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Provincia di Pavia Comune di Brallo di Pregola
Componente geologica, idrogeologica e sismica del PGT - Relazione illustrativa -
L.R. 12/2005 e s.m.i.D.G.R. n. 9/2616 del 30/11/2011
Dott. Geol. Marco Degliantoni Fr. S. Martino, 26 - 27057 Varzi (PV)
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1) Sommario 1) Sommario _________________________________________________________________ 2 2) Premessa __________________________________________________________________ 3 3) Fase di analisi ______________________________________________________________ 3 4) Fase di sintesi/valutazione ____________________________________________________ 3 5) Fase di proposta ____________________________________________________________ 4 6) Elenco documenti costituenti lo studio___________________________________________ 4 7) Quadro di riferimento programmatico ___________________________________________ 5 8) Inquadramento meteo-climatico________________________________________________ 6
Temperatura ______________________________________________________________ 6 Pluviometria ______________________________________________________________ 9
9) Inquadramento geografico ___________________________________________________ 12 10) Inquadramento geologico ____________________________________________________ 14
Unità Tettoniche Liguri ____________________________________________________ 16 Unità Tettoniche Liguri Esterne______________________________________________ 18 Unità Tettoniche Subliguri__________________________________________________ 24 Depositi Quaternari _______________________________________________________ 25
11) Assetto tettonico ___________________________________________________________ 27 12) Inquadramento geomorfologico _______________________________________________ 28
Caratteristiche dei dissesti idrogeologici _______________________________________ 30 13) Classificazione sismica del territorio ed aspetti normativi___________________________ 32
Criteri generali per l’individuazione delle zone sismiche __________________________ 34 Normativa Regionale ______________________________________________________ 39
14) Caratterizzazione del sito dal punto di vista sismico _______________________________ 40 15) Azione sismica ____________________________________________________________ 40 16) Pericolosità sismica locale ___________________________________________________ 43
Analisi della sismicità locale ________________________________________________ 44 Analisi 1° livello _________________________________________________________ 46 Analisi 2° livello _________________________________________________________ 48 Analisi 3° livello _________________________________________________________ 64
17) Scenari di pericolosità sismica locale nel territorio comunale ________________________ 64 18) Liquefazione ______________________________________________________________ 66 19) Fase di sintesi e valutazione __________________________________________________ 68
Carta dei Vincoli _________________________________________________________ 69 Carta di Sintesi ___________________________________________________________ 75
20) Fase di proposta - fattibilità geologica per le azioni di piano_________________________ 78 21) Bibliografia_______________________________________________________________ 81
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2) Premessa Il presente studio è redatto in conformità ai criteri formulati con D.G.R. Lomb. n. 9/2616 del 30
Novembre 2011 “Aggiornamento dei ‘Criteri ed indirizzi per la definizione della componente
geologica, idrogeologica e sismica del piano di governo del territorio, in attuazione dell’art. 57,
comma 1, della l.r. 11 marzo 2005, n. 12’, approvati con D.G.R. 22 dicembre 2005, n. 8/1566 e
successivamente modificati con D.G.R. 28 maggio 2008, n. 8/7374. Il comune di Brallo di Pregola
è dotato di studio geologico conforme ai criteri attuativi della l.r. 21/2005 pertanto il presente
documento aggiorna esclusivamente lo studio esistente (realizzato a cura del Geol. Giorgio
Negrini) valutando la componente sismica (Tavola 4.4), estende la carta di fattibilità all'intero
territorio comunale (Tavola 4.5 e Tavole di dettaglio da 4.5.1 a 4.5.4) ed aggiorna le carte dei
vincoli (Tavola 4.2) e di sintesi (Tavola 4.3), ai contenuti della pianificazione sovraordinata.
L’aggiornamento ha previsto inoltre la redazione di una nuova Carta Geologica del territorio
comunale (Tavola 4.1) realizzata sulla base del nuovo Foglio 196 “Cabella Ligure” della Carta
Geologica d’Italia dell’ ISPRA (scala 1:50.000).
Ai sensi dell’Allegato 13 alla D.G.R. n. 9/2616 Tabella 2 – Individuazione dei comuni compresi
nella D.G.R. 11 dicembre 2001, n. 7/7365 che hanno concluso l’iter di cui all’art. 18 delle N.d.A. del
PAI, il Comune di Brallo di Pregola risulta aver concluso l’iter (5.3) e risulta aver aggiornato il PAI.
3) Fase di analisi La fase di analisi è stata condotta sulla base di ricerche storiche e bibliografiche, inquadramento
ed analisi delle caratteristiche geologiche, geomorfologiche, idrogeologiche, idrauliche e sismiche
del territorio comunale al fine della definizione della Carta di Pericolosità Sismica Locale (PSL).
4) Fase di sintesi/valutazione Tale fase è definita tramite la Carta dei Vincoli che individua le limitazioni d’uso del territorio
derivanti da normative in vigore di contenuto prettamente geologico e la Carta di Sintesi che
propone una zonazione del territorio in funzione dello stato di pericolosità geologico-geotecnico e
della vulnerabilità idraulica ed idrogeologica.
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5) Fase di proposta Tale fase è definita attraverso la redazione della Carta della Fattibilità Geologica e delle Norme
Geologiche di Piano. Al fine di garantire omogeneità ed obiettività nelle valutazioni di merito
tecnico, tale fase prevede modalità standardizzate di assegnazione della classe di fattibilità agli
ambiti omogenei per pericolosità geologica e geotecnica e vulnerabilità idraulica ed idrogeologica
individuati nella fase di sintesi. Alle classi di fattibilità individuate sono stati sovrapposti gli ambiti
soggetti ad amplificazione sismica locale che non concorrono a definire la classe di fattibilità, ma ai
quali è associata una specifica normativa che si concretizza nelle fasi attuative delle previsioni del
Piano di Governo del Territorio.
Sono state individuate 3 classi di fattibilità geologica (nel territorio comunale non sono state
individuate aree a classe di Fattibilità I) con grado di rischio differente in conformità a quanto
indicato dalla normativa regionale, nonché 11 sottoclassi, di cui 2 per la classe III e 9 per la classe
IV come specificato al capitolo 20.
6) Elenco documenti costituenti lo studio
Documento Nome Scala Territorio interessato Carta Geologica Tavola 4.1 1:10.000 Comunale Carta dei Vincoli Tavola 4.2 1:10.000 Comunale Carta di Sintesi Tavola 4.3 1:10.000 Comunale Carta della Pericolosità Sismica Locale
Tavola 4.4 1:10.000 Comunale
Carta di Fattibilità Geologica Tavola 4.5 1:10.000 Comunale
Carta di Fattibilità Geologica Tavola 4.5.1 1:5.000 ZONA NORDOVEST- comprendente gli abitati di: Valformosa, C.Colletta e Barostro
Carta di Fattibilità Geologica Tavola 4.5.2 1:5.000 ZONA NORDEST- comprendente gli abitati di: Casone, Pregola, Bralello, Brallo di Pregola, Bocco, Selva, Feligara, Collistano, Cortevezzo e Colleri
Carta di Fattibilità Geologica Tavola 4.5.3 1:5.000 ZONA SUDOVEST- comprendente gli abitati di: Prodongo, Cencerate, Corbesassi e Ponti
Carta di Fattibilità Geologica Tavola 4.5.4 1:5.000 ZONA SUDEST- comprendente gli abitati di: Someglio, Pratolungo, Lama, Rovaiolo, Ravaiolo Vecchia, Valle Superiore, Pietra Natale, Tomba, Pianellette.
Carta di Fattibilità Geologica su base CTR
Tavola 4.6 1:10.000 Comunale
Relazione Illustrativa Elaborato 4.7 Comunale Norme Geologiche di Attuazione
Elaborato 4.8 Comunale
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7) Quadro di riferimento programmatico
• Legge regionale 11 marzo 2005 n. 12
• Legge regionale. 7 del 5 febbraio 2010
• Legge regionale n. 12 del 22 febbraio 2010
• D.G.R. Lomb. n. 9/2616 del 30/11/2011 “Aggiornamento dei ‘Criteri ed indirizzi per la
definizione della componente geologica, idrogeologica e sismica del piano di governo del
territorio, in attuazione dell’art. 57, comma 1, della l.r. 11 marzo 2005, n. 12’
• D.G.R. Lomb n. 7374/08 - Aggiornamento dei criteri ed indirizzi per la definizione della
componente geologica, idrogeologica e sismica del PGT
• D.G.R. Lomb n. 1566/05 - Criteri ed indirizzi per la definizione della componente geologica
idrogeologica e sismica del PGT
• D.G.R. n. 40996/99 - Legende di riferimento per la predisposizione della cartografia dello
studio geologico
• NTC (2008) Norme Tecniche per le Costruzioni. DM 14 gennaio 2008, Gazzetta Ufficiale, n. 29
del 4 febbraio 2008, Supplemento Ordinario n. 30, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato,
Roma
• Circolare 2 febbraio 2009 n. 617 – Istruzioni per l’applicazione delle “Nuove norme tecniche per
le costruzioni” di cui al DM 14 gennaio 2008 . Gazzetta Ufficiale, n. 47 del 26 febbraio 2009,
Supplemento Ordinario n. 27, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma.
Il presente studio recepisce inoltre le nuove disposizioni in materia di polizia idraulica attribuite al
comune di Brallo di Pregola, a seguito dell’applicazione delle norme riportate nello studio sul
Reticolo idrografico minore e principale del territorio comunale e relativo regolamento di Polizia
Idraulica, redatto nel dicembre 2004.
Questo elaborato classifica i corsi d’acqua minori e definisce i criteri utili al comune per il rilascio di
autorizzazione, per la definizione di pertinenza idraulica dotandolo di tutti i mezzi necessari per la
salvaguardia e conservazioni dei corsi d’acqua.
Per quanto riguarda il reticolo idrografico principale, di cui fanno parte il F.Trebbia, T. Avagnone,
T.Staffora, Fosso Dell'Allià e T.Montagnola le funzioni di polizia idraulica e gli atti autorizzativi e
concessori sono di competenza della Regione Lombardia, pertanto il Comune di Brallo di Pregola
applicherà le prescrizioni di Polizia idraulica del R.D. 25 Luglio 1904, n° 523 “Testo unico delle
disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie”.
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8) Inquadramento meteo-climatico Il clima che caratterizza il territorio in oggetto si definisce genericamente di tipo appenninico:
ovvero presenta minori escursioni termiche e precipitazioni più abbondanti rispetto alla zona di
pianura, di clima subcontinentale. Il regime pluviometrico è di tipo sub-litoraneo appenninico con i
massimi in autunno e in primavera e i minimi in estate e in inverno. Le precipitazioni diminuiscono
al diminuire del dislivello, scendendo dalla montagna verso la collina e la pianura.
Temperatura La distribuzione delle condizioni termiche medie può essere suddivisa, dal punto di vista
altimetrico, in due fasce: la prima comprende la aree fino a 600 m di quota, la seconda parte da
600 m ed arriva fino a 800 m; nel primo caso le temperature medie annue hanno un valore medio
di 12°C. Nella seconda fascia altimetrica si hanno condizioni meno regolari, fortemente influenzate
dall’esposizione delle varie località; le medie annue sono intorno ai 10°C.
Di seguito si riporta il grafico realizzato dal osservatorio meteorologico dell’Istituto Tecnico Agrario
C. Gallini di Voghera, mostrante l’andamento della temperatura media annua dal 1931 al 2012
(Fig. 8.1). Il grafico mostra il valore di medio attorno ai 12°C sino agli inizio degli anni ’80, dopo di
che si è andato registrando un costante aumento delle temperature medie annue. Si tenga conto
che i suddetti dati sono inerenti alla zona di Voghera, che si trova a quote più basse rispetto al
comune di Brallo di Pregola.
Fig. 8.1 - Temperatura media annua dal 1931 al 2012
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Il clima nel territorio comunale è simile a quello di tipo continentale caratterizzato da un inverno
rigido e da una estate calda, in quanto risente poco dell'influenza mitigatrice del mare a causa
della presenza dei rilievi appenninici. Al periodo di freddo secco di gennaio-marzo segue una
primavera mediamente piovosa che passa da un clima freddo-umido ad un clima caldo-umido e,
quindi un’estate caldo-secca caratterizzata da temperature medie dell'aria piuttosto elevate. Con
l'arrivo dell'autunno si assiste ad un comportamento differente mese per mese: si passa da un
settembre a clima caldo-secco ad un ottobre con clima generalmente caldo e precipitazioni
frequenti che raggiungono il loro valore massimo medio mensile in novembre; in dicembre le
temperature si abbassano e permangono precipitazioni di media intensità.
Nel grafico seguente (fig.8.2.), desunto dai dati disponibili dell’osservatorio meteorologico
dell’Istituto Tecnico Agrario C. Gallini di Voghera, vengono messe a confronto le temperature
medie giornaliere dell’anno 2012 con le medie giornaliere degli ultimi 10 anni. Come si può
osservare nel 2012 le temperature nel periodo freddo si sono fatte più rigide rispetto alle medie
storiche, soprattutto nel mese di febbraio quando si sono raggiunti anche -10°C; mentre i periodi
estivi, soprattutto fine luglio e agosto, hanno registrato medie giornaliere maggiori di circa 10°C
rispetto alle medie storiche.
Fig. 8.2 – Andamento delle temperature medie giornaliere dell’anno 2012 confrontate con le medie
giornaliere degli ultimi 10 anni
Per avere ulteriori informazioni sulle condizioni termometriche, sono stati presi in considerazione i dati della stazione di misura, sita a quota 409, presente a Varzi (la stazione più vicina tra quelle
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analizzate dalla Regione Lombardia in uno studio condotto sul Bacino dello Staffora) e registrante i seguenti intervalli temporali:1975-1984; 986-1991; 1994-1995. Il valore di temperatura media mensile è riportata nella tabella seguente assieme ai valori riconducibili ad altre stazioni di misura presenti nel bacino dello Staffora.
Fig. 8.3 – Temperature medie mensili misurate nelle stazioni termometriche nel bacino dello Staffora (gradi °C)
Infine si fornisce il grafico rappresentante l’andamento delle temperature medie giornaliere
registrate dal novembre 2012 a novembre 2013 (dati ARPA Lombardia) inerenti alla stazione
termometrica di Santa Margherita Staffora, la quale rappresenta la stazione più prossima al nostro
territorio in esame (≈ 6 Km di distanza).
Fig. 8.4 – Temperature medie giornaliere misurate nella stazione termometrica di Santa Margherita Staffora (gradi °C)
I dati evidenziano un valore medio annuo intorno ai 10°C, conforme ai valori medi registrati per le
fasce altimetri comprese tra 600 e 800 metri s.l.m.
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Pluviometria Gli istogrammi delle precipitazioni medie mensili riportate nella Fig. 8.5 evidenziano la presenza di
due massimi e di due minimi che caratterizzano la distribuzione delle precipitazioni nell’anno
medio1, che caratterizzano un regimo pluviometrico di tipo appenninico. Il picco principale si
verifica in novembre, durante l’autunno, mentre quello secondario in maggio, nella stagione
primaverile; i minimi si registrano invece nei mesi di gennaio e luglio. In corrispondenza del settore
più meridionale dell’Oltrepo Pavese, ove si localizza il Comune di Brallo di Pregola (cerchio rosso
in fig. 8.5), si osserva che il minimo del periodo estivo è più marcato rispetto a quello di gennaio e
le precipitazioni nel periodo invernale sono molto più abbondanti di quelle registrate nelle altre
stazioni di misura contemplate nella sottostante carta, a conferma del fatto le precipitazioni
diminuiscono al diminuire del dislivello, scendendo dalla montagna verso la collina e la pianura.
Fig. 8.5 - Carta dei regimi pluviometrici nell’Oltrepo pavese (Rossetti & Ottone, 1979)
1 E’ stato assunto come periodo di riferimento quello compreso tra il 1921 e il 1970, la cui durata implica una maggiore probabilità che gli eventi critici più significativi abbiano potuto verificarsi.
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Nella figura seguente (Fig. 8.6) sono riportate le precipitazioni medie annue che evidenziano una
crescita progressiva in funzione dell’altitudine, tanto che il territorio di Brallo di Pregola registra
lavori di pioggia media annua attorno a 1200 mm.
Fig. 8.6 - Precipitazioni medie annue in mm (1921-1970). Elaborazioni Ersaf su dati del Servizio Idrografico
Per avere ulteriori informazioni sulle condizioni pluviometriche, sono stati presi in considerazione i dati della stazione di misura pluviometrica presente a Pregola (Frazione di Brallo di Pregola) sita a quota 1005 metri s.l.m. e registrante i seguenti intervalli temporali 1914-1942;1951-1972.
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Fig. 8.7 – Stazioni di misura del Bacino dello Staffora
Le misure delle altezze di precipitazione disponibili, elaborate al fine di integrare le lacune di
limitata estensione nelle serie delle osservazioni, hanno consentito di calcolare, per ogni stazione
pluviometrica, la precipitazione media annua puntuale (Fig. 8.8). Si osserva che l’altezza delle
precipitazione medie annue registrata a Pregola è di 1171 mm, a conferma di quanto già rilevato
dalla carta di fig. 8.6.
Fig. 8.8 - Altezze di precipitazione media annua misurate ed integrate delle stazioni
pluviometriche utilizzate nel bacino dello Staffora
Per quanto concerne invece il valore di precipitazione media mensile, si fa riferimento ai dati inerenti al sottobacino dello Staffora a Santa Margherita Staffora (Fig. 8.9).
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Fig. 8.9 - Altezze di precipitazione areali medie mensili nel bacino dello Staffora (mm)
9) Inquadramento geografico Il territorio comunale di Brallo di Pregola occupa una superficie di circa 46,5 Km2 e si trova al
margine meridionale dell’Oltrepo Pavese, incuneato tra le province di Alessandria e Piacenza.
Il comune di Brallo di Pregola confina: a Nord e Nord Ovest con il comune di Santa Margherita
Staffora (PV), a Nord Est con il comune di Bobbio (PC), ad Est con il comune di Corte Brugnatella
(PC), a Sud Est con il comune di Cerignale (PC) ed a Sud e Sud Ovest con il comune di Zerba
(PC).
Fig. 9.1 - Inquadramento territorio comunale
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Il territorio comunale di Brallo di Pregola risulta cartografato sul Foglio n° 71 “Voghera” della Carta
Geologica d’Italia in Scala 1:100.000 e sul nuovo Foglio n°196 “Cabella Ligure” della Carta
Geologica d’Italia dell’Ispra in Scala 1:50.000, ed è identificato sulla Carta Tecnica Regionale in
scala 1:10.000 nelle sezioni B9c3, B9c4, B9c5, B9d3, B9d4 e B9d5.
L’abitato di Brallo di Pregola è situato nella zona centrale del comprensorio comunale mentre le
frazioni principali, fra cui Cencerate, Barostro, Cortevezzo, Corbesassi, Ponti, Rovaiolo, Lama,
Pietra Natale, Pianellette, Tomba, Pratolungo, Colleri, Collistano ,Selva, Feligara, Pregola, Casone
e Valformosa in parte sono allocate nel bacino del Torrente Staffora a Nord ed Ovest, in parte nel
bacino del T. Avagnone, zona centrale e meridionale del comune.
Fig. 9.2 - Principali frazione e nuclei abitati nel territorio comunale
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10) Inquadramento geologico
L’assetto geologico-strutturale del territorio comunale si colloca nel complesso processo orogenico
che ha dato origine all’Appenino Settentrionale. Quest’ultimo è il risultato della sovrapposizione
tettonica di due grandi insiemi, diversi litologicamente, per struttura e per origine paleogeografica:
l’Insieme Esterno Umbro-Toscano e l’’Insieme Interno Ligure-Emiliano, sovrapposto al precedente,
comprendente due domini, detti rispettivamente, Ligure Interno e Ligure Esterno.
