L’origine del contratto sociale: Modello strategico e...

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L’origine del contratto sociale: Modello strategico e Modello evolutivo Camilla F. Colombo 15/04/11

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L’origine del contratto sociale:

Modello strategico e

Modello evolutivo

Camilla F. Colombo

15/04/11

Sommario

Il tema di questo colloquio e il problema dell’origine del contratto sociale,un’ipotesi che spiega la cooperazione, le convenzioni, le norme, le istituzionie in generale le forme di aggregazione come l’esito dell’interazione motivatada interessi personali in un gruppo di individui. In particolare ci concen-triamo sull’origine della cooperazione e dei comportamenti cooperativi, checoerentemente con l’ipotesi del contratto sociale interpretiamo come il pas-saggio da uno “stato di natura” non cooperativo ad uno “stato sociale”cooperativo. Tale questione viene formalizzata usando gli strumenti dellaTeoria dei Giochi in una matrice di un opportuno gioco strategico di co-ordinamento, la Caccia al Cervo. Applichiamo quindi il concetto risolutivodell’Equilibrio di Nash alla Caccia al Cervo, che descrive adeguatamente ainostri scopi il problema dell’emergere della cooperazione. Il risultato di que-sta analisi e che sia la cooperazione sia la non cooperazione sono equilibri delgioco, e quindi soluzioni razionali possibili, anche se l’equilibrio cooperativopuo essere distinto per il fatto di essere socialmente desiderabile (Pareto-efficiente). Il problema dell’origine del contratto sociale viene dunque rifor-mulato come il problema della selezione degli equilibri multipli. L’Equilibriodi Nash non fornisce pero un criterio sufficiente per discriminare l’equilibrioefficiente, ne per determinare il passaggio da un equilibrio all’altro. Sullabase di queste difficolta viene seguito un approccio alternativo, quello evolu-tivo, che tratta il problema dell’origine della cooperazione come esito di unprocesso di evoluzione. La sua plausibilita e il suo potere esplicativo si fon-dano e verranno giustificati su un’analogia biologica. L’ipotesi e infatti chesia possibile studiare l’emergere della cooperazione ad altri livelli di organiz-zazione biologica e non solo nella specie umana. Decliniamo quindi il giocodella Caccia la Cervo nel modello della Teoria Evoluzionistica dei Giochi.L’uso del modello evolutivo comporta il vantaggio metodologico di rendereanalizzabili fattori e variabili esclusi dal modello strategico classico. Mentrein una matrice di decisione classica l’esito di un’interazione e determinatounicamente dall’uso strategico delle razionalita individuali, una dinamicaevolutiva tratta le fonti di variabilita che ne costituiscono il presupposto epossono influenzarne l’esito. Questa caratteristica riduce inoltre l’astrazionedel modello. Descriviamo in particolare come l’introduzione di specifichestrutture spaziali, di diverse modalita di apprendimento, della correlazione,dell’uso di segnali e di relazioni di consanguineita sia rilevante per la se-lezione dell’equilibrio efficiente e cooperativo nella versione evolutiva dellaCaccia al Cervo. La risposta al problema dell’origine della cooperazione edel contratto sociale non viene pero esaurita nell’analisi di questi fattori, chenon costituiscono quindi le condizioni sufficienti per il passaggio dallo statodi natura allo stato sociale ne lo determinano in modo univoco.

La conclusione avanzata in questo lavoro e che essi sono pero delle con-dizioni necessarie per spiegare l’emergere della cooperazione come esito diun processo evolutivo a partire da opportune caratteristiche iniziali di unapopolazione e di un ambiente.

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Indice

1 L’ipotesi del contratto sociale 2

2 Modello strategico 52.1 Cos’e la teoria dei giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

2.1.1 Razionalita e decisione individuale . . . . . . . . . . . 62.1.2 Razionalita e decisione strategica . . . . . . . . . . . . 92.1.3 Giustificazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

3 La Caccia al Cervo 173.1 Come si risolve la Caccia al Cervo . . . . . . . . . . . . . . . 20

3.1.1 Equilibrio di Nash . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 203.1.2 Equilibri multipli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

3.2 Stato di natura e stato sociale nella Caccia al Cervo . . . . . 23

4 Selezione dell’equilibrio efficiente 284.1 Teoria evoluzionistica dei giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . 324.2 Equilibrio di Nash e Strategia Evolutivamente stabile (ESS) . 384.3 Caccia al Cervo in un modello evoluzionistico . . . . . . . . . 39

4.3.1 Struttura spaziale e ambiente . . . . . . . . . . . . . . 414.3.2 Segnali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 444.3.3 Correlazione e apprendimento . . . . . . . . . . . . . . 464.3.4 Kin selection . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48

5 Conclusione 51

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Capitolo 1

L’ipotesi del contratto sociale

Indicazioni circa un possibile fondamento contrattualistico della societa sitrovano in autori antichi come Platone (ne Le leggi, 684a) e Cicerone (De Re-pubblica, III, 13), cosı come nel concetto medievale di “pactum subiectionis”(Ulpiano). Una vera e propria formulazione coerente dell’ipotesi del contrat-to sociale si deve pero alla tradizione giusnaturalista, la cui origine vieneconvenzionalmente fatta coincidere con la pubblicazione da parte di Groziodel De Iure belli ac pacis nel 1625. Nell’ambito del giusnaturalismo sono staticompresi quasi tutti i grandi autori, tra loro diversissimi, di testi filosofici epolitici tra Seicento e Settecento, come Grozio, Pufendorf, Locke, Hobbes,Rousseau, Spinoza e Kant. Come nota [Bobbio79], cio che accumuna la va-rieta dei rappresentanti di questa scuola non e un criterio di contenuto mapiuttosto di metodo, cioe l’applicazione di un metodo di indagine razionale e“scientifico” (nel senso della scienza moderna) allo studio del diritto, dell’e-tica e della politica. Il tema su cui questo approccio viene esercitato e quellodel diritto pubblico e in particolare dello Stato, nel tentativo di fornirne unateoria razionale, in grado di spiegare la complessita dei problemi che l’ag-gregazione degli individui in una“societa” pone senza ricorrere ad argomentidi tipo teologico o storico. L’ambizione del modello giusnaturalista e dunquequella di risolvere con un metodo dimostrativo la questione dell’origine delleistituzioni, del fondamento del potere, dell’emergere della correlazione e deicomportamenti cooperativi, delle aggregazioni e delle convenzioni. La ri-costruzione razionale di tutto quello che viene compreso nel concetto di“Stato” (inteso come qualsiasi forma di aggregazione e organizzazione diindividui) impone un’analisi che scomponga l’unita negli elementi atomiciche la compongono, e quindi la societa negli individui, le cui caratteristi-che e proprieta sono anch’esse studiate con un metodo razionale. Lo studio“razionale” della natura umana e quindi uno dei presupposti fondamentalidella tradizione giusnaturalista, ed e dichiarato in modo programmatico inHobbes: se la geometria e “la sola scienza che finora sia piaciuto a Dio re-galare agli uomini”, il suo metodo andra applicato anche nell’ambito della

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filosofia morale, i cui problemi sarebbero risolti se “si conoscessero con egualcertezza le regole delle azioni umane come si conoscono quelle delle grandezzenelle figure” (De Cive, 1647). Un’analisi rigorosa della natura umana che miria stabilire le sue proprieta e leggi universali e invariabili non puo pero esserecondotta a partire dagli uomini influenzati dalla vita in una societa nella suasempre accidentale e particolare declinazione storica, ma solo su un uomo“naturale”. Nella dimensione “naturale” gli uomini devono percio essere as-sunti come indipendenti e non aggregati in una comunita, e dunque liberi eduguali (quello che i giusnaturalisti definiscono “diritto naturale”). Il passoteorico successivo e presentato con grande chiarezza e precisione da Lockenella seconda parte dei Due Trattati sul Governo (1690)1: se individui liberie uguali si sono in qualche modo sottoposti ad un potere comune, coordi-nano i loro sforzi e cooperano, cio non puo che essere avvenuto mediante unreciproco accordo, tacito o esplicitamente espresso. In altre parole, l’unicocriterio di legittimazione dello Stato e il consenso, e all’origine della societacivile deve essere posto necessariamente un patto stipulato tra gli individuiche ne costituiscono i membri.

Abbiamo ora sufficienti elementi per esporre il modello giusnaturalista(il termine modello ci fornisce gia una doppia indicazione sul suo carat-tere di astrattezza e idealita e sul suo statuto ipotesi), che identificheremo,seguendo la proposta di Bobbio, con il modello hobbesiano. Questo modelloe fortemente dicotomico e si basa sulla distinzione tra lo stato di natura elo stato sociale (o civile) come mutualmente esclusivi. Il ruolo dello statodi natura e indipendente dal suo valore storico e assiologico, che varia daautore ad autore: e una situazione puramente ipotetica per Hobbes e Locke(anche se storicamente realizzabile in modo parziale) o esistito come fattostorico almeno all’inizio della storia dell’umanita in Rousseau; e uno statodi guerra in Hobbes, di instabilita e precarieta in Kant, di felicita e pacein Rousseau e di relativa serenita in Locke (si sono citate solo alcune dellenumerosissime differenze). La sua caratteristica fondamentale e comune atutte le trattazioni e invece quella della diversa composizione rispetto allostato sociale: individui appunto associati in un caso, individui singoli, liberie uguali nell’altro; questa contrapposizione rende lo stato di natura, per leconsiderazioni proposte in precedenza, la sede del godimento illimitato deidiritti individuali naturali. Siccome i due stati descritti sono fra loro an-titetici, il passaggio dall’uno all’altro non puo avvenire in maniera naturalee necessaria, ma attraverso un atto volontario definito come un patto tragli individui: il modello giusnaturalista esclude che la societa civile sia unprolungamento inevitabile (insito come per Aristotele nella “natura sociale”dell’essere umano) dello stato di natura, ma e invece una creazione umana.L’ipotesi del contratto sociale e dunque un elemento logicamente necessarionel modello teorico presentato, come passo imprescindibile che colleghi gli as-

1John Locke, Trattatato sul Governo, ed. Riuniti 2006.

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sunti emersi dallo studio della natura umana alla dimensione civile e statale:esso e, per esprimerlo con le parole di Bobbio, una “verita di ragione” piuche un fatto storico. Alla luce dell’impostazione seguita, dunque, l’ipotesi diun contratto sociale appare come la piu ragionevole per la spiegazione deifenomeni cooperativi, della correlazione e dell’aggregazione.

Questa breve introduzione ci consente ora di avere chiare le assunzioni dibase e la plausibilita stessa dell’ipotesi del contratto sociale. Riassumendo,tale ipotesi si puo formulare solo a partire da un metodo che intenda giu-stificare queste particolari forme di interazione e aggregazione senza doverricorrere ad alcun argomento estraneo a quelli dedotti dagli elementi che lecostituiscono. Un’ipotesi di contratto sociale deve inoltre fornire una rispstaadeguata a due domande fondamentali, una relativa alla sua origine e unaal suo mantenimento. Possiamo interpretare il problema dell’origine comequello dell’emergere spontaneo di un accordo quale esito dell’interazione fragli individui, precedente all’elaborazione di contratti vincolanti e formali, lacui analisi riguarda invece il secondo interrogativo. Nel corso di questo collo-quio ci interrogheremo sul primo dei due quesiti, quello relativo al passaggiodallo stato di natura allo stato sociale, formulandolo attraverso un modelloopportuno, esponendone le difficolta ed esaminando una possibile propostadi soluzione.

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Capitolo 2

Modello strategico

L’ipotesi del contratto sociale e l’interrogativo sulla sua origine (quindi sulpassaggio dallo stato di natura allo stato sociale) verranno studiati con glistrumenti della Teoria dei Giochi attraverso la declinazione in un adeguatomodello di gioco strategico di coordinamento. L’applicazione di un model-lo alla descrizione di situazioni di interazione reale comporta sicuramentel’introduzione di molti elementi di astrazione e di idealizzazione sia sugliindividui coinvolti sia sulla struttura dell’interazione, che non mancheremodi sottolineare e di cui verranno evidenziati i limiti e le inadeguatezze. L’usodella Teoria dei Giochi comporta pero sicuramente dei vantaggi dal pun-to di vista esplicativo e ci fornisce degli strumenti di analisi piu raffinatiche ci consentono di chiarire alcune proprieta caratteristiche degli oggettisu cui ci stiamo interrogando e di giungere a delle possibilita di soluzione.Sia le prime sia le seconde andranno di volta in volta confrontate con larealta dei fenomeni che il modello aspira a rappresentare, in un intentoche rimane puramente descrittivo: queste giustificazioni di carattere episte-mologico saranno sempre affiancate alla declinazione nella forma del giocostrategico. Gia a partire dal modello contrattualistico decritto nel capitoloprecedente si possono derivare alcune considerazioni rispetto all’adeguatez-za del modello proposto; in particolare una indicazione rilevante viene dalfatto che il metodo con cui e stata formulata l’ipotesi del contratto socialesia un metodo dichiaratamente “razionale”, cioe che non ricorra a principidi spiegazione esterni alle proprieta e alle leggi della natura umana. Se ilcontratto sociale e un atto volontario di unione e aggregazione da partedi individui originariamente (o comunque “naturalmente”) non aggregati,autonomi, indipendenti, liberi e uguali, il modello in cui vogliamo formu-lare questa ipotesi dovra avere al centro una nozione di agente adeguata adescrivere la stipulazione di un patto come un accordo basato sul consen-so. Come vedremo meglio una volta data una formalizzazione dei principistrutturali della teoria della decisione razionale, queste richieste vengonoadempiute da una precisa caratterizzazione della razionalita individuale e

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di un’interazione (per l’esito razionale di un’interazione, le considerazionipiu approfondite verranno presentate nel capitolo 3 quando verra definito ilconcetto risolutivo dell’Equilibrio di Nash).

2.1 Cos’e la teoria dei giochi

Per le due sezioni successive, si seguira l’esposizione di H. Hosni, Dispensedi Teoria della decisione razionale, Scuola Normale Superiore, 2011.

2.1.1 Razionalita e decisione individuale

Problema di decisione

Nella teoria della decisione razionale assumiamo come unita di base gli agen-ti, entita astratte e idealizzate non necessariamente individuali. Tali agentisono dotati delle seguenti caratteristiche:

1. sono orientati al raggiungimento di uno scopo;

2. sono dotati di preferenze personali;

3. sono in grado di codificare informazioni e di ragionare sulle conseguen-ze delle proprie azioni.

Definizione 1 (Problema di decisione) Un problema di decisione e defini-to da una quadrupla π = 〈A,E, S,D〉 dove A e un insieme di azioni, S e uninsieme di stati ed E un insieme di esiti definito da tutte le funzioni da Ain S. D e una funzione di decisione che associa uno stato ad un’azione perdare luogo ad un esito: D : A× S → E.

Un problema di decisione puo essere rappresentato in forma normale at-traverso una matrice di decisione costruita come nell’esempio:

s1 s2a1 e11 e11a2 e21 e22a3 e31 e32

Per definire quando un problema di decisione e risolto in modo razionale,dobbiamo specificare che la razionalita in questione e una razionalita stru-mentale, che consiste cioe nell’uso della ragione in risposta alle motivazionipersonali dell’individuo (agli incentivi) e che quindi l’interesse sara quellodi caratterizzare un modo razionale in cui gli agenti possano raggiungere iloro scopi, rappresentati nella matrice di decisione dagli esiti. Vale quindi ilseguente Principio di Massimizzazione:

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Principio 1 (Massimizzazione) Dato un problema di decisione π, un agenterazionale si comporta in modo massimizzante rispetto agli esiti in E.

Altri due principi che occorre tenere presenti sono:

Principio 2 La restrizione del dominio di scelta per l’agente e delle in-formazioni rilevanti alla soluzione del problema a tutto e solo cio che erappresentato nella matrice (qualsiasi altra considerazione aggiuntiva violail modello e non puo essere considerata rilevante per la soluzione di quelproblema di decisione, che e completamente descritto dalla sua matrice).

Principio 3 La razionalita nei problemi di decisione e indipendente dal con-tenuto delle preferenze: questo significa che la teoria della decisione razionalee completamente neutrale rispetto agli scopi di un agente, purche le preferen-ze rispettino degli opportuni requisiti di consistenza.

I problemi di decisione si distinguono a seconda delle condizioni epistemi-che degli agenti rispetto agli stati rappresentati nell’insieme S. In particolaredefiniremo il concetto di soluzione razionale per un problema di decisionein condizioni di certezza, quando cioe gli individui hanno delle informazioniperfette sugli stati.

Preferenze e scelta

Le preferenze su cui si basa la teoria della decisione razionale sono preferen-ze rivelate, cioe non viene fatto alcun assunto sui meccanismi psicologicicoinvolti nel processo di formazione delle preferenze, che vengono definitesolo in base ad osservabili, le scelte compiute dall’agente. Come nota Ru-binstein in[Rubinstein2006], il comportamento di scelta puo sempre e soloessere osservato in circostanze particolari, dunque la relazione di preferenzae la funzione di scelta indotta che analizzeremo sono altamente ideali.

