LORENZO MONDO Moscardino indica la via della ribellione capolavoro, da Ungaretti a Svevo a Ezra...

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Moscardino indica la via della ribellione Enrico Pea Ritorna il romanzo che affascinò Ezra Pound, una storia di formazione incantata, tra la Lucchesia e l’Egitto LORENZO MONDO Chi si ricorda ancora di Enri- co Pea? Chi si è trovato a prendere in mano Il romanzo di Moscardino? Eppu- re studiosi e lettori di eccezione han- no apprezzato quello che resta il suo capolavoro, da Ungaretti a Svevo a Ezra Pound, che ne tradusse la prima parte in inglese. Ma anche oggi meri- ta di essere raccomandato per la cal- da umanità e la forza, sia pure esigen- te, della scrittura. Per la testimonian- za su un’Italia popolana in cui le salde radici non escludono, sotto la spinta di necessità e istinto, un avventuroso nomadismo. L’ultimo, autorevole ma indiretto riconoscimento a Pea venne nel 1979 da Italo Calvino, che accolse nella collana «Centopagine» Einaudi, acuradiSilvioGuarnieri, Moscardino, Il servitore del diavolo, Il Volto Santo. Vale a dire il trittico di romanzi brevi (pubblicatitrail1922eil1931)cherap- presentano la parte più accreditata di quello che l’autore, con l’aggiunta del più tardo Magoometto, volle conside- rare infine come un solo libro. E che oggi ci viene restituito nella sua inte- rezza per iniziativa di Enrico Loren- zetti, nipote dello scrittore. La giustifi- cazione,oltreallasceltadiPea,stanel fatto che si tratta ogni volta di mate- riale autobiografico. Anche se i diver- si tempi di composizione e i registri stilistici, che oscillano tra lirico fram- mentismo e rondismo, offrono ampio spazioalledistinzionidellacritica. Nato nel 1881 a Seravezza, sui mon- ti di Lucchesìa, Pea arriva alla lettera- tura per vie traverse, da autodidatta. Cresciuto dal nonno dopo la morte del padre, si presta ai più diversi mestieri: maniscalco,contadino,rigattiere,moz- zo,operaioneicantierinavali;finquan- do decide di emigrare in Egitto, dove frequentalaBaraccaRossadiAlessan- dria, ricetto di anarchici ed espatriati; salvopoiaimpiantare,alpianoterreno della stessa Baracca, un proficuo com- mercio di marmi. Non interrompe i contatti con la Versilia, aderisce tra l’altro alla «Repubblica di Apua» (un raggruppamento politico-letterario di inclinazione socialista, guidato da Cec- cardo Roccatagliata Ceccardi) e dopo il definitivo ritorno in Italia organizza spettacoli teatrali, i popolareggianti maggi, dedicandosi compiutamente al- lascrittura,conversi,drammi,raccon- ti. Sono vicende e attitudini di cui si co- glie l’eco in Moscardino, ma che non esaurisconolasuacomplessità. Il «romanzo» si apre con la storia della sua famiglia, travolta da un cupo destino di malattie, morti precoci, sui- cidi. Tra tutte si accampa la figura del nonno, posseduto da una furia amoro- sa che lo porta a squarciarsi il ventre, quasi ad autopunirsi per una irredimi- bile gelosia. Lo portano via in barella davanti a tutto il paese, a quelle donne che«parevanounpaurosoconvogliodi streghe vedove pregne». L’uomo sarà poiricoveratoperlunghianninelmani- comiodiMaggiano(lostessochetrove- remo nei libri di Tobino, non immemo- re di Pea) e ne uscirà rinsavito, pronto ad accudire l’orfano Moscardino, fa- cendosimaestrodiunasuperioreargu- zia, di uno spirito di libertà non esente dacivilemisura.E’unastoriadiforma- zione che interrompe la resa asciutta delle traversie familiari con aperture ariose, incantate, sulla natura circo- stante,sulleopereesuigiorni(diconta- dini, pastori, cavatori di marmo). Esse sembrano alludere a una riconciliazio- ne con la vita, a un suo possibile riscat- to. Seduce la lingua smagliante, la for- te impronta dialettale che sa essere nello stesso tempo corposa e stranian- te. Una lingua fatta di scaglie lucenti e aspre dissonanze che sembra a tratti volerraccontaresestessa. Si risolve in un racconto più filato, che non rinuncia alla densità espressi- va, il capitolo sull’esperienza in Egitto. Dove Moscardino capita, alla Baracca Rossa,traglioperaidelporto,isovver- sivi d’ogni paese, i conferenzieri razio- nalisti e atei, gli ebrei sfuggiti alle per- secuzioni zariste, in una babele di lin- guaggi e destini. Diventa seguace di uno chiamato il Diavolo, e di Giuda suo manutengolo, che inalberando l’inse- gna «Nè Dio nè padroni» spadroneg- giano in realtà sulle fatiche e sulle co- scienze dei derelitti. Non tarda in lui la resipiscenza: «Mi pareva di essere ri- mastoimpigliatonelleretidiGiuda,co- me le quaglie, che passano il mare con lasperanzadiunOrientebeato,elare- teleaspettaatradimentoallariva». Moscardino si affranca compaten- do le vittime vere di ogni sopraffazio- ne, affiancando chi sa conservare - la schiavasudanese,ilsantonemusulma- no, la