Tali unità tettoniche sovrapposte hanno una vergenza che segue la conformazione di questa
porzione dell'arco montuoso e varia da NW a N procedendo da W verso E. L'appilamento delle
unità tettoniche si è sviluppato a partire dall'Eocene medio - superiore strutturandosi
definitivamente nel Miocene in due principali momenti (fasi burdigaliana e tortoniana);
successivamente è proseguito nel Messiniano e nel Pliocene medio-superiore perdurando, con
intensità decrescente, nell’intervallo di tempo compreso tra il Pliocene superiore ed il Quaternario.
FIG. 10.1 Schema dell’ Appennino Settentrionale (da P.Elter 1994). Nel cerchio rosso l’area di studio
Le superfici traslative sono accompagnate da frequenti strutture plicative che, con dimensione
variabile, interessano le formazioni presenti; la vergenza delle pieghe rispecchia il generale senso
di trasporto delle falde tettoniche.
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FIG. 10.2 Schema tettonico del territorio. Nel cerchio rosso l’area di studio
Vengono ora descritte in ordine cronologico, a partire dalle più antiche, le formazioni geologiche ivi
affioranti, cartografate nella Tavola 4.1 – Carta Geologica, allegata alla presente relazione.
Per la redazione della Carta Geologica e la descrizione delle unità formazionali presenti, è stato
consultato il Foglio 71 “Voghera” della Carta Geologica d’Italia (scala 1:100.000), e il Foglio 196
“Cabella Ligure” della Carta Geologica d’Italia dell’ISPRA (scala 1:50.000) e le corrispettive Note
Illustrative.
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Unità Tettoniche Liguri • Successione dell’Unità tettonica Antola L’Unità tettonica Antola affiora estesamente all’interno del territorio comunale occupando gran
parte della sua porzione 0ccidentale in corrispondenza delle alte valli del Torrente Staffora a Nord
– Ovest, fino alla Val Trebbia a sud. Essa si trova geometricamente compresa fra le Unità
tettoniche Gottero, Portello, Vermallo e Due Ponti alla base (con cui viene a contatto attraverso un
importante sovrascorrimento che taglia il sottostante impilamento di Unità Liguri Interne, Ducci et
alii, 1997) e la discordante successione del Bacino Terziario Piemontese al tetto, rappresentata
dalla Formazione di Dernice, Conglomerati di Savignone e Formazione di Monastero.
La successione è rappresentata da un “complesso di base” del Cretacico superiore che
comprende le Argilliti di Montoggio e le Arenarie di Gorreto. Questa successione si trova alla base
di una spessa successione di torbiditi carbonatiche, suddivisa in tre formazioni definite, dal basso
verso l’alto, come Formazione di Monte Antola, Formazione di Bruggi-Selvapiana ed Argilliti di
Pagliaro.
Argilliti di Montoggio (MGG) - (Cenomaniano Superiore-Turoniano Medio) – Complesso di Base
Le Argilliti di Montoggio (Abbate & Sagri , 1967; Boni et alii, 1969 Bellinzona & Boni , 1971)
affiorano con spessori limitati alla base delle Arenarie di Gorreto. Gli affioramenti più significativi
nel territorio comunale si ritrovano nel settore compreso fra Monte Lesimina e Ponti.
Le Argilliti di Montoggio sono costituite da argilliti e siltiti varicolori (rosse, grigio scure e verdi)
caratterizzate da rare intercalazioni di torbiditi costituite da areniti medio-fini a composizione mista
in strati sottili e medi privi di strutture sedimentarie o caratterizzati da una laminazione debolmente
convoluta. Le caratteristiche colorazioni rosse, verdi e nere tagliano la stratificazione e sono quindi
da mettere in relazione a processi diagenetici legati probabilmente alla circolazione dei fluidi
durante la diagenesi e/o le fasi tettoniche precoci. All’interno delle Argilliti di Montoggio è stata
distinta una litofacies argilloso-calcarea (MGGa) che affiora nei pressi di Monte Lesimina e
dell’abitato di Ponti. Questa litofacies è caratterizzata da alternanze di argilliti grigio scure in strati
spessi con calcilutiti scure e siltiti marnose talvolta silicizzate in strati medi.
Le Argilliti di Montoggio, presenti alla base dell’Unità Antola, sono deformate in modo pervasivo e
pertanto risulta difficile valutarne l’originale spessore, che doveva comunque essere superiore a
100 m. La successione dell’Unità Antola è infatti caratterizzata, alla base, da un importante
sovrascorrimento che si realizza proprio a livello delle Argilliti di Montoggio, pertanto la base
stratigrafica di questa formazione non è mai stata riconosciuta in affioramento. Il passaggio
stratigrafico alle Arenarie di Gorreto (Ca Trebbiasca) è un passaggio stratigrafico per alternanze
che si realizza in non più di 5 m.
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Le caratteristiche stratigrafiche di questi depositi e la sostanziale assenza di carbonati indicano
una sedimentazione di tipo emipelagico realizzata in ambiente di mare profondo.
Arenarie di Gorreto (RRE) - (Campaniano inferiore) - Complesso di Base
La formazione affiora alla base dell’Unità Antola in affioramenti discontinui lungo il limite orientale
dell’unità tettonica, si osservano nella parte meridionale del territorio comunale in una sottile fascia
che va da Corbesassi a Zerba (PC).
Le Arenarie di Gorreto sono costituite da strati di torbiditi da sottili a medi (rapporto
arenite/pelite≈1) formate dall’alternanza di areniti medio-fini e siltiti a composizione mista con
argilliti e marne-siltose.
Le areniti che caratterizzano le Arenarie di Gorreto sono al massimo delle areniti medie e la loro
petrografia risulta semplificata dalla grana fine. Sono infatti delle areniti a composizione mista
(sensu Zuffa, 1980) con ossatura formata da quarzo e subordinati feldspati e fillosilicati
monocristallini e da frammenti di rocce carbonatiche micritizzate.
Come le sottostanti Argilliti di Montoggio, anche le Arenarie di Gorreto sono intensamente
deformate da pieghe e da zone di taglio. La successione completa delle Arenarie di Gorreto non è
quindi mai visibile interamente e lo spessore massimo osservabile si aggira intorno ai 150 m. Le
Arenarie di Gorreto sono delle thin bedded turbidites di mare profondo caratterizzate quasi
interamente da facies F9 (Mutti , 1992). Il loro significato può essere paragonato a quello di altre
successioni torbiditiche riconoscibili alla base delle sequenze di tipo ligure esterno orientale (sensu
Marroni et alii, 2001) come le Arenarie di Ostia o le Arenarie di Scabiazza.
Formazione del Monte Antola - (Campaniano Inferiore-Maastrichtiano Inferiore)
La Formazione di Monte Antola (cfr. Flysch ad Elmintoidi Auctt.; Flysch di Monte Antola di Azzaroli
& Cita, 1963; Formazione dell’Antola di Abbate & Sagri , 1967; Calcari di Monte Antola p.p. di Boni
et alii, 1969; Bellinzona & Boni , 1971; Belinzona et alii, 1971) affiora estesamente nel territorio
comunale soprattutto nelle alte valli Staffora ed Avagnone( settore di Monte Lesima-Monte Alfeo).
La Formazione di Monte Antola è formata da una potente e monotona successione (almeno 1000
m) di torbiditi carbonatiche calcareo-marnose. Si tratta, in prevalenza di strati torbiditici di spessore
da medio a molto spesso e in modo subordinato da strati sottili e megastrati piano paralleli e molto
continui lateralmente. Gli strati mostrano un rapporto arenite/pelite<<1 e sono generalmente
caratterizzati da una parte basale con areniti da medio-fini a fini a composizione mista interessata
da laminazioni debolmente convolute e ripple di spessore variabile da pochi cm fino a 1 m a cui fa
seguito una parte massiva dello strato costituita da calcareniti fini, calcsiltiti e calcilutiti che può
raggiungere spessori fino a 3 m, ma che mediamente varia da 50 cm a 1 m. Segue una parte fine
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costituita da marne e marne calcaree massive che può raggiungere lo spessore di 4 m. In alcuni
strati al tetto delle marne è presente un livello di pelite priva di carbonati che è stato interpretato
come la sedimentazione emipelagica intertorbiditica realizzata al di sotto del limite locale di
compensazione dei carbonati (Scholle , 1970; Hesse , 1975).
La Formazione di Monte Antola è costituita da torbiditi e megatorbiditi calcareomarnose di mare
profondo probabilmente al di sotto del livello di compensazione dei carbonati. I grandi volumi di
sedimento e soprattutto gli enormi spessori di alcuni strati, inducono a pensare ad un bacino non
molto grande in cui i flussi torbiditici, alimentati da grandi volumi di fango carbonatico a coccoliti,
raccolto dai flussi nelle coeve rampe carbonatiche, viaggiavano confinati e si sedimentavano in
massa.
Unità Tettoniche Liguri Esterne • Unità tettonica Cassio Nel settore ad est della Linea Levanto-Ottone l’Unità tettonica Cassio rappresenta l’unità
sommitale dell’edificio strutturale.
L’Unità Cassio è costituita dal Flysch di Monte Cassio associato ad un “Complesso di Base Auctt.”
costituito dalle Argilliti Varicolori di Cassio con intercalazione di conglomerati (Conglomerati dei
Salti del Diavolo) ed Arenarie di Scabiazza (cfr. Arenarie di Ostia e Arenarie di Case Baruzzo di
Vescovi et alii, 1999). Alla base dell’unità tettonica sono state inoltre riconosciute delle Argille a
Palombini (cfr. Argille a Palombini del Torrente Grontone, Vescovi et alii, 1999) e scaglie tettoniche
rappresentative del basamento ad affinità Austro-Sudalpina dell’Unità Cassio (Marroni et alii, 2001
cum bibl.) rappresentate da lembi di dolomie triassiche, calcari selciferi, diaspri, scisti ad Aptici e
Maiolica.
L’Unità Cassio è rappresentata nell’area dalle Sottounità Calenzone e Scabiazza (sensu Elter et
alii, 1997).
La Sottounità Calenzone affiora ad est della Val Staffora ed è geometricamente compresa fra
l’Unità Monte delle Tane e la Sottounità Scabiazza. Nella Sottounità Calenzone la successione
stratigrafica è formata dal solo Flysch di Monte Cassio.
La Sottounità Scabiazza affiora nel settore compreso fra Val Staffora, Val Avagnone e P.so
Scaparina ed è geometricamente compresa fra la Sottounità Calenzone e l’Unità Monte delle
Tane. La successione della Sottounità Scabiazza comprende le sole Arenarie di Scabiazza al cui
interno è stata distinta una litofacies argillitica varicolore.
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Arenarie di Scabiazza (SCB) – (Cenomaniano superiore-Turoniano medio)
Le Arenarie di Scabiazza affiorano nel settore compreso fra Val Staffora, Val Avagnone e Passo
Scaparina (comune di Menconico); lo spessore massimo riconosciuto è 400 m. Si tratta di torbiditi
silicoclastiche costituite da strati medi e spessi di areniti medio-grossolane con tetto marnoso e
rapporto arenite/pelite≤1. Localmente si intercalano a questa litofacies strati spessi di arenarie
grossolane e ruditi fine a composizione litoarenitica e marne. Nella parte superiore della
successione prevalgono strati medi e sottili di areniti medie e fini alternate a peliti prive di carbonati
e/o marne .
All’interno delle Arenarie di Scabiazza è stata cartografata una litofacies argillitica varicolore
(SCBa) affioranti a nord del paese di Ponte Organasco. Gli affioramenti migliori sono quelli di Val
Avagnone e nei pressi di Brallo di Pregola.
La litofacies è costituita da argilliti varicolore (nere, verdi e rosse) con frequenti patine
manganesifere, intercalate da sottili livelli di calcilutiti parzialmente silicizzate di colore verde e da
sottili livelli di arenarie fini laminate scure.
Le Arenarie di Scabiazza derivano da una sedimentazione torbiditica di mare profondo
probabilmente alimentata dal margine Sudalpino.
Flysch di Monte Cassio (MCS) - (Campaniano superiore)
Il Flysch di Monte Cassio (Papani & Zanzucchi , 1969) affiora in modo limitato nel settore nord-
orientale del territorio comunale ad est della Val Staffora. Lo spessore massimo di questa
formazione non supera i 200 m.
Il Flysch di Monte Cassio è costituito da strati spessi e molto spessi di torbiditi carbonatiche
calcareo-marnose alternate a sottili strati silicoclastici e carbonatici.
Gli strati calcareo-marnosi sono nettamente prevalenti su quelli silicoclastici. Questi strati hanno
geometrie piano parallele con ottima continuità laterale. In modo subordinato sono presenti
megastrati con spessori fino a 10 m che presentano alla base un livello centimetrico di areniti
medie e medio-grossolane a composizione ibrida, una parte calcsiltitica di spessore metrico e una
potente parte superiore dello strato a composizione marnosa. Al tetto dello strato possono inoltre
essere presenti livelli emipelagici scuri sottili privi di carbonati.
Le torbiditi silicoclastiche sono formate da una base arenitica medio-fine e da un tetto pelitico
scuro privo di carbonati.
Questa successione torbiditica è il risultato di processi deposizionali del tipo torbiditi a bassa
densità caratterizzate da grandi volumi. Le associazioni di facies riconosciute possono essere
interpretate come indicative di un ambiente di piana bacinale o della parte molto distale di un lobo
probabilmente sviluppato in un bacino profondo confinato.
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• Unità tettonica Ottone Questa unità affiora in un ampio areale a Sud Est dell’abitato di Colleri fino al Fiume Trebbia.
L’Unità Ottone è sovrascorsa dalla Sottounità Loco facente parte dell’Unità Gottero e sovrascorre a
sua volta le Unità Subliguri Canetolo e Aveto.
L’Unità tettonica Ottone è caratterizzata da una successione stratigrafica del Cretacico superiore
che comprende depositi clastici grossolani contenenti ofioliti giurassiche, indicati in letteratura
come “formazioni a blocchi” o “complessi di base” (Complesso di Casanova e Complesso di Monte
Veri) e dal Flysch di Ottone (cfr. Flysch ad Elmintoidi Auctt.).
L’origine di questo complesso viene messa in relazione (Bertoti et alii, 1986; Elter et alii, 1991;
Marroni et alii, 2002) alla tettonica attiva legata alle fasi compressive sviluppate durante il
Campaniano in un settore dell’Oceano Ligure-Piemontese prossimo al margine continentale Adria.
I processi che hanno generato il Complesso di Casanova proseguono anche durante la
sedimentazione delle torbiditi del Flysch ad Elmintoidi Auctt.; compaiono così eteropici al Flysch di
Ottone i depositi del Complesso di Monte Veri (Meccheri , 1975; Bertotti et alii, 1986; Elter et alii,
1991).
Complesso di Casanova (CCV) – (Campaniano inferiore)
Nel Complesso di Casanova (cfr. Complessi di base Auctt., Complesso di Monte Penna/Casanova,
Passerini , 1962, 1965; Marini & Terranova, 1979; Terranova & Zanzucchi , 1982, 1983; Naylor ,
1982; Casnedi , 1982; Bertotti et alii, 1986; Elter et alii, 1991; Casnedi et alii, 1993) sono state
distinte tre litofacies, in eteropia e/o in alternanza tra loro senza un apparente ordine stratigrafico.
Ad esse si associano olistoliti (“masse non dissociate” sensu Elter et alii, 1991) riferibili a litologie
provenienti dallo smantellamento di una sequenza ofiolitica giurassica e della relativa copertura
sedimentaria. In particolare gli olistoliti sono rappresentati da basalti (β), ultramafiti (Σ),
generalmente lherzoliti tettonitiche totalmente o parzialmente serpentinizzate, oficalciti (of), Calcari
a Calpionelle (cc) e Argille a Palombini (ap). Nelle porzioni periferiche degli olistoliti, che possono
raggiungere dimensioni chilometriche e spessori fino a 200 m, sono presenti brecce
clastosostenute con scarsa matrice arenacea generalmente monogeniche e con clasti da angolosi
a subangolosi. Lo spessore massimo di questa formazione non supera i 500 m.
Sono state distinte le seguenti litofacies:
Arenarie ofiolitiche (CCVa) (cfr. Arenarie di Casanova Auctt.). Si tratta di torbiditi arenaceo-
pelitiche costituite da strati da medi a molto spessi di areniti a granulometria da media-grossolana
fino a ruditica. Le areniti presentano una composizione litoarenitica caratterizzata da frammenti
riferibili ad una sequenza ofiolitica ed alla sua copertura sedimentaria (Di Giulio & Geddo , 1990).
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Sono frequenti intercalazioni di torbiditi pelitico-arenacee in strati medio-sottili di areniti classificabili
come arcose e subarcose (Di Giulio & Geddo , 1990). Inoltre, in modo più sporadico ed in
prossimità del contatto con il sovrastante flysch ad Elmintoidi, sono presenti strati generalmente
spessi di torbiditi calcareo-marnose a base arenitica fine e con rapporto arenite/pelite<<1.
Brecce monogeniche a matrice pelitica (CCVb) (cfr. Brecce di Santa Maria Auctt.). Sono brecce
prevalentemente monogeniche costituite da clasti calcilutitici e lembi formazionali riferibili alla
formazione delle Argille a Palombini in abbondante matrice argillitica. I clasti hanno forma variabile
da subangolare a subarrotondata con dimensioni da decimetriche a centimetriche. Sono inoltre
presenti brecce poligeniche a matrice pelitica (CCVb1) che presentano clasti eterometrici di Argille
a Palombini ed in subordine di basalti, ultramafiti più o meno serpentinizzate, oficalciti, gabbri,
graniti, diaspri e Calcari a Calpionelle.
Brecce poligeniche a matrice arenitica (CCVc). Generalmente si tratta di una breccia granulo-
sostenuta in strati da medi a molto spessi a geometria lenticolare; la dimensione dei clasti è
variabile dal metro fino a qualche decimetro, con forme angolose-subangolose, e dal decimetro
fino al centimetro con clasti subangolosi-subarrotondati. Dal punto di vista composizionale
prevalgono i clasti riferibili ai basalti e alle Argille a Palombini; subordinatamente sono presenti
serpentiniti, oficalciti, gabbri, graniti, diaspri, Calcari a Calpionelle e clasti intraformazionali di
arenarie ofiolitiche.
Nel settore Val d’Aveto-Val Trebbia, Elter et alii (1991) propongono una ricostruzione della
stratigrafia del Complesso di Casanova che prevede, per uno spessore di circa 700 m, una parte
basale costituita dalla sovrapposizione di masse non dissociate prevalentemente ofiolitiche
(olistoliti) intercalate ad arenarie e brecce cui fa seguito una porzione superiore, ed in parte
laterale, costituita da una regolare alternanza di 300-400 m di arenarie ofiolitiche con rare
intercalazioni lenticolari di brecce e/o olistoliti. Nel settore del Monte Penna-Monte Aiona lo
spessore di questo complesso è maggiore raggiungendo forse i 1500 m (Casnedi et alii, 1993).
Il Complesso di Casanova è costituito da depositi torbiditici e da depositi da scivolamenti in massa
e flussi gravitativi (colate di detrito).
