Lue Tuymans a Venezia SOTTO LA PELLE, L'INDICIBILE · 2020. 7. 17. · tempo che lo separa dall...

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Grandi mostre. 2 Lue Tuymans a Venezia SOTTO LA PELLE, L'INDICIBILE Protagonista di un'importante personale a palazzo Grassi, con i suoi dipinti Lue Tuymans ci spinge a riflettere sull'attualità e sulla storia, attraverso la rielaborazione di immagini tratte dall'imponenteflussodella memoria visiva contemporanea. «Che cosa, dunque, vi ha ridotti cosi?» [...] «La pelle», risposi a voce bassa «la nostra pelle, questa maledetta pelle. [...] Non c'e che la pelle che conta, ormai. Di sicuro, di tangibile, d'innegabile, non c'è che la pelle. La cosa più mortale che sia al mondo [...] questa schifosa pelle». Curzio Malaparte, La pelle, [1949] Milano 2010, pp, 132-133. Ilaria Ferraris I a mostra in corso a palazzo Grassi a Ve- nezia, La pelle - dal titolo del romanzo del 1949 di Curzio Malaparte -, a cura di Caro- line Bourgeois, è la prima personale di Lue Tuymans in Italia, con oltre ottanta opere, principalmente dipinti, dagli anni Ottanta a oggi, in un percorso di visita in ascesa sui tre piani del palazzo. La mostra è l'ottavo invito "carte bianche" da parte della Collezione Pi- nault a uno dei suoi artisti per realizzare una grande monografica. Lue Tuymans, belga, classe 1958, è uno dei più im- portanti esponenti della pittura figurativa a livello mondiale ed è anche curatore di esposizioni. Tra le ul- time, nel 2017 ha curato la mostra Intrigue, dedicata a James Ensor alla Royal Academy di Londra, mentre è dell'anno scorso Sanguine/Bloedrood, prima all'M HKA di Anversa per le celebrazioni del Barocco per l'anno di Rubens, poi alla Fondazione Prada a Milano. Al centro della sua ricerca c'è una riflessione sulla storia - la politica passata e attuale, i fatti di cronaca pubblica e personale - attraverso la rielaborazione pit- Twenty Seventeen torica delie immagini che in enorme (2017). quantità pervadono la nostra quoti- dianità e il nostro immaginario. «La pittura non ha a che vedere con la realtà, ma con la rappresen- tazione della realtà, una rappre- sentazione distanziata, sfalsata, diffratta» w . Tuymans fin dagli inizi della sua carriera si è appassionato alle tecniche dell'immagine e per diversi anni si è dedicato esclusi- vamente alla fotografia. Come soggetti dei suoi dipinti riutilizza immagini trovate, in gran parte realizzate da altri, appunti, foto, cartoline; si appropria di foto- grafie da giornali, da libri, riprese da internet con la polaroid o lo smartphone, inquadrature da video che poi rifotografa, modifica, disegna e infine dipinge. La sua tavolozza è perlopiù fredda, le tonalità smor- zate, le prospettive appiattite, la pennellata materica. I quadri, anche quelli di dimensioni importanti, sono rigorosamente tutti creati in un solo giorno, come le "giornate" dei frescanti, un limite temporale che di- venta un elemento costitutivo dei quadri stessi.

Transcript of Lue Tuymans a Venezia SOTTO LA PELLE, L'INDICIBILE · 2020. 7. 17. · tempo che lo separa dall...

  • Grandi mostre. 2 Lue Tuymans a Venezia

    SOTTO LA PELLE, L'INDICIBILE

    Protagonista di un'importante personale a palazzo Grassi, con i suoi dipinti Lue Tuymans ci spinge a riflettere sull'attualità e sulla storia, attraverso la rielaborazione di immagini tratte dall'imponente flusso della memoria visiva contemporanea.

    «Che cosa, dunque, vi ha ridotti cosi?» [...] «La pelle», risposi a voce bassa «la nostra pelle, questa maledetta pelle. [...] Non c'e che la pelle che conta, ormai.

