Lucio Imberti Il socio lavoratore di cooperativa ... · Disciplina giuridica ed evidenze empiriche....

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20 APRILE 2013 ADAPT UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BERGAMO Lucio Imberti Il socio lavoratore di cooperativa. Disciplina giuridica ed evidenze empiriche

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Lucio Imberti

Il socio lavoratore di cooperativa.

Disciplina giuridica ed evidenze empiriche

Bollettino speciale ADAPT

Il ruolo della cooperazione ai tempi della crisi

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I principi giuridici della cooperazione

e la realtà del mondo del lavoro.

Vera cooperazione

e falsa cooperazione

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Il socio lavoratore di cooperativa:

l’intreccio tra regole del diritto societario

(e relativi statuti e regolamenti)

e regole del diritto del lavoro

(e relativi contratti collettivi)

Marco Biagi, Cooperative e rapporti di lavoro, Franco Angeli, Milano, 1983

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L. 3 aprile 2001, n. 142

Marco Biagi, La riforma della disciplina applicabile al socio lavoratore di cooperativa:

una riforma modello?

La L. n. 142 «assume ancora maggior rilievo per la tecnica di intervento legislativo adottata. … nelle sue disposizioni è manifestata l’attenzione alle reali esigenze di tutela rispetto agli aspetti definitori della tipologia contrattuale del rapporto dei soci lavoratori con le cooperative. E sono

offerte soluzioni metodologiche innovative che, pur ribadendo per legge i trattamenti minimi inderogabili ed i diritti fondamentali, denotano fiducia nei confronti della libera ed effettiva contrattazione tra le parti individuali

e collettive. Una via verso una flessibilità concordata che può essere di aiuto e guida nella predisposizione dei prossimi interventi di legislazione lavoristica, e quindi della modernizzazione dell’intero diritto del lavoro

italiano»

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1. L.n. 142/2001 (giurisprudenza, Ministero del Lavoro, organi ispettivi, contrattazione collettiva)

2. Il possibile contrasto tra norme del diritto societario e norme del diritto del lavoro (socio vs. lavoratore?)

3. Art. 7, comma 4, d.l. n. 248/2007 (conv. in l.n. 31/2008): Corte cost. n. 59/2013. Appalti

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Art.1, l.n. 142/2001

(Soci lavoratori di cooperativa):

“1. Le disposizioni della presente legge si riferiscono alle cooperative nelle quali il

rapporto mutualistico abbia ad oggetto la prestazione di attività lavorative da parte del socio, sulla base di previsioni di regolamento che definiscono l'organizzazione del lavoro

dei soci”.

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Le disposizioni della l.n. 142 sono applicabili non solo alle cooperative di produzione e lavoro, ma anche a tutte

quelle cooperative nelle quali il rapporto mutualistico abbia ad oggetto prestazioni

lavorative rese dal socio.

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Art. 1, comma 2, l.n. 142/2001

«I soci lavoratori di cooperativa: a) concorrono alla gestione dell'impresa partecipando alla formazione

degli organi sociali e alla definizione della struttura di direzione e conduzione dell'impresa;

b) partecipano alla elaborazione di programmi di sviluppo e alledecisioni concernenti le scelte strategiche, nonché alla realizzazione

dei processi produttivi dell'azienda; c) contribuiscono alla formazione del capitale sociale e partecipano al

rischio d'impresa, ai risultati economici ed alle decisioni sulla loro destinazione;

d) mettono a disposizione le proprie capacità professionali anche in relazione al tipo e allo stato dell'attività svolta, nonché alla quantità

delle prestazioni di lavoro disponibili per la cooperativa stessa»

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La codeterminazione su base paritaria delle scelte di gestione aziendale (art. 1, comma 2, lett. a e b), la

partecipazione al rischio d’impresa e la possibilità di ottenere ristorni o comunque di decidere sulla

destinazione dei risultati economici dell’impresa (lett. c) e la messa a disposizione delle proprie capacità

professionali (lett. d) determinano per il socio lavoratore – per usare l’espressione della l.n. 142 – una

«posizione» peculiare e consistentemente diversa rispetto a quella del lavoratore subordinato non socio

o di altro lavoratore non socio che in qualsiasi altra forma instauri un rapporto di lavoro con la

cooperativa.

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Questa posizione si riassume nella tradizionale formula del “cooperatore

come imprenditore di se stesso”, intesa come esercizio in comune dell’attività

economica organizzata, partecipazione al rischio d’impresa e alle decisioni,

esercizio appropriato della delega e apporto di prestazioni di lavoro.

