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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRENTO FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN SCIENZE STORICHE E FORME DELLA MEMORIA Corso di Storia Contemporanea titolare prof. Gustavo Corni L’Ordnunsgpolizei nella “soluzione finale” di Giovannini Alessandro matr. 143706 ANNO ACCADEMICO 2010/2011

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRENTO

FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN SCIENZE STORICHE E

FORME DELLA MEMORIA

Corso di Storia Contemporanea

titolare prof. Gustavo Corni

L’Ordnunsgpolizei

nella “soluzione finale”

di

Giovannini Alessandro

matr. 143706

ANNO ACCADEMICO 2010/2011

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1. STRUTTURA E COMPETENZE

L’Armee der Landespolizei (esercito di polizia) fu creato dal regime nazista negli

anni successivi al 1933 e dotato subito di 56.000 uomini. Questi uomini, pur essendo a tutti

gli effetti dei poliziotti, vivevano in caserma e ricevevano un vero e proprio addestramento

militare. Nel 1936 Heinrich Himmler, già comandante delle SS, fu posto a dirigere questo

esercito di polizia. L’Armee der Landespolizei era suddiviso in due grandi rami. Il primo

ramo era costituito dalla Sicherheitspolizei o Sipo (polizia di sicurezza) che a sua volta si

suddivideva nella Geheime Staatspolizei o Gestapo (polizia segreta di stato) e nella

Kriminalpolizei o Kripo (polizia criminale). Il secondo ramo era invece composto dalla

Ordnungspolizei o Orpo (polizia d’ordine) che a sua volta si articolava nella Schutzpolizei

(polizia municipale e cittadina), dalla quale dipendevano i vari battaglioni, e nella

Gendarmerie (polizia rurale). La Sicherheitspolizei era diretta da Reinhard Heydrich

mentre l’Ordnungspolizei era controllata da Kurt Daluege1.

Le competenze dell’Orpo in tempo di pace riguardavano principalmente l’ordine

pubblico, la sicurezza delle persone nelle città e in campagna, la gestione del traffico e

della viabilità2.

Verso la fine degli anni ’30 l’Ordnungspolizei aumentò considerevolmente i propri

effettivi non solo a causa della guerra ormai alle porte ma anche per il fatto che gli uomini

arruolati in queste formazioni erano esentati dalla coscrizione nell’esercito regolare. Alla

vigilia del secondo conflitto mondiale l’Orpo era costituita da ben 131.000 uomini. Tale

rafforzamento non passò inosservato presso i vertici militari i quali tentarono fin da subito

di assorbire l’Ordnungspolizei nei ranghi dell’esercito. Molti reparti, i migliori, alla fine

confluirono in una divisione di polizia che fu messa a disposizione delle truppe tedesche.

Contemporaneamente molti altri poliziotti entrarono a far parte della polizia militare

dell’esercito3. Per porre rimedio a questa emorragia di uomini e mezzi l’Orpo fu costretta a

reclutare non solo altri 26.000 giovani tedeschi ma soprattutto 91.500 riservisti nati fra il

1901 e il 1909, che a causa della loro età avanzata non erano più soggetti alla leva militare.

Con il passare del tempo si richiamarono riservisti ancora più vecchi a tal punto che nel

1 Christopher Browning, Uomini comuni. Polizia tedesca e “soluzione finale” in Polonia, Torino, Einaudi, 1995, pp. 5-6. 2 Daniel Jonah Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, Milano, Mondadori, 1997, p. 194. 3 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 7.

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1940 l’Orpo poteva contare ormai 244.500 uomini. Di conseguenza anche i battaglioni di

polizia (composti ciascuno da circa 500 uomini) aumentarono di numero: se allo scoppio

del conflitto erano 21, nel corso del 1940 diventarono 1014.

Come si può intuire da queste prime descrizioni, i vari reparti dell’Orpo, nel corso

della guerra, furono composti principalmente da persone di scarse doti, soprattutto

riservisti che certamente non vennero selezionati per valore militare o ideologia. Molti

addirittura erano inabili allo stesso servizio militare. Giunti ai propri reparti questi soldati

ricevevano un addestramento superficiale che veniva portato a termine in soli 3 mesi.

Anche la formazione ideologica lasciava a desiderare: non c’era il tempo necessario per

trattare a fondo temi quali la razza, l’antisemitismo, la superiorità della nazione tedesca5.