    Di sicuro, di tangibile, d'innegabile, non c'è che la pelle. La cosa più mortale che sia al mondo [...] questa schifosa pelle».

    Curzio Malaparte, La pelle, [1949] Milano 2010, pp, 132-133.

    Ilaria Ferraris

    Ia mostra in corso a palazzo Grassi a Ve-nezia, La pelle - dal titolo del romanzo del 1949 di Curzio Malaparte - , a cura di Caro-line Bourgeois, è la prima personale di Lue Tuymans in Italia, con oltre ottanta opere, principalmente dipinti, dagli anni Ottanta a oggi, in un percorso di visita in ascesa sui tre piani del palazzo. La mostra è l'ottavo

    invito "carte bianche" da parte della Collezione Pi-nault a uno dei suoi artisti per realizzare una grande monografica.

    Lue Tuymans, belga, classe 1958, è uno dei più im-portanti esponenti della pittura figurativa a livello mondiale ed è anche curatore di esposizioni. Tra le ul-time, nel 2017 ha curato la mostra Intrigue, dedicata a James Ensor alla Royal Academy di Londra, mentre è dell'anno scorso Sanguine/Bloedrood, prima all'M HKA di Anversa per le celebrazioni del Barocco per l'anno di Rubens, poi alla Fondazione Prada a Milano.

    Al centro della sua ricerca c'è una riflessione sulla storia - la politica passata e attuale, i fatti di cronaca pubblica e personale - attraverso la rielaborazione pit-

    Twenty Seventeen torica delie immagini che in enorme (2017). quantità pervadono la nostra quoti-

    dianità e il nostro immaginario. «La pittura non ha a che vedere

    con la realtà, ma con la rappresen-tazione della realtà, una rappre-sentazione distanziata, sfalsata, diffrat ta»w . Tuymans fin dagli inizi

    della sua carriera si è appassionato alle tecniche dell 'immagine e per diversi anni si è dedicato esclusi-vamente alla fotografia. Come soggetti dei suoi dipinti riutilizza immagini trovate, in gran parte realizzate da altri, appunti, foto, cartoline; si appropria di foto-grafie da giornali, da libri, riprese da internet con la polaroid o lo smartphone, inquadrature da video che poi rifotografa, modifica, disegna e infine dipinge. La sua tavolozza è perlopiù fredda, le tonalità smor-zate, le prospettive appiattite, la pennellata materica. I quadri, anche quelli di dimensioni importanti, sono rigorosamente tutti creati in un solo giorno, come le "giornate" dei frescanti, un limite temporale che di-venta un elemento costitutivo dei quadri stessi.

  • Il flusso visuale immateriale della memoria perde

    la sua valenza effimera

    Nelle sue opere il flusso visuale sempre più im-materiale della memoria collettiva e personale si cri-stallizza, perde la sua valenza effimera. Le immagini originarie, pur t rasformandosi a volte fin quasi a diventare illeggibili, grazie alla pit tura riacquistano persistenza, fisicità e nuovi significati. Con questa operazione di alterazione e montaggio della rappre-sentazione esteriore degli eventi, della loro "pelle", Tuymans inchioda lo spettatore al confronto con gli episodi bui del passato e con le questioni irrisolte che agitano il presente e le persone che vi sono immerse, all'essenza dei fatti al di là dell 'apparenza mutevole e ingannatrice delle raffigurazioni. Non cerca empatia, non richiede una risposta emotiva, ma una presa di coscienza della «verità della na-tura delle immagini come stru-mento di controllo»®, la sua pit tura è un invito a «diffidare sempre»®.

    Il titolo della mostra a palazzo Grassi, il r ichiamo al romanzo di Malaparte ambientato nella Napoli a f famata alla fine della seconda Schwarzheide guerra mondiale, non è una cita- (2019).

    zione puntuale ma un gioco di r imandi e allusioni, insieme al ricordo dell'atmosfera caotica in cui ver-sava l 'Europa del tempo, secondo Tuymans analoga a quella attuale.

