinquanta, sono state scoperte alcune vestigia, purtroppo di-strutte o comunque spostate illegalmen-te dai luoghi. Alle fine degli anni Novanta però l’attenzione dell’opinione pubblica fu posta sui cosiddetti “Megaliti di nar-dodipace”, che testimoniano l’entrata ai sepolcri. Le Autorità competenti non ri-conobbero i reperti, e l’Istituto Naziona-le di Geologia pose un vincolo “geologi-co” al sito: così viene impedita qualsiasi ulteriore ricerca.

La rivoluzionaria storia del popolo pe-lasgico quindi, rimane ancora un’ipotesi. I Club UNESCO della Provincia di Reggio intendono far luce su tutto ciò, ed accre-ditare gli studi di uno stuolo sempre più numeroso di ricercatori, i quali stanno continuamente visitando l’Area Pelasgi-ca d’Italia (che si estende nelle due Pro-vince di reggio e di Vibo Valentia, nel territorio dell’Italia primigenia).

Dopo l’attento sopralluogo alla “Grotta dei Re” (sul Monte Gallo), le Delegazio-ni (che erano arricchite da Soci, membri dei Consigli Direttivi, ed Ambasciatrici di Russia e Georgia, nonchè dalla presenza dello studioso Oreste kessel Pace) hanno visitato il Convento presso il quale Tom-maso Campanella ha preso I voti, il borgo antico, ed il castello.

Nella Sala Consiliare del Comune si è svolto infine un Convegno, al quale han-no partecipato anche molti membri della Giunta e dello stesso Consiglio Comunale di Placanica, che hanno manifestato il pieno appoggio morale all’iniziativa dei Club UNESCO reggini. In particolare, ha riscosso notevole successo l’intervento dello studioso, scrittore e allievo dell’an-tropologo prof. Domenico Raso Oreste Kessel Pace, il quale ha ampiamente dettagliato i presenti sugli ultimi sviluppi storico-scientifici relativi agli studi sulle civiltà antiche legate al territorio di Pla-canica, sulle responsabilità dei cittadini per la salva-guardia dei luoghi e sulla importanza strategico-economica che potrebbero rivestire per il rilancio della cittadina calabrese. kessel è stato omag-giato e plaudito dalla platea emozionata.

Alla giornata ha fattivamente parteci-pato, sia come guida che come ricerca-tore ormai universalmente apprezzato, anche Alfonso Carè.

La fondamentale missione dell’UNESCO è la divulgazione della cultura e del-la scienza. I Club sono nati col preciso scopo di diffondere gli ideali UNESCO di pace e scambi tra le popolazioni, e di valorizzare il patrimonio culturale cono-sciuto e nascosto.

I Club UNESCO della Calabria

in visita alla Grotta dei RE di PLACANICA

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Anche per il primo periodo del XVIII secolo come per quello del precedente è vano ricercare memorie di personalità italiane od estere di buona cultura desiderose di portarsi in Calabria, onde visitarne le amene

località ed abbeverarsi alla sua storia ed ai suoi costumi. Ad una spinta in tal senso sono riuscite sicuramente d’impedimento le varie instabilità create dai ripetuti frangenti bellici. Per cui, per una ripresa del fenomeno occorrerà attendere soprattutto la fine del viceregno e la creazione e conseguente consolidamento di uno stato indipendente, quello di Napoli con garante la dinastia borbonica.

Da quanto conosciamo, il primo a farsi avanti è stato nel 1767 il barone austriaco johann hermann von rie-desel, ch’è stato in Calabria nel mese di maggio al ritorno dalla Sicilia. Purtroppo, sbarcato a Reggio, ha seguìto un itinerario che da quest’ultima città lo ha portato in Puglia attraverso Locri, Crotone, Corigliano ed altre real-tà urbane del litorale ionico. La sua opera “Viaggio attraverso la Sicilia e la Magna Grecia” sarà edita nel 1771.

Nel 1775 a pervenire in Calabria è stato il trentino di Tassallo carlantonio pilati, giureconsulto, filosofo, sto-rico, appassionato di geometria e di aspetti sociali, il cui resoconto è stato pubblicato due anni dopo in Francia. L’ennesimo viaggiatore, che mostra di conoscere il passato della regione e le opere dei tanti che ne hanno scritto, non è riuscito neanche lui a fare a meno di riportare i soliti luoghi comuni, ma quelli erano i tempi e si riteneva come oro colato quanto si riusciva ad apprendere nel poco tempo che durava il viaggio. Era vero! Anche lui conosceva tanti calabresi in considerazione di brave persone, ma la maggior parte avevano «l’âme basse, e l’esprit tournè a la rouberie» (l’animo vile e la mente indirizzata al furto), invero un brutto carattere formatosi durante la dominazione romana. Altro luogo comune, tra tanti, era rappresentato dalla fata morga-na, un fenomeno che anche Pilati ha preteso di aver potuto ammirare.

