L'uomo dell'età della pietra sulle rive del...

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hanno eseguito ricerche in una serie di siti che risalgono a un periodo compreso fra il 15 000 e il 10 000 a.C. Questo sito, ripreso durante le operazioni di scavo, appartiene alle culture indicate come sebekiana e silsiliana, di datazione compresa fra il 13 000 e il 12 000 a.C. In esso i ricercatori hanno trovato utensili litici caratteristici delle culture stesse e ossa degli animali che furono cacciati da parte degli abitanti. O ggi in Egitto, a sud del Cairo, le precipitazioni atmosferiche, se si verificano, si misurano in milli- metri. Questa situazione è immutata sin dai giorni dei Faraoni, tuttavia un tempo il livello del Nilo era molto più alto. Il grande fiume e i suoi affluenti stagionali bagnavano una regione fertile e dal cli- ma temperato, anche se circondata da un deserto inospitale. Questo insieme di cir- costanze fa praticamente dell'Egitto prei- storico un microcosmo da laboratorio per lo studio della capacità umana di adattamento. A che epoca risalgono i primi insedia- menti umani nella valle del Nilo? Soltan- to in questi ultimi anni è stato possibile raccogliere notizie più precise sulla prei- storia del Nilo, ma a tutt'oggi tale cono- scenza è ancora frammentaria. Abbiamo infatti le prove che esseri umani apparte- nenti a due grandi fasi di sviluppo tecni- co-culturale, il Paleolitico inferiore e me- dio, furono presenti nel basso Egitto (o Egitto settentrionale), da un milione di anni fa circa fino a 30 000 anni fa. Oltre alle testimonianze che si possono racco- gliere dagli utensili litici, tuttavia, poco si conosce di questi primitivi abitanti dell'Egitto. Per esempio non si è trovato un solo fossile umano appartenente a questi periodi. A partire però da circa 22 000 anni fa, nell'ultima parte del Paleolitico superio- re, comincia a delinearsi un quadro più dettagliato della preistoria egiziana. Pos- siamo cominciare a parlare con una certa sicurezza del modo di vivere della popo- lazione, dei suoi modelli di insediamen- to, delle sue attività economiche e dei progressi tecnologici come pure delle condizioni ambientali e climatiche che ebbero a prevalere. La cosa è di notevole interesse, in quanto durante il Paleolitico superiore il Vecchio Mondo è stato per consuetudine considerato nello scenario del rigido ambiente glaciale dell'Europa di quel periodo, quando piccoli gruppi di cacciatori inseguivano gli animali tipici del clima freddo, come il mammut lano- so e la renna. Non si potrebbe immagi- nare un contrasto ambientale maggiore di quello esistente fra le caverne gelide e ricche di arte dei Pirenei e della Dordo- gna da un lato e le lussureggianti, verdi paludi e le ramificazioni laterali del Nilo dall'altro, ove vivevano l'ippopotamo, l'alcelafo e la gazzella invece della renna, del bisonte e del cavallo selvatico. La maggior parte delle nuove cogni- zioni da noi acquisite sull'Egitto preisto- rico è da attribuire alla costruzione della diga di Assuan, nell'alto Egitto (o Egitto meridionale) durante gli anni sessanta. I governi egiziano e sudanese, in associa- zione con l'UNESCO, invitarono archeo- logi di molti paesi a contribuire al salva- taggio dei monumenti e alla raccolta di esemplari nel maggior numero possibile dei siti che sarebbero stati alla fine som- mersi dalle acque del nuovo bacino arti- ficiale del Nilo. Alcuni di coloro che aderirono, principalmente studiosi di preistoria, provenienti dal Canada, dagli Stati Uniti e dall'URSS, concentrarono la loro attività nei siti che erano stati abitati dall'uomo primitivo. Il loro lavo- ro, intrapreso in collaborazione con e- sperti in scienze correlate, quali la geolo- gia e la paleontologia, ha contribuito ad approfondire notevolmente le nostre co- gnizioni circa le popolazioni pre-agricole della valle del Nilo al tempo in cui in Europa gli ultimi ghiacciai incomincia- vano a ritirarsi. N on tutti i siti occupati dall'uomo pri- mitivo che furono oggetto di ricer- che durante gli anni sessanta erano in pericolo di essere sommersi. L'area in cui il mio gruppo, proveniente dal Na- tional Museum of Canada, condusse gli scavi nel 1962 e nel 1963, era minacciata in modo diverso. La pianura di Kom Ombo (kom è l'equivalente egiziano del- la parola teli o tepe del Vicino Oriente e significa tumulo, collinetta), situata a cir- ca 50 chilometri a nord di Assuan, è un'ampia area di antichi sedimenti di limo alluvionale, che, sebbene siano ora completamente disseccati, richiedono soltanto che vi sia immessa acqua pom- pata dal Nilo per trasformarsi in fertile terreno adatto all'agricoltura. Una boni- fica di questo genere fu intrapresa all'i- nizio del secolo, quando imprenditori eu- ropei costruirono stazioni e impianti di pompaggio e crearono nella pianura del- le piantagioni di zucchero. Anche il go- 1,a pianura di Kom Ombo, sulla riva orientale del Nilo circa 500 chilometri a sud del Cairo, è la località in cui l'autore e i suoi colleghi verno egiziano ha deciso di seguire la stessa via e di sistemare nel resto della pianura la maggior parte della popola- zione proveniente dalla Nubia egiziana il cui territorio sarebbe stato invaso dal- l'acqua. A Kom Ombo molti siti del Paleoliti- co di un certo interesse sono già stati piantati a canna da zucchero. Il mio gruppo, che operava sotto gli auspici del governo canadese, insieme a un altro gruppo proveniente dalla Yale Universi- ty, si dedicò al salvataggio o al cataloga- mento di un buon numero di quelli an- cora intatti. Così facendo seguimmo l'e- sempio dell'ingegnere francese Edmond Vignard, archeologo dilettante, che ave- va lavorato in una raffineria di zucchero a Kom Ombo all'inizio degli anni venti e aveva fatto osservazioni assai utili in una epoca in cui i siti dell'uomo primitivo esistenti nella pianura erano ancora re- lativamente integri. Oltre ai risultati delle ricerche di Vi- gnard, a Kom Ombo potemmo godere di altri vantaggi. Uno di essi fu la strati- grafia, e di conseguenza la cronologia, delle formazioni geologiche, eseguita in modo molto particolareggiato da Karl W. Butzer dell'Università di Chicago (u- nitamente a uno dei suoi studenti, Carl L. Hansen) e da R.J. Fulton del Geolo- gical Survey canadese. Questi studi con- sentirono di mettere a confronto i vari siti preistorici con la testimonianza geo- logica delle variazioni di livello e di cor- so del Nilo e anche con i mutamenti nella portata degli affluenti locali, che rispecchiano le variazioni avvenute in passato nelle precipitazioni atmosferiche locali. Il secondo importante vantaggio consisté nel fatto che, mentre nella mag- gior parte dell'Egitto i resti animali del Paleolitico sono scarsi e mal conservati, nei siti di Kom Ombo sono presenti gran- di quantità di ossa. Le ossa, naturalmen- te, forniscono al ricercatore indizi pre- ziosi circa le attività di sussistenza degli abitanti primitivi. Nel tardo Paleolitico l'ambiente di Kom Ombo era il prodotto di una com- plessa interazione di fattori. Il compor- tamento del Nilo stesso - le sue variazio- ni cicliche a lungo termine, le inondazio- ni annuali, la portata e la velocità della sua corrente - era determinato da eventi climatici remoti che si verificavano in Africa orientale. Inoltre la piovosità lo- cale, la temperatura e il comportamento degli affluenti che scorrevano attraverso la pianura scendendo dalle sorgenti si- tuate sulle colline del Mar Rosso, a circa 150 chilometri di distanza, erano gli ef- fetti prodotti dal tipo di circolazione at- mosferica esistente nell'emisfero setten- trionale, nel quale si faceva ancora senti- re l'influenza dei ghiacciai europei. En- trambi questi fattori si combinavano poi con la geomorfologia della pianura e delle aree adiacenti. Il risultato era un mosaico di microambienti é di habitat in una ristretta zona geografica. In un eco- sistema instabile di questo genere, quan- do l'una o l'altra variabile subiva un'al- terazione, ci si poteva attendere il verifi- carsi di improvvise variazioni nell'assor- timento di piante e di animali e nei me- todi di sfruttamento delle culture umane che da quelli traevano i loro mezzi di sussistenza. Nella valle del Nilo, immediatamente a nord e a sud di Kom Ombo, il fiume e la sua pianura alluvionale sono stati a lungo confinati in uno stretto corridoio che si insinua tra rupi di arenaria e alte terrazze. A Kom Ombo, tuttavia, una serie di faglie geologiche ha provocato il cedimento delle rupi verso est, cosicché si è formata lungo la sponda orientale del fiume una vasta depressione che si estende su un'area di 500 chilometri qua- drati. Dal punto di vista di uno studioso di preistoria le caratteristiche più interes- santi della geologia locale sono costituite da sedimenti - limo, sabbia e ciottoli - che si depositarono tra il 15 000 e il 10 000 a.C. lungo il Nilo e i suoi affluen- ti. I sedimenti di limo del Nilo, prodotti dall'erosione del suolo molto più a sud, in Etiopia, si formarono quando il fiume era considerevolmente più alto e impe- tuoso che ai nostri giorni. Essi si trovano a circa 15 metri sopra l'odierna pianura alluvionale. È all'interno e al di sopra di tali sedimenti, noti come formazione di Gebel Silsila, che sono stati trovati i siti del tardo Paleolitico, in alcuni punti se- polti in profondità e messi in luce soltan- to dall'erosione o da tagli artificiali e in altri esposti in superficie, dove il vento aveva spazzato il limo che li ricopriva. L'uomo dell'età della pietra sulle rive del Nilo Migliaia di anni prima dei Faraoni, lungo il grande fiume vivevano cacciatori e raccoglitori. Il loro adattamento all'ambiente costituì la base per lo sviluppo dell'agricoltura e di un alto grado di civiltà di Philip E.L. Smith 40 41