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FONDAMENTALE DISTINGUERE “A MONTE” TRA VERA

COOPERAZIONE E FALSA COOPERAZIONE, CHE UTILIZZA

IN MODO IMPROPRIO LA FORMA COOPERATIVA

Nelle cooperative di produzione e lavoro, nelle cooperative di comodo, nelle pseudo-imprese

artigiane e nelle cooperative di fatto tra lavoratori si sono verificate – e si verificano

tutt’oggi – le più insidiose e deprecabili forme d’interposizione

M. Tiraboschi, «Agenzie» di servizi e cooperative

di produzione e lavoro, Lav.Giur., 1994, pag. 562

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Nel caso del socio lavoratore, l’effettiva sussistenza del rapporto associativo nell’ambito di una vera cooperativa

deve rappresentare a tutti gli effetti un presupposto applicativo della speciale disciplina di cui alla L. n. 142, in assenza del quale il Giudice dichiara la sussistenza di un

ordinario rapporto di lavoro ed applica la relativa disciplina. Interventi giurisprudenziali di questa natura possono consentire la preliminare bonifica del settore

cooperativo dalle forme di utilizzo distorto e fraudolento dello schema mutualistico e, di conseguenza, limitano opportunamente l’applicazione della L. n. 142 del 2001

alle sole cooperative effettivamente «a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata».

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POSSIBILITÀ DI RIQUALIFICARE IL RAPPORTO DI LAVORO COME

LAVORO SUBORDINATO A TUTTI GLI EFFETTI, ESCLUDENDO IL RAPPORTO

SOCIALE, MA GIURISPRUDENZA OSCILLANTE IN MATERIA DI ONERE

DELLA PROVA

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Art. 1, comma 3: “Il socio lavoratore di cooperativa stabilisce con la propria adesione o successivamente all'instaurazione del rapporto associativo un ulteriore rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non

occasionale, con cui contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali.

Dall'instaurazione dei predetti rapporti associativi e di lavoroin qualsiasi forma derivano i relativi effetti di natura fiscale

e previdenziale e tutti gli altri effetti giuridici rispettivamente previsti dalla presente legge, nonché, in

quanto compatibili con la posizione del socio lavoratore, da altre leggi o da qualsiasi altra fonte”.

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Marco Biagi

e duplicità di rapporti tra socio e cooperativa

DUE RAPPORTI

TRA SOCIO LAVORATORE E COOPERATIVA

(RAPPORTO ASSOCIATIVO

+ RAPPORTO DI LAVORO)

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Art.2 (Diritti individuali e collettivi del socio lavoratore di cooperativa):

“1. Ai soci lavoratori di cooperativa con rapporto di lavoro subordinato si applica la legge 20 maggio 1970, n. 300, con esclusione dell'articolo 18 ogni volta che venga a cessare, col rapporto di lavoro, anche quello

associativo. L'esercizio dei diritti di cui al titolo III della citata legge n. 300 del 1970 trova applicazione

compatibilmente con lo stato di socio lavoratore, secondo quanto determinato da accordi collettivi tra associazioni nazionali del movimento cooperativo e

organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative”.

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Trib. Torino, 22 febbraio 2005:

«i diritti sindacali di cui al titolo III dello Statuto dei lavoratori sono pienamente applicabili ai

soci di cooperative che siano anche lavoratori subordinati, a prescindere dalla

contrattazione collettiva alla quale èconsentito eventualmente di dettare specifici

limiti giustificati dalla realtà societaria»

Socio vs. lavoratore?

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Art.3 (Trattamento economico del socio lavoratore)“1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 36 della legge 20 maggio

1970, n. 300, le società cooperative sono tenute a corrispondere al socio lavoratore un trattamento economico complessivo proporzionato alla

quantità e qualità del lavoro prestato e comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine, ovvero, per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato, in assenza di contratti o accordi collettivi specifici, ai compensi medi in uso per prestazioni analoghe rese in forma di lavoro

autonomo. 2. Trattamenti economici ulteriori possono essere deliberati dall'assemblea e

possono essere erogati: a) a titolo di maggiorazione retributiva, secondo le modalità stabilite in

accordi stipulati ai sensi dell'articolo 2; b) in sede di approvazione del bilancio di esercizio, a titolo di ristorno, in

misura non superiore al 30 per cento dei trattamenti retributivicomplessivi di cui al comma 1 e alla lettera a) …”