Flysch di Ottone (OTO) – (Campaniano inferiore)
Il Flysch di Ottone (cfr. Calcari di Ottone, Flysch ad Elmintoidi di Ottone-S. Stefano; Maxwel , 1964;
Bellinzona et alii, 1971; Boni et alii, 1969; Bertini & Zan, 1974; Bertotti et alii, 1986; Elter & Marroni,
1991; Elter et alii, 1991) affiora in Val Trebbia nei pressi di Ottone e ad est di Ponte Organasco per
spessori massimi di 200 m.
Questa formazione è costituita da torbiditi calcaree caratterizzate da alternanze ritmiche di marne
calcaree, calcari marnosi e marne in strati da medi a molto spessi e in banchi con base arenitica
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medio-fine e geometria piano parallela (cfr. Flysch ad Elmintoidi Auctt.). I livelli intertorbiditici sono
costituiti da peliti scure prive di carbonati in strati molto sottili. Una delle caratteristiche principali di
questi strati è costituita da un rapporto arenite/pelite>>1 che, in alcuni strati, può raggiungere valori
maggiori di 20. Questa caratteristica unitamente alla presenza di sequenze incomplete di Bouma e
alla scarsa presenza di strutture erosive fanno ipotizzare una deposizione da correnti di torbidità a
bassa densità in un ambiente di mare profondo. Caratteristica peculiare del Flysch di Ottone è la
presenza di strati medi e sottili a geometria lenticolare di brecce poligeniche granulo-sostenute
analoghe a quelle riconosciute nel Complesso di Casanova.
La frazione arenitica è caratterizzata da una composizione silicoclastica di tipo arcosico in cui
prevalgono frammenti monomineralici di quarzo e feldspato e subordinati frammenti di roccia
granitoide e metamorfiti di basso grado. In prossimità del passaggio stratigrafico con il Complesso
di Casanova sono presenti strati a composizione litoarenitica con presenza di frammenti ofiolitici,
calcilutiti, radiolariti e granitoidi di composizione confrontabile con quella delle sottostanti arenarie
ofiolitiche del Complesso di Casanova.
• Unità tettonica Monte delle Tane L’Unità tettonica Monte delle Tane è caratterizzata da una successione costituita dal solo
Complesso di Monte Ragola (Elter & Marroni , 1991). Sebbene questo complesso sia attualmente
delimitato da superfici tettoniche, è probabile che esso rappresentasse, in analogia con il
Complesso di Casanova, la base stratigrafica di un flysch ad Elmintoidi. L’Unità Monte delle Tane
è sovrascorsa dalla Sottounità Scabiazza, mentre alla base, probabilmente a causa di un
sovrascorrimento fuori sequenza tardivo, essa si sovrappone all’Unità Cassio. Alcuni autori
(Pagani et alii, 1972; Terr ano va & Zanzucchi , 1982, 1983; Casnedi et alii, 1993) ritengono che
l’Unità di Monte delle Tane costituisse un unico elemento tettonico con l’Unità di Ottone resosi
indipendente durante le fasi tettoniche tardive.
Complesso di Monte Ragola (MRA) – (Santoniano superiore-Campaniano inferiore)
Il Complesso di Monte Ragola (Elter & Marroni , 1991; Elter et alii, 1997) affiora nell’area nord-
orientale del territorio comunale in un fascia che va da Colleri a Casone, dove lo spessore
massimo è valutabile in almeno 300 m.
Questi depositi sono caratterizzati da diverse litofacies che si ripetono nella successione e
mostrano rapporti stratigrafici laterali e verticali.
Arenarie ofiolitiche (MRAa) (cfr. Arenarie di Casanova Auctt.). Si tratta di torbiditi arenaceo-
pelitiche costituite da strati da medi a molto spessi di areniti a granulometria da media-grossolana
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fino a ruditica. Le areniti presentano una composizione litoarenitica caratterizzata da frammenti
riferibili ad una sequenza ofiolitica ed alla sua copertura sedimentaria.
Brecce mono e poligeniche a matrice pelitica (MRAb) (cfr. Brecce di Santa Maria Auctt.). Sono
state riconosciute in pochi affioramenti e sono costituite in prevalenza da brecce quasi
monogeniche costituite da clasti calcilutitici e lembi formazionali riferibili alle Argille a Palombini in
abbondante matrice argillitica.
Brecce poligeniche a matrice arenitica (MRAc). Generalmente si tratta di una breccia clasto-
sostenuta in strati da medi a molto spessi a geometria lenticolare; la dimensione dei clasti è
variabile dal decimetro fino a blocchi di un metro, con forme angolosi-subangolosi, e dal decimetro
fino al centimetro con clasti subangolosisubarrotondati.
Dal punto di vista composizionale prevalgono i clasti riferibili alle Argille a Palombini, ma
subordinatamente sono presenti serpentiniti, oficalciti, gabbri, graniti, diaspri, Calcari a Calpionelle,
clasti intraformazionali di arenarie ofiolitiche e clasti di granuliti.
La principale differenza dal Complesso di Casanova, oltre che per la posizione strutturale, risiede
nella composizione delle principali masse e delle brecce poligeniche. Il Complesso di Monte
Ragola è infatti caratterizzato dalla presenza olistoliti di granuliti basiche ed acide (Marroni et alii,
1998, 2001, 2003), strettamente associati a serpentiniti (Σ) e granitoidi (γ), mentre risultano
subordinate le masse di basalti (β), di diaspri (di) e Argille a Palombini (ap). Le rocce ultrafemiche
mostrano caratteristiche del tutto analoghe a quelle che caratterizzano il Complesso di Casanova.
La presenza di granuliti si riscontra anche nei clasti delle brecce poligeniche a matrice arenitica.
Il Complesso di Monte Ragola, analogamente al Complesso di Casanova, è costituito in
prevalenza da depositi originati da flussi gravitativi (torbiditi ad alta densità e colate di detrito) e
scivolamenti in massa.
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Unità Tettoniche Subliguri • Unità tettonica Canetolo Sono state attribuite all’Unità tettonica Canetolo, appartenente all’insieme Subligure, formazioni
torbiditiche calcareo-marnose e calcareo-pelitiche di età terziaria correlabili con le formazioni
affioranti nella zona tipo in Val Parma (Barbieri & Zanzuchi , 1963), correlazione ormai affermata in
letteratura (Elter et alii, 1964, 1997, 2005; Plesi , 1974, 1975, Montanari & Rossi , 1982).
La Sottounità tettonica Vico, che affiora limitatamente lungo la Val Trebbia nei pressi di Ponte di
Lovaia, a NE di Traschio e nei pressi di Carisasca, è caratterizzata da un livello di limitato
spessore. Essa è sempre sovrascorsa direttamente dalle Unità Liguri e si sovrappone a sua volta
sull’Unità tettonica Aveto.
La successione stratigrafica della Sottounità tettonica Vico è rappresentata dalle Argille e Calcari di
Canetolo e dal Flysch di Vico. La natura stratigrafica dei rapporti tra Argille e Calcari di Canetolo e
Flysch di Vico è stata riconosciuta da numerosi autori; recenti studi di carattere stratigrafico e
biostratigrafico (Peroti et alii, 1989; Cerrin a Feroni et alii, 1991; Plesi et alii, 1993) mettono in
evidenza la possibilità di originari rapporti eteropici. In altri settori dell’Appennino (Val Cedra,
Finestra di Ghiare di Berceto) l’Unità tettonica Canetolo sembra comprendere, alla base della
successione, formazioni Cretacico-paleoceniche tra cui torbiditi arenaceopelitiche di età
Coniaciano-Santoniano attribuite alla formazione delle Arenarie di Scabiazza (Cerrin a Feroni et
alii, 1991; Plesi et alii, 1993).
• Sottounità tettonica Vico Argille e Calcari di Canetolo (ACC) – (Luteziano - Eocene medio)
La formazione delle Argille e Calcari di Canetolo (Elter et alii, 1964; cfr. Calcare e Argilla di Santa
Maria di Bellinzona et alii, 1968) affiora in modo limitato nel settore Sud - Est del territorio
comunale nei pressi della loc. Tomba. A causa dell’intensa deformazione e laminazione tettonica
la formazione non raggiunge spessori superiori ai 100 m.
Le Argille e Calcari di Canetolo sono costituite dall’alternanza di peliti scure con torbiditi
carbonatiche rappresentate da strati sottili e medi di calcilutiti, dal caratteristico colore d’alterazione
giallastro, e da strati spessi e molto spessi di calcari e calcari marnosi che presentano una forte
convergenza di facies con i calcari del Flysch di Vico. Sono inoltre presenti strati torbiditici medio-
sottili di areniti medie a composizione silicoclastica. I rapporti eteropici con il Flysch di Vico, ben
documentati in Val d’Aveto e in Val Parma, non sono osservabili nell’area.
La formazione delle Argille e Calcari di Canetolo è il prodotto di una sedimentazione torbiditica
prodotta da flussi diluiti che si mettevano in posto in un bacino di mare profondo.
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Flysch di Vico (FVI) – (Ypresiano-Luteziano - Eocene inferiore-medio)
Il Flysch di Vico è stato istituito per la prima volta in Val d’Aveto da Plesi (1975), affiora in modo
limitato nel settore Sud - Est del territorio comunale nei pressi della loc. Tomba, lo spessore
massimo di questa formazione non supera i 200 m.
Il Flysch di Vico è costituito da strati da medi a molto spessi fino a banchi di calcari - marnosi,
calcari e marne a base arenitica a composizione mista o calcarenitica e con apporto
arenite/pelite<<1. A queste sequenze si intercalano torbiditi a composizione silicoclastica in strati
da sottili a medi di areniti fini e peliti. Sono inoltre presenti subordinati livelli di peliti nere prive di
carbonati in strati sottili interpretate come emipelagiti.
I rapporti eteropici con le Argille e Calcari di Canetolo, documentati in Val d’Aveto e in Val Parma,
non sono osservabili nell’area.
Il Flysch di Vico è un deposito torbiditico prodotto da flussi diluiti, ma di grande volume e
probabilmente sedimentato in un bacino in cui i flussi viaggiavano confinati.
Depositi Quaternari Depositi alluvionali terrazzati (bn1–bn2) – (Pleistocene superiore-Olocene)
I depositi alluvionali terrazzati (recenti e antichi), sono situati ad altezze modeste rispetto all’alveo
attuale, che possono raggiungere al massimo 4-5 m. Sono costituiti da ghiaie grossolane e blocchi
con matrice sabbiosa generalmente subordinata rispetto all’ossatura del deposito. Talvolta si
osserva una marcata embriciatura dei ciottoli, mentre la stratificazione è difficilmente riconoscibile.
I depositi alluvionali terrazzati sono solitamente ricoperti da una coltre limoso argillosa (derivati da
esondazioni) pedogenizzata e fissati da vegetazione anche arborea e possono essere rielaborati
solo dalle piene eccezionali.
Depositi alluvionali attuali (b) - (Olocene)
I depositi alluvionali attuali che si trovano in alveo risultano in continua elaborazione da parte del
corso d’acqua. Questi depositisono costituiti da ghiaie grossolane e blocchi clasto sostenuti con
matrice sabbiosa generalmente subordinata. La classazione è generalmente scarsa o molto
scarsa. Questi depositi vengono mobilizzati lungo i corsi d’acqua durante gli eventi di piena più
intensi. Nelle aste fluviali principali affiorano barre longitudinali sabbiose e ghiaiose reincise dagli
eventi di piena.
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Detriti di falda (a3) - (Olocene)
Si tratta di depositi generati da accumuli gravitativi, generalmente alla base di pareti rocciose,
costituiti in prevalenza da ghiaie e in modo subordinato da blocchi non cementati. La forma dei
clasti varia da spigolosa a subangolosa. In alcuni casi questi depositi possono essere ricoperti da
un livello sabbioso-limoso pedogenizzato e fissato da vegetazione. Lo spessore di questi depositi
può raggiungere in qualche caso 5 m.
Depositi di frana (a1) – (Olocene) Sono stati distinti come depositi di frana accumuli gravitativi caotici di materiali eterogenei. I
depositi sono costituiti in prevalenza da ghiaie e blocchi dispersi in matrice sabbiosa e/o limosa. In
corrispondenza delle principali valli sono riconoscibili corpi di paleofrane stabilizzate reincise dai
corsi d’acqua. I principali corpi di frana sono sviluppati nelle aree di affioramento della successione
dell’Unità Antola, delle Arenarie di Scabiazza, del Complesso di Casanova e di Monte delle Tane.
Depositi di versante (a) - (Olocene) Si tratta di depositi legati prevalentemente all’accumulo gravitativo al piede dei versanti in seguito
all’alterazione e/o al disfacimento dei rilievi. Sono costituiti da materiali eterometrici la cui natura è
funzione della composizione litologica dei retrostanti bacini di alimentazione. Possono essere
costituiti sia da depositi sabbiosi e limosi, sia da clasti eterometrici a spigoli vivi con matrice
sabbioso-limosa, generalmente non cementati. Accumuli di questo tipo sono comunemente
presenti ai piedi di tutti i versanti montuosi (sia di natura carbonatica che terrigena) .
Di seguito si riporta una sezione geologica con andamento N-S, passante a Sud dell’abitato di
Brallo di Pregola.
Legenda: a = detrito di versante; a1 = detrito di frana; b = depositi alluvionali attuali; FAN = Formazione del M. Antola; RRE = Arenarie di Gorreto; MGGa = Argilliti di Montaggio litofacies argilloso-calcarea; SCB = Arenarie di Scabiazza; FVI = Flysch di Vico; ACC = Argille e calcari di Canetolo; ap = Argille a Palombini.
N S
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11) Assetto tettonico
Dal punto di vista geologico-strutturale il territorio è caratterizzato dalla presenza di due delle
principali unità tettoniche dell’Appennino Ligure-Emiliano, con l’eccezione dei depositi di
avanfossa. L’edificio strutturale risulta infatti abbastanza completo essendo costituito (dal basso
verso l’alto) dalle unità tettoniche del Dominio Subligure (Unità Canetolo) e dalle unità tettoniche
del Dominio Ligure Esterno (Unità Monte delle Tane, Ottone e Cassio), mancano in affioramento le
unità tettoniche del Dominio Ligure Interno. Dal un punto di vista geometrico, la posizione
strutturale più elevata è occupata dall’Unità Antola che è caratterizzata da una spessa successione
del Cretaceo Superiore - Paleocene, affiorante per gran parte del territorio comunale.
Se a scala regionale l’Unità Antola sormonta tettonicamente le Unità Liguri Interne, nel territorio
interessato da presente studio sormonta direttamente le Unità Liguri Esterne rappresentate,
dall’alto verso il basso, dalle Unità Ottone, Monte delle Tane e Cassio.
Ciò è dovuto alla presenza di una delle linee tettoniche più importanti dell’Appennino
Settentrionale, la Linea Ottone-Levanto (Elter & Pertusati , 1973).
Questa linea, che si presenta come una superficie ad alto angolo e che corre parallela alle Valli
Trebbia e Staffora, in Val Trebbia corrisponde con la superficie di sovrapposizione delle Unità
Liguri Interne su quelle Esterne, mentre in Val Staffora, cioè nella sua porzione settentrionale, le
Unità Liguri Interne si laminano e la Linea Ottone-Levanto coincide con il sovrascorrimento
dell’Unità Antola sulle Unità Liguri Esterne. Da notare che in Val Trebbia l’unità strutturalmente più
elevata delle Unità Liguri Esterne è l’Unità Ottone, in Val Staffora e Val Avagnone, questa unità si
lamina e l’Unità Antola si sovrappone direttamente sull’Unità Cassio.
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12) Inquadramento geomorfologico Il territorio comunale risulta limitato ad Ovest dall’alta valle del Torrente Staffora, a Nord
orientativamente dal Fosso della Montagnola, ad Est dalla dorsale Cima di Valle Scura – Monte
Spallone, a Sud dalla Val Trebbia e dalla Val Boreca. Il territorio è inoltre dominato dalla
giustapposizione di dorsali e valli allungate in direzione meridiana ovvero dalla dorsale Monte
Lesima (1724) – Monte Colletta e dalla Val Avagnone.
I limiti amministrativi seguono pertanto in parte le linee di spartiacque ed in parte le incisioni dei
corsi d’acqua.
Le valli Trebbia e Staffora, in cui scorrono i fiumi omonimi, presentano profili trasversali con un
caratteristico aspetto a V con versanti molto ripidi e, in molti tratti, con aspetto di gola.
Caratteristica di questo settore è la presenza di una evidente asimmetria della valle principale.
Nella parte orientale sono presenti versanti meno acclivi, che presentano una morfologia dolce e
ondulata alle quote più elevate, dove si attestano molte frane antiche attualmente sospese.
Rientrano in questa definizione i versanti destri dei Fiumi Trebbia e del Fiume Staffora e la zona di
Brallo di Pregola, modellati in formazioni prevalentemente argillitiche facilmente erodibili
(Complesso di Casanova, Complesso di Monte Ragola ed Arenarie di Scabiazza) e con elevata
propensione al dissesto. Secondo vari autori (Marchetti et alii, 1979a; 1979b; Regione Emilia
Romagna - CNR, 1988) questa morfologia valliva è dovuta ad un processo di ringiovanimento del
sistema idrografico che ha inizio nel Pleistocene in seguito al sollevamento della catena. I corsi
d’acqua riprendono l’erosione della catena con l’incisione dell’originaria superficie di penepiano,
ben affiorante alle quote più alte nel contiguo Foglio Bobbio. La parte occidentale di questo settore
è impostato interamente nella successione dell’Unità del Monte Antola, in particolare nelle litologie
della Formazione di Monte Antola, molto resistenti ai processi di degradazione di versante che
permettono di mantenere profili aspri e dirupati. La giacitura monoclinale degli strati torbiditici che
caratterizza ampi settori di questa successione dà origine a delle forme tipo cuestas o hogback,
ben evidenti in panorama. Da segnalare in questo ambito morfologico le vaste superfici
debolmente inclinate situate ad ovest del Monte Alfeo e del Monte Zucchello e nella zona di Zerba,
che presentano un’acclività costante legata alla giacitura a franapoggio degli strati torbiditici. La
morfologia della zona di Zerba risulta proprio legata a questa particolare situazione geologica, ed è
inoltre caratterizzata da una vasta zona di dissesto connessa con la giacitura a franapoggio degli
strati. Nei fondovalle sono presenti due ordini di terrazzi, con l’inferiore caratterizzato da depositi
ghiaiosi non cementati situati immediatamente al di sopra dell’alveo. Questi depositi alluvionali,
sono fissati da vegetazione anche arborea e possono essere rielaborati solo dalle piene
eccezionali. E’ inoltre possibile individuare dei meandri, ben sviluppati soprattutto in Val Trebbia
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(zona sud di Ponte Organasco, zona a sud di Ottone). Non sono state riconosciute faccette
triangolari connesse ad attività neotettonica.
I fenomeni d’instabilità di versante rappresentano un aspetto distintivo del paesaggio e
probabilmente la tipologia di processo più determinante nei riguardi dell’evoluzione
geomorfologica.
In tale contesto i processi di versante più frequenti e arealmente più rappresentati consistono in
colamenti lenti ed in frane complesse, intendendo con questa definizione frane analoghe alle
precedenti, ma con meccanismo di distacco per scivolamento roto-traslazionale.
La distribuzione territoriale di questi fenomeni è legata in modo preponderante alle caratteristiche
lito-strutturali del substrato ed in particolare è ascrivibile ai litotipi argillosi o argillitici. I terreni ricchi
di argilla, a contatto con l’acqua, subiscono un rapido deterioramento delle caratteristiche
meccaniche, deformandosi plasticamente, tanto da determinare la mobilizzazione di interi versanti
o di porzioni di essi, provocando anche instabilità in zone adiacenti non necessariamente costituite
da materiali argillosi.
