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Page 1: LORENZO MONDO Moscardino indica la via della ribellione capolavoro, da Ungaretti a Svevo a Ezra Pound, che ne tradusse la prima parte in inglese. Ma anche oggi meri-ta di essere raccomandato

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - II - 04/10/08 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: MARVIN - Ora di stampa: 03/10/08 19.41

Moscardino indicala via della ribellione

Enrico Pea Ritorna il romanzo che affascinò Ezra Pound,una storia di formazione incantata, tra la Lucchesia e l’Egitto

LORENZOMONDO

Chi si ricorda ancora di Enri-co Pea? Chi si è trovato a prendere inmano Il romanzo di Moscardino? Eppu-re studiosi e lettori di eccezione han-no apprezzato quello che resta il suocapolavoro, da Ungaretti a Svevo aEzra Pound, che ne tradusse la primaparte in inglese. Ma anche oggi meri-ta di essere raccomandato per la cal-da umanità e la forza, sia pure esigen-te, della scrittura. Per la testimonian-za su un’Italia popolana in cui le salderadici non escludono, sotto la spintadi necessità e istinto, un avventurosonomadismo. L’ultimo, autorevole maindiretto riconoscimento a Pea vennenel 1979 da Italo Calvino, che accolsenella collana «Centopagine» Einaudi,a cura di Silvio Guarnieri, Moscardino,Il servitore del diavolo, Il Volto Santo.Vale a dire il trittico di romanzi brevi(pubblicati tra il 1922 e il 1931) che rap-presentano la parte più accreditata diquello che l’autore, con l’aggiunta delpiù tardo Magoometto, volle conside-rare infine come un solo libro. E cheoggi ci viene restituito nella sua inte-rezza per iniziativa di Enrico Loren-zetti, nipote dello scrittore. La giustifi-cazione, oltre alla scelta di Pea, sta nelfatto che si tratta ogni volta di mate-

riale autobiografico. Anche se i diver-si tempi di composizione e i registristilistici, che oscillano tra lirico fram-mentismo e rondismo, offrono ampiospazio alle distinzioni della critica.

Nato nel 1881 a Seravezza, sui mon-ti di Lucchesìa, Pea arriva alla lettera-tura per vie traverse, da autodidatta.Cresciuto dal nonno dopo la morte delpadre, si presta ai più diversi mestieri:maniscalco, contadino, rigattiere, moz-zo, operaio nei cantieri navali; fin quan-do decide di emigrare in Egitto, dovefrequenta la Baracca Rossa di Alessan-

dria, ricetto di anarchici ed espatriati;salvo poi a impiantare, al piano terrenodella stessa Baracca, un proficuo com-mercio di marmi. Non interrompe icontatti con la Versilia, aderisce tral’altro alla «Repubblica di Apua» (unraggruppamento politico-letterario diinclinazione socialista, guidato da Cec-cardo Roccatagliata Ceccardi) e dopoil definitivo ritorno in Italia organizza

spettacoli teatrali, i popolareggiantimaggi, dedicandosi compiutamente al-la scrittura, con versi, drammi, raccon-ti. Sono vicende e attitudini di cui si co-glie l’eco in Moscardino, ma che nonesauriscono la sua complessità.

Il «romanzo» si apre con la storiadella sua famiglia, travolta da un cupodestino di malattie, morti precoci, sui-cidi. Tra tutte si accampa la figura del

nonno, posseduto da una furia amoro-sa che lo porta a squarciarsi il ventre,quasi ad autopunirsi per una irredimi-bile gelosia. Lo portano via in barelladavanti a tutto il paese, a quelle donneche «parevano un pauroso convoglio distreghe vedove pregne». L’uomo saràpoi ricoverato per lunghi anni nel mani-comio di Maggiano (lo stesso che trove-remo nei libri di Tobino, non immemo-

re di Pea) e ne uscirà rinsavito, prontoad accudire l’orfano Moscardino, fa-cendosi maestro di una superiore argu-zia, di uno spirito di libertà non esenteda civile misura. E’ una storia di forma-zione che interrompe la resa asciuttadelle traversie familiari con apertureariose, incantate, sulla natura circo-stante, sulle opere e sui giorni (di conta-dini, pastori, cavatori di marmo). Essesembrano alludere a una riconciliazio-ne con la vita, a un suo possibile riscat-to. Seduce la lingua smagliante, la for-te impronta dialettale che sa esserenello stesso tempo corposa e stranian-te. Una lingua fatta di scaglie lucenti easpre dissonanze che sembra a trattivoler raccontare se stessa.

Si risolve in un racconto più filato,che non rinuncia alla densità espressi-va, il capitolo sull’esperienza in Egitto.Dove Moscardino capita, alla BaraccaRossa, tra gli operai del porto, i sovver-sivi d’ogni paese, i conferenzieri razio-nalisti e atei, gli ebrei sfuggiti alle per-secuzioni zariste, in una babele di lin-guaggi e destini. Diventa seguace diuno chiamato il Diavolo, e di Giuda suomanutengolo, che inalberando l’inse-gna «Nè Dio nè padroni» spadroneg-giano in realtà sulle fatiche e sulle co-scienze dei derelitti. Non tarda in lui laresipiscenza: «Mi pareva di essere ri-masto impigliato nelle reti di Giuda, co-me le quaglie, che passano il mare conla speranza di un Oriente beato, e la re-te le aspetta a tradimento alla riva».

Moscardino si affranca compaten-do le vittime vere di ogni sopraffazio-ne, affiancando chi sa conservare - laschiava sudanese, il santone musulma-no, la remissiva ebrea Rebecca - un re-siduo di umana condivisione e pietà.La sua educazione, dopo le tante fughe- anche dal fare i conti con la propria ri-mossa interiorità - approda a un vagosentimento religioso. Che non esclude,ma fortifica, il suo nativo spirito di ri-bellione contro l’ingiustizia degli uomi-ni e della sorte.

RENATOBARILLI

Il lettore di questo Leo-pardi a tavola potrebbe provareinizialmente un certo senso didelusione, in quanto di autenti-camente leopardiano c'è ben po-co, alle origini di quest'opera,nulla più che uno scarno docu-mento autografo rinvenuto trale carte che del grande di Reca-nati si conservano presso la Bi-blioteca nazionale di Napoli, do-ve compare un elenco di 49 ri-cette, indicate sommariamentenei rispettivi titoli. Tutto il re-sto del volume è frutto di Dome-nico Pasquariello, detto Dègo,che sarebbe un «creativo», traarte e letteratura e gastrono-mia, residente a Parigi, aiutatoda un altro gastronomo, Anto-nio Tubelli, i quali in sostanzahanno lavorato di fantasia, ten-tando di immaginare quali do-vessero essere le esperienze delLeopardi «napoletano», tra il1833 del suo arrivo nella cittàdel Golfo e il 1837 della morte.

Però, a giustificare l'impre-sa, sta la consapevolezza sem-pre maggiore che gli anni napo-letani furono un momento feli-ce, nell'esistenza di Giacomo,forse gli unici per i quali eglinon dovesse ripetere l'amaraconfessione rivolta ad ogni al-tro suo precedente soggiorno,di non essersi sentito «mai nelmio centro». A Napoli forse Leo-pardi conobbe l'unica vita affet-tuosa di famiglia che gli fosseconcessa nella sua travagliataesistenza, per merito di Anto-nio Ranieri, suo perfetto e com-prensivo «sodale», e della sorel-la di lui, un'umile e servizievolePaolina. Due le dimore nel cuo-re di Napoli, e in più le vacanzenella Villa Ferrigni, alle faldedel Vesuvio. E certo, abbiamola discrasia tra le riflessioni par-ticolarmente negative che lo«sterminator Vesevo» ebbe al-

lora a suggerirgli, nella sua in-combente presenza, e invece ipiaceri sensuali della vita.

Tutto ciò suona a confortodell'immagine che attorno all'au-tore dei Canti andiamo semprepiù mettendo a fuoco, non di un in-guaribile pessimista, negativo neiconfronti del vivere, il che vorreb-be dire che egli soggiaceva al dalui sempre detestato razionali-smo e spirito deduttivo. Puntia-mo sempre più su un Leopardi esi-stenzialista della prima ora, inna-morato della vita, quando si mani-festa nei modi più diretti e sponta-nei. Abbiamo scoperto che è stato

lui a inaugurare la pratica delleepifanie di cui poi si sarebbe fattovanto Joyce, a ritagliare cioè dalvissuto frammenti in apparenzacasuali, minimi, eppure investitidi luce e di sapori. E dunque nonci deve stupire che in questa capa-cità di degustare i sapori più sem-plici della vita entrasse anchel'amore del cibo. Già sapevamoche, a contrasto con l'immagineaustera del poeta nichilista, stavaun Giacomino amante dei gelati,

una delle specialità napoletane, edunque non ci può meravigliareche, tra i vantaggi del soggiornonapoletano nell'accogliente ména-ge dei Ranieri, ci stessero anche ibuoni e gustosi pranzetti che sa-peva cucinare un cuoco eccellen-te, Pasquale Ignarra. Qui appun-to il Pasquariello lavora di fanta-sia, immaginando come Giacomi-no dovesse essere accolto in Villa,e rinfrescato, e ristorato, con cibiappetitosi, tanto da indurlo a trac-ciarne una lista scrupolosa.

Se poi li andiamo a vedere davicino, questi cibi, ci colpisconoper la loro ben scarsa dietologicalcorrectness, sono cibi grevi, invo-glianti, assolutamente ibridati,dove i buoni prodotti della cucinamediterranea fondata su paste evegetali, pomodori, sedani, cipol-le, basilico, si mescolano con lecarni e i pesci e le sapienti e lun-ghe cotture, e gli accompagna-menti con fette di pane raffermo.Spicca su tutti il fritto napoleta-no, in cui entrano fegatini di coni-glio e cervella di agnello, e a ce-mentare i vari ingredienti, sem-pre e dovunque, la greve ma sapo-ritissima ricotta.

pp Domenico Pasquariello "Dègo"Antonio Tubellip LEOPARDI A TAVOLAp F. LUPETTI ED., pp. 190, € 18

pp Enrico Peap IL ROMANZO DI MOSCARDINOp ELLIOT EDIZIONI, pp. 437, € 19,50

Signor Conte,ancora un gelato

Italiani di ieri TuttolibriSABATO 4 OTTOBRE 2008

LA STAMPAII

Intorno a un documentoautografo, illazionisul poeta esistenzialistadella prima ora,innamorato della vita

Leopardi a tavola In quarantanovericette il segreto della felicità a Napoli

Una figura dimenticata,riscoperta da Calvino,una lettura da consigliareper la calda umanitàe la forza della scrittura

Enrico Pea(fotografatoaccanto al suopianofortee alle suevoliere)nacquea Serravezzanel 1881e morìa Fortedei Marminel 1958Calvinoaccolseil suoMoscardinonella collanaCentopaginedi Einaudi