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hanno eseguito ricerche in una serie di siti che risalgono a un periodocompreso fra il 15 000 e il 10 000 a.C. Questo sito, ripreso durante leoperazioni di scavo, appartiene alle culture indicate come sebekiana e

silsiliana, di datazione compresa fra il 13 000 e il 12 000 a.C. In esso iricercatori hanno trovato utensili litici caratteristici delle culture stessee ossa degli animali che furono cacciati da parte degli abitanti.

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ggi in Egitto, a sud del Cairo, leprecipitazioni atmosferiche, se siverificano, si misurano in milli-

metri. Questa situazione è immutata sindai giorni dei Faraoni, tuttavia un tempoil livello del Nilo era molto più alto. Ilgrande fiume e i suoi affluenti stagionalibagnavano una regione fertile e dal cli-ma temperato, anche se circondata da undeserto inospitale. Questo insieme di cir-costanze fa praticamente dell'Egitto prei-storico un microcosmo da laboratorioper lo studio della capacità umana diadattamento.

A che epoca risalgono i primi insedia-menti umani nella valle del Nilo? Soltan-to in questi ultimi anni è stato possibileraccogliere notizie più precise sulla prei-storia del Nilo, ma a tutt'oggi tale cono-scenza è ancora frammentaria. Abbiamoinfatti le prove che esseri umani apparte-nenti a due grandi fasi di sviluppo tecni-co-culturale, il Paleolitico inferiore e me-dio, furono presenti nel basso Egitto (oEgitto settentrionale), da un milione dianni fa circa fino a 30 000 anni fa. Oltrealle testimonianze che si possono racco-gliere dagli utensili litici, tuttavia, pocosi conosce di questi primitivi abitantidell'Egitto. Per esempio non si è trovatoun solo fossile umano appartenente aquesti periodi.

A partire però da circa 22 000 anni fa,nell'ultima parte del Paleolitico superio-re, comincia a delinearsi un quadro piùdettagliato della preistoria egiziana. Pos-siamo cominciare a parlare con una certasicurezza del modo di vivere della popo-lazione, dei suoi modelli di insediamen-to, delle sue attività economiche e deiprogressi tecnologici come pure dellecondizioni ambientali e climatiche cheebbero a prevalere. La cosa è di notevoleinteresse, in quanto durante il Paleoliticosuperiore il Vecchio Mondo è stato perconsuetudine considerato nello scenariodel rigido ambiente glaciale dell'Europadi quel periodo, quando piccoli gruppi dicacciatori inseguivano gli animali tipici

del clima freddo, come il mammut lano-so e la renna. Non si potrebbe immagi-nare un contrasto ambientale maggioredi quello esistente fra le caverne gelide ericche di arte dei Pirenei e della Dordo-gna da un lato e le lussureggianti, verdipaludi e le ramificazioni laterali del Nilodall'altro, ove vivevano l'ippopotamo,l'alcelafo e la gazzella invece della renna,del bisonte e del cavallo selvatico.

La maggior parte delle nuove cogni-zioni da noi acquisite sull'Egitto preisto-rico è da attribuire alla costruzione delladiga di Assuan, nell'alto Egitto (o Egittomeridionale) durante gli anni sessanta. Igoverni egiziano e sudanese, in associa-zione con l'UNESCO, invitarono archeo-logi di molti paesi a contribuire al salva-taggio dei monumenti e alla raccolta diesemplari nel maggior numero possibiledei siti che sarebbero stati alla fine som-mersi dalle acque del nuovo bacino arti-ficiale del Nilo. Alcuni di coloro cheaderirono, principalmente studiosi dipreistoria, provenienti dal Canada, dagliStati Uniti e dall'URSS, concentraronola loro attività nei siti che erano statiabitati dall'uomo primitivo. Il loro lavo-ro, intrapreso in collaborazione con e-sperti in scienze correlate, quali la geolo-gia e la paleontologia, ha contribuito adapprofondire notevolmente le nostre co-gnizioni circa le popolazioni pre-agricoledella valle del Nilo al tempo in cui inEuropa gli ultimi ghiacciai incomincia-vano a ritirarsi.

Non tutti i siti occupati dall'uomo pri-mitivo che furono oggetto di ricer-

che durante gli anni sessanta erano inpericolo di essere sommersi. L'area incui il mio gruppo, proveniente dal Na-tional Museum of Canada, condusse gliscavi nel 1962 e nel 1963, era minacciatain modo diverso. La pianura di KomOmbo (kom è l'equivalente egiziano del-la parola teli o tepe del Vicino Oriente esignifica tumulo, collinetta), situata a cir-ca 50 chilometri a nord di Assuan, è

un'ampia area di antichi sedimenti dilimo alluvionale, che, sebbene siano oracompletamente disseccati, richiedonosoltanto che vi sia immessa acqua pom-pata dal Nilo per trasformarsi in fertileterreno adatto all'agricoltura. Una boni-fica di questo genere fu intrapresa all'i-nizio del secolo, quando imprenditori eu-ropei costruirono stazioni e impianti dipompaggio e crearono nella pianura del-le piantagioni di zucchero. Anche il go-

1,a pianura di Kom Ombo, sulla riva orientaledel Nilo circa 500 chilometri a sud del Cairo,è la località in cui l'autore e i suoi colleghi

verno egiziano ha deciso di seguire lastessa via e di sistemare nel resto dellapianura la maggior parte della popola-zione proveniente dalla Nubia egiziana ilcui territorio sarebbe stato invaso dal-l'acqua.

