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1 Luca Alinari Temi e variazioni di Cristina Acidini 1 La storia artistica di Luca Alinari, riconosciuto dalla critica e dal pubblico come uno dei massimi pittori italiani, comprende nel suo lungo svolgimento fasi diverse, a par- tire da esperienze giovanili contrassegnate da un’ispirazione pop; e tuttavia, come mostra la nutrita e illuminante selezione di tele qui prescelta, l’apparente diversità tra “famiglie” di opere è tenuta insieme in realtà da una coerenza di fondo, dall’appar- tenenza cioè a un modo interiore affollato di immagini che incorpora il “vero” della vita quotidiana, così come il suo rispecchiamento in un universo parallelo, visionario e difforme. Già cinquant’anni fa questo suo tratto caratteristico emergeva, in piena controtendenza col minimalismo imperante. Se ne accorse un critico raffinato come Renato Barilli, che definì “ricca” la sua arte di contro alla predominante “arte povera”. 2 Alinari fin da allora, come avrebbe fatto poi sempre in pittura ma an- che in poesia, alimentava la sua ricchezza immaginativa posando lo sguardo, letteralmente, ovunque: curioso e innamorato di ogni manife- stazione ricadesse nel dominio del senso, in lui acutissimo, della vista. Profondo nella sua memoria è il tesoro dell’arte di tutti i tempi, da Giotto agl’Im- pressionisti all’Oriente, e certo specialmente dei movimenti che hanno segnato il Novecento in Italia e all’estero, come la Metafisica di De Chirico e il Futurismo, con le esperienze di Balla e di Depero, entro un Dadaismo filtrato e radicato. 3 Ma la sua storia estetica personale di “figlio del mutamento che ha condotto un paese uscito dalle ristrettezze del dopoguerra all’assaporamento di una prima ondata di 1 In questo testo, alcune frasi e alcuni periodi sono desunti dal saggio della scrivente Il vivaio dei pensieri artistici nel catalogo della mostra a cura di C. Acidini, Labirinto Alinari (Firenze, Gallerie degli Uffizi-Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti), Milano 2016 2 “Ripercorrendo questo cammino sino ad oggi balza in avanti la consapevole propensione alla bidimen- sionalità in una visione onirica, accentuatamente decorativa, come bizantina, ove ciascun oggetto, un grande magazzino di immagini, si rivela poi meravigliosa scatola magica o variopinto caleidoscopio”. Così Renato Ba- rilli nel 1975, presentando una mostra di Alinari alla galleria CM di Roma, ripreso nel catalogo di una mostra presso la Galleria del Milione in via Bigli a Milano, 1987. 3 “Al di là della Pop art, parlerei della grande lezione del Dada e del Futurismo. Queste sono le matrici di questo mio atteggiamento….” (cfr. A.Tempi. Fuga dalla pittura. Una conversazione con Luca Alinari in A. Tempi (a cura di,) Luca Alinari, Casa Masaccio a San Giovanni Valdarno (AR) 1994., pp.19-20

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Luca Alinari Temi e variazioni di Cristina Acidini 1

La storia artistica di Luca Alinari, riconosciuto dalla critica e dal pubblico come uno dei massimi pittori italiani, comprende nel suo lungo svolgimento fasi diverse, a par-tire da esperienze giovanili contrassegnate da un’ispirazione pop; e tuttavia, come mostra la nutrita e illuminante selezione di tele qui prescelta, l’apparente diversità tra “famiglie” di opere è tenuta insieme in realtà da una coerenza di fondo, dall’appar-tenenza cioè a un modo interiore affollato di immagini che incorpora il “vero” della vita quotidiana, così come il suo rispecchiamento in un universo parallelo, visionario e difforme. Già cinquant’anni fa questo suo tratto caratteristico emergeva, in piena controtendenza col minimalismo imperante. Se ne accorse un critico raffinato come Renato Barilli, che definì “ricca” la sua arte di contro alla predominante “arte povera”.2 Alinari fin da allora, come avrebbe fatto poi sempre in pittura ma an-che in poesia, alimentava la sua ricchezza immaginativa posando lo sguardo, letteralmente, ovunque: curioso e innamorato di ogni manife-stazione ricadesse nel dominio del senso, in lui acutissimo, della vista. Profondo nella sua memoria è il tesoro dell’arte di tutti i tempi, da Giotto agl’Im-pressionisti all’Oriente, e certo specialmente dei movimenti che hanno segnato il Novecento in Italia e all’estero, come la Metafisica di De Chirico e il Futurismo, con le esperienze di Balla e di Depero, entro un Dadaismo filtrato e radicato.3 Ma la sua storia estetica personale di “figlio del mutamento che ha condotto un paese uscito dalle ristrettezze del dopoguerra all’assaporamento di una prima ondata di