Il Pilati, partendosene da Mileto verso Reggio, ha potuto osservare la «delicieuse» Piana ricca di ulivi, che, proseguendo lungo la costa, si protendeva fino a Seminara. Il territorio appariva tutto punteggiato di villaggi, che nell’antichità avevano nomi importanti come Metauria, Tauriana, Porto Oreste. A questo proposito riferisce il particolare che non ci si avvedeva di resti di sorta, ma soltanto di quelli di una città, Tauriana, che veniva contesa sia da Laureana che da Seminara. Per quest’ultimo centro si è soffermato sulla recente importazione del trappeto alla genovese ad opera di D. Demetrio Grimaldi (ma si tratta, com’è arcinoto, di Domenico). Per quanto riguarda in definitiva Palmi, i riferimenti si rivelano alquanto scarsi. A parte il fatto che i suoi abitanti producevano un vino considerato all’epoca tra i migliori, a partire da essa e fino a Scilla non era dato incontrare resti di una qualche antichità. Faceva eccezione una vetusta muraglia in merito alla quale i rispettivi abitanti erano di parere diverso. Se per gli uni si trattava di un’opera fatta costruire dal tiranno di Reggio Anassila, per gli altri era invece un lavoro voluto da Marco Crasso per contenere Spartaco e gli schiavi in rivolta che lo segui-vano e che si erano accampati proprio in tale posto. Dopo Palmi era dato marciare parecchio su un terreno di talco, dal quale, battendo il piede con una certa risolutezza, si otteneva un suono.

Oltre alle guerre, anche la situazione sanitaria si qualificava d’intralcio alle visite di personalità regnicole e non, tanto che i pochi che vi si avventuravano saltavano a piè pari proprio il tratto di mare che da Reggio por-tava a Pizzo, Tropea, Paola. Ciò è pienamente avvertito nei lavori lasciatici da altre due personalità che hanno visitato la regione calabra nello stesso anno, nel 1778. Nel febbraio vi è transitato l’inglese henry Swinburne, autore di “Viaggio nelle Due Sicilie” dato alle stampe nel 1785, che, pur dilungandosi a trattare della pesca del pescespada, nella sua opera rivela un lapidario «salpammo ed attraversammo velocemente la baia di Gioia». Quindi, è stata la volta del francese Dominique vivant de non, scrittore, storico e incisore, che, pur reiterando la difficoltà del trovarsi in zona, ha lasciato qualche notazione in più.

Come ha scritto nel suo “Calabria felix”, il De Non ha potuto vedere la costa tirrenica dal mare, che ha tenuto a dichiarare «costa funesta del golfo di Gioia, dove la quarantena ci chiudeva i ripari rari e difficili di cui avremmo potuto aver bisogno durante la notte». Contrariamente al precedente è riuscito però a darci una qualche visione di Palmi, che ha paragonato in positivo a Bagnara. Così infatti ha relazionato al riguardo: «Più lontano Palmi, in posizione migliore, su una terrazza che mi sembrava meglio coltivata». All’opposto Gioia in-travista «in fondo al golfo al quale dà il suo nome, in un paese più basso e meno austero». In verità, la fatica del De Non l’anno dopo è stata inserita con poche modifiche dall’abate Giovanni Claudio Richard conte di Saint Non nella sua monumentale opera “Voyage pittoresque ou Description des Royaumes de Naples et de Sicile”. Il Saint Non era stato in pratica il committente del De Non, che aveva messo a capo di un’èquipe per fornirgli alla fine sia il racconto del viaggio e di quanto osservato come anche i relativi disegni. A causa di una qualche omonimia spesso i due sono confusi in una stessa persona e a guadagnarci è sempre il Saint Non, che in Calabria proprio non c’è stato.

Rocco Liberti

Viaggiatori a Palmi nel secolo XVIII avanti il grande flagello

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Il cuore delle ragazze

Francesca, laureata triennale, lavorava a Padova in un ospedale, nel reparto radiologia, dove era stata assunta solo per alcuni mesi perché la titolare era in maternità; era separata da circa due anni e al suo paese aveva lasciato una bambina che andava all’asilo. Vivere così

distante dalla sua piccola le pesava moltissimo, soprattutto di sera, quando rimaneva sola nella sua stanza d’affitto; ogni volta che doveva allontanarsi dalla figlia cominciava a contare i giorni che la separavano dal giorno in cui l’avrebbe rivista. Ci fece vedere una foto in cui una bimba con dei riccioli neri e un visino simpatico, in pantaloncini corti e canottiera, sorrideva seduta su una piccola bici con le rotelle. Fran-cesca aveva lasciato la bambina alle cure della madre e, pagando poco o nulla di biglietto (il padre era ferroviere), ogni mese trascorreva due notti in treno, all’andata e al ritorno, per poter stare un paio di giorni con la piccola. L’altra ragazza le chiedeva cosa ne era stato di suo marito, del loro rapporto. Lei spiegava che forse non si erano mai veramente amati, ”a volte ci si ama per abitudine” diceva… si erano frequentati per alcuni anni, durante una vacanza in Grecia lei era rimasta incinta e così si erano sposati, ma già dopo otto mesi dalla nascita della bambina lui preferiva trascorrere il tempo libero con gli amici. Una prima volta si erano separati per un mese, per poi tornare insieme.