Definizione 2 (Preferenza debole) �i⊆ E×E (preferenza debole) e unarelazione binaria definita sugli esiti, dove e �i f e interpretato come “l’a-gente i preferisce debolmente l’esito e all’esito f” oppure “i non considera eun esito peggiore di f”, ed i e indifferente tra e ed f, scritto e ∼i f , se e solose vale che e �i f e f �i e. La relazione di preferenza debole e riflessiva,completa e transitiva ed e quindi un pre-ordine sull’insieme E.

Le proprieta di completezza e transitivita implicano che l’agente debba es-ibire preferenze molto chiare ed in particolare essere in grado di compararetutti gli esiti dell’insieme E; anche questo rende la relazione di preferenzafortemente idealizzata e astratta.

Definizione 3 (Elemento massimale) Un elemento si dice massimale rispet-to ad un pre-ordine, scritto e+ e �-massimale, se 6 ∃e ∈ E tale che e �

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e+(dove � o preferenza forte e una relazione binaria definita sull’insiemedegli esiti e definisce un ordine stretto sull’insieme E, cioe e asimmetrica,completa e transitiva).

Definizione 4 (Funzione di scelta) Dato un insieme X non vuoto, S :X → P (X) e una funzione di scelta se e solo se ∅ 6= S(X) ⊆ X.

Definizione 5 (Funzione indotta da �i) Si definisce la seguente funzioneS come la funzione indotta da � (S�):

S� = [max]E = {e+ ∈ E t.c. 6 ∃e ∈ E t.c. e � e+}

Se �i e un pre-ordine allora S definita dall’equazione (max) e una fun-zione di scelta che seleziona l’elemento massimale rispetto al pre-ordinee quindi rispetta il Principio di Massimizzazione (se vi sono piu elementi�-massimali, il Principio di Risoluzione prescrive che una qualsiasi sceltacasuale tra questi elementi soddisfa il Principio di Massimizzazione).

Utilita

Finora si e cercato di caratterizzare il Principio di Massimizzazione attraver-so l’uso di una relazione di preferenza binaria sugli esiti che, se rispetta op-portune condizioni di consistenza (in particolare, se definisce un pre-ordinesu E) induce una funzione di scelta che rispetta tale principio (perche l’in-sieme scelto e costituito da un elemento �-massimale). Le stesse proprietadi consistenza sono anche sufficienti a garantire una rappresentazione me-diante un valore numerico reale agli esiti. In particolare, e sempre possibilecostruire una funzione di utilita u : X → R che rappresenta la relazione dipreferenza �, cioe vale che:

Teorema 1 Dati e, f ∈ X e una funzione u definita come sopra, u rappre-senta � se e solo se:

e � f ⇔ u(e) ≥ u(f).

Questo risultato e dimostrato dal Teorema Fondamentale dell’Utilita (di-mostrazione in [Rubinstein2006]) e assicura che, dato un problema di deci-sione, possiamo sempre assegnare un valore reale agli esiti. E opportunonotare come la funzione di utilita di cui il teorema garantisce l’esistenza eunica a meno di trasformazioni strettamente positive, cioe per ogni funzionestrettamente crescente f : R→ R, la funzione V (x) = f(U(x)) rappresenta�. In altre parole, il Teorema Fondamentale dell’utilita ci assicura l’esistenzadi una funzione ma non ci fornisce indicazioni su come costruirla: qualsiasivalore reale assegnato agli esiti e adeguato a rappresentare la relazione dipreferenza sugli esiti purche venga rispettato l’ordine di preferenza.

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Soluzione razionale di un problema di decisione individuale incondizioni di certezza

Possiamo a questo punto ridefinire il Principio di massimizzazione comesegue:

Definizione 6 Dato un insieme di alternative reali A, scegliere quelle chemassimizzano un dato indice f. Se x ∈ A e f(x) e l’indice a valori reali asso-ciato ad x, il Principio si puo esprimere attraverso la richiesta che venganoselezionati quegli elementi x∗ che soddisfino l’equazione

x∗ ∈ [argmax](x∈A)f(x) = {x∗ ∈ A|f(x∗) ≥ f(x), ∀x ∈ A}.

In un problema di decisione in condizioni di certezza, l’indice f (o fun-zione obiettivo) adeguato, perche derivato dalla consistenza della relazionedi preferenza, e l’utilita: un agente si comporta quindi in modo razionalese massimizza la propria funzione di utilita (o meglio, come osserva Ru-binstein [Rubinstein2006], se si comporta come se massimizzasse l’utilitaindividuale).

2.1.2 Razionalita e decisione strategica

Possiamo rappresentare un problema di decisione anche quando esso si pre-senta nella forma di un’interazione con altri agenti. Come nota Binmore([Binmore2007b]), questo rende la Teoria dei Giochi potenzialmente appli-cabile ad una infinita di situazioni reali, poiche praticamente ogni processoosservabile puo essere descritto come l’esito di un’interazione. La forma digioco strategico e un particolare modello di interazione fra due o piu agentiche rispetta determinate caratteristiche.

Gioco Strategico

Definizione 7 (Gioco Strategico) Un gioco strategico e definito da unatripla 〈N,Ai,�i〉 dove N e l’insieme degli agenti coinvolti nell’interazione,o giocatori; Ai 6= ∅ finito per ogni i ∈ N e l’insieme delle alternative realidi i, dette anche strategie; �i per ogni i ∈ N e una relazione di preferenzadefinita su A =

∏(i∈N)Ai, cioe sugli esiti delle alternative reali, dati dai

prodotti cartesiani delle strategie di tutti i giocatori.

Come per il problemi di decisione individuale, ci occuperemo solo diproblemi in condizioni di certezza, in cui cioe gli esiti sono determinati concertezza dalle alternative reali. Anche per i giochi strategici si utilizza unarappresentazione in forma normale attraverso una matrice come la seguente(due giocatori):

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c d

a a,c a,d

b b,c b,d

Dove i, j ∈ N ; a, b ∈ Ai e c, d ∈ Aj e le coppie (a, c), (a, d), (b, c), (b, d)costituiscono gli esiti delle strategie su cui gli agenti esprimono le propriepreferenze.

Nella forma estesa, invece, il gioco si articola attraverso una serie digiocate successive e osservabili per gli altri giocatori, e viene meno l’ipotesistrutturale della simultaneita (un esempio tipico e il gioco degli scacchi),dunque il gioco non appartiene piu alla classe dei giochi strategici.

E opportuno ricordare che i giocatori possono giocare non solo strategiepure, come generalmente assumeremo negli esempi, (che sono gli elementidi Ai) ma anche strategie miste:

Definizione 8 (Strategia Mista, [Osborne and Rubinstein95]) dato l’in-sieme Ai delle alternative reali di i, si definisce ∆(Ai) l’insieme della di-stribuzione di probabilita su Ai come una strategia mista del giocatore i; siassume che le strategie miste di un giocatore siano scelte casuali indipenden-ti. Nello specifico, per un insieme finito X e δ ∈ ∆(X), si denota con δ(x)la probabilita che δ assegna a x ∈ X e si definisce il “supporto” di δ comel’insieme degli elementi x ∈ X per cui vale che δ > 0.

Un’interpretazione possibile delle strategie miste e quella di considerarela possibilita che un agente scelga deliberatamente in modo casuale fra lestrategie pure a propria disposizione ([Osborne and Rubinstein95]).

Per caratterizzare la forma di gioco strategica sono inoltre necessarie leseguenti ipotesi strutturali:

Ipotesi 1 (Simultaneita) I giocatori scelgono una volta per tutte la pro-pria strategia.

In [Osborne and Rubinstein95] viene sottolineato che non e necessaria l’ef-fettiva simultaneita delle scelte quanto piuttosto il fatto che i giocatori nonpossano conoscere ed essere influenzati dalle strategie giocate dagli avversari.

Ipotesi 2 (Non cooperazione) I giocatori non possono stipulare contrat-ti vincolanti per accordarsi sulla scelta delle proprie strategie.

Ipotesi 3 (Conoscenza condivisa) La matrice e le regole del gioco, leipotesi strutturali e le funzioni di utilita individuali sono conoscenza condi-visa tra i giocatori. Secondo la formulazione data da Lewis in Convention1,una proposizione P e conoscenza condivisa in un insieme X di individui setutti gli individui in X sanno che P , tutti i giocatori in X sanno che (tuttii giocatori in X sanno che P )..., (per un numero infinito di iterazioni).

1David K. Lewis, Convention: a philosophical study, Oxford University Press 1969.

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Come avremo modo di sottolineare anche in seguito, l’ipotesi della conoscen-za condivisa pone un requisito molto forte per applicare un modello di giocoad una situazione reale.

Definizione 9 (Dominanza) Una strategia s ∈ Ai si dice fortemente do-minata da una strategia s∗ se ui(s) < ui(s

∗) indipendentemente dalle strate-gie giocate dagli altri giocatori. Una strategia s ∈ A1 si dice debolmentedominata da una strategia s∗ se:

u1(s∗, t) ≥ u1(s, t),∀t ∈ A2 e ∃t∗ ∈ A2 t.c. u1(s

∗, t∗) > u1(s, t∗).

Possiamo declinare il Principio di Massimizzazione in forma strategicacome il Principio di Dominanza, che afferma che non e mai razionale giocareuna strategia fortemente dominata.

Tassonomia

Le forme di gioco sono distinte in categorie a seconda delle proprieta comuni:oltre alla differenza fra la forma estesa e la forma normale, l’altro aspettoche caratterizza la forma strategica e la distinzione tra i giochi non coope-rativi e quelli cooperativi. Un gioco si definisce cooperativo se e possibileper i giocatori stipulare dei contratti vincolanti, non cooperativo altrimenti:come nel caso della forma estesa, risulta evidente dalla caratterizzazioneche abbiamo dato di forma strategica mediante le ipotesi strutturali che sitratteranno solo giochi non cooperativi.

Definizione 10 (Gioco a somma zero, [Binmore2007b]) Un gioco sidefinisce a somma zero quando la somma dei risultati ottenuti da tutti igiocatori e sempre uguale a 0. Nel caso di due giocatori, vale quindi che:

u1(e) + u2(e) = 0,∀e ∈ E.

In altre parole, un giocatore vince quello che perde l’altro. Un gioco che hauna rappresentazione a somma zero si dice un gioco strettamente competi-tivo (o di competizione stretta). Un gioco si dice a somma diversa da zero edi competizione non stretta altrimenti.

Definizione 11 (Informazione completa e perfetta) Un gioco si definiscead informazione completa se i giocatori conoscono perfettamente le con-vinzioni e le preferenze dei propri avversari, ad informazione incompleta al-trimenti. Un gioco si dice ad informazione perfetta se i giocatori conosconole condizioni iniziali del gioco e tutti gli stati precedenti, ad informazioneimperfetta altrimenti.

L’ ipotesi della conoscenza condivisa restringe le possibilita della nostra ana-lisi dei giochi strategici a giochi ad informazione completa e perfetta (questointroduce un ulteriore elemento di idealizzazione e astrazione nel nostromodello).

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Definizione 12 (Gioco ripetuto, [Binmore2007b]) Un gioco si dice nonripetuto se viene giocato una sola volta tra gli stessi giocatori. Se un gioco Gviene ripetuto piu volte dagli stessi giocatori, esso diventa lo “stage game”di un gioco ripetuto G∗ .

Queste sono le principali caratteristiche di un gioco ripetuto:

1. Ad ogni ripetizione di G∗, le strategie a disposizione dei giocatori e lerelazione di preferenza sono le stesse dello stage game di G∗, G.

2. I risultati in termini di utilita dei giocatori si ottengono sommando irisultati ottenuti da ciascuno in ogni ripetizione.

3. Una strategia di un giocatore per un gioco ripetuto non e semplice-mente un elenco di alternative reali da giocare in ogni ripetizione delgioco, perche un’azione di un agente alla ripetizione n puo essere in-fluenzata e quindi contingente alla “storia del gioco”, cioe a quanto eavvenuto nelle ripetizioni fino a n− 1.

Definizione 13 (Storia di un gioco ripetuto) Se consideriamo il casodi un gioco con due giocatori, definiamo l’insieme H = A1 ×A2, dove A1 eA2 sono gli insiemi delle alternative reali rispettivamente per i giocatori 1 e2. In particolare, se A1 = {s1, s2} e A2 = {t1, t2}, i quattro elementi di Hsono le quattro possibili “storie” del gioco ad ogni ripetizione.

Ad esempio potremmo avere h1 = {s2, t1} alla prima ripetizione e h2 ={s2, t2} alla seconda ripetizione. Si assume che anche la storia del gioco siaconoscenza condivisa tra i giocatori.

Definizione 14 (Strategia in un gioco ripetuto) Una strategia per ilgiocatore 1 in un gioco ripetuto e una coppia (s, f) in cui s ∈ A1 e un’al-ternativa reale da giocare alla prima ripetizione di G∗, e f : H → A1 e unafunzione.

I giochi ripetuti si distinguono per il numero di ripetizioni fra finiti e in-finiti. Un’altra importante distinzione riguarda le conoscenze dei giocatoririspetto al numero di ripetizioni del gioco: un gioco G∗ si dice indefinitose ad ogni ripetizione i giocatori assegnano sempre una probabilita p > 0alla possibilita che il gioco venga ripetuto un’altra volta. Anche se non fare-mo riferimento ai giochi ripetuti indefinitamente ma piuttosto a dinamicheevolutive, anche questi giochi sono molto studiati per l’emergere dei compor-tamenti cooperativi. Descriveremo e risolveremo rigorosamente solo giochinon ripetuti, mentre quando si fara riferimento a forme di giochi ripetuti losi fara in modo intuitivo e senza utilizzare alcuno strumento formale.

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Esempi

In questa sezione verranno mostrati dei casi di applicazione di un modellostrategico a delle situazioni di interazione reale.

Dilemma del Prigioniero

Due criminali vengono arrestati con l’accusa di un grave crimine, ma lapolizia non puo avere prove sufficienti per condannare nessuno dei due ameno che l’altro non confessi. Ai due, in camere separate e senza possi-bilita di comunicare, viene fatta indipendentemente la seguente proposta:“Se tu non confessi ma il tuo complice confessa, sarai condannato alla mas-sima pena. Se confessate entrambi, sarete tutti e due condannati ma verraapplicato uno sconto di pena. Se nessuno dei due confessa, sarete incrimi-nati solo di un crimine minore per cui vi sono prove sufficienti”. Una pos-sibile rappresentazione in forma normale del Dilemma del Prigioniero e laseguente:

• Giocatori: {i, j}

• Strategie: {coprire; denunciare}

• Preferenze individuali: (d, c) �i (c, c) �i (d, d) �i (c, d) ; (c, d) �j

(c, c) �j (d, d) �j (d, c)

c d

c 3,3 0,4

d 4,0 1,1

Il gioco rappresentato e un gioco strategico (non cooperativo perche igiocatori non hanno nemmeno la possibilita di comunicare fra loro, ad in-formazione perfetta e completa perche i termini del gioco sono conosciuti inogni dettaglio dai giocatori), a somma diversa da zero e quindi di compe-tizione non stretta. La strategia c e fortemente dominata da d per entrambii giocatori.

Caccia al Cervo

La Caccia al Cervo e un gioco modellato su un aneddoto proposto daRousseau nel Discorso sull’origine e i fondamenti della diseguaglianza fragli uomini2:

Se si dovesse cacciare un cervo, ognuno comprenderebbe chedeve restare fermo e fiducioso al suo posto; ma se passasse unalepre nei paraggi di ciascun giocatore, non possiamo dubitare cheegli lascerebbe il suo posto per cacciarla, senza alcuno scrupolo.

2Jean-Jacques Rousseau, Discorso dull’origine e i fondamenti della diseguaglianza tragli uomini, in Scritti politici I, ed. Laterza 1971.

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In una possibile interpretazione dell’interazione descritta da Rousseau, ognigiocatore puo decidere se cacciare un cervo o cacciare una lepre; non sipuo catturare un cervo da soli mentre si puo cacciare con successo unalepre indipendentemente dagli altri individui; un cervo garantisce a ciascunodei cacciatori piu carne di quanta ne otterrebbero cacciando una sola lepreper ciascuno. Per semplicita rappresentiamo una Caccia al Cervo fra duegiocatori:

• Giocatori: {i, j}

• Strategie: {cervo, lepre}

• Preferenze individuali: (c, c) �i (l, c) �i (l, l) �i (c, l) ; (c, c) �j

(c, l) �j (l, l) �j (l, c) (In realta si poteva scrivere anche (l, l) �i (l, c)e (l, l) �j (c, l), in altre parole (l, l) ∼i (l, c) e (l, l) ∼j (c, l))

c l

c 2,2 0,1

l 1,0 1,1

E un gioco strategico a somma diversa da zero (si dice anche di conflittodi interessi parziale).

Gioco del Guidatore

Due automobilisti devono decidere se guidare sul lato destro o sul lato sin-istro della strada. Se guidano entrambi dallo stesso lato, indipendentementeda quale, non rimangono coinvolti in un incidente, altrimenti un incidente einevitabile.