Nell’area in esame la maggiore concentrazione di questi fenomeni si rileva in corrispondenza
dell’affioramento del Complesso Casanova e nelle Arenarie di Scabiazza.
Secondo quanto definito dal progetto nazionale IFFI (Inventario Fenomeni Franosi Italiani) i
colamenti lenti sono movimenti spazialmente continui che interessano terreni ad elevato contenuto
argilloso, caratterizzati da bassa velocità; le superfici di taglio hanno breve durata, sono molto
ravvicinate e generalmente non si conservano.
Nonostante una discreta variabilità delle caratteristiche associate a tali fenomeni, si può asserire
che i colamenti lenti si esplicano con movimenti simili a quelli dei fluidi viscosi; lo spostamento
della massa in frana sul materiale in posto si sviluppa per movimenti differenziali molto lenti,
preferibilmente lungo più superfici di taglio in apparenza non collegate tra loro, e tende ad esaurirsi
gradualmente all’aumentare della profondità; il materiale che viene movimentato da tali fenomeni è
rappresentato dalle coperture sciolte e talvolta dall’orizzonte più superficiale del substrato roccioso,
disarticolato e fratturato. La bassa velocità di movimento, carattere distintivo per questi fenomeni,
può essere collocata tra le classi estremamente lento e molto lento della classificazione
IUGS/WGL. La dinamica di movimento implica però che la velocità, soprattutto in riferimento ai
fenomeni più estesi, non sia omogenea né spazialmente né tanto meno a livello temporale.
Arealmente, l’evoluzione cinematica di questi versanti è spesso non omogenea, infatti accanto a
settori a dinamica relativamente rapida si trovano affiancate zone in cui il fenomeno procede in
modo più lento. Analoga variabilità cinematica si riscontra in senso verticale, con una diminuzione
della velocità di movimento dall’alto verso il basso.
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Dal punto di vista temporale, considerata la spiccata stagionalità che caratterizza questo tipo di
frane, i tassi di movimento maggiori si riscontrano nei periodi umidi e piovosi mentre, per contro, le
fasi di rallentamento o quiescenza sono correlabili alle stagioni più asciutte.
Nel territorio in esame, in conseguenza delle caratteristiche lito-strutturali relativamente omogenee,
i fenomeni di colamento spesso interessano interi versanti tanto da rendere calzante il concetto di
deformazioni plastiche di versante. I versanti interessati dai movimenti, sebbene in modo più o
meno marcato, si presentano completamente deformati e contraddistinti da contropendenze, a
tergo delle quali spesso ristagna acqua; le forme sono in generale dolcemente ondulate e
rigonfiate.
La lentezza, che contraddistingue questi fenomeni, e l’ambiente collinare in cui si sviluppano
implicano che i segnali morfologici distintivi del movimento risultino spesso sfumati e poco definiti
e, per conseguenza, i limiti di frana sovente non possono essere precisamente determinati.
Per quanto riguarda l’interazione tra le attività umane e questi fenomeni franosi, proprio in
conseguenza della loro cinematica particolarmente lenta, in genere si registrano poche vittime ma,
per contro, diffusi danni alle infrastrutture quali abitazioni e vie di comunicazione.
Tra le forme morfologiche caratterizzanti il territorio comunale di ricordano quelle di tipo fluviale
rappresentate dall’alveo attivo del T. Staffora, del T. Avagnone e del F. Trebbia, ove si individuano
aree ad elevata pericolosità per esondazione, e dai conoidi generati da alcuni loro affluenti.
Caratteristiche dei dissesti idrogeologici La cartografia tematica evidenzia come già detto il notevole sviluppo del dissesto idrogeologico
caratterizzato da numerosi movimenti franosi anche estesi e profondi, impostati sia sul substrato
che superficialmente coinvolgono spesso la coltre di alterazione.
In relazione allo stato di attività di una frana ci si basa sulla seguente classificazione:
Frana attiva: fenomeno in atto al momento del rilevamento che ha evidenziato indizi recenti
di attività.
Frana quiescente: fenomeno che, pur non presentando indizi di attività in tempi recenti, può
essere riattivato dalle stesse cause che ne hanno determinato il movimento iniziale.
Frana stabilizzata: fenomeno per il quale le cause responsabili del movimento gravitativo
sono state definitivamente rimosse o a seguito di interventi artificiali o a seguito di
evoluzione naturale.
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In funzione della pendenza dei versanti sono state rilevate aree ove il pendio mostra una
pendenza >35°, il che lo rende altamente instabile. Tali aree sono concentrate maggiormente nel
settore occidentale e meridionale del territorio comunale.
Nel complesso all’interno del territorio comunale di Brallo di Pregola le frane maggiormente
presenti sono quelle di tipo quiescente e attivo, tuttavia in rapporto all’estensione territoriale quelle
arealmente più diffuse sono le frane di tipo stabilizzato (Fig. 12.2).
In sintesi, si può sostenere che il dissesto colpisce il 23% del territorio comunale (Fig. 12.1) e ben il
15% delle aree in dissesto è interessato da movimenti gravitativi in stato di attività (Fig. 12.2).
PERCENTUALE DI TERRITORIO COMUNALE IN DISSESTO
Fig. 12.1 – Grafico a torta rappresentante le percentuali di territorio comunale interessato da dissesto.
PERCENTUALE DELLA SUPERFICIE DELLE SOLE AREE IN DISSESTO
Fig. 12.2 – Grafico a torta rappresentante le percentuali delle sole aree in dissesto.
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Nell’area di fondovalle del T. Staffora e del T. Avagnone e sono state rilevate aree potenzialmente
inondabili e zone di conoide. Di queste ultime se ne sono individuate cinque di cui tre sulla sponda
destra del T. Staffora e due sul T. Avagnone di cui rispettivamente una in sponda destra e una in
sponda sinistra. Tutti e cinque i conoidi sono attivi e non protetti.
13) Classificazione sismica del territorio ed aspetti normativi Nell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003 viene fornita
una nuova zonizzazione sismica in sostituzione di quella del D.M. 5 Marzo 1984. L’OPCM 3274
fornisce anche le normative tecniche da utilizzare per le costruzioni nelle zone sismiche.
La nuova classificazione è articolata in 4 zone, di cui le prime tre corrispondono alle zone di
sismicità alta (S=12), media (S=9) e bassa (S=6), secondo gli adempimenti previsti dalla Legge
64/74, mentre la zona 4, di nuova introduzione, consente alle regioni di imporre l’obbligo della
progettazione antisismica.
I suddetti Criteri prevedono che in prima
applicazione, sino alle deliberazioni delle
Regioni, le zone sismiche siano
individuate sulla base del documento
“Proposta di riclassificazione sismica del
territorio nazionale”, elaborato dal Gruppo
di Lavoro costituito sulla base della
risoluzione della Commissione Nazionale
di Previsione e Prevenzione dei Grandi
Rischi nella seduta del 23 aprile 1997;
alcune precisazioni fanno sì che i Comuni
già classificati prima dell’ordinanza non
possano essere assegnati ad una zona di
pericolosità inferiore.
Lo scopo di tale Ordinanza è quello di elaborare una nuova mappa nazionale di riferimento,
espressa in termini di accelerazione orizzontale di picco al suolo.
Fig. 13.1 - Zonazione sismica del territorio
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Tale mappa sarà la base per gli aggiornamenti degli elenchi delle zone sismiche attuati dalle
Regioni.
Fig. 13.2 - Zonazione sismica del territorio italiano – fonte Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – 2003 Ai sensi dell’ordinanza n. 3274 - Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 20 Marzo 2003
– “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale
e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica” e successive integrazioni il territorio
comunale di Brallo di Pregola è inserito in Zona 3 “comuni che possono essere soggetti a
scuotimenti modesti ”.
ZONE SISMICHE (LIVELLO DI PERICOLOSITA’)
CLASSIFICAZIONE SISMICA ITALIANA
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Criteri generali per l’individuazione delle zone sismiche
Il Testo delle nuove Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. Infrastrutture 14 gennaio 2008,
entrato in vigore il 01 luglio 2009) contiene elementi in materia di criteri generali per la
classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona
sismica.
L’azione sismica sulle costruzioni è valutata a partire da una “pericolosità sismica di base”, in
condizioni ideali di sito di riferimento rigido con superficie topografica orizzontale.
La “pericolosità sismica di base”, costituisce l’elemento di conoscenza primario per la
determinazione delle azioni sismiche; essa viene definita come la probabilità che in un dato luogo
e in un dato momento si verifichi un evento sismico dannoso a cose o persone.
La Pericolosità sismica di base calcola (generalmente in maniera probabilistica), per una certa
regione e in un determinato periodo di tempo, i valori dei parametri che descrivono lo scuotimento
prodotto dal terremoto (velocità o/e accelerazione, intensità, ordinate spettrali) in condizioni di
sottosuolo rigido e senza irregolarità morfologiche (bedrock sismico affiorante), corrispondenti a
prefissate probabilità di eccedenza. La scala di studio è solitamente regionale (centinaia di km).
La finalità di questi studi è la classificazione sismica a larga scala del territorio finalizzata alla
programmazione delle attività di prevenzione e pianificazione dell’emergenza. Costituisce la base
per la definizione del terremoto di riferimento per studi di microzonazione sismica.
Viene definita invece “pericolosità sismica locale” la componente del rischio sismico dovuta alle
caratteristiche locali (geologiche e morfologiche). Lo studio della pericolosità sismica locale è
svolto a scala di dettaglio, partendo dai risultati degli studi di pericolosità sismica di base
(terremoto di riferimento) ed analizzando i caratteri geologici, geomorfologici e geologico-tecnici
del sito; questo permette di definire gli effetti legati al comportamento del terreno in caso di evento
sismico, rappresentati dalle amplificazioni locali e dai fenomeni di instabilità e conseguenti alla
presenza di particolari condizioni geologiche e morfologiche locali.
Gli studi effettuati da gruppi di ricerca (INGV, 2004) hanno permesso di elaborare una “Mappa di
Pericolosità Sismica del territorio nazionale” (vedi Fig. 13.3 e 13.4), espressa in termini di
accelerazione massima del suolo (amax), riferita a suoli molto rigidi (Vs30 > 800 m/s), che
rappresenta la probabilità che si verifichi un sisma con tempi di ritorno Tr=475 anni.
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Fig. 13.3.- Mappa di Pericolosità sismica del Territorio nazionale (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia)
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Fig. 13.4 -Mappa di pericolosità sismica del territorio nazionale – Regione Lombardia
Dall’osservazione della mappa emerge che la provincia di Pavia è caratterizzata da valori di amax
mediamente bassi (0,025g<amax<1,125g) ed i valori maggiori di amax (1,125g) si registrano nella
zona nord-appenninica (Valle Staffora); il Comune di Brallo di Pregola presenta valori compresi fra
0,100<amax<0,125.
La Fig. 13.5 rappresenta la mappa delle massime intensità macrosismiche osservate nei comuni
italiani: si osserva che nel territorio in esame sono state registrate intensità elevate (Imax=7).
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Fig. 13.5 - Massime intensità macrosismiche osservate nei comuni italiani
Dal sito dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) è stato possibile estrapolare i
dati relativi agli eventi sismici storici che hanno interessato il Pavese ed è emerso che nell’anno
1759 ci fu un terremoto che colpì la città di Pavia ed i suoi dintorni (Tab.1).
Le serie registrate in Valle Staffora, evidenziate in Tabella 1, sono solo alcune di quelle che ancora
oggi interessano l’Oltrepo Pavese.
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Storia sismica di Pavia Is Anno Me Gi Or Mi Se AE Io Mw 6 1759 05 26 01 30 PAVIA 6 4.83 6 1802 05 12 09 30 Valle dell'Oglio 8 5.67 6 1828 10 09 02 20 Valle dello Staffora 7-8 5.67 6 1951 05 15 22 54 Lodigiano 6-7 5.24 D 1117 01 03 13 Veronese 9-10 6.49 5 1901 10 30 14 49 58 Salo' 8 5.67 5 1913 12 07 01 28 Novi Ligure 5 4.72 5 1920 09 07 05 55 40 Garfagnana 9-10 6.48
4-5 1695 02 25 05 30 Asolano 9-10 6.61 4-5 1887 02 23 05 21 50 Liguria occidentale 9 6.29 4-5 1945 06 29 15 37 13 Valle dello Staffora 7-8 5.15
LEGENDA Is = intensità al sito (MCS) Io = intensità epicentrale (MCS) Mw = magnitudo momento
Tabella 1: Eventi sismici storici del pavese (Catalogo CPTI11 – INGV)
Di seguito si riportano tre stralci del settore dell’Oltrepo pavese e dintorni, estrapolati dalla
consultazione interattiva del Catalogo online CPTI11 dell’ INGV, ove vengono riportati i principali
eventi sismici verificatisi nel periodo compreso tra l’anno 1000 e l’anno 1988 e nel periodo tra
l’anno 1900 e 2006.
Terremoti verificatesi dal 1000 al 1899. Non si riscontrano terremoti verificatosi nel
territorio di Brallo di Pregola
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I dati mostrano terremoti nell’intorno del territorio comunale e nel comune stesso di Brallo di
Pregola, caratterizzati da intensità epicentrale compresa tra 2 e 3-4, influenzati maggiormente dal
sistema tettonico della Val Trebbia.
Normativa Regionale
L’ Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 “Primi elementi in materia di criteri
generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le
costruzioni in zona sismica” (G.U. n. 105 del 8-5-2003 Supp. Ordinario n. 72) individua in prima
applicazione le zone sismiche nelle quali è suddiviso il territorio nazionale, e le normative tecniche
da adottare per le costruzioni in tali aree.
L’ordinanza è nata dalla necessità di dare una risposta integrata alle esigenze poste dal rischio
sismico a seguito del ripetersi di eventi calamitosi che hanno interessato anche zone non
classificate sismiche.
L’ordinanza è intervenuta direttamente sull’aggiornamento della pericolosità sismica “ufficiale”,
ossia sulla classificazione sismica e sugli strumenti per progettare e costruire, ossia sulle norme
tecniche per le costruzioni in zona sismica.
Le zone sono state determinate sulla base dei valori di accelerazione di picco orizzontale del suolo
(ag), con probabilità di superamento del 10% in 50 anni, secondo lo schema di Tabella 2:
Terremoti verificatesi dal 1900 al 2006 In particolare le due immagini si riferiscono
ad aprile 2005
Brallo Brallo
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Accelerazione orizzontale con probabilità di superamento pari al
10 % in 50 anni [ag/g]
Accelerazione orizzontale di ancoraggio dello spettro di risposta elastico (Norme
Tecniche) [ag/g]
Zona 1 > 0,25 0,35 Zona 2 0,15-0,25 0,25 Zona 3 0,05-0,15 0,15 Zona 4 <0,05 0,05
Tabella 2 : zone sismiche
La Regione Lombardia, con D.G.R. n. 7/14964 del 07.11.2003, ha emanato disposizioni preliminari
per l’attuazione dell’Ordinanza P.C.M., recependo in via transitoria e sino a nuova determinazione,
l’elenco delle zone sismiche in Lombardia.
14) Caratterizzazione del sito dal punto di vista sismico
Per la classificazione del sito è necessario conoscere le caratteristiche stratigrafiche del sottosuolo
dell’area indagata, utilizzando prove penetrometriche dinamiche (SPT o SCPT) o statiche (CPT) o
attraverso la sismica a rifrazione.
In particolare devono essere noti:
il numero e lo spessore degli strati di copertura, cioè dei livelli sovrastanti il bedrock o il
bedrock-like, intendendo con questi termini l’eventuale substrato roccioso (bedrock) o uno
strato sciolto (bedrock-like) con velocità delle onde S nettamente maggiore dei livelli superiori,
generalmente con valori oltre i 500-700 m/s;
la velocità delle onde S negli strati di copertura.
15) Azione sismica Le azioni sismiche di progetto si definiscono a partire dalla “pericolosità sismica di base” del sito di
costruzione.
La pericolosità sismica è definita in termini di accelerazione orizzontale massima attesa ag in
condizioni di campo libero su sito di riferimento con superficie topografica orizzontale (di categoria
A), nonché di ordinate dello spettro di risposta elastico in accelerazione ad essa corrispondente
Se(T), con riferimento a prefissate probabilità di eccedenza PVR nel periodo di riferimento VR. In
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alternativa è ammesso l’uso di accelerogrammi, purché correttamente commisurati alla pericolosità
sismica del sito.
Le forme spettrali sono definite, per ciascuna delle probabilità di superamento nel periodo di
riferimento PVR, a partire dai valori dei seguenti parametri su sito di riferimento rigido orizzontale:
ag accelerazione orizzontale massima al sito
F0 valore massimo di fattore di amplificazione dello spettro in accelerazione orizzontale
T*C periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro in accelerazione
orizzontale.
Ai fini della definizione dell’azione sismica di progetto nell’OPCM 3274 e nelle nuove Norme
Tecniche per le Costruzioni vengono definite le seguenti categorie di suolo di fondazione:
Categoria Descrizione
A Ammassi rocciosi affioranti o terreni molto rigidi caratterizzati da valori di Vs,30
superiori a 800 m/s, eventualmente comprendenti in superficie uno strato di alterazione con spessore massimo pari a 3 m
B
Rocce tenere e depositi di terreni a grana grossa molto addensati o terreni a grana fine molto consistenti con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di Vs,30 compresi tra 360 m/s e 800 m/s (ovvero Nspt,30 >50 nei terreni a grana grossa e Cu,30 > 250 kPa nei terreni a grana fine)
C
Depositi di terreni a grana grossa mediamente addensati o terreni a grana fine mediamente consistenti, con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di Vs,30 compresi tra 180 m/s e 360 m/s (ovvero 15 < Nspt,30 < 50 nei terreni a grana grossa e 70 < Cu,30< 250 kPa nei terreni a grana fine)
D
Depositi di terreni a grana grossa scarsamente addensati o di terreni a grana fine scarsamente consistenti, con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di Vs,30 inferiori a 180 m/s (ovvero Nspt,30 < 15 nei terreni a grana grossa e Cu,30 < 70 kPa nei terreni a grana fine)
E Terreni dei sottosuoli di tipo C o D per spessore non superiore a 20 m, posti sul substrato di riferimento (con Vs,30 > 800 m/s)
Tabella 3: categoria del suolo
In aggiunta a queste categorie se ne definiscono altre due per le quali è necessario predisporre
specifiche analisi per la definizione dell’azione sismica:
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Categoria Descrizione
S1 Depositi di terreni caratterizzati da valori di Vs,30 inferiori a 100 m/s (ovvero 10 < Cu,30 < 20 kPa), che includono uno strato di almeno 8 m di terreni a grana fine di bassa consistenza, oppure che includono almeno 3 m di torba o di argille altamente organiche
S2 Depositi di terreni suscettibili a liquefazione, di argille sensitive o qualsiasi altra categoria di sottosuolo non classificabile nei tipi precedenti
Tabella 4: categoria del suolo
Nelle definizioni precedenti Vs,30 è la velocità media di propagazione delle onde di taglio entro 30 m
di profondità.