    La mostra si apre nell'atrio del piano terra con un'opera "site-specific", un grande mosaico pavimen-tale in marmo, Schwarzheide, ripreso dall 'omonimo dipinto del 1986, che rappresenta le sagome scure di alcuni alberi e piante, giustapposte su fondo neutro, una sorta di paesaggio suddiviso da righe verticali.

    La spiegazione del lungo percorso compiuto dalle immagini, che passa attraverso un titolo eloquente o un testo di accompagnamento, è per Tuymans un mo-mento fondamentale del rapporto tra l'artista e Io spet-tatore'4'. Come racconta quindi la scheda nel booklet fornito ai visitatori (l'artista detesta i testi esplicativi applicati sui muri), il titolo dell'opera deriva dal nome di un campo di lavori forzati sotto il nazismo, raffi-gurato dai detenuti su strisce di carta - simboleggiate dalle righe sull'immagine, allusione anche alle righe sulle uniformi dei prigionieri dei lager - occultate per sfuggire alla confisca. Il mosaico, un quadrato dal lato di quasi dieci metri, confondendosi con la pavimenta-zione dell'atrio, di cui riprende i materiali, si dissolve quasi allo sguardo. Si riesce a coglierne l'interezza solo da un punto di vista diverso: dalle balaustre che dal primo piano si affacciano sull'atrio, per esempio, o dall'ammezzato delle scale, dove si trova Secrets (1990), un ritratto di Albert Speer, architetto capo del partito nazista. Nei diari pubblicati dopo la guerra

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  • Speer negò sempre un coinvolgimento diretto con la "soluzione finale". Mentre dalle scale il visitatore os-serva l ' immagine sottostante del lager, nel ritratto il suo volto dipinto ha gli occhi chiusi.

    Le atrocità del nazismo, ricorrenti nell'opera di Tuymans, r iaff iorano anche dalla banali tà delle car-toline che venivano spedite dal campo di transito "modello" di Theresienstadt, costruito per ingannare i media stranieri, riprodotte dall 'artista in Olir New Quarters, sempre del 1986, un ' immagine ambigua, solo apparentemente tranquillizzante, così come quella della lampada nel trittico Recherches, 1989,

    t rat ta da una foto del mobile di un ufficiale nazista nel campo di con-centramento di Buchenwald con un para lume di pelle umana.

    La mistificazione dell'apparenza, ci dice Tuymans, è sempre in ag-guato: nei suoi quadri, paesaggi e ar-chitetture si rivelano fittizi, fogli di alluminio o di carta piegati e un po' di terra (Mountains, 2016; The Hut, 1998), cattedrali e monumenti sono in realtà solo pagine spiegazzate di un libro illustrato (The Book, 2007). Il risultato di questa sistematica messa in discussione è un persistente senso di inquietudine, «non siamo più certi di ciò che vediamo, e neppure se vi sia qualcosa da vedere»®.

    In alto, Our New Quarters (1986).

    A destra, Issei Sagawa (2012).

  • Il soggetto rappresentato non si può disgiungere

    dalla sua storia Il volto di Issei Sagawa (2012), studente giapponese

    che nel 1981 ha assassinato e cannibalizzato una com-pagna di studi, ripreso da Tuymans fotografando un "frame" di un documentario, è sfocato, dipinto fretto-losamente, non ha bocca: è lo sguardo dello spettatore che durante il confronto "fisico" con il dipinto coglie la vera natura di ciò che guarda, in apparenza neutrale, inoffensivo; sono le sue sovrastrutture (la conoscenza della storia, la memoria personale) che restituiscono i contorni, il senso, mettono a fuoco. Ed è per questo che vengono sempre fornite le "istruzioni" per inter-pretare il dipinto: in The Shore, 2014, emergono dallo sfondo nero alcune figure umane, che si indovinano su una battigia ("shore"): è la rielaborazione della se-quenza iniziale del film Twist ofSand del 1968, di Don Chaffey, la resa dell'equipaggio di un sommergibile tedesco. Nelle scene successive i marinai verranno massacrati: la consapevolezza del loro destino, rac-

    contato nella scheda della guida alla mostra, modifica lo sguardo dello spettatore. Il soggetto rappresentato non si può disgiungere dalla sua storia.