A Kom Ombo molti siti del Paleoliti-co di un certo interesse sono già statipiantati a canna da zucchero. Il miogruppo, che operava sotto gli auspici delgoverno canadese, insieme a un altrogruppo proveniente dalla Yale Universi-ty, si dedicò al salvataggio o al cataloga-mento di un buon numero di quelli an-cora intatti. Così facendo seguimmo l'e-sempio dell'ingegnere francese EdmondVignard, archeologo dilettante, che ave-va lavorato in una raffineria di zuccheroa Kom Ombo all'inizio degli anni venti eaveva fatto osservazioni assai utili in unaepoca in cui i siti dell'uomo primitivoesistenti nella pianura erano ancora re-lativamente integri.

Oltre ai risultati delle ricerche di Vi-gnard, a Kom Ombo potemmo godere dialtri vantaggi. Uno di essi fu la strati-grafia, e di conseguenza la cronologia,delle formazioni geologiche, eseguita inmodo molto particolareggiato da KarlW. Butzer dell'Università di Chicago (u-nitamente a uno dei suoi studenti, CarlL. Hansen) e da R.J. Fulton del Geolo-gical Survey canadese. Questi studi con-sentirono di mettere a confronto i varisiti preistorici con la testimonianza geo-logica delle variazioni di livello e di cor-so del Nilo e anche con i mutamenti

nella portata degli affluenti locali, cherispecchiano le variazioni avvenute inpassato nelle precipitazioni atmosferichelocali. Il secondo importante vantaggioconsisté nel fatto che, mentre nella mag-gior parte dell'Egitto i resti animali delPaleolitico sono scarsi e mal conservati,nei siti di Kom Ombo sono presenti gran-di quantità di ossa. Le ossa, naturalmen-te, forniscono al ricercatore indizi pre-ziosi circa le attività di sussistenza degliabitanti primitivi.

Nel tardo Paleolitico l'ambiente diKom Ombo era il prodotto di una com-plessa interazione di fattori. Il compor-tamento del Nilo stesso - le sue variazio-ni cicliche a lungo termine, le inondazio-ni annuali, la portata e la velocità dellasua corrente - era determinato da eventiclimatici remoti che si verificavano inAfrica orientale. Inoltre la piovosità lo-cale, la temperatura e il comportamentodegli affluenti che scorrevano attraversola pianura scendendo dalle sorgenti si-tuate sulle colline del Mar Rosso, a circa150 chilometri di distanza, erano gli ef-fetti prodotti dal tipo di circolazione at-mosferica esistente nell'emisfero setten-trionale, nel quale si faceva ancora senti-re l'influenza dei ghiacciai europei. En-trambi questi fattori si combinavano poicon la geomorfologia della pianura edelle aree adiacenti. Il risultato era unmosaico di microambienti é di habitat inuna ristretta zona geografica. In un eco-sistema instabile di questo genere, quan-do l'una o l'altra variabile subiva un'al-

terazione, ci si poteva attendere il verifi-carsi di improvvise variazioni nell'assor-timento di piante e di animali e nei me-todi di sfruttamento delle culture umaneche da quelli traevano i loro mezzi disussistenza.

Nella valle del Nilo, immediatamentea nord e a sud di Kom Ombo, il fiume ela sua pianura alluvionale sono stati alungo confinati in uno stretto corridoioche si insinua tra rupi di arenaria e alteterrazze. A Kom Ombo, tuttavia, unaserie di faglie geologiche ha provocato ilcedimento delle rupi verso est, cosicchési è formata lungo la sponda orientaledel fiume una vasta depressione che siestende su un'area di 500 chilometri qua-drati. Dal punto di vista di uno studiosodi preistoria le caratteristiche più interes-santi della geologia locale sono costituiteda sedimenti - limo, sabbia e ciottoli -che si depositarono tra il 15 000 e il10 000 a.C. lungo il Nilo e i suoi affluen-ti. I sedimenti di limo del Nilo, prodottidall'erosione del suolo molto più a sud,in Etiopia, si formarono quando il fiumeera considerevolmente più alto e impe-tuoso che ai nostri giorni. Essi si trovanoa circa 15 metri sopra l'odierna pianuraalluvionale. È all'interno e al di sopra ditali sedimenti, noti come formazione diGebel Silsila, che sono stati trovati i sitidel tardo Paleolitico, in alcuni punti se-polti in profondità e messi in luce soltan-to dall'erosione o da tagli artificiali e inaltri esposti in superficie, dove il ventoaveva spazzato il limo che li ricopriva.

L'uomo dell'età della pietrasulle rive del Nilo

Migliaia di anni prima dei Faraoni, lungo il grande fiume vivevanocacciatori e raccoglitori. Il loro adattamento all'ambiente costituì labase per lo sviluppo dell'agricoltura e di un alto grado di civiltà

di Philip E.L. Smith

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MARE MEDITERRANEO

KOM OMBO

PRIMA CATERATTAN • ASSUAN

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TERZA CATERATTA

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CHILOMETRI

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Una fotografia presa dal satellite LANDSAT mostra la valle del Nilo come una striscia coloratache attraversa il deserto nella parte sinistra dell'immagine. La pianura di Kom Ombo, orasottoposta a coltura intensiva, appare come una protuberanza sul lato destro del fiume. Inquesta fotografia a falsi colori il verde delle aree coltivate corrisponde al rosso. L'allargamentodel fiume in basso a sinistra è il lago Nasser, che si trova a monte della diga di Assuan.Sulla destra vi sono le alture che portano alle colline del Mar Rosso. Le valli che scendono alNilo sono uadi che una volta erano gli affluenti stagionali del fiume. Essi sono ora asciutti,se si eccettuano le rare occasioni in cui si verifica un forte piovasco sulle colline del Mar Rosso.

Oggi la pianura, ricoperta per migliada verdi piantagioni di canna da zucche-ro e da colture orticole e solcata dacanali di irrigazione che circondano lanuova città di Kom Ombo, è assai diver-sa dall'arido e polveroso territorio incol-to di meno di un secolo fa. È anchemolto dissimile dalla pianura del tardoPaleolitico. Gli archeologi respingono laipotesi secondo la quale prima che gliagricoltori trasformassero la valle del Ni-lo durante il Neolitico essa fosse unagiungla ostile e paludosa, difficile daraggiungere, popolata da animali perico-losi e di scarsa attrattiva per l'uomo.Oggi al contrario sappiamo che la valleera costituita da una zona di terrenopiuttosto aperto in cui cacciatori, racco-glitori e pescatori avevano alla loro por-tata numerose specie acquatiche e terre-stri che potevano dare sostentamento auna popolazione considerevole. Inoltrela pianura di Kom Ombo era qualcosa dipiù di un tratto qualsiasi della valle delNilo, e i suoi abitanti dovettero essereuna popolazione fra le meglio nutrite nelmondo del tardo Paleolitico.