A titolo di esempio prendiamo in esame la struttura del Battaglione 101, costruito nel

settembre 1939 con uomini provenienti per la maggior parte dalla regione di Amburgo.

L’età media del reparto si aggirava intorno ai 39 anni. Su un totale di 505 poliziotti solo

179 erano iscritti al partito ossia il 32,5%; 22 uomini appartenevano alle SS cioè un magro

3,8%. Il 63% dei poliziotti era poi di estrazione operaia (scaricatori di porto, marinai,

magazzinieri, ecc.), il 35% proveniva dai ceti medi (impiegati, commercianti, ecc.), mentre

solamente il 2% era caratterizzato da professionisti (insegnanti accademici, imprenditori,

ecc.)6. I riservisti del Battaglione 101 erano quindi gente comune che proveniva dagli strati

più umili della società tedesca. Pochi erano coloro che potevano vantare di aver già vissuto

un’esperienza militare mentre la maggior parte avevano una famiglia e una professione

consolidata. Sembravano dunque il gruppo meno promettente per essere impiegato

attivamente in un genocidio. Eppure, come molti altri battaglioni di polizia, si

trasformarono ben presto in assassini, macchiandosi di innumerevoli atrocità nei confronti

della popolazione ebraica.

Inizialmente all’Ordnungspolizei fu preclusa ogni possibilità di essere impiegata in

guerra ma le continue e rapide vittorie dell’esercito tedesco in Polonia misero in evidenza

la necessità di utilizzare forze aggiuntive per presidiare le retrovie. Ecco quindi che 13

battaglioni dell’Orpo furono inviati nei territori polacchi. I compiti loro assegnati erano

diversi da quelli antecedenti il conflitto anche se il denominatore comune rimaneva

l’ordine pubblico: catturare soldati polacchi rimasti al di là delle proprie linee, recuperare 4 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 8. 5 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., p. 193. 6 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., pp. 219-221.

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armi, sorvegliare impianti, regolare il traffico, in caso di necessità aiutare l’esercito a

combattere i partigiani7. Conclusa la guerra con la Polonia, 13 battaglioni di polizia furono

assegnati al Governatorato Generale, formato da quei territori polacchi occupati dai

tedeschi ma non annessi direttamente al Reich. Facevano parte del Governatorato Generale

i distretti di Varsavia, Lublino, Cracovia, Radom. Un quinto e ultimo distretto, quello di

Galizia, fu aggiunto nel 1941. Altri 7 battaglioni vennero insediati nei cosiddetti “territori

annessi” ossia quei territori polacchi occidentali che invece furono incorporati nel Reich8.

L’organizzazione dell’Ordnungspolizei nel Governatorato Generale fu la seguente: in

ciascuno dei 4 distretti operava un comando di reggimento. Questi 4 comandi di

reggimento obbedivano ad un comando generale con sede nella capitale Cracovia. A sua

volta questo comando generale era agli ordini dell’ufficio centrale di Kurt Daluege a

Berlino. Nel caso fossero state previste azioni nelle quali si dovevano coordinare

congiuntamente reparti dell’Orpo, delle SS e della Sicherheitspolizei, la trasmissione delle

direttive avrebbe seguito un percorso differente. Responsabile della collaborazione fra

reparti diversi era Friedrich Krüger, delegato di Himmler per il comando delle SS e della

polizia nel Governatorato Generale. Gli ordini quindi partivano da Krüger e giungevano ai

4 capi delle SS e della polizia a livello distrettuale. Poiché lo sterminio degli ebrei nel

Governatorato Generale consistette in operazioni che coinvolsero sia reparti delle SS che

battaglioni di polizia, saranno proprio gli ordini emanati da uomini come Himmler, Krüger

e i capi distrettuali delle SS a coinvolgere pienamente l’Ordnungspolizei nelle stragi9.

A partire dal 1940 i battaglioni di polizia vennero utilizzati anche in altre parti

d’Europa, non solo quindi nei territori polacchi: 6 battaglioni si insediarono sul suolo

norvegese, 4 in Olanda, 10 nel Protettorato di Boemia e Moravia10.

7 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., p. 195. 8 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 9. 9 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 10. 10 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 8.

