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Provincia di Pavia Comune di Brallo di Pregola

Componente geologica, idrogeologica e sismica del PGT - Relazione illustrativa -

L.R. 12/2005 e s.m.i.D.G.R. n. 9/2616 del 30/11/2011

Dott. Geol. Marco Degliantoni Fr. S. Martino, 26 - 27057 Varzi (PV)

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1) Sommario 1) Sommario _________________________________________________________________ 2 2) Premessa __________________________________________________________________ 3 3) Fase di analisi ______________________________________________________________ 3 4) Fase di sintesi/valutazione ____________________________________________________ 3 5) Fase di proposta ____________________________________________________________ 4 6) Elenco documenti costituenti lo studio___________________________________________ 4 7) Quadro di riferimento programmatico ___________________________________________ 5 8) Inquadramento meteo-climatico________________________________________________ 6

Temperatura ______________________________________________________________ 6 Pluviometria ______________________________________________________________ 9

9) Inquadramento geografico ___________________________________________________ 12 10) Inquadramento geologico ____________________________________________________ 14

Unità Tettoniche Liguri ____________________________________________________ 16 Unità Tettoniche Liguri Esterne______________________________________________ 18 Unità Tettoniche Subliguri__________________________________________________ 24 Depositi Quaternari _______________________________________________________ 25

11) Assetto tettonico ___________________________________________________________ 27 12) Inquadramento geomorfologico _______________________________________________ 28

Caratteristiche dei dissesti idrogeologici _______________________________________ 30 13) Classificazione sismica del territorio ed aspetti normativi___________________________ 32

Criteri generali per l’individuazione delle zone sismiche __________________________ 34 Normativa Regionale ______________________________________________________ 39

14) Caratterizzazione del sito dal punto di vista sismico _______________________________ 40 15) Azione sismica ____________________________________________________________ 40 16) Pericolosità sismica locale ___________________________________________________ 43

Analisi della sismicità locale ________________________________________________ 44 Analisi 1° livello _________________________________________________________ 46 Analisi 2° livello _________________________________________________________ 48 Analisi 3° livello _________________________________________________________ 64

17) Scenari di pericolosità sismica locale nel territorio comunale ________________________ 64 18) Liquefazione ______________________________________________________________ 66 19) Fase di sintesi e valutazione __________________________________________________ 68

Carta dei Vincoli _________________________________________________________ 69 Carta di Sintesi ___________________________________________________________ 75

20) Fase di proposta - fattibilità geologica per le azioni di piano_________________________ 78 21) Bibliografia_______________________________________________________________ 81

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2) Premessa Il presente studio è redatto in conformità ai criteri formulati con D.G.R. Lomb. n. 9/2616 del 30

Novembre 2011 “Aggiornamento dei ‘Criteri ed indirizzi per la definizione della componente

geologica, idrogeologica e sismica del piano di governo del territorio, in attuazione dell’art. 57,

comma 1, della l.r. 11 marzo 2005, n. 12’, approvati con D.G.R. 22 dicembre 2005, n. 8/1566 e

successivamente modificati con D.G.R. 28 maggio 2008, n. 8/7374. Il comune di Brallo di Pregola

è dotato di studio geologico conforme ai criteri attuativi della l.r. 21/2005 pertanto il presente

documento aggiorna esclusivamente lo studio esistente (realizzato a cura del Geol. Giorgio

Negrini) valutando la componente sismica (Tavola 4.4), estende la carta di fattibilità all'intero

territorio comunale (Tavola 4.5 e Tavole di dettaglio da 4.5.1 a 4.5.4) ed aggiorna le carte dei

vincoli (Tavola 4.2) e di sintesi (Tavola 4.3), ai contenuti della pianificazione sovraordinata.

L’aggiornamento ha previsto inoltre la redazione di una nuova Carta Geologica del territorio

comunale (Tavola 4.1) realizzata sulla base del nuovo Foglio 196 “Cabella Ligure” della Carta

Geologica d’Italia dell’ ISPRA (scala 1:50.000).

Ai sensi dell’Allegato 13 alla D.G.R. n. 9/2616 Tabella 2 – Individuazione dei comuni compresi

nella D.G.R. 11 dicembre 2001, n. 7/7365 che hanno concluso l’iter di cui all’art. 18 delle N.d.A. del

PAI, il Comune di Brallo di Pregola risulta aver concluso l’iter (5.3) e risulta aver aggiornato il PAI.

3) Fase di analisi La fase di analisi è stata condotta sulla base di ricerche storiche e bibliografiche, inquadramento

ed analisi delle caratteristiche geologiche, geomorfologiche, idrogeologiche, idrauliche e sismiche

del territorio comunale al fine della definizione della Carta di Pericolosità Sismica Locale (PSL).

4) Fase di sintesi/valutazione Tale fase è definita tramite la Carta dei Vincoli che individua le limitazioni d’uso del territorio

derivanti da normative in vigore di contenuto prettamente geologico e la Carta di Sintesi che

propone una zonazione del territorio in funzione dello stato di pericolosità geologico-geotecnico e

della vulnerabilità idraulica ed idrogeologica.

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5) Fase di proposta Tale fase è definita attraverso la redazione della Carta della Fattibilità Geologica e delle Norme

Geologiche di Piano. Al fine di garantire omogeneità ed obiettività nelle valutazioni di merito

tecnico, tale fase prevede modalità standardizzate di assegnazione della classe di fattibilità agli

ambiti omogenei per pericolosità geologica e geotecnica e vulnerabilità idraulica ed idrogeologica

individuati nella fase di sintesi. Alle classi di fattibilità individuate sono stati sovrapposti gli ambiti

soggetti ad amplificazione sismica locale che non concorrono a definire la classe di fattibilità, ma ai

quali è associata una specifica normativa che si concretizza nelle fasi attuative delle previsioni del

Piano di Governo del Territorio.

Sono state individuate 3 classi di fattibilità geologica (nel territorio comunale non sono state

individuate aree a classe di Fattibilità I) con grado di rischio differente in conformità a quanto

indicato dalla normativa regionale, nonché 11 sottoclassi, di cui 2 per la classe III e 9 per la classe

IV come specificato al capitolo 20.

6) Elenco documenti costituenti lo studio

Documento Nome Scala Territorio interessato Carta Geologica Tavola 4.1 1:10.000 Comunale Carta dei Vincoli Tavola 4.2 1:10.000 Comunale Carta di Sintesi Tavola 4.3 1:10.000 Comunale Carta della Pericolosità Sismica Locale

Tavola 4.4 1:10.000 Comunale

Carta di Fattibilità Geologica Tavola 4.5 1:10.000 Comunale

Carta di Fattibilità Geologica Tavola 4.5.1 1:5.000 ZONA NORDOVEST- comprendente gli abitati di: Valformosa, C.Colletta e Barostro

Carta di Fattibilità Geologica Tavola 4.5.2 1:5.000 ZONA NORDEST- comprendente gli abitati di: Casone, Pregola, Bralello, Brallo di Pregola, Bocco, Selva, Feligara, Collistano, Cortevezzo e Colleri

Carta di Fattibilità Geologica Tavola 4.5.3 1:5.000 ZONA SUDOVEST- comprendente gli abitati di: Prodongo, Cencerate, Corbesassi e Ponti

Carta di Fattibilità Geologica Tavola 4.5.4 1:5.000 ZONA SUDEST- comprendente gli abitati di: Someglio, Pratolungo, Lama, Rovaiolo, Ravaiolo Vecchia, Valle Superiore, Pietra Natale, Tomba, Pianellette.

Carta di Fattibilità Geologica su base CTR

Tavola 4.6 1:10.000 Comunale

Relazione Illustrativa Elaborato 4.7 Comunale Norme Geologiche di Attuazione

Elaborato 4.8 Comunale

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7) Quadro di riferimento programmatico

• Legge regionale 11 marzo 2005 n. 12

• Legge regionale. 7 del 5 febbraio 2010

• Legge regionale n. 12 del 22 febbraio 2010

• D.G.R. Lomb. n. 9/2616 del 30/11/2011 “Aggiornamento dei ‘Criteri ed indirizzi per la

definizione della componente geologica, idrogeologica e sismica del piano di governo del

territorio, in attuazione dell’art. 57, comma 1, della l.r. 11 marzo 2005, n. 12’

• D.G.R. Lomb n. 7374/08 - Aggiornamento dei criteri ed indirizzi per la definizione della

componente geologica, idrogeologica e sismica del PGT

• D.G.R. Lomb n. 1566/05 - Criteri ed indirizzi per la definizione della componente geologica

idrogeologica e sismica del PGT

• D.G.R. n. 40996/99 - Legende di riferimento per la predisposizione della cartografia dello

studio geologico

• NTC (2008) Norme Tecniche per le Costruzioni. DM 14 gennaio 2008, Gazzetta Ufficiale, n. 29

del 4 febbraio 2008, Supplemento Ordinario n. 30, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato,

Roma

• Circolare 2 febbraio 2009 n. 617 – Istruzioni per l’applicazione delle “Nuove norme tecniche per

le costruzioni” di cui al DM 14 gennaio 2008 . Gazzetta Ufficiale, n. 47 del 26 febbraio 2009,

Supplemento Ordinario n. 27, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma.

Il presente studio recepisce inoltre le nuove disposizioni in materia di polizia idraulica attribuite al

comune di Brallo di Pregola, a seguito dell’applicazione delle norme riportate nello studio sul

Reticolo idrografico minore e principale del territorio comunale e relativo regolamento di Polizia

Idraulica, redatto nel dicembre 2004.

Questo elaborato classifica i corsi d’acqua minori e definisce i criteri utili al comune per il rilascio di

autorizzazione, per la definizione di pertinenza idraulica dotandolo di tutti i mezzi necessari per la

salvaguardia e conservazioni dei corsi d’acqua.

Per quanto riguarda il reticolo idrografico principale, di cui fanno parte il F.Trebbia, T. Avagnone,

T.Staffora, Fosso Dell'Allià e T.Montagnola le funzioni di polizia idraulica e gli atti autorizzativi e

concessori sono di competenza della Regione Lombardia, pertanto il Comune di Brallo di Pregola

applicherà le prescrizioni di Polizia idraulica del R.D. 25 Luglio 1904, n° 523 “Testo unico delle

disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie”.

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8) Inquadramento meteo-climatico Il clima che caratterizza il territorio in oggetto si definisce genericamente di tipo appenninico:

ovvero presenta minori escursioni termiche e precipitazioni più abbondanti rispetto alla zona di

pianura, di clima subcontinentale. Il regime pluviometrico è di tipo sub-litoraneo appenninico con i

massimi in autunno e in primavera e i minimi in estate e in inverno. Le precipitazioni diminuiscono

al diminuire del dislivello, scendendo dalla montagna verso la collina e la pianura.

Temperatura La distribuzione delle condizioni termiche medie può essere suddivisa, dal punto di vista

altimetrico, in due fasce: la prima comprende la aree fino a 600 m di quota, la seconda parte da

600 m ed arriva fino a 800 m; nel primo caso le temperature medie annue hanno un valore medio

di 12°C. Nella seconda fascia altimetrica si hanno condizioni meno regolari, fortemente influenzate

dall’esposizione delle varie località; le medie annue sono intorno ai 10°C.

Di seguito si riporta il grafico realizzato dal osservatorio meteorologico dell’Istituto Tecnico Agrario

C. Gallini di Voghera, mostrante l’andamento della temperatura media annua dal 1931 al 2012

(Fig. 8.1). Il grafico mostra il valore di medio attorno ai 12°C sino agli inizio degli anni ’80, dopo di

che si è andato registrando un costante aumento delle temperature medie annue. Si tenga conto

che i suddetti dati sono inerenti alla zona di Voghera, che si trova a quote più basse rispetto al

comune di Brallo di Pregola.

Fig. 8.1 - Temperatura media annua dal 1931 al 2012

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Il clima nel territorio comunale è simile a quello di tipo continentale caratterizzato da un inverno

rigido e da una estate calda, in quanto risente poco dell'influenza mitigatrice del mare a causa

della presenza dei rilievi appenninici. Al periodo di freddo secco di gennaio-marzo segue una

primavera mediamente piovosa che passa da un clima freddo-umido ad un clima caldo-umido e,

quindi un’estate caldo-secca caratterizzata da temperature medie dell'aria piuttosto elevate. Con

l'arrivo dell'autunno si assiste ad un comportamento differente mese per mese: si passa da un

settembre a clima caldo-secco ad un ottobre con clima generalmente caldo e precipitazioni

frequenti che raggiungono il loro valore massimo medio mensile in novembre; in dicembre le

temperature si abbassano e permangono precipitazioni di media intensità.

Nel grafico seguente (fig.8.2.), desunto dai dati disponibili dell’osservatorio meteorologico

dell’Istituto Tecnico Agrario C. Gallini di Voghera, vengono messe a confronto le temperature

medie giornaliere dell’anno 2012 con le medie giornaliere degli ultimi 10 anni. Come si può

osservare nel 2012 le temperature nel periodo freddo si sono fatte più rigide rispetto alle medie

storiche, soprattutto nel mese di febbraio quando si sono raggiunti anche -10°C; mentre i periodi

estivi, soprattutto fine luglio e agosto, hanno registrato medie giornaliere maggiori di circa 10°C

rispetto alle medie storiche.

Fig. 8.2 – Andamento delle temperature medie giornaliere dell’anno 2012 confrontate con le medie

giornaliere degli ultimi 10 anni

Per avere ulteriori informazioni sulle condizioni termometriche, sono stati presi in considerazione i dati della stazione di misura, sita a quota 409, presente a Varzi (la stazione più vicina tra quelle

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analizzate dalla Regione Lombardia in uno studio condotto sul Bacino dello Staffora) e registrante i seguenti intervalli temporali:1975-1984; 986-1991; 1994-1995. Il valore di temperatura media mensile è riportata nella tabella seguente assieme ai valori riconducibili ad altre stazioni di misura presenti nel bacino dello Staffora.

Fig. 8.3 – Temperature medie mensili misurate nelle stazioni termometriche nel bacino dello Staffora (gradi °C)

Infine si fornisce il grafico rappresentante l’andamento delle temperature medie giornaliere

registrate dal novembre 2012 a novembre 2013 (dati ARPA Lombardia) inerenti alla stazione

termometrica di Santa Margherita Staffora, la quale rappresenta la stazione più prossima al nostro

territorio in esame (≈ 6 Km di distanza).

Fig. 8.4 – Temperature medie giornaliere misurate nella stazione termometrica di Santa Margherita Staffora (gradi °C)

I dati evidenziano un valore medio annuo intorno ai 10°C, conforme ai valori medi registrati per le

fasce altimetri comprese tra 600 e 800 metri s.l.m.

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Pluviometria Gli istogrammi delle precipitazioni medie mensili riportate nella Fig. 8.5 evidenziano la presenza di

due massimi e di due minimi che caratterizzano la distribuzione delle precipitazioni nell’anno

medio1, che caratterizzano un regimo pluviometrico di tipo appenninico. Il picco principale si

verifica in novembre, durante l’autunno, mentre quello secondario in maggio, nella stagione

primaverile; i minimi si registrano invece nei mesi di gennaio e luglio. In corrispondenza del settore

più meridionale dell’Oltrepo Pavese, ove si localizza il Comune di Brallo di Pregola (cerchio rosso

in fig. 8.5), si osserva che il minimo del periodo estivo è più marcato rispetto a quello di gennaio e

le precipitazioni nel periodo invernale sono molto più abbondanti di quelle registrate nelle altre

stazioni di misura contemplate nella sottostante carta, a conferma del fatto le precipitazioni

diminuiscono al diminuire del dislivello, scendendo dalla montagna verso la collina e la pianura.

Fig. 8.5 - Carta dei regimi pluviometrici nell’Oltrepo pavese (Rossetti & Ottone, 1979)

1 E’ stato assunto come periodo di riferimento quello compreso tra il 1921 e il 1970, la cui durata implica una maggiore probabilità che gli eventi critici più significativi abbiano potuto verificarsi.

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Nella figura seguente (Fig. 8.6) sono riportate le precipitazioni medie annue che evidenziano una

crescita progressiva in funzione dell’altitudine, tanto che il territorio di Brallo di Pregola registra

lavori di pioggia media annua attorno a 1200 mm.

Fig. 8.6 - Precipitazioni medie annue in mm (1921-1970). Elaborazioni Ersaf su dati del Servizio Idrografico

Per avere ulteriori informazioni sulle condizioni pluviometriche, sono stati presi in considerazione i dati della stazione di misura pluviometrica presente a Pregola (Frazione di Brallo di Pregola) sita a quota 1005 metri s.l.m. e registrante i seguenti intervalli temporali 1914-1942;1951-1972.

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Fig. 8.7 – Stazioni di misura del Bacino dello Staffora

Le misure delle altezze di precipitazione disponibili, elaborate al fine di integrare le lacune di

limitata estensione nelle serie delle osservazioni, hanno consentito di calcolare, per ogni stazione

pluviometrica, la precipitazione media annua puntuale (Fig. 8.8). Si osserva che l’altezza delle

precipitazione medie annue registrata a Pregola è di 1171 mm, a conferma di quanto già rilevato

dalla carta di fig. 8.6.

Fig. 8.8 - Altezze di precipitazione media annua misurate ed integrate delle stazioni

pluviometriche utilizzate nel bacino dello Staffora

Per quanto concerne invece il valore di precipitazione media mensile, si fa riferimento ai dati inerenti al sottobacino dello Staffora a Santa Margherita Staffora (Fig. 8.9).

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Fig. 8.9 - Altezze di precipitazione areali medie mensili nel bacino dello Staffora (mm)

9) Inquadramento geografico Il territorio comunale di Brallo di Pregola occupa una superficie di circa 46,5 Km2 e si trova al

margine meridionale dell’Oltrepo Pavese, incuneato tra le province di Alessandria e Piacenza.

Il comune di Brallo di Pregola confina: a Nord e Nord Ovest con il comune di Santa Margherita

Staffora (PV), a Nord Est con il comune di Bobbio (PC), ad Est con il comune di Corte Brugnatella

(PC), a Sud Est con il comune di Cerignale (PC) ed a Sud e Sud Ovest con il comune di Zerba

(PC).

Fig. 9.1 - Inquadramento territorio comunale

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Il territorio comunale di Brallo di Pregola risulta cartografato sul Foglio n° 71 “Voghera” della Carta

Geologica d’Italia in Scala 1:100.000 e sul nuovo Foglio n°196 “Cabella Ligure” della Carta

Geologica d’Italia dell’Ispra in Scala 1:50.000, ed è identificato sulla Carta Tecnica Regionale in

scala 1:10.000 nelle sezioni B9c3, B9c4, B9c5, B9d3, B9d4 e B9d5.

L’abitato di Brallo di Pregola è situato nella zona centrale del comprensorio comunale mentre le

frazioni principali, fra cui Cencerate, Barostro, Cortevezzo, Corbesassi, Ponti, Rovaiolo, Lama,

Pietra Natale, Pianellette, Tomba, Pratolungo, Colleri, Collistano ,Selva, Feligara, Pregola, Casone

e Valformosa in parte sono allocate nel bacino del Torrente Staffora a Nord ed Ovest, in parte nel

bacino del T. Avagnone, zona centrale e meridionale del comune.

Fig. 9.2 - Principali frazione e nuclei abitati nel territorio comunale

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10) Inquadramento geologico

L’assetto geologico-strutturale del territorio comunale si colloca nel complesso processo orogenico

che ha dato origine all’Appenino Settentrionale. Quest’ultimo è il risultato della sovrapposizione

tettonica di due grandi insiemi, diversi litologicamente, per struttura e per origine paleogeografica:

l’Insieme Esterno Umbro-Toscano e l’’Insieme Interno Ligure-Emiliano, sovrapposto al precedente,

comprendente due domini, detti rispettivamente, Ligure Interno e Ligure Esterno.

Tali unità tettoniche sovrapposte hanno una vergenza che segue la conformazione di questa

porzione dell'arco montuoso e varia da NW a N procedendo da W verso E. L'appilamento delle

unità tettoniche si è sviluppato a partire dall'Eocene medio - superiore strutturandosi

definitivamente nel Miocene in due principali momenti (fasi burdigaliana e tortoniana);

successivamente è proseguito nel Messiniano e nel Pliocene medio-superiore perdurando, con

intensità decrescente, nell’intervallo di tempo compreso tra il Pliocene superiore ed il Quaternario.

FIG. 10.1 Schema dell’ Appennino Settentrionale (da P.Elter 1994). Nel cerchio rosso l’area di studio

Le superfici traslative sono accompagnate da frequenti strutture plicative che, con dimensione

variabile, interessano le formazioni presenti; la vergenza delle pieghe rispecchia il generale senso

di trasporto delle falde tettoniche.

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FIG. 10.2 Schema tettonico del territorio. Nel cerchio rosso l’area di studio

Vengono ora descritte in ordine cronologico, a partire dalle più antiche, le formazioni geologiche ivi

affioranti, cartografate nella Tavola 4.1 – Carta Geologica, allegata alla presente relazione.

Per la redazione della Carta Geologica e la descrizione delle unità formazionali presenti, è stato

consultato il Foglio 71 “Voghera” della Carta Geologica d’Italia (scala 1:100.000), e il Foglio 196

“Cabella Ligure” della Carta Geologica d’Italia dell’ISPRA (scala 1:50.000) e le corrispettive Note

Illustrative.

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Unità Tettoniche Liguri • Successione dell’Unità tettonica Antola L’Unità tettonica Antola affiora estesamente all’interno del territorio comunale occupando gran

parte della sua porzione 0ccidentale in corrispondenza delle alte valli del Torrente Staffora a Nord

– Ovest, fino alla Val Trebbia a sud. Essa si trova geometricamente compresa fra le Unità

tettoniche Gottero, Portello, Vermallo e Due Ponti alla base (con cui viene a contatto attraverso un

importante sovrascorrimento che taglia il sottostante impilamento di Unità Liguri Interne, Ducci et

alii, 1997) e la discordante successione del Bacino Terziario Piemontese al tetto, rappresentata

dalla Formazione di Dernice, Conglomerati di Savignone e Formazione di Monastero.

La successione è rappresentata da un “complesso di base” del Cretacico superiore che

comprende le Argilliti di Montoggio e le Arenarie di Gorreto. Questa successione si trova alla base

di una spessa successione di torbiditi carbonatiche, suddivisa in tre formazioni definite, dal basso

verso l’alto, come Formazione di Monte Antola, Formazione di Bruggi-Selvapiana ed Argilliti di

Pagliaro.

Argilliti di Montoggio (MGG) - (Cenomaniano Superiore-Turoniano Medio) – Complesso di Base

Le Argilliti di Montoggio (Abbate & Sagri , 1967; Boni et alii, 1969 Bellinzona & Boni , 1971)

affiorano con spessori limitati alla base delle Arenarie di Gorreto. Gli affioramenti più significativi

nel territorio comunale si ritrovano nel settore compreso fra Monte Lesimina e Ponti.

Le Argilliti di Montoggio sono costituite da argilliti e siltiti varicolori (rosse, grigio scure e verdi)

caratterizzate da rare intercalazioni di torbiditi costituite da areniti medio-fini a composizione mista

in strati sottili e medi privi di strutture sedimentarie o caratterizzati da una laminazione debolmente

convoluta. Le caratteristiche colorazioni rosse, verdi e nere tagliano la stratificazione e sono quindi

da mettere in relazione a processi diagenetici legati probabilmente alla circolazione dei fluidi

durante la diagenesi e/o le fasi tettoniche precoci. All’interno delle Argilliti di Montoggio è stata

distinta una litofacies argilloso-calcarea (MGGa) che affiora nei pressi di Monte Lesimina e

dell’abitato di Ponti. Questa litofacies è caratterizzata da alternanze di argilliti grigio scure in strati

spessi con calcilutiti scure e siltiti marnose talvolta silicizzate in strati medi.

Le Argilliti di Montoggio, presenti alla base dell’Unità Antola, sono deformate in modo pervasivo e

pertanto risulta difficile valutarne l’originale spessore, che doveva comunque essere superiore a

100 m. La successione dell’Unità Antola è infatti caratterizzata, alla base, da un importante

sovrascorrimento che si realizza proprio a livello delle Argilliti di Montoggio, pertanto la base

stratigrafica di questa formazione non è mai stata riconosciuta in affioramento. Il passaggio

stratigrafico alle Arenarie di Gorreto (Ca Trebbiasca) è un passaggio stratigrafico per alternanze

che si realizza in non più di 5 m.

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Le caratteristiche stratigrafiche di questi depositi e la sostanziale assenza di carbonati indicano

una sedimentazione di tipo emipelagico realizzata in ambiente di mare profondo.

Arenarie di Gorreto (RRE) - (Campaniano inferiore) - Complesso di Base

La formazione affiora alla base dell’Unità Antola in affioramenti discontinui lungo il limite orientale

dell’unità tettonica, si osservano nella parte meridionale del territorio comunale in una sottile fascia

che va da Corbesassi a Zerba (PC).

Le Arenarie di Gorreto sono costituite da strati di torbiditi da sottili a medi (rapporto

arenite/pelite≈1) formate dall’alternanza di areniti medio-fini e siltiti a composizione mista con

argilliti e marne-siltose.

Le areniti che caratterizzano le Arenarie di Gorreto sono al massimo delle areniti medie e la loro

petrografia risulta semplificata dalla grana fine. Sono infatti delle areniti a composizione mista

(sensu Zuffa, 1980) con ossatura formata da quarzo e subordinati feldspati e fillosilicati

monocristallini e da frammenti di rocce carbonatiche micritizzate.

Come le sottostanti Argilliti di Montoggio, anche le Arenarie di Gorreto sono intensamente

deformate da pieghe e da zone di taglio. La successione completa delle Arenarie di Gorreto non è

quindi mai visibile interamente e lo spessore massimo osservabile si aggira intorno ai 150 m. Le

Arenarie di Gorreto sono delle thin bedded turbidites di mare profondo caratterizzate quasi

interamente da facies F9 (Mutti , 1992). Il loro significato può essere paragonato a quello di altre

successioni torbiditiche riconoscibili alla base delle sequenze di tipo ligure esterno orientale (sensu

Marroni et alii, 2001) come le Arenarie di Ostia o le Arenarie di Scabiazza.

Formazione del Monte Antola - (Campaniano Inferiore-Maastrichtiano Inferiore)

La Formazione di Monte Antola (cfr. Flysch ad Elmintoidi Auctt.; Flysch di Monte Antola di Azzaroli

& Cita, 1963; Formazione dell’Antola di Abbate & Sagri , 1967; Calcari di Monte Antola p.p. di Boni

et alii, 1969; Bellinzona & Boni , 1971; Belinzona et alii, 1971) affiora estesamente nel territorio

comunale soprattutto nelle alte valli Staffora ed Avagnone( settore di Monte Lesima-Monte Alfeo).

La Formazione di Monte Antola è formata da una potente e monotona successione (almeno 1000

m) di torbiditi carbonatiche calcareo-marnose. Si tratta, in prevalenza di strati torbiditici di spessore

da medio a molto spesso e in modo subordinato da strati sottili e megastrati piano paralleli e molto

continui lateralmente. Gli strati mostrano un rapporto arenite/pelite<<1 e sono generalmente

caratterizzati da una parte basale con areniti da medio-fini a fini a composizione mista interessata

da laminazioni debolmente convolute e ripple di spessore variabile da pochi cm fino a 1 m a cui fa

seguito una parte massiva dello strato costituita da calcareniti fini, calcsiltiti e calcilutiti che può

raggiungere spessori fino a 3 m, ma che mediamente varia da 50 cm a 1 m. Segue una parte fine

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costituita da marne e marne calcaree massive che può raggiungere lo spessore di 4 m. In alcuni

strati al tetto delle marne è presente un livello di pelite priva di carbonati che è stato interpretato

come la sedimentazione emipelagica intertorbiditica realizzata al di sotto del limite locale di

compensazione dei carbonati (Scholle , 1970; Hesse , 1975).

La Formazione di Monte Antola è costituita da torbiditi e megatorbiditi calcareomarnose di mare

profondo probabilmente al di sotto del livello di compensazione dei carbonati. I grandi volumi di

sedimento e soprattutto gli enormi spessori di alcuni strati, inducono a pensare ad un bacino non

molto grande in cui i flussi torbiditici, alimentati da grandi volumi di fango carbonatico a coccoliti,

raccolto dai flussi nelle coeve rampe carbonatiche, viaggiavano confinati e si sedimentavano in

massa.

Unità Tettoniche Liguri Esterne • Unità tettonica Cassio Nel settore ad est della Linea Levanto-Ottone l’Unità tettonica Cassio rappresenta l’unità

sommitale dell’edificio strutturale.

L’Unità Cassio è costituita dal Flysch di Monte Cassio associato ad un “Complesso di Base Auctt.”

costituito dalle Argilliti Varicolori di Cassio con intercalazione di conglomerati (Conglomerati dei

Salti del Diavolo) ed Arenarie di Scabiazza (cfr. Arenarie di Ostia e Arenarie di Case Baruzzo di

Vescovi et alii, 1999). Alla base dell’unità tettonica sono state inoltre riconosciute delle Argille a

Palombini (cfr. Argille a Palombini del Torrente Grontone, Vescovi et alii, 1999) e scaglie tettoniche

rappresentative del basamento ad affinità Austro-Sudalpina dell’Unità Cassio (Marroni et alii, 2001

cum bibl.) rappresentate da lembi di dolomie triassiche, calcari selciferi, diaspri, scisti ad Aptici e

Maiolica.

L’Unità Cassio è rappresentata nell’area dalle Sottounità Calenzone e Scabiazza (sensu Elter et

alii, 1997).

La Sottounità Calenzone affiora ad est della Val Staffora ed è geometricamente compresa fra

l’Unità Monte delle Tane e la Sottounità Scabiazza. Nella Sottounità Calenzone la successione

stratigrafica è formata dal solo Flysch di Monte Cassio.

La Sottounità Scabiazza affiora nel settore compreso fra Val Staffora, Val Avagnone e P.so

Scaparina ed è geometricamente compresa fra la Sottounità Calenzone e l’Unità Monte delle

Tane. La successione della Sottounità Scabiazza comprende le sole Arenarie di Scabiazza al cui

interno è stata distinta una litofacies argillitica varicolore.

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Arenarie di Scabiazza (SCB) – (Cenomaniano superiore-Turoniano medio)

Le Arenarie di Scabiazza affiorano nel settore compreso fra Val Staffora, Val Avagnone e Passo

Scaparina (comune di Menconico); lo spessore massimo riconosciuto è 400 m. Si tratta di torbiditi

silicoclastiche costituite da strati medi e spessi di areniti medio-grossolane con tetto marnoso e

rapporto arenite/pelite≤1. Localmente si intercalano a questa litofacies strati spessi di arenarie

grossolane e ruditi fine a composizione litoarenitica e marne. Nella parte superiore della

successione prevalgono strati medi e sottili di areniti medie e fini alternate a peliti prive di carbonati

e/o marne .

All’interno delle Arenarie di Scabiazza è stata cartografata una litofacies argillitica varicolore

(SCBa) affioranti a nord del paese di Ponte Organasco. Gli affioramenti migliori sono quelli di Val

Avagnone e nei pressi di Brallo di Pregola.

La litofacies è costituita da argilliti varicolore (nere, verdi e rosse) con frequenti patine

manganesifere, intercalate da sottili livelli di calcilutiti parzialmente silicizzate di colore verde e da

sottili livelli di arenarie fini laminate scure.

Le Arenarie di Scabiazza derivano da una sedimentazione torbiditica di mare profondo

probabilmente alimentata dal margine Sudalpino.

Flysch di Monte Cassio (MCS) - (Campaniano superiore)

Il Flysch di Monte Cassio (Papani & Zanzucchi , 1969) affiora in modo limitato nel settore nord-

orientale del territorio comunale ad est della Val Staffora. Lo spessore massimo di questa

formazione non supera i 200 m.

Il Flysch di Monte Cassio è costituito da strati spessi e molto spessi di torbiditi carbonatiche

calcareo-marnose alternate a sottili strati silicoclastici e carbonatici.

Gli strati calcareo-marnosi sono nettamente prevalenti su quelli silicoclastici. Questi strati hanno

geometrie piano parallele con ottima continuità laterale. In modo subordinato sono presenti

megastrati con spessori fino a 10 m che presentano alla base un livello centimetrico di areniti

medie e medio-grossolane a composizione ibrida, una parte calcsiltitica di spessore metrico e una

potente parte superiore dello strato a composizione marnosa. Al tetto dello strato possono inoltre

essere presenti livelli emipelagici scuri sottili privi di carbonati.

Le torbiditi silicoclastiche sono formate da una base arenitica medio-fine e da un tetto pelitico

scuro privo di carbonati.

Questa successione torbiditica è il risultato di processi deposizionali del tipo torbiditi a bassa

densità caratterizzate da grandi volumi. Le associazioni di facies riconosciute possono essere

interpretate come indicative di un ambiente di piana bacinale o della parte molto distale di un lobo

probabilmente sviluppato in un bacino profondo confinato.

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• Unità tettonica Ottone Questa unità affiora in un ampio areale a Sud Est dell’abitato di Colleri fino al Fiume Trebbia.

L’Unità Ottone è sovrascorsa dalla Sottounità Loco facente parte dell’Unità Gottero e sovrascorre a

sua volta le Unità Subliguri Canetolo e Aveto.

L’Unità tettonica Ottone è caratterizzata da una successione stratigrafica del Cretacico superiore

che comprende depositi clastici grossolani contenenti ofioliti giurassiche, indicati in letteratura

come “formazioni a blocchi” o “complessi di base” (Complesso di Casanova e Complesso di Monte

Veri) e dal Flysch di Ottone (cfr. Flysch ad Elmintoidi Auctt.).

L’origine di questo complesso viene messa in relazione (Bertoti et alii, 1986; Elter et alii, 1991;

Marroni et alii, 2002) alla tettonica attiva legata alle fasi compressive sviluppate durante il

Campaniano in un settore dell’Oceano Ligure-Piemontese prossimo al margine continentale Adria.

I processi che hanno generato il Complesso di Casanova proseguono anche durante la

sedimentazione delle torbiditi del Flysch ad Elmintoidi Auctt.; compaiono così eteropici al Flysch di

Ottone i depositi del Complesso di Monte Veri (Meccheri , 1975; Bertotti et alii, 1986; Elter et alii,

1991).

Complesso di Casanova (CCV) – (Campaniano inferiore)

Nel Complesso di Casanova (cfr. Complessi di base Auctt., Complesso di Monte Penna/Casanova,

Passerini , 1962, 1965; Marini & Terranova, 1979; Terranova & Zanzucchi , 1982, 1983; Naylor ,

1982; Casnedi , 1982; Bertotti et alii, 1986; Elter et alii, 1991; Casnedi et alii, 1993) sono state

distinte tre litofacies, in eteropia e/o in alternanza tra loro senza un apparente ordine stratigrafico.

Ad esse si associano olistoliti (“masse non dissociate” sensu Elter et alii, 1991) riferibili a litologie

provenienti dallo smantellamento di una sequenza ofiolitica giurassica e della relativa copertura

sedimentaria. In particolare gli olistoliti sono rappresentati da basalti (β), ultramafiti (Σ),

generalmente lherzoliti tettonitiche totalmente o parzialmente serpentinizzate, oficalciti (of), Calcari

a Calpionelle (cc) e Argille a Palombini (ap). Nelle porzioni periferiche degli olistoliti, che possono

raggiungere dimensioni chilometriche e spessori fino a 200 m, sono presenti brecce

clastosostenute con scarsa matrice arenacea generalmente monogeniche e con clasti da angolosi

a subangolosi. Lo spessore massimo di questa formazione non supera i 500 m.

Sono state distinte le seguenti litofacies:

Arenarie ofiolitiche (CCVa) (cfr. Arenarie di Casanova Auctt.). Si tratta di torbiditi arenaceo-

pelitiche costituite da strati da medi a molto spessi di areniti a granulometria da media-grossolana

fino a ruditica. Le areniti presentano una composizione litoarenitica caratterizzata da frammenti

riferibili ad una sequenza ofiolitica ed alla sua copertura sedimentaria (Di Giulio & Geddo , 1990).

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Sono frequenti intercalazioni di torbiditi pelitico-arenacee in strati medio-sottili di areniti classificabili

come arcose e subarcose (Di Giulio & Geddo , 1990). Inoltre, in modo più sporadico ed in

prossimità del contatto con il sovrastante flysch ad Elmintoidi, sono presenti strati generalmente

spessi di torbiditi calcareo-marnose a base arenitica fine e con rapporto arenite/pelite<<1.

Brecce monogeniche a matrice pelitica (CCVb) (cfr. Brecce di Santa Maria Auctt.). Sono brecce

prevalentemente monogeniche costituite da clasti calcilutitici e lembi formazionali riferibili alla

formazione delle Argille a Palombini in abbondante matrice argillitica. I clasti hanno forma variabile

da subangolare a subarrotondata con dimensioni da decimetriche a centimetriche. Sono inoltre

presenti brecce poligeniche a matrice pelitica (CCVb1) che presentano clasti eterometrici di Argille

a Palombini ed in subordine di basalti, ultramafiti più o meno serpentinizzate, oficalciti, gabbri,

graniti, diaspri e Calcari a Calpionelle.

Brecce poligeniche a matrice arenitica (CCVc). Generalmente si tratta di una breccia granulo-

sostenuta in strati da medi a molto spessi a geometria lenticolare; la dimensione dei clasti è

variabile dal metro fino a qualche decimetro, con forme angolose-subangolose, e dal decimetro

fino al centimetro con clasti subangolosi-subarrotondati. Dal punto di vista composizionale

prevalgono i clasti riferibili ai basalti e alle Argille a Palombini; subordinatamente sono presenti

serpentiniti, oficalciti, gabbri, graniti, diaspri, Calcari a Calpionelle e clasti intraformazionali di

arenarie ofiolitiche.

Nel settore Val d’Aveto-Val Trebbia, Elter et alii (1991) propongono una ricostruzione della

stratigrafia del Complesso di Casanova che prevede, per uno spessore di circa 700 m, una parte

basale costituita dalla sovrapposizione di masse non dissociate prevalentemente ofiolitiche

(olistoliti) intercalate ad arenarie e brecce cui fa seguito una porzione superiore, ed in parte

laterale, costituita da una regolare alternanza di 300-400 m di arenarie ofiolitiche con rare

intercalazioni lenticolari di brecce e/o olistoliti. Nel settore del Monte Penna-Monte Aiona lo

spessore di questo complesso è maggiore raggiungendo forse i 1500 m (Casnedi et alii, 1993).

Il Complesso di Casanova è costituito da depositi torbiditici e da depositi da scivolamenti in massa

e flussi gravitativi (colate di detrito).

Flysch di Ottone (OTO) – (Campaniano inferiore)

Il Flysch di Ottone (cfr. Calcari di Ottone, Flysch ad Elmintoidi di Ottone-S. Stefano; Maxwel , 1964;

Bellinzona et alii, 1971; Boni et alii, 1969; Bertini & Zan, 1974; Bertotti et alii, 1986; Elter & Marroni,

1991; Elter et alii, 1991) affiora in Val Trebbia nei pressi di Ottone e ad est di Ponte Organasco per

spessori massimi di 200 m.

Questa formazione è costituita da torbiditi calcaree caratterizzate da alternanze ritmiche di marne

calcaree, calcari marnosi e marne in strati da medi a molto spessi e in banchi con base arenitica

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medio-fine e geometria piano parallela (cfr. Flysch ad Elmintoidi Auctt.). I livelli intertorbiditici sono

costituiti da peliti scure prive di carbonati in strati molto sottili. Una delle caratteristiche principali di

questi strati è costituita da un rapporto arenite/pelite>>1 che, in alcuni strati, può raggiungere valori

maggiori di 20. Questa caratteristica unitamente alla presenza di sequenze incomplete di Bouma e

alla scarsa presenza di strutture erosive fanno ipotizzare una deposizione da correnti di torbidità a

bassa densità in un ambiente di mare profondo. Caratteristica peculiare del Flysch di Ottone è la

presenza di strati medi e sottili a geometria lenticolare di brecce poligeniche granulo-sostenute

analoghe a quelle riconosciute nel Complesso di Casanova.

La frazione arenitica è caratterizzata da una composizione silicoclastica di tipo arcosico in cui

prevalgono frammenti monomineralici di quarzo e feldspato e subordinati frammenti di roccia

granitoide e metamorfiti di basso grado. In prossimità del passaggio stratigrafico con il Complesso

di Casanova sono presenti strati a composizione litoarenitica con presenza di frammenti ofiolitici,

calcilutiti, radiolariti e granitoidi di composizione confrontabile con quella delle sottostanti arenarie

ofiolitiche del Complesso di Casanova.

• Unità tettonica Monte delle Tane L’Unità tettonica Monte delle Tane è caratterizzata da una successione costituita dal solo

Complesso di Monte Ragola (Elter & Marroni , 1991). Sebbene questo complesso sia attualmente

delimitato da superfici tettoniche, è probabile che esso rappresentasse, in analogia con il

Complesso di Casanova, la base stratigrafica di un flysch ad Elmintoidi. L’Unità Monte delle Tane

è sovrascorsa dalla Sottounità Scabiazza, mentre alla base, probabilmente a causa di un

sovrascorrimento fuori sequenza tardivo, essa si sovrappone all’Unità Cassio. Alcuni autori

(Pagani et alii, 1972; Terr ano va & Zanzucchi , 1982, 1983; Casnedi et alii, 1993) ritengono che

l’Unità di Monte delle Tane costituisse un unico elemento tettonico con l’Unità di Ottone resosi

indipendente durante le fasi tettoniche tardive.

Complesso di Monte Ragola (MRA) – (Santoniano superiore-Campaniano inferiore)

Il Complesso di Monte Ragola (Elter & Marroni , 1991; Elter et alii, 1997) affiora nell’area nord-

orientale del territorio comunale in un fascia che va da Colleri a Casone, dove lo spessore

massimo è valutabile in almeno 300 m.

Questi depositi sono caratterizzati da diverse litofacies che si ripetono nella successione e

mostrano rapporti stratigrafici laterali e verticali.

Arenarie ofiolitiche (MRAa) (cfr. Arenarie di Casanova Auctt.). Si tratta di torbiditi arenaceo-

pelitiche costituite da strati da medi a molto spessi di areniti a granulometria da media-grossolana

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fino a ruditica. Le areniti presentano una composizione litoarenitica caratterizzata da frammenti

riferibili ad una sequenza ofiolitica ed alla sua copertura sedimentaria.

Brecce mono e poligeniche a matrice pelitica (MRAb) (cfr. Brecce di Santa Maria Auctt.). Sono

state riconosciute in pochi affioramenti e sono costituite in prevalenza da brecce quasi

monogeniche costituite da clasti calcilutitici e lembi formazionali riferibili alle Argille a Palombini in

abbondante matrice argillitica.

Brecce poligeniche a matrice arenitica (MRAc). Generalmente si tratta di una breccia clasto-

sostenuta in strati da medi a molto spessi a geometria lenticolare; la dimensione dei clasti è

variabile dal decimetro fino a blocchi di un metro, con forme angolosi-subangolosi, e dal decimetro

fino al centimetro con clasti subangolosisubarrotondati.

Dal punto di vista composizionale prevalgono i clasti riferibili alle Argille a Palombini, ma

subordinatamente sono presenti serpentiniti, oficalciti, gabbri, graniti, diaspri, Calcari a Calpionelle,

clasti intraformazionali di arenarie ofiolitiche e clasti di granuliti.

La principale differenza dal Complesso di Casanova, oltre che per la posizione strutturale, risiede

nella composizione delle principali masse e delle brecce poligeniche. Il Complesso di Monte

Ragola è infatti caratterizzato dalla presenza olistoliti di granuliti basiche ed acide (Marroni et alii,

1998, 2001, 2003), strettamente associati a serpentiniti (Σ) e granitoidi (γ), mentre risultano

subordinate le masse di basalti (β), di diaspri (di) e Argille a Palombini (ap). Le rocce ultrafemiche

mostrano caratteristiche del tutto analoghe a quelle che caratterizzano il Complesso di Casanova.

La presenza di granuliti si riscontra anche nei clasti delle brecce poligeniche a matrice arenitica.

Il Complesso di Monte Ragola, analogamente al Complesso di Casanova, è costituito in

prevalenza da depositi originati da flussi gravitativi (torbiditi ad alta densità e colate di detrito) e

scivolamenti in massa.

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Unità Tettoniche Subliguri • Unità tettonica Canetolo Sono state attribuite all’Unità tettonica Canetolo, appartenente all’insieme Subligure, formazioni

torbiditiche calcareo-marnose e calcareo-pelitiche di età terziaria correlabili con le formazioni

affioranti nella zona tipo in Val Parma (Barbieri & Zanzuchi , 1963), correlazione ormai affermata in

letteratura (Elter et alii, 1964, 1997, 2005; Plesi , 1974, 1975, Montanari & Rossi , 1982).

La Sottounità tettonica Vico, che affiora limitatamente lungo la Val Trebbia nei pressi di Ponte di

Lovaia, a NE di Traschio e nei pressi di Carisasca, è caratterizzata da un livello di limitato

spessore. Essa è sempre sovrascorsa direttamente dalle Unità Liguri e si sovrappone a sua volta

sull’Unità tettonica Aveto.

La successione stratigrafica della Sottounità tettonica Vico è rappresentata dalle Argille e Calcari di

Canetolo e dal Flysch di Vico. La natura stratigrafica dei rapporti tra Argille e Calcari di Canetolo e

Flysch di Vico è stata riconosciuta da numerosi autori; recenti studi di carattere stratigrafico e

biostratigrafico (Peroti et alii, 1989; Cerrin a Feroni et alii, 1991; Plesi et alii, 1993) mettono in

evidenza la possibilità di originari rapporti eteropici. In altri settori dell’Appennino (Val Cedra,

Finestra di Ghiare di Berceto) l’Unità tettonica Canetolo sembra comprendere, alla base della

successione, formazioni Cretacico-paleoceniche tra cui torbiditi arenaceopelitiche di età

Coniaciano-Santoniano attribuite alla formazione delle Arenarie di Scabiazza (Cerrin a Feroni et

alii, 1991; Plesi et alii, 1993).

• Sottounità tettonica Vico Argille e Calcari di Canetolo (ACC) – (Luteziano - Eocene medio)

La formazione delle Argille e Calcari di Canetolo (Elter et alii, 1964; cfr. Calcare e Argilla di Santa

Maria di Bellinzona et alii, 1968) affiora in modo limitato nel settore Sud - Est del territorio

comunale nei pressi della loc. Tomba. A causa dell’intensa deformazione e laminazione tettonica

la formazione non raggiunge spessori superiori ai 100 m.

Le Argille e Calcari di Canetolo sono costituite dall’alternanza di peliti scure con torbiditi

carbonatiche rappresentate da strati sottili e medi di calcilutiti, dal caratteristico colore d’alterazione

giallastro, e da strati spessi e molto spessi di calcari e calcari marnosi che presentano una forte

convergenza di facies con i calcari del Flysch di Vico. Sono inoltre presenti strati torbiditici medio-

sottili di areniti medie a composizione silicoclastica. I rapporti eteropici con il Flysch di Vico, ben

documentati in Val d’Aveto e in Val Parma, non sono osservabili nell’area.

La formazione delle Argille e Calcari di Canetolo è il prodotto di una sedimentazione torbiditica

prodotta da flussi diluiti che si mettevano in posto in un bacino di mare profondo.

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Flysch di Vico (FVI) – (Ypresiano-Luteziano - Eocene inferiore-medio)

Il Flysch di Vico è stato istituito per la prima volta in Val d’Aveto da Plesi (1975), affiora in modo

limitato nel settore Sud - Est del territorio comunale nei pressi della loc. Tomba, lo spessore

massimo di questa formazione non supera i 200 m.

Il Flysch di Vico è costituito da strati da medi a molto spessi fino a banchi di calcari - marnosi,

calcari e marne a base arenitica a composizione mista o calcarenitica e con apporto

arenite/pelite<<1. A queste sequenze si intercalano torbiditi a composizione silicoclastica in strati

da sottili a medi di areniti fini e peliti. Sono inoltre presenti subordinati livelli di peliti nere prive di

carbonati in strati sottili interpretate come emipelagiti.

I rapporti eteropici con le Argille e Calcari di Canetolo, documentati in Val d’Aveto e in Val Parma,

non sono osservabili nell’area.

Il Flysch di Vico è un deposito torbiditico prodotto da flussi diluiti, ma di grande volume e

probabilmente sedimentato in un bacino in cui i flussi viaggiavano confinati.

Depositi Quaternari Depositi alluvionali terrazzati (bn1–bn2) – (Pleistocene superiore-Olocene)

I depositi alluvionali terrazzati (recenti e antichi), sono situati ad altezze modeste rispetto all’alveo

attuale, che possono raggiungere al massimo 4-5 m. Sono costituiti da ghiaie grossolane e blocchi

con matrice sabbiosa generalmente subordinata rispetto all’ossatura del deposito. Talvolta si

osserva una marcata embriciatura dei ciottoli, mentre la stratificazione è difficilmente riconoscibile.

I depositi alluvionali terrazzati sono solitamente ricoperti da una coltre limoso argillosa (derivati da

esondazioni) pedogenizzata e fissati da vegetazione anche arborea e possono essere rielaborati

solo dalle piene eccezionali.

Depositi alluvionali attuali (b) - (Olocene)

I depositi alluvionali attuali che si trovano in alveo risultano in continua elaborazione da parte del

corso d’acqua. Questi depositisono costituiti da ghiaie grossolane e blocchi clasto sostenuti con

matrice sabbiosa generalmente subordinata. La classazione è generalmente scarsa o molto

scarsa. Questi depositi vengono mobilizzati lungo i corsi d’acqua durante gli eventi di piena più

intensi. Nelle aste fluviali principali affiorano barre longitudinali sabbiose e ghiaiose reincise dagli

eventi di piena.

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Detriti di falda (a3) - (Olocene)

Si tratta di depositi generati da accumuli gravitativi, generalmente alla base di pareti rocciose,

costituiti in prevalenza da ghiaie e in modo subordinato da blocchi non cementati. La forma dei

clasti varia da spigolosa a subangolosa. In alcuni casi questi depositi possono essere ricoperti da

un livello sabbioso-limoso pedogenizzato e fissato da vegetazione. Lo spessore di questi depositi

può raggiungere in qualche caso 5 m.

Depositi di frana (a1) – (Olocene) Sono stati distinti come depositi di frana accumuli gravitativi caotici di materiali eterogenei. I

depositi sono costituiti in prevalenza da ghiaie e blocchi dispersi in matrice sabbiosa e/o limosa. In

corrispondenza delle principali valli sono riconoscibili corpi di paleofrane stabilizzate reincise dai

corsi d’acqua. I principali corpi di frana sono sviluppati nelle aree di affioramento della successione

dell’Unità Antola, delle Arenarie di Scabiazza, del Complesso di Casanova e di Monte delle Tane.

Depositi di versante (a) - (Olocene) Si tratta di depositi legati prevalentemente all’accumulo gravitativo al piede dei versanti in seguito

all’alterazione e/o al disfacimento dei rilievi. Sono costituiti da materiali eterometrici la cui natura è

funzione della composizione litologica dei retrostanti bacini di alimentazione. Possono essere

costituiti sia da depositi sabbiosi e limosi, sia da clasti eterometrici a spigoli vivi con matrice

sabbioso-limosa, generalmente non cementati. Accumuli di questo tipo sono comunemente

presenti ai piedi di tutti i versanti montuosi (sia di natura carbonatica che terrigena) .

Di seguito si riporta una sezione geologica con andamento N-S, passante a Sud dell’abitato di

Brallo di Pregola.

Legenda: a = detrito di versante; a1 = detrito di frana; b = depositi alluvionali attuali; FAN = Formazione del M. Antola; RRE = Arenarie di Gorreto; MGGa = Argilliti di Montaggio litofacies argilloso-calcarea; SCB = Arenarie di Scabiazza; FVI = Flysch di Vico; ACC = Argille e calcari di Canetolo; ap = Argille a Palombini.

N S

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11) Assetto tettonico

Dal punto di vista geologico-strutturale il territorio è caratterizzato dalla presenza di due delle

principali unità tettoniche dell’Appennino Ligure-Emiliano, con l’eccezione dei depositi di

avanfossa. L’edificio strutturale risulta infatti abbastanza completo essendo costituito (dal basso

verso l’alto) dalle unità tettoniche del Dominio Subligure (Unità Canetolo) e dalle unità tettoniche

del Dominio Ligure Esterno (Unità Monte delle Tane, Ottone e Cassio), mancano in affioramento le

unità tettoniche del Dominio Ligure Interno. Dal un punto di vista geometrico, la posizione

strutturale più elevata è occupata dall’Unità Antola che è caratterizzata da una spessa successione

del Cretaceo Superiore - Paleocene, affiorante per gran parte del territorio comunale.

Se a scala regionale l’Unità Antola sormonta tettonicamente le Unità Liguri Interne, nel territorio

interessato da presente studio sormonta direttamente le Unità Liguri Esterne rappresentate,

dall’alto verso il basso, dalle Unità Ottone, Monte delle Tane e Cassio.

Ciò è dovuto alla presenza di una delle linee tettoniche più importanti dell’Appennino

Settentrionale, la Linea Ottone-Levanto (Elter & Pertusati , 1973).

Questa linea, che si presenta come una superficie ad alto angolo e che corre parallela alle Valli

Trebbia e Staffora, in Val Trebbia corrisponde con la superficie di sovrapposizione delle Unità

Liguri Interne su quelle Esterne, mentre in Val Staffora, cioè nella sua porzione settentrionale, le

Unità Liguri Interne si laminano e la Linea Ottone-Levanto coincide con il sovrascorrimento

dell’Unità Antola sulle Unità Liguri Esterne. Da notare che in Val Trebbia l’unità strutturalmente più

elevata delle Unità Liguri Esterne è l’Unità Ottone, in Val Staffora e Val Avagnone, questa unità si

lamina e l’Unità Antola si sovrappone direttamente sull’Unità Cassio.

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12) Inquadramento geomorfologico Il territorio comunale risulta limitato ad Ovest dall’alta valle del Torrente Staffora, a Nord

orientativamente dal Fosso della Montagnola, ad Est dalla dorsale Cima di Valle Scura – Monte

Spallone, a Sud dalla Val Trebbia e dalla Val Boreca. Il territorio è inoltre dominato dalla

giustapposizione di dorsali e valli allungate in direzione meridiana ovvero dalla dorsale Monte

Lesima (1724) – Monte Colletta e dalla Val Avagnone.

I limiti amministrativi seguono pertanto in parte le linee di spartiacque ed in parte le incisioni dei

corsi d’acqua.

Le valli Trebbia e Staffora, in cui scorrono i fiumi omonimi, presentano profili trasversali con un

caratteristico aspetto a V con versanti molto ripidi e, in molti tratti, con aspetto di gola.

Caratteristica di questo settore è la presenza di una evidente asimmetria della valle principale.

Nella parte orientale sono presenti versanti meno acclivi, che presentano una morfologia dolce e

ondulata alle quote più elevate, dove si attestano molte frane antiche attualmente sospese.

Rientrano in questa definizione i versanti destri dei Fiumi Trebbia e del Fiume Staffora e la zona di

Brallo di Pregola, modellati in formazioni prevalentemente argillitiche facilmente erodibili

(Complesso di Casanova, Complesso di Monte Ragola ed Arenarie di Scabiazza) e con elevata

propensione al dissesto. Secondo vari autori (Marchetti et alii, 1979a; 1979b; Regione Emilia

Romagna - CNR, 1988) questa morfologia valliva è dovuta ad un processo di ringiovanimento del

sistema idrografico che ha inizio nel Pleistocene in seguito al sollevamento della catena. I corsi

d’acqua riprendono l’erosione della catena con l’incisione dell’originaria superficie di penepiano,

ben affiorante alle quote più alte nel contiguo Foglio Bobbio. La parte occidentale di questo settore

è impostato interamente nella successione dell’Unità del Monte Antola, in particolare nelle litologie

della Formazione di Monte Antola, molto resistenti ai processi di degradazione di versante che

permettono di mantenere profili aspri e dirupati. La giacitura monoclinale degli strati torbiditici che

caratterizza ampi settori di questa successione dà origine a delle forme tipo cuestas o hogback,

ben evidenti in panorama. Da segnalare in questo ambito morfologico le vaste superfici

debolmente inclinate situate ad ovest del Monte Alfeo e del Monte Zucchello e nella zona di Zerba,

che presentano un’acclività costante legata alla giacitura a franapoggio degli strati torbiditici. La

morfologia della zona di Zerba risulta proprio legata a questa particolare situazione geologica, ed è

inoltre caratterizzata da una vasta zona di dissesto connessa con la giacitura a franapoggio degli

strati. Nei fondovalle sono presenti due ordini di terrazzi, con l’inferiore caratterizzato da depositi

ghiaiosi non cementati situati immediatamente al di sopra dell’alveo. Questi depositi alluvionali,

sono fissati da vegetazione anche arborea e possono essere rielaborati solo dalle piene

eccezionali. E’ inoltre possibile individuare dei meandri, ben sviluppati soprattutto in Val Trebbia

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(zona sud di Ponte Organasco, zona a sud di Ottone). Non sono state riconosciute faccette

triangolari connesse ad attività neotettonica.

I fenomeni d’instabilità di versante rappresentano un aspetto distintivo del paesaggio e

probabilmente la tipologia di processo più determinante nei riguardi dell’evoluzione

geomorfologica.

In tale contesto i processi di versante più frequenti e arealmente più rappresentati consistono in

colamenti lenti ed in frane complesse, intendendo con questa definizione frane analoghe alle

precedenti, ma con meccanismo di distacco per scivolamento roto-traslazionale.

La distribuzione territoriale di questi fenomeni è legata in modo preponderante alle caratteristiche

lito-strutturali del substrato ed in particolare è ascrivibile ai litotipi argillosi o argillitici. I terreni ricchi

di argilla, a contatto con l’acqua, subiscono un rapido deterioramento delle caratteristiche

meccaniche, deformandosi plasticamente, tanto da determinare la mobilizzazione di interi versanti

o di porzioni di essi, provocando anche instabilità in zone adiacenti non necessariamente costituite

da materiali argillosi.

Nell’area in esame la maggiore concentrazione di questi fenomeni si rileva in corrispondenza

dell’affioramento del Complesso Casanova e nelle Arenarie di Scabiazza.

Secondo quanto definito dal progetto nazionale IFFI (Inventario Fenomeni Franosi Italiani) i

colamenti lenti sono movimenti spazialmente continui che interessano terreni ad elevato contenuto

argilloso, caratterizzati da bassa velocità; le superfici di taglio hanno breve durata, sono molto

ravvicinate e generalmente non si conservano.

Nonostante una discreta variabilità delle caratteristiche associate a tali fenomeni, si può asserire

che i colamenti lenti si esplicano con movimenti simili a quelli dei fluidi viscosi; lo spostamento

della massa in frana sul materiale in posto si sviluppa per movimenti differenziali molto lenti,

preferibilmente lungo più superfici di taglio in apparenza non collegate tra loro, e tende ad esaurirsi

gradualmente all’aumentare della profondità; il materiale che viene movimentato da tali fenomeni è

rappresentato dalle coperture sciolte e talvolta dall’orizzonte più superficiale del substrato roccioso,

disarticolato e fratturato. La bassa velocità di movimento, carattere distintivo per questi fenomeni,

può essere collocata tra le classi estremamente lento e molto lento della classificazione

IUGS/WGL. La dinamica di movimento implica però che la velocità, soprattutto in riferimento ai

fenomeni più estesi, non sia omogenea né spazialmente né tanto meno a livello temporale.

Arealmente, l’evoluzione cinematica di questi versanti è spesso non omogenea, infatti accanto a

settori a dinamica relativamente rapida si trovano affiancate zone in cui il fenomeno procede in

modo più lento. Analoga variabilità cinematica si riscontra in senso verticale, con una diminuzione

della velocità di movimento dall’alto verso il basso.

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Dal punto di vista temporale, considerata la spiccata stagionalità che caratterizza questo tipo di

frane, i tassi di movimento maggiori si riscontrano nei periodi umidi e piovosi mentre, per contro, le

fasi di rallentamento o quiescenza sono correlabili alle stagioni più asciutte.

Nel territorio in esame, in conseguenza delle caratteristiche lito-strutturali relativamente omogenee,

i fenomeni di colamento spesso interessano interi versanti tanto da rendere calzante il concetto di

deformazioni plastiche di versante. I versanti interessati dai movimenti, sebbene in modo più o

meno marcato, si presentano completamente deformati e contraddistinti da contropendenze, a

tergo delle quali spesso ristagna acqua; le forme sono in generale dolcemente ondulate e

rigonfiate.

La lentezza, che contraddistingue questi fenomeni, e l’ambiente collinare in cui si sviluppano

implicano che i segnali morfologici distintivi del movimento risultino spesso sfumati e poco definiti

e, per conseguenza, i limiti di frana sovente non possono essere precisamente determinati.

Per quanto riguarda l’interazione tra le attività umane e questi fenomeni franosi, proprio in

conseguenza della loro cinematica particolarmente lenta, in genere si registrano poche vittime ma,

per contro, diffusi danni alle infrastrutture quali abitazioni e vie di comunicazione.

Tra le forme morfologiche caratterizzanti il territorio comunale di ricordano quelle di tipo fluviale

rappresentate dall’alveo attivo del T. Staffora, del T. Avagnone e del F. Trebbia, ove si individuano

aree ad elevata pericolosità per esondazione, e dai conoidi generati da alcuni loro affluenti.

Caratteristiche dei dissesti idrogeologici La cartografia tematica evidenzia come già detto il notevole sviluppo del dissesto idrogeologico

caratterizzato da numerosi movimenti franosi anche estesi e profondi, impostati sia sul substrato

che superficialmente coinvolgono spesso la coltre di alterazione.

In relazione allo stato di attività di una frana ci si basa sulla seguente classificazione:

Frana attiva: fenomeno in atto al momento del rilevamento che ha evidenziato indizi recenti

di attività.

Frana quiescente: fenomeno che, pur non presentando indizi di attività in tempi recenti, può

essere riattivato dalle stesse cause che ne hanno determinato il movimento iniziale.

Frana stabilizzata: fenomeno per il quale le cause responsabili del movimento gravitativo

sono state definitivamente rimosse o a seguito di interventi artificiali o a seguito di

evoluzione naturale.

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In funzione della pendenza dei versanti sono state rilevate aree ove il pendio mostra una

pendenza >35°, il che lo rende altamente instabile. Tali aree sono concentrate maggiormente nel

settore occidentale e meridionale del territorio comunale.

Nel complesso all’interno del territorio comunale di Brallo di Pregola le frane maggiormente

presenti sono quelle di tipo quiescente e attivo, tuttavia in rapporto all’estensione territoriale quelle

arealmente più diffuse sono le frane di tipo stabilizzato (Fig. 12.2).

In sintesi, si può sostenere che il dissesto colpisce il 23% del territorio comunale (Fig. 12.1) e ben il

15% delle aree in dissesto è interessato da movimenti gravitativi in stato di attività (Fig. 12.2).

PERCENTUALE DI TERRITORIO COMUNALE IN DISSESTO

Fig. 12.1 – Grafico a torta rappresentante le percentuali di territorio comunale interessato da dissesto.

PERCENTUALE DELLA SUPERFICIE DELLE SOLE AREE IN DISSESTO

Fig. 12.2 – Grafico a torta rappresentante le percentuali delle sole aree in dissesto.

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Nell’area di fondovalle del T. Staffora e del T. Avagnone e sono state rilevate aree potenzialmente

inondabili e zone di conoide. Di queste ultime se ne sono individuate cinque di cui tre sulla sponda

destra del T. Staffora e due sul T. Avagnone di cui rispettivamente una in sponda destra e una in

sponda sinistra. Tutti e cinque i conoidi sono attivi e non protetti.

13) Classificazione sismica del territorio ed aspetti normativi Nell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003 viene fornita

una nuova zonizzazione sismica in sostituzione di quella del D.M. 5 Marzo 1984. L’OPCM 3274

fornisce anche le normative tecniche da utilizzare per le costruzioni nelle zone sismiche.

La nuova classificazione è articolata in 4 zone, di cui le prime tre corrispondono alle zone di

sismicità alta (S=12), media (S=9) e bassa (S=6), secondo gli adempimenti previsti dalla Legge

64/74, mentre la zona 4, di nuova introduzione, consente alle regioni di imporre l’obbligo della

progettazione antisismica.

I suddetti Criteri prevedono che in prima

applicazione, sino alle deliberazioni delle

Regioni, le zone sismiche siano

individuate sulla base del documento

“Proposta di riclassificazione sismica del

territorio nazionale”, elaborato dal Gruppo

di Lavoro costituito sulla base della

risoluzione della Commissione Nazionale

di Previsione e Prevenzione dei Grandi

Rischi nella seduta del 23 aprile 1997;

alcune precisazioni fanno sì che i Comuni

già classificati prima dell’ordinanza non

possano essere assegnati ad una zona di

pericolosità inferiore.

Lo scopo di tale Ordinanza è quello di elaborare una nuova mappa nazionale di riferimento,

espressa in termini di accelerazione orizzontale di picco al suolo.

Fig. 13.1 - Zonazione sismica del territorio

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Tale mappa sarà la base per gli aggiornamenti degli elenchi delle zone sismiche attuati dalle

Regioni.

Fig. 13.2 - Zonazione sismica del territorio italiano – fonte Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – 2003 Ai sensi dell’ordinanza n. 3274 - Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 20 Marzo 2003

– “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale

e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica” e successive integrazioni il territorio

comunale di Brallo di Pregola è inserito in Zona 3 “comuni che possono essere soggetti a

scuotimenti modesti ”.

ZONE SISMICHE (LIVELLO DI PERICOLOSITA’)

CLASSIFICAZIONE SISMICA ITALIANA

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Componente geologica, idrogeologica e sismica del PGT - Relazione illustrativa -

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Criteri generali per l’individuazione delle zone sismiche

Il Testo delle nuove Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. Infrastrutture 14 gennaio 2008,

entrato in vigore il 01 luglio 2009) contiene elementi in materia di criteri generali per la

classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona

sismica.

L’azione sismica sulle costruzioni è valutata a partire da una “pericolosità sismica di base”, in

condizioni ideali di sito di riferimento rigido con superficie topografica orizzontale.

La “pericolosità sismica di base”, costituisce l’elemento di conoscenza primario per la

determinazione delle azioni sismiche; essa viene definita come la probabilità che in un dato luogo

e in un dato momento si verifichi un evento sismico dannoso a cose o persone.

La Pericolosità sismica di base calcola (generalmente in maniera probabilistica), per una certa

regione e in un determinato periodo di tempo, i valori dei parametri che descrivono lo scuotimento

prodotto dal terremoto (velocità o/e accelerazione, intensità, ordinate spettrali) in condizioni di

sottosuolo rigido e senza irregolarità morfologiche (bedrock sismico affiorante), corrispondenti a

prefissate probabilità di eccedenza. La scala di studio è solitamente regionale (centinaia di km).

La finalità di questi studi è la classificazione sismica a larga scala del territorio finalizzata alla

programmazione delle attività di prevenzione e pianificazione dell’emergenza. Costituisce la base

per la definizione del terremoto di riferimento per studi di microzonazione sismica.

Viene definita invece “pericolosità sismica locale” la componente del rischio sismico dovuta alle

caratteristiche locali (geologiche e morfologiche). Lo studio della pericolosità sismica locale è

svolto a scala di dettaglio, partendo dai risultati degli studi di pericolosità sismica di base

(terremoto di riferimento) ed analizzando i caratteri geologici, geomorfologici e geologico-tecnici

del sito; questo permette di definire gli effetti legati al comportamento del terreno in caso di evento

sismico, rappresentati dalle amplificazioni locali e dai fenomeni di instabilità e conseguenti alla

presenza di particolari condizioni geologiche e morfologiche locali.

Gli studi effettuati da gruppi di ricerca (INGV, 2004) hanno permesso di elaborare una “Mappa di

Pericolosità Sismica del territorio nazionale” (vedi Fig. 13.3 e 13.4), espressa in termini di

accelerazione massima del suolo (amax), riferita a suoli molto rigidi (Vs30 > 800 m/s), che

rappresenta la probabilità che si verifichi un sisma con tempi di ritorno Tr=475 anni.

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Fig. 13.3.- Mappa di Pericolosità sismica del Territorio nazionale (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia)

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Fig. 13.4 -Mappa di pericolosità sismica del territorio nazionale – Regione Lombardia

Dall’osservazione della mappa emerge che la provincia di Pavia è caratterizzata da valori di amax

mediamente bassi (0,025g<amax<1,125g) ed i valori maggiori di amax (1,125g) si registrano nella

zona nord-appenninica (Valle Staffora); il Comune di Brallo di Pregola presenta valori compresi fra

0,100<amax<0,125.

La Fig. 13.5 rappresenta la mappa delle massime intensità macrosismiche osservate nei comuni

italiani: si osserva che nel territorio in esame sono state registrate intensità elevate (Imax=7).

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Fig. 13.5 - Massime intensità macrosismiche osservate nei comuni italiani

Dal sito dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) è stato possibile estrapolare i

dati relativi agli eventi sismici storici che hanno interessato il Pavese ed è emerso che nell’anno

1759 ci fu un terremoto che colpì la città di Pavia ed i suoi dintorni (Tab.1).

Le serie registrate in Valle Staffora, evidenziate in Tabella 1, sono solo alcune di quelle che ancora

oggi interessano l’Oltrepo Pavese.

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Storia sismica di Pavia Is Anno Me Gi Or Mi Se AE Io Mw 6 1759 05 26 01 30 PAVIA 6 4.83 6 1802 05 12 09 30 Valle dell'Oglio 8 5.67 6 1828 10 09 02 20 Valle dello Staffora 7-8 5.67 6 1951 05 15 22 54 Lodigiano 6-7 5.24 D 1117 01 03 13 Veronese 9-10 6.49 5 1901 10 30 14 49 58 Salo' 8 5.67 5 1913 12 07 01 28 Novi Ligure 5 4.72 5 1920 09 07 05 55 40 Garfagnana 9-10 6.48

4-5 1695 02 25 05 30 Asolano 9-10 6.61 4-5 1887 02 23 05 21 50 Liguria occidentale 9 6.29 4-5 1945 06 29 15 37 13 Valle dello Staffora 7-8 5.15

LEGENDA Is = intensità al sito (MCS) Io = intensità epicentrale (MCS) Mw = magnitudo momento

Tabella 1: Eventi sismici storici del pavese (Catalogo CPTI11 – INGV)

Di seguito si riportano tre stralci del settore dell’Oltrepo pavese e dintorni, estrapolati dalla

consultazione interattiva del Catalogo online CPTI11 dell’ INGV, ove vengono riportati i principali

eventi sismici verificatisi nel periodo compreso tra l’anno 1000 e l’anno 1988 e nel periodo tra

l’anno 1900 e 2006.

Terremoti verificatesi dal 1000 al 1899. Non si riscontrano terremoti verificatosi nel

territorio di Brallo di Pregola

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I dati mostrano terremoti nell’intorno del territorio comunale e nel comune stesso di Brallo di

Pregola, caratterizzati da intensità epicentrale compresa tra 2 e 3-4, influenzati maggiormente dal

sistema tettonico della Val Trebbia.

Normativa Regionale

L’ Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 “Primi elementi in materia di criteri

generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le

costruzioni in zona sismica” (G.U. n. 105 del 8-5-2003 Supp. Ordinario n. 72) individua in prima

applicazione le zone sismiche nelle quali è suddiviso il territorio nazionale, e le normative tecniche

da adottare per le costruzioni in tali aree.

L’ordinanza è nata dalla necessità di dare una risposta integrata alle esigenze poste dal rischio

sismico a seguito del ripetersi di eventi calamitosi che hanno interessato anche zone non

classificate sismiche.

L’ordinanza è intervenuta direttamente sull’aggiornamento della pericolosità sismica “ufficiale”,

ossia sulla classificazione sismica e sugli strumenti per progettare e costruire, ossia sulle norme

tecniche per le costruzioni in zona sismica.

Le zone sono state determinate sulla base dei valori di accelerazione di picco orizzontale del suolo

(ag), con probabilità di superamento del 10% in 50 anni, secondo lo schema di Tabella 2:

Terremoti verificatesi dal 1900 al 2006 In particolare le due immagini si riferiscono

ad aprile 2005

Brallo Brallo

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Accelerazione orizzontale con probabilità di superamento pari al

10 % in 50 anni [ag/g]

Accelerazione orizzontale di ancoraggio dello spettro di risposta elastico (Norme

Tecniche) [ag/g]

Zona 1 > 0,25 0,35 Zona 2 0,15-0,25 0,25 Zona 3 0,05-0,15 0,15 Zona 4 <0,05 0,05

Tabella 2 : zone sismiche

La Regione Lombardia, con D.G.R. n. 7/14964 del 07.11.2003, ha emanato disposizioni preliminari

per l’attuazione dell’Ordinanza P.C.M., recependo in via transitoria e sino a nuova determinazione,

l’elenco delle zone sismiche in Lombardia.

14) Caratterizzazione del sito dal punto di vista sismico

Per la classificazione del sito è necessario conoscere le caratteristiche stratigrafiche del sottosuolo

dell’area indagata, utilizzando prove penetrometriche dinamiche (SPT o SCPT) o statiche (CPT) o

attraverso la sismica a rifrazione.

In particolare devono essere noti:

il numero e lo spessore degli strati di copertura, cioè dei livelli sovrastanti il bedrock o il

bedrock-like, intendendo con questi termini l’eventuale substrato roccioso (bedrock) o uno

strato sciolto (bedrock-like) con velocità delle onde S nettamente maggiore dei livelli superiori,

generalmente con valori oltre i 500-700 m/s;

la velocità delle onde S negli strati di copertura.

15) Azione sismica Le azioni sismiche di progetto si definiscono a partire dalla “pericolosità sismica di base” del sito di

costruzione.

La pericolosità sismica è definita in termini di accelerazione orizzontale massima attesa ag in

condizioni di campo libero su sito di riferimento con superficie topografica orizzontale (di categoria

A), nonché di ordinate dello spettro di risposta elastico in accelerazione ad essa corrispondente

Se(T), con riferimento a prefissate probabilità di eccedenza PVR nel periodo di riferimento VR. In

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alternativa è ammesso l’uso di accelerogrammi, purché correttamente commisurati alla pericolosità

sismica del sito.

Le forme spettrali sono definite, per ciascuna delle probabilità di superamento nel periodo di

riferimento PVR, a partire dai valori dei seguenti parametri su sito di riferimento rigido orizzontale:

ag accelerazione orizzontale massima al sito

F0 valore massimo di fattore di amplificazione dello spettro in accelerazione orizzontale

T*C periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro in accelerazione

orizzontale.

Ai fini della definizione dell’azione sismica di progetto nell’OPCM 3274 e nelle nuove Norme

Tecniche per le Costruzioni vengono definite le seguenti categorie di suolo di fondazione:

Categoria Descrizione

A Ammassi rocciosi affioranti o terreni molto rigidi caratterizzati da valori di Vs,30

superiori a 800 m/s, eventualmente comprendenti in superficie uno strato di alterazione con spessore massimo pari a 3 m

B

Rocce tenere e depositi di terreni a grana grossa molto addensati o terreni a grana fine molto consistenti con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di Vs,30 compresi tra 360 m/s e 800 m/s (ovvero Nspt,30 >50 nei terreni a grana grossa e Cu,30 > 250 kPa nei terreni a grana fine)

C

Depositi di terreni a grana grossa mediamente addensati o terreni a grana fine mediamente consistenti, con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di Vs,30 compresi tra 180 m/s e 360 m/s (ovvero 15 < Nspt,30 < 50 nei terreni a grana grossa e 70 < Cu,30< 250 kPa nei terreni a grana fine)

D

Depositi di terreni a grana grossa scarsamente addensati o di terreni a grana fine scarsamente consistenti, con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di Vs,30 inferiori a 180 m/s (ovvero Nspt,30 < 15 nei terreni a grana grossa e Cu,30 < 70 kPa nei terreni a grana fine)

E Terreni dei sottosuoli di tipo C o D per spessore non superiore a 20 m, posti sul substrato di riferimento (con Vs,30 > 800 m/s)

Tabella 3: categoria del suolo

In aggiunta a queste categorie se ne definiscono altre due per le quali è necessario predisporre

specifiche analisi per la definizione dell’azione sismica:

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Categoria Descrizione

S1 Depositi di terreni caratterizzati da valori di Vs,30 inferiori a 100 m/s (ovvero 10 < Cu,30 < 20 kPa), che includono uno strato di almeno 8 m di terreni a grana fine di bassa consistenza, oppure che includono almeno 3 m di torba o di argille altamente organiche

S2 Depositi di terreni suscettibili a liquefazione, di argille sensitive o qualsiasi altra categoria di sottosuolo non classificabile nei tipi precedenti

Tabella 4: categoria del suolo

Nelle definizioni precedenti Vs,30 è la velocità media di propagazione delle onde di taglio entro 30 m

di profondità.

I suoli di fondazione sono suddivisi in cinque classi (A, B, C, D, E) più due speciali (S1 e S2), in

base alle loro caratteristiche stratigrafiche ed alla velocità media delle onde sismiche di taglio

(trasversali) entro 30 metri di profondità, ovvero alle Vs30:

hi = Spessore in metri dello strato i-esimo

Vi = Velocità dell'onda di taglio i-esima

N = Numero di strati

Secondo quanto indicato dal D.M. nel caso di sottosuoli di terreni a grana grossa e a grana fine,

distribuiti con spessori confrontabili nei primi trenta metri di profondità, ricadenti nelle categorie da

A ad E, quando non si disponga di misure dirette della velocità delle onde di taglio si può

procedere come segue:

determinare NSPT,30 limitatamente agli stati di terreno a grana grossa compresi entro i primi 30

m di profondità

determinare Cu,30 limitatamente agli stati di terreno a grana fine compresi entro i primi 30 m di

profondità

individuare le categorie corrispondenti singolarmente ai parametri NSPT30 e Cu30 riferire il sottosuolo alla categoria peggiore tra quelle individuate.

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16) Pericolosità sismica locale Le particolari condizioni geologiche e geomorfologiche di una zona (condizioni locali) possono

influenzare, in occasione di eventi sismici, la pericolosità sismica di base producendo effetti diversi

da considerare nella valutazione generale della pericolosità sismica dell’area.

Tali effetti vengono distinti in funzione del comportamento dinamico dei materiali coinvolti; pertanto

gli studi finalizzati al riconoscimento delle aree potenzialmente pericolose dal punto di vista sismico

sono basati, in primo luogo, sull’identificazione della categoria di terreno presente in una

determinata area.

Tra le prime analisi da eseguire per la valutazione della Pericolosità Sismica Locale riveste un

ruolo primario l’identificazione delle categorie di terreno che caratterizzano una determinata area e

della ricostruzione delle caratteristiche litologiche del sottosuolo.

Successivamente, in funzione delle caratteristiche del sottosuolo si distinguono due gruppi di effetti

locali: quelli di sito (amplificazione sismica locale) e quelli dovuti ad instabilità.

Gli effetti di sito interessano tutti quei terreni che mostrano dei comportamenti stabili nei confronti

delle sollecitazioni sismiche previste. Questi effetti si riferiscono alle modificazioni di ampiezza,

durata e contenuto in frequenza che un “terremoto di riferimento” può subire durante

l’attraversamento dell’intervallo tra il bedrock ed il piano campagna, a causa dell’interazione delle

onde sismiche con le particolari condizioni locali.

Gli effetti di sito si possono suddividere in:

Fig. 16.1 – Scenari di pericolosità sismica locale

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• Effetti di amplificazione topografica

Si manifestano in presenza di superfici topografiche più o meno articolate che favoriscono la

focalizzazione delle onde sismiche in prossimità delle creste dei rilievi.

• Effetti di amplificazione litologica/stratigrafico

Tali effetti sono funzione delle variazioni litologiche locali e delle relativa differente risposta sismica

all’evento di riferimento.

Gli effetti di instabilità interessano tutti i terreni che mostrano un comportamento instabile (o

potenzialmente tale) nei confronti dell’azione di un sisma. Rientrano in tale categoria: i versanti in

equilibrio precario soggetti al rischio di riattivazione e di neoformazione di fenomeni morfogenetici

(frane), le aree interessate da strutture geologiche significative (faglie, contatti stratigrafici) e le

aree con terreni aventi caratteristiche geotecniche e geomeccaniche scadenti.

Analisi della sismicità locale Nell’ambito delle competenze in materia sismica trasferite dallo Stato alle Regioni a seguito del

D.lgs 112/98 e in relazione alla normativa urbanistica regionale riguardante il Governo del

Territorio (LR 12/05), la Regione Lombardia ha emanato, con DGR n.9/1566 del 22/12/2005, i

“Criteri ed indirizzi per la definizione della componente geologica, idrogeologica e sismica del

piano di Governo del Territorio”, aggiornati con DGR n. 8/7374 del 28/05/2008 e successiva DGR

n. 9/2616 del 30/11/2011. L’allegato 5 riporta la procedura da seguire per la valutazione della

componente sismica territoriale da applicarsi in fase di pianificazione. Tale procedura è stata

messa a punto nel corso degli anni 2004-2005 ed è in totale accordo con le linee guida contenute

nel documento “Indirizzi e Criteri per la microzonazione sismica” del 2008, ed in un certo senso ne

anticipa alcuni aspetti: in particolare essa è strutturata in 3 livelli di approfondimento.

La nuova metodologia prevede tre livelli di approfondimento in funzione della zona di

appartenenza del comune, dell’opera in progetto e delle caratteristiche geologiche e morfologiche

dell’area.

I livelli di approfondimento sono di seguito definiti (Fig. 16.2):

• 1° Livello: riconoscimento delle aree passibili di amplificazione sismica sulla base sia di

osservazioni geologiche (cartografia di inquadramento) sia dei dati esistenti. Questo livello

d’indagine prevede la realizzazione della Carta della pericolosità sismica locale;

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• 2° Livello: caratterizzazione semi-quantitativa degli effetti di amplificazione attesi nelle aree

perimetrate nella Carta di pericolosità Sismica Locale, che fornisce la stima della risposta

sismica dei terreni in termini di Fattore di Amplificazione (Fa);

• 3° Livello: definizione degli effetti di amplificazione tramite indagini ed analisi più approfondite.

Fig.16.2 - Diagramma di flusso dei dati necessari e dei percorsi da seguire nei tre livelli di indagine.

Nella tabella seguente vengono sintetizzati gli adempimenti e la tempistica in funzione della zona

sismica di appartenenza del comune, che nel caso specifico del Comune di Brallo di Pregola

ricade in zona sismica 3.

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Livelli di approfondimento e fasi di applicazione 1° livello 2° livello 3° livello

fase pianificatoria fase pianificatoria fase progettuale

Zona sismica

2-3

obbligatorio

Nelle zone PSL Z3 e Z4 se interferenti con urbanizzato e urbanizzabile, ad esclusione delle aree già inedificabili

-Nelle aree indagate con il 2^ livello quando Fa calcolato > valore soglia comunale; -Nelle zone PSL Z1e Z2.

Zona sismica 4 obbligatorio

Nelle zone PSL Z3 e Z4 solo per edifici strategici e rilevanti di nuova previsione (elenco tipologico di cui al d.d.u.o. n. 19904/03)

-Nelle aree indagate con il 2^ livello quando Fa calcolato > valore soglia comunale; -Nelle zone PSL Z1 e Z2 per edifici strategici e rilevanti.

PSL = Pericolosità Sismica Locale

Tabella 5 – Pericolosità sismica locale

Analisi 1° livello Come precedentemente indicato l’analisi di primo livello consiste in un approccio di tipo qualitativo

e costituisce la base dalla quale partire per i successivi livelli di approfondimento.

Il metodo permette l’individuazione delle zone ove i diversi effetti prodotti dall’azione sismica sono,

con buona attendibilità, prevedibili, sulla base di osservazioni geologiche e sulla raccolta dei dati

disponibili per una determinata area, quali la cartografia topografica di dettaglio la cartografia

geologica e dei dissesti ed i risultati di indagini geognostiche, geofisiche e geotecniche già svolte e

che saranno oggetto di un’analisi mirata alla definizione delle condizioni locali (spessore delle

coperture e condizioni stratigrafiche generali, posizione e regime della falda, proprietà indice,

caratteristiche di consistenza, grado di sovraconsolidazione, plasticità e proprietà geotecniche

nelle condizioni naturali, ecc.).

Il prodotto finale è la carta della pericolosità sismica locale (PSL), in cui viene riportata la

perimetrazione areale degli scenari (Tabella 6); tale livello si applica in fase di pianificazione su

tutto il territorio comunale ed è obbligatorio in tutti i comuni della Regione Lombardia.

Si riportano di seguito gli scenari di pericolosità sismica locale come da DGR 9/2616 del

30/11/2011:

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Provincia di Pavia Comune di Brallo di Pregola

Componente geologica, idrogeologica e sismica del PGT - Relazione illustrativa -

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Sigla SCENARIO PERICOLOSITA’ SISMICA LOCALE EFFETTI Z1a Zona caratterizzata da movimenti franosi attivi Z1b Zona caratterizzata da movimenti franosi quiescenti

Z1c Zona potenzialmente franosa o esposta a rischio di frana Instabilità

Z2a Zone con terreni di fondazione particolarmente scadenti (riporti poco addensati, depositi altamente compressibili, ecc.)

Cedimenti e/o liquefazioni

Z2b Zone con depositi granulari fini saturi Liquefazioni

Z3a Zona di ciglio H > 10 m (scarpata, bordo di cava, nicchia di distacco, orlo di terrazzo fluviale o di natura antropica, ecc.)

Z3b Zona di cresta rocciosa e/o cocuzzolo: appuntite -arrotondate

Amplificazioni topografiche

Z4a Zona di fondovalle e di pianura con presenza di depositi alluvionali e/o fluvio-glaciali granulari e/o coesivi

Z4b Zona pedemontana di falda di detrito, conoide alluvionale e conoide deltizio-lacustre

Z4c Zona morenica con presenza di depositi granulari e/o coesivi (compresi le coltri loessiche)

Z4d Zone con presenza di argille residuali e terre rosse di origine eluvio-colluviale

Amplificazioni litologiche e geometriche

Z5 Zona di contatto stratigrafico e/o tettonico tra litotipi con caratteristiche fisico-meccaniche molto diverse

Comportamenti differenziali

Tabella 6 - scenari di pericolosità sismica locale – effetti

Sigla SCENARIO PERICOLOSITA’ SISMICA LOCALE CLASSE DI

PERICOLOSITA’ SISMICA

Z1a Zona caratterizzata da movimenti franosi attivi H3 Z1b Zona caratterizzata da movimenti franosi quiescenti

Z1c Zona potenzialmente franosa o esposta a rischio di frana H2 – livello di

approfondimento 3°

Z2a Zone con terreni di fondazione particolarmente scadenti (riporti poco addensati, depositi altamente compressibili, ecc.)

H2 – livello di approfondimento 3°

Z2b Zone con depositi granulari fini saturi H2 – livello di approfondimento 3°

Z3a Zona di ciglio H > 10 m (scarpata, bordo di cava, nicchia di distacco, orlo di terrazzo fluviale o di natura antropica, ecc.)

Z3b Zona di cresta rocciosa e/o cocuzzolo: appuntite -arrotondate H2 – livello di

approfondimento 2°

Z4a Zona di fondovalle e di pianura con presenza di depositi alluvionali e/o fluvio-glaciali granulari e/o coesivi

Z4b Zona pedemontana di falda di detrito, conoide alluvionale e conoide deltizio-lacustre

Z4c Zona morenica con presenza di depositi granulari e/o coesivi (compresi le coltri loessiche)

Z4d Zone con presenza di argille residuali e terre rosse di origine eluvio-colluviale

H2 – livello di approfondimento 2°

Z5 Zona di contatto stratigrafico e/o tettonico tra litotipi con caratteristiche fisico-meccaniche molto diverse H2 – livello di

approfondimento 3°

Tabella 7- scenari di pericolosità sismica locale – classe di pericolosità sismica

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Nel caso del comune di Brallo di Pregola le caratteristiche geologiche, morfologiche ed

idrogeologiche hanno portato all’individuazione delle zone:

Z1a caratterizzata da movimenti franosi attivi

Z1b caratterizzata da movimenti franosi quiescenti

Z1c potenzialmente franosa o esposta a rischio frana (movimenti franosi stabilizzati)

Z2a zone con terreni di fondazione scadenti

Z3a zona di ciglio H > 10 m (scarpata) Z3b zona di cresta rocciosa e/o cocuzzolo appuntita

Z4a zone di fondovalle e di pianura con presenza di depositi alluvionali e/o fluvioglaciali granulari

e/o coesivi

Z4b zona di falda di detrito e di conoide alluvionale.

Z5 zona di contatto stratigrafico e/o tettonico tra litotipi con caratteristiche fisico-meccaniche

molto diverse Analisi 2° livello L’applicazione del 2° livello consente l’individuazione delle aree in cui la normativa nazionale

risulta insufficiente a salvaguardare dagli effetti di amplificazione sismica locale (Fa calcolato

superiore a Fa di soglia comunale forniti dal Politecnico di Milano).

Amplificazione litologica - Z4b Zona pedemontana di falda di detrito, conoide alluvionale e conoide deltizio-lacustre La procedura semplificata richiede la conoscenza dei seguenti parametri:

- litologia prevalente dei materiali presenti nel sito;

- stratigrafia del sito;

- andamento delle Vs con la profondità fino a valori pari o superiori a 800 m/s; in mancanza del

raggiungimento del bedrock (Vs ≥ 800 m/s) con le indagini è possibile ipotizzare un opportuno

gradiente di Vs con la profondità sulla base dei dati ottenuti dall’indagine, tale da raggiungere il

valore di 800 m/s;

- spessore e velocità di ciascun strato;

- sezioni geologiche, conseguente modello geofisico - geotecnico ed identificazione dei punti

rappresentativi sui quali effettuare l’analisi.

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Sulla base di intervalli indicativi di alcuni parametri geotecnici, quali curva granulometrica,

parametri indice, numero di colpi della prova SPT, si individua la litologia prevalente presente nel

sito e per questa si sceglie la relativa scheda di valutazione di riferimento.

Attualmente sono disponibili:

- una scheda per le litologie prevalentemente ghiaiose;

- due schede per le litologie prevalentemente limoso-argillose (tipo 1 e tipo 2);

- due schede per le litologie prevalentemente limoso-sabbiose (tipo 1 e tipo 2);

- una scheda per le litologie prevalentemente sabbiose.

Una volta individuata la scheda di riferimento è necessario verificarne la validità in base

all’andamento dei valori di Vs con la profondità; in particolare si dovrà verificare l’andamento delle

Vs con la profondità partendo dalla scheda tipo 1, nel caso in cui non fosse verificata la validità per

valori di Vs inferiori ai 600 m/s si passerà all’utilizzo della scheda tipo 2.

In presenza di una litologia non contemplata dalle schede di valutazione allegate si potrà utilizzare

la scheda di valutazione che presenta l’andamento delle Vs con la profondità più simile a quella

riscontrata nell’indagine.

Nel caso esista la scheda di valutazione per la litologia esaminata ma l’andamento delle Vs con la

profondità non ricade nel campo di validità della scheda potrà essere scelta un’altra scheda che

presenti l’andamento delle Vs con la profondità più simile a quella riscontrata nell’indagine.

Nel caso di presenza di alternanze litologiche, che non presentano inversioni di velocità con la

profondità, si potranno utilizzare le schede a disposizione solo se l’andamento dei valori di Vs con

la profondità, nel caso da esaminare, risulta compatibile con le schede proposte.

In presenza di alternanze litologiche con inversioni di velocità con la profondità si potrà utilizzare la

scheda di valutazione che presenta l’andamento delle Vs con la profondità più simile a quella

riscontrata nell’indagine e si accetteranno anche i casi in cui i valori di Vs escano dal campo di

validità solo a causa dell’inversione.

All’interno della scheda di valutazione si sceglie, in funzione della profondità e della velocità Vs

dello strato superficiale, utilizzando la matrice della scheda di valutazione, la curva più appropriata

(indicata con il numero e il colore di riferimento) per la valutazione del valore di Fa nell’intervallo

0.1-0.5 s e nell’intervallo 0.5-1.5 s, in base al valore del periodo proprio del sito T1.

Il valore di Vs dello strato superficiale riportato nella scheda è da intendersi come limite massimo

di ogni intervallo (es: per un valore di Vs dello strato superficiale ottenuto dall’indagine pari a 220

m/s si sceglierà il valore 250 m/s nella matrice della scheda di valutazione).

Qualora lo strato superficiale abbia una profondità inferiore ai 4 m si utilizzerà, per la scelta della

curva, lo strato superficiale equivalente, a cui si assegna una velocità Vs calcolata come media

pesata del valore di Vs degli strati superficiali la cui somma supera i 4 m di spessore.

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Il periodo proprio del sito T necessario per l’utilizzo della scheda di valutazione è calcolato

considerando tutta la stratigrafia fino alla profondità in cui il valore della velocità Vs è uguale o

superiore a 800 m/s ed utilizzando la seguente equazione:

ove hi e Vsi sono lo spessore e la velocità dello strato i-esimo del modello.

Il valore di Fa determinato dovrà essere approssimato alla prima cifra decimale e dovrà essere

utilizzato per valutare il grado di protezione raggiunto al sito dall’applicazione della normativa

sismica vigente.

La valutazione del grado di protezione viene effettuata in termini di contenuti energetici,

confrontando il valore di Fa ottenuto dalle schede di valutazione con un parametro di analogo

significato calcolato per ciascun comune e per le diverse categorie di suolo (Norme Tecniche per

le Costruzioni) soggette ad amplificazioni litologiche (B, C, D ed E) e per i due intervalli di periodo

0.1-0.5 s e 0.5-1.5 s.

Il parametro calcolato per ciascun Comune della Regione Lombardia è riportato nella banca dati in

formato .xls (soglie_lomb.xls) e rappresenta il valore di soglia oltre il quale lo spettro proposto

dalla normativa risulta insufficiente a tenere in considerazione la reale amplificazione presente nel

sito.

Nella tabella seguente sono riportati i valori soglia relativi ai due intervalli del periodo proprio di

oscillazione delle tipologie edilizie sopra menzionate per il comune di Brallo.

VALORI DI SOGLIA PER IL PERIODO COMPRESO TRA 0.1 – 0.5 s Comune Zona sismica Suolo tipo B Suolo tipo C Suolo tipo D Suolo tipo E

Brallo di Pregola

2 1.4 1.9 2.2 2.0

Tabella 8: valori di soglia per T compreso fra 0.1 e 0.5

VALORI DI SOGLIA PER IL PERIODO COMPRESO TRA 0.5 – 1.5 s

Comune Zona sismica Suolo tipo B Suolo tipo C Suolo tipo D Suolo tipo E

Brallo di Pregola

2 1.7 2.4 4.2 3.1

Tabella 9: valori di soglia per T compreso fra 0.5 e 1.5

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La procedura prevede pertanto di valutare il valore di Fa con le schede di valutazione e di

confrontarlo con il corrispondente valore di soglia, considerando una variabilità di + 0.1 che tiene

in conto la variabilità del valore di Fa ottenuto.

Si possono presentare quindi due situazioni:

- il valore di Fa è inferiore al valore di soglia corrispondente: la normativa è da considerarsi

sufficiente a tenere in considerazione anche i possibili effetti di amplificazione litologica del sito e

quindi si applica lo spettro previsto dalla normativa;

- il valore di Fa è superiore al valore di soglia corrispondente: la normativa è insufficiente a tenere

in considerazione i possibili effetti di amplificazione litologica e quindi è necessario, in fase di

progettazione edilizia, o effettuare analisi più approfondite (3° livello) o utilizzare lo spettro di

norma caratteristico della categoria di suolo superiore, con il seguente schema:

anziché lo spettro della categoria di suolo B si utilizzerà quello della categoria di suolo C; nel caso

in cui la soglia non fosse ancora sufficiente si utilizzerà lo spettro della categoria di suolo D;

anziché lo spettro della categoria di suolo C si utilizzerà quello della categoria di suolo D;

anziché lo spettro della categoria di suolo E si utilizzerà quello della categoria di suolo D.

Nel caso di presenza contemporanea di effetti litologici (Z4) e morfologici (Z3) si analizzeranno

entrambi i casi e si sceglierà quello più sfavorevole.

La scelta dei dati stratigrafici, geotecnici e geofisici, in termini di valori di Vs, utilizzati nella

procedura di 2° livello deve essere opportunamente motivata e a ciascun parametro utilizzato deve

essere assegnato un grado di attendibilità, secondo la seguente Tabella 10, estratta dall’allegato 5

della DGR n. 9/2616 del 30/11/2011.

DATI ATTENDIBILITA’ TIPOLOGIA

Bassa Da bibliografia e/o dati di zone limitrofe Litologici

Alta Da prove di laboratorio su campioni e da prove in sito

Bassa Da bibliografia e/o dati di zone limitrofe

Media Da prove indirette (penetrometriche e/o geofisiche)

Stratigrafici

(spessori)

Alta Da indagini dirette (sondaggi a carotaggio continuo)

Bassa Da bibliografia e/o dati di zone limitrofe

Media Da prove indirette e relazioni empiriche

Geofisici

(Vs)

Alta Da prove dirette (sismica in foro o sismica superficiale)

Tabella 10 : Livelli di attendibilità da assegnare ai risultati ottenuti dall’analisi

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Qualora il Fa sia superiore ai valori di soglia si dovrà procedere alle indagini ed agli

approfondimenti di 3° livello o, in alternativa, utilizzare lo spettro di norma caratteristico della

categoria di suolo superiore, con il seguente schema:

- anziché lo spettro della categoria di suolo B si utilizzerà quello della categoria di suolo C

- nel caso in cui la soglia non fosse ancora sufficiente si utilizzerà lo spettro di categoria D

- anziché lo spettro di categoria del suolo C si utilizzerà quello della categoria di suolo D

- anziché lo spettro di categoria di suolo E si utilizzerà quello della categoria di suolo D

Per le zone PSL Z4b (in particolare - Zona pedemontana di falda di detrito) degli abitati di Colleri e

Prodongo, sulla base delle caratteristiche litostratigrafiche del sottosuolo rappresentato da coltri

limoso – argillose sormontanti substrati marnosi prevalentemente e subordinatamente calcareo

marnoso arenacei, utilizzando i dati di indagini geofisiche eseguite, si è ricostruito quello che

potrebbe essere il più probabile andamento della velocità delle onde seconde Vs con la profondità;

quindi è stato confrontato con quello riportato nelle schede litologiche predisposte dalla Regione

Lombardia utilizzando come scheda di riferimento quella a litologia limoso – argillosa Tipo 1.

Abitato di Colleri Sulla base di quanto indicato nelle NTC/2008 ai terreni sopra individuati, sulla base di una

stratigrafia ricostruita a seguito realizzazione di prova MASW e verosimilmente costituita da 1,3 m

di areato (Vs paria a 279); 6,6 m di depositi eluvio colluviali (Vs pari a 295 m/s); 6,5 m di substrato

alterato (Vs pari a 550 m/s) e 15,6 m di substrato rigido con velocità delle onde seconde superiori

a 800 m/s si può attribuire la categoria di

sottosuolo B . Il periodo proprio di

vibrazione del sito è risultato pari a 0,130

s.

Seguendo la procedura per il calcolo del

Fattore di Amplificazione sismica si

ottengono i seguenti valori Fa

0.1s< T < 0.5s Fa 0.1-0.5s = 1.4

0.5s< T < 1.5s Fa 0.5-1.5s = 1.05

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I valori di Fa ottenuti risultano per entrambe i periodi di oscillazione inferiori al valore di soglia

comunale fornito dalla Regione Lombardia pertanto la normativa nazionale risulta sufficientemente

cautelativa nei confronti del fenomeni di amplificazione sismica locale.

Scheda utilizzata per la determinazione di Fa in località Colleri e Prodongo

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Abitato di Prodongo Sulla base di quanto indicato nelle NTC/2008, con una stratigrafia ricostruita a seguito di

realizzazione di prova MASW e verosimilmente costituita da 2,3 m depositi eluvio colluviali (Vs

paria a 156); 3,7 m di substrato alterato (Vs pari a 543 m/s) e 24 m di substrato rigido con velocità

delle onde seconde superiori a 800 m/s (1508 m/s) ai terreni si può attribuire la categoria di

sottosuolo B . Il periodo proprio di vibrazione del sito è risultato pari a 0,09 s.

Seguendo la procedura per il calcolo del Fattore di Amplificazione sismica si ottengono i seguenti

valori Fa

0.1s< T < 0.5s Fa 0.1-0.5s = 1.15

0.5s< T < 1.5s Fa 0.5-1.5s = 1.01

I valori di Fa ottenuti risultano per entrambe i periodi di oscillazione inferiori al valore di soglia

comunale fornito dalla Regione Lombardia pertanto la normativa nazionale risulta sufficientemente

cautelativa nei confronti del fenomeni di amplificazione sismica locale.

Amplificazione topografica – Zona di cresta rocciosa La procedura semplificata è valida per lo scenario di zona di cresta rocciosa e/o cocuzzolo (Z3b),

caratterizzata da pendii con inclinazione maggiore o uguale ai 10°; il rilievo è identificato sulla base

di cartografie a scala almeno 1:10.000 e la larghezza alla base è scelta in corrispondenza di

evidenti rotture morfologiche: sono da considerare creste solo quelle situazioni che presentano il

dislivello altimetrico minimo (h) maggiore o uguale ad un terzo del dislivello altimetrico massimo

(H) .

Il materiale costituente il rilievo topografico deve avere una Vs maggiore o uguale ad 800 m/s.

Nell’ambito delle creste si distinguono due situazioni:

• rilievo caratterizzato da una larghezza in cresta (l) molto inferiore alla larghezza alla base

(L) (cresta appuntita);

• rilievo caratterizzato da una larghezza in cresta paragonabile alla larghezza alla base,

ovvero pari ad almeno 1/3 della larghezza alla base; la zona di cresta è pianeggiante o

subpianeggiante con inclinazioni inferiori a 10° (cresta arrotondata).

Per l’utilizzo della scheda di valutazione (cfr figura successiva) si richiede la conoscenza dei

seguenti parametri:

- larghezza alla base del rilievo L;

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- larghezza in cresta del rilievo l;

- dislivello altimetrico massimo H e dislivello altimetrico minimo h dei versanti;

- coefficiente di forma H/L.

All’interno della scheda di valutazione si sceglie, in funzione della tipologia di cresta (appuntita o

arrotondata) e della larghezza alla base del rilievo, solo per le creste appuntite, la curva più

appropriata per la valutazione del valore di Fa nell’intervallo 0.1-0.5 s, in base al valore del

coefficiente di forma H/L.

Il valore di Fa determinato dovrà essere approssimato alla prima cifra decimale ed assegnato

all’area corrispondente alla larghezza in cresta l, mentre lungo i versanti tale valore è scalato in

modo lineare fino al valore unitario alla base di ciascun versante.

I valori di Fa cosi ottenuti dovranno essere utilizzati per valutare il grado di protezione raggiunto al

sito dall’applicazione della normativa sismica vigente.

La valutazione del grado di protezione, per ambedue gli scenari (zona di scarpata e zona di cresta

rocciosa e/o cucuzzolo), viene effettuata in termini di contenuti energetici, confrontando i valori di

Fa ottenuti dalle Schede di valutazione con il valore di St delle Norme Tecniche per le Costruzioni.

Tale valore St rappresenta il valore di soglia, oltre il quale lo spettro proposto dalla normativa

risulta insufficiente a tenere in considerazione la reale amplificazione presente nel sito.

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La procedura prevede, pertanto, di valutare il valore di Fa con la scheda di valutazione e di

confrontarlo con il corrispondente valore di soglia, considerando una variabilità di + 0.1 che tiene in

conto la variabilità del valore di Fa ottenuto dalla procedura semplificata.

Si possono presentare, quindi, due situazioni:

- il valore di Fa è inferiore al valore di soglia corrispondente: la normativa è da considerarsi

sufficiente a tenere in considerazione anche i possibili effetti di amplificazione morfologica del sito

e quindi si applica lo spettro previsto dalla normativa;

- il valore di Fa è superiore al valore di soglia corrispondente: la normativa è insufficiente a tenere

in considerazione i possibili effetti di amplificazione morfologica e quindi è necessario effettuare

analisi più approfondite (3° livello) in fase di progettazione edilizia.

Nel caso di rilievi morfologici asimmetrici che possono essere rappresentati sia dallo scenario Z3a

sia dallo scenario Z3b, a seconda dell’orientazione della sezione, si analizzeranno entrambi i casi

e si sceglierà quello più sfavorevole.

Nel caso si prevedano costruzioni con strutture flessibili e sviluppo verticale indicativamente

compreso tra i 5 e i 15 piani, in presenza di scenari Z3a e Z3b, è necessario effettuare analisi più

approfondite (3° livello) in fase di progettazione edilizia.

Nel territorio comunale di Brallo di Pregola la valutazione del fattore di amplificazione relativo allo

scenario Z3b è stata eseguita per l’abitato di Brallo di Pregola impostato su terreni attribuibili alle

Arenarie di Scabiazza e per l’abitato di Cencerate (F.ne Monte Antola).

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Non essendo state effettuate misure dirette della Vs 30, in favore della sicurezza, si è scelto di

calcolare il fattore di amplificazione Fa con la metodologia descritta considerando il rilievo costituito

da materiale lapideo con Vs 30 ≥ 800 m/s.

Nel seguito si riportano le schede di valutazione per gli abitati individuati ed i relativi valori di Fa Brallo di Pregola (capoluogo)

Caratteristiche del rilievo

Dislivello altimetrico minimo del versante h = 83

Dislivello altimetrico massimo del versante H = 137

h> 1/3 H (cresta)

Larghezza alla base del rilievo L = 758 m

Larghezza in cresta del rilievo l = 61 m

l < 1/3 L (cresta appuntita)

Coefficiente di forma H/L = 0,180

Categoria topografica (NTC 2008) = T 3

Coefficiente di amplificazione topografica massimo (NTC 2008) ST = 1.2

Fattore di amplificazione Fa calcolato = 1.22

Fattore di amplificazione Fa con variabilità (+0,1) ed arrotondato = 1.3

Fa calc > STnorm (1,3 > 1,2)

calcolato mediante la formula : LHeFa /11.1

5.01.0 =−

Il fattore di amplificazione calcolato Fa é maggiore del fattore di amplificazione NTC 2008 St

pertanto la normativa e insufficiente a tenere in considerazione i possibili effetti di amplificazione

morfologica e quindi in fase di progettazione edilizia sarà necessario effettuare analisi di III° livello,

obbligatorie in ogni caso per edifici con nr. di piani compreso tra 5 e 15.

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Cencerate

Caratteristiche del rilievo

Dislivello altimetrico minimo del versante h = 39

Dislivello altimetrico massimo del versante H = 79,63

h> 1/3 H (cresta)

Larghezza alla base del rilievo L = 313 m

Larghezza in cresta del rilievo l = 57 m

l < 1/3 L (cresta appuntita)

Coefficiente di forma H/L = 0,254

Categoria topografica (NTC 2008) = T 4

Coefficiente di amplificazione topografica massimo (NTC 2008) ST = 1.4

Fattore di amplificazione Fa calcolato = 1.26

Fattore di amplificazione Fa con variabilità (+0,1) ed arrotondato = 1.3

Fa calc < STnorm (1,3 < 1,4)

calcolato mediante la formula :

Il fattore di amplificazione calcolato Fa é minore del fattore di amplificazione NTC 2008 St pertanto

la normativa e sufficiente a tenere in considerazione i possibili effetti di amplificazione morfologica

e quindi in fase di progettazione edilizia non sarà necessario effettuare analisi di III° livello, esse

sono obbligatorie in ogni caso per edifici con nr. di piani compreso tra 5 e 15.

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Amplificazione topografica – Zona di scarpata (Scenario Z3a)

Lo scenario di zona di scarpata rocciosa (Z3a) è caratterizzato da irregolarità con fronti di altezza

(H) uguale o superiore a 10 m ed inclinazione (α) del fronte principale uguale o superiore ai 10°

(cfr. Scheda di valutazione). Il materiale costituente il rilievo topografico deve avere una Vs

maggiore o uguale ad 800 m/s. In funzione della tipologia del fronte superiore si distinguono: -

scarpate ideali con fronte superiore orizzontale; - scarpate in pendenza con fronte superiore

inclinato nello stesso senso del fronte principale; - scarpate in contropendenza con fronte

superiore inclinato nel senso opposto a quello del fronte principale. La misura dell’altezza H è da

intendersi come distanza verticale dal piede al ciglio del fronte principale, mentre il fronte superiore

è da definire come distanza tra il ciglio del fronte principale e la prima evidente irregolarità

morfologica. Sono da considerare scarpate solo quelle situazioni che presentano: - un fronte

superiore di estensione paragonabile al dislivello altimetrico massimo (H) o comunque non

inferiore ai 15-20 m; - l’inclinazione (β) del fronte superiore inferiore o uguale ad un quinto

dell’inclinazione (α) del fronte principale, nel caso delle scarpate in pendenza (per β > 1/5α la

situazione è da considerarsi pendio); - il dislivello altimetrico minimo (h) minore ad un terzo del

dislivello altimetrico massimo (H), nel caso di scarpate in contropendenza (per h ≥ 1/3H la

situazione è da considerarsi una cresta appuntita). All’interno della scheda di valutazione si

sceglie, in funzione dell’inclinazione α il valore di Fa nell’intervallo 0.1-0.5 s. Il valore di Fa

determinato dovrà essere approssimato alla prima cifra decimale ed assegnato al ciglio del fronte

principale, mentre all’interno della relativa area di influenza (fronte superiore) il valore è scalato in

modo lineare fino al raggiungimento del valore unitario; lungo il fronte principale tale valore è

scalato in modo lineare fino al valore unitario alla base del fronte stesso. I valori di Fa cosi ottenuti

dovranno essere utilizzati per valutare il grado di protezione raggiunto al sito dall’applicazione della

normativa sismica vigente.

La valutazione del grado di protezione, viene effettuata in termini di contenuti energetici,

confrontando i valori di Fa ottenuti dalle Schede di valutazione con il valore di St delle Norme

Tecniche per le Costruzioni. Tale valore St rappresenta il valore di soglia, oltre il quale lo spettro

proposto dalla normativa risulta insufficiente a tenere in considerazione la reale amplificazione

presente nel sito. La procedura prevede, pertanto, di valutare il valore di Fa con la scheda di

valutazione e di confrontarlo con il corrispondente valore di soglia, considerando una variabilità di

+ 0.1 che tiene in conto la variabilità del valore di Fa ottenuto dalla procedura semplificata. Si

possono presentare, quindi, due situazioni: - il valore di Fa è inferiore al valore di soglia

corrispondente: la normativa è da considerarsi sufficiente a tenere in considerazione anche i

possibili effetti di amplificazione morfologica del sito e quindi si applica lo spettro previsto dalla

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normativa; - il valore di Fa è superiore al valore di soglia corrispondente: la normativa è

insufficiente a tenere in considerazione i possibili effetti di amplificazione morfologica e quindi è

necessario effettuare analisi più approfondite (3° livello) in fase di progettazione edilizia. Nel caso

si prevedano costruzioni con strutture flessibili e sviluppo verticale indicativamente compreso tra i

5 e i 15 piani, in presenza di scenari Z3a, è necessario effettuare analisi più approfondite (3°

livello) in fase di progettazione edilizia.

Nel territorio comunale di Brallo di Pregola la valutazione del fattore di amplificazione relativo allo

scenario Z3a è stata eseguita per gli abitati di Corbesassi, Barostro e Valformosa impostati su

terreni attribuibili alla F.ne Monte Antola con coperture di diverso spessore.

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Abitato di Corbesassi

Caratteristiche morfologiche Dislivello altimetrico massimo H = 69,5 m

Inclinazione del fronte principale α = 30°

Inclinazione del fronte superiore inferiore β = 4°

Fronte superiore L = 162 m

Criteri di riconoscimento L > 20 m

β ≤ 1/5 α (scarpata in pendenza)

H > 40 m

20° ≤ α ≤ 40°

Fa (0,1 – 0,5) = 1,2

Fa in considerazione della variabilità = 1,3

Area d’influenza Ai = 2/3H = 46,34m

Categoria topografica (NTC 2008) = T 2

Coefficiente di amplificazione topografica massimo (NTC 2008) ST = 1.2

Fattore di amplificazione Fa = 1,3 > STnorm= 1.2

Il fattore di amplificazione calcolato Fa é maggiore del fattore di amplificazione NTC 2008 St

pertanto la normativa e insufficiente a tenere in considerazione i possibili effetti di amplificazione

morfologica e quindi in fase di progettazione edilizia sarà necessario effettuare analisi di III° livello.

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Abitato di Barostro

Caratteristiche morfologiche Dislivello altimetrico massimo H = 110,63 m

Inclinazione del fronte principale α = 33°

Inclinazione del fronte superiore inferiore β = 8°

Fronte superiore L = 204,5 m

Criteri di riconoscimento

L > 20 m

β ≤ 1/5 α (scarpata in pendenza)

H > 40 m

20° ≤ α ≤ 40°

Fa (0,1 – 0,5) = 1,2

Fa in considerazione della variabilità = 1,3

Area d’influenza Ai = 2/3H = 73,75m

Categoria topografica (NTC 2008) = T 2

Coefficiente di amplificazione topografica massimo (NTC 2008) ST = 1.2

Fattore di amplificazione Fa = 1,3 > STnorm= 1.2

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Il fattore di amplificazione calcolato Fa é maggiore del fattore di amplificazione NTC 2008 St

pertanto la normativa e insufficiente a tenere in considerazione i possibili effetti di amplificazione

morfologica e quindi in fase di progettazione edilizia sarà necessario effettuare analisi di III° livello.

Abitato di Valformosa

Caratteristiche morfologiche Dislivello altimetrico massimo H = 231,63 m

Inclinazione del fronte principale α = 21°

Inclinazione del fronte superiore inferiore β = 0°

Fronte superiore L = 146,5 m

Criteri di riconoscimento

L > 20 m

β = 0 ; h = 0 (scarpata ideale)

H > 40 m

20° ≤ α ≤ 40°

Fa (0,1 – 0,5) = 1,2

Fa in considerazione della variabilità = 1,3

Area d’influenza Ai = 2/3H = 154,42m

Categoria topografica (NTC 2008) = T 2

Coefficiente di amplificazione topografica massimo (NTC 2008) ST = 1.2

Fattore di amplificazione Fa = 1,3 > STnorm= 1.2

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Il fattore di amplificazione calcolato Fa é maggiore del fattore di amplificazione NTC 2008 St

pertanto la normativa e insufficiente a tenere in considerazione i possibili effetti di amplificazione

morfologica e quindi in fase di progettazione edilizia sarà necessario effettuare analisi di III° livello.

Analisi 3° livello L’analisi di 3° livello definisce gli effetti di amplificazione tramite indagini ed analisi più

approfondite.

Il 3° livello si applica in fase progettuale agli scenari qualitativi suscettibili di instabilità (Z1b e Z1c),

cedimenti e/o liquefazioni (Z2), per le aree suscettibili di amplificazioni sismiche (morfologiche Z3 e

litologiche Z4) che sono caratterizzate da un valore di Fa superiore al valore di soglia

corrispondente così come ricavato dall’applicazione del 2° livello.

In fase progettuale tale limitazione può essere rimossa qualora si operi in modo tale da avere un

terreno di fondazione omogeneo.

Nell’impossibilità di ottenere tale condizione, si dovranno prevedere opportuni accorgimenti

progettuali atti a garantire la sicurezza dell’edificio.

I risultati delle analisi di 3° livello saranno utilizzati in fase di progettazione al fine di ottimizzare

l’opera e gli eventuali interventi di mitigazione della pericolosità.

Al fine di poter effettuare le analisi di 3° livello la Regione Lombardia ha predisposto due banche

dati:

1. 475-cod provincia.zip contenente, per ogni comune, 7 diversi accelerogrammi attesi

caratterizzati dal periodo di ritorno di 475 anni

2. curve_lomb.xls contenente i valori del modulo di taglio normalizzato (G/G0) e del rapporto

di smorzamento (D) in funzione della deformazione (Y), per diverse litologie.

17) Scenari di pericolosità sismica locale nel territorio comunale Le aree a pericolosità sismica locale sono riportate nella Carta di Fattibilità con retini trasparenti.

Tale sovrapposizione non comporta quindi un automatico cambio di classe di fattibilità ma fornisce

indicazioni su dove poter utilizzare, in fase di progettazione, lo spettro di risposta elastico previsto

dal D.M. 14 gennaio 2008, oppure dove sia necessario realizzare preventivamente gli studi di 3°

livello, fermo restando la possibilità di utilizzare i parametri di progetto previsti dalla normativa

nazionale per la categoria di suolo superiore.

L’analisi della pericolosità sismica all’interno del territorio comunale di Brallo di Pregola si basa

sulle osservazioni di carattere geologico e sulla raccolta di dati disponibili, quali:

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• assetto geologico e geolitologico;

• elaborazioni di indagini geognostiche e geotecniche;

• analisi delle condizioni stratigrafiche generali;

• situazione idrogeologica;

• caratteristiche di consistenza e proprietà geotecniche dei terreni nelle condizioni naturali.

All’interno del territorio comunale di Brallo di Pregola sono stati riconosciuti 9 scenari di pericolosità

sismica locale, di cui si riportano le caratteristiche:

Sigla Scenario di Pericolosità

Sismica Locale Effetti

Classe di Pericolosità Sismica locale

Ambito territoriale

Z1a Zona caratterizzata da movimenti franosi attivi

Instabilità H3 – H4 Nel settore settentrionale,

nell’intorno degli abitati di Brallo di Pregola, Feligara e Colleri.

Z1b Zona caratterizzata da

movimenti franosi quiescenti

Instabilità H2–livello di approfondimento 3°

Diffuse principalmente nel settore settentrionale e

meridionale del territorio

Z1c Zona potenzialmente

franosa o esposta a rischio frana (movimenti franosi

stabilizzati)

Instabilità H2–livello di approfondimento 3°

Aree lungo il versante destro del T. Avagnone e lungo il versante

sinistro del T.Staffora, interessate da fenomeni franosi e da pendenza dei versanti >35°

Z2a Zona con terreni di fondazione saturi particolarmente

scadenti

Cedimenti H2-livello di approfondimento 3°

Aree diffuse in gran parte del comprensorio comunale

Z3a

Zona di ciglio H > 10 m (scarpata, bordo di cava, nicchia di distacco, orlo di

terrazzo fluviale o di natura antropica, ecc.)

Amplificazioni topografiche

H2–livello di approfondimento 2°

Presso gli abitati di Valformosa, Bralello, Prodongo, Corbesassi e

Barostro

Z3b Zona di cresta rocciosa e/o cocuzzolo appuntita

Amplificazioni topografiche

H2–livello di approfondimento 2°

Cima della Colleta, Monte Terme, abitato Brallo di Pregola

e Cencerate

Z4a Zona di pianura con presenza di depositi

alluvionali e/o fluvio-glaciali granulari e/o coesivi

Amplificazioni litologiche e geometriche

H2–livello di approfondimento 2°

Depositi alluvionali del Torrente Staffora, del T. Avagnone e del

F. Trebbia

Z4b Zona di falda di detrito e di conoide alluvionale

Amplificazioni litologiche e geometriche

H2–livello di approfondimento 3°

Conoidi del T. Staffora e del T.Avagnone. Falde di detrito e detrito di versante in sponda destra del T. Avagnone e in sponda destra del T.Staffora

Z5

Zona di contatto stratigrafico e/o tettonico tra

litotipi con caratteristiche fisico-

meccaniche molto diverse

Comportamenti differenziali

H2–livello di approfondimento 3°

Zona di contatto tra la Formazione del M. Antola e le Arenarie di Scabiazza, sita in

sponda destra del T. Avagnone e zona di contatto tra la

Formazione del M. Antola e le Arenarie di Scabiazza, estesa da

Bocco sino a Corbesassi Tabella 11: scenari di pericolosità sismica locale nel comune di Brallo di Pregola

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18) Liquefazione Liquefazione è lo stato fisico in cui si può venire a trovare un terreno sabbioso saturo allorquando

perde la sua resistenza al taglio per effetto dell’incremento e dell’accumulo delle pressioni

interstiziali.

Con il termine liquefazione si indicano differenti fenomeni fisici (liquefazione ciclica, mobilità ciclica,

fluidificazione) osservati nei materiali granulari poco addensati saturi durante l’applicazione rapida

di carichi dinamici e ciclici in condizioni non drenate.

FENOMENI INCLUSI NEL TERMINE LIQUEFAZIONE

Il parametro utilizzato per definire la rottura nei terreni granulari è il rapporto di sovrapressione

interstiziale;

ru = Δu/ σ’0

essendo Δu la sovrapressione interstiziale e σ’0 pressione di confinamento (in sito ci si riferisce alla

tensione litostaticale efficace verticale σ’v).

Nel caso in cui la rottura raggiunga per liquefazione si ha per liquefazione si ha ru = 1

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I fattori predisponenti – condizioni geotecniche, influiscono su σ’0, denominatore del rapporto ru =

Δu/ σ’0 sono:

- Profondità dello strato potenzialmente liquefacibile < 15-20 metri da p.c.

- Profondità della falda < 5 m

- Densità relativa Dr < 60%

- Diametro medio 0.02 mm < D50 < 2 mm

- Frazioni di fini (diametro < 0,005) < 15%

I fattori scatenanti – azione sismica, influisce su Δu, numeratore del rapporto ru = Δu/ σ’0

sono;

PGA > 0.15 g

Durata dello scuotimento sismico > 15 – 20 sec

Magnitudo> 5,5

Tuttavia, in base al D.M. 14.01.2008 indica l’esclusione della liquefazione qualora si verifichi

almeno una delle seguenti condizioni:

1. Eventi sismici di magnitudo inferiore a 5

2. Accelerazioni massime al piano campagna in condizioni free-field minori di 0,1 g

3. Profondità media stagionale della falda superiore ai 15 m dal piano campagna (per p.c.

suborizzontale e strutture con fondazioni superficiali)

4. Sabbie pulite caratterizzate da (N1)60> 30 oppure qc1N > 180, essendo (N1)60 e qc1N

rispettivamente il valore del numero di colpi da SPT e della resistenza di punta da CPT,

normalizzati e corretti. Per N1(60) si intende il valore della resistenza Nspt misurato nella

prova Standard Penetration Test, normalizzato ad uno sforzo efficace di confinamento di

100 kPa e ad un fattore di rendimento energetico 0,6 nell’esecuzione della prova.

5. Distribuzione granulometrica esterna a determinate fasce critiche

6.

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Altri criteri di esclusione possono essere stabiliti sulla base del contenuto di FC ( frazione passante

al setaccio 200 ASTM – 0,0074 mm ) e delle sue caratteristiche, ad es:

- Fc superiore al 20% con indice di plasticità>10;

- Fc superiore al 35% e resistenza N1(60)>20;

- Fc maggiore 5% e resistenza N1(60)>25.

La liquefazione si può verificare nei seguenti siti;

• In prossimità di mari, fiumi, laghi, baie, oceani, spiagge, depositi fluviali, estuari, pianure

• Porti

• Depositi sabbiosi olocenici e pleistocenici sciolti con falda molto superficiale

Nel territorio comunale di Brallo di Pregola l’ambiente morfologico più esposto a tale fenomeno è

quello del fondovalle solcato del torrente Staffora, dal torrente Avagnone e dal fiume Trebbia, con

particolare riferimento alle zone soggette ad esondazioni (zone Ee).

Tuttavia le indagini in possesso, prove penetrometriche, sondaggi, classificazioni granulometriche

indicano la presenza di depositi principalmente ghiaiosi, grossolane con blocchi clasto sostenuti

con matrice sabbiosa generalmente subordinata che ci portano ad indicare un basso grado di

predisposizione al fenomeno.

Qualora in sede d’indagine preliminare a supporto di progetti di edificazione, si riscontrasse la

presenza di una situazione geotecnica e stratigrafica tale da considerare reale la possibilità

d’innesco di fenomeni di liquefazione, si dovrà procedere ad un’analisi finalizzata alla valutazione

reale del rischio ed all’adozione delle opere di mitigazione eventualmente necessarie.

Se il terreno risulta suscettibile a liquefazione e gli effetti conseguenti appaiono tali da influire sulla

capacità portante o sulla stabilità delle fondazioni, occorre procedere ad interventi di

consolidamento del terreno e/o trasferire il carico a strati di terreno non suscettibili a liquefazione

tramite fondazioni profonde.

19) Fase di sintesi e valutazione Come già anticipato in premessa la fase di sintesi e valutazione è stata condotta attraverso una

valutazione incrociata degli elementi analitici raccolti, che ha permesso di interpretare il territorio in

funzione degli attuali e prevedibili livelli di integrità, valore, rischio, vulnerabilità e degrado. Sono

inoltre stati considerate le limitazioni d’uso del territorio in merito agli aspetti prettamente geologici

derivanti da normative e piani sovraordinati. Dall’interpretazione integrata dei dati ed elaborazioni

effettuate, il territorio comunale è stato quindi suddiviso in aree omogenee contraddistinte da

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peculiari condizioni morfologiche, litologiche, idrogeologiche, idrauliche e geotecniche. Tali

informazioni sono riportate cartograficamente nelle seguenti tavole:

Tavola 4.2 Carta dei vincoli (scala 1:10.000)

Tavola 4.3 Carta di sintesi (scala 1:10.000).

Carta dei Vincoli In questa carta sono rappresentati i vincoli di carattere esclusivamente geologico: le limitazioni

d’uso del territorio derivanti da normative e piani sovraordinati in vigore di contenuto prettamente

geologico in grado di consentire la visione del quadro sintetico del territorio per una sua immediata

lettura e conseguente facile e corretta interpretazione per la progettazione del piano urbanistico.

Di seguito, con riferimento a quanto indicato nella tavola, si illustra più nello specifico la vincolistica

riferita ai singoli ambiti.

Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI)

Sono riportate le frane PAI, così come inserite nell’ aggiornamento conclusosi.

L’Art. 9 comma 2 delle NdA PAI, stabilisce che:

Fatto salvo quanto previsto dall'art. 3 ter del D.L. 12 ottobre 2000, n. 279, convertito in L. 11

dicembre 2000, n. 365, nelle aree Fa (frane attive) sono esclusivamente consentiti:

− gli interventi di demolizione senza ricostruzione;

− gli interventi di manutenzione ordinaria degli edifici, così come definiti alla

lettera a) dell'art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457;

− gli interventi volti a mitigare la vulnerabilità degli edifici e degli impianti esistenti e a

migliorare la tutela della pubblica incolumità, senza aumenti di superficie e volume, senza

cambiamenti di destinazione d'uso che comportino aumento del carico insediativo;

− gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche o di

interesse pubblico e gli interventi di consolidamento e restauro conservativo di beni di interesse

culturale, compatibili con la normativa di tutela;

− le opere di bonifica, di sistemazione e di monitoraggio dei movimenti franosi;

− le opere di regimazione delle acque superficiali e sotterranee;

− la ristrutturazione e la realizzazione di infrastrutture lineari e a rete riferite a

servizi pubblici essenziali non altrimenti localizzabili, previo studio di compatibilità

dell'intervento con lo stato di dissesto esistente validato dall'Autorità competente. Gli

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interventi devono comunque garantire la sicurezza dell'esercizio delle funzioni per cui

sono destinati, tenuto conto dello stato di dissesto in essere.

L’Art. 9 comma 3 delle NdA PAI, stabilisce che nelle aree Fq (frane quiescenti), oltre agli

interventi di cui al precedente comma 2, sono consentiti:

− gli interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo, così

come definiti alle lettere b) e c) dell'art. 31 della L.5 agosto 1978, n. 457, senza aumenti di

superficie e volume;

− gli interventi di ampliamento degli edifici esistenti per adeguamento igienico- funzionale;

− gli interventi di ampliamento e ristrutturazione di edifici esistenti, nonché di

nuova costruzione, purché consentiti dallo strumento urbanistico adeguato al presente Piano ai

sensi e per gli effetti dell'art. 18, fatto salvo quanto disposto dalle alinee successive;

− la realizzazione di nuovi impianti di trattamento delle acque reflue e l'ampliamento di

quelli esistenti, previo studio di compatibilità dell'opera con lo stato di dissesto esistente

validato dall'Autorità competente; sono comunque escluse la realizzazione di nuovi impianti

di smaltimento e recupero dei rifiuti, l'ampliamento degli stessi impianti esistenti, l'esercizio

delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti, così come definiti dal D.Lgs. 5 febbraio 1997,

n. 22. E' consentito l'esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti già autorizzate

ai sensi dello stesso D.Lgs. 22/1997 (o per le quali sia stata presentata comunicazione di inizio

attività, nel rispetto delle norme tecniche e dei requisiti specificati all'art. 31 del D.Lgs.

22/1997) alla data di entrata in vigore del Piano, limitatamente alla durata dell'autorizzazione

stessa. Tale autorizzazione può essere rinnovata fino ad esaurimento della capacità residua

derivante dalla autorizzazione originaria per le discariche e fino al termine della vita tecnica per gli

impianti a tecnologia complessa, previo studio di compatibilità validato dall'Autorità competente. .

Gli interventi devono comunque garantire competente. Alla scadenza devono essere effettuate le

operazioni di messa in sicurezza e ripristino del sito, così come definite all'art. 6 del

suddetto decreto legislativo.

L’Art. 9 comma 4 delle NdA PAI, stabilisce che nelle aree Fs (frane stabilizzate) compete alle

Regioni e agli Enti locali, attraverso gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica,

regolamentare le attività consentite, i limiti e i divieti, tenuto anche conto delle indicazioni dei

programmi di previsione e prevenzione ai sensi della L. 24 febbraio 1992, n. 225. Gli interventi

ammissibili devono in ogni caso essere soggetti ad uno studio di compatibilità con le condizioni del

dissesto validato dall'Autorità competente.

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Ciò considerato, per quanto non espressamente indicato dalla norma citata, si ritengono

ammissibili, in tali aree, interventi di ampliamento delle costruzioni esistenti o di nuova edificazione

e gli interventi di trasformazione d’uso del suolo che non comportino variazioni significative o

impatti negativi all’assetto geomorfologico ed idrogeologico dei luoghi e loro equilibrio geostatico.

Per quanto riguarda la aree di esondazione con pericolosità molto elevata Ee vigono i vincoli del

PAI.

L’Art. 9 comma 5. dice che, fatto salvo quanto previsto dall’art. 3 ter del D.L. 12 ottobre 2000, n.

279,

convertito in L. 11 dicembre 2000, n. 365, nelle aree Ee sono esclusivamente consentiti:

- gli interventi di demolizione senza ricostruzione;

- gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo

degli edifici, così come definiti alle lettere a), b) e c) dell’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457;

- gli interventi volti a mitigare la vulnerabilità degli edifici e degli impianti esistenti e a migliorare la

tutela della pubblica incolumità, senza aumenti di superficie e volume, senza cambiamenti di

destinazione d’uso che

comportino aumento del carico insediativo;

- gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche e di

interesse pubblico e di restauro e di risanamento conservativo di beni di interesse culturale,

compatibili con la normativa di tutela;

- i cambiamenti delle destinazioni colturali, purché non interessanti una fascia di ampiezza di 4 m

dal ciglio della sponda ai sensi del R.D. 523/1904;

- gli interventi volti alla ricostituzione degli equilibri naturali alterati e alla eliminazione, per quanto

possibile, dei fattori incompatibili di interferenza antropica;

- le opere di difesa, di sistemazione idraulica e di monitoraggio dei fenomeni;

- la ristrutturazione e la realizzazione di infrastrutture lineari e a rete riferite a servizi pubblici

essenziali non altrimenti localizzabili e relativi impianti, previo studio di compatibilità dell’intervento

con lo stato di dissesto esistente validato dall'Autorità competente. Gli interventi devono comunque

garantire la sicurezza dell’esercizio delle funzioni per cui sono destinati, tenuto conto delle

condizioni idrauliche presenti;

- l’ampliamento o la ristrutturazione degli impianti di trattamento delle acque reflue;

- l’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti già autorizzate ai sensi del D.Lgs.

5 febbraio 1997, n. 22 (o per le quali sia stata presentata comunicazione di inizio attività, nel

rispetto delle norme tecniche e dei requisiti specificati all’art. 31 dello stesso D.Lgs. 22/1997) alla

data di entrata in vigore del Piano, limitatamente alla durata dell’autorizzazione stessa. Tale

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autorizzazione può essere rinnovata fino ad esaurimento della capacità residua derivante dalla

autorizzazione originaria per le discariche e fino al termine della vita tecnica per gli impianti a

tecnologia complessa, previo studio di compatibilità validato dall'Autorità competente. Alla

scadenza devono essere effettuate le operazioni di messa in sicurezza e ripristino del sito, così

come definite all’art. 6 del suddetto decreto legislativo.

Aree di salvaguardia delle captazioni ad uso idropotabile

Nell’ambito territoriale sono presenti 28 sorgenti ad uso idropotabile per le quali sussistono le

norme relative alla tutela delle acque specificate all’art. 94 del D. lgs 152/06 e succ. mod. e

integrazioni ed ulteriormente precisate dalle Linee Guida emanate con l’Accordo Tecnico della

Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato – Regioni - Province Autonome del 12-12-2002

(G.U. n. 2 03/01/2003) e dalle norme regionali di riferimento in materia (D.G.R. Lomb. n. 15137/96

e n.7/12693 dell’aprile 2003).

Le norme sopraccitate impongono la delimitazione delle captazioni in oggetto con aree di salvaguardia distinte in "Zona di Tutela Assoluta" e "Zona di Rispetto", definite come di seguito:

• Zona di Tutela Assoluta: individua l’area immediatamente circostante la captazione o derivazione, ha un’estensione, nel caso di acque sotterranee, e per acque superficiali quando possibile, di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adibita esclusivamente alle opere di captazione e/o presa e a quelle di servizio; inoltre deve essere recintata e provvista di canalizzazione per l'allontanamento delle acque meteoriche.

• Zona di Rispetto: è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta

ed è sottoposta a vincoli e destinazioni d’uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata. Può essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e allargata in relazione alla tipologia dell’opera di captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e rischio.

Ai sensi delle normative nazionali e regionali sopraccitate l’area di rispetto può essere delimitata:

a) con criterio geometrico valido solo per le captazioni già esistenti e comunque ridefinibile

su istanza del titolare della concessione;

b) con criterio temporale valido per le nuove captazioni con acquifero vulnerabile;

c) con criterio idrogeologico valido per le nuove captazioni con acquifero protetto.

La delimitazione secondo il criterio geometrico può essere adottata, in via cautelativa, in assenza

di studi specialistici di dettaglio, solo per le captazioni già esistenti all’entrata in vigore delle citate

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normative; per i pozzi nuovi, invece, è obbligatorio effettuare specifici studi idrogeologici secondo

le citate Linee Guida Nazionali e norme regionali (D.G.R. Lomb. n. 6/15137 del 1996) volti a

definire il grado di protezione/vulnerabilità dell’acquifero e quindi a valutare quale tra i criteri

indicati alle voci b) e c) deve essere applicato.

L’area di rispetto definito con metodo geometrico deve avere per le sorgenti un raggio di 200 metri

nel tratto a monte della sorgente e come limite inferiore l’isoipsa su cui giace la sorgente.

Nella zone di rispetto, ai sensi delle norme nazionali (D. Lgs. 152/2006 art. 94 c. 4 e succ. mod. ed integr.), sono vietati l’insediamento dei seguenti centri di pericolo e lo svolgimento delle seguenti attività:

a) dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati;

b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;

c) spandimenti di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che l’impiego di tali sostanze sia

effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto

della natura dei suoli, delle colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della

vulnerabilità delle risorse idriche;

d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche provenienti da piazzali o strade;

e) aree cimiteriali;

f) apertura di cave che possano essere in connessione con la falda;

g) apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo umano

e di quelli finalizzati alla variazione dell’estrazione ed alla protezione delle caratteristiche

quali - quantitative della risorsa idrica;

h) gestione di rifiuti;

i) stoccaggio di prodotti ovvero sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;

l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;

m) pozzi perdenti;

n) pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 chilogrammi per ettaro di azoto

presente negli effluenti, al netto delle perdite di stoccaggio e distribuzione. E’ comunque

vietata la stabulazione di bestiame nella zona di rispetto ristretta.

Per insediamenti o attività preesistenti, nei casi possibili e comunque ad eccezione delle aree

cimiteriali, la norma nazionale prevede che siano adottate misure per il loro allontanamento, ed in

ogni caso deve esserne garantita la messa in sicurezza.

E’ previsto inoltre che le Regioni, come da D.G.R. Lomb. n. 7/12693 dell’aprile 2003, disciplinino

all’interno delle zone di rispetto le seguenti strutture o attività:

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a) fognature;

b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione;

c) opere viarie, ferroviarie e in genere infrastrutture di servizio;

d) pratiche agronomiche e contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla lettera c del comma 4

del D. Lgs 152/2006).

Vincoli di polizia idraulica

Tali vincoli definiscono il dimensionamento delle fasce di rispetto del reticolo idrico minore e

principale e le limitazione in esse vigenti.

Per quanto attiene alla vincolistica esistente sul reticolato idrografico delle acque pubbliche si è

fatto riferimento allo studio sul Reticolo idrografico minore e principale e regolamento di Polizia

Idraulica redatto nel Dicembre 2004 ai sensi della D.G.R. Lomb. n. 7/7868/2002 e D.G.R. Lomb. n.

7/13950/2003 validato dalla Regione Lombardia.

Questo elaborato classifica i corsi d’acqua minori e definisce i criteri utili al comune per il rilascio di

autorizzazione, per la definizione di pertinenza idraulica dotandolo di tutti i mezzi necessari per la

salvaguardia e conservazioni dei corsi d’acqua.

Per quanto riguarda il reticolo idrografico principale, di cui fanno parte il F.Trebbia, T. Avagnone,

T.Staffora, Fosso Dell'Allià e T.Montagnola le funzioni di polizia idraulica e gli atti autorizzativi e

concessori sono di competenza della Regione Lombardia; il Comune di Brallo di Pregola

applicherà le prescrizioni di Polizia idraulica del R.D. 25 Luglio 1904, n° 523 “Testo unico delle

disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie”.

In particolare sono state individuate le seguenti fasce di rispetto:

del reticolo idrico principale di ampiezza pari a 10 metri misurata a partire dalla sommità della

sponda incisa o dal piede esterno dell'argine;

del reticolo idrico minore di ampiezza pari a 10 metri misurata a partire dalla sommità della

sponda incisa o dal piede esterno dell'argine (per i tratti tombinati la fascia è pari a 4 metri);

del reticolo idrico secondario di ampiezza pari a 6 metri misurata a partire dalla sommità della

sponda incisa o dal piede esterno dell'argine.

In tali fasce è interdetta la realizzazione dei lavori e degli atti di cui all’art. 96 del R. D. 523 del

1904.

Geositi

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Sulla carta sono stati evidenziati anche 6 Geositi che ricadono sul territorio comunale di Brallo di

Pregola. Tali geositi sono:

- Pieghe di Ponte Organasco

- Scarpata di faglia di Corbesassi

- Piega di Cencerate

- Superficie terrazzata di Cencerate

- Pieghe di Feligara

- Monadnock di Pregola.

Si tratta beni geologici-geomorfologici di un territorio intesi quali elementi di pregio scientifico e

ambientale del patrimonio paesaggistico. Essi testimoniano i processi che hanno formato e

modellato il nostro pianeta e forniscono un contributo indispensabile alla comprensione della storia

geologica di una regione oltre a rappresentare valenze di eccezionale importanza per gli aspetti

paesaggistici e di richiamo culturale, didattico - ricreativo.

Carta di Sintesi Nella Carta di Sintesi (Tav. 4.3) si individuano le aree a maggiore criticità. In tale carta sono

rappresentate le aree omogenee dal punto di vista della pericolosità/vulnerabilità in riferimento ai

singoli fenomeni considerati, pertanto sono state delimitate porzioni di territorio (poligoni)

caratterizzate da pericolosità geologico – geotecnica e vulnerabilità idraulica ed idrogeologica

omogenee.

Questa carta altro non è che il risultato dell’analisi di tutti i dati raccolti ed illustrati nelle carte di

inquadramento, comprendenti i vincoli riportati in Tav.4.2.

Poiché in talune porzioni di territorio si è verificata la sovrapposizione di più situazioni di

rischio/pericolosità, differenti tra loro per quanto riguarda il fenomeni che le hanno generate, si ha

la presenza in carta di poligoni sovrapposti a pericolosità mista determinata da più fattori limitanti.

Di seguito sono elencati gli ambiti di pericolosità e di vulnerabilità che si possono riscontrare sul

territorio di Brallo di Pregola.

• Aree pericolose dal punto di vista dell’instabilità dei versanti

Sono le aree sia interessate da fenomeni di instabilità dei versanti già avvenute e censite delimitati

in base ad evidenze di terreno e/o in base a dati storici, sia aree che potenzialmente potrebbero

essere interessate da fenomeni.

Comprendono: frane attive (Fa), frane quiescenti (Fq), frane stabilizzate (Fs) e aree con acclività

>35°.

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• Aree di conoide

Comprende altre aree pericolose dal punto di vista della stabilità dei versanti per la presenza di

conoide attiva non protetta (Ca).

• Aree con terreni eterogenei dal punto di vista tessiturale

Comprendono quelle aree costituite da depositi di frana, detrito di falda e detrito di versante, per le

quali si delineano caratteristiche geotecniche scadenti dei terreni.

• Aree vulnerabili dal punto di vista idrualico e per la stabilità dei versanti

Comprende le aree di esondazione a pericolosità molto elevata (Ee).

• Aree vulnerabili dal punto di vista idrogeologico

Comprende le fasce di tutela assoluta delle sorgenti captate ad uso idropotabile.

• Aree a ridotta pericolosità geomorfologica, idrogeologica e idraulica

Comprendono aree con i terreni superficiali contraddistinti da discrete caratteristiche geotecniche,

ove si dovrà prestare particolare attenzione alla presenza di terreni caratterizzati da eteropie

tessiturali laterali e verticali, alla presenza di acque nel sottosuolo, alle condizioni morfologiche

dell’immediato intorno (presenza di scarpate a monte o valle), alla interferenza con gli edifici in

adiacenza, ed all’azione delle acque di ruscellamento e sotterranee.

• Aree le cui caratteristiche geomorfologiche, idrogeologiche e geotecniche impongono

l'attuazione di interventi di mitigazione del rischio

Sono aree di versante, talora boscate, a pericolosità geomorfologica, idrogeologica e idraulica

media (per acclività dei versanti compresa tra 15° e 35° e/o natura dei terreni) e/o adiacenti a zone

con pericolosità più elevata e caratterizzate da condizioni reostatiche locali o generali precarie.

• Aree ad elevata pericolosità a causa delle particolari condizioni geomorfologiche,

geostatiche, idrogeologiche ed idrauliche

Aree localizzate in modo disomogeneo sul territorio comunale non incluse nella perimetrazione

PAI, caratterizzate da elevata pericolosità per dissesto idrogeologico (aree soggette a frane

superficiali diffuse, colamenti e smottamenti non cartografabili, ecci). Sono aree ove sussiste il

rischio legato all’instabilità generale dei versanti, sensibilità dei terreni a fenomeni di ritiro e

rigonfiamento, saturazione delle coltri, scarsa copertura vegetale, erosione accelerata, notevole

trasporto detritico in occasione di eventi meteorici intensi.

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• Area comprendente l’abitato di Ravaiolo Vecchio

Comprende l’abitato di Rovaiolo vecchio trasferito in base allo stato delle abitazioni e delle

condizioni di stabilità dell'area.

• Emergenze geomorfologiche rappresentate dai più evidenti ed estesi affioramenti

ofiolitici

Aree in cui si individuano affioramenti ofiolitici estesi. Essi rappresentano una peculiarità

geologica/geomorfologica da conservare e che consentono allo stesso tempo di valorizzare il

paesaggio, in accordo con le indicazione delle NTA del PTCP della Provincia di Pavia (2003).

• Aree estrattive attive o dismesse non ancora recuperate

Sul territorio di Brallo di Pregola, i segni di numerose piccole cave storiche sono stati ormai quasi

del tutto cancellati da parziali interventi di rimodellamento morfologico antropico e/o

dall’affermazione della coltre vegetale.

Sono ancora ben evidenti invece le aree di estrazione dismesse più recenti e di maggiori

dimensioni, ovvero le aree estrattive cartografate che riguardano solo quelle appartenenti ad ambiti

estrattivi e di sfruttamento contenuti nel Piano cave della Provincia di Pavia, approvato dalla

Regione Lombardia con deliberazione del Consiglio Regionale n. VIII/344 del 20/02/2007.

Si tratta di 2 cave non più in attività ma non ancora recuperate:

1) R p06 in località Prato della Bula, cava di versante per estrazione di calcare per pietrisco – Cava

cessata R1261/c/PV, R1262/c/PV, sup. circa 250.000mq - (Calcare di Monte Antola);

2) R p07 in località Casone, cava di versante per estrazione pietrisco per conglomerati bituminosi,

talco – Cava cessata R1271/g/PV, R1270/g/PV, sup. circa 70.000mq - (Brecce ofiolitiche);

Le modalità di gestione e recupero di tali aree dovranno avvenire in conformità alle previsioni di

Piano cave della Provincia di Pavia; a livello di proposta, tali aree sono state considerate

esclusivamente per le loro caratteristiche geomorfologiche e geologiche, non hanno quindi una

classe i fattibilità distinta.

• Opere di difesa del suolo

Sul territorio di Brallo di Pregola nel corso degli anni sono state eseguiti numerosi interventi di

difesa del suolo ad opera di Enti diversi (a titolo non esaustivo Ministero dell’Ambiente, Genio

Civile, Regione Lombardia, , Provincia di Pavia, Comunità Montana Oltrepo Pavese).

Tali interventi localizzati prevalentemente sui versanti sud – esposti hanno interessato in modo

particolare gli abitati di Brallo capoluogo, Casone, Colleri-Feligara e Lama.

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In merito all’efficacia ed efficienza di tali interventi occorre una doverosa premessa correlando gli

interventi alla tipologia di dissesto rilevato. Trattandosi infatti nella maggior parte dei casi di

drenaggi per consolidamento di frane complesse interessanti litotipi ad elevata componente

argillosa se da un lato si osserva l’efficacia nel consolidare temporaneamente (con il termine si

vuole indicare il rallentamento del fenomeno) i dissesti dall’altro se ne rimarca la minor efficienza

dovuta alla natura vita utile di tali interventi. In buono stato nel complesso si trovano le reti

paramassi e le strutture lineari (muri di sostegno e palificate) ove le operazioni manutentive sono

state realizzate. Per quanto riguarda le opere in alveo (prevalentemente briglie e soglie) si

riscontra, salvo casi isolati, un generale decadimento dei manufatti dovuto principalmente ad

interramento ed in alcuni casi a rottura della struttura.

In cartografia sono stati ubicati gli interventi più significativi di cui si è avuto riscontro bibliografico

ed in situ.

20) Fase di proposta - fattibilità geologica per le azioni di piano

La Carta della Fattibilità Geologica per le azioni di piano è stata redatta sulla base delle indicazioni

contenute nel D.G.R. n. 9/2616 del 30 Novembre 2011 (Aggiornamento dei “Criteri ed indirizzi per

la definizione della componente geologica, idrogeologica e sismica del piano di governo del

territorio, in attuazione dell'art.57, comma 1, della L.R. 11 marzo 2005 n.12").

Sulla base degli elementi di criticità e di rischio idrogeologico e geomorfologico, emerse dal

presente studio, si è proceduto all’elaborazione della carta di fattibilità geologica delle le azioni di

piano in scala 1:10.000 su aerofotogrammetrico e base CTR, su cui si riporta la suddivisione del

territorio comunale in classi di fattibilità geologica, individuate dal punto di vista delle condizioni

geologiche, geotecniche ed idrogeologiche, ciascuna definita da proprie limitazioni e destinazioni

d’uso ed accompagnata da specifiche norme geologiche di attuazione.

La zonazione distingue il territorio nelle classi di fattibilità I, II, III, IV (da quella meno vincolante a

quella più restrittiva) previste dalla normativa regionale, introducendo nell’ambito di ciascuna di

esse delle sottoclassi, in funzione delle situazioni geomorfologiche ed idrogeologiche locali.

In base alla D.G.R. sopra citata è stata anche applicata una specifica simbologia sul territorio

comunale laddove sono emersi gli scenari di pericolosità sismica locale di I livello individuati in

Tav.4.4. Tale sovrapposizione non comporta un cambio della classe di fattibilità geologica, ma

rimanda alla normativa specifica.

Nel territorio comunale di Brallo di Pregola sono state riconosciute le classi II, III e IV che sono di

seguito descritte e distinti in sottoclassi.

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Provincia di Pavia Comune di Brallo di Pregola

Componente geologica, idrogeologica e sismica del PGT - Relazione illustrativa -

L.R. 12/2005 e s.m.i.D.G.R. n. 9/2616 del 30/11/2011

Dott. Geol. Marco Degliantoni Fr. S. Martino, 26 - 27057 Varzi (PV)

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CLASSI DI FATTIBILITA’ GEOLOGICA

PGT

CLASSI AMBITO

CLASSE 2 – Fattibilità con modeste limitazioni. La classe comprende le zone nelle quali sono state riscontrate modeste limitazioni all’utilizzo a scopi edificatori e/o alla modifica della destinazione d’uso, che possono essere superate mediante approfondimenti di indagine e accorgimenti tecnico-costruttivi e senza l’esecuzione di opere di difesa. classe 2 aree comprendenti i principali nuclei abitati e solo in limitati casi esterne al

limite dell’urbanizzato CLASSE 3 – Fattibilità con consistenti limitazioni. La classe comprende le zone nelle quali sono state riscontrate consistenti limitazioni all’utilizzo a scopi edificatori e/o alla modifica della destinazione d’uso per le condizioni di pericolosità/vulnerabilità individuate, per il superamento delle quali potrebbero rendersi necessari interventi specifici o opere di difesa. classe 3a aree di versante a pericolosità geomorfologica,idrogeologica e idraulica media

(per acclività dei versanti compresa tra 15° e 35° e/o natura dei terreni) e/o adiacenti a zone con pericolosità più elevata e caratterizzate da condizioni geostatiche locali o generali precarie

classe 3b aree interessate dalla presenza di frana stabilizzata (Fs)

CLASSE 4 – Fattibilità con gravi limitazioni. L'alta pericolosità/vulnerabilità comporta gravi limitazioni all’utilizzo a scopi edificatori e/o alla modifica della destinazione d’uso. Deve essere esclusa qualsiasi nuova edificazione, ivi comprese quelle interrate, se non opere tese al consolidamento o alla sistemazione idrogeologica per la messa in sicurezza dei siti. Per gli edifici esistenti sono consentite esclusivamente le opere relative ad interventi di demolizione senza ricostruzione, manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro, risanamento conservativo, senza aumento di superficie o volume e senza aumento del carico insediativo. Sono consentite le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica. classe 4a aree coinvolgibili da fenomeni di inondazione con pericolosità molto elevata

(Ee)

classe 4b aree interessate dalla presenta di frana attiva (Fa)

classe 4c aree interessate dalla presenta di frana quiescente (Fq)

classe 4d aree caratterizzate da elevata pericolosità per dissesto idrogeologico (aree soggette a frane superficiali diffuse, colamenti e smottamenti non cartografabili, ecci). Aree con instabilità generale dei versanti, sensibilità dei terreni a fenomeni di ritiro e rigonfiamento,saturazione delle coltri, scarsa copertura vegetale, erosione accelerata, notevole trasporto detritico in occasione di eventi meteorici intensi

classe 4e aree caratterizzate da acclività del versante elevata, maggiore di 35°, con possibilità di innesco di scivolamenti superficiali e/o crolli di materiale

classe 4f aree di conoide attivo non protetto (Ca)

Classe 4g area dell’abitato di Ravaiolo Vecchio, trasferito dato lo stato delle abitazioni e le condizioni di stabilità dell'area

Classe 4h aree con presenza di emergenze geomorfologiche rappresentate dai più evidenti ed estesi affioramenti ofiolitici, i quali rappresentano una peculiarità geologica/geomorfologica da conservare e che consentono allo stesso tempo di valorizzare il paesaggio

Classe 4i aree di tutela assoluta di sorgenti ad uso idropotabile

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Suddette classi e sottoclassi vengono meglio descritte nelle “Norme Geologiche di Attuazione”

(parte integrante del presente studio) con le corrispettive prescrizioni e precise indicazioni in merito

alle indagini di approfondimento, alle tipologie costruttive e alle eventuali opere di mitigazione del

rischio da realizzarsi.

Varzi, Luglio 2014 dott. geol. Marco Degliantoni

(OGL n. 1112)

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21) Bibliografia Carte dei centri abitati instabili - Progetto Speciale Centri Abitati Instabili del GNDCI

www.cartografia.regione.lombardia.it

Cartografia geologica predisposta dalla Struttura Analisi e informazioni territoriali nell'ambito del

Progetto CARG (Carta Geologica) -Archivio dell’U.O. Tutela e valorizzazione del Territorio con

relazioni di sopralluogo e studi geologici di supporto alla progettazione di opere di difesa del suolo.

Cartografia e Norme tecniche di attuazione del PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento

Provinciale), del PTUA (Programma di Tutela e Uso delle Acque) e del PTR (Piano Paesaggistico

Regionale) - Geositi individuati nel PTR soggetti a tutela.

“Analisi del comportamento di edifici dei centri storici in zona sismica nella Regione Lombardia" -

Regione Lombardia 1998

“Vulnerabilità sismica delle infrastrutture a rete in zona campione della Regione Lombardia” -

Regione Lombardia 2000

"Valutazione della pericolosità e del rischio da frana in Lombardia". Regione Lombardia - D.G.

Territorio e Urbanistica, 2001

"Valutazione della stabilità dei versanti in condizioni statiche e dinamiche nella zona campione dell'

Oltrepo Pavese" - Regione Lombardia 1998

“Scenari di rischio idrogeologico in condizioni dinamiche per alcuni versanti tipo dell’Oltrepo

pavese valutati tramite caratterizzazione geotecnica” -. Regione Lombardia 1999

Analisi di stabilità in condizioni dinamiche e pseudostatiche di alcune tipologie di frane di crollo

finalizzata alla stesura di modelli di indagine e di interventi”. – Regione Lombardia 2000

"Prevenzione dei fenomeni di instabilità delle pareti rocciose. Confronto dei metodi di studio dei

crolli nell'arco alpino". Progetto Falaises - programma Interreg IIC - Medoc, 2001.

“Mitigation of hydro-geological risk in Alpine catchments - Linee Guida”. Progetto CatchRisk -

programma Interreg IIIB - Spazio Alpino, 2005.