• Giocatori: {i, j}

• Strategie: {destra; sinistra}

• Preferenze individuali: (d, d) ∼i (s, s) �i (s, d) ∼i (d, s) ; (d, d) ∼j

(s, s) �j (s, d) ∼j (d, s)

d s

d 1,1 0,0

s 0,0 1,1

Gioco strategico a somma diversa da zero. Sia la Caccia al Cervo siail Gioco del Guidatore sono dei giochi di coordinamento, cioe giochi in cuisono presenti diversi equilibri di Nash puri (questa definizione potra esserechiarita solo quando introdurremo il concetto di equilibrio di Nash). Intui-tivamente, possiamo pero gia osservare che in entrambi i giochi tutti e duei giocatori ottengono un risultato p > 0 se giocano le proprie strategie in

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modo correlato (o, in altri casi, anti-correlato), mentre ottengono un risul-tato p = 0 altrimenti. In particolare gli esiti sulle diagonali della matricedei due giochi rappresentano le due situazioni in cui gli agenti interagisco-no in modo coordinato. Il gioco del guidatore e un gioco di coordinamentopuro, perche gli esiti della coordinazione sono indistinguibili dal punto divista delle utilita, mentre nella Caccia al Cervo (che e un semplice gioco dicoordinamento) gli esiti sono distinguibili per utilita.

2.1.3 Giustificazione

Utilizzeremo come modello del contratto sociale un opportuno gioco strate-gico di coordinamento. Per dare ragione di questa decisione dovremmo in-nanzitutto giustificare la scelta della forma di gioco strategica, e quindi so-prattutto dell’ipotesi strutturale di non cooperazione. In seguito dovremmogiustificare l’uso della particolare forma costituita dai giochi di coordina-mento.

Il motivo per cui si e scelta una forma di gioco strategica e non invece co-operativa e sottolineato in diverse occasioni da Binmore (sia in [Binmore2007a]sia in [Binmore2007b]). L’autore nota che nel modello cooperativo non puoessere analizzato il problema di come la coordinazione, l’altruismo, la corre-lazione e gli accordi fra individui possano effettivamente emergere, evolversie mantenersi: esso infatti assume che le difficolta che pone l’origine di questifenomeni (che sono quelli che ci interessa approfondire) siano gia state inqualche modo risolte prima dell’inizio del gioco. Una forma di gioco noncooperativa risulta quindi indispensabile se non vogliamo studiare gli effet-ti della cooperazione e del contratto sociale sulle interazioni fra individuima perche e come il contratto sociale e stato stipulato. Un secondo moti-vo deriva da quello che nel capitolo 1 abbiamo definito come il principio dilegittimazione del contratto sociale, cioe il consenso tra gli individui che siaggregano. A questo proposito di particolare interesse e il gia citato Trattatosul Governo di Locke, che si articola in polemica con la posizione di Filmer,che aveva difeso la monarchia assoluta con un criterio di legittimita derivatodalla storia e in particolare dalla “natura”: un suddito deve ubbidire al sovra-no come un figlio deve ubbidire al padre, per il fatto stesso di essere statogenerato. Locke, opponendosi ad una visione di stato come estensione dellasocieta domestica e padronale, propone invece, come e gia stato osservato,un patto stipulato tra gli individui quale unico vincolo possibile dell’orga-nizzazione in societa. Un modello di questo tipo esclude quindi chiaramentequalsiasi principio sia di legittimazione ma anche di spiegazione dell’originedello Stato (nel suo significato piu onnicomprensivo di forma di aggregazionetra individui; lo stato civile contrapposto allo stato di natura) che non siesaurisca nelle volonta (e nelle razionalita) dei singoli. L’assunzione di unaccordo che preceda le interazioni fra gli individui dunque non solo non eadatto a rispondere alla domanda sull’origine del contratto sociale, ma viola

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anche un modello che intenda spiegare la cooperazione interamente comeesito delle scelte degli agenti, perche in esso viene escluso qualsiasi potere oprincipio che possa far valere accordi precedenti o di diverso fondamento.

In [Skyrms2004], si studia il problema dell’emergere della cooperazionee dei comportamenti altruistici utilizzando la Caccia al Cervo e i giochi dicoordinamento in generale. La sua giustificazione per la scelta di questa for-ma di giochi si risolve nell’individuazione della correlazione come elementofondamentale nella struttura sociale e in ogni esempio di cooperazione eaggregazione tipico dello “stato sociale”. La constatazione che il coordina-mento delle azioni e alla base delle interazioni che caratterizzano lo statosociale rende i giochi di coordinamento molto interessanti e potenzialmentealtrettanto informativi per lo studio del problema dell’origine del contrattosociale e quindi della correlazione e del coordinamento stessi.

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Capitolo 3

La Caccia al Cervo

Fra i giochi che abbiamo analizzato nell’ultima sezione del capitolo prece-dente, ci concentreremo su quello della Caccia al Cervo, che viene qui pro-posto come modello idoneo al problema del contratto sociale (in [Skyrms96]si analizza questo gioco che e definito un “prototipo” del contratto sociale).Una volta compresa la matrice del gioco, possiamo vedere delle “Cacce alCervo” in molte situazioni di interazione quotidiana: in generale, degli agen-ti stanno giocando una Caccia al Cervo quando la cooperazione assicuradei benefici collettivi rispetto alla non cooperazione. Questa considerazionesembrerebbe influire sull’emergere della cooperazione: intuitivamente, se lacollaborazione e piu vantaggiosa, dovrebbe essere la scelta razionale dei gio-catori coinvolti. Ma, per la natura strategica del gioco, l’azione che un gio-catore sceglie dipende dalle sue convinzioni su quello che gli altri giocatorisceglieranno: se tutti sapessero con certezza che gli avversari giocheranno c,e razionale cacciare un cervo, se invece vi sono forti sospetti che i compa-gni di caccia siano non cooperativi, cacciare una lepre assicura un risultatosuperiore al cacciare da soli un cervo. Questa tensione tra cio che e deside-rabile socialmente (perche garantisce un miglior risultato a tutti i giocatori)e cio che invece puo essere strategicamente piu sicuro per il singolo, quandole convinzioni sul comportamento altrui non siano certe, e colto dall’autoredella storia delle Caccia al Cervo, Rousseau. Ogni volta che si collaboraper un’impresa collettiva, e la defezione di un singolo, volta ad assicurarsiun vantaggio personale immediato, puo far fallire gli sforzi altrui, si creaun cosiddetto “dilemma della fiducia”([Binmore2007b]). In questi casi pero,siccome il risultato conseguito dalla strategia non cooperativa e indipen-dente dalle strategie giocate dagli avversari (oppure cambia solo lievemente,come in alcune versioni modificate della Caccia al Cervo), la defezione potrasembrare in molti casi la scelta piu sicura quando non si conoscano perfet-tamente gli individui con cui si interagisce, il che in una popolazione ampiae molto frequente. Per chi, come Rousseau, e interessato al problema delpassaggio dallo stato di natura allo stato sociale, la questione si compli-

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ca ulteriormente quando si intende studiare come si possa passare da unasituazione non cooperativa ad una situazione cooperativa (in particolare, sepensiamo a questo esempio specifico, come si puo formare una comunita dicacciatori che collaborano e si spartiscono la preda piuttosto che di cacciatoriche si procurano individualmente le risorse per il proprio sostentamento). Einfatti chiaro che, anche se i singoli giocatori potessero vedere i benefici per-sonali che deriverebbero dalla collaborazione per uno scopo comune, in unambiente totalmente non cooperativo la cooperazione e una strategia falli-mentare. La non cooperazione garantisce invece la sopravvivenza, anche sea condizioni meno favorevoli rispetto al benessere diffuso di una comunitacooperativa. Siamo quindi di fronte ad una Caccia al Cervo ogni volta chel’introduzione di un patto o una convenzione cooperativa fra gli individui(un contratto sociale) porterebbe ad un vantaggio collettivo rispetto allostatus quo, situazione in cui pero la cooperazione o l’altruismo del singolosono svantaggiosi e “rischiosi” rispetto alla strategia diffusa.

Anche se gia possiamo intuire le difficolta che porra il problema del pas-saggio allo stato sociale nel modello della Caccia al Cervo, questo gioco hal’importante proprieta di rendere la cooperazione consistente con la razio-nalita: la cooperazione, cioe, (o in generale un contratto sociale) non e ascapito dei vantaggi che i singoli potrebbero ottenere non cooperando, maad esempio migliora le loro condizioni di vita o li mette in grado di compieredelle imprese impraticabili singolarmente e per cui si rende necessaria lacollaborazione. Questa proprieta, oltre a rispecchiare moltissime delle situa-zioni di reale interazione tra gli individui, e fondamentale per un modelloche voglia basare il contratto sociale e i comportamenti cooperativi sullarazionalita dei singoli individui, e che debba quindi in qualche modo incen-tivare la cooperazione dal punto di vista della massimizzazione delle utilitapersonali. Vedremo, nel prossimo capitolo, come questo modello possa averedei limiti e come possa essere ampliato, ma sicuramente, anche quando sene descriveranno le difficolta, non verra meno l’assunto di base per cui uncontratto sociale non puo essere incompatibile con gli incentivi individuali.La conseguenza di un comportamento cooperativo, di un patto o di un’isti-tuzione che non abbia questa caratteristica e un’assenza di stabilita, comecercheremo di caratterizzare meglio introducendo il concetto di Equilibriodi Nash. La Caccia al Cervo, come emergera con maggior precisione quandoanalizzeremo le sue possibili soluzioni, non risolve il problema della coope-razione; il fatto pero di renderla consistente con la razionalita individualeci consente di analizzare la questione dei comportamenti cooperativi e delcontratto sociale all’interno e con gli strumenti della Teoria dei Giochi.

In tutta la trattazione successiva, utilizzeremo il gioco della Caccia alCervo facendo riferimento all’esposizione di Rousseau, ma come abbiamomostrato esso e in realta un modello esplicativo applicabile ad un’ampiagamma di interazioni. Anche Hume, occupandosi del problema del contrat-to sociale, ha proposto e analizzato delle situazioni che potremmo descrivere

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nella matrice della Caccia al Cervo; due esempi sono particolarmente in-teressanti. Il primo descrive l’interazione strategica tra due uomini in unabarca:

Two men who pull at the oars of a boat, do it by an agreementor convention, tho’ they have never given promises to each other1.

L’interazione descritta e una Caccia al Cervo a due giocatori: se entram-bi gli individui remano, ottengono un risultato che non avrebbero potutoraggiungere da soli; se uno dei due non rema, qualunque strategia l’altrogiocatore adotti, il risultato e lo stesso, cioe la barca non si muove; il risulta-to peggiore possibile e remare da soli mentre l’avversario non rema, perchesi e profuso uno sforzo inutilmente (come quando si caccia un cervo da soli).Analogamente per il seguente problema del prosciugamento di un campoanalizzato sempre nel Trattato:

Two neighbors may agree to drain a meadow, which they pos-sess in common; because ‘tis easy for them to know each othersmind, and each may perceive that the immediate consequenceof failing in his part is the abandoning of the whole project.But ‘tis difficult, and indeed impossible, that thousand personsshou’d agree in any such action.

In questo breve passaggio Hume sintetizza tutte le difficolta poste dal-la Caccia al Cervo: innanzitutto, la cooperazione e consistente con la ra-zionalita; in secondo luogo, la possibilita della cooperazione dipende dalleconvinzioni, dalla fiducia e dalle conoscenze riguardo agli altri individui coin-volti. Un altro aspetto fondamentale, a cui si e accennato e che non verratrattato nello specifico (se non per brevi accenni), e che e molto piu difficilestabilire la cooperazione in un gioco con un numero molto elevato di agentirispetto che in un gioco a due individui, e che la ripetizione del gioco congli stessi giocatori (come nel caso di due vicini) influisce sull’emergere dellacooperazione. Per il momento basti pensare che questa considerazione e in-tuitiva se, come Hume, pensiamo che sia molto piu semplice conoscere consicurezza le intenzioni del proprio vicino (con cui probabilmente abbiamogia interagito altre volte) piuttosto che di uno sconosciuto. Torneremo suquesto aspetto nella sezione 4.3.1 quando tratteremo la struttura spaziale diuna dinamica evolutiva.

Si sono voluti trattare brevemente anche questi esempi per ricordareche la Caccia al Cervo non e associata semplicemente ad un particolareaneddoto, ma e una matrice di gioco che puo essere applicata a numerosiproblemi di cooperazione e correlazione in cui si evidenzia una tensionetra benefici collettivi e rischio strategico individuale. Ogni volta che faremoriferimento alla Caccia al Cervo possiamo quindi indifferentemente pensare

1David Hume, A Treatise of Human Nature, Oxford University Press 2011.

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alla situazione descritta da Rousseau piuttosto che ai due uomini in unabarca o ai due vicini che drenano un campo.

3.1 Come si risolve la Caccia al Cervo

Uno dei vantaggi di trattare il problema del passaggio dallo stato di naturaallo stato sociale attraverso un modello appartenente alla Teoria dei Giochi eche possiamo applicare il concetto risolutivo dei giochi strategici di coordina-mento al gioco della Caccia al Cervo. In questo modo possiamo restringerele soluzioni del problema alle soluzioni della matrice idonea a descriverlo.Questo passaggio, che non e immediato, verra giustificato in seguito sullabase delle proprieta dell’Equilibrio di Nash come concetto risolutivo, cherendono difficilmente praticabili e realizzabili delle soluzioni che non sianoequilibri, per il modo in cui abbiamo caratterizzato lo stato di natura e lostato sociale.

3.1.1 Equilibrio di Nash

Definizione 1 (Risposta ottimale) s ∈ Ai e una risposta ottimale di ialle strategie degli altri giocatori se massimizza l’utilita di i sotto l’ipotesiche le strategie scelte dagli altri giocatori siano fisse.

Definizione 2 (Equilibrio di Nash, [Osborne and Rubinstein95]) UnEquilibrio di Nash per un gioco strategico 〈N, (Ai), (�i)〉 consiste in unprofilo a∗ ∈ A di strategie tali che per ogni i ∈ N :

(a∗−i, a∗i ) �i (a∗−i, ai), ∀ai ∈ N, dove a∗−i e il complemento di i in N.

Questo significa che una n-pla di strategie costituisce un equilibrio seogni elemento di questa n-pla e una risposta ottimale di un giocatore allestrategie di tutti gli altri giocatori. Oltre all’aspetto di risposta ottimale,un’altra caratteristica del concetto di equilibrio e che esso e “deduttiva-mente stabile”, cioe nella situazione di equilibrio non vi sono incentivi alladeviazione unilaterale. In un gioco non cooperativo, in cui non e possibileper i giocatori stipulare un contratto vincolante, e quindi a determinare l’e-sito di un’interazione sono solo le razionalita individuali come risposta allemotivazioni e agli incentivi personali, siamo quindi autorizzati a pensareall’Equilibrio di Nash come ad un “accordo inevitabile” tra i giocatori. Ilteorema di esistenza dell’Equilibrio di Nash nelle strategie miste per tuttii giochi strategici finiti (cioe con un numero finito di giocatori e di strate-gie) (Nash, 1951) ci consente inoltre di trovare una tale soluzione per ogniinterazione che rispetti queste caratteristiche.

Definizione 3 (Equilibrio inefficiente [Binmore2007b]) Siano e1 = (si, sj)e e2 = (t1, tj) due equilibri di Nash tali che u(si) > u(ti) e u(sj) > u(tj).

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Definiamo allora l’equilibrio e2 inefficiente; altrimenti lo definiamo effi-ciente.

In particolare una soluzione si dice Pareto-efficiente rispetto ad un’altrase assicura un’utilita maggiore a tutti i giocatori coinvolti, mentre si dicePareto-ottimale se garantisce il massimo risultato in termini di utilita atutti gli agenti. La versione “indebolita” del criterio dell’ottimo paretiano lodefinisce invece come una soluzione tale che nessun’altra possa migliorare lecondizioni (sempre espresse come funzioni di utilita) di un individuo senzapeggiorare quelle di un altro.

Definizione 4 (Equilibrio di Nash stretto, [Osborne95]) Un Equilibriodi Nash si definisce stretto se la strategia di ogni giocatore all’equilibrio e lamigliore possibile per il giocatore fissate le strategie degli avversari. In par-ticolare, un profilo a∗ di alternative reali e un Equilibrio di Nash stretto sevale che:

ui(a∗i ) > ui(ai, a

∗−i) per ogni alternativa reale ai 6= a∗i del giocatore i.