T n quel periodo il clima dell'alto Egittoera soltanto un po' meno arido di

quello odierno. Possiamo ritenere che leprecipitazioni annuali fossero di 10 o 20millimetri e che si verificassero durante imesi invernali soprattutto sulle collinedel Mar Rosso. Tuttavia il fiume, con lesue acque perenni e i suoi affluenti sta-gionali che scendevano dalle alture delMar Rosso verso occidente, neutralizza-va gli effetti della scarsa piovosità a KomOmbo. L'escursione termica, che dovevaaggirarsi intorno ai 10 gradi centigradi,era inferiore a quella attuale e durantel'inverno la temperatura poteva scenderesotto lo zero.

In quel periodo il Nilo aveva già damolto tempo assunto stabilmente il suoattuale regime di inondazioni estive cau-sate dalle piogge monsoniche caratteristi-che dell'Africa orientale. Da agosto aottobre il livello del fiume saliva sino ainondare aree che oggi si trovano assaioltre la sua attuale disseccata pianuraalluvionale. Al massimo della piena ilNilo così ingrossato formava lunghi etortuosi rami laterali attraverso la pianu-ra di Kom Ombo, creando vere e proprieisole, che rimanevano tali finché le acquerifluivano nel tardo autunno. La pianuraalluvionale aveva probabilmente un'am-piezza di circa cinque chilometri. Gli in-sediamenti umani si concentravano lun-go gli argini delle ramificazioni formatedalle inondazioni stagionali quando illivello del Nilo era alto, e si spostavanopiù in basso verso la pianura alluvionalequando il fiume si ritirava. Lungo le rivedegli affluenti, ora ridotti a uadi asciutti,si sono rinvenuti solo pochi accampa-menti; probabilmente non si prestavanomolto all'insediamento.

Kom Ombo ha fornito scarse testimo-nianze paleobotaniche di un certo valo-re, ma è ugualmente possibile farsi un'i-dea complessiva della vegetazione, gene-ralmente subtropicale, che cresceva nella

pianura. Nella bassa pianura alluvionale,oltre a un tappeto erboso che coprivabuona parte del territorio, ai lati del cor-so principale del fiume sorgeva una fore-sta di acacie, tamarischi, sicomori e sali-ci egiziani che doveva formare una spe-cie di galleria. Una vegetazione menofitta degli stessi alberi doveva ricopriregli argini dei rami laterali. Cespugli dibiancospino crescevano probabilmentenelle valli degli affluenti maggiori e lecornici più alte, non direttamente rag-giunte dall'annuale inondazione, ospita-vano probabilmente una vegetazione se-midesertica di bassi arbusti o di bosca-glia, con aride praterie sulle colline e ce-spugli desertici sparsi più oltre a oriente.Possiamo anche ipotizzare l'esistenza diuna flora acquatica assai rigogliosa - can-ne, falaschi, piante di loto e di papiro -lungo il fiume e le sue ramificazioni.

C.S. Churcher della Università di To-ronto ha analizzato i resti animali prove-nienti dai nostri scavi. La sua ricerca harivelato l'esistenza di una serie di verte-brati sorprendentemente numerosa: al-meno una dozzina di tipi di mammiferi,22 tipi di uccelli, 3 di pesci e uno di retti-li. Di rilievo notevole tra i mammiferisono l'uro, un grosso bovide ora estinto(Bos primigenius), un'antilope del grup-po dei bubali (Alcelaphus buselaphus,una specie ancora vivente nel Sudan) emolte specie di gazzelle. Questi animali el'ippopotamo erano la selvaggina prefe-rita. Vi erano inoltre lepri, iene, unaspecie di canidi, topi giganti e probabil-mente la cosiddetta capra crinita (Am-motragus lervia, che si trova ancora nel-l'Africa settentrionale).

Nei corsi d'acqua e negli stagni vive-vano il grosso pesce gatto del Nilo e ilpesce persico del Nilo, il barbo africano,come pure dei molluschi bivalvi, l'ostricadel Nilo e una specie di tartaruga dalguscio molle. Molte delle ossa di uccelliappartengono a specie migratorie: la val-le del Nilo era probabilmente, allora co-me ai nostri giorni, un'importante diret-trice di volo fra l'Europa e l'Africa. Fragli uccelli acquatici, i trampolieri e ituffatori, sono comprese numerose spe-cie di oche e di anitre, il cormorano,l'airone, il fenicottero, la spatola, la grue il chiurlo. Stando all'evidenza, nonerano presenti né l'elefante, né la giraf-fa, né il rinoceronte, né i grandi carnivo-ri come il leone e il leopardo. Può darsiche vivessero colà lo struzzo, il maialeselvatico, la zebra e il coccodrillo, manon se ne è trovata traccia.

una simile abbondante concentrazionedi risorse vegetali e animali dovette

fare di Kom Ombo uno dei luoghi piùricchi di attrattive per l'uomo di qualsia-si regione del tardo Paleolitico. Per al-meno 5000 anni a Kom Ombo dovettesorgere e fiorire un'economia basata sul-le risorse del fiume ma al tempo stessodiversificata. Anche se molte testimo-nianze archeologiche sono andate perdu-te e si possiedono scarsi dati sulla vege-tazione, possiamo farci qualche idea delflusso stagionale di energia alimentare

che attraversava la pianura e cercare didimostrare come le attività umane si fos-sero adattate alle variazioni a lungo ebreve termine di tale flusso di energia.

I più antichi siti del Paleolitico supe-riore di Kom Ombo hanno circa 17 000anni. Prima di quell'epoca la pianura eraprobabilmente abitata, ma o i siti diquelle genti non si sono conservati, op-pure sono ancora da scoprire. In ognicaso nei secoli immediatamente prece-denti il 15 000 a.C. a Kom Ombo la pio-vosità era minima, il flusso stagionaleidrico degli affluenti era scarso e la vege-tazione e la selvaggina erano rade, lonta-ne dal Nilo. Dal 15 000 al 10 000 a.C.circa, tuttavia, le piogge furono general-mente più abbondanti e l'apporto degliaffluenti maggiore. Il mutamento clima-tico contribuì evidentemente a ricchi ediversi sviluppi culturali. Lo stesso feno-meno generale, sebbene diverso nei par-ticolari, è stato riferito da altri ricercato-ri che hanno effettuato scavi nella bassaNubia e nell'alto Egitto. La testimonian-za di una fioritura culturale lungo tuttala valle del Nilo ha indotto gli studiosi amodificare il punto di vista tradizionalesecondo il quale il Paleolitico più tardodella regione si era impoverito. Nellasola Kom Ombo, durante questo inter-vallo di 5000 anni, vediamo emergeretutta una serie di stili nella lavorazionedegli utensili (che gli studiosi chiamanoindustrie o talvolta, con un termine cheben si adatta al concetto, culture); essivariano considerevolmente per la forma,per il metodo di lavorazione e per il tipodi pietra adottato. Non siamo ancora deltutto certi sull'interpretazione da dare aquesta inattesa e apparentemente anar-chica diversità nella produzione di uten-sili, ma sicuramente si tratta di uno degliaspetti più interessanti della preistoriaegiziana.