    L'immagine sottratta all'astrazione del digitale, ri-proiettata nella fisicità del dipinto, può anche diven-tare un'esortazione a resistere alle contraddizioni e ai t raumi del flusso degli eventi: Untitled (Stili Life) (2002), una classica natura morta con frut ta e una brocca d'acqua, dal formato monumentale (347,8 x 502,5 cm), è stata dipinta da Tuymans in risposta agli attentati dell'I 1 settembre 2001. Un ribaltamento del concetto di "vanitas": il titolo Stili Life in inglese ri-manda alla "vita" ("life") che è "fermaJ ' ("stili"), ma c'è "ancora" ("stili"), resiste, nonostante tutto

    Ma la realtà per immagini con cui è necessario con-frontarsi non è solo quella collettiva, è anche quella personale. In alcuni dipinti in mostra il piitore volge

    lo sguardo su di sé, sul proprio corpo; My Leg e Me, del 2011, sono entrambi ricavati da fotografie. My Leg, la ve-duta in soggettiva di una parte della gamba dell'artista, sembra quasi scattata per errore, 1 inquadratura

    Untitled (Stili Life) eccessivamente ravvicinata restitu-(2012). isce una sensazione di straniamento

  • MyLeg{ 2011).

    e di paradossale distanza; Me è un autoritratto con gli occhiali, riflessi lumi-nosi che nascondono gli occhi dell'artista renden-dolo sfuggente.

    Il tema degli occhiali ricorre nella produzione di Tuymans, così come il tema dello sguardo degli altri, visto come con-trollo sociale insistente, indagatore. Gli occhi dei piccioni raffigurati in Pigeons, 2018, enorme-mente ingranditi, ci sor-vegliano come presenze familiari eppure aliene. Le immagini ravvicinate di malattie della serie Der diagnostische Blick (Dia-gnostica a prima vista), 1992, tratte da un libro di medicina, oppure Blo-odstains del 1993, f rugano dentro il corpo umano, spingendo lo spettatore a soffermarsi sulle proprie imperfezioni e, in ultima istanza, a riflettere sul

    tempo che lo separa dalla morte. Sotto la pelle, oltre la pelle, forse c'è proprio questo, la presa di coscienza di un destino che passa attraverso un momento di verità e di paura, come in Twenty Seventeen, 2017, immagine della mostra, ispi-rata a una serie televisiva brasiliana distopica, 3%, in cui i partecipanti di un gioco a premi mettono in palio la propria vita per un futuro di ricchezza. La donna del dipinto ha appena sco-perto di essere condannata, intravede l'annien-tamento. E noi, «confinati in superficie»"5', che cosa vediamo? Qual è la verità dietro l ' imma-gine? A volte resta solo l'indicibile oltre la pelle traslucida delle cose e della storia. •

    (1 ) M. Donnadieu, Lue Tuymans. La pelle, guida alla mostra (Venezia, palazzo Grassi, 24 marzo 2019 - 6 gennaio 2020), Venezia 2019, scheda di Peaches, 2012, p. 24. (2) J. Eamest, Crimini di insensibilità: materialità e realtà delle immagini, in Lue Tuymans. La pelle, ca-talogo della mostra (Venezia, palazzo Grassi, 24 marzo 2 0 1 9 - 6 gennaio 2020), Venezia 2019, p. 29.

    (3) M. Donnadieu, Lue Tuymans, la pelle, la fotografia, in Lue Tuymans, op. cit., p. 107.

    (4) Da Lue Tuymans, Londra 1 9 9 6 , 2 ° ed. riv. 2003, p. 112, citato in Lue Tuymans, op. cit., p. 16. (5) P. Falguières, Prima dell'immagine, in Lue Tuymans, op. cit., p. 187. (6) Ivi., p. 189

    Lue Tuymans. La pelle Venezia, palazzo Grassi a cura di Caroline Bourgeois fino al 6 gennaio 2020 orario 10-19, chiuso martedì catalogo Marsilio www. palazzograssi. it

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