3.1.2 Equilibri multipli

Possiamo ora risolvere il gioco della Caccia al Cervo, attraverso il metododella ricerca delle risposte ottimali. Le n-ple che risulteranno costituite darisposte ottimali saranno gli Equilibri di Nash per il gioco della Caccia alCervo. Per semplicita considereremo solo il caso di un gioco fra due individui,per cui l’Equilibrio di Nash sara dunque dato da una coppia di strategie(a∗1, a

∗2) tale che:

u1(a∗1, a∗2) ≥ u1(a1, a∗2),∀a1 ∈ A1 e u2(a

∗1, a∗2) ≥ u2(a∗1, a2),∀a2 ∈ A2

Prima determiniamo le risposte ottimali di i fissate le strategie di j (sonoquelle segnate con ∗), confrontando quindi le colonne della matrice:

c l

c 2∗, 0,

l 1, 1∗,

Applichiamo ora lo stesso procedimento per determinare le risposte ot-timali di j fissate le strategie di i, confrontando le righe della matrice:

c l

c , 2∗ 1,

l ,0 , 1∗

Abbiamo quindi che:

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c l

c 2∗, 2∗ 0,1

l 1,0 1∗, 1∗

Nella Caccia al Cervo esistono quindi due Equilibri di Nash puri, datidalle coppie (c, c) e (l, l) disposte sulle diagonali della matrice. c e infattila risposta ottimale di i quando la strategia c di j e fissata, mentre l e larisposta ottimale quando l e tenuta fissa, e lo stesso vale per j. Entrambele soluzioni sono dunque equilibri e pertanto possibili esiti razionali dell’in-terazione. Paragonando pero gli esiti dei due equilibri (operazione possibilegrazie alla rappresentazione a valori reali dell’utilita), emerge che (l, l) e unequilibrio inefficiente, cioe vale che u1(c) > u1(l) e che u2(c) > u2(l). Al-ternativamente, possiamo definire (c, c) come l’equilibrio Pareto-efficiente,ovvero una situazione a cui non e possibile trovare alternativa senza chele condizioni di uno dei giocatori coinvolti peggiorino. Anche se e chiaroche la cooperazione assicurerebbe risultati migliori ad entrambi gli agen-ti, ed e quindi l’esito socialmente desiderabile, la non cooperazione e unasoluzione razionale al gioco perche ha le caratteristiche di risposta ottimalee di stabilita, non offrendo alcun incentivo alla deviazione unilaterale. In par-ticolare, il concetto risolutivo dell’equilibrio di Nash consente di scegliere inmodo assolutamente casuale fra i due equilibri senza offrire alcuna possibilitao criterio di discriminazione tra quello Pareto-ottimale e quello inefficiente.Possiamo intuitivamente comprendere come sia ugualmente razionale perun giocatore giocare la propria parte dell’equilibrio (c, c) o (l, l) ragionandosu come abbiamo trovato le risposte ottimali degli agenti alle strategie del-l’avversario, cioe tenendo fissa una strategia dell’avversario e confrontandoi risultati per scegliere la strategia che massimizzasse l’utilita. Nello svol-gere questo procedimento, i puo confrontare solo le colonne e j solo le righedella matrice; nessuno dei due puo paragonare gli esiti sulle diagonali e leconsiderazioni sull’efficienza e desiderabilita sociale che sono evidenti ad unosservatore esterno non possono essere accessibili ai giocatori. Introdurlenella matrice del gioco strategico sarebbe una forte violazione dei principicon cui abbiamo costruito la matrice stessa.

Tanto una situazione di completa non cooperazione, che potremmo iden-tificare con uno stato di natura (assenza di patti, convenzioni e vincoli),quanto la diffusione del comportamento cooperativo, che quindi definiamocome uno stato sociale, sono esiti razionali dell’interazione strategica model-lata attraverso la Caccia al Cervo, che come abbiamo osservato caratterizzamolti dei problemi di collaborazione e coordinamento tipici di quello chedefiniamo un contratto sociale. La questione dell’origine del contratto so-ciale puo quindi essere riformulata, attraverso la sua declinazione in unaforma di gioco strategico adeguata, come la questione della selezione degliequilibri multipli del gioco studiato. In particolare, nel caso della Caccia alCervo in cui la cooperazione e socialmente vantaggiosa, dovremo indagare

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non solo e semplicemente come si seleziona un equilibrio piuttosto che unaltro (come nel caso dei giochi di coordinamento puro, in cui gli equilibrisono indistinguibili dal punto di vista delle utilita), ma come si selezional’equilibrio efficiente. In particolare, se fino a questo momento la domandadi partenza era come fosse possibile il passaggio dallo stato di natura allostato sociale, l’analisi del modello della Caccia al Cervo consente ora di in-terpretarla come la domanda sul passaggio da un equilibrio non cooperativoe inefficiente ad uno cooperativo e Pareto-efficiente.

3.2 Stato di natura e stato sociale nella Caccia alCervo

La riformulazione della domanda sull’origine del contratto sociale come ilproblema della selezione dell’equilibrio efficiente sottintende che lo statodi natura e lo stato sociale siano entrambi equilibri, ma questa identifi-cazione necessita di una giustificazione. Tale giustificazione dovra tenereconto delle due caratteristiche dell’Equilibrio di Nash, che sono quelle dirisposta ottimale e di stabilita deduttiva.

La forte stabilita dello stato di natura e le relative difficolta che questaproprieta comporta per la caratterizzazione del passaggio allo stato sociale eun’evidenza con cui si sono scontrati molti fra coloro che si sono interessatial problema dell’origine del contratto sociale. Sia che esso venga consideratouna situazione miserevole (come da Hobbes), sia che venga caratterizzatopiu positivamente (Locke) o addirittura ritenuto superiore rispetto alla cor-ruzione dello stato sociale (Rousseau), a seconda delle diverse caratteristicheattribuite alla “natura umana”, la questione di come trascendere e oltrepas-sare lo stato di natura nemmeno si porrebbe se esso non fosse in qualchemodo uno stato di equilibrio dotato di stabilita. E solo in posizione anti-contrattualiste, come quella espressa da Aristotele nella Politica, che possia-mo trovare delle caratterizzazioni dello stato di natura non come equilibrio,e quindi come stato stabile, ma come destinato a sfociare inevitabilmentee naturalmente nello stato sociale. La stessa ipotesi contrattualista, invece,che considera lo stato sociale come un prodotto artificiale e culturale fondatoappunto su un patto (e quindi sul criterio del consenso) e non come com-pletamento naturale dell’essere umano (criterio di giustificazione storico, lanecessita), implica che lo stato di natura costituisca una vera e propria for-ma di organizzazione (in questo caso la completa assenza di organizzazione)alternativa2. Ma giustifichiamo piu nello specifico perche lo stato di naturapossa essere studiato come un Equilibrio di Nash.

2Per una caratterizzazione approfondita della dicotomia tra giusnaturalismo e anti-contrattualismo aristotelico, si veda [Bobbio79].

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Come nota Rousseau nel Discorso sull’origine della diseguaglianza, lostato di natura e caratterizzato dalla totale assenza di vincoli o possibilitadi stipulare patti che verranno rispettati con certezza:

Quali catene di soggezione potranno mai esserci tra uomi-ni che non posseggono nulla? Puo esserci un uomo a me tantosuperiore in forza da costringermi? (. . . ) Deve risolversi a nonperdermi di vista nemmeno per un istante. (. . . ) e dopo tutto, sela sua sorveglianza si rallenta per un momento solo? Faccio ventipassi nella foresta e le mie catene sono infrante; non mi vede piuper tutta la vita.

Questo passo costituisce un’efficace giustificazione del motivo per cui la for-ma di gioco adeguata a rappresentare il problema del passaggio dallo statodi natura allo stato sociale debba essere quella di un gioco non cooperativo:l’origine di un patto non puo essere un patto precedentemente stipulato,perche non vi sono allo stato di natura autorita esterne che garantiscanoe vigilino sull’esercitabilita del patto stesso. In assenza di vincoli esterni,le uniche “forze” in grado di agire sono le forze individuali degli agenti, o-rientati al raggiungimento di scopi personali. Possiamo interpretare questacaratterizzazione delle volonta individuali come ricerca di mezzi in rispostaalle motivazioni individuali in analogia con il concetto di razionalita che lateoria classica dei giochi attribuisce agli agenti, una razionalita strumen-tale che prescriva mezzi efficaci per raggiungere scopi a cui non e richiestoaltro requisito se non la consistenza con le preferenze. Allo stato di natu-ra, dunque, gli individui agiscono solo in base agli incentivi e l’esito socialeche ne deriva (la totale non cooperazione) ha le caratteristiche di un ac-cordo inevitabile. Ci siamo in questo modo avvicinati a trattare la secondaquestione, cioe la proprieta di risposta ottimale: in un ambiente non coopera-tivo, la non cooperazione e la risposta ottimale alla strategia degli avversari.Non vi sono quindi incentivi alla deviazione unilaterale e ogni individuogiochera la sua parte di equilibrio (in questo caso non cooperando) sottol’ipotesi che anche i suoi avversari faranno altrettanto. Questa situazionee un chiaro esempio di razionalita strategica e di ragionamento iterato, ilche potrebbe fornire un’ulteriore giustificazione all’idoneita del modello cheabbiamo scelto. Riassumendo, lo stato di natura come esito non cooperativodell’interazione tra individui che agiscono in risposta alle proprie motivazioniin assenza di vincoli esterni puo essere descritto come un equilibrio perchee uno stato stabile, cioe non vi sono incentivi alla deviazione unilaterale, eogni individuo sceglie la sua risposta ottimale alle strategie degli avversari.Anche se non tratteremo direttamente questo problema, si puo notare comenon solo la questione del passaggio dallo stato di natura alla stato sociale main generale ogni processo di riforma del contratto sociale vigente possa esserestudiato come una selezione di equilibri. Lo status quo inefficiente ha infattisicuramente le proprieta di un equilibrio poiche ogni giocatore gioca la sua

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strategia attenendosi al patto o alla convinzione vigente aspettandosi chegli altri individui facciano altrettanto e ogni deviazione e cosı disincentivatao per lo meno non incentivata (a seconda che l’equilibrio sia stretto o nonstretto). La nuova convenzione che si intende istituire e anch’essa un equi-librio (per ragioni che vedremo di seguito), ma Pareto-dominante rispettoallo status quo, e dunque il problema della selezione dell’equilibrio efficientesi ripropone invariato ([Binmore2007b]).

Passiamo ora a giustificare lo stato sociale come equilibrio. Sicuramenteil requisito della stabilita e una proprieta che un contratto sociale definibiletale sembrerebbe dover garantire, pena la ricaduta continua nell’assenza dinorme, di collaborazione e di coordinazione delle azioni individuali. Ma que-sta considerazione non e sufficiente a giustificare perche lo stato sociale sia unequilibrio. Come abbiamo gia accennato all’inizio del capitolo, un contrattosociale deve essere compatibile con gli incentivi, con la razionalita e con gliinteressi personali, e questo deve valere anche in un sistema che prevedala presenza di vincoli esterni alle “volonta” individuali. Questo carattere eevidenziato tra gli altri da [Binmore2005], che lo definisce come la proprietadi un patto o una convenzione di essere “self-policing”, cioe in grado divigilare su se stesso e mantenersi anche indipendentemente da un’autoritagarante. Anche Hume, proseguendo le considerazioni sull’interazione tra idue uomini in una barca che abbiamo citato in precedenza, sottolinea che lastabilita e una proprieta intrinseca ad una convenzione:

Nor is the rule concerning the stability of possessions theless derived from human conventions, that it arises gradually,and acquires force by a slow progression (. . . ) In like mannerare languages established by human conventions without anypromise. In like manner do gold and silver become the commonmeasures of exchange3.

Perche la cooperazione e l’attenersi alle norme prescritte da un contrattosociale siano “self-policing”, gli individui devono non solo essere motivatia rispettare le convenzioni vigenti, ma anche a punire coloro che non lerispettano, e dunque anche le stesse punizioni devono essere compatibilicon gli incentivi. Tutto cio deve avvenire senza che i singoli agenti sianocontinuamente costretti: la costrizione totale, anche in uno stato non dinatura, risulta pressoche impossibile e impraticabile e non puo essere postaa garanzia dello stato sociale. A questo proposito Binmore osserva:

But when we consider cooperation in a society as a whole,there is no external enforcement agency to which we can appeal.All earthly sources of authority- kings, presidents, judges, po-licemen and the like- are themselves but players in the game of

3David Hume, Essays, Moral, Political and Literary, 1742, Part II, Essay XI.

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life. They too must be incentivized if they are to carry out theirspecified roles properly. The only stable agreements available toa society as a whole must therefore police themselves4.

All’interno di un contratto sociale, dunque, in cui tutti i membri osser-vano un determinato patto, l’individuo e incentivato ad attenersi ad essose e disincentivato alla deviazione unilaterale, cioe se gioca la sua rispostastrategicamente ottimale alle strategie degli altri giocatori sotto l’ipotesi chequeste siano fissate, ovvero che gli altri agenti si attengano anch’essi al pat-to. Questa analisi richiede quindi che un contratto sociale sia un equilibriodi Nash per il gioco strategico che descrive l’interazione per cui si intendestudiare l’emergere di un patto o di una convenzione.

Finora le considerazione che abbiamo introdotto a proposito della perti-nenza di attribuire le proprieta di Equilibri di Nash allo stato di natura e allostato sociale sono state supportate solo attraverso esempi tratti dal contrat-tualismo moderno. Ma anche David Lewis in Convention: A PhilosophicalStudy (1969) ricorre ad una spiegazione analoga per il problema dell’originee del mantenimento delle convenzioni. La questione a cui il saggio cerca dirispondere, molto simile a quella che stiamo cercando di analizzare, por-ta Lewis a formulare delle considerazioni sulla natura di una convenzionemolto simili a quelle qui proposte per un contratto sociale. In particolare, erilevante rispetto alla giustificazione epistemologica che stiamo fornendo lacaratterizzazione di una convenzione come un equilibrio di Nash del giocoche costituisce un modello dell’interazione in questione. Una convenzionee nello specifico per Lewis un equilibrio stretto, cioe non solo non vi sonoincentivi alla deviazione unilaterale ma ogni deviazione e svantaggiosa peril singolo giocatore che la compie. A questa proprieta Lewis aggiunge chela deviazione da parte di un individuo e svantaggiosa (cioe influisce sull’u-tilita individuale) anche per il resto dei giocatori, dunque vi e un interessecollettivo ad evitare e punire le violazioni. Possiamo pensare ad una con-venzione che rispetti i requisiti di Lewis come uno dei due equilibri di Nashpuri del Gioco del Guidatore che abbiamo analizzato nel capitolo 2, cioe“guidare a destra” e “guidare a sinistra”: e evidente che ogni deviazionenon solo e dannosa per l’agente che la compie ma anche per il resto del-la comunita. Ma secondo Lewis un’aggiunta ulteriore e indispensabile se sivuole garantire il mantenimento, e dunque la stabilita, della convenzione.L’Equilibrio di Nash e infatti un concetto fortemente condizionale, poicheogni giocatore gioca la sua parte di equilibrio aspettandosi che anche gli altrigiocatori faranno altrettanto: i guidera a destra se pensa che anche j guideraa destra, e j guidera a destra se si aspetta che i guidera a destra. Se perqualche motivo uno degli agenti coinvolti dovesse aspettarsi che gli altri gio-catori non rispetteranno la convenzione, potrebbe ritenere piu vantaggioso(di massimizzare la propria funzione di utilita) deviare dall’equilibrio, ma se

4[Binmore2007b], pp.334.

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altri giocatori si aspettano allo stesso modo una deviazione, l’equilibrio nonviene mantenuto. Perche cio avvenga, e necessario che le matrice del gioco,le razionalita individuali e il concetto stesso di equilibrio siano conoscenzacondivisa tra i giocatori. La conoscenza condivisa e infatti proprio una delleipotesi strutturali dei giochi strategici, e in particolare la conoscenza condi-visa della razionalita e delle funzioni di utilita individuali rende l’Equilibriodi Nash “self-reinforcing”, stabile nel senso piu forte. Infatti un giocatoregioca la sua parte di equilibrio perche essa e la sua risposta strategicamenteottimale alla strategia dell’avversario, ma sa che quella sara la strategiagiocata dall’avversario perche si aspetta da lui un analogo ragionamentostrategico. L’analisi di Lewis sulle caratteristiche di una convenzione puoquindi fornirci ulteriori elementi per giustificare l’equivalenza posta tra uncontratto sociale e l’equilibrio di Nash del gioco adeguato a rappresentarneun’astrazione e un modello esplicativo. Anche se non tratteremo diretta-mente questo aspetto, e interessante accennare alla soluzione proposta daLewis sull’origine delle convenzioni: come nel nostro caso, la descrizione diuna convenzione come di un Equilibrio di Nash non e sufficiente a fornireuna risposta adeguata a come effettivamente si formino le convenzioni. Ilproblema, una volta declinato e riformulato attraverso la Teoria dei Giochi,e quello della selezione degli equilibri nei giochi di coordinamento. Il carat-tere peculiare di una convenzione e pero quello di essere un equilibrio trai tanti possibili e indistinguibili in termini di utilita: nel Gioco del Guida-tore (e in tutti i giochi di coordinamento puro) nessuno dei due equilibri ePareto-efficiente, ed e proprio questo a rendere assolutamente convenzionalel’accordo di guidare a destra piuttosto che a sinistra. Non solo, come nelcaso della Caccia al Cervo, qualsiasi equilibrio di Nash e un esito razionaledell’interazione, ma nemmeno un osservatore esterno ha criteri evidenti perdiscriminare fra i due equilibri (mentre nell’esempio che stiamo analizzan-do abbiamo applicato il criterio della desiderabilita sociale, o dell’efficienzaparetiana). La risposta data da Lewis, ma sviluppata in modo piu approfon-dito da Thomas Schelling (in The Strategy of Conflict5), si basa sul ruolodelle proprieta della salienza (per Lewis) o del “punto focale” (seguendoSchelling) nel processo di selezione degli equilibri. Il costituire un punto fo-cale da parte di un equilibrio piuttosto che di un altro e una caratteristicapsicologica, nel senso che esso e in qualche modo piu rilevante per tutti ola maggioranza degli agenti coinvolti che quindi tendono a correlarsi su unequilibrio o ad adottare una soluzione in assenza di comunicazione (Schellingriporta risultati sperimentali). Un’analisi piu approfondita del concetto delpunto focale non rientra immediatamente nella nostra indagine sull’originedel contratto sociale, ma e necessario ricordare come il problema della se-lezione dell’equilibrio efficiente sia solo uno fra quelli coinvolti nella piu vastaquestione dell’emergere della cooperazione e della correlazione.

5Thomas C. Schelling, Harvard University Press, 1960.

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Capitolo 4

Selezione dell’equilibrioefficiente

Nel capitolo precedente la domanda sull’origine del contratto sociale e sulpassaggio dallo stato di natura allo stato sociale e stata riformulata, at-traverso l’analisi di un modello di gioco strategico di coordinamento, comela selezione degli equilibri multipli in appositi giochi di coordinamento. Inparticolare si e visto come la Caccia al cervo abbia due Equilibri di Nash, datidalle coppie di strategie (c, c) e (l, l) e distinguibili in termini di utilita perentrambi i giocatori. Il concetto risolutivo che abbiamo utilizzato non for-nisce pero alcuna indicazione su quale equilibrio giocare: tanto (c, c) quanto(l, l) sono soluzioni razionali dell’interazione strategica tra i due individui, esono razionali dal punto di vista dei singoli agenti massimizzatori della pro-pria funzione di utilita. Ogni giocatore sa che sia la strategia c sia la strategial sono per lui risposte ottimali rispettivamente alle strategie c e l dell’avver-sario, quindi, per la natura strategica del gioco, cio che e razionale sceglieredipende da quello che si pensa scegliera l’altro, attraverso un ragionamentoiterato da parte di entrambi i giocatori. Se dunque la proprieta di essere unacoppia di risposte ottimali dell’Equilibrio di Nash non ci ha fornito alcunostrumento per distinguere, dal punto di vista della razionalita individualee strategica, una soluzione inefficiente da una socialmente desiderabile, laproprieta di stabilita rende impossibile anche l’eventuale passaggio da unequilibrio all’altro. La cooperazione in un contesto non cooperativo e infat-ti incompatibile con la massimizzazione dell’utilita individuale e quindi ladeviazione unilaterale e inconsistente con la situazione di equilibrio. Poicheabbiamo concluso che in un gioco strategico la scelta di una strategia dipendedalle credenze da parte di ogni giocatore sulle scelte che verranno effettuatedagli altri, una deviazione collettiva dall’equilibrio (non piu quindi individua-lmente svantaggiosa), in assenza di qualsiasi vincolo esterno e di ogni altramotivazione al di fuori della massimizzazione della propria utilita, sarebbepossibile solo se cambiassero le convinzioni di tutti rispetto alle strategie che

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giocheranno tutti gli avversari. Ma nel modello che abbiamo descritto nelcapitolo 2 e nella matrice della Caccia al Cervo non abbiamo alcun margineper introdurre queste considerazioni ne strumenti per trattarle. Si puo quindiconcludere che l’applicazione del concetto risolutivo dell’Equilibrio di Nashnon risolve il problema della selezione degli equilibri, e in particolare nelcaso della Caccia al Cervo non consente alcuna discriminazione e passaggiotra l’equilibrio inefficiente e quello Pareto-dominante.

Dal punto di vista delle razionalita individuali e di una razionalita strate-gica considerata come l’interazione fra le razionalita individuali e la loro re-lativizzazione rispetto alla razionalita degli altri giocatori (che e conoscenzacondivisa), il passaggio dallo stato di natura allo stato sociale appare unproblema difficilmente risolvibile. Possiamo individuare le stesse difficoltaanche in Hobbes, la cui concezione di individuo e razionalita individuale sipuo ritenere vicina sotto molti aspetti al concetto di agente e razionalita in-dividuale nella teoria della decisione razionale. Infatti la sua considerazioneche la ragione e solo strumento per soddisfare i desideri (razionalita strumen-tale, la ragione e “calcolo”) porta ad una descrizione dello stato di naturacome non cooperazione e conflitto (definito dall’autore uno stato di vera epropria guerra) tra gli interessi individuali. L’accesso ad una dimensione dicooperazione che risollevi l’uomo allo stato di natura da una vita “ostile,meschina, animalesca e breve” (Leviatano, libro I1) non puo che tradursi al-lora nell’alienazione dei diritti naturali, che altro non sono che la possibilitadi adoperare tutti i mezzi a propria disposizione (fra cui l’uso illimitato dellarazionalita strumentale) per la soddisfazione dei propri desideri. Il passaggioallo stato sociale e tanto inspiegabile dal punto di vista dei singoli individuiche il contratto che lo sancisce (e che Hobbes definisce come “trasferimentoe rinuncia ad un diritti”) prevede un assoggettamento totale, e una rinunciaall’esercizio delle proprie forze per raggiungere scopi personali (cioe all’eser-cizio di preferenze sugli esiti e della razionalita in risposta alle motivazioni).Al di la di queste considerazioni, da cui emerge la portata del problema,la conclusione a cui giunge Hobbes e insoddisfacente nello spiegare i mec-canismi con cui tutti gli individui si accordano per alienare i propri diritti,in una situazione in cui la costrizione e impossibile, data una sostanzialeeguaglianza fisica e razionale di tutti gli uomini allo stato di natura. Si fal-lisce quindi nell’individuare, dopo aver scomposto la societa o un’interazionestrategica negli individui o agenti che ne partecipano (e che si ritiene cheunicamente le determinino), le condizioni necessarie che dalle proprieta deisingoli consentano di spiegare le caratteristiche della societa o degli esitidella loro interazione.

Queste difficolta possono essere interpretate come il risultato di un ap-proccio inadeguato, o almeno incompleto, al problema del contratto sociale.Una critica a questo individualismo metodologico e stata mossa di recente

1Thomas Hobbes, Leviatano, ed. Laterza, 1989.

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tra gli altri anche da ([Bowles and Gintis2006]), che argomentano propriocontro la possibilita di spiegare tutti i comportamenti cooperativi e altru-istici, tipici della specie umana e che caratterizzano il contratto sociale, apartire solamente da preferenze e motivazioni “self-regarding”. I fenomeni sucui si concentrano possono essere definiti di “forte reciprocita”, in cui cioe gliindividui mostrano non solo una forte tendenza alla cooperazione ma anchealla punizione di comportamenti non cooperativi, persino a qualche costo perse stessi e senza avere prospettive di ottenere benefici in futuro. L’impor-tanza di quest’ultimo aspetto nel caratterizzare i comportamenti altruisticie ispirati da principi di giustizia, equita o collaborazione per il bene comunee sottolineato da Matthew Rabin ([Rabin93]). Nel dare una formalizzazionedei cosiddetti “fairness equilibria”, cioe soluzioni che rispecchiano una com-ponente motivazionale di altruismo da parte degli individui coinvolti, Rabindimostra che tanto equilibri di Nash “mutual max” (in cui ogni agente mas-simizza la funzione di utilita degli altri agenti) quanto equilibri di Nash“mutual-min” (in cui ogni agente al contrario minimizza le utilita di tuttigli altri) sono “equilibri giusti”. Cio implica che le stesse motivazioni che sp-ingono gli individui ad essere altruistici nei confronti di chi si dimostra talespingono anche a punire e a “vendicarsi” di chi si e rivelato egoista o iniquo,e che il “senso di giustizia” include allo stesso modo entrambe le componenti.Tornando invece a Bowles e Gintis, i comportamenti che mostrano una fortereciprocita (di cui vengono presentate evidenze sperimentali) non possonoessere ridotti ad un altruismo reciproco (o mutualismo), che e appunto carat-terizzato da vantaggi reciproci che la cooperazione assicura a lungo temine atutti gli individui coinvolti. Essi presuppongono invece la presenza, insiemealle “self-regarding preferences” anche di “other-regarding preferences” o dipreferenze sociali, che non riguardano solo le proprie funzioni di utilita maanche le utilita altrui e in generale la desiderabilita collettiva di un esito.

La possibilita di soluzione del problema del passaggio dallo stato di natu-ra allo stato sociale, e di quello connesso della selezione degli equilibri, sem-bra dipendere da un approccio alternativo a quello che abbiamo visto esseresotteso sia alla teoria hobbesiana sia ai modelli di giochi che abbiamo fin quiutilizzato. Questa alternativa e costituita dal modello evolutivo, che con-sidera le convenzioni, le norme, i comportamenti altruistici e cooperatividel contratto sociale come il risultato di una graduale evoluzione. A questanuova prospettiva si assocera una nuova tipologia di giochi, trattati dallateoria evoluzionistica dei giochi. All’interno di questa nuova classe di giochicercheremo una possibile risposta al problema della selezione dell’equilibrioefficiente, mediante un concetto risolutivo diverso dall’Equilibrio di Nash.L’approccio evoluzionistico e stato ritenuto idoneo a svolgere questa funzioneesplicativa di pari passo con l’emergere delle difficolta dell’approccio “stati-co”. Rousseau, nel Discorso sull’origine della diseguaglianza, si dimostraconsapevole dell’impossibilita di descrivere un uomo“naturale” una voltasottratte tutte le proprieta che gli derivano dall’essere invece immerso nello

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stato sociale e nella collettivita. La necessita di dover considerare, accantoalla dimensione individuale, anche e sempre un livello sociale e tipicamentecatturata dalla prospettiva evoluzionistica che, ponendosi un problema intermini di risultato di un processo, non puo che aprirsi ad un orizzonte chevada oltre l’individuo singolo, per il quale non ha senso parlare di evoluzione.La possibilita di trovare nell’interazione delle proprieta emergenti, cioe nongia presenti nelle componenti che la costituiscono, e la strada percorsa daRousseau sia nel Discorso sull’origine della diseguaglianza sia nel Saggiosull’origine del linguaggio (che e una delle convenzioni del contratto socialedi cui stiamo studiando l’origine). Il momento decisivo per il passaggio al-lo stato sociale viene infatti individuato, da Rousseau, nel momento in cuigli individui si aggregano in villaggi, e in cui si delineano quelle dinamiche,come l’affettivita (la formazione dei nuclei familiari) o la reputazione, chepossono almeno in parte spiegare la cooperazione.

Dal tentativo di Rousseau si puo trarre spunto per giustificare il punto dipartenza del nuovo modello che vogliamo utilizzare. Partendo dell’evidenzadell’esistenza delle convenzioni e dei comportamenti cooperativi e altruistici(come quelli addotti come argomenti sperimentali da [Bowles and Gintis2006]e altri), dobbiamo interrogarci su come essi si siano potuti evolvere, con-siderando, quando non siano sufficienti le proprieta dei singoli individui (ede questo il caso), anche altri fattori esplicativi. Questi fattori chiaramentesono esclusi dai giochi strategici che abbiamo finora utilizzato come modelliper il contratto sociale. Su quali possano essere questi ulteriori fattori, unsuggerimento potrebbe esserci dato da una riformulazione dell’evidenza dacui dobbiamo partire: la cooperazione e presente in natura, non solo nel-la specie umana, ma anche a molti altri livelli di organizzazione biologica.La natura ha in qualche modo “risolto” il problema della cooperazione, apartire da parziali conflitti di interessi, e le stesse dinamiche che hanno por-tato all’evoluzione di soluzioni cooperative in altre specie potrebbero avergiocato un loro ruolo nell’evoluzione dei comportamenti cooperativi anchenella specie umana. Questa operazione sembra tanto piu utile se ricordiamoche una spiegazione a partire solo dalla razionalita come risposta alle moti-vazioni e agli incentivi personali, che sembra essere uno dei tratti distintividella nostra specie, non e sufficiente ad esaurire la questione del passaggiodallo stato di natura allo stato sociale. Non a caso il concetto di “proprietaemergenti” e tipicamente biologico, e fa proprio riferimento alle nuove pro-prieta che ogni livello superiore di complessita presenta e che non consistonosemplicemente nella somma delle proprieta dei singoli componenti. Prende-remo quindi in considerazione una serie di variabili lasciandoci guidare dalleanalogie con cio che si osserva ad altri livelli di organizzazione biologica nel-l’emergere della cooperazione, e verificheremo la loro eventuale incidenza nelgioco che abbiamo utilizzato come modello della nostra indagine sull’originedel contratto sociale, la Caccia al Cervo. Prima e pero opportuno fomaliz-zare gli elementi della teoria evoluzionistica dei giochi e il nuovo concetto

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risolutivo introdotto.

4.1 Teoria evoluzionistica dei giochi

Possiamo datare la nascita della teoria evoluzionistica dei giochi al 1973, l’an-no della pubblicazione, da parte di John Maynard Smith e G. R. Price di unarticolo sull’applicazione della teoria dei giochi al comportamento degli ani-mali ([Price and Smith73]). Seguendo la presentazione di [Gintis2009] l’ideadi applicare la teoria dei giochi ad organismi per cui non e cosı intuitivo par-lare di razionalita e decisione nel senso definito dalla teoria classica portaa tre fondamentali cambiamenti rispetto ad essa, rispettivamente nel con-cetto di strategia, di equilibrio e di interazione tra i giocatori. Per quantoriguarda le strategie, nella teoria classica dei giochi i singoli agenti hanno uninsieme di alternative reali fra cui scegliere; nella teoria evoluzionistica sonole specie ad avere un insieme di strategie, le varianti genotipiche, mentregli individui ne ereditano l’una o l’altra variante, che giocano sempre nelleinterazioni strategiche. Questo nuovo concetto di strategia potrebbe appli-carsi per analogia al trattamento della cultura nella societa umana, dovepossiamo pensare che la societa abbia a disposizione un insieme di strategie(l’insieme delle forme culturali alternative), e gli individui scelgono o ere-ditano una tra queste forme.Ovviamente tale analogia e molto idealizzata,perche mentre risulta piuttosto intuitivo pensare a tutti i possibili alleli diun gene, non e lo e altrettanto assumere l’esistenza di un insieme finito delleforme culturali alternative. L’altra differenza consiste nell’usare il concet-to risolutivo di Strategia Evolutivamente Stabile (ESS, Evolutionary StableStrategy) invece dell’Equilibrio di Nash. Come vedremo meglio quando netratteremo i dettagli, una strategia e una ESS quando, se un’intera popo-lazione la adotta, essa non puo essere invasa da un piccolo gruppo di mutanticon un diverso genotipo; anche in questo caso si puo utilizzare, con le oppor-tune considerazioni e con il limite dato dalla forte idealizzazione, l’analogiacon la cultura. Infine, in analogia con la possibilita di giochi non ripetuti oripetuti della teoria dei giochi classica, Maynard Smith introduce la nozionedel ripetuto appaiamento casuale di agenti che giocano strategie basate sulloro genoma.

Passiamo ora a definire il concetto risolutivo di un gioco evoluzionistico,la Strategia Evolutivamente Stabile.

Definizione 1 (Gioco Simmetrico, [Gintis2009]) Sia G = 〈{1, 2}, (B,B), (ui)〉un gioco strategico simmetrico. Questo significa che entrambi i giocatori han-no un insieme B = {b1, . . . , bn} di strategie pure e i risultati dell’interazionedi un agente che gioca bi ∈ B e di un agente che gioca bj ∈ B sono π1ij per

il primo giocatore e π2ji = π1ji per il secondo. Questo tipo di gioco e definitocome simmetrico nei risultati. In aggiunta, assumiamo anche che il gioco

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sia simmetrico nelle strategie, cioe che gli agenti possono indifferentemen-te essere il “giocatore 1” o il “giocatore 2”. Un gioco simmetrico sia nellestrategie sia nei risultati e definito semplicemente simmetrico.

Definizione 2 (Equilibrio Evolutivamente Stabile, [Osborne and Rubinstein95])Un Equilibrio Evolutivamente Stabile e una situazione in cui, se tutti gli in-dividui giocano una strategia b∗ ∈ B (che e una ESS), nessun mutante puoinvadere la popolazione. L’idea e che per ogni b ∈ B una frazione dellapopolazione puo trasformarsi in mutanti che adottano la strategia b. In unequilibrio ogni mutante deve ottenere un risultato inferiore in termini diutilita rispetto alla strategia di equilibrio in modo che la mutazione si estin-gua. Se la frazione ε > 0 della popolazione consiste in mutanti che giocanola strategia b mentre il resto della popolazione gioca la strategia b∗, alloral’utilita prevista di un mutante e:

(1− ε)u(b, b∗) + εu(b, b)

(perche la probabilita che incontri un altro mutante e ε mentre la probabilitache incontri un non mutante e (1− ε)). L’utilita prevista di un non mutantee invece:

(1− ε)u(b∗, b∗) + εu(b∗, b)

Perche b∗sia una strategia di equilibrio deve quindi essere rispettata laseguente disequazione per tutti i valori di ε sufficientemente piccoli:

(1− ε)u(b, b∗) + εu(b, b) < (1− ε)u(b∗, b∗) + εu(b∗, b)

Questa disequazione e soddisfatta se e solo se per ogni b 6= b∗ vale che:

u(b, b∗) < u(b∗, b∗) oppure u(b, b∗) = u(b∗, b∗) e u(b, b) < u(b∗, b)

Possiamo quindi definire una Strategia Evolutivamente Stabile comesegue:

Definizione 3 (Strategia Evolutivamente Stabile, [Osborne and Rubinstein95])Sia G = 〈{1, 2}, (B,B), (ui)〉 un gioco strategico simmetrico in cui u1(a, b) =u2(b, a) = u(a, b)per qualche funzione u. Una Strategia Evolutivamente Sta-bile per G e un’azione b∗ ∈ B tale che (b∗, b∗)e un Equilibrio di Nash per G e u(b, b) <u(b∗, b)per ogni risposta ottimale b ∈ B a b∗con b 6= b∗.

Osservazioni:

1. Una Strategia Evolutivamente Stabile (ESS) e dunque risposta ot-timale contro se stessa oppure, se non lo e, deve essere una rispos-ta migliore ad ogni altra strategia alternativa rispetto a quanto talestrategia e per se stessa.

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2. Una ESS puo anche essere una strategia mista. In questo caso sonopossibili due interpretazioni alternative: in un caso assumiamo che lapopolazione sia monomorfica, e che ognuno degli individui giochi lastrategia mista, nel secondo che la popolazione sia polimorfica e chela frazione della popolazione che gioca ciascuna delle strategie puresia proporzionale alla percentuale delle strategie pure nella strategiamista. Le due interpretazioni sono intercambiabili, ma utilizzeremoquella della popolazione eterogenea.

Sistemi Dinamici

Finora non abbiamo considerato uno degli aspetti fondamentali della teoriaevoluzionistica dei giochi rispetto alla teoria classica, cioe la sua idoneita afornire un modello dinamico dei processi che intende caratterizzare. Questosignifica che, oltre a studiare le proprieta dell’Equilibrio EvolutivamenteStabile, la teoria evoluzionistica dei giochi e anche in grado di rispondere aquesiti come l’effettivo raggiungimento dell’equilibrio stesso o, nel caso esi-stano piu equilibri, quale equilibrio venga selezionato, attraverso lo studio disistemi dinamici le cui condizioni iniziali non sono di equilibrio. Cercheremoquindi di definire brevemente cosa si intende per processo o dinamica evo-lutiva e qual e il ruolo della ESS al suo interno (definizioni di [Gintis2009]).L’agente in una dinamica evolutiva e il replicatore, un’entita in grado direplicarsi attraverso copie piu meno accurate di se stesso: esso puo esserequindi indifferentemente un gene, un organismo, una strategia in un gioco,una convinzione, una convenzione o in generale una forma culturale. Un “si-stema di replicatori” e un insieme di replicatori in una particolare strutturaambientale con schemi definiti di interazione tra gli agenti. Questi schemidi interazione fra i giocatori costituiscono l’analogo della rappresentazionein forma normale dei giochi strategici nelle matrici di decisione. Una dina-mica evolutiva di un sistema di replicatori e definita come un cambiamentonel tempo della frequenza della distribuzione dei replicatori in cui le strate-gie di maggior successo (che ottengono risultati migliori) si riproducono inqualche modo piu velocemente. Ci occuperemo solo di “replicator dynamics”,che possono essere considerate abbastanza rappresentative delle dinamicheevolutive.

Definizione 4 (Successo di una strategia) Definiamo il successo di unastrategia b come l’utilita media di b nel tempo.

Definizione 5 (Replicator Dynamic, [Gintis2009]) Consideriamo un gio-co evolutivo in cui ogni giocatore gioca una delle strategie pure si, con i =1, . . . , n. Il gioco e ripetuto nei periodi t = 1, 2, . . . . Sia pti la frazione digiocatori che adottano la strategia si nel periodo t, e assumiamo che l’utilitadi si sia πti = πi(p

t) dove pt = (pt1, . . . , ptn). Ad un periodo di tempo dato t,

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possiamo quindi sempre costruire un pre-ordine πt1 ≤ πt2 ≤ ... ≤ πtn. Assu-miamo che in ogni periodo di tempo dt ogni agente con probabilita αdt > 0venga a conoscenza del risultato di un altro giocatore scelto a caso e cam-bi la propria strategia adottando quella dell’altro giocatore se il successo diquest’ultima e maggiore (altrimenti mantiene la propria strategia). Specifi-camente, assumiamo che la probabilita ptij che un agente che sta giocando lastrategia si la cambi per sj e data da:

ptij =

{β(πtj − πti) per πtj > πti

0 per πtj ≤ πtiIn altre parole, piu grande e la differenza del risultato in termini di utilitafra le due strategie, maggiore e la probabilita che un agente la percepisca ecambi strategia. Una dinamica evolutiva avente queste proprieta e definitareplicator dynamic.

Osservazioni:

1. In un processo di replicator dynamic, la frequenza di una strategiaaumenta quando i risultati che ottiene sono sopra la media. Questosignifica che replicator dynamic non e una dinamica di risposta otti-male, poiche per adottare una strategia che sia la risposta ottimalealla distribuzione generale delle strategie all’interno della popolazionegli agenti dovrebbero possedere delle conoscenze globali sul sistema.

2. In replicator dynamics non e contemplata la possibilita di “errori”, cioeun giocatore non cambia mai una strategia peggiore per una migliore.

3. Quando parliamo di successo di una strategia, l’analogia biologica ciporta a considerare l’utilita finale di una strategia in termini di “fit-ness”, cioe di successo riproduttivo e in particolare di numero previstodi discendenti rispetto alla media della popolazione. Assumiamo comedefinizione del concetto di fitness, tra le molte proposte, quella di D.Futuyma ([Futuyma2009]):

The fitness of a genotype is the average lifetime contribu-tion of individuals of that genotype to the population afterone or more generations, measured at the same stage in thelife history. (. . . ) A general term for this average number isreproductive success.

In generale si puo quindi utilizzare replicator dynamics anche in casiin cui gli agenti non imitano le strategie, ma in cui le strategie (che quistiamo assumendo come aventi le proprieta di replicatori) si diffondonoin modo proporzionale alla fitness che garantiscono agli individui cheesibiscono quel carattere o tratto comportamentale. Questa analogia

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tra strategie, caratteri del fenotipo e replicatori e giustificata perche sele strategie o i fenotipi sono determinati univocamente da un genotipoesse saranno presenti anche nei discendenti dell’agente che le adotta(con l’eccezione dei caratteri recessivi, per cui si rendono necessarieconsiderazioni piu complicate) e quindi possono essere considerate deireplicatori a tutti gli effetti.

Qual e il risultato di un processo evolutivo che abbia le caratteristiche direplicator dynamic? Abbiamo visto che un processo evolutivo parte in con-dizioni che non sono di equilibrio, in cui le strategie del gioco evoluzionisticoin questione possono essere rappresentate in diverse percentuali.

Per descrivere il ruolo della ESS in una dinamica evolutiva, e neces-sario formalizzare alcuni elementi della struttura di un sistema dinamico.La trattazione qui proposta segue l’impostazione di [Gintis2009], e non mirain alcun modo ad essere esaustiva ma semplicemente a fornire dei concettiche solo intuitivamente potranno essere applicati al problema specifico chestiamo analizzando.

Definizione 6 (Sistema Dinamico) Assumiamo che x = (x1, ..., xn) siaun punto in uno spazio a n-dimensioni Rn che traccia una curva nel tempo.Possiamo descrivere questa curva come

.x= (x1(t), ..., xn(t)) per −∞ < t < +∞.

Nei sistemi dinamici siamo interessati a descrivere la situazione in cuinon conosciamo direttamente il cambiamento del parametro x nel tempo (neicasi che stiamo prendendo in considerazione la diffusione di una strategiaall’interno di una popolazione), ma in cui conosciamo le “forze” che deter-minano questo cambiamento (abbiamo visto ad esempio nella definizione direplicator dynamic il caso in cui la dinamica e determinata dall’imitazioneproporzionale al successo di una strategia). Assumiamo dunque di avere:

.x= f(x) per x ∈ Rn

cioe la derivata di x rispetto al tempo.

Definizione 7 (Punto fisso in un sistema dinamico) Un punto fisso,o punto stazionario, e un punto x∗ ∈ Rn per cui f(x∗) = 0.

Definizione 8 (Traiettoria di un sistema dinamico) Assumiamo che unsistema dinamico sia al punto x0 al tempo t0. Definiamo la traiettoria delsistema a partire da x0 l’insieme di punti attraverso cui il sistema passa pert→∞.

Osservazione 1 La traiettoria di un sistema a partire da un punto fisso x∗

sara dunque x∗ stesso. Questo significa che se un sistema dinamico e ad unpunto fisso, esso e stabile e rimarra al punto x∗ per t→∞.

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Osservazione 2 Possiamo osservare cosa accade se il sistema dinamico,stabile al punto x∗, viene leggermente perturbato scegliendo un nuovo puntodi partenza x0 vicino a x∗.

Questo aspetto e molto interessante per la caratterizzazione propostadel concetto di Equilibrio Evolutivamente Stabile: possiamo interpretare laperturbazione in una situazione di stabilita come qualsiasi variazione casualeall’interno del sistema, ad esempio una mutazione genetica, una migrazioneo un cambiamento dell’ambiente.

Definizione 9 (Sfera di raggio r attorno ad un punto x) Se x ∈ Rn

e r > 0 definiamo una sfera di raggio r intorno a x, scritto Br(x), comel’insieme di punti y ∈ Rn la cui distanza da x e minore di r.

Definizione 10 (ε-perturbazione) Si definisce una ε-perturbazione di unsistema dinamico ad un punto fisso x∗ la traiettoria del sistema che parteda qualche x0 ∈ Bε(x

∗), dove ε > 0 e x0 6= x∗.

Osservazione 3 Diciamo che una traiettoria x(t) tende a x∗ se x → x∗

per t→∞.

Definizione 11 (Punto asintoticamente stabile, [Gintis2009]) Il pun-to fisso x∗ e asintoticamente stabile se esiste qualche ε > 0 tale che per ognix0 ∈ Bε(x

∗) , la traiettoria a partire da x0 tende a x∗.

Tralasciando ulteriori trattazioni formali, siamo ora in grado intuitiva-mente di attribuire ad una ESS le caratteristiche di un punto fisso di una di-namica evolutiva. Rispetto alla definizione di ESS, una perturbazione ε > 0,che rappresenta in questo caso un’invasione di un numero ε di mutanti, de-termina una dinamica la cui traiettoria porta la popolazione a riassestarsisulla strategia di equilibrio. In particolare possiamo definire come segue ilbacino di attrazione di un punto fisso x∗, che analogamente rappresenta ilbacino di attrazione di una ESS:

Definizione 12 Il bacino di attrazione di un punto fisso x∗ e l’insieme deipunti x0 ∈ Rn tale che la traiettoria a partire da x0 tende a x∗.

Possiamo ora enunciare il seguente teorema che vale per i giochi evolutivimodellati secondo replicator dynamic:

Teorema 1 (Taylor and Jonker, 1978) Se p∗ e una ESS per il giocoevolutivo, allora p∗ e un equilibrio asintoticamente stabile del replicatordynamic.

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Rispetto alle considerazioni esposte in precedenza possiamo interpretareil teorema come segue: a partire da determinate condizioni iniziali di ungioco evolutivo (un punto di partenza che si trovi nel bacino di attrazionedi una ESS), siamo autorizzati a prevedere che, in un arco di tempo suffi-ciente, la dinamica evolutiva convergera asintoticamente verso un equilibrioevolutivamente stabile.

Esempio

Gioco Hawk-Dove, [Osborne and Rubinstein95]. All’interno di una popo-lazione, coppie di animali lottano per una preda. Il loro comportamento puoessere passivo (Dove) o aggressivo (Hawk): se due animali passivi si incon-trano, si dividono equamente la preda; se un animale aggressivo ne incontrauno passivo, il primo ottiene tutta la preda; se due animali aggressivi inte-ragiscono fra loro lottano finche non rimangono gravemente feriti. Possiamorappresentare questo gioco nella seguente matrice:

dove hawk

dove 2,2 0,4

hawk 4,0 -1,-1

Questo gioco ha due Equilibri di Nash puri, dati dalle coppie (d, h) e(h, d) e un equilibrio misto in cui ogni giocatore gioca d con probabilita 1/3e h con probabilita 2/3. In questo caso siamo interessati solo all’equilibriomisto perche e l’unico simmetrico. Esso e anche una ESS. Questo significache il replicator dynamics conduce la popolazione verso un equilibrio in cui1/3 adotta la strategia d e 2/3 adottano la strategia h: in questa situazione,l’utilita prevista di d e uguale all’utilita prevista di h.

4.2 Equilibrio di Nash e Strategia Evolutivamentestabile (ESS)

Il concetto di Equilibrio Evolutivamente Stabile e piu forte rispetto all’Equi-librio di Nash per quanto riguarda la proprieta della stabilita. Questo risultaintuitivo pensando a come abbiamo caratterizzato tanto la teoria evoluzio-nistica dei giochi quanto il concetto di ESS, a partire da una forte analogiabiologica. Questo significa che oltre alla stabilita come assenza di incen-tivi alla deviazione unilaterale dall’equilibrio, una ESS deve risultare stabilerispetto a una serie di fattori che in una matrice di gioco delle teoria classicanon vengono presi in considerazione. Siccome il presupposto fondamentaledi ogni processo evolutivo e la variazione all’interno della popolazione, e unadelle principali fonti di variabilita e la mutazione e la ricombinazione geni-ca, una ESS deve anche poter resistere all’invasione di eventuali mutanti.

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E chiaro quindi che le diverse caratteristiche dell’Equilibrio EvolutivamenteStabile rispetto all’Equilibrio di Nash sono dovute ai diversi tipi di situazionidi cui si intende fornire un modello, e dunque ai diversi requisiti di sta-bilita necessari, che devono corrispondere ai fattori presi in considerazione:la razionalita individuale nel caso dell’Equilibrio di Nash (e quindi stabilitacome risposta ottimale), la variabilita e la selezione nel caso dell’EquilibrioEvolutivamente Stabile (e quindi stabilita come resistenza ad un’eventualeinvasione di mutanti). In particolare, valgono le seguenti proprieta (per ledimostrazioni [Gintis2009]):

1. Un Equilibrio di Nash che non sia un equilibrio stretto non puo essereun Equilibrio Evolutivamente Stabile. Cio significa che, mentre tuttii giochi strategici finiti (e in particolare tutti i giochi strategici sim-metrici) hanno un Equilibrio di Nash, non tutti hanno un EquilibrioEvolutivamente Stabile.

2. Ogni Equilibrio stretto di Nash in un gioco evolutivo e una ESS.

3. Se b ∈ B e debolmente dominata, allora b non e una ESS (seguedirettamente da 1 e 2).

4.3 Caccia al Cervo in un modello evoluzionistico

La teoria evoluzionistica dei giochi, con il suo diverso concetto risolutivo,potrebbe risolvere il problema della selezione degli equilibri nella Caccia alCervo. Se l’equilibrio di Nash (l, l) non fosse un equilibrio evolutivamente sta-bile, avremmo risposto con l’introduzione del nuovo approccio alla questionedel passaggio dallo stato di natura allo stato sociale, dalla non cooperazionealla cooperazione: lo stato di natura sfocia nello stato sociale perche il primonon e stabile all’interno di un processo evolutivo, mentre il secondo sı. Setrasferiamo la Caccia al Cervo nel modello del replicator dynamics, questosignifica che a partire da una popolazione di cacciatori di lepri (o quasi in-teramente di cacciatori di lepri), la strategia della caccia al cervo dovrebbediffondersi fino a raggiungere l’equilibrio cooperativo. Ma il questo non eil risultato raggiunto perche anche (l, l) e un equilibrio evolutivamente sta-bile: in prossimita dell’equilibrio non cooperativo, la non cooperazione e larisposta ottimale, e il processo dinamico porta all’equilibrio inefficiente. Ciosi verifica non solo per replicator dynamic, ma anche per tutta la classe sidinamiche adattative deterministiche. Una dinamica si dice adattativa quan-do porta strategie che ottengono maggior successo della media a diffondersi(ad aumentare cioe la loro percentuale nella popolazione) e quelle che risul-tano meno vantaggiose della media a diminuire la proporzione di individuinella popolazione che la adottano. In nessuna dinamica di tipo adattativola transizione dallo stato di natura allo stato sociale sembra possibile. Ab-biamo pero ristretto i nostri modelli dinamici a modelli deterministici, in

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cui cioe non viene contemplata la possibilita della variazione casuale, chenel caso della Caccia al Cervo potrebbe essere la casualita di un errore o diun esperimento da parte di uno o piu individui. Questa limitazione sembrairragionevole dal momento che i processi di evoluzione e selezione si basanoproprio sulle variazioni all’interno della popolazione. Il modello di replicatordynamic consente l’aggiunta di variazioni casuali, e [Skyrms2004] riporta ilrisultato delle simulazioni condotte con l’introduzione di “chance shocks”nel replicator dynamic: nel lungo periodo queste possono portare una popo-lazione dall’equilibrio non cooperativo a quello cooperativo; ma allo stes-so modo possono destabilizzare un equilibrio (c, c) e riportare all’equilibrio(l, l). Siamo in grado di specificare la probabilita dei due processi analizzan-do il bacino di attrazione degli equilibri non cooperativo e cooperativo. Se lha un’utilita di 1, indipendentemente dalla strategia dell’avversario, e c haun’utilita di 2 se giocata contro c e di 0 se giocata contro l, allora ognuno deidue equilibri ha un bacino di attrazione del 50%. Infatti se poco piu del 50%della popolazione adotta la strategia c, la probabilita per un cooperatore diincontrare un altro cooperatore e di poco superiore al 50%: l’utilita previstadi c e quindi di poco superiore a 1, cioe all’utilita prevista di l, e quindila dinamica adattativa porta la strategia c a diffondersi. Viceversa se pocopiu del 50% della popolazione e costituito da individui non cooperativi. Unapopolazione passa quindi circa meta del tempo in ciascuno dei due equilibri,e tutto quello che l’applicazione di replicator dynamic con l’introduzionedella variazione casuale sembra aver aggiunto al problema del contratto so-ciale e mostrare come esso possa, con la stessa probabilita con cui si forma,degenerare spontaneamente nello stato di natura. Non bisogna pero dimenti-care che l’approccio evoluzionistico si basa sull’osservazione di un’evidenza,in questo caso che le popolazioni passano molto piu della meta del temponell’equilibrio definito come “contratto sociale” che in quello definito come“stato di natura” e che nella specie umana (e in generale in natura) la co-operazione e largamente diffusa. Questi risultati sono forse dovuti ad unmodello ancora troppo astratto e povero, che non tiene conto di molti altrifattori che giocano un ruolo fondamentale nelle dinamiche evolutive.

Nelle sezioni successive analizzeremo come l’introduzione di opportunevariabili puo influenzare il meccanismo di selezione degli equilibri in un pro-cesso evolutivo. E bene anticipare che nessuno di questi fattori, da solo, esufficiente a spiegare come un equilibrio cooperativo possa essere raggiun-to, o come si possa passare da un equilibrio inefficiente ad uno socialmentedesiderabile. Il punto fondamentale e pero che anche nell’applicazione al-la Caccia al Cervo questi nuovi elementi riducono l’astrazione del model-lo. Sarebbe quindi limitante escludere queste considerazioni dal problemadell’evoluzione della cooperazione.

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4.3.1 Struttura spaziale e ambiente

Nel modello replicator dynamic che abbiamo analizzato finora, all’interno diun’ampia popolazione gli individui sono ogni volta selezionati casualmenteper giocare tra loro la Caccia al Cervo. La probabilita di incontrare un indi-viduo che giochi una determinata strategia e quindi uguale alla percentualedella popolazione che adotta quella strategia. Si e osservato inoltre che, ap-plicando questo modello alla Caccia al Cervo, i risultati non hanno portatoalla soluzione del problema della cooperazione. Ma l’ipotesi che gli incontriavvengano in modo assolutamente casuale in una popolazione con un nu-mero elevato di individui potrebbe non essere corretta. Potremmo assumereinvece che le interazioni avvengano con i nostri vicini, piuttosto che in modototalmente casuale. Un’ipotesi di questo tipo e stata considerata da JasonAlexander ([Alexander2000], [Alexander and Skyrms99]), che ha introdot-to una struttura spaziale costituita da un quadrato di 100x100 individui;come “vicini” di un individuo che si trova all’interno del quadrato si con-siderano gli 8 individui disposti rispettivamente a N, NE, E, ES, S, SW,W, NW. La nuova dinamica e inoltre guidata dall’imitazione: in una primafase, ognuno gioca con tutti i suoi vicini la propria strategia, mentre in unaseconda si imita la strategia dell’individuo che ha avuto piu successo in tuttoil “vicinato”, se questa e stata piu vantaggiosa della propria (altrimenti nonsi cambia strategia). Alexander ha applicato questo modello ad un giocochiamato Ultimatum Game, in cui due individui devono dividere un bene:in questa versione, entrambi i giocatori fanno una proposta di divisione. Sela somma delle due richieste e superiore alla totalita del bene da dividere,nessuno dei due giocatori ottiene nulla; altrimenti ognuno riceve cio che harichiesto. Questo gioco e molto studiato perche, mentre nei risultati speri-mentali la cosiddetta “divisione equa” (ognuno dei due chiede 1/2 del beneda dividere) e verificata la maggior parte dei casi, essa e solo uno degli in-finiti equilibri di Nash (se il bene e divisibile all’infinito) per l’UltimatumGame (Folk Theorem, 1959) . Anche nei modelli evoluzionistici di replicatordynamic, non sempre questa strategia e evolutivamente stabile o e l’unicorisultato possibile del processo evolutivo. Spesso le strategie che si fissanonella popolazione (e che sono dunque evolutivamente stabili) danno luogo adun equilibrio misto ed a una popolazione polimorfica, in cui ad esempio metadegli individui ha come strategia “richiedere 1/3” e l’altra meta “richiedere2/3” oppure “richiedere 1/4” e “richiedere 3/4”. Questi equilibri sono ineffi-cienti rispetto alla divisione equa, perche se due individui con strategie chedomandano piu di meta del bene si incontrano, non ricevono nulla e la risor-sa da dividere viene in un certo senso sprecata. Inoltre la discrepanza tra irisultati sperimentali e i risultati delle simulazioni e studiata con interesseper le implicazioni nella questione se esistano o meno dei principi di equita egiustizia uniformemente diffusi nella specie umana. Anche se non intendiamotrattare questo problema, e interessante notare che [Binmore2005] argomen-

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ta che la giustizia e la morale si sono evoluti come criterio di selezione degliequilibri. Tornando al modello presentato da Alexander, l’equilibrio che siraggiunge e sempre la divisione equa, sia quando tale strategia sia presentefin dall’inizio nella popolazione, sia quando non sia presente ma si introducauna probabilita anche ridotta di “mutazioni” (errori o sperimentazioni).

Abbiamo visto un esempio di come la struttura spaziale possa favorireuna vera e propria invasione da parte di una strategia. Passiamo ora adanalizzare gli effetti dell’introduzione della stessa variabile opportunamentedeclinata nella Caccia al Cervo, e nel problema del passaggio da un equilib-rio inefficiente di cacciatori di lepri ad uno efficiente di cacciatori di cervi.In realta, nel caso della Caccia al Cervo, i successi non sono cosı uniformicome del caso dell’Ultimatum Game, e vi sono forti differenze a secondadella struttura spaziale e del criterio di imitazione che si adotta. Conside-riamo una struttura spaziale come quella utilizzata da [Alexander2000] perl’Ultimatum Game, in cui ogni agente gioca la Caccia al Cervo con ciascunodei suoi otto vicini situati rispettivamente a N, NE, E, SE, S, SW, W, NW.Secondo il modello di replicator dynamic, alla fine di ogni turno (in cui ogniindividuo ha giocato con tutti i suoi vicini) tutti osservano i risultati ottenutidai vicini e adottano nei turni successivi, imitandola, la strategia che ha ot-tenuto il risultato massimo. Secondo le simulazioni con replicator dynamic in[Skyrms2004], se la popolazione iniziale e composta almeno dal 50% di indi-vidui cooperativi (cioe giocano la strategia c), l’equilibrio efficiente e cooper-ativo e raggiunto dal 99% delle simulazioni. Ma un diverso modello propostoda Glenn Ellison ([Ellison93]), basato su una struttura spaziale circolare (incui cioe ogni individuo interagisce con 2 vicini) e su un’altra dinamica diimitazione, ha portato a risultati opposti: non solo l’equilibrio inefficiente el’unico evolutivamente stabile, ma in una popolazione che gioca un equilibriocooperativo, la strategia defezionista si diffonde immediatamente nel giro dipoche generazioni. La regola dinamica su cui si basa questo modello non equella di imitare la strategia con piu successo all’interno del vicinato, ma dicalcolare, alla fine di ogni turno, la propria risposta ottimale alle strategieche i vicini hanno giocato in quel turno. Questa dinamica, oltre a tenereconto del ruolo dell’esperienza passata, sembra introdurre degli elementi,sebbene molto poco raffinati, di ragionamento strategico (risposta ottimalecome massimizzazione dell’utilita fissate le strategie degli altri giocatori).Infatti, a differenza dell’imitazione della strategia che ha ottenuto il risulta-to migliore, che non e un vero e proprio ragionamento strategico perche nontiene conto delle strategie che gli avversari giocheranno nel turno successivo,il calcolo della risposta ottimale assume che gli altri giocatori non cambie-ranno strategia e massimizza l’utilita sotto questa ipotesi. Il ragionamento siferma pero solo al primo grado di iterazione: un agente, essendo la raziona-lita di tutti i giocatori conoscenza condivisa, dovrebbe infatti aspettarsi cheanche gli avversari calcoleranno la risposta ottimale rispetto alle strategiedei turni precedenti, e quindi giocare una strategia che sia la risposta otti-

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male alle nuove strategie cosı calcolate. Ma questo e esattamente cio che siaspetteranno tutti gli altri giocatori, che quindi adegueranno di conseguen-za la propria strategia (i gradi di iterazione sono infiniti). Al di la di questeconsiderazioni, se torniamo al problema del ruolo della struttura spazialenella Caccia al Cervo, sarebbe scorretto sostenere che questa variabile sia inassoluto rilevante o meno per la selezione della cooperazione: i risultati va-riano infatti a seconda del tipo di struttura spaziale e di dinamica evolutivautilizzati. Possiamo pero concludere, sulla base di ulteriori modelli (per unatrattazione dettagliata, [Skyrms2004]) che hanno intersecato varie strutturee modalita di imitazione (imitazione del migliore o risposta ottimale), chesicuramente l’interazione locale apre alla cooperazione possibilita che nonesistevano nei modelli piu tradizionali di replicator dynamics.

Esiste un altro interessante aspetto dell’interazione tra “vicini” che nonabbiamo fin qui preso in considerazione. Nel capitolo 3 si era sottolineatocome la Caccia la Cervo si basasse su un problema di fiducia e di convinzioniriguardo al comportamento degli altri giocatori. Il fatto di giocare con ipropri vicini non significa solo che gli individui possono osservarne i risultatie imitarne le strategie (o calcolare la risposta ottimale): in un orizzonte diripetizioni indefinite del gioco, tutti gli agenti sanno che le loro interazionifuture saranno sempre con gli stessi individui. La prospettiva a lungo termineintroduce l’elemento della reputazione come ulteriore variabile nella selezionedella cooperazione. Hume nel Trattato utilizza la visione del futuro comepunto cruciale per la spiegazione di comportamenti altruistici altrimentiirrazionali:

Hence I learn to do a service to another, without bearinghim any real kindness; because I foresee, that he will return myservice, in expectation of another of the same kind, in order tomaintain the same correspondence of good offices with me andwith others.

La cooperazione puo quindi emergere piu facilmente nelle interazioni localiperche questo “scambio” di cui parla Hume e meglio controllabile all’in-terno di un gruppo ristretto, dove le sanzioni per un comportamento noncooperativo sono esercitate in termini di costruzione di una reputazione. Seun individuo ha la reputazione di essere un non cooperatore, significa che ivicini con cui interagisce hanno una forte convinzione che egli giochera unastrategia defezionista, e quindi giocheranno la propria parte di un equilibrionon cooperativo. 2

2Per un’analisi piu approfondita del ruolo della reputazione e della fiducia nel contrattosociale di veda [Binmore2005] e per una trattazione con gli strumenti della teoria dei giochiindefinitamente ripetuti si veda sempre [Binmore2007b].

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4.3.2 Segnali

Secondo la definizione data da [Gintis2009], un segnale e un particolare tipodi interazione fisica tra due agenti, che come tale modifica la costituzionedegli agenti coinvolti. Nello specifico, un segnale e il risultato di una di-namica strategica tra un emittente e un ricevente, in cui il contenuto del-l’interazione fisica (cioe del segnale) e determinato dall’emittente e alterail comportamento del ricevente influendo sul modo in cui valuta le propriealternative reali. Per influire sul comportamento strategico degli altri gio-catori, un segnale deve veicolare un’informazione che sia rilevante per ilricevente. Ad esempio un segnale veicola informazioni su un giocatore se laprobabilita che il giocatore sia di un certo “tipo”, dato il segnale in questione,e diversa dalla probabilita che sia dello stesso “tipo”in assenza del segnale([Skyrms2004]). In questa sezione assumeremo quindi che il passaggio di in-formazioni precedente all’interazione possa avere effetti sul comportamentostrategico dei giocatori. Ci chiederemo quindi se alcuni tipi di segnali pos-sano influire sulla selezione dell’equilibrio cooperativo nella Caccia al Cervo.Molti tipi di segnali studiati e presenti in diversi livelli di organizzazione bi-ologica sono quelli in cui l’emittente, attraverso azioni che hanno un qualchecosto per l’agente (in termini di utilita), rivela delle informazioni su di se.Uno degli esempi piu fortunati e celebri di questi tipi di segnali e quellodelle gazzelle di Thompson, che in vista di un predatore si esibiscono in saltiagilissimi invece di fuggire. Questo comportamento apparentemente contro-producente (le gazzelle sembrerebbero in questo modo attirare l’attenzionedel predatore) ha trovato una spiegazione plausibile (Alcock, 1993) propriocome segnale al predatore delle doti fisiche della gazzella e quindi del suonon essere una facile preda. Questo Gioco di Segnali, che come nota Gintise il risultato di un processo di co-evoluzione tra l’emittente e il ricevente, ecompatibile con gli incentivi (con il principio di massimizzazione dell’utilita)e porta benefici ad entrambi: siccome il segnale e piuttosto “costoso” e quin-di difficilmente verra contraffatto, il messaggio e rilevante per il predatoree quindi e vantaggioso inviarlo per la preda. Ma come notano Farrel e Ra-bin ([Farrell and Rabin96]), molti degli scambi di informazioni che osservi-amo quotidianamente non avvengono secondo questa logica, bensı attraversodelle forme di comunicazione informale, prive di costi e non vincolanti de-finite come “cheap talk”. Il termine “cheap” indica esattamente che questoscambio di informazioni non influisce direttamente sulle funzioni di utilitadei giocatori, ma come argomentato dagli autori esso puo influire in modoindiretto se le informazioni sono sufficientemente rilevanti a modificare lecredenze e quindi il comportamento strategico degli agenti.

Arthur Robson ha analizzato ([Robson90]) il ruolo della “cheap talk” nelDilemma del Prigioniero. Ammettendo uno scambio di informazioni, senzala possibilita di stipulare accordi vincolanti, in una popolazione in cui sigioca il Dilemma del Prigioniero assestata sull’equilibrio (d, d), dei mutanti

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cooperatori possono diffondersi destabilizzando l’equilibrio non cooperativo(che quindi non e piu evolutivamente stabile). Questi mutanti, utilizzando unsegnale non in uso nella popolazione, possono riconoscersi (all’oscuro deglialtri giocatori) e giocare un equilibrio cooperativo quando interagiscono fraloro e non cooperativo negli incontri con gli altri giocatori. Essi hanno piusuccesso degli altri, e invadono la popolazione. Nell’analisi proposta da Rob-son la cheap talk non ha creato un equilibrio cooperativo ma ha piuttostodestabilizzato un equilibrio non cooperativo. Basti pensare che l’equilibriocooperativo cosı raggiunto non e evolutivamente stabile: degli altri mutantiche riproducono il segnale segreto ma non cooperano possono nuovamentediffondersi. Il ruolo della cheap talk nella Caccia al Cervo e stato analoga-mente messo in dubbio da Aumann ([Aumann90]) che mostra come essa siairrilevante in questa versione leggermente modificata della Caccia al Cervo:

cervo c lepre l

cervo c 9,9 0,8

lepre l 8,0 7,7

Questo gioco appartiene alla stessa classe di giochi della Caccia al Cervoperche ci sono due equilibri di Nash, dati dalle coppie (l, l) e (c, c) di cui unoe inefficiente e l’altro e efficiente. Aumann osserva che in questa situazione,sia i che j sono incentivati a far credere all’avversario che giocheranno lastrategia c, qualunque sia la strategia che intendono giocare. Se i fosse uncacciatore di cervi, il messaggio che sarebbe interessato a comunicare sarebbeun segnale che lo identifichi come tale, in modo da influenzare le aspetta-tive di j sul suo comportamento e quindi di conseguenza, per ragionamentostrategico, la strategia che giochera come risposta ottimale. Ma anche seifosse un cacciatore di lepre, avrebbe interesse ad inviare lo stesso segnaleper convincere l’avversario a cacciare invece un cervo, perche il suo succes-so in termini di utilita e maggiore in (l, c) che in (l, l). Lo stesso vale perj (nella nostra storia, possiamo introdurre la variabile che se tutti i gioca-tori cacciano lepri, la probabilita di catturarne una diminuisce leggermente).Siccome il segnale “sono un cooperatore” verrebbe inviato da qualunque gio-catore, esso non veicola alcuna informazione. Queste considerazioni valgonoper tutta una classe di giochi di fiducia, in cui cioe i non cooperatori hannopiu successo nell’interazione con i cooperatori che nell’interazione con altrinon cooperatori. Nella matrice della Caccia al Cervo di questo tipo

c l

c 9,9 0,7

l 7,0 7,7

invece, in cui non c’e alcun incentivo ad inviare messaggi fuorvianti, lapercentuale di interazioni cooperative cresce in modo sostanziale con l’intro-duzione della cheap talk, come mostrato nelle simulazioni da [Charness2000]

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e [Clark,Kay and Sefton2000]. Nei giochi di fiducia e nella versione modi-ficata della Caccia al Cervo di Aumann, gli unici segnali che potrebberoefficacemente incidere nella direzione della cooperazione sono quelli il cuiinvio ha un qualche costo e la cui contraffazione diventa quindi dispendiosa.In generale, la comunicazione prima dell’interazione, sia priva di costi checostosa, influisce fortemente nei giochi evolutivi, sia destabilizzando equili-bri altrimenti evolutivamente stabili sia, come abbiamo visto nel caso dellaCaccia al Cervo, aumentando l’ampiezza del bacino di attrazione dell’equi-librio efficiente. Lo scambio di informazioni sia attraverso l’invio di segnali“costosi” sia in forma di cheap talk puo avere un ruolo rilevante nei giochinon cooperativi e, come nel caso dell’interazione locale, l’introduzione diquesta variabile rende piu realistico il modello di interazione fra gli agenti.

4.3.3 Correlazione e apprendimento

Finora abbiamo considerato situazioni in cui all’interno di una popolazionetutti gli individui sono uguali e indistinguibili; in questa sezione osserveremoinvece i risultati dell’introduzione di una fluidita nelle struttura di intera-zione. Assumiamo cioe che gli individui possano imparare a scegliere conchi interagire sulla base delle loro esperienze passate, attraverso un proces-so definito come apprendimento per feedback (o “reinforcement learning”,concetto introdotto dallo psicologo Thorndhike in The Elements of Psycho-logy, 1907). In accordo con questo modello, un’azione diventa piu probabilese ha portato a risultati positivi (e quella che Thorndike ha definito “Lawof Effect”), mentre diventa meno probabile se ha portato a risultati nega-tivi (“Law of Practice”); i due processi si distinguono rispettivamente comefeedback positivo e feedback negativo. In [Skyrms2004] viene applicato al-la Caccia al Cervo il processo di apprendimento per feedback : in questocaso i risultati delle azioni sono misurati in termini di utilita, il feedbacke positivo o negativo a seconda dei “livelli di aspirazione”, cioe dei risul-tati ottenuti nelle interazioni passate, ed e interattivo, cioe reciproco perentrambi i giocatori. La simulazione attraverso replicator dynamic partivada una popolazione mista di individui cooperatori e non cooperatori e dauna struttura di interazione “classica”, in cui gli incontri avvengono casual-mente. Gli individui cooperatori ricevono un feedback positivo solo dalleinterazioni con altri cooperatori e un feedback negativo dalle interazioni coni non cooperatori, quindi imparano in pochi turni di replicator dynamic adinteragire solo con i primi. Gli individui non cooperatori ricevono un feed-back ugualmente positivo giocando la Caccia al Cervo sia con cacciatori dilepri sia con cacciatori di cervi, ma il feedback e interattivo: dopo che tuttii cacciatori di cervi hanno imparato ad “evitare” i cacciatori di lepri, anchei secondi si fissano in una struttura di interazione analoga, costituendo unaltro gruppo. La dinamica evolutiva e causata dal fatto che i cooperatori noninteragiscono piu con i non cooperatori e questo esaurisce il feedback positi-

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vo. La popolazione nel modello di Skyrms converge quindi verso la divisionein due gruppi mutualmente esclusivi, di cui quello dei cacciatori di cervo haraggiunto un equilibrio cooperativo e che porta a maggiori benefici collettivi.La correlazione ha quindi consentito all’interno di un gruppo di realizzare ilpassaggio dallo stato di natura allo stato sociale, sulla base unicamente dimodeste capacita di apprendimento. In realta, per il raggiungimento dellacorrelazione non e sufficiente solo una dinamica di apprendimento ma an-che la presenza di segnali che veicolino informazioni sul “tipo” di giocatorecon cui si interagisce oppure una struttura di interazione di “vicinato” (oun gruppo ristretto), ma abbiamo gia trattato questi aspetti nelle sezioniprecedenti. Quanto queste capacita siano effettivamente diffuse e quanto ilmodello di apprendimento per rafforzamento sia realistico e dunque unaquestione di fondamentale importanza. Certamente non e difficile accettarela possibilita di apprendimento in un processo di evoluzione culturale, ma es-sa e molto frequente anche in altre specie. Calvin Harley ([Harley81]) definıin generale il feedback positivo come una regola di apprendimento che con-sentiva ad un organismo che agisse in accordo con essa di “prendere unascorciatoia” rispetto all’evoluzione, cioe di imparare una strategia evoluti-vamente stabile in una generazione, e presento varie evidenze sperimentali(soprattutto tra i batteri). Anche se nel nostro modello gli individui nonimparano una strategia ma con chi interagire (fra poco vedremo gli effetti diqueste due possibilita combinate), questa scelta e sempre strategica e le as-sunzioni del modello sono giustificate. E possibile migliorare e rendere ancorapiu realistico il modello del reinforcement learning introducendo le variabilidell’imperfezione della memoria (velocita con cui si dimentica l’esperienzapassata e percentuale conservata) e dell’errore ([Roth95]). Skyrms ha ripetu-to la stessa simulazione assumendo che almeno il 90% della memoria delleinterazioni passate venga conservata: anche in questo caso, il risultato dellascissione in due gruppi si ripresenta e sembra dunque essere piuttosto robus-to. Una struttura di interazione fluida ha portato alla divisione in gruppi, enel caso di uno dei due alla selezione dell’equilibrio cooperativo.

In queste sezioni abbiamo osservato l’apprendimento influire in due modisul comportamento strategico: in un caso i giocatori modificano le propriestrategie (ad esempio in seguito ad uno scambio di informazioni o dell’imi-tazione di una strategia che ha ottenuto un risultato migliore), nell’altroe la struttura di interazione ad evolversi con il tasso di correlazione tragli individui. Come argomenta Skyrms ([Skyrms2004]), nella maggior partedelle interazioni reali si osserva una co-evoluzione della struttura e dellestrategie: gli individui imparano contemporaneamente con chi interagire eche strategie giocare. Aggiungiamo quindi al modello della Caccia al Cervocon apprendimento per feedback la probabilita che un giocatore osservi leinterazioni degli altri individui della popolazione e, se un’altra strategia hapiu successo della sua, la imiti. Piu la struttura di interazione e fluida ela dinamica di imitazione lenta (cioe avviene con una piccola probabilita),

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piu aumenta il bacino di attrazione dell’equilibrio (c, c) e il processo evo-lutivo convertira i non cooperatori in cooperatori. Se invece l’imitazione emolto rapida e frequente e le strutture di interazione rigide, e chiaro comeall’inizio del processo evolutivo siano gli individui non cooperativi ad avereuna strategia piu vantaggiosa, che quindi verra imitata dai cooperatori. Lacooperazione non e uniformante favorita dalle dinamiche di apprendimentoe correlazione, ma sicuramente l’introduzione di questi fattori consente dirisolvere, in un modello che le presenti variamente combinati, il problemadella selezione dell’equilibrio efficiente.

4.3.4 Kin selection

Con il termine “kin selection” si intendono le forme di cooperazione tra con-sanguinei e i comportamenti altruistici nei confronti di individui verso cui visono rapporti di parentela, piu o meno stretti ([Futuyma2009]). Questi sonomolto comuni nel regno animale, e possono fornirci degli spunti interessantiper quanto riguarda l’evoluzione della cooperazione, che emerge molto piufacilmente all’interno di gruppi ristretti e familiari. D’altra parte, l’ipotesisecondo cui l’intera etica umana si sarebbe originata a partire dalla famigliaper poi allargarsi a gruppi via via piu ampi e stata spesso sostenuta e ar-gomentata in filosofia politica e morale, da Aristotele in poi. Fu WilliamHamilton nel 1964 ([Hamilton64]) a fornire una spiegazione in termini evo-luzionistici della kin selection, a partire dall’osservazione che i consanguineihanno del materiale genico in comune, e che la probabilita che un gene mu-tante sia nel genotipo di un parente aumenta con l’aumentare del grado diparentela: 1/2 per i fratelli, 1/8 per i cugini e cosı via (nel caso della specieumana e in generale di specie diploidi). Dal momento che la fitness di ungene si calcola come il numero delle sue replicazioni nella generazione succes-siva, essa deve tenere conto non solo del successo adattativo e riproduttivoche determina in un individuo, ma anche del successo che determina neglialtri individui che potrebbero condividere lo stesso gene. J. B. S. Haldaneha chiamato il risultato di questo calcolo “fitness inclusiva” ([Haldane24]).Risulta quindi chiaro a questo punto come l’altruismo e la cooperazioneall’interno di gruppi familiari siano compatibili e favoriti da un processoevolutivo. Questa forte spinta cooperativa puo pero avere nei giochi che ab-biamo analizzato finora un ruolo solo limitato e marginale. Nella Caccia alCervo anche se i giocatori sono consanguinei (l, l) rimane in ogni caso unequilibrio di Nash e il problema della selezione degli equilibri si ripresentainvariato. Nel Dilemma del Prigioniero si verificano risultati significativi so-lo con un grado di parentela strettissimo: nella seguente matrice abbiamoapplicato il concetto di fitness inclusiva, calcolando le utilita come la sommadell’utilita individuale e dell’utilita dell’avversario moltiplicata per il gradodi parentela (questo metodo e applicato in [Binmore2005] a diversi valori di

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utilita), in questo caso 1/2 (i due giocatori sono fratelli):

c d

c 4,5 ; 4,5 2 ; 4

d 4 ; 2 1,5 ; 1,5

In questo nuovo gioco, l’unico Equilibrio di Nash e l’equilibrio cooperati-vo (c, c). Basta pero aumentare di un livello il grado di parentela (assumendoche il Dilemma del Prigioniero sia giocato tra cugini, il cui fattore di con-saguineita e 1/8) e (d, d) torna ad essere l’unico equilibrio di Nash:

c d

c 3,375 ; 3,375 0,5; 4

d 4 ; 0,5 1,125 ; 1,125

La cosiddetta “Hamilton’s rule” ([Hamilton64]) fornisce anche una spie-gazione per il fenomeno dell’eusocialita, che ha sempre suscitato molto inte-resse nella trattazione del problema del contratto sociale (paragoni e metaforesi trovano in Aristotele, Mandeville, Hobbes e molti altri). Le specie euso-ciali vivono in colonie e hanno un’organizzazione per cui pochi individuigenerano tutta la prole e gli altri sono lavoratori sterili; l’eusocialita e tipicadegli Hymenoptera (api, formiche, vespe), degli Isoptera (termiti) e di duesole specie di mammiferi dell’ordine dei Rodentia. Il risultato di questa spe-cializzazione e un netto incremento in termini di produttivita e di beneficicollettivi, e la suggestione comune porta ad interrogarsi sul perche l’euso-cialita non sia piu largamente diffusa in natura, e perche perfino gli esseriumani non possano vivere come in un alveare o in un formicaio. Hobbesaccantono questa speranza come utopica:

Alcune creature viventi, come le Api o le Formiche, vivonosocialmente le une con le altre (. . . ) e quindi molti potrebberodesiderare sapere perche il Genere Umano non possa fare altret-tanto. A questi rispondo che fra queste creature il bene comunenon differisce da quello privato3.

Applicando la legge di Hamilton, possiamo dare una possibile interpretazionein senso evoluzionistico dell’affermazione di Hobbes. Gli insetti eusocialisono aplodiploidi, cioe le uova non fertilizzate crescono negli individui disesso maschile aploidi mentre quelle fertilizzate in quelli di sesso femminile ediploidi. Il grado di condivisione di geni fra sorelle e quindi di 3/4 , perche laprobabilita che un gene paterno sia presente in entrambe le figlie e 1, mentrela probabilita che un gene materno sia in entrambe e 1/2 (la madre diploideha un doppio corredo cromosomico). La probabilita che le due sorelle con-dividano un gene si puo cosı calcolare come 3/4. In effetti il “bene comune”

3Leviatano, libro II.

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(il patrimonio genico) differisce meno da quello privato rispetto alle speciediploidi, come l’essere umano.

Finora abbiamo considerato le strategie scelte dai giocatori come geneti-camente determinate, il che chiaramente non avviene per la maggior partedei giochi sociali e delle convenzioni che fanno parte del contratto sociale.Se ammettiamo che gli individui possano imparare a giocare un equilibrio([Binmore2005]), per imitazione delle strategie piu vantaggiose o per proveed errori, possiamo anche vedere come i meccanismi di cooperazione e altrui-smo all’interno del nucleo familiare possano facilmente innescarsi e trasferirsianche in gruppi abbastanza ristretti di individui senza alcun legame di pa-rentela. Sicuramente la kin selection non e un meccanismo di selezione degliequilibri sufficiente a spiegare l’emergere di equilibri cooperativi e social-mente desiderabili all’interno di una popolazione, ma essa costituisce unfenomeno molto interessante perche giustifica e fonda solidamente delle basidi cooperazione e altruismo da cui possono partire l’evoluzione culturale esociale.

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Capitolo 5

Conclusione

L’approccio evolutivo al problema della selezione dell’equilibrio cooperativonel gioco della Caccia al Cervo (e quindi in tutte le interazioni descrivi-bili attraverso questa matrice) non fornisce alcuna soluzione definitiva: l’ap-plicazione del diverso concetto risolutivo di Strategia Evolutivamente Sta-bile nel modello di replicator dynamic dimostra come la stabilita evolutivasia un criterio comunque insufficiente di selezione dell’equilibrio efficiente.Analogamente una dinamica evolutiva non puo determinare in modo univocoil passaggio dall’equilibrio inefficiente all’equilibrio efficiente.

Il vantaggio metodologico piu importante che dobbiamo al modello evolu-tivo e dato dalle vastissime possibilita che e in grado di aprire, di cui abbiamodato conto solo in minima parte. Il fatto di considerare l’origine del contrattosociale come il risultato di un processo evolutivo (e quindi dinamico) con-sente infatti di introdurre qualsiasi fattore che possa essere considerato rile-vante per la soluzione del problema. Questa importante proprieta consentedi costruire dei modelli che siano sempre piu realistici perche includono, epossono includere, una serie di variabili e descrivere, attraverso un’adeguataprogrammazione di simulazioni, la loro influenza nell’emergere della coop-erazione. La struttura spaziale, il passaggio di informazioni, la capacita diapprendimento, la reputazione e l’altruismo nei confronti dei consanguineisono tutti elementi che, in alcune combinazioni e declinati in diverse forme,possono pesare in modo rilevante su una dinamica evolutiva della Caccia alCervo e spesso a favore della correlazione degli individui sull’equilibrio coop-erativo e socialmente desiderabile. Nessuna di queste variabili si e dimostrataidonea, da sola, a fungere da causa sufficiente per il passaggio dallo stato dinatura allo stato sociale, ne siamo stati in grado di fornire un unico modelloin cui questo passaggio si verifichi sempre e comunque indipendentementedalle variazioni casuali e dall’eventuale introduzione di nuovi elementi: possi-amo piuttosto definire tutti i fattori che abbiamo descritto delle componentinecessarie (perche, come si e argomentato, presenti a tutti o molti livellidi interazione biologica) all’evoluzione di un contratto sociale. In ogni caso,

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sarebbe fuorviante e incompatibile con il modello evoluzionistico attendersiuna soluzione al problema del contratto sociale che come una “legge” portisempre una popolazione, indipendentemente dalle condizioni iniziali, dallevariabili coinvolte e dal tipo di interazione fra gli individui, ad assestarsi suun equilibrio cooperativo. Ogni “contratto sociale” richiede lo studio di di-namiche evolutive diverse, e il problema dell’origine del contratto sociale sie presentato moltissime volte (anche pensando solo alla storia dell’umanitae tralasciando le analogie biologiche) e ogni volta diverso, portando infat-ti a infinite soluzioni differenti oppure rimanendo anche spesso, possiamoimmaginare, irrisolto.

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