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LUCI DI MARIA Settembre/ottobre 2018 Amico fedele è come un rifugio sicuro, e chi lo trova ha trovato un tesoro. Un amico fedele è come possedere una perla rara: non ha prezzo, ha un valore inestimabile; chi lo possiede affronta sicuro la vita, ma potrà trovarlo solo chi ama il Signore. Siracide 6, 14-16

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LUCI DI MARIASettembre/ottobre 2018

Amico fedele è come un rifugio sicuro,

e chi lo trova ha trovato un tesoro. Un amico fedele è come possedere

una perla rara:non ha prezzo, ha un valore

inestimabile; chi lo possiede affronta sicuro

la vita, ma potrà trovarlo

solo chi ama il Signore.Siracide 6, 14-16

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LUCI DI MARIAAnno XLVIII – n. 5 – Settembre/Ottobre 2018 - BIMESTRALE

Redazione: Via Cosimo Tornabuoni, 2 - 00166 RomaTel. 06.6240710 - Fax 06.6245112

C/C n. 71017008In copierttina: Gli Amici di Marcucci a Roma.

Gruppo redazionaleSuor M. Antonia Casotto

Suor M. Giuseppina CocciaSuor M. Vanessa HilarioSuor M. Tania Galiano

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Redazione ....................................................................pag. 4

Parola del Papa La Messa è preghiera ......................................................» 5Lettera della Madre Generale .................................. » 8Il Venerabile Francesco Antonio Marcucci L’intecessione del Venerabile Francesco Antonio Marcucci ..........................................................» 10Papa Paolo IV ....................................................... » 12

Esperienze dall’Italia Le Vacanze Apostoliche ........................................ » 14 L’esperienza del pellegrinaggio al termine di ogni corso di esercizio spirituale ...........................................» 16 Esperienze dalle Filippine Grace upon grace ............................................................» 18Esperienze dal Madagascar L’altro Madagascar quello che le reviste non raccontano ...............................................................» 20

Bontà a Tavola Torta all’acqua ..................................................................» 22

Oltre la vita Sr M. Domenica De Angelis .........................................» 23

INDICE

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REDAZIONECarissimi tutti,

Siamo quasi giunti alla fine di ot-tobre, le stagioni si susseguono, le piogge e i primi freddi si fanno sen-tire, ma i ricordi delle esperienze vis-sute durante l’estate parlano ancora alla nostra mente e al nostro cuore. Questo numero di Luci di Maria vuole riportarci alle tante esperienze realizzate, per condividerle e offrire riflessioni e sensazioni su quanto è

stato vissuto direttamente dagli interessati e da chi ha contribuito in vario modo.

Mentre questo numero esce, non possiamo non fare riferimento con il pensiero e la preghiera al grande evento ecclesiale che si sta svolgendo: il Sinodo dei giovani.

La Chiesa sta esprimendo tutta la sua volontà di ringiovanire il suo volto, per corrispondere al disegno di Cristo eternamente giovane.

All’apertura del Sinodo il Santo Padre Papa Francesco ha parlato così ai 267 pa-dri sinodali: “Unti nella speranza cominciamo un nuovo incontro ecclesiale capace di allargare orizzonti, dilatare il cuore e trasformare quelle strutture che oggi ci paralizzano, ci separano e ci allontanano dai giovani, lasciandoli esposti alle intemperie e orfani di una comunità di fede che li sostenga, di un orizzonte di senso e di vita […] La speranza ci interpella, ci smuove e rompe il conformismo del ‘si è sempre fatto così’, e ci chiede di alzarci per guardare direttamente il volto dei giovani e le situazioni in cui si trovano”.

Accompagniamo questo evento ecclesiale con fede e attesa delle direttive e novi-tà che ne scaturiranno, il Signore illumini ciascun cristiano, perché sia capace di ascoltare e individuare proposte e bisogni per i giovani di oggi il futuro dell’uma-nità e della Chiesa.

Suor Antonia Casotto

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PAROLA DEL PAPA

LA MESSA È PREGHIERAUdienza Generale di Papa Francesco del 15. 11. 2017

Per comprendere la bellezza della celebrazione eucaristica desidero iniziare con un aspetto molto sem-plice: la Messa è preghiera, anzi, è la preghiera per eccellenza, la più alta, la più sublime, e nello stesso tempo la più “concreta”. Infatti è l’incontro d’amo-re con Dio mediante la sua Parola e il Corpo e Sangue di Gesù. È un incon-tro con il Signore. Ma prima dobbiamo rispon-dere a una domanda. Che cosa è ve-ramente la preghiera? Essa è anzitutto dialogo, relazione personale con Dio. E l’uomo è stato creato come essere in relazione personale con Dio che trova la sua piena realizzazione solamente nell’incontro con il suo Creatore. La strada della vita è verso l’incontro defi-nitivo con il Signore. Il Libro della Genesi afferma che l’uomo è stato creato a immagine

e somiglianza di Dio, il quale è Padre e Figlio e Spirito Santo, una relazione perfetta di amore che è unità. Da ciò possiamo comprendere che noi tutti siamo stati creati per entrare in una re-lazione perfetta di amore, in un conti-nuo donarci e riceverci per poter tro-vare così la pienezza del nostro essere. Quando Mosè, di fronte al ro-veto ardente, riceve la chiamata di Dio, gli chiede qual è il suo nome. E cosa ri-sponde Dio? : «Io sono colui che sono» (Es 3,14). Questa espressione, nel suo senso originario, esprime presenza e favo-re, e infatti subito dopo Dio aggiunge: «Il Signore, il Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe» (v. 15). Così anche Cristo, quando chiama i suoi discepoli, li chiama affinché stia-no con Lui. Questa dunque è la grazia più grande: poter sperimentare che la Messa, l’Eucaristia è il momento privi-

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legiato per stare con Gesù, e, attraver-so di Lui, con Dio e con i fratelli. Pregare, come ogni vero dia-logo, è anche saper rimanere in silen-zio - nei dialoghi ci sono momenti di

silenzio -, in silenzio insieme a Gesù. E quando noi andiamo a Messa, forse arriviamo cinque minuti prima e in-cominciamo a chiacchierare con chi è accanto a noi. Ma non è il momento di chiacchierare: è il momento del silenzio per prepararci al dialogo. È il momento di raccogliersi nel cuore per prepararsi all’incontro con Gesù. Il silenzio è tanto importante! […] Andiamo all’incontro con il Signore e il silenzio ci prepara e ci accompagna. Rimanere in silenzio in-sieme a Gesù. E dal misterioso silen-zio di Dio scaturisce la sua Parola che risuona nel nostro cuore. Gesù stesso ci insegna come realmente è possibi-le “stare” con il Padre e ce lo dimo-stra con la sua preghiera. I Vangeli ci

mostrano Gesù che si ritira in luoghi appartati a pregare; i discepoli, veden-do questa sua intima relazione con il Padre, sentono il desiderio di potervi partecipare, e gli chiedono: «Signore,

insegnaci a pregare» (Lc 11,1). […] Gesù risponde che la prima cosa necessaria per pregare è saper dire “Padre”. Stiamo attenti: se io non sono capace di dire “Padre” a Dio, non sono capace di pregare. Dobbiamo imparare a dire “Padre”, cioè mettersi alla sua presenza con confidenza filiale. Ma per poter imparare, bisogna riconosce-re umilmente che abbiamo bisogno di essere istruiti, e dire con semplicità: Si-gnore, insegnami a pregare. Questo è il primo punto: es-sere umili, riconoscersi figli, riposare nel Padre, fidarsi di Lui. Per entrare nel Regno dei cieli è necessario farsi picco-li come bambini. Nel senso che i bam-bini sanno fidarsi, sanno che qualcuno si preoccuperà di loro, di quello che

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mangeranno, di quello che indosseran-no e così via (cfr Mt 6,25-32). Questo è il primo atteggiamento: fiducia e confi-denza, come il bambino verso i genitori; sapere che Dio si ricorda di te, si pren-

de cura di te, di te, di me, di tutti.

La secon-da predi-spos iz ione , a n c h ’ e s s a propria dei bambini, è lasciarsi sor-prendere. Il bambino fa sempre mille domande per-ché desidera scoprire il mondo; e si

meraviglia persino di cose piccole perché tutto è nuovo per lui. Per entrare nel Regno dei cieli bisogna lasciarsi meravigliare.

Nella nostra relazione con il Signore, nella preghiera –domando - ci lasciamo meravigliare o pensiamo che la preghiera è parlare a Dio come fan-no i pappagalli? No, è fidarsi e aprire il cuore per lasciarsi meravigliare. Ci lasciamo sorprendere da Dio che è sempre il Dio delle sorprese? Perché l’incontro con il Signore è sempre un incontro vivo, non è un incontro di museo. È un incontro vivo e noi andia-mo alla Messa non a un museo. Andia-mo ad un incontro vivo con il Signore. Nel Vangelo si parla di un cer-to Nicodemo (Gv 3,1-21), un uomo

anziano, un’autorità in Israele, che va da Gesù per conoscerlo; e il Signore gli parla della necessità di “rinascere dall’alto” (cfr v. 3). Ma che cosa signi-fica? Si può “rinascere”? Tornare ad avere il gusto, la gioia, la meraviglia della vita, è possibile, anche davanti a tante tragedie? Questa è una doman-da fondamentale della nostra fede e questo è il desiderio di ogni vero cre-dente: il desiderio di rinascere, la gioia di ricominciare. Noi abbiamo questo desiderio? Ognuno di noi ha voglia di rinascere sempre per incontrare il Si-gnore? Avete questo desiderio voi? In-fatti si può perderlo facilmente perché, a causa di tante attività, di tanti progetti da mettere in atto, alla fine ci rimane poco tempo e perdiamo di vista quello che è fondamentale: la nostra vita del cuore, la nostra vita spirituale, la nostra vita che è incontro con il Signore nella preghiera. In verità, il Signore ci sorpren-de mostrandoci che Egli ci ama anche nelle nostre debolezze. «Gesù Cristo […] è la vittima di espiazione per i no-stri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo» (1 Gv 2,2). Questo dono, fonte di vera consolazione […] ci è dato attraverso l’Eucaristia, quel banchetto nuziale in cui lo Sposo incontra la nostra fragili-tà. Posso dire che quando faccio la comunione nella Messa, il Signore incontra la mia fragilità? Sì! Possiamo dirlo perché questo è vero! Il Signore incontra la nostra fragilità per ripor-tarci alla nostra prima chiamata: quella di essere a immagine e somiglianza di Dio. Questo è l’ambiente dell’Eucari-stia, questo è la preghiera.

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LETTERA DELLA MADRE GENERALECarissime lettrici e lettori,

Siamo già ad ottobre, mese dedicato alla Madonna del Rosario, ai bambini, ai giovani, ai docenti e a quanti sono impegnati nel mondo del-la scuola. A tutti buon anno scolastico e buon cammino di crescita, sotto la protezione degli angeli custodi! Abbiamo celebrato la loro festa il 2 ottobre, per ringraziarli del-la protezione e dell’intercessione che ci ottengono da Dio, dall’infanzia alla morte, come ci ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica n. 336. Il venerabile Francesco An-tonio Marcucci, così descrive la loro dolce e ininterrotta vicinanza come in-visibili amici.

“Noi dormiamo e l’angelo custode veglia e sta con noi; noi vegliamo, ed egli sta in

guardia e non si allontana; noi viaggiamo ed egli viene con noi. Che caro amico, che

potente amico, che fedele amico, senza mai cessare di aiutarci e beneficarci”.

L’angelo ci suggerisce il bene da fare e il male da evitare. Egli “parla dentro di me, ispira il cuore con inter-ne voci; e ciò lo fa quando ci insinua la virtù, il bene, e ci pone in odio il vi-zio e il male. Parla con me, parla a me, alle orecchie, vale lo stesso, che parlare esternamente con voce sensibile; come hanno fatto infinite volte gli angeli buoni comparendo in forma umana”.

Il Marcucci crede che la bon-tà di Dio è così grande da provvederci l’aiuto speciale di un altro angelo, se circostanze difficili ci richiedessero de-

cisioni più forti per rimanere fedeli al suo amore.

“Qualora nell’altare mistico del nostro cuore si ha da fare qualche sacrificio, si

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degna talvolta l’Altissimo aggiungerci un altro angelo assistente, che ci conforti e ci

fortifichi”.

L’amore del Signore per noi è perennemente creativo; eccedente, oltre ogni immaginazione dalle nostre misure; ci sconcerta a tal punto da non crederlo vero.

“Beati noi, che per divina misericordia siamo consegnati alla guardia e custodia dei santi Angeli. Felice, chi si fida del

suo Angelo custode e si abbandona nelle sue braccia”.

Mons. Marcucci vive ed esprime la fi-ducia nell’angelo custode immaginan-dolo accanto a sé. Scrivendo ad una giovane, si premura di chiarirle come vive il suo rapporto col suo angelo, per prevenire forse equivoci e fase enfatiz-zazioni.

“Il mio angelo non mi è mai comparso visibilmente; né mai mi sono curato di

esternamente vederlo o sentirlo; bastando a me la Scrittura, la Tradizione e la

Chiesa per credere e sapere, ch’egli è qui veramente e personalmente con me, e che

spesso parla in me, dandomi dei buoni impulsi ed ispirazioni per vantaggio spi-

rituale e temporale”.

Con le parole di S. Bernardo ci invita ad avere “riverenza dell’Angelo custo-de in ogni luogo, perché in ogni luogo ci assiste ed è veramente presente”.

Il modo migliore per esprimergli rive-renza e gratitudine è ascoltare i suoi “buoni impulsi ed ispirazioni”. Egli è anche nostro avvocato presso Maria SS.ma. A volte, a chiusura di lettera, il Marcucci associa l’augurio della prote-zione dell’Immacolata a quello dell’an-gelo. “Prego Nostra Immacolata Si-gnora e l’Angelo custode ad assistervi, e benedirvi”.

Sr Maria Paola Giobbi

Angeli musicanti, particolare del soffitto della biblioteca Francesco Antonio Marcucci,

Ascoli Piceno.

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L’INTERCESSIONE DEL VENERABILE FRANCESCO ANTONIO MARCUCCI

Suor M. Paola Giobbi

Di seguito sono riportiamo alcune grazie otte-nute da Dio per intercessione del Venerabile Francesco Antonio Marcucci perché la gioia, la lode e la gratitudine di chi ha sperimentato la bontà divina, diventino motivo di fiduciosa speranza per tutti.

L B di Nereto (Teramo) di anni 10, educanda nel collegio delle suore Pie Operaie di Ascoli, nella mattina del 10 aprile 1945, colpita da appendicite acuta, fu immediatamente ricoverata all’ospedale, dietro ordine del dottore, senza però potersi operare a motivo della temperatura troppo alta. Il caso era molto grave: la bambina era in pericolo di vita. “Si implorò la pro-tezione del nostro Santo fondatore” affermano la superiora Sr. M. Agata di SS. Pietro e Paolo e la segretaria Sr. M. Angelica. La mattina s’incominciò il triduo e la sera la febbre diminuì. La

bambina incominciò a sentirsi meglio e il giorno seguente la febbre scom-parve del tutto. Il professore la tenne ancora in osservazione e, dopo due giorni dal pericolo scampato, cioè al termine del triduo, disse che non era più necessario l’intervento poiché quello Divino aveva superato tutti gli aiuti umani. La bambina all’ospedale si confessò e ricevette la S. Comu-nione in ringraziamento al caro Santo Fondatore e da allora la devozione al suo intercessore è diventata grande: non lascia di recitare la preghiera scrit-ta su un’immagine del Servo di Dio e di tenere la sua reliquia sotto il suo guanciale.

Tornata in collegio, suore e compagne fecero festa alla piccola miracolata e - scrive la segretaria - “riconoscenti al nostro Santo Padre Fondatore, lo rin-

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graziamo della sua paterna assistenza e pregheremo di cuore il Signore, af-finché ci dia la gioia di vederlo presto elevato alla gloria degli altari”.

L B di Ascoli Piceno, figlia di una col-laboratrice delle suore Pie Operaie, fu colta da meningite tubercolare. Il caso era gravissimo; fatta la cura di strep-tomicina nell’Ospedale di Ascoli Pi-ceno, la figliuola non accennava a mi-gliorare. La mamma venne piangendo in convento ed espose la gravità della malata. La Madre Superiora consigliò di ricorrere al Fondatore Mons. Mar-cucci e consegnò alla donna l’anello pastorale del Padre. La mamma tra le lagrime portò alla figlia la preziosa reliquia e da quel momento la malata cominciò a star meglio fino a guari-gione perfetta, senza nessuna ombra del male passato. Perfettamente sana, tornò a casa sua. Nel 1955 si è sposa-ta e sta bene. La testimonianza è stata raccontata dall’allora superiora gene-rale, Madre Caterina Pavoni che fu testimone oculare del fatto. SUOR MARIA PIA RAFFO dell’AMOR DI GESU’, ex Superio-ra Generale delle Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione, nel 1947 fu colta da forti dolori addominali, al lato destro. Il gonfiore del ventre e il colore verdognolo della faccia fecero diagnosticare un tumore o una cirro-si. Poiché le cure non giovavano e il gonfiore aumentava sempre di più, fu fatta una radiografia dalla quale risul-tò che si trattava di un vero tumore con “diramazioni” alla spalla e all’inte-stino. Dai medici curanti e dallo stes-so nipote, pure dottore, fu definito il caso “gravissimo” e alla malata vennero dati soli 8 giorni di vita. Fu chiesta la grazia al Servo di Dio Marcucci, e fu

supplicata la Vergine Immacolata per-ché ottenesse al suo Devoto di esaudi-re le preghiere delle figlie. L’ammalata inghiottì anche un minuscolo quadra-tino di stoffa tolto da un camice del Servo di Dio. La grazia si ottenne.

La Madre Maria Pia guarì perfettamen-te e senza alcun disturbo è vissuta fino al 1960 ed è morta all’età di anni 80 di ictus cerebrale e non di tumore. SUOR MARIA MELANIA EMI-LI nel 1951 aveva 18 anni e si trova-va a Roma quando, verso la metà di ottobre, cadde gravemente ammalata, con forti dolori addominali, febbri altissime (40-41,5) e dissenteria con-tinua. Fu ricoverata all’ospedale di S. Giovanni, dove diagnosticarono un tifo nero avanzato, cadde in coma. Il primario disse che la paziente poteva morire da un momento all’altro. La superiora generale, Madre Caterina Pavoni, vedendola così grave, le mise nel dito l’anello vescovile del Fonda-tore mons. Francesco Antonio Mar-cucci, invitandola a chiedere, per sua intercessione, la grazia della sua gua-rigione. Intanto, anche tutte le Suore della Congregazione iniziarono una novena di preghiere al Servo di Dio, con la stessa intenzione. Essendo poi la giovane novizia di secondo anno, le permise di fare i voti. Nel delirio, Suor Maria Melania vide il Fondatore che la guardava sorridente indicandole Maria Immacolata. Da quel momento cominciò a star meglio. La suora ha ora 80 anni e lavora in piena salute già da 32 anni come missionaria in Brasi-le. La dottoressa Amelia Benigni che ha seguito il caso, ha lasciato dietro richiesta dell’Istituto una testimonian-za, in data, Roma 4 dicembre 1995.

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PAPA PAOLO VIPadre Ubaldo Terrinoni

Il papa dell’enciclica “Humanae Vitae”

Il 25 luglio 2018 ricorre il 50° an-niversario della promulgazione dell’en-ciclica “Humanae Vitae” di Paolo VI che gli procurò molto dolore per un certo rifiuto e anche ribellione da parte di alcuni settori della Chiesa. Piovvero aspre critiche da parte di molti teologi, di laici e anche di vescovi, ma il papa rimase fermo nelle sue decisioni e non volle modificare neppure una parola dell’enciclica.

E’ stato di certo il documento del Magistero più discusso e dibattuto del secolo scorso. E tuttavia contiene un insegnamento che conserva il suo valore tanto attuale: sintetizza la dottri-na sul matrimonio, sulla piena apertura alla vita, sulla contraccezione e sulla genitorialità responsabile.

Il papa accolse le conclusioni della “Commissione pontificia per lo studio della popolazione, della famiglia e della natalità” istituita da Giovanni XXIII e che poi fu confermata e am-pliata da lui. Questa Commissione nel 1966 consegnò l’esito dei lavori. Ma, purtroppo avvenne che, nell’aprile del 1967, l’argomento esplose letteralmen-te sulla stampa internazionale, pren-dendo tutti di sorpresa, a cominciare dal papa il quale, dopo ulteriori metico-lose consultazioni, volle dedicarsi per-sonalmente a elaborare il documento, consacrandovi tempo, energie e amore.

Nel “cuore” del documento si precisa che la coppia di sposi non po-teva e non può scindere la dimensione unitiva di amore da quella procreativa. Ogni rapporto d’amore, per divina di-sposizione, deve rimanere aperto alla trasmissione della vita. Sulla base di questa verità divina immodificabile da-gli uomini, si deve dedurre che è vieta-to l’uso della contraccezione chimica e viene indicato il metodo naturale come unica prassi legittima per la regolazio-ne delle nascite.

Dopo la promulgazione dell’en-ciclica, Paolo VI ne parlò ancora con l’amico fraterno Jean Guitton, in un clima sereno e confidenziale: “Biso-gna pur comprendere che, se l’uomo accetta di dissociare nell’amore il pia-cere della procreazione (e certamente oggi lo si può dissociare facilmente), se dunque si può prendere a parte il pia-cere, come si prende una tazza di caffè, se la donna sistemando un apparecchio

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o prendendo “una medicina” diventa per l’uomo un oggetto, uno strumento, al di fuori della spontaneità, delle te-nerezze e delle delicatezze dell’amore, allora non si comprende perché questo modo di procedere (consentito nel ma-trimonio) sia proibito fuori del matrimo-nio”.

Nell’Angelus dell’11 agosto 1968, il papa accolse e be-nedisse anche colo-ro che non avevano condiviso il docu-mento: “Un’altra in-tenzione è nel nostro cuore in questi gior-ni. Voi conoscete i commenti alla nostra ultima enciclica “Hu-manae Vitae”; moltis-simi commenti sono nobilissimi e fa-vorevoli, altri no: chiediamo al Signore che conforti il nostro magistero della sua autorità, della sua serenità e della sua bontà. Siano benedetti tutti coloro che lo accolgono, e lo siano pure co-loro che lo avversano, affinché la loro coscienza sia illuminata e guidata da rettitudine dottrinale e morale”.

A suo conforto, il papa, par-landone ancora con Jean Guitton, ag-giunse: “Del resto, dopo l’enciclica, ci sono pervenute delle approvazioni da parte di ebrei, di musulmani, di prote-stanti, anche da parte di atei, cioè da coloro che si preoccupano dell’uomo. Un rapporto redatto in Italia sulla sa-lute pubblica esamina e condanna i pe-ricoli della pillola. Molti medici e molti uomini politici non oseranno mai con-dannare la pillola in forza della “morale

della libertà” che predomina in questo momento nel mondo. Noi non siamo obbligati a rispettare l’opinione dei più! Portiamo il peso dell’umanità presente e futura”.

Don Antonio Lanzoni, vice postula-tore della Causa di beatificazione di Paolo VI, confida che gli è giunta una lettera di una mamma, nella quale “vo-leva ringraziare tanto di cuore il papa Montini per l’enciclica “Humanae Vi-tae”, perché senza questo documento lei non sarebbe mai nata. E’ stato il messaggio chiaro e inequivocabile del documento a far accettare ai suoi ge-nitori che era possibile aprirsi alla vitae accogliere “un nuovo arrivo” nel foco-lare domestico”.

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LE VACANZE APOSTOLICHESr. M. Giuseppina Coccia

ESPERIENZE DALL’ITALIA

Dal giorno 1 al 15 luglio io suor M. Giuseppina , suor Maria Anna , e suor M. Solange abbiamo trascorso le no-stre vacanze apostoliche a Villavalle-longa, un paese dell’Abruzzo.

Abbiamo dedicato la mattinata ai bam-bini e ai fanciulli con momenti di pre-ghiera catechesi, giochi, lavoretti e scampagnate aiutate anche da alcune catechiste del luogo che si sono alter-nate secondo la loro disponibilità.

Siamo andate a trovare i malati por-tando loro l’Eucaristia, abbiamo inco-trato le famiglie e tutta la comunità dei fedeli non solo nelle celebrazioni euca-ristiche domenicali, ma anche nella ve-glia mariana fatta il 14 luglio all’interno della quale suor Solange ha dato testi-

monianza della sua vocazione.

Tutti hanno apprezzato la nostra pre-senza e hanno espresso il desiderio di riaverci ancora per gli anni futuri.

Il parroco don Carmine nella messa del 15 luglio nel salutarci, ha espresso la volontà di venirci a trovare durante l’anno insieme ai bambini e alle loro famiglie creando così un gemellaggio spirituale.

Ringraziamo Dio per questa

esperienza !

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ESPERIENZE DALL’ITALIAL’ESPERIENZA DEL PELLEGRINAGGIO AL TERMINE DIOGNI CORSO DI ESERCIZI SPIRITUALI

Sr. Maria Paola Giobbi

Quest’anno, in Italia, ogni corso di Esercizi spirituali si è concluso con un pellegrinaggio ai luoghi dove è vissuto il Fondatore.

L’ultimo turno di esercizi spi-rituali è stato fatto a Sparanise 19 - 25 agosto con Padre Mario Torcivia.

Il 25 agosto, ci siamo recate in pellegrinaggio a Napoli (CE) per Visi-tare la Chiesa del Gesù Vecchio, luogo dove si coltiva una antica devozione Mariana. Ecco alcune foto di questo bello e importatnte momento.

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ESPERIENZE DALLE FILIPPINEGRACE UPON GRACE

Sr Maria Vitoria Perido

Il 12 luglio 2018 nel 220 ° anniversario della nascita in cielo di Francesco Antonio Marcucci, Sr. Ma. Ofelia Arcega ha celebrato il suo 25 ° anniversario di vita religiosa. È la prima sorella filippina che è entrata tra le Pie Operaie dell’Immacolata Concezione. È notevolmente conosciuta per la sua semplicità, come devota e le singolare nelle battute che creano risate e divertimento nella comunità.

La celebrazione eucaristica è iniziata alle 9:30 del mattino presso il Santuario parrocchia archidiocesana di San Raffaele Arcangelo, Calaca, Batangas. È stato presieduta dall’arcivescovo emerito il Cardinale Gaudencio, B. Rosales, D.D. insieme ai sacerdoti concelebranti: Rev. Fr. Joseph Rodem C. Ramos, il nostro parroco, Rev. Fr. Edilberto “Jun Jun” Ramos, Rev. Fr. Eduardo “Pax” Maghacot e Rev.Fr.Cecilio Arce.

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“La mia anima proclama la grandezza del Signore, il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore!” Con le parole di Maria, Sr.Ma.Ofelia C. Arcega ha espresso la sua più profonda

gratitudine a Dio e a tutte le persone che hanno fatto parte dei suoi 25 anni come sposa di Cristo. Viva Maria! Viva Gesu ‘!

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ESPERIENZE DAL MADAGASCAR

L’ ALTRO MADAGASCAR QUELLO CHE LE RIVISTE NON RACCONTANO.

Maria Rita Giostra

Nella mia vita ho avuto l’occasione di viaggiare molto e di entrare in contat-to con culture, paesi e popoli tra loro diversi, tuttavia l’esperienza vissuta in Madagascar non può essere paragona-ta a niente di ciò che ho visto, perchè tutto quello che ho avuto modo di vivere in quei ventotto giorni ha avu-to su di me un impatto così forte da uscire totalmente da ogni schema da me prefissato. Il Madagascar che io, Sofia e Francesca abbiamo esplorato è distante dalle immagini che vediamo nelle riviste: non c’erano villaggi turi-stici, spiagge, cocktail colorati o feste al tramonto. Probabilmente questo è stato uno degli aspetti peggiori: vede-re il confronto tra quello che appare e quello che si nasconde sotto la superfi-cie di un paese così drammaticamente

ambivalente. Chiunque si intenda un minimo di geografia o storia certamente non può ignorare la situazione socio-economica del paese, situazione che condanna un intero popolo ad una pover-tà inumana e logoran-te che trascina lungo la propria soffocante scia tutti gli altri aspetti dell’Isola: alimentazio-ne, salute, sicurezza, ecc. La povertà malga-scia è una povertà che

fa paura, nessuna fotografia può resti-tuirtela. E’ una povertà che ti terroriz-za, ti mette completamente a nudo di fronte a quello che è davvero il Terzo Mondo e vorresti quasi scappare e pro-teggerti da uno scenario così desolante, ma allo stesso tempo ti senti così sba-gliato, inadeguato, sporco che ti chiedi chi sia davvero l’Uomo. Sei lì in auto, al sicuro, e vedi gruppi di bambini gioca-re per strada scalzi, ragazze-madri con-dannate all’elemosina già da appena adolescenti, malati abbandonati a loro stessi.. Vedi tutto questo e ti chiedi come sia possibile che una persona ri-esca a vivere così, con niente. Per loro non c’è davvero niente. E’ tutto effi-mero ed istantaneo, la longevità è un qualcosa di troppo distante da questo

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mondo selvaggio, il loro vissuto è co-stellato da una serie continua di carpe diem quasi dolorosa, dove ogni istante deve essere divorato perchè le possibi-lità di vivere il successivo sono troppo scarse per rischiare. Il Madagascar è un paese dal carattere indomabile, testi-mone ne è la sua terra rossa in totale contrasto con la natura endemica che ne tratteggia il volto. E’ un mondo a sè, quasi nascosto, dove si sposano la vivacità dei mercati e delle persone e la sensazione di totale isolamento dal resto del cosmo: questa sua natura lo rende un paese compatto, legato alla tradizione e vivo nella celebrazione della propria cultura. In questo carat-teristico contesto sociale si inseriscono le suore concezioniste che hanno reso possibile la nostra esperienza; la loro azione mira a portare la fede cattolica nel paese senza imporsi e coniungando il credo marcucciano con il folclore lo-cale. L’opera concezionista si focalizza

nell’ambito dell’educazione, in partico-lare delle ragazze; il loro progetto si è concretizzato nella costruzione di due case per la formazione di giovani mal-gasce e di una scuola elementare rispet-tivamente ad Antananarivo (la capitale)

e ad Ambaiboho (un villaggio). In un contesto così sottosviluppato il ruolo educativo è fondamentale per la matu-razione di una mentalità indipendente e consapevole, investire nell’istruzio-ne equivale ad investire nel futuro del paese. In particolar modo, come ho precedentemente scritto, l’azione edu-cativa è rivolta soprattutto alle ragazze malgasce e si articola nella formazione di base e nella riscoperta dell’importan-za del ruolo femminile all’interno della società, non più subordinato al volere dell’uomo, ma autosufficiente e libero.

L’emancipazione femminile è un mo-vimento di ascesa che verte al progres-so dell’intero Paese, un passo in più verso l’uguaglianza sociale e culturale.

L’istruzione è infatti incentrata nel tema sociale e trova riscontro non sol-tanto nella preparazione delle stesse ragazze, ma anche nella creazione di

eventi volti al coinvolgi-mento globale della popo-lazione. Il senso di colletti-vità è molto presente nella mentalità malgascia ed il ruolo istruttivo delle suore, seppur totalmente innova-tivo in un contesto simile, si incastra perfettamente con la filosofia locale. Un esempio lampante è stata la festa che si è tenuta per l’i-naugurazione della nuova chiesa ad Ambaiboho: la tradizione cristiana si è me-scolata al folclore dando vita ad un evento che ave-

va in sè l’allegria e la vivacità tipiche del Madagascar da un lato e la spiritualità caratterizzante della religione cristiana.

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BONTÀ A TAVOLATORTA ALL’ACQUA

Torta all’acqua senza latte, uova e burro

Ingredienti 375 ml di acqua

240 gr di zucchero

360 gr di farina 00

75 gr di olio di semi

scorza di limone grattugiata

1 bustina di lievito per dolci (16 gr)

Procedimento

In un recipiente chiuso con un tappo miscelate agitando vigoro-samente acqua e olio.

In un’altra ciotola setacciate farina e lievito e unite la scorza di limone e lo zucchero. A questo punto aggiungete poco alla volta la farina nella miscela di acqua e olio e amalgamate bene fino ad ottenere un composto omogeneo.

Versate il composto in una teglia di 20-22 cm unta di olio o fode-rata con carta forno.

Cuocete la torta in forno caldo a 170 °C per 50 minuti. Sfornate la torta all’acqua facendo sempre prima la prova stecchino.

Per una variante più golosa potete sostituire all’acqua della spre-muta di arancia.

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OLTRE LA VITASR. MARIA DOMENICA DE ANGELIS

Sr. M. Flaviana di Feliciantonio Sabato 20 ottobre, nel giorno a Lei dedicato, la Madonna ha richiamato a sé la nostra con-sorella Sr. M. Domenica. Sr. M. Do-menica era nata a Cermi-gnano 90 anni fa, il 14 no-vembre 1927, prima figlia

della famiglia De Angelis e si chiamava Pasquina. Sin da piccola era giudiziosa, devota, responsabile. I suoi tre fratelli le volevano molto bene, la rispettava-no per la sua bontà, per l’assennatezza con cui aiutava i genitori a gestire la fa-miglia. Il papà Giovanni aveva molta fiducia in questa sua figlia primogeni-ta. Ogni domenica, immancabilmente, partecipava alla S. Messa, facendo mol-ta strada per arrivare al paese. Quando a Cermignano arriva-rono le Suore Concezioniste, lei dalla campagna portava loro i primi generi di necessità: verdura, frutta, farina ecc. Stando vicina a loro, sentì nascere il de-siderio di donare al Signore la sua vita e, a 21 anni, lasciò la famiglia per entra-re in noviziato, l’8 settembre 1948. E’ stata la prima ragazza di Cermignano a scegliere la vita religiosa nel nostro Istituto: dopo di lei, altre nove ragazze l’hanno seguita e sono diventate Suore Concezioniste. Dopo il noviziato e la Pro-

fessione perpetua, Sr. M. Domenica è stata in diverse comunità dove l’ob-bedienza l’ha mandata: a Roma in Via dei Sabelli, ad Ascoli in Via Kennedy, poi di nuovo a Roma, da dove , l’anno scorso è venuta qui a San Benedetto, perché ormai anziana e bisognosa di cure.Nelle Comunità dove si è trovata, ha svolto il ruolo di portinaia, cuoca, sacrestana, mostrando in ogni lavoro esattezza, pulizia,ordine, responsabili-tà. Le consorelle ricordano che quando c’era un ospite di riguardo, le superio-re affidavano a Sr. M. Domenica l’in-carico di servirlo, sicure che avrebbe svolto il compito in modo eccellente e avrebbe fatto fare bella figura alla co-munità. Ricordano anche di non averla mai sentita dir male di nessuno, dicono che si era data una regola di vita sia nel lavoro che nella preghiera, a cui era ri-gorosamente fedele e puntuale. Di salute alquanto cagione-vole, ha accettato con serenità le sue malattie, cercando di non farle pesare sulle consorelle; quando nell’ultimo periodo le sue condizioni si sono ag-gravate, è rimasta serena, riconoscente verso le suore che la andavano a trova-re o a prestare servizi, riuscendo a sor-ridere anche quando aveva forti dolori. E’ rimasta molto legata alla sua famiglia, per la quale sentiva vivo l’affetto e dalla quale veniva ricambia-ta. Ringraziamo il Signore della lunga vita di Sr. Domenica, l’affidiamo alla misericordia del Signore e le chiediamo di continuare dal cielo ad intercedere grazie per i suoi parenti e per la nostra Congregazione.

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