I suoli di fondazione sono suddivisi in cinque classi (A, B, C, D, E) più due speciali (S1 e S2), in
base alle loro caratteristiche stratigrafiche ed alla velocità media delle onde sismiche di taglio
(trasversali) entro 30 metri di profondità, ovvero alle Vs30:
hi = Spessore in metri dello strato i-esimo
Vi = Velocità dell'onda di taglio i-esima
N = Numero di strati
Secondo quanto indicato dal D.M. nel caso di sottosuoli di terreni a grana grossa e a grana fine,
distribuiti con spessori confrontabili nei primi trenta metri di profondità, ricadenti nelle categorie da
A ad E, quando non si disponga di misure dirette della velocità delle onde di taglio si può
procedere come segue:
determinare NSPT,30 limitatamente agli stati di terreno a grana grossa compresi entro i primi 30
m di profondità
determinare Cu,30 limitatamente agli stati di terreno a grana fine compresi entro i primi 30 m di
profondità
individuare le categorie corrispondenti singolarmente ai parametri NSPT30 e Cu30 riferire il sottosuolo alla categoria peggiore tra quelle individuate.
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16) Pericolosità sismica locale Le particolari condizioni geologiche e geomorfologiche di una zona (condizioni locali) possono
influenzare, in occasione di eventi sismici, la pericolosità sismica di base producendo effetti diversi
da considerare nella valutazione generale della pericolosità sismica dell’area.
Tali effetti vengono distinti in funzione del comportamento dinamico dei materiali coinvolti; pertanto
gli studi finalizzati al riconoscimento delle aree potenzialmente pericolose dal punto di vista sismico
sono basati, in primo luogo, sull’identificazione della categoria di terreno presente in una
determinata area.
Tra le prime analisi da eseguire per la valutazione della Pericolosità Sismica Locale riveste un
ruolo primario l’identificazione delle categorie di terreno che caratterizzano una determinata area e
della ricostruzione delle caratteristiche litologiche del sottosuolo.
Successivamente, in funzione delle caratteristiche del sottosuolo si distinguono due gruppi di effetti
locali: quelli di sito (amplificazione sismica locale) e quelli dovuti ad instabilità.
Gli effetti di sito interessano tutti quei terreni che mostrano dei comportamenti stabili nei confronti
delle sollecitazioni sismiche previste. Questi effetti si riferiscono alle modificazioni di ampiezza,
durata e contenuto in frequenza che un “terremoto di riferimento” può subire durante
l’attraversamento dell’intervallo tra il bedrock ed il piano campagna, a causa dell’interazione delle
onde sismiche con le particolari condizioni locali.
Gli effetti di sito si possono suddividere in:
Fig. 16.1 – Scenari di pericolosità sismica locale
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• Effetti di amplificazione topografica
Si manifestano in presenza di superfici topografiche più o meno articolate che favoriscono la
focalizzazione delle onde sismiche in prossimità delle creste dei rilievi.
• Effetti di amplificazione litologica/stratigrafico
Tali effetti sono funzione delle variazioni litologiche locali e delle relativa differente risposta sismica
all’evento di riferimento.
Gli effetti di instabilità interessano tutti i terreni che mostrano un comportamento instabile (o
potenzialmente tale) nei confronti dell’azione di un sisma. Rientrano in tale categoria: i versanti in
equilibrio precario soggetti al rischio di riattivazione e di neoformazione di fenomeni morfogenetici
(frane), le aree interessate da strutture geologiche significative (faglie, contatti stratigrafici) e le
aree con terreni aventi caratteristiche geotecniche e geomeccaniche scadenti.
Analisi della sismicità locale Nell’ambito delle competenze in materia sismica trasferite dallo Stato alle Regioni a seguito del
D.lgs 112/98 e in relazione alla normativa urbanistica regionale riguardante il Governo del
Territorio (LR 12/05), la Regione Lombardia ha emanato, con DGR n.9/1566 del 22/12/2005, i
“Criteri ed indirizzi per la definizione della componente geologica, idrogeologica e sismica del
piano di Governo del Territorio”, aggiornati con DGR n. 8/7374 del 28/05/2008 e successiva DGR
n. 9/2616 del 30/11/2011. L’allegato 5 riporta la procedura da seguire per la valutazione della
componente sismica territoriale da applicarsi in fase di pianificazione. Tale procedura è stata
messa a punto nel corso degli anni 2004-2005 ed è in totale accordo con le linee guida contenute
nel documento “Indirizzi e Criteri per la microzonazione sismica” del 2008, ed in un certo senso ne
anticipa alcuni aspetti: in particolare essa è strutturata in 3 livelli di approfondimento.
La nuova metodologia prevede tre livelli di approfondimento in funzione della zona di
appartenenza del comune, dell’opera in progetto e delle caratteristiche geologiche e morfologiche
dell’area.
I livelli di approfondimento sono di seguito definiti (Fig. 16.2):
• 1° Livello: riconoscimento delle aree passibili di amplificazione sismica sulla base sia di
osservazioni geologiche (cartografia di inquadramento) sia dei dati esistenti. Questo livello
d’indagine prevede la realizzazione della Carta della pericolosità sismica locale;
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• 2° Livello: caratterizzazione semi-quantitativa degli effetti di amplificazione attesi nelle aree
perimetrate nella Carta di pericolosità Sismica Locale, che fornisce la stima della risposta
sismica dei terreni in termini di Fattore di Amplificazione (Fa);
• 3° Livello: definizione degli effetti di amplificazione tramite indagini ed analisi più approfondite.
Fig.16.2 - Diagramma di flusso dei dati necessari e dei percorsi da seguire nei tre livelli di indagine.
Nella tabella seguente vengono sintetizzati gli adempimenti e la tempistica in funzione della zona
sismica di appartenenza del comune, che nel caso specifico del Comune di Brallo di Pregola
ricade in zona sismica 3.
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Livelli di approfondimento e fasi di applicazione 1° livello 2° livello 3° livello
fase pianificatoria fase pianificatoria fase progettuale
Zona sismica
2-3
obbligatorio
Nelle zone PSL Z3 e Z4 se interferenti con urbanizzato e urbanizzabile, ad esclusione delle aree già inedificabili
-Nelle aree indagate con il 2^ livello quando Fa calcolato > valore soglia comunale; -Nelle zone PSL Z1e Z2.
Zona sismica 4 obbligatorio
Nelle zone PSL Z3 e Z4 solo per edifici strategici e rilevanti di nuova previsione (elenco tipologico di cui al d.d.u.o. n. 19904/03)
-Nelle aree indagate con il 2^ livello quando Fa calcolato > valore soglia comunale; -Nelle zone PSL Z1 e Z2 per edifici strategici e rilevanti.
PSL = Pericolosità Sismica Locale
Tabella 5 – Pericolosità sismica locale
Analisi 1° livello Come precedentemente indicato l’analisi di primo livello consiste in un approccio di tipo qualitativo
e costituisce la base dalla quale partire per i successivi livelli di approfondimento.
Il metodo permette l’individuazione delle zone ove i diversi effetti prodotti dall’azione sismica sono,
con buona attendibilità, prevedibili, sulla base di osservazioni geologiche e sulla raccolta dei dati
disponibili per una determinata area, quali la cartografia topografica di dettaglio la cartografia
geologica e dei dissesti ed i risultati di indagini geognostiche, geofisiche e geotecniche già svolte e
che saranno oggetto di un’analisi mirata alla definizione delle condizioni locali (spessore delle
coperture e condizioni stratigrafiche generali, posizione e regime della falda, proprietà indice,
caratteristiche di consistenza, grado di sovraconsolidazione, plasticità e proprietà geotecniche
nelle condizioni naturali, ecc.).
Il prodotto finale è la carta della pericolosità sismica locale (PSL), in cui viene riportata la
perimetrazione areale degli scenari (Tabella 6); tale livello si applica in fase di pianificazione su
tutto il territorio comunale ed è obbligatorio in tutti i comuni della Regione Lombardia.
Si riportano di seguito gli scenari di pericolosità sismica locale come da DGR 9/2616 del
30/11/2011:
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Sigla SCENARIO PERICOLOSITA’ SISMICA LOCALE EFFETTI Z1a Zona caratterizzata da movimenti franosi attivi Z1b Zona caratterizzata da movimenti franosi quiescenti
Z1c Zona potenzialmente franosa o esposta a rischio di frana Instabilità
Z2a Zone con terreni di fondazione particolarmente scadenti (riporti poco addensati, depositi altamente compressibili, ecc.)
Cedimenti e/o liquefazioni
Z2b Zone con depositi granulari fini saturi Liquefazioni
Z3a Zona di ciglio H > 10 m (scarpata, bordo di cava, nicchia di distacco, orlo di terrazzo fluviale o di natura antropica, ecc.)
Z3b Zona di cresta rocciosa e/o cocuzzolo: appuntite -arrotondate
Amplificazioni topografiche
Z4a Zona di fondovalle e di pianura con presenza di depositi alluvionali e/o fluvio-glaciali granulari e/o coesivi
Z4b Zona pedemontana di falda di detrito, conoide alluvionale e conoide deltizio-lacustre
Z4c Zona morenica con presenza di depositi granulari e/o coesivi (compresi le coltri loessiche)
Z4d Zone con presenza di argille residuali e terre rosse di origine eluvio-colluviale
Amplificazioni litologiche e geometriche
Z5 Zona di contatto stratigrafico e/o tettonico tra litotipi con caratteristiche fisico-meccaniche molto diverse
Comportamenti differenziali
Tabella 6 - scenari di pericolosità sismica locale – effetti
Sigla SCENARIO PERICOLOSITA’ SISMICA LOCALE CLASSE DI
PERICOLOSITA’ SISMICA
Z1a Zona caratterizzata da movimenti franosi attivi H3 Z1b Zona caratterizzata da movimenti franosi quiescenti
Z1c Zona potenzialmente franosa o esposta a rischio di frana H2 – livello di
approfondimento 3°
Z2a Zone con terreni di fondazione particolarmente scadenti (riporti poco addensati, depositi altamente compressibili, ecc.)
H2 – livello di approfondimento 3°
Z2b Zone con depositi granulari fini saturi H2 – livello di approfondimento 3°
Z3a Zona di ciglio H > 10 m (scarpata, bordo di cava, nicchia di distacco, orlo di terrazzo fluviale o di natura antropica, ecc.)
Z3b Zona di cresta rocciosa e/o cocuzzolo: appuntite -arrotondate H2 – livello di
approfondimento 2°
Z4a Zona di fondovalle e di pianura con presenza di depositi alluvionali e/o fluvio-glaciali granulari e/o coesivi
Z4b Zona pedemontana di falda di detrito, conoide alluvionale e conoide deltizio-lacustre
Z4c Zona morenica con presenza di depositi granulari e/o coesivi (compresi le coltri loessiche)
Z4d Zone con presenza di argille residuali e terre rosse di origine eluvio-colluviale
H2 – livello di approfondimento 2°
Z5 Zona di contatto stratigrafico e/o tettonico tra litotipi con caratteristiche fisico-meccaniche molto diverse H2 – livello di
approfondimento 3°
Tabella 7- scenari di pericolosità sismica locale – classe di pericolosità sismica
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Nel caso del comune di Brallo di Pregola le caratteristiche geologiche, morfologiche ed
idrogeologiche hanno portato all’individuazione delle zone:
Z1a caratterizzata da movimenti franosi attivi
Z1b caratterizzata da movimenti franosi quiescenti
Z1c potenzialmente franosa o esposta a rischio frana (movimenti franosi stabilizzati)
Z2a zone con terreni di fondazione scadenti
Z3a zona di ciglio H > 10 m (scarpata) Z3b zona di cresta rocciosa e/o cocuzzolo appuntita
Z4a zone di fondovalle e di pianura con presenza di depositi alluvionali e/o fluvioglaciali granulari
e/o coesivi
Z4b zona di falda di detrito e di conoide alluvionale.
Z5 zona di contatto stratigrafico e/o tettonico tra litotipi con caratteristiche fisico-meccaniche
molto diverse Analisi 2° livello L’applicazione del 2° livello consente l’individuazione delle aree in cui la normativa nazionale
risulta insufficiente a salvaguardare dagli effetti di amplificazione sismica locale (Fa calcolato
superiore a Fa di soglia comunale forniti dal Politecnico di Milano).
Amplificazione litologica - Z4b Zona pedemontana di falda di detrito, conoide alluvionale e conoide deltizio-lacustre La procedura semplificata richiede la conoscenza dei seguenti parametri:
- litologia prevalente dei materiali presenti nel sito;
- stratigrafia del sito;
- andamento delle Vs con la profondità fino a valori pari o superiori a 800 m/s; in mancanza del
raggiungimento del bedrock (Vs ≥ 800 m/s) con le indagini è possibile ipotizzare un opportuno
gradiente di Vs con la profondità sulla base dei dati ottenuti dall’indagine, tale da raggiungere il
valore di 800 m/s;
- spessore e velocità di ciascun strato;
- sezioni geologiche, conseguente modello geofisico - geotecnico ed identificazione dei punti
rappresentativi sui quali effettuare l’analisi.
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Sulla base di intervalli indicativi di alcuni parametri geotecnici, quali curva granulometrica,
parametri indice, numero di colpi della prova SPT, si individua la litologia prevalente presente nel
sito e per questa si sceglie la relativa scheda di valutazione di riferimento.
Attualmente sono disponibili:
- una scheda per le litologie prevalentemente ghiaiose;
- due schede per le litologie prevalentemente limoso-argillose (tipo 1 e tipo 2);
- due schede per le litologie prevalentemente limoso-sabbiose (tipo 1 e tipo 2);
- una scheda per le litologie prevalentemente sabbiose.
Una volta individuata la scheda di riferimento è necessario verificarne la validità in base
all’andamento dei valori di Vs con la profondità; in particolare si dovrà verificare l’andamento delle
Vs con la profondità partendo dalla scheda tipo 1, nel caso in cui non fosse verificata la validità per
valori di Vs inferiori ai 600 m/s si passerà all’utilizzo della scheda tipo 2.
In presenza di una litologia non contemplata dalle schede di valutazione allegate si potrà utilizzare
la scheda di valutazione che presenta l’andamento delle Vs con la profondità più simile a quella
riscontrata nell’indagine.
Nel caso esista la scheda di valutazione per la litologia esaminata ma l’andamento delle Vs con la
profondità non ricade nel campo di validità della scheda potrà essere scelta un’altra scheda che
presenti l’andamento delle Vs con la profondità più simile a quella riscontrata nell’indagine.
Nel caso di presenza di alternanze litologiche, che non presentano inversioni di velocità con la
profondità, si potranno utilizzare le schede a disposizione solo se l’andamento dei valori di Vs con
la profondità, nel caso da esaminare, risulta compatibile con le schede proposte.
In presenza di alternanze litologiche con inversioni di velocità con la profondità si potrà utilizzare la
scheda di valutazione che presenta l’andamento delle Vs con la profondità più simile a quella
riscontrata nell’indagine e si accetteranno anche i casi in cui i valori di Vs escano dal campo di
validità solo a causa dell’inversione.
All’interno della scheda di valutazione si sceglie, in funzione della profondità e della velocità Vs
dello strato superficiale, utilizzando la matrice della scheda di valutazione, la curva più appropriata
(indicata con il numero e il colore di riferimento) per la valutazione del valore di Fa nell’intervallo
0.1-0.5 s e nell’intervallo 0.5-1.5 s, in base al valore del periodo proprio del sito T1.
Il valore di Vs dello strato superficiale riportato nella scheda è da intendersi come limite massimo
di ogni intervallo (es: per un valore di Vs dello strato superficiale ottenuto dall’indagine pari a 220
m/s si sceglierà il valore 250 m/s nella matrice della scheda di valutazione).
Qualora lo strato superficiale abbia una profondità inferiore ai 4 m si utilizzerà, per la scelta della
curva, lo strato superficiale equivalente, a cui si assegna una velocità Vs calcolata come media
pesata del valore di Vs degli strati superficiali la cui somma supera i 4 m di spessore.
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Il periodo proprio del sito T necessario per l’utilizzo della scheda di valutazione è calcolato
considerando tutta la stratigrafia fino alla profondità in cui il valore della velocità Vs è uguale o
superiore a 800 m/s ed utilizzando la seguente equazione:
ove hi e Vsi sono lo spessore e la velocità dello strato i-esimo del modello.
Il valore di Fa determinato dovrà essere approssimato alla prima cifra decimale e dovrà essere
utilizzato per valutare il grado di protezione raggiunto al sito dall’applicazione della normativa
sismica vigente.
La valutazione del grado di protezione viene effettuata in termini di contenuti energetici,
confrontando il valore di Fa ottenuto dalle schede di valutazione con un parametro di analogo
significato calcolato per ciascun comune e per le diverse categorie di suolo (Norme Tecniche per
le Costruzioni) soggette ad amplificazioni litologiche (B, C, D ed E) e per i due intervalli di periodo
0.1-0.5 s e 0.5-1.5 s.
Il parametro calcolato per ciascun Comune della Regione Lombardia è riportato nella banca dati in
formato .xls (soglie_lomb.xls) e rappresenta il valore di soglia oltre il quale lo spettro proposto
dalla normativa risulta insufficiente a tenere in considerazione la reale amplificazione presente nel
sito.
Nella tabella seguente sono riportati i valori soglia relativi ai due intervalli del periodo proprio di
oscillazione delle tipologie edilizie sopra menzionate per il comune di Brallo.
VALORI DI SOGLIA PER IL PERIODO COMPRESO TRA 0.1 – 0.5 s Comune Zona sismica Suolo tipo B Suolo tipo C Suolo tipo D Suolo tipo E
Brallo di Pregola
2 1.4 1.9 2.2 2.0
Tabella 8: valori di soglia per T compreso fra 0.1 e 0.5
VALORI DI SOGLIA PER IL PERIODO COMPRESO TRA 0.5 – 1.5 s
Comune Zona sismica Suolo tipo B Suolo tipo C Suolo tipo D Suolo tipo E
Brallo di Pregola
2 1.7 2.4 4.2 3.1
Tabella 9: valori di soglia per T compreso fra 0.5 e 1.5
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La procedura prevede pertanto di valutare il valore di Fa con le schede di valutazione e di
confrontarlo con il corrispondente valore di soglia, considerando una variabilità di + 0.1 che tiene
in conto la variabilità del valore di Fa ottenuto.
Si possono presentare quindi due situazioni:
- il valore di Fa è inferiore al valore di soglia corrispondente: la normativa è da considerarsi
sufficiente a tenere in considerazione anche i possibili effetti di amplificazione litologica del sito e
quindi si applica lo spettro previsto dalla normativa;
- il valore di Fa è superiore al valore di soglia corrispondente: la normativa è insufficiente a tenere
in considerazione i possibili effetti di amplificazione litologica e quindi è necessario, in fase di
progettazione edilizia, o effettuare analisi più approfondite (3° livello) o utilizzare lo spettro di
norma caratteristico della categoria di suolo superiore, con il seguente schema:
anziché lo spettro della categoria di suolo B si utilizzerà quello della categoria di suolo C; nel caso
in cui la soglia non fosse ancora sufficiente si utilizzerà lo spettro della categoria di suolo D;
anziché lo spettro della categoria di suolo C si utilizzerà quello della categoria di suolo D;
anziché lo spettro della categoria di suolo E si utilizzerà quello della categoria di suolo D.
Nel caso di presenza contemporanea di effetti litologici (Z4) e morfologici (Z3) si analizzeranno
entrambi i casi e si sceglierà quello più sfavorevole.
La scelta dei dati stratigrafici, geotecnici e geofisici, in termini di valori di Vs, utilizzati nella
procedura di 2° livello deve essere opportunamente motivata e a ciascun parametro utilizzato deve
essere assegnato un grado di attendibilità, secondo la seguente Tabella 10, estratta dall’allegato 5
della DGR n. 9/2616 del 30/11/2011.