remissiva ebrea Rebecca - un re- siduo di umana condivisione e pietà. La sua educazione, dopo le tante fughe -anchedalfareiconticonlapropriari- mossa interiorità - approda a un vago sentimento religioso. Che non esclude, ma fortifica, il suo nativo spirito di ri- bellione contro l’ingiustizia degli uomi- niedellasorte. RENATO BARILLI Il lettore di questo Leo- pardiatavola potrebbeprovare inizialmente un certo senso di delusione, in quanto di autenti- camenteleopardianoc'èbenpo- co, alle origini di quest'opera, nulla più che uno scarno docu- mento autografo rinvenuto tra le carte che del grande di Reca- nati si conservano presso la Bi- bliotecanazionalediNapoli,do- ve compare un elenco di 49 ri- cette, indicate sommariamente nei rispettivi titoli. Tutto il re- stodelvolumeèfruttodiDome- nico Pasquariello, detto Dègo, che sarebbe un «creativo», tra arte e letteratura e gastrono- mia, residente a Parigi, aiutato da un altro gastronomo, Anto- nio Tubelli, i quali in sostanza hanno lavorato di fantasia, ten- tando di immaginare quali do- vesseroessereleesperienzedel Leopardi «napoletano», tra il 1833 del suo arrivo nella città delGolfoeil1837dellamorte. Però, a giustificare l'impre- sa, sta la consapevolezza sem- pre maggiore che gli anni napo- letani furono un momento feli- ce, nell'esistenza di Giacomo, forse gli unici per i quali egli non dovesse ripetere l'amara confessione rivolta ad ogni al- tro suo precedente soggiorno, di non essersi sentito «mai nel miocentro».ANapoliforseLeo- pardi conobbe l'unica vita affet- tuosa di famiglia che gli fosse concessa nella sua travagliata esistenza, per merito di Anto- nio Ranieri, suo perfetto e com- prensivo «sodale», e della sorel- la di lui, un'umile e servizievole Paolina. Due le dimore nel cuo- re di Napoli, e in più le vacanze nella Villa Ferrigni, alle falde del Vesuvio. E certo, abbiamo ladiscrasiatraleriflessionipar- ticolarmente negative che lo «sterminator Vesevo» ebbe al- lora a suggerirgli, nella sua in- combente presenza, e invece i piacerisensualidellavita. Tutto ciò suona a conforto dell'immagine che attorno all'au- tore dei Canti andiamo sempre piùmettendoafuoco,nondiunin- guaribile pessimista, negativo nei confrontidelvivere,ilchevorreb- be dire che egli soggiaceva al da lui sempre detestato razionali- smo e spirito deduttivo. Puntia- mosemprepiùsuunLeopardiesi- stenzialista della prima ora, inna- moratodellavita,quandosimani- festaneimodipiùdirettiesponta- nei.Abbiamoscopertocheèstato lui a inaugurare la pratica delle epifanie di cui poi si sarebbe fatto vanto Joyce, a ritagliare cioè dal vissuto frammenti in apparenza casuali, minimi, eppure investiti di luce e di sapori. E dunque non cidevestupirecheinquestacapa- citàdidegustareisaporipiùsem- plici della vita entrasse anche l'amore del cibo. Già sapevamo che, a contrasto con l'immagine austera del poeta nichilista, stava un Giacomino amante dei gelati, una delle specialità napoletane, e dunque non ci può meravigliare che, tra i vantaggi del soggiorno napoletanonell'accoglienteména- ge dei Ranieri, ci stessero anche i buoni e gustosi pranzetti che sa- peva cucinare un cuoco eccellen- te, Pasquale Ignarra. Qui appun- to il Pasquariello lavora di fanta- sia, immaginando come Giacomi- nodovesseessereaccoltoinVilla, e rinfrescato, e ristorato, con cibi appetitosi,tantodaindurloatrac- ciarneunalistascrupolosa. Se poi li andiamo a vedere da vicino, questi cibi, ci colpiscono perlalorobenscarsadietological correctness, sono cibi grevi, invo- glianti, assolutamente ibridati, dove i buoni prodotti della cucina mediterranea fondata su paste e vegetali, pomodori, sedani, cipol- le, basilico, si mescolano con le carni e i pesci e le sapienti e lun- ghe cotture, e gli accompagna- menti con fette di pane raffermo. Spicca su tutti il fritto napoleta- no, in cui entrano fegatini di coni- glio e cervella di agnello, e a ce- mentare i vari ingredienti, sem- preedovunque,lagrevemasapo- ritissimaricotta. p Domenico Pasquariello "Dègo" Antonio Tubelli p LEOPARDI A TAVOLA p F. LUPETTI ED., pp. 190, e 18 p Enrico Pea p IL ROMANZO DI MOSCARDINO p ELLIOT EDIZIONI, pp. 437, e 19,50 Signor Conte, ancora un gelato Italiani di ieri Tuttolibri SABATO 4 OTTOBRE 2008 LA STAMPA II Intorno a un documento autografo,illazioni sulpoeta esistenzialista della prima ora, innamorato dellavita Leopardi a tavola In quarantanove ricette il segreto della felicità a Napoli Unafiguradimenticata, riscopertadaCalvino, unaletturadaconsigliare per la calda umanità e la forza della scrittura Enrico Pea (fotografato accanto al suo pianoforte e alle sue voliere) nacque a Serravezza nel 1881 e morì a Forte dei Marmi nel 1958 Calvino accolse il suo Moscardino nella collana Centopagine di Einaudi