Per la maggior parte, gli utensili liticisono piccoli e leggeri. Piccole scaglie elame erano ricavate mediante percussio-ne da un «nucleo» di pietra e poi tra-sformate in utensili mediante scheggiatu-ra. Non troviamo arnesi che possonoessere identificati come asce, e pochissi-mi sono gli utensili pesanti (in genereciottoli rozzamente spaccati o scheggiati)che sembrano essere stati usati per fran-tumare o tritare. Alcuni degli utensilihanno una lunghezza di pochi centimetrisoltanto, di dimensioni quindi tanto pic-cole da poter essere classificati come mi-croliti. Si possono fare unicamente delleipotesi sui vari modi di associazione del-la maggior parte dei manufatti con leattività di sussistenza dei loro artefici:come avviene solitamente nel caso dellericerche sul Paleolitico, purtroppo è di f-

Questa carta del Nilo mostra il corso delfiume dal Sudan (in basso) al Mediterraneo(in alto). Circa 15 anni fa il governo egizianoe quello sudanese irnitarono molti studiosistranieri a compiere ricerche archeologiche neisiti, effettivi o potenziali, lungo il fiume, chefurono in seguito sommersi dal nuovo bacinoidrico, o distrutti per la bonifica del territorio.

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GEBELSILSILA

ALTIPIANO

UADI SHA--------

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KOM OMBO••

5L I 1 I A A

CHILOMETRI

DEPOSITI DEL NILO ANTERIORI AL 15 000 a.C. (FORMAZIONE DI MASMAS)

DEPOSITI DEL NILO TRA IL 15 000 E IL 10 000 a.C. (FORMAZIONE DI GEBEL SILSILA)

DEPOSITI DEL NILO E DEGLI UADI POSTERIORI AL 10 000 a.C.

IM ATTUALE PIANURA ALLUVIONALE DEL NILO

RAMIFICAZIONI PREISTORICHE DEL NILO er.1) RILIEVI ROCCIOSI E COLLINE

UADI, AFFLUENTI PREISTORICI DEL NILO

Carta della pianura di Kom Ombo che mostra le ramificazioni preistoriche del Nilo, i corsi degliuadi e i depositi geologici. Nel periodo compreso tra il 15 000 e il 10 000 a.C. il fiume eraassai più alto e impetuoso e il clima un po' meno arido di quello odierno. La carta è basata suglistudi effettuati da Karl W. Butzer dell'Università di Chicago e dal suo allievo Cari L. Hansen.

ficile accertare con un certo grado di si-curezza la precisa funzione o l'insieme difunzioni di un manufatto.

La prima industria di utensili litici deltardo Paleolitico riconosciuta nella pia-nura di Kom Ombo è chiamata halfana.Le datazioni ottenute col carbonio 14 inparecchi piccoli siti di accampamento ciconsentono di collocare l'industria hal-fana intorno al 15 000 a.C. Si tratta diuna industria singolare che ' associa unacaratteristica tecnologica relativamentearcaica a un'altra relativamente avanza-

ta. La caratteristica arcaica consiste inquello che gli studiosi di preistoria chia-mano metodo levalloisiano di asportaregrosse scaglie da un nucleo appositamen-te preparato. Il metodo era noto in Egit-to, in Europa e altrove centinaia di mi-gliaia di anni prima del Paleolitico supe-riore. La caratteristica più avanzata con-siste nella fabbricazione di piccole sca-glie con i bordi leggermente ritoccati.

I siti di tipo halfano fin qui rinvenutisono molto pochi. Forse a quel tempo lapianura di Kom Ombo non aveva una

gran densità di popolazione. Effettiva-mente, è soltanto intorno al 13 000 a.C.,in una fase successiva in cui la portatadel Nilo era un po' diminuita e le inon-dazioni annuali raggiungevano un livelloinferiore, che i siti nella pianura diventa-no decisamente più numerosi.

Una seconda industria, che abbiamochiamato silsiliana, e una terza, notacome sebekiana, appaiono approssimati-vamente fra il 13 000 e il 12 000 a.C.L'industria silsiliana era caratterizzata dautensili microlitici: molte piccole lame adorso ribattuto (cioè lame con un solotaglio e smussate sullo spigolo opposto)e inoltre minuscoli triangoli e trapezoidiricavati da lamine di pietre esotiche emulticolori, come l'agata, il diaspro e ilquarzo. L'industria sebekiana presenta-va lame più lunghe e più strette con glispigoli leggermente ritoccati e con unaminuta dentellatura, solitamente vicinoal tallone: gli artefici mostrarono di pre-ferire una selce di colore grigio o giallo--marrone. A partire dall'I I 000 a.C. cir-ca e per parecchi millenni successivi, tro-viamo a Kom Ombo una quarta indu-stria, la sebiliana (identificata e chiamatacosì da Vignard mezzo sècolo fa). Riap-pare qui l'antica tecnica levalloisiana dipreparazione del nucleo: molte delle sca-glie asportate dal nucleo erano larghe esottili. Esse venivano poi ridotte inschegge di forme geometriche, tra le qua-li notiamo sia grandi triangoli e trape-zoidi sia microliti. Più o meno contem-poraneamente all'industria sebiliana, eavendo in comune con essa alcuni deisuoi tratti caratteristici, si colloca unquarto gruppo di manufatti che abbiamochiamato industria menchiana. Molti de-gli utensili menchiani sono ricavati dascaglie e lame spesse e pesanti; probabil-mente furono usati come raschiatoi. Tan-to i manufatti sebiliani che quelli men-chiani sembrano da associare con lastredi arenaria e pietre da mano evidente-mente usate per macinare o polverizzare.

Eancora difficile poter affermare inquale misura queste variazioni nelle

industrie degli utensili litici siano il rifles-so di raggruppamenti socioculturali di-versi o di attività particolari di sussisten-za ovvero dell'evolversi in un certo arcotemporale di una o più tradizioni. Le va-riazioni cicliche a lungo termine dellaportata del Nilo possono aver avuto unaprecisa influenza sulla situazione cultu-rale. Quando il livello del fiume si ab-bassava, come avvenne periodicamenteper secoli o millenni, molte zone limitro-fe alla pianura di Kom Ombo nelle qualila pianura alluvionale era più stretta do-vettero subire gli effetti sfavorevoli delminor volume delle inondazioni annuali.In queste aree tutta la flora e la fauna sisarebbero impoverite per lunghi periodie ciò potrebbe aver indotto i gruppi uma-ni che vivevano in esse a spostarsi inzone più vaste e più stabili, come la pia-nura di Kom Ombo. Le migrazioni, siatemporanee che permanenti, di gruppiesterni alla pianura di Kom Ombo pos-sono contribuire a spiegare alcuni dei ra-

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160 - OVEST EST

LIVELLO DEL-LA PIANURA RAMIFICAZIONIALLUVIONALE ' ALLUVIONALI DEL NILO15 000-10 000 a.C. (INONDAZIONE ESTIVA)

CORSO STAGIONALEDEGLI UADI(INVERNALE)

CUMULI DI GHIAIAE RILIEVIROCCIOSI

PIANURE APERTECON VALLILATERALI

LIVELLO ATTUALE DELLA PIANURA ALLUVIONALE DEL NILO

NILO ATTUALE

CORSO STAGIONALE (INVERNALE)DEGLI UADI DALLE COLLINEDEL MAR ROSSO AL NILO

27 KM

Sezione trasversale della pianura secondo una direttrice est-ovest nelperiodo compreso tra il 15 000 e il 10 000 a.C. Essa mostra il livello

del Nilo, le ramificazioni dovute al suo straripamento e il corsodegli uadi. L'inondazione copriva un'area più estesa dell'attuale.

pidi mutamenti e avvicendamenti cultu-rali che le industrie degli utensili liticisembrano riflettere tra il 15 000 e il10 000 a.C.