DATI ATTENDIBILITA’ TIPOLOGIA
Bassa Da bibliografia e/o dati di zone limitrofe Litologici
Alta Da prove di laboratorio su campioni e da prove in sito
Bassa Da bibliografia e/o dati di zone limitrofe
Media Da prove indirette (penetrometriche e/o geofisiche)
Stratigrafici
(spessori)
Alta Da indagini dirette (sondaggi a carotaggio continuo)
Bassa Da bibliografia e/o dati di zone limitrofe
Media Da prove indirette e relazioni empiriche
Geofisici
(Vs)
Alta Da prove dirette (sismica in foro o sismica superficiale)
Tabella 10 : Livelli di attendibilità da assegnare ai risultati ottenuti dall’analisi
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Qualora il Fa sia superiore ai valori di soglia si dovrà procedere alle indagini ed agli
approfondimenti di 3° livello o, in alternativa, utilizzare lo spettro di norma caratteristico della
categoria di suolo superiore, con il seguente schema:
- anziché lo spettro della categoria di suolo B si utilizzerà quello della categoria di suolo C
- nel caso in cui la soglia non fosse ancora sufficiente si utilizzerà lo spettro di categoria D
- anziché lo spettro di categoria del suolo C si utilizzerà quello della categoria di suolo D
- anziché lo spettro di categoria di suolo E si utilizzerà quello della categoria di suolo D
Per le zone PSL Z4b (in particolare - Zona pedemontana di falda di detrito) degli abitati di Colleri e
Prodongo, sulla base delle caratteristiche litostratigrafiche del sottosuolo rappresentato da coltri
limoso – argillose sormontanti substrati marnosi prevalentemente e subordinatamente calcareo
marnoso arenacei, utilizzando i dati di indagini geofisiche eseguite, si è ricostruito quello che
potrebbe essere il più probabile andamento della velocità delle onde seconde Vs con la profondità;
quindi è stato confrontato con quello riportato nelle schede litologiche predisposte dalla Regione
Lombardia utilizzando come scheda di riferimento quella a litologia limoso – argillosa Tipo 1.
Abitato di Colleri Sulla base di quanto indicato nelle NTC/2008 ai terreni sopra individuati, sulla base di una
stratigrafia ricostruita a seguito realizzazione di prova MASW e verosimilmente costituita da 1,3 m
di areato (Vs paria a 279); 6,6 m di depositi eluvio colluviali (Vs pari a 295 m/s); 6,5 m di substrato
alterato (Vs pari a 550 m/s) e 15,6 m di substrato rigido con velocità delle onde seconde superiori
a 800 m/s si può attribuire la categoria di
sottosuolo B . Il periodo proprio di
vibrazione del sito è risultato pari a 0,130
s.
Seguendo la procedura per il calcolo del
Fattore di Amplificazione sismica si
ottengono i seguenti valori Fa
0.1s< T < 0.5s Fa 0.1-0.5s = 1.4
0.5s< T < 1.5s Fa 0.5-1.5s = 1.05
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I valori di Fa ottenuti risultano per entrambe i periodi di oscillazione inferiori al valore di soglia
comunale fornito dalla Regione Lombardia pertanto la normativa nazionale risulta sufficientemente
cautelativa nei confronti del fenomeni di amplificazione sismica locale.
Scheda utilizzata per la determinazione di Fa in località Colleri e Prodongo
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Abitato di Prodongo Sulla base di quanto indicato nelle NTC/2008, con una stratigrafia ricostruita a seguito di
realizzazione di prova MASW e verosimilmente costituita da 2,3 m depositi eluvio colluviali (Vs
paria a 156); 3,7 m di substrato alterato (Vs pari a 543 m/s) e 24 m di substrato rigido con velocità
delle onde seconde superiori a 800 m/s (1508 m/s) ai terreni si può attribuire la categoria di
sottosuolo B . Il periodo proprio di vibrazione del sito è risultato pari a 0,09 s.
Seguendo la procedura per il calcolo del Fattore di Amplificazione sismica si ottengono i seguenti
valori Fa
0.1s< T < 0.5s Fa 0.1-0.5s = 1.15
0.5s< T < 1.5s Fa 0.5-1.5s = 1.01
I valori di Fa ottenuti risultano per entrambe i periodi di oscillazione inferiori al valore di soglia
comunale fornito dalla Regione Lombardia pertanto la normativa nazionale risulta sufficientemente
cautelativa nei confronti del fenomeni di amplificazione sismica locale.
Amplificazione topografica – Zona di cresta rocciosa La procedura semplificata è valida per lo scenario di zona di cresta rocciosa e/o cocuzzolo (Z3b),
caratterizzata da pendii con inclinazione maggiore o uguale ai 10°; il rilievo è identificato sulla base
di cartografie a scala almeno 1:10.000 e la larghezza alla base è scelta in corrispondenza di
evidenti rotture morfologiche: sono da considerare creste solo quelle situazioni che presentano il
dislivello altimetrico minimo (h) maggiore o uguale ad un terzo del dislivello altimetrico massimo
(H) .
Il materiale costituente il rilievo topografico deve avere una Vs maggiore o uguale ad 800 m/s.
Nell’ambito delle creste si distinguono due situazioni:
• rilievo caratterizzato da una larghezza in cresta (l) molto inferiore alla larghezza alla base
(L) (cresta appuntita);
• rilievo caratterizzato da una larghezza in cresta paragonabile alla larghezza alla base,
ovvero pari ad almeno 1/3 della larghezza alla base; la zona di cresta è pianeggiante o
subpianeggiante con inclinazioni inferiori a 10° (cresta arrotondata).
Per l’utilizzo della scheda di valutazione (cfr figura successiva) si richiede la conoscenza dei
seguenti parametri:
- larghezza alla base del rilievo L;
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- larghezza in cresta del rilievo l;
- dislivello altimetrico massimo H e dislivello altimetrico minimo h dei versanti;
- coefficiente di forma H/L.
All’interno della scheda di valutazione si sceglie, in funzione della tipologia di cresta (appuntita o
arrotondata) e della larghezza alla base del rilievo, solo per le creste appuntite, la curva più
appropriata per la valutazione del valore di Fa nell’intervallo 0.1-0.5 s, in base al valore del
coefficiente di forma H/L.
Il valore di Fa determinato dovrà essere approssimato alla prima cifra decimale ed assegnato
all’area corrispondente alla larghezza in cresta l, mentre lungo i versanti tale valore è scalato in
modo lineare fino al valore unitario alla base di ciascun versante.
I valori di Fa cosi ottenuti dovranno essere utilizzati per valutare il grado di protezione raggiunto al
sito dall’applicazione della normativa sismica vigente.
La valutazione del grado di protezione, per ambedue gli scenari (zona di scarpata e zona di cresta
rocciosa e/o cucuzzolo), viene effettuata in termini di contenuti energetici, confrontando i valori di
Fa ottenuti dalle Schede di valutazione con il valore di St delle Norme Tecniche per le Costruzioni.
Tale valore St rappresenta il valore di soglia, oltre il quale lo spettro proposto dalla normativa
risulta insufficiente a tenere in considerazione la reale amplificazione presente nel sito.
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La procedura prevede, pertanto, di valutare il valore di Fa con la scheda di valutazione e di
confrontarlo con il corrispondente valore di soglia, considerando una variabilità di + 0.1 che tiene in
conto la variabilità del valore di Fa ottenuto dalla procedura semplificata.
Si possono presentare, quindi, due situazioni:
- il valore di Fa è inferiore al valore di soglia corrispondente: la normativa è da considerarsi
sufficiente a tenere in considerazione anche i possibili effetti di amplificazione morfologica del sito
e quindi si applica lo spettro previsto dalla normativa;
- il valore di Fa è superiore al valore di soglia corrispondente: la normativa è insufficiente a tenere
in considerazione i possibili effetti di amplificazione morfologica e quindi è necessario effettuare
analisi più approfondite (3° livello) in fase di progettazione edilizia.
Nel caso di rilievi morfologici asimmetrici che possono essere rappresentati sia dallo scenario Z3a
sia dallo scenario Z3b, a seconda dell’orientazione della sezione, si analizzeranno entrambi i casi
e si sceglierà quello più sfavorevole.
Nel caso si prevedano costruzioni con strutture flessibili e sviluppo verticale indicativamente
compreso tra i 5 e i 15 piani, in presenza di scenari Z3a e Z3b, è necessario effettuare analisi più
approfondite (3° livello) in fase di progettazione edilizia.
Nel territorio comunale di Brallo di Pregola la valutazione del fattore di amplificazione relativo allo
scenario Z3b è stata eseguita per l’abitato di Brallo di Pregola impostato su terreni attribuibili alle
Arenarie di Scabiazza e per l’abitato di Cencerate (F.ne Monte Antola).
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Non essendo state effettuate misure dirette della Vs 30, in favore della sicurezza, si è scelto di
calcolare il fattore di amplificazione Fa con la metodologia descritta considerando il rilievo costituito
da materiale lapideo con Vs 30 ≥ 800 m/s.
Nel seguito si riportano le schede di valutazione per gli abitati individuati ed i relativi valori di Fa Brallo di Pregola (capoluogo)
Caratteristiche del rilievo
Dislivello altimetrico minimo del versante h = 83
Dislivello altimetrico massimo del versante H = 137
h> 1/3 H (cresta)
Larghezza alla base del rilievo L = 758 m
Larghezza in cresta del rilievo l = 61 m
l < 1/3 L (cresta appuntita)
Coefficiente di forma H/L = 0,180
Categoria topografica (NTC 2008) = T 3
Coefficiente di amplificazione topografica massimo (NTC 2008) ST = 1.2
Fattore di amplificazione Fa calcolato = 1.22
Fattore di amplificazione Fa con variabilità (+0,1) ed arrotondato = 1.3
Fa calc > STnorm (1,3 > 1,2)
calcolato mediante la formula : LHeFa /11.1
5.01.0 =−
Il fattore di amplificazione calcolato Fa é maggiore del fattore di amplificazione NTC 2008 St
pertanto la normativa e insufficiente a tenere in considerazione i possibili effetti di amplificazione
morfologica e quindi in fase di progettazione edilizia sarà necessario effettuare analisi di III° livello,
obbligatorie in ogni caso per edifici con nr. di piani compreso tra 5 e 15.
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Cencerate
Caratteristiche del rilievo
Dislivello altimetrico minimo del versante h = 39
Dislivello altimetrico massimo del versante H = 79,63
h> 1/3 H (cresta)
Larghezza alla base del rilievo L = 313 m
Larghezza in cresta del rilievo l = 57 m
l < 1/3 L (cresta appuntita)
Coefficiente di forma H/L = 0,254
Categoria topografica (NTC 2008) = T 4
Coefficiente di amplificazione topografica massimo (NTC 2008) ST = 1.4
Fattore di amplificazione Fa calcolato = 1.26
Fattore di amplificazione Fa con variabilità (+0,1) ed arrotondato = 1.3
Fa calc < STnorm (1,3 < 1,4)
calcolato mediante la formula :
Il fattore di amplificazione calcolato Fa é minore del fattore di amplificazione NTC 2008 St pertanto
la normativa e sufficiente a tenere in considerazione i possibili effetti di amplificazione morfologica
e quindi in fase di progettazione edilizia non sarà necessario effettuare analisi di III° livello, esse
sono obbligatorie in ogni caso per edifici con nr. di piani compreso tra 5 e 15.
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Amplificazione topografica – Zona di scarpata (Scenario Z3a)
Lo scenario di zona di scarpata rocciosa (Z3a) è caratterizzato da irregolarità con fronti di altezza
(H) uguale o superiore a 10 m ed inclinazione (α) del fronte principale uguale o superiore ai 10°
(cfr. Scheda di valutazione). Il materiale costituente il rilievo topografico deve avere una Vs
maggiore o uguale ad 800 m/s. In funzione della tipologia del fronte superiore si distinguono: -
scarpate ideali con fronte superiore orizzontale; - scarpate in pendenza con fronte superiore
inclinato nello stesso senso del fronte principale; - scarpate in contropendenza con fronte
superiore inclinato nel senso opposto a quello del fronte principale. La misura dell’altezza H è da
intendersi come distanza verticale dal piede al ciglio del fronte principale, mentre il fronte superiore
è da definire come distanza tra il ciglio del fronte principale e la prima evidente irregolarità
morfologica. Sono da considerare scarpate solo quelle situazioni che presentano: - un fronte
superiore di estensione paragonabile al dislivello altimetrico massimo (H) o comunque non
inferiore ai 15-20 m; - l’inclinazione (β) del fronte superiore inferiore o uguale ad un quinto
dell’inclinazione (α) del fronte principale, nel caso delle scarpate in pendenza (per β > 1/5α la
situazione è da considerarsi pendio); - il dislivello altimetrico minimo (h) minore ad un terzo del
dislivello altimetrico massimo (H), nel caso di scarpate in contropendenza (per h ≥ 1/3H la
situazione è da considerarsi una cresta appuntita). All’interno della scheda di valutazione si
sceglie, in funzione dell’inclinazione α il valore di Fa nell’intervallo 0.1-0.5 s. Il valore di Fa
determinato dovrà essere approssimato alla prima cifra decimale ed assegnato al ciglio del fronte
principale, mentre all’interno della relativa area di influenza (fronte superiore) il valore è scalato in
modo lineare fino al raggiungimento del valore unitario; lungo il fronte principale tale valore è
scalato in modo lineare fino al valore unitario alla base del fronte stesso. I valori di Fa cosi ottenuti
dovranno essere utilizzati per valutare il grado di protezione raggiunto al sito dall’applicazione della
normativa sismica vigente.
La valutazione del grado di protezione, viene effettuata in termini di contenuti energetici,
confrontando i valori di Fa ottenuti dalle Schede di valutazione con il valore di St delle Norme
Tecniche per le Costruzioni. Tale valore St rappresenta il valore di soglia, oltre il quale lo spettro
proposto dalla normativa risulta insufficiente a tenere in considerazione la reale amplificazione
presente nel sito. La procedura prevede, pertanto, di valutare il valore di Fa con la scheda di
valutazione e di confrontarlo con il corrispondente valore di soglia, considerando una variabilità di
+ 0.1 che tiene in conto la variabilità del valore di Fa ottenuto dalla procedura semplificata. Si
possono presentare, quindi, due situazioni: - il valore di Fa è inferiore al valore di soglia
corrispondente: la normativa è da considerarsi sufficiente a tenere in considerazione anche i
possibili effetti di amplificazione morfologica del sito e quindi si applica lo spettro previsto dalla
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normativa; - il valore di Fa è superiore al valore di soglia corrispondente: la normativa è
insufficiente a tenere in considerazione i possibili effetti di amplificazione morfologica e quindi è
necessario effettuare analisi più approfondite (3° livello) in fase di progettazione edilizia. Nel caso
si prevedano costruzioni con strutture flessibili e sviluppo verticale indicativamente compreso tra i
5 e i 15 piani, in presenza di scenari Z3a, è necessario effettuare analisi più approfondite (3°
livello) in fase di progettazione edilizia.
Nel territorio comunale di Brallo di Pregola la valutazione del fattore di amplificazione relativo allo
scenario Z3a è stata eseguita per gli abitati di Corbesassi, Barostro e Valformosa impostati su
terreni attribuibili alla F.ne Monte Antola con coperture di diverso spessore.
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Abitato di Corbesassi
Caratteristiche morfologiche Dislivello altimetrico massimo H = 69,5 m
Inclinazione del fronte principale α = 30°
Inclinazione del fronte superiore inferiore β = 4°
Fronte superiore L = 162 m
Criteri di riconoscimento L > 20 m
β ≤ 1/5 α (scarpata in pendenza)
H > 40 m
20° ≤ α ≤ 40°
Fa (0,1 – 0,5) = 1,2
Fa in considerazione della variabilità = 1,3
Area d’influenza Ai = 2/3H = 46,34m
Categoria topografica (NTC 2008) = T 2
Coefficiente di amplificazione topografica massimo (NTC 2008) ST = 1.2
Fattore di amplificazione Fa = 1,3 > STnorm= 1.2
Il fattore di amplificazione calcolato Fa é maggiore del fattore di amplificazione NTC 2008 St
pertanto la normativa e insufficiente a tenere in considerazione i possibili effetti di amplificazione
morfologica e quindi in fase di progettazione edilizia sarà necessario effettuare analisi di III° livello.
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Abitato di Barostro
Caratteristiche morfologiche Dislivello altimetrico massimo H = 110,63 m
Inclinazione del fronte principale α = 33°
Inclinazione del fronte superiore inferiore β = 8°
Fronte superiore L = 204,5 m
Criteri di riconoscimento
L > 20 m
β ≤ 1/5 α (scarpata in pendenza)
H > 40 m
20° ≤ α ≤ 40°
Fa (0,1 – 0,5) = 1,2
Fa in considerazione della variabilità = 1,3
Area d’influenza Ai = 2/3H = 73,75m
Categoria topografica (NTC 2008) = T 2
Coefficiente di amplificazione topografica massimo (NTC 2008) ST = 1.2
Fattore di amplificazione Fa = 1,3 > STnorm= 1.2
Provincia di Pavia Comune di Brallo di Pregola
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Il fattore di amplificazione calcolato Fa é maggiore del fattore di amplificazione NTC 2008 St
pertanto la normativa e insufficiente a tenere in considerazione i possibili effetti di amplificazione
morfologica e quindi in fase di progettazione edilizia sarà necessario effettuare analisi di III° livello.
Abitato di Valformosa
Caratteristiche morfologiche Dislivello altimetrico massimo H = 231,63 m
Inclinazione del fronte principale α = 21°
Inclinazione del fronte superiore inferiore β = 0°
Fronte superiore L = 146,5 m
Criteri di riconoscimento
L > 20 m
β = 0 ; h = 0 (scarpata ideale)
H > 40 m
20° ≤ α ≤ 40°
Fa (0,1 – 0,5) = 1,2
Fa in considerazione della variabilità = 1,3
Area d’influenza Ai = 2/3H = 154,42m
Categoria topografica (NTC 2008) = T 2
Coefficiente di amplificazione topografica massimo (NTC 2008) ST = 1.2
Fattore di amplificazione Fa = 1,3 > STnorm= 1.2
Provincia di Pavia Comune di Brallo di Pregola
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Il fattore di amplificazione calcolato Fa é maggiore del fattore di amplificazione NTC 2008 St
pertanto la normativa e insufficiente a tenere in considerazione i possibili effetti di amplificazione
morfologica e quindi in fase di progettazione edilizia sarà necessario effettuare analisi di III° livello.
Analisi 3° livello L’analisi di 3° livello definisce gli effetti di amplificazione tramite indagini ed analisi più
approfondite.
Il 3° livello si applica in fase progettuale agli scenari qualitativi suscettibili di instabilità (Z1b e Z1c),
cedimenti e/o liquefazioni (Z2), per le aree suscettibili di amplificazioni sismiche (morfologiche Z3 e
litologiche Z4) che sono caratterizzate da un valore di Fa superiore al valore di soglia
corrispondente così come ricavato dall’applicazione del 2° livello.
In fase progettuale tale limitazione può essere rimossa qualora si operi in modo tale da avere un
terreno di fondazione omogeneo.
Nell’impossibilità di ottenere tale condizione, si dovranno prevedere opportuni accorgimenti
progettuali atti a garantire la sicurezza dell’edificio.
I risultati delle analisi di 3° livello saranno utilizzati in fase di progettazione al fine di ottimizzare
l’opera e gli eventuali interventi di mitigazione della pericolosità.
Al fine di poter effettuare le analisi di 3° livello la Regione Lombardia ha predisposto due banche
dati:
1. 475-cod provincia.zip contenente, per ogni comune, 7 diversi accelerogrammi attesi
caratterizzati dal periodo di ritorno di 475 anni
2. curve_lomb.xls contenente i valori del modulo di taglio normalizzato (G/G0) e del rapporto
di smorzamento (D) in funzione della deformazione (Y), per diverse litologie.