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Moscardino indicala via della ribellione

Enrico Pea Ritorna il romanzo che affascinò Ezra Pound,una storia di formazione incantata, tra la Lucchesia e l’Egitto

LORENZOMONDO

Chi si ricorda ancora di Enri-co Pea? Chi si è trovato a prendere inmano Il romanzo di Moscardino? Eppu-re studiosi e lettori di eccezione han-no apprezzato quello che resta il suocapolavoro, da Ungaretti a Svevo aEzra Pound, che ne tradusse la primaparte in inglese. Ma anche oggi meri-ta di essere raccomandato per la cal-da umanità e la forza, sia pure esigen-te, della scrittura. Per la testimonian-za su un’Italia popolana in cui le salderadici non escludono, sotto la spintadi necessità e istinto, un avventurosonomadismo. L’ultimo, autorevole maindiretto riconoscimento a Pea vennenel 1979 da Italo Calvino, che accolsenella collana «Centopagine» Einaudi,a cura di Silvio Guarnieri, Moscardino,Il servitore del diavolo, Il Volto Santo.Vale a dire il trittico di romanzi brevi(pubblicati tra il 1922 e il 1931) che rap-presentano la parte più accreditata diquello che l’autore, con l’aggiunta delpiù tardo Magoometto, volle conside-rare infine come un solo libro. E cheoggi ci viene restituito nella sua inte-rezza per iniziativa di Enrico Loren-zetti, nipote dello scrittore. La giustifi-cazione, oltre alla scelta di Pea, sta nelfatto che si tratta ogni volta di mate-

riale autobiografico. Anche se i diver-si tempi di composizione e i registristilistici, che oscillano tra lirico fram-mentismo e rondismo, offrono ampiospazio alle distinzioni della critica.

