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Lucia Cavallini Cadeddu * IL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA Dopo la riforma costituzionale (aprile 2008) INDICE INTRODUZIONE Capitolo I. LA POTESTÀ DI COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA. PROFILI QUALITATIVI 1. Il coordinamento della finanza pubblica come competenza legislativa concorrente a) Il coordinamento della finanza pubblica tra il legislatore statale e quello regionale - b) Il rispetto dei principi costituzionali e comunitari attinenti la finanza pubblica 2. I principi fondamentali del coordinamento a) Gli aspetti generali - b) Gli orientamenti della Corte costituzionale - c) La sussidiarietà legislativa Capitolo II. LA POTESTÀ DI COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA. PROFILI MATERIALI 1. L'ambito oggettivo della competenza statale a) Il coordinamento della finanza pubblica come materia/funzione - b) La pervasività trasversale e l'articolazione oggettiva - c) I trasferimenti vincolati 2. L'ambito e i caratteri delle competenze finanziarie regionali a) Le competenze regionali parzialmente compresse - b) I tributi propri “derivati” e quelli “autonomi” * [email protected] Monografia in corso di pubblicazione per l'Editore Jovene, nella collana delle Pubblicazioni della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Cagliari. 1

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Lucia Cavallini Cadeddu*

IL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA Dopo la riforma costituzionale

(aprile 2008)

INDICE

INTRODUZIONE Capitolo I. LA POTESTÀ DI COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA. PROFILI QUALITATIVI

1. Il coordinamento della finanza pubblica come competenza legislativa concorrente a) Il coordinamento della finanza pubblica tra il legislatore statale e quello regionale - b) Il rispetto dei principi costituzionali e comunitari attinenti la finanza pubblica 2. I principi fondamentali del coordinamento a) Gli aspetti generali - b) Gli orientamenti della Corte costituzionale - c) La sussidiarietà legislativa

Capitolo II. LA POTESTÀ DI COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA. PROFILI MATERIALI 1. L'ambito oggettivo della competenza statale a) Il coordinamento della finanza pubblica come materia/funzione - b) La pervasività trasversale e l'articolazione oggettiva - c) I trasferimenti vincolati 2. L'ambito e i caratteri delle competenze finanziarie regionali a) Le competenze regionali parzialmente compresse - b) I tributi propri “derivati” e quelli “autonomi”

* [email protected] Monografia in corso di pubblicazione per l'Editore Jovene, nella collana delle Pubblicazioni della Facoltà di

Giurisprudenza dell'Università di Cagliari.

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Capitolo III.

LE ULTERIORI PROBLEMATICITA'. DINAMICA. PROCEDURE. REGIONI SPECIALI

1. I profili dinamici del coordinamento della finanza pubblica

2. Le indicazioni procedimentali e le esigenze di collaborazione

3. Il coordinamento finanziario e le Regioni a statuto speciale

Capitolo IV.

GLI SVILUPPI E LE PROSPETTIVE DEL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA 1. Gli interventi di coordinamento della finanza pubblica dopo la riforma a) I principi per l'attuazione della riforma - b) I principi introdotti con le leggi finanziarie - c) Il patto di stabilità interno 2. Le prospettive e le proposte di riforma in ordine al coordinamento finanziario a) Il quadro generale - b) I principi di coordinamento e armonizzazione per il sistema contabile degli enti locali - c) Il coordinamento della finanza pubblica nell'attuazione dell'art. 119 Cost. - d) Le sedi di collaborazione e il procedimento legislativo - e) Il coordinamento dinamico e il processo di bilancio CONCLUSIONI

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INTRODUZIONE

La responsabilità finanziaria dell'amministrazione pubblica acquista crescente rilievo con gli sviluppi del riparto su più livelli (europeo, statale e locale) di competenze e funzioni, nell'unità e indivisibilità della Repubblica e della tutela dei diritti la cui sostenibilità è affidata all'equilibrio complessivo. Si colloca pertanto centralmente nella riforma costituzionale il coordinamento della finanza pubblica come strumento delle relazioni finanziarie intergovernative. Nel rinnovato titolo V, nel quale le esigenze unitarie si esprimono non più come limite “innominato”, ma come criterio sotteso a forme tipizzate nella attribuzione di poteri in sede centrale, il bilanciamento tra la valorizzazione dell'autonomia finanziaria delle autonomie e gli interessi della finanza pubblica nazionale si avvale della espressa individuazione di una potestà legislativa mediante la quale si esercita la funzione di coordinamento, che riveste un ruolo fondamentale tanto nella riformulazione dell'assetto dell'autonomia finanziaria quanto in quella del riparto di competenze. Il coordinamento della finanza pubblica è spesso richiamato nelle riflessioni sul quadro costituzionale attuale, negli interventi legislativi, nelle contestazioni di fronte alla Corte costituzionale, nonché negli studi e nelle proposte attinenti alle tematiche finanziarie. Se ne ricava l'impressione di una potestà statale ampia ma frammentaria, quasi “tentacolare” e al tempo stesso sfuggente nella sua effettiva consistenza. Appare pertanto opportuna una elaborazione volta a individuare e ricostruire organicamente, ambiti e caratteri del relativo riparto di competenze quali si configurano in Costituzione e quali si sviluppano nel loro concreto esercizio e nelle prospettive di attuazione/riforma. L'effettiva consistenza del rapporto tra differenziazione ed unitarietà sul piano della finanza pubblica si evidenzia infatti nell'analisi della portata, connotazione e caratteri, della funzione di coordinamento della stessa, nei relativi limiti e controlimiti, ma soprattutto, in positivo, nei principi che la ispirano appunto come funzione, poiché “il regionalismo non può esaurirsi nella statica difesa reciproca delle prerogative dello Stato e delle Regioni ma si pone nella prospettiva di un miglioramento della qualità dei servizi resi ai cittadini nel quadro di una integrazione dinamica tra i diversi livelli di governo” (Corte costituzionale, sentenza n. 105 del 2007). Pur nella sostanziale inattuazione, il quadro costituzionale, considerato con l'ausilio degli studi e proposte e della consistente giurisprudenza della Corte costituzionale, mostra l'acquisizione di rilevanti orientamenti, ma anche incertezze e divergenze che, tutti, richiedono una organica ricostruzione e valutazione. Le principali problematicità attengono ai limiti della competenza e alla definizione dell'ambito materiale sul quale insiste la funzione. Inoltre alla esigenza di esplicazione anche dinamica della funzione di coordinamento finanziario, imponendosene consapevolezza e aggiuntiva riflessione. E ai profili procedurali, che necessitano sia di analisi delle scarse indicazioni disponibili che di ripercorrere il filo delle tentate riforme. Infine alla specificità delle Regioni differenziate che impone un continuo processo di raffronti tra testi rispondenti a logiche diverse nonché di riflessioni sulla declinazione di principi comuni. Gli sviluppi concreti della legislazione devono essere considerati nei principi appositamente individuati e nei frequenti e disorganizzati interventi fondati sulla potestà di coordinamento. Anche l'analisi di prospettive e proposte richiede la non agevole ricostruzione di un quadro di insieme frammentato e non organicamente prefigurato.

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Capitolo I

LA POTESTÀ DI COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA. PROFILI QUALITATIVI

1. Il coordinamento della finanza pubblica come competenza legislativa concorrente

a) Il coordinamento della finanza pubblica tra il legislatore statale e quello regionale La collocazione del coordinamento della finanza pubblica nel quadro costituzionale attuale fa seguito alle profonde trasformazioni1 che hanno interessato il nostro ordinamento a livello sovranazionale e a livello interno, congiuntamente determinandone la transizione dalla centralità della finanza statale a quella della finanza pubblica, con l'emergente rilievo di quest'ultima, tanto nel suo complesso, che nelle diverse articolazioni del sistema multilivello. Il coordinamento finanziario, al quale viene rivolta assai scarsa attenzione2, assume tuttavia un ruolo centrale in ordine alle relazioni finanziarie intergovernative3. Inoltre fortemente innovato si presenta il quadro delle fonti nel quale assume rilievo la finanza pubblica complessiva, nell'esigenza di coordinamento, così come i bilanci pubblici, nell'esigenza di armonizzazione, mentre acquistano il rango di materia il sistema tributario ed il sistema contabile. Al coordinamento vengono dedicate due norme, rispettivamente nell'art. 117, comma 3 e nell'art. 119, comma 1, ovvero sia nell'ambito del riparto di competenze legislative che in quello dell'autonomia e dell'assetto del sistema finanziario degli enti territoriali. Con la prima di tali norme si sviluppa il riparto di competenze legislative, con attribuzione alla potestà legislativa concorrente delle materie “armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”, incentrando così sui principi fondamentali il rapporto tra la legislazione statale e quella regionale. Nella seconda si prevede che enti locali e Regioni stabiliscono ed applicano tributi ed entrate propri in armonia con la Costituzione e secondo i principi del coordinamento della finanza pubblica

1 Si consideri (ISLE Ripensare lo Stato, in Rassegna parlamentare, 2004, 257, con Presentazione di A. MACCANICO) che il principale fattore di mutamento dell’assetto statale su scala planetaria nella seconda metà del secolo XX è stato “la surdeteminazione internazionale degli ordinamenti statali”. Un seconde fattore di mutazione e di passaggio dallo Stato nazione storico a quello contemporaneo è legato a processi tutti interni agli Stati stessi. Innanzitutto la fine della struttura piramidale verticistica centralizzata dell’ordinamento pubblico e una riorganizzazione del sistema di governo a vari livelli secondo i paradigmi autonomistici e federali. I centri propulsori di questa evoluzione sono stati e sono proprio gli stati nazionali. 2 A. MUSUMECI, Autonomia finanziaria, livelli di governo e finanziamento delle funzioni, in E. BETTINELLI, F. RIGANO (a cura di), La riforma del titolo V della Costituzione e la giurisprudenza costituzionale, Giappichelli, Torino, 2004, 150. Sottolinea M. MAZZIOTTI DI CELSO, Considerazioni critiche sulla legge costituzionale n. 3 del 2001 e sul d. d. l. n. 1545 contenente disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica a tale legge, approvato del Consiglio dei Ministri il 14 giugno 2002, in Foro amministrativo CdS, 2003, 1, 343, come invece la Costituzione tedesca dedichi all'ordinamento finanziario l'intera parte decima formata da ben undici articoli taluni dei quali particolarmente complessi, e analogo sia l'ordinamento austriaco, dove però la materia è trattata da un'apposita legge costituzionale. 3 Tra i primi studi, V. ATRIPALDI, Introduzione, in V. ATRIPALDI, R. BIFULCO (a cura di), Federalismi fiscali e costituzioni, Giappichelli, Torino, 2001, che utilizza tale terminologia neutra sottolineando come la teoria del federalismo fiscale non riguarda solo gli ordinamenti propriamente federali; F. COVINO, L’autonomia finanziaria, in T. GROPPI, M. OLIVETTI, La Repubblica delle autonomie. Regioni ed enti locali nel nuovo titolo V, Giappichelli, Torino, 2001, per il legame tra relazioni finanziarie e forme di Stato.

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e del sistema tributario. Si afferma inoltre l'autonomia tanto di entrata quanto di spesa e si definisce l'assetto delle entrate mediante tipizzazione di quelle destinate a finanziare le funzioni ordinarie secondo la clausola di autosufficienza. Si lamenta talora4 la polivalenza dei termini della riforma, in base ai quali il legislatore potrà dilatare il significato del coordinamento del sistema tributario e della finanza pubblica nonché dei principi fondamentali. Occorre al riguardo richiamare le problematicità insite nella considerazione5 che le Costituzioni non possono fornire soluzioni definitive per quanto attiene alle scelte riguardanti la finanza, nonché i molteplici problemi interpretativi ed attuativi in ordine all'assetto finanziario che risulta delineato6. Si determina infine il coinvolgimento nell'art. 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001 per l'appartenenza alle classi di materie destinatarie delle indicazioni procedimentali relative alla Commissione parlamentare per le questioni regionali integrata con la partecipazione di rappresentanti delle autonomie, la cui istituzione dovrebbe essere transitoria fino alla revisione delle norme del titolo I della parte seconda della Costituzione. Una prima considerazione concerne la differenziazione della disciplina del coordinamento finanziario dal precedente regime7, nel quale esso (senza accostamento ad autonome specificazioni relative ai bilanci ed al sistema tributario né riferimento alla finanza pubblica complessiva) si poneva genericamente a fronte dell'autonomia finanziaria come potestà di determinarne forme e

4 Ad es. M. BERTOLISSI, Le risorse per l’esercizio delle funzioni amministrative e l’attuazione del nuovo articolo 119, in Il diritto della regione, 2002, 2-3, 317, e ID., Intervento, in G. BERTI, G. C. DE MARTIN (a cura di), Le autonomie territoriali dalla riforma amministrativa alla riforma costituzionale, F. Angeli, Milano, 2001, 115, per critiche all'art. 119, di cui si lamenta la continuità con il passato, in quanto domina la posizione statale nel riparto della funzione finanziaria; rimane sullo sfondo la perequazione; il riparto delle competenze può incidere sull’universalità dei diritti e dei doveri; troppo è rimesso integralmente alla determinazione delle maggioranze. G. BIZIOLI, I principi statali di coordinamento condizionano l'efficacia della potestà tributaria regionale. La Corte costituzionale aggiunge un altro elemento alla definizione del nuovo “federalismo fiscale”, rileva l'incapacità delle disposizioni costituzionali di definire esattamente il contenuto dell'autonomia tributaria regionale. Afferma invece l'esigenza di non sottovalutare le regole oggi fissate per l'autonomia finanziaria per assicurarne piuttosto il rispetto, A. BRANCASI, tra l'altro, in L'autonomia finanziaria degli enti territoriali: note esegetiche sul nuovo art. 119 Cost., in Le Regioni, 2003, 1, 41. 5 K. C. WHEARE, Federal Government, 1961, trad. it., del governo federale, il Mulino, Bologna, 2001. 6 Nella vastità e complessità di problemi che occupano studi ed elaborazione di proposte, ad esempio, un grave problema irrisolto nasce dal fatto che nessuna rilevanza costituzionale assume il debito pubblico, così rimane al centro il carico dell’equilibrio dei conti della finanza pubblica. Sui problemi legati al decentramento delle entrate in presenza di elevato debito pubblico, M. BORDIGNON, F. CERNIGLIA, L'aritmetica del decentramento: devolution all'italiana e problematiche connesse, in G. ARACHI, A ZANARDI (a cura di), La finanza pubblica italiana. Rapporto 2001, il Mulino, Bologna, 2002, 69. Neppure rileva la copertura della spesa della previdenza sociale. Diverse posizioni si riscontrano sul centrale tema della perequazione dei bisogni al di là di quella della capacità fiscale. Per A. BRANCASI, Il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni, in L. CAVALLINI CADEDDU (a cura di), La gestione delle autonomie tra rinnovamento e stabilità, edizioni AV, Cagliari, 2005, 27, i livelli essenziali vanno finanziati costruendo le entrate ordinarie in modo da perequare il differente livello dei bisogni. Mentre per P. GIARDA, Le regole del federalismo fiscale nell’articolo 119: un economista di fronte alla nuova Costituzione, in Le regioni, 2001, 6, 142, il riferimento agli interventi di cui al comma 5 dell'art. 119 può finanziare i livelli delle prestazioni di cui alla lett m). Esso tuttavia offre un meccanismo incerto e opinabile. Per F. GALLO, Il nuovo articolo 119 della Costituzione e la sua attuazione, in F. BASSANINI, G. MACCIOTTA, 155, la perequazione dovrebbe avvenire in modo che tutti gli enti siano in grado di adempiere almeno le funzioni essenziali. Il fatto che il parametro indicato sia la minore capacità fiscale non vuol dire che si abbandoni del tutto il parametro del fabbisogno. La capacità vale per le funzioni non essenziali. La parametrazione al fabbisogno dovrebbe invece permanere per i diritti civili e sociali. Alla base della distinzione la norma fondamentale dell'art. 3. Per questi diritti tale superiore principio deve prevalere su quello della minore capacità. 7 U. ALLEGRETTI, Art. 119 Cost., in Commentario Branca, Zanichelli, Bologna-Roma, 1985, 357; G. DELLA CANANEA, L'art. 119 della Costituzione, in Commentario della Costituzione, 2004. Sul coordinamento della finanza pubblica nel precedente regime A. BRANCASI, Legge finanziaria e coordinamento della finanza pubblica, in Regione e governo locale, 1986, 6, 1. Sulla disciplina del sistema finanziario negli anni 90, una recente puntualizzazione in F. BASSANINI, Autonomia e garanzie nel finanziamento delle Regioni e degli enti territoriali, in A. ZANARDI (a cura di), Per lo sviluppo. Un federalismo fiscale responsabile e solidale, il Mulino, Bologna, 2006, 86.

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limiti8. Ciò integra9 quella che è forse la maggior peculiarità della disciplina della finanza nel titolo V, prima relegata nel solo art. 119, mentre adesso il sistema è disciplinato anche dall'art. 117, risultandone le due disposizioni fra loro complementari10 pur nelle gravi difficoltà di ricomposizione in sistema, particolarmente in ordine alla competenza regionale di coordinamento ex art. 119 Cost., nonché al rapporto tra il coordinamento e l'esercizio della potestà tributaria (che ne risulta alternativamente costituzionalizzata o meno). La previsione di una funzione di coordinamento implica11 una pluralità differenziata di entità da coordinare, e infatti si nota12, nella giurisprudenza costituzionale, un orientamento volto a superare la concezione prevalente secondo cui l'autonomia finanziaria da un lato e il coordinamento dall'altro sarebbero termini di un'opposizione dialettica. Il coordinamento viene riferito ad un'ottica definita unitariamente, ovvero alla finanza pubblica nella sua integralità, che tale rimane pur se diversamente configurata nell'ambito dei diversi livelli istituzionali. Tali indicazioni, insieme alla articolazione e qualificazione come concorrente della competenza legislativa, individuano la potestà in questione come il punto di equilibrio sul piano finanziario fra principio di differenziazione ed esigenze unitarie, e conducono ad escludere la marginalizzazione delle Regioni. La finanza pubblica apre alla differenziazione con la valorizzazione13 dei principi di autonomia e responsabilità accolti nel testo costituzionale, di cui i termini sono approfonditi dagli studi sul federalismo fiscale14. Ma costituisce anche un settore nel quale, così come per quello dei livelli 8 In questo senso A. BRANCASI, Osservazioni sull'autonomia finanziaria delle regioni, in Le Regioni, 2004, 2-3, 456; A. MORRONE, Principi di coordinamento e “qualità” della potestà tributaria di Regioni e enti locali, in Giurisprudenza costituzionale, 2004, 541. ID, La nuova “Costituzione finanziaria”. La Corte costituzionale indica la via per attuare l'art. 119 Cost., in Giurisprudenza costituzionale, 2003, 4079, nel commentare le sentenze della Corte costituzionale nn. 370 e 376 del 2003, prima significativa chiave di lettura delle relazioni finanziarie della “Repubblica delle autonomie”, osserva come in precedenza niente di più che una vuota formula era il coordinamento della finanza regionale con quella statale e locale. Non sussistendo enti territoriali politicamente autonomi né tanto meno alcuna autonomia finanziaria degna di questo nome mancava il presupposto stesso della funzione di coordinamento. 9 A. BRANCASI, La perequazione dei bisogni tra determinazione del costo delle funzioni, da un lato, e risorse aggiuntive ed interventi speciali, dall'altro, in Giurisprudenza costituzionale, 2006, 4564. 10 Si ritiene che dalla combinazione delle norme dei due articoli si traggano anche indicazioni sul legame che deve collegare la disciplina delle varie tipologie di entrate alle diverse forme di competenze legislative sulle funzioni. Per P. GIARDA, Le regole del federalismo fiscale nell’articolo 119: un economista di fronte alla nuova Costituzione, in Le Regioni, 2001, 6, 1426, le funzioni oggetto della legislazione esclusiva dovrebbero basarsi su tributi propri eventualmente integrati da compartecipazioni. Quelle in regime concorrente con modelli di perequazione che riducano i differenziali di capacità fiscale in base anche agli indicatori di fabbisogno. 11 U. BACHELET, Coordinamento, voce, in Digesto delle dottrine pubblicistiche, Aggiornamento 2000. 12 A. MORRONE, La nuova “Costituzione finanziaria”. La Corte indica la via per attuare l'art. 119 Cost., cit., che sottolinea come tra i due valori dell'autonomia e del coordinamento non vi è contraddizione: il coordinamento è in funzione dell'unità della Repubblica e quindi per l'autonomia di Regioni ed enti locali. Per A. RUGGERI, Giudizi sulle leggi in via principale e giurisprudenza costituzionale, a seguito della riforma del Titolo V (“modello” ed esperienza a confronto), in Le istituzioni del federalismo, 2006, 5, 791, l'unità e l'autonomia non sono valori distinti o – peggio – contrapposti, sibbene i due profili, in sé inautonomi, di uno stesso valore, l'unità avendo senso unicamente con la (cioè grazie alla) valorizzazione dell'autonomia. Il valore di unità-autonomia – come congiuntamente può essere chiamato – richiede di essere servito congiuntamente da entrambi gli enti, Stato e Regione. 13 K. NIKIFARAVA, L'autonomia finanziaria regionale e locale tra effettività ed esigenze di coordinamento, in Le istituzioni del federalismo, 2006, 5, 751, sottolinea come l'attualità delle tematiche legate all'autonomia finanziaria degli enti territoriali emerge particolarmente in occasione delle riforme costituzionali, l'autonomia finanziaria e l'autonomia di spesa ponendosi come irrinunciabile garanzia di autonomia e dell'effettività dell'azione. Inoltre viene enfatizzato il profilo della responsabilità intesa come corollario e principale vantaggio del sistema autonomista, nell'ottica di un controllo sociale diffuso preordinato ad aumentare l'efficienza dell'attività degli enti rappresentativi. 14 V. per tutti F. PICA, Teoria e fatti del federalismo fiscale; W. E. OATES, Studies in Fiscal Federalm, Aldershot, 1991; P. BUCHANAN, Federalism and Fiscal Equity, in American Economic Review. 1950; A. MUSGRAVE, Public Finance in a Democratic Society (1986) e The New Palgrave 1987, trad. it., Finanza pubblica, quit democrazia, il mulino, Bologna, 1995. L. ANTONINI, La sussidiarietà fiscale. La frontiera della democrazia, Guerini e Associati, Milano, 2005. Sottolinea G. SOBBRIO, Federalismo e rapporti fiscali intergovernativi, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 2003, I, 475, come il federalismo sia strumento per rafforzare il sistema

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essenziali delle prestazioni, le controspinte15 sono notevoli. Cosicchè appare presente nel testo, seppur disorganicamente (nella riserva di competenze; nei poteri di cui all'art. 120), la necessaria riconduzione ad unità, che le teorie economiche riferiscono al governo della macroeconomia e macrofinanza ed alla funzione dello Stato di assicuratore di ultima istanza nella garanzia dei diritti, costituendo elementi unificanti uguaglianza e solidarietà16. Con il nuovo sistema che appare improntato alla esaltazione delle differenze17 si mostra difficile perseguire l'equilibrio tra autonomia ed eguaglianza18, realizzando la convivenza tra parte prima e titolo V della Costituzione. Negli altri ordinamenti, nella forma di stato, federale o regionale19, il passaggio allo stato sociale ha influenzato anche i caratteri del federalismo determinando la transizione20 da una fase definita duale ad una cosiddetta cooperativa (benchè si presentino oggi anche tendenze di segno opposto) con progressiva erosione dei poteri e delle competenze della periferia a vantaggio del centro, compensata dalla previsione di forme collaborative e di clausole di superiorità21 del diritto statale su quelli degli Stati membri. La revisione del titolo V ha cancellato il riferimento all'interesse nazionale, che scompare nel testo attuale come rilievo dell'interesse unitario innominato, lasciando il posto ad espresse attribuzioni di poteri al livello centrale22, senza la formulazione di clausole generali.

democratico con separazione verticale oltre che orizzontale dei poteri. 15 Così, ad es., F. PIZZETTI, Attuazione e completamento del titolo V della Parte II della Costituzione, in L. CHIEFFI, G. CLEMENTE DI SAN LUCA (a cura di), Regioni ed enti locali dopo la riforma del titolo V della Costituzione, Giappichelli, Torino, 2003, 65, che osserva come in un quadro in cui la legge statale non gode più di superiorità gerarchica gli effetti del prevalere del criterio della ripartizione delle competenze obbligano alla costruzione di raccordi tra gli stessi decisori tali da consentire che il sistema complessivo che continua ad essere concepito come unitario possa continuare a funzionare. La spinta alla differenziazione si accosta a resistenze e controspinte. 16 A. D'ALOIA, Diritti e stato autonomistico. Il modello dei livelli essenziali delle prestazioni, in Le Regioni, 2003, 6, 1063 17 F. PIZZETTI, Le nuove esigenze di governance in un sistema policentrico “esploso”, in le Regioni, 2001, 6, 1161; ID., I nuovi elementi “unificanti” nel sistema costituzionale italiano, in Le istituzioni del federalismo, 2002, 2; ID., La ricerca del giusto equilibrio tra uniformità e differenza: il problematico rapporto tra il progetto originario della Costituzione del 1948 e il progetto ispiratore della riforma costituzionale del 2001, in Le Regioni, 2003, 4, 599 rileva che mentre un progetto che si pone un obiettivo fortemente unificante della società è perfettamente coerente con un sistema che attribuisce allo Stato il ruolo di soggetto dominante, esso è invece ben più difficilmente armonizzabile con un ordinamento fortemente articolato e policentrico 18 C. IANNELLO, La funzione normativa dello Stato. La tutela delle esigenze unitarie e la tutela “uguale” dei diritti dei cittadini alla luce della giurisprudenza costituzionale, in G. CLEMENTE DI SAN LUCA (a cura di), Comuni e funzione amministrativa, Giappichelli, Torino, 2007, 29; A. RUGGERI, Neoregionalismo, dinamiche della normazione, diritti fondamentali (relazione al convegno su “Regionalismo differenziato: il caso italiano e spagnolo”, Messina, 18-19 ottobre 2002), in www.giurcost.org/studi/Studinew; L. CHIEFFI, Introduzione. Riforma dello Stato delle autonomie e trasformazioni del welfare in Italia, in ID. (a cura di), Evoluzione dello Stato delle autonomie e tutela dei diritti sociali, Cedam, Padova, 2001, 5. 19 G. DE VERGOTTINI, Lo Stato federale, voce, in Enciclopedia del diritto, Giuffrè, Milano, 1990, XLIII, 854; ID., Stati federali e stati regionali, in S. GAMBINO (a cura di), Stati nazionali e poteri locali, Maggioli, Rimini, 1998, 40; F. PIZZETTI, Federalismo, regionalismo e riforma dello Stato, Giappichelli, Torino, 1996; B. CARAVITA DI TORITTO, Federalismo, in S. CASSESE (a cura di), Dizionario di Diritto pubblico, Giuffrè, Milano, 2006, 5729; A. ANZON, La modernizzazione del federalismo in Germania: spunti di riflessione per l'attuazione e l'aggiornamento del regime delle competenze nell'ordinamento italiano, in www. Federalismi.it, 2006, 20. 20 G. BOGNETTI, Federalismo, voce in Digesto delle dottrine pubblicistiche, 1991, 276; e 2001. 21 G. VOLPE, Stato federale e stato regionale: due modelli a confronto, in G. ROLLA (a cura di), La riforma delle autonomie regionali, Giappichelli, Torino, 1995, 33. 22 A. PAJNO, Gli elementi “unificanti” del nuovo sistema, in L'attuazione del titolo V della Costituzione, Giuffrè, Milano, 2005. Nella sentenza della Corte costituzionale n. 285 del 2005 una puntualizzazione sulla operatività attuale dell'interesse nazionale unicamente nelle forme “nominate”. Secondo la difesa dello Stato «l’interesse nazionale continua ad operare imponendo il superamento della ripartizione costituzionale delle materie attraverso l’assegnazione al potere normativo statale delle questioni che, qualunque sia la materia a cui ineriscono, rivelino la esigenza di un trattamento uniforme su tutto il territorio dello Stato». Per la Corte una tesi del genere urta palesemente con il vigente

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Tuttavia l'interesse unitario si ritiene23 insito nella stessa ragion d'essere dell'ordinamento regionale, tanto che la Corte costituzionale nel precedente regime lo ha trasformato in limite di legittimità, cercandone il fondamento costituzionale negli artt. 3, comma 2, e 5. Di conseguenza si evidenzia24 che non è sostenibile il sistema di riparto rigido di competenze, cosicchè la Corte ha elaborato deroghe alla distribuzione di cui all'art. 117, ampiamente applicate al coordinamento finanziario, mediante una interpretazione del principio di sussidiarietà verticale; l'utilizzo del criterio della prevalenza di materia trasversale; ricorrendo al principio di continuità normativa o alla continuità istituzionale. E tuttavia gli sviluppi della giurisprudenza nella nostra materia, come si vedrà, mostrano la tendenza non soltanto a correggere le rigidità ma anche a trascurare le espresse formulazioni di cui all'art. 117, riducendo il fondamento delle competenze regionali al solo art. 119. b) Il rispetto dei principi costituzionali e comunitari attinenti la finanza pubblica La potestà legislativa, sia statale che regionale, per l'art. 117, comma 1, Cost., è esercitata nel rispetto della Costituzione, dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Viene spesso sottolineato il rilievo in termini di equiparazione di tale disposizione, nella considerazione che “la funzione di unificazione non è assolta dalle fonti statali e regionali perché queste devono rispettare tre limiti, tre nuovi elementi di unificazione che nel sistema precedente non assolvevano a questa specifica ed esplicita funzione”25. dettato costituzionale, caratterizzato dalla necessità che i limiti alle potestà regionali siano espressi, ed è stata già più volte esplicitamente esclusa (in particolare, sentenze nn, 303 del 2003 e 16 e 370 del 2004). Si riafferma quindi: «Nel nuovo Titolo V l’equazione elementare interesse nazionale = competenza statale, che nella prassi legislativa precedente sorreggeva l’erosione delle funzioni amministrative e delle parallele funzioni legislative delle Regioni, è divenuta priva di ogni valore deontico, giacché l’interesse nazionale non costituisce più un limite, né di legittimità, né di merito, alla competenza legislativa regionale». Illustra C. BUZZACCHI, Uniformità e differenziazione nel sistema delle autonomie, Giuffrè, Milano, 2003, le nuove modalità di operare del principio unitario, mediante alcuni specifici limiti predisposti per i casi in cui il principio della diversità può compromettere o limitare valori costituzionalmente tutelati. L’unità, che ha fondamento negli artt. 5 e 97 Cost., non è un valore a sé stante ma è l’insieme irripetibile autofondante e autosignificante dei valori stessi risolvendosi pertanto interamente con l’identità costituzionale dell’ordinamento. Funzione unificante compete alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (che potrebbero fondarsi anche, al di fuori del titolo V, sull'art. 2 e i doveri inderogabili di solidarietà e inoltre sull'unità e indivisibilità di cui all'art. 5) il cui più forte elemento di garanzia del pari godimento si rinviene nella disciplina dei sistemi di finanziamento delle autonomie. Rileva tuttavia che il modello manca di organicità e della visione di insieme. 23 C. IANNELLO, La funzione normativa dello Stato. La tutela delle esigenze unitarie e la tutela “uguale” dei diritti dei cittadini alla luce della giurisprudenza costituzionale, cit. 24 G. FALCON, Modello e transizione nel nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione, in le Regioni, 2001, 6, 124; G. CAIA, Il problema del limite dell'interesse nazionale nel nuovo ordinamento, in Associazione italiana dei professori di diritto amministrativo, Annuario 2002, Giuffrè, Milano, 2003, 501. 25 C. BUZZACCHI, Uniformità e differenziazione nel sistema delle autonomie, in F. MODUGNO, A. CELOTTO, M. RUOTOLO, Aggiornamenti sulle riforme costituzionali (1988-2004), Giappichelli, Torino, 2004, che sottolinea lo scadimento della sovranità e della legge statale e l'equiparazione dei limiti per i legislatori derivante dall'art. 117 comma 1. P. CARETTI, Il limite degli obblighi internazionali e comunitari per la legge dello Stato e delle regioni, in P. CARETTI (a cura di), Osservatorio sulle fonti, Giappichelli, Torino, 2002, rileva come le disposizioni del nuovo titolo V della Costituzione relative al ruolo internazionale e comunitario delle Regioni rappresentano senza alcun dubbio un'altra tappa importante nella direzione di una disciplina del rapporto tra Stato e Regioni in ordine alla proiezione esterna dell'esercizio delle rispettive competenze sempre più ispirata al principio del necessario “concorso” nel rispetto equilibrato di esigenze unitarie e locali. Diversamente per M. MAZZIOTTI DI CELSO, Considerazioni critiche sulla legge costituzionale n. 3 del 2001 e sul d. d. l. n. 1545 contenente disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica a tale legge, approvato del Consiglio dei Ministri il 14 giugno 2002, cit., è un errore parificare la posizione delle Regioni e dello Stato, non fosse altro perchè della violazione degli obblighi risponde quest'ultimo. Per F. SORRENTINO, I vincoli dell’ordinamento comunitario e internazionale, in L’attuazione del titolo V della Costituzione, Giuffrè, Milano, 2005, la formulazione costituzionale fa riferimento non ad obblighi ma direttamente all’ordinamento comunitario a sottolineare che non si è in presenza di obblighi specifici ma della generale

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La legislazione di coordinamento della finanza pubblica ricava limiti, ma innanzitutto principi26 ispiratori, dal quadro più generale, le cui varie parti si arricchiscono nelle reciproche interazioni. E la stessa riflessione sulla portata delle previsioni normative deve naturalmente prendere le mosse dall'analisi letterale del testo per procedere anche ad un inquadramento sistematico nel complesso delle norme non soltanto del titolo V27, ma dell'intero contesto. Occorre tuttavia rilevare la necessità di ampliare l'ottica con la quale tali temi vengono affrontati, per passare ad una visione in positivo della funzione di coordinamento e dell'esigenza che essa venga effettivamente svolta secondo le finalità sue proprie. In ordine al titolo V, oltre al nuovo riparto di funzioni innanzitutto legislative, vengono in considerazione le prescrizioni relative all'assetto delle finanze autonome ed all'affermazione espressa di autonomia finanziaria28 tanto in termini di entrata che di spesa, quest'ultima individuata nella “possibilità di stabilire la tipologia e l'entità delle spese proprie di tali enti in relazione alle funzioni attribuite” e come “possibilità di stabilire le forme e i modi in cui gli obiettivi di spesa sono programmati e rappresentati”. Meritano riflessione in particolare alcuni aspetti dell'incidenza del più generale contesto costituzionale e comunitario sulla finanza pubblica29. Quanto al primo, vengono in rilievo i principi dedicati alla generalità dell'attività finanziaria pubblica ed alla tutela degli interessi finanziari della collettività30, come interessi “del pubblico”31. Tra questi, oltre agli stessi principi più generali che improntano l'intero testo, gli artt. 41 per una razionalizzazione programmatoria dell'attività finanziaria pubblica; 23 e 5332 sulla riserva di legge soggezione del nostro al sistema comunitario). Per M.P. CHITI Regioni e Unione europea dopo la riforma del titolo V in La riforma del titolo V parte II della Costituzione in C. BOTTARI (a cura di) Maggioli, 2003, 255, il nuovo art. 117, comma 1, Cost. non vale a costituire “l’articolo comunitario” della Costituzione da lungo tempo invocato a fronte dell’impossibilità di riportare il processo di integrazione europea al solo art. 11. 26 Sottolinea e sviluppa particolarmente tali aspetti P. DE IOANNA, Il titolo V della Costituzione: livelli essenziali e perrequazione. Note e spunti alla luce della recente giurisprudenza costituzionale, in www.giustizia-amministrativa.it, 2004. F. GALLO, Le risorse per l’esercizio delle funzioni amministrative e l’attuazione del nuovo articolo 119, in G. BERTI, G. C. DE MARTIN, (a cura di), Il sistema amministrativo dopo la riforma del titolo V della Costituzione, Luiss Edizioni, Roma, 2002, osserva che per ricostruire la realtà di un sistema che intende ispirarsi ai principi di decentramento del prelievo e della spesa di tipo “federale” rileva il nesso sistematico e interpretativo che si instaura tra nuovo titolo V e la restante parte del testo costituzionale. Un'applicazione espressa (seppur attenuata dalla transitorietà di alcuni canoni) del principio nelle decisioni relative ai trasferimenti a destinazione vincolata e, per un diverso esempio, nella sentenza della Corte costituzionale n. 376 del 2003, per la quale “naturalmente i poteri in questione devono essere configurati in modo consono all'esistenza di sfere di autonomia, costituzionalmente garantite, rispetto a cui l'azione di coordinamento non può mai eccedere i limiti, al di là dei quali si trasformerebbe in attività di direzione o in indebito condizionamento dell'attività degli enti autonomi”.

27 La cui revisione E. DE MARCO, Lo Stato istituzionalmente decentrato tra Costituzione e realtà, in Rassegna parlamentare, 2004, 477, sintetizza osservando come le riforme del 1999 e 2001 hanno modificato i profili costituzionali rendendo la collocazione del nostro ordinamento al limite quasi tra la variante regionale e quella federale. I passaggi attraverso cui ciò si è realizzato sono rappresentati da: rafforzamento dell’autonomia statutaria; nuovi criteri di ripartizione delle competenze legislative; abbandono del principio del parallelismo; dismissione del precedente sistema di penetranti controlli. 28 G. FRANSONI, G. DELLA CANANEA, Art. 119, in Commentario alla Costituzione, Torino, 2006, III, 2368. 29 R. PEREZ, Finanza pubblica, in S. CASSESE (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano,

2003. 30 S. BUSCEMA, Trattato di contabilità pubblica, Giuffrè, Milano, 1979, I; A. CRISMANI, La tutela giuridica degli interessi finanziari della collettività, Giuffrè. Milano, 2000; T. PARENZAN, Ascendono al rango di diritti fondamentali della seconda generazione i diritti della collettività evidenziati dal diritto contabile pubblico in ordine alla gestione dei mezzi pubblici, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2003, I. G. DELLA CANANEA, Indirizzo e controllo della finanza pubblica, il Mulino, Bologna, 1996, 324, ss. 31 G. DELLA CANANEA, Autonomie regionali e vincoli comunitari, in www.federalismi.it, 2006, 25. 32 In BASILAVECCHIA, L. DEL FEDERICO, F: OSCULATI, Il finanziamento delle Regioni a statuto ordinario mediante tributi propri e compartecipazioni: basi teoriche ed evidenza empirica nella difficile attuazione dell'art. 119 della Costituzione, in Le istituzioni del federalismo, 2006, 5, 669, si identificano alcuni dei principi del

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in materia tributaria e per il legame tra risorse contributive e spesa pubblica complessiva; 97 sul buon andamento e, unitamente al 28, la responsabilizzazione Ma rilievo non minore acquistano le norme letteralmente rivolte alla gestione finanziaria dello Stato, alcune da tempo indiscussamente estese ai bilanci ed alle spese degli altri enti pubblici, altre più di recente rilette33 nell'ottica della finanza pubblica. Per il primo fenomeno, della applicazione parallela delle disposizioni formalmente dedicate allo Stato, si richiama l'art. 8134, con i suoi profili prevalentemente procedurali e con il vincolo della copertura della spesa. L'obbligo di copertura e la necessaria tutela dell'equilibrio finanziario assicurano la sostenibilità delle funzioni, risultando tuttavia da bilanciare, nella logica nazionale con valori di pari rango. Si introduce il complesso problema del condizionamento finanziario dei diritti, in ordine al quale si richiama l'affermazione che è necessario andare oltre l’idea dell’equilibrio finanziario quale puro limite all’espansione dei diritti a prestazione pubblica, cogliendone invece l’intrinseca correlazione con il principio generale di responsabilità35 dell’azione pubblica (artt. 28, 81 e 97 Cost.). “A queste condizioni l’equilibrio finanziario cesserà di ridursi ad argomento di ordine effettuale fondato sulla disponibilità di cassa e la radice del condizionamento dei diritti costituzionali condizionati potrà rinvenirsi solo in decisioni pubbliche concernenti altri diritti”36. L'art. 114 chiama le autonomie ad assumersi collettivamente le responsabilità che alla Repubblica fanno capo verso la comunità nazionale e l'esterno. Questa norma perciò “chiama tutti i livelli territoriali ad assumere decisioni tra loro strettamente correlate, interdipendenti e comparabili nelle politiche pubbliche per definire una struttura di prestazioni rispondenti a diritti civili e sociali valida nel tempo e finanziariamente sostenibile”37. Si aggiunge il principio di sussidiarietà (ed

sistema tributario: tutti quelli attinenti alla finanza pubblica desumibili dall'ordinamento comunitario e internazionale, quelli posti dalla Costituzione agli artt. 23, 53, 75, 81, quello di continenza che si ritiene di desumere dagli artt. 117 e 119; i principi del sistema finanziario delle autonomie locali di cui agli artt. 119 e 120. 33 Per la necessità di funzionalizzare la disciplina degli aspetti finanziari rispetto ai poteri reali di spesa, M. S. GIANNINI, Incoerenza della legislazione sulla spesa pubblica, in A. C. JEMOLO, M. S. GIANNINI, L. PICCARDI (a cura di), Lo sperpero del pubblico denaro, Giuffrè, Milano, 1965, 157. 34 P. DE IOANNA, Il titolo V della Costituzione: livelli essenziali e perrequazione. Note e spunti alla luce della recente giurisprudenza costituzionale, cit., rileva che tra i principi fondamentali che devono orientare il coordinamento nell’interesse della Repubblica (Stato ordinamento) c’è quello dell’equilibrio finanziario sostenibile visto in un’ottica intertemporale, rilevando che questo principio operava già prima di Maastricht ed opera a maggior ragione ora sulla base dei criteri europei richiamati nell’art. 117. 35 M. BERTOLISSI, L'autonomia finanziaria delle Regioni ordinarie, in Le Regioni, 2004, 2-3, 430. 36 Rileva T. GROPPI, La garanzia dei diritti tra Stato e Regioni dopo la riforma del titolo V, in www.statutiregionali.it che negli stati decentrati (federali o regionali) contemporanei appartenenti alla forma di stato democratico-pluralista, il principio unitario si esprime nella esistenza di un nucleo di “uguaglianza nei diritti” che consenta il mantenimento di una “cittadinanza nazionale” (in senso sostanziale). C. PINELLI, Sui “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” (art. 117, co. 2, lett. M, Cost., in Diritto pubblico, 2002, 3, 887. E. VARANI, Spesa pubblica e tecniche decisorie della Corte costituzionale, in Rassegna parlamentare, 1996, 2, 308, sui problemi dell'art. 81 e dell'emergenza economica; F. FENUCCI, Recenti orientamenti della corte sui diritti fondamentali, in L. CALIFANO (a cura di), Corte costituzionale e diritti fondamentali, Giappichelli, Torino, 2004, 41; A. MONDINI, Equilibrio finanziario e diritti sociali: dal Trattato CE alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in Rivista di scienza delle finanze e diritto finanziario, 2003, 327; DI GIROLAMO, con ampia bibliografia, evidenzia che la Corte costituzionale ha incluso il diritto alla salute fra i diritti condizionati all'attuazione del legislatore, che individua strumenti tempi e modi per la copertura della spesa con le sentenze nn. 81 del 1966, 112 del 1975, 104, 145 e 175 del 1982, 212 e 226 del 1983, 342 del 1985, 111 del 1988, 455 del 1990. La Corte ha precisato tuttavia che diritto condizionato non significa sostituzione della tutela costituzionale con una di tipo legislativo, ma solo esigenza di un'attuazione graduale della tutela, con le sentenze nn. 455 del 1990, 27 del 1975, 226 e 559 del 1987, 992 del 1988, 319 del 1989, 127 e 298 del 1990. Per la sentenza n. 309 del 1999 le esigenze della finanza pubblica non possono assumere nel bilanciamento del legislatore un peso talmente preponderante da comprimere il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana. 37 Camera del Deputati, Osservatorio sulla legislazione, Rapporto 2007 sulla legislazione tra Stato, Regioni e

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efficienza) che crea le premesse per una continua e reciproca responsabilità tra i livelli territoriali. L'estensione all'ambito delle autonomie del principio di cui al comma 4 dell'art. 81 Cost., occorre rilevare come non avvenga solo mediante una applicazione parallela (riconoscendo la Corte costituzionale che il principio si impone pure alla legislazione regionale), ma anche nell'ottica di una visione unitaria/autonomistica della finanza pubblica, prima con gli artt. 27 e 11 della legge n. 468 del 1978, poi con la introduzione del principio dell'autosufficienza finanziaria di cui all'art. 119. In base a quest'ultimo si ritiene che, la sostenibilità finanziaria dovrebbe essere “valutata periodicamente in ottica bilanciata del complesso delle funzioni”, nonchè “assicurata attraverso il costante rispetto del principio della copertura delle ulteriori previsioni di spesa (o riduzioni di entrata)”38. Al coordinamento (termine che implica un profilo anche dinamico) finanziario sottostà dunque l'esigenza di garantire i principi di equilibrio, copertura e responsabilità in un'ottica unitaria. Altro ambito nel quale si è andata sviluppando tanto una applicazione parallela quanto l'acquisizione di un'ottica integrata della finanza pubblica può individuarsi sul piano delle responsabilità finanziarie, dove il parallelismo risalta dalla omogeneizzazione della disciplina per funzionari e dipendenti comunque pubblici (cosicchè si individua39 il presupposto nello status di dipendente pubblico) e l'ottica unitaria dalla evoluzione della disciplina del danno, oggi riferita anche al “danno obliquo” ovvero alla finanza pubblica40 indipendentemente dall'ente direttamente danneggiato. Infine, una rilettura da tempo adombrata in dottrina ma solo di recente recepita dalla Corte costituzionale porta ad estendere la portata dell'art. 100, comma 2, sia nell'ottica del parallelismo che in quella unitaria (sviluppandosi anche verifiche e referti riferiti alla finanza pubblica complessiva). Quanto al sistema comunitario, esso come noto, ha prodotto un notevole complesso41 di principi,

Unione europea, XV Legislatura, 29 ottobre 2007. 38 Dopo la riforma, il tema della necessaria copertura da parte della legge statale che riduce le entrate o aumenta le spese delle Regioni è affrontato, come si vedrà, in modo che non appare adeguato, in particolare nella sentenza n. 381 del 2006. La Corte costituzionale ritiene infondata la questione propostale evidenziando che bisogna guardare alla manovra complessiva e considerare il gettito complessivo. Se vi è depauperamento la disciplina è incostituzionale solo se determina uno squilibrio incompatibile con le esigenze di spesa regionale. L'inadeguatezza delle risorse rispetto al costo delle funzioni deve essere dimostrata dall'ente. Per A. BRANCASI, Due scrutini sul funzionamento dinamico del federalismo fiscale: autonomia finanziaria ed obbligo di copertura degli oneri posti a carico di altri enti del settore pubblico, in Giurisprudenza costituzionale, 2006, 1425, al contrario, la mancanza di compensazione (copertura finanziaria) sarebbe sufficiente per l'incostituzionalità senza doversi chiedere anche se sia assicurata la sufficienza, mentre la Corte trasforma lo scrutinio di copertura in scrutinio sulla compensazione in vista della sufficienza e ponendo questo a carico del ricorrente. 39 F. SCOCA, Fondamento storico ed ordinamento generale della giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilità amministrativa, in Atti del 51° Convegno di studi di scienza dell'amministrazione, Responsabilità amministrativa e giurisdizione contabile (ad un decennio dalle riforme), Giuffrè. Milano, 2006, 37. 40 Nella Relazione del Presidente della Corte dei conti Tullio Lazzaro per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2008, Adunanza delle Sezioni Riunite del 5 febbraio 2008, si ribadisce la connotazione della Corte come giudice speciale per la tutela della finanza pubblica che dialoga con la Corte di giustizia della UE e con la Commissione e che potrebbe anche rafforzare gli strumenti volti a garantire il rispetto dei vincoli finanziari posti in sede comunitaria. 41 G. DELLA CANANEA, La finanza come strumento dell'integrazione comunitaria, in A. MASSERA (a cura di), Ordinamento comunitario e pubblica amministrazione. Dall'Atto unico europeo al Trattato dell'Unione, Il mulino, Bologna, 1994, 207. ID, Indirizzo e controllo della finanza pubblica, il Mulino, Bologna, 1996. Osserva ID., Autonomie e responsabilità nell’art. 119 della Costituzione, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2002, I, 66, che nel sistema di finanza pubblica, dai nessi di tipo bilaterale si è passati a quelli di tipo trilaterale con l’Unione come nuovo centro che ingloba gli Stati, seguitando tuttavia i poteri nazionali a fungere da centri di afferenza degli interessi. L'Unione europea, dopo aver assunto la titolarità delle attribuzioni attinenti al governo della moneta, condiziona le politiche finanziarie pubbliche. F. PIZZETTI L'evoluzione del sistema italiano fra prove tecniche di governance e nuovi elementi unificanti. Le interconnessioni con la riforma dell'Unione europea in Le Regioni,4, 2000, 653; V. CERULLI IRELLI I vincoli europei e le esigenze di coordinamento della finanza pubblica, in Atti del 52° Convegno di studi di scienza dell'amministrazione, I controlli sulle autonomie nel nuovo quadro costituzionale, Giuffrè, Milano, 2007.

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regole ed impegni in materia di finanza pubblica, con particolare riferimento all'equilibrio. L'azione comunitaria si basa sui principi dell'efficienza e del raggiungimento degli obiettivi che vengono perseguiti nei limiti delle competenze attribuite dai trattati e del principio di sussidiarietà (art. 5), la responsabilità decisionale degli organi dell'Unione risultando direttamente correlata con le finalità dei trattati42. Tra i molteplici aspetti43 dell'integrazione (alla quale è in qualche misura imputabile la stessa svolta autonomistica) la finanza pubblica è interessata principalmente dall'art. 104 del Trattato e dal Protocollo sui disavanzi eccessivi, cui si aggiunge il Patto europeo di stabilità e crescita44. Ne deriva la soggezione, in un meccanismo che si tende a leggere come procedimentale, a standard non solo quantitativi ma anche qualitativi, in quanto la valutazione della situazione finanziaria sana non è effettuata esclusivamente sulla base di strumenti di tipo contabile, ma le istituzioni comunitarie possono anche tenere in considerazione i ritmi di avvicinamento ai parametri fissati da parte degli Stati che non li rispettano e di fattori eccezionali e temporanei in grado di ingenerare uno squilibrio eccezionale e temporaneo dei conti pubblici. Consegue una serie di riflessi45 nell'ordinamento, diretti e indiretti, questi ultimi come effetti nei rapporti interni, cosicchè occorre conciliare tali vincoli esterni di tipo macroeconomico con l’autonomia finanziaria ed il nuovo quadro costituzionale, configurando il patto di stabilità interno nel rispetto delle autonomie. E infatti la Corte costituzionale richiama i vincoli comunitari in particolare in ordine al patto di stabilità interno e alla disciplina dell'indebitamento, ad iniziare dalle sentenze n. 376 del 2003 e n. 4

42 Atti dell'incontro di studi, I principi costituzionali e comunitari del federalismo fiscale, Napoli, 30 novembre 2007. 43 Camera del Deputati, Osservatorio sulla legislazione, Rapporto 2006 sulla legislazione tra Stato, Regioni e Unione europea, XV Legislatura, Nota di sintesi, La europeizzazione degli Stati nazionali e la nazionalizzazione delle politiche europee, dedicata all'influsso della Unione europea nel determinare i nuovi metodi di governo e di legislazione all'interno degli Stati nazionali anche con riguardo alle politiche europee nel campo della finanza pubblica. Il processo di europeizzazione determina due movimenti: armonizzazione e differenziazione, e in Italia giunge a toccare i principi della forma di stato. Nel titolo V si riscontra l'influenza di concetti e moduli tratti dall'Unione europea (equiparazione, prevalenza di competenze trasversali, sussidiarietà, differenziazione - o proporzionalità - e adeguatezza). 44 Costituito dalla Risoluzione del Consiglio europeo del 17 giugno 1997, dal Regolamento del Consiglio europeo 17 giugno 1997, n.1466 per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche e del Regolamento del Consiglio europeo del 17 giugno 1997, n. 1467 per l'accelerazione ed il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi e modificato nel 2005 con due ulteriori regolamenti, nn. 1055 e 1056. 45 G. DELLA CANANEA, Il patto di stabilità e le finanze pubbliche nazionali, in Rivista di scienza diritto finanziario e delle finanze, 2001, 4, 559; e ID., Autonomie regionali e vincoli comunitari, in www.federalismi.it, 2006, 25, evidenzia come l Trattato istitutivo dell'Unione europea vieta disavanzi eccessivi con effetti diretti e vincolanti solo nei confronti degli Stati in ordine alle spese effettivamente realizzate (con verifiche ex post), ma l’Unione non determina il volume e la composizione dei bilanci pubblici; l'incoerenza delle regole del patto di stabilità interno; il rilievo delle rappresentazioni contabili di cui al regolamento 2223/1995 che approva il sistema SEC 95 e ne affida l'osservanza all'ufficio statistico dell'Unione; la necessità che i bilanci delle pubbliche amministrazioni siano confrontabili . Sottolinea M. BARBERO, Prime indicazioni della corte costituzionale in materia di “federalismo fiscale”, in www.forumcostituzionale.it , che il potere statale deve essere inteso come potere di adottare le (sole) misure tecniche necessarie al raggiungimento delle finalità di contenimento del costo dell’indebitamento degli enti sub-statali e di monitoraggio dei conti pubblici poste dalla norma in questione, in armonia con i vincoli (fra cui, in particolare, quelli di origine comunitaria connessi con il Patto europeo di stabilità e crescita) e con gli indirizzi concernenti la cosiddetta finanza pubblica allargata, senza possibilità di “incidere sulle scelte autonome degli enti quanto alla provvista o all'impiego delle loro risorse, effettuate nei limiti dei principi di armonizzazione stabiliti dalle leggi statali, o, peggio, di adottare determinazioni discrezionali che possano concretarsi in trattamenti di favore o di sfavore nei confronti di singoli enti”. Osserva L. ANTONINI, Competenza, finanziamento e accountability in ordine alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni dei diritti civili e sociali, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 2003, 1, 70, che la creazione dell’Unione economica e monetaria non è stata neutrale rispetto al funzionamento dei sistemi nazionali di protezione sociale indicando l’obiettivo comune di un impiego corretto delle risorse.

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del 2004, ritenendo che sono i vincoli comunitari ad imporre la necessità di regole uniformi per tutti gli enti territoriali ed a condizionarne la formulazione, ma evita di raccogliere sollecitazioni volte al riconoscimento di immediata operatività dei vincoli comunitari di finanza pubblica nei confronti delle autonomie46. Tuttavia risultano trascurati i problemi connessi ai notevoli elementi di disallineamento tra gli impegni europei e i limiti imposti dallo Stato agli enti autonomi47. In conclusione, anche considerando che vi è ampia coincidenza tra interessi48 dell’ordine giuridico nazionale e ordine giuridico europeo, l'armonizzazione dei bilanci pubblici e il coordinamento della finanza pubblica devono operarsii “secondo principi e criteri sanciti dalle norme del livello superiore” grazie al rafforzamento della protezione costituzionale dell'equilibrio complessivo49. In ordine alla richiamata coincidenza di interessi, si rileva come di solito si trascura che anche la crescita del debito pubblico rappresenta una limitazione della sovranità50. Cosicchè nel caso della finanza pubblica si concentra sullo Stato la combinazione tra la

46 G. DELLA CANANEA, Il coordinamento della finanza pubblica alla luce dell'Unione economica e monetaria, in Giurisprudenza costituzionale, 2004, 77, evidenzia che dai principi dell'Unione europea non può derivare un'alterazione dell'ordine di competenze sancito dalla Costituzione, infatti, nella ricostruzione della Corte essi piuttosto vincolano il significato da annettere alle disposizioni costituzionali nazionali (ID, Indirizzo e controllo della finanza pubblica, il Mulino, Bologna, 1996) secondo la logica di un ordinamento composito. Inoltre, se la Repubblica nel suo complesso è sottoposta ai vincoli europei riguardo al debito e al disavanzo, con la conseguente responsabilità del Governo questo deve disporre di adeguati flussi informativi e strumenti di controllo, derivandone la questione se gli istituti di cui l'ordinamento si sta dotando siano adeguati agli obiettivi da conseguire, se essi consentano al Ministero di reggere più saldamente le redini delle politiche del debito pubblico e prima ancora di informarne la collettività nazionale. 47 In questo senso, G. DELLA CANANEA, Autonomie regionali e vincoli comunitari, in www.federalismi.it, 2006, 25; e M. BARBERO, Il patto di stabilità interno all'esame della Corte costituzionale, in il Foro amministrativo CdS, 2004, 346, che osserva che l'art. 119 consente il finanziamento senza limiti delle spese di investimento assumendole a priori come spese di qualità laddove il diritto comunitario pone rigidi vincoli quantitativi a tutte le tipologie di spesa pubblica. L'Europa non conosce e non applica una autentica golden rule tale non potendosi considerare la previsione di cui al terzo comma dell'art. 104 ai sensi del quale la Commissione nel sorvegliare la situazione di bilancio degli Stati membri “tiene conto anche dell'eventuale differenza tra il disavanzo pubblico e la spesa pubblica per gli investimenti”, infatti si tratta di mera facoltà di apprezzamento, oltretutto esercitabile ex post. Inoltre, quanto ai limiti all'indebitamento, la Corte ha fatto propria la più restrittiva nozione di spese di investimento elaborata dalla contabilità pubblica intendendole come quelle da cui deriva un accrescimento patrimoniale diretto, mentre il regolamento del Consiglio dell'Unione europea n. 2223 del 1996, relativo al sistema europeo dei conti nazionali e regionali classifica i contributi pubblici agli investimenti privati come “trasferimenti in conto capitale” e non fra gli “investimenti fissi”. Per K. NIKIFARAVA, L'autonomia finanziaria regionale e locale tra effettività ed esigenze di coordinamento, cit., rischia il vecchio interesse nazionale di essere sostituito da quello comunitario. 48 Si veda al riguardo la sentenza della Corte costituzionale n. 36 del 2004, che attribuisce peso decisivo al fatto che la regola aurea sia strumento di conformazione dell'ordinamento interno alle regole europee ma rilevando anche che essa può essere ricondotta a quel generale e ampio potere di coordinamento finanziario che in un ordinamento a struttura fortemente decentrata non può non spettare al livello centrale. 49 G. DELLA CANANEA, Gli invariati rapporti tra centro e periferia, in Giornale di diritto amministrativo, 2003, 117. La frase tra virgolette è di ID., Autonomie e responsabilità nell’art. 119 della Costituzione, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2002, I, 66, che chiarisce come il carattere omogeneo di bilanci e rendiconti da sottoporre alla sorveglianza multilaterale è una necessità in senso giuridico almeno per quanto serve a garantire il rispetto dei vincoli europei riguardanti l’entità del debito e del disavanzo e della correlativa disciplina contabile, cioè del sistema dei conti economici nazionali disciplinato dal regolamento 2223 del 1996. E' necessario adottare congegni organizzativi e procedurali che consentano l’imputazione delle responsabilità per la gestione delle risorse finanziarie. 50 K. NIKIFARAVA, L'autonomia finanziaria regionale e locale tra effettività ed esigenze di coordinamento, cit., per la quale ne consegue che l'asserita perdita di sovranità di bilancio a causa dei vincoli comunitari altro non è che la garanzia della conservazione nel tempo della pienezza di tale sovranità. Non si può trascurare che le autonomie operano nello spazio della finanza pubblica. La logica monetarista dell'UE e il ruolo della finanza nell'assetto nazionale appaiono talvolta troppo diverse, ma la dimensione europea potrebbe essere considerata non un limite ma un punto di partenza che supplisce alla tradizionale debolezza dei principi giuridici in questa materia. Sul sistema dei saldi, G. SALERNO, Sistema dei saldi e disavanzo, in A. BARETTONI ARLERI, Dizionario di contabilità pubblica, Giuffrè, Milano, 1989, 66.

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sussidiarietà discendente tipica dell'Unione europea e la sussidiarietà ascendente che produce l'effetto centrifugo del coordinamento verso il livello nazionale-governativo, cosicchè l'autonomia e il coordinamento integrano un binomio necessario, nel quale l'esigenza di coordinamento deriva sia dalla dimensione europea che dalla necessità di garantire l'autonomia51.