La parte sfruttabile della pianura diKom Ombo, che comprende l'antica pia-nura alluvionale del Nilo, gli uadi e learee ricche di acque sotterranee, esclusiperò la moderna pianura alluvionale (al-lora completamente sommersa) e gli iso-lati affioramenti rocciosi, aveva proba-bilmente una superficie di circa 400 chi-lometri quadrati o di circa 150 migliaquadrate. Non è facile calcolare la densi-tà delle popolazioni del Paleolitico, mauna cifra assai approssimativa basata sulnumero di individui registrati delle po-polazioni non agricole recenti e contem-poranee con modelli diversificati di sus-sistenza, è di circa una persona per mi-glio quadrato. È perciò lecito pensareche la pianura di Kom Ombo abbia po-tuto dare sostentamento, in condizioniottimali, ad almeno 150 persone e forseanche a 300. Naturalmente è improbabi-le che la densità di popolazione rimanes-se costante nel corso di 5000 anni.

Le analisi dei resti animali, unitamentea ciò che possiamo desumere circa ilregime del fiume e i tipi di vegetazione,avvalorano l'ipotesi che la pianura fossein grado di favorire la vita umana nonsoltanto stagionalmente, ma lungo l'in-tero arco dell'anno. È tuttavia assai im-probabile che la popolazione della pia-nura potesse rimanere radunata come ununico gruppo nel corso dell'anno, o re-stare in permanenza in un unico luogo.Probabilmente la popolazione si divide-va periodicamente in un certo numero dipiccole bande, forse composte di fami-glie imparentate fra loro che tendevano arimanere insieme con un certo grado diorganizzazione. Ogni banda si spostavaprobabilmente secondo un ciclo annualeche era in rapporto con la disponibilitàstagionale di diverse risorse alimentari.

Il metodo di insediamento e la strate-gia di sussistenza che prevalsero eranoindubbiamente mutevoli, giacché dove-vano essere in relazione con le variazionistagionali dell'abbondanza di cibo, pro-prio come lo sviluppo stesso della vitaanimale e vegetale nel suo insieme eralegato alle variazioni ritmiche a breve o alungo termine del livello del fiume edella piovosità. Tale sviluppo si verifica-

va probabilmente in modo abbastanzauniforme durante la maggior parte del-l'anno, sebbene l'inverno e la primavera(approssimativamente da novembre a tut-to aprile) dovessero essere le stagionidell'abbondanza. Buona parte della fau-na e della flora acquatica, compresi ipesci, vari molluschi bivalvi, gli uccelliacquatici, le tartarughe e l'ippopotamo,e certe piante eduli come la ninfea, lacastagna d'acqua (Trapa natans), piantedei generi Pistia e Alisma, il papiro ealtri tipi di canne, erano probabilmentereperibili in ogni stagione. Queste risorsealimentari dovettero essere sfruttate lun-go le ramificazioni laterali del Nilo du-rante il periodo delle inondazioni da a-gosto a tutto ottobre e sulle rive delcorso principale del fiume nelle altre sta-gioni. Gli alimenti tratti dalle zone nonbagnate dal fiume, compresi i frutti, lebacche, le noci e le gomme commestibilitratte dall'acacia, la palma, il sicomoro ealtre piante e forse i meloni, i cetrioli esvariati semi di erbe selvatiche, doveva-no essere più abbondanti nell'inverno ein primavera, durante e subito dopo lepiogge.

Si ritiene che la maggior parte deimammiferi di grande mole, in particola-re l'uro e l'antilope (le principali fonti diapprovvigionamento per la carne), dove-vano costituire oggetto di caccia durantel'inverno e in primavera. Una zona dicaccia era costituita dalla pianura allu-vionale paludosa con i suoi pascoli natu-rali lungo le rive del fiume nei periodi dimagra. Un'altra zona era costituita dagliuadi e dalle colline e pianure ricche d'er-ba a est di Kom Ombo. Le mandrie deibovidi selvatici, non potendo sopravvive-re lontano dall'acqua per lunghi periodi,

• quasi certamente dimoravano sempre neidintorni dei rami laterali del Nilo, deglistagni e dei pascoli della pianura alluvio-nale ed erano probabilmente alla portatadei cacciatori durante tutto l'anno. Leantilopi dovevano essere sparse su unterritorio più ampio, e in inverno, quan-do gli affluenti riprendevano a scorrerepiù vigorosi si trovavano probabilmentelungo gli uadi. Resti di gazzelle e di asinie forse di capre crinite sembrano in-dicare il verificarsi di spedizioni di cac-cia nelle aperte e più asciutte praterie,sulle colline e ai margini del deserto.L'uccellagione era probabilmente un'at-

tività soprattutto invernale: molti degliuccelli identificati dalle ossa portate allaluce a Kom Ombo (per esempio la gru,lo smerlo bianco, lo smerlo maggiore eparecchie altre specie di anitre e oche)sono dei migratori.

La tarda primavera e l'inizio dell'esta-te (da aprile fino a tutto giugno) era pro-babilmente un periodo in cui i mezzi disussistenza erano più scarsi. Quando ilcalore e l'aridità aumentavano, il Niloscendeva al suo livello più basso, la vege-tazione erbacea diminuiva e parte dellaselvaggina si disperdeva. In questo perio-do dell'anno i gruppi di cacciatori eranocostretti a dividersi in unità minori, cia-scuna presumibilmente formata da nucleidi poche famiglie, e a sparpagliarsi su unterritorio più vasto per poter sfruttare lepiù scarse risorse alimentari della pianu-ra finché, giunta l'estate, ricominciavanole inondazioni.

Per ciò che riguarda la ricostruzione

delle attività stagionali nella pianuradi Kom Ombo, uno dei siti che ha forni-to maggiori indicazioni, tra quelli in cuiabbiamo eseguito gli scavi, è stato GebelSilsila III, nei pressi dell'estremità set-tentrionale della pianura, quattro chilo-metri circa a est dell'attuale corso delNilo. Il sito si trova vicino a un ramolaterale del Nilo che 15 000 anni fa scor-reva a qualche centinaio di metri da unrilievo roccioso di arenaria. Quando tro-vammo il sito nel 1962, esso era quasicompletamente sepolto sotto un cumulodi limo nilatico, indurito e ricco di car-bonati, dello spessore di quasi un metroe ivi depositatosi con le inondazioni delfiume poco dopo l'abbandono del sito.Soltanto alcune selci e ossa sparse, gia-centi sulla superficie erosa dal vento, ri-velavano l'esistenza del sito. Con l'aiutodi Robert Fulton, il mio assistente Mor-gan Tamplin e io impiegammo diversimesi negli scavi di quell'area durantel'inverno del 1962-1963. Il sito offerse latestimonianza di una stratificazione didue livelli principali: una ricca occupa-zione sebekiana, contenente svariati u-tensili litici e resti animali, posta al disopra di uno strato silsiliano alquantopovero di materiali.

Fra il 13 000 e il 12 000 a.C. gli abi-tanti preistorici della pianura si eranoinsediati nei pressi di una piccola depres-

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8000

9000

10 000

11 000

12 000

13 000

SILSILIANA

HALFANA

SITI ARCHEOLOGICI NON NOTI

SEBEKIANA

tCg7

ATTIVITÀ DEL NILO EDEGLI UADI

PIO ALTO LIVELLODEL NILO,MAGGIORE PIOVOSITAE ATTIVITÀ DEGLI UADI

PIU BASSO LIVELLO DEL NILO,INONDAZIONI SCARSE,CLIMA IPERARIDO

ALTO LIVELLO DEL NILO,MAGGIORE PIOVOSITÀ,NOTEVOLE ATTIVITÀINVERNALE DEGLI UADI

RECESSIONE DEL NILO?