Quando l’abitudine li aveva delusi una seconda volta, si erano allontanati definitivamente. Adesso lui aveva una nuova “amica” e la pratica di separazione stava facendo il suo corso. Mentre parlava, fu interrotta dal trillo del cellulare: erano sua madre e la bimba che le volevano dare la buonanotte. Cinzia, la ragazza con la quale mi ero ”cortesemente” scontrata, era un’inse-gnante precaria di educazione fisica in una scuola della provincia di Venezia. Era sposata da circa sette anni e desiderava ardentemente un figlio che però non arriva-va; aveva avuto due gravidanze che non erano andate a buon fine, adesso voleva tentare l’inseminazione ar-tificiale, sperando di realizzare così il suo desiderio di maternità. Avrebbe dovuto però convincere il marito, che non avvertiva forte quanto lei il desiderio di pa-ternità e pensava che in fin dei conti un bambino lo si può anche adottare. Lei era convinta, come tutte le donne, che un figlio avrebbe completato il loro amore, che negli ultimi mesi accusava la stanchezza della lon-tananza. Questa domenica avrebbe fatto una sorpresa a suo marito, sarebbe arrivata senza essere attesa! In cuor mio le augurai che la sorpresa non la trovasse lei. Venne il momento di tirar giù i letti e spegnere la luce; ognuna di noi, silenziosamente, stese i propri lenzuoli di carta e preparò il giaciglio per la notte, dopodiché ci coricammo. Nessuna dormiva, ognuna inseguiva i propri pensieri, nell’attesa di addormentarsi su que-gli scomodi letti. I rumori negli scompartimenti vicini si erano acquietati, anche gli altri passeggeri si erano coricati… il treno viaggiava a forte velocità e fendeva l’aria fredda della notte emettendo un sibilo prolunga-to… ogni tanto alzavo la testa nel tentativo di guardare fuori. Quando il treno andava così forte avevo paura … sembrava quasi che ci volesse far rotolare giù dalle cuc-cette. Udii sopra di me il solito squillo di cellulare: que-sta volta la straniera rispose subito, parlando a voce bassissima, quasi impercettibile, ma tanto bastò che io capissi. Mi tornarono alla mente gli anni della mia gio-ventù a Londra, dove ero andata a imparare l’inglese: lì avevo conosciuto un ragazzo ungherese. Il nostro fu un amore bellissimo, fatto di piccole cose e di tante te-nerezze. Lui mi aveva insegnato molte espressioni della sua difficilissima lingua ugro-finnica e io a lui tante frasi della melodiosa lingua italiana. Soprattutto canzoni di Lucio Battisti, canzoni come poesie, che s’imprimono nel cuore. La notte trascorreva tranquilla, ci accompa-

gnavano il fischio del treno e fastidiosi spifferi freddi. Quando mi alzai per andare in bagno eravamo quasi giunti a Roma; le altre mie com-pagne di viaggio dormivano, o così sembrava… alzando lo sguardo vidi la straniera raggomitolata e infreddolita: la coprii meglio con la sua giacca e lei, schiudendo gli occhi, mi disse ”Köszönöm”, che nella sua lingua significa “Grazie”. Adesso ero proprio sicura che fosse ungherese. Cosa ci faceva in Italia? Avrebbe fatto la modella? Chissà!? Ma cosa andavo rimuginando, erano cose che non mi riguardavano! Forse era una studentessa? Sì, e i libri dov’erano? Forse li avrebbe comprati! Forse avrebbe lavorato? Si, ma dove? Lei era troppo bella per svolgere un lavoro qualunque! Forse sarebbe finita in un night club? O peggio sulla strada? Oh mio Dio, no, per strada no, ti prego fa’ che non sia questa la ragione del suo viaggio in Italia! Ero sicura che sapesse a malapena qualche parola di italiano. Mi assopii dopo molto tempo, con la mente rapita da tutte queste domande sulla bella straniera. Tormentandomi in un dormiveglia agitato e affollato da strane creature, intravidi confusamente, così come capita nei sogni, la ragazza straniera attorniata da uomini baffuti che la strattonavano, e poi più nulla. Alle quattro del mattino il treno stava entrando nella stazione di Salerno, ed era ancora buio. Alcuni minuti prima avevo sentito il solito squillo… sentii un lieve fruscio e aprendo gli occhi vidi che la straniera stava uscendo dallo scompartimento in punta di piedi; le dissi piano nella sua lingua ”Jo Szerencset!”, “Buona fortuna!”, e lei mi sorrise! La curiosità mi spinse a incollarmi al vetro del finestrino e spiare se qualcuno, a quell’ora, l’aspettava… mentre il treno scivolava via, la vidi là sul binario, nella notte, attorniata da quattro uomini! Mi venne un tuffo al cuore! Mio figlio avrebbe detto che avevo sognato, che tutto era frutto della mia fantasia, ma non era così! Pensai che la ragazza aveva davvero bisogno di fortuna! Fu con questo pensiero che tentai ancora una volta di prender sonno, ma avevo come un turbine nella mente: stavolta furono le storie tor-mentate delle altre due ragazze che dormivano placide ad affollare la mia mente… mi prese uno strano sconforto, mentre mi salì alle labbra una filastrocca della mia infanzia, quasi dimenticata, e cominciai a cantare sussurrando: ”Oh quante belle figlie Madama Doré, oh quante belle figlie! Le vuole maritare Madama Doré, le vuole maritare! Con chi le maritereste scudiero del re? Con chi le maritereste? Col figlio del re di Spagna madama Dorè, col figlio del re di Spagna!” Parole belle e ingenue, favole infantili! La realtà è tutta un’altra storia. I sogni non si avverano quasi mai! Dov’è il luogo della felicità che il cuore delle ragazze vagheggia? Nessuna donna si aspetta di trovare il figlio del re di Spagna, il principe azzurro esiste solo nelle fiabe, ma nemmeno di vivere a mille chilometri da un uomo che forse non la ama più, o non l’ha mai amata, un uomo che la trascura oppure la tradisce, la umilia, la picchia, la sfrutta, la vende oppure… la uccide. Ero triste e stanca, avevo un gran mal di testa e non riuscivo a trattenere le lacrime… e menomale che viaggiare in treno mi rilassava! Mi venne in soccorso il ricordo del grande amore della mia vita, prematuramente scomparso: mi balenò come una visione quel ricordo di un mio ritorno dall’estero, lontana per soli due mesi, con lui che all’aeroporto saltava le transenne per abbracciarmi! Pensai alle sue carezze, ai fiori che mi portava spesso in dono, come se ogni giorno insieme fosse un giorno speciale. Ero stata una donna fortunata, per tutto l’amore e le attenzioni che lui mi aveva donato per tanti anni… cullata da questo dolce conforto, chiusi gli occhi e mi abbandonai finalmente al sonno.

Cassiopea

2° e ultima Parte

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30di Mario Idà

La società occidentale del nostro tempo si caratterizza

sempre più per la irresponsabilità nei comportamenti dei singoli e dei gruppi che agiscono al suo in-terno. Irresponsabilità, che mina le radici della coesione del vive-re comunitario entro il quale le azioni degli uomini dovrebbero essere improntate al costante riferimento verso la sintesi degli interessi e del bene comune. Il lento e quasi inavvertito proces-so di secolarizzazione ha sicura-mente favorito questo fenomeno deleterio. Nelle società dove la dimensione del Sacro opera nel comportamento quotidiano, il senso di responsabilità nei con-fronti dell’agire individuale e di gruppo è sempre molto alto, ogni scelta essendo sorretta da un for-te pathos etico che lega l’uomo alla divinità. Entro questa dimen-sione l’uomo è ligio ai suoi doveri e il suo rapporto con il divino lo aiuta ad affrontare, con animo saldo, la sua esistenza. Purtrop-po, però, a causa del sostrato psichico che influenza l’agire dell’uomo occidentale, la respon-sabilità è divorata dall’egoismo di chi tende solo allo scopo di raggiungere i propri obiettivi e

soddisfare i propri interessi, incu-rante che la sua corsa forsenna-ta verso il nulla lo trascinerà nel baratro. Del resto, dopo la codi-ficazione solenne e ufficiale del diritto alla felicità, recepita nella Costituzione degli Stati Uniti d’A-merica, la filosofia del vivere non poteva che sfociare negli esiti che abbiamo di fronte. Se esiste una felicità come diritto, ognuno cerca di raggiungerla come può, a seconda delle sue preferenze. Ne discende, per conseguenza lo-gica, che il diritto non è più la cornice di regole dell’agire uma-no entro la quale l’individuo si sforza di conciliare l’interesse proprio e il bene collettivo. Il di-ritto diviene soltanto strumento dell’impulso individuale verso la ricerca del piacere che – inevita-bilmente - abbassa il livello della responsabilità reciproca, quale elemento essenziale dei legami organici tra individui e gruppi. Questo modo di intendere i dirit-ti all’interno di una cultura della “liberazione dalla responsabili-tà”, ha scatenato effetti di lunga durata, oggi ancora più evidenti, che si oppongono ad ogni proget-to di ricostituzione dei vincoli so-lidaristici, che sono l’unico rime-dio possibile all’espandersi della giungla sociale del nostro tempo. Il primo ordine di conseguenze

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IL VOLTO OSCURO DEI DIRITTI CIVILIriguarda la sfera dell’agire collet-tivo e ha dato vita a quella che è stata chiamata la battaglia dei diritti civili, condotta in tutte le nazioni occidentali – America in testa – fra gli anni ’70 e ’80, che ha dato origine ad un costume di vita improntato all’egoismo e alla pretesa che ogni individuo è un microcosmo che si autodeter-mina a suo piacimento, essendo svincolato da ogni regola morale e civile. Fenomeno, questo, che ha percorso molta strada, se è vero, come è vero, che gli effetti perversi della filosofia del rifiuto di ogni responsabilità e autodisci-plina - postulato fondamentale del libertarismo individualisti-co - ha procurato nel tempo ed oggi esplode in una ininterrotta sequela di tragici avvenimenti. In particolare, è da sottolineare che nell’attuale società, tendente a chiudersi in se stessa, dilagano comportamenti autolesionistici da parte soprattutto di giovani insensibili a qualsivoglia interes-se, che credono di poter colmare la loro vuota esistenza facendo uso ed abuso di droghe. Osser-vato da questo angolo visuale, è da accusare il conformismo e il

dogmatismo ideologico con cui questo fenomeno viene general-mente affrontato dai mezzi di informazione e di comunicazione sociale, in specie quando si insi-ste nell’assegnare al drogato la definizione e il relativo inquadra-mento socio-giuridico di “mala-to”. Malattia, invero, è un morbo che si contrae inevitabilmente e all’insaputa di chi ne è vittima. E’ un qualcosa che si insinua nell’or-ganismo danneggiandolo. Ma se un individuo in possesso di facol-tà mentali normali, consapevole delle conseguenze che il suo atto gli procurerà, acquista una dose di polvere bianca e poi con la si-ringa si “buca”, si può ritenerlo puramente e semplicemente un “malato”? Si parla spesso della droga come una malattia sociale, ma in questo concetto si perde e si annega la percezione della re-sponsabilità individuale. L’indivi-duo è libero di compiere la sua scelta ma, di riflesso, il costo del-le conseguenze di questa libertà e di questo diritto di disporre del proprio corpo, sarà sostenuto dalla collettività in termini di ri-schio per la salute pubblica, assi-stenza sanitaria e spinta alla cri-

minalità. Le stesse considerazioni valgono per molti altri casi, come – esemplificando - l’inquinamento sconsiderato dell’ambiente e i re-sidui della lavorazione di sostan-ze nocive che vengono scaricati nei fiumi o nel mare, con altissi-mi costi economici e ambientali che gravano sulla collettività. Passando ad un altro e opposto aspetto del dilagare dell’<etica della irresponsabilità>, il secon-do tipo di conseguenze derivanti dall’affermarsi della filosofia del <diritto alla felicità> all’interno di una cultura individualistica, è invece di carattere associativo. I partiti politici, che dovrebbero testimoniare una visione globale dello Stato e della società civile e i diversi movimenti costituiti per plurime finalità, si rivelano sem-pre più incapaci di rappresentare le nuove e sempre più pressanti richieste che provengono dalla società civile. Si assiste di conse-guenza all’emergere sempre più diffuso dei particolarismi che, sul modello della Lega Lombarda, assumono forma e rappresen-tanza politica di istanze mera-mente settoriali. Sintomo – que-sto – estremamente allarmante

di un effetto centrifugo che gli egoismi particolari, organizzati in forma associata, producono a totale danno di una visione sin-tetica e organica degli interessi generali. Sempre più frequente, infatti, diventa nelle competizio-ni politiche il fenomeno di una pletora di liste “astruse”: caccia-tori e pescatori, amici del gatto e del cane, pensionati e “tossici”, nemici delle tasse e condanna-ti per frode fiscale, tutti danno ormai vita a formazioni che rie-scono in alcuni casi ad avere rap-presentanza politica. Che cosa comporti questa degenerazione di microegoismi, come si ponga l’uso di questi <diritti> nei con-fronti delle finalità generali, poco importa. Un diritto è un diritto e il <totem> non si tocca. Ma la politica, così, si allontana sempre più dall’arte nobile di perseguire il bene collettivo, rinunciando a forgiare un destino comune. Ne consegue che, nell’ossequio formale agli intangibili principi dell’ideologia dei “diritti dell’uo-mo”, essa si riduce alla funzione del notaio che conferisce valore legale alla disgregazione di ogni vincolo civile.

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Si è conclusa domenica 30 aprile 2012 presso la Società

Operaia di Palmi, nell’ambito del nutrito programma organizzato dalla Presidenza della S.O.M.S. per i festeggiamenti della Giorna-ta dei Lavoratori 2012, una ulte-riore manifestazione finalizzata alla presentazione del libro inti-tolato “Storia della Società Ope-raia di Mutuo Soccorso di Palmi”.

Dopo l’introduzione ed i salu-ti portati dal Presidente Saverio Saffioti alle Autorità ed a tutti i numerosissimi partecipanti, si sono susseguiti gli interventi de-gli illustri relatori, ognuno dei quali ha espresso le proprie note di apprezzamento per l’iniziativa della manifestazione, ma soprat-tutto per il volume, realizzato con competenza e puntualità da-gli autori Avv. Alberto Calogero e Dott. Bruno Zappone.

Un ringraziamento particolare è stato indirizzato dal Presidente Saffioti al Dott. Pino Carbone il quale ha messo a disposizione i mezzi finanziari che hanno reso possibile la realizzazione dell’o-pera che la Società Operaia, soltanto con le sue esigue forze economiche, non avrebbe potuto portare a compimento.

Il Convegno , moderato dal Dott. Enzo Romeo di Reggio TV ed al quale, tra gli altri, hanno preso parte l’Assessore Re-gionale alla Cultura Dott. Mario Caligiuri e il Geom. Francesco Scattareggia, rappresentante del Coordinamento regionale SOMS Calabria, è stato chiuso dall’in-tervento del Prof. Saverio Di Bel-la, Docente di Storia Moderna presso l’Università di Messina.

SOMS La presentazione del libro“STORIA DELLA SOCIETA’ OPERAIA DI

MUTUO SOCCORSO DI PALMI”

Bruno Zappone e Alberto Calogero, i coautori del libro

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PALMIELEZIONE AMMINISTRATIVE 2012

IL BALLOTTAGGIO

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LA SATIRA di Saverio Petitto

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di Walter Cricrì

La birra è ottenuta da quattro materie prime fondamenta-

li: acqua, malto, luppolo e lie-vito. Questi ingredienti (escluso il lievito in quanto allora anco-ra occulto) vennero definiti nel 1516, da un importante editto di Guglielmo IV di Baviera, det-to anche Legge della Purezza o Reinheitsgebot, nato con la fina-lità di regolamentare la produ-zione di questa bevanda.

Non si sa con esattezza dove sia nata la prima birra: c’è chi parla di Mesopotamia, chi di Egitto, chi di isole Orcadi, chi addirittura di Malta. Differenti però sono stati i modi di svilup-pare la bevanda. La Mesopota-mia per esempio è stata la terra che per prima ha visto sorgere la professione del birraio, cosa che in altre società meno orga-nizzate sarebbe stata impossibi-le. Il prodotto delle sue fatiche rappresentava una quota della retribuzione dei lavoratori, che dunque veniva corrisposta in bir-ra. Ma, si badi bene, non un bir-ra, ma svariate tipologie, poiché già in quel periodo si distingue-vano birre scure, chiare, rosse, forti, dolci e aromatiche. Inoltre si usavano nomi diversi per in-dicare birre prodotte con cereali differenti: le Sikaru erano d’or-

zo, le Kurunnu di spelta.Pare che fossero addirittura

venti le qualità di birra disponi-bili sul mercato di Babilonia, la più ricca città dell’antica Meso-potamia. La birra aveva anche un significato religioso e rituale, in-fatti veniva bevuta durante i fu-nerali per celebrare le virtù del defunto e veniva offerta alla di-vinità per garantire un tranquillo riposo al trapassato.

Analoga importanza aveva la birra in Antico Egitto. Fin dall’in-fanzia si abituavano i sudditi dei faraoni a bere questa bevanda, considerata anche alimento e medicina. Anche le donne incinte ricorrevano alla birra, per offrire libagioni alla dea Ernenunet, che avrebbe provvisto di abbondante latte le nutrici (falsità dannosa, ancora sostenuta nella nostra tradizione popolare). Dannoso anche l’uso di somministrare ai bambini birra a bassa gradazione o diluita con acqua e miele du-rante lo svezzamento, quando le madri non avevano latte (poveri-ni!).

Di birra si parla anche nei sa-cri libri del popolo ebraico, nella festa degli Azzimi, che ricorda la fuga dall’Egitto, si mangia per sette giorni il pane senza lievito e si beveva birra.

La Grecia, Paese enoico per eccellenza, non produceva birra, però ne consumava parecchia,

soprattutto in occasione delle fe-ste in onore di Demetra, dea del-le messi, tra le quali ovviamente non poteva mancare l’orzo. Si trattava di prodotti d’importa-zione, per lo più fenici, ma anche durante lo svolgimento dei gio-chi olimpici non era ammesso il vino, per cui la bevanda alcolica per eccellenza, di questa prima grande manifestazione sportiva, era la birra.

La nascita del popolo irlandese è attribuita, secondo una birrosa leggenda, ai Fomoriani, creature mostruose dal becco aguzzo e dalle gambe umanoidi, che ave-vano la potenza e l’immortalità, grazie al segreto della fabbrica-zione della birra, che fu loro sot-tratto dall’eroe di Mag Meld, una specie di Promoteo irlandese.

Il Medioevo vide la birra pro-tagonista soprattutto per meri-to dei monasteri, che operarono un decisivo salto di qualità nella produzione della bevanda, in-troducendo anche alcuni nuovi ingredienti, tra i quali il luppolo. Antiche fonti inglesi fanno distin-zione tra “ale” e “beer”. Ma dei due termini, birra e ale, proprio quest’ultimo è quello più antico in inglese. Una curiosità: in In-ghilterra il luppolo venne intro-dotto assai tardi nella birra na-zionale, che continuò a chiamarsi ale, in contrapposizione dei pro-dotti continentali luppolati, detti

beer; a tal proposito, proprio l’e-timologia di questo termine (ed anche quello italiano, birra) pare provenga dal verbo latino bibere (bere).

Verso la metà del secolo scorso furono eseguiti studi specifici sul lievito e il loro risultato fu la pro-duzione della birra a bassa fer-mentazione. Essa si giova di tem-perature più basse per fermenta-re, quindi usa impianti produttivi tecnologicamente assai più avan-zati che in passato, utilizzando un lievito diverso rispetto alle birre tradizionali, il cosiddetto Saccharomyces carlsbergensis, che prende il nome dalla birreria danese che per prima ne isolò il ceppo.

Oggi, nonostante le birre a bas-sa fermentazione siano sicura-mente le più bevute, va notato che esiste anche una controten-denza di nicchie di mercato che ricercano le birre tradizionali, le cui ricette si perdono nella notte dei tempi.

Per definizione la Birra è una bevanda alcolica, ottenuta per fermentazione dei mosti zucche-rini preparati per saccarificazio-ne diastasica dell’amido, con-tenuto nelle cariossidi di alcuni cereali, e aromatizzata median-te luppolo. Diamo un’occhiata all’ingrediente caratterizzante la bevanda: il malto; è l’ingrediente ottenuto dai cereali, che sono la

a tutta birraBionde, rosse o brune ad ognuno la sua preferita: la realtà è una illusione causata dalla mancanza di buona birra

“Senza ombra di dubbio, la più grande invenzione nella storia dell’umanità è la birra. Oh, certo, sicuramente anche la ruota è stata una gran bella invenzione, ma vi assicuro che la ruota non va altrettanto bene con la pizza.” (Dave Barry’s Bad Habits)

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35Pesce spada ubriaco alla griglia

La birra può valorizzare qualsiasi cibo, sia come ingrediente della ricetta stessa che come bevanda di accostamento. Le più famose ricette con la birra provengono, come presumibile, dal nord-europa e dalle zone dove principalmente si consuma tale bevanda (spesso in quantità superiori rispetto ai vini).Tuttavia, siccome il più importante ingrediente in cucina è la fantasia, non fa mai male sperimentare aggiungendo della birra a ricette comuni, dai primi piatti ai desserts.Ingredienti Dosi per 4 persone • Tranci di pesce spada (almeno 1 a testa)• 1 cipolla o scalogno• Prezzemolo• Rosmarino• 3 foglie di salvia• 5 foglie di basilico• 3 foglie di menta• Origano Timo e maggiorana (un pizzico)• Una birra pils o lager secca (ottima la dortmunder )• Olio extravergine di oliva• Pepe e sale q.b.PreparazionePreparate la marinatura: tritate finemente la cipolla, aggiungete (sempre mentre continuate a sminuzzare) la menta, il rosmarino, il basilico e un pizzico di tutte le altre spezie, salate e pepate (meglio usare i chicchi di pepe). Mettete il tutto in una terrina e aggiungete la birra e 4/5 cucchiai di olio.Salate il pesce in superficie e mettetelo a conciare dentro la marinatura per almeno 30 minuti, ponendo il tutto in frigorifero, coperto da pellicola trasparente.Passata la mezzora, cuocete il pesce sulla griglia o in alternativa su una padella antiaderente molto calda, spennellate di continuo con la marinatura, che avete usato in precedenza, per rendere la carne più saporita e morbida.Se state usando una griglia o una piastra in ghisa ricordate che il pesce non va girato finché non si stacca da solo dalla piastra! Servite con birra pils o dortmunder (la stessa della preparazione) usando come contorno verdure grigliate o patate arrosto!

base per il processo di fermenta-zione: esattamente ciò che è l’u-va per il vino. Generalmente lo si ricava dall’orzo, ma molte ricette prevedono anche l’uso di quello di frumento, segale, avena o altro ancora.