2. I principi fondamentali del coordinamento

a) Aspetti generali La composizione tra il principio di differenziazione e le esigenze unitarie si esprime nel titolo V innanzitutto nella definizione di una competenza legislativa condivisa nella materia finanziaria. Infatti, nel nuovo sistema delle fonti a competenza generale regionale, la tutela delle esigenze unitarie si compie riservando determinate materie alla competenza statale, esclusiva o concorrente. Perplessità52, sono state sollevate in merito a tale scelta nel caso dell'armonizzazione dei bilanci pubblici e del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, per il potersi ritenere più opportuna la configurazione di un regime di esclusività della competenza statale, o comunque per la perdurante53 indeterminatezza del concetto di principi fondamentali. Il senso della opzione per il regime della competenza concorrente si rivela precipuamente nel ruolo che la legislazione regionale assume nei confronti della finanza locale, oltre che nella graduazione dei limiti imposti alle stesse Regioni, e si ripercuote indirettamente sulla estensione della legislazione regionale differenziata. La legislazione statale di coordinamento finanziario e in particolare la sua qualificazione come concorrente ha con notevole frequenza impegnato la Corte costituzionale54, le cui posizioni si 51 In questi termini K. NIKIFARAVA, L'autonomia finanziaria regionale e locale tra effettività ed esigenze di coordinamento, cit. 52 Richiamate da D. DE GRAZIA, L’autonomia finanziaria degli enti territoriali nel nuovo titolo V della Costituzione, in Le istituzioni del federalismo, 2002, 2, 267. Ad es., M. MAZZIOTTI DI CELSO, Considerazioni critiche sulla legge costituzionale n. 3 del 2001 e sul d. d. l. n. 1545 contenente disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica a tale legge, approvato del Consiglio dei Ministri il 14 giugno 2002, in Foro amministrativo Cd S, 2003, 1, 343, ritiene che per l'armonizzazione dei bilanci pubblici e il coordinamento del sistema tributario e della finanza pubblica apparirebbe assai più opportuna una legislazione unitaria. 53 L. VANDELLI, Appunti e ipotesi in tema di controllo sulla legislazione regionale e di principi stabiliti da leggi dello Stato, in Le Regioni, 1981, 708; M. CARLI, Il limite dei principi fondamentali: alla ricerca di un consuntivo, Giappichelli, Torino, 1992, su tali problemi nel sistema ante riforma. Sui principi fondamentali come indeterminati, P. CARETTI, L'assetto dei rapporti tra competenza legislativa statale e regionale, alla luce del nuovo titolo V della Costituzione: aspetti problematici, in Le Regioni, 2003, 6, 1225. 54 U. ZAMPETTI, Potere legislativo e giustizia costituzionale con riferimento al rapporto Stato regioni, in Rassegna parlamentare, 2006, 1, 141, sulla osmosi di indirizzi e linee interpretative tra Parlamento e Corte costituzionale. Rileva V. ONIDA, Il giudice costituzionale e i conflitti tra legislatori locali e centrali, in Le regioni, 2007, 1, 11, (in particolare 14 e 19) che, mentre nel giudizio incidentale la legge viene in rilievo solo in quanto (e nel momento in cui) viene in applicazione in un giudizio comune e perciò in stretto rapporto con le sue potenzialità applicative nel caso concreto in occasione del quale la questione si pone, il giudizio in via principale verte su disposizioni di legge così come formulate, indipendentemente dalle loro potenzialità applicative, e quindi non ancora chiarite nella loro portata, in quanto non sono ancora state oggetto di applicazione in via giudiziale e talvolta neanche amministrativa. Quanto al ruolo della Corte e al ruolo del legislatore nella conformazione dell'ordinamento regionale, la Corte gioca un ruolo non irrilevante nel configurare lo Stato delle autonomie, ma per lo più non decisivo né trainante. Se infatti si esamina la giurisprudenza della Corte nelle sue grandi linee, prevale l'impressione che essa abbia per lo più seguito e razionalizzato, raramente preceduto, spesso corretto al margine, ma raramente ostacolato in modo frontale le tendenze che emergevano nel tempo, in sede legislativa, specie nella legislazione statale diretta a disciplinare in via generale l'ordinamento regionale. Per A. RUGGERI, Giudizi sulle leggi in via principale e giurisprudenza costituzionale, a seguito della riforma del Titolo V (“modello” ed esperienza a confronto), cit., la giurisprudenza costituzionale risente fortemente del bisogno di assicurare un transito, per quanto possibile indolore, dal vecchio al nuovo impianto costituzionale. F. DAL CANTO, E. ROSSI, Il giudizio di costituzionalità delle leggi in via principale,

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collocano centralmente nelle elaborazioni relative a tali tematiche. La premessa fondamentale attiene al principio di continuità55 dell’ordinamento (sentenza n. 422 del 2002 e legge La Loggia), in base al quale il riparto di competenze verrà fatto valere in riferimento all'esercizio della potestà legislativa successivo alla riforma e non per la legislazione precedente. Per tale principio, non l’astratta attribuzione ma il concreto esercizio delle competenze limita la competenza altrui e le leggi incompatibili non possono essere censurate ma verranno sostituite. Pertanto diviene ineludibile che il legislatore statale riformi leggi non modificabili dalle Regioni per adeguarle56. Risulta confermata la possibilità di legiferare in assenza di principi (sentenze nn. 94 e 201 del 2003), con la rilevante eccezione conseguente ai complessi sviluppi riguardanti i principi del coordinamento del sistema tributario, dalla quale consegue che alle varie disposizioni di cui all'art. 119 venga attribuito un diverso grado di precettività. Si determina la peculiarità della competenza concorrente in materia di coordinamento del sistema tributario e della finanza pubblica rispetto alle altre regolate dal solo art. 117. L'autonomia di spesa risulta in maggior misura immediatamente operante57, determinandosi la illegittimità di modalità di finanziamento rispondenti agli schemi della finanza derivata (con eccezioni finalizzate alla salvaguardia di diritti) e di provvedimenti statali impositivi di limiti alla crescita di specifiche voci di spesa dei bilanci locali. Al contrario, tale immediata precettività viene meno in tema di tributi, in quanto la Corte costituzionale ritiene indispensabile58, il preventivo intervento statale. Per la sentenza n. 37 del

in R. ROMBOLI (a cura di), Aggiornamenti in tema di processo costituzionale (2002-2004), Torino, 2005; A. RUGGERI, Riforma del titolo V ed esperienze di normazione, attraverso il prisma della giurisprudenza costituzionale: profili processuali e sostanziali tra continuo e discontinuo, in www. federalismi.it; A. D'ATENA. Per un quadro sistematico, A. MORRONE, Il diritto regionale nella giurisprudenza e nelle fonti, Cedam, Padova, 2005; A. PIOGGIA, L. VANDELLI, La repubblica delle autonomie nella giurisprudenza costituzionale, il mulino, Bologna, 2006; S. MUSOLINO, I rapporti Stato-Regioni alla luce dell'interpretazione della Corte costituzionale, Giuffrè, Milano, 2007. 55 V. gli scritti di R. BIN e F. BASSANINI, in Stato, Regioni ed enti locali nella legge 5 giugno 2003, n. 131, il Mulino, Bologna, 2003, 21 e 22. La Corte costituzionale tuttavia mostra di dubitare della persistenza di limiti oggi non più giustificati quando, sul rilievo di costituzionalità che muove dalla pretesa violazione della normativa costituzionale sul coordinamento della finanza pubblica e della norma interposta, costituita dal decreto legislativo 28 marzo 2000, n. 76, osserva nella sentenza n. 94 del 2003, “anche volendosi in questa sede prescindere dalla considerazione dell'intervenuto mutamento della disciplina costituzionale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici che potrebbe far dubitare della perdurante sussistenza di rigidi limiti”. Sul principio, S. GAMBINO, Il “nuovo” ordinamento regionale. Competenze e diritti, Giuffrè, Milano, 2003. 56 In questo senso C. BELLETTI, Necessità e temporaneità irrompono nel riparto di competenze Stato-Regioni sotto forma di continuità e sostanziale ultrattività, in Le Regioni, 2005, 1-2, 241 (e ID., Il nuovo riparto di competenze Stato-Regioni tra continuità, ultrattività e urgenza. Nota a margine delle sentenze nn. 255 e 256 del 2004, Corte costituzionale, in www.forumcostituzionale.it), evidenzia che le pratiche conseguenze del principio di continuità (sentenze nn. 376, 383 e 422 del 2002; 255 e 256 del 2004) danno luogo ad una autentica ultrattività del previgente riparto di competenze. Le sentenze continuano a fondare competenze non più conformi all'impianto costituzionale, assumendo tale soluzione come temporanea ed eccezionale, imposta dall'esigenza di salvaguardare taluni primari valori costituzionali. 57 C. PINELLI, Patto di stabilità interno e finanza regionale, in Le Regioni, 2004, 514, osserva che, mentre sulla materia tributaria la Corte esclude che le Regioni possano legiferare sui tributi esistenti, per quanto riguarda invece la disciplina della spesa e i trasferimenti, i precetti dell'art. 119 si considerano ad operatività immediata, da cui l'affermata illegittimità di trasferimenti a destinazione vincolata. 58 Sentenze nn. 370 del 2003, 1 e 37 del 2004, 2 del 2006. Sulla giurisprudenza sul federalismo fiscale, L. ANTONINI, Dal federalismo legislativo al federalismo fiscale: il quadro giuridico dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario anche alla luce della giurisprudenza costituzionale sull'art. 119 Cost., in Rivista italiana di diritto finanziario e scienza delle finanze, 2004, 3, 119. Per G. PITRUZZELLA, Regioni a statuto speciale e altre forme particolari di autonomia regionale, in G. BERTI, G. C. DE MARTIN (a cura di), Le autonomie territoriali: dalla riforma amministrativa alla riforma costituzionale, Giuffrè, Milano, 2001, la predeterminazione del coordinamento è necessaria per evitare il disordine tributario. Mentre A. BRANCASI, Adeguatezza delle risorse finanziarie ai compiti degli enti locali, in L. CHIEFFI, G. CLEMENTE DI SAN LUCA (a

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200459 “poiché non è ammissibile in materia tributaria una piena esplicazione di potestà regionali autonome in carenza della fondamentale legislazione di coordinamento dettata dal Parlamento nazionale, si deve considerare preclusa alle Regioni la potestà di legiferare sui tributi esistenti e per converso si deve ritenere tuttora spettante al legislatore statale la potestà di dettare norme modificative anche nel dettaglio della disciplina dei tributi locali esistenti”. Tuttavia “emerge una progressiva insofferenza per la latitanza del legislatore statale nel dettare una disciplina organica dei principi di coordinamento della finanza pubblica”60 e viene rilevata anche la necessità di una disciplina transitoria che consenta l’ordinato passaggio al nuovo sistema. Inoltre (sentenza n. 423 del 2004) opera, fino all’attuazione dell’art. 119, il limite rappresentato dal divieto di procedere in senso inverso a quanto da questo prescritto e così di sopprimere semplicemente senza sostituirli gli spazi di autonomia già riconosciuti dalle leggi statali. b) Gli orientamenti della Corte costituzionale Quelle che attengono al tema dei principi fondamentali sono tra le principali questioni affrontate e risolte dalla Corte costituzionale61, che ha sviluppato soluzioni ai problemi che investono la nozione di principi fondamentali, la identificazione delle norme di principio e di dettaglio, la “sussidiarietà legislativa”, affermando nella prima giurisprudenza sul titolo V (sentenza n. 282 del 2002) che la nuova formulazione dell'art. 117, comma 3, esprime l'intento di una “più netta distinzione” fra la competenza regionale a legiferare in questa materia e la competenza statale limitata alla determinazione di principi fondamentali della disciplina. Talora tuttavia vengono ricondotti (e ridotti) al rapporto principi fondamentali/dettaglio anche problemi più propriamente attinenti ai confini funzionali della materia ed alle competenze che si sviluppano al di fuori di questi. Sulla natura dei principi, le risposte si sono configurate inizialmente in modo assai insoddisfacente62, mentre successivamente hanno fornito indicazioni di notevole rilievo contrassegnandoli come “criteri e obiettivi” o come “nuclei essenziali del contenuto normativo” di

cura di), Regioni ed enti locali dopo la riforma del titolo V della Costituzione, Giappichelli, Torino, 2003, 359, dissente dalla tesi che le Regioni non possano legiferare da subito perchè l'art. 119 richiede il rispetto dei principi, e dato che questi non sono da intendere come quelli fondamentali statali. 59 Si rileva di conseguenza la difficoltà di individuare il confine tra la competenza esclusiva e quella concorrente, per E. GRIGLIO, La giurisprudenza costituzionale sulla definizione delle materie nel riparto delle competenze legislative tra Stato e regioni, in www.amministrazioneincammino.it. Per A.MUSUMECI, Autonomia finanziaria, livelli di governo e finanziamento delle funzioni, cit., la Corte esprime continuità con il passato, sancendo di fatto la persistenza della potestà attuativa. G. BIZIOLI, I principi statali di coordinamento condizionano l'efficacia della potestà tributaria regionale. La Corte costituzionale aggiunge un altro elemento alla definizione del nuovo “federalismo fiscale”, rileva che apparentemente i principi di coordinamento rappresentano un limite per la sola potestà normativa tributaria di Regioni ed enti locali, stante la formulazione del comma 2 dell'art. 119, che non si rinviene invece nell'art. 117 quando si riconosce la potestà esclusiva statale. Evidenzia che il contenuto della potestà statale è definito incidentalmente da un passaggio delle sentenza e che la Corte ritiene che attraverso i principi fondamentali dovranno essere individuati i principi cui i legislatori regionali dovranno attenersi nell'esercizio della potestà normativa tributaria, ma anche le grandi linee dell'intero sistema tributario e definiti gli spazi e i limiti entro i quali potrà esplicarsi la potestà impositiva rispettivamente di stato, Regioni ed enti locali. I principi del coordinamento agiranno quindi quali norme interposte costituendo un vincolo anche per la definizione del sistema tributario dello Stato. 60 G. VITALETTI, L. ANTONINI, Il grande assente: il federalismo fiscale, in Rassegna parlamentare , 2005, 185. 61 Alla quale le Regioni possono ricorrere anche per violazione delle competenze degli enti locali (sentenze nn. 196 del 2004, 417 del 2005, 95 del 2007). La legittimazione viene connessa alla competenza in ordine all'ordinamento degli enti locali nella sentenza n. 159 del 2007, quando si riconosce alla Provincia autonoma di Bolzano di agire soltanto a tutela della finanza locale, mentre per l'ordinamento è competente la Regione speciale. 62 Rileva, in generale, A. ANZON, Le potestà legislative dello Stato e delle Regioni, Giappichelli, Torino, 2005 come spesso la Corte ha giustificato normative di dettaglio (sentenze nn. 4, 260 e 390 del 2004).

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ciascuna materia, nuclei che dovrebbero lasciare alle Regioni le scelte degli strumenti concreti più adeguati per perseguire gli obiettivi e che, a differenza delle norme generali, pur sorretti da esigenze unitarie non esauriscono in se stessi la loro operatività ma informano altre norme63. Di grande rilievo, nell'avvio della giurisprudenza in materia di coordinamento finanziario, la sentenza n. 376 del 200364, con la quale gli interventi sull'accesso al mercato dei capitali, vengono ricondotti alla potestà di coordinamento della finanza pubblica, in connessione con i principi europei, manifestando un indirizzo estensivo in ordine ai poteri statali. L’interesse della pronunzia appare65 molteplice, per le regole ascrivibili al coordinamento della finanza pubblica, per la valenza sussidiaria del coordinamento, nonché per il tema dei principi. Centrale si presenta il “carattere finalistico” peculiare della materia del coordinamento della finanza pubblica che ne impronta la competenza. E' pertanto fine perseguibile dalle regole di coordinamento quello “di contenere il costo dell’indebitamento”. Quanto ai principi fondamentali di coordinamento la Corte elenca le norme attualmente vigenti da ascrivere in tale categoria, aggiungendo che la previsione di obblighi informativi è di per sé inidonea a ledere sfere di autonomia costituzionalmente garantita. Mostrando un'ottica piuttosto retrograda, essa “dimostra di non essersi posta l’interrogativo del perché mai il nuovo art 119 parla di principi del coordinamento e non semplicemente di norme di coordinamento e del perché mai il nuovo art 117 riconosce alle Regioni una potestà legislativa concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica che precedentemente esse non avevano”66, Ottica che permane anche nella giurisprudenza successiva67. 63 Sull'orientamento generale in ordine ai principi fondamentali nelle materie concorrenti, A. PIOGGIA, L. VANDELLI, La repubblica delle autonomie nella giurisprudenza costituzionale, cit., con richiamo delle decisioni nn. 482 del 1995; 196 e 390 del 2004; 87 e 181 del 2006. In particolare si evidenzia come, per la disciplina che prevedeva la decadenza dei direttori di ASL per mancato equilibrio di bilancio, o altri casi, la Corte, nel considerare vincolanti i principi e le finalità perseguiti dal legislatore nazionale, ha ritenuto comunque riservata ai legislatori regionali una sfera di discrezionalità in ordine alle opzioni che riguardano i concreti strumenti e modi di attuazione di questi principi e di perseguimento di queste finalità riconoscendo in particolare la legittimità di discipline regionali che modulassero, in rapporto ad un esame delle cause delle singole situazioni, le conseguenze del mancato rispetto degli equilibri di bilancio (sentenza n. 196 del 2004) o che introducessero nuove e diverse modalità per garantire il possesso di requisiti (sentenza n. 162 del 2004). 64 Le questioni attengono alla legge finanziaria per il 2003 (legge 28 dicembre 2001, n. 448), il cui articolo 41, al comma 1, stabilisce che "al fine di contenere il costo dell'indebitamento e di monitorare gli andamenti di finanza pubblica, il Ministero dell'economia e delle finanze coordina l'accesso al mercato dei capitali" degli enti locali, anche associativi, e dei loro consorzi, nonché delle Regioni; che "a tal fine i predetti enti comunicano periodicamente allo stesso Ministero i dati relativi alla propria situazione finanziaria"; e che "il contenuto e le modalità del coordinamento nonché dell'invio dei dati sono stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanare sentita la Conferenza unificata" Stato-Regioni-autonomie locali, con il quale sono altresì "approvate le norme relative all'ammortamento del debito e all'utilizzo degli strumenti derivati da parte dei succitati enti". A norma del comma 2, "gli enti di cui al comma 1 possono emettere titoli obbligazionari e contrarre mutui con rimborso del capitale in unica soluzione alla scadenza, previa costituzione, al momento dell'emissione o dell'accensione, di un fondo di ammortamento del debito, o previa conclusione di swap per l'ammortamento del debito"; fermo quanto previsto dalle relative pattuizioni contrattuali, gli enti possono provvedere alla conversione dei mutui contratti successivamente al 31 dicembre 1996, anche mediante il collocamento di titoli obbligazionari o rinegoziazioni dei mutui, in presenza di date condizioni di rifinanziamento. I ricorsi lamentano la violazione della competenza legislativa regionale, ritenuta residuale o concorrente.

65 In questi termini A. BRANCASI, Il coordinamento della finanza pubblica come potestà legislativa e come funzione amministrativa, in Le Regioni, 2004, 2-3. Per A. MORRONE, La nuova “Costituzione finanziaria”. La Corte costituzionale indica la via per attuare l'art. 119 Cost., cit., se si escludono alcune decisioni rese in materia di tributi propri che non offrono criteri per interpretare i nuovi principi, a dare una prima chiave di lettura per ricostruire il sistema finanziario della Repubblica sono le sentenze 370 e 376 del 2003.

66 Osserva A. BRANCASI, ult. cit., che l’orientamento della Corte appare abbastanza discutibile, perché, a prescindere dal grado di dettaglio delle disposizioni elencate, esse esauriscono integralmente la disciplina disposta dallo Stato, già prima dell’entrata in vigore del nuovo titolo V della Costituzione, all’indebitamento degli enti territoriali. Si tratta quindi di norme emanate dallo Stato nell’esercizio della generale potestà di coordinamento riconosciutagli dalla originaria versione dell’art 119.

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Con le prime decisioni che dopo la riforma intervengono in ordine al patto di stabilità interno, la Corte mantiene un atteggiamento di chiusura su interventi lesivi dell’autonomia in quanto non riconducibili a principi fondamentali, giustificandole, oltre che con il ripetuto richiamo dei vincoli comunitari, in virtù della temporaneità delle misure. La sentenza n. 4 del 200468 che concerne la legge n. 448 del 2001, quanto alla prescrizione69, per la quantificazione degli oneri della contrattazione integrativa, di attenersi ai criteri indicati per il personale statale, conferma la valenza estensiva attribuita al coordinamento della finanza pubblica, in ordine alla spesa per il personale, che è ritenuta decisiva in riferimento alla spesa corrente. Per la Corte, ricondotta la questione all'art. 117, le doglianze devono considerarsi infondate, in quanto la norma detta regole che, lungi dal costituire normativa di dettaglio sono strumentali rispetto al fine – legittimamente perseguito dalla legislazione statale in sede di coordinamento della finanza pubblica – di valutare la compatibilità con i vincoli di bilancio, risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale, della spesa in materia di contrattazione integrativa; l’accennata strumentalità esclude, altresì, ogni violazione del principio, che si pretende desumere dall’art. 119 Cost., secondo il quale l’autonomia di spesa riconosciuta alle Regioni implicherebbe l’esclusione di ogni ingerenza statale anche sotto forma di procedure e criteri di controllo della spesa pubblica regionale. Sulla stessa linea la sentenza n. 3670 del 2004, che riguarda l’art. 24 della legge n. 448 del 67 A. BRANCASI, La finanza regionale e locale nella giurisprudenza costituzionale sul nuovo titolo V della

Costituzione, in Diritto pubblico, 2007, 3, 6. 68 L. ANTONINI, Dal federalismo legislativo al federalismo fiscale: il quadro giuridico dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario anche alla luce della giurisprudenza costituzionale sull'art. 119 Cost, cit.; M. BARBERO, Il patto di stabilità interno all’esame della Corte costituzionale, cit.; A. BENEDETTI, Competenza statale di principi e coordinamento della finanza pubblica, in Giornale di diritto amministrativo, 2004, 7, 733; M. BERTOLISSI, L'autonomia finanziaria delle regioni ordinarie, cit.; G. D’AURIA, Funzioni amministrative e autonomia finanziaria delle regioni e degli enti locali, in Foro italiano, 2001, V, 218. Sull'atteggiamento conservatore della Corte A. BRANCASI, Osservazioni sull'autonomia finanziaria, cit.; C. SALAZAR, L'art. 119 tra (in)attuazione e flessibilizzazione, in Le Regioni, 2004, 1026; Per G. DELLA CANANEA, Il coordinamento della finanza pubblica alla luce dell'Unione economica e monetaria, cit., 77, la sentenza n. 4 del 2004, è importante ma ambigua. Nonostante il duplice mutamento intervenuto nel modo della Costituzione di configurare la materia come concorrente e senza la possibilità di emanare regolamenti, tuttavia nella realtà la disciplina del patto di stabilità interno è interamente posta dalle leggi statali. 69 Si pone il principio secondo il quale tali oneri sono a carico delle amministrazioni di competenza nell’ambito della disponibilità dei rispettivi bilanci; si stabilisce per la contrattazione integrativa che i comitati di settore, in sede di deliberazione degli atti di indirizzo, si attengono ai criteri indicati per il personale dipendente dallo Stato e provvedono alla quantificazione delle risorse necessarie; si prevedono verifiche congiunte tra comitati di settore e Governo in merito alle implicazioni finanziarie della contrattazione integrativa di comparto, con il definire metodologie e criteri di riscontro anche a campione, si impone agli organi di controllo interno l’invio al Ministero dell’economia di informazioni sui costi della contrattazione integrativa secondo un modello di rilevazione predisposto dal medesimo ministero d’intesa con la Presidenza del Consiglio dei Ministri. La normativa, per le Regioni, violerebbe l'art. 117, comma 4, Cost. nonché l’art. 119, comma 1. E si ritiene lesa la competenza in materia di impiego presso la Regione. 70 ACOFF, Relazione sull’attività svolta dall’Alta commissione per la definizione dei meccanismi strutturali del federalismo fiscale, in www.governo.it; A. BENEDETTI, Competenza statale di principi e coordinamento della finanza pubblica, cit.,733; M. BERTOLISSI, L'autonomia finanziaria delle regioni ordinarie, cit., 430; A. BRANCASI, Osservazioni sull'autonomia finanziaria, cit., 451; E. GRIGLIO, Legittimo il patto di stabilità interno per province e comuni, in www.amministrazioneincammino.it; V. ONIDA, La giustizia costituzionale nel 2004. Relazione in occasione della conferenza stampa del Presidente Valerio Onida, in www.cortecostituzionale.it. Ritiene M. BARBERO, Il patto di stabilità interno all'esame della Corte costituzionale, cit., 346, che fuori dall'emergenza si potrebbe ritenere che il patto debba adeguare i suoi contenuti agli obiettivi e secondo procedure che coinvolgano le Regioni. Per C. PINELLI, Patto di stabilità interno e finanza regionale,cit., 514, se il potere statale di coordinamento non è contestabile lo sono la natura e l'intensità del vincolo imposto. Un conto infatti è un limite ai disavanzi, altro i vincoli alla crescita della spesa corrente o altre misure restrittive. Questa fondamentale differenza era stata completamente obliterata nella sent. 4 , come se l'eliminazione di ogni spazio di disciplina regionale per la contrattazione integrativa imponendo i criteri indicati per il personale statale non contrastasse col presupposto stesso della locuzione principi fondamentali. La sentenza n. 36 invece rivela consapevolezza del problema, nondimeno il

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2001, rubricato “patto di stabilità interno per province e comuni” il quale dispone, tra l'altro71, “ai fini del concorso delle autonomie locali al rispetto degli obblighi comunitari della Repubblica ed alla conseguente realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2002-2004” per il 2002, non solo limiti al disavanzo degli enti locali, ma anche un limite al complesso degli impegni e dei pagamenti per spese correnti al netto degli interessi passivi e di quelle finanziate da programmi comunitari. La Corte sviluppa la considerazione, in seguito ripetutamente richiamata, per la quale “non è contestabile il potere del legislatore statale di imporre agli enti autonomi, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono inevitabilmente in limitazioni indirette all’autonomia di spesa degli enti”72. La natura stessa e la finalità di tali vincoli escludono73 per la Corte che si possano considerare le disposizioni impugnate come esorbitanti dall’ambito di una disciplina di principio spettante alla competenza dello Stato. “Non può dunque negarsi che in via transitoria ed in vista degli specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica perseguiti dal legislatore statale quest’ultimo possa, nell’esercizio non irragionevole della sua discrezionalità, introdurre per un anno anche un limite complessivo che lascia agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse tra i diversi ambiti e obiettivi di spesa”. La Corte, pur nel consolidato uso della formula per la quale è legittima la previsione da parte del legislatore statale di vincoli alle politiche di bilancio per ragioni di coordinamento finanziario connesse anche ad obblighi comunitari, ha tuttavia poi iniziato a censurare vincoli di dettaglio, con la sentenza n. 390 del 200474, chiarendo il concetto di principio fondamentale del coordinamento

vincolo alla spesa corrente viene giustificato perchè transitorio. Ma le giustificazioni addotte rivelano un certo imbarazzo specie nel richiamo al carattere transitorio del vincolo né dimostrano come riduzioni fisse dei trasferimenti accompagnate al vincolo possano assicurare “ampia libertà di allocazione delle risorse”. Ricorda gli scrutini di venti anni orsono sui tetti di spesa imposti alle regioni e sui divieti di assunzione di personale fondati sul rifiuto di un apprezzamento in termini quantitativi dell'entità delle risorse a disposizione delle Regioni nei soli limiti della manifesta irragionevolezza (sentenze nn. 307 del 1983 e 245 del 1984). Si veda anche ID., Profili costituzionali dell’autonomia finanziaria regionale, in Mercati, amministrazioni e autonomie regionali, Giappichelli, Torino, 1999, 37, sulla precedente sentenza n. 307 del 1983. 71 Il comma 6 stabilisce che per l’acquisto di beni e servizi gli enti possono aderire alle convenzioni stipulate per conto del Ministero dell’economia dalla CONSIP o da aggregazioni di enti promosse dallo stesso Ministero. In ogni caso per procedere ad acquisti in maniera autonoma i citati enti adottano i prezzi delle convenzioni come base d’asta al ribasso. Il comma 8 stabilisce che gli enti e le aziende i cui amministratori sono designati dagli stessi devono promuovere opportune azioni dirette ad attuare l’esternalizzazione dei servizi al fine di realizzare economie di spesa e migliorare l’efficienza gestionale. Le questioni possono essere divise in due gruppi: limiti alla crescita della spesa; acquisti di beni e servizi. Per le prime le Regioni lamentano una disciplina di dettaglio che ne comprime l’autonomia nell’allocare le funzioni amministrative in capo agli enti locali e lede la competenza per l’attuazione degli obblighi comunitari. Per le seconde violazione della competenza in tema di organizzazione e funzionamento degli enti locali e il carattere proprio delle disposizioni di normativa di dettaglio. Il comma 13 sul potere ministeriale di definire il prospetto informativo e le modalità della sua trasmissione è censurato in quanto di dettaglio e attribuirebbe al Ministro un potere sostanzialmente regolamentare al di fuori delle materie esclusive dello Stato e in quanto non prevede una intesa nella Conferenza Stato Regioni violando il principio di leale collaborazione. 72 Ad esempio, sentenze nn. 36 del 2004, 417 del 2005, 169 del 2007. 73 Quanto alla natura indifferenziata del vincolo si tratta di misura in qualche modo di emergenza che si applica uniformemente, ma tale elemento non è sufficiente a renderla manifestamente irragionevole. Quanto alle norme sugli acquisti, esse pur realizzando un’ingerenza non poco penetrante nell’autonomia degli enti sulla gestione della spesa, non superano i limiti di un principio di coordinamento, mentre la previsione della trasmissione degli atti relativi agli organi di revisione contabile degli enti al fine dell’esercizio dei controlli loro spettanti ha carattere strumentale. Quanto all’esternalizzazione dei servizi si tratta di una generica direttiva qualificata “al fine di realizzare economie di spesa e migliorare l’efficienza gestionale non valicando a sua volta i confini propri di un principio di coordinamento”. 74 A. BRANCASI, In tema di finanza delle autonomie alcune questioni dall'esito "relativamente" scontato, in Giurisprudenza costituzionale, 2004, 4231, rileva che finalmente viene stabilito qualche limite all'uso improprio della la potestà statale. Ciò nonostante l'ordine di idee è pur sempre quello di assumere come dato rilevante il grado di maggiore o minore dettaglio. M. BARBERO, Blocco delle assunzioni: le ragioni di una bocciatura (Nota a Corte Cost.

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della finanza pubblica come disposizione che si limiti a prescrivere criteri da seguire ed obiettivi da perseguire, senza giungere ad imporre "nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi". E' pertanto dicgiarato incostituzionale il vincolo, di natura permanente, consistente nella previsione di un tetto per le nuove assunzioni a tempo indeterminato, in quanto la legge può fissare criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato purchè si tratti di un divieto temporalmente limitato ma anche e soprattutto di un divieto funzionalmente collegato all'accordo da raggiungere in sede di Conferenza unificata. Di conseguenza lo Stato non può imporre un limite quantitativo alle assunzioni del personale di Regioni ed enti locali mediante un precetto specifico e puntuale sull'entità della copertura delle vacanze verificatesi negli anni, qualificandosi come illegittime le disposizioni delle leggi finanziarie per il 2003 (art. 34, comma 111) e 2004 (art. 3, comma 60), con effetto anche sulla legge finanziaria per il 2005, che si trovava in preparazione al momento dell'emanazione della sentenza. Si è quindi avviato, ad iniziare dalla sentenza n. 417 del 200575, un consolidamento76 nella definizione dei principi fondamentali, nel senso che "le norme che fissano vincoli puntuali relativi a singole voci di spesa dei bilanci delle Regioni e degli enti locali non costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione". La legge statale può disporre soltanto un limite complessivo, lasciando agli enti ampia libertà di allocazione; i requisiti perchè i limiti alla spesa possano qualificarsi come principi fondamentali consistono nel fatto che si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica e che non prevedano strumenti o modalità per il perseguimento degli obiettivi. Alla ripetuta definizione dei canoni conseguono tuttavia decisioni, tra l'altro fra loro ravvicinate, assai contrastanti77, ciò che può porsi in relazione con l'aggancio della distinzione principi/ dettagli

390/2004), in www.federalismi.it.; L. OLIVIERI, La materia del coordinamento della finanza pubblica non legittima lo Stato ad influire sull'organizzazione del personale di regioni ed enti locali, in www.lexitalia.it; V. ONIDA, La giustizia costituzionale nel 2004, cit. 75 A. BRANCASI, La Corte costituzionale delimita l'ambito del coordinamento della finanza pubblica, in Giornale di diritto amministrativo, 2006, 421; S. GIANFROCA, C. ROTUNNO, Le recenti sentenze della Corte costituzionale in materia di contenimento della spesa pubblica, in Rivista telematica della Scuola superiore dell'economia e delle finanze; E. RINALDI, Illegittime le statuizioni del decreto taglia spese impositive di vincoli puntuali a specifiche voci di spesa dei bilanci di regioni ed enti locali, in www.associazioneitalianadeicostituzionalisti; D. IMMORDINO, La legge 9 febbraio 2006, n. 3 della Regione Toscana e le prospettive reali di attuazione della riforma degli artt. 117 e 119 Cost. negli effetti immediati della sentenza 9/14 novembre 2005, n. 417 della Corte costituzionale, in Le istituzioni del federalismo, 2006, 5, 707; M. BARBERO, Il problematico coordinamento della finanza pubblica, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 2006, II, 27. 76 Anche le sentenze nn. 36 del 2004; 88 e 449 del 2006; 82, 95, 157, 159 e 412 del 2007. Per la sentenza n. 95 del 2007 non è illegittima la soppressione di indennità per il personale in quanto riconducibile all'ordinamento civile di competenza esclusiva statale, mentre la negazione del rimborso di spese di viaggio, riconducibile alla materia armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, lede l'autonomia finanziaria delle Regioni e degli enti locali perchè non stabilisce un parametro generale di contenimento della spesa ma un precetto specifico e puntuale sull'entità di questa. 77 Per la sentenza n. 157 del 2007 sono da censurare i vincoli posti dalla legge finanziaria per il 2006 alle indennità di carica degli organi politici regionali a causa dell'oggetto definito della disciplina e della formulazione specifica delle disposizioni, trattandosi di norma statale che reca limiti, non consentiti, ad una singola voce di spesa (precetto specifico) anzichè criteri obiettivi. Per la sentenza n. 169 del 2007 è illegittimo il comma 202 dell'art. 1 della legge finanziaria per il 2006 che stabilisce che “al finanziamento degli oneri contrattuali del biennio 2004/05 concorrono le economie di spesa di personale riferibili all'anno 2005” così imponendo una puntuale modalità di utilizzo di risorse proprie della Regione. Ma non sono invece illegittime le prescrizioni della stessa legge finanziaria per il 2006 (art. 1, comma 198) che impone a Regioni ed enti locali di mantenere la spesa per il personale degli enti territoriali e del servizio sanitario nel 2006, 2007 e 2008 sotto il livello di quella del 2004 diminuita dell'1 per cento, sancendo così per la Corte un principio generale di coordinamento della finanza pubblica. La Corte evidenzia il carattere strumentale della misura per il patto di stabilità interno ed il costituire quella per il personale la parte più rilevante seppure non la totalità della spesa corrente. Anche il divieto di assunzioni per gli enti che non hanno rispettato il tetto di spesa rientra nella competenza statale “trattandosi di norma volta a rendere effettivo il tetto di spesa”. Su tali due ultime pronunce, F. LEOTTA, L'autonomia finanziaria di spesa degli enti territoriali al vaglio della

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con quella obiettivi/mezzi, che si rivela impraticabile78. Inoltre la Corte “non distingue mai la materia coordinamento da quella sistema tributario e finanza pubblica” e “non considera il fatto che essendo concorrente richiederebbe principi compatibili con la competenza delle Regioni”, mentre ammette anche disposizioni statali rivolte esclusivamente agli enti locali79. Dalle più recenti sentenze inoltre emerge la tendenza della Corte ad “equivocare” nel riferimento alla finanza regionale e locale che vengono attribuite alla competenza concorrente (interamente anziché nel relativo coordinamento) e con individuazione del fondamento nell'art. 119 anziché 117. Se in qualche misura (per il solo sistema tributario) ciò debba ritenersi risultare sostanzialmente, non sembra tuttavia che la Corte possa trascurare lo svolgimento di un percorso formalmente corretto in primis attraverso le formule costituzionali attributive di competenze legislative, utilizzando i canoni dalla stessa Corte proposti. La sentenza n. 425 del 200580 si occupa delle disposizioni della legge finanziaria per il 200481, che si qualificano come poste ai sensi dell'art. 119, sesto comma, stabilendo che Regioni ed enti locali ed enti ed organismi dipendenti di questi ultimi possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento e che costituiscono indebitamento una serie di operazioni; ed elencando le operazioni che costituiscono investimenti. Era inoltre previsto che le modifiche alle tipologie delle operazioni di indebitamento e delle spese di investimento fossero disposte con decreto del Ministro dell'economia sentito l'ISTAT. La Corte ha precisato che l’articolo 119, comma 6 Cost., non introduce nuove restrizioni all’autonomia regionale ma si limita alla enunciazione espressa di un vincolo, quello a ricorrere all’indebitamento solo per spese di investimento, che già nel previgente regime costituzionale e statutario il legislatore statale ben poteva imporre e anche alle Regioni a statuto speciale. Perplessità suscita l'affermazione, per quello dei principi di coordinamento finanziario (art. 117, comma 3), che si tratta di un ambito nel quale le Regioni ordinarie non hanno acquisito potestà più ampie, ma in cui la loro autonomia incontra tuttora gli stessi o più rigorosi limiti. Essa sembra trascurare tanto il passaggio della potestà di coordinamento dalle forme e limiti ai principi fondamentali quanto la restrizione dell'ambito materiale di competenza statale dalla finanza al suo coordinamento. Sul problema se e in che misura la legge statale possa porre regole specifiche che concretizzano e attuano il vincolo di cui all'art. 119, sesto comma, la Corte rileva l'esigenza del coordinamento in quanto ritiene che non si tratti di nozioni il cui contenuto possa determinarsi a priori in modo Corte costituzionale: i vincoli posti dalla legge finanziaria 2006 alle indennità di carica degli organi politici regionali ed alle spese per il personale degli enti territoriali e del servizio sanitario (nota alle sentt. 8 maggio 2007 n. 157 e 17 maggio 2007, n. 169), in www.forumcostituzionale.it, 2007, che osserva come vi sia un “mosaico ancora da modellare sull'insidioso “campo” del riparto di competenze legislative rappresentato dai rapporti finanziari (in senso lato) tra lo Stato e gli enti territoriali, ad iniziare dalle Regioni” e che vi sono “ombre” sui percorsi seguiti dalla Corte in particolare nel giustificare il vincolo alla spesa di personale anziché a quella complessiva, vincolo che appare contrastante con la definizione dell'autonomia di spesa. Tanto più che dubbio ancor maggiore riguarda i margini di autonomia che in concreto vengono lasciati agli enti. 78 A. BRANCASI, La finanza regionale e locale nella giurisprudenza costituzionale sul nuovo titolo V della Costituzione, cit. 79 Sono tutte considerazioni di A. BRANCASI, La finanza regionale e locale nella giurisprudenza costituzionale sul

nuovo titolo V della Costituzione, cit. 80 ACOFF, Relazione sull’attività svolta dall’Alta commissione per la definizione dei meccanismi strutturali del federalismo fiscale, cit.; M. SMIROLDO, La garanzia degli equilibri di bilancio degli enti della finanza pubblica allargata: la costituzionalizzazione della golden rule e la sanzione per l’inosservanza del divieto di ricorso all’indebitamento per il finanziamento di spese diverse da quelle d’investimento, in www.lexitalia.it, 2006, 4; M. BARBERO, Golden rule: “non è tutt'oro quel che luccica”!, in Le regioni, 2004, 675; G. D'AURIA, (In tema di) ricorso all'indebitamento per regioni ed enti locali (nota a C. cost. 29 dicembre 2004, n. 425), in Il foro italiano, 2006, 2, 403. 81 Art. 3, commi 16, 17 e 18 della legge n. 350 del 2003. Le censure riferibili al tema dei principi investivano il fatto che si preveda l'applicazione ad enti diversi da quelli indicati nell'art. 119 e inoltre si apportino restrizioni alle nozioni di indebitamento e in ispecie di investimento in particolare con riguardo ai contributi a favore di soggetti privati.

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assolutamente univoco sulla base della sola disposizione costituzionale, dato che le definizioni derivano da scelte di politica economica e finanziaria effettuate in stretta correlazione con i vincoli di carattere sovranazionale. In riferimento alla natura di principi degli interventi statali, ritiene che la nozione di spese di investimento adottata appare anzi estensiva rispetto ad un significato strettamente contabile che faccia riferimento solo ad erogazioni di denaro pubblico cui faccia riscontro l'acquisizione di un nuovo corrispondente valore al patrimonio dell'ente che effettua la spesa: comprende infatti ad esempio i trasferimenti in conto capitale destinati alla realizzazione degli investimenti di altri enti pubblici. Parimenti la nozione di indebitamento è ispirata ai criteri adottati in sede europea ai fini del controllo dei disavanzi pubblici; si tratta in definitiva di tutte le entrate che non possono essere portate a scomputo del disavanzo calcolato ai fini del rispetto dei parametri comunitaria non può dirsi irragionevole la scelta di escludere dalle spese di investimento le erogazioni a favore di privati in quanto non concorrono ad accrescere il patrimonio pubblico nel suo complesso. La Corte non si cura, tuttavia, di constatare se vengano posti principi effettivamente “di coordinamento”, anzi sembra, proprio per evitare tale verifica, ricondurre la normativa ad una (insussistente) potestà statale di attuazione del principio costituzionale82. A tutela della legalità in termini sostanziali del coordinamento sono invece riconosciute fondate le censure che investono l'attribuzione al Ministro dell'economia di disporre le modifiche alle definizioni, in quanto si conferisce al Ministro una potestà il cui esercizio può comportare una ulteriore restrizione della facoltà per gli enti autonomi di ricorrere all'indebitamento per finanziare le proprie spese e si traducono sostanzialmente in una delegificazione delle statuizioni contenuti nelle norme. Ma una siffatta previsione presupporrebbe il rispetto del principio di legalità sostanziale in forza del quale l'esercizio di un potere politico-amministrativo incidente sull'autonomia regionale e locale può essere ammesso solo sulla base di previsioni legislative che predeterminino in via generale il contenuto delle statuizioni dell'esecutivo delimitandone la discrezionalità. Né può valere a soddisfare tale requisito la generica previsione secondo cui il Ministro dovrebbe operare sulla base dei criteri definiti in sede europea. c) La sussidiarietà legislativa e la potestà regolamentare Per altre vie, ad opera dell'evoluzione della giurisprudenza che consente di non ricorrere alla sospensione delle garanzie, la legislazione statale di dettaglio fa il suo ingresso nel coordinamento statale della finanza pubblica mediante un elevato livello del dispiegarsi del “parallelismo inverso”, rappresentato dalla attrazione in sussidiarietà non soltanto di funzioni amministrative ma anche della relativa legislazione di dettaglio83, risultando inoltre avallata l’attribuzione di potere

82 A. BRANCASI, Il commento, in Giornale di diritto amministrativo, 2006, 4, 420. 83 Corte costituzionale, in particolare sentenze nn. 303 e 6 del 2004. Si è osservato (M. LUCIANI, L'autonomia legislativa in Le Regioni, 2004, 367) che la sentenza n. 303/2003 richiama, a logica invertita, il vecchio principio del parallelismo tra funzioni legislative e funzioni amministrative, rovesciandosi il rapporto fra gli artt. 117 e 118 della Costituzione. P. VIPIANA, Il principio di sussidiarietà “verticale”. Attuazione e prospettive, Giuffrè, Milano, 2002; P. CIARLO La potestà legislativa regionale, in L. CHIEFFI e G. CLEMENTE (a cura di), Regioni ed enti locali dopo la riforma del titolo V fra attuazione ed ipotesi di ulteriore revisione Giappichelli, Torino, 2003,77; A. MORRONE, La Corte costituzionale riscrive il titolo V? in www.forumcostituzionale.it.; L. TORCHIA, In principio sono le funzioni (amministrative): la legislazione seguirà, in www.astridonline.it,; Q. CAMERLENGO, Dall'amministrazione alla legge, seguendo il principio di sussidiarietà. Riflessioni in merito alla sentenza n. 303 del 2003 della Corte costituzionale, in www.forumcostituzionale.it, 2003; F. CINTIOLI, Le forme dell'intesa e il controllo sulla leale collaborazione dopo la sentenza n. 303 del 2003, in www.forumcostituzionale.it, 2003; DICKMANN, La Corte costituzionale attua (ed integra) il Titolo V (Osservaioni a Corte cost. 1° ottobre 2003, n. 303), in www.federalismi.it, 2003, 12; O. CHESSA, La sussidiarietà verticale nel nuovo titolo V della Costituzione, in G. VOLPE (a cura di), Alla ricerca dell’Italia federale, Plus, Pisa, 2003, 173; A. RUGGERI, Il parallelismo redivivo e la sussidiarietà legislativa (ma non regolamentare) in una storica pronuncia. Nota a Corte costituzionale n. 303 del 2003, in www.astridonline.it; A. GENTILINI, Dalla sussidiarietà amministrativa alla sussidiarietà legislativa, a cavallo

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regolamentare ministeriale. Quanto all'intervento nel dettaglio, le competenze sussidiarie, insieme a quelle funzionali e trasversali hanno certamente alterato il modello di separazione tra fonti statali e regionali rendendolo flessibile84 e possono porre problemi generali di eversione del sistema, determinando un precario equilibrio tra il principio della competenza e quello della collaborazione. Infatti l’assunzione in sussidiarietà agisce come clausola generale di flessibilità dei confini delle potestà legislative cosicchè, quando lo Stato si assume le funzioni, assume anche le potestà legislative necessarie per dotare tali funzioni della copertura legale85. Pur quando sia incontestabile (sentenze nn. 303 del 2003 e 6 del 2004) che la disciplina impugnata non contiene principi fondamentali, ma norme di dettaglio autoapplicative e intrinsecamente non suscettibili di essere sostituite dalle Regioni, la Corte ha più volte affermato86 che, allorché sia ravvisabile, ai sensi dell’art. 118, comma 1, un’esigenza di esercizio unitario a livello statale di determinate funzioni amministrative, lo Stato è abilitato a disciplinare questa materia per legge e ciò pure se quelle funzioni amministrative siano riconducibili a materie di legislazione concorrente. E neppure la materia di competenza legislativa residuale esclude la possibilità per la legge statale

del principio di legalità, in Giurisprudenza costituzionale, 2003, 5, 2805; S. AGOSTA, La Corte costituzionale dà finalmente la...”scossa” alla materia delle intese tra Stato e Region? (brevi note a margine di una recente pronuncia sul sistema elettrico nazionale, in www.forumcostituzionale.it, 2004; S. BARTOLE, Collaborazione e sussidiarietà nel nuovo ordine regionale, in Le regioni, 2004, 1; O CHESSA, Sussidiarietà ed esigenze unitarie: modelli giurisprudenziali e modelli teorici a confronto, in Le regioni, 2004, 4, rileva la giustizialità dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione. A. D'ATENA, L'allocazione delle funzioni amministrative in una sentenza ortopedica della Corte costituzionale, in Giurisprudenza costituzionale, 2003, 2776; S. BARTOLE, Collaborazione e sussidiarietà nel nuovo ordine regionale, cit.; L. VIOLINI, I confini della sussidiarietà: potestà legislativa “concorrente”, leale collaborazione e strict scrutiny, Le Regioni, 2004, 587; A. RUGGERI, Il parallelismo “redivivo” e la sussidiarietà legislativa (ma non regolamentare...) in una storica (e però solo in parte soddisfacente) pronunzia, cit.; F. BILANCIA, La riforma del titolo V e la “perdurante assenza di una trasformazione delle istituzioni parlamentari”, in Giurisprudenza costituzionale, 2004, 137; Per una ricostruzione della giurisprudenza sulla sussidiarietà, V. LOPILATO, Le funzioni amministrative, in G. CORSO, V. LOPILATO (a cura di), Il diritto amministrativo dopo le riforme costituzionali, Milano, 2006. 84 F. MODUGNO. La posizione e il ruolo della legge statale nel sistema delle fonti, in www.issirfa.cnr.it. La legge in sussidiarietà deve essere legge di principi e legge sulla produzione , che predisponga procedimenti nei quali siano rappresentate le istanze delle regioni. 85 Chiarisce A. ANZON, Le potestà legislative dello Stato e delle Regioni, cit., che la Corte non individua i campi ma un meccanismo mobile e i criteri e modi per attuarlo. Questo nasce dalla mancata espressa tutela dell’interesse nazionale: il legislatore costituzionale ha rinunciato a servirsi di uno strumento indispensabile non solo nel nostro passato ma anche in Stati sicuramente federali (Germania, Stati Uniti) e previsto nella proposta di costituzione europea. Il meccanismo è limitato oggettivamente all’organizzazione e alla disciplina delle funzioni amministrative assunte. Si legge nella sentenza n. 303 del 2003 che limitare l'attività unificante dello Stato alle sole materie espressamente attribuitegli in potestà esclusiva o alla determinazione deli principi nelle materie di potestà concorrente significherebbe bensì circondare le competenze legislative di garanzie ferree ma vorrebbe anche dire svalutare oltre misura istanze unitarie che pure in assetti costituzionali fortemente pervasi da pluralismo istituzionale giustificano a determinate condizioni una deroga alla normale ripartizione di competenze (basti pensare al riguardo alla legislazione concorrente dell'ordinamento costituzionale tedesco (konkurrierende Gesetzgebung) o alla clausola di supremazia nel sistema federale statunitense (Supremacy Clause). Nel nostro sistema un elemento di flessibilità è indubbiamente contenuto nell'art. 118 primo comma sulla possibilità di allocazione ad un livello di governo diverso delle funzioni amministrative in base ai principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Il principio di legalità impone che le funzioni siano organizzate e regolate dalla legge e solo la legge statale può farlo per funzioni statali. Una volta stabilito che nelle materie di competenza statale esclusiva o concorrente la legge può attribuire allo stato funzioni amministrative e riconosciuto che è anche abilitata a regolarle resta da chiarire che i principi di sussidiarietà e adeguatezza convivono con il normale riparto di competenze e possono giustificare una deroga solo se la valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalità e sia oggetto di un accordo stipulato con la Regione interessata. 86 Sentenze nn. 303 del 2003; 6 del 2004; 151, 242, 270, 285 e 283 del 2005.

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di attribuire funzioni legislative al livello centrale e di regolarne l’esercizio87. Tuttavia i principi di sussidiarietà e di adeguatezza, in forza dei quali si verifica l’ascesa della funzione normativa (dal livello regionale a quello statale), convivono con il normale riparto di competenze contenuto nel titolo V della Costituzione e possono giustificarne una deroga solo se sussistono le condizioni per la “chiamata in sussidiarietà”88. Pertanto per giudicare della legittimità costituzionale è necessario non già considerare la conformità rispetto all'art. 117 Cost., bensi valutarne la rispondenza da un lato ai criteri indicati dall'art. 118 (sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza) per la allocazione e la disciplina delle funzioni amministrative, dall'altro al principio di leale collaborazione. Cosicchè la valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione delle funzioni regionali da parte dello Stato deve essere proporzionata, non affetta da irragionevolezza, alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalità e oggetto di partecipazione da parte delle Regioni, ovvero (sentenza n. 303 del 2003) la disciplina deve essere “logicamente pertinente e risultare limitata a quanto strettamente indispensabile a tali fini”. La legge statale deve quindi risultare adottata a seguito di procedure partecipate o comunque prevedere adeguati meccanismi di cooperazione per l'esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali fungendo il principio cooperativo all'esercizio integrato e concordato di competenze interferenti89. Pertanto tali procedure vengono (transitoriamente?) riferite ad intese in sede di Conferenza in considerazione della “perdurante assenza di una trasformazione delle istituzioni parlamentari e, più in generale dei procedimenti legislativi – anche solo nei limiti di quanto previsto dall'art. 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001” (decisione n. 6 del 2004). La legislazione statale di questo tipo può aspirare a superare il vaglio di legittimità costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealtà. E si prefigura (talora) un'intesa forte, nel senso che il suo mancato raggiungimento costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento. Comunque la previsione di una intesa con la Conferenza unificata non può in ogni caso valere quale titolo attributivo di una competenza in ipotesi mancante (sentenza n. 145 del 2005). Tali tematiche si pongono, in riferimento al coordinamento della finanza pubblica, in occasione

87 Sentenze nn. 6 del 2004; 242 del 2005 e 214 del 2006. 88 Osserva C. PADULA, Principio di sussidiarietà verticale ed interesse nazionale: distinzione teorica e sovrapposizione pratica, in Giurisprudenza costituzionale, 2006, 837, che “dopo il 2001 non è sufficiente il carattere nazionale dell'interesse per giustificare la competenza statale ma è necessario il carattere nazionale della funzione...Prima del 2001 il punto di riferimento era il soggetto dell'interesse, dopo il 2001 il punto di riferimento è l'oggetto della funzione”. 89 Sentenze nn. 303 del 2003; 6 del 2004; 242, 255, 270, 285 e 383 del 2005; 214 del 2006. Nella sentenza n. 303 la Corte ha affermato che una deroga al riparto operato dall'art. 117 può essere giustificata solo se la valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalità e sia oggetto di un accordo stipulato con la Regione interessata. Che dal congiunto disposto degli artt. 117 e 118 primo comma sia desumibile anche il principio dell'intesa consegue alla peculiare funzione attribuita alla sussidiarietà che si discosta in parte da quella già conosciuta nel nostro diritto. Enunciato nella legge n 59 del 1997 come criterio ispiratore della distribuzione legale delle funzioni amministrative tra lo Stato e gli altri enti territoriali e quindi già operante nella sua dimensione meramente statica come fondamento di un ordine prestabilito delle competenze quel principio con la sua incorporazione nel testo della Costituzione ha visto mutare il proprio significato. Accanto alla primitiva dimensione statica che si fa evidente nella tendenziale attribuzione della generalità delle funzioni amministrative ai Comuni è resa infatti attiva una vocazione dinamica della sussidiarietà che consente ad essa di operare non più come ratio ispiratrice e fondamento di un ordine di attribuzioni stabilite e predeterminate ma come fattore di quell'ordine in vista del soddisfacimento di esigenze unitarie. Occorre annettere ai principi di adeguatezza e sussidiarietà una valenza squisitamente procedimentale poiché l'esigenza di esercizio unitario che consente di attrarre insieme alla funzione amministrativa anche quella legislativa può aspirare al vaglio di legittimità costituzionale solo in presenza di una disciplina che configuri in iter in cui assumano il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento orizzontale ovverosia le intese che devono essere condotte in base al principio di lealtà.

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della legge finanziaria per il 2002 e della relativa decisione della Corte costituzionale, n. 376 del 2003. La questione concerne l'art. 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, comma 1, il quale stabilisce che "al fine di contenere il costo dell'indebitamento e di monitorare gli andamenti di finanza pubblica, il Ministero dell'economia e delle finanze coordina l'accesso al mercato dei capitali" degli enti locali, anche associativi, e dei loro consorzi, nonché delle Regioni che "a tal fine i predetti enti comunicano periodicamente allo stesso Ministero i dati relativi alla propria situazione finanziaria". La Corte afferma (ciò che poi ribadisce nella sentenza n. 35 del 2005) che il coordinamento “di per sé eccede inevitabilmente, in parte, le possibilità di intervento dei livelli territoriali sub-statali” ed aggiunge che, in conseguenza di ciò, può rendersi necessario “collocare al livello centrale non solo la determinazione delle norme fondamentali che reggono la materia, ma altresì i poteri puntuali eventualmente necessari perché la finalità di coordinamento… possa essere concretamente realizzata”. Risulta ancora di difficile collocazione sistematica90 il rapporto tra regolamenti statali91 e competenze regionali dopo la riforma. Nella sentenza n. 303 si escludeva la disciplina regolamentare, ma diverso è l'orientamento seguito dalla giurisprudenza successiva, tuttavia nella necessità 92 di ancorare il potere regolamentare al principio di leale collaborazione.

In tema di coordinamento della finanza pubblica, già interviene la decisione n. 376 del 2003. Per la Corte con la previsione che "il contenuto e le modalità del coordinamento nonché dell'invio dei dati sono stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanare sentita la Conferenza unificata" Stato-Regioni-autonomie locali, con il quale sono altresì "approvate le norme relative all'ammortamento del debito e all'utilizzo degli strumenti derivati da parte dei succitati enti", non è violato il sesto comma dell'articolo 117 della Costituzione in quanto il potere regolamentare del Ministro è riferibile per il suo contenuto alla disciplina dei poteri rientranti nella competenza statale e legittimamente attribuiti al Ministero, e pertanto non eccede i limiti entro i quali la potestà regolamentare può essere esplicata dallo Stato93. D'altronde, in tema di accesso 90 L. CAPPUCCIO, Principio di sussidiarietà, regolamenti di delegificazione e competenza residuale: una verifica incerta?, in Le Regioni, 2007, 2, 265, che rileva inoltre come il rapporto tra potere regolamentare e chiamata in sussidiarietà determina un sistema normativo in cui l'uso delle fonti secondarie non è frutto di una separazione di competenze tra Stato e Regioni ma dei diversi titoli di intervento dello Stato negli ambiti rimessi agli enti territoriali. La collaborazione nell'ambito della conferenza è svolta degli esecutivi regionali che dialogano con il Governo centrale. La chiamata in sussidiarietà della funzione normativa, con previsione di potere regolamentare, esclude il consiglio regionale dalla funzione normativa, comportando uno spostamento a favore degli esecutivi locali della partecipazione alla formazione delle norme. In definitiva il potere regolamentare dello Stato ha un carattere a fisarmonica in grado di estendersi attraverso il richiamo ai diversi meccanismi di flessibilizzazione della separazione delle competenze, quali il principio di continuità, la trasversalità delle materie, la sussidiarietà. In assenza dei requisiti di flessibilizzazione del riparto di competenze invece la previsione dell'art. 117, comma 6, Cost. 91 C. TUBERTINI, Riforma costituzionale e potestà regolamentare dello Stato, in Rivista trimestrale di diritto pubblico comunitario, 2002, 935. 92 Così la sentenza n. 214 del 2006.

93 Per A. BRANCASI, Il coordinamento della finanza pubblica come potestà legislativa e come funzione amministrativa, cit., è significativo che manchi qualsiasi esplicito richiamo della sentenza n. 303 del 2003, in quanto le disposizioni impugnate, nel conferire il potere di coordinamento al Ministero dell’economia e delle finanze, subordinano il relativo esercizio al semplice parere della Conferenza unificata. Si ammette che la funzione amministrativa di coordinamento può assumere forma non legislativa. Conclusione, quest’ultima, che risulta impraticabile almeno per due motivi. Essa contraddice, infatti, la disciplina della potestà regolamentare stabilita dall’art 117, c. 6, inoltre, una conclusione del genere significherebbe concepire il coordinamento finanziario in termini più restrittivi per le autonomie rispetto a come veniva intesa dal precedente assetto costituzionale, che prevedeva al riguardo, per stessa ammissione della Corte costituzionale, una riserva di legge. Tutto ciò spiega come mai, per riconoscere allo Stato la possibilità di intestarsi funzioni amministrative di coordinamento finanziario, la Corte sia costretta a percorrere soluzioni argomentative di altro genere. Essa, infatti, delimita la possibile portata di questi poteri amministrativi, tanto che parla, al riguardo, “di regolazione tecnica, di rilevazione e di controllo”, nonché di mere “misure tecniche”. Per G. DELLA CANANEA, Il coordinamento della finanza pubblica alla luce dell'Unione economica e monetaria, in Giurisprudenza costituzionale, 2004, 77. Per A. MORRONE, La nuova “Costituzione

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degli enti territoriali al mercato dei capitali, i poteri di coordinamento che possono legittimamente essere attribuiti ad organi centrali sono altresì connessi per l'oggetto con la competenza statale in materia di "tutela del risparmio e mercati finanziari" di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e). La semplice previsione del parere della Conferenza unificata sullo schema di decreto costituisce per la Corte una garanzia procedimentale in sé sufficiente, atteso l'oggetto della disciplina, atta a contrastare l'eventuale assunzione, da parte del decreto medesimo, di contenuti lesivi della autonomia garantita agli enti territoriali: ferma restando, naturalmente, la possibilità per questi di esperire, nell'ipotesi di lesioni, i rimedi consentiti dall'ordinamento, ivi compreso, se del caso, il conflitto di attribuzioni.

Anche in seguito risultano utilizzate94 le argomentazioni giustificative di attività sostanzialmente regolamentare legate alla natura tecnica (e non regolamentare) degli interventi; alla individuazione anche del riferimento a competenze esclusive statali o alle attribuzioni degli organi centrali. Con la conseguenza che un parere (e non una intesa) della Conferenza unificata, “appare del tutto idoneo ad assicurare il necessario coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali”.

finanziaria”. La Corte costituzionale indica la via per attuare l'art. 119 Cost., in Giurisprudenza costituzionale, 2003, 4079, la natura del coordinamento finanziario e il principio di sussidiarietà sterilizzano il presupposto perchè agisca il comma 6 del 117. Dal fatto che non vi è violazione perchè il contenuto è riferito ai poteri del Ministro sembra discendere la conseguenza che quando si è in presenza di competenze statali di carattere funzionale ovvero di competenze statali espresse mediante etichette che traducono valori trasversali sfuma il confine tra potestà esclusiva e potestà concorrente allo scopo di stabilire l'applicazione del sesto comma. il parere sullo schema di decreto appare sufficiente: la Corte non affronta la questione pregiudiziale se il coordinamento finanziario come competenza concorrente non implichi piuttosto una cooperazione Stato e Regioni sul piano della legislazione e non tanto o non solo su quello della esecuzione. Rileva M. BARBERO, Prime indicazioni della Corte costituzionale in materia di “federalismo fiscale”, in www.forumcostituzionale.it,, che le argomentazioni delle Corte, laddove nei confronti di atti di coordinamento finanziario lesivi dell’autonomia degli enti sub-statali sembrano suggerire a tali enti come rimedio principe il conflitto di attribuzioni, appaiono deboli e, soprattutto, in palese contrasto con la affermata necessità di procedere ad attività concertative e di coordinamento. Sarebbe stato lecito attendersi dalla Consulta una più efficace presa di posizione circa il necessario coinvolgimento (per mezzo di intese e non di meri pareri) di Regioni ed enti locali nella elaborazione delle norme di coordinamento in materia finanziaria. 94 Per la sentenza n. 35 del 2005, quanto al compito del Ministero dell’economia di definire il prospetto delle informazioni che gli enti locali e le Regioni sono tenuti a trasmettere in relazione agli incassi, ai pagamenti e agli impegni assunti nonché ad altre operazioni finanziarie, non si deve considerare il decreto ministeriale quale espressione di potestà regolamentare. Riguardo ai commi 5 e 6, che concernono, rispettivamente, la predisposizione di modalità uniformi di codificazione di dati di rilievo contabile (incassi e pagamenti) e di trasmissione dei bilanci degli enti locali alla competente sezione della Corte dei conti, viene invece in rilievo un puntuale titolo di competenza legislativa esclusiva dello Stato: quello in tema di coordinamento statistico ed informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale (art. 117, primo comma, lettera r, Cost.). Neppure si può sostenere che, pur in una materia ascritta alla competenza legislativa esclusiva, il rispetto del principio di leale collaborazione imporrebbe allo Stato di garantire alle Regioni, quando esso regoli attività di queste ultime, una forma di codeterminazione paritaria del contenuto dell’atto. La previsione di un parere (e non di una intesa) della Conferenza unificata, al contrario, appare del tutto idonea ad assicurare il necessario coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali, tanto più in considerazione della natura eminentemente tecnica della disciplina di coordinamento statale.