ALTO LIVELLO DEL NILO,MAGGIORE PIOVOSITÀ,ATTIVITÀ DEGLI UADI

ALTO LIVELLO DEL NILOMA SCARSA PIOVOSITÀ,SCARSA ATrIVITADEGLI UADI

La cronologia dei climi e delle culture evidenzia le loro interrelazioni.Gli utensili litici della cultura haltana sono schegge asportate da unnucleo appositamente preparalo e lamine con i bordi leggermenteritoccati. La cultura silsiliana era caratterizzata da utensili microlitici,molti dei quali smussati su un lato. La—'cultura sebekiana produsse

lame particolarmente lunghe e strette con il filo leggermente ritoccatosecondo una minuta dentellatura. Le schegge sebiliane, come le hal-fane, erano asportate da un nucleo appositamente preparato ederano spesso lavorate in forme geometriche. Gli utensili menchianisono pesanti; molti furono probabilmente impiegati come raschiatoi.

14 000

15 000

DATA (a.C.) CULTURAsione, di circa 10 metri di diametro, checonteneva acqua per almeno una partedell'anno. Qui essi vivevano e mangiava-no, costruivano i loro focolari e fabbri-cavano i loro manufatti di pietra. Lagrande quantità di utensili di selce fab-bricati sul posto e i loro scarti di lavora-zione, il gran numero di ossa spezzate dianimali e la dimensione complessiva del-l'area occupata indicano che, almeno perla popolazione sebekiana che visse colàper ultima, questo dovette essere proba-bilmente un importante accampamentobase. Essi cacciavano bovini, l'antilope ela gazzella (una varietà di selvaggina cherivela lo sfruttamento di parecchi micro-ambienti distinti), si nutrivano occasio-nalmente anche di carne di ippopotamo,cacciavano tartarughe e almeno 14 diver-si tipi di uccelli e traevano dal fiumepesce gatto e pesce persico- Può darsiche il gruppo sebekiano occupasse il sitoper più di una stagione dell'anno, anchese non necessariamente per l'anno inte-ro, o occasionalmente anche più a lungo.Per esempio le ossa degli uccelli migrato-ri suggeriscono l'ipotesi che il gruppo se-bekiano si trovasse sul posto in un certoperiodo compreso fra settembre e aprile.Le ossa di gazzelle non ancora adulte,che presumibilmente, come le loro similidei nostri giorni, nascevano o in gennaioo nel tardo luglio e in agosto, dimostra-no che il gruppo era presente in uno o inambedue quei periodi. Le ossa di giovaniantilopi, nate in un periodo compresofra maggio e dicembre, indicano anch'es-se l'esistenza di una occupazione estivae/o autunnale.

In aggiunta agli utensili litici e alleossa animali sono stati tratti dal sitoGebel Silsila III due resti più intimamen-te legati alla presenza dell'uomo. Uno diessi, trovato nel livello inferiore, è undente da latte appartenente a un fanciul-lo silsiliano dell'età di poco più di seianni. Questa testimonianza della presen-za di fanciulli tra i più antichi occupantidel sito dà consistenza all'ipotesi che sitratti di un gruppo familiare piuttostoche di un accampamento temporaneo dicacciatori adulti. L'altro resto è un bloc-co di limo indurito proveniente dal livel-lo superiore, quello sebekiano. Esso por-ta chiaramente l'impronta del palmo diuna mano umana, probabilmente di unadulto, ed è uno dei rari esempi di im-pronta di epidermide del Paleolitico.

Considerando nel loro insieme i datiottenuti da tutti i siti di Kom Ombo,siamo in grado di giungere a qualcheipotetica conclusione riguardo ad altriaspetti della vita dei suoi abitanti. In-nanzitutto sulle alture circostanti non e-sistono caverne o rocce aggettanti in gra-do di offrire riparo, cosicché tutti i siti incui si svolge la vita nella pianura doveva-no essere all'aperto. In nessuno di essiabbiamo trovato tracce di dimore per-manenti: cioè costruzioni di pietre o difango o buche per pali che indichereb-bero l'esistenza di ripari costruiti conlegname. Ne possiamo dedurre che gliabitanti usavano erigere capanne di ra-mi, frangivento o tende leggere, cioè ri-

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Ai manufatti sebiliani e menchiani sono frequentemente associate pietre per macinare. Alcuneerano probabilmente impiegate per triturare le parti commestibili delle piante selvatiche. Le pie-tre a sinistra sono lastre su cui si eseguiva la macinazione, quelle a destra sono pietre da mano.

pari che avrebbero lasciato poche tracce,pressappoco come fanno oggi i boscima-ni e gli aborigeni australiani.

La seconda conclusione è che sonorari gli utensili di osso e di corno. Pro-babilmente il legno era impiegato piùcomunemente, ma non è rimasta alcunatraccia di strumenti lignei. Gli abitantidella pianura non avevano vasellame,cosicché è verosimile supporre che usas-sero recipienti di pelle, di giunco, dicorteccia o di legno. Essi fabbricavanoprobabilmente reti e lenze per la pesca eforse anche per l'uccellagione. Neanchequesti manufatti, comunque, sono giuntifino a noi.

Come la maggior parte delle altre po-polazioni paleolitiche della valle del Ni-lo, (ma diversamente da molti gruppicontemporanei di altre località) gli abi-tanti di Kom Ombo non sembrano avermostrato interesse per collane, pendagli,braccialetti o altri oggetti di ornamentopersonale. Forse l'ocra rossa e gialla rin-venuta in alcuni dei siti era usata perdipingere il corpo. È anche possibile cheil meraviglioso piumaggio di uccelli qualil'aquila reale, il falco pescatore e il nib-bio bruno, le cui ossa si trovano nei siti,fosse impiegato a scopo decorativo. Nonabbiamo prove sicure che gli abitantisapessero scolpire o intagliare l'osso e lapietra, come fecero i loro contemporaneimagdaleniani in Europa. La loro arte, sene ebbero una, dovette esprimersi in ma-teriali più deperibili. Sulle rocce vicinoai siti del Gebel Silsila dove abbiamoeseguito le nostre ricerche, sono incisescene interessanti di animali selvaggi,comprendenti anche bovini e ippopota-mi, di cui tuttavia non è dimostrabilel'attribuzione a un gruppo del tardo Pa-leolitico. Fisicamente gli abitanti paleo-litici della pianura di Kom Ombo appar-tenevano al tipo moderno di Homo sa-

piens e dovevano essere di costituzionepiuttosto robusta.

Guardando il passato secondo la no-stra prospettiva, possiamo ora renderciconto che nel Vecchio Mondo molte po-polazioni del tardo Paleolitico si avvia-vano ormai ad adottare l'agricoltura el'allevamento del bestiame come alterna-tiva al modo di vivere dei cacciatori--raccoglitori. Questo nuovo metodo disussistenza cominciò a svilupparsi chia-ramente all'inizio dei periodi postglacialinell'Asia sud-occidentale e probabilmen-te anche altrove. Circa le origini dell'a-gricoltura, è molto diffusa l'opinione cheessa sia da mettere in relazione all'au-mento di popolazione avvenuto nel tardoPleistocene e all'accresciuto fabbisognodi risorse alimentari. Secondo tale opi-nione, questo fatto portò in alcuni casi aun maggior sfruttamento di risorse 'ali-mentari che fino ad allora erano staterelativamente trascurate, specialmentepiante, animali di minor mole, uccelli,pesci e molluschi.