Nato nel 1881 a Seravezza, sui mon-ti di Lucchesìa, Pea arriva alla lettera-tura per vie traverse, da autodidatta.Cresciuto dal nonno dopo la morte delpadre, si presta ai più diversi mestieri:maniscalco, contadino, rigattiere, moz-zo, operaio nei cantieri navali; fin quan-do decide di emigrare in Egitto, dovefrequenta la Baracca Rossa di Alessan-

dria, ricetto di anarchici ed espatriati;salvo poi a impiantare, al piano terrenodella stessa Baracca, un proficuo com-mercio di marmi. Non interrompe icontatti con la Versilia, aderisce tral’altro alla «Repubblica di Apua» (unraggruppamento politico-letterario diinclinazione socialista, guidato da Cec-cardo Roccatagliata Ceccardi) e dopoil definitivo ritorno in Italia organizza

spettacoli teatrali, i popolareggiantimaggi, dedicandosi compiutamente al-la scrittura, con versi, drammi, raccon-ti. Sono vicende e attitudini di cui si co-glie l’eco in Moscardino, ma che nonesauriscono la sua complessità.

Il «romanzo» si apre con la storiadella sua famiglia, travolta da un cupodestino di malattie, morti precoci, sui-cidi. Tra tutte si accampa la figura del

nonno, posseduto da una furia amoro-sa che lo porta a squarciarsi il ventre,quasi ad autopunirsi per una irredimi-bile gelosia. Lo portano via in barelladavanti a tutto il paese, a quelle donneche «parevano un pauroso convoglio distreghe vedove pregne». L’uomo saràpoi ricoverato per lunghi anni nel mani-comio di Maggiano (lo stesso che trove-remo nei libri di Tobino, non immemo-

re di Pea) e ne uscirà rinsavito, prontoad accudire l’orfano Moscardino, fa-cendosi maestro di una superiore argu-zia, di uno spirito di libertà non esenteda civile misura. E’ una storia di forma-zione che interrompe la resa asciuttadelle traversie familiari con apertureariose, incantate, sulla natura circo-stante, sulle opere e sui giorni (di conta-dini, pastori, cavatori di marmo). Essesembrano alludere a una riconciliazio-ne con la vita, a un suo possibile riscat-to. Seduce la lingua smagliante, la for-te impronta dialettale che sa esserenello stesso tempo corposa e stranian-te. Una lingua fatta di scaglie lucenti easpre dissonanze che sembra a trattivoler raccontare se stessa.

Si risolve in un racconto più filato,che non rinuncia alla densità espressi-va, il capitolo sull’esperienza in Egitto.Dove Moscardino capita, alla BaraccaRossa, tra gli operai del porto, i sovver-sivi d’ogni paese, i conferenzieri razio-nalisti e atei, gli ebrei sfuggiti alle per-secuzioni zariste, in una babele di lin-guaggi e destini. Diventa seguace diuno chiamato il Diavolo, e di Giuda suomanutengolo, che inalberando l’inse-gna «Nè Dio nè padroni» spadroneg-giano in realtà sulle fatiche e sulle co-scienze dei derelitti. Non tarda in lui laresipiscenza: «Mi pareva di essere ri-masto impigliato nelle reti di Giuda, co-me le quaglie, che passano il mare conla speranza di un Oriente beato, e la re-te le aspetta a tradimento alla riva».

Moscardino si affranca compaten-do le vittime vere di ogni sopraffazio-ne, affiancando chi sa conservare - laschiava sudanese, il santone musulma-no, la remissiva ebrea Rebecca - un re-siduo di umana condivisione e pietà.La sua educazione, dopo le tante fughe- anche dal fare i conti con la propria ri-mossa interiorità - approda a un vagosentimento religioso. Che non esclude,ma fortifica, il suo nativo spirito di ri-bellione contro l’ingiustizia degli uomi-ni e della sorte.

RENATOBARILLI

Il lettore di questo Leo-pardi a tavola potrebbe provareinizialmente un certo senso didelusione, in quanto di autenti-camente leopardiano c'è ben po-co, alle origini di quest'opera,nulla più che uno scarno docu-mento autografo rinvenuto trale carte che del grande di Reca-nati si conservano presso la Bi-blioteca nazionale di Napoli, do-ve compare un elenco di 49 ri-cette, indicate sommariamentenei rispettivi titoli. Tutto il re-sto del volume è frutto di Dome-nico Pasquariello, detto Dègo,che sarebbe un «creativo», traarte e letteratura e gastrono-mia, residente a Parigi, aiutatoda un altro gastronomo, Anto-nio Tubelli, i quali in sostanzahanno lavorato di fantasia, ten-tando di immaginare quali do-vessero essere le esperienze delLeopardi «napoletano», tra il1833 del suo arrivo nella cittàdel Golfo e il 1837 della morte.