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2. LE AZIONI IN UNIONE SOVIETICA

La partecipazione dell’Ordnungspolizei agli eccidi di ebrei su vasta scala non iniziò

nel 1939 in Polonia dove, come abbiamo visto, ai vari battaglioni furono affidati semplici

compiti di ordine pubblico e sorveglianza. Il pieno coinvolgimento dei reparti dell’Orpo

nei massacri prese invece avvio con l’attacco all’Unione Sovietica nel giugno 1941. Alla

vigilia dell’invasione Hitler promosse l’allestimento di 4 reparti mobili speciali delle SS

denominati Einsatzgruppen. Questi Einsatzgruppen (A, B, C, D), ulteriormente ripartiti in

Einsatzkommandos e Sonderkommandos, avrebbero operato ciascuno nella zona di un

gruppo di armate dell’esercito regolare11. I poliziotti del Battaglione 9

dell’Ordnungspolizei andarono ad affiancare 3 dei 4 Einsatzgruppen fornendo a ciascuno

una compagnia. Dei 3.000 uomini che facevano parte di questi squadroni della morte, 500

provenivano quindi dall’Orpo. In luglio si aggiunsero a queste formazioni un quinto

Einsatzgruppe (E), 2 brigate di SS e 11 battaglioni dell’Ordnungspolizei. Con questi altri

11 battaglioni i membri della polizia d’ordine presenti in Russia salirono a 5.500. Le azioni

dell’Orpo sarebbero state coordinate da 3 capi supremi delle SS e della polizia nominati da

Himmler rispettivamente per le regioni settentrionali, centrali e meridionali12.

Gli Einsatzgruppen e i battaglioni dell’Orpo avrebbero avuto il compito di seguire le

truppe combattenti nella loro avanzata in territorio sovietico. Nelle retrovie avrebbero

quindi dato il via a vere e proprie misure di liquidazione per eliminare ogni ostacolo. Gli

ordini erano precisi: fucilazione di tutti i funzionari comunisti dell’esercito e

dell’amministrazione pubblica13, degli alti quadri del partito, degli ebrei russi che

ricoprivano incarichi di stato e di partito. Un altro ordine, il “Decreto Barbarossa”,

garantiva poi che i reati dei soldati tedeschi contro i civili russi non sarebbero rientrati

nelle competenze del tribunale militare. Quel decreto costituì una vera e propria licenza di

uccidere nei confronti della popolazione inerme14.

11 Yitzhak Arad, Shmuel Krakowski, Shmuel Spector, The Einsatzgruppen Reports. Selections from the Dispatches of the Nazi Death Squads' Campaign Against the Jews July 1941-January 1943, New York, Holocaust Library, 1989, pp. IV-VI. 12 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 11. 13 Direttiva denominata “Kommissarbefehl” ossia “ordine riguardante i commissari politici”. 14 Hans Mommsen, La soluzione finale. Come si è giunti allo sterminio degli ebrei, Bologna, Il Mulino, 2003, pp. 119-122.

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In un primo momento gli Einsatzgruppen si comportarono esclusivamente secondo le

direttive impartite e solo fra luglio e agosto iniziarono a sterminare sistematicamente la

popolazione ebraica: donne, vecchi e bambini. Il drammatico ampliamento dei gruppi di

persone destinate ad essere liquidate fu il risultato di un processo per lo più spontaneo.

Fattori che influirono furono la totale mancanza di sanzioni penali contro queste violenze

gratuite, il divampare della lotta partigiana, l’attribuzione degli atti di sabotaggio ai danni

dell’esercito tedesco agli ebrei russi. Le stesse forze locali (lettoni, lituane e ucraine)

scatenarono pogrom antisemiti prima ancora dell’arrivo delle truppe tedesche15. Questa

svolta nelle procedure operative degli Einsatzgruppen non fu dovuta ad Hitler, il quale non

impartì mai un ordine tale. Alla vigilia dell’attacco Hitler parlò di una battaglia fra

ideologie, battaglia che andava condotta con assoluta durezza e che avrebbe portato alla

distruzione di uno dei contendenti. Indicò poi gli ebrei come i principali rappresentati del

bolscevismo. Le direttive però si fermarono qui e non andarono oltre quelle criminali

fissate in vista dell’invasione16.

A radicalizzare le azioni degli Einsatzgruppen contribuì anche il fatto che già durante

le prime settimane dell’invasione i reparti delle SS e dell’Orpo si abbandonarono a vere e

proprie stragi17. Uno dei primi eccidi di ebrei sovietici di cui si resero colpevoli i

battaglioni di polizia fu quello scatenato dal Battaglione 309 nella città di Białystok il 27

giugno. Significativo fu che il comandante del battaglione, il maggiore Weis, non si

accontentò delle direttive impartite ai vari reparti in vista dell’attacco all’Unione Sovietica.