1 In questo testo, alcune frasi e alcuni periodi sono desunti dal saggio della scrivente Il vivaio dei pensieri artistici nel catalogo della mostra a cura di C. Acidini, Labirinto Alinari (Firenze, Gallerie degli Uffizi-Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti), Milano 20162 “Ripercorrendo questo cammino sino ad oggi balza in avanti la consapevole propensione alla bidimen-sionalità in una visione onirica, accentuatamente decorativa, come bizantina, ove ciascun oggetto, un grande magazzino di immagini, si rivela poi meravigliosa scatola magica o variopinto caleidoscopio”. Così Renato Ba-rilli nel 1975, presentando una mostra di Alinari alla galleria CM di Roma, ripreso nel catalogo di una mostra presso la Galleria del Milione in via Bigli a Milano, 1987.3 “Al di là della Pop art, parlerei della grande lezione del Dada e del Futurismo. Queste sono le matrici di questo mio atteggiamento….” (cfr. A.Tempi. Fuga dalla pittura. Una conversazione con Luca Alinari in A. Tempi (a cura di,) Luca Alinari, Casa Masaccio a San Giovanni Valdarno (AR) 1994., pp.19-20

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benessere” e passato attraverso una formazio-ne “negli anni ancora inibiti ma già rombanti delle affermazione di modelli vitali connessi con il coinvolgimento nella crescita industriale e nell’emergente cultura di massa”4 si allarga a incorporare con divertito interesse la dilagante produzione d’immagini popolari di qualità alta o corrente. Così va preso atto che tra le fonti più antiche della sua ispirazione vi è tutta una folla di immagini in tumultuosa crescita. Le figurine Panini negli album, i gadget regalati dai dadi o dai detersivi e le tavolette cangianti abbinate ai formaggini nel consumismo incipiente, i fumetti (in particolare le strisce dei paperi di-segnate con matita sublime da Carl Barks per Walt Disney), le sontuose illustrazioni dei libri di fiabe e altro ancora: una materia eterogenea e perfino sovrabbondante per una sensibilità prensile che pescava in un universo in espan-sione di forme sintetiche, moti umoristici, colori vividi, inchiostrature piatte, oggetti nuovi e accessibili generati da un design entusiasta e generoso. E i giocattoli semplici, tuttavia così forieri di risonanze nella memoria: pupazzi, automobiline, “biglie opache con le quali si im-bastivano piccoli giochi per strade scomparse.”5 Alla dovizia del patrimonio visivo stipato nel “grande magazzino della memoria” (Barilli) Alinari aveva cura d’aggiungere nuovi motivi e nuovi stimoli, non fermandosi in ambiti tradizionali e scontati, ma spingendosi oltre, fino a chinarsi sulle tracce più umili e margi-

4 L. Cabutti in Alinari “probabile e possibile” (Provincia regionale di Messina), Messina 1997.5 L. Alinari, Cespugli del possibile. Consigli dall’alto a un fanciullo pittore, in Luca Alinari “Anarchia dei piccoli rami”, a cura di C. Risi, Pontassieve 1993.

nali dello homo faber, osservate e riprodotte con affettuosa attenzione. Ecco in una sua frase uno spiraglio sul girovagare inquieto di una ricerca dentro e ai margini delle cose: “Ho dipinto, talvolta, divanetti di cuoio e lampadari violetti, posti in certi depositi di oggetti usati, situati, di solito, fuori città”.6

Alinari ha scelto (o, per lui, ha scelto quel flutto sorgivo di energia interna che lo sospinge verso una ricerca incessante) di non procedere per periodi e per momenti stilistici, abbandonando l’uno per evolvere nell’altro; né di forgiarsi un modulo espressivo ricorrente o addirittura im-mutabile, così da esser istantaneamente e larga-mente riconoscibile una propria maniera. Ma ha scelto piuttosto di trattenere presso di sé, presso il suo “sé” curioso e instancabile, tutti i temi e i motivi, tutti i generi e tutte le tecniche, tutte le idee manifestate o inespresse, percorrendo col suo bagaglio (negli anni, sempre più cospi-cuo) sentieri che continuamente si biforcano, e prendendosi di una tale scelta il rischio e il peso.Ed ecco che nel corpus di Alinari s’incontrano gli oggetti quotidiani dalle forme semplici e dai colori vividi – nell’epoca trionfale delle prime plastiche e resine – intanto messi al centro della critica ironia dei pionieri della Pop Art americana, ma anche, al capo opposto di una filiera che si snoda attraverso l’Occidente, il paesaggio della campagna toscana armoniosa-mente suddiviso in campi e boschi, costellato

6 Così narrava Alinari nel 1982. Giovanni Faccenda nel de-scrivere la casa di Alinari e i dintorni, citò la poesia dei mobili individuati e ritratti in depositi fuori città (Intorno alle cose dipinte, probabilmente , in “La Nazione” Firenze, 20 maggio 1999, ripreso in Luca Alinari. Crisi di nervi ottici (Castello Doria, Porto Venere), Milano 2000.

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di borghi e campanili, filtrato dal venerato lascito dei pittori macchiaioli. Figure di algida quanto sensuale perfezione, e personaggi nasuti e beffardi soggetti alle più bizzarre deforma-zioni. Interni sensati e spazi fuori controllo. Stesure compatte e materiche, e insieme scia-mi di piccole forme, briciole, schegge, cosette, saette, stelle e stelline che dilagano invasive. Tripudio di tinte e nero assoluto. Pieno e vuo-to, trasparente e compatto, levigato e ruvido: tutti i possibili contrasti si ritrovano nell’ope-ra di Alinari in una concordia discors, tenuta insieme dalla coerenza interiore dell’artista. Anche in questa rassegna di quadri, ospitata nel prestigioso Museo del Bardo (alla cui inarriva-bile raccolta di mosaici sottilmente s’intona), sfilano i motivi e i linguaggi inventati da Alinari.Affidato a “Poco universo” il rimando al motivo delle cose quotidiane poste in onirica organiz-zazione, si dispiegano negli altri quadri i temi e le variazioni che animano senza sosta la vi-sione creativa di Alinari. Morbidi e lisci corpi femminili si offrono, distesi come in una con-solidata tradizione – da Tiziano a Modigliani – in solitudine o in compagnia, su fondali tenuemente brulicanti di particole, intrecci, misteriosi relitti. Il popolo di figure maschili e femminili abitanti di quelle tele, che mostrano “la fissità allarmante di purissime icone”,7 ha forme accomodanti, arti flessibili, epidermidi levigate da una stesura pittorica liscia come pietra dura o porcellana, spesso in contrasto con stesure pittoriche circostanti ruvide e rile-

7 Marco Di Capua lo definì bizantino: “… sui suoi dipinti si stende un velo di assoluto presente, la fissità allarmante di purissime icone”, citato in parte in Luca Alinari, Sei lui, ti credi te, San Marino, 2004, p.11.

vate: cosicché le teste coronate boccoli e i corpi flessuosi emergono da campiture di fortissimi colori puri, la cui texture è resa granulosa e ruvida dagl’impasti a base di sabbia, rena o materiali equivalenti. Ne “Il volto”, si affaccia la sembianza inquietante e soave d’una fanciulla (pronipote dell’Antea del Parmigianino?) dall’ovale purissimo incorniciato di fiori e ricci.Tele gremite di pezzature e campiture multico-lori sprigionano una vitalità primordiale, gene-ratrice di forme senza un regno d’appartenenza, bene espressa dal titolo “Humus”, come di Terra madre che accoglie esistenze continuamente in transito: “amalgama pazzesco, meticolosissimo e colorato [...] una favola senza fine infilata dentro un caleidoscopio, con piante, vermicelli e bacilli e alberi e paesaggi in una pazza danza contro l’arcobaleno [...] E se è vero, come è vero, che l’infanzia è la culla dell’arte, là ci vive in perpe-tuo, tra guancialini e merendine, nei tremori dei temporali, delle lampadine fulminate, delle resi-stenze elettriche, dei proibiti cavi di corrente”.8

Sul gioioso caos, galleggia – strappato dal-la sua zolla – il borgo toscano con tanto di chiesetta di “Upupa”. In altri quadri, vividi corpuscoli o sagome trasparenti occupano i fondi dai colori puri e preziosi come porfido (“Senza titolo”), o lapislazzuli (“Ogni squa-draccia spenta”), o smeraldo (“Senza titolo”) o rubino (“Organetto” e “Mamma”). Il nero totale domina in “Farfalle impossibili”, “Corea”, “Eden A Eden B”, solcato da file ordinate di pseudo-lepidotteri, o attraversato da segni e filamenti impalpabili come tele di ragno, o squarciato da un Big Bang di girandole di luce.

8 Luca Alinari. Sei lui, ti credi te, Galleria nazionale d’arte moderna, San Marino 2004, pp. 10 e 15.

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E per finire di stupirci, ecco il bianco.Un fondo omogeneo, pastoso, invitante come una crema, dal quale irrompe un perfetto, mirabile Cavallo al galoppo (2001). Nei primi anni di questo secolo, infatti, Alinari – così avido di cose e di colori - ha lavorato sul tema dell’evanescenza e della sparizione. Nasceva così la serie dei ritratti della scrittrice francese Marguerite Duras, del cui volto affiorano solo alcuni lineamenti, emergenti dal campo bianco della carta o tela come dal latte:9 opere di una rara squisitezza formale, all’altezza delle più eleganti miniature di ieri e di oggi. Consapevole dell’attrazione fatale della pagina bianca, madre dei più spericolati trompe-l’oeil “sotto” alla quale è lecito immaginare ogni sorta di fremito e ri-bollimento, Luca Alinari non ha voluto privarsi di questa sfida. Un sentiero imboccato, questo, e presto abbandonato: ma con quali ammi-revoli risultati! La prova che ogni strada per Alinari è aperta, ogni direzione è percorribile.

9 “ Il volto, anzi i suoi tratti centrali, risaltano nel vuoto e trovano una singolare cornice nel chiarore della tela, nella pagina bianca che circonda, dilata e insieme sottolinea quell’intensa fisionomia” (E. Pontiggia, Luca Alinari. Nuove visioni, in “Minuti Menarini”, 311, luglio 2003, p.1).

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Gli altri dentro di tedi Giovanni Faccenda

«E non vuoi capire che la tua coscienzasignifica appunto “gli altri dentro di te”?»

Luigi Pirandello

Molto di quanto caratterizza l’opera di Luca Alinari, almeno in questa sua eccellente stagione creativa, deve essere ricondotto alla predilezione che egli ha sempre avuto per l’arte antica. Il Museo, prima ancora di rappresentare la sublime dimora, mèta di alcune sue frequentazioni ideali, è il simposio dove si celebra il confronto, titanico, tra i giganti della pittura. Così, quel suo Autoritratto acquisito nel 1999 dalla Galleria degli Uffizi, e subito collocato fra gli altri celebri della prestigiosa raccolta, è diventato il tramite fisico con il quale oggi Alinari interloquisce da vicino con i maggiori protagonisti di questa aristocratica cerchia.È un idioma toscano, piuttosto che fiorentino, il suo, a giudicare da alcune inflessioni senesi che ci riconducono alla lingua di Duccio di Buoninsegna, Simone Martini e Ambrogio Lorenzetti, più chiara negli accenti rispetto a quella di Beato Angelico e Benozzo Gozzoli, Rosso Fiorentino e Pontormo, che pure riecheggia in varie espressioni tipiche della pronuncia di Alinari.I volti, soprattutto, intesi nella loro metafisica fisionomia, rivelano nobili analogie con taluni ritratti che impreziosiscono Allegoria del Buono e del Cattivo Governo, il grandioso ciclo di affreschi realizzato da Lorenzetti nel Palazzo Pubblico di Siena: visi scolpiti nella luce con sontuosa eleganza plastica.La pittura guadagna un’aura ugualmente solenne, sebbene nel lavoro di Alinari convivano altre suggestioni tali da produrre, in chi guarda, un effetto di disorientamento, per il quale la stessa immagine, vista e rivista cento volte, muta continuamente a livello percettivo, come se qualcosa a un tratto intervenisse ad animare figure, paesaggi, ambienti e persino oggetti appartenenti a un altrove trasfigurato in una dimensione solo apparentemente riconoscibile.A monte di questo singolare processo di metamorfosi, resistono letture che hanno forgiato le cospicue risorse intellettuali dell’artista: filosofi, poeti e scrittori di ogni tempo capaci di rappresentare una realtà «altra», nella quale vedere, o tentare di vedere, l’invisibile. Da Dante a Pirandello, da Omero a Dylan Thomas:

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Splendessero lanterne, il sacro volto,Preso in un ottagono d’insolita luce,Avvizzirebbe, e il giovane amorosoEsiterebbe, prima di perdere la grazia.I lineamenti, nel loro buio segreto,Sono di carne, ma fate entrare il falso giornoE dalle labbra le cadrà stinto pigmento,La tela della mummia mostrerà un antico seno.

La sorprendente attinenza di questi versi del poeta gallese con un dipinto che ci è capitato di ammirare il mese scorso nello studio di Alinari allarga gli orizzonti di una esegesi resa più difficile, ora, da non poche complicazioni: se la stretta attualità riguardante l’artista è segnata da un’ispirazione feconda di motivi originali, che idealmente compendiano alcune dinamiche precedenti, la genesi di una pittura abitata da enigmatiche evidenze consta di complesse elaborazioni che interessano anche il versante strettamente tecnico. Quanto costruisce e definisce la ricercata struttura iconografica appartiene a un ponderato modello estetico che compenetra l’abilità del gesto manuale all’altezza della più arcana filosofia, a dispetto di immagini che risultano di ingannevole semplicità al pari di certe raffigurazioni di de Chirico. Ma torniamo alla tecnica, e proprio con un brano del Metafisico (Piccolo trattato di tecnica pittorica, Scheiwiller, Milano, 1928):

«Quando visito un museo, prima ancora dell’aspetto lirico o spirituale d’un quadro, mi incuriosisce il fatto di vedere, di capire, com’è dipinto. Vi sono molti pittori moderni che professano una specie di ostentato disprezzo per i segreti e le ricette della tecnica pittorica che essi definiscono cucina; tali persone a me fanno la stessa impressione di quei severi difensori di un certo genere di pittura, sempre erroneamente definita realismo o naturalismo, i quali credono di annientare ogni fenomeno lirico e spirituale in arte con la definizione: letteratura.»

L’argomento è fra quelli che ad Alinari stanno più a cuore. La superficialità con la quale taluni si sono avvicinati alla sua pittura nel corso degli anni, contribuendo all’insorgere di equivoci che, volendo usare un eufemismo, potremmo definire, con una parola, grossolani, ha lasciato curiosamente il posto a una latitanza interpretativa emersa in coincidenza di questo suo recente e pregiatissimo periodo. Dinanzi a volti di discendenza gotica senese, sublimi nel disegno come nell’incarnato, coloro i quali

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avevano sovente frainteso la condizione eudemonica di un paesaggio memore della lezione di Benozzo Gozzoli e Ghirlandaio, si sono trovati arresi a causa della loro pochezza culturale, dalla quale, in passato, erano germinati tanti appigli artificiosi al fondo di letture inesatte almeno quanto banali. Alinari, allora, vi aveva riflettuto a suo modo:

«In un allegro gruppetto di parole il risultato non cambia neppure se un vento dispettoso ne scompagina le accurate ubicazioni. Da ragazzino, sulle spiagge, raccoglievo ciottoli o tubetti strizzati di dentifricio. I ragazzini amano gli oggetti trovati. Poi arrivano i codici, i sistemi. I variegati rituali delle biennali accademie. Un giorno, sulle spiagge, troveremo anche quelli.»

Il fatto è che, spostando la prospettiva del proprio lavoro verso sommità museali, Alinari non solo ha raggiunto il vertice più alto della sua vicenda espressiva; ha alzato anche l’asticella del confronto che lo vede da trent’anni primeggiare, in una sfida al mistero che è nella bellezza, all’enigma che è nella pittura.

Fiesole, aprile 2007.

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Luca Alinari Thèmes et variations par Cristina Acidini 1

L’histoire artistique de Luca Alinari, reconnu par la critique et par le public comme l’un des plus grands peintres italiens, comprend dans son long déroulement différentes phases, à partir des expériences de jeunesse marquées par une inspiration pop; et tou-tefois, comme le montre la riche et édifiante sélection de toiles ici choisie, l’apparente diversité entre “les familles” d’oeuvres est liée en réalité par une cohérence de fond, c’est-à-dire par l’appartenance à un monde intérieur plein d’images qui incorpore le “vrai” de la vie quotidienne, ainsi que son reflet dans un univers parallèle, visionnaire et dif-forme. Il y a cinquante ans déjà, ce trait caractéristique émergeait, en pleine contre ten-dance au minimalisme dominant. Un critique raffiné comme Renato Barilli s’en rendit compte en définissant son art comme étant “riche” contre le prédominant “art pauvre”.2 Alinari depuis lors, comme il l’aurait toujours fait par la suite aussi bien en peinture qu’en poésie, alimentait sa richesse d’imagination en po-sant le regard, littéralement, partout: curieux et amoureux de toute ma-nifestation liée à la sphère sonsorielle de la vue, chez lui très développée.Dans sa mémoire, le trésor de l’art de tous les temps est profondément ancré, de Giotto aux Impressionnistes à l’Orient, et certainement des mouvements qui ont marqué le Xxème siècle en Italie et à l’étranger, comme la Métaphysique de De Chirico et le Futurisme, avec les expériences de Balla et de Depero, entre un Dadaïsme filtré et enraciné.3 Mais son histoire esthétique personnelle de “fils du changement qui a conduit un pays sorti des restrictions de l’après-guerre à savourer la première vague de bien-être”, ayant traversé une formation “dans les années encore inhibées mais déjà

1 Dans ce texte, certaines phrases et périodes sont tirées de l’article de l’écrivaine Il vivaio dei pensieri artistici dans le catalogue de l’exposition sous la direction artistique de C. Acidini, Labirinto Alinari (Firenze, Gallerie degli Uffizi-Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti), Milano 2016.2 “Ripercorrendo questo cammino sino ad oggi balza in avanti la consapevole propensione alla bidimensiona-lità in una visione onirica, accentuatamente decorativa, come bizantina, ove ciascun oggetto, un grande magaz-zino di immagini, si rivela poi meravigliosa scatola magica o variopinto caleidoscopio”. Ainsi s’exprime Renato Barilli en 1975, en présentant une exposition de Alinari à la galerie CM de Roma, repris dans le catalogue d’une exposition auprès de la Galleria del Milione à via Bigli à Milan, 1987.3 “Al di là della Pop art, parlerei della grande lezione del Dada e del Futurismo. Queste sono le matrici di questo mio atteggiamento….” (cfr. A.Tempi. Fuga dalla pittura. Una conversazione con Luca Alinari in A. Tempi (a cura di,) Luca Alinari, Casa Masaccio a San Giovanni Valdarno (AR) 1994., pp.19-20

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vrombissantes par l’affirmation de modèles vitaux connectés à l’implication dans la crois-sance industrielle et dans l’émergente culture de masse”4 s’élargit pour incorporer avec un in-térêt amusé la débordante production d’images populaire de qualitéh haute ou courante.

Ainsi, parmi les plus anciennes sources de son inspiration il y a une multitude d’images en tumultueuse croissance. Les figurines Panini dans les albums, les gadgets offerts par les dés ou par les produits de lessive et les tablettes changeantes dans les confections de fromages du consumisme naissant, les bandes dessinées (en particulier celles des oisons sublimement dessinées au crayon par Carl Barks pour Walt Disney ), les somptueuses illustrations des livres de fables et autres: une matière hétéro-gène et même surabondante pour une sensibi-lité préhensible qui s’inspirait d’un univers en expansion de formes sinthétiques, mouvements humoristiques, couleures vives, taches d’encre plates, objets nouveaux et accessibles générés par un design enthousiaste et généreux. Et les jouets simples, mais qui résonnent dans la mémoire: des poupées, de petites automobiles, “des billes opaques avec lesquelles on inventait de petits jeux pour des routes disparues.”5 À l’abondance du patrimoine visuel entassé dans le “grand entrepôt de la mémoire” (Barilli) Alinari avait le soin d’ajouter de nouveaux mo-tifs et de nouvelles stimulations, ne s’arrêtant

4 L. Cabutti in Alinari “probabile e possibile” (Provincia regionale di Messina), Messina 1997.5 L. Alinari, Cespugli del possibile. Consigli dall’alto a un fanciullo pittore, dans Luca Alinari “Anarchia dei piccoli rami”, a cura di C. Risi, Pontassieve 1993.

pas à des domaines traditionnels et prévisibles, mais en allant au-delà, jusqu’à se pencher sur les traces les plus modestes et marginales duhomo faber, observées et repro-duites avec une affectueuse attention. Voici dans une de ses phrases une spirale sur le vagabondage inquiet d’une recherche à l’inté-rieur et en marge des choses: “J’ai peint, parfois, de petits divans en cuir et des lustres violets, laissés dans certains entrepôts d’objets abandon-nés, situés, d’habitude, en dehors de la ville”.6Alinari a choisi (ou, à choisir pour lui, a été ce flux croissant d’énergie interne qui le pousse vers une recherche incessante) de ne pas pro-céder par périodes et par moments stylistiques, en abandonnant l’un pour évoluer dans l’autre; ni de se forger un module expressif récurrent ou immuable, de façon à être instantanément et largement reconnaissable de par sa propre façon de faire. Mais il a choisi plutôt de retenir auprès de soi, auprès de son “soi” curieux et infatigable, tous les thèmes et les motifs, tous les genres et toutes les techniques, toutes les idées manifes-tées ou inexprimées, en parcourant avec son bagage (au fil des années, toujours plus considé-rable) des sentiers qui ne cessent de bifurquer, et en prenant le risque et le poids d’un tel choix.Et voici que dans le corpus de Alinari se rencontrent les objets quotidiens aux formes simples et aux couleurs vives – dans l’époque triomphale des premières plastiques et ré-

6 Ainsi racontait Alinari en 1982. Giovanni Faccenda en décrivant la maison de Alinari et les alentours, cita la poésie des meubles identifiés et peints dans des dépôts en dehors de la ville (Intorno alle cose dipinte, probabilmente ,dans “La Nazione” Firenze, 20 maggio 1999, repris dans Luca Alinari. Crisi di nervi ottici (Castello Doria, Porto Venere), Milano 2000.

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sines – entre-temps mises au centre de la critique ironique des pionniers de la Pop Art amériaine, mais aussi, à l’autre bout d’une filière qui se dénoue à travers l’Occident, le paysage de la campagne toscane harmonieu-sement divisé en champs et bois, parsemé de bourgs et clochers, filtré par le vénéré héritage des peintres macchiaioli. Des figures d’une perfection tant algide que sensuelle, et des personnages sarcastiques, au gros nez, sujets aux plus bizarres déformations. Des intérieurs raisonnables et des espaces hors de contrôle. Des élaborations compactes et riches en ma-tière, et ensemble des essaims de petites formes, miettes, éclats, petites choses, éclairs, étoiles et petites étoiles qui débordent envahissantes. Une exultation de teintes et de noir absolu.Plein et vide, transparent et compact, lisse et rugueux: tous les possibles contrastes se retrouvent dans l’oeuvre de Alinari dans une concordia discors, tenue ensemble par la cohérence intérieure de l’artiste. Même dans cette collection de tableaux, ac-cueillie par le prestigieux Musée du Bardo (dont l’incomparable collection de mosaïques y est subtilement assortie), les motifs et les langages inventés par Alinari défilent.Ayant confié à “Poco universo” le rappel au mo-tif des choses quotidiennes organisées de façon onirique, dans les autres tableaux se déploient les thèmes et les variations qui animent sans cesse la vision créative de Alinari. Des corps féminins doux et lisses s’offrent, étendus comme dans une tradition consolidée – de Tiziano à Modigliani – en solitude ou en compagnie, sur des fonds faiblement grouillants de particules, de trames,

de mistérieuses épaves. Le peuple de figures masculines et féminines habitant ces toiles, qui montrent “la fixité alarmante des icônes d’une grande pureté”,7 a des formes conciliantes, des membres flexibles, des épidermes lissés par une manière de peindre lisse comme une pierre dure ou comme de la porcelaine, souvent en contraste avec d’autres manières environnantes rudes et en relief: c’est pourquoi les têtes cou-ronnées bouclées et les corps souples émergent des fonds aux puissantes couleurs pures, dont la texture est rendue granuleuse et rêche par les mélanges à base de sable ou autres matériaux équivalents. Dans “Il volto”, se montre la forme inquiétante et exquise d’une jeune fille (ar-rière-petite-fille de l’Antea du Parmigianino?) à l’ovale pure encadrée de fleurs et de boucles.Des toiles pleines de taches et de fonds multi-colores dégagent une vitalité primordiale, géné-ratrice de formes sans un règne d’appartenance, bien exprimée par le titre “Humus”, comme la Terre mère qui accueille des existences conti-nuellement en transit: “un amalgame fou, très méticuleux et coloré [...] une fable sans fin enfilée dans un kaléidoscope, avec des plantes, de petits vers et des bacilles et des arbres et des paysages dans une folle danse contre l’arc-en-ciel [...]. E s’il est vrai, comme il est vrai, que l’enfance est le berceau de l’art, là elle y vit perpétuellement, entre les petits oreillers et les goûters, dans les tremblements des tem-pêtes, des ampoules grillées, des résistances

7 Marco Di Capua le définit bizantin: “… sui suoi dipinti si stende un velo di assoluto presente, la fissità allarmante di purissime icone”, cité en partie dans Luca Alinari, Sei lui, ti credi te, San Marino, 2004, p.11.

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électriques, des cables de courant interdits”.8Au-dessus de ce joyeux chaos, flotte – arraché à sa motte de terre – le bourg toscan avec au-tant de petite église de “Upupa”. Dans d’autres tableaux, des corpuscules vivaces ou des formes transparentes occupent les fonds aux couleurs pures et précieuses comme le porphyre (“Sans titre”), ou le lapis-lazuli (“Ogni squadraccia spenta”) , ou l’émeraude (“Sans titre”) ou le rubis (“Organetto” et “Mamma”). Le noir total domine dans “Farfalle impossibili”, “Corea”, “Eden A Eden B”, sillonné par des rangées or-données de pseudo-lépidoptères, ou traversé par des signes et des filaments impalpables comme des toiles d’araignée, ou déchiré par un Big Bang de girandoles de lumière. Et pour finir de nous étonner, voici le blanc.Un fond homogène, pâteux, invitant comme une crème, d’où déferle un parfait, admirable Cheval au galop (2001). Dans les premières années de

8 Luca Alinari. Sei lui, ti credi te, Galleria nazionale d’arte moderna, San Marino 2004, pp. 10 et 15.

ce siècle, en effet, Alinari – tellement avide de choses et de couleurs – a travaillé sur le thème de l’évanescence et de la disparition. Naissait ainsi la série de portraits de l’écrivaine française Marguerite Duras, dont affleurent seulement certains traits du visage, qui émergent du champ blanc du papier ou de la toile comme du lait:9 des oeuvres d’une rare délicatesse formelle, à la hauteur des plus élégantes miniatures d’hier et d’aujourd’hui. Conscient de l’attraction fatale de la page blanche, mère des plus imprudents trompes-l’oeil “sous” laquelle il est permis d’ima-giner toute sorte de frémissements et de bouil-lonnements, Luca Alinari n’a pas voulu se priver de ce défi. Un sentier emprunté, celui-ci, et vite abandonné: mais avec quels admirables résul-tats! La preuve que chaque route pour Alinari est ouverte, chaque direction est praticable.

9 “ Il volto, anzi i suoi tratti centrali, risaltano nel vuoto e tro-vano una singolare cornice nel chiarore della tela, nella pagina bianca che circonda, dilata e insieme sottolinea quell’intensa fisionomia” (E. Pontiggia, Luca Alinari. Nuove visioni, dans “Minuti Menarini”, 311, juillet 2003, p.1).

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Les autres à l’intérieur de toiGiovanni Faccenda

«Et tu ne veux pas comprendre que ta consciencesignifie justement “les autres à l’intérieur de toi”?»

Luigi Pirandello

Une grande partie de ce qui caractérise l’oeuvre de Luca Alinari, au moins dans son excellente saison créative, doit être reconduite à la prédilection qu’il a toujours eu pour l’art antique. Le Musée, bien avant de représenter la sublime demeure, destination de certaines de ses fréquentations idéales, est le symposium où la confrontation, titanesque, entre les géants de la peinture est célébrée. Ainsi, son Autoportrait acheté en 1999 par la Galleria degli Uffizi, et immédiatement placé parmi les autres célèbres de la prestigieuse collection, est devenu l’intermédiaire physique avec lequel aujourd’hui Alinari dialogue de près avec les plus importants protagonistes de ce cercle aristocratique.Le sien est un idiome toscan, plutôt que florentin, à en juger par certaines inflexions siennoises qui nous ramènent à la langue de Duccio di Buoninsegna, Simone Martini et Ambrogio Lorenzetti, plus claire dans les accents par rapport à celle de Beato Angelico et Benozzo Gozzoli, Rosso Fiorentino et Pontormo, qui affleure pourtant dans différentes expressions typiques de la prononciation de Alinari.Les visages, surtout, considérés dans leur physionomie métaphysique, révèlent de nobles analogies avec certains portraits qui ornent l’Allegoria del Buono e del Cattivo Governo, le cycle grandiose d’affresques réalisé par Lorenzetti au Palais Public de Sienne: des visages sculptés dans la lumière avec une somptueuse élégance plastique.La peinture s’enrichit d’une aura tout aussi solennelle, bien qu’il y ait dans le travail de Alinari d’autres suggestions en mesure de produire, en la personne qui regarde, un effet de désorientation, par conséquent la même image, vue et revue cent fois, change continuellement au niveau perceptif, comme si d’un coup quelque chose intervenait pour animer des figures, des paysages, des pièces et même des objets appartenant à un ailleurs transfiguré en une dimension qui n’est reconnaissable qu’en apparence.En amont de ce processus de métamorphose singulier, les lectures qui ont forgé

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les considérables ressources intellectuelles de l’artiste résistent: des philosophes, des poètes et des écrivains de tout temps capables de représenter une réalité “autre”, dans laquelle il soit possible de voir, ou tenter de voir, l’invisible. De Dante à Pirandello, de Homère à Dylan Thomas:

Should lanterns shine, the holy face, Caught in an octagon of unaccustomed light, Would wither up, an any boy of loveLook twice before he fell from grace. The features in their private dark Are formed of flesh, but let the false day come And from her lips the faded pigments fall, The mummy cloths expose an ancient breast.

Le rapport surprenant de ces vers du poète gallois avec un tableau qu’il nous a été donné d’admirer le mois dernier dans le bureau de Alinari élargit les horizons d’une exégèse rendue plus difficile, maintenant, par de nombreuses complications: si la pure actualité qui concerne l’artiste est marquée par une inspiration féconde de motifs originaux, qui idéalement résument certaines dynamiques précédentes, la genèse d’une peinture habitée par des évidences énigmatiques est faite d’élaborations complexes qui concernent également l’aspect strictement technique.

Ce qui construit et définit la structure iconographique recherchée appartient à un modèle esthétique réfléchi qui allie l’habileté du geste manuel à la hauteur de la plus mystérieuse philosophie, en dépit des images qui apparaîssent d’une simplicité trompeuse comme certaines représentations de de Chirico. Mais revenons à la technique, et précisément avec un extrait du Métaphysique (Piccolo trattato di tecnica pittorica, Scheiwiller, Milano, 1928):

«Quand je visite un musée, avant même l’aspect lyrique ou spirituel d’un tableau, je suis intrigué par le fait de voir, de comprendre, comment il est peint. Il y a de nombreux peintres modernes qui déclarent avec ostentation une sorte de mépris pour les secrets et les recettes de la technique picturale qu’ils définissent cuisine, ces personnes me font la même impression de ces défenseurs sévères d’un certain genre de peinture, toujours erronément définie réalisme ou naturalisme, qui croient anéantir tout phénomène lyrique et spirituel dans l’art avec la définition: littérature. »

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Le sujet fait partie de ceux qui tiennent le plus à coeur à Alinari. La superficialité avec laquelle certains se sont rapprochés de sa peinture au cours des années, en contribuant à la création d’équivoques qui, en voulant utiliser un euphémisme, que nous pourrions définir, en un mot, grossiers, a laissé étrangement la place à une latitence interprétative apparue en coïncidence avec sa période plus récente et prisée. Face à des visages de descendance gothique siennoise, sublimes aussi bien dans le dessin que dans la coloration, ceux qui avaient souvent malinterprété la condition eudémonique d’un paysage rappelant la leçon de Benozzo Gozzoli et Ghirlandaio, se sont rendus à l’évidence à cause de leur petitesse culturelle, à partir de laquelle, dans le passé, avaient germé tant de prétextes artificieux à la base de lectures tout aussi inexactes que banales. Alinari, alors, y avait réfléchi à sa façon:

«Dans un joyeux petit groupe de paroles le résultat ne change pas même si un vent agaçant mettait en désordre les emplacements soignés. Quand j’étais garçon, sur les plages, je ramassais des cailloux ou de petits tubes essorés de dentifrice. Les petits garçons aiment les objets trouvés. Puis arrivent les codes, les systèmes. Les rituels bigarrés des biennales académiques. Un jour, sur les plages, nous trouverons également ceux-là.»

Le fait est que, en déplaçant la perspective de son propre travail vers des sommités muséales, Alinari non seulement a rejoint le plus haut sommet de son histoire expressive; mais il a également mis la barre de la comparaison encore plus haut, en arrivant premier depuis trente ans, dans un défi au mystère qui est dans la beauté, à l’énigme qui est dans la peinture.

Fiesole, avril 2007.

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Sulla strada dei fagiolini (120 x 100 cm, 2011)

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Temporale torna alla nube(100 x 100 cm, 2018)

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Senza titolo(90 x 100 cm, 2018)

18

Ogni squadraccia spenta(90 x 90 cm, 2018)

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Senza titolo(100 x 100 cm, 2017)

20

Senza titolo(100 x 100 cm, 2015)

21

Da un lago all’altro(120 x 120 cm, 2005)

22

Cominciare dalla fine 2(100 x 100 cm, 2005)

23

Cominciare dalla fine 1(100 x 100 cm, 2005)

24

Sono nato ma (90 x 90 cm, 2006)

25

Cavallo(90 x 80 cm, 2001)

26

Tappeto rosso (90 x 75 cm, 2002)

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Upupa(70 x 50 cm, 2000)

28

Farfalle Impossibili(80 x 60 cm, 2012)

29

Bicicletta (60 x 70 cm, 1999)

30

Il volto(30 x 30 cm, 2005)

31

Poco universo (93 x 84 cm, 1974)

32

Il mare dalla collina (99 x 99 x 4, 2012)

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Organetto (80 x 80 cm, 2015)

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Corea(80 x 80 cm, 2015)

35

Mamma sdrucciolo (70 x 70 cm, 2016)

36

Eden A Eden B (70 x 70 cm, 2011)

37

Humus (110 x 80 cm, 2016)

38

Non finito(90 x 90 cm, 2002)

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Senza titolo(30 x 25 cm, 2017)

40

Senza titolo(25 x 30 cm, 2017)

41

Senza titolo(30 x 25 cm, 2017)

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Miti Luglio(100 x 100 cm, 1979)