Però, a giustificare l'impre-sa, sta la consapevolezza sem-pre maggiore che gli anni napo-letani furono un momento feli-ce, nell'esistenza di Giacomo,forse gli unici per i quali eglinon dovesse ripetere l'amaraconfessione rivolta ad ogni al-tro suo precedente soggiorno,di non essersi sentito «mai nelmio centro». A Napoli forse Leo-pardi conobbe l'unica vita affet-tuosa di famiglia che gli fosseconcessa nella sua travagliataesistenza, per merito di Anto-nio Ranieri, suo perfetto e com-prensivo «sodale», e della sorel-la di lui, un'umile e servizievolePaolina. Due le dimore nel cuo-re di Napoli, e in più le vacanzenella Villa Ferrigni, alle faldedel Vesuvio. E certo, abbiamola discrasia tra le riflessioni par-ticolarmente negative che lo«sterminator Vesevo» ebbe al-

lora a suggerirgli, nella sua in-combente presenza, e invece ipiaceri sensuali della vita.

Tutto ciò suona a confortodell'immagine che attorno all'au-tore dei Canti andiamo semprepiù mettendo a fuoco, non di un in-guaribile pessimista, negativo neiconfronti del vivere, il che vorreb-be dire che egli soggiaceva al dalui sempre detestato razionali-smo e spirito deduttivo. Puntia-mo sempre più su un Leopardi esi-stenzialista della prima ora, inna-morato della vita, quando si mani-festa nei modi più diretti e sponta-nei. Abbiamo scoperto che è stato

lui a inaugurare la pratica delleepifanie di cui poi si sarebbe fattovanto Joyce, a ritagliare cioè dalvissuto frammenti in apparenzacasuali, minimi, eppure investitidi luce e di sapori. E dunque nonci deve stupire che in questa capa-cità di degustare i sapori più sem-plici della vita entrasse anchel'amore del cibo. Già sapevamoche, a contrasto con l'immagineaustera del poeta nichilista, stavaun Giacomino amante dei gelati,

una delle specialità napoletane, edunque non ci può meravigliareche, tra i vantaggi del soggiornonapoletano nell'accogliente ména-ge dei Ranieri, ci stessero anche ibuoni e gustosi pranzetti che sa-peva cucinare un cuoco eccellen-te, Pasquale Ignarra. Qui appun-to il Pasquariello lavora di fanta-sia, immaginando come Giacomi-no dovesse essere accolto in Villa,e rinfrescato, e ristorato, con cibiappetitosi, tanto da indurlo a trac-ciarne una lista scrupolosa.

Se poi li andiamo a vedere davicino, questi cibi, ci colpisconoper la loro ben scarsa dietologicalcorrectness, sono cibi grevi, invo-glianti, assolutamente ibridati,dove i buoni prodotti della cucinamediterranea fondata su paste evegetali, pomodori, sedani, cipol-le, basilico, si mescolano con lecarni e i pesci e le sapienti e lun-ghe cotture, e gli accompagna-menti con fette di pane raffermo.Spicca su tutti il fritto napoleta-no, in cui entrano fegatini di coni-glio e cervella di agnello, e a ce-mentare i vari ingredienti, sem-pre e dovunque, la greve ma sapo-ritissima ricotta.

pp Domenico Pasquariello "Dègo"Antonio Tubellip LEOPARDI A TAVOLAp F. LUPETTI ED., pp. 190, € 18

pp Enrico Peap IL ROMANZO DI MOSCARDINOp ELLIOT EDIZIONI, pp. 437, € 19,50

Signor Conte,ancora un gelato

Italiani di ieri TuttolibriSABATO 4 OTTOBRE 2008

LA STAMPAII

Intorno a un documentoautografo, illazionisul poeta esistenzialistadella prima ora,innamorato della vita

Leopardi a tavola In quarantanovericette il segreto della felicità a Napoli

Una figura dimenticata,riscoperta da Calvino,una lettura da consigliareper la calda umanitàe la forza della scrittura

Enrico Pea(fotografatoaccanto al suopianofortee alle suevoliere)nacquea Serravezzanel 1881e morìa Fortedei Marminel 1958Calvinoaccolseil suoMoscardinonella collanaCentopaginedi Einaudi