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MA DOPO, CHE E’ SUCCESSO?

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Nel luglio del 1991 Gorbaciov vara

una legge sulla privatizzazione della

proprietà pubblica che prevede l’uso

di certificati azionari, detti vouchers,

come simbolo concreto di tutti i

lavoratori di

partecipare al possesso della

proprietà statale che veniva

privatizzata.

1^ FASE DELLA TRANSIZIONE

Indubbiamente il lascito morale del

passato comunista è pesantissimo: è

estremamente difficile ri-

cristianizzare generazioni cresciute

nella completa ignoranza della

religione e sprovviste di una

grammatica spirituale interiore.

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La spinta decisiva alla

privatizzazione giunse dai settori

più dinamici della nomenklatura del

partito e del komsomol, che

cominciarono ad apprezzare i

vantaggi e le possibilità offerti loro

dalla nuova economia e, in modo

particolare, dal settore privato

1^ FASE DELLA TRANSIZIONE

Ciò è particolarmente evidente, per

esempio, in Albania, dove il partito

comunista perseguì con cipiglio una

politica di assoluta ateizzazione. Ma

anche in Romania fiorenti comunità

monastiche e grandi scuole

teologiche hanno conosciuto la

persecuzione e la dispersione

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Ma i vouchers non erano

certificati nominativi e quindi

potevano essere venduti o

scambiati con facilità.

Ne approfittarono soprattutto i

burocrati sovietici (alti funzionari

del partito, collaboratori dei

servizi segreti, del corpo

diplomatico, dirigenti e manager

delle imprese di Stato…), gli unici

a possedere un capitale iniziale

per rastrellare i vouchers

1^ FASE DELLA TRANSIZIONE

Nei primi tempi dopo la fine del

comunismo c’è stata un’ondata di

adesione al cristianesimo, nelle sue

varie confessioni, in tutto l’Oriente

europeo. La pratica religiosa è cresciuta

ovunque; si sono avuti ritorni in massa

alle Chiese con “conversioni” individuali.

In Russia, scrive il Prof. Roberto

Morozzo della Rocca, “nessuno osava

più dichiararsi ateo per non essere

identificato con il comunismo”

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Già alla fine del 1995 circa metà

delle imprese si erano trasformate

in imprese private o miste, e alla

fine degli anni ‘90 le imprese

privatizzate superavano il 70% del

totale.

Si può dire che il difetto principale

di una simile privatizzazione sia

stata la sua limitatezza, la sua

mancata diffusione sociale.

Ciò ha suscitato un rancore diffuso

nella popolazione

1^ FASE DELLA TRANSIZIONE

Nei primi anni ’90, con la fine

del comunismo e con la

ritrovata libertà religiosa, si

inaugura un libero “mercato

delle religioni”

La Costituzione russa del 12

dicembre 1993 riconosce

un’ampia libertà di

coscienza

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La mancata diffusione sociale

della privatizzazione

in economia costituisce la

radicale differenza fra la Russia e

i Paesi dell’Europa orientale e

centrale (Paesi baltici, Repubblica

Ceca, Polonia, Ungheria).

In Russia persiste un certo

paternalismo di Stato

1^ FASE DELLA TRANSIZIONE

Il clero superstite, in generale, si

trova culturalmente impreparato

alla nuova sfida, con la sola

eccezione di quello cattolico, più

capace di quello ortodosso a gestire

i processi della modernità

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1^ FASE DELLA TRANSIZIONE

Le prime elezioni svoltesi secondo

la nuova Costituzione danno un

risultato inatteso e sgradito per

Eltsin: il vero vincitore è infatti

l’estremista nazional-populista

Zhirinoskij. Eltsin nel 1995 si

troverà di nuovo in difficoltà

con le nuove elezioni parlamentari

in cui si affermano i neo-comunisti,

rinati nel 1993 dopo la messa a

bando nel 1991 del PCUS.

Alla pesante eredità dell’ateismo

marxista si aggiunge, infatti,

l’invasione delle peggiori

abitudini dell’Occidente: la

televisione satellitare con la forza

oppressiva della pubblicità e

della pornografia, il problema

della droga, il proliferare delle

mafie.

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2^ FASE DELLA TRANSIZIONE

La legge federale del 1997 non si

limita – come è giusto che sia – a

riconoscere il ruolo storico

giocato dall’ortodossia in Russia

(religione tradizionale), ma

preclude in vario modo alle altre

religioni considerate “non

tradizionali” la possibilità di farsi

conoscere e di espandersi

(problema del cosiddetto

proselitismo)

I manager-proprietari, tuttavia,

fallirono abbastanza rapidamente …

gradualmente, questi manager furono

estromessi da giovani laureati,

altamente specializzati, provenienti

soprattutto dalle facoltà di ingegneria.

Grazie alla crescita vertiginosa dei

prezzi dell’energia e delle materie

prime sul mercato mondiale, alcuni fra

questi nuovi imprenditori si

arricchirono enormemente: gli

“oligarchi”.

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2^ FASE DELLA TRANSIZIONE

Passato qualche tempo, è iniziato

un deflusso dalle Chiese, anche nei

Paesi a più alto tasso di pratica

religiosa, come la Polonia: “A dieci

anni dalla svolta del 1989 già si

notava una generale crisi delle

Chiese e delle comunità religiose

dell’Est…”

Dopo il primo entusiasmo

democratico, nel 1995 Eltsin si trova

in seria difficoltà: continuare a

cercare il sostegno in un movimento

democratico debole e diviso, o invece

appoggiarsi ai militari e ai servizi di

sicurezza? In questo quadro Eltsin,

suo malgrado, sceglie i vertici del

KGB,ribattezzato FSB

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3^ FASE DELLA TRANSIZIONE

Talune statistiche attestano che a

fronte dell’80% di Russi che si

dichiarano ortodossi, di questi

appena la metà oggi si professa

credente in Dio. Ciò significa che

“si appartiene automaticamente

a una fede perché si appartiene a

una Nazione”

Putin pone una condizione

agli oligarchi: le

loro proprietà possono essere

conservate solo a

patto di una lealtà assoluta

del singolo proprietario

nei confronti della nuova

squadra del Presidente

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3^ FASE DELLA TRANSIZIONE

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3^ FASE DELLA TRANSIZIONE

Primi obiettivi della politica putiniana

sono i proprietari dei media più influenti e

popolari: il Primo canale della televisione

(il più seguito), di proprietà di Boris

Berezovskij. Successivamente il canale

NTV di Vladimir Gusinskij, che godeva del

massimo indice di gradimento dei

telespettatori e che si distingueva per

l’indipendenza dell’informazione politica.

Ambedue gli oligarchi sono stati costretti

ad emigrare all’estero

“…è certamente oggi inconcepibile

sostenere – come in effetti fa la

Chiesa russa – un concetto di

territorio canonico inteso come

feudo esclusivo della Chiesa

ortodossa russa, in cui le altre Chiese

sono sostanzialmente tollerate solo

se mantengono un basso profilo

istituzionale ed esercitano la loro

missione pastorale nell’ambito di una

popolazione definita con criteri

etnico-religiosi.”

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3^ FASE DELLA TRANSIZIONE

La lezione più

importante per la

grande impresa

è stato il processo

a carico di Mikhail

Khodorkovskij,proprietario

dell’azienda petrolifera Yukos, e degli

altri dirigenti del gruppo industriale.

L’aumento del prezzo del petrolio

consente in breve a Putin di eliminare

il pesante debito pubblico

“Ritengo…che oggi è

necessario edificare non

tanto i luoghi di culto, già

costruiti o riparati in buon

numero, quanto l’anima delle

persone” (Vsevolod Chaplin,

presidente del Dipartimento

sinodale russo per i rapporti

tra Chiesa e società)

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L’ERA PUTIN

I meccanismi istituzionali che hanno consentito

l’attuazione della strategia complessiva di Putin sono

costituiti dai servizi speciali e dal sistema giudiziario,

che è totalmente subordinato al potere esecutivo. La

combinazione di metodi legali e illegali è una delle

maggiori risorse del potere attuale, e ne dimostra la

provenienza dalla matrice del KGB.

La prassi della polizia segreta con i suoi metodi

specifici (attività illegale, provocazione, falsi processi,

informazione raccolta con mezzi illeciti, ecc.) sta

diventando sempre più diffusa e incontrollata.

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LA PRESENZA RELIGIOSA OGGI

ORTODOSSI: 165 milioni

CATTOLICI: 65 milioni

CATTOLICI ORIENTALI: 6 milioni

PROTESTANTI: 10 milioni

MUSULMANI: 20 milioni

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LA PRESENZA RELIGIOSA OGGI

MUSULMANI: 20 milioni

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Oggi in Europa orientale e sud-orientale vi sono in totale 12 Chiese

ortodosse, di cui cinque hanno rango patriarcale: la Chiesa ortodossa

russa, la Chiesa ortodossa bulgara, la Chiesa ortodossa serba, la Chiesa

ortodossa romena e la Chiesa ortodossa di Georgia.

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RELIGIONI TRADIZIONALI ?

Per la legge federale del 1997 tutte le associazioni religiose che non potevano

vantare una presenza legale in un dato territorio da almeno 15 anni, avevano sì il

diritto di svolgere attività liturgica al loro interno, ma senza godere della possibilità

di fondare istituti di educazione, di svolgere attività educativa nelle scuole, di

produrre, esportare e importare materiale religioso,

di svolgere attività di culto e di apostolato negli istituti di cura, detenzione ecc.

Il concetto di religione tradizionale, poi, viene strettamente ricollegato ad uno

specifico territorio, così che, oltre all’ortodossia, sono di fatto considerate

tradizionali, ma solo in relazione a determinati distretti geografici, anche l’islam, il

giudaismo e il buddismo. Alcune repubbliche caucasiche, come per esempio la

“strategica” Cecenia, hanno una forte connotazione musulmana

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PROVE DI CESARO-PAPISMO

Si profila all’orizzonte – secondo l’autorevole opinione del prof. Codevilla

– una nuova ipotesi di cesaro-papismo, particolarmente invisa alla stessa

base dei credenti ortodossi. Ed infatti molti appartenenti all’apparato

statale-burocratico, che fino a ieri davano sfoggio di ateismo sotto le

bandiere comuniste, oggi sono accaniti sostenitori del principio della

“sinfonia” dei poteri fra lo Stato e l’Ortodossia, fra lo Zar e il Patriarca.

Non a caso l’attuale patriarca Kirill durante il periodo sovietico, al

contrario di milioni di suoi correligionari, godeva di ampia libertà di

movimento e d’azione. In definitiva oggi in Russia l’ortodossia sembra

profilarsi come “Chiesa di Stato”.

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IL RAPPORTO CON I CATTOLICI

Il prof. Codevilla nel suo volume ricorda che,

considerando la situazione al momento della

presa di potere da parte dei bolscevichi, la

popolazione cattolica della Russia contava

quasi un milione e 600 mila fedeli, distribuiti

in cinque diocesi. In totale, dunque, la Chiesa

cattolica contava allora 538 parrocchie, più di

860 chiese, 786 sacerdoti.

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IL RAPPORTO CON I CATTOLICI ORIENTALI

Senza considerare poi la presenza dei greco-

cattolici, numerosissimi nelle vaste aree

circostanti e oggi appartenenti anche alle

Repubbliche di Ucraina e Bielorussia. Dunque è

quanto meno anomalo ritenere non

“tradizionale” la Chiesa cattolica in Russia.

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CHI SONO GLI UNIATI

I primi ortodossi a unirsi con Roma (da qui il termine dispregiativo di “uniati”) furono quelli

presenti nelle diocesi dell’Ucraina orientale, con a capo la metropoli di Kiev, al sinodo di

Brest del 1596; poi vennero i ruteni trans-carpatici (Ucraina occidentale) con l’unione di

Uzhorod del 1652; infine fu la volta dei romeni di Transilvania ai due sinodi di Alba Iulia del

1698 e del 1700. Furono tutte unioni parziali, che però assunsero, come base dogmatica e

disciplinare, il decreto che al Concilio di Firenze (1438-39) aveva sanzionato l’unione totale

con tutta la Chiesa ortodossa. Anche se quell’unione con l’intera ortodossia durò poco,

costituì comunque un precedente di straordinaria importanza. Questo significa che i

vescovi che entrarono, in tutte le occasioni successive al Concilio di Firenze, in comunione

con Roma, non si ritennero mai dei traditori dell’ortodossia, ma si sentirono i successori di

quei vescovi orientali che a Firenze avevano – con convinzione – sottoscritto l’unione,

rimanendovi poi fedeli fino alla morte.

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LE DIVISIONI DELL’ORTODOSSIA

In Ucraina, per esempio, vi sono tre

Chiese ortodosse in contrasto fra

loro; in Moldavia si fronteggiano due

Chiese (una filo-russa e l’altra filo-

rumena). Sembra che il rifiuto di

riconoscere il primato romano dei

successori di Pietro (come già nel

campo protestante), nel tempo sia

stato foriero di nuove e talora più

aspre divisioni.

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GLI ZINGARI, ANZI: I ROM

Secondo il sito dell’Unione

Europea i Rom presenti in tutta

Europa sono fra i 12 e i 15

milioni, di cui 7-9 milioni vivono

nel territorio dell’U.E.

Rappresentano quindi la più

grande minoranza paneuropea.

I Rom (parola che significa “uomini liberi”, come essi stessi si definiscono) vantano una forte presenza in Europa orientale, da cui provengono, e specialmente in Romania. Sono musulmani, ma anche cristiani.

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IMPERO, UN’IDEA CHE RITORNA ?

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IMPERO, UN’IDEA CHE RITORNA

“…Gli imperi sono fenomeni di

progresso, i separatismi sono

fenomeni reazionari. Da una

coscienza imperiale lo spirito

umano viene ingrandito, da

una coscienza separatista è

rimpicciolito.” (Chiese e

culture nell’Est europeo, A.V.

Kartasev, citato dal Prof.

Roccucci a pagina 416).

Da un certo punto di vista oggi è il

patriarcato di Mosca a raccogliere

l’eredità dell’idea imperiale russa:

“La connessione tra ortodossia

russa e dimensione imperiale ha

continuato a essere un elemento

significativo anche in età

contemporanea, fino ai nostri

giorni.”

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CONCLUSIONI

Oggi non è più possibile pensare l’Europa senza la sua parte orientale, così

come non si può immaginare un suo futuro senza un rapporto di stretta

cooperazione con la Russia (se mai con una Russia più democratica rispetto a

quella dell’autocratico Putin!). D’altro canto, anche i destini del cristianesimo

in Europa sembrano essere sempre più dipendenti dall’avvicinamento tra

Chiesa cattolica e Chiese ortodosse, nel cui quadro le relazioni tra Roma e

Mosca sono determinanti. Dinanzi al mondo contemporaneo – scrive Adriano

Roccucci – i rapporti fra Mosca e Roma sono un appuntamento decisivo per il

futuro del cristianesimo.

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CONCLUSIONI

A fronte della pressione musulmana, che spinge tanto sull’Europa occidentale

(con l’immigrazione) che su quella orientale (attraverso il Caucaso e le

Repubbliche centro-asiatiche), le risposte del secolarismo e del relativismo

materialista appaiono intrinsecamente deboli e destinate a soccombere.

E’ dunque quanto mai urgente che il cristianesimo, pur nella ricchezza delle

sue diverse tradizioni, ritorni a parlare con una sola voce per dare senso e

contenuto all’Europa unita: per rinverdire le perenni e gloriose radici

cristiane, secondo la straordinaria lezione del Servo di Dio Giovanni Paolo II,

portata avanti oggi in perfetta continuità da Benedetto XVI. Ma per fare ciò è

necessario che l’idea imperiale russa, tanto nella sua versione socio-politica

che religiosa, superi l’anacronistico isolamento di cui ancora oggi sembra

prigioniera.

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…INFINE, IL MIO CUORE IMMACOLATO TRIONFERA’

Forse non è un caso che anche

nel messaggio di Fatima la

conversione della Russia resti

un passaggio chiave affinché il

mondo abbia la pace.