Il malto è la fonte più comune di zuccheri fermentabili ai fini della produzione birraria e lo si ottiene dalla lavorazione della cariosside del cereale ( o chicco). Questo contiene una riserva di nutrimento per il seme (amido) che diventa attaccabile dai lie-viti. Per fare ciò viene macerato in acqua, fatto germogliare e poi essiccato e, se previsto, tostato. A seconda dell’intensità dell’es-siccamento e della tostatura si avranno diversi tipi di malto. Quelli chiari, a essiccatura più leggera, si usano per birre bion-de, come Pilsener; prolungando l’essicazione si andrà invece ver-so malti più aromatici. Per ave-re una sorta di caramellatura, si opterà per un processo con più alta umidità; mentre la tostatura finale garantirà malti scuri o neri. Inoltre bisogna considerare che ci sono birre ottenute dalla misce-la di diversi malti, che dunque avranno aroma e gusto derivanti da tale mix. Dunque sostituendo un malto ad un altro, nella pre-parazione di una birra, si avrà un risultato completamente diffe-rente.

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di Rocco Cadile

Quando l’amicizia e il rispet-to tra colleghi di lavoro,

diventano fattore di crescita e superamento di ataviche invi-die e incomprensioni. Il Gruppo Sportivo Comunale di Palmi, nato nel lontano 1985, dall’iniziativa di alcuni colleghi-amici, è stato sicuramente un esempio di pura passione e familiarità che l’ha contraddistinto lungo il suo per-corso. La filosofia del sodalizio era fondata rigorosamente sulla passione e sui valori dell’amici-zia. Per questo motivo, i compa-gni di lavoro, mettendo a disposi-zione il loro tempo libero, hanno iniziato a organizzare manifesta-zioni sportive, gite, spettacoli e quant’altro potesse creare di-vertimento e gioia, occasioni an-che per coinvolgere i familiari. Il Gruppo Sportivo, si è particolar-mente distinto nel calcio, di cui facevano parte pure assessori e consiglieri comunali. Anche se ini-zialmente non era iscritto ad al-cun campionato, partecipava con autentico spirito Decubertiano, ai vari tornei locali, vincendoli quasi sempre, con incontri rima-sti memorabili, che assumevano, a volte, il carattere di autentiche “sfide”, come quelle contro i di-pendenti dell’ospedale di Palmi e la società operaia di via Battisti, o altri enti pubblici, mantenendo sempre alti i valori dello sport e del bene comune. Il fenomeno,

G.S. Dipendenti Comunali Palmi, fu dal momento della sua nascita una brillante realtà, concepen-do un modo diverso di fare cal-cio, fatto di attenzioni verso ogni componente e sempre alla ricer-ca di coesione, fattori necessari a costruire una vera “famiglia”. Erano i tempi in cui al Comune si respirava un’aria di reciproco rispetto tra impiegati e funziona-ri e i politici in carica, persone che seriamente collaboravano per l’immagine e la crescita del nostro paese. I fondatori che rappresentavano degnamente il sodalizio amatoriale, sono stati Franco Filippone, Ninni Maisano, Andrea Managò, Peppe Gerocar-ni, Enzo De Francia, Carmelo Su-race, Franco Filippone (Faloppa), Rocco Scarcella (Tomaceschi), Pippo Longo, Vincenzo Orlando, Carmelo Arena, Nicola Pugliese, Roberto Avventuroso, Paolo De Salvo, Gigi Punturiero, Natale Pace, Michele Lentino, Nunzio Sprizzi, e altri che si sono aggiun-ti in seguito. Con l’entusiasmo tipico di chi vuole misurarsi con altre realtà sportive più impegna-tive, decisero di iscrivere la squa-dra nel “Campionato Amatori” organizzato dalla FIGC. La squa-dra allenata sapientemente da Carmelo Surace, persona ecce-zionale, con i fedelissimi accom-pagnatori Mimmo Seminara e il saggio Fortunato Scordo, oggi no-vantasette anni, si è messa subito in evidenza, e al primo tentativo vinse il campionato locale, per

giocare successivamente le semi-finali, eliminando ai rigori la Juve Club Palmi di mister Enzo Bran-do, arrivando poi, a disputare la finale regionale a Marina di Gio-iosa vincendo contro i “Veterani Pellaresi”. Quella vittoria portò la squadra palmese a disputare le eliminatorie nazionali. Il primo spareggio è stato giocato in casa contro il Posillipo che subì un 2 a 0 (gol di Franchino Filippone e Augusto Mele). Il ritorno, in quel di Napoli, è stato caratterizzato, per lo spirito con cui la comitiva palmese affrontò la trasferta. Per l’occasione, la squadra partì con i familiari al seguito, approfittando la mattina, prima dell’incontro, di fare una gita turistica visitan-do la Napoli storica. Il Posillipo che rispetto all’andata, si pre-senta con una squadra completa-mente rinnovata da ex calciatori di serie A e B, come Improta e il fratello di Ciro Ferrara, vinse 3 a 1, ma per la regola del dop-pio gol in trasferta non supera il turno. Il gol di Gaetano Boretti, a pochi minuti dal termine del-la partita, permise ai palmesi di continuare l’avventura. Alla fine di quell’incontro è successo un singolare episodio. Mentre i cal-ciatori di mister Surace, festeg-giavano la qualificazione, sono stati raggiunti dalla notizia che si era persa la figlia di un collega. A quel punto, ancora in divisa, abbandonarono lo spogliatoio e, mettendosi alla ricerca per le vie della città, trovarono la bambina

in una giostra a un chilometro di distanza. Nel triangolare della seconda semifinale, il GS Palmi, nel confronto con la Muspi Roma e una squadra di Ascoli, subì una doppia sconfitta e fu eliminata. Negli anni successivi, il GS di-pendenti Comunali, continuò a vincere tanti campionati locali, perdendo e vincendo spareggi regionali. Solo in un’altra occa-sione, riuscì ad andare alle finali nazionali, senza mai a vincere il titolo. Tra gli artefici, Andrea Ma-nagò, persona speciale, è stato quello che più di tutti si è distin-to. E’ stata una figura carismatica in seno al Gruppo, un vero e au-tentico leader, non solo per il suo passato sportivo (è stato un gran-de calciatore della Palmese) ma anche per il suo sempre garbato comportamento che faceva e lo fa tuttora, breccia nel cuore de-gli amici. Simpatico è stato l’ab-braccio dell’arcigno Paolo De Sal-vo, con il campione Chierico, ex della Roma, quasi intimidito dal difensore di Taureana di Palmi. Sono state pagine sportive che hanno lasciato un segno indelebi-le in coloro che ci hanno creduto, perché si giocava solo per la gioia di stare assieme e, tutto quello che si faceva, aveva una matrice romantica. Con gli anni, venendo meno la vivacità di atleti e, non essendoci nuovi ricambi, il Gup-po Sportivo dipendenti comuna-li che tante soddisfazioni aveva dato alla città, ha cessato la sua attività.

LO STORICO “GRUPPO SPORTIVO DIPENDENTI COmUNE DI PALmI”

In piedi: Arena - Pugliese - Mimmetto Sarlo - Scarcella-Surace - Maisano - Filippone - ManagòAccosciati: Avventuroso - Fagà - De Francia - De Salvo - Orlando - Filippone

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terri lyne carrington, che di se-guito indicheremo come tlc, è

una batterista statunitense, che vanta prestigiose collaborazioni con luminari come Herbie Hancock, Wayne Shorter, Al Jarreau, Stan Getz, David Sanborn, Joe Sample, Cassandra Wilson, Clark terry, dianne reeves.

il suo talento, comincia a prender for-ma già all’età di 17 anni, quando il padre la accompagna ad ascoltare un concerto di Jack DeJohnette, il quale, al termine, la esorta ad approfondire le tematiche essenziali sullo strumento, invitandola addirittura a casa sua.

tlc, non se lo lascia ripetere 2 vol-te, pertanto comincia a frequentare in modo assiduo la dimora del guru, ed i risultati in poco tempo sono stati note-voli.

verso la metà degli anno 80, si tra-sferisce a New York, dove incomincia a farsi conoscere nell’ambiente jazz tra-dizionale “mainstream “.

lì, conosce shorter e sanborn e co-mincia ad avere i primi ingaggi seri che modificano notevolmente la direzione ed il tipo di carriera futura.

Verso la fine degli anni 80, si trasferi-

sce a los angeles, entrando nei circu-iti televisivi, partecipando a moltissimi show, accompagnando tanti artisti del calibro di James Brown, Rick James, little richard; di queste esperienze tlc ricorda in particolar modo la disciplina che occorre per affrontarle, circostanza rivelatasi molto utile negli ultimi tempi da quando ha assunto la direzione musi-cale di molti suoi progetti.

Dal 2007 fa parte, in pianta stabile, del corpo docente del Berklee Colle-ge of Music, dove indirizza i suoi allie-vi partendo da philly joe jones, roy Haynes, Elvin Jones, Tony Wiliams e, naturalmente, Jack DEJOHNETTE.

L’ ultima sua fatica discografica, “ The Mosaic Project “ (Label: CONCORD RECORDS), album molto interessante e già premiato nell’ultima cerimonia dei graMMy nella categoria “ best jazz Vocal Album “, tutto al femminile, è ca-ratterizzato da molti stili musicali messi insieme.

tlc, narra di aver composto i singoli brani, pensando espressamente a colo-ro che li avrebbero interpretati, nella fattispecie, Cassandra Wilson, Carmen lundy, nona hendryx, dee dee brid-GEWATER, Gretchen Parlato, Esperanza spalding, sheila e.

le molteplici personalità coinvolte nel

progetto, creano una miscela esplosiva che facilmente supera le diverse gene-razioni delle bravissime musiciste coin-volte, pur avendo nel jazz un comune denominatore.

più che evidente, la “ sostanza rit-mica “, costituita da tlc ed esperanza spalding, che come in un mosaico, con-tribuiscono a creare un eccellente qua-dro finale.

disco a mio avviso essenziale per gli amanti del genere, un po’ meno per i fissati del neomelodico Napoletano.

buon ascolto.

TERRI LyNE CARRINgTONTHE MOSAIC PROJECT

di Cristoforo Bovi

La cover del disco

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