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Circolare 17 giugno 2002, n. 34 del Ministero del Lavoro (Revisione della legislazione in materia cooperativistica con particolare riferimento alla

posizione del socio lavoratore. L. n. 142 del 3.4.2001):

“con l’art. 3 la legge introduce (...) nell’ambito dell’ordinamento cooperativistico il principio della retribuzione equa del lavoro svolto in relazione alla quantità e qualità dello stesso. In particolare, nel caso di

contratto di lavoro subordinato diventa obbligatorio il rispetto dei valori minimi fissati dai contratti collettivi nazionali di lavoro. (...). La

norma dà un’applicazione estensiva dell’art. 36 della Cost.: la retribuzione del socio lavoratore subordinato deve essere pari ai

minimi contrattuali non solo per la retribuzione di livello (o tabellare o di qualifica) bensì per il “trattamento complessivo” ivi comprese,

quindi, le voci retributive diverse (straordinario, festivo) e le retribuzioni parziali differite”.

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La Circolare del 18 marzo 2004, n. 10 del Ministero del Lavoro ribadisce come “al socio lavoratore inquadrato con rapporto di

lavoro subordinato debba essere garantita una retribuzione non inferiore ai minimi contrattuali non solo per quanto riguarda laretribuzione di livello (tabellare o di qualifica, contingenza, Edr), ma anche per quanto riguarda le altre norme del contratto che

prevedano voci retributive fisse, ovvero il numero delle mensilità e gli scatti di anzianità, a fronte delle prestazioni orarie

previste dagli stessi contratti di lavoro (orario contrattuale).Infine si ricorda che per i soci con rapporto di lavoro subordinato sussiste l’obbligo di applicazione di istituti normativi che la legge

disciplina per la generalità dei lavoratori (Tfr, ferie, etc.)”

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Serie di prassi illegittime, soprattutto da parte delle false cooperative:

pagamento di parte consistente della retribuzione sotto la voce “trasferta Italia” o “premio di produzione” o

ancora “anticipo ristorni”

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Art. 7, comma 4, D.L. n. 248/2007:

“Fino alla completa attuazione della normativa in materia di socio lavoratore di società cooperative, in presenza di una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, le

società cooperative che svolgono attività ricomprese nell'ambito di applicazione di quei contratti di categoria applicano ai propri soci lavoratori, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge 3 aprile 2001, n. 142, i trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai

contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello

nazionale nella categoria”.

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CCNL TRA UNCI E CONFSAL (O ALTRE SIGLE SINDACALI MINORI)

vs.

CCNL LEGACOOP, CONFCOOPERATIVE, AGCI E SINDACATI DI CATEGORIA DI CGIL, CISL E UIL

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Accordo 31 maggio 2007 relativo al «Tavolo di concertazione. Sistema di tutele, mercato del lavoro e previdenza. Proposte comuni di Agci, Confcooperative, Legacoop, Cgil, Cisl, Uil in materia di cooperative

“spurie”, appalti e dumping contrattuale»: «Contratti di lavoro sottoscritti da organizzazioni datoriali e sindacali, spesso di dubbia

rappresentatività, sono strumento di vero e proprio dumpingsociale lesivo dei trattamenti dei lavoratori e non rispettoso

dell’articolo 36 della Costituzione. (...) le Parti ritengono utile che il Ministero del Lavoro predisponga un’apposita circolare

interpretativa dell’art. 3 della legge 142/01, chiarendo quale debba essere la natura dei “contratti nazionali di settore o di categoria

affine” per evitare la proliferazione di CCNL sottoscritti da organizzazioni datoriali e sindacali prive di reale rappresentatività, e la cui stipula determina dumping sociale distorsivo delle condizioni

sia di concorrenza sia di tutela del lavoro, e non rispettoso dell’articolo 36 della Costituzione»

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“Protocollo cooperazione” siglato il 10 ottobre 2007 da Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, Ministero

dello Sviluppo Economico, Agci, Confcooperative, Legacoop, Cgil, Cisl, Uil. Il Governo assume l’impegno di

avviare «ogni idonea iniziativa amministrativa affinché le cooperative adottino trattamenti economici complessivi del lavoro subordinato, previsti dall’articolo 3 comma 1 della legge 3 aprile 2001, n. 142, non inferiori a quelli

previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro sottoscritto dalle associazioni del movimento cooperativo e

dalle organizzazioni sindacali per ciascuna parte comparativamente più rappresentative sul piano nazionale

nel settore di riferimento».