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Capitolo II

LA POTESTÀ DI COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA. PROFILI MATERIALI

1. L'ambito oggettivo della competenza statale

a) Il coordinamento della finanza pubblica come materia/funzione La portata della competenza legislativa in ordine al coordinamento della finanza pubblica deve definirsi anche in riferimento all'ambito materiale di applicazione. Quello delle materie si ritiene95 costituisca forse il punto più debole della trama costituzionale risultante dalla riforma del 2001, riscontrandosi la rilevanza degli elementi di indeterminatezza insiti nel sistema, tanto da potersi ritenere che la riforma ha spazzato via la base materiale delle competenze dando vita ad un assetto confuso, benchè appaia indiscutibile l'indicazione di tendenza nel senso della promozione dell'autonomia96. Del resto la ricerca di meccanismi di flessibilità, che il

95 A. RUGGERI, Giudizi sulle leggi in via principale e giurisprudenza costituzionale, a seguito della riforma del Titolo V (“modello” ed esperienza a confronto), in Le istituzioni del federalismo, 2006, 5, 800, per il quale comunque dovrebbe discendere un “preorientamento” metodico volto a far massimamente espandere l'area materiale rimessa alla coltivazione delle leggi regionali a fronte di quella invece trattenuta dallo Stato. In seno alla prima poi nei dubbio circa la determinazione della linea di confine tra materie (rectius, interessi) di potestà ripartita e materie (o interessi) di potestà “residuale”, l'opzione dovrebbe cadere a favore di queste ultime, così come nel dubbio a riguardo del confine tra campi materiali di potestà concorrente e campi di potestà esclusiva dello Stato l'interprete dovrebbe sentirsi tendenzialmente attratto dai primi piuttosto che dai secondi. La tecnica della Consulta è quella dello sminuzzamento di materie un tempo considerate unitarie sì da riportarne taluni importanti “spicchi” entro l'area di competenza esclusiva o concorrente dello Stato, ma l'indirizzo per una dilatazione delle materie nominate contrasta con l'indicazione che si trae dalla riforma. 96 A. RUGGERI, Quale “sistema” delle fonti dopo la riforma del titolo V?, in www.federalismi.it, 2006,2; ID:, Il “regionalismo della transizione” e la teoria della Costituzione, in www.federalismi.it, 2004, 16; ID., I criteri di individuazione delle materie, in www.forumcostituzionale.it; ID., C. SALAZAR, Le materie regionali tra vecchi criteri e nuovi (pre)orientamenti metodici di interpretazione, in Scritti in memoria di Livio Paladin, Jovene, Napoli, 2004, vol. IV, 1955. Sul riparto di materie, ci si limita a richiamare A. ANZON, Il difficile avvio della giurisprudenza costituzionale sul nuovo titolo V della Costituzione, in Giurisprudenza costituzionale, 2003, 1149; ID. Le potestà legislative dello Stato e delle Regioni, Giappichelli, Torino, 2005; G. PAGANETTO, Riforma del Titolo V della Costituzione e ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regione: prime interpretazioni della Corte costituzionale, in Giurisprudenza costituzionale, 2003, 1189; R. BIN, I criteri di individuazione delle materie, in Le Regioni, 2006, 5; ID., “Problemi legislativi e interpretativi nella definizione delle materie di competenza regionale”. Rileggendo Livio Paladin dopo la riforma del Titolo V, in Scritti in memoria di L. Paladin, Napoli, 2004, I, 295; G. FLORIDIA Fonti regionali e sistema delle fonti, in G. FERRARI, G. PARODI (a cura di), La revisione costituzionale del titolo V tra nuovo regionalismo e federalismo. Problemi applicativi e linee evolutive, Cedam, Padova, 2003; A. D'ATENA, Materie legislative e tipologia delle competenze, in Quaderni costituzionali, 2003, 15: P. CAVALERI, La definizione e la delimitazione delle materie di cui all’art. 117 della Costituzione in www.associazionedeicostituzionalisti.it; U. DE SIERVO, Il sistema delle fonti: il riparto della potestà normativa tra Stato e Regioni, in L'attuazione del titolo V della Costituzione, Giuffrè, Milaqno, 2005; M. BELLETTI, I criteri seguiti dalla Consulta nella definizione delle competenze di stato e regioni ed il superamento del riparto per materie, in Le Regioni, 2006, 5; F. BENELLI, La “smaterializzazione” delle materie, Giuffrè, Milano, 2006; B. CARAVITA, Lineamenti di diritto costituzionale e regionale, Giappichelli, Torino, 2006. Già rileva L. PALADIN, Diritto regionale, Cedam, Padova, 1997, che la Corte ha sempre avuto cura di distinguere, nella disciplina della stessa materia, la competenza delle Regioni e quella dello Stato, "secondo il carattere locale o generale degli interessi

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testo non appronta (mancando una clausola di supremazia), si è imposta in quanto un rigido riparto di materie risulta insostenibile. Per di più si è osservato come “dopo la riforma, la Corte costituzionale si è trovata, si può dire, per la prima volta, a operare “in prima battuta” la concretizzazione del riparto di materie”97. Con la necessità di ricavare/introdurre elementi di flessibilità attraverso i meccanismi della sussidiarietà, della trasversalità, della continuità. Per valutare l'effettiva portata della potestà legislativa che interessa è necessaria una analisi sistematica del quadro complessivo del riparto. Non potendosi spesso inquadrare intere materie in uno solo dei diversi tipi di competenza, bisogna muovere (sentenza della Corte costituzionale n. 282 del 200298), non tanto dalla ricerca di uno specifico titolo costituzionale di legittimazione dell’intervento regionale, quanto al contrario dalla indagine sulla esistenza di riserve esclusive o parziali di competenza statale, o, non potendo separare nettamente le sfere di competenza, richiedere il ricorso a strumenti di cooperazione mediante modelli procedimentali che si configurano come intese cosiddette “forti” o “deboli” secondo che l'accordo sia o meno vincolante. Si può così giungere ad affermare99 che nessuna competenza possa più ritenersi esclusiva. Il più ampio complesso di materie riferibili alla politica economica viene regolato mediante attribuzione100 alla competenza esclusiva statale della moneta, tutela del risparmio e dei mercati finanziari, sistema tributario e contabile dello Stato e perequazione delle risorse finanziarie, mentre armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario si ascrivono alla competenza concorrente101. Emerge pertanto «l’intendimento del legislatore

coinvolti". L. A. MAZZAROLLI, Il concetto di “materie” nell'art. 117, Titolo V, Cost. Se i “lavori pubblici” e gli “appalti pubblici” si prestino a esservi riportati e come si attui per essi il riparto di competenze tra enti, in Le Regioni, 2007, 3-4, 473, per la necessità di cercare al di fuori dell'art. 117 il completamento logico del disegno che esso traccia e sull'impossibilità di analizzare il comma 4 alla luce del solo art. 117. 97 V. ONIDA, Il giudice costituzionale e i conflitti tra legislatori locali e centrali, in Le Regioni, 2007, 1, 11. Osserva ancora che sono frequenti i casi in cui le parti dei giudizi, ricorrente e resistente, affermano la pertinenza delle disposizioni impugnate a materie diverse, anche avanzando ipotesi plurime, sulle quali la Corte si pronuncia, condividendole o invece respingendole: onde le decisioni della Corte sono talora importanti non solo per ciò che affermano in positivo circa la portata di alcune materie, ma anche là dove negano che determinate disposizioni attengano alla materia o alle materie cui ciascuna delle parti tende a ricondurle. In quest'opera la Corte ha iniziato a elaborare alcuni criteri generali e alcune definizioni, anche notevolmente “creative” (si pensi ad esempio all'utilizzo in senso accentratore del principio di sussidiarietà, o alla affermazione di un ruolo comprensivo dello Stato in tema di interventi nell'economia, basata su una lettura estensiva di competenze statali come quella in materia di tutela della concorrenza); più volte, in particolare, è sembrata cercare nel testo costituzionale, anche quando il suo tenore letterale non lo rendeva facile, ragioni per giustificare interventi legislativi centrali mossi da quelle che potevano apparire evidenti esigenze di carattere unitario. Di fronte ai casi in cui un oggetto di legislazione non è semplicemente ascrivibile ad una materia o ad una competenza la Corte ha sviluppato, come criteri atti a risolvere i conflitti, il criterio della prevalenza; l'idea che vi sono materie trasversali (materie scopo); il criterio che vi sono obiettivi che possono essere perseguiti indipendentemente da una specifica attribuzione di competenza sia dallo Stato che dalla Regione. 98 G. ARCONZO, Le materie trasversali nella giurisprudenza della Corte costituzionale dopo la riforma del titolo V, in N. ZANON, A. CONCARO, L’incerto federalismo, Giuffrè, Milano, 2005, 181; ID., I. PELLIZZONE, Tutela della concorrenza e definizione delle materie trasversali: alcune note a margine della sent. n. 345 del 2004 della Corte costituzionale, in Le Regioni, 2005, 3, 434; G. SCACCIA, Le competenze legislative sussidiarie e trasversali, in Diritto pubblico, 2004, 2, 461; PICCHI, L'autonomia amministrativa delle Regioni, Milano, 2005, 438 ss; B. CARAVITA, Lineamenti di diritto costituzionale e regionale, cit., 147 ss. ID., Prime precisazioni della Corte costituzionale sulla potestà legislativa regionale nel nuovo art. 117, in Osservatorio sul federalismo, in www.issirfa.cnr.it, 2002. 99 F. MODUGNO. La posizione e il ruolo della legge statale nel sistema delle fonti, in www.issirfa.cnr.it, 100 G. DI GASPARE, Brevi note su disciplina dell'economia tra competenza esclusiva dello Stato, competenza residuale delle regioni e altre riserve di legge in Costituzione, in www.amministrazioneincammino,it, evidenzia che la Regione non partecipa all'esercizio del potere legislativo dello Stato, espressione della sovranità, di limitare le libertà fondamentali dei cittadini. 101 Per BASILAVECCHIA, L. DEL FEDERICO, F: OSCULATI, Il finanziamento delle Regioni a statuto ordinario mediante tributi propri e compartecipazioni: basi teoriche ed evidenza empirica nella difficile attuazione

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costituzionale del 2001 di unificare in capo allo Stato strumenti di politica economica che attengono allo sviluppo dell’intero paese»102, secondo la tendenza consolidata anche negli ordinamenti federali alla disciplina unitaria delle politiche macroeconomiche. La potestà di coordinamento della finanza pubblica è caratterizzata come materia/funzione, espressamente come tale definita103 dalla Corte costituzionale, per la quale essa è, appunto, più che una materia104, una funzione che, a livello nazionale e quanto alla finanza pubblica nel suo complesso spetta allo Stato. Pertanto può distinguersi solo in relazione alle sue finalità dalle competenze concernenti le altre materie e in tanto può esercitarsi in quanto persegua le finalità prepostele, nonchè nella congruenza delle misure rispetto alle finalità, insistendo su ambiti materiali destinati a riespandersi al di là dell'operatività della funzione105. Occorre perciò approfondire l'essenziale finalizzazione della funzione, gli ambiti materiali compressi e le competenze che si sviluppano oltre i limiti di tale compressione, in quanto l'ambito materiale più ampio che dalla funzione risulta intersecato non può essere da questa interamente esaurito106, divenendo non irrilevante che la materia di potestà legislativa concorrente consiste appunto nel coordinamento della finanza pubblica e il suo ambito non coincide interamente con quello della finanza pubblica107. A questo ulteriore ordine di problemi tuttavia la Corte dedica assai scarsa attenzione108. Essa

dell'art. 119 della Costituzione, in Le istituzioni del federalismo, 2006, 5, 669, un ruolo limitativo è ancora significativamente svolto dal coordinamento della finanza pubblica. Rispetto al passato l'attuale assetto dell'autonomia finanziaria e tributaria delle Regioni è ben diverso da un punto di vista formale, ma dal punto di vista sostanziale il coordinamento della finanza pubblica resta fortemente caratterizzato dal predominio della finanza statale. E' ancora lo Stato che istituisce un fondo perequativo esercitando una potestà legislativa esclusiva; è ancora lo Stato che assegna alle autonomie locali risorse aggiuntive ed interventi speciali per promuovere lo sviluppo, la coesione e la solidarietà sociale e inoltre determina i livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali. 102 Ciò che la Corte costituzionale ha ricavato (sentenze nn. 14 del 2004 e 242 del 2005) dal complessivo disegno di riparto delle competenze di cui al Titolo V della Costituzione ed in particolare dagli strumenti statali di intervento esclusivo elencati nell’art. 117 Cost., comma 2, lettera e). Mentre «appartengono, invece, alla competenza legislativa concorrente o residuale delle Regioni gli interventi sintonizzati sulla realtà produttiva regionale tali comunque da non creare ostacolo alla libera circolazione delle persone e delle cose fra le Regioni e da non limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale (art. 120, primo comma Cost.)». Ciò significa che sussiste in generale una ineludibile responsabilità degli organi statali in tema di scelte di politica economica di sicura rilevanza nazionale, anche al di là della specifica utilizzabilità dei singoli strumenti elencati nel secondo comma dell’art. 117 Cost. Peraltro, in questi diversi casi, gli organi statali dovranno necessariamente utilizzare altri poteri riconosciuti allo Stato dal Titolo V della Costituzione. 103 Sentenze nn. 272 e 414 del 2004. 104 Sulle “materie non materie”, A. D'ATENA, Materie legislative e tipologie delle competenze, cit., 15. 105 Per la difesa erariale, in ordine alla questione risolta dalla sentenza n. 169 del 2007 “il coordinamento deve essere esercitato mediante la determinazione di principi-regole generali la cui incisività deve essere commisurata a quanto il Parlamento stesso nella sua discrezionalità politica reputa rispondente ad esigenze unitarie. Il sindacato dovrebbe essere portato non sul carattere dettagliato delle disposizioni ma sulla sussistenza o meno delle esigenze unitarie”. 106 F. MODUGNO, La posizione e il ruolo della legge statale nel sistema delle fonti, cit., sottolinea come la competenza trasversale non può esaurire del tutto il settore di competenza che si trovi ad esseren attraversato. 107 A. BRANCASI, ad esempio, in Il commento, in Giornale di diritto amministrativo, 2006, 4, 421. 108 Benchè, già prima della riforma, di fronte all'imposizione di vincoli di finanza pubblica, emergesse in qualche misura la preoccupazione della Corte di individuare garanzie sia sostanziali che procedurali di partecipazione con la necessaria congruenza fra vincoli e obiettivi e il pieno coinvolgimento delle Conferenze, come rileva M. BARBERO, Il patto di stabilità interno all'esame della Corte costituzionale, in il Foro amministrativo CdS, 2004, 346, in ordine alla sentenza n. a 507 del 2000. Per A. BRANCASI, Il commento, ult. cit., il carattere finalistico comporta non solo che oggetto del coordinamento sia l'attività finanziaria degli enti, ma anche la funzionalizzazione delle relative disposizioni al perseguimento di un determinato risultato. In questo modo il nesso di conseguenzialità e il rapporto di proporzionalità tra il contenuto delle disposizioni di coordinamento e lo scopo che esse perseguono diventa condizione per poter ascrivere tali disposizioni alla particolare materia del coordinamento. Una conseguenza che è sempre stata ignorata dalla Corte attiene al limite oltre il quale la disciplina non può dispiegarsi. La questione viene generalmente trattata alla stregua di una qualsiasi altra materia attribuita alla potestà concorrente, con l'esito di assumere come

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infatti incentra le decisioni prevalentemente sul limite dei principi fondamentali, e se pur si occupa anche della funzionalizzazione degli interventi nonché della strumentalità delle misure, non offre risposte sull'ambito residuale della materia, limitandosi a censurare il dettaglio o la lesione dell'autonomia di spesa costituzionalmente garantita, anzichè quella della competenza indebitamente compressa. Meritano riflessione innanzitutto i termini utilizzati per la definizione della funzione. Al riguardo si può notare che per la finanza pubblica la definizione di principi di coordinamento in sede centrale (e regionale) viene in rilievo esclusivamente nella composizione del quadro unitario senza aver a fronte l'ordinazione in sistemi dei livelli differenziati, cosicchè la competenza negli ambiti residuali non compressi sembra sciogliersi in quelle relative alle competenze di settore ed nell'affermazione dell'autonomia. In questa direzione si collocano le decisioni relative ai finanziamenti a destinazione vincolata nell'instaurare il “parallelismo” tra tali interventi e la distribuzione delle competenze nelle materie di settore, trascurando tuttavia il tema della compatibilità con i vincoli costituzionali. Diversamente, a fronte del coordinamento del sistema tributario e dell'armonizzazione dei bilanci pubblici, risultano parzialmente assorbiti gli ambiti dei sistemi tributari e contabili (statale e locali) differenziati, affidati per il resto alle autonome competenze esclusive. Risulta indeterminato il concetto di coordinamento109. Ma esso, significativamente spesso coinvolto tra gli elementi cooperativi del sistema, certo “trae la sua ragion d'essere dall'esistenza dell'autonomia e diviene non un potere, ma un'indicazione circa modalità e limiti per l'esercizio della funzione”110. Quanto alle modalità, ricorre il riferimento al coordinamento circolare111, paritario in base all'art. 114, nel quale lo Stato, titolare della funzione di coordinamento, diviene112 al contempo destinatario della medesima, anche se “la natura equiordinata dei soggetti non significa

rilevante esclusivamente il grado di dettaglio delle disposizioni che, si è visto, non possono essere tali da precludere qualsiasi scelta agli enti. Vi è una ulteriore prospettiva da assumere: a fronte dei principi statali non vi è semplicemente l'autonomia finanziaria degli enti territoriali, ma anche la potestà legislativa regionale di coordinamento finanziario. Le disposizioni statali devono anche salvaguardare la potestà di coordinamento finanziario che compete alle Regioni evidentemente nei confronti degli enti locali. E non dovrebbero più trovare spazio principi distinti per le Regioni e per gli enti locali come avviene per il patto di stabilità interno: le disposizioni dovrebbero riguardare il complessivo sistema autonomistico e le Regioni dovrebbero precisarle per gli enti locali. 109 V. BACHELET, Coordinamento, voce, in Digesto delle dottrine pubblicistiche, cit.; G. AMATO, G. MARONGIU (a cura di), L'amministrazione della società complessa. In ricordo di V. Bachelet, il Mulino, Bologna, 1982. 110 K. NIKIFARAVA, L'autonomia finanziaria regionale e locale tra effettività ed esigenze di coordinamento, in Le istituzioni del federalismo, 2006, 5, 751, per la quale inoltre il termine è dotato di grande duttilità e si adatta sia a sistemi gerarchici che equiordinati. Per A. MORRONE, Il sistema tributario e finanziario della Repubblica, Bonomo, Bologna, 2004, se unica esigenza fosse quella di assicurare un certo grado di uniformità della disciplina (oppure di riservare allo Stato la determinazione delle regole fondamentali) il riferimento al coordinamento risulterebbe superfluo. L'art. 117, comma 3, non prevede come materia concorrente quella della finanza pubblica, ma il suo coordinamento: il termine sottolinea l'esigenza di tenere presente anche l'autonomia dei soggetti coordinati e di salvaguardarne gli interessi: 111 Sul coordinamento della finanza pubblica “circolare”, concertato, V. ATRIPALDI, Introduzione, in V. ATRIPALDI, F. BIFULCO, Federalismi fiscali e Costituzioni, Giappichelli, Torino, 2001; V. COCOZZA, Autonomia finanziaria regionale e coordinamento, Jovene, Napoli, 1979, 40; M. BERTOLISSI, L’autonomia finanziaria regionale, Cedam, Padova 1983. BASILAVECCHIA, L. DEL FEDERICO, F. OSCULATI, Il finanziamento delle Regioni a statuto ordinario mediante tributi propri e compartecipazioni: basi teoriche ed evidenza empirica nella difficile attuazione dell'art. 119 della Costituzione, cit., 669, dove si osserva che nel nuovo art. 119 il coordinamento della finanza pubblica non è più di tipo verticale ma circolare benchè permanga in termini sostanziali ma non più formali una priorità della finanza statale. E' questa che induce a pensare che le Regioni possano tassare solo materie imponibili che rientrano nelle proprie competenze legislative (principio di continenza) o che non risultino già occupate dalla finanza statale. 112 C. PETTINARI, Brevi note sul primo triennio di vigenza del nuovo art. 119 Cost., in L’incerto federalismo, 143.

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identica posizione ma parità dinanzi ai parametri costituzionali”113. Distinguendo il coordinamento dalle materie sulle quali insiste, discende la necessità che la legislazione concorrente proceda a cascata, tra lo Stato e le autonomie locali inserendosi le Regioni114. Di rilievo anche la distinzione tra coordinamento statico e dinamico115.

Nasce il problema di individuare l'ambito in cui la competenza legislativa funzionale può esplicarsi, fintantochè debba ritenersi a ciò legittimata dalla finalità che la connota. Poichè le finalità che caratterizzanola funzione non possono consistere tautologicamente nel coordinamento come contemperamento tra unità e differenziazione, non costituendo l'unità di per se stessa un valore, è piuttosto necessario ricavarle dai principi concernenti, da un lato, la finanza pubblica e, dall'altro, le finanze autonome nel titolo V e nel rimanente contesto costituzionale, tornando alla collocazione del coordinamento al cuore del rapporto tra unità e differenziazione in materia finanziaria. In questo senso può intendersi l'affermazione che “il dubbio di fondo è se vada considerato un autonomo ambito di competenza attributivo del relativo potere o se si tratti solo di un'attività di carattere applicativo valutativo che trova il suo fondamento e la sua giustificazione nei valori stessi da coordinare”116. Ciò che lega il coordinamento ai caratteri peculiari dell'attività finanziaria ed alle indicazioni che possono trarsi dal rimanente testo costituzionale. L'articolazione delle funzioni, nella quale assume una posizione di centralità117 il tema dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, richiede necessariamente la valutazione di sostenibilità nello strumentale rapporto risorse/funzioni118 rimandando all'equilibrio della finanza pubblica ed all'autosufficienza

113 M. BERTOLISSI, L'autonomia finanziaria delle regioni, in Le Regioni, 2004, 434. 114 A. BRANCASI, Adeguatezza delle risorse finanziarie ai compiti degli enti locali, in L. CHIEFFI, G. CLEMENTE DI SAN LUCA (a cura di), Regioni ed enti locali dopo la riforma del titolo V della Costituzione, Giappichelli, Torino, 2003, 359. Contra C. SALAZAR, per la quale i principi previsti all'art. 119 sono principi non fondamentali dello Stato. 115 Già S. BUSCEMA, Trattato di contabilità di Stato, Giuffrè, Milano, 1979, I, 186, propone la distinzione. Da un lato stabilità di norme di principio, dall'altro esistenza di due livelli sulla base delle esigenze di flessibilità tipiche del coordinamento sostanziale della finanza pubblica. 116 K. NIKIFARAVA, L'autonomia finanziaria regionale e locale tra effettività ed esigenze di coordinamento, cit., per la quale il concetto è alquanto vago. Per dargli contenuti occorre partire dagli interessi da coordinare alla luce del sistema complessivo dei valori presenti nell'ordinamento. 117 F. COVINO, sottolinea il contemperamento il tra principio autonomistico e quello solidaristico, nel quale livelli e perequazione coniugano le due parti ideali della Costituzione, quella dei diritti e quella dei poteri (su cui, M. LUCIANI, La “Costituzione dei diritti”e la “Costituzione dei poteri”. Noterelle brevi su un modello interpretativo ricorrente, in Studi in onore di V. Crisafulli, Cedam, Padova, 1985). Per A. D’ALOIA, Diritti e stato autonomistico. Il modello dei livelli essenziali delle prestazioni, in E. BETTINELLI, F. RIGANO, La riforma del titolo V della Costituzione e la giurisprudenza costituzionale, Giappichelli, Torino, 2004, è questa forse l’espressione più forte del principio dell’unità, in un'immediato collegamento dell’interesse nazionale con il quadro dei meccanismi costituzionali di unificazione, l’interesse nazionale essendo tale solo se e in quanto configurabile come interesse costituito della Repubblica. 118 P. DE IOANNA, Diritti di cittadinanza e federalismo possibile. Una prima analisi ricostruttiva, in Diritti di cittadinanza, federalismo fiscale e politica di bilancio, ritiene che il coordinamento finanziario richiamato dall’art. 119 Cost. va risolto attraverso lo svolgimento dei criteri dei livelli essenziali e della perequazione da attualizzare e risolvere sulla base dei principi dell’equilibrio generale dei bilanci pubblici e delle responsabilità del decisore politico nell’utilizzo delle risorse prelevate coattivamente alla collettività. I tre criteri per il coordinamento finanziario, che va letto sullo sfondo dei diritti di libertà e solidarietà sociale, che costituiscono la struttura giuridica che fa da base a tutta la costruzione costituzionale, sono: a) equilibrio sostenibile dei bilanci pubblici, b) livelli essenziali delle prestazioni, c) perequazione finanziaria. A. D’ALOIA, Diritti e stato autonomistico. Il modello dei livelli essenziali delle prestazioni, cit., evidenzia l'esigenza dell’eguaglianza “sostenibile” e tre prospettive di bilanciamento: unità e autonomia, diritti e risorse nonché altri valori come l’equilibrio, i limiti all’utilizzo dello strumento fiscale, la tutela del risparmio, il buon andamento. Questo non deve significare che i diritti siano variabile dipendente dalle risorse. ma il problema della sostenibilità finanziaria delle politiche pubbliche è un livello di legittimazione del sistema costituzionale in tutte le sue articolazioni Non sono poche le proiezioni di un principio di stabilità economica come presupposto dello svolgimento delle politiche di eguaglianza e promozione umana. Una gestione irresponsabile, un debito pubblico eccessivo,

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(l’evoluzione della disciplina dei livelli essenziali e uniformi, dalla legislazione ordinaria alla previsione costituzionale mostra il legame tra la fissazione di livelli di servizi e l’individuazione delle risorse finanziarie, con le connesse esigenze di razionalizzazione della spesa119). Diritti, perequazione, si saldano così tramite il coordinamento, con il tendenziale equilibrio e con il principio di responsabilità120, in un'ottica necessariamente anche dinamica121, avvalorandosi la visione del ruolo del principio di responsabilità finanziaria come cardine dell'amministrazione pubblica122. Quanto all'oggetto del coordinamento, negli sviluppi legislativi si evidenziano le carenze di un approccio disorganico e frammentario, determinate da interventi esclusivamente congiunturali o (peggio) sostanzialmente strutturali ma occasionalmente prodotti, al di fuori di un quadro, una carta, di principi. Il legislatore statale procede disorganicamente e in vario modo ad attribuire i propri interventi all'esercizio della potestà di coordinamento della finanza pubblica, nonché a qualificare finalisticamente la propria normativa. Si riferisce al perseguimento di obiettivi comunitari, come avviene per il patto di stabilità interno a partire dalla legge finanziaria per il 2003. O alla tutela dell'unità economica della Repubblica, utilizzando il controllo come strumento123 per garantire il rispetto dell’equilibrio unitario della

rischiano di determinare una rottura di quegli stessi principi di solidarietà sociale che apparentemente puntano a realizzare peraltro addossando alle generazioni future oneri economici che possono rendere difficilmente sostenibile il mantenimento di un adeguato livello di politica redistributiva (L. CASSETTI, Stabilità economica e diritti fondamentali, Giappichelli, Torino, 2002) 119 L. ANTONINI, Competenza, finanziamento e accountability in ordine alla determinazione dei livelli essenzialidelle prestazioni dei diritti civili e sociali, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 2003, 1, 70, osserva che con la costituzionalizzazione della potestà statale in materia di livelli essenziali delle prestazioni si determina la conseguenza che nessuna competenza regionale può dirsi esclusiva divenendo le leggi statali sui livelli parametro interposto di costituzionalità delle leggi regionali anche residuali, ed evidenzia come le argomentazioni sui vantaggi di una gestione decentrata dei servizi riguardano la vicinanza tra governanti e governati e la maggiore possibilità di monitorare il legame tra costi e benefici, ma diviene indispensabile individuare i limiti e le misure delle differenze. 120 Per M. BERTOLISSI, Intervento, in G. BERTI, G. C. DE MARTIN, (a cura di), Il sistema amministrativo dopo la riforma del titolo V della Costituzione, Luiss Edizioni, Roma, 2002; e ID. Identità e crisi dello Stato costituzionale in Italia, Cedam, Padova, 2002, il reperimento delle risorse è condizione per il concreto esercizio delle attribuzioni spettanti ex Costituzione e la fiscalità è strumento e non fine, ma strumento che attiva nell’ambito del rapporto giuridico di imposta l’essenziale istituto della responsabilità, il quale materializza l’essenza della democrazia: in tal modo l’attenzione va trasferita dal potere alla responsabilità appunto per meglio acquisire il consenso sulle istituzioni. 121 In questo senso A. D’ALOIA, Diritti e stato autonomistico. Il modello dei livelli essenziali delle prestazioni, cit. L’identificazione dei diritti da sottrarre alle dinamiche differenziali guarda ai grandi dilemmi della rifoma del Welfare in un contesto che sottolinea esigenze di razionalizzazione delle risorse finanziarie disponibili. Rileva il legame tra decentramento e garanzia dinamica dei diritti e come le politiche pubbliche costruiscono la solidarietà nella fase della allocazione delle risorse finanziarie. E, con riguardo ad esperienze straniere, come in tutte il discorso dei diritti ha una carica unificante. 122 Di cui una evidenziazione in G. BERTI, Relazione di sintesi, in Atti del 52° Convegno di studi di scienza dell'amministrazione, Responsabilità amministrativa e giurisprudenza contabile (ad un decennio dalle riforme), Giuffrè, Milano, 2006, 563. 123 Il controllo esterno sulla gestione viene collocato nell’ambito materiale del coordinamento della finanza pubblica; la disciplina di cui alla legge n. 131 del 2003 è posta dalla Corte in rapporto di continuità con quella del 1994, rilevandosi tuttavia il maggior rilievo che acquista a seguito dei vincoli comunitari e del patto di stabilità interno, ricordando anche come in base all’art. 248 del Trattato CE il controllo comunitario negli Stati membri si effettua in collaborazione con le istituzioni nazionali di controllo. V. anche le sentenze nn. 29, 244, 335 del 1995 e 470 del 1997. Ma già nelle sentenze nn. 422 e 961 del 1988 la Corte fonda le attribuzioni della Corte dei conti sul coordinamento della finanza pubblica oltre che sull’accertamento della buona gestione, collegandole alla posizione della Corte (in base all’art. 100 Cost.) come organo imparziale e competente. L. CAVALLINI CADEDDU, Il controllo della Corte dei conti sulle autonomie come garanzia imparziale dell’equilibrio della finanza pubblica, in I controlli sulle autonomie nel nuovo quadro istituzionale, Giuffrè, Milano, 2007.

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finanza pubblica (nella legge n. 131 del 2003, in attuazione della riforma costituzionale, risulta potenziata la possibilità di operare controlli da parte della Corte dei conti al fine dichiarato della tutela dell'unità economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica). Talora ad obiettivi più specifici come il contenimento della spesa o del costo dell'indebitamento (gli interventi del 2001 sull'accesso al credito, posti “al fine di contenere il costo dell’indebitamento e di monitorare gli andamenti di finanza pubblica”). O anche (incongruamente) all'attuazione del comma 6 dell'art. 119 (“ai sensi” “agli effetti”, dell’art. 119, comma 6 Cost.), come avviene per gli interventi sui concetti di indebitamento e di investimento nella legge finanziaria per il 2004; o a garanzia del rispetto dell'equilibrio corrente dei bilanci delle autonomie124. Consegue una produzione giurisprudenziale necessariamente casistica e impossibilitata a supplire oltre misura all'inattuazione legislativa: la Corte costituzionale non definisce in termini generali il concetto di “coordinamento” della finanza pubblica, cosicchè si osserva125 come nessuna pronuncia ne offra una ricostruzione organica, ma “l'approccio ai confini della disciplina di principio è del tutto casistico e asistematico tant'è che in nessuna pronuncia è possibile rinvenire una ricostruzione organica dell'intervento statale”, ciò che rende difficile opporsi alla tendenza espansiva statale. La giurisprudenza, oltre ad affermare la riconduzione alla potestà di coordinamento finanziario di specifiche normative in contestazione, chiarisce in qualche misura anche più generali caratteri (estensivamente126) connotativi della funzione, qualificando fin dalle prime pronunzie la materia come finalistica; individuando come sottostanti agli interventi statali obiettivi nazionali di finanza pubblica “condizionati anche dagli obblighi comunitari”; collegando (in realtà assai acriticamente) la qualificazione finalistica della materia a specifiche finalità perseguite dagli interventi legislativi; con l'avallo, nella sentenza n. 425 del 2005 delle disposizioni “attuative”127 del divieto di indebitamento per spesa corrente (“lo Stato ben può porre regole specifiche di attuazione e integrazione del vincolo di cui all’art. 119, sesto comma, della Costituzione” infatti “da una parte, si 124 Art. 30 della legge finanziaria per il 2003, in ordine al quale la Corte dei conti, Sezioni riunite, n. 12/2007/QM del 27 dicembre 2007, individua il bene-valore tutelato negli equilibri di bilancio esaminandone le implicazioni anche nei riguardi della UE. 125 E. GRIGLIO, La giurisprudenza costituzionale sulla definizione delle materie nel riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni, in www.amministrazioneincammino.it. Rileva in particolare la resistenza della Corte a fissare in chiave preventiva il confine tra la lett. e) dell'art. 117, comma 2 (tutela della concorrenza) e la competenza in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento del sistema tributario e finanziario. Il risultato di questa operazione interpretativa è una valorizzazione dell’intervento statale nel settore dell’economia e delle finanze. Dove infatti non riesce ad estendersi, neanche in virtù di un’interpretazione funzionale, la competenza esclusiva di cui alla lett e), ivi può comunque ammettersi un intervento statale volto alla fissazione di principi di coordinamento e di armonizzazione che si impongono alle stesse Regioni ed enti locali. Ovviamente l'aspetto critico di questa operazione coincide con la tendenza ad ampliare la disciplina statale di principio ricomprendendovi anche profili di dettaglio. Ciò che si aggrava nella considerazione che la competenza si riferisce solo all”armonizzazione dei bilanci pubblici e al “coordinamento” del sistema tributario e finanziario. Ma manca qwualsiasi parametro giurisprudenziale che consenta di circoscrivere in chiave oggettiva la portata delle materie. 126 K. NIKIFARAVA, L'autonomia finanziaria regionale e locale tra effettività ed esigenze di coordinamento, cit., osserva che fin dalla prima pronuncia, n. 376 del 2003, la Corte delinea l'ampiezza dei poteri statali mentre l'autonomia non assume a rango di valore da promuovere. La configurazione dell'autonomia finanziaria rimane demandata al metodo casistico. Inoltre viene completamente trascurato il ruolo legislativo delle Regioni, mentre la competenza concorrente presuppone che comunque la normativa statale non debba esaurire tutto l'ambito del coordinamento finanziario. 127 Sulle quali le considerazioni critiche che in ordine a tali aspetti formula A. BRANCASI, Il commento, cit., (“La Corte per evitare di fare riferimento alla potestà concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica, ha ipotizzato una presunta materia di competenza statale relativa alla concretizzazione ed attuazione dell’art. 119 Cost. In realtà in Costituzione non è prevista una materia del genere, semmai la competenza dello Stato andava ricercata nella potestà concorrente relativa alla armonizzazione dei bilanci pubblici”). K. NIKIFARAVA, L'autonomia finanziaria regionale e locale tra effettività ed esigenze di coordinamento, cit. , rileva che l'esercizio formale del coordinamento è contraddetto dalla sostanza del suo contenuto, nonostante la più volte proclamata necessità di uniformare i criteri di qualificazione delle entrate e delle spese di cui all'art. 7 del decreto legislativo n. 170 del 2006.

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tratta di nozioni non definibili a priori ed in modo univoco sulla base della sola disposizione costituzionale, e, dall'altra, non sono ammissibili scelte differenziate su scala locale, trattandosi di un vincolo di carattere generale che deve valere in modo uniforme per tutti gli enti appartenenti al settore delle pubbliche amministrazioni”). Particolarmente rilevante appare osservare che la Corte riferisce questa specifica competenza all'insieme dei rapporti che traducono l'autonomia di entrata e di spesa di Regioni ed enti locali, riferendo i principi di coordinamento tanto ai tributi e alle entrate proprie quanto alle decisioni concernenti la spesa e la contabilità locale, quanto ancora alle scelte finanziarie di ricorrere al mercato dei capitali o a politiche di indebitamento. Inoltre attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato la politica economica e la definizione degli obiettivi per la finanza pubblica complessiva. La dottrina è prevalentemente tesa agli sviluppi dell'autonomia tributaria e del federalismo fiscale, ma offre nondimeno, anche per questa via indicazioni non trascurabili che occorre sottolineare. Gli spunti offerti in ordine all'ambito materiale di esplicazione della funzione riconducono principalmente a compatibilità ed equilibri finanziari locali in connessione con gli aspetti relazionali interni alle manovre finanziarie. Si richiama l'affermazione che il coordinamento della finanza pubblica è assunto a principio costituzionale non solo come funzione tecnica ma come finalità generale dell’ordinamento128; il coordinamento costituisce espressione di politiche fiscali e finanziarie non esclusivamente dello Stato, ma strumento di governo delle relazioni finanziarie e fiscali della Repubblica; in sostanza esso “è una finalità intrinseca della Repubblica delle autonomie”129; il punto di snodo dell’intera disciplina costituzionale finanziaria è costituito dal coordinamento finanziario attraverso il quale giungere alla fissazione di regole certe sulla distribuzione fra Stato e Regioni ed enti locali dell’onere di reperimento delle risorse per individuare con chiarezza i profili di responsabilità tra livelli di governo sia in merito al prelievo che alla spesa130. E, ancora, la ritenuta appartenenza del coordinamento alla sfera della manovra macroeconomica di finanza pubblica, in quanto la quantificazione del fabbisogno da funzioni spetta esclusivamente allo Stato per l'art. 119, comma 2, in via di coordinamento e la decisione circa l’ammontare delle compartecipazioni o dei tributi propri in senso lato quali fonti di finanziamento di tali spese appartiene alla sfera della manovra131. La considerazione che solo il legislatore è

128 G. PENNELLA, Federalismo fiscale a geometria variabile, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2002, 1, 48. 129 A. MORRONE, La nuova “Costituzione finanziaria”, la Corte indica la via per attuare l'art. 119 della Costituzione, in Giurisprudenza costituzionale, 2003, 6, 4100. Ciò che equivale a sostenere che il coordinamento non presuppone un sistema chiuso e uniforme, bensì una pluralità di ordinamenti finanziari e fiscali particolari che si tratta appunto di coordinare in via generale, in vista dell'unità complessiva dell'ordinamento repubblicano. In questa logica va letto il combinato disposto degli artt. 114, 117, 118 e 119 Cost. La pluralità dei sistemi finanziari è del resto presupposta dalla riforma che parla di sistema tributario e contabile dello Stato di armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e riconosce autonomia di entrata e di spesa. Conseguenza di questa costruzione è la subordinazione della potestà impositiva regionale alla previa adozione dei principi di coordinamento dell'art. 119 proprio perchè il sistema tributario è l'ordinamento fiscale nazionale di cui sono parte quelli statale e regionali e locali. In sede di coordinamento del sistema tributario si dovrà altresì provvedere a riorganizzare il sistema tributario statale per assicurare ambiti ai tributi propri. Il coordinamento è una finalità che eccede inevitabilmente la dimensione parziale propria di ogni ordinamento particolare e si giustifica per esigenze di carattere unitario che si sovrappongono agli interessi propri di ciascun livello di governo: la coincidenza tra coordinamento finanziario e interessi della Repubblica giustifica la conseguenza (tratta forse dalla Corte con qualche eccesso) che le finalità del coordinamento possono concretizzarsi in attività oltre che di legislazione di regolazione e di esecuzione tecnica. Un potenziale operativo così ampio richiede adeguate garanzie di esercizio. 130 A. MUSUMECI, Autonomia finanziaria, livelli di governo e finanziamento delle funzioni, in E. BETTINELLI, F. RIGANO (a cura di), La riforma del titolo V della Costituzione e la giurisprudenza costituzionale, Giappichelli, Torino, 2004, 150. 131 F. GALLO, La nuova disciplina costituzionale della finanza. Problemi e prospettive, in

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costituzionalmente abilitato a compiere gli apprezzamenti necessari a comporre nell'equilibrio del bilancio le scelte di compatibilità e di relativa priorità nelle quali si sostanziano le politiche sociali dello Stato132; che sarebbe utile impostare i principi di coordinamento congiuntamente sia in relazione alla finanza pubblica (in particolare ai meccanismi perequativi) sia alla struttura del sistema tributario133; che il modello costituzionale dell'autonomia finanziaria degli enti territoriali si fonda su tre elementi principali: l'autosufficienza finanziaria, l'autonomia di entrata e l'autonomia di spesa, e che questa, che a primo avviso sembrerebbe una definizione, in realtà è una vera e propria equazione il cui risultato finale deve consistere nella effettiva autodeterminazione, l'autosufficienza rappresentando il punto d'incontro tra le responsabilità di coordinamento statale in materia finanziaria134. La ACOFF sottolinea che il termine coordinamento, nel rimanente testo costituzionale, risulta utilizzato agli artt. 96 e 41, e lo definisce come rapporto organizzativo e istituzionale che si realizza allorchè la norma lascia ai soggetti od organi coordinati autonomia e libertà di azione, ma vuole garantire l'armonia di comportamento e la coerenza di indirizzo politico ed evitare forti scostamenti rispetto alla linea da seguire per la realizzazione di un fine determinato. b) La pervasività trasversale e l'articolazione oggettiva L'incentrarsi del coordinamento della finanza pubblica sugli aspetti finanziari delle diverse attività di entrata e di spesa ricomponendoli (dovendo ricomporli) nella finalizzazione al raggiungimento di determinati obiettivi si traduce in una trasversalità tendenzialmente generale di tale competenza legislativa. In concreto nella materia si trova un po' di tutto135. Si verifica136 pertanto in ampia

www.issirfa.cnr.it, 2004. 132 G. BELLETTI, “Livelli essenziali delle prestazioni” e “contenuto essenziale” dei diritti nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in L. CALIFANO (a cura di), Corte costituzionale e diritti fondamentali, Giappichelli, Torino, 2004, 181. 133 In BASILAVECCHIA, L. DEL FEDERICO, F: OSCULATI, Il finanziamento delle Regioni a statuto ordinario mediante tributi propri e compartecipazioni: basi teoriche ed evidenza empirica nella difficile attuazione dell'art. 119 della Costituzione, cit., si rileva che dovrebbe riconoscersi l'esistenza di un sistema statale e di sistemi regionali e garantirne omogeneità. 134 K. NIKIFARAVA, L'autonomia finanziaria regionale e locale tra effettività ed esigenze di coordinamento, cit.. L'autosufficienza finanziaria assurge al ruolo dell'elemento genetico dell'autonomia e attribuisce il carattere di compiutezza al sistema finanziario dell'ente; la provvista dei mezzi richiede per la sua determinazione l'analisi delle funzioni con i relativi livelli di spesa e si concretizza attraverso le entrate; il carattere proprio o derivato delle risorse disponibili e la natura discrezionale o necessaria delle spese prese in considerazione rappresentano le variabili che potenzialmente mettono l'ente in grado di ridefinire il proprio livello dell'autosufficienza. All'interrelazione dinamica corrisponde una scissione nel momento statico. Una analisi complessiva dell'autonomia finanziaria perde ulteriormente la propria unitarietà logica nelle diverse fasi del procedimento attuativo delle sue diverse componenti, anche per il grado di autoapplicatività che viene riconosciuto alle singole disposizioni costituzionali. Le esigenze autonomistiche trovano riscontro principalmente nel potere di spesa (immediata operatività della riforma solo per “la disciplina della spesa ed il trasferimento di risorse dal bilancio statale” nella sentenza n 26 del 2004). Occorre rivalutare il ruolo dell'autonomia di spesa nel contributo alla ricostruzione del concetto complessivo di autonomia finanziaria. 135 Rileva A. BRANCASI, La finanza regionale e locale nella giurisprudenza costituzionale sul nuovo titolo V della Costituzione, in Diritto pubblico, 2007, 3, 6, che ad essa è dedicata parte consistente della giurisprudenza, la più discutibile e la più difficile da riassumere perchè vi si trova un po' di tutt. Infatti il titolo V conferisce molteplici funzioni alla legislazione di coordinamento: esso deve innanzitutto concorrere a costruire l'intero assetto del federalismo fiscale oltre al coordinamento del sistema tributario. Analoga funzione dovrebbe svolgere anche la legge di coordinamento della finanza pubblica quanto meno nel senso di determinare le metodologie ed i criteri per definire quantitativamente l'entità di risorse da assicurare a ciascun livello di governo ed a ciascun ente. Altre funzioni: stabilire regole permanenti di funzionamento dell'intero sistema nonché misure contingenti per realizzare l'unitario indirizzo di politica fiscale nazionale necessario sia per il coordinamento del sistema tributario che per quello della finanza pubblica. 136 Nel documento della Camera del Deputati, Osservatorio sulla legislazione, Rapporto 2007 sulla legislazione tra Stato, Regioni e Unione europea, XV Legislatura, 29 ottobre 2007, si rileva che il settore della finanza pubblica è

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misura il fenomeno per il quale la rigidità del riparto di materie è attenuata da elementi di flessibilità137, in mancanza di una clausola generale che tale flessibilità assicuri. Infatti le materie non materie sono caratterizzate dalla possibilità di incidere trasversalmente138 su tutte le altre e in grado quindi di invadere la competenza legislativa ripartita o residuale dei legislatori regionali. L'utilizzo giurisprudenziale del meccanismo finisce tuttavia spesso per determinare l'irrilevanza della clausola di residualità139, i cui ambiti si riducono140. Funzione delle materie trasversali è la tutela delle istanze unitarie essenziali. Ci sono diritti trasversale per eccellenza in quanto le decisioni finanziarie incidono su tutte le politiche e ne condizionano le modalità di attuazione. Inoltre la finanza pubblica è altrettanto trasversale nei rapporti tra gli enti territoriali in quanto è la politica che richiede la massima cooperazione e il massimo coordinamento delle decisioni di diversi livelli. 137 A. ANZON, Le potestà legislative dello Stato e delle Regioni, cit., chiarisce come, mancando una clausola generale di flessibilità, gli strumenti sui quali questa è basata sono rappresentati dai principi di sussidiarietà e legalità, determinandosi il sostanziale superamento della clausola residuale dell’art. 117, comma 4. 138 S. GAMBINO, Il “nuovo ordinamento regionale. Competenze e diritti, Milano, 2003, osserva come nessuna materia può essere considerata isolatamente; la competenza esclusiva non è completa disciplina della materia. A. RUGGERI, Teoria e prassi dell'autonomia locale (notazioni di ordine generale ed introduttivo), in www.federalismi.it, 2005, 19, evidenzia che l'autonomia regionale non poggia direttamente ed esclusivamente sulla Costituzione stessa, siccome sottoposta alla mediazione necessaria assicurata da norme statali espressive di competenza “trasversale”, pertanto la logica della sistemazione per atti dovrà cedere il posto alla logica della sistemazione per processi produttivi, così come l'amministrazione per risultati ha ormai preso il sopravvento sull'amministrazione per atti. 139 M. BELLETTI, I criteri seguiti dalla consulta nella definizione delle competenze di Stato e regioni ed il superamento del riparto per materie, in www.forumcostituzionale.it, 2006, sulle incertezze del criterio allocativo per materie. Rileva che il criterio di prevalenza spesso taglia radicalmente fuori la competenza residuale, comunque cedevole rispetto agli ambiti trasversali. Le esigenze di definizione uniforme di talune materie conducono talvolta la Corte ad applicare il criterio della prevalenza a vantaggio di competenze sclusive trasversali statali: il che può sembrare addirittura eccessivo se si pensa che la materia trasversale reca già implicita una portata espansiva e dunque una sostanziale prevalenza a detrimento delle competenze regionali. Il criterio della prevalenza applicato alle materie trasversali ha il significato di impedire in concreto finanche quelle limitate ingerenze consentite alle Regioni nelle maglie larghe delle competenz4e trasversali purchè giustificate da un autonomo titolo di legittimazione. R. BIN, I criteri di individuazione, ritiene invece avere esiti indifferenziati l'applicazione della prevalenza e quella della trasversalità. A. MORRONE, La nuova “Costituzione finanziaria”. La Corte costituzionale indica la via per attuare l'art. 119 Cost., cit., 4079, osserva che la Corte legge la clausola di residualità affermando l'impossibilità di ricondurre un determinato oggetto alla competenza residuale solo perchè non immediatamente riferibile alle materie elencate. L'automatismo interpretativo suggerito dalla lettura della clausola di residualità viene sostituito adottando un criterio di prevalenza , cosicchè un'attività può essere collocata nella topografia costituzionale delle competenze in ragione delle funzioni o delle finalità prevalenti (così la disciplina degli asili nido ricade nella materia dell'istruzione nonché in quella della tutela del lavoro salvi gli interventi trasversali). Un oggetto, prima di poter essere attribuito alla potestà residuale, deve essere sottoposto a verifica secondo il criterio di prevalenza. Siccome la prevalenza va accertata con riferimento alle finalità riconducibili alle materie nominate, e poiché la competenza residuale dà luogo ad una potestà innominata e cioè priva di un oggetto predeterminato, va da sé che il giudizio di prevalenza si converte in un giudizio di preferenza per le materie enumerate espressamente. Anche G. TARLI BARBIERI, I rapporti tra la legislazione statale e la legislazione regionale, in E. BETTINELLI, F. RIGANO (a cura di), La riforma del titolo V e la giurisprudenza costituzionale, Giappichelli, Torino, 2004, 256, osserva che nell'indirizzo della Consulta la competenza residuale presenta nei fatti carattere “interstiziale” riuscendo a fatica a farsi largo tra le aree innaturalmente espanse costituite dalle materie nominate. E ancora sottolinea A. ANZON, Le potestà legislative dello Stato e delle Regioni, Giappichelli, Torino, 2005, 62, che la Costituzione non qualifica la potestà residuale, ma che questa deve intendersi diversamente dalla potestà esclusiva statale a causa dei limiti che possono derivare dall'esercizio delle competenze esclusive statali. La prevalenza porta spesso la Corte costituzionale a negare la sussistenza di competenze residuali, così come enunciato nell’assunto che la mancanza negli elenchi non è fondamento sufficiente. Occorre quindi ogni volta esperire una indagine sistematica (esemplare in questo senso la sentenza n. 428 del 2004). L’atteggiamento restrittivo viene meno quando si tratta di settori già regionali. Occorre anche considerare che gran parte della giurisprudenza sulle materie si è formata in occasione di giudizi sulle leggi finanziarie o altre misure statali di finanziamento. Di qui forse la particolare cautela e gli sforzi di rinvenire titoli di legittimazione. 140 G. CLEMENTE DI SAN LUCA, Introduzione,. Titolarità ed esercizio della funzione amministrativa nel nuovo assetto del sistema autonomistico locale, in G. CLEMENTE DI SAN LUCA (a cura di), Comuni e funzione amministrativa, Giappichelli, Torino, 2007, 7, che evidenzia come nelle materie concorrenti o residuali si verificano frequenti anomalie e interferenze per trasversalità, sussidiarietà, continuità istituzionale o normativa.

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saldamente ancorati a competenze statali141 e anche in materie regionali emergono istanze intrinsecamente infrazionabili. In sostanza si tratta dell’elemento unificante ineliminabile in virtù dell’art. 5; lo Stato recupera un ruolo uniformante in settori fondamentali del sistema per garantire gli interessi nazionali, la competenza statale integrando il riflesso del valore142. Tra le principali competenze trasversali si colloca la tutela della concorrenza143 e, particolarmente espansiva, quella in tema di livelli essenziali delle prestazioni144. Tale legislazione non è assoggettata all’iter speciale previsto dall’art. 11, e tuttavia, anche senza copertura costituzionale, la determinazione viene concordata in sede di Conferenze. Sorge il problema della scarsa coerenza del meccanismo della trasversalità (compiti dello Stato cui esso può ottemperare solo invadendo la sfera della competenza regionale) con un sistema basato sul riparto a garanzia delle competenze delle Regioni. E infatti questo può apparire l’emblema dell’insoddisfacente scelta del riparto rigido145. Di fronte ad intrecci di pluralità di materie nei quali è difficoltoso districarsi la Corte ricorre al principio di prevalenza146 e spesso vi abbina la leale collaborazione quando l’intreccio è inestricabile. La potestà di coordinamento della finanza pubblica oggi si intreccia innanzitutto con l'armonizzazione dei bilanci pubblici e con il coordinamento del sistema tributario e richiede pertanto una delimitazione dei rispettivi ambiti. L'armonizzazione dei bilanci pubblici e il coordinamento del sistema tributario147 presentano una distinta individualità rispetto al coordinamento della finanza pubblica, mentre “ricadevano” nell'ambito del coordinamento della finanza regionale con quella statale e locale nel vecchio regime, così come ancora avviene per gli statuti speciali. L'armonizzazione, che si pone in rapporto di strumentalità148, è da intendersi come 141 A. D’ALOIA, Diritti e stato autonomistico. Il modello dei livelli essenziali delle prestazioni, cit., sulla trasversalità e flessibilità della formula della lett m) dell'art. 117, comma 2, che riguarda tutte le materie e tutti i tipi di competenza. A. S. DI GIROLAMO, Livelli essenziali e finanziamento dei servizi sanitari alla luce del principio di leale collaborazione, in Le istituzioni del federalismo, 2007, 3-4, 481, sulle decisioni della Corte in merito alla estensione della competenza sui livelli essenziali delle prestazioni non su di una materia in senso stretto, ma idonea a investire tutte le materie. 142 A. ANZON, Le potestà legislative dello Stato e delle Regioni, cit., chiarisce che non è possibile identificare unitariamente una volta per tutte questi concetti indeterminati quindi la definizione dei livelli deve impostarsi in termini di proporzionalità, congruità, adeguatezza. Sono questi fattori a orientare le scelte più che la competenza. Precisa che vi è una sottile differenza tra le competenze trasversali e i valori-materie. Le prime sono esplicitamente menzionate e attribuite i secondi invece costituiscono titolo di legittimazione autonomo. Quelle trasversali rientrano nella tassatività delle competenze, mentre i valori materie costituiscono deroga a questo principio e alla clausola residuale a favore delle Regioni . 143 In particolare, sentenze nn. 14 e 30 del 2004, riguardo alle quali osserva E. JORIO, che l'aver accorpato nel medesimo titolo di competenza tra l'altro moneta, sistema tributario e contabile statale e concorrenza, mostra che quest'ultima costituisce una delle leve della politica economica statale e pertanto non può essere intesa soltanto in senso statico come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di equilibrio, ma anche nell'accezione dinamica. Perciò la Corte ritiene eccessivo un allargamento di tale competenza facilmente sovrapponibile ad una miriade di casi concreti, ponendo a rischio il corretto esercizio legislativo secondo l'art. 117. 144 In particolare, sentenza n. 282 del 2002. La Corte lascia nell’ombra la questione tecnico.finanziaria della compatibilità con le risorse disponibili 145 G. ARCONZO, Le materie trasversali nella giurisprudenza della Corte costituzionale dopo la riforma del titolo V, cit. 146 Per esempi di pluralità di materie, le sentenze nn. 354 del 2004; 51 e 219 del 2005. Per il principio di prevalenza, sentenze nn. 370 del 2003; 50 e 234 del 2005. 147 In ordine ad alcuni rilevanti problemi della cui delimitazione, A. BRANCASI, Due scrutini sul funzionamento dinamico del federalismo fiscale: autonomia finanziaria ed obbligo di copertura degli oneri posti a carico di altri enti del settore pubblico, in Giurisprudenza costituzionale, 2006, 1425, precisa che lo Stato ha potestà di disciplinare sia le compartecipazioni che i tributi compartecipati. Mentre per la prima si può discutere se riportarla alla competenza sui tributi erariali o al coordinamento del sistema tributario o della finanza pubblica, la seconda è esclusiva. 148 La qualità dei conti pubblici costituisce uno dei più gravi handicap per la complessiva situazione della finanza pubblica. I documenti contabili non sono spesso comparabili, da cui gravi inefficienze nella gestione del

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omogeneizzazione strutturale dei conti149, ma non sembra comprensiva dell'allineamento delle politiche di bilancio che appare150 da ricondurre piuttosto al coordinamento della finanza pubblica. Il Comitato per la ricognizione dei principi, nella elaborazione su “armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario” definisce i confini della materia armonizzazione dei bilanci pubblici rilevando che si colloca a stretto contatto con il diritto civile e commerciale rimesso alla competenza esclusiva statale e si intreccia con il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario importando pertanto la necessità di collegamento con i lavori dell'Alta Commissione per il federalismo fiscale. Per quest'ultima, “in linea generale armonizzazione significa trasformazione o modificazione di un qualche oggetto od entità in modo da renderli coerenti con altri elementi di uno stesso sistema al fine di evitare divergenze sostanziali di funzionamento o di forma”, con l'avvertenza che i bilanci pubblici rappresentano parte di un meccanismo integrato costituito dall'aggregato che in contabilità nazionale viene definito amministrazioni pubbliche. Occorre sottolineare come nel caso del coordinamento finanziario la competenza trasversale sia concorrente151 e non esclusiva. Essa presenta notevole qualità espansiva con interventi pervasivi, specialmente attraverso le misure finalizzate152 al contenimento della spesa (meglio, dei saldi). Quanto agli specifici oggetti nei quali si articola l'ambito materiale, non si può non riscontrarne la complessità, ma si verifica quasi esclusivamente un approccio teso a verificare la riconducibilità specifica alla potestà in questione di singoli interventi. patrimonio pubblico e nel governo della finanza pubblica. Le proposte di attuazione dell'art. 119 (ad es. quella presentata dalla ACOFF e quella avanzata in F. BASSANINI, G. MACCIOTTA, L’attuazione del federalismo fiscale, il Mulino, Bologna, 2005) mirano anche ad armonizzare il sistema di contabilità pubblica ai criteri adottati nell’ambito dell’esercizio del patto di stabilità e crescita. 149 Per la sentenza n. 127 del 2007 è da ascrivere alla materia armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica la previsione della legge finanziaria per il 2006 che con decreto del Ministro della salute di concerto con quello dell'economia e d'intesa con la conferenza permanente sono definiti i criteri e le modalità di certificazione dei bilanci delle aziende sanitarie locali. Per la Corte in questo ambito allo Stato spetta indiscutibilmente la previsione dei principi fondamentali e questo è sicuramente un principio fondamentale. Inoltre il coordinamento finanziario può richiedere anche l'esercizio di poteri di natura amministrativa Non può ritenersi preclusa alla legge statale la possibilità di prevedere e disciplinare siffatti poteri, anche in forza dell'art. 118, infatti il carattere finalistico della materia consente anche la collocazione a livello centrale di poteri puntuali. 150 Per A. BRANCASI, Il commento, in Giornale di diritto amministrativo, 2006, 4, 421, quanto al coordinamento delle politiche di bilancio (sentenza n. 417 del 2005), a venire in rilievo è la potestà in materia di coordinamento della finanza pubblica autonomamente considerata e non associata, come sostiene la Corte, alla armonizzazione dei bilanci pubblici che non ha nulla a che vedere con le scelte di politica finanziaria ma riguarda solo la rappresentazione delle medesime. Per G. PISAURO, I problemi di disciplina fiscale e la rappresentanza delle autonomie, in A. ZANARDI (a cura di), Per un federalismo fiscale responsabile e solidale, il Mulino, Bologna, 2006, 201, prerequisito per un sistema di programmazione pluriennale della spesa è l'esistenza di una struttura informativa che consenta le politiche di bilancio. Inoltre sarebbe necessaria la standardizzazione della presentazione statistica (come nell'esperienza del Belgio dove la programmazione di bilancio è condotta con riferimento a due aggregati uno centrale e uno locale), mentre restano diversi classificazione e redazione dei bilanci. Se per i flussi finanziari ci si può oggi avvalere del SIOPE, resta tuttora irrisolto il problema della standardizzazione di previsioni e dati di competenza. 151 Osserva F. BENELLI, Interesse nazionale, istanze unitarie e potestà legislativa regionale: dalla supremazia alla leale collaborazione, in Le regioni, 2006, 5, 933, che nel caso invece dei livelli essenziali delle prestazioni, questi non sono come i principi. Non vi è cioè un'omogeneità nella natura della regolazione dello Stato in materia di livelli e in quello che resta della competenza legislativa regionale. 152 L'eventuale incidenza sull'organizzazione e gestione del personale nonché sull'organizzazione delle funzioni amministrative sembra costituire solo un effetto indiretto, per le sentenze nn. 36, 84, 260, 353, 388, 390 del 2004; 417 del 2005; 95 del 2007. Infine nella sentenza n. 169 del 2007 si ribadisce “nè rileva che la disposizione possa avere influenza sull'organizzazione degli uffici regionali e degli enti da essi dipendenti, risolvendosi detta influenza in una mera circostanza di fatto”. Nella sentenza n. 159 del 2008, si rileva che “ dinanzi ad un intervento statale di coordinamento della finanza pubblica riferito alle Regioni e cioè nell'ambito di una materia concorrente è naturale che ne derivi una, per quento parziale, compressione degli spazi entro cui possano esercitarsi le competenze legislative ed amministrative di Regioni e Province autonome (specie in tema di organizzazione amministrativa e di disciplina del personale), nonché della stessa autonomia di spesa loro spettante”.

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Pertanto, a livello di giurisprudenza costituzionale, si rende disponibile unicamente una analisi casistica153. La Corte ad esempio afferma esplicitamente che nel coordinamento della finanza pubblica rientra “la disciplina delle condizioni e dei limiti dell’accesso degli enti territoriali al mercato dei capitali”154, mentre controlli e coordinamento contabile sono considerati come strumenti tecnici neutri155 rispetto alle autonomie. Ma possono rinvenirsi ulteriori utili indicazioni. Si rileva che sussiste, ed appartiene al coordinamento della finanza pubblica, un ambito residuale156, rispetto al coordinamento del sistema tributario, di intervento sulla autonomia finanziaria, ovvero le spese, i saldi, il patto di stabilità interno, la liquidità, la tesoreria e in definitiva tutto ciò che non riguarda direttamente i tributi propri157. E tuttavia il coordinamento, per qualificarsi come tale, sembra richiedere coerenza alle stesse competenze legislative statali nell'ottica unitaria degli obiettivi di finanza pubblica. Si richiama al riguardo l'affermazione della Corte costituzionale (sentenza n. 423 del 2006) per la quale per l'attuazione dell'autonomia finanziaria di entrata e di spesa è necessario l'intervento statale al fine di coordinare l'intera finanza pubblica. Nella direzione che porta a configurare la finalizzazione della funzione essenzialmente in termini di equilibri, ovvero composizione di oggetti disomogenei, rilevanti appaiono le considerazioni che sottolineano158 come i vincoli posti dalla nuova Costituzione per l'autonomia di spesa tendono a segmentare spese e mezzi di finanziamento in numerosi sub budget presumibilmente regolati da diversi criteri di scelta sia per la garanzia di autosufficienza sia per il legame che si ritiene debba 153 E. GRIGLIO, La giurisprudenza costituzionale sulla definizione delle materie nel riparto delle competenze legislative tra Stato e regioni, in www.amministrazioneincammino.it attraverso una rassegna delle sentenze della Corte costituzionale nn. 4, 17, 36 e 425 del 2004, evidenzia come sia riconosciuto spettare allo Stato: stabilire il principio che gli oneri derivanti dai rinnovi contrattuali sono a carico degli enti nell’ambito della disponibilità di bilancio e che nella contrattazione collettiva i comitati di settore devono attenersi ai criteri indicati in sede statale e provvedere alle risorse; prevedere verifiche congiunte tra comitati di settore e governo; definire metodologie; imporre agli organi di controllo interno l’invio al Ministero di informazioni secondo un modello governativo; assumere iniziative perché le comunità montane non rispettose del patto di stabilità interno abbiano divieto di assumere per l’anno successivo personale a tempo indeterminato; provvedere per riduzione percentuale del personale negli enti pubblici non economici; imporre agli enti locali che gli organi di revisione contabile accertino che la programmazione del fabbisogno di personale tenda alla riduzione complessiva della spesa mentre eventuali deroghe debbano motivarsi; promuovere misure per rafforzare l'efficienza inclusa l’autorizzazione a ricorrere ad autofinanziamento tramite cessione dei servizi o compartecipazione degli utenti alle spese; imporre vincoli alle politiche di bilancio inclusa l’introduzione di limite annuale alla crescita della spesa corrente; consentire agli enti di aderire alle convenzioni statali per acquisto di beni e servizi e adottare i prezzi delle convenzioni come base d’asta per acquisti autonomi; imporre agli enti locali e loro aziende l’esternalizzazione dei servizi; fissare criteri e limiti alle assunzioni a tempo indeterminato per concorso agli obiettivi di finanza pubblica; impegnare a vincoli del patto di stabilità interno anche le Regioni a statuto speciale; concretizzare le nozioni di indebitamento e di investimento. 154 A. BRANCASI, Il coordinamento della finanza pubblica come potestà legislativa e come funzione amministrativa, in le Regioni, 2-3, la sentenza n. 376 del 2003 si segnala per la parte relativa alla disposizione: “al fine di contenere il costo dell’indebitamento e di monitorare gli andamenti di finanza pubblica”.

155 K. NIKIFARAVA, L'autonomia finanziaria regionale e locale tra effettività ed esigenze di coordinamento, cit., e sulle norme tecniche F. SALMONI, Gli atti statali di coordinamento tecnico e la ripartizione di competenze Stato-Regioni (nota a Corte costituzionale n. 103/2003), in Giurisprudenza costituzionale, 2003, 1735. 156 A. BRANCASI, L’autonomia finanziaria degli enti territoriali: note esegetiche sul nuovo art. 119 Cost., in Le regioni, 2003, 1, 41, per il quale sarebbe riduttivo pensare che i principi riguardano solo le entrate proprie. 157 A. BRANCASI, L’autonomia finanziaria degli enti territoriali: note esegetiche sul nuovo art. 119 Cost., cit. Ritiene che, mentre per i tributi propri vi è una potestà distinta, e non agisce il principio di continenza ma il limite del coordinamento del sistema tributario, per le entrate proprie si ha continenza nelle materie di settore. Le entrate proprie e le spese con esse finanziate restano fuori dalla clausola di autosufficienza, quindi il coordinamento considera profili diversi dalle entrate proprie come saldi (patto di stabilità interno), la limitazione di determinate spese e la disciplina della liquidità. 158 P. GIARDA, Competenze regionali e regole di finanziamento: qualche riflessione sul federalismo fiscale in Italia, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 2006, 1, 94. Entrate e spese andrebbero trattate unitamente.

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instaurarsi tra competenze legislative di spesa e disciplina delle entrate159; che il coordinamento non è limitato ad entrate e spese ma anche alle politiche perequative160 e di bilancio e al sistema tributario ed alla finanza pubblica e che le norme di esercizio della potestà impositiva (e finanziaria) devono conformarsi al coordinamento, anche quelle dello Stato e delle Regioni rispetto al proprio coordinamento. Si osserva, in merito alla programmazione della spesa e al patto di stabilità interno, che, quale che sia la soluzione data al problema del finanziamento, esso dovrà basarsi su una determinazione dei fabbisogni di spesa (di medio periodo); la parte preponderante della spesa delle autonomie, quella corrispondente alle prestazioni essenziali, non potrà essere decisa separatamente dal resto della spesa pubblica e dalle entrate161. L'analisi della funzione e dell'articolazione oggettiva della materia conduce ad introdurre il tema dei caratteri differenziati che necessariamente presenta162 l'esercizio della competenza di coordinamento finanziario, statici da un lato, dinamici dall'altro. Il tema verrà specificamente ripreso in seguito. Strettamente connesso al tema della necessaria finalizzazione degli interventi è quello della altrettanto necessaria congruenza163, degli stessi. Infatti, pur in presenza della funzionalizzazione alle finalità164 prescritte per l'ambito di azione della legislazione di coordinamento, è ulteriormente necessario che le misure siano congruenti, ovvero adeguate e proporzionate e che la strumentalità 159 P. GIARDA, Le regole del federalismo fiscale nell’articolo 119: un economista di fronte alla nuova Costituzione, in Le regioni, 2001, 6, 1425; G. PITRUZZELLA, Regioni a statuto speciale e altre forme particolari di autonomia regionale, in G. BERTI, G. C. DE MARTIN (a cura di), Le autonomie territoriali: dalla riforma amministrativa alla riforma costituzionale, Giuffrè, Milano, 2001. 160 Per L. ANTONINI, La vicenda e la prospettiva dell’autonomia finanziaria regionale: dal vecchio asl nuovo art. 119 Cost., in Le regioni, 2003, 1, 2003, 12, il comma 4 dell'art. 119, appare diretto a garantire l’invarianza delle risorse rispetto alla situazione precedente all’attivazione delle nuove funzioni, escludendosi che il fondo perequativo sia destinato a livellare le capacità fiscali, altrimenti non avrebbe senso destinare il comma 5 alla rimozione di ulteriori squilibri economici. G. DELLA CANANEA, Autonomie e responsabilità nell’art. 119 della Costituzione, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2002, I, 66, rileva che la disciplina costituzionale si ispira al criterio della differenziazione dei soggetti pubblici con differenze nei servizi e negli strumenti di gestione. Se pure è vero che l’autonomia finanziaria costituisce un’articolazione di quella politica, che è giuridicamente paritaria per tutti gli enti esponenziali dei gruppi territoriali, tuttavia non è disgiunta da differenze e anzi ne comporta altre: la differenziazione è il corollario dell’autonomia. Che è variamente discusso il fondamento dell’intervento pubblico per limitare le differenze, se nel principio di unità della Repubblica o in quello di eguaglianza. Il primo principio andrebbe integrato con quello della coesione economica e sociale enunciato dal trattato istitutivo della Comunità europea. 161 G. PISAURO, I problemi di disciplina fiscale e la rappresentanza delle autonomie, in A. ZANARDI (a cura di), Per un federalismo fiscale responsabile e solidale, il mulino, Bologna, 2006, 201, Cruciale pertanto diviene il sistema di programmazione della spesa pubblica in Italia. Ma attualmente il Governo centrale non possiede strumenti capaci di assicurare l'effettivo coordinamento della sua politica di bilancio e di quella delle Regioni e degli enti locali. 162 Rileva A. BRANCASI, La finanza regionale e locale nella giurisprudenza costituzionale sul nuovo titolo V della Costituzione, in Diritto pubblico, 2007, 3, 6, che del coordinamento dinamico della finanza pubblica gli esempi legislativi sono numerosissimi e vi è abbondante giurisprudenza. 163 Sulla coerenza e proporzionalità A. BRANCASI, Il commento, cit. Per A. MORRONE, La nuova costituzione finanziaria: la Corte indica la via per attuare l'art. 119 della Costituzione, cit., è questo un aspetto decisivo: il coordinamento è sottoposto all'onere della prova, dovendo dimostrarsi di volta in volta la sussistenza di uno specifico interesse che giustifichi l'esercizio unitario di funzioni che altrimenti sarebbero attratte nella sfera dell'autonomia. Le misure devono essere congrue rispetto alle finalità di coordinamento del sistema complessivo e consone alle sfere di autonomia secondo i principi di ragionevolezza e leale collaborazione. 164 Ma la Corte giustifica quasi sempre i limiti all'autonomia di spesa ritenendo che la compressione dell'autonomia sia ragionevolmente necessitata se considerata in relazione alla responsabilità del Governo per il rispetto dei vincoli europei, per L. MERCATI, Commento a Corte costituzionale 27 gennaio 2005, nn. 35 e 36, in Giornale di diritto amministrativo, 2005, 6, 647; sulla tecnica di redazione delle sentenze M. BERTOLISSI, L'autonomia finanziaria delle regioni ordinarie, in Le Regioni, 2004, 2/3, 429, rileva che non è definito il parametro costituzionale specifico cui si riporta il giudizio di legittimità costituzionale che non può verosimilmente risolversi nel puro e semplice richiamo della finalità del coordinamento della finanza pubblica e che le formule utilizzate per argomentare il contenuto della pronuncia, incentrate su termini “natura” “finalità” ecc. pretendono di imporsi in ragione della loro autoevidenza ma sono soltanto parole.