J. Desmond Clark dell'Università del-la California di Berkeley e altri ricerca-tori hanno recentemente sostenuto che aKom Ombo e in altre zone della bassavalle del Nilo si può riscontrare qualchetestimonianza di questo fenomeno. Fra il13 000 e il 10 000 a.C. sembra che vi siastata una generale tendenza all'aumentonella popolazione e alla formazione diinsediamenti più numerosi e più vasti. Inalcuni siti, in particolare quelli associatialle culture menchiana e sebiliana nellapianura di Kom Ombo, troviamo moltepietre da macina: manufatti che fannosupporre la lavorazione di piante alimen-tari, probabilmente anche selvatiche, cheproducevano semi. Nessuna di queste er-be è stata ancora identificata con sicu-rezza, sebbene sia dato per certo che fraesse vi fossero il miglio, il sorgo e per-sino l'orzo. In siti analoghi di altre loca-lità dell'Egitto si ha notizia del ritrova-mento di lame di selce con una lucentez-za e levigatezza simile a quella che si pup

riscontrare su lame di falcetti di usoprolungato. Si è pure avanzata l'ipotesiche, all'incirca in questo periodo, ci sia-no stati tentativi per controllare o addo-mesticare mandrie di bovini selvatici,gazzelle e altri animali.

Se ci fu una tendenza di questo genereverso la coltivazione di piante e l'addo-mesticamento di animali in Egitto al ter-mine dell'età glaciale, sembrerebbe esser-si trattato di un falso indizio. Non sap-piamo molto circa le attività umane aKom Ombo durante il periodo successi-vo al 10 000 a.C., che viene talvoltachiamato Epipaleolitico o Mesolitico.Sappiamo tuttavia che vi si verificò unacomplessa serie di mutamenti climatici eambientali di scarsa rilevanza. Contra-riamente alle ipotesi precedentemente a-vanzate, si ritiene oggi che, sebbene altermine del Pleistocene il clima in Egittodivenisse più caldo, esso non fu accom-pagnato da periodi di siccità di subitaneainsorgenza o di lunga durata. Dal 10 000circa a.C. fino al 3000 a.C. le condizioniclimatiche oscillarono sempre fra periodisemiaridi e periodi iperaridi. Ma non fuuna catastrofica siccità, come alcuni ar-cheologi prima d'ora avevano ritenutoprobabile, „a spingere i cacciatori-racco-glitori dalle colline e dalle pianure versogli stretti confini della valle del Nilo, ovein presenza delle piante e degli animaliadatti, «inventarono» l'agricoltura.

Tuttavia, anche se gli affluenti conti-nuarono a scorrere secondo il loro flussostagionale, la portata complessiva delleacque del Nilo stesso tendeva ora a ri-dursi per effetto dei mutamenti climaticiche si verificavano nell'Africa orientale.Le inondazioni del fiume erano più limi-tate, la falda idrica si era abbassata e learee raggiunte dall'umidità presentavanoun'estensione minore. Sebbene vi fosseroancora periodiche variazioni nella porta-ta del Nilo, a Kom Ombo le condizioniclimatiche non furono mai più le stesse.La pianura divenne una zona marginale,incapace di dare sostentamento a unapopolazione numerosa come quella deltardo Paleolitico. In poche migliaia dianni la maggior parte di Kom Ombotornò lentamente a una condizione ditipo quasi desertico: le effimere acquedegli uadi scomparvero gradualmente e aun certo momento, verso la fine del ter-zo millenio a.C., l'attuale clima egizianoiperarido si affermò stabilmente.

appiamo che in altre zone dell'Egitto,come pure nella bassa Nubia, dopo

il 10 000 a.C. il modo di vivere basatosulla caccia e sulla pesca continuò peralmeno altri 4000 anni, sebbene si ridu-cesse il numero di coloro che conduceva-no questo tipo di esistenza. Anche aKom Ombo probabilmente qualche grup-po di cacciatori-raccoglitori-pescatori vi-veva ancora ai margini occidentali dellapianura nei pressi del fiume. La reazionegenerale degli abitanti della valle del Niloal mutamento delle condizioni ambienta-li sembra essere consistita nella maggiorimportanza attribuita alla pesca e allaricerca di altre risorse alimentari nel fiu-

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Mascella di ippopotamo rinvenuta in un deposito del tardo Pleistocene mentre viene ripulita daidetriti dall'autore e da un operaio indigeno. La presenza degli ippopotami a quattro chilometridi distanza dall'odierno corso del Nilo conferma l'ipotesi dell'esistenza di un ambiente paludoso.

Impronta del palmo di una mano umana su un blocco di fango indurito trovato in un depositosebekiano. Si tratta di un raro esemplare di impronta di pelle risalente al periodo paleolitico.

me per poter integrare la crescente scar-sità di selvaggina e di piante. Probabil-mente qualcuno dei brevi periodi iperari-di verificatisi dopo il 10 000 a.C. provo-cò una rapida riduzione della fauna edella flora del territorio. A differenza dicerti gruppi viventi nell'Asia sud-occi-dentale, tuttavia, gli antichi egiziani nonavevano instaurato un modo di viveresedentario con la creazione di villaggi ela raccolta di piante selvatiche, cosa chein condizioni di crisi demografica o eco-logica, avrebbe favorito i primi tentatividi coltivazione delle piante. Se mai sisviluppò nella valle del Nilo una tenden-za indigena verso questo tipo di attività,essa evidentemente non superò la fase diun tentativo iniziale. Tale tendenza peròpotrebbe aver favorito in seguito unacerta predisposizione degli egiziani a im-parare prontamente a produrre i proprimezzi di sussistenza.

La produzione diversificata di alimentiverificatasi in Egitto forse intorno al50000 al 4000 a.C., o almeno 2000 annidopo il suo sviluppo nell'Asia occidenta-le, venne con ogni probabilità introdottadall'esterno e dovette basarsi sull'alleva-mento degli animali domestici (capre, pe-core e maiali) e sui cereali (frumento eorzo) già da molto tempo coltivati inAsia. Le piante importate sostituironorapidamente quelle indigene perché era-no più produttive, specialmente dopol'introduzione dell'irrigazione. Le piantee gli animali importati costituirono labase economica della civiltà dei Faraoniche cominciò a emergere intorno al 3000a.C. È tuttavia interessante notare cheall'inizio dell'età faraonica, durante loAntico Regno, gli egiziani mostraronogrande interesse nell'addomesticare ani-mali indigeni, bovini selvatici, gazzelle,antilopi e persino iene e continuarono ausare le gru, le oche e le anitre a scoposacrificale e alimentare. L'origine di que-ste usanze va individuata nelle tradizionipreagricole della valle del Nilo.

In questi ultimi anni le ricerche deglistudiosi di preistoria in molte aree delVecchio e Nuovo Mondo hanno rivelatouna grande diversità nelle forme di spe-cializzazione e di adattamento dell'uomoche si svilupparono nelle fasi finali delPleistocene. La nostra conoscenza deicacciatori, dei pescatori e dei raccoglitoririvieraschi della valle del Nilo fornisceun considerevole apporto ai dati già esi-stenti su questi processi di adattamentoall'ambiente. Per quanto non si debbasopravvalutare l'importanza di un muta-mento culturale, non si può negare che,fra i due fenomeni, vi sono rapportistretti anche se non ancora completamen-te chiariti, specialmente a quel livello dievoluzione culturale che si esplica con lacaccia e la raccolta di piante selvatiche. Idati e le conoscenze che si possono ac-quisire dalle ricerche nella pianura diKom Ombo e in altre località lungo ilNilo dovrebbero essere di una certa uti-lità per tutti gli studiosi di preistoria chevogliano individuare i principi su cui sibasa l'evoluzione del comportamento u-mano nel lontano passato.

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