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CONCORRENZA ALL’INTERNO DEL MONDO COOPERATIVO: frequente rinvio nella prassi a contratti collettivi che prevedono trattamenti

economici dei soci lavoratori anche notevolmente inferiori rispetto a quelli previsti per la medesima categoria dai

contratti collettivi applicati dalle cooperative aderenti alle principali associazioni del

movimento cooperativo

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Serie di note ministeriali volte a orientare l’attività ispettiva e ribadire che, “in presenza di più contratti collettivi nazionali di lavoro nello stesso settore merceologico, vanno applicati i trattamenti economici previsti dai

contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali

e sindacali comparativamente più rappresentative cosìcome disposto dall’art. 7, comma 4, L. 31/2008, in

relazione alle tipologie dei rapporti di lavoro instaurati alla luce del regolamento interno ex art. 6, comma 1,

lett. a), L. n. 142/2001”

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Profili di illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4 del d.l. n. 248 del 2007 paventati

dall’U.N.C.I. in diversi suoi comunicati:

il legislatore ha conferito efficacia erga omnes al contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali

comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria, in chiara

violazione dell’art. 39 Cost.

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Interpretazione che può far ritenere compatibile tale norma con l’art. 39 Cost.:

fare riferimento ai «trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello

nazionale nella categoria» come mero parametro esterno e indiretto di commisurazione del trattamento

economico complessivo proporzionato – ai sensi dell’art. 36 Cost., come richiamato dall’art. 3, 1°comma della l.n. 142 – alla quantità e qualità del

lavoro prestato dal socio lavoratore

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Trib. Torino, 14 ottobre 2010: ferma restando la piena libertà sindacale ex art. 39 Cost., lo statuto economico del socio lavoratore di cooperativa –come disciplinato dall’art. 3, l. n. 142 del 2001 e

dall’art. 7, comma 4, d.l. n. 248 del 2007 –impone che, in caso di più contratti collettivi per

lo stesso settore merceologico, debba trovare applicazione il trattamento retributivo previsto

dal c.c.n.l. rispettoso del diritto del singolo, intangibile da qualunque organizzazione

sindacale, di percepire la giusta retribuzione ai sensi dell’art. 36 Cost.

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Questo orientamento ritiene applicabili i minimali retributivi previsti dal c.c.n.l. di categoria

stipulato dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative, sia nel

caso in cui la cooperativa citata in giudizio non sia iscritta ad alcuna Centrale cooperativa e non

intenda applicare alcun contratto collettivo, sia nel caso in cui applichi un contratto non

sottoscritto dalle associazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale (e, in

particolare, il CCNL U.N.C.I.)

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Ancora Trib. Torino, 14 ottobre 2010 precisa:

«se la parte normativa è applicabile ai soli iscritti, la parte retributiva è applicabile a tutti in quanto parametro per individuare i minimi salariali»; «la funzione parametrica surclassa comunque il regolamento interno e i richiami a contratti non sottoscritti dalle associazioni

comparativamente più rappresentative a livello nazionale»

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In senso opposto, Trib. Torino, 24 ottobre 2008: «l’art. 3 ... stabilisce che il socio lavoratore ha diritto ad un trattamento economico non inferiore ai minimi

previsti per prestazioni analoghe dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine; il contratto collettivo per i dipendenti e soci aderenti all’UNCI esercenti attività nel settore socio-sanitario, assistenziale

educativo e di inserimento lavorativo è certamente un contratto nazionale di settore e pertanto la sua applicazione non comporta violazione dei minimi contrattuali ed è aderente al dettato dell’art. 3 cit.; in base al combinato disposto degli art. 3 e 6 L. 142/01 deve quindi ritenersi la legittimità della scelta operata dalla cooperativa che ha esercitato la sua libertà negoziale

individuando il contratto collettivo da applicare ai propri dipendenti e soci tra i vari contratti collettivi di settore, non essendovi alcun obbligo di applicare

quello contenente la disciplina più favorevole». In tal caso, il contratto collettivo firmato dall’UNCI é stato, quindi, ritenuto integralmente valido ed

applicabile anche con riferimento ai profili retributivi.

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Serie di controversie previdenziali come Corte Appello Torino, 27 novembre 2009, n. 1215.

La controversia tra una cooperativa che applicava il CCNL UNCI-Confsal e l’INPS riguardava il calcolo della retribuzione imponibile a fini

contributivi, ai sensi dell’art. 2, comma 25, l. n. 549 del 1995. Tale norma prevede che, in caso di pluralità di contratti collettivi

intervenuti per la medesima categoria, la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi previdenziali ed assistenziali è quella stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più

rappresentative nella categoria. Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha ritenuto che l’ente previdenziale non avesse assolto

l’onere probatorio di dimostrare la maggiore rappresentatività delle organizzazioni stipulanti il contratto collettivo da esso invocato rispetto a quelle stipulanti il contratto collettivo UNCI-Confsal

applicato dalla cooperativa in questione.

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Trib. Lucca, 14 aprile 2011, solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, d.l. n. 248/2007 con queste motivazioni:

- la disposizione attribuisce in effetti efficacia erga omnes a contratticollettivi di tipo “normativo” e non semplicemente ad accordi “gestionali”

(vedi Corte cost., 30/06/1994, n. 268);- l’attribuzione di tale efficacia obbligatoria erga omnes al di fuori delle

condizioni previste dall’art. 39 della Costituzione prescinde totalmente daqualsiasi valutazione in ordine al rispetto o meno, da parte del diverso CCNL

applicato, dei precetti ex art. 36 Cost.;- la disposizione, pur avendo carattere apparentemente transitorio (“Fino

alla completa attuazione della normativa in materia di socio lavoratore di

società cooperative”) non specifica, in realtà, alcun limite temporale precisodi efficacia

Corte Costituzionale n. 59/2013: inammissibilità della questione

Cooperative e appalti pubblici e privati.

Criteri di aggiudicazione e costo del lavoro

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Art.6 (Regolamento interno):“1. Entro il 31 dicembre 2003, le cooperative di cui all'articolo 1 definiscono

un regolamento, approvato dall'assemblea, sulla tipologia dei rapporti che si intendono attuare, in forma alternativa, con i soci lavoratori. Il

regolamento deve essere depositato entro trenta giorni dall'approvazione presso la Direzione provinciale del lavoro competente per territorio. Il

regolamento deve contenere in ogni caso: a) il richiamo ai contratti collettivi applicabili, per ciò che attiene ai soci

lavoratori con rapporto di lavoro subordinato; b) le modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative da parte dei soci, in

relazione all'organizzazione aziendale della cooperativa e ai profili professionali dei soci stessi, anche nei casi di tipologie diverse da quella

del lavoro subordinato; c) il richiamo espresso alle normative di legge vigenti per i rapporti di lavoro

diversi da quello subordinato …”

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La Circolare 17 giugno 2002, n. 34 del Ministero del Lavoro sottolinea che in ordine al contratto collettivo applicabile, trattandosi di disciplina negoziale di diritto comune, esso esprime valore cogente per le cooperative aderenti alle

Centrali cooperative che lo abbiano sottoscritto. Al contrario – sostiene ancora la Circolare – per le altre

cooperative opera il principio di libertà sindacale negativa ai sensi dell’art. 39 Cost. Per esse si ritiene applicabile, in

virtù dell’art. 36 Cost., la sola parte economica del CCNL nel senso che la società cooperativa è tenuta alla

corresponsione di un trattamento economico non inferiore ai minimi contrattuali previsti dai CCNL del settore o della categoria affine, salva restando, per il resto, l’osservanza

del CCNL che la cooperativa ha dichiarato di applicare

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Laddove la cooperativa non sia tenuta ad applicare il CCNL in virtù del meccanismo della

rappresentanza ovvero della recezione implicita od esplicita dell’accordo collettivo, il regolamento interno dovrà attenersi

esclusivamente ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva

nazionale del settore o della categoria affine, potendo determinare liberamente la parte

normativa ovvero riferirsi a contratti collettivi differenti da quelli del settore o della categoria affine (purché siano indicati nel regolamento)

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Al contrario, secondo l’opinione prevalente, la cooperativa vincolata ad

applicare il CCNL (per aver aderito ad una Centrale cooperativa stipulante il CCNL) non potrà utilizzare un atto unilaterale

quale il regolamento interno per modificare in senso peggiorativo le disposizioni contrattuali del CCNL.

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Si è, però, osservato come i CCNL di riferimento del mondo cooperativo non siano normalmente volti a disciplinare il

trattamento economico normativo dei soci lavoratori, bensìquello dei lavoratori (non soci) dipendenti delle cooperative medesime. Da tale circostanza e dal

mantenimento del solo divieto di derogare in senso peggiorativo il trattamento economico minimo di cui all’art.

3, comma 1, l.n. 142, dovrebbe conseguire che le norme del CCNL volte a regolamentare gli aspetti normativi e le voci retributive contrattuali eccedenti i minimi potranno

subire delle deroghe, anche peggiorative, nell’ambito della potestà regolamentare e in conformità alla figura

comunque peculiare del socio lavoratore

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Art.6 (Regolamento interno):“Il regolamento deve contenere in ogni caso:

d) l'attribuzione all'assemblea della facoltà di deliberare, all'occorrenza, un piano di crisi aziendale, nel quale siano salvaguardati, per quanto

possibile, i livelli occupazionali e siano altresì previsti: la possibilità di riduzione temporanea dei trattamenti economici integrativi di cui al comma 2, lettera b), dell'articolo 3 ; il divieto, per l'intera durata del

piano, di distribuzione di eventuali utili; e) l'attribuzione all'assemblea della facoltà di deliberare, nell'ambito del

piano di crisi aziendale di cui alla lettera d), forme di apporto anche economico, da parte dei soci lavoratori, alla soluzione della crisi, in

proporzione alle disponibilità e capacita finanziarie; f) al fine di promuovere nuova imprenditorialità, nelle cooperative di nuova

costituzione, la facoltà per l'assemblea della cooperativa di deliberare un piano d'avviamento alle condizioni e secondo le modalità stabilite in

accordi collettivi tra le associazioni nazionali del movimento cooperativo e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative.

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Art.6 (Regolamento interno):

“2. Salvo quanto previsto alle lettere d), e) ed f) del comma 1 nonchéall'articolo 3 , comma 2-bis, il regolamento non può contenere disposizioni derogatorie in pejus rispetto al solo trattamento

economico minimo di cui all'articolo 3 , comma 1. Nel caso in cui violi la disposizione di cui al primo periodo, la clausola è nulla.

2-bis. Le cooperative di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381, possono definire accordi territoriali

con le organizzazioni sindacali comparativamente piùrappresentative per rendere compatibile l'applicazione del

contratto collettivo di lavoro nazionale di riferimento all'attivitàsvolta. Tale accordo deve essere depositato presso la direzione

provinciale del lavoro competente per territorio”

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Di particolare rilievo l’attribuzione all’assemblea della facoltà di deliberare, in caso di necessità, un piano di crisi aziendale, volto in primo luogo alla salvaguardia

dei livelli occupazionali. Durante il periodo di crisi aziendale, il piano può prevedere la riduzione

temporanea dei ristorni ovvero dei trattamenti economici integrativi connessi al rapporto associativo,

come pure il divieto di distribuzione di utili per il periodo corrispondente. Oltre a ciò l’assemblea può deliberare forme di apporto anche economico, da

parte dei soci lavoratori, alla soluzione della crisi, in proporzione alle disponibilità e capacità finanziarie.

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In altri termini, i soci lavoratori possono deliberare, in qualità di soci, di rinunciare

temporaneamente a determinati trattamenti economici e normativi spettanti quali lavoratori ovvero di realizzare forme

di apporto anche economico, al fine di garantire la sopravvivenza economica della

cooperativa

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Art.5 (Altre normative applicabili al socio lavoratore):

“2. Il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o l'esclusione del socio deliberati nel rispetto delle previsioni statutarie e in conformità con

gli articoli 2526 e 2527 del codice civile. Le controversie tra socio e cooperativa relative

alla prestazione mutualistica sono di competenza del tribunale ordinario”

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Questioni molto controverse:

- esclusione del socio lavoratore dalla cooperativa e automatica estinzione

del rapporto di lavoro;

- rito applicabile alla controversia tra socio lavoratore e cooperativa.

Art.2 (Diritti individuali e collettivi del socio lavoratore di cooperativa)

Ai soci lavoratori di cooperativa con rapporto di lavoro subordinato si applica la legge 20 maggio 1970, n. 300, con esclusione dell'articolo 18 ogni

volta che venga a cessare, col rapporto di lavoro, anche quello associativo

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Cass., 5 luglio 2011, n. 14741

vs.

Cass., 6 agosto 2012, n. 14143

Senza voler mitizzare la formula del “socio cooperatore come imprenditore di se stesso”, si condivide

l’affermazione di chi – già Presidente della Commissione incaricata di predisporre un inquadramento legislativo della

figura del socio lavoratore di cooperativa di lavoro – ha rilevato che «solamente una visione distorta e ristretta

dell’attività lavorativa può far ritenere equivalenti il lavoro come facere (quello tipico del lavoro dipendente) e il lavoro

come agere (quello tipico del socio-lavoratore di cooperativa)»

(S. Zamagni)

20 APRILE 2013ADAPT

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BERGAMO