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rispetto al fine non venga utilizzata come un “grimaldello”165. La Corte, al riguardo, sembra talora trascurare166 di andare oltre la constatazione della sussistenza della finalità di coordinamento, tendendo a far coincidere la congruenza con la disciplina di principio167. Vi sono in realtà interventi non censurati che non appaiono adeguatamente finalizzati. Quando le misure sotto forma di informazioni non sono a beneficio del soggetto che coordina, o quando le regole dettate per le autonomie non coincidono con quelle seguite in sede statale168, cosicchè la

165 Sentenza n. 4 del 2004 per la quale deve negarsi pregio al rilievo secondo il quale nella specie il coordinamento sarebbe usato quale grimaldello per garantire allo Stato un potere di coordinamento in materia di competenza esclusiva regionale. Le norme esaminate dettano regole che lungi dal costituire normativa di dettaglio sono strumentali rispetto al fine, legittimamente perseguito dalla legislazione statale in sede di coordinamento della finanza pubblica, di valutare la compatibilità con i vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale, della spesa in materia di contrattazione integrativa. L’accennata strumentalità esclude, altresì, ogni violazione del principio, che si pretende desumere dall’art. 119 Cost., secondo il quale l’autonomia di spesa riconosciuta alle Regioni implicherebbe l’esclusione di ogni ingerenza statale anche sotto forma di procedure e criteri di controllo della spesa pubblica regionale. Per M. BARBERO, Il patto di stabilità interno all'esame della Corte costituzionale, in il Foro amministrativo – CdS, 2004, 346, le argomentazioni della Corte sembrano lasciare irrisolto il punto cruciale, quello dei contenuti e dei confini del potere statale di coordinamento finanziario finalizzato a garantire il perseguimento degli obiettivi di risanamento della finanza pubblica imposti dall'Unione europea. Il vero problema riguarda non l'esistenza del potere statale di coordinamento finanziario e di garanzia della conformità dei conti pubblici ai vincoli comunitari ma il suo contenuto, le sue modalità di esercizio e i suoi limiti. Per C. PINELLI, Patto di stabilità interno e finanza regionale, in Le regioni, 2004, 514, le compatibilità finanziarie stabilite nel Patto di stabilità e crescita sono servite e servono al legislatore statale da copertura per porre limiti ulteriori alle disponibilità finanziarie degli enti autonomi. Probabilmente si cerca così di verificarne indirettamente gli andamenti di spesa corrente, vista l'assenza (o le perduranti disfunzioni) degli strumenti di raccordo e dei circuiti informativi fra livelli di governo. Se così fosse si tratterebbe però di un'altra distorsione: in nome del rispetto delle compatibilità stabilite nell'ambito dell'Unione si adottano misure che non assolvono agli obblighi comunitari né ad obiettivi di contenimento della spesa pubblica, ma tentano piuttosto di rimediare all'opacità dei conti degli enti autonomi e alla carenza di congegni di coordinamento fra livelli di governo. La strada maestra della costruzione di una rete di raccordi e circuiti informativi (peraltro nella esclusicva disponibilità del legislatore statale ex art. 117 comma 2 lett. r) viene così accantonata e si adottano ancora una volta soluzioni provvisorie e nello stesso tempo molto più invasive della finanza degli enti autonomi Mentre il tenore letterale dell'art. 119 prefigura un costituzionalismo “multilivello”, i processi decisionali sulla finanza pubblica sono rimasti grosso modo accentrati e talora irrazionali come un tempo. Su questo scarto fino a quando non sarà colmato la Corte si troverà a dover misurare i suoi scrutini. 166 Per K. NIKIFARAVA, L'autonomia finanziaria regionale e locale tra effettività ed esigenze di coordinamento, cit., 751, la soluzione proposta dalla Consulta implica il riconoscimento dell'esistenza di una sola finalità di coordinamento della finanza mentre in realtà sarebbe più corretto riconoscere l'esistenza delle finalità che si trovano dentro questa funzione. Il coordinamento infatti non solo rappresenta uno strumento posto a garanzia delle esigenze unitarie ma dovrebbe anche garantire l'autonomia con riferimento precipuo al mantenimento dell'autosufficienza finanziaria (A. BARETTONI ARLERI, Miti e realtà nei principi della contabilità pubblica, Giuffrè, Milano, 1986, 254), mentre un altro limite implicito alle competenze statali è conseguenza naturale della natura finalistica del coordinamento, i mezzi dovendo essere adeguati al fine. 167 Per la sentenza n. 36 del 2004, la natura stessa e la finalità di tali vincoli escludono che si possano considerare le disposizioni come esorbitanti dall'ambito di una disciplina di principio. C. PINELLI, Patto di stabilità interno e finanza regionale, cit. 168 A. BRANCASI, Il commento, in Giornale di diritto amministrativo, cit., 421, osserva che nella sentenza n. 425 del 2005 il problema è mal posto dalla Corte, in quanto per affermare la legittimità è sufficiente sostenere che le Regioni non sono libere di determinare la spesa da qualificare come investimenti. Ma è necessario capire mediante quale tipo di potestà legislativa lo Stato è in grado di vincolare. A questo riguardo la Corte ha ipotizzato una presunta materia di competenza statale relativa alla concretizzazione ed attuazione dell'art. 119, in realtà una materia del genere non è prevista, semmai la competenza andava ricercata nella armonizzazione dei bilanci pubblici. Vi è però nelle argomentazioni della Corte un passaggio di troppo che rischia di creare nel futuro non poche incertezze. Il passaggio è quello in cui sostiene che l’esercizio di poteri amministrativi, in ordine all’accesso degli enti territoriali al mercato dei capitali, è, comunque, connesso alla potestà esclusiva dello Stato in materia di “tutela del risparmio e mercati finanziari” (art 117, c. 3). La Corte sembra così consapevole che la sua interpretazione delle disposizioni impugnate è in realtà il risultato di una lettura sforzata delle medesime e che ben altre erano le intenzioni del legislatore. In questo modo però la Corte contraddice il fine proclamato dal legislatore, che, proprio perché rivolto a contenere il costo

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disciplina produce esiti opposti rispetto alla armonizzazione con il sistema statale. Il problema si pone anche riguardo alla giustificazione delle misure temporanee: il carattere transitorio non assicura l'eccezionalità perchè fisiologicamente il coordinamento della finanza pubblica richiede prevalentemente disposizioni ad efficacia temporale circoscritta per cui si tratta comunque di misure prevalentemente di tipo transitorio e non stabile169. L'adeguatezza delle misure è richiesta anche nella applicazione della mobilità sussidiaria. Per la Corte è “il carattere "finalistico" dell'azione di coordinamento che esige che al livello centrale si possano collocare non solo la determinazione delle norme fondamentali che reggono la materia, ma altresì i poteri puntuali eventualmente necessari perché la finalità di coordinamento – che di per sé eccede inevitabilmente, in parte, le possibilità di intervento dei livelli territoriali sub-statali – possa essere concretamente realizzata”170. c) I trasferimenti vincolati Con la definizione di linee generali di coordinamento della finanza pubblica e del sistema di federalismo fiscale dovrebbero razionalizzarsi gli interventi statali relativi ai trasferimenti vincolati. Questi pongono problemi di competenza (coordinamento, parallelismo), ma soprattutto di armonia con i principi costituzionali, considerato che l'attuale art. 119 consente esclusivamente trasferimenti mediante il fondo perequativo o le risorse aggiuntive e gli interventi speciali e che, come si osserva171, la passata esperienza chiarisce che per garantire l'autonomia finanziaria non è sufficiente riconoscere tipologie di entrate in grado di assicurarla ma occorre anche precludere la possibilità di istituirne di diverse. Su tali temi risulta dirimente l'orientamento172 della Corte costituzionale, la dell’indebitamento degli enti pubblici, non si può dire rivolto a tutelare il risparmio: paradossalmente si potrebbe sostenere che, siccome il debito pubblico viene collocato presso i risparmiatori, questi sono maggiormente tutelati da un più elevato costo dell’indebitamento pubblico. Ma, oltre a ciò, rimane comunque il fatto che, in mancanza di questo ulteriore passaggio, sarebbe stato precostituito il parametro di giudizio all’eventuale conflitto di attribuzioni sollevato dalle Regioni su decreti ministeriali difformi dalla interpretazione data dalla Corte alle disposizioni impugnate; viceversa, a causa di questo ulteriore passaggio, un qualsiasi contenuto difforme da tale interpretazione potrà essere giustificato come intervento in materia di competenza esclusiva dello Stato. 169 A. BRANCASI, ult. cit. 170 Il potere di coordinamento attribuito dal comma 1 dell'impugnato articolo 41 al Ministero dell'economia deve essere inteso in armonia con i criteri ora indicati: vale a dire come potere di adottare le misure tecniche necessarie per assicurare che l'accesso al mercato da parte degli enti territoriali, comprese le Regioni, avvenga con modalità idonee, come si esprime l'incipit della stessa norma, a consentire di "contenere il costo dell'indebitamento e di monitorare gli andamenti di finanza pubblica", in armonia con i vincoli e gli indirizzi concernenti la cosiddetta finanza pubblica allargata. In questo senso circoscritto deve intendersi anche il riferimento al "contenuto" del coordinamento, la cui determinazione è rimessa dalla norma impugnata al decreto del Ministro.

171 A. BRANCASI, La perequazione dei bisogni tra determinazione del costo delle funzioni, da un lato, e risorse aggiuntive ed interventi speciali, dall'altro, in Giurisprudenza costituzionale, 2006, 4564. La giurisprudenza della Corte ha riconosciuto in più occasioni (sentenze nn. 320, 49, 37, 16 del 2004 e 370 del 2003) che, sul piano finanziario, in base al nuovo testo dell’articolo 119, le Regioni – come gli enti locali – sono dotate di «autonomia finanziaria di entrata e di spesa» (primo comma) e godono di «risorse autonome» rappresentate da tributi ed entrate propri, nonché dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al proprio territorio (secondo comma). E per i territori con minore capacità fiscale per abitante, la legge dello Stato istituisce un fondo perequativo «senza vincoli di destinazione» (terzo comma). Nel loro complesso tali risorse devono consentire alle Regioni ed agli altri enti locali «di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite» (quarto comma). Non di meno, al fine di promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, di rimuovere gli squilibri economici e sociali, di favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona o di provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato può destinare «risorse aggiuntive» ed effettuare «interventi speciali» in favore «di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni» (quinto comma). Tuttavia, deve ritenersi che l’art. 119 della Costituzione ponga, sin da ora, precisi limiti al legislatore statale nella disciplina delle modalità di finanziamento delle funzioni spettanti al sistema delle autonomie. 172 Decisioni della Corte costituzionale nn. 370 del 2003; 16, 49, 308, 320, 323, 423 e 424 del 2004; 51, 77, 107, 222 e 231 del 2005; 118, 137 e 451 del 2006; 137, 141 e 453 del 2007; 50 del 2008. M. BARBERO, Fondi statali

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quale autodefinisce la propria come giurisprudenza univoca e costante e mostra, anche in questo caso, di tenere due diversi atteggiamenti a seconda che sia chiamata a pronunciarsi sull'autonomia di entrata o su quella di spesa173. Una prima netta distinzione viene operata tra i trasferimenti di fondi che possono ricondursi alle forme di finanziamento tipizzate nell'art. 119 e quelli invece atipici. Per gli interventi che possono ricondursi al comma 5174 dell'art. 119, la competenza statale individuata è quella in materia di perequazione e la compatibilità costituzionale ne consente il vincolo di destinazione. E' il caso del fondo per l'edilizia a destinazione vincolata (sentenza n. 451 del 2006175), per il quale la Corte costituzionale conclude che è una forma di finanziamento conforme all'art. 119, ascrivendosi il fondo al comma 5, che prevede interventi speciali e risorse aggiuntive, pertanto esso non viola la tipizzazione costituzionale delle entrate, divenendo l'intervento esercizio della potestà esclusiva in materia di perequazione delle risorse finanziarie. Questi interventi devono (come chiarito fin dalla sentenza n. 16 del 2004) essere aggiuntivi rispetto al finanziamento integrale delle funzioni spettanti agli enti territoriali e non devono essere destinati alla generalità degli enti. Inoltre, trattandosi di una materia di tipo trasversale, deve176 essere riconosciuto un ruolo alle Regioni. Più complessi gli sviluppi giurisprudenziali relativi ai trasferimenti che si collocano al di fuori della tipizzazione costituzionale. In un primo momento la Corte ha affermato (n. 370 del 2003177) il divieto di trasferimenti erariali privi di finalità perequative. Ma successivamente si ammette178 che interventi vincolati possano trovare spazio al di fuori del quadro dell'art. 119 con riguardo a compiti e funzioni statali. Inoltre transitoriamente, in carenza di attuazione del nuovo assetto, possono sussistere finanziamenti vincolati anche per funzioni degli vincolati e federalismo fiscale, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, 2005; A. RUGGERI, Il “regionalismo della transizione” e la teoria della Costituzione, in www.federalismi.it, 2004, 16. 173 E. JORIO, L'incisione della Consulta in tema di applicazione del federalismo fiscale, in www.federalismi.it, 2008, 2. 174 Sulla distinzione fra risorse aggiuntive e interventi speciali: G. D'AURIA, Funzioni amministrative e autonomia finanziaria delle regioni e degli enti locali, in Foro italiano, 2001, V, 212; G. DELLA CANANEA, Autonomie e responsabilità nell'art. 119 della Costituzione, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2002, 1, 66; G. PENNELLA, Federalismo fiscale a geometria variabile, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2002, 1, 48; A. BRANCASI, L'autonomia finanziaria degli enti territoriali: note esegetiche sul nuovo art. 119 Cost., cit.; A. PIRAINO, Linee per l'attuazione dell'art. 119 Cost., in www.federalismi.it, 2003, 5. 175 A. BRANCASI, La perequazione dei bisogni tra determinazione del costo delle funzioni, da un lato, e risorse aggiuntive ed interventi speciali, dall'altro, cit., 4564, osserva che la decisione è legata al contesto: il principio di tipicità delle forme di finanziamento è salvaguardato dalla Corte consentendo trasferimenti a condizione che svolgano funzione perequativa. Per la perequazione dei bisogni gli interventi dovrebbero rivolgersi non a tutti, Se il nuovo sistema avesse attuazione, la prima operazione dovrebbe essere il calcolo del costo delle funzioni. Rispetto a fondi esistenti occorrerebbe chiedersi se mantenerli come tali o se tenerne conto come componente del costo delle funzioni. 176 Per M. BARBERO, Quale “parallelismo” fra poteri legislativi e poteri di spesa nel nuovo assetto istituzionale italiano?, in Giurisprudenza costituzionale, 2005, 6, 5107, giova precisare che la Corte ha imposto una gestione partecipata attraverso meccanismi d'intesa anche degli strumenti previsti al comma 5. Quando i relativi finanziamenti riguardino ambiti di competenza delle Regioni e degli enti locali questi ultimi devono essere chiamati ad esercitare compiti di programmazione e di riparto di fondi all'interno del proprio territorio. Viceversa la presenza di analoghe interferenze con le attribuzioni degli enti locali non ha finora suggerito alla Corte di richiedere il loro coinvolgimento. 177 M. BARBERO, Prime indicazioni della Corte costituzionale in materia di federalismo fiscale (nota a Corte cost., nn. 370/2003 e 376/2003; E. FERIOLI, Esiti paradossali dell'innovativa legislazione regionale in tema di asili nido, tra livelli essenziali ed autonomia finanziaria regionale, entrambi in www.forumcostituzionale.it. 178 A partire dalla sentenza n. 16 del 2004 sul fondo per la riqualificazione urbana (art. 25, comma 10, legge n. 448 del 2001). M. BARBERO, Tipizzazione delle entrate di Regioni ed Enti locali e modalità dei finanziamento delle funzioni amministrative: la posizione della Corte costituzionale, in www.forumcostituzionale.it; C. SALAZAR, L'art. 119 Cost. Tra (in)attuazione e “flessibilizzazione” (in margine a Corte cost., sentt. nn. 16 e 49 del 2004, in Le Regioni, 2004, 4.

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enti territoriali. Al riguardo la distinzione che assume rilievo è quella che concerne il riparto di materie (delineandosi una forma di parallelismo179). Ne consegue180 che non possono trovare spazio interventi finanziari diretti a favore degli enti locali, vincolati nella destinazione, per normali attività e compiti di competenza di questi, fuori dall'ambito dell'attuazione di discipline dettate dalla legge statale nelle materie di propria competenza, o della disciplina di speciali interventi finanziari ai sensi del comma 5. E soprattutto non sono ammissibili siffatte forme di intervento nell'ambito di materie e funzioni la cui disciplina spetta invece alla legge regionale pur eventualmente nel rispetto dei principi fondamentali della legge dello Stato. Quest'ultimo infatti può intervenire con funzioni amministrative di finanziamento nelle materie nelle quali detiene una competenza esclusiva, non in materie di competenza concorrente o residuale181. Tuttavia in aggiunta lo Stato può incidere anche su queste ultime purchè si rendano operativi i meccanismi della sussidiarietà ascendente182. E, nei casi di interventi sussidiari, oltre che in quelli trasversali, si rende necessaria la partecipazione delle Regioni183,ovvero la gestione degli interventi 179 Così M. BARBERO, Quale “parallelismo” fra poteri legislativi e poteri di spesa nel nuovo assetto istituzionale italiano?, cit., 5107. Resta fermo il divieto di trasferimenti vincolati quando vi è competenza regionale. In definitiva la Corte sembra aver accolto la regola del parallelismo fra poteri legislativi e poteri di spesa. 180 I trasferimenti statali vincolati sarebbero possibili solo con le modalità del comma 5 e per gli enti locali anche per le funzioni fondamentali (altrimenti si impone il passaggio attraverso le Regioni). Il principio di congruità tra risorse e funzioni insieme alla competenza regionale in materia di armonizzazione e coordinamento assegna alle Regioni il compito di decidere il riparto delle risorse spettanti agli enti locali in ragione delle funzioni ad essi attribuite sulla base delle leggi regionali di trasferimento ma anche delle risorse provenienti da trasferimenti statali agli enti locali che, quando non riguardano competenze proprie dello Stato, sono destinati a passare ratione materiae per la programmazione regionale. A. MORRONE, Il regime dei trasferimenti finanziari statali. La regione come ente di governo e di coordinamento finanziario, in Le Regioni, 2004, 652. 181 Che non è consentita l'istituzione di fondi speciali in materie riservate alla competenza residuale o concorrente delle Regioni viene ribadito anche di recente nelle sentenze nn. 137 del 2007 e 50 del 2008 e ord. n. 141 del 2007. A. DI MARIO, Sisifo e il Titolo V: un caso di incoerenza decisionale in materia di previdenza e assistenza sociale, in Giurisprudenza costituzionale, 2007, 1255. Nelle prime applicazioni sono risultati caratterizzati da illegittimità costituzionale: il Fondo per gli asili nido (sentenza n. 370 del 2003); il Fondo per la riqualificazione urbana dei comuni (sentenza n. 16 del 2004); il Fondo nazionale per il sostegno e la progettazione delle opere pubbliche delle Regioni e degli enti locali e il Fondo nazionale per la realizzazione di infrastrutture di interesse locale (sentenza n. 49 del 2004); il Fondo finalizzato alla costituzione di garanzie sul rimborso di prestiti fiduciari in favore degli studenti capaci e meritevoli (sentenza n. 308 del 2004); il Fondo di rotazione per il finanziamento dei datori di lavoro che realizzano servizi di asili nido o micro-nidi (sentenza n. 320 del 2004). 182 In merito, si legge nella sentenza n. 50 del 2008, “nè la prospettata esigenza di uniformità della disciplina sull'intero territorio nazionale può essere richiamata come esclusiva fonte di legittimazione statale al di fuori dei meccanismi della sussidiarietà. 183 Per M. BARBERO, Quale “parallelismo” fra poteri legislativi e poteri di spesa nel nuovo assetto istituzionale italiano?, cit., la Corte sembra suggerire che il principio di sussidiarietà interpretato in senso dinamico è in grado di imporre il mantenimento a livello statale anche della gestione dei connessi aspetti finanziari. Anzichè censurare integralmente la previsione di fondi statali vincolati nella materia residuale si limita a dichiarare l'incostituzionalità della disciplina nella parte in cui dispone che il riparto avvenga sentita la Conferenza anziché d'intesa. R. MORZENTI PELLEGRINI, I confini dell'intervento statale rispetto all'autonomia finanziaria di Regioni ed enti locali, in il Foro amministrativo CdS, 2005, 7-8, 2078. G. VITALETTI, L. ANTONINI, Il grande assente: il federalismo fiscale, in Rassegna parlamentare , 2005, 185, osserva che la Corte ha sottoposto a scrutinio stretto fondi statali vincolati optando per l'illegittimità quando vi è interferenza con ambiti regionali non compensata da ruolo programmatorio e gestorio delle autonomie. Rileva al riguardo E. JORIO. L'incisione della Consulta in tema di applicazione del federalismo fiscale, cit., che “la Corte ha assunto ultimamente in materia di finanziamento pubblico...una funzione “atipica” più complessa rispetto a quella tradizionalmente esercitata. Da una parte è assurta a garante diretta dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all'art. 117, comma 2, lett. m) della Carta. Dall'altro è divenuta via via un organismo propositivo-pedagogico”. In un tale orientamento rientrano gli indirizzi finalizzati al rispetto del principio di leale collaborazione. Principi che devono assolutamente presiedere in tema di finanziamento dello Stato negli ambiti di competenza legislativa cosiddetta “plurima”. Nelle sentenze nn. 51 e 222 del 2005 il coinvolgimento regionale richiesto è l'intesa, non apparendo sufficiente il parere. Così anche nella sentenza n. 50 del 2008, rilevandosi la presenza di una normativa che si trova all'incrocio di materie attribuite dalla Costituzione alla potestà legislativa statale e regionale senza che sia individuabile un ambito materiale che possa considerarsi nettamente

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finanziari pubblici che, a prescindere dalla natura pubblica o privata dei beneficiari, riguardino ambiti di competenza concorrente o esclusiva delle Regioni non può prescindere da un coinvolgimento di queste, perlomeno a livello di programmazione. Inoltre i finanziamenti, per non essere censurati, devono essere riferiti all'intero settore, indicando mere finalità di intervento (sentenze nn. 141 e 453 del 2007 e 50 del 2008), e senza fissare obiettivi specifici184. In quest'ultimo caso infatti si violano gli artt. 117185 e 119 e questo “rischierebbe di divenire uno strumento indiretto ma pervasivo di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni” delle Regioni e degli enti locali nonché di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle Regioni negli ambiti materiali di propria competenza”. Poiché in sede di legge finanziaria o di altri atti legislativi incidenti sulla formazione o assestamento del bilancio dello Stato non è configurabile il formale coinvolgimento delle Regioni, questo deve essere assicurato nella fase di concreta ripartizione delle risorse finanziarie alle Regioni, anche attraverso intesa in sede di Conferenza unificata. Coerentemente, la Corte afferma186 che la decisione circa l'entità complessiva delle risorse da

prevalente. Pertanto in tali ipotesi di concorrenza di competenze si giustifica l'applicazione del principio di leale collaborazione (sentenze 50 e 234 del 2005 e 24 e 201 del 2007) che “deve in ogni caso permeare di sé i rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie”, attraverso l'intesa in sede di Conferenza unificata. Il fatto che il decreto in questione sia stato adottato previa intesa non incide tuttavia sul contenuto delle disposizioni che non prevedono tale meccanismo. Di conseguenza il comma 1252 dell'art. 1 della legge finanziaria per il 2007 risulta illegittimo nella parte in cui non contiene la prescrizione “da adottare di intesa con la Conferenza unificata”. Si ritiene invece sufficiente il parere della Conferenza per superare il concorso di competenze in merito al Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità. 184 Nella sentenza n. 423 del 2004, in questo senso, deve ritenersi fondata la questione relativa alla prevista destinazione di almeno il 10 per cento delle risorse del Fondo «a sostegno delle politiche in favore delle famiglie di nuova costituzione, in particolare per l’acquisto della prima casa di abitazione e per il sostegno alla natalità». Tale disposizione, come emerge chiaramente dalla sua formulazione, pone un preciso vincolo di destinazione nell’utilizzo delle risorse da assegnare alle Regioni. Ciò si pone in contrasto con i criteri e limiti che presiedono all’attuale sistema di autonomia finanziaria regionale, delineato dal nuovo art. 119 della Costituzione, che non consentono finanziamenti di scopo per finalità non riconducibili a funzioni di spettanza statale. Né può essere condivisa la tesi difensiva dell’Avvocatura generale dello Stato secondo cui l’oggetto della disciplina sarebbe espressione della potestà statale di determinare, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, i «livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale»: la norma censurata, infatti, non determina alcun livello di prestazione, ma si limita a prevedere somme a destinazione vincolata. Deve, pertanto, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 46, comma 2, limitatamente alle parole in esso contenute: «destinando almeno il 10 per cento di tali risorse a sostegno delle politiche in favore delle famiglie di nuova costituzione, in particolare per l’acquisto della prima casa di abitazione e per il sostegno alla natalità». E. BIESUZ, Illegittimo il fondo prima casa per le giovani coppie, in www.altalex.com, 2006. 185 E' necessario infatti considerare che “la disciplina di fondi vincolati, che ha normalmente anche un contenuto dettagliato, si pone pure in contrasto con il sistema di riparto delle competenze normative delineato dall'art. 117 Cost.” (sentenze nn. 423 del 2004 e 51 e 77 del 2005). 186 Nella sentenza n. 423 del 2004, sul fondo nazionale per le politiche sociali, escluso che si riconduca al comma 5, la Corte riconosce come costituzionalmente illegittima la disposizione che riserva allo Stato parte del fondo per finanziare un organismo privato. Ma non censura quella che destinava le risorse del fondo prioritariamente al finanziamento di interventi di natura previdenziale. In base al principio di sussidiarietà inoltre riconosce legittima la disposizione che riserva una ulteriore parte del fondo all'adozione da parte dello Stato di misure di finanziamento della ricerca scientifica (ma per questo aggiunge che lo Stato ha competenza in materia di istituzioni di alta cultura università e accademie). La mancata previsione che la «misura complessiva» del Fondo sia determinata con il coinvolgimento delle Regioni, determina una questione che non è fondata. Al riguardo, tenuto anche conto della tipologia dei flussi finanziari destinati a confluire nel Fondo in questione, deve escludersi che nella fase di determinazione, ad opera del legislatore nazionale, dell’ammontare delle risorse da allocare nel Fondo stesso per il finanziamento della spesa sociale, sia configurabile – «nella perdurante assenza di una trasformazione delle istituzioni parlamentari e, più in generale, dei procedimenti legislativi» anche solo «nei limiti di quanto previsto dall’art. 11 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3» (sentenza n. 6 del 2004) – un diretto coinvolgimento delle Regioni. Sottolinea A. BRANCASI, La perequazione dei bisogni tra determinazione del costo delle funzioni, da un lato, e risorse aggiuntive ed interventi speciali, dall'altro, cit., 4564. come sembra che si ritengano peggiorative le disposizioni che stabiliscono vincoli di carattere subsettoriale o che prevedono meccanismi di cofinanziamento, mentre non presenterebbero problemi quelle che si limitano a vincolare

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destinare al finanziamento delle politiche sociali attraverso l'alimentazione del fondo rappresenta una competenza statale in via esclusiva, “nell'esercizio dei suoi poteri di regolazione finanziaria”, mentre non è ammissibile che lo Stato violi l'autonomia legislativa e finanziaria regionale attraverso l'individuazione degli obiettivi di politica sociale che le Regioni devono perseguire. A valutazione identica rispetto a quella riservata ai fondi a destinazione vincolata sono soggette le norme che prevedono in materie di competenza regionale fondi destinati a soggetti privati187. Nell'individuare le competenze rispettivamente statali o regionali la Corte non accoglie le frequenti richieste erariali estensive dell'ambito di riferimento della materia attinente alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, ma fa spesso salvi provvisoriamente finanziamenti illegittimi che si presentano tuttavia come strumentali per salvaguardare188 i diritti garantiti dalla Costituzione. Una volta attuato189 il nuovo modello finanziario non vi sarà più spazio per trasferimenti diversi da quelli tassativi, ma si giustificheranno comunque quelli che riguardano funzioni e compiti dello Stato. Si è osservato190 al riguardo come non sia stato adeguatamente risolto dalla Corte il pur rilevante problema di ammettere meccanismi di finanziamento eccedenti la tipizzazione di cui all'art. 119 per competenze amministrative che non rappresentano espressione di politiche autonome.

le risorse all'intero settore. 187 Sentenze nn. 423 del 2004; 231 del 2005; 118 del 2006; 137 del 2007. E. VIVALDI, Il fondo nazionale per le politiche sociali alla prova della Corte costituzionale, in Le Regioni, 2005, 4, 649. G. VITALETTI, L. ANTONINI, Il grande assente: il federalismo fiscale, in Rassegna parlamentare , 2005, 185, osserva che per la sentenza n. 320/2004 la preclusione per lo Stato di operare trasferimenti vincolati nelle materie di competenza regionale opera anche quando sono beneficiari dei privati: la gestione degli interventi pubblici a prescindere dalla natura dei beneficiari che riguarda ambiti concorrenti o residuali deve necessariamente coinvolgere le Regioni. Si ribadisce nella sentenza n. 423 del 2006 che «le funzioni attribuite alle Regioni ricomprendono pure la possibilità di erogazione di contributi finanziari a soggetti privati, dal momento che in numerose materie di competenza regionale le politiche pubbliche consistono appunto nella determinazione di incentivi economici ai diversi soggetti che vi operano e nella disciplina delle modalità per loro erogazione». Il tipo di ripartizione delle materie fra Stato e Regioni di cui all’art. 117 Cost., «vieta comunque che in una materia di competenza legislativa regionale, in linea generale, si prevedano interventi finanziari statali seppur destinati a soggetti privati, poiché ciò equivarrebbe a riconoscere allo Stato potestà legislative e amministrative sganciate dal sistema costituzionale di riparto delle rispettive competenze». 188 Per la sentenza n. 222 del 2005, il Fondo per i servizi di trasporto pubblico locale, in materia di competenza residuale delle Regioni, insiste in una disciplina ritenuta illegittima ma tollerabile in virtù della garanzia dei diritti tuttavia nella ritenuta insufficienza del solo parere della Conferenza unificata. Nella sentenza n. 423 del 2006 è la mancata attuazione del nuovo sistema di finanza pubblica che induce la Corte a giustificare un regime transitorio che integra un ruolo fondamentale nel finanziamento delle autonomie per assicurare la garanzia dei diritti. Anche per la sentenza n. 50 del 2008, pur rilevandosi stanziamenti nel bilancio statale in materia concorrente (comma 635 dell'art. 1 della legge finanziaria per il 2007), tuttavia “la natura delle prestazioni contemplate dalla norma censurata, le quali ineriscono a diritti fondamentali dei destinatari, impone però che si garantisca continuità nella erogazione delle risorse finanziarie. Ne consegue che devono rimanere salvi gli eventuali procedimenti di spesa in corso anche se non esauriti”. 189 Si legge nella sentenza n. 423 del 2004 che la perdurante operatività di trasferimenti vincolati per gli aspetti di incidenza sul sistema dell’autonomia finanziaria regionale si giustifica in via transitoria, fino all’attuazione del nuovo modello delineato dall’art. 119 della Costituzione. Una volta attuato tale modello, dovranno essere riformati i vigenti meccanismi di finanziamento della spesa sociale attraverso la riconduzione degli interventi statali – al di fuori ovviamente dei casi in cui gli stessi riguardino funzioni e compiti dello Stato – ai soli strumenti consentiti dal nuovo art. 119 della Costituzione. In questa fase “transitoria” – è bene ribadire – non sono comunque ammesse, per le ragioni già illustrate, nuove prescrizioni che incidano in senso peggiorativo sugli spazi di autonomia già riconosciuti dalle leggi statali in vigore ovvero che contraddicano i principi fissati dallo stesso art. 119. 190 Ritiene A. BRANCASI, La finanza regionale e locale nella giurisprudenza costituzionale sul nuovo titolo V della Costituzione, in Diritto pubblico, 2007, 3, 6, dopo approfondita analisi della giurisprudenza, che si coglie il problema reale degli strumenti di programmazione nelle materie di propria competenza, per le quali si deve uscire dalla tipizzazione con un ambito di finanza parallela, ma la distinzione va tracciata per competenze amministrative: quelle che non sono espressione di politiche autonome possono finanziarsi in modo vincolato. Ma prima del finanziamento vincolato la legge deve costruire le competenze amministrative finanziate come non espressione di politiche autonome, nonchè le competenze amministrative statali (o regionali) di tipo programmatorio.

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Anche nella fase transitoria non sono comunque ammesse nuove prescrizioni che incidano in senso peggiorativo sugli spazi di autonomia. Ovvero vige “il divieto di procedere in senso inverso a quanto oggi prescritto dall'art. 119 della Costituzione e così di sopprimere semplicemente senza sostituirli gli spazi di autonomia già riconosciuti dalle leggi statali in vigore alle Regioni e agli enti locali o di procedere a configurare un sistema finanziario complessivo che contraddica i principi del medesimo art. 119”191. Tale ultimo ordine di vincoli si riflette anche, assai più problematicamente, in sede di disciplina delle compartecipazioni.

2. L'ambito e i caratteri delle competenze finanziarie regionali a) Le competenze regionali parzialmente compresse Occorre porsi il quesito sulla qualificazione delle competenze192 che si estrinsecano nell'ambito materiale non assorbito dalla competenza funzionale statale. Tale ultimo genere di problemi appare indagato193 prevalentemente con riferimento al coordinamento del sistema tributario. Tuttavia indicazioni consimili possono ricavarsi anche in ordine all'armonizzazione dei bilanci pubblici, ed essere utilizzate per riflettere sul coordinamento della finanza pubblica. Il coordinamento del sistema tributario interviene su materie omogenee, distinte in sistema tributario dello Stato e, reciprocamente, sistema tributario delle Regioni e ancora sistema tributario degli enti locali, appartenenti a competenze che si ritiene debbano considerarsi esclusive. L'armonizzazione interviene anch'essa su materie omogenee, bilanci pubblici, sistema contabile dello Stato e delle Regioni e degli enti locali che rilevano in quanto distinte e appartenenti a competenze esclusive rispettivamente dello Stato e delle Regioni. Nel coordinamento della finanza pubblica, ad una finanza pubblica coordinata non si contrappone l'ulteriore ambito di una materia omogenea ma una pluralità di materie e di livelli di competenza. Non sussiste infatti attribuzione specifica di competenza in materia finanziaria nemmeno a livello statale, cosicchè sembra doversi ricadere negli ambiti delle materie individuate come tali. La qualificazione delle competenze regionali nelle materie finanziarie, dopo la riforma, con riguardo al sistema tributario regionale ed a quello locale, è oggetto di due ordini di riflessioni. Per il sistema tributario regionale, si ricorda come esso sia stato ridotto, nel precedente regime, a competenza sostanzialmente attuativa, in contrasto con gli esiti degli studi in materia. Oggi una grave incertezza caratterizza la situazione a causa della complessità della formulazione costituzionale e degli orientamenti della Corte.

191 Sentenze nn. 37, 241 e 320 del 2004. Dalla sentenza n. 423 del 2006 si ricava che opera, fino all’attuazione dell’art. 119 della Costituzione, un ulteriore limite per il legislatore statale, rappresentato dal divieto imposto di procedere in senso inverso a quanto oggi prescritto dall’art. 119 della Costituzione, e così di sopprimere semplicemente, senza sostituirli, gli spazi di autonomia già riconosciuti dalle leggi statali in vigore, alle Regioni e agli enti locali, o di procedere a configurare un sistema finanziario complessivo che contraddica i principi del medesimo art. 119 (sentenze numeri 320, 241 e 37 del 2004). Nulla vieta che lo Stato nella stessa legge finanziaria moduli gli stanziamenti attraverso una pluralità di disposizioni in cui l’una integri l’altra, ma senza con ciò incidere in senso peggiorativo sull’autonomia finanziaria delle Regioni, quale disciplinata in attesa dell’attuazione dell’art. 119 della Costituzione (sentenze numeri 320 e 37 del 2004). 192 G. CLEMENTE DI SAN LUCA, Appunti di diritto amministrativo, Jovene, Napoli, 2005, 158 ss, considera la potestà legislativa delle Regioni mai esclusiva, bensì sempre concorrente anche negli ambiti di competenza “residuale”. 193 Il rapporto tra funzioni e autonomia finanziaria viene sviluppato prevalentemente con riferimento all'autonomia tributaria, tra gli altri, da A. ZANARDI (a cura di), Per lo sviluppo.Un federalismo fiscale responsabile e solidale, il Mulino, Bologna, 2006. Per una recente bibliografia, BASILAVECCHIA, L. DEL FEDERICO, F: OSCULATI, Il finanziamento delle Regioni a statuto ordinario mediante tributi propri e compartecipazioni: basi teoriche ed evidenza empirica nella difficile attuazione dell'art. 119 della Costituzione, cit., 669.

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Da un lato194 sembra da individuare una competenza residuale, condizionata dalla potestà concorrente di tipo trasversale (ovvero non esaustiva della materia), perché: l'attribuzione delle competenze è operata dall'art. 117; il sistema tributario deve considerarsi una specifica materia dato che come tale è individuata per lo Stato; tale materia non è inserita negli elenchi; non vi sono indicazioni in contrario in altre norme costituzionali, in quanto la riserva di cui all'art. 23 può essere riferita anche alla legislazione regionale. Con la individuazione di un sistema tributario dello Stato, autonomo e separato rispetto a quello delle Regioni, si parla di organizzazione duale della Repubblica. La potestà tributaria delle Regioni trova infatti limite solo nella Costituzione, nei principi fondamentali dello Stato e, per taluni, nel principio di continenza dell’interesse espresso dall’elemento materiale del presupposto tributario. Ulteriore limite è rappresentato dal divieto di sovrapposizione su base imponibile già gravata da tributi statali (con “prelazione”195 della competenza esclusiva dello Stato sul proprio sistema tributario). Dall'altro si riscontrano orientamenti196 favorevoli alla configurazione di una competenza concorrente in ordine ai tributi propri, per la presenza (e la necessaria precedenza) dei principi di coordinamento statale nell'art. 119. Occorre aggiungere che l'ampiezza della disciplina che per la Corte è demandata al coordinamento (linee di fondo del sistema) tende a far coincidere l'ambito della competenza statale con l'intera materia compressa dal coordinamento. Un passaggio della sentenza n. 275 del 2007, nella formulazione letterale, attribuisce la “materia della finanza pubblica regionale e locale” alla competenza concorrente in virtù “dell'art. 119”. Competenza che, in realtà, in base alle rimanenti argomentazioni, e principalmente al quadro costituzionale, sembrerebbe da riferire più specificamente al coordinamento della finanza pubblica con deduzione della competenza

194 Così P. GIARDA, Le regole del federalismo fiscale nell’articolo 119: un economista di fronte alla nuova Costituzione, cit., 1425; F. GALLO, Le risorse per l’esercizio delle funzioni amministrative e l’attuazione del nuovo articolo 119, in G. BERTI, G. C. DE MARTIN, (a cura di), Il sistema amministrativo dopo la riforma del titolo V della Costituzione, Luiss Edizioni, Roma, 2002; ID., La nuova disciplina costituzionale della finanza. Problemi e prospettive, cit., sulla competenza legislativa tributaria delle Regioni, cui aggiunge il principio di continenza; L. ANTONINI, La vicenda e la prospettiva dell’autonomia finanziaria regionale: dal vecchio al nuovo art. 119 Cost., cit.. Osserva D. DE GRAZIA, L'autonomia finanziaria degli enti territoriali nel nuovo titolo V della Costituzione, in Le istituzioni del federalismo, 2002, 2, 267, che però le Regioni, con la partecipazione all’esercizio della potestà legislativa concorrente, non potrebbero non autolimitarsi anche nell’esercizio della propria competenza residuale dal momento che nel definire il proprio sistema tributario e nella programmazione finanziaria non potrebbero tradire le proprie scelte. A. BRANCASI, L’autonomia finanziaria degli enti territoriali: note esegetiche sul nuovo art. 119 Cost., cit., osserva come il precedente fondamento della potestà tributaria sul solo art. 119 la rendesse soggetta alla legge statale e quindi di natura attuativa. Oggi invece le Regioni sono libere di stabilire tributi. L'art. 119 non fornisce il fondamento dei poteri legislativi, ma occorre chiedersi se i principi dell'art. 119 e dell'art. 117 coincidono. Ritiene G. BIZIOLI, I principi statali di coordinamento condizionano l'efficacia della potestà tributaria regionale. La Corte costituzionale aggiunge un altro elemento alla definizione del nuovo “federalismo fiscale”, la competenza in materia tributaria residuale, il coordinamento oggetto di competenza ripartita tra Stato per principi fondamentali e Regioni e inoltre che dalla Costituzione discendono direttamente il divieto di doppia imposizione e il limite della continenza. 195 F. GALLO, La nuova disciplina costituzionale della finanza. Problemi e prospettive, cit., osserva come lo Stato non ha limiti nello stabilire i tributi propri, perché la competenza riguarda il suo sistema tributario e non le materie enumerate. L’unico limite naturale è l’ammontare complessivo delle spese da finanziare (i tributi statali finanziano anche funzioni delle Regioni e degli enti locali). Le Regioni non possono scegliere tributi nei campi prescelti dallo Stato, perché contrasterebbero la sua potestà esclusiva, ma possono prevedere tributi regionali o locali radicati nelle materie residuali e nel territorio, sicuramente tributi di scopo o corrispettivi. Quanto alle addizionali, esprime il dubbio se siano possibili senza una previa mediazione statale, ritenendo che ciò sarebbe in contrasto con la competenza esclusiva statale; inoltre, dato che le addizionali devono essere previste da legge statale, gli enti locali potranno istituirle senza coinvolgimento della Regione. Ritiene ancora che un tributo è proprio della Regione solo se frutto della competenza esclusiva, quindi non previsto da legge statale (e continente). 196 Ad esempio P. CAVALERI, Diritto regionale, Cedam, 2006. R. MARTINI, La potestà normativa degli enti territoriali in materia tributaria nella giurisprudenza della Corte costituzionale nelle more dell'attuazione del nuovo titolo V della Costituzione, in La finanza locale, 2004, 5, 25, considera la potestà normativa tributaria delle Regioni mutata da potestà di tipo attuativo a potestà concorrente ed equiparata la potestà legislativa tributaria delle Regioni a statuto ordinario e quella delle Regioni a statuto speciale.

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legislativa dall'art. 117. Si rileva tuttavia come, specialmente quando si debbano raffrontare le situazioni delle Regioni ordinarie con quelle delle Regioni differenziate, si aggravino le difficoltà anche nell'utilizzo dei termini. Ma soprattuto come si tratti di un “equivoco” significativo. Si ritiene qui che lo sviluppo di un percorso che tenga correttamente conto del riparto e delle formule presenti nel testo costituzionale, anche alla luce del quadro sistematico di equiparazione e collaborazione, nonché dei canoni indicati dalla Corte costituzionale per la individuazione dei titoli di competenza da riferire ai diversi ambiti materiali debba condurre ad assegnare il sistema tributario (così come quello contabile) dello Stato alla sua competenza esclusiva; il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario alla competenza concorrente, i tributi regionali e locali (così come la contabilità regionale e locale) alla competenza residuale. Il potenziale di tale sistema è però attenuato drasticamente dalla previsione dei principi di coordinamento non soltanto in base all'art. 117, ma anche nell'art. 119197, con i suesposti orientamenti giurisprudenziali circa la peculiare necessaria precedenza dei principi fondamentali rispetto all'esercizio198 della potestà tributaria regionale e locale, nonché da quelli che si vedranno in ordine alla qualificazione dei tributi propri “derivati” come statali. Anche e più per il sistema tributario degli enti locali, si configura molto problematicamente la competenza in materia tributaria in connessione, in aggiunta, con la possibilità di articolarsi su diversi livelli del coordinamento. In ordine alla legislazione sui tributi locali, parallelamente a quanto avviene più in generale per l'ordinamento degli enti locali199, si configurano opzioni alternative. Infatti all'ordinamento previgente, uniforme e determinato da leggi generali della Repubblica si è sostituita l'equiordinazione e un rinnovamento della fonte dell’autonomia, oggi ricondotta direttamente alla legge fondamentale. Abrogato l'art. 128, alla potestà esclusiva dello Stato sono riservate la legge elettorale, gli organi di governo e le funzioni fondamentali. Vengono al riguardo in considerazione le peculiarità del regime autonomistico italiano, caratterizzato da una tradizione “municipalista”, ma, nel nuovo titolo V, singolarmente, dal principio della equiparazione anche in ordine al livello di governo locale. Su questa base appaiono possibili le diverse opzioni in merito al coordinamento della finanza ed al sistema tributario locale. Da un lato, si configura200 un modello “municipalista”, ritenendo sconsigliabile realizzare un

197 Corte costituzionale, sentenza n. 419 del 2001. 198 L. ANTONINI, La vicenda e la prospettiva dell’autonomia finanziaria regionale: dal vecchio asl nuovo art. 119 Cost., in Le regioni, 2003, 1, 12 osserva che, nel caso dei tributi propri regionali, considerazioni sistematiche inducono a ridurre notevolmente la portata dell'autonomia, nonché a giustificare l'orientamento della Corte costituzionale sul condizionamento dell'esercizio della competenza ad opera dell'inerzia statale nel dettare i principi fondamentali. 199 Tra i tanti, F. PIZZETTI, Il sistema costituzionale delle autonomie locali, in L'attuazione del titolo V della Costituzione, Giuffrè, Milano, 2006. Espone S. MANGIAMELI, Riassetto dell’amministrazione locale, regionale e statale tra nuove competenze legislative, autonomie normative ed esigenze di concertazione, in Il sistema amministrativo dopo la riforma del titolo V della Costituzione, l'incerta chiave di interpretazione del titolo V, con distinte visioni, una per un assetto più prossimo all’ordinamento federale e una di stampo municipalista. Nel quadro dei principi sulla competenza legislativa generale, sull’attribuzione ai comuni delle funzioni amministrative, salvo che per assicurarne l’esercizio unitario siano conferite ad altri livelli, si riconosce direttamente agli enti locali la titolarità di funzioni proprie in contrapposto a quelle trasferite dalla legislazione statale o regionale. Lo Stato, in relazione alle (sole) funzioni fondamentali, può disciplinare in via esclusiva i principi e le disposizioni in materia di ordinamento degli enti locali, sia a completamento di quelle funzioni che sono direttamente previste dalla Costituzione, come la funzione statutaria, regolamentare e finanziaria, e sia per quelle funzioni che non hanno trovato menzione nelle disposizioni costituzionali, come la funzione organizzativa e quella amministrativa. 200 Illustra le ragioni di tale orientamento F. LAUDANTE, Brevi note sull’eventuale sopravvivenza di un ordinamento uniforme degli enti territoriali subregionali alla luce del processo di “flessibilizzazione strisciante” della carta costituzionale, in F. PINTO (a cura di), Il nuovo regionalismo nel sistema delle fonti, osservando che l’accoglimento di questa logica comporterebbe una parziale sopravvivenza del regime dell’uniformità perché la legge statale finirebbe per configurarsi come una sorta di legge cornice i cui principi vincolerebbero il legislatore regionale. Vi è da aggiungere che riconoscere alla Regione di ingerirsi le attribuirebbe un ruolo in contrasto con la tradizione

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sistema puro di “doppio binario” tra legge statale e legge regionale, che lascia alle Regioni la individuazione dei principi fondamentali, sottolineandosi i pericoli del decentramento. Inoltre il sistema tributario locale non potrebbe iscriversi in quello regionale perché ciò contraddirebbe altre norme costituzionali, tra le quali quelle che prevedono le competenze esclusive dello Stato. Dall'altro lato invece viene configurato un sistema di tipo “federale”201. Optando, come si ritiene più adeguato, per una soluzione simile, si conclude per un sistema tributario duale202 ovvero sostanzialmente binario: tributi statali da un lato, regionali e locali

costituzionale. La visione di stampo municipalista tende a vedere l'art. 117 lett p) come riformulazione attenuata dell'art. 128, con sopravvivenza del principio di uniformità, con la considerazione che lo Stato in relazione alle funzioni fondamentali possa disciplinare in via esclusiva i principi e le disposizioni, e ciò sia per quelle funzioni che sono direttamente previste dalla Costituzione, come la funzione statutaria, regolamentare e quella finanziaria e sia per le funzioni che non hanno trovato menzione nelle disposizioni costituzionali come la funzione organizzativa e quella amministrativa. Una terza e ultima lettura comporterebbe il definitivo superamento del regime uniforme escludendosi ogni competenza statale ad eccezione delle materie riservate e anche regionale. La determinazione dei profili dell’ordinamento e organizzativo sarebbe demandata, nel rispetto di quanto disposto dalla richiamata legge statale alla competenza delle fonti statutaria e regolamentare coerentemente alla loro costituzionalizzazione. A. DE CHIARA, Il TUEL e la funzione normativa degli Enti locali, in G. CLEMENTE DI SAN LUCA, Nodi problematici e prospettive di riforma del Testo Unico degli Enti Locali, Giappichelli, Torino, 2006, 31, ritiene mancante uno spazio di disciplina regionale generale, con riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 377 del 2003 201 V., tra l'altro, G. MARCHETTI, Le autonomie locali fra Stato e Regioni, Giuffrè, Milano, 2003, 197, il quale ritiene che allo Stato non sia attribuita, dall'art. 117, comma 2, lett. p), l'interezza dell'ordinamento degli enti locali. Per T. GROPPI, I rapporti dello Stato e delle regioni con gli enti locali nel nuovo titolo V, in www.issirfa.cnr.it, spetta alla legge regionale quello che non è riservato allo Stato: organizzazione, controlli, ordinamento finanziario e contabile, naturalmente rispettando l'autonomia locale. F. LAUDANTE, Brevi note sull’eventuale sopravvivenza di un ordinamento uniforme degli enti territoriali subregionali alla luce del processo di “flessibilizzazione strisciante” della carta costituzionale, cit., ritiene che l'opzione municipalista vada contro lo spirito della riforma. Per una visione più prossima all’ordinamento federale depongono i principi del nuovo ordinamento costituzionale: la competenza legislativa generale delle Regioni, l’attribuzione ai comuni delle funzioni amministrative (salvo che per assicurarne l’esercizio unitario). La configurazione dell’ordinamento degli enti locali come disciplinato congiuntamente dalla potestà statale e regionale trova un appiglio testuale nell’inversione del criterio di ripartizione della competenza legislativa e nella residualità. 202 P. GIARDA, Le regole del federalismo fiscale nell’articolo 119: un economista di fronte alla nuova Costituzione, cit., 1425; B. CARAVITA, La Costituzione dopo la riforma del titolo V, Giappichelli, Torino, 2002, 139; F. GALLO, Le risorse per l’esercizio delle funzioni amministrative e l’attuazione del nuovo articolo 119, cit., ID., La nuova disciplina costituzionale della finanza. Problemi e prospettive, cit., (la novità del titolo sta solo nel comma 4 dell’art. 117 che prevede la potestà esclusiva delle Regioni di stabilire e applicare tributi regionali e locali in senso stretto senza la necessaria mediazione statale e nel potere di coordinamento dello Stato; il principio di autonomia continua invece a trovare applicazione all’interno della legge statale e, per i tributi locali, di quella regionale); L. ANTONINI, La vicenda e la prospettiva dell’autonomia finanziaria regionale: dal vecchio asl nuovo art. 119 Cost., cit.; ID., La prospettiva del federalismo fiscale alla luce del nuovo art. 119 della Costituzione, in www.federalismi.it; BASILAVECCHIA, L. DEL FEDERICO, F: OSCULATI, Il finanziamento delle Regioni a statuto ordinario mediante tributi propri e compartecipazioni: basi teoriche ed evidenza empirica nella difficile attuazione dell'art. 119 della Costituzione, cit., 669. A. BRANCASI,L’autonomia finanziaria degli enti territoriali: note esegetiche sul nuovo art. 119 Cost., cit.; Id., Adeguatezza delle risorse finanziarie ai compiti degli enti locali, cit., 359, utilizzando diversamente alcuni termini, rispetto alla rimanente dottrina, ritiene superato il rapporto binario che separava il rapporto Stato Regioni da quello Stato enti locali mentre si introduce un sistema a cascata. Ritiene inoltre attribuita alle Regioni una potestà esclusiva, ma nella sussistenza di elementi che depongono per il mantenimento del sistema binario: la perequazione, gli interventi di cui al comma 5 dell'art. 119, che prevedono misure statali direttamente a favore degli enti locali. Quanto alla tipologia delle risorse (entrate proprie, tributi propri, compartecipazioni a tributi erariali, trasferimenti assegnati con il fondo perequativo), ritiene che le entrate proprie non costituiscano distinta e separata materia e quindi la disciplina ne sia attratta in quella delle materie di settore, mentre per i tributi propri il potere impositivo è riconosciuto direttamente dalla Costituzione con il solo limite del coordinamento, e, per gli enti locali, la riserva di legge. Rientrando essi nella competenza esclusiva regionale, non è necessario che siano previsti dalla legge statale, questa pone i principi fondamentali per evitare doppie imposizioni individuando le aree di prelievo riservate allo Stato. Ritiene ancora che la tipizzazione delle entrate operi in riferimento alle funzioni fondamentali degli enti locali che non possono essere sottordinate a competenze programmatorie e finanziate al di fuori dell'applicazione dell'art. 119, mentre non opera per le competenze amministrative che hanno oggetto attività di programmazione e di finanziamento

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dall'altro, con separazione di due competenze primarie entrambe che soddisfano la riserva dell'art. 23203. Militano a favore di tale soluzione le considerazioni che l’autonomia tributaria degli enti locali è trattata con gli stessi termini di quella delle Regioni, con le differenze consistenti nella mancanza del potere legislativo e della competenza di coordinamento. Inoltre, per una potestà regionale, ma di tipo concorrente optano204 tanto il Comitato per i principi di armonizzazione dei bilanci pubblici che l'ACOFF. L'ulteriore problema concernente la competenza regionale nell'ambito della funzione di coordinamento della finanza pubblica (e parallelamente del sistema tributario), impone di riflettere su quale sia il ruolo dei principi posti dalle Regioni, principi limitati, da un lato da quelli fondamentali spettanti allo Stato; d'altro lato, dalla rafforzata autonomia normativa locale. Il senso della opzione per il regime della competenza concorrente sembra proprio insistere nel ruolo che la legislazione regionale assume nei confronti della finanza locale, la scelta del regime mostrando205 appunto l’intento di coinvolgere anche le Regioni. In questa direzione conduce la considerazione dello stesso concetto di coordinamento, e ancor più quello di finanza pubblica in senso aggregato, che implica la pluralità dei soggetti coordinati; il riferimento nell'art. 119 a principi che, privi di attributo, si distinguono da quelli fondamentali demandati alla legge statale. Cosicchè lo strumento della legge statale quadro è adottabile solo per i principi fondamentali, mentre il coordinamento ulteriore spetta alle Regioni206, in quanto questo ultimo può riguardare solo il rapporto tra Regioni e enti locali. Nel quadro di tale sistema, si sottolinea spesso come il patto di stabilità interno

degli enti locali, in quanto l'autonomia finanziaria è attribuita per attuare le proprie politiche, mentre gli enti forniti di potestà legislativa possono finanziare determinate attività amministrative con trasferimenti secondo il principio di sussidiarietà con una sovrastante competenza di tipo programmatorio. 203 Ritiene non più necessario per gli enti locali e per la riserva dell'art. 23 che la legge individui il presupposto del tributo, la base imponibile e limiti relativi all'aliquota: è sufficiente la previsione in legge di una materia o di un settore nel quale gli enti locali siano autorizzati a disporre l'istituzione di un tributo, restando gli altri elementi al regolamento, F. GALLO, Prime osservazioni sul nuovo art. 119 della Costituzione, in Rassegna tributaria, 2002, 585 ss; A. D'AURO, La finanza locale tra federalismo fiscale e devolution regionale, in Il Fisco, 2002, 6371 ss. 204 La posizione espressa dal Comitato per i principi è che il coordinamento del sistema tributario sembra riguardare i due sistemi tributari primari (Stato e Regioni) e quello secondario (sistema degli enti locali che si iscrive all'interno di quello regionale), ma il nuovo art. 119 disegna un assetto sistemico della finanza pubblica che impone un'armonizzazione degli interventi legislativi stante l'interdipendenza finanziaria e fiscale dei diversi livelli di governo. La ACOFF espone l'alternativa interpretativa fra la presenza di due sistemi tributari primari ed uno secondario (locale inserito in quello regionale con potestà primaria) e l'unitarietà del sistema tributario. Le Regioni non necessitano di un fondamento di legge statale che è solo di coordinamento, ma non si può ritenere esclusiva la potestà normativa tributaria delle Regioni, bensì concorrente per la necessità di rispettare i principi fondamentali del coordinamento statale. Il fondamento legislativo del potere impositivo degli enti locali non può essere rinvenuto che in atti legislativi regionali. 205 A. BRANCASI, L’autonomia finanziaria degli enti territoriali: note esegetiche sul nuovo art. 119 Cost., cit. 206 Per P. GIARDA, Le regole del federalismo fiscale nell’articolo 119: un economista di fronte alla nuova Costituzione, cit., 1425, escluso che le Regioni legiferino sul coordinamento fra Stato e Regioni, vi è invece spazio per quello tra Regioni ed enti locali. Cosicchè le Regioni assumono un ruolo nella definizione della legislazione di coordinamento del sistema tributario, nonchè in merito al patto di stabilità interno, all' armonizzazione dei loro bilanci; al concorso nella scelta dei criteri della perequazione. F. GALLO, Le risorse per l’esercizio delle funzioni amministrative e l’attuazione del nuovo articolo 119, cit., rileva che rappresenta un passaggio decisivo quello della individuazione dei principi di coordinamento, ma aleggia in proposito il nodo irrisolto della mancata istituzione della Camera delle Regioni, la cui funzione di coordinamento e di reciproca consultazione e di formazione di una volontà collegiale difficilmente può essere surrogata dal Consiglio delle autonomie o dalla bicameralina. M. BERTOLISSI, I nuovi poteri delle amministrazioni locali: la finanza degli enti locali, in Il diritto della regione, 2002, 2-3, 325, ritiene che spetti alla legge regionale disporre in tema di finanza e di organizzazione degli enti locali nei limiti del coordinamento e lasciando spazio ai regolamenti e che giustifichi l'intervento della legge l'art. 97 per quanto attiene a: formazione dei bilanci, buona amministrazione, procedure di controllo, dissesto finanziario. Anche A. AMATUCCI, L'ordinamento giuridico della finanza pubblica, riconosce la potestà regionale di coordinamento e armonizzazione in ordine agli enti locali.

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dovrebbe congegnarsi per tutte le Regioni secondo quanto previsto per quelle a statuto speciale. Questa ricostruzione dell’art. 117 trova rispondenza nell'art. 119, comma 2, per il quale le Regioni e gli enti locali svolgono la potestà di imposizione “secondo i principi di coordinamento” ovvero sia quelli fondamentali dello Stato che quelli delle Regioni207. I principi statali preservano gli enti locali da eccessiva invasività regionale. b) II tributi propri “derivati” e quelli “autonomi” In materia tributaria si determinano elementi di compressione della potestà legislativa regionale ulteriori rispetto alla incidenza (e precedenza) dei principi della competenza statale di coordinamento. La competenza residuale infatti perde effettività a seguito delle decisioni della Corte in tema di tributi propri delle Regioni e degli enti locali che escludono tale qualifica per i vecchi tributi istituiti dallo Stato e attribuiti208 alle Regioni. Questi non possono essere considerati a pieno titolo tributi propri regionali nel significato del nuovo art. 119, con la conseguenza che si deve ritenere tuttora spettante al legislatore statale la potestà di dettare norme modificative anche nel dettaglio della disciplina dei tributi locali esistenti. Fondamentale nell'avviare tale orientamento la sentenza n. 296 del 2003, per la quale la circostanza che l'IRAP sia stata istituita con legge statale e che alle Regioni a statuto ordinario destinatarie del tributo siano espressamente attribuite competenze di carattere solo attuativo rende palese che l'imposta stessa nonostante la sua denominazione non può considerarsi “tributo proprio della Regione” nel senso in cui oggi tale espressione è adoperata dall'art. 119, comma 2, della Costituzione, essendo indubbio per la Corte il riferimento della norma costituzionale ai soli tributi istituiti dalle Regioni con propria legge, nel rispetto dei principi del coordinamento con il sistema tributario statale Ne discende che allo stato la disciplina sostanziale dell'imposta non è divenuta oggetto di legislazione concorrente ma rientra tuttora nella competenza esclusiva dello Stato in materia di tributi erariali. Nello stesso senso, per la decisione n. 297 del 2003209 la tassa

207 Per C. SALAZAR, L'art. 119 Cost. Tra (in)attuazione e “flessibilizzazione” (in margine a Corte cost., sentt. nn. 16 e 49 del 2004), in Le Regioni, 2004, 4, l'art. 119 non lascerebbe dubbi circa il permanere dell'affidamento alla legge statale – ancorchè mediante principi – del coordinamento verticale dell'intero sistema, in quanto i tributi sarebbero inclusi nella materia comprensiva di armonizzazione e coordinamento o rappresentano un ulteriore campo di competenza statale esclusiva. Ma poiché i principi fondamentali di cui all'art. 119 non sono definiti fondamentali questa competenza non è assimilabile alle altre di grado concorrente. I tributi locali sono quindi affidati ad una normazione a due livelli, che possono divenire tre se si ammette l'intervento delle leggi regionali nel rispetto dei principi di coordinamento statali. F. PIZZETTI, Il sistema costituzionale delle autonomie locali (tra problemi ricostruttivi e problemi attuativi), in L'attuazione del titolo V della Costituzione, Giuffrè, Milano, 2005. Rileva che il punto in cui emerge con maggior forza la scelta compiuta dalla riforma del 2001 a favore di un sistema caratterizzato da una forte articolazione pluralistica dei suoi livelli territoriali lo si può trovare nel nuovo art. 119. A questo va aggiunto che a ben vedere anche il ruolo dello Stato come soggetto titolare del compito di tutelare le esigenze unitarie dell'ordinamento che nel quadro dell'art. 119 emerge con una forza certamente più significativa di quanto accada in molti altri articoli si incentra tutto sul potere di definire “i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”. Un potere da esercitare con legge naturalmente e che una volta esercitato si pone come limite generale, alla stregua della Costituzione medesima, ma un potere di coordinamento appunto e quindi di definizione delle coordinate di fondo entro le quali si colloca un sistema che anche sul piano finanziario e tributario si configura nettamente come un sistema policentrico e a forte tasso di articolazione. Invece per F. GALILEI (a cura di), La tutela dell'autonomia degli enti locali dopo la riforma del titolo V Cost. nella giurisprudenza della Corte costituzionale nel triennio 2002-2004, Giappichelli, Torino, 2005, è la legge statale l'unica abilitata a dettare i principi di coordinamento per i tributi degli enti locali. 208 Così sulle imposte che pur se regionalizzate risultano ancora regolate dalla legislazione statale le sentenze nn.296, 297, 311 del 2003, 381 del 2004 e da ultimo 75 del 2006, per la quale l'ICI deve ritenersi imposta di natura non locale in quanto istituita con legge statale (art. 1 del decreto legislativo n. 504 del 1992). 209 Sulla legge regionale Piemonte n. 20 del 2002, che all'art. 1 dispone l'esonero dell'Agenzia per lo svolgimento dei giochi olimpici dal versamento dell'IRAP. Quanto agli artt. 2 e 4, che modificano la tassa automobilistica regionae, che, disciplinata dal DPCR 39/1953, e successive modificazioni, è stata “attribuita” per intero alle Regioni a statuto ordinario dall'art. 23, comma 1, del d lgs 504 del 1992, assumendo contestualmente la

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automobilistica non può allo stato ritenersi tributo proprio della Regione, pertanto la legge regionale che ne modifica la disciplina è illegittima. Può invece considerato tributo proprio della Regione nel senso sopra chiarito, essendo stata istituita in base all'autorizzazione contenuta in legge statale, la tassa di concessione per la raccolta dei tartufi. Si osserva210 in proposito che evidentemente si tratta di un problema di diritto transitorio. Proprio perciò un'interpretazione fondata sui principi di coordinamento del sistema tributario o sul rafforzamento dell'autonomia finanziaria poteva forse condurre verso una maggiore apertura. Invece, paradossalmente, nonostante la svolta federalista, rischiano di essere messi fuori gioco una serie di interventi che le Regioni hanno disposto interpretando in modo estensivo i poteri loro concessi dalla normativa statale sull'IRAP. Per evitarlo il legislatore statale è intervenuto con il comma 22 dell'art. 2 della legge finanziaria per il 2004, disponendo una sorta di sanatoria temporanea per le Regioni che hanno emanato disposizioni legislative in tema di tassa automobilistica e IRAP in modo non conforme ai poteri ad esse attribuiti in materia dalla normativa statale. Quindi, in base a queste decisioni, le Regioni da subito avrebbero potuto esercitare la potestà con la condizione di non invadere le aree di prelievo già occupate dallo Stato e la necessità di una legge di questo che lasci disponibilità di tributi “dismessi” alle Regioni. In realtà si è osservato che, con il suo modo di procedere, la Corte ha così “congelato”211 in via

denominazione di tassa automobilistica regionale. Con il complesso della normativa successiva alle Regioni a statuto ordinario è stato attribuito dal legislatore statale il gettito della tassa unitamente all'attività amministrativa connessa alla sua riscossione nonché un limitato potere di variazione dell'importo originariamente stabilito con decreto ministeriale, restando invece ferma la competenza esclusiva dello Stato per ogni altro aspetto della disciplina sostanziale. Nemmeno la tassa automobilistica può, dunque allo stato, per la Corte, qualificarsi “tributo proprio della rRgione nel senso oggi fatto proprio dall'art. 119, secondo comma, Cost. E conseguentemente va escluso che la Regione abbia il potere di disporre esenzioni dalla tassa ovvero di modificare i termini di prescrizione del relativo accertamento, rientrando la relativa materia nella competenza esclusiva dello Stato. 210 Le considerazioni riportate sono di L. ANTONINI, La prima giurisprudenza sul federalismo fiscale: il caso dell'Irap, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 2003, 4, II, 95, sulle sentenze nn. 296, 297 e 311 del 2003, per il quale così la Corte risolve il problema del passaggio al nuovo sistema che prevede solo tributi propri in senso stretto, mentre parte della dottrina riteneva che l'Irap si dovesse qualificare come tributo proprio regionale. Sottolinea inoltre che la possibilità di riconoscere una pluralità di sistemi tributari regionali deve essere però considerata insieme alla riserva allo Stato dei principi fondamentali del coordinamento tributario. Anche in BASILAVECCHIA, L. DEL FEDERICO, F: OSCULATI, Il finanziamento delle Regioni a statuto ordinario mediante tributi propri e compartecipazioni: basi teoriche ed evidenza empirica nella difficile attuazione dell'art. 119 della Costituzione, cit., 669, si rilleva che, dal 2001, paradossalmente l'autonomia tributaria ha subito numerose e significative compressioni. Nella sentenza n. 37 del 2004 si rinviene la ricostruzione più compiuta della fase transitoria del nuovo sistema nella ultrattività di quello anteriore. Si è chiarito che per i tributi propri derivati rimane competente lo Stato che può abrogarli (salvo doverli sostituire) e va escluso un potere di intervento sulla disciplina da parte delle autonomie, il nuovo sistema delle competenze non può avviarsi senza la previa definizione dei principi del coordinamento, che la scelta tra due o tre livelli di intervento norrmativo sul sistema tributario locale è riservata alla legge statale sui principi. E' stata così surrettiziamente introdotta quella fase transitoria della quale il testo costituzionale non reca traccia. Quanto ai tributi propri, alla finanza statale compete una sorta di “prelazione” rispetto alla finanza territoriale, ma questa non può comprimere il principio di continenza. In riferimento ai tributi propri “autonomi”, ritiene che, in una cornice nella quale allo Stato rimangono tendenzialmente le spese per trasferimenti (interessi e pensioni) mentre ai governi locali spetta la gestione di un gruppo assai vasto di servizi, i tributi autonomi da istituire vanno in particolare ricercati tra i tributi causali o paracommutativi e tra i tributi di scopo. 211 Le considerazioni riportate sono di A. BRANCASI, Per “congelare” la potestà impositiva delle regioni la Corte costituzionale mette in pericolo la loro autonomia finanziaria, in Giurisprudenza costituzionale, 2003, 2562, sulle sentenze 296, 297 e 311 del 2003, per il quale se infatti non sono tributi propri dovrebbero/potrebbero ricondursi a compartecipazioni, ma rientrando queste tra le entrate che devono assicurare l'autosufficienza occorrerebbe limitare il potere statale di disporne anche perchè la Corte ha affermato (37/2004) il divieto di procedere in senso inverso alle attuali prescrizioni. In contrasto con questo la Corte però introduce una sospensione dell'esercizio del potere regionale in attesa di un complessivo riordino. In sostanza la Corte limita l'efficacia dell'art. 119, rendendo indispensabile la legge quadro. Ma avrebbe potuto seguire la strada più semplice di affermare che i principi di coordinamento sono necessari a differenza dei principi nelle altre materie. Era questo che si sosteneva nei ricorsi dello Stato e non avrebbe smentito la sentenza n. 138 del 1999 in cui definiva quelli in questione come tributi propri. Non resta da augurarsi che la Corte

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permanente la potestà impositiva autonoma, indipendentemente dall'affermazione della necessità di previ principi di coordinamento. Ha infatti argomentato che i tributi devoluti non sono propri, con la conseguenza aggiuntiva che diventa difficile ricondurli alle tipologie di tributi attualmente previste all'art. 119 Cost. Ciò che si aggiunge alle peculiarità della materia “tributi propri” sulla quale insistono le potestà del legislatore regionale e di quello statale con opzione per quest'ultimo e dell'autonomia tributaria delle Regioni, impossibilitate a trarre i principi fondamentali dalla legislazione vigente. Quanto poi alle modifiche212 statali dell'IRAP e dell'IRPEF, la Corte213 le ritiene costituzionalmente illegittime solo se compromettono in termini complessivi l'autosufficienza delle risorse, addossandone l'onere della prova alle Regioni. Con la legge finanziaria per il 2008 si prevede, art. 1, commi 43-45, la regionalizzazione dell’IRAP che diventa tributo proprio delle Regioni e dovrà essere istituita con legge regionale dal 1° gennaio 2009. Le Regioni non potranno modificare le basi imponibili, ma potranno intervenire, nei limiti stabiliti dalle leggi statali, sulle aliquote, su detrazioni e deduzioni e introdurre speciali agevolazioni. Per disciplinare l’imposta sarà varato uno schema tipo di regolamento regionale su liquidazione, riscossione e accertamento

limiti il significato di queste sentenze ad un problema di diritto transitorio. T. VENTRE, L'IRAP e la tassa automobilistica regionale non sono tributi propri delle Regioni: spetta alla esclusiva competenza dello Stato la modifica delle relative discipline, in www. federalismi.it, 2003, 10; Z. STANCATI, La Consulta torna sul tema dell'autonomia impositiva regionale: un'occasione per riparlare del coordinamento alla luce dell'art. 119, comma 2, della Costituzione, in www.federalismi.it, 2006, 17. 212 Allo Stato non è precluso né lo sarà di modificare i tributi compartecipati ma (37 e 241/2004) ogni variazione di gettito dovrà essere compensata. 213 A. BRANCASI, In tema di finanza delle autonomie alcune questioni dall'esito “relativamente” scontato, in Giurisprudenza costituzionale, 2004, 4231, sulle sentenze nn. 381, 390, 423 e 431 del 2004, rileva che, invece, dovrebbe essere lo Stato a dimostrare di assolvere all'obbligo di copertura ex art. 27 della legge n. 468 del 1978 (le leggi che comportano oneri, anche sotto forma di minori entrate a carico degli enti del settore pubblico allargato devono contenere la previsione dell'onere stesso nonché indicazione della copertura finanziaria riferita ai relativi bilanci annuali e pluriennali) nonché per l'art. 11 ter della stessa legge, per il quale la relazione tecnica in caso di disposizioni legislative recanti oneri a carico di enti appartenenti al settore pubblico allargato deve riportare la valutazione espressa dagli enti interessati. Sottolinea come sia le compartecipazioni che i tributi compartecipati possono subire variazioni nel tempo, ma, mentre modificare le compartecipazioni coincide con modificare l'assetto del coordinamento del sistema tributario, le modifiche dei tributi compartecipati si configurano come alterazioni del contesto.

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Capitolo III

LE ULTERIORI PROBLEMATICITA' DINAMICA. PROCEDURE. REGIONI SPECIALI

1. I profili dinamici del coordinamento della finanza pubblica In merito alla realizzazione del coordinamento della finanza pubblica non vi è sufficiente consapevolezza sull'evidenziarsi della necessaria sussistenza di due diverse tipologie di interventi: una rappresentata da normativa quadro e l'altra da periodici interventi congiunturali. Tale peculiarità della materia si ricollega alla natura dell'attività finanziaria (caratterizzata da unità, universalità e periodicità di indirizzo) e trova riscontro nell'art. 81 Cost. e nella disciplina che distingue le norme ordinamentali da quelle finanziarie in ordine al contenuto della legge finanziaria. Appare al riguardo significativo il collegamento operato dalla ACOFF tra l'utilizzo del termine “coordinamento” nel definire la materia in ordine al sistema tributario ed alla finanza pubblica e quello che ne viene fatto in Costituzione, dove lo stesso termine compare negli artt. 41, ultimo comma, e 95, primo comma. Il quadro costituzionale conduce a prefigurare esigenze di coordinamento dinamico in ordine a profili dell'assetto finanziario e delle politiche di bilancio delle autonomie che richiedono interventi annuali o periodici. Con riguardo all'assetto finanziario, è stato infatti evidenziato come nessun sistema di rapporti finanziari tra diversi livelli di governo può essere considerato definitivo214, essendo chiaro, ad esempio, che i fabbisogni di spesa possono mutare nel tempo; che è difficile attribuire ad una quota di tributo erariale un effetto permanente. Presenta215 quindi profili dinamici il sistema di

214 Si legge in BASILAVECCHIA, L. DEL FEDERICO, F: OSCULATI, Il finanziamento delle Regioni a statuto ordinario mediante tributi propri e compartecipazioni: basi teoriche ed evidenza empirica nella difficile attuazione dell'art. 119 della Costituzione, cit., 669, che le aree di spesa sulle quali si concentrano le Regioni sono sanità, istruzione, assistenza e affari economici, che mostrano una dinamica più accentuata rispetto ai comparti di spesa statale (sulla quale peraltro pesa il servizio del debito pubblico). Senza la legge sui principi si perpetua il pernicioso fenomeno del diritto finanziario annuale e si renderebbe necessaria la difficile supplenza interpretativa, mentre con il coordinamento del sistema tributario sarà facilitata la gestione della finanza pubblica anche in relazione al delicato compito della perequazione. 215 Chiarisce A. BRANCASI, L’autonomia finanziaria delle regioni e l’attuazione dell’art. 119 della Costituzione, in Atti del Convegno Titolo V, devolution, Regione Umbria, Perugia, 5 maggio 2006, che la perequazione dei bisogni non utilizza lo strumento del fondo perequativo ma passa attraverso l’operazione di determinazione del costo delle funzioni e ciò in quanto la norma costituzionale pone tale grandezza a parametro della sufficienza delle risorse messe a disposizione di ciascun ente. L’apposito fondo serve invece a perequare la capacità contributiva. Ma anche che il discorso sul percorso da seguire nella costruzione del sistema non è sufficiente perchè definisce un sistema statico, mentre occorre fare i conti con la evoluzione della realtà e la necessità di adeguare sia la quantificazione del costo delle funzioni sia le singole componenti della finanza territoriale. ID., Adeguatezza delle risorse finanziarie ai compiti degli enti locali, in L. CHIEFFI, G. CLEMENTE DI SAN LUCA (a cura di), Regioni ed enti locali dopo la riforma del titolo V della Costituzione, Giappichelli, Torino, 2003, 359, rileva la caratteristica delle varie tipologie di entrate di adeguarsi alla crescita economica in quanto collegate al gettito fiscale, ma gli elementi di dinamismo del sistema non sono sufficienti perchè le grandezze sulle quali operano sono costruite una volta per tutte avendo presente il contesto esistente nel momento in cui il sistema viene attuato e cioè per un certo fabbisogno di spesa di ciascun ente, una certa capacità fiscale della sua collettività, una certa determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, ecc. Il fatto è che è proprio questo contesto a poter subire nel tempo trasformazioni per cui gli elementi di dinamismo rischiano di operare su dati consolidati in partenza non più attuali. Per la tenuta di questo nuovo assetto è quindi necessario

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finanziamento/perequazione delle autonomie, cosicchè “qualsiasi soluzione si darà al problema della scelta tra assetti orizzontali o verticali va comunque sottolineato che la componente di perequazione sui fabbisogni standard dovrà essere periodicamente sottoposta ad aggiustamenti e correzioni nei suoi parametri quantitativi fondamentali”216, provvedendosi a verificare la effettività della clausola di autosufficienza217. Inoltre può determinarsi una politica tributaria nazionale fissando tetti alla pressione fiscale complessiva. Esigenze di coordinamento dinamico si rilevano particolarmente con riferimento al patto di stabilità interno, nell'articolazione territoriale della manovra di finanza pubblica, ed agli aspetti “residuali” del coordinamento della finanza pubblica. Dal riscontro della esigenza di distinguere la natura degli interventi legislativi di coordinamento della finanza pubblica nascono due ordini di problemi. Innanzitutto per un adeguato esplicarsi degli interventi dinamici218 è indispensabile che vi sia la definizione preventiva di un organico quadro di base, ciascuna delle due tipologie dovendo svolgere il proprio ruolo, mentre gravi conseguenze comportano incisivi interventi congiunturali privi di base organica, in quanto l'autonomia si basa su meccanismi di garanzia e responsabilità che dovrebbero precedere qualsiasi forma di cooperazione o di contrattazione219

Vi è poi la necessità di individuare e realizzare adeguati metodi procedurali rispettivamente per entrambe le categorie di interventi. Il sistema costituzionale rinnovato non differenzia in alcun modo gli atti che delineano il nuovo assetto finanziario da quelli preposti ad adottare le decisioni congiunturali di finanza pubblica restando questo un campo interamente in attesa di sviluppi, Per la realizzazione della cornice del coordinamento, si rafforza l'esigenza di riforma anche del

pensare ulteriori regole di dinamismo. ID., Due scrutini sul funzionamento dinamico del federalismo fiscale: autonomia finanziaria ed obbligo di copertura degli oneri posti a carico di altri enti del settore pubblico, in Giurisprudenza costituzionale, 2006, 1425, osserva che l'evoluzione del sistema finanziario nel tempo consegue a trasformazioni che possono riguardare, oltre che le varie componenti del sistema, i fattori suscettibili di influenzare le grandezze generali di tali componenti (trasformazioni di contesto che incrementano o riducono il gettito delle entrate o le esigenze di spesa). M. BERTOLISSI, Intervento, in G. BERTI, G. C. DE MARTIN, (a cura di), Il sistema amministrativo dopo la riforma del titolo V della Costituzione, Luiss Edizioni, Roma, 2002, 171, ritiene evidente che la determinazione dei livelli, visto che riguarda prestazioni, si sostanzia nella quantificazione delle risorse che nell’anno vanno destinate a un ben preciso livello che è quello sostenibile, nel quadro delle esigenze complessive storicamente date, del paese. Ovvio allora che ciò debba avvenire in primo luogo in sede di predisposizione del documento di programmazione economico finanziaria, quindi nell’ambito della manovra di bilancio. 216 Per V. ZANARDI, Competenze regionali e regole di finanziamento: qualche riflessione sul federalismo fiscale in Italia. Un commento, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 2006, 1, 146, la proposta Giarda sembra lasciare in ombra le questioni concernenti i profili dinamici del sistema di finanziamento/perequazione delle Regioni. Ai fini di apportare i necessari aggiustamenti si può prevedere che con periodicità prestabilite vengano rideterminati per ciascuna Regione i fabbisogni standard sulle spese concernenti i diritti civili e sociali per tenere conto dell’evoluzione temporale degli elementi strutturali che incidono su queste spese e degli equilibri generali di finanza pubblica, insieme con gli altri elementi che entrano nel sistema perequativo. 217 Ciò che può essere fatto soltanto mantenendo fermo e riproponendo l’originario rapporto tra le risorse che ciascun ente è in grado di procurarsi, oppure ridefinendo questo rapporto ma a condizione di rinnovare il procedimento logico previsto al comma 4, secondo A. BRANCASI, L’autonomia finanziaria degli enti territoriali: note esegetiche sul nuovo art. 119 Cost., cit. 218 Osserva A. MUSUMECI, Autonomia finanziaria, livelli di governo e finanziamento delle funzioni, cit. che ad oggi nella pratica il coordinamento è esercitato dallo Stato con la legge finanziaria (ad esempio, con l'art. 29 della legge finanziaria per il 2003 che definisce le norme come principi ). Ma in dottrina c’è chi (De Mita) ha ritenuto che l’intera legge finanziaria possa implicitamente definirsi legge di coordinamento del sistema tributario statale e regionale per continuare ad assicurare l’unità economica del paese almeno fino a quando non si procederà a dare attuazione alla riforma costituzionale. 219 In questi termini A. BRANCASI, Adeguatezza delle risorse finanziarie ai compiti degli enti locali, cit.,359, che osserva anche che il nuovo assetto della finanza locale è in realtà assorbito in quello più generale del nuovo assetto della finanza pubblica e della finanza complessiva delle autonomie territoriali. Non si può parlare del primo senza trattare del secondo.

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titolo I, che introduca una vera Camera delle autonomie “concepita non soltanto come sede di composizione degli interessi dei vari livelli di governo ma anche come mezzo per differenziare i procedimenti legislativi e diversificare la forza dei relativi atti in modo da evitare che il medesimo tipo di atto sia preposto a specificare il modello di finanza pubblica delineato dalla Costituzione a stabilire le regole per adeguarlo al cambiamento della realtà, ad attuare tali regole ed a prendere le decisioni congiunturali di finanza pubblica”220. La revisione congiunturale dei parametri del sistema perequativo e degli altri elementi della finanza territoriale dovrebbe emergere come risultato di procedure decisionali concertate tra Governo nazionale e autonomie, anche attraverso il sostegno di appropriati organi tecnici di valutazione, “è appunto ad ipotesi del genere che dovrebbe restare circoscritto l'ambito della politica e degli accordi istituzionali “221. Nell'ottica di una piena partecipazione dei Governi locali, si può ritenere che siano le Conferenze che “vanno trasformate e inserite a pieno titolo nel processo di formazione della politica di bilancio”222. Si inserisce qui il rilevante problema del rapporto tra il coordinamento della finanza pubblica ed il processo di bilancio, aggravato dal rischio che la manovra di bilancio possa perdere la sua unitarietà223. Nell'esperienza di questi anni le criticità relative agli interventi dinamici di coordinamento della finanza pubblica connesse all'assenza di una disciplina organica dei rapporti finanziari e di adeguati metodi procedurali si inquadrano tra le problematicità sostanziali e procedurali che caratterizzano l’utilizzo della legge finanziaria224, arricchendole di nuove tematiche, cosicchè più in generale “occorre porsi l’obiettivo di superare il quadro storico della legislazione contabile, vale a dire della 220 A. BRANCASI, L’autonomia finanziaria delle regioni e l’attuazione dell’art. 119 della Costituzione, cit., che aggiunge che “in altri termini è proprio la considerazione della questione in chiave dinamica ad evidenziare la necessità di un più ricco apparato di strumenti di regolazione che consenta di disciplinare in maniera giuridicamente vincolante anche il cambiamento e che riesca così ad infondere dinamismo all’intero sistema“. 221 A. BRANCASI, Adeguatezza delle risorse finanziarie ai compiti degli enti locali, cit. 222 G. PISAURO, I problemi di disciplina fiscale e la rappresentanza delle autonomie, cit., 201, che sottolinea come diverso è il caso di norme che fissino i principi generali della perequazione o disegnino le relazioni finanziarie tra livelli di governo da quello della traduzione di queste norme tra i provvedimenti costitutivi della manovra annuale di finanza pubblica. Ritiene che un'edizione annuale del patto di stabilità interno non dovrebbe essere frutto di decisione unilaterale e che la sede non debba essere il Senato, in quanto il ruolo deve essere svolto da un organo di rappresentanza del potere esecutivo locale. Si ritiene in F. BASSANINI, G. MACCIOTTA, L’attuazione del federalismo fiscale, cit., che prevedere la partecipazione in ordine al solo processo normativo non è sufficiente, in quanto la materia finanziaria richiede un continuo coinvolgimento delle amministrazioni finanziarie interessate. Lo testimonia lo sviluppo di forme di “federalismo dell’esecutivo” e cioè la creazione di organi in cui si svolge la negoziazione per la distribuzione delle risorse, la determinazione dei livelli, il finanziamento nel complesso. All’azione di questi è demandata la realizzazione del coordinamento circolare capace di condurre periodicamente ad una concertazione paritaria (Germania, Spagna). Si propone il rafforzamento della Conferenza unificata con la creazione di un organo – sorta di ecofin dei poteri locali – capace di costituire sede permanente di negoziato multilaterale tra le diverse parti, così da favorire il coordinamento tra l’attività finanziaria delle amministrazioni territoriali e lo Stato. in una materia quale quella finanziaria, caratterizzata da un elevato grado di conflittualità. La proposta privilegia, inoltre un modello di governance che preveda modalità di risoluzione delle controversie attraverso procedure di composizione tra gli enti territoriali. 223 G. PISAURO, I problemi di disciplina fiscale e la rappresentanza delle autonomie, cit., riguardo alla prima frmulazione della disciplina del “Senato federale”, osserva come la manovra verrebbe distinta in più spezzoni con diversa procedura perchè il bilancio compete alla Camera mentre i livelli essenziali e la perequazione al procedimento collettivo. Richiama altresì esperienze estere nelle quali in generale in materia finanziaria è prevista unitarietà e una netta preminenza decisionale della camera bassa che ha più stretto rapporto con il Governo. Alla obiezione che attribuire alla Camera la preminenza sulla perequazione e sulle materie dell'art. 119 svuoterebbe la ragion d'essere del Senato risponde che occorre distinguere tra i principi generali di queste materie e la loro applicazione annuale. 224 K. NIKIFARAVA, L'autonomia finanziaria regionale e locale tra effettività ed esigenze di coordinamento, in Le istituzioni del federalismo, 2006, 5, 751, critica la collocazione del coordinamento nella legge finanziaria, che è legge di marcata iniziativa governativa, eludendosi la ratio sostanziale della riserva di legge. Sul tema, L. VANDELLI, Psicopatologia delle riforme quotidiane, il Mulino, Bologna, 2006, 51.

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legge n. 468 del 1978 e delle sue successive modificazioni, posto che essa si riferisce quasi esclusivamente al bilancio dello Stato, per impostare una legge quadro interamente nuova per la finanza pubblica”225. Quanto ai problemi di carattere sostanziale, tra i quali, l’ipertrofia e l’intrusione di normative a carattere strutturale (“ordinamentale”), le discipline di coordinamento fin qui apprestate si devono ritenere o estranee (indebitamento, controlli226) o carenti di un quadro organico di base (patto di stabilità interno), con l’aggravio della pessima tecnica legislativa, tanto che si può arrivare a dubitare che simili interventi possano riconoscersi come legittimo esercizio di una potestà legislativa funzionalizzata al coordinamento, considerata anche la necessità di interpretare restrittivamente l’ambito di una materia/funzione. Quanto poi alle gravi carenze di correttezza procedurale rilevate227 a fronte di esigenze costituzionali di solennità, esse si ripropongono anche sul piano dei rapporti finanziari Stato/autonomie. La riflessione sull’indirizzo politico finanziario in un sistema multilivello infatti conduce a collocare in un’ottica228 eminentemente procedurale la ricerca di una riqualificazione complessiva delle diverse linee di responsabilità.

225 Nel Documento conclusivo dell’Indagine conoscitiva più avanti richiamata si rileva come “la mancata definizione, in termini soddisfacienti, del tema del federalismo fiscale costituisce un fattore di precarietà e di tensione che si scarica immancabilmente sull’iter parlamentare del disegno di legge finanziaria, La mancanza di un quadro normativo consolidato e tendenzialmente stabile si traduce nel fatto che viene demandato alla legge finanziaria il compito di tradurre concretamente, in termini normativamente efficaci e penetranti, i vincoli derivanti dalla partecipazione all’UEM” e “più in generale, l’indisponibilità di una legge organica e stabile per il federalismo fiscale e per il coordinamento della finanza pubblica in conformità all’art. 119 della Costituzione impedisce un’adeguata ridistribuzione delle responsabilità con conseguente concentrazione sulla legge finanziaria di un eccesso di carichi normativi anche in ordine a competenze regionali e locali”. Tra le conclusioni si ribadisce “l’assoluta necessità di ridimensionare l’eccessiva ampiezza e varietà del contenuto della legge finanziaria”. 226 Proprio per la natura di principi a carattere strutturale la Corte dei conti, Audizione informale nell’ambito dell’esame dello schema di decreto legislativo recante ricognizione dei principi fondamentali in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici – Atto Camera, n. 589, ha rilevato che avrebbe potuto ravvisarsi, in occasione dell’emanazione del decreto legislativo n. 170 del 2006, l’opportunità di elevare a principi sia l’assoggettamento degli enti al controllo esterno della Corte dei conti che la necessità di un organo interno di revisione contabile. 227 Particolarmente sull’esperienza degli ultimi anni, con il frequente rilievo dell’aggiramento del principio istruttorio di cui agli artt. 72 e 81 Cost., Atti del Convegno tenutosi a Roma il 6 luglio 2007 sul tema 1997-2007, Attualità della legge finanziaria, M. DEGNI, La decisione di bilancio nel sistema maggioritario, Ediesse, Milano, 2004; L. CUOCOLO, I “maxiemendamenti” tra opportunità e legittimità costituzionale, in Giurisprudenza costituzionale, 2004, 5, 4753; V. LIPPOLIS, Le procedure parlamentari di esame dei documenti di bilancio, in T. MARTINES et al., Diritto parlamentare, Milano, 2005; G. DI GASPARE, N. LUPO, Le procedure finanziarie in un sistema istituzionale multilivello, Giuffrè, Milano, 2005, e, ivi, N. LUPO, I mutamenti delle procedure finanziarie in una forma di governo maggioritaria, 103; E. GRIGLIO, I maxiemendamenti del governo in parlamento, in Quaderni costituzionali, 2005, 4, 907; P. GAMBALE, D. PERROTTA, I profili problematici delle procedure di bilancio nella recente evoluzione in Italia: il crescente rafforzamento del ruolo dell’esecutivo e la possibile definizione di “controlimiti” parlamentari in Rassegna parlamentare, 2005, 2, 477; V. RUSSO, Sul calendario della legge finanziaria e sul quorum necessario per approvarla, in Rivista dei tributi locali, 2005, 5, 491; M. CAPUTO, L’esame parlamentare dei disegni di legge finanziaria nella XIV legislatura e le prospettive di riforma in Rassegna parlamentare, 2006, 2, 499; B. G. MATTARELLA, Riflessioni sulla legittimità costituzionale delle ultime leggi finanziarie, in Quaderni costituzionali, 2006, 4, 783; G. LO CONTE, Quando è il legislatore a violare la Costituzione, in Giornale di diritto amministrativo, 2007, 4, 428; N. LUPO, Costituzione e bilancio (l’art. 81 della Costituzione tra interpretazione, attuazione e aggiramento, LUISS University Press, Roma, 2007. 228 Tale è quella che esprime G. RIVOSECCHI, Indirizzo politico finanziario tra Costituzione italiana e vincoli europei, cit. Nella Relazione illustrativa del disegno di legge delega per l’attuazione dell’art. 119 Cost. si evidenzia come “sono da considerare i riflessi del nuovo assetto sulle procedure di formazione del bilancio pubblico visto nel suo insieme…La riforma afferma i principi generali di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario diretti a realizzare il coinvolgimento e la condivisione di tutti i livelli di governo nella definizione degli obiettivi programmatici”.

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2. Gli aspetti procedimentali della legislazione di coordinamento I profili procedurali della legislazione di coordinamento della finanza pubblica risultano coinvolti nelle specifiche indicazioni procedimentali229 e nelle esigenze di collaborazione che si profilano con la riforma del titolo V, ma sedi e strumenti di raccordo rappresentano gli aspetti in ordine ai quali vengono rilevate le maggiori carenze tanto nello stesso testo di riforma (che si autoproclama incompleto rimandando a revisione del procedimento legislativo) quanto negli sviluppi attuativi delle scarne previsioni, quanto infine nella giurisprudenza costituzionale. Si tratta di profili particolarmente rilevanti, apparendo la “dislocazione delle fonti in processi produttivi complessi come una delle nuove frontiere della normazione”230. Fondamentali anche nell'ambito della finanza pubblica231, come risalta in primo luogo dai lavori e dalla Relazione conclusiva dell'Alta Commissione per il federalismo fiscale.

229 Sull'esigenza di costruire un nuovo sistema di procedimenti legislativi coerente con la forma di Stato, A. RUGGERI, Riforma del titolo V, procedimento legislativo regionale e teoria delle fonti, in Rassegna parlamentare, 2004, 1, 134, per il quale una concezione meramente formale-astratta del procedimento e dell'intero sistema delle fonti porta ad una innaturale divaricazione tra forma di governo e forma di stato. Il procedimento legislativo manifesta un bisogno di rinnovamento di cui ad oggi non si ha piena consapevolezza. Si danno sedi e attività istituzionali in cui il perno del processo decisionale è decisamente anticipato rispetto al momento in cui si ha la formale assunzione della decisione. Da qui l'esigenza di una forte integrazione interna ai processi di produzione giuridica una prima volta a livello dei rapporti tra Assemblee e Governi e una seconda tra Assemblee e Governi da una parte e enti diversi dall'altra. In definitiva occorre tornare a guardare alle esperienze di normazione non solo nel chiuso della forma di governo bensì nel loro dispiegarsi in seno all'intera forma ordinamentale. Inoltre si impone la pubblicizzazione dell'intero arco della vicenda procedimentale. Si spiega in questa luce tanto la partecipazione delle Regioni e delle autonomie in genere alla formazione delle leggi statali (quanto meno di alcune) attraverso la Commissione integrata ai sensi dell'art. 11 della legge di riforma quanto la partecipazione degli enti locali alla formazione delle leggi in ambito regionale attraverso il Consiglio delle autonomie locali. A. PIZZORUSSO, Sistema delle fonti e forma di stato e di governo, in Quaderni costituzionali, 1986, 217; S. GALEOTTI, Contributo alla teoria del procedimento legislativo, Milano, 1957. 230 A. RUGGERI, La ricomposizione delle fonti in sistema nella Repubblica delle autonomie e le nuove frontiere della normazione, in Le Regioni, 2002, 4, 699. 231 Si sottolinea in F. BASSANINI, G. MACCIOTTA, L’attuazione del federalismo fiscale, il Mulino, Bologna, 2005, come il principio di leale collaborazione, caratterizzante gli ordinamenti federali o regionali, vede nella materia della finanza pubblica terreno di elezione. A. MUSUMECI, Autonomia finanziaria, livelli di governo e finanziamento delle funzioni, in E. BETTINELLI, F. RIGANO (a cura di), La riforma del titolo V della Costituzione e la giurisprudenza costituzionale, Giappichelli, Torino, 2004, 75, rileva il danno che il sistema complessivo riceve dalla mancanza di adeguati strumenti di raccordo in particolare tra Stato e Regioni, e come tale deficit è particolarmente deleterio per questa materia, dove è dimostrato dalla pratica attuazione del patto di stabilità interno quanto valore abbia l’esistenza di un luogo di coordinamento dove poter avviare la negoziazione politica tra i diversi interessi dei soggetti istituzionali che concorrono alla realizzazione degli obiettivi. Ricorda inoltre come per la Corte costituzionale il principio di leale collaborazione che domina le relazioni di governo esige che “là dove si verifichino interferenze fra le rispettive sfere e i rispettivi ambiti finanziari” si pongano in essere procedimenti non unilaterali. G. PISAURO, I problemi di disciplina fiscale e la rappresentanza delle autonomie, in A. ZANARDI (a cura di), Per lo sviluppo. Un federalismo fiscale responsabile e solidale, il Mulino, Bologna, 2006, 201, evidenzia che l'attuale modello di relazioni finanziarie oscilla tra ipotesi velleitarie di separazione completa delle finanze di Stato e autonomie e interventi autoritari dello Stato nelle leggi finanziarie. E' necessario invece costruire un modello cooperativo di federalismo in cui obiettivi e regole siano condivisi ma in cui sia costoso per chi lo riceve un eventuale sostegno finanziario del Governo centrale a ripiano del debito. La questione è il processo di formazione del bilancio pubblico. Secondo le esperienze internazionali più avanzate questo deve seguire una procedura di tipo top down in cui la decisione sul totale della spesa pubblica precede le scelte allocative sia fra Ministri che fra Governi. Sull'irrinunciabilità di elementi federalistici quali la partecipazione delle Regioni al procedimento legislativo e a quello di revisione costituzionale, ad esempio, S. MANGIAMELI, Riflessioni sul principio cooperativo prima della riforma delle Conferenze, in Le istituzioni del federalismo, 2007, 1, 103. R. BIFULCO, Il modello italiano delle Conferenze Stato-autonomie territoriali in Italia (anche) alla luce delle esperienze federali, in Le Regioni, 2006, 2-3, 233, rileva che negli Stati federali la cooperazione ha risolto i problemi di crisi del federalismo duale senza giungere alla centralizzazione mentre in Italia ha realizzato il percorso inverso. E come la finalità del modello cooperativo consista dovunque nell'adempimento adeguato di compiti che non possono svolgere le singole entità e nel raggiungimento di condizioni di vita uniformi.

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Viene in rilievo innanzitutto la legge costituzionale n. 3 del 2001, nella quale sono soltanto prospettate modifiche volte alla realizzazione un procedimento legislativo partecipato ed è proposta una soluzione concertativa provvisoria, la cosiddetta bicameralina che, pur vagamente delineata, sarebbe destinata ad operare effetti di rilievo nelle materie concorrenti e finanziarie (ad entrambe le categorie appartenendo il coordinamento finanziario), essendole attribuito un potere particolarmente forte: determinare in caso di parere contrario la necessità di una nuova deliberazione parlamentare a maggioranza assoluta. Inoltre, ancor più vagamente, si pongono le premesse di una garanzia costituzionale (che controbilancia i poteri di governo e coordinamento affidati agli organi della Regione232) che può assicurare agli enti locali una partecipazione ai processi decisionali della Regione, mediante la creazione dei Consigli delle autonomie locali. Si rilevano infine, frammentariamente delineate233, e sviluppate nell'opera interpretativa della Corte costituzionale, ulteriori esigenze procedimentali di carattere consensuale (leale collaborazione). Tale meccanismo è coinvolto nella introduzione di elementi di flessibilità nell'ambito del riparto di competenze inducendo ad interrogarsi su quale sia la portata dell'affermazione dei diversi principi, portata alla quale viene legata la visione di un modello di regionalismo alternativamente234 cooperativo o duale235. Nell'ottica cooperativa si realizza la estensibilità236 del principio di collaborazione fino a vederlo, nell'accostamento con quello della sussidiarietà237, come un'esigenza di sistema238. Per la Corte costituzionale239, del resto, il

232 A. MORRONE, Il regime dei trasferimenti finanziari statali. La regione come ente di governo e di coordinamento finanziario, in le Regioni, 2004, 652. 233 Nota L. TORCHIA, Cooperazione e concertazione tra livelli di governo nel Titolo V, parte II, della Costituzione, il Mulino, Bologna, 2003, che il titolo contiene “tracce” di istituti di cooperazione, mancando “appositi meccanismi” dedicati alla cooperazione e alla collaborazione fra livelli di governo. 234 Nel primo senso, ad esempio, A. GRATTERI, La faticosa emersione del principio costituzionale di leale collaborazione, versione provvisoria, rileva che il principio di leale collaborazione è connaturato alla struttura stessa del regionalismo cooperativo, ma vi è mancata concordia sul carattere di fondo del sistema riformato, nel quale del resto non sono mutate le disposizioni che prevedono la partecipazione delle Regioni alle funzioni dello Stato e si aggiungono altri elementi come la sussidiarietà e forme di intesa e di coordinamento (compreso quello della finanza pubblica). Ritiene risolutiva, oltre agli accresciuti spunti di federalismo cooperativo, la permanente funzione dell'art. 5. Per A. PIRAINO, La costituzionalizzazione (diretta e indiretta) del sistema delle Conferenze (art. 118.3), in federalismi.it, 2006, la federalizzazione come processo di riforma dell'ordinamento consiste essenzialmente nel meccanismo di unificazione che non può più essere accentrato ma deve consistere in nuove modalità rispettose dell'autonomia e della paritarietà, rendendosi necessaria la partecipazione anche locale negli organi di raccordo 235 Vengono recuperati per via interpretativa quegli elementi di cooperazione che non hanno trovato formale riconoscimento nel titolo V, criticato per aver caratterizzato in senso duale i rapporti tra Stato e Regioni da A. ANZON, Un passo indietro verso il regionalismo duale, in A D'ATENA, P. GROSSI (a cura di), Diritto, diritti e autonomie tra Unione europea e riforme costituzionali, cit. 236 Ciò che talora si esclude.:A. ANZON, I poteri delle Regioni dopo la riforma costituzionale, Giappichelli, Torino, 2002, ritiene il principio non di portata generale. Per F. MERLONI, La leale collaborazione nella Repubblica delle autonomie, in Diritto pubblico, 2002, 865, il riferimento di cui all'art. 120 Cost. Agisce solo nella direzione del dovere delle Regioni di collaborare con lo Stato. 237 F. PIZZETTI, I nuovi elementi unificanti del sistema costituzionale italiano, in Le istituzioni del federalismo, 2002, 250. Su sussidiarietà e interesse nazionale e il concentrarsi sul procedimento delle verifiche della Corte costituzionale, R. BIN, L'interesse nazionale, cit., per il quale il riparto legislativo trova flessibilità nella sussidiarietà e nella leale collaborazione. S. MANGIAMELI, Riflessioni sul principio cooperativo prima della riforma delle Conferenze, cit., 103, preso atto che per valutare l'applicazione dei principi di sussidiarietà e adeguatezza è elemento essenziale la previsione di un'intesa tra Stato e Regioni, e che la Corte ha inserito meccanismi concertativi anche nel caso delle materie compenetrate e trasversali, trova problematico che le intese siano condizionanti in riferimento a materie che sono finalizzate a perseguire interessi unitari. 238 P. VERONESI, I principi in materia di raccordo Stato-Regioni dopo la riforma del Titolo V, in Le Regioni, 2003, 6, 1007, sottolinea come, in un pluralismo a parità circoscritta, l'art. 5 impone di adeguare i principi ed i metodi della legislazione ai principi e alle esigenze delle autonomie. Il principio di leale cooperazione, ricondotto (R. BIN, Il principio di leale cooperazione nei rapporti tra poteri) alla teoria della separazione dei poteri non può mancare in un sistema di riparto di competenze. Per A. PIRAINO, Strumenti di coordinamento e sedi di raccordo nella prospettiva

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principio di leale collaborazione “deve in ogni caso permeare di sé i rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie”. Si osserva che l'esigenza di collaborazione si determina in particolare allorchè istanze240 e risposte unitarie risultano tipizzate anziché con prescrizione materiale (come il riparto di competenze) con la indicazione di un criterio. E' in questi casi che la formazione della risposta è procedimentalizzata, ovvero “la tipizzazione e la procedimentalizzazione della decisione sull’istanza unitaria tendono a costruirla non come istanza politica ma, in quanto procedimentalizzata, come giuridica o giuridicizzata”241. Il fondamento del principio della leale collaborazione, che presenta carattere eminentemente processuale, può essere individuato nell'art. 97242, nell’art. 5243, in particolare nella previsione che la Repubblica adegua principi e metodi della legislazione alle esigenze delle autonomie, e risulta valorizzato dall'art. 114244. Né è da trascurare, specialmente ai nostri fini, il riferimento all'art. 119245. La Corte costituzionale246 se ne è avvalsa dagli anni 80 per definire i rapporti tra lo Stato e le Regioni ogniqualvolta vi sia un’interferenza e un’interconnessione delle attribuzioni costituzionali spettanti ai diversi livelli di governo, tale da richiedere un confronto tra i soggetti interessati. Il principio trova ora un esplicito riconoscimento (nell'art. 120, comma 2, per l'esercizio dei poteri sostitutivi; nell'art.116 per il regionalismo differenziato; nell'art. 117, commi 5 e 8 per la partecipazione ai processi decisionali comunitari e per la possibilità di stipulare intese con enti di altro Stato; nell'art. 118, comma 3 su immigrazione, ordine pubblico, beni culturali). Ma, anche dove manca un richiamo testuale, l’esigenza di rafforzare il ricorso a moduli consensuali si evince dal sistema247 e infatti altre esigenze di collaborazione vengono individuate

federale, in Nuove autonomie, 2005, 6, 929, il processo di federalizzazione non è una pura e semplice devoluzione di poteri ma una nuova modalità di unificazione dell'ordinamento non più fondata sul principio statale di sovranità ma su quello repubblicano di sussidiarietà. 239 Sentenze nn. 50 e 234 del 2005; 24 e 201 del 2007 e 50 del 2008 240 Sui tratti di primazia statale nel sistema, A. ANZON, Un passo indietro verso il regionalismo “duale”, in Il nuovo Titolo V della Parte II della Costituzione. Primi problemi della sua attuazione, Giuffrè, Milano, 2002, 225; C. PINELLI, I limiti generali alla potestà legislativa statale e regionale e i rapporti con l'ordinamento internazionale e con l'ordinamento comunitario, in R. ROMBOLI (a cura di), Le modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione; M. LUCIANI, Le nuove competenze legislative delle Regioni a statuto ordinario. Prime osservazioni sui principali nodi problematici della l. cost. n. 3 del 2001, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2002, suppl. fasc. 1, 7; G. CAIA, Il problema del limite dell'interesse nazionale nel nuovo ordinamento, in federalismi.it; G. FALCON, Modello e transizione nel nuovo Titolo V della parte seconda della Costituzione, in Le Regioni, 2001, 6, 1247; B. CARAVITA, La Costituzione dopo la riforma, Giappichelli, Torino, 2002. 241 A. PAJNO, Gli “elementi unificanti” nel nuovo titolo V della Costituzione, in L’attuazione del titolo V della Costituzione, Giuffrè, Milano, 2005, che si chiede qual'è la nozione del motore dell’attività di unificazione quali i caratteri sostanziali, formali, procedimentali, e rileva come occorre risolvere anticipatamente il problema con strumenti di flessibilizzazione che consentano in certe circostanze una risposta unitaria. T. GROPPI, Il Titolo V cinque anni dopo, ovvero la Costituzione di carta, in Le Regioni, 2007, 3-4, 421, sottolinea come gli interventi statali in nome del principio unitario sono legittimi in quanto rispettano il principio di leale collaborazione. La Corte infatti ritiene costituzionalmente necessaria la leale collaborazione nelle ipotesi di “chiamata in sussidiarietà”, di “concorrenza di competenze” e qualora la legge statale disponga interventi finanziari dello Stato in materie regionali.. 242 C. PINELLI, Art. 97, in Commentario della Costituzione. Si tratta del riferimento inizialmente individuato dalla Corte costituzionale. 243 G. BERTI, Art. 5, in Commentario della Costituzione. Corte costituzionale, sentenza n. 242 del 1997. 244 R. BIN, La “leale collaborazione” tra prassi e riforme, Editoriale, in Le Regioni, 2007, 3-4, che evidenzia il sempre maggior coinvolgimento delle Conferenze e l'importante evoluzione delle modalità del loro funzionamento, ma anche come di tutte queste trasformazioni operative e organizzative non vi è traccia nella disciplina normativa. 245 S. BARTOLE, Supremazia e collaborazione nei rapporti tra Stato e Regioni, 142, 246 F. RIMOLI, Il principio di cooperazione tra Stato e Regioni nella giurisprudenza della Corte costituzionale, 247 Corte costituzionale, sentenze nn. 35 del 1972; 408 e 470 del 1988; 19 e 242 del 1997; 88 del 2003; 162 e 242 del 2005. La Corte agisce con sentenze additive che inseriscono l'intesa in sede di Conferenza. F. CONCARO, Leale collaborazione e intese fra Stato e regioni: alcune riflessioni alla luce della recente giurisprudenza

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dalla Corte, che lega l'indeterminatezza del parametro al principio di leale collaborazione, cosicchè “ciò che rende centrale il principio di leale collaborazione è il compromesso tra il non potersi sostituire al legislatore e la necessità di attuare il disegno costituzionale”248. Le applicazioni concernono gli intrecci di materie, la sussidiarietà, la determinazione in via amministrativa dei livelli essenziali delle prestazioni249, intendendosi tale procedura come costituzionalmente dovuta, anche per l'assenza della dovuta trasformazione delle istituzioni parlamentari e dell'attuazione dell'art. 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001. Non mancano problemi e rilievi, innanzitutto in riferimento al problematico rapporto250 che si viene ad instaurare tra il principio della competenza e quello della leale collaborazione. Si ritiene che251, seppure la collaborazione serve a dirimere situazioni controverse, tuttavia con una eccessiva

costituzionale, in N. ZANON, A. CONCARO (a cura di), L’incerto federalismo, Giuffrè, Milano, 2005. A. MUSUMECI, Autonomia finanziaria, livelli di governo e finanziamento delle funzioni, cit., 75, ricorda che quando si prevedono intese il termine può assumere significati diversi. Si distingue tra intesa in senso forte o in senso debole, la prima rappresentando un coordinamento paritario, nel quale il mancato raggiungimento dell'accordo rappresenta un ostacolo insuperabile; mentre in quella debole la decisione può essere comunque assunta da una sola delle parti purchè venga supportata da una congrua motivazione. Che con la concezione procedimentale della sussidiarietà l’intesa, che deve essere oggetto di specifica previsione legislativa, diventa condizione indispensabile. Per A. D’ATENA, Giustizia costituzionale e autonomie regionali. In tema di applicazione del nuovo titolo V, in www.issirfa.cnr.it , la Corte opera soprattutto un bilanciamento di valori tra quelli di cui la Costituzione è intrisa, consentendo efficacia immediata alla nuova disciplina. Tensione fondamentale si esprime tra le ragioni dell’unità e quelle dell’autonomia. La Corte non fa riferimento a profili contenutistici, ma al procedimento che deve essere cooperativo. In caso di intrecci di materie e competenze diverse, non prevedendo la Costituzione espressamente un criterio di composizione delle interferenze, si rende necessario il ricorso alla leale collaborazione che impone alla legge statale di predisporre adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni. 248 Così V. ONIDA, Il giudice costituzionale e i conflitti tra legislatori locali e centrali, in Le regioni, 2007, 1, 11. Per E. CATELANI, Alcune osservazioni sugli aspetti organizzativi del Parlamento e del Governo nell'attuazione del titolo V: la conferenza Stato-regioni e la commissione parlamentare per le questioni regionali, in P. CARETTI (a cura di), Osservatorio sulle fonti, Giappichelli, Torino, 2002, 27, lo strumento di accordi e intese dovrebbe rappresentare quello più ricorrente per evitare conflitti. Ciò trova conferma nell'accordo interistituzionale 20/6/2002 che per l'attuazione della riforma riteneva passaggio obbligato e urgente l'attuazione dell'art. 11. 249 Sentenze nn. 507 del 2002; 88 del 2003; 233 del 2004; 219 e 50 del 2005; 134 del 2006; 98 del 2007. Nella sentenza n. 88 del 2003 la Corte si limita ad enunciare il principio di compartecipazione e ne affida la concreta attuazione alla discrezionalità del legislatore. Nella sentenza n. 134 del 2006 ripristina l'intesa in sede di Conferenza permanente, dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 169 della legge 311 del 2004 nella parte in cui ha previsto che il regolamento del Ministro per la salute con cui sono fissati gli standard e sono individuate le tipologie di assistenza e i servizi sia adottato sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le regioni e le province autonome anziché previa intesa con la stessa. La difformità procedimentale prevista in legge finanziaria per la fissazione degli standard rispetto a quella per le prestazioni non porta a negare in via assoluta la validità della disposizione ma a sottoporla a intervento manipolativo. Rileva l'ingiustificata riduzione da parte del legislatore ordinario statale delle modalità di coinvolgimento degli altri livelli di governo nel procedimento. Sottolinea M. BELLETTI, Livelli essenziali, cit., che questo è al momento l'unico meccanismo previsto con riguardo agli interventi di cui alla la lettera m) del comma 2 dell'art. 117, ritenendo innegabilmente chiaro che procedimenti del genere dovranno comunque essere ripensati o quantomeno adattati alla circostanza che i livelli non si esauriscono in quelli di assistenza sanitaria. Sarà necessario trasferire analoghe logiche partecipative direttamente all'interno delle procedure legislative ed in attesa di probabili sviluppi di riforma un primo passaggio potrebbe essere quello di ritenere applicabile l'art. 11. Per A. D’ALOIA, Diritti e stato autonomistico. Il modello dei livelli essenziali delle prestazioni, in E. BETTINELLI, F. RIGANO, La riforma del titolo V della Costituzione e la giurisprudenza costituzionale, Giappichelli, Torino, 2004, intese e accordi mostrano la corda dove la decisione politica è preponderante. E. PESARESI, Art. 117, comma 2, lett. m), Cost.: la determinazione anche delle prestazioni? Tra riserva di legge e leale collaborazione, possibili reviviscenze del potere di indirizzo e coordinamento, in Le Regioni, 2006, 5, 1273. E. BALBONI, P. G. RINALDI, Livelli essenziali, standard e leale collaborazione, in Le Regioni, 2006, 1015, solleva rilevanti interrogativi sul significato e sulla valenza che il principio di leale collaborazione e l'intesa assumono all'interno delle procedure non legislative di definizione e attuazione dei LEA. A. S. DI GIROLAMO, Livelli essenziali e finanziamento dei servizi sanitari alla luce del principio di leale collaborazione, in Le istituzioni del federalismo, 2007, 3-4, 481. 250 I. RUGGIU, Contro la Camera delle Regioni, Jovene, Napoli, 2007. 251 S. MANGIAMELI, Riflessioni sul principio cooperativo prima della riforma delle Conferenze, cit., 103. Per C. ROSSANO, Clausola di supremazia e meccanismi di raccordo tra Stato e Regioni nella difficile scelta tra attuazione

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estensione si indeboliscono di fatto tutti i decisori; che252 i problemi di interferenza non siano esaurientemente risolvibili mediante pratiche collaborative in sede di Conferenza, sia perchè non possono produrre aggiustamenti nella distribuzione della titolarità delle competenze sia perchè le deliberazioni della Conferenza hanno un valore giuridico assolutamente incerto specie nei confronti dei legislatori, mentre il sistema è privo di riconoscimento costituzionale. Si rileva253 che il decreto legislativo n. 56 del 2000 che ha dato l'avvio alla riforma della finanza regionale è stato di fatto sostituito dalla contrattazione tra Stato e Regioni e che254 in realtà qualsiasi atto prodromico come l'intesa non può condizionare il legislatore. Se si passa dalle esigenze agli strumenti prefigurati, il sistema dei raccordi tra i diversi livelli di governo presenta aspetti organizzativi e funzionali255 sui quali si rinvengono ben scarse indicazioni costituzionali. L'aspetto strutturale, per il procedimento legislativo cui tendere, per la legge costituzionale n. 3 del 2001 è quello che si realizza attraverso la trasformazione del Senato in Camera delle Regioni256, anche se i relativi termini restano del tutto impregiudicati nella riforma, rivelandosi di complessa definizione, come evidenziato dall'esperienza della proposta di legge costituzionale bocciata dal referendum e dai relativi lavori. A varie posizioni dà adito la stessa opportunità di creare una Camera rappresentativa delle istituzioni federate e la tesi che il suo coinvolgimento nei processi di decisione politica rappresenti una delle garanzie ulteriori previste negli ordinamenti federali257.

e riforma del titolo V, in www.federalismi.it, 2007, ritiene necessario evitare la proliferazione di organismi e attività che blocchino l'attività legislativa, mentre occorre un potere forte centrale. 252 In questi termini A. ANZON, Il difficile avvio della giurisprudenza costituzionale sul nuovo titolo V della Costituzione, in Giurisprudenza costituzionale, 2003, 1149, che inoltre precisa come la Corte in passato ha dichiarato che le intese possono condizionare la legittimità della legislazione solo ove imposte direttamente o indirettamente dalla Costituzione, ma non ritiene (richiamando la sentenza n. 437 del 2001) che una autonoma efficacia condizionante potrebbe trarsi dal solo principio di leale collaborazione. Per A. ANDRONIO, I livelli essenziali delle prestazioni sanitarie nella recente giurisprudenza costituzionale, in P. CARETTI (a cura di), Osservatorio sulle fonti, Giappichelli, Torino, 2002, 101, 173, i meccanismi di negoziazione consensuale sembrano assumere un ruolo determinante nella distribuzione delle competenze, ma per evitare che costituiscano una valvola permanente di attrazione di funzioni è indispensabile che il processo decisionale si muova nel più rigoroso rispetto delle logiche cooperative e con il pieno assenso della Regione interessata. 253 A. S. DI GIROLAMO, Livelli essenziali e finanziamento dei servizi sanitari alla luce del principio di leale collaborazione, cit. 254 F. BENELLI, Interesse nazionale, istanze unitarie e potestà legislativa regionale: dalla supremazia alla leale collaborazione, in Le regioni, 2006, 5, 933. 255 Ricorda S. MANGIAMELI, Riassetto dell’amministrazione locale, regionale e statale tra nuove competenze legislative, autonomie normative ed esigenze di concertazione, in Il sistema amministrativo dopo la riforma del titolo V della Costituzione, cit., che quelli organizzativi sono tre: il Consiglio delle autonomie, il sistema delle Conferenze la Commissione bicamerale per le questioni regionali integrata. 256 Tra gli altri, R. TOSI, Un Senato articolato sul territorio versus una Camera di rappresentanza regionale, in www.forumcostituzionale.it, L. ANTONINI, Intorno al grande assente della riforma federale: un sistema ingestibile senza una Camera delle autonomie, in Osservatorio sul federalismo; ID., Brevi note sul progetto di una seconda Camera territoriale: soluzioni di compromesso per evitare il “suicidio” dei senatori, in www.federalismi.it Per la inaccettabilità del Senato previsto dalla riforma che non ha superato il referendum del 27 e 28 giugno 2006,, A. PIRAINO, Strumenti di coordinamento e sedi di raccordo nella prospettiva federale, cit.; A. D'ATENA, Seconda Camera e regionalismo nel dibattito costituzionale italiano, in www.issirfa.cnr.it. 257 Positivamente si colloca, ad esempio, A. D’ATENA, Le autonomie substatali e le loro garanzie istituzionali, in Rassegna parlamentare, 2005, 3, 643. Le costituzioni degli stati federali e regionali sono per intero giocate sull’equilibrio tra il principio unitario e la tutela dell’autonomia. La differenza con gli ordinamenti unitari è marcata da quattro coordinate: -esistenza di livelli di governo substatali .costituzionalizzazione del riparto di competenze (in particolare la Spagna che indica le materie acquisibili) –inclusione di competenze legislative per le Autonomie (in Germania competenza delle competenze con sovrapposizione gerarchica) “nella misura in cui l’instaurazione di condizioni di vita equivalenti nel territorio federale o la garanzia dell’unità del diritto o dell’economia nell’interesse dello Stato nel suo complesso rendano necessaria una disciplina legislativa federale” –garanzia giurisdizionale di tali competenze; partecipazione delle entità federate ai procedimenti di revisione della costituzione federale. Le camere di rappresentanza prescindono dalla consistenza demografica delle entità substatali A questa costante di ordine strutturale

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La soluzione provvisoria rappresentata dalla cosiddetta “bicameralina” trova nei commi 1 e 2 dell'art. 11 della legge costituzionale una disciplina che dà adito a difficoltà interpretative e di attuazione (come mostra l'esperienza di iniziative avviate in Parlamento258). Questa soluzione non solo esclude che il raccordo possa essere ricondotto solamente alle Conferenze ma contribuisce anche a ricollocarlo all’interno del Parlamento. Interpretazioni diverse concernono la obbligatorietà o meno di tale soluzione provvisoria. In senso positivo si è detto259 che il legame necessario tra i due commi e l'immediata prescrittività del comma 2 rende soltanto apparente la configurazione di una facoltà. Di conseguenza gravi dubbi di legittimità si sono potuti ravvisare260 nella scelta della legge n. 131 del 2003 di affidare con delega la individuazione dei principi fondamentali, spogliando del suo ruolo la Commissione bicamerale per le questioni regionali e non accennandosi alla sua integrazione. Le questioni che il testo lascia impregiudicate e che si è tentato di affrontare sono rilevantissime, ad iniziare dal quesito su quale tipo di disciplina sia idonea a regolare la Commissione261. Inoltre, tra l'altro, la consistenza della rappresentanza regionale e la qualità della medesima (con la scelta tra una composizione paritaria o la prevalenza dei componenti locali che può apparire più aderente alla logica dell’art. 11); la partecipazione con delegazione concertante o con rappresentanza rapportata ad un criterio di proporzione; il quesito se le Regioni e gli enti locali agiscano come entità unitarie o come membri autonomi del collegio; le regole di funzionamento. fanno riscontro differenze notevoli (presenza di un organo composto di membri dei governi in Germania, mentre il senato italiano non è organo di secondo grado). Ma tutte le proposte di riforma hanno ruotato intorno a due punti inconciliabili con l’obiettivo dichiarato: l’elezione diretta dei senatori e lo squilibrio rappresentativo tra le delegazioni regionali. Per una posizione contraria, I. RUGGIU, Contro la Camera delle Regioni, Jovene, Napoli, 2007; R. BIN, I. RUGGIU, La rappresentanza territoriale in Italia. Una proposta di riforma del sistema delle conferenze, passando per il definitivo abbandono del modello della Camera delle Regioni, in Le istituzioni del federalismo, 2006, 6, 903. 258 Lavori di un Comitato paritetico e Indagine conclusa con la Relazione Boato Deodato alla Giunta per il regolamento della Camera del 28 novembre 2002; disegno di legge AC 1956. V. LIPPOLIS, Le ragioni che sconsigliano di attuare l'art. 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001, in www.federalismi.it, 2005, 25, sui lavori delle Giunte per il regolamento nella XIV legislatura e la sintesi dei lavori nella Relazione Boato Deodato e sui problemi in ordine alla composizione, ai criteri per la designazione dei rappresentanti (da riferire alla Giunta o al Consiglio?), alle modalità di deliberazione, alla qualificazione del parere, alla posssibile illegittimità costituzionale di una legge per vizi del procedimento, al rapporto tra questione di fiducia e parere contrario della Commissione, ai disegni di legge costituzionali di modifica dell'art. 117 o 119. Evidenzia tra l'altro il problema di come risolvere i casi di dubbi sulla procedura da seguire nonché di profili di illegittimità legati alla valutazione erronea circa la procedura dovuta. Sull'art. 11, v. anche L. GIANNITI, L’attuazione dell’articolo 11 della legge costituzionale n. 3/2001, in Le istituzioni del federalismo, 2001, 6, 1113; P. SICONOLFI L’attuazione dell’articolo 11 della legge costituzionale n. 3/2001: problemi e prospettive, in Quaderni regionali, 2003, 1, 107; R. TOSI, Sul secondo comma dell’art. 11 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, in Le Regioni, 2002, 2-3, 603. A. D’ATENA, Seconda Camera e regionalismo nel dibattito costituzionale italiano, in www.issirfa.cnr.it. 259 Così R. BIFULCO, In attesa della seconda camera federale, in T. GROPPI, M. OLIVETTI (a cura di), La Repubblica delle autonomie. Regioni ed enti locali nel nuovo titolo V, Giappichelli, Torino, 2001, 211. ID., Proposte sulla commissione parlamentare per le questioni regionali, in Quaderni costituzionali, 2002, 4, 810; ID., Nuove ipotesi normative (minime) in tema di integrazione della commissione parlamentare per le questioni regionali, in Rassegna Parlamentare, 2003, 2, 339. Anche A. PIRAINO, Strumenti di coordinamento e sedi di raccordo nella prospettiva federale, cit., che rileva che i raccordi funzionali che caratterizzano il federalismo voluto dalla riforma costituzionale invocano quelli strutturali senza i quali il nuovo sistema sarebbe destinato ad un rapido fallimento; e S. MANGIAMELI Brevi osservazioni sull'art. 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001, in www.forumcostituzionale.it.26 novembre 2001, che ritiene che “anche se apparentemente quella conferita dall'art. 11 sembra una facoltà la disposizione va interpretata come prescrivente un obbligo costituzionale”. In senso contrario N. LUPO, L'integrazione della Commissione parlamentare per le questioni regionali e le trasformazioni della rappresentanza, in G. VOLPE (a cura di), Alla ricerca dell'Italia federale, Plus-Università di Pisa, Pisa, 2003, 185, per il quale si introduce soltanto una legittimazione per i regolamenti, ma non un obbligo. 260 E. FRONTONI, Gli strumenti di raccordo tra lo Stato e le Regioni: brevi note sulla difficile attuazione dell'art. 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001, in F. MODUGNO, C. CARNEVALE (a cura di), Nuovi rapporti Stratp-Regione dopo la legge costituzionale n. 3 del 2001, Giuffrè, Milano, 2003, 147. 261 E. GIANFRANCESCO, Problemi connessi all'attuazione dell'art. 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001, in Rassegna parlamentare, 2004, 301, sottolinea come alcuni non secondari aspetti vadano regolati con legge.

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Il quorum aggravato in termini di maggioranza assoluta su testo diverso da quello suggerito dalla Commissione è previsto in riferimento alle materie di cui all'art. 117, comma 3 e all'art. 119, creando dei problemi circa la delimitazione262 delle stesse. Inoltre si può ritenere263 che non sussista una effettiva partecipazione al potere legislativo statale perchè l'unica conseguenza è rappresentata da tale aggravamento procedurale. Al riguardo il punto maggiormente problematico è dato dalla sottrazione al procedimento rinforzato dell’art. 11 delle leggi di cui alla lettera m) del comma 2 dell’art. 117 Cost. Più voci si riscontrano nel senso che sarebbe stata quanto mai opportuna264 la previsione della sottoposizione obbligatoria alla bicameralina dei progetti di legge riguardanti la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni. Anche perchè si tratta di una materia trasversale per eccellenza. Si è quindi affrontato il problema di trasferire obbligatoriamente queste logiche partecipative. Il riferimento alle materie può non essere considerato decisivo perché questa non è una materia e inoltre ha stretto legame con l’altro ambito individuato con il richiamo dell’art. 119, e in particolare con il coordinamento della finanza pubblica. In linea subordinata si è avanzata la prospettiva per la quale una lettura dei due commi dell’art. 11 potrebbe giustificare una distinzione tra partecipazione “speciale” (quella di cui al comma 2) che si esprime in parere con effetto sul procedimento; e una partecipazione “innominata”265 che potrebbe trovare fondamento nel comma 1 e che potrebbe essere liberamente modulata nei regolamenti sia per i soggetti ammessi che per meccanismi e

262 Opposte le posizioni di M. MAZZIOTTI DI CELSO, Considerazioni critiche sulla legge costituzionale n. 3 del 2001 e sul d. d. l. n. 1545 contenente disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica a tale legge, approvato del Consiglio dei Ministri il 14 giugno 2002, in Foro amministrativio CdS, 2003, 1, 343, che ritiene tale intervento materialmente limitato, interpretandolo per ciò che esattamente dice, ovvero riferendolo solo ai principi delle leggi riguardanti il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, le sole di cui facciano insieme menzione sia l'art. 117 sia il 119; e di A. RUGGERI, La Commissione parlamentare per le questioni regionali tra le forti delusioni del presente e la fitta nebbia del futuro, in www.federalismi.it, 2005, 23, per il quale l'applicazione dovrebbe essere generalizzata in riferimento ad ogni forma di legislazione statale di interesse regionale e locale. E. FRONTONI, Gli strumenti di raccordo tra lo Stato e le Regioni: brevi note sulla difficile attuazione dell'art. 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001, cit., ricorda come nella Relazione Boato Deodato vi fosse la proposta di attribuire competenza in riferimento ad un ambito più ampio di materie, ma limitando a quelle previste nella legge costituzionale la particolare efficacia dei pareri e rileva come si impongano così procedimenti diversi rispettivamente per le leggi cornice e per le altre leggi statali. Tuttavia la possibilità di ricavare i principi fondamentali dalle leggi vigenti pone nel nulla la garanzia procedurale di cui all'art. 11. 263 M. MAZZIOTTI DI CELSO, Considerazioni critiche sulla legge costituzionale n. 3 del 2001 e sul d. d. l. n. 1545 contenente disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica a tale legge, approvato del Consiglio dei Ministri il 14 giugno 2002, cit. 264 Per L. ANTONINI, Competenza, finanziamento e accountability in ordine alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni dei diritti civili e sociali, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 2003, 1, 70, si sarebbe così determinato quel coinvolgimento nel processo decisionale necessario anche per una adeguata responsabilizzazione dei soggetti istituzionali vincolati alla loro osservanza. In linea teorica la determinazione dei livelli potrebbe avvenire al di fuori di qualsiasi procedura d’intesa, né la più forte delle clausole trasversali della legislazione statale esclusiva sembra richiedere necessariamente di essere applicata perché la determinazione è facoltativa. La clausola si presenta come la chiave di volta del nuovo sistema costituzionale di riparto delle competenze ed essendo un concetto valvola si presta ad essere interpretato secondo diverse concezioni. Da questo punto di vista una lacuna difficilmente perdonabile è proprio quella della mancanza di una Camera delle regioni che avrebbe permesso a questa clausola di funzionare secondo un principio di cooperazione ed efficacia molto maggiore. A. D’ALOIA, Diritti e stato autonomistico. Il modello dei livelli essenziali delle prestazioni, cit., evidenzia che l’esigenza di evitare un cortocircuito tra chi decide cosa deve essere fatto e chi poi deve garantire l’attuazione sembra rimandare ad un procedimento necessariamente concertato. Si tratta di interesse della Repubblica quindi le Regioni non sono terze e il dovere di cooperare alla realizzazione è rafforzato dalla partecipazione ai processi che ne definiscono la fisionomia. 265 E. GIANFRANCESCO, Problemi connessi all'attuazione dell'art. 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001, cit., 301, risolve il problema se la Commissione possa avere competenze al di fuori delle materie previste ritenendo che, realizzando la Commissione integrata, si costruirebbe una fonte legislativa atipica il cui mancato rispetto dovrebbe essere sanzionato da illegittimità, dato che le condizioni di approvazione sono definite da fonti di rango costituzionale. Ciò che porta a superare il limite al sindacato della legge per vizi del procedimento di formazione di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 9 del 1959.

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ambiti266. Quanto al Consiglio delle autonomie locali, occorre rilevare la carenza di elementi nel testo costituzionale atti a chiarirne composizione, competenze, vincoli di consultazione267, e soprattutto inserimento nel procedimento regionale 268. In assenza di riforma delle Camere e di attivazione della Commissione integrata la funzione di raccordo viene svolta dal sistema delle Conferenze269, rilanciato270 anche dalla legge n. 131 del 2003 (art. 1, commi 3, 4 e 8) e da questa utilizzato per un procedimento aggravato nella individuazione dei principi nelle materie concorrenti, per altro incongruamente affidato alla legislazione delegata. Per l’adozione dei decreti richiesti dalla legge La Loggia infatti si è prevista (art. 1, comma 4) una procedura271 particolarmente complessa con acquisizione di doppio parere sia della Conferenza Stato Regioni che delle Commissioni parlamentari competenti per materia nonché della Commissione per le questioni regionali. Ma anche per la situazione a regime vi sono proposte per una loro valorizzazione o per la realizzazione di un doppio binario272 di rapporti l'uno incentrato sugli esecutivi, il secondo sulle assemblee. Il tema del rapporto tra la realizzazione della Camera delle Regioni o della bicameralina

266 Per C. PINELLI, Sui “livelli essenziali” delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (art. 117, co. 2, lett. m Cost.), in Rivista di diritto pubblico, 2002, 3, 880, la legislazione sui livelli va imputata alla Repubblica. Anche ammesso che per le leggi sui livelli non valga il modello del parere rinforzato potrebbe prevedersi la possibilità che la bicameralina esprima pareri o indirizzi con effetti politici non trascurabili. Altro sarebbe la cooperazione in una Camera delle Regioni. 267 S. MANGIAMELI, Riassetto dell’amministrazione locale, regionale e statale tra nuove competenze legislative, autonomie normative ed esigenze di concertazione, cit. 268 G. FALCON, Il nuovo titilo V della Parte seconda della Costituzione, Editoriale, in Le Regioni, 2001, 1, 3. 269 DPCM 12 ottobre 1983; legge n. 400 del 1988; legge n. 281 del 1997; disegno di legge governativo che configura la Conferenza come organo della Presidenza del Consiglio. La Conferenza veniva individuata nell'Indagine conoscitiva promossa dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali come “la sede per un rapporto permanente con gli organi centrali dello Stato e per una partecipazione delle Regioni alla elaborazione delle grandi linee di politica generale di tutto lo Stato ordinamento, alla grande distribuzione delle risorse, alla determinazione degli obiettivi generali della programmazione, alle decisioni riguardanti la comunità europea”. R. BIFULCO, Il modello italiano delle Conferenze Stato-autonomie territoriali (anche) alla luce delle esperienze federali, cit., 233, osserva come taluni atti delle Conferenze finiscano per assumere un indiretto valore normativo. La Conferenza presenta conformità alla Costituzione in virtù del principio di leale collaborazione e dell'art. 5, coerentemente con la dichiarazione di incostituzionalità di disposizioni che non prevedano intesa in questa sede. 270 Vengono previste tre fattispecie di intesa: per favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni; per il raggiungimento di posizioni unitarie; per il conseguimento di obiettivi comuni. Osserva S. MANGIAMELI, Riflessioni sul principio cooperativo prima della riforma delle Conferenze, cit., che il potere di negoziazione delle Regioni ne viene incrementato, senza peraltro che nel nuovo sistema si produca la costruzione di rapporti certi e definiti. 271 Per M. VIGGIANO, Il riparto della funzione legislativa dopo la modifica del titolo V della Costituzione, in F. PINTO (a cura di), Il nuovo regionalismo nel sistema delle fonti, la scelta di cercare un coinvolgimento anche delle autonomie territoriali va accolta con favore e tuttavia si rimane scettici sulla portata del parere espresso dalla Conferenza che oltre a non essere vincolante avrebbe un peso minore rispetto agli altri. Infatti la legge sancisce espressamente un obbligo per il Governo di relazionare ai Presidenti delle Camere e al Presidente della Commissione per le questioni regionali solo nel caso in cui decida di non conformarsi ai pareri espressi dalle sole Commissioni parlamentari indicando le specifiche motivazioni di difformità. Ben lungi da quella auspicata contrattazione che il testo della legge n. 131 sembrava proporre e alla quale si sarebbe sicuramente potuta ascrivere una maggiore portata se si fosse contemporaneamente provveduto anche all’attuazione dell’art. 11. 272 P. CIARLO, La potestà legislativa regionale, in L. CHIEFFI, G. CLEMENTE DI SAN LUCA (a cura di), Regioni ed enti locali dopo la riforma del titolo V della Costituzione, Giappichelli, Torino, 2003, 77. Per A. PIRAINO, Strumenti di coordinamento e sedi di raccordo nella prospettiva federale, cit., il tessuto dei raccordi si caratterizza per la contemporanea presenza di due momenti di leale collaborazione, uno riguardante la funzione legislativa e l'altro inerente le funzioni amministrative o di governo. Accanto alla Conferenza unificata si pone la Commissione integrata. Il raccordo va realizzato anche a livello locale tramite Consiglio delle autonomie e Conferenza. Invece per L. ANTONINI, Intorno al grande assente della riforma federale: un sistema ingestibile senza una Camera delle autonomie, in Osservatorio sul federalismo, www.federalismi.it , con commissione integrata e sistema delle Conferenze la decisione legislativa rischia di complicarsi eccessivamente.

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da un lato e la conservazione o valorizzazione della Conferenza (in particolare) unificata viene perlopiù risolto273 in termini di convivenza e non di alternatività274, determinandosi una duplicità di circuiti di relazione tra Stato e Regioni. Esso si collega alle problematiche del ruolo delle Assemblee275 che non può essere trascurato in ordine alle materie finanziarie e di bilancio. Un tema276 che non traspare dalle scarse indicazioni della riforma costituzionale fin qui realizzata, ma che assume particolare rilevanza principalmente per i meccanismi cooperativi nel quadro delle relazioni finanziarie, è quello che attiene alla natura generalista o invece settoriale delle competenze che si esprimono nelle sedi della collaborazione (v. anche, al riguardo, il disegno di legge per la disciplina della Conferenza unificata nella XV legislatura).

3. Il coordinamento della finanza pubblica e le Regioni a statuto speciale

Il tema del coordinamento della finanza pubblica in riferimento alle Regioni a statuto speciale si presenta rilevante sotto due diversi punti di vista. Da un lato, più direttamente, occorre chiedersi quale sia la attuale posizione di tali Regioni, la cui specialità viene preservata277 (confermandosi il 273 La presenza contemporanea è comune alle esperienze federali, dove le Conferenze si sono sviluppate indipendentemente dal tipo di seconda Camera. Così anche per il progetto di riforma costituzionale che non ha superato la prova del referendum, nel quale si produceva un complessivo rafforzamento della cooperazione verticale interno ai due istituti del Senato federale e della Conferenza Stato Regioni, nonché tra gli enti di cui all'art. 114, da approvarsi con il procedimento legislativo collettivo. Rileva S. MANGIAMELI, Riassetto dell’amministrazione locale, regionale e statale tra nuove competenze legislative, autonomie normative ed esigenze di concertazione, in Il sistema amministrativo dopo la riforma del titolo V della Costituzione, cit., che non si è costituzionalizzato il sistema delle Conferenze. E, se e nella misura in cui si provvederà per la bicameralina, il ruolo di rappresentanza per certo non potrà essere ricondotto alla Conferenza perché l’integrazione della Commissione si innesta a latere del procedimento di formazione della legge nel cui ambito non diventa più scontato che la posizione delle autonomie espressa in sede di Conferenza debba essere riconfermata e lo stesso Governo non potrebbe usare il parere della Conferenza Ciò tuttavia non vuol dire che il meccanismo delle Conferenze sia obsoleto. Esse dovrebbero conservare un modulo operativo informale per raggiungere veri e propri accordi tra Governo centrale e Governi regionali. Ma il sistema è ridondante e dovrebbe ridursi alla Conferenza unificata Inoltre essa dovrebbe essere emanazione delle Regioni mentre il Governo dovrebbe essere chiamato a collaborare con una propria struttura tecnica distinta. 274 Così invece R. BIN, I. RUGGIU, La rappresentanza territoriale in Italia. Una proposta di riforma del sistema delle conferenze, passando per il definitivo abbandono del modello della Camera delle Regioni, cit. Per I. RUGGIU, Contro la Camera delle Regioni, cit., il mito della Camera delle Regioni nasce da un equivoco storiografico, mentre i due organi federali per antonomasia presentano una forte impronta paragovernativa e antico è anche il modello delle Conferenze. Inoltre anche negli Stati in cui esiste la Camera delle Regioni si afferma pure il coordinamento intergovernativo. Si propone di abbandonare la ricerca di collocare nel Parlamento la sede di rappresentanza territoriale. 275 Si richiama il Protocollo d'intesa, 28 giugno 2007, tra Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative di Regioni e Province autonome e Camera e Senato per sviluppare rapporti di collaborazione in ordine alla razionalizzazione legislativa. Nel documento della Camera del Deputati, Osservatorio sulla legislazione, Rapporto 2007 sulla legislazione tra Stato, Regioni e Unione europea, XV Legislatura, 29 ottobre 2007, l'analisi del ruolo del Parlamento e dei Consigli porta a rilevare l'attuale insufficiente procedimentalizzazione dei rapporti tra i livelli territoriali; il fatto che i processi reali dei rapporti e delle procedure decisionali si svolgono troppo spesso in modo informale anche tra le amministrazioni finanziarie, contabili e statistiche; che i rapporti diretti tra gli esecutivi si sovrappongono confusamente alle procedure formali di bilancio, separate per livelli. In termini propositivi si osserva che la ridefinizione del ruolo delle assemblee comincia dalla ridefinizione delle procedure di bilancio, che per esse rappresentano, per natura e tradizione, il punto di massima forza; l'obiettivo essenziale delle nuove procedure dovrebbe essere la trasparenza e la distribuzione effettiva delle responsabilità. Ciò richiede anzitutto informazione chiara e condivisa sugli effettivi andamenti di finanza pubblica e alle assemblee di adeguare il proprio ruolo tramite statuti, regolamenti e leggi ordinamentali. 276 V. qui per tutti L. ANTONINI, M. BARBERO, A. PIN, La legge organica spagnola sulla finanza delle comunità autonome: spunti utili per il federalismo fiscale italiano, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 2005, I, 87; G. G. CARBONI, Il coordinamento della finanza pubblica alla luce di alcune esperienze straniere, in www. federalismi.it, 2007. 277 L. VIOLINI, Q. CAMERLENGO (a cura di). Itinerari di sviluppo del regionalismo italiano. Primo incontro di studio “Gianfranco Mor” sul diritto regionale, Giuffrè, Milano, 2005. Per U. DE SIERVO, Il sistema delle fonti: il

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favor specialitatis) ma con la “inusuale forma di transizione di rilievo costituzionale”278 rappresentata dalla “clausola di maggior favore”279 di cui all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. Dall'altro le soluzioni autonomistiche degli statuti speciali possono offrire spunti per sviluppare esigenze e principi affermati nel nuovo titolo V anche per le Regioni a statuto ordinario. In tema di applicazione della clausola di maggior favore al riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni, è di ausilio la giurisprudenza costituzionale che attraverso una evoluzione inizialmente non lineare tuttavia sembra ormai sempre più consolidarsi280. Per la Corte la disposizione è norma transitoria, caratterizzata da “assoluta specialità” e “insuscettibile sia di interpretazione estensiva che di applicazione analogica”281. Il metodo secondo

riparto della potestà normativa tra stato e regioni, in www.federalismi.it, l’ampiezza del processo mette a rischio la specialità. Estendere alle Regioni a statuto speciale l’attuale art. 117 appare certamente inammissibile dal momento che contraddirebbe la scelta di mantenere gli statuti speciali. Estendere alcune parti equivale a introdurre in questi speciali ordinamenti nuovi tipi di limiti per le materie aggiunte. Inoltre nasce il problema del parallelismo. D’altra parte è difficile ritenere che le stesse competenze esclusive statali non incidano o integrino i limiti generali della potestà legislativa propria. 278 A. RUGGERI, Il “regionalismo della transizione” e la teoria della Costituzione, in www.federalismi.it, 2004, 16. 279 A. RUGGERI, Il “regionalismo della transizione” e la teoria della Costituzione, cit., rileva come la transizione vede protagonista non già il legislatore sollecitato ad attivarsi ma direttamente i pratici. Il legislatore incorre in un disagio forse ancora maggiore per i rischi che corrono le leggi approvate nella transizione che potrebbero trovarsi incompatibili con il quadro del titolo V o con il quadro successivamente rinnovato. G. PASTORI, La nuova specialità, in Le Regioni, 2001, 495; G, DEMURO, Regioni ordinarie e Regioni speciali, in T. GROPPI, M. OLIVETTI (a cura di), La Repubblica delle autonomie. Regioni ed enti locali nel nuovo Titolo V, Giappichelli, Torino, 2001; E. GIANFRANCESCO, L'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 ed i controlli nelle Regioni a statuto speciale, in Giurisprudenza costituzionale, 2002, 5, 3312; G. PITRUZZELLA, Regioni speciali e Province autonome. Commento all’art. 11, in G. D. FALCON (a cura di), Stato, regioni ed enti locali nella legge 5 giugno 2003, n. 131, il Mulino, Bologna, 2003, 213; A. FERRARA, G. M. SALERNO (a cura di), Le nuove specialità nella riforma dell'ordinamento regionale, Giuffrè, Milano, 2003; F. BILANCIA, Attuazione dell’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, in G. BASSANINI et al., Legge “La Loggia”. Commento alla L. 5 giugno 2003 n. 131 di attuazione del titolo V della Costituzione, Maggioli, Rimini, 2003, 201; A. RUGGERI, C. SALAZAR, Le nuove materie regionali tra vecchi criteri e nuovi (pre)orientamenti metodici di interpretazione, in www.federalismi.it, 2003, in particolare il par. 6 su La sorte degli elenchi di materie previsti negli statuti speciali alla luce della clausola della condizione più favorevole ex art. 10, l. cost. n. 3 del 2001; A. RUGGERI, La specialità regionale in bilico tra attuazione e riforma della riforma (lineamenti di una ricostruzione), in www.issirfa.cnr.it; ID., Potestà legislativa primaria e potestà “residuale” a raffronto (nota minima a Corte cost. n. 48 del 2003, in www.forumcostituzionale.it; ID., La Legge La Loggia e le Regioni speciali tra “riserva di specialità” e clausola di maggior favore, in Le regioni, 2004, 4, 781; L. VIOLINI, Q. CAMERLENGO (a cura di). Itinerari di sviluppo del regionalismo italiano. Primo incontro di studio “Gianfranco Mor” sul diritto regionale, Giuffrè, Milano, 2005; G. A. FERRO, Le norme fondamentali di riforma economico sociale ed il nuovo titolo V della Costituzione, in Nuove autonomie, 2005, 4-5, 633; V. LOPILATO, Funzioni amministrative, Regioni speciali e clausola di maggior favore: ipotesi casistiche, in Nuove autonomie, 2006, 2-3, 371; U. FERRARA, Le autonomie speciali, in Quarto rapporto annuale sullo stato del regionalismo italiano, in www.issirfa.cnr.it; G. PAGANETTO, La Corte costituzionale riconferma il ruolo delle norme di attuazione nella configurazione delle competenze delle Regioni speciali, in Giurisprudenza costituzionale, 2006, 1624 chiarisce che l'effettiva consistenza delle autonomie speciali dovrà essere determinata dalle modifiche degli statuti. Nell'attuale situazione transitoria è difficile individuare i confini delle competenze. Laddove non si può estendere la clausola di maggior favore si deve far riferimento agli statuti e alle relative norme di attuazione e non è sempre semplice interpretare i contenuti delle diverse formule, soprattutto alla luce di un quadro dei rapporti Stato-Regioni che è profondamente mutato. Ciononostante, dato che l'attuale testo costituzionale conferma le Regioni speciali, è importante, laddove è possibile, valorizzare le particolari previsioni degli statuti. 280 Di recente con le sentenze nn. 238 e 286 del 2007 e 102 del 2008 che adottano soluzioni incentrate sugli statuti speciali e sul richiamo della giurisprudenza anteriore alla riforma costituzionale. Sulle prime due sentenze, P. GIANGASPERO, La potestà ordinamentale delle Regioni speciali e la tutela costituzionale del ruolo della provincia, in Le Regioni, 2007, 6. 281 Corte costituzionale, sentenza n, 370 del 2006. Per G. COINU, G. DEMURO, Regioni a statuto speciale e clausola di adeguamento automatico, in P. CARETTI (a cura di), Osservatorio sulle fonti, Giappichelli, Torino, 2002, 101, la Corte (sentenze nn. 377 e 408 del 2002) non si pronuncia sull'abrogazione delle norme degli statuti ma ritiene le

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il quale occorre procedere per risolvere il quesito sulla applicabilità del nuovo regime alle diverse materie consiste nel verificare e comparare la situazione delineata nello statuto con quella delle Regioni a statuto ordinario (ad esempio con le sentenze nn. 314 del 2003 e 8 del 2004 si precisa che per procedere all’applicazione della clausola di maggior favore non si può fare direttamente riferimento al titolo V senza prendere in considerazione lo statuto). Tuttavia questo procedimento, che richiede di analizzare organicamente il quadro delle competenze sia delle Regioni a statuto ordinario che di quelle a statuto speciale, talora non è stato dalla stessa Corte seguito282 ed esplicitato. Invece una accurata disamina con raffronto delle situazioni rispettivamente statutaria e del titolo V viene operata in ordine alla competenza legislativa tributaria dalla recente sentenza n. 102 del 2008. Con la sentenza n. 370 del 2006 la Corte costituzionale ha chiarito che l'adeguamento automatico alle norme del titolo V previsto dalla clausola di maggior favore opera esclusivamente a vantaggio delle autonomie regionali e non anche di quelle locali283. Particolarmente problematico284 si presenta il caso in cui una materia prevista nello statuto come di competenza esclusiva sia invece residuale nel titolo V. Le competenze esclusive sono infatti assoggettate dallo statuto a limiti derivanti dall'ordinamento statale (limiti verticali), rappresentati dal rispetto dei principi dell'ordinamento giuridico dello Stato e delle norme fondamentali delle grandi riforme economico sociali, mentre tali limiti non sono imposti alla competenza regionale residuale nel titolo V. La Corte esclude285 che la clausola agisca nel senso di

disposizioni non più applicabili, utilizzando l'art. 10 come una vera e propria clausola di adeguamento automatico che deroga il principio della specialità. Ma occorre piuttosto verificare che tipo di successione delle norme si sia verificata. 282 Su questi problemi in termini più generali, A. RUGGERI, In tema di ricorsi della Regione siciliana contro leggi statali, ovverosia di applicazioni tacite e immotivate (ma giuste) della clausola di maggior favore, in www.forumcostituzionale.it . Anche L. CASTELLI, Autonomia locale e specialità regionale dopo la riforma del titolo V, in Giornale di diritto amministrativo, 2007, 6, 577, sulla sentenza n. 370 del 2006 che, porta a preferire le norme del titolo V solo se garantiscono un margine di autonomia più ampio di quelle degli statuti, sottolinea che è necessaria una valutazione comparativa e che la Corte sia messa dal ricorrente nelle condizioni di valutare compiutamente il contenuto di entrambi i regimi. Per dare conto di un simile rapporto ritiene che non possa bastare la indicazione delle norme costituzionali violate, ma che sia necessario un quid pluris ravvisabile in un onere ulteriore di allegazione dei motivi che portano a privilegiare le disposizioni costituzionali rispetto a quelle statutarie. Deve essere lo stesso ricorrente ad effettuare tale confronto e sottoporlo allo scrutinio. A. ANZON, Il difficile avvio della giurisprudenza costituzionale sul nuovo titolo V della Costituzione, in www.associazionedeicostituzionalisti.it; A. RUGGERI, La specialità regionale in bilico tra attuazione e riforma della riforma (lineamenti di una ricostruzione) - Roma, 30.6.2004, in www.issirfa.cnr.it. 283 Per L. CASTELLI, Autonomia locale e specialità regionale dopo la riforma del titolo V, cit., con ampia bibliografia, la pronuncia della Corte che chiarisce che l'adeguamento automatico opera solo a favore delle Regioni e non anche dei loro enti locali ha lasciato pendente il problema di garantire effettività all'autonomia locale nei territori governati dalla specialità, che non possono considerarsi del tutto impermeabili rispetto ad alcune “invarianti di sistema” introdotte dal titolo V per tutti gli enti locali della Repubblica. E la legge costituzionale n. 2 del 1993 costituisce un anticipo della riforma costituzionale che avrebbe dovuto spostare il baricentro del sistema locale dallo Stato alle Regioni. Già sotto la vigenza del vecchio testo la Corte costruiva un rapporto tra autonomia locale e specialità regionale aderente alle aperture dell'art. 5, invece il titolo V ha accentuato l'asimmetria. A favore della preferenza per l'autonomia regionale perchè quella locale la diminuisce, A. D’ATENA, Le Regioni speciali e i “loro” enti locali, in www.issirfa.it; per l'estensione della clausola invece A. RUGGERI, La legge La Loggia e le Regioni ad autonomia differenziata, tra “riserva di specialità” e clausola di maggior favore, in Le Regioni, 2004, 781. Si v. anche A. AMBROSI, Le competenze legislative delle Regioni speciali e l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, in Le Regioni, 2003, 825. 284 A. RUGGERI, Giudizi sulle leggi in via principale e giurisprudenza costituzionale, a seguito della riforma del Titolo V (“modello” ed esperienza a confronto), in Le istituzioni del federalismo, 2006, 5, 775, rileva la singolare “coabitazione” di due Costituzioni (a proposito della sopravvivenza dell'antica potestà primaria a fronte della nuova potestà residuale). Nell'indirizzo favorevole al mantenimento per alcune materie della potestà primaria accanto alla nuova residuale nel presupposto che ciò sia più vantaggioso per l'autonomia, siffatto raffronto è stato stranamente fatto (specie con la sentenza n. 48 del 2003) in modo parziale considerando solo la più appariscente estensione orizzontale. Ma il limite delle norme fondamentali potrebbe essere talora indistinguibile dai livelli essenziali o potrebbe aversi il caso opposto. E' dunque problematico stabilire priorità. Di qui l'ingenuità di far luogo al raffronto, imposto dalla clausola, in vitro. 285 La Corte (sentenze nn 536 del 2002; 227 e 274 del 2003; 383 del 2004), in ordine alla competenza esclusiva

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eliminare per queste materie i limiti imposti dallo statuto, mentre è possibile in alternativa il passaggio in toto286 al regime previsto nel titolo V, ma acquisendo in questo caso i limiti (orizzontali) suoi propri: le competenze residuali risultano infatti intersecate e ridotte da materie di competenza statale a carattere trasversale Il raffronto per determinare quale condizione sia più vantaggiosa, che richiede di valutare appieno la portata che sotto i diversi aspetti presentano le due forme di competenza, rispettivamente nel titolo V e negli statuti, è ostacolato dalla diversa logica che ispira i testi; nonché dalla diversa definizione delle materie finanziarie. Temi in realtà trascurati dalla Corte costituzionale, che tende a ignorare il riparto e la qualificazione delle competenze negli statuti, ragionando piuttosto in termini di (indeterminato) coordinamento, da un lato, e (indeterminata) autonomia, dall'altro. L'assoggettamento a interventi di coordinamento anche per le Regioni speciali ha ricevuto più volte l'avallo della giurisprudenza costituzionale, in ordine in particolare alle norme statali sull'indebitamento e sul patto di stabilità interno, avallo argomentato con ampi riferimenti alla giurisprudenza anteriore alla riforma costituzionale ed a principi richiamati nella formulazione statutaria, a riprova del fatto che la potestà legislativa statale di coordinamento trova tuttora fondamento negli statuti, nei quali anche il coordinamento è previsto, e non nella estensione di norme del titolo V. Incontestata è quindi la potestà statale, alla quale sottostanno anche le Regioni a statuto speciale287 con l'apposizione di vincoli alle politiche di bilancio, nel quadro degli obiettivi complessivi di finanza pubblica e dei vincoli comunitari, seppure con la insoddisfacente argomentazione della loro appartenenza all'ambito della finanza pubblica. Il coinvolgimento nel complesso della finanza pubblica e nel rispetto degli obblighi comunitari è affermato, con richiamo alle precedenti decisioni (anche di quelle che giustificano interventi eccezionali e temporanei in un quadro finanziario di emergenza), in particolare alla sentenza n. 416 del 1995288, per la quale anche le Regioni speciali devono essere coinvolte nell'opera di risanamento della finanza pubblica che “richiede un impegno solidale di tutti gli enti territoriali erogatori di spesa, di fronte al quale la garanzia costituzionale dell'autonomia finanziaria delle Regioni non può fungere da impropria giustificazione per una simile esenzione”. Con maggior attinenza al piano delle potestà legislative, si registra la sentenza n. 169 del 2007, nella quale si ribadisce che i parametri statutari non attribuiscono agli enti ad autonomia speciale competenze legislative che possano essere lese da principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica attinenti alla spesa, ma sempre in regionale, prima ha accolto la tesi sulla permanenza dei vincoli “statutari” dei principi generali dell'ordinamento e delle grandi riforme, poi sembra aver definitivamente scelto la tesi del doppio regime, rispettivamente per le materie conservate e per quelle acquisite. Se ne ricava la operatività dei limiti statutari per le materie non interessate all'applicazione del nuovo titolo V, con la sopravvivenza dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle grandi riforme La sostituzione invece “in blocco” del nuovo regime nei confronti delle competenze ulteriormente acquisite. L’applicazione del nuovo regime, se più favorevole, è infatti integrale (compresi i limiti ad esso peculiari, tra i quali quello dell'art. 120). 286 C. PADULA, L. cost. 3/2001 e statuti speciali: dal confronto fra norme al (mancato) confronto fra “sistemi”, in Le Regioni, 2004, 682.

287 Si vedano in particolare le sentenze nn. 416 del 1995; 36, 353 e 345 del 2004; 417 e 425 del 2005; 267 del 2006 e 82 e 179 del 2007. 288 Per la giurisprudenza della Corte sui blocchi delle assunzioni e la legittimità di misure urgenti e provvisorie volte al contenimento del disavanzo pubblico, le sentenze nn. 356 del 1992; 128, 355 e 357 de1993; 222 del 1994. Non vengono censurate norme che devono essere qualificate come intervento eccezionale e temporaneo in un quadro finanziario di emergenza, inserito in un'azione complessiva, a carattere generalizzato, volta a contenere il disavanzo pubblico per ridurre la spesa pubblica. Viene invece dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 10, comma 1, della legge n. 724 del 1994 nella parte in cui impone alle Regioni di provvedere al ripiano degli eventuali disavanzi di gestione anche in relazione a scelte esclusive o determinanti dello Stato, in quanto tale norma urta contro il principio del parallelismo tra responsabilità di disciplina e di controllo e responsabilità finanziaria, affermato dalla sentenza 355 del 1993.

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quanto tali principi devono ritenersi applicabili anche alle autonomie speciali in considerazione dell’obbligo generale di partecipazione di tutte le Regioni all’azione di risanamento delle finanze pubbliche. I riferimenti che la Corte opera agli statuti, al principio di unità di cui all'art. 5 (piuttosto che al titolo V) e al potere di dettare norme di riforma economico-sociale, vincolanti, ai sensi degli statuti speciali, anche per la potestà primaria, consentono di qualificare la natura della potestà legislativa dello Stato che può limitare l'autonomia finanziaria della Regione se ed in quanto i suoi interventi abbiano carattere appunto di norme fondamentali di grande riforma economico-sociale. La nozione di tali norme, come ribadita nella sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2000289, deve essere valutata in relazione a indici oggettivi e si ricava dall'esigenza di unità sotto il profilo delle scelte politiche fondamentali della Repubblica, alla difesa della quale tale limite è preordinato. Essa deve essere circoscritta alle sole leggi effettivamente dotate di contenuto riformatore, a quelle innovazioni che corrispondono a scelte di “incisiva innovatività” in settori qualificanti la vita sociale concernenti istituzioni che, per la natura degli interessi che coinvolgono, “non possono che valere su tutto il territorio nazionale”. Questa ultima caratteristica in particolare, ci riporta alle gravi perplessità che generano norme “di coordinamento” “scoordinate” e disomogenee in riferimento ai diversi settori interessati. Talora la Corte include le Regioni speciali nella tutela consistente nel consentire allo Stato di dettare esclusivamente principi fondamentali, con esclusione degli interventi di dettaglio (come se esso fosse titolare di competenza concorrente290), ma appare questo un riflesso della riforma del titolo V che si aggiunge di fatto al rapporto tra i legislatori speciali e quello statale. In questo senso, nella sentenza n. 190 del 2008 si afferma espressamente che le limitazioni all'autonomia finanziaria speciale devono essere valutate alla stregua delle norme dello statuto (e relative norme di attuazione) e che tuttavia i “principi statali di coordinamento della finanza pubblica connessi ad obiettivi nazionali condizionati anche dagli obblighi comunitari” (formula standard utilizzata anche per le Regioni ordinarie) si impongono “nell'esercizio dell'autonomia finanziaria di cui allo statuto speciale: vi è pertanto, sotto questo aspetto, una sostanziale coincidenza tra limiti posti alla

289 Sul limite delle riforme economico sociali, le sentenze della Corte costituzionale nn. 99 del 1987, 406 del 1995, 352 del 1996, 323 del 1998, 477 del 2000. G. M. SALERNO, Le Regioni ad autonomia speciale e il federalismo fiscale: una questione da affrontare, in www.federalismi.it, 2007, 12, rileva che, con riferimento alla legislazione statale di principio in materia di coordinamento della finanza pubblica, non può non riconoscersi che essa dovrebbe essere considerata alla stregua della leggi che pongono “norme fondamentali di riforma economico-sociale” ed in quanto tale essa sarebbe manifestazione di quel limite cd speciale che tuttora rimane valevole nei confronti delle regioni ad autonomia differenziata. Del resto può anche prevedersi che la legislazione statale di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario tutto – allorquando sarà effettivamente adottata – finirà inevitabilmente per incorporarsi o comunque per assumere una funzione di stretto “raccordo” con lo stesso dettato costituzionale, quasi assumendo quel ruolo materialmente costituzionale che la corte ha riconosciuto ai principi legislativi che, in materia di bilancio, consentono di garantire effettivamente la tutela del valore costituzionale dell'equilibrio finanziario che è implicito nell'art. 81 (384/1991). Tale ruolo anzi dovrebbe ritenersi ancora più giustificato alla luce della necessità di rispettare i vincoli di bilancio – e soprattutto di patto di stabilità interno – che sono imposti in sede comunitaria ai sensi dell'art. 117, comma 1, all'intero ordinamento nazionale. e' evidente infatti che, senza un qualche coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario nel suo complesso che possa abbracciare e coinvolgere sulla base di connotati unitari e omogenei (si richiama la competenza esclusiva sul coordinamento informativo) tutte le istituzioni territoriali costituzionalmente dotate di autonomia finanziaria non vi sarebbe possibilità alcuna di rispettare seriamente ed efficacemente i predetti vincoli esterni. Conclusivamente può convenirsi che il rapporto tra l'art. 119 e il particolare ordinamento finanziario delle autonomie speciali comporti di necessità l'individuazione di taluni limiti e condizioni che dovrebbero circoscrivere e delimitare il sopra richiamato “principio di autonomia fiscale e di differenziazione dei sistemi finanziari delle autonomie speciali”. 290 Nella sentenza n. 275 del 2007 la Corte si esprime riferendosi alla “competenza statale concorrente in materia di finanza pubblica regionale e locale” scaturente per le Regioni ordinarie “dall'art. 119, comma 2” e “per la Regione Sardegna dall'art. 7 dello statuto speciale”, ma l'affermazione sembrerebbe da riferire più propriamente alla potestà di coordinamento della finanza pubblica, come si può ricavare dal rimanente testo, e nei termini che si espongono qui di seguito.

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autonomia finanziaria delle Regioni ad autonomia ordinaria dall'art. 119 della Costituzione e limiti posti all'autonomia finanziaria delle (Regioni speciali e) Province autonome dallo statuto speciale”. Si deve rilevare criticamente come sia questo uno di quei casi nei quali la Corte riduce il coordinamento finanziario di cui al titolo V all'unico art. 119, trascurando il riparto e la intitolazione delle rispettive competenze statali e regionali di cui all'art. 117. Tra i principali interventi di coordinamento, la normativa statale in ordine al ricorso all'indebitamento e, soprattutto, quella finalizzata a garantire il rispetto dell'obbligo di limitare l'utilizzo di entrate da indebitamento a spese di investimento. Per quest'ultima tuttavia la Corte giustifica l'applicazione291 alle Regioni differenziate del comma 6 dell'art. 119, argomentando assai impropriamente che si tratta di un vincolo che già alle Regioni in questione potrebbe imporre il legislatore statale. Più correttamente porta all'applicazione della norma costituzionale l'operare della clausola di maggior favore, per il configurarsi della disposizione dell'art. 119 come più favorevole rispetto a definizioni di investimento più restrittive nello statuto, ciò che la stessa Corte infatti constata. Inoltre non viene giudicata incostituzionale la relativa legislazione di coordinamento, che la Corte definisce come “normativa attuativa” (mentre dovrebbe riferirsi al coordinamento: per questo e non per l'attuazione costituzionale avendo competenza il legislatore statale292), per la quale non si impongono meccanismi concertati di attuazione statutaria. Notevole rilievo, nell'esercizio della potestà statale di coordinamento della finanza pubblica, assumono le regole del cosiddetto patto di stabilità interno, consistenti in norme inserite solitamente all'interno della legge finanziaria e finalizzate a vincolare le politiche di bilancio regionali per assicurarne la coerenza con i vincoli comunitari rappresentati dal Patto di stabilità e crescita. I vincoli statali si impongono anche alle Regioni speciali, per la necessaria armonizzazione dell'autonomia finanziaria con i principi della solidarietà nazionale. Ma la Corte riconosce la necessità di procedere mediante il metodo dell'accordo, in quanto “i limiti del coordinamento devono essere contemperati con la speciale autonomia in materia finanziaria” di queste Regioni. E in effetti la disciplina dettata dal legislatore statale è differenziata rispetto a quella valevole per le Regioni a statuto ordinario, in quanto ciascuna Regione speciale può annualmente adottare (“flessibilità regionale” del patto di stabilità interno) regole specifiche per gli obblighi a suo carico se entro la data prevista raggiunge un accordo con il Ministero dell'economia e delle finanze293. Fino a quando non fosse raggiunto l'accordo, inizialmente un decreto del Ministro dell'economia determinava i flussi di cassa verso gli enti in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2003-2005294. Sul tema si è espressa la sentenza n. 353 del 2004295. 291 In tema si è proposta anche la questione riguardante la legge regionale sarda n. 1 del 2006, art. 1, commi 4 e 9, per la quale la copertura del disavanzo di amministrazione a tutto il 31 dicembre 2005 doveva avvenire mediante il ricorso all'indebitamento. Sulla stessa tuttavia la Corte ha pronunciato solo sulla cessazione della materia del contendere. Infatti, successivamente, con la legge regionale n. 2 del 2007, art. 1, comma 3, analogamente a quanto avviene nella disposizione censurata si è previsto di dare copertura al disavanzo di amministrazione a tutto il 31 dicembre mediante rinnovo delle autorizzazioni alla contrazione dei mutui o prestiti obbligazionari medesimi, ma, diversamente da quanto previsto nella norma censurata, precisando che tale disavanzo sia esclusivamente quello derivante dalla mancata contrazione dei mutui già autorizzati. La Regione ha inoltre attestato che nel 2006 non si è provveduto alla contrazione dei mutui autorizzati 292 Qualche perplessità suscitano piuttosto le argomentazioni riferite alle Regioni ordinarie nella sentenza n. 425 del 2004. La competenza statale in ordine alle Regioni speciali viene fondata sul principio di unità di cui all'art. 5 e sul potere di dettare norme di riforma economico-sociale vincolanti anche per la potestà primaria, in quanto non ritiene la Corte che la situazione possa modificarsi con applicazione della clausola di maggior favore perchè con la riforma le Regioni a statuto ordinario non avrebbero acquisito autonomia maggiore, incontrando “gli stessi o più rigorosi limiti”, ciò che può riferirsi al raffronto con la situazione delle Regioni speciali, ma non alla precedente situazione delle stesse Regioni ordinarie perchè si trascurerebbe la trasformazione della competenza statale di coordinamento in concorrente operatasi nel titolo V. 293 Legge finanziaria per il 2005, art. 1, commi 38 e 39; legge finanziaria per il 2006, art. 1, comma 148. 294 Per la Corte non si può escludere che in pendenza delle trattative lo Stato possa imporre qualche limite analogo a quelli imposti dalla legge alle Regioni a statuto ordinario, nell'esercizio del potere di coordinamento della finanza pubblica nel suo complesso e in vista di obiettivi nazionali di stabilizzazione finanziaria al cui raggiungimento

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L'art. 1, comma 148, della legge finanziaria per il 2006, ha poi sostituito la previsione del potere unilaterale del Ministro di determinare i flussi di spesa con la statuizione che debbano ritenersi direttamente operanti, senza l'intermediazione di alcun provvedimento amministrativo, i limiti di spesa previsti dalla stessa legge finanziaria per le Regioni a statuto ordinario. Si aggiunge però “in caso di mancato accordo” entro il 31 marzo. Al riguardo, con la sentenza n. 82 del 2007, la Corte ribadisce che non è contestabile il potere del legislatore statale di porre vincoli alle politiche di bilancio, ma che un tale obbligo deve essere contemperato e coordinato con la speciale autonomia in materia finanziaria di cui godono le predette Regioni in forza dei loro statuti. E' tuttavia da escludere che il legislatore abbia inteso trasformare il termine da ordinatorio in perentorio, infatti la mancata conclusione dell'accordo entro il termine comporta l'applicazione del regime di spesa delle Regioni ordinarie non definitivamente, ma solo fino al raggiungimento dell'accordo. In seguito si avvia una riforma di più vasta portata con il comma 662296 della legge finanziaria per il 2007 che prevede una revisione delle norme di attuazione degli statuti speciali “per assicurare in via permanente il coordinamento tra le misure di finanza pubblica costituenti la manovra finanziaria dello Stato e l'ordinamento della finanza regionale previsto da ciascuno statuto speciale e dalle relative norme di attuazione”. Quanto alla competenza legislativa delle Regioni speciali in materia di finanza locale, materia che specificamente è prevista solo negli statuti della Valle d'Aosta come integrativo-attuativa e in quello del Trentino come concorrente, essa sembra297 affidata in esclusiva alla competenza regionale. Ciò consegue all'intervento della legge costituzionale n. 1 del 1993 che ha modificato gli statuti speciali assegnando alla competenza esclusiva di tali Regioni l'ordinamento degli enti locali. Infatti la sentenza n. 275 del 2007298 afferma espressamente che la materia della finanza locale, per la Regione Sardegna, è devoluta alla sua competenza esclusiva299 in forza dell'art. 3, lett. b) dello tutti gli enti autonomi, compresi quelli ad autonomia speciale sono chiamati a concorrere. 295 Relativa all'art. 29, comma 18, della legge n. 289 del 2002. Per le Regioni a statuto speciale la legge n. 449 del 1997 stabiliva che concorressero secondo criteri e procedure stabilite d'intesa fra Governo e Presidenti nell'ambito delle procedure previste da statuti e norme di attuazione. A questa disposizione hanno successivamente rinviato le leggi nn. 448 del 1998, 488 del 1999, 388 del 2000. In seguito l'art. 1 comma 4, del decreto legge n. 347 del 2001 e la legge n. 289 del 2002 hanno provveduto fino al 2005. La Corte ha ritenuto legittima la previsione nella legge finanziaria per il 2002 di un decreto da adottare in pendenza delle trattative per la determinazione, fino al raggiungimento dell'accordo, dei flussi di cassa verso gli enti ancorandoli ai limiti di spesa previsti per le Regioni a statuto ordinario. Tale regime infatti è da considerarsi non solo rispettoso del principio di tendenziale preferenza del metodo dell'accordo ma anche non arbitrario proprio per effetto del collegamento del provvedimento ad un preciso dato normativo. Ritiene la Corte che se però il potere fosse esercitabile oltre criteri e limiti consentiti risolvendosi in anomalo strumento di controllo sulla gestione finanziaria regionale risulterebbe lesivo dell'autonomia. Il potere di determinare transitoriamente i flussi di cassa può dunque essere esercitato solo in correlazione e al fine del contenimento della spesa degli enti entro limiti oggettivi risultanti dalla legge, oltre che dai documenti di programmazione. Ove così non fosse, la Regione disporrebbe dei rimedi giurisdizionali del caso per far valere le eventuali lesioni della propria autonomia. 296 Sentenza della Corte costituzionale n. 145 del 2008. 297 M. BARBERO, Un patto di stabilità interno su scala regionale? L'esperienza delle Regioni a statuto speciale (e delle province autonome), in www.federalismi.it, 2004, 12, osserva come la distribuzione delle competenze legislative in materia di finanza locale è oggi quanto mai incerta, ma un elemento di maggior certezza è rappresentato dalla realtà delle Regioni a statuto speciale che in materia di enti locali dispongono di potestà esclusiva. Qui il modello duale può dispiegarsi. Ciò è confermato dalla disciplina del patto di stabilità interno per gli enti locali e anche da altre norme che attribuiscono alle Regioni speciali rilevanti competenze in materia di finanziamento degli enti locali (Corte costituzionale, sentenza n. 537 del 1993). 298 La questione riguardava la normativa (legge regionale sarda n. 1 del 2006, art. 1, commi 4 e 9) che per gli enti locali operanti nella Regione stabilisce un diverso sistema di calcolo del tetto massimo delle spese in conto capitale attinenti il patto di stabilità interno di cui alla legge finanziaria per 2006. Ma per la Corte la questione non è fondata, in quanto si tratta di limiti alle spese aggiuntivi e non sostitutivi di quelli imposti dallo Stato, e comunque demandati alla Regione dalla stessa legge finanziaria statale. 299 Coerentemente l'art. 1 della legge n. 266 del 2005 stabilisce il metodo da seguire per la determinazione del tetto massimo delle spese degli enti locali siti nel territorio delle Regioni a statuto speciale attribuendo esplicitamente alle Regioni il compito di determinare in concreto e unilateralmente entro il 31 marzo di ogni anno tale tetto massimo.

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statuto. In virtù di tale competenza, in ordine al patto di stabilità interno per gli enti locali, le Regioni speciali possono adottare regole specifiche per gli obblighi a carico degli enti locali del proprio territorio, purchè le disposizioni siano emanate entro il 31 marzo (“flessibilità locale” del patto di stabilità interno). Quanto all'incidenza della riforma del titolo V sull'assetto finanziario delle Regioni speciali, questa si manifesta soprattutto in termini di maggior consapevolezza dei comuni principi costituzionali coinvolti. Si sottolineano300 gli eccessivi costi delle funzioni delle Regioni differenziate, ma soprattutto il fatto che l'individuazione delle loro competenze e del loro finanziamento sia avvenuta con modalità non trasparenti, con assegnazione di quote piuttosto generose. Tenendo conto del rapporto tra risorse e funzioni che ispira il nuovo regime, tale diversità di trattamento giustifica perplessità sulla compatibilità con i principi di solidarietà e uguaglianza, senza contare le tensioni che si determinano301, ad iniziare dalle richieste di “migrazione” da parte degli enti locali. Nella Dichiarazione di Aosta302 si richiede un ordinamento finanziario coerente con i poteri, le funzioni e le peculiarità delle Regioni a statuto speciale, e che le peculiarità debbano inoltre considerarsi nell'ambito della eventuale attuazione dell'art. 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001. Tuttavia di rilievo appare la considerazione che l'art. 10 (comportando l'attivazione per la modifica degli statuti e il riconoscimento di più ampie competenze) dovrebbe303 consentire l'apertura di quella discussione sistematica in materia di funzioni che è mancata in occasione della prima approvazione degli statuti e in occasione delle limitate modifiche.

Conseguentemente, per la Corte, deve ritenersi consentito alle Regioni di porre limiti ulteriori alla spesa degli enti locali anche attraverso la previsione di un tetto massimo più basso di quello nazionale. 300 G. PITRUZZELLA, Regioni a statuto speciale e altre forme particolari di autonomia regionale, cit.; G. MACCIOTTA, Competenze e finanziamento delle regioni a statuto speciale e delle forme di autonomia differenziata, in A. ZANARDI (a cura di), Per lo sviluppo. Un federalismo fiscale responsabile e solidale, il Mulino, Bologna, 2006, 167, rileva la casualità anche in sede di definizione delle fonti di finanziamento con la scelta fra “tributi propri e quote di tributi erariali” quasi esclusivamente in un ventaglio di compartecipazioni su alcuni grandi tributi erariali. La scelta di compartecipazioni e addizionali fu motivata dalla preoccupazione di salvaguardare l'unità del sistema tributario. Trasferimenti a carico dello Stato sono poi stati praticati in applicazione di specifiche disposizioni statutarie specie per Sardegna e Sicilia in base al comma 3 dell'art. 119. 301 A. BRANCASI, Uguaglianze e diseguaglianze nell'assetto finanziario di una repubblica federale, in Diritto pubblico, 2002, 3, 909; G. PITRUZZELLA, Problemi e pericoli del federalismo fiscale in Italia, in Le Regioni, 2002, 5, 977; P. GIARDA, Quale modello di federalismo fiscale nella nuova Costituzione italiana?, in Rivista italiana degli economisti, 2003, 1, 21; A. FERRARA, Questione settentrionale. Dalla grande alla piccola secessione: la migrazione territoriale dei Comuni come istanza di specializzazione in deroga ai principi del federalismo fiscale, in www.federalismi.it, 2007, 15; G. M. SALERNO, Le Regioni ad autonomia speciale e il federalismo fiscale: una questione da affrontare, in www.federalismi.it, 2007, 12; M. BARBERO, Enti locali in fuga: questioni di “forma” e di “sostanza”, in www.federalismi.it, 2009, 9. 302 Dichiarazione di Aosta del 2 dicembre 2006 delle Regioni a statuto speciale e Province autonome. Presidenti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome, Presidenti delle Assemblee e dei Consigli delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome. 303 Per G. MACCIOTTA, Competenze e finanziamento delle regioni a statuto speciale e delle forme di autonomia differenziata, cit., il nuovo quadro dovrebbe comportare grande attenzione alle esigenze di coordinamento. Immediata può essere la ricaduta per rivendicare l'assegnazione di nuove funzioni cui si accompagnerà la richiesta di adeguato finanziamento. Per le Regioni a statuto ordinario la procedura di assegnazione delle nuove competenze comporterà una ricognizione dei costi storici, l'attribuzione di specifiche entrate, la individuazione dei modi e dei tempi per la transizione verso i costi standardizzati. La proposta che si avanza è di utilizzare una procedura analoga per le Regioni a statuto speciale. L'applicazione sarà per le maggiori competenze e per il finanziamento di forme di autonomia più ampie in base al titolo V, ma a ben vedere dovrebbe essere applicata anche alla ricostruzione dei costi delle competenze in essere e delle relative modalità di finanziamento, in quanto sembra giusto che nuovi finanziamenti possano assegnarsi solo dopo una verifica della congruità delle risorse disponibili .

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Capitolo IV

GLI SVILUPPI E LE PROSPETTIVE DEL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

1. Gli interventi di coordinamento della finanza pubblica dopo la riforma

a) I principi per l'attuazione della riforma A seguito della revisione costituzionale la maggior parte delle necessarie linee di riforma è stata oggetto quasi esclusivamente di attenzione, studi e proposte, scarsi risultando gli sviluppi concreti. Nell'unica normativa dedicata all'attuazione del nuovo titolo V, legge La Loggia, 5 giugno 2003, n. 131, “Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”, (nella quale è di rilievo innanzitutto considerare che cosa il legislatore statale ha ritenuto preminente304) il coordinamento della finanza pubblica risulta implicato305 tra le materie concorrenti per le quali si richiede la individuazione dei principi fondamentali; nella revisione della normativa statale sugli enti locali; espressamente evocato a fondamento della riconsiderazione dei controlli e delle attribuzioni della Corte dei conti. Inoltre l'art. 8 ha configurato la Conferenza quale sede di intese per favorire l'armonizzazione delle legislazioni statali e regionali anche al fine di prevenire e limitare il contenzioso costituzionale, oltre che di raggiungere posizioni unitarie e conseguire obiettivi comuni, mentre si rinviava ad altra normativa l'attuazione del “federalismo fiscale”, né si poteva naturalmente completare il quadro costituzionale in particolare con riferimento al procedimento legislativo. Ma proprio in materia di coordinamento della finanza pubblica non sono mancati ripetuti ed incisivi interventi nelle leggi finanziarie annuali306, interventi di natura non soltanto congiunturale, ma anche strutturale. L’esperienza così sviluppata, se contribuisce, unitamente alle pronunce della Corte costituzionale, alla definizione dei caratteri della competenza statale e alla configurazione sostanziale di taluni principi fondamentali, determina tuttavia il collocarsi frammentariamente del coordinamento “statico” in una sede inadeguata, mentre quello “dinamico” risulta privo di una compiuta ed organizzata base organica. Quanto al tema dei controlli della Corte dei conti, occorre in primo luogo rilevare con riferimento alla disciplina che si è sviluppata successivamente, come questa dovrebbe essere oggetto non delle annuali leggi finanziarie ma di provvedimenti a carattere strutturale,

304 G. FALCON, Introduzione. Nuove questioni sul percorso istituzionale italiano, in G. FALCON (a cura di), Stato, Regioni ed Enti locali nella legge 5.6.2003, n. 131, il Mulino, Bologna, 2003, 11. 305 Con modalità che non appaiono organicamente coordinate. Rileva F. PIZZETTI, Le deleghe relative agli enti locali. Commento all'articolo 2, in G. FALCON (a cura di), Stato, Regioni ed Enti locali nella legge 5.6.2003, n. 131, il Mulino, Bologna, 2003, 41, che non può certo lasciare tranquilli il fatto che comunque, anche se riuniti in un'unica legge, il disegno di attuazione del titolo V per quanto attiene ai rapporti tra Stato e Regioni, da un lato, e alla posizione e al ruolo degli enti territoriali, dall'altro, segua itinerari significativamente diversi sia nella fase della proposta al Consiglio dei Ministri degli schemi di decreto delegato, sia nell'acquisizione del parere delle Conferenze, sia infine, nella individuazione delle Commissioni parlamentari competenti a dare i pareri e nei termini stessi stabiliti per tali pareri. 306 Si rileva come anche in passato nessuna legge era espressamente dedicata al coordinamento, che si è sviluppato nelle leggi sulla finanza regionale e locale e nelle leggi finanziarie, P. GIARDA, Le regole del federalismo fiscale nell’articolo 119: un economista di fronte alla nuova Costituzione, cit., 142.

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organicamente integrati con le norme della legge n. 20 del 1994 e di quella (ben più appropriata) per l’attuazione della riforma costituzionale. Occorre anche sottolineare come, a seguito della riforma, la normativa sui controlli richiede di essere considerata con riferimento al riparto delle competenze legislative e delle funzioni amministrative, nonché della compatibilità con le norme costituzionali. A maggior ragione una riforma strutturale ed organica si presenta necessaria per l'esigenza da più parti rilevata di una riflessione sui “massimi sistemi” della materia, con l'impossibilità di valutare e approfondire specifiche attribuzioni senza affrontare preliminarmente i temi di fondo. Tra questi, fondamentale l'esigenza di controlli di attendibilità dei bilanci, da ricondurre alla disciplina dell'armonizzazione dei bilanci pubblici e altrettanto strumentali rispetto al quadro multilivello delle relazioni finanziarie. Il percorso evolutivo avviato dalla legge La Loggia presenta alcune linee fondamentali e una serie di problematicità. Si opera l'opzione per il mantenimento di un controllo esterno unitario307, fondandosi la disciplina statale nel riferimento alla potestà di coordinamento della finanza pubblica. Coerentemente, acquistano maggior rilievo le attribuzioni finalizzate alla garanzia dell’equilibrio finanziario ed alla verifica della sua situazione complessiva308. Infatti (art. 7, commi 7, 8 e 9), la Corte dei conti, “ai fini del coordinamento della finanza pubblica, verifica il rispetto degli equilibri di bilancio da parte di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea”, con il compito di riferire al Parlamento ai fini del coordinamento. E' previsto inoltre un controllo più strettamente gestionale di carattere collaborativo della gestione amministrativa e finanziaria di tutti gli enti territoriali e alcune innovazioni (poi venute meno con la legge finanziaria per il 2008) sono volte a collegare sul piano organico e funzionale le Sezioni regionali con gli enti controllati. E' stata istituita la Sezione delle autonomie309 presieduta dal Presidente della Corte e composta da tutti i

307 Nell'audizione in Parlamento del 31 ottobre 2001, il Presidente della Corte si pronunciava a conferma del modello unitario del controllo evidenziando le ragioni che sconsigliavano di uniformarsi sul punto al diverso ordinamento pluralistico adottato negli altri Stati federali europei: peculiarità del nostro sistema costituzionale: caratterizzazione fortemente solidaristica; attribuzione della perequazione allo Stato. Il funzionamento del fondo perequativo esige un controllo sulla corretta applicazione non solo sul prelievo e riparto delle risorse ma anche sull'efficiente ed efficace utilizzo, ma un simile controllo non potrebbe essere attribuito ad un organo espressione delle amministrazioni controllate. Altra peculiarità è la equiordinazione cosicchè gli enti locali non potrebbero essere controllati da un organo della Regione. Coerente con la equiordinazione la abrogazione degli artt. 125 e 130. Un organo di controllo unitario se pure articolato in modo da corrispondere alle esigenze connesse allo statuto di autonomia degli enti controllati consente di superare queste criticità. Si esprime anche preoccupazione per l'essere venuta meno ogni forma di controllo esterno dei bilanci, mentre negli altri Stati europei sia unitari che federali sono previsti controlli puntuali e stringenti sugli atti contabili degli enti locali. La scelta del modello unitario di controllo ha anche ottenuto l'indispensabile avallo della Corte costituzionale secondo la quale autorità di controllo espressione degli ordinamenti regionali non potrebbero occupare “l'ambito del controllo che ai fini di coordinamento dell'intera finanza pubblica anche con riguardo al rispetto dei vincoli comunitari soltanto le Sezioni regionali della Corte dei conti in quanto componenti dell'unitario sistema di controlli esercitati dalla stessa Corte nel suo complesso possono perseguire” (Corte costituzionale, sentenza n. 267 del 2006). Di recente (Commissioni Affari costituzionali del Senato della Repubblica e dalla Camera dei Deputati, Indagine conoscitiva sullo stato di attuazione della riforma del titolo V della Costituzione. Contributo all'indagine del Presidente della Corte dei conti, Roma, 11 dicembre 2006; Corte dei conti, Relazione del Presidente della Corte dei conti per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2008), tale posizione viene ribadita. 308 Che evidenzia la permanente attualità della funzione storica della Corte dei conti sottolineata da Einaudi in sede di Assemblea costituente e consistente nel “compito di controllare le spese pubbliche” (S. PIASCO, Corte dei conti, voce, in Digesto delle dottrine pubblicistiche, Aggiornamento, UTET, Torino, 2000). Con Cavour la Corte rappresenta il custode delle leggi di spesa e il giudice dei conti. Pertanto potrebbe parlarsi di organo ausiliario dello Stato che opera in veste neutrale ed obiettiva nell'interesse dell'ordinamento giuridico ed a tutela della finanza pubblica . 309 Nell'ambito della funzione di coordinamento, questa detta gli indirizzi e i criteri generali per l'attività di referto finanziario annuale sul rendiconto delle Regioni e le indagini comparative su questioni comuni, nonché le linee guida per il coordinamento delle metodologie finalizzate alle rilevazioni sul funzionamento dei controlli interni di Regioni ed enti locali. Sono state inoltre fornite alle Sezioni regionali indicazioni per lo svolgimento coordinato della funzione consultiva in materia di contabilità pubblica a favore degli enti autonomi nonché per l'interpretazione uniforme

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Presidenti delle Sezioni regionali di controllo delle Regioni a statuto ordinario. Le Regioni possono avvalersi in forme ulteriori della Sezione regionale310 e analoga facoltà è riconosciuta anche agli enti locali sia pure, almeno di norma, attraverso l'intervento del Consiglio delle autonomie locali; alle Sezioni è poi riconosciuta la possibilità di esprimere su richiesta pareri nella materia della contabilità pubblica. Indicativo della imprescindibile funzione strumentale per l'effettività della riforma sul piano finanziario appare il fatto che una delle due materie alle quali è stata dedicata la ricognizione dei principi fondamentali sia stata l'armonizzazione dei bilanci pubblici. Anche se in concreto tale individuazione risulta rilevante esclusivamente per le carenze che evidenzia e per le elaborazioni prodotte in vista della predisposizione di principi per il futuro. Varie le valutazioni 311 e i timori, poi ridottisi, anche a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 280 del 2004, ma in virtù della sostanziale inutilità dell'operazione. Inoltre con il passare del tempo le norme per il regime transitorio sono invecchiate, superate dalla giurisprudenza costituzionale312. Con l'art. 1, comma 4, della legge La Loggia il Governo è stato delegato ad adottare uno o più decreti legislativi meramente ricognitivi dei principi fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti nelle materie attribuite alla potestà legislativa concorrente di Stato e Regioni. La sentenza n. 280 del 2004313 richiede che l'attività del Governo sia ridotta a una mera attività ricognitiva, simile alla formulazione di testi unici compilativi. E i decreti legislativi hanno il solo scopo di “agevolare il legislatore regionale senza avere carattere vincolante e comunque costituire di per sé un parametro di validità delle leggi regionali, dal momento che il comma 3 dello stesso art. 1 ribadisce che le Regioni esercitano la potestà legislativa concorrente nell'ambito dei principi fondamentali espressamente determinati dallo Stato o, in difetto, quali desumibili dalle leggi statali vigenti”. I principi314 direttivi della delega, taluni difficilmente intelligibili in una semplice ricognizione,

e l'esercizio di nuove competenze assegnate alla Corte dalle ultime leggi finanziarie 310 Le modalità non sono tipizzate e possono consistere in attività che vanno da referti su temi specifici e dalla richiesta di audizione di Magistrati della Sezione presso il Consiglio e le sue articolazioni interne fino alla previsione di forme di certificazione della affidabilità dei bilanci. 311 G. FALCON (a cura di), Stato, Regioni ed Enti locali nella legge 5.6.2003, n. 131, il Mulino, Bologna, 2003; F. BASSANINI et al., Legge “La Loggia”. Commento alla L. 5 giugno 2003, n. 131, di attuazione del Titolo V della Costituzione, Maggioli, Rimini, 2003; E. BARUSSO, Gli enti locali e l'attuazione della riforma costituzionale: commento alla legge 131/2003, Macerata, 2003; A. D'ATENA, Legislazione concorrente, principi fondamentali e delega per la formazione dei principi fondamentali, in www.forumcostituzionale.it (contrario); B. CARAVITA DI TORITTO, Il ddl La Loggia: spunti per una discussione, in www.federalismi.it (favorevole); F. DRAGO, Ricognizione dei principi fondamentali: prime riflessioni operative, in www.federalismi.it, 2003, 12; S. PILATO, La legge n. 131 (c. d. legge La Loggia) e la riforma del titolo V della Costituzione. Considerazioni introduttive, in Nuove Autonomie, 2003, 4-6, 915. A. MORRONE, La nuova “Costituzione finanziaria”. La Corte costituzionale indica la via per attuare l'art. 119 Cost., in Giurisprudenza costituzionale, 2003, 4079, rileva che la riforma non sembra aver prodotto una cesura culturale e istituzionale. Il primo generale provvedimento di attuazione della riforma costituzionale non solo non detta disposizioni specifiche in materia di finanza regionale e locale ma appare addirittura ispirato ad una logica inversa rispetto a quella propugnata dal legislatore costituzionale. Nella legge infatti i valori introdotti dalla revisione costituzionale (autonomia ed esclusività) sono declinati non secondo corrispondenti e perciò innovative norme di attuazione ma attraverso i principi dell'ordinamento giuridico vigente individuati con decreti legislativi delegati. 312 R. BIN, La delega relativa ai principi fondamentali della legislazione statale. Commento all'articolo 1, commi 2-6, in G. FALCON (a cura di), Stato, Regioni ed Enti locali nella legge 5.6.2003, n. 131, il Mulino, Bologna, 2003, 21. 313 L. CASTELLI, Regioni speciali e Legge “La Loggia”: la parola alla Corte costituzionale, in www.amministrazioneincammino, 2004; A. RUGGERI, Molte conferme (e qualche smentita) nella prima giurisprudenza sulla legge La Loggia, ma senza un sostanziale guadagno per l'autonomia (a margine di Corte cost. nn. 236, 238, 239 e 280/2004), in www.federalismi.it; F. DRAGO, Luci (poche) ed ombre (molte) della sentenza della Corte costituzionale sulla delega per la ricognizione dei principi fondamentali (nota a sent. n. 280/2004), in www.federalismi.it, 2004; N. MACCABIANI, I decreti legislativi “meramente ricognitivi” dei principi fondamentali come atti “senza forza di legge”? Breve nota a commento della sentenza n. 280/2004 della Corte costituzionale, in www.forumcostituzionale.it, 2004. 314 Completati dai criteri, tra i quali: individuazione dei principi fondamentali per settori organici della materia;

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sono rappresentati da esclusività, adeguatezza, chiarezza, proporzionalità, omogeneità. L'esclusività dovrebbe comportare che la ricognizione dei principi vincoli il Governo nell'esercizio dei poteri di impugnazione delle leggi regionali. Nel decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 170, “Ricognizione dei principi fondamentali in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, a norma dell'articolo 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131”315, i principali limiti attengono al contenuto, che riproduce ed evidenzia le carenze della legislazione dalla quale i principi vengono ricavati. Ciò che può risultare comunque utile in prospettiva, ma a condizione che si attivino le necessarie trasformazioni del sistema. Le criticità che si rilevano consistono principalmente nella formulazione di due separate “cornici”; e nella riproduzione di norme disomogenee tra loro e con la normativa statale, data la sussistenza di elementi di disarmonia delle normative contabili e della struttura dei bilanci ai diversi livelli di governo316. Ciò che è stato di frequente rilevato criticamente in passato. Ci si attiene inoltre ad un concetto di armonizzazione che esclude quanto è da ricondurre al coordinamento della finanza pubblica, ma anche all'armonizzazione se al di fuori della vecchia cornice. Ne consegue che alcune norme presentano effettivamente la natura di principi di armonizzazione dei bilanci pubblici, mentre per il resto la stessa impostazione evidenzia come sussistano norme differenziate per i diversi livelli di governo, e l'analisi della disciplina mostra come dal sistema vigente si ricavino principi carenti proprio in ordine alla affermata “omogeneità dei bilanci e dei sistemi di rilevazione contabile delle Regioni e degli enti locali, rispetto al bilancio dello Stato”317. Le riflessioni che si ricavano dalle elaborazioni e dai pareri offrono interessanti indicazioni in riferimento al provvedimento, ai termini più generali della materia ed alle innovazioni indispensabili per il futuro.

in modo da salvaguardare la potestà legislativa concorrente riconosciuta alle regioni ex art. 117 comma 3. e all'art. 1, comma 3; considerazione prioritaria ai fini dell'individuazione dei principi fondamentali delle disposizioni statali rilevanti per garantire: -unità giuridica ed economica; -tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali; -il rispetto della normativa comunitaria; considerazione prioritaria del nuovo sistema costituzionale emergente dal nuovo titolo V basato sulla equiordinazione tra i vari enti territoriali. 315 Composto da tre capi. Nel primo l'art. 1 detta l'ambito di applicazione, stabilendo che per le Regioni a statuto speciale resta fermo quanto previsto dall'art. 11 della legge n. 131. Per il secondo (“Unità economica della Repubblica”), “ai fini dell'unità economica della Repubblica la finanza di Regioni ed enti locali concorre con la finanza statale al perseguimento degli obiettivi di convergenza e stabilità derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea operando in coerenza con i vincoli che ne derivano in ambito nazionale sulla base dei principi fondamentali dell'armonizzazione dei bilanci pubblici e del coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli artt 117 e 119. Lo Stato, le Regioni, le province autonome e gli enti locali concorrono, ciascuno per quanto di propria specifica competenza, alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica adottati con l'adesione al patto di stabilità e crescita e ne condividono le relative responsabilità”. Il capo II si riferisce alle Regioni; il capo III è dedicato agli enti locali 316 Così anche la ACOFF, che rileva come le fonti sulla contabilità sono state tutte adottate prima dell'entrata in vigore della riforma del titolo V, con le considerazioni che seguono. Per la contabilità delle Regioni è evidente che manca di un serio riferimento alla rilevazione della contabilità dei costi ed in generale alla rendicontazione. Le regole della contabilità regionale in materia, infatti, sono ispirate ai criteri tradizionali della rilevazione dei flussi finanziari ed alla ripartizione conto del bilancio-conto del patrimonio; quest'ultimo redatto secondo le consuete metodologie della contabilità pubblica su base finanziaria e sulla base degli obsoleti criteri dei costi storici. Il sistema di contabilità degli enti locali minori è molto più superato: la classificazione dei bilanci di previsione è basata su criteri di tipo economico-funzionale che preesistevano alle profonde riforme del 1997 e quindi i bilanci dei comuni non conoscono le unità previsionali di base che costituiscono il cardine della struttura dei bilanci pubblici. La contabilità dei Comuni e delle Province inoltre non prevede un bilancio di cassa, mentre lo Stato e le Regioni utilizzano accanto al bilancio di previsione di competenza quello di cassa. Anche per quanto riguarda la rilevazione a consuntivo e in particolare l'adozione di nuovi metodi di rilevazione per centro di costo, la contabilità degli enti territoriali minori dovrebbe essere accuratamente armonizzata con quella statale e regionale. 317 Per l'art. 1: “l'armonizzazione dei bilanci pubblici ha per oggetto l'omogeneità dei bilanci e dei sistemi di rilevazione contabile delle Regioni e degli enti locali, rispetto al bilancio dello Stato e le consequenziali procedure di consolidamento dei conti pubblici anche ai fini di garanzia degli equilibri di finanza pubblica e del rispetto del patto di stabilità e crescita”, ma non vi rientrano le disposizioni concernenti il SIOPE.

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Tra i pareri318 d'interesse le considerazioni della Corte dei conti319 del 2004 e quelle del 2006, per le quali, tenendo anche conto della sentenza della Corte costituzionale, viene meno la ragion d'essere della delega, i cui limiti del resto difficilmente avrebbero consentito di raggiungere risultati appropriati, infatti, non potendosi innovare, non è possibile esercitare un'effettiva azione armonizzatrice. Tuttavia si ritiene che avrebbe potuto ravvisarsi l'opportunità di elevare a principi in coerenza con le scelte adottate dalla legge n. 131 del 2003, sia l'assoggettamento degli enti al controllo esterno della Corte dei conti che la necessarietà di un organo interno di revisione contabile negli enti locali. Sulla configurazione della materia, il Comitato per la ricognizione dei principi, rileva, tra l'altro, che essa si colloca a stretto contatto con il diritto civile e commerciale rimesso alla competenza esclusiva statale e si intreccia con il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario importando pertanto la necessità di collegamento con i lavori dell'Alta Commissione per il federalismo fiscale. Questa, a sua volta, sottolinea che “armonizzazione significa trasformazione o modificazione di un qualche oggetto od entità in modo da renderli coerenti con altri elementi di uno stesso sistema al fine di evitare divergenze sostanziali di funzionamento o di forma”, e che i bilanci pubblici rappresentano parte di un meccanismo integrato costituito dall'aggregato che in contabilità nazionale viene definito amministrazioni pubbliche. Per una futura effettiva azione di armonizzazione dei bilanci pubblici e delle regole contabili connesse, idonee a garantire il coordinamento della finanza pubblica, la Corte dei conti individua i seguenti passaggi chiave: definizione dei postulati del sistema di bilancio che dovranno essere i medesimi per tutti i livelli; prospetti contabili obbligatoriamente uniformi almeno a livello di voci aggregate; corretti principi contabili da porre a base dei precetti tecnici; organizzazione di controlli esterni ed interni, con funzioni di garanzia degli equilibri finanziari del settore pubblico in grado di verificare il rispetto dei postulati ed assicurare la trasparenza delle gestioni e l'attendibilità dei dati contabilità. Per la ACOFF, tra i principi fondamentali che in sede di legge statale si ritiene possano essere posti a base dell'attività di armonizzazione, il rispetto della stabilità, nonchè il comma 6 dell'art. 119. Inoltre il principio della trasparenza e cooperazione informativa Stato-enti territoriali; l'omogeneità e integrabilità dei criteri della classificazione delle entrate e delle spese. 318 Gli schemi preparatori hanno ricevuto pareri negativi con richiesta di modifiche da parte della Conferenza Stato-Regioni, tra l'altro, in particolare, al fine di introdurre una clausola di salvaguardia specifica dell'autonomia delle Regioni a statuto speciale. Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, seduta del 24 novembre 2005, Parere espresso sullo schema di decreto legislativo recante ricognizione dei principi fondamentali in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, ai sensi della legge 5 giugno, 2003, n. 131, e seduta 16 marzo 2006, Parere definitivo sullo schema di decreto legislativo recante ricognizione dei principi fondamentali in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, ai sensi della legge 5 giugno, 2003, n. 131. Nel primo parere si rileva che l'operazione di ricognizione appare di dubbia utilità; lo schema appare del tutto scollegato dalle altre due materie che all'armonizzazione dei bilanci pubblici sono strettamente connesse dall'art. 117, comma 3. Del carattere fortemente parziale del decreto è conferma il fatto che vi sono frammiste norme di armonizzazione ed altre che hanno carattere sostanziale (patto ed obiettivi di bilancio). Vi sono inoltre molte norme innovative. 319 Corte dei conti, n. 2/2004/Cons, Parere sullo schema di decreto legislativo recante armonizzazione dei bilanci pubblici, con alcuni rilievi su norme innovative o non di principio (budget per le Regioni, estensione agli ambiti della gestione ed organizzativi per gli enti locali) e necessità di limitarsi alla materia dei bilanci con riferimento alla loro struttura. Si auspicava una intelaiatura informativa idonea ad offrire un quadro affidabile degli andamenti generali della finanza pubblica e raccomandava l'adozione di criteri contabili che consentissero metodi di riclassificazione in linea con il sistema di contabilità economica nazionale di rilievo anche in sede comunitaria per la verifica del rispetto delle regole di convergenza. Si sottolineavano le difficoltà del processo di normalizzazione dei conti, attesa anche l'autonomia riconosciuta agli enti. Nella Audizione informale nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante ricognizione dei principi fondamentali in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, presso la Commissione Bilancio della Camera, 8 febbraio, 2006, la Corte sottolinea la limitata portata del testo, al quale è inibito, oltre che dettare norme di dettaglio: produrre effetti innovativi che vanno perseguiti invece con legge dello Stato di principi, in coerenza con le esigenze derivanti dall'ordinamento comunitario e in connessione con il coordinamento della finanza pubblica e al coordinamento informativo, statistico e informatico; ovviare alle divergenze oggi riscontrabili tra i criteri di impostazione dei bilanci con conseguenti difficoltà di raffronto; disciplinare materie (come quella attinente alla gestione del bilancio) per l'appunto connesse, ma in questa sede estranee all'armonizzazione dei bilanci pubblici.

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Occorrerà anche valutare la trasformazione320 del bilancio dello Stato al momento in atto ai fini di una riqualificazione della spesa. b) I principi introdotti con le leggi finanziarie Tra i principi a carattere strutturale introdotti impropriamente con le leggi finanziarie, incisivi sviluppi caratterizzano quelli relativi al ricorso all'indebitamento da parte delle autonomie. La materia era da tempo oggetto di disciplina di cornice321, richiamata nel decreto legislativo n. 170 del 2006322. La riforma del titolo V costituzionalizza il principio della esclusiva finalizzazione a spese di investimento. I successivi interventi, nell'inattuazione di un rinnovato quadro organico, si presentano sollecitati da esigenze di coordinamento e contenimento di costi e rischi, a fronte323 di un sempre più frequente e differenziato ricorso al mercato finanziario, e dalla presenza, dal 2001, del comma 6 dell’art. 119 Cost. Tale normativa appare da ricondurre principalmente alla materia della armonizzazione dei bilanci pubblici, alla quale dovrebbero ascriversi le regole di corretta gestione a carattere permanente, che si aggiungono a quelle di corretta contabilizzazione; ma anche al più ampio coordinamento della finanza pubblica, ciò che fanno tanto il legislatore che il giudice costituzionale, ma non. come si è visto, per le norme poste a tutela del vincolo costituzionale, (nel cui contenuto normativo si riscontra l'assenza dei requisiti di un effettivo coordinamento). Si sono imposti324 obblighi di trasmissione dati e interventi ministeriali per l’accesso al mercato, nonché regole e limiti in ordine alle diverse tipologie di strumenti finanziari utilizzabili. Con l’art. 41 della legge finanziaria per il 2002, il Ministero dell’economia e delle finanze assume il ruolo di coordinatore dell’accesso al mercato dei capitali da parte degli enti territoriali e dei loro consorzi, comprendendovi sia le Regioni che gli enti locali, prevedendosi l’emanazione di un decreto per la definizione delle modalità di realizzazione. Al Ministero debbono essere presentati periodicamente i dati relativi alle situazioni finanziarie secondo modalità e criteri stabiliti dallo stesso “sentita la Conferenza unificata” (DM del Ministero dell’economia e delle finanze n. 389 del 2003). Per le operazioni di valore superiore ai 100 milioni di euro il dipartimento del tesoro ha facoltà di indicare il momento più opportuno per la effettuazione dell’operazione. 320 Il Rapporto di una missione di economisti incaricati dal Fondo monetario internazionale su richiesta del Ministero dell'economia e delle finanze, raccomanda minor frammentazione del bilancio; avvio di spending review in cinque Ministeri; riorganizzazione per missioni e programmi da raccordare con la classificazione COFOG anche per confronti internazionali, collegamenti Parlamento/Governo e revisione della spesa come elemento stabile. Rilevando come punti di debolezza punti di debolezza nel processo di formazione del bilancio: approccio di tipo incrementale, struttura eccessivamente frammentata, mancanza di un chiaro orientamento di medio periodo, la proliferazione di emendamenti microsettoriali, ridondanza di controlli preventivi giuridici, debole informazione sui costi dei programmi di spesa e una scarsa attenzione ai risultati conseguiti. Anche sulla base di tali indicazioni si è avviata una sperimentazione relativa alla struttura del bilancio di previsione per il 2008, attraverso la articolazione per missioni e programmi. 321 All’art.10 della legge n. 281 del 1970; art. 22 del decreto legislativo n. 76 del 2000; testo unico degli enti locali, articoli 202, 203 e 204. 322 Il decreto legislativo n. 170 del 2006, agli artt. 5 e 26, si limita a richiamare le precedenti regole poste nella cornice regionale e nel testo unico, ribadendo il limite della utilizzazione esclusivamente per spese di investimento. 323 Per i problemi nel concreto utilizzo degli strumenti finanziari e i rischi che presentano, che hanno dato adito ad indagini parlamentari e della Corte dei conti specialmente sull’uso dei prodotti finanziari derivati, L. CAVALLINI CADEDDU, E. BANI (a cura di), Strumenti finanziari e risorse per le autonomie, Cedam, Padova, 2008. 324 Rileva M. BARBERO, Il patto di stabilità interno all'esame della Corte costituzionale, in il Foro amministrativo, CdS, 2004, 346, che le norme sull'indebitamento (leggi finanziarie 2002, 2003 e 2004) sono le uniche disposizioni attuative del nuovo art. 119. In precedenza la legge n. 724 del 1994 ha eliminato il monopolio della Cassa depositi e prestiti e riattivato la possibilità di emettere prestiti obbligazionari; la legge n. 405 del 2001 ha eliminato il sistematico ricorso al debito per la copertura dei disavanzi della spesa sanitaria. Con la legge finanziaria per il 2002 si è precisato che il ricorso al mutuo per spese per debiti fuori bilancio di parte corrente dovesse limitarsi alle passività maturate prima della entrata in vigore della legge.

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Inoltre è stato supportato il rispetto della “regola aurea”: la legge finanziaria per il 2003 ha comminato nullità325 degli atti e contratti nonchè sanzioni per la violazione del divieto. Quella per il 2004 ha introdotto la definizione dei termini di indebitamento e investimento: nel ribadire che gli enti locali e le Regioni possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento, si definisce (art. 17, commi 16, 17 e 18) tassativamente cosa debba intendersi per “spese di investimento” e per “indebitamento”. Da ultimo, le leggi finanziarie326 per il 2007 e per il 2008 tornano sulla disciplina dell’utilizzazione di taluni prodotti finanziari cui gli enti territoriali possono fare ricorso per la gestione del debito, con alcune disposizioni qualificate come “principi fondamentali per il coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117 e 119”. Le normative hanno dato adito alle rilevanti sentenze della Corte costituzionale già richiamate, nn. 367 del 2003 e 425 del 2004. Anche sul piano dei controlli devono richiamarsi gli interventi operati con le leggi finanziarie, in ordine ai quali si ribadisce l'inadeguatezza della sede, la necessità di risistemazione organica327 nonché l'esigenza di realizzare un regime di controlli flessibile328, in grado di adeguarsi anche agli

325 Non censurata dalla Corte costituzionale, sentenza n. 320 del 2004. 326 V. nella legge finanziaria per il 2007 i commi da 736 a 739 Le operazioni di gestione del debito tramite utilizzo di strumenti derivati devono consentire la riduzione del costo finale del debito e garantire dall’esposizione ai rischi di mercato. Le operazioni possono essere concluse solo in corrispondenza di passività effettivamente dovute tenendo conto del contenimento dei rischi di crediti assunti. I contratti con i quali si pongono in essere le operazioni di ammortamento del debito con rimborso unico a scadenza e le operazioni in strumenti derivati devono essere trasmessi al Dipartimento del tesoro del Ministero dell’Economia e finanze. La trasmissione deve avvenire prima della sottoscrizione dei contratti ed è elemento costitutivo dell’efficacia degli stessi. Gli elenchi aggiornati contenenti i dati di tutte le operazioni finanziarie e di indebitamento soggette a monitoraggio devono essere conservati per almeno 5 anni e l’organo di revisione deve vigilare sul corretto e tempestivo adempimento. Quella per il 2008 (art. 2, commi da 380 a 384) affida ad un decreto del Ministro dell'economia la trasparenza per i contratti su strumenti finanziari derivati sottoscritti da Regioni e enti locali; il decreto dovrà indicare le informazioni che devono recare i contratti su strumenti finanziari anche derivati e indicazioni sulla redazione. Il Ministero dovrà anche verificare che i contratti siano conformi al decreto. L'ente dovrà attestare espressamente di aver preso piena considerazione dei rischi dello strumento. Il rispetto delle prescrizioni è elemento costitutivo dell'efficacia dei contratti. La violazione delle norme previste in questi commi va comunicata alla Corte dei conti, che sarà tenuta ad adottare i provvedimenti di sua competenza. 327 Per la Corte dei conti, Commissioni Affari costituzionali del Senato della Repubblica e dalla Camera dei Deputati, Indagine conoscitiva sullo stato di attuazione della riforma del titolo V della Costituzione. Contributo all'indagine del Presidente della Corte dei conti (Roma, 11 dicembre 2006); e Corte dei conti, Relazione del Presidente della Corte dei conti per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2008, con riguardo agli enti locali, l'annunciata revisione del loro ordinamento dovrebbe fornire l'occasione, tra l'altro : -per raccordare il nuovo controllo sui bilanci con quello sugli organi, al fine di introdurre misure sanzionatorie alle più gravi irregolarità contabili (come per la mancata approvazione del bilancio); -per rafforzare (o introdurre) la professionalità e l'indipendenza dei componenti (o dell'unico titolare) dell'organo di revisione, attraverso rinnovate modalità di nomina che escludano ogni forma di scelta fiduciaria e di lottizzazione. Con riguardo alle Regioni: il controllo dovrebbe essere reso più incisivo nella promozione della regolarità contabile e finanziaria e nella funzione strumentale diretta a favore dei Consigli regionali con la previsione da parte del legislatore statale – con norma di principio nell'esercizio del coordinamento della finanza pubblica e dell'armonizzazione dei bilanci pubblici – dell'inserimento temporale e funzionale del referto sull'esito del controllo nel processo di bilancio regionale (a somiglianza di quanto avviene per la parifica del rendiconto generale dello Stato) La legge regionale potrebbe poi ulteriormente precisare e diversificare questa norma di principio sviluppando ad esempio la funzione collaborativa e consultiva nei confronti del Consiglio e delle Commissioni e riconoscendo al controllo della Corte una valenza certificatoria del bilancio (secondo un modello già adottato nel Friuli Venezia Giulia). Con riguardo sia agli enti locali che alle Regioni sono essenziali, per un proficuo esercizio dei controlli: l'armonizzazione dei bilanci pubblici, stante l'attuale sensibile difformità nell'impostazione dei bilanci degli enti territoriali che è di ostacolo alla raffrontabilità e significatività dei dati contabili; condizione questa indispensabile ai fini del controllo gestionale e finanziario, dell'attuazione degli interventi perequativi e solidaristici previsti dalla Costituzione e, infine, della verifica del rispetto dei vincoli comunitari; il potenziamento delle strutture organizzative della Corte dei conti rimaste a livelli assolutamente inadeguati, sul piano quantitativo e funzionale, a fronte delle nuove e più impegnative attribuzioni e delle diverse professionalità richieste. 328 Per F. PIZZETTI, Il controllo collaborativo ed i rapporti con i controlli interni, in Atti del LII Convegno di studi di scienza dell'amministrazione, I controlli sulle autonomie nel nuovo quadro istituzionale, Giuffrè, Milano, 2007, si potrebbe dire che così come un sistema di federalismo fiscale e di organizzazione federale di finanza pubblica

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sviluppi dinamici del coordinamento della finanza pubblica. Si assiste al configurarsi di relazioni della Corte con gli enti e i loro organi329; alla richiesta di trasmissione di dati o atti alla Corte spesso senza indicazione espressa se ne siano destinatarie le Sezioni regionali di controllo o le Procure, ingenerando problemi interpretativi sui quali è dovuta intervenire più volta l’opera chiarificatrice della Corte stessa; oppure segnalazioni alle Sezioni di controllo previste in parallelo con la trasmissione alle Procure330. Di notevole rilievo l'intervento della legge finanziaria per il 2006, con la finalità dichiarata di soddisfare esigenze di tutela dell’unità economica della Repubblica e di coordinamento della finanza pubblica. La nuova disciplina assicura, in riferimento agli enti locali, verifiche generalizzate su profili di regolarità essenziali per la tenuta del sistema unitario della finanza pubblica prevedendo l'obbligo per i revisori di trasmettere relazioni sul bilancio preventivo e sul rendiconto predisposte sulla base di criteri definiti unitariamente dalla Corte e rivolte a dar conto non solo del rispetto degli obiettivi posti dal patto di stabilità e del limite costituzionale al ricorso all'indebitamento, ma anche di ogni grave irregolarità contabile e finanziaria in ordine alla quale l'amministrazione non abbia adottato gli interventi correttivi segnalati dall'organo interno di revisione. Le Sezioni regionali qualora accertino comportamenti difformi dalle regole della sana gestione finanziaria adottano formale pronuncia e vigilano sull'adozione delle necessarie misure correttive e sull'osservanza dei vincoli previsti dall'ordinamento in caso di mancato rispetto del patto di stabilità. Particolarmente incongrua appare la collocazione nella legge finanziaria per il 2008 (art. 3 commi 60-65) di una riforma organizzativa e funzionale della Corte dei conti di rilevante portata che investe il referto al Parlamento in riferimento alle autonomie331; la composizione delle Sezioni regionali332; la riorganizzazione regolamentare degli uffici e servizi333; il rapporto con le amministrazioni334. Complessivamente si rafforza la funzione ausiliaria del Parlamento in ordine

collocato nel contesto europeo deve scontare la necessità di una governance tanto flessibile quanto definita soltanto nelle sue modalità di azione e nelle procedure che la regolano, così un moderno sistema di controlli deve scontare un alto grado di flessibilità e di adattabilità. 329 Corte costituzionale, sentenze nn. 417 del 2005 e 179 del 2007. 330 Anche la legge finanziaria per il 2007 nell’intervenire ulteriormente sulla disciplina dell’utilizzo degli strumenti finanziari, prevede l’obbligo di effettuare comunicazioni alla Corte dei conti senza specificare se ai suoi organi di controllo o a quelli giurisdizionali. Si richiede, infatti, che le operazioni in violazione dei commi 736 e 737 siano comunicate alla Corte dei conti per l’adozione dei provvedimenti di competenza. La legge finanziaria 2007 e la pubblica amministrazione, in Giornale di diritto amministrativo, 2/2007, 241; F. BRUNO (a cura di), Manovra finanziaria 2007. Enti locali: bilancio gestione, adempimenti e scadenze, nel sito internet dell’ARDEL. 331 Per il comma 60, all'art. 7, comma 7 della legge n. 131 al secondo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole:”salvo quanto disposto dal terzo periodo del presente comma. Nelle relazioni al Parlamento di cui all'art. 3, comma 6, della legge n. 20 e succ mod e all'art. 13 del dl 786 del 1981 conv in legge n. 51 del 1982 e succ mod la Corte dei conti riferisce anche sulla base dei dati e delle informazioni raccolti dalle Sezioni regionali di controllo”. 332 L'art. 7, comma 9 della legge n. 131 del 2003 è abrogato. I componenti già nominati in attuazione della predetta disposizione alla data del 1 ottobre 2007 rimangono in carica fino alla fine del mandato. I componenti nominati successivamente cessano dalla carica alla data di entrata in vigore della presente legge, terminando dalla medesima data ogni corresponsione di emolumenti a quaqlsiasi titolo in precedenza percepiti. 333 Per il coordinamento delle nuove funzioni istituzionali conseguenti all'applicazione dei commi dal 43 al 66 con quelle in atto e per il potenziamento delle attività finalizzate alla relazione annuale al Parlamento sul rendiconto generale dello Stato e dei controlli sulla gestione nonché per il perseguimento delle priorità indicate dal Parlamento ai sensi dell'art. 3 comma 4 della legge n. 20 e succ mod, il Consiglio di presidenza della Corte dei conti adotta su proposta del Presidente della stessa Corte i regolamenti di cui all'art. 4 della legge n. 20 e all'art. 3 del d lgs n. 286 del 1999, necessari per riorganizzare gli uffici e i servizi della Corte. Il Presidente della Corte formula le proposte regolamentari sentito il segretario generale nell'esercizio delle funzioni di indirizzo politico-istituzionale di cui agli articoli 4, comma 1 e 15, comma 5, del decreto legislativo n. 165 del 2001, definendo gli obiettivi e i programmi da attuare e adottando i conseguenti provvedimenti applicativi, 334 Ai fini di razionalizzazione della spesa pubblica, di vigilanza sulle entrate e di potenziamento del controllo svolto dalla Corte dei conti l'amministrazione che ritenga di non ottemperare ai rilievi formulati dalla Corte a conclusione di controlli su gestioni di spesa e di entrata svolti a norma dell'art. 3 della legge n. 20 adotta entro trenta giorni dalla ricezione dei rilievi un provvedimento motivato da comunicare alla presidenza delle Camere alla Presidenza

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all'intero quadro della finanza pubblica. Tra l'altro (comma 63), per il triennio 2008-2010 il presidente della Corte entro il 30 giugno di ciascun anno presenta al Parlamento una relazione sulle procedure in corso per l'attuazione delle previsioni e sugli strumenti necessari per garantire piena autonomia ed effettiva indipendenza nello svolgimento delle funzioni di organo ausiliario del Parlamento in attuazione dell'art. 100 della Costituzione. La Corte costituzionale ha avuto modo di esprimersi335 sulle attribuzioni di controllo della Corte dei conti successivamente alla riforma del titolo V della Costituzione, inizialmente nelle decisioni nn. 64 e 417 del 2005. Di maggior rilievo la sentenza n. 267 del 2006336 dove il controllo della Corte è visto come strumento337 per garantire il rispetto dell’equilibrio unitario della finanza pubblica. Comune il coinvolgimento per le Regioni e le Province ad autonomia differenziata. Ritiene la Corte costituzionale che non si pone in discussione “il controllo sulla gestione delle risorse collettive, affidato alla Corte dei conti, in veste di organo terzo338 … che garantisca il rispetto dell’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva”. Non risultano tuttavia chiari i requisiti necessari per poter definire un organo come comunitario339. Con alcune considerazioni, poi ulteriormente sviluppate340 nel 2007, si rileva che “l’estensione di tale controllo a tutte le amministrazioni pubbliche, comprese le Regioni e gli enti locali, è il frutto di una scelta del legislatore che ha inteso superare la dimensione un tempo “statale” della finanza pubblica riflessa dall’art. 100 Cost.”. Segue la sentenza n. 179 del 2007341 che ha ad oggetto le disposizioni dei commi da 166 a 168 della legge finanziaria per il 2006. Rimane assodato che la previsione da parte di una legge dello Stato del controllo in esame rientra nella competenza propria di quest’ultimo di dettare principi nella materia concorrente della “armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica” e si consolida una visione unitaria della finanza pubblica che conduce a rileggere l’art. 100 Cost. Ribadendo quanto già affermato (29/1995 e 267/2006) sulla

del Consiglio dei Ministri ed alla presidenza della Corte dei conti. 335 G. D’AURIA, Principi di giurisprudenza costituzionale in materia di controlli, in 52° Convegno di studi di scienza dell'amministrazione, I controlli sulle autonomie nel nuovo quadro istituzionale, Giuffrè, Milano, 2007. 336 A. BRANCASI, Il controllo finanziario e contabile sugli enti territoriali; G. D’AURIA, Principi di giurisprudenza costituzionale in materia di controlli, cit.; G. C. DE MARTIN, Disciplina dei controlli e principi di buon andamento; tutte in Atti del 52° Convegno di studi di scienza dell'amministrazione, I controlli sulle autonomie nel nuovo quadro costituzionale, Giuffrè, Milano, 2007. Inoltre, C. CHIAPPINELLI, Evoluzione dell’ordinamento e controlli: le funzioni degli organismi regionali e della Corte dei conti, in Giurisprudenza costituzionale, 2006, 2812; L. CAVALLINI CADEDDU, I controlli sulla gestione delle autonomie nella sentenza della Corte costituzionale n. 267 del 2006, in Le regioni, 2007, 2; M. DI MARTINO, La Corte “disegna” il quadro ordinamentale del sistema dei controlli, in www.consultaonline. CHIAPPINELLI, Principio di legalità ed amministrazioni pubbliche: profili evolutivi in tema di controllo, in Atti del 53° Convegno di studi amministrativi, il principio di legalità nel diritto amministrativo che cambia, Varenna, 20-22 settembre 2007. 337 Il controllo esterno sulla gestione viene collocato nell’ambito materiale del coordinamento della finanza pubblica; la disciplina di cui alla legge n. 131 del 2003 è posta in rapporto di continuità con quella del 1994, rilevandosi tuttavia il maggior rilievo che acquista a seguito dei vincoli comunitari e del patto di stabilità interno, ricordando anche come in base all’art. 248 del Trattato CE il controllo comunitario negli Stati membri si effettua in collaborazione con le istituzioni nazionali di controllo. V. anche le sentenze nn. 29, 244, 335 del 1995 e 470 del 1997. Ma già nelle sentenze nn. 422 e 961 del 1988 la Corte fonda le attribuzioni della Corte dei conti sul coordinamento della finanza pubblica oltre che sull’accertamento della buona gestione, collegandole alla posizione della Corte (in base all’art. 100 Cost.) come organo imparziale e competente. L. CAVALLINI CADEDDU, Il controllo della Corte dei conti sulle autonomie come garanzia imparziale dell’equilibrio della finanza pubblica, in 52° Convegno di studi di scienza dell'amministrazione, , I controlli sulle autonomie nel nuovo quadro istituzionale, Giuffrè, Milano, 2007. 338 Dagli ultimi congressi INTOSAI e EUROSAI, Città del Messico (ottobre 2007) e Lisbona (maggio 2007), risalta come la prima necessaria forma di indipendenza è quella finanziaria. 339 F. MERLONI, Vecchie e nuove forme di controllo sull’attività degli enti locali, in Le regioni, 2005, 1-2, 137; A. BRANCASI, Il controllo finanziario e contabile sugli enti territoriali e il controllo diffuso di regolarità contabile, cit. 340 Rileva C. CHIAPPINELLI, Evoluzione dell’ordinamento e controlli: le funzioni degli organismi regionali e della Corte dei conti, cit., che la pronuncia presenta “un approccio in parte nuovo”. 341 A. CAROSI, La Consulta promuove i controlli finanziari, in Il sole 24 ore, 18 giugno 2007.

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libertà del legislatore di assegnare alla Corte dei conti qualsiasi forma di controllo purchè abbia un suo fondamento costituzionale, si aggiunge che la sussistenza di detto fondamento è confortata in primo luogo dall’art. 100 della Costituzione, il quale assegna alla Corte342 il controllo successivo sulla gestione del bilancio, come controllo esterno e imparziale, in quanto “al momento dell’emanazione della Costituzione, per indicare l’intera finanza pubblica non poteva non farsi riferimento al bilancio dello Stato”. Per la prima volta inoltre la Corte delinea, ma incidentalmente, una distinzione tra la funzione di controllo finanziario, in senso stretto e quella di controllo sulla gestione che nelle precedenti pronunce non venivano separatamente individuate. Occorre infatti segnalare l’ambiguità che, lungo il processo evolutivo seguito alla legge n. 20 del 2004, si è andata instaurando343 tra le due forme di controllo e che appare non irrilevante oggi in riferimento all’ambito materiale della relativa competenza legislativa, il controllo sulla gestione potendo mostrare prevalenza del riferimento all’ordinamento degli uffici. La visione prospettata344 dalla Corte è anche per tali aspetti oggettivi unificante e sembra sostanzialmente considerare prevalenti gli aspetti finanziari e l'attrazione al coordinamento della finanza pubblica complessiva. Il patto di stabilità interno Gli impegni del Patto di stabilità e crescita345, che integrano346 le regole comunitarie 342 V. ONIDA Legittimazione della Corte dei conti limitata “per parametro” o conflitto di attribuzioni?, in Giur cost. 1991, 4168; G. CARBONE, Artt. 99-100, in Commentario della Costituzione, Zanichelli, Bologna-Roma, 1994, 31; V. VANACORE, Controlli sulla gestione e articolo 100 della costituzione: una questione ancora aperta, in Nuove autonomie, 2003, 1-2, 148. 343 Da un lato si assiste ad uno sviluppo parallelo caratterizzato da apparente autonomia e quasi contrapposizione nella evoluzione della normativa e in quella della prassi dei controlli; dall’altro tuttavia tale distinzione non viene formulata con chiarezza a livello legislativo. Per di più nella sostanza si evidenziano accentuate interconnessioni che ostacolano la differenziazione e la possibilità di autonomo svolgimento delle due forme di controllo. Sviluppa ampiamente tali tematiche, F. BATTINI, Il nuovo assetto del sistema dei controlli pubblici, in Atti del 50° Convegno di studi amministrativi, L’attuazione del Titolo V della Costituzione, Giuffrè, Milano, 2005; ID., I temi del Convegno: presentazione, in Atti del 52° Convegno di studi di scienza dell'amministrazione, I controlli sulle autonomie nel nuovo quadro istituzionale, Giuffrè, Milano, 2007. Ibidem, F. NICOLETTI, Profili funzionali del controllo sulla gestione esercitato dalla Corte dei conti sulle Regioni e sugli enti locali; e R. ARRIGONI, La legge finanziaria 2006 e il controllo di regolarità contabile, che ritiene invece non possa esservi separabilità ma debba esservi integrazione fra controllo di regolarità contabile e controllo sui risultati della gestione. 344 “Questa nuova forma di controllo sviluppa il quadro delle misure necessarie per garantire la stabilità dei bilanci ed il rispetto del patto di stabilità interno, prescritti dall’art. 7, comma 7, della legge 5 giugno 2003, n. 131... Tale controllo, che è ascrivibile alla categoria del riesame di legalità e regolarità, ha tuttavia la caratteristica, in una prospettiva non più statica (com’era il tradizionale controllo di legalità-regolarità), ma dinamica, di finalizzare il confronto tra fattispecie e parametro normativo alla adozione di effettive misure correttive. Ne consegue che esso assume anche i caratteri propri del controllo sulla gestione in senso stretto e concorre, insieme a quest’ultimo, alla formazione di una visione unitaria della finanza pubblica, ai fini della tutela dell’equilibrio finanziario e di osservanza del patto di stabilità interno”. 345 Sul Patto di stabilità e crescita e sulla sua evoluzione, tra gli altri, G. DELLA CANANEA, La finanza come strumento dell'integrazione comunitaria, in A. MASSERA (a cura di), Ordinamento comunitario e pubblica amministrazione, il Mulino, Bologna, 1994, 207; ID., Unione europea e finanza pubblica; C. DE ROSE, Il patto di stabilità e crescita: garanzie istituzionali a livello comunitario e nazionale, 1015; R. PEREZ, Il Patto di stabilità e crescita: verso un Patto di flessibilità?, in Giornale di diritto amministrativo, 2002, 9, 997. G. DELLA CANANEA, Dal vecchio al nuovo Patto di stabilità, in Giornale di diritto amministrativo, 2004, 2, 221, rileva che l'Unione europea, che ha tuttora limitate risorse finanziarie, agisce in via indiretta, controllando quelle degli Stati, in base alle regole del Trattato e a quelle più restrittive stabilite dal patto di stabilità. Per questo, secondo alcuni osservatori, è grave che il Consiglio dei Ministri abbia respinto le proposte della Commissione nei confronti dei disavanzi francese e tedesco mettendo in discussione l'efficacia vincolante delle regole comuni. In realtà la decisione del Consiglio è discrezionale ma non sproporzionata. Il vero problema è l'inosservanza della parità tra gli Stati e del principio che esclude soluzioni unilaterali da parte di questi ultimi. La soluzione va cercata nell'adeguamento del Patto di stabilità. M. CASTELLANETA, Impugnabili le conclusioni adottate dal Consiglio se manca il rispetto delle regole procedurali, in

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accrescono il rilievo della finanza pubblica complessiva determinando, come in altri Paesi europei, gli interventi rappresentati dal cosiddetto patto di stabilità interno347. Le normative annuali concernenti il patto di stabilità interno si sviluppano all’interno delle leggi finanziarie statali. Alla base si colloca l’esigenza di perseguire obiettivi di finanza pubblica coerenti con gli impegni europei derivanti dal patto di stabilità e crescita, il concorso alla cui realizzazione è espressamente prescritto anche per le Regioni dalla cornice del 2000 e posto al centro delle funzioni legislative di coordinamento e armonizzazione dal decreto legislativo n. 170 del 2006. Esso si impone alla generalità dei legislatori ex art. 117, comma 1, Cost., ma è affidato alla responsabilità dello Stato e di non automatica quantificazione per le autonomie. Le norme relative si presentavano sin dall’inizio come finalizzate a far sì che le autonomie “concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica che il Paese ha adottato con l’adesione al patto di stabilità e crescita, impegnandosi a ridurre progressivamente il finanziamento in disavanzo delle proprie spese e a ridurre il rapporto tra il proprio ammontare di debito e il prodotto interno lordo”348.

Guida al Diritto, 2004, 29, 113, sulla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 13 luglio 2004, in causa C-27/04, sulla questione delle misure da adottare per il disavanzo di Germania e Francia. Questa ha sancito il successo della Commissione e ha annullato la decisione del Consiglio presa nelle conclusioni di un vertice Ecofin di sospendere le raccomandazioni già adottate. Pur non intaccando il potere discrezionale e la responsabilità del Consiglio in materia di disavanzo pubblico la Corte ha stabilito chiari paletti al margine di discrezionalità dei Ministri dell'Unione e ha ribadito il ruolo non vincolante delle raccomandazioni della Commissione rispetto alla volontà dei Governi. Ma la procedura con la quale ha operato l'Ecofin è stata considerata illegittima: il Consiglio ha il potere di adottare o no una decisione ma non può emanare un atto a condizioni diverse da quelle imposte dalle disposizioni applicabili 346 Sulla discussa natura del Patto può vedersi principalmente G. DELLA CANANEA, Il patto di stabilità e le finanze pubbliche nazionali, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 2001, 4, 559, per il quale il esso integra il Protocollo; mentre G. CAPORALI, Patto di stabilità ed ordinamento europeo, in Diritto e società, 2004, 1, 83, ritiene rilevante che il Patto sia stato volutamente lasciato fuori dalla revisione dei trattati (a partire dal trattato di Amsterdam) ed all'opposto sia stato inserito nel quadro giuridico già da questi formalizzato, risaltandone la volontà di non modificare il contenuto obbligatorio dell'art. 104 che rende responsabili gli Stati solo per il determinarsi di disavanzi eccessivi. 347 G. DELLA CANANEA, Il patto di stabilità e le finanze pubbliche nazionali, cit., evidenzia i cambiamenti intervenuti nell'ordine costituzionale nazionale, la rafforzata protezione dell'equilibrio finanziario complessivo, la perdita della sovranità di bilancio, le conseguenze indirette sulle procedure di bilancio, Il patto di stabilità interno, nonché le principali questioni irrisolte: il riordino dei conti pubblici; il ruolo delle istituzioni politiche. ID., I limiti della finanza locale, in Giornale di diritto amministrativo, 2002, 2, 21; ID., Autonomie regionali e vincoli comunitari, in www.federalismi.it; G. G. CARBONI, Il coordinamento della finanza pubblica alla luce di alcune esperienze straniere, in www.federalismi.it, 2007, 4. Rileva, all’avvio del sistema, F. PIZZETTI, Il “patto di stabilità interna”: una nuova via obbligata nei rapporti tra Stato centrale e sistema dei soggetti periferici?, in Le Regioni, 1998, 5, 1373, che la scelta verso il federalismo fiscale è obbligata. Non solo perchè coerente con le scelte già compiute in materia di federalismo amministrativo quanto perchè solo a queste condizioni i vincoli che ci derivano dall'unione monetaria possono essere compatibili col mantenimento di una forte coesione interna e con una soddisfacente capacità di garantire equilibrio nell'utilizzazione delle risorse complessive. Se si concorda sul fatto che la via del federalismo amministrativo e del federalismo fiscale è una via assolutamente obbligata (e resa necessaria anche e soprattutto dal processo di integrazione europea) si potrà concordare anche sul fatto che è vitale costruire rapidamente nuovi più forti e più stabili strumenti di cooperazione fra governo centrale e governi territoriali. F. PICA, Fatti ed opinioni in materia di federalismo fiscale, in D. FAUSTO, F. PICA, Teoria e fatti del federalismo fiscale, il Mulino, Bologna, 2000, 677; F. BALASSONE, D. FRANCO, S. ZOTTERI, Il primo anno di applicazione del patto di stabilità interno: una valutazione, in Economia pubblica, 2001, 2, 5; F. BALASSONE, M. DEGNI, G. SALVEMINI, Regole di bilancio, patto di stabilità interno e autonomia delle amministrazioni locali, in Rassegna parlamentare, 2003, 2, 719; MAZZIOTTI DI CELSO, Considerazioni critiche sulla legge costituzionale n. 3 del 2001 e sul d. d. l. n. 1545 contenente disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica a tale legge, approvato del Consiglio dei Ministri il 14 giugno 2002, in Foro amministrativo Cd S, 2003, 1, 343; R. PEREZ, La finanza pubblica, in S. CASSESE (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2003, 587; ID., I nuovi contenuti del patto di stabilità interno, in Giornale di diritto amministrativo, 2005, 4, 362 si chiede in quale misura può continuare a definirsi patto un complesso di norme fissato unilateralmente, approvato con un maxiemendamento, votato con il ricorso alla fiducia e inserito nella legge finanziaria, ridotta in un unico articolo e in 572 commi.. 348 Art. 29, commi 4 e 6, legge n. 289 del 2002. Il patto di stabilità interno comportante l’impegno a ridurre

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A seguito della riforma costituzionale, mutato il quadro dei rapporti interni in termini di autonomia finanziaria e distribuzione delle competenze legislative, si evidenzia la necessaria riconduzione di tale categoria di norme all’esercizio della potestà concorrente di coordinamento della finanza pubblica, cosicché, a partire dalla legge finanziaria per il 2003 (art. 29, comma 1), esse si autoqualificano come poste “ai fini della tutela dell'unita` economica della Repubblica”, e ogni Regione ed ente locale “concorre alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2003-2005 adottati con l'adesione al patto di stabilita` e crescita, nonchè alla condivisione delle relative responsabilita`, con il rispetto delle disposizioni di cui ai seguenti commi, che costituiscono principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117 e 119, secondo comma, della Costituzione”. La disciplina del patto rientra direttamente nella materia, attinendo ai saldi ed alle politiche di bilancio, ovvero alla categoria dell'ambito oggettivo “residuale” del coordinamento finanziario, al di là del coordinamento del sistema tributario e dell'armonizzazione dei bilanci pubblici, e presenta trasversalità ampia e tendenzialmente generale incidendo sull'autonomia di entrata e di spesa. Costituisce inoltre il tipico esempio di normativa necessariamente anche “dinamica”. L'evoluzione evidenzia problematicità349 sottese alle relative proposte riforma. La commistione che accomuna, nelle leggi finanziarie, regole strutturali e congiunturali, con insoddisfazione per l'assenza di una disciplina organica “sul” anziché “del” patto, e per i tempi inadeguati ai fini di tempestive decisioni di bilancio locali, nonché per la procedura scarsamente partecipata (che rende impropria la definizione di “patto”) alimenta le critiche al sistema determinando proposte per la realizzazione di una disciplina organica sottostante agli interventi periodici (che si vorrebbero pluriennali), della quale peraltro non è univoca la collocazione proposta; disciplina che dovrebbe estendersi a regolare appropriate procedure concertative (anch'esse nelle proposte variamente configurate). Si tratta di tematiche da considerare nel quadro generale delle proposte e prospettive che si sono andate delineando per il coordinamento dinamico della finanza pubblica. Quanto ai contenuti della disciplina, evoluzione e criticità dei vincoli imposti, insieme con le vicende giurisprudenziali in precedenza considerate, evidenziano sconfinamenti rispetto al limite dei principi fondamentali, ma anche dell'ambito materiale, se correttamente inteso come attinente alla funzione di coordinamento finalizzata al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica condizionati anche dagli obblighi comunitari. I vincoli sono stati oggetto di interventi mutevoli, riferiti inizialmente al disavanzo corrente, ma in seguito all’andamento delle spese correnti quindi anche di quelle in conto capitale tramite l’imposizione di tetti percentuali. Dal 2007350 si avvia il passaggio a

finanziamento in disavanzo e rapporto debito/PIL, è stato introdotto con l’art. 48 della legge n. 449 del 1997 e con l’art. 28, comma l, della legge n. 448 del 1998 stabilendo obiettivi globali di contenimento del fabbisogno finanziario generato dalla spesa regionale e locale (legge n. 507 del 2000). Si è tradotto all’inizio in vincolo alla riduzione o stabilità del disavanzo annuo (art. 28, comma 2, legge n. 448 del 1998 e art. 24, comma 1, legge n. 488 del 1999) successivamente in un limite massimo alla crescita del disavanzo (art. 53, comma 1, legge n. 388 del 2000; art. 24, comma 1, legge n. 448 del 2001) o ancora in un vincolo alla riduzione o alla stabilità di esso. 349 Il DPEF 2007-2009 dedica ampio spazio all'analisi e ai possibili percorsi di riforma del patto di stabilità interno. Le ipotesi per una revisione concernono: definire gli obiettivi in termini di saldo di bilancio medio pro capite modulandoli per classi di popolazione; consentire accordi compensativi fra gruppi di enti in particolare a salvaguardia delle spese di investimento; articolare il patto su scala regionale per consentire compensazioni fra gli enti della stessa regione; disegnarlo in modo coerente con il Patto di stabilità e crescita, con rifocalizzazione su obiettivi di debito; rivedere la normativa di contorno, monitoraggio, sanzioni. Si sottolinea la necessità di armonizzazione dei sistemi contabili adottati dai diversi livelli di governo. Tuttavia il DPEF non individua gli strumenti per perseguire tali obiettivi e quello dell'istituzione di un organismo di coordinamento e monitoraggio delle relazioni finanziarie fra livelli di governo. 350 Circolare n. 12, Roma, 22 febbraio 2007, Circolare concernente il “patto di stabilità interno” per gli anni 2007-2009 per le Province e i Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti. Art. 1, commi da 676 a 702, della legge finanziaria 27 dicembre 2006, n. 296. M. BARBERO, Il patto che verrà, in www.federalismi.it, 2006, 18. Le novità più significative nelle regole del patto di stabilità interno che interessano le Province e i Comuni con popolazione

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limiti calcolati in termini di saldi, nei commi 676 e successivi, per gli anni 2007-2009. Il meccanismo fondato sugli obiettivi dei saldi di bilancio è confermato per il 2008351. Le Regioni speciali con l'accordo di cui al comma 660 della legge finanziaria 2007 possono prendere a riferimento per il patto di stabilità interno il saldo finanziario invece del contenimento della spesa. Le diverse soluzioni che caratterizzano le proposte di riforma concernono innanzitutto la adeguata definizione della natura dei vincoli in sede di disciplina organica. Anche monitoraggio352, controlli e sanzioni, ma soprattutto regole procedurali e di concertazione, dovrebbero trovare in una normativa organica razionalizzazione e stabilità.

2. Le prospettive e le proposte di riforma in ordine al coordinamento finanziario a) Il quadro generale La XVI legislatura si apre vedendo collocarsi tuttora a livello di prospettive l'attuazione del rinnovato sistema costituzionale, dopo i tentativi posti in essere nelle legislature precedenti. Tuttavia sussiste un notevole “patrimonio” di dottrina e giurisprudenza, che consente di far partire l'opera riformatrice dalla parte sostantiva della Carta353; nonché elaborazioni e proposte che possono oggi essere utilizzate come base di partenza. Tra le azioni avviate nella XIV legislatura si richiama in particolare la legge costituzionale del 2005354, non confermata dal referendum del 2006, con la serie di problemi e soluzioni evidenziatisi nel corso dei lavori in ordine ai procedimenti legislativi concernenti le materie finanziarie. Inoltre i superiore a 5.000 abitanti si individuano nella diversa formulazione del fattore di contenimento su cui intervenire; il riferimento non è più alla spesa ma al saldo finanziario tra entrate finali e spese finali, allo scopo di far convergere il più possibile le regole del patto interno con quelle del PSC. Ulteriore elemento innovativo è la determinazione dell'entità del concorso alla manovra che nel passato era effettuata in misura percentuale uguale per tutti gli enti e che ora invece viene di fatto “personalizzata” per ogni singolo ente. Infatti l'entità del miglioramento del proprio saldo obiettivo è calcolata applicando due diversi coefficienti: al disavanzo medio di cassa riscontrato nel triennio 2003-2005 e alla spesa corrente media del triennio 2003-2005 in termini di cassa. 351 Gli enti con saldo medio negativo nel triennio di riferimento devono applicare alla spesa corrente e al deficit i coefficienti previsti per il 2008 dal comma 678: gli enti il cui saldo medio è positivo devono mantenere l'equilibrio di base criteri del calcolo si basano sulla competenza mista cioè sulla competenza di parte corrente (accertamenti meno impegni) e sulla cassa di conto capitale (riscossioni meno pagamenti). Gli enti che nel triennio registrano un saldo di competenza mista positivo e superiore a quello di cassa possono optare per i vecchi criteri di calcolo. Il criterio della competenza mista cambia anche i monitoraggi sul rispetto del patto. Al bilancio preventivo va allegato un prospetto con il ricalcolo delle poste rilevanti secondo la competenza mista. Il mancato invio della certificazione o della dichiarazione della situazione di commissariamento costituisce mancato rispetto del patto. 352 Novità sono rilevabili nella legge finanziaria per il 2007 anche per il monitoraggio delle risultanze del patto, in quanto l'obbligo della rilevazione, attraverso il sistema web, viene esteso, oltre che alle Province, anche a tutti i Comuni soggetti al patto, ivi compresi i comuni fra 5.000 e 20.000 abitanti che finora erano esclusi da tale rilevazione. Anche la verifica del rispetto degli obiettivi annuali del patto di stabilità interno è disciplinata da nuove regole: ciascun ente locale è tenuto ad inviare una certificazione, sottoscritta dal rappresentante legale e dal responsabile del servizio finanziario, secondo un progetto e con le modalità che verranno definite con successivo decreto. Infine sono previste nuove misure nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi. A differenza del passato, in cui tali misure si traducevano in vincoli alla spesa per acquisto di beni e servizi, nel blocco delle assunzioni di personale e nel divieto di indebitamento, per il patto relativo agli anni 2007/2009 è stato introdotto un meccanismo di automatismo fiscale. La norma proposta ha individuato nell'addizionale comunale all'IRPEF per i comuni e nell'imposta provinciale di trascrizione per le province i tributi che possono essere oggetto di automatica applicazione di incrementi. L'automatismo fiscale scatta in ogni caso solo se non sono state adottate autonomamente dall'ente le misure di rientro adeguate all'entità dell'effettivo scostamento registrato tra l'obiettivo e il risultato conseguito 353 A. RUGGERI, Riforme della Costituzione e riforme della politica (notazioni di metodo su se, come e cosa riscrivere della legge fondamentale), in www.federalismi.it, 2007, 13. 354 Legge costituzionale concernente “Modifiche alla Parte II della Costituzione”, approvata dal Parlamento e pubblicata sulla G U n. 269 del 18 novembre 2005.

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lavori dell'Alta Commissione per il federalismo fiscale e l'elaborazione per la riforma degli enti locali comprensiva della relativa normativa statale in tema di contabilità (ad esercizio, oggi, della potestà di coordinamento della finanza pubblica e di armonizzazione dei bilanci pubblici). Nella XV legislatura, l'avvio in sede governativa355 di testi per l'attuazione del titolo V, con riferimento agli enti locali, all'art. 119 ed alla Conferenza unificata, e una limitata revisione costituzionale, che investe Senato e procedimento legislativo. Appare interessante come tra gli elementi da attuare continui ad essere auspicata l'attivazione della “bicameralina”, in corrispondenza con la riforma del Senato e della Conferenza, e, tra quelli da rivalutare, il lavoro della ACOFF, e queste indicazioni siano condivise dalle Regioni356, per le quali inoltre costituisce un valido punto di partenza quanto previsto dall'accordo raggiunto dalle Regioni e dalle autonomie locali nel giugno 2003 in materia di meccanismi strutturali del federalismo fiscale, sottolineando altresì che ogni provvedimento di attuazione dell'art. 119 presuppone una chiara ricognizione della finanza di ciascun livello di governo (ammontare delle risorse finanziarie complessive) in rapporto alle funzioni esercitate; e che è necessario rendere costituzionalmente coerenti le ragioni costituzionali della specialità con quelle di pari rango costituzionale di unitarietà dell'ordinamento. All'avvio della legislatura attuale occorre dunque riflettere sui problemi e sulle linee di azione fin qui elaborati riguardo alla nostra materia. Preliminarmente occorre individuare la collocazione all'interno delle riforme proposte di principi attinenti il coordinamento della finanza pubblica. Ciò che non si dimostra agevole, evidenziando un coinvolgimento “disseminato” tra i vari testi, che richiede di essere ricomposto e coordinato. A differenza di quanto avviene per il coordinamento del sistema fiscale e dell'armonizzazione dei bilanci pubblici, il coordinamento della finanza pubblica non ha una sede sua propria, in conseguenza del carattere esteso ma al tempo stesso sfuggente e prettamente trasversale della materia, rispetto ad entrate, spese e gestione. Cosicchè si riscontra la presenza di principi di coordinamento della finanza pubblica strettamente connessi (regole di corretta gestione come vincoli stabili alle politiche di bilancio) con quelli di armonizzazione dei bilanci, nei principi che si impongono al sistema contabile degli enti locali, come anche nel decreto legislativo 170 del 2006; con il coordinamento del sistema tributario (statico e dinamico) nel definire un compiuto regime di federalismo fiscale; con le manovre di finanza pubblica. Come (necessariamente) oggetto di interventi legislativi inoltre essi sono coinvolti nella riforma del procedimento legislativo e delle forme di cooperazione.

355 Già l'audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, Linda Lanzillotta (XV Legislatura, Camera dei Deputati – Senato della Repubblica, Resoconto stenografico della Commissione parlamentare per le questioni regionali, seduta del 21/11/2006), prometteva entro dicembre 2007 i disegni sulla Conferenza unificata e sul codice delle autonomie e per gennaio quello sul federalismo fiscale. Si sottolinea l'opportunità di una precisazione delle norme relative alle materie di competenza concorrente, informando che con il lavoro di una task force presso il Dipartimento si è pervenuti a soluzioni concertate che hanno consentito di superare il contenzioso. Inoltre si è svolto un seminario interistituzionale per condividere l'impostazione delle leggi attuative in preparazione. Con l'iniziativa legislativa si è cercato di risolvere i problemi della cooperazione interistituzionale prevedendo una Conferenza Stato Regioni e autonomie locali in modello semplificato, configurando una sede unitaria con delle sezioni specializzate per la concertazione delle politiche a livello degli esecutivi. Il luogo di raccordo tra assemblee elettive dovrebbe essere invece il Senato federale. L'attuazione dell'art. 119 parte dalla stesura del codice delle autonomie e l'identificazione delle funzioni e dalla elaborazione di un disegno di legge delega sul federalismo fiscale. Si sottolinea l'esigenza che la rappresentanza nel Senato federale abbia una stretta connessione con le assemblee elettive territoriali perchè in un sistema articolato come quello del titolo V c'è necessità di condividere i processi decisionali tra vari livelli di governo tra esecutivi e nel raccordo tra assemblee elettive. Questa esigenza potrebbe essere soddisfatta per il momento con l'attuazione dell'art. 11 se procedessero i regolamenti parlamentari. 356 XV Legislatura, Commissioni congiunte 1° Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell'interno, ordinamento generale dello Stato e della pubblica amministrazione del Senato della Repubblica e I Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni della Camera dei deputati, Audizione di rappresentanti delle Regioni, degli enti locali, delle imprese, dei sindacati e di altri enti associativi in tema di federalismo fiscale, con particolare riferimento alle garanzie dell'eguaglianza nel godimento dei diritti sociali, 14 ottobre 2006; Proposte della Conferenza delle Regioni e Province Autonome, ANCI, UPPI e UNCEM per l'attuazione del vigente titolo V della Costituzione.

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b) I principi di coordinamento e armonizzazione per il sistema contabile degli enti locali Sul tema si riscontra una fondamentale svolta “culturale”. La prima impostazione del progetto di riforma357 basata sulla legge La Loggia è stata superata da uno spirito riformatore profondamente rinnovato che, pur non interamente recepito, ha portato al disegno di legge n. 1464 presentato al Senato il 5 aprile 2007. L'art. 2 della legge n. 131 del 2003358, mentre al primo comma delegava il Governo alla emanazione di uno o più decreti diretti alla individuazione delle funzioni fondamentali, al secondo prevedeva che “con i decreti legislativi di cui al comma 1 si provvede altresì, nell'ambito della competenza legislativa dello Stato, alla revisione delle disposizioni in materia di enti locali, per adeguarle alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”. La delega359 doveva essere esercitata nell'ambito della competenza legislativa dello Stato esclusiva e concorrente. Tra i principi e criteri, la richiesta fissazione di principi fondamentali idonei che consentano sulla base di parametri obiettivi e uniformi la rilevazione delle situazioni economiche e finanziarie degli enti ai fini dell'attivazione degli interventi art. 119 commi 3 e 5 anche tenendo conto delle indicazioni dell'Alta Commissione. Lo schema predisposto per il decreto legislativo attuativo della delega, il cui Capo II apportava “Modifiche alla Parte II del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali – Ordinamento finanziario e contabile”, introduceva scarse modifiche, lasciando inalterata la struttura del testo unico360; l'art. 150 veniva adeguato eliminando il riferimento alla competenza statale in materia di ordinamento finanziario e contabile, affermando invece la finalità delle norme per la garanzia dell'unità giuridica ed economica della Repubblica, nonché le esigenze dei sistemi contabili degli enti locali e le finalità di coordinamento della finanza pubblica e il rispetto degli obblighi assunti in sede europea. Praticamente inalterato l'elenco delle disposizioni derogabili e ignorata la legislazione regionale nonchè i rapporti tra legislazione statale e regionale e statuti e regolamenti Scaduta la delega si è affermata e sostenuta in dottrina l'esigenza di mutare ottica e di provvedere ad una “carta di principi per le autonomie locali”, una legge repubblicana per le autonomie locali, che faccia anche chiarezza sui rapporti tra le fonti, nei limiti che la Carta costituzionale pone al legislatore statale nei confronti dell'autonomia locale, portando verso una legge fondamentale di principi che concretizzi il ruolo dell'autonomia. Torna anche a ritenersi necessaria l'attivazione della bicameralina, in quanto l'adozione in tale sede di una legge della Repubblica delle Autonomie può costituire il primo passo per un sistema interistituzionale cooperativo animato dalla sussidiarietà e

357 Sull'ordinamento degli enti locali un delicato equilibrio. La competenza sull'esercizio delle funzioni spetta secondo il riparto delle competenze di settore (Corte costituzionale, sentenza n. 43 del 2004). 358 P. MORIGI, Gli enti locali e la legge delega n. 131/2003: un'occasione da non perdere, in La finanza locale, 2003; F. PICA, I principi, in L'ordinamento finanziario dei comuni e la riforma del Titolo V della Costituzione, Giappichelli, Torino, 2003; G. BALSAMO, La potestà normativa degli enti locali secondo l'articolo 4 della legge 5 giugno 2003, n. 131, attuativa del nuovo titolo V della Costituzione, in www.federalismi.it, 2003; R. CARPINO, La legge La Loggia e l'ordinamento degli enti locali, Maggioli, Rimini 2004; P. CAVALERI, E. LAMARQUE, L'attuazione del nuovo titolo V parte seconda della Costituzione: commento alla legge La Loggia (legge 5 giugno 2003, n. 131), Giappichelli, Torino, 2004. 359 Art. 2, comma 4. 360 Per R. CARPINO, Quali modifiche per il testo unico degli enti locali, in www.federalismi.it il nuovo testo unico si gioca su due disposizioni della legge n. 131 del 2003, l'art. 2 che attribuisce la delega e l'art. 4 che delinea i contorni dell'autonomia normativa degli enti locali. L'art. 4, sul contenuto dello statuto, oltre al rispetto della legge statale ex art. 117, comma 2, lett. p), aggiunge un limite nuovo: l'armonia con i principi generali in materia di organizzazione pubblica la cui individuazione compete alla legge (senza specificazione). A. DE SIANO, Il TUEL e la funzione amministrativa degli enti Locali: la sussidiarietà e l'adeguatezza delle risorse finanziarie, in G. CLEMENTE DI SAN LUCA, Nodi problematici e prospettive di riforma del Testo Unico degli Enti Locali, Giappichelli, Torino, 2006, 73.

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dalla leale collaborazione istituzionale361, con esclusione del ricorso ad un testo unico362. Nella legislatura appena conclusa il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge in una prima versione del Consiglio dei Ministri, il 19 gennaio 2007. Per giungere alla Carta per le autonomie sono previste due tappe. Innanzitutto sono assegnate quattro deleghe, di cui una per la individuazione delle funzioni fondamentali e proprie degli enti, e una per la disciplina degli organi di governo e delle altre materie inerenti gli enti locali. Successivamente, entro un anno dalla data di entrata in vigore dei decreti è prevista l'emanazione di un ulteriore decreto legislativo finalizzato a “riunire e coordinare sistematicamente in un codice le disposizioni statali risultanti dall'attuazione delle deleghe conferite dalla legge”363. E’ poi stato approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri il 16 marzo 2007 il disegno di legge n. 1464, presentato al Senato il 5 aprile 2007, come “Delega al Governo per l'attuazione dell'art. 117 secondo comma lettera p) della Costituzione e per l'adeguamento delle disposizioni in materia di enti locali alla legge costituzionale n. 3 del 2001”. L'art. 2, comma 4, reca delega anche per una nuova disciplina dell'ordinamento finanziario e contabile (artt da 149 a 243 del TUEL), per la quale forniscono indirizzi i principi da s) a z)364.

361 A. PIRAINO, Dal testo unico ad una “carta di principi” per le autonomie locali, in G. CLEMENTE DI SAN LUCA, Nodi problematici e prospettive di riforma del Testo Unico degli Enti Locali, Giappichelli, Torino, 2006, 17, reputa che debba scartarsi il ricorso ad una delega governativa in quanto la rinuncia alla sede parlamentare potrebbe ulteriormente ridurre gli spazi di mediazione e di legittimazione. Una prima forma di protezione dell'autonomia locale richiede una chiara e precisa delimitazione delle materie di competenza legislativa statale e regionale al fine di definire e al contempo salvaguardare le competenze degli enti locali ed in particolare il potere di autodeterminazione del proprio ordinamento e della propria organizzazione. Sarebbe inoltre necessario il completamento della riforma per valorizzare le sedi di concertazione: sono tutti gli attori istituzionali che hanno la responsabilità (ma anche l'opportunità) di dare attuazione all'auspicio avanzato dall'art. 5 della Costituzione di adeguare i principi e i metodi della legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento. A. DE CHIARA, Il TUEL e la funzione normativa degli Enti locali, in G. CLEMENTE DI SAN LUCA, Nodi problematici e prospettive di riforma del Testo Unico degli Enti Locali, Giappichelli, Torino, 2006, 31. 362 F. MERLONI, L'inutile riforma del TUEL: per una legge generale sulle Autonomie Locali, in G. CLEMENTE DI SAN LUCA, Nodi problematici e prospettive di riforma del Testo Unico degli Enti Locali, Giappichelli, Torino, 2006, 135, ribadisce il no ad un testo unico e il si invece ad una legge generale sull'autonomia che nelle materie riservate possa contenere norme di dettaglio. Poiché lo Stato non può disporre dell'organizzazione degli enti locali la legge dovrebbe contenere i soli principi ricavabili direttamente dalla Costituzione di cui gli enti debbono tener conto: il resto è autonomia organizzativa locale. Compiti delle Regioni ritiene la distribuzione delle funzioni tra gli enti locali attribuendo con legge funzioni amministrative ulteriori rispetto a quelle fondamentali individuate dalla legge dello Stato, nelle materie di propria competenza. Quanto al coordinamento della finanza pubblica, se occorre far corrispondere il sistema finanziario alle competenze, solo a livello regionale si ha contezza di qual'è il riparto di competenze e funzioni nella Regione. Quindi il modo di avviare il federalismo fiscale è che si trovi un meccanismo di ripartizione equitativo e perequativo per grandi aggregati a livello statale ma che poi il lavoro si faccia a livello regionale. E cioè che sia la Regione a far corrispondere alla ripartizione delle funzioni il sistema finanziario, nella garanzia dell'autonomia di gestione dei tributi anche in rapporto ai livelli essenziali. Quanto ai controlli, si attivino forme di trasparenza, di verifica dell'effettivo raggiungimento dei risultati. Il rapporto dovrebbe instaurarsi più con la Regione che con lo Stato grazie a sedi effettive in cui dalle decisioni regionali dipenda attribuzione delle funzioni, organizzazione territoriale, coordinamento della finanza e una parte non secondaria delle risorse (salvo il principio dell'art. 119 e l'autonomia normativa locale). 363 I principi e criteri direttivi per questo decreto sono: a) coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni contenute nella codificazione apportando le modifiche necessarie a garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa; b) ulteriore ricognizione limitatamente alle materie di competenza legislativa statale delle norme del decreto legislativo n. 267 del 2000 e delle altre fonti statali di livello primario che vengono o restano abrogate. Sui decreti legislativi è acquisito il parere del Consiglio di Stato e l'intesa in seno alla Conferenza Stato Città e autonomie locali e alla Conferenza unificata e il parere delle competenti Commissioni parlamentari. 364 s) riformulazione della struttura del sistema di bilancio che permetta sia una lettura uniforme dei documenti sull'intero territorio nazionale sia un'armonizzazione con i sistemi di bilancio dello Stato e delle Regioni; t) garantire sana e corretta gestione finanziaria; u) normativa semplificata per i comuni di piccola dimensione; v) previsione di un organo di revisione già attualmente esistente preposto ad un controllo dell'attività gestionale dell'ente in funzione di collaborazione con l'organo consiliare; z) riformulare una normativa relativa all'indebitamento che tenga conto di tutte

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L'intento è di ridisegnare l'intera disciplina con due direttrici: tenere conto delle innovazioni in particolare dell'art. 117; adeguare alle esigenze di semplificazione emerse. Di rilievo, nell'analisi tecnico normativa del disegno, in riferimento alla compatibilità con le competenze delle Regioni ordinarie e speciali, la precisazione che l'intervento si mantiene nell'ambito della competenza esclusiva e di altre riserve di legge statale segnatamente quelle riferibili agli artt. 119 e 117, comma 2, lett. e), h), i), m), r), mentre per le Regioni speciali vi è una clausola di salvaguardia. Si rileva inoltre che lo Stato è autorizzato a dettare principi sulla base di titoli costituzionali rinvenibili al di fuori del titolo V, ad esempio, negli artt. 95, 97, 98, 48, 51, 54 Cost. Infine che spetta allo Stato la determinazione dei principi fondamentali nelle materie di competenza legislativa concorrente e tra queste il coordinamento della finanza pubblica e l'armonizzazione dei bilanci pubblici sono sicuramente materie che interessano l'ordinamento degli enti locali. Non mancano rilevazioni critiche365, innanzitutto per il ricorso alla delega366, di fronte a temi che richiederebbero adeguato procedimento legislativo.

c) Il coordinamento della finanza pubblica nell'attuazione dell'art. 119 Cost. Lo stallo che caratterizza l'attuazione dell'art. 119 priva gravemente di effettività367 la riforma del titolo V con la mancata introduzione dei principi di coordinamento del sistema tributario ma anche di principi di coordinamento della finanza pubblica coessenziali al sistema di federalismo fiscale. La provvisorietà368 ha condizionato l’applicazione del regime preesistente369 e favorito la

le novità del settore ed una disciplina del servizio di tesoreria adeguata alle attuali esigenze. 365 Nell'audizione ANCI, Senato della Repubblica. Commissione affari costituzionali, Audizione ANCI sul Disegno di legge “delega al Governo per l'attuazione dell'art. 117, secondo comma, lettera p) della Costituzione, per l'istituzione delle Città metropolitane e per l'ordinamento di Roma capitale della Repubblica, disposizioni per l'attuazione dell'art. 118, commi primo e secondo della Costituzione e delega al Governo per l'adeguamento delle disposizioni in materia di enti locali alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”. 366 Per G. CLEMENTE DI SAN LUCA, A. DE CHIARA, Prime osservazioni critiche al D.D.L. del Governo di delega per l'attuazione degli artt. 117 e 118 Cost., in www.federalismi.it. 2007, 5, sembra grottesco chiamare Carta delle autonomie un testo compressivo dell'autonomia e che rischia di riproporre la cultura dei testi unici con sacrificio dell'autonomia legislativa regionale e di quella normativa locale. Una questione che può sembrare marginale ma che è della massima rilevanza, per A. PIRAINO, Carta delle autonomie locali: alcune questioni ancora aperte, in www.federalismi.it, 2007, 4, riguarda la portata della previsione del monitoraggio da parte dell'Unità di monitoraggio ex legge finanziaria per il 2007 (M. BARBERO, Un nuovo “guardiano” per gli enti locali: più inutile o più incostituzionale? In www.federalismi.it. A prescindere da tutte le altre question che si pongono ciò che colpisce è il fatto che questo organismo non sembri minimamente disporre di quei requisiti di indipendenza e terzietà che caratterizzano di solito le Autorità che esercitano questi compiti ed assomigli molto alla vecchia Commissione centrale per la finanza locale operante presso il Ministero dell'interno. Condizione questa che ne mette fortemente in dubbio la legittimità costituzionale, sia perchè le sue funzioni comprimono indebitamente l'autonomia degli enti locali sia perchè la sua configurazione relega le Regioni ad un ruolo del tutto marginale. 367 Nonostante un avvio (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Conferenza Unificata, Accordo recante intesa inter-istituzionale tra Stato, Regioni ed Enti locali, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lett. c) del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, 20 giugno 2002), teso ad affermare che tutti i soggetti che compongono la Repubblica sono tenuti a prestare il proprio contributo per sostenere e valorizzare nell'ambito delle rispettive competenze il doveroso processo di armonizzazione dell'ordinamento giuridico al nuovo dettato costituzionale nel rispetto del principio di unità e indivisibilità della Repubblica, sancito nell'articolo 5 della Costituzione. Per l'attuazione del federalismo fiscale si conveniva sulla necessità di una Conferenza mista per definirne l'impianto complessivo, individuando la sede istituzionale di confronto nella Conferenza unificata. 368 Ancora sulle contraddizioni tra gli artt. 117 e 119 sull'autonomia tributaria, di recente E. JORIO, Le contraddizioni e i limiti applicativi dell'art. 119 della Costituzione, in www.federalismi.it, 2007, 14, per il quale allo Stato con proprie leggi dovrebbe lasciarsi solo le coordinate generali e i principi entro i quali devono essere attivate le politiche tributarie e finanziarie delle istituzioni territoriali. La Corte dei conti, Elementi per l'audizione dinanzi alla Commissione Affari costituzionali della Camera dei Deputati, 20 novembre 2007, fornisce una analisi delle spese

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diffusione dello strumento delle intese, tuttora prive di una solida e chiara base a garanzia di equilibrio nella formazione degli accordi. Tra le prime proposte di attuazione dell'art. 119 Cost. si richiama quella del gruppo ASTRID370, non tradotta in disegno di legge; quella Giarda; quella dello SVIMEZ, A. S. 2130 “Modifica al decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, e attuazione dell'articolo 119 della Costituzione”, comunicato alla Presidenza del Senato il 20 marzo 2003; mentre non hanno condotto ad un disegno di legge i lavori della ACOFF, tuttavia spesso riproposti come punto di partenza per le proposte successivamente elaborate. L'Alta Commissione è stata istituita in base alla legge finanziaria per il 2003, prorogata dalla legge finanziaria per il 2004. Ai sensi della legge istitutiva avrebbe dovuto orientare i propri lavori in base alle coordinate decise in sede di Conferenza unificata, ma in assenza di queste, si è comunque basata sul documento sul quale Regioni ed enti locali avevano convenuto in data 18 luglio 2003. Suoi compiti la definizione dei principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario e l'individuazione delle linee di sviluppo dell'autonomia territoriale in un contesto di lealtà istituzionale. La relazione conclusiva371 è stata diffusa il 30 settembre 2005. Essa supporta la definizione dell'assetto della finanza regionale e locale, che per la Commissione dovrà essere definito optando per una delle soluzioni alternative previste dalla sentenza n. 37 del 2004: concorso tra leggi statali, regionali e regolamenti locali; intervento esclusivo della legge statale e della normazione secondaria locale; disciplina regionale di principio e regolamentazione locale di dettaglio, mentre non si esclude che la legge regionale in virtù della competenza primaria diventi fonte normativa al pari di quella statale dell'istituzione di nuovi tributi locali. Ampia riflessione372 è dedicata al coordinamento della finanza pubblica, che si ritiene complessive di ciascuna istituzione in rapporto alla essenzialità delle funzioni svolte ed all'esigenza di evitare duplicazioni e sovrapposizioni di attività fra amministrazioni centrali, territoriali e altri soggetti di cui le istituzioni si avvalgono per la realizzazione dei rispettivi compiti (enti, società, consorzi). 369 Il decreto legislativo n. 56 del 2000 ha mostrato gravi difetti e prodotto risultati deludenti. La mancanza di una sede privilegiata di confronto e negoziazione interistituzionale in materia finanziaria non ha consentito di pervenire alla definizione di criteri di riparto in grado di compensare il minor effetto perequativo delle fonti di finanziamento previste dal decreto rispetto al sistema di trasferimento erariale precedentemente in essere con penalizzazione delle Regioni più povere. T. VENTRE, La perequazione è sospesa, il federalismo può partire. Brevi note a margine del decreto legge 30 dicembre 2004, n. 314, in www. federalismi.it, 2005, 1; ISAE, IRES, IRPET, La finanza locale in Italia, 2006, Angeli, Milano; ISAE, Rapporto ISAE – L'attuazione del federalismo, Mimeo, Roma, 2006. 370 Il progetto predisposto da un gruppo di esperti della Fondazione Di Vittorio, di Astrid e dell’Associazione Nens. si fonda su alcuni punti: il fondo perequativo ordinario deve essere unico per tutte le funzioni e senza vincoli di destinazione; il criterio di accesso al fondo per le singole Regioni è dato dal criterio della minore capacità fiscale pro capite determinata in termini standard; l’obiettivo perequativo è in generale quello del finanziamento integrale mediante la somma dei tributi propri, delle compartecipazioni al gettito di tributi erariali e dei trasferimenti perequativi, dei fabbisogni corrispondenti alle funzioni pubbliche attribuite ai Governi regionali, determinati anch’essi in termini standardizzati; in aggiunta ai trasferimenti attivati dal fondo perequativo ordinario lo Stato può effettuare per specifiche finalità trasferimenti speciali a favore di particolari Regioni questa volta anche vincolati. 371 Alta Commissione di studio per la Definizione dei meccanismi strutturali del Federalismo Fiscale, Relazione sull'attività svolta dall'Alta Commissione; Documenti prodotti dal Comitato tecnico scientifico e dal Comitato Istituzionale (allegato 1); Documentazione di base elaborata in materia di riforma del D. Lgs. n. 56/2000 (allegato 2); Relazione di sintesi sui modelli di federalismo fiscale in alcuni paesi europei (allegato 3); A. ZANARDI, Le prospettive del federalismo fiscale nel documento di sintesi del Comitato tecnico scientifico dell'Alta Commissione per il federalismo fiscale, in www.federalismi.it, 2006, 1; G. VITALETTI, Il sistema tributario nel contesto federalista: le proposte dell'Alta Commissione, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 2006, I, 1; A. MAJOCCHI, G. MURARO, Verso l'attuazione del federalismo fiscale, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 2006, I, 1, 3; Convegno, 14 dicembre 2005 presso la sede dell'ISAE, Roma, i cui atti sono pubblicati nel numero monografico della Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 2006, I, 1; E. CARUSO et al., Sintesi dei principiali documenti prodotti dall'Alta Commissione di studio per la definizione dei meccanismi strutturali del federalismo fiscale, in rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 2006, I, 1, 8. 372 Al paragrafo 6. Inoltre la relazione del Comitato tecnico scientifico concerne principi di coordinamento della finanza pubblica e patto di stabilità interno e la Relazione del Comitato tecnico istituzionale, concerne i raccordi

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rappresenti una necessità istituzionale. La Commissione individua una serie di principi che interessano il coordinamento, in particolare quelli relativi ad equilibrio e sostenibilità; a trasparenza ed efficienza di entrata e spesa; al concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica; a sistemi contabili uniformi; all'indebitamento; ai trasferimenti; alla sufficienza delle risorse; all'autonomia e all'equilibrio finanziario degli enti locali. Ritiene che le Regioni debbano detenere il potere di coordinamento nel territorio di competenza, nel rispetto dei principi fondamentali dello Stato; che la legge generale di coordinamento della finanza pubblica dovrebbe indicare non solo i principi generali di coordinamento del sistema tributario ma anche quelli riguardanti le politiche di bilancio con particolare riferimento al patto di stabilità interno e all'indebitamento. Evidenzia l'opportunità di istituire una sede privilegiata di coordinamento interistituzionale in materia finanziaria, proponendo l'istituzione di un organo ad hoc denominato Consiglio nazionale di pianificazione finanziaria. Espressamente raccomanda373 di rendere l'attuale normativa sul patto coerente con i principi costituzionali. Infine si sottolinea il rilievo di “monitoraggi, coordinamento e controlli per assicurare, nella fase della gestione, il rispetto del principio della neutralità finanziaria del federalismo fiscale”. Una proposta di legge sul federalismo fiscale è stata presentata nella XV legislatura dalla Regione Lombardia, (Consiglio regionale, 19.6.2007)374, con delega per il coordinamento della finanza pubblica e il coordinamento del sistema tributario. Si tratta di un testo che prevede una scarsa portata degli istituti della solidarietà, limitando la riduzione delle differenti capacità fiscali solo al 50%, con un sistema di perequazione di tipo orizzontale. Con il testo “Giarda bis” si giunge al disegno di legge delega per l'applicazione dell'articolo 119 della Costituzione, oggetto di una prima approvazione da parte del Governo il 25 giugno 2007 e di approvazione definitiva da parte del Consiglio dei Ministri del 3 agosto 2003, AC 3100 del 29 settembre 2007. Dalla illustrazione dei caratteri generali del disegno risalta come all'unità giuridica e finanziaria integrata dagli impegni europei si giunga per il saldarsi della autonomia e della responsabilità nella salvaguardia dei diritti, che si sviluppa mediante la copertura dei fabbisogni dei “livelli essenziali”. Si afferma infatti che si tratta di garantire l'unità giuridica e finanziaria dello Stato alla luce degli impegni europei sviluppando in modo esteso la relazione che deve intercorrere tra responsabilità fiscale e autonomia di spesa: il tutto dentro la salvaguardia dei diritti civili e sociali che danno corpo alla cittadinanza repubblicana come sanciti nella prima parte della Costituzione. Devono conformarsi al criterio della copertura integrale dei fabbisogni gli interventi che rientrano nella tutela costituzionale dei “livelli essenziali”. Per questo progetto375 la fonte primaria di finanziamento è rappresentata da tributi propri e informativi. 373 Il patto dovrebbe avere valenza triennale con scorrimento annuale come il bilancio pluriennale e il DPEF. I contenuti e gli obiettivi dovrebbero essere concordati in sede di Conferenza unificata prime dell'approvazione del DPEF e della presentazione al Parlamento del disegno di legge finanziaria. Il patto di stabilità interno dovrebbe essere coerente con l'impostazione del patto di stabilità e crescita. Gli obiettivi dovrebbero valere in ogni area regionale per il complesso degli enti appartenenti a ciascun livello di governo, prevedendo eventualmente la possibilità per specifici enti locali di discostarsi da essi in ragione di particolari difficoltà, coinvolgendo. Il Comitato inoltre non ritiene che le Regioni possano esercitare poteri di controllo della finanza locale e di applicazione delle sanzioni che sono riservati allo Stato. Sempre allo Stato compete l'importante compito del monitoraggio della finanza degli enti territoriali. Dovrebbero essere condivise le iniziative già avviate dal governo centrale comprese quelle volte al controllo dell'indebitamento e alla costruzione di un sistema uniforme di classificazione delle entrate e delle spese di Regioni ed enti locali. Particolarmente opportuna potrebbe essere poi la presentazione al Parlamento di una relazione annuale sugli aspetti finanziari del federalismo fiscale, volta a dar conto dell'evoluzione del sistema di finanziamento degli enti territoriali in base ad indicatori definiti dal Governo stesso e concertati con le autonomie. 374 Il disegno di legge della Lombardia, AC 2844, “Norme per l'attuazione dell'art. 119 della Costituzione”, in www.issirfa.cnr.it, prevede anche l'istituzione di una Commissione tecnica per le relazioni finanziarie intergovernative a composizione paritetica Stato-Regioni-enti locali. 375 Tra le principali previsioni rileviamo come il coordinamento del sistema tributario esclude interventi privi di

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compartecipazioni. L'esercizio dei diritti è garantito da un sistema di trasferimenti perequativi che assicurino il finanziamento integrale dei livelli essenziali, mentre per le competenze non riconducibili ai livelli essenziali la perequazione è basata sulla capacità fiscale. Quanto alle Regioni speciali376, il loro ordinamento finanziario non viene modificato377, ma si prevede che esse concorrano agli obiettivi di perequazione e solidarietà ed ai diritti e doveri da questi derivanti nonché all'assolvimento degli obblighi posti dall'ordinamento comunitario secondo criteri e modalità stabiliti378 da norme di attuazione dei rispettivi statuti da definire, con procedure previste dagli statuti, entro il termine fissato per l'emanazione dei decreti legislativi Il disegno affronta specificamente anche il tema delle procedure di formazione del bilancio pubblico visto nel suo insieme, considerando il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario come “diretti a realizzare il coinvolgimento e la condivisione di tutti i livelli di governo nella definizione degli obiettivi programmatici”. Si individuano pertanto la sede ed i soggetti preposti alla definizione del patto di stabilità interno, dando notevole rilevanza al principio di leale collaborazione. Quanto alla sede, si prevede che le norme della manovra di bilancio con ricadute sulla finanza regionale e locale che oggi confluiscono nel disegno di legge finanziaria trovino in futuro

contestuale compensazione; le Regioni possono istituire tributi regionali e locali. L'autonomia tributaria degli enti locali è garantita anche dalla possibilità di intervento della legge statale in assenza di legge regionale. Si affida alle Regioni la perequazione per i Comuni minori . Per le Regioni si garantisce il finanziamento integrale sulla base di costi standard o di indicatori di fabbisogno delle prestazioni essenziali con un fondo perequativo alimentato dalla fiscalità generale, mentre per la parte residua delle spese regionali basata sulla capacità fiscale il fondo perequativo è alimentato da una parte della compartecipazione IRPEF. Per i tributi derivati, si richiamano quelli esistenti ma se ne aumenta la manovrabilità. Occorre valutare la capacità fiscale standard e quantificare costi oggettivi perchè la perequazione deve consentire servizi simili imponendo ai cittadini un onere tributario simile, realizzandosi così il nesso tra responsabilità di spesa e responsabilità di prelievo. I finanziamenti con carattere di generalità sono soppressi. Non vi è chiarezza sulla durata del periodo transitorio. Alle Regioni ordinarie si assegnano alcune competenze in materia di finanza locale, anche se è stata corretta l'originaria impostazione filoregionalista. In aggiunta al ruolo di coordinamento in materia tributaria si prevede: che possano adattare le regole del patto secondo criteri sanciti in Conferenza unificata e nel rispetto degli obiettivi; che provvedano alla perequazione per le funzioni fondamentali dei comuni minori; che possano modificare il riparto del fondo perequativo assegnato dallo Stato agli altri enti con proprie valutazioni delle entrate standardizzate e della spesa corrente standardizzata previ accordi in sede di conferenza e intesa con il CAL. Di tale testo si lamenta incompletezza e mancanza di un disegno politico condiviso da tutti i livelli di governo. E. JORIO, Prime riflessioni sul testo “Giarda bis”, in www.federalismi.it, 2007, 9, rileva criticamente che non vi è traccia di fase di transizione; inoltre non ritiene conforme a costituzione la previsione di tre fondi perequativi. V. anche M. BARBERO, Il disegno di legge governativo per l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione: considerazioni a prima lettura, in Le istituzioni del federalismo, 2007. 376 Per il Gruppo di lavoro sul federalismo fiscale, per le Regioni speciali non si ritiene perseguibile in tempi brevi una completa armonizzazione. Secondo le proposte della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome le Regioni devono assumere un ruolo di coordinamento e regolazione della finanza territoriale, e assume rilevanza la definizione di regole negoziali fra Stato, Regioni e autonomie locali che dalla logica della semplice comunicazione passi ad un contesto di intese. 377 Mentre nella prima versione era contenuta una disposizione che, sulla scia di quanto previsto al comma 661 della legge finanziaria per il 2007, mirava a garantire il concorso delle autonomie speciali al riequilibrio della finanza pubblica, prevedendo che ai bilanci delle Regioni speciali venisse addebitata una frazione della spesa per interessi sul debito pubblico corrispondente all'incidenza dei proventi delle compartecipazioni al gettito tributario di ciascuna regione sul totale del gettito dei tributi erariali. A regime tale addebito avrebbe dovuto tradursi in una riduzione della quota di compartecipazione. Inoltre le Regioni speciali con livelli di reddito pro capite superiori alla media nazionale erano escluse dal riparto dei fondi assegnati da leggi dello Stato. In seguito la disposizione è stata eliminata e la definizione del concorso agli obiettivi di finanza pubblica è stata rinviata ad accordi bilaterali. 378 A tal fine si dovrà tener conto della dimensione della finanza di ciascuna Regione rispetto alla finanza pubblica complessiva. Delle funzioni da esse effettivamente esercitate e dei relativi oneri , anche in considerazione degli svantaggi strutturali permanenti ove ricorrano e dei livelli di reddito pro capite che caratterizzano i rispettivi territori o parte di essi, rispetto a quelli corrispondentemente sostenuti per le medesime funzioni dallo Stato, dal complesso delle Regioni e degli enti locali.

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collocazione in un disegno di legge presentato nel mese di aprile, previa una fase di confronto379 e valutazione congiunta con regioni province e comuni, che assumerà la veste giuridica di provvedimento collegato alla manovra di bilancio e dovrà essere approvato entro il mese di ottobre che contenga tutta la manovra riguardante gli enti territoriali quindi disciplina delle entrate tributarie e dei trasferimenti le norme sul contenimento delle spese, l'istituzione di nuovi fondispeciali e in primo luogo le regole del patto di stabilità interno comprese quelle riguardanti il sistema sanitario. Ci si propone così un duplice risultato. Da un lato decongestionare la sessione di approvazione del bilancio dello Stato; dall'altro garantire agli enti territoriali margini temporali adeguati per poter formulare le proprie autonome politiche di bilancio. Per l’art. 2, comma 1, gli enti devono seguire regole coerenti con quelle derivanti dall'applicazione del Patto di stabilità e crescita. Il DPEF dovrà fissare per ciascun livello la misura programmata dei saldi, di indebitamento e (ciò che suscita perplessità) della pressione tributaria. L’art. 3 tratta i percorsi di armonizzazione contabile, in quanto condizione preliminare per la responsabilizzazione è un valido sistema di monitoraggio sulle gestioni territoriali, che al momento può avvalersi unicamente del Siope. Condizione necessaria per la valutazione dell'operato amministrativo è quindi l’obbligo di registrare le poste di entrata e di uscita in modo che possano essere ricondotte ai criteri rilevanti per l'osservanza del Patto di stabilità e crescita, ed è importante che i meccanismi di sanzione vengano previsti, oltre che per lo scostamento tra obiettivi programmati e risultati realizzati, anche per il mancato rispetto della standardizzazione dei bilanci (art. 2, comma 1, lett. h). d) Le sedi di collaborazione e il procedimento legislativo Il disegno di legge delega predisposto nella XV legislatura380per l'istituzione e la disciplina della Conferenza Stato-Istituzioni territoriali per la leale collaborazione tra Governo, Regioni, Province autonome ed enti locali381, appare di rilievo per il prevedere come obbligatorio il parere382 sugli

379 Nella XV legislatura, i lavori del Gruppo di lavoro sul federalismo fiscale (coordinato da D. Piero Giarda, Titolo V e federalismo fiscale, Ministero dell'economia e delle finanze, Gabinetto del Ministro, 22 dicembre 2006) evidenziano, tra l'altro, opportunità della creazione di una istituzione tecnica (autorità, Commissione, ente preposto) in cui possano trovare spazio rappresentanti di tutti gli enti interessati e che abbia lo scopo specifico di attuare la legge di riforma, svolgendo le opportune quantificazioni relative alla finanza regionale e locale, possa rappresentare uno strumento efficace per questo obiettivo. 380 In precedenza, l'art. 118, comma 3, della legge costituzionale approvata definitivamente al Senato il 16 novembre 2005 prevedeva l'istituzione con legge bicamerale della Conferenza Stato-Regioni e introduceva la possibilità, sempre con legge bicamerale, di prevedere altre Conferenze tra lo Stato e gli enti di cui all'art. 114. 381 La nuova Conferenza è prevista presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (la Corte costituzionale, nella sentenza n. 116 del 1994 riconosce che tale incardinamento deve considerarsi logistico ma non funzionale). Si valorizza il principio maggioritario eventualmente anche con criteri di rappresentanza territoriale. Si prevede la possibilità di apposite riunioni tecniche o articolazioni organizzative interne della Conferenza per materie. I compiti principali: pareri obbligatori (soprattutto sugli atti normativi del Governo); intese che, ove previste, hanno carattere obbligatorio (su atti di alta amministrazione); accordi (che hanno carattere facoltativo); designazioni. Si impone la razionalizzazione della disciplina vigente dell'intesa e del potere decisionale del Consiglio dei Ministri in caso di mancato raggiungimento dell'intesa prevedendo la possibilità che il Presidente della Conferenza possa in caso di mancata unanimità sentito il Presidente della Conferenza dei Presidenti delle Regioni nonché il portavoce degli enti locali promuovere una votazione a maggioranza . Si prevede la unanimità per le intese facoltative volte alla ricognizione dei principi fondamentali ed alla definizione di criteri di riparto condivisi nelle materie trasversali: tali intese raggiunte all'unanimità possono anche avere ad oggetto discipline regionali di dettaglio ai fini di semplificazione e uniformità. A. PIRAINO, La costituzionalizzazione (diretta e indiretta) del sistema della conferenze (art. 118.3), in wwwfederalismi.it, 2006, 2; S. NICOTRA, Audizione parlamentare del 11.12.2006 sullo stato di attuazione e su prospettive di riforma del titolo V, in www.federalismi.it, 2006, 25, che sottolinea la necessità di relazioni multilivello; E. BUGLIONE, Per un federalismo sostenibile, in www.issirfa.cnr.it, 2006, giugno. 382 I pareri non possono essere vincolanti (Consiglio di Stato, Sezione atti normativi, 13/1/2003, n. 345/2002). In aggiunta rispetto al diritto vigente il parere facoltativo su richiesta del Governo e comunque non vincolante su

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atti normativi del Governo e sui disegni di legge di iniziativa governativa nelle materie di legislazione concorrente e nelle materie che incidono sull'organizzazione e sulle funzioni delle autonomie richiedendo comunque il parere della Conferenza sul disegno di legge finanziaria383 e sui disegni di legge collegati. Viene inoltre prevista l’intesa per la destinazione di fondi statali nelle materie di competenza legislativa regionale. La lett. u) prevede anche che in via facoltativa il Governo può promuovere intese all'unanimità volte alla enucleazione concorde dei principi fondamentali nelle materie cosiddette trasversali anche ai fini della prevenzione del contenzioso costituzionale e del corretto esercizio del potere regolamentare statale nelle materie di competenza esclusiva. La proposta tendeva a razionalizzare il circuito a livello governativo e avrebbe dovuto integrarsi con gli sviluppi del circuito concernente le assemblee legislative, ai fini di una rielaborazione complessiva del rapporto tra Stato e Regioni. Si tratta di tematiche complesse384. La carenza di altri strumenti di collaborazione, l'art. 8 della legge n. 131 del 2003 e la sentenza della Corte costituzionale n. 303 del 2003 contribuiscono al rafforzamento delle Giunte e dei loro Presidenti a scapito dei Consigli. Il circuito tra Parlamento e Consigli è improntato alla separazione delle sfere di competenza quello che collega il Governo alle Giunte comprende scelte che vanno ormai ben oltre la sfera amministrativa. Ma gli atti prodotti dal secondo circuito pur condizionando variamente i procedimenti di formazione delle leggi non possono attingere in quanto tali il livello legislativo ed anzi per la Corte un atto di intesa non può nemmeno produrre una vera e propria fonte normativa (Corte costituzionale, n. 270 del 2005). Si ritiene385 che la questione della cooperazione non si può affrontare senza coinvolgere gli organi legislativi dello Stato e delle Regioni. La scelta di trasformare il Senato in una Camera delle Regioni e delle autonomie composta prevalentemente da consiglieri regionali consentirebbe non solo di superare lo squilibrio fra Consigli e Presidenti, ma soprattutto di colmare, attraverso procedimenti di codecisione fra Stato e Regioni sugli atti legislativi, la strutturale asimmetria fra i circuiti istituzionali concernenti, rispettivamente, la legislazione e le scelte politiche e di governo, come ad esempio avviene per la Germania. Con riferimento alla riforma delle Camere e del procedimento legislativo, il percorso fin qui tracciato ha condotto, nella XV legislatura, ai disegni di legge costituzionali nn. 553 C e altri, nel testo adottato dalla I Commissione come testo base per la “Modificazione di articoli della parte seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo, composizione e funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato attivo e passivo per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”, sul Presidente del Consiglio e per superare il bicameralismo paritario. Si tende ad interventi limitati, per eliminare il bicameralismo paritario, che si rileva progressivamente abbandonato in gran parte degli ordinamenti liberal-democratici e critico laddove coinvolge oltre al procedimento legislativo anche la formazione e la rimozione dei Governi, mentre si traggono fili conduttori comuni per il rafforzamento del Presidente del Consiglio e per superare il bicameralismo paritario386. Il Senato diviene federale, eletto su base regionale dai Consigli regionali e dai Consigli delle autonomie locali (per i quali alcune norme statali ne dovranno prescrivere una omogeneità minima che gli statuti dovranno rispettare). Alla camera dei Deputati la funzione di indirizzo politico e di disegni di legge e atti normativi del Governo nelle materie di legislazione esclusiva che incidano sugli interessi delle autonomie territoriali. Inoltre la delega ipotizza un parere facoltativo sugli schemi di atti normativi di Regioni e Province autonome su iniziativa delle stesse nonché la facoltà per il Governo di chiedere discussione in Conferenza di schemi di atti normativi di Regioni e Province autonome. 383 Attualmente il parere sulla legge finanziaria e collegati compete alla Conferenza unificata secondo l'art. 5, comma 1, lett. b), del decreto legislativo n. 281 del 1997 e art. 17 comma 2, lett. c), della legge n. 11 del 2005. 384 Tali temi sono sviluppati ampiamente in Camera dei Deputati, Osservatorio sulla legislazione, Rassegna 2007; R. CARPINO, Evoluzione del sistema delle Conferenze, in Le istituzioni del federalismo, 2006, 41. 385 Ancora Camera dei Deputati, Osservatorio sulla legislazione, Rassegna 2007. 386 Camera dei Deputati, Relazione della I Commissione permanente presentata alla Presidenza il 17 ottobre 2007 sul testo unificato di una serie di proposte di legge costituzionale (n. 553 ed altre)

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normazione primaria nonché il rapporto di fiducia. Si arricchisce lo status del Governo in Parlamento. Riguardo alla funzione legislativa, è prevista la partecipazione del Senato a tutte le procedure legislative, rafforzandosene il peso nelle materie che incidono il rapporto Stato/autonomie e mantenendo un ruolo paritario nelle scelte di sistema, senza che nella restante attività legislativa il Senato possa acquisire potere di veto. Il nuovo art. 70 prevede quattro distinti procedimenti legislativi387, di cui uno paritario, nel quale le Camere esercitano collettivamente la funzione legislativa, da utilizzare per i disegni sull'assetto costituzionale o i rapporti tra Stato ed enti, che interessa l'art. 119, commi terzo e quinto. Un procedimento bicamerale a prevalenza Camera, nel quale dopo l'approvazione della Camera il testo può essere modificato dal Senato (che richieda di esaminarlo) ferma la deliberazione definitiva della Camera, è previsto per la generalità dei disegni di legge. Un altro, nel quale, se le modifiche del Senato dopo l'approvazione della Camera riguardano materie di cui agli artt. 118, commi 2 e 3, o 119, commi 3, 5 e 6, la Camera può modificarle o respingerle solo a maggioranza assoluta dei componenti, è previsto per materie di precipuo interesse regionale (conferimento funzioni, fondo perequativo, interventi speciali, principi generali di attribuzione del patrimonio). Uno, infine, nel quale è riservato al Senato l'esame in prima lettura, spettando comunque alla Camera l'approvazione definitiva, per i principi fondamentali delle materie concorrenti. Tali progetti sono individuati dai Presidenti delle due Camere d'intesa per essere assegnati al Senato in prima lettura. Il testo è poi trasmesso alla Camera, alla quale spetta l'esame in seconda lettura e l'approvazione in via definitiva. Qualsiasi emendamento dovrà essere approvato a maggioranza assoluta dei componenti l'assemblea. Di rilievo come durante i lavori alla Camera abbia assunto notevole rilievo388 l'esigenza di collegare tale riforma del procedimento legislativo a quella del processo di bilancio. e) Il coordinamento dinamico e il processo di bilancio Occorre, come più volte rilevato, prendere atto che il coordinamento dinamico della finanza pubblica e innanzitutto il patto di stabilità interno, costituiscono ormai parte integrante del processo di bilancio, e di fatto delle leggi finanziarie annuali, cosicchè, oltre che nelle proposte relative al federalismo fiscale, risultano frequentemente coinvolti, variamente e disorganicamente, anche in quelle389 che mirano alla rimodulazione dell'intero processo di bilancio con interessamento della 387 B. CARAVITA DI TORITTO, Aspettando Ulisse: riparte la tela delle riforme nella XV legislatura, in www.federalismi.it, 2007, 20, ritiene che per tutte le materie per le quali è previsto l'esercizio collettivo della potestà legislativa è necessario prevedere una commissione di conciliazione che risolva i conflitti fra le due camere non essendo pensabile che eventuali contrasti blocchino indefinitamente il procedimento legislativo. Non condivide la previsione di leggi sui principi fondamentali delle materie concorrenti affidate alla prima lettura del Senato, nel presupposto che quelle materie sono parte fondamentale del programma del governo: meglio lasciarle nel regime generale, eventualmente in quell'area in cui le modifiche del Senato possono essere superate dalla Camera solo a maggioranza assoluta. 388 Il disegno, oltre ad aver ottenuto il parere favorevole della Commissione parlamentare per le questioni regionali, e il nulla osta della V Commissione permanente, è oggetto, da parte della considerazione che “la definizione del nuovo testo dell'art. 70 Cost. sostituito dall'art. 7 della proposta in esame, di procedure differenziate di approvazione dei progetti di legge potrebbe ingenerare incertezze quanto all'individuazione dell'iter applicabile a provvedimenti che come accade tipicamente nel caso del disegno di legge finanziaria si caratterizzano per l'ampiezza dei contenuti, tra i quali nell'esperienza degli ultimi anni confluisce anche la determinazione dei principi fondamentali nelle materie di cui all'art. 117, terzo comma, tradottasi nelle regole del patto di stabilità interno”. Si ritiene di conseguenza che “quanto sopra rilevato conferma l'esigenza di rimettere mano alla disciplina contabile recata alla legge n. 468 del 1978, al fine di adottare una normativa relativa al coordinamento della finanza pubblica che regoli in maniera tendenzialmente stabile i rapporti tra lo Stato e le autonomie territoriali sottraendo per quanto possibile tale materia alla decisione di bilancio annuale anche al fine di contribuire ad una delimitazione dei contenuti della legge finanziaria”. 389 Si richiama in particolare l’Indagine conoscitiva parlamentare del 2002 (Risoluzioni della Camera, del 4 giugno 2002 e del Senato, del 6 giugno 2002 (P. DE IOANNA, M. DEGNI, Patto di stabilità interno, costituzione finanziaria, strumenti contabili: ipotesi di riforma del titolo IV e V della legge 468/78, in Rassegna parlamentare, 2001)

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legge finanziaria. Se ne rileva consapevolezza nelle riflessioni390 sviluppate nel documento conclusivo dell'Indagine conoscitiva sulle linee di riforma degli strumenti e delle procedure di bilancio, approvato dalle Commissioni bilancio di Camera e Senato nelle sedute rispettivamente dell'8 e 15 maggio 2007, nelle quali si osserva che l'assenza di disciplina organica dei rapporti finanziari carica la legge finanziaria di contenuti impropri; che occorre andare oltre l'impostazione del disegno di legge sul federalismo fiscale, che deve essere affiancato ed integrato da una legge di coordinamento della finanza pubblica che potrebbe anche mettere fine alla legge di contabilità e alla vigente disciplina di contabilità regionale e locale ponendo principi coerenti e uniformi per tutti i livelli territoriali. Occorre ridisegnare l'insieme delle procedure di bilancio collegando e armonizzando i diversi piani e mettere in una più ordinata sequenza le diverse fasi, rafforzando le procedure di codecisione e di reciproca responsabilità. Nella Relazione del Presidente della Camera in sede di Giunta per il regolamento (seduta del 28 febbraio 2007), sulla necessità di rivedere la legge finanziaria, si osserva che, mentre in passato ci si è incentrati sulla finalità di limitare il contenuto improprio ora occorre lavorare per organizzare in modo adeguato il contenuto proprio alla luce dei nuovi compiti richiesti da un sistema di governo della finanza pubblica strutturato su più livelli. La questione della riforma delle procedure e degli strumenti di bilancio viene ad intrecciarsi con l'attuazione dell'art. 119 e prefigura il superamento del modello della legge di contabilità generale dello Stato nella direzione di una legge di coordinamento dei diversi livelli. Le riforme prospettate nel tempo si sono spesso occupate del patto di stabilità interno, ma occorre estenderle al complesso degli elementi oggetto di interventi annuali. I nodi da sciogliere sono rappresentati dalla collocazione formale della disciplina congiunturale e dagli strumenti di collaborazione, che appare indispensabile realizzare tanto nel circuito legislativo quanto in quello intergovernativo. Ricorrente è la ritenuta esigenza di valorizzare il DPEF391, peraltro strumento non legislativo, in esso anticipando scelte concertate di coordinamento della finanza pubblica consistenti nella articolazione interna dei vincoli, con specificazione dell’andamento dell’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, articolato nei sottosettori, centrale, locale, previdenziale. Per la collocazione legislativa, si registrano proposte in ordine alla istituzionalizzazione392

ed i disegni di legge che ne sono seguiti; i lavori per l’attuazione dell’art. 119 Cost., con la Relazione resa dall’ACOFF e il successivo disegno di legge delega, approvato dal CDM in prima lettura il 28 giugno 2007; la recente Indagine conoscitiva sulle linee di riforma degli strumenti e delle procedure di bilancio delle Camere, nonché il disegno di legge n. 1262 presentato nella legislatura appena conclusa al Senato. 390 Nello stesso senso F. PIZZETTI, Il sistema costituzionale delle autonomie locali (tra problemi ricostruttivi e problemi attuativi), in L'attuazione del titolo V della Costituzione, Giuffrè, Milano, 2005, per il quale è l'intero sistema della finanza pubblica che deve essere oggi ripensato a partire dallo stesso ruolo della legge finanziaria annuale e di tutti gli strumenti di programmazione finanziaria annuale attualmente esistenti nel nostro ordinamento. 391 Per una valorizzazione, in generale, del DPEF, A. PALANZA, Una nuova legge e un ordine del giorno per la riorganizzazione del processo di bilancio come metodo della politica generale (legge 25 giugno 1999, n. 208), in Rassegna parlamentare, 1999, 3, 6 635). Con il disegno di legge n. 1548 S del 2002 e successivamente con quello n. 1262 S del 2007 si intende ridefinire il ruolo del DPEF affinchè fornisca indicazione delle previsioni tendenziali e programmatiche triennali relative alle amministrazioni pubbliche specificando i sottosettori delle amministrazioni centrali e delle amministrazioni territoriali e previdenziali. La recente Indagine conoscitiva sulle linee di riforma degli strumenti e delle procedure di bilancio porta a valorizzare il ruolo del DPEF, mediante rafforzamento del quadro conoscitivo e disaggregazione dei dati con riferimento ai diversi settori, considerando partitamene sia gli andamenti a consuntivo sia quelli tendenziali. Dall’impostazione del DPEF dovrebbe discendere anche una struttura più compatta e coerente del disegno di legge finanziaria, in linea con la ristrutturazione in atto del bilancio statale. 392 Il disegno di legge n. 1492 S nel 2002 proponeva, in modo assai generico, di rivedere la funzione della legge finanziaria, accentuandone la destinazione a sede del coordinamento, come “legge di stabilità”, inclusiva di tutte quelle norme annuali di coordinamento della finanza pubblica che assicurano il concorso dei vari livelli di governo al raggiungimento degli obiettivi del patto di stabilità e crescita. Anche la recente Indagine parlamentare sembra voler affidare gli aspetti quantitativi annuali alla legge finanziaria, ma sulla base di un’apposita legge organica concertata che dia certezze su criteri, regole e obiettivi essenziali. Così pure il disegno di legge n. 1262 S del 2007 (per la cui

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dell'utilizzo della legge finanziaria, che occorre ponderare oggi alla luce della degenerazione di tale istituto393; oppure invece per il ricorso ad un distinto apposito provvedimento, collegato alla manovra. In quest’ultimo senso, la richiamata proposta di legge delega per l’attuazione dell’art. 119, che opera la scissione dalla legge finanziaria del contenuto di coordinamento, cosicchè le norme della manovra di bilancio con ricadute sulla finanza regionale e locale che oggi confluiscono nel disegno di legge finanziaria troverebbero in futuro collocazione in un disegno di legge presentato nel mese di aprile, che assumerebbe la veste giuridica di provvedimento collegato alla manovra di bilancio e dovrebbe essere approvato entro il mese di ottobre. La scelta della sede legislativa determina ricadute su quella relativa al procedimento in una situazione a regime394 di procedimenti differenziati. Se per la legislazione di principio in veste di coordinamento statico risulta adeguata la soluzione a prevalenza Senato, per il coordinamento dinamico invece complesse problematicità connotano gli aspetti procedurali, tanto che si opti per una legge finanziaria comprensiva delle norme di coordinamento quanto che si preferisca il ricorso ad un provvedimento collegato.

Con l'ipotesi di riforma sviluppata nella XIV legislatura , l395 ’idea che il Senato federale potesse considerarsi sufficiente per una sintesi delle istanze dei diversi livelli di governo ha mostrato la sua difficoltà oggettiva nel corso dei lavori parlamentari396. In riferimento alla legge Relazione ”è il caso di disciplinare con la riforma dei titolo IV e V della legge n,. 468 del 1978 il patto di stabilità interno, riconducendo tutti gli elementi qualitativi ad una fonte stabilizzata, concertata con gli enti sub centrali e riservando alla legge finanziaria la modulazione dei soli profili quantitativi”). 393 Particolarmente sull’esperienza degli ultimi anni, con il frequente rilievo dell’aggiramento del principio istruttorio di cui agli artt. 72 e 81 Cost., Atti del Convegno, 1997-2007. Attualità della legge finanziaria, Roma, 7 luglio 2007; A. MUSUMECI, La legge finanziaria, Giappichelli, Torino, 2004; M. DEGNI, La decisione di bilancio nel sistema maggioritario, Ediesse, Milano, 2004; L. CUOCOLO, I “maxiemendamenti” tra opportunità e legittimità costituzionale, in Giurisprudenza costituzionale, 2004, 5, 4753; V. LIPPOLIS, Le procedure parlamentari di esame dei documenti di bilancio, in T. MARTINES et al., Diritto parlamentare, Milano, 2005; G. DI GASPARE, N. LUPO, Le procedure finanziarie in un sistema istituzionale multilivello, Giuffrè, Milano, 2005, e, ivi, N. LUPO, I mutamenti delle procedure finanziarie in una forma di governo maggioritaria, 103; E. GRIGLIO, I maxiemendamenti del governo in parlamento, in Quaderni costituzionali, 2005, 4, 907; P. GAMBALE, D. PERROTTA, I profili problematici delle procedure di bilancio nella recente evoluzione in Italia: il crescente rafforzamento del ruolo dell’esecutivo e la possibile definizione di “controlimiti” parlamentari in Rassegna parlamentare, 2005, 2, 477; V. RUSSO, Sul calendario della legge finanziaria e sul quorum necessario per approvarla, in Rivista dei tributi locali, 2005, 5, 491; M. CAPUTO, L’esame parlamentare dei disegni di legge finanziaria nella XIV legislatura e le prospettive di riforma in Rassegna parlamentare, 2006, 2, 499; B. G. MATTARELLA, Riflessioni sulla legittimità costituzionale delle ultime leggi finanziarie, in Quaderni costituzionali, 2006, 4, 783; G. LO CONTE, Quando è il legislatore a violare la Costituzione, in Giornale di diritto amministrativo, 2007, 4, 428; N. LUPO, Costituzione e bilancio (l’art. 81 della Costituzione tra interpretazione, attuazione e aggiramento, LUISS University Press, Roma, 2007. 394 In mancanza del quale, per il disegno di legge n. 1548 S del 2002, la Commissione per le questioni regionali integrata dai rappresentanti delle autonomie come previsto dall’art. 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001 esprime il proprio parere sul programma di stabilità entro il 10 febbraio e lo comunica al Governo. Anche nelle relative considerazioni della Corte dei conti il punto di partenza avrebbe potuto essere costituito dall’allargamento, operato dall’art. 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001, della Commissione bicamerale per le questioni regionali ai rappresentanti delle Regioni, delle province autonome e degli enti locali. Anche l’ACOFF considera questa come un’ipotesi per garantire un adeguato sistema di cooperazione tra Stato ed autonomie, anche ai fini del patto di stabilità interno. 395 Per il disegno di legge costituzionale n. 2544, oggetto di esito negativo nel relativo referendum, la Camera esamina i disegni di legge concernenti le materie di competenza esclusiva statale, i disegni di legge di ratifica dei trattati internazionali, i disegni di legge di bilancio ed il rendiconto consuntivo, mentre il Senato esamina i disegni di legge concernenti la determinazione dei principi fondamentali nelle materie a competenza concorrente. Nella competenza paritaria dei due rami, rientrano l’esame dei disegni di legge concernenti le materie di cui all’articolo 117, secondo comma, lettere m) e p), e 119. 396 Il carattere disomogeneo del contenuto materiale della legge finanziaria rende estremamente difficoltoso il riparto di competenze fra le due Camere. Il tema è approfonditamente trattato in M. DEGNI, La decisione di bilancio nel sistema maggioritario, cit., 46; B. RANDAZZO, Le "materie" nei conflitti tra Camere e tra enti. A proposito della riforma della II parte della Costituzione in Quaderni costituzionali, 12, 2005, 5. Per le regioni, Audizione della

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finanziaria, si è notato come si amplifichino i problemi legati al riparto di materie, anche perché il testo di tale legge attiene ad oggetti diversi. Nascerebbe il problema di stabilire quale procedimento legislativo seguire: se quello bicamerale (trattandosi di norme riconducibili all' articolo 119 Cost.), quello che lascia l’ultima parola al Senato, alla luce delle finalità di armonizzazione e coordinamento della finanza pubblica perseguite dal legislatore, ovvero quello con pronuncia della Camera, dando la prevalenza all’aspetto formale costituito dalla natura di legge finanziaria propria del provvedimento. Più in generale, con riguardo alle leggi in materia finanziaria, si è evidenziata una rilevante contraddizione in merito alla quale sono emersi, durante l'esame in prima lettura del disegno di legge, due orientamenti contrapposti. L’uno, basato sulla impossibilità di segmentare le scelte finanziarie, per cui solo l'attribuzione ai due rami di un ruolo paritario nella funzione allocativa delle risorse avrebbe potuto garantire alle autonomie, attraverso il Senato, un ruolo incisivo e di matrice schiettamente federale. In tal senso si era pronunciata la 5° Commissione permanente, chiamata a dare un parere sul disegno di legge costituzionale. L’altro, al contrario, fondato sulla esigenza di ricondurre le decisioni finanziarie al rapporto fiduciario, con la proposta (Commissione bicamerale per le questioni regionali) di affidare all’asse maggioranza governo la competenza sulla legge di stabilità, rimettendo alla lettura bicamerale la ripartizione della responsabilità di ciascun livello.

Analoghi problemi dovrebbero affrontarsi nell'ambito della proposta di riforma approntata nell'ultima legislatura anticipatamente interrotta.

Quanto alla collaborazione intergovernativa, frequentemente si propone un utilizzo più intenso del sistema delle Conferenze397, che rappresenta tuttavia una garanzia fondata su organi che dovrebbero essere dotati di copertura costituzionale. Inoltre occorre rilevare l'esigenza di un organo (o sezione) qualificato in materia finanziaria, secondo gli spunti che vengono offerti dalla considerazione delle esperienze di Paesi nei quali un organismo a carattere partecipativo viene individuato con apposita finalizzazione398 alle procedure decisionali finanziarie ed al coordinamento delle politiche di bilancio. Organo non alternativo rispetto ad una Camera territoriale, come mostra il sistema tedesco399, nel quale la presenza di una Camera territoriale

Commissione Affari Costituzionali, Senato, 25 novembre 2004, “la tripartizione del procedimento legislativo rende il sistema complesso e macchinoso, ed è destinato ad aumentare la conflittualità tra Stato e Regioni, generando una inedita conflittualità tra gli stessi rami del Parlamento”. Già la Commissione parlamentare per le questioni regionali rilevava nel proprio parere l’esigenza di individuare chiaramente organi ambiti e procedure atti a prevenire o comporre conflitti, propendendo per una Commissione paritetica. 397 Nel disegno di legge n. 1262 S del 2007. Secondo l’Alta Commissione, considerando l’elevatissimo contenzioso costituzionale e i forti attriti tra Stato, Regioni e enti locali che in modo ricorrente negli ultimi anni si sono sviluppati in Italia in occasione della manovra finanziaria, una proposta di immediata realizzazione potrebbe consistere nell’affidare alla Conferenza Unificata i compiti di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, quale completamento del coordinamento in materia finanziaria già da essa operato, sia mediante una modifica del decreto legislativo n. 281 del 1997, sia anche utilizzando la funzione generale di coordinamento descritta all’articolo 9, comma secondo, lettera c). Una funzione più ampia se ne auspica anche nel Documento elaborato nell’ambito dell’Osservatorio della finanza pubblica, Nuove regole per il processo di bilancio per aumentarne la trasparenza consentire la partecipazione rendere efficace la decisione, in GDA 4/2007, 39 (R. PEREZ, Proposte di riforma della finanza, ivi, 427). 398 Una serie di voci spinge nella direzione dell’introduzione di un organo avente come specifica missione quella di garantire la coerenza complessiva del sistema finanziario pubblico. ISAE, Rapporto annuale sull’attuazione del federalismo, 2003, 142. 399 Nel federalismo tedesco il Consiglio di Pianificazione Finanziaria (Finanzplanungsrat) è disciplinato dall’articolo 51 della Legge tedesca sui principi di bilancio (Haushaltsgrundsatzegesetz). Alle riunioni del Finanzplanungsrat partecipa normalmente anche un rappresentante della Deutsche Bundesbank. Il Finanzplanungsrat svolge rilevanti funzioni consultive in rapporto alla definizione delle politiche di bilancio dei diversi livelli di governo, analizzando l’incidenza dei vari fattori socio-economici sugli equilibri della finanza pubblica. In particolare mira a garantire il puntuale rispetto dei vincoli posti dall’articolo 104 del Trattato Ce e dal Patto europeo di stabilità e crescita, contribuendo alla definizione del Programma di stabilità, formulando raccomandazioni sulla gestione delle politiche di

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(Bundesrat), non esclude la necessità di una sede espressamente dedicata al coordinamento finanziario. Particolarmente rilevanti i riferimenti400 all’esperienza spagnola della legge organica n. 8 del 1980 (Lofca) che vincola le Comunità autonome al rispetto del patto europeo.

CONCLUSIONI

Le riflessioni sulla portata della funzione di coordinamento della finanza pubblica, in ordine al quadro costituzionale, mostrano da un lato una serie di orientamenti assai stabilizzati (pur se in presenza di criticità), dall'altro problemi del tutto aperti. Acquisiti si presentano i chiarimenti sul configurarsi del limite dei principi fondamentali nonché sul carattere finalistico della materia. Ma restandone pesantemente nell'ombra la legislazione regionale per gli enti locali e la scelta tra modelli di rapporti in ambito finanziario. In realtà una chiave di lettura può ricavarsi in via interpretativa e sistematica per la soluzione dei problemi concernenti, in riferimento agli enti locali, la legislazione regionale di coordinamento e la sussistenza e consistenza di materie residuali. Se solo si consideri che, benchè il testo costituzionale sembri marginalizzare le Regioni sui temi della perequazione, dei livelli essenziali delle prestazioni, spesa e monitorando gli andamenti dei conti pubblici. Le determinazioni del Finanzplanungsrat sono formalmente prive d’efficacia vincolante, ma esercitano una notevole influenza sui contenuti dei dibattiti parlamentari e sono tenute in grande considerazione dalle istituzioni comunitarie e dai mercati finanziari. 400 Il Consiglio di Politica Fiscale e Finanziaria (Consejo de Política Fiscal y Financiera dem las Comunidades Autónomas - CPFF), istituito in Spagna dall’articolo 3 della LOFCA è composto dal Ministro dell’Economia e del Tesoro (Ministro de Hacienda el de Economía), dal Ministro per le Amministrazioni territoriali (Ministro de Administración Territorial) e dal responsabile del Bilancio (Consejero de Hacienda) di ciascuna C.A. Al di là delle sue numerose attribuzioni, il CPFF si configura come un organo dotato di competenza generale in materia di coordinamento delle politiche fiscali e finanziarie dello Stato centrale e delle Comunità Autonome, con poteri di consultazione e deliberativi, inserendosi tuttavia nel quadro delle peculiarità del sistema spagnolo, caratterizzato dalla bilateralità delle relazioni fra lo Stato centrale e le CC.AA. Sull’esperienza spagnola F. NUGNES, Le politiche di finanza pubblica nello stato regionalizzato. Il caso spagnolo alla luce dell'esperienza italiana, milano, 2005. In materia di coordinamento finanziario e il Consiglio di politica fiscale e finanziaria, ACOFF, Relazione sull’attività svolta dall’Alta commissione per la definizione dei meccanismi strutturali del federalismo fiscale in www.governo.it; L. PALATUCCI, I vincoli all’autonomia di bilancio degli enti territoriali nel nuovo art. 119 Cost.: alcune osservazioni sulla base dell’esperienza comparata, in Le istituzioni del federalismo, 2003, 662; G.P. MANZELLA Funzione di coordinamento e debito degli enti territoriali, cit., 441; L. ANTONINI, M. BARBERO, A. PIN La legge organica spagnola sulla finanza delle comunità autonome: spunti utili per il federalismo fiscale italiano in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 1, 2005, 87; A. RODRÍGUEZ BEREIJO, Decentramento politico e decentramento fiscale: l’esperienza spagnola in www.issirfa.it; F. BIAGI Il modello di federalismo spagnolo alla luce delle riforme del 2001: quali spunti per l'Italia? in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 2006, 2, 308; A. ROJO SALGADO La riforma in senso federalista del modello spagnolo delle autonomie Il miglioramento delle relazioni intergovernative in Le Istituzioni del federalismo 1, 2006, 65. G. G. CARBONI, La responsabilità finanziaria nel diritto costituzionale europeo, Giappichelli 2006. Sui rapporti tra i diversi livelli di governo nel controllo dell’azione di indebitamento, G.P. MANZELLA Indebitamento degli enti territoriali e legge finanziaria 2005 in Giornale di diritto amministrativo 3, 2005, 337. Secondo M. BARBERO Golden Rule: non è tutto oro quello che luccica cit., il legislatore italiano avrebbe ben potuto fare proprio l’esempio spagnolo per la politica degli investimenti pubblici e le modalità di reperimento delle relative risorse. Per F. BASSANINI, Principi e vincoli costituzionali in materia di finanza regionale e locale nel nuovo articolo 119 della Costituzione, in ASTRID-Rassegna, 2006, 26, invece non vi è necessità in Italia di prevedere organi ad hoc sul modello del Finanzplanungsrat tedesco o del Consejo de Politica Fiscal y Financera de las Comunidades Autonomas spagnolo: sembrano del tutto sufficienti quelli oggi esistenti, una volta dotati di poteri adeguati e strumenti istruttori efficaci.

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e della connotazione del coordinamento del sistema tributario, tuttavia non si può trascurare che proprio la normativa di coordinamento della finanza pubblica, insieme con quella di coordinamento del sistema tributario e di armonizzazione dei bilanci pubblici, è affidata ad una legislazione condivisa, sia in quanto concorrente sia in riferimento all'ambito materiale. Cosicchè la legislazione statale non esaurisce la disciplina finanziaria ed il modello di coordinamento risulta quello a cascata. La legislazione statale, ispirata ai principi europei e investita della funzione di coordinamento, dovrebbe essa stessa essere necessariamente coerente con i principi espressi a valere per le autonomie anche laddove espressione di potestà esclusiva. Ciò che appare coerente con una visione sistematica incentrata su una responsabilità finanziaria diffusa e partecipata. In merito al coinvolgimento delle Regioni a statuto speciale i nodi sembrano sciogliersi nella persistente specialità formale, ma con sostanziale omogeneizzazione, mentre le riflessioni e i raffronti che si rendono necessari contribuiscono alla valutazione degli sviluppi complessivi. La riconduzione del limite del coordinamento della finanza pubblica a quello delle norme fondamentali di grande riforma economico sociale, non si rende agevole di fronte a regole diversificate rispettivamente per lo Stato e per le Regioni, portando anche qui alla ribalta uno dei problemi fondamentali della legislazione statale che si presenta carente proprio nell'integrare effettivamente la funzione di coordinamento. Del tutto da impostare appaiono i problemi procedurali e della collaborazione, trascurati nella riforma, a fronte del rilievo centrale che vi assumono le relative esigenze, particolarmente sentite in riferimento ai principi fondamentali nelle materie concorrenti ed alle materie finanziarie. Le carenze si ripercuotono sulla possibilità di realizzare le riforme proposte mediante adeguati procedimenti, tuttora spesso auspicandosi almeno l'applicazione dell'art. 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001, mentre per risolvere i problemi di collaborazione nei casi di concorrenza di materie o attrazione in sussidiarietà si accentuano le funzioni del sistema delle Conferenze. Rimangono ampiamente aperti i problemi relativi agli sbocchi futuri, da chiarire particolarmente in riferimento ai circuiti (assemblee, esecutivi) da coinvolgere, nonché alla distinta configurazione delle esigenze procedurali degli interventi di coordinamento dinamico. L'analisi rivela rilevanti peculiarità che connotano la competenza legislativa in questione. Se ne rilevano infatti anche nel coordinamento della finanza pubblica, al di là di quelle che improntano il coordinamento del sistema tributario (conseguenti alla prelazione statale sull'ambito dei tributi propri ed alla necessaria precedenza dei principi per l'esercizio della competenza concorrente regionale per stabilire tributi ed entrate proprie). Si tratta della sensibilità all'emergenza; di una flessibilità accentuata in termini in sussidiarietà anche legislativa; della configurazione come materia/funzione con trasversalità potenzialmente generale, i cui limiti sostanziali sfuggono al giudizio di costituzionalità (cosicchè la Corte costituzionale evita di impostare in questo senso le questioni e di ricercare titoli di competenza residuale indebitamente compressi, cercando invece le soluzioni sul piano della individuazione dei principi fondamentali); dell'esigenza imprescindibile che la relativa legislazione si articoli mediante due categorie di interventi, una a carattere strutturale, a livello di cornice e l'altra a carattere congiunturale, a livello di manovre, tema del quale non vi è consapevolezza nel quadro costituzionale né nelle posizioni della Corte costituzionale. Negli sviluppi concreti, la legislazione statale di coordinamento mostra vitalità, ma anche carenza dei requisiti, essenziali per il suo esercizio, rappresentati da compiutezza, organicità e riconduzione a principi uniformi e in una sede adeguata, per il quadro statico; dalla presenza di una base organica e procedurale, per gli interventi dinamici. Né si tiene conto del necessario coinvolgimento, per la realizzazione di una normativa coordinata, anche del parametro del regime statale. La considerazione degli interventi fin qui posti in essere mostra come si siano individuati con irrilevante significatività i vigenti principi di armonizzazione dei bilanci pubblici; si siano prodotti irrinunciabili interventi a carattere congiunturale (principalmente attraverso il cosiddetto

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patto di stabilità interno), ma in assenza di base organica e di garanzie procedurali; si siano anche definiti, sia pure al di fuori di un quadro organico, rilevanti principi a carattere strutturale, in particolare con riguardo all'indebitamento ed ai controlli. Risalta l'esigenza di individuare, ricomporre e completare organicamente i principi a carattere strutturale nella necessaria interconnessione con i principi di armonizzazione dei bilanci pubblici (agendo non solo sulle cornici ma anche sulla legge n. 468 del 1978) e di coordinamento del sistema tributario, sottraendoli alla fonte annuale, estendendo tali principi alla base organica, anche in termini procedurali, degli interventi a carattere congiunturale. Le prospettive di riforma finora concretizzate si caratterizzano per la dispersione della normativa di coordinamento fra più testi, evidenziando problematicità sottese alla collocazione che non sono emerse ad una sufficiente consapevolezza, non risultando ben chiaro ed univoco il contenuto che dovrebbe rivestire una spesso invocata “legge di coordinamento della finanza pubblica”. Quanto agli aspetti procedurali degli interventi congiunturali, si rilevano notevoli elementi di criticità nelle soluzioni fin qui avanzate per il procedimento legislativo al quale affidare, in un Parlamento rinnovato, il coordinamento dinamico della finanza pubblica, dato il legame che esso presenta con manovre e programmi di governo ed il connesso rapporto di fiducia. Diverse e rilevanti risultano le esigenze di attivazione per realizzare una adeguata disciplina del coordinamento della finanza pubblica. Appare indispensabile definire i principi del federalismo fiscale, anche perchè inclusivi di principi di coordinamento della finanza pubblica, e premessa per il coordinamento dinamico. E definire i principi di armonizzazione dei bilanci pubblici, anch'essi inclusivi di principi di coordinamento, e ad esso strumentali. E' tuttavia necessario riflettere su quale collocazione assegnare alle disposizioni; se debba permanere una separata disciplina nel codice delle autonomie locali o se debba provvedersi in modo unitario, e quale rapporto instaurare con la revisione della normativa di contabilità di Stato. Occorre realizzare per la legislazione di coordinamento i presupposti organizzativi e procedurali adeguati nell'ambito della riforma costituzionale delle Camere e del procedimento legislativo, nonché delle diverse sedi di collaborazione. E predisporre una disciplina organica delle procedure per il coordinamento dinamico optando preferibilmente per la sua collocazione nel quadro della riforma del processo di bilancio, con una solida base informativa. Quanto ai rapporti tra livelli, appare questa come una materia (di bilancio, di indirizzo, trasversale, disomogenea) nella quale occorre sviluppare cooperazione su entrambi i circuiti istituzionali, quello riferibile agli esecutivi nonché quello riferibile alle assemblee, attivando altresì adeguate forme di collaborazione intraregionali. La tecnicità della materia richiede, nel circuito intergovernativo, organi (o sezioni) dedicati, ma sulla base di una cornice che limiti la portata degli accordi. Si richiede infine di razionalizzare in radice il quadro complessivo delle riforme “coordinando il coordinamento”.

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