17) Scenari di pericolosità sismica locale nel territorio comunale Le aree a pericolosità sismica locale sono riportate nella Carta di Fattibilità con retini trasparenti.
Tale sovrapposizione non comporta quindi un automatico cambio di classe di fattibilità ma fornisce
indicazioni su dove poter utilizzare, in fase di progettazione, lo spettro di risposta elastico previsto
dal D.M. 14 gennaio 2008, oppure dove sia necessario realizzare preventivamente gli studi di 3°
livello, fermo restando la possibilità di utilizzare i parametri di progetto previsti dalla normativa
nazionale per la categoria di suolo superiore.
L’analisi della pericolosità sismica all’interno del territorio comunale di Brallo di Pregola si basa
sulle osservazioni di carattere geologico e sulla raccolta di dati disponibili, quali:
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• assetto geologico e geolitologico;
• elaborazioni di indagini geognostiche e geotecniche;
• analisi delle condizioni stratigrafiche generali;
• situazione idrogeologica;
• caratteristiche di consistenza e proprietà geotecniche dei terreni nelle condizioni naturali.
All’interno del territorio comunale di Brallo di Pregola sono stati riconosciuti 9 scenari di pericolosità
sismica locale, di cui si riportano le caratteristiche:
Sigla Scenario di Pericolosità
Sismica Locale Effetti
Classe di Pericolosità Sismica locale
Ambito territoriale
Z1a Zona caratterizzata da movimenti franosi attivi
Instabilità H3 – H4 Nel settore settentrionale,
nell’intorno degli abitati di Brallo di Pregola, Feligara e Colleri.
Z1b Zona caratterizzata da
movimenti franosi quiescenti
Instabilità H2–livello di approfondimento 3°
Diffuse principalmente nel settore settentrionale e
meridionale del territorio
Z1c Zona potenzialmente
franosa o esposta a rischio frana (movimenti franosi
stabilizzati)
Instabilità H2–livello di approfondimento 3°
Aree lungo il versante destro del T. Avagnone e lungo il versante
sinistro del T.Staffora, interessate da fenomeni franosi e da pendenza dei versanti >35°
Z2a Zona con terreni di fondazione saturi particolarmente
scadenti
Cedimenti H2-livello di approfondimento 3°
Aree diffuse in gran parte del comprensorio comunale
Z3a
Zona di ciglio H > 10 m (scarpata, bordo di cava, nicchia di distacco, orlo di
terrazzo fluviale o di natura antropica, ecc.)
Amplificazioni topografiche
H2–livello di approfondimento 2°
Presso gli abitati di Valformosa, Bralello, Prodongo, Corbesassi e
Barostro
Z3b Zona di cresta rocciosa e/o cocuzzolo appuntita
Amplificazioni topografiche
H2–livello di approfondimento 2°
Cima della Colleta, Monte Terme, abitato Brallo di Pregola
e Cencerate
Z4a Zona di pianura con presenza di depositi
alluvionali e/o fluvio-glaciali granulari e/o coesivi
Amplificazioni litologiche e geometriche
H2–livello di approfondimento 2°
Depositi alluvionali del Torrente Staffora, del T. Avagnone e del
F. Trebbia
Z4b Zona di falda di detrito e di conoide alluvionale
Amplificazioni litologiche e geometriche
H2–livello di approfondimento 3°
Conoidi del T. Staffora e del T.Avagnone. Falde di detrito e detrito di versante in sponda destra del T. Avagnone e in sponda destra del T.Staffora
Z5
Zona di contatto stratigrafico e/o tettonico tra
litotipi con caratteristiche fisico-
meccaniche molto diverse
Comportamenti differenziali
H2–livello di approfondimento 3°
Zona di contatto tra la Formazione del M. Antola e le Arenarie di Scabiazza, sita in
sponda destra del T. Avagnone e zona di contatto tra la
Formazione del M. Antola e le Arenarie di Scabiazza, estesa da
Bocco sino a Corbesassi Tabella 11: scenari di pericolosità sismica locale nel comune di Brallo di Pregola
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18) Liquefazione Liquefazione è lo stato fisico in cui si può venire a trovare un terreno sabbioso saturo allorquando
perde la sua resistenza al taglio per effetto dell’incremento e dell’accumulo delle pressioni
interstiziali.
Con il termine liquefazione si indicano differenti fenomeni fisici (liquefazione ciclica, mobilità ciclica,
fluidificazione) osservati nei materiali granulari poco addensati saturi durante l’applicazione rapida
di carichi dinamici e ciclici in condizioni non drenate.
FENOMENI INCLUSI NEL TERMINE LIQUEFAZIONE
Il parametro utilizzato per definire la rottura nei terreni granulari è il rapporto di sovrapressione
interstiziale;
ru = Δu/ σ’0
essendo Δu la sovrapressione interstiziale e σ’0 pressione di confinamento (in sito ci si riferisce alla
tensione litostaticale efficace verticale σ’v).
Nel caso in cui la rottura raggiunga per liquefazione si ha per liquefazione si ha ru = 1
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I fattori predisponenti – condizioni geotecniche, influiscono su σ’0, denominatore del rapporto ru =
Δu/ σ’0 sono:
- Profondità dello strato potenzialmente liquefacibile < 15-20 metri da p.c.
- Profondità della falda < 5 m
- Densità relativa Dr < 60%
- Diametro medio 0.02 mm < D50 < 2 mm
- Frazioni di fini (diametro < 0,005) < 15%
I fattori scatenanti – azione sismica, influisce su Δu, numeratore del rapporto ru = Δu/ σ’0
sono;
PGA > 0.15 g
Durata dello scuotimento sismico > 15 – 20 sec
Magnitudo> 5,5
Tuttavia, in base al D.M. 14.01.2008 indica l’esclusione della liquefazione qualora si verifichi
almeno una delle seguenti condizioni:
1. Eventi sismici di magnitudo inferiore a 5
2. Accelerazioni massime al piano campagna in condizioni free-field minori di 0,1 g
3. Profondità media stagionale della falda superiore ai 15 m dal piano campagna (per p.c.
suborizzontale e strutture con fondazioni superficiali)
4. Sabbie pulite caratterizzate da (N1)60> 30 oppure qc1N > 180, essendo (N1)60 e qc1N
rispettivamente il valore del numero di colpi da SPT e della resistenza di punta da CPT,
normalizzati e corretti. Per N1(60) si intende il valore della resistenza Nspt misurato nella
prova Standard Penetration Test, normalizzato ad uno sforzo efficace di confinamento di
100 kPa e ad un fattore di rendimento energetico 0,6 nell’esecuzione della prova.
5. Distribuzione granulometrica esterna a determinate fasce critiche
6.
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Altri criteri di esclusione possono essere stabiliti sulla base del contenuto di FC ( frazione passante
al setaccio 200 ASTM – 0,0074 mm ) e delle sue caratteristiche, ad es:
- Fc superiore al 20% con indice di plasticità>10;
- Fc superiore al 35% e resistenza N1(60)>20;
- Fc maggiore 5% e resistenza N1(60)>25.
La liquefazione si può verificare nei seguenti siti;
• In prossimità di mari, fiumi, laghi, baie, oceani, spiagge, depositi fluviali, estuari, pianure
• Porti
• Depositi sabbiosi olocenici e pleistocenici sciolti con falda molto superficiale
Nel territorio comunale di Brallo di Pregola l’ambiente morfologico più esposto a tale fenomeno è
quello del fondovalle solcato del torrente Staffora, dal torrente Avagnone e dal fiume Trebbia, con
particolare riferimento alle zone soggette ad esondazioni (zone Ee).
Tuttavia le indagini in possesso, prove penetrometriche, sondaggi, classificazioni granulometriche
indicano la presenza di depositi principalmente ghiaiosi, grossolane con blocchi clasto sostenuti
con matrice sabbiosa generalmente subordinata che ci portano ad indicare un basso grado di
predisposizione al fenomeno.
Qualora in sede d’indagine preliminare a supporto di progetti di edificazione, si riscontrasse la
presenza di una situazione geotecnica e stratigrafica tale da considerare reale la possibilità
d’innesco di fenomeni di liquefazione, si dovrà procedere ad un’analisi finalizzata alla valutazione
reale del rischio ed all’adozione delle opere di mitigazione eventualmente necessarie.
Se il terreno risulta suscettibile a liquefazione e gli effetti conseguenti appaiono tali da influire sulla
capacità portante o sulla stabilità delle fondazioni, occorre procedere ad interventi di
consolidamento del terreno e/o trasferire il carico a strati di terreno non suscettibili a liquefazione
tramite fondazioni profonde.
19) Fase di sintesi e valutazione Come già anticipato in premessa la fase di sintesi e valutazione è stata condotta attraverso una
valutazione incrociata degli elementi analitici raccolti, che ha permesso di interpretare il territorio in
funzione degli attuali e prevedibili livelli di integrità, valore, rischio, vulnerabilità e degrado. Sono
inoltre stati considerate le limitazioni d’uso del territorio in merito agli aspetti prettamente geologici
derivanti da normative e piani sovraordinati. Dall’interpretazione integrata dei dati ed elaborazioni
effettuate, il territorio comunale è stato quindi suddiviso in aree omogenee contraddistinte da
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peculiari condizioni morfologiche, litologiche, idrogeologiche, idrauliche e geotecniche. Tali
informazioni sono riportate cartograficamente nelle seguenti tavole:
Tavola 4.2 Carta dei vincoli (scala 1:10.000)
Tavola 4.3 Carta di sintesi (scala 1:10.000).
Carta dei Vincoli In questa carta sono rappresentati i vincoli di carattere esclusivamente geologico: le limitazioni
d’uso del territorio derivanti da normative e piani sovraordinati in vigore di contenuto prettamente
geologico in grado di consentire la visione del quadro sintetico del territorio per una sua immediata
lettura e conseguente facile e corretta interpretazione per la progettazione del piano urbanistico.
Di seguito, con riferimento a quanto indicato nella tavola, si illustra più nello specifico la vincolistica
riferita ai singoli ambiti.
Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI)
Sono riportate le frane PAI, così come inserite nell’ aggiornamento conclusosi.
L’Art. 9 comma 2 delle NdA PAI, stabilisce che:
Fatto salvo quanto previsto dall'art. 3 ter del D.L. 12 ottobre 2000, n. 279, convertito in L. 11
dicembre 2000, n. 365, nelle aree Fa (frane attive) sono esclusivamente consentiti:
− gli interventi di demolizione senza ricostruzione;
− gli interventi di manutenzione ordinaria degli edifici, così come definiti alla
lettera a) dell'art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457;
− gli interventi volti a mitigare la vulnerabilità degli edifici e degli impianti esistenti e a
migliorare la tutela della pubblica incolumità, senza aumenti di superficie e volume, senza
cambiamenti di destinazione d'uso che comportino aumento del carico insediativo;
− gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche o di
interesse pubblico e gli interventi di consolidamento e restauro conservativo di beni di interesse
culturale, compatibili con la normativa di tutela;
− le opere di bonifica, di sistemazione e di monitoraggio dei movimenti franosi;
− le opere di regimazione delle acque superficiali e sotterranee;
− la ristrutturazione e la realizzazione di infrastrutture lineari e a rete riferite a
servizi pubblici essenziali non altrimenti localizzabili, previo studio di compatibilità
dell'intervento con lo stato di dissesto esistente validato dall'Autorità competente. Gli
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interventi devono comunque garantire la sicurezza dell'esercizio delle funzioni per cui
sono destinati, tenuto conto dello stato di dissesto in essere.
L’Art. 9 comma 3 delle NdA PAI, stabilisce che nelle aree Fq (frane quiescenti), oltre agli
interventi di cui al precedente comma 2, sono consentiti:
− gli interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo, così
come definiti alle lettere b) e c) dell'art. 31 della L.5 agosto 1978, n. 457, senza aumenti di
superficie e volume;
− gli interventi di ampliamento degli edifici esistenti per adeguamento igienico- funzionale;
− gli interventi di ampliamento e ristrutturazione di edifici esistenti, nonché di
nuova costruzione, purché consentiti dallo strumento urbanistico adeguato al presente Piano ai
sensi e per gli effetti dell'art. 18, fatto salvo quanto disposto dalle alinee successive;
− la realizzazione di nuovi impianti di trattamento delle acque reflue e l'ampliamento di
quelli esistenti, previo studio di compatibilità dell'opera con lo stato di dissesto esistente
validato dall'Autorità competente; sono comunque escluse la realizzazione di nuovi impianti
di smaltimento e recupero dei rifiuti, l'ampliamento degli stessi impianti esistenti, l'esercizio
delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti, così come definiti dal D.Lgs. 5 febbraio 1997,
n. 22. E' consentito l'esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti già autorizzate
ai sensi dello stesso D.Lgs. 22/1997 (o per le quali sia stata presentata comunicazione di inizio
attività, nel rispetto delle norme tecniche e dei requisiti specificati all'art. 31 del D.Lgs.
22/1997) alla data di entrata in vigore del Piano, limitatamente alla durata dell'autorizzazione
stessa. Tale autorizzazione può essere rinnovata fino ad esaurimento della capacità residua
derivante dalla autorizzazione originaria per le discariche e fino al termine della vita tecnica per gli
impianti a tecnologia complessa, previo studio di compatibilità validato dall'Autorità competente. .
Gli interventi devono comunque garantire competente. Alla scadenza devono essere effettuate le
operazioni di messa in sicurezza e ripristino del sito, così come definite all'art. 6 del
suddetto decreto legislativo.
L’Art. 9 comma 4 delle NdA PAI, stabilisce che nelle aree Fs (frane stabilizzate) compete alle
Regioni e agli Enti locali, attraverso gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica,
regolamentare le attività consentite, i limiti e i divieti, tenuto anche conto delle indicazioni dei
programmi di previsione e prevenzione ai sensi della L. 24 febbraio 1992, n. 225. Gli interventi
ammissibili devono in ogni caso essere soggetti ad uno studio di compatibilità con le condizioni del
dissesto validato dall'Autorità competente.
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Ciò considerato, per quanto non espressamente indicato dalla norma citata, si ritengono
ammissibili, in tali aree, interventi di ampliamento delle costruzioni esistenti o di nuova edificazione
e gli interventi di trasformazione d’uso del suolo che non comportino variazioni significative o
impatti negativi all’assetto geomorfologico ed idrogeologico dei luoghi e loro equilibrio geostatico.
Per quanto riguarda la aree di esondazione con pericolosità molto elevata Ee vigono i vincoli del
PAI.
L’Art. 9 comma 5. dice che, fatto salvo quanto previsto dall’art. 3 ter del D.L. 12 ottobre 2000, n.
279,
convertito in L. 11 dicembre 2000, n. 365, nelle aree Ee sono esclusivamente consentiti:
- gli interventi di demolizione senza ricostruzione;
- gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo
degli edifici, così come definiti alle lettere a), b) e c) dell’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457;
- gli interventi volti a mitigare la vulnerabilità degli edifici e degli impianti esistenti e a migliorare la
tutela della pubblica incolumità, senza aumenti di superficie e volume, senza cambiamenti di
destinazione d’uso che
comportino aumento del carico insediativo;
- gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche e di
interesse pubblico e di restauro e di risanamento conservativo di beni di interesse culturale,
compatibili con la normativa di tutela;
- i cambiamenti delle destinazioni colturali, purché non interessanti una fascia di ampiezza di 4 m
dal ciglio della sponda ai sensi del R.D. 523/1904;
- gli interventi volti alla ricostituzione degli equilibri naturali alterati e alla eliminazione, per quanto
possibile, dei fattori incompatibili di interferenza antropica;
- le opere di difesa, di sistemazione idraulica e di monitoraggio dei fenomeni;
- la ristrutturazione e la realizzazione di infrastrutture lineari e a rete riferite a servizi pubblici
essenziali non altrimenti localizzabili e relativi impianti, previo studio di compatibilità dell’intervento
con lo stato di dissesto esistente validato dall'Autorità competente. Gli interventi devono comunque
garantire la sicurezza dell’esercizio delle funzioni per cui sono destinati, tenuto conto delle
condizioni idrauliche presenti;
- l’ampliamento o la ristrutturazione degli impianti di trattamento delle acque reflue;
- l’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti già autorizzate ai sensi del D.Lgs.
5 febbraio 1997, n. 22 (o per le quali sia stata presentata comunicazione di inizio attività, nel
rispetto delle norme tecniche e dei requisiti specificati all’art. 31 dello stesso D.Lgs. 22/1997) alla
data di entrata in vigore del Piano, limitatamente alla durata dell’autorizzazione stessa. Tale
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autorizzazione può essere rinnovata fino ad esaurimento della capacità residua derivante dalla
autorizzazione originaria per le discariche e fino al termine della vita tecnica per gli impianti a
tecnologia complessa, previo studio di compatibilità validato dall'Autorità competente. Alla
scadenza devono essere effettuate le operazioni di messa in sicurezza e ripristino del sito, così
come definite all’art. 6 del suddetto decreto legislativo.
Aree di salvaguardia delle captazioni ad uso idropotabile
Nell’ambito territoriale sono presenti 28 sorgenti ad uso idropotabile per le quali sussistono le
norme relative alla tutela delle acque specificate all’art. 94 del D. lgs 152/06 e succ. mod. e
integrazioni ed ulteriormente precisate dalle Linee Guida emanate con l’Accordo Tecnico della
Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato – Regioni - Province Autonome del 12-12-2002
(G.U. n. 2 03/01/2003) e dalle norme regionali di riferimento in materia (D.G.R. Lomb. n. 15137/96
e n.7/12693 dell’aprile 2003).
Le norme sopraccitate impongono la delimitazione delle captazioni in oggetto con aree di salvaguardia distinte in "Zona di Tutela Assoluta" e "Zona di Rispetto", definite come di seguito:
• Zona di Tutela Assoluta: individua l’area immediatamente circostante la captazione o derivazione, ha un’estensione, nel caso di acque sotterranee, e per acque superficiali quando possibile, di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adibita esclusivamente alle opere di captazione e/o presa e a quelle di servizio; inoltre deve essere recintata e provvista di canalizzazione per l'allontanamento delle acque meteoriche.
• Zona di Rispetto: è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta
ed è sottoposta a vincoli e destinazioni d’uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata. Può essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e allargata in relazione alla tipologia dell’opera di captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e rischio.
Ai sensi delle normative nazionali e regionali sopraccitate l’area di rispetto può essere delimitata:
a) con criterio geometrico valido solo per le captazioni già esistenti e comunque ridefinibile
su istanza del titolare della concessione;
b) con criterio temporale valido per le nuove captazioni con acquifero vulnerabile;
c) con criterio idrogeologico valido per le nuove captazioni con acquifero protetto.
La delimitazione secondo il criterio geometrico può essere adottata, in via cautelativa, in assenza
di studi specialistici di dettaglio, solo per le captazioni già esistenti all’entrata in vigore delle citate
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normative; per i pozzi nuovi, invece, è obbligatorio effettuare specifici studi idrogeologici secondo
le citate Linee Guida Nazionali e norme regionali (D.G.R. Lomb. n. 6/15137 del 1996) volti a
definire il grado di protezione/vulnerabilità dell’acquifero e quindi a valutare quale tra i criteri
indicati alle voci b) e c) deve essere applicato.
L’area di rispetto definito con metodo geometrico deve avere per le sorgenti un raggio di 200 metri
nel tratto a monte della sorgente e come limite inferiore l’isoipsa su cui giace la sorgente.
Nella zone di rispetto, ai sensi delle norme nazionali (D. Lgs. 152/2006 art. 94 c. 4 e succ. mod. ed integr.), sono vietati l’insediamento dei seguenti centri di pericolo e lo svolgimento delle seguenti attività:
a) dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati;
b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;
c) spandimenti di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che l’impiego di tali sostanze sia
effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto
della natura dei suoli, delle colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della
vulnerabilità delle risorse idriche;
d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche provenienti da piazzali o strade;
e) aree cimiteriali;
f) apertura di cave che possano essere in connessione con la falda;
g) apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo umano
e di quelli finalizzati alla variazione dell’estrazione ed alla protezione delle caratteristiche
quali - quantitative della risorsa idrica;
h) gestione di rifiuti;
i) stoccaggio di prodotti ovvero sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;
l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;
m) pozzi perdenti;
n) pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 chilogrammi per ettaro di azoto
presente negli effluenti, al netto delle perdite di stoccaggio e distribuzione. E’ comunque
vietata la stabulazione di bestiame nella zona di rispetto ristretta.
Per insediamenti o attività preesistenti, nei casi possibili e comunque ad eccezione delle aree
cimiteriali, la norma nazionale prevede che siano adottate misure per il loro allontanamento, ed in
ogni caso deve esserne garantita la messa in sicurezza.
E’ previsto inoltre che le Regioni, come da D.G.R. Lomb. n. 7/12693 dell’aprile 2003, disciplinino
all’interno delle zone di rispetto le seguenti strutture o attività:
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a) fognature;
b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione;
c) opere viarie, ferroviarie e in genere infrastrutture di servizio;
d) pratiche agronomiche e contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla lettera c del comma 4
del D. Lgs 152/2006).
Vincoli di polizia idraulica
Tali vincoli definiscono il dimensionamento delle fasce di rispetto del reticolo idrico minore e
principale e le limitazione in esse vigenti.
Per quanto attiene alla vincolistica esistente sul reticolato idrografico delle acque pubbliche si è
fatto riferimento allo studio sul Reticolo idrografico minore e principale e regolamento di Polizia
Idraulica redatto nel Dicembre 2004 ai sensi della D.G.R. Lomb. n. 7/7868/2002 e D.G.R. Lomb. n.
7/13950/2003 validato dalla Regione Lombardia.
Questo elaborato classifica i corsi d’acqua minori e definisce i criteri utili al comune per il rilascio di
autorizzazione, per la definizione di pertinenza idraulica dotandolo di tutti i mezzi necessari per la
salvaguardia e conservazioni dei corsi d’acqua.
Per quanto riguarda il reticolo idrografico principale, di cui fanno parte il F.Trebbia, T. Avagnone,
T.Staffora, Fosso Dell'Allià e T.Montagnola le funzioni di polizia idraulica e gli atti autorizzativi e
concessori sono di competenza della Regione Lombardia; il Comune di Brallo di Pregola
applicherà le prescrizioni di Polizia idraulica del R.D. 25 Luglio 1904, n° 523 “Testo unico delle
disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie”.
In particolare sono state individuate le seguenti fasce di rispetto:
del reticolo idrico principale di ampiezza pari a 10 metri misurata a partire dalla sommità della
sponda incisa o dal piede esterno dell'argine;
del reticolo idrico minore di ampiezza pari a 10 metri misurata a partire dalla sommità della
sponda incisa o dal piede esterno dell'argine (per i tratti tombinati la fascia è pari a 4 metri);
del reticolo idrico secondario di ampiezza pari a 6 metri misurata a partire dalla sommità della
sponda incisa o dal piede esterno dell'argine.
In tali fasce è interdetta la realizzazione dei lavori e degli atti di cui all’art. 96 del R. D. 523 del
1904.
Geositi
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Sulla carta sono stati evidenziati anche 6 Geositi che ricadono sul territorio comunale di Brallo di
Pregola. Tali geositi sono:
- Pieghe di Ponte Organasco
- Scarpata di faglia di Corbesassi
- Piega di Cencerate
- Superficie terrazzata di Cencerate
- Pieghe di Feligara
- Monadnock di Pregola.
Si tratta beni geologici-geomorfologici di un territorio intesi quali elementi di pregio scientifico e
ambientale del patrimonio paesaggistico. Essi testimoniano i processi che hanno formato e
modellato il nostro pianeta e forniscono un contributo indispensabile alla comprensione della storia
geologica di una regione oltre a rappresentare valenze di eccezionale importanza per gli aspetti
paesaggistici e di richiamo culturale, didattico - ricreativo.
Carta di Sintesi Nella Carta di Sintesi (Tav. 4.3) si individuano le aree a maggiore criticità. In tale carta sono
rappresentate le aree omogenee dal punto di vista della pericolosità/vulnerabilità in riferimento ai
singoli fenomeni considerati, pertanto sono state delimitate porzioni di territorio (poligoni)
caratterizzate da pericolosità geologico – geotecnica e vulnerabilità idraulica ed idrogeologica
omogenee.
Questa carta altro non è che il risultato dell’analisi di tutti i dati raccolti ed illustrati nelle carte di
inquadramento, comprendenti i vincoli riportati in Tav.4.2.
Poiché in talune porzioni di territorio si è verificata la sovrapposizione di più situazioni di
rischio/pericolosità, differenti tra loro per quanto riguarda il fenomeni che le hanno generate, si ha
la presenza in carta di poligoni sovrapposti a pericolosità mista determinata da più fattori limitanti.
Di seguito sono elencati gli ambiti di pericolosità e di vulnerabilità che si possono riscontrare sul
territorio di Brallo di Pregola.
• Aree pericolose dal punto di vista dell’instabilità dei versanti
Sono le aree sia interessate da fenomeni di instabilità dei versanti già avvenute e censite delimitati
in base ad evidenze di terreno e/o in base a dati storici, sia aree che potenzialmente potrebbero
essere interessate da fenomeni.
Comprendono: frane attive (Fa), frane quiescenti (Fq), frane stabilizzate (Fs) e aree con acclività
>35°.
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• Aree di conoide
Comprende altre aree pericolose dal punto di vista della stabilità dei versanti per la presenza di
conoide attiva non protetta (Ca).
• Aree con terreni eterogenei dal punto di vista tessiturale
Comprendono quelle aree costituite da depositi di frana, detrito di falda e detrito di versante, per le
quali si delineano caratteristiche geotecniche scadenti dei terreni.
• Aree vulnerabili dal punto di vista idrualico e per la stabilità dei versanti
Comprende le aree di esondazione a pericolosità molto elevata (Ee).
• Aree vulnerabili dal punto di vista idrogeologico
Comprende le fasce di tutela assoluta delle sorgenti captate ad uso idropotabile.
• Aree a ridotta pericolosità geomorfologica, idrogeologica e idraulica
Comprendono aree con i terreni superficiali contraddistinti da discrete caratteristiche geotecniche,
ove si dovrà prestare particolare attenzione alla presenza di terreni caratterizzati da eteropie
tessiturali laterali e verticali, alla presenza di acque nel sottosuolo, alle condizioni morfologiche
dell’immediato intorno (presenza di scarpate a monte o valle), alla interferenza con gli edifici in
adiacenza, ed all’azione delle acque di ruscellamento e sotterranee.
• Aree le cui caratteristiche geomorfologiche, idrogeologiche e geotecniche impongono
l'attuazione di interventi di mitigazione del rischio
Sono aree di versante, talora boscate, a pericolosità geomorfologica, idrogeologica e idraulica
media (per acclività dei versanti compresa tra 15° e 35° e/o natura dei terreni) e/o adiacenti a zone
con pericolosità più elevata e caratterizzate da condizioni reostatiche locali o generali precarie.
• Aree ad elevata pericolosità a causa delle particolari condizioni geomorfologiche,
geostatiche, idrogeologiche ed idrauliche
Aree localizzate in modo disomogeneo sul territorio comunale non incluse nella perimetrazione
PAI, caratterizzate da elevata pericolosità per dissesto idrogeologico (aree soggette a frane
superficiali diffuse, colamenti e smottamenti non cartografabili, ecci). Sono aree ove sussiste il
rischio legato all’instabilità generale dei versanti, sensibilità dei terreni a fenomeni di ritiro e
rigonfiamento, saturazione delle coltri, scarsa copertura vegetale, erosione accelerata, notevole
trasporto detritico in occasione di eventi meteorici intensi.
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Componente geologica, idrogeologica e sismica del PGT - Relazione illustrativa -
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• Area comprendente l’abitato di Ravaiolo Vecchio
Comprende l’abitato di Rovaiolo vecchio trasferito in base allo stato delle abitazioni e delle
condizioni di stabilità dell'area.
• Emergenze geomorfologiche rappresentate dai più evidenti ed estesi affioramenti
ofiolitici
Aree in cui si individuano affioramenti ofiolitici estesi. Essi rappresentano una peculiarità
geologica/geomorfologica da conservare e che consentono allo stesso tempo di valorizzare il
paesaggio, in accordo con le indicazione delle NTA del PTCP della Provincia di Pavia (2003).
• Aree estrattive attive o dismesse non ancora recuperate
Sul territorio di Brallo di Pregola, i segni di numerose piccole cave storiche sono stati ormai quasi
del tutto cancellati da parziali interventi di rimodellamento morfologico antropico e/o
dall’affermazione della coltre vegetale.
Sono ancora ben evidenti invece le aree di estrazione dismesse più recenti e di maggiori
dimensioni, ovvero le aree estrattive cartografate che riguardano solo quelle appartenenti ad ambiti
estrattivi e di sfruttamento contenuti nel Piano cave della Provincia di Pavia, approvato dalla
Regione Lombardia con deliberazione del Consiglio Regionale n. VIII/344 del 20/02/2007.
Si tratta di 2 cave non più in attività ma non ancora recuperate:
1) R p06 in località Prato della Bula, cava di versante per estrazione di calcare per pietrisco – Cava
cessata R1261/c/PV, R1262/c/PV, sup. circa 250.000mq - (Calcare di Monte Antola);
2) R p07 in località Casone, cava di versante per estrazione pietrisco per conglomerati bituminosi,
talco – Cava cessata R1271/g/PV, R1270/g/PV, sup. circa 70.000mq - (Brecce ofiolitiche);
Le modalità di gestione e recupero di tali aree dovranno avvenire in conformità alle previsioni di
Piano cave della Provincia di Pavia; a livello di proposta, tali aree sono state considerate
esclusivamente per le loro caratteristiche geomorfologiche e geologiche, non hanno quindi una
classe i fattibilità distinta.
• Opere di difesa del suolo
Sul territorio di Brallo di Pregola nel corso degli anni sono state eseguiti numerosi interventi di
difesa del suolo ad opera di Enti diversi (a titolo non esaustivo Ministero dell’Ambiente, Genio
Civile, Regione Lombardia, , Provincia di Pavia, Comunità Montana Oltrepo Pavese).
Tali interventi localizzati prevalentemente sui versanti sud – esposti hanno interessato in modo
particolare gli abitati di Brallo capoluogo, Casone, Colleri-Feligara e Lama.
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In merito all’efficacia ed efficienza di tali interventi occorre una doverosa premessa correlando gli
interventi alla tipologia di dissesto rilevato. Trattandosi infatti nella maggior parte dei casi di
drenaggi per consolidamento di frane complesse interessanti litotipi ad elevata componente
argillosa se da un lato si osserva l’efficacia nel consolidare temporaneamente (con il termine si
vuole indicare il rallentamento del fenomeno) i dissesti dall’altro se ne rimarca la minor efficienza
dovuta alla natura vita utile di tali interventi. In buono stato nel complesso si trovano le reti
paramassi e le strutture lineari (muri di sostegno e palificate) ove le operazioni manutentive sono
state realizzate. Per quanto riguarda le opere in alveo (prevalentemente briglie e soglie) si
riscontra, salvo casi isolati, un generale decadimento dei manufatti dovuto principalmente ad
interramento ed in alcuni casi a rottura della struttura.
In cartografia sono stati ubicati gli interventi più significativi di cui si è avuto riscontro bibliografico
ed in situ.
20) Fase di proposta - fattibilità geologica per le azioni di piano
La Carta della Fattibilità Geologica per le azioni di piano è stata redatta sulla base delle indicazioni
contenute nel D.G.R. n. 9/2616 del 30 Novembre 2011 (Aggiornamento dei “Criteri ed indirizzi per
la definizione della componente geologica, idrogeologica e sismica del piano di governo del
territorio, in attuazione dell'art.57, comma 1, della L.R. 11 marzo 2005 n.12").
Sulla base degli elementi di criticità e di rischio idrogeologico e geomorfologico, emerse dal
presente studio, si è proceduto all’elaborazione della carta di fattibilità geologica delle le azioni di
piano in scala 1:10.000 su aerofotogrammetrico e base CTR, su cui si riporta la suddivisione del
territorio comunale in classi di fattibilità geologica, individuate dal punto di vista delle condizioni
geologiche, geotecniche ed idrogeologiche, ciascuna definita da proprie limitazioni e destinazioni
d’uso ed accompagnata da specifiche norme geologiche di attuazione.
La zonazione distingue il territorio nelle classi di fattibilità I, II, III, IV (da quella meno vincolante a
quella più restrittiva) previste dalla normativa regionale, introducendo nell’ambito di ciascuna di
esse delle sottoclassi, in funzione delle situazioni geomorfologiche ed idrogeologiche locali.
In base alla D.G.R. sopra citata è stata anche applicata una specifica simbologia sul territorio
comunale laddove sono emersi gli scenari di pericolosità sismica locale di I livello individuati in
Tav.4.4. Tale sovrapposizione non comporta un cambio della classe di fattibilità geologica, ma
rimanda alla normativa specifica.
Nel territorio comunale di Brallo di Pregola sono state riconosciute le classi II, III e IV che sono di
seguito descritte e distinti in sottoclassi.
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CLASSI DI FATTIBILITA’ GEOLOGICA
PGT
CLASSI AMBITO
CLASSE 2 – Fattibilità con modeste limitazioni. La classe comprende le zone nelle quali sono state riscontrate modeste limitazioni all’utilizzo a scopi edificatori e/o alla modifica della destinazione d’uso, che possono essere superate mediante approfondimenti di indagine e accorgimenti tecnico-costruttivi e senza l’esecuzione di opere di difesa. classe 2 aree comprendenti i principali nuclei abitati e solo in limitati casi esterne al
limite dell’urbanizzato CLASSE 3 – Fattibilità con consistenti limitazioni. La classe comprende le zone nelle quali sono state riscontrate consistenti limitazioni all’utilizzo a scopi edificatori e/o alla modifica della destinazione d’uso per le condizioni di pericolosità/vulnerabilità individuate, per il superamento delle quali potrebbero rendersi necessari interventi specifici o opere di difesa. classe 3a aree di versante a pericolosità geomorfologica,idrogeologica e idraulica media
(per acclività dei versanti compresa tra 15° e 35° e/o natura dei terreni) e/o adiacenti a zone con pericolosità più elevata e caratterizzate da condizioni geostatiche locali o generali precarie
classe 3b aree interessate dalla presenza di frana stabilizzata (Fs)
CLASSE 4 – Fattibilità con gravi limitazioni. L'alta pericolosità/vulnerabilità comporta gravi limitazioni all’utilizzo a scopi edificatori e/o alla modifica della destinazione d’uso. Deve essere esclusa qualsiasi nuova edificazione, ivi comprese quelle interrate, se non opere tese al consolidamento o alla sistemazione idrogeologica per la messa in sicurezza dei siti. Per gli edifici esistenti sono consentite esclusivamente le opere relative ad interventi di demolizione senza ricostruzione, manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro, risanamento conservativo, senza aumento di superficie o volume e senza aumento del carico insediativo. Sono consentite le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica. classe 4a aree coinvolgibili da fenomeni di inondazione con pericolosità molto elevata
(Ee)
classe 4b aree interessate dalla presenta di frana attiva (Fa)
classe 4c aree interessate dalla presenta di frana quiescente (Fq)
classe 4d aree caratterizzate da elevata pericolosità per dissesto idrogeologico (aree soggette a frane superficiali diffuse, colamenti e smottamenti non cartografabili, ecci). Aree con instabilità generale dei versanti, sensibilità dei terreni a fenomeni di ritiro e rigonfiamento,saturazione delle coltri, scarsa copertura vegetale, erosione accelerata, notevole trasporto detritico in occasione di eventi meteorici intensi
classe 4e aree caratterizzate da acclività del versante elevata, maggiore di 35°, con possibilità di innesco di scivolamenti superficiali e/o crolli di materiale
classe 4f aree di conoide attivo non protetto (Ca)
Classe 4g area dell’abitato di Ravaiolo Vecchio, trasferito dato lo stato delle abitazioni e le condizioni di stabilità dell'area
Classe 4h aree con presenza di emergenze geomorfologiche rappresentate dai più evidenti ed estesi affioramenti ofiolitici, i quali rappresentano una peculiarità geologica/geomorfologica da conservare e che consentono allo stesso tempo di valorizzare il paesaggio
Classe 4i aree di tutela assoluta di sorgenti ad uso idropotabile
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Suddette classi e sottoclassi vengono meglio descritte nelle “Norme Geologiche di Attuazione”
(parte integrante del presente studio) con le corrispettive prescrizioni e precise indicazioni in merito
alle indagini di approfondimento, alle tipologie costruttive e alle eventuali opere di mitigazione del
rischio da realizzarsi.
Varzi, Luglio 2014 dott. geol. Marco Degliantoni
(OGL n. 1112)
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Componente geologica, idrogeologica e sismica del PGT - Relazione illustrativa -
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21) Bibliografia Carte dei centri abitati instabili - Progetto Speciale Centri Abitati Instabili del GNDCI
www.cartografia.regione.lombardia.it
Cartografia geologica predisposta dalla Struttura Analisi e informazioni territoriali nell'ambito del
Progetto CARG (Carta Geologica) -Archivio dell’U.O. Tutela e valorizzazione del Territorio con
relazioni di sopralluogo e studi geologici di supporto alla progettazione di opere di difesa del suolo.
Cartografia e Norme tecniche di attuazione del PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento
Provinciale), del PTUA (Programma di Tutela e Uso delle Acque) e del PTR (Piano Paesaggistico
Regionale) - Geositi individuati nel PTR soggetti a tutela.
“Analisi del comportamento di edifici dei centri storici in zona sismica nella Regione Lombardia" -
Regione Lombardia 1998
“Vulnerabilità sismica delle infrastrutture a rete in zona campione della Regione Lombardia” -
Regione Lombardia 2000
"Valutazione della pericolosità e del rischio da frana in Lombardia". Regione Lombardia - D.G.
Territorio e Urbanistica, 2001
"Valutazione della stabilità dei versanti in condizioni statiche e dinamiche nella zona campione dell'
Oltrepo Pavese" - Regione Lombardia 1998
“Scenari di rischio idrogeologico in condizioni dinamiche per alcuni versanti tipo dell’Oltrepo
pavese valutati tramite caratterizzazione geotecnica” -. Regione Lombardia 1999
Analisi di stabilità in condizioni dinamiche e pseudostatiche di alcune tipologie di frane di crollo
finalizzata alla stesura di modelli di indagine e di interventi”. – Regione Lombardia 2000
"Prevenzione dei fenomeni di instabilità delle pareti rocciose. Confronto dei metodi di studio dei
crolli nell'arco alpino". Progetto Falaises - programma Interreg IIC - Medoc, 2001.
“Mitigation of hydro-geological risk in Alpine catchments - Linee Guida”. Progetto CatchRisk -
programma Interreg IIIB - Spazio Alpino, 2005.