Secondo Weis le direttive di Hitler volevano dire una sola cosa: eliminare tutti gli ebrei

senza distinzioni di età e sesso. Circa 2000 ebrei furono allora radunati sulla piazza del

mercato per poi essere fucilati nei boschi circostanti18.

Se il massacro di Białystok fu opera di un comandante che con grande zelo interpretò

e anticipò i desideri del Führer, le stragi successive furono il frutto di una sistematica opera

di istigazione da parte di personaggi come Heinrich Himmler e Kurt Daluege, capo

dell’Orpo. Ai primi di luglio infatti Daluege, in presenza di Himmler, passò in rassegna

vari battaglioni di polizia sottolineando più volte come l’Orpo dovesse essere fiera di

contribuire a distruggere il bolscevismo, nemico non solo della Germania ma anche del

15 H. Mommsen, La soluzione finale, cit., p. 123. 16 H. Mommsen, La soluzione finale, cit., p. 122. 17 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 13. 18 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., pp. 200-203.

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mondo intero19. Altre visite di Daluege si ebbero fra agosto e settembre. Questi incontri

furono quasi sempre il preludio a nuovi massacri. Il capo dell’Orpo si impegnò quindi ben

poco per scoraggiare la partecipazione attiva dei battaglioni di polizia allo sterminio. I suoi

discorsi e i suoi ordini, anche se non proprio espliciti20, fecero in modo che

l’Ordnungspolizei rivolgesse le armi contro civili russi ancor prima degli Einsatzgruppen.

Queste direttive di carattere generale infatti venivano precisate, esasperate e radicalizzate a

mano a mano che si scendeva lungo la scala gerarchica.

Dopo il massacro di Białystok, città che fu protagonista di una seconda strage il 12

luglio, seguirono altri eccidi da parte delle forze dell’Orpo: a Minsk, a Sepetovka, a

Vinnitsa, a Slutsk e in molti altri villaggi ucraini. Caratteristica comune a questi bagni di

sangue fu la casualità nel selezionare le persone da uccidere. Era il comandante o

l’ufficiale in capo a decidere cosa fare in quel particolare momento: costui poteva ordinare

di eliminare tutti gli abitanti ebrei, oppure colpire solo i maschi risparmiando donne e

bambini o ancora salvare la vita solamente agli uomini che venivano trasportati nei campi

di lavoro. Le direttive che giungevano dall’alto potevano infatti limitarsi all’ordine di

catturare ebrei russi senza specificare poi cosa fare dei prigionieri. In pratica tale decisione

era demandata alla personale iniziativa dei comandanti dei vari battaglioni21.

L’apice della brutalità fu toccato a Kiev dove, tra il 29 e il 30 settembre, il

Battaglione 45 prese parte all’uccisione di circa 33.000 ebrei nella gola di Babi Yar22. A

Kovno, in Lituania (oggi Kaunas), il Battaglione 65 e reparti dell’Einsatzgruppe A23

incoraggiarono e vennero aiutati dalla stessa popolazione lituana che si scagliò

ferocemente contro la comunità ebraica. Reparti lituani agli ordini dei comandi tedeschi

fucilarono circa 3.000 persone24. Con l’autunno del 1941 il coinvolgimento dell’Orpo nei

massacri in Russia si affievolì. D’altronde durante l’inverno 1941-42 la situazione militare

tedesca sul fronte russo si fece più difficile e parecchi battaglioni di polizia furono spediti

19 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 16. 20 Come l’ordine riguardante l’uccisione di tutti gli ebrei maschi di Białystok, fra i 17 e i 45 anni, accusati di razzia. Naturalmente non venne intrapresa alcuna indagine e non venne istituito nessun processo. Il 12 luglio però 3000 ebrei di Białystok, che sembrassero avere un’età tra i 17 e i 45 anni, vennero fucilati. Questo fu il secondo massacro perpetrato a Białystok, città già vittima di una strage in giugno. 21 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 13. 22 C. Browning, Uomini comuni, cit., pp. 20-21. 23 Y. Arad, S. Krakowski, S. Spector, The Einsatzgruppen Reports, cit., p. 6. 24 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., p. 204.

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in prima linea. Altri ancora furono invece impiegati per contrastare la resistenza partigiana

che si faceva di mese in mese più pericolosa25.

Dopo essersi macchiata della fucilazione di ebrei russi, l’Ordnungspolizei ebbe nuove

incombenze: sorvegliare i treni che deportavano gli ebrei nei territori orientali conquistati.

Destinazione di questi convogli erano i ghetti e i campi di sterminio in Polonia e in Russia.

La pianificazione delle deportazioni su strada ferrata toccò alle alte sfere delle SS:

Reinhard Heydrich e Adolf Eichmann. Heydrich non perse tempo e si accordò fin da subito

con Daluege affinché l’Orpo sorvegliasse i convogli organizzati dalla Sicherheitspolizei.

Prima di ogni deportazione, le unità locali dell’Orpo ricevevano la richiesta di personale da

affiancare alla Sicherheitspolizei. Per ciascuno di questi treni l’Orpo forniva di solito un

ufficiale e 15 uomini26. I compiti consistevano generalmente nel prendere in consegna gli

ebrei, caricarli sul treno, sorvegliare che durante il tragitto nessuno si desse alla fuga e

lasciarli nelle mani delle autorità competenti una volta giunti a destinazione. Alcune volte i

battaglioni di polizia vennero coinvolti nelle vere e proprie operazioni di rastrellamento

delle persone da deportare. In questi casi la prassi consisteva nel fucilare subito coloro che

erano giudicati troppo vecchi o troppo deboli per raggiungere la stazione27.

Tra l’autunno del 1941 e la primavera del 1945 si è calcolata la partenza di circa 260

treni che trasferirono gli ebrei tedeschi, austriaci e cechi nei ghetti e campi di sterminio ad

est. Quasi 450 furono i convogli che partirono dall’Europa meridionale e occidentale

(Ungheria, Italia, Francia, Olanda, Belgio, ecc.). Risulta invece difficile stabilire quanti

treni siano partiti dalla Polonia anche se il loro numero è da ritenersi elevato

(probabilmente parecchie centinaia). Tutti questi convogli comunque, ad un certo punto del

loro tragitto se non già in partenza, passavano sotto la sorveglianza dell’Ordnungspolizei28.

25 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 27. 26 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 28. 27 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 36. 28 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 29.

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3. LE AZIONI NEL GOVERNATORATO GENERALE

Nell’estate del 1942 l’Ordnungspolizei partecipò ad una nuova fase di eccidi che si

rilevarono di gran lunga più cruenti di quelli che la videro protagonista in Russia appena

un anno prima. Teatro di questo nuovo ciclo di violenze fu il Governatorato Generale. In

particolare, nel corso di questo saggio, si prenderà in esame il distretto di Lublino. Qui

infatti operò il Battaglione 101 del quale siamo a conoscenza di molte informazioni. La

storia del Battaglione 101 è ampiamente documentata dagli interrogatori cui furono

sottoposti, negli anni ’60, 210 dei suoi uomini. Gli interrogatori vennero portati avanti

dalle autorità giudiziarie di Amburgo nell’ambito di una più ampia operazione gestita

dall’Agenzia centrale per l’amministrazione della giustizia con sede a Ludwigsburg29.

Scopo di questa operazione era indagare sui crimini nazisti30.

Facciamo però un passo indietro: nell’estate del 1941, Odilo Globocnik, capo

distrettuale delle SS e della polizia di Lublino, ricevette ordini da Himmler riguardo la

“soluzione finale” della questione ebraica nel Governatorato Generale. Globocnik avrebbe

dovuto occuparsi della liquidazione degli ebrei in queste regioni polacche. L’idea di

utilizzare fucilazioni di massa come sul suolo sovietico venne subito scartata: occorrevano

strumenti più efficaci, più veloci, meno evidenti e soprattutto meno dannosi dal punto di

vista psicologico per i carnefici. La tragica risposta a queste esigenze fu la creazione di

campi di sterminio dove le persone sarebbero state uccise mediante gas. Campi di

sterminio furono quindi costruiti a partire dall’autunno del 1941 ad Auschwitz-Birkenau,

Chełmno, Bełzec e Sobibor, quest’ultimo situato nel distretto di Lublino31. Nome in codice

di questa operazione di sistematica eliminazione degli ebrei nel Governatorato Generale fu

“Aktion Reinhard”, la quale prese ufficialmente il via nel marzo 194232.

La volontà di portare a termine il più alacremente possibile questo lavoro si scontrò

ben presto con vari problemi di tipo logistico: mancavano infatti gli uomini necessari per

evacuare i ghetti e caricare le persone sui treni della morte. Solo nel distretto di Lublino

29 Il procedimento giudiziario nei confronti del Battaglione 101 durò 10 anni (dal 1962 al 1972). Inizialmente vennero incriminati 14 uomini ma alla fine solo 3 imputati furono condannati alla pena detentiva. 30 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 150. 31 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 49. 32 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., p. 207.

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vivevano circa 300.000 ebrei33. Lo stesso Himmler non fornì nessun aiuto concreto per

realizzare le deportazioni. Questo primo ostacolo venne allora aggirato da Globocnik

recuperando la manodopera necessaria dalle SS e dai vari battaglioni di polizia presenti nel

Governatorato Generale. Non solo: a queste unità vennero aggiunti gruppi volontari di

persone non polacche provenienti dalle regioni lungo il confine russo ovvero ucraini,

lettoni e lituani (detti Hiwi dal termine tedesco Hilfswillige, “volontari”). Una seconda

difficoltà però si presentò a Globocnik: la vera e propria carenza di treni per il trasporto

della popolazione ebraica ai campi di sterminio. L’ “Aktion Reinhard” infatti era solo uno

degli aspetti di una più grande operazione di trasferimento di ebrei dall’Europa centrale in

oriente. A tutto ciò si sommarono i lavori di riparazione della linea ferroviaria diretta al

campo di sterminio di Sobibor, lavori che durarono dall’estate all’autunno del 1942. Per

quasi un mese quindi, tra il giugno e il luglio 1942, le deportazioni di ebrei furono sospese.

Cosa fare allora? Globocnik non volle rimanere inattivo e cercò di utilizzare tecniche di

massacro alternative da affidare ai battaglioni di polizia. Alle deportazioni si sostituirono i

plotoni di esecuzione. Fu in questa fase che il Battaglione 101, acquartierato nel distretto di

Lublino e composto per la maggior parte da riservisti, iniziò a lasciare dietro di sé una

lunga scia di sangue34.

Prima dell’estate del 1942 il Battaglione 101 non era stato mai coinvolto in massacri.

Tra settembre e dicembre del 1939 operò in Polonia sorvegliando prigionieri ed impianti

militari per poi rientrare ad Amburgo, dove fu impegnato a svolgere i compiti ordinari

della polizia. Il battaglione tornò però in Polonia nel giugno del 1942, di stanza nella

regione di Lublino, dove rimase fino all’inizio del 1944. Fu a questo punto che, ubbidendo

agli ordini provenienti dai vertici della polizia, il Battaglione 101 iniziò a spostarsi di

villaggio in villaggio seminando morte e panico35. Due furono le grandi stragi in

quell’estate: Józefów il 13 luglio, dove furono fucilati 1.500 ebrei, e Łomazy il 17 agosto,

dove invece trovarono la morte 1.700 ebrei36. Questi eccidi, come molti altri che

seguirono, vennero effettuati in un solo giorno. Solitamente il Battaglione 101 piombava

sul villaggio alle prime luci dell’alba per poi ripartire al tramonto una volta finito il

“lavoro”. Lo schema seguito in queste stragi era sempre lo stesso. Gli ebrei, uomini, donne

33 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 51. 34 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., pp. 216-217. 35 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., p. 217. 36 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., p. 246.

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e bambini, venivano strappati dalle loro abitazioni e radunati sulla piazza principale. Da

qui erano condotti per gruppi nei boschi circostanti dove ad attenderli c’era un plotone di

esecuzione. Giunti a destinazione venivano immediatamente fucilati ai bordi di enormi

fosse comuni che poi venivano ricoperte. Questo schema generale poteva però subire

infinite varianti: in alcuni casi si decideva di risparmiare i maschi più forti e sani i quali

venivano trasportati nei campi di lavoro di Lublino; altre volte la maggior parte degli ebrei

era uccisa durante il rastrellamento mattutino ovvero per strada e nelle proprie abitazioni;

altre volte ancora si procedeva anche a raccogliere tutti gli oggetti di valore e i vestiti37. Gli

stessi metodi di fucilazione potevano cambiare. A Józefów le persone non furono uccise

tutte insieme ma ad una ad una. Ogni ebreo cioè venne abbinato ad un poliziotto tedesco il

quale, dopo averlo prelevato e condotto nella foresta, gli sparava da pochi centimetri38. A

Łomazy invece si ritenne opportuno utilizzare veri e propri plotoni di esecuzione che

uccidevano interi gruppi di ebrei39.

Con il passare delle settimane però Globocnik e i comandanti dei vari reparti del

Battaglione 101 si posero il problema della tenuta psicologica degli uomini addetti alle

fucilazioni. Se da una parte ben pochi poliziotti si erano tirati indietro al momento della

formazione dei plotoni di esecuzione, dall’altra non si poteva stabilire quale sarebbe stata

la loro reazione, nel lungo periodo, a questi continui orrori. Già nei giorni successivi

l’eccidio di Józefów trapelarono notizie circa nervosismo, demoralizzazione, abuso di alcol

tra le fila del battaglione40. Ecco quindi che a partire dalla fine di agosto si ebbero due

grandi cambiamenti. Prima di tutto il Battaglione 101 sarebbe passato ad occuparsi di

deportazioni ed evacuazione dei ghetti. In secondo luogo, per quanto riguardava i compiti

più ingrati connessi a queste deportazioni (come per esempio eliminare tutti coloro che non

erano in grado di raggiungere la stazione dal punto di raccolta), il battaglione avrebbe fatto

affidamento sulle truppe ausiliarie degli Hiwi cui si demandò quindi il “lavoro sporco”41.

Il nuovo campo di sterminio verso il quale i riservisti del Battaglione 101

deportarono migliaia di ebrei del distretto di Lublino fu quello di Treblinka che divenne

operativo nel luglio del 1942. I primi ad essere condotti a Treblinka furono gli ebrei delle

città di Parczew, Łuków, Radzyń e Miedzyrzec, tutte situate nella zona settentrionale del

37 C. Browning, Uomini comuni, cit., pp. 59-60. 38 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., p. 232. 39 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., p. 241. 40 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., p. 237. 41 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 80.

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distretto di Lublino42. Nonostante l’obiettivo dei vari rastrellamenti fosse condurre gli ebrei

alla stazione e caricarli sui vagoni del convoglio, le fucilazioni sommarie non mancarono.

Tutti coloro che tentavano di fuggire, non erano in grado di camminare o semplicemente

erano in convalescenza presso l’ospedale della città, venivano uccisi sul posto.

I compiti del Battaglione 101, contrariamente a quanto si era stabilito, ben presto non

si limitarono più ai soli trasferimenti di ebrei. Già all’inizio di autunno infatti i suoi uomini

tornarono ad essere coinvolti in esecuzioni di massa. Altri villaggi, altre stragi: Serokomla

(22 settembre, 300 ebrei fucilati), Kock (26 settembre, 180 ebrei fucilati), Kónskowola

(inizio ottobre, 1.100 ebrei fucilati). Queste nuove carneficine, assieme alle deportazioni

verso Treblinka, rientravano nella campagna volta a rendere “Judenfrei” (“libera da ebrei”)

tutta l’area del distretto di Lublino43. Nell’arco di tempo che va dall’inizio delle azioni in

luglio fino al novembre del 1942, i riservisti del Battaglione 101 fucilarono un totale di

6.500 ebrei polacchi mentre ne deportarono a Treblinka 42.00044.

Particolarmente significativa, nell’ambito dei massacri perpetrati in autunno, è la

strage che riguarda il ghetto di Kock. Il 25 settembre un sergente del Battaglione 101 era

rimasto ucciso in un’imboscata tesa dai partigiani polacchi nei pressi di Talcyn. Per

rappresaglia le autorità di Lublino avevano dato l’ordine di fucilare 200 persone di quel

villaggio, abitato da polacchi ma privo di ebrei. Il battaglione accerchiò il villaggio già

nelle prime ore del giorno successivo rastrellando tutti gli uomini (circa 300). A questo

punto avvenne la selezione ma ad essere colpite furono solo due categorie: quella degli

stranieri e quella degli abitanti più poveri. Solamente 78 polacchi vennero fucilati.

Probabilmente i poliziotti non vollero inimicarsi troppo la popolazione locale a tal punto

che qualche soldato fu mandato a tranquillizzare i parenti e le donne che piangevano e

gridavano45. Furono quindi risparmiate 122 persone che in base agli ordini sarebbero

dovute essere fucilate. Dove trovare però questi 122 uomini che mancavano ancora

all’appello? I poliziotti del Battaglione 101 non si persero d’animo e fecero un viaggio di

una decina di chilometri fino al ghetto di Kock, ben distante quindi dal luogo

dell’imboscata. Qui catturarono e fucilarono 180 ebrei senza alcuna distinzione di sesso o

età. Grazie allo zelo con cui gli ebrei vennero rastrellati e uccisi, il numero stabilito

42 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 92. 43 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 109. 44 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 126. 45 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 104.

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dall’ordine di rappresaglia non solo fu raggiunto ma addirittura superato46. Se da un lato si

era evitato di compiere una strage indiscriminata di polacchi, in quanto la loro uccisione si

era rivelata una sgradevole necessità, dall’altro invece, quando si trattò di eliminare

persone ebraiche, cadde ogni remora.

Verso la fine del 1942 la quasi totalità delle città e dei ghetti nella zona settentrionale

del distretto di Lublino erano stati evacuati o liquidati sul posto. Al Battaglione 101 fu dato

allora un nuovo incarico: dare la caccia a tutti gli ebrei che erano riusciti a fuggire ai

precedenti rastrellamenti e che ora si stavano nascondendo nei boschi, nelle campagne o

presso qualche abitazione di polacchi47. Appena catturati dovevano essere subito fucilati.

Queste azioni erano ufficialmente chiamate “perlustrazioni nella foresta” ma i poliziotti le

rinominarono ben presto “Judenjagd” ovvero “caccia all’ebreo”48. Gli ebrei infatti

venivano braccati e abbattuti come fossero animali in una riserva. Come i massacri nei

villaggi anche la caccia all’ebreo seguiva sempre uno stesso copione: i poliziotti arrivavano

al nascondiglio, quasi sempre sotterraneo, lanciavano alcune bombe nelle varie aperture e

poi uccidevano gli ebrei sopravvissuti. La caccia poteva consistere in vere e proprie

operazioni a tappeto in cui era impiegato tutto il Battaglione 101 oppure in piccole

pattuglie che setacciavano a fondo la foresta in cerca di fuggitivi49.

Per facilitare la ricerca degli ebrei, il battaglione aveva organizzato una rete di

informatori polacchi. Giunte le informazioni circa un nascondiglio si costituiva

immediatamente un distaccamento di poliziotti adeguato all’entità dell’azione prevista.

Altre volte erano le denuncie spontanee di polacchi a dare il via a queste missioni. Gli

ebrei infatti, con l’approssimarsi dell’inverno, si avvicinavano sempre più frequentemente

alle fattorie e ai campi per cercare cibo con cui sopravvivere. Queste vere e proprie battute

di caccia, iniziate nel tardo autunno del 1942 e proseguite fino a tutto il 1943, divennero

una sorta di attività costante per gli uomini del Battaglione 10150.

Risulta difficile quantificare il numero di ebrei uccisi dal battaglione in queste

particolari azioni. I mesi in cui si registrarono la maggior parte di vittime furono agosto e

ottobre del 1943, quando le perlustrazioni nei boschi ebbero come scopo la cattura di tutti

coloro che erano fuggiti dal campo di sterminio di Sobibor. L’unico dato certo è che tra

46 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., pp. 253-254. 47 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., p. 251. 48 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 128. 49 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., p. 250. 50 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., p. 248.

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maggio e ottobre del 1943 gli ebrei catturati e uccisi in tutto il distretto di Lublino, non

solo quindi dal Battaglione 101, furono quasi 1.70051.

L’orrore però era ancora lontano dall’aver termine. Nel novembre ’43 infatti il

battaglione partecipò alla “Operation Erntefest” (“festa del raccolto”), ossia alla più grande

esecuzione di massa mai operata dai tedeschi in tutto il Governatorato Generale. La stessa

immensa strage di Babi Yar del settembre 1941 (33.000 ebrei uccisi) passò in secondo

piano al confronto con l’ “Operation Erntefest” e le sue 42.000 vittime nel solo distretto di

Lublino52.

Nell’autunno del 1943 Himmler prese la decisione di accelerare drasticamente e

portare a termine la “soluzione finale” della questione ebraica. Ordinò quindi di eliminare

gli ultimi ghetti esistenti e tutti i campi di lavoro nei quali erano stati rinchiusi gli ebrei

giudicati essenziali allo sforzo bellico tedesco. I riservisti del Battaglione 101

parteciparono a tutte le fasi dell’ “Operation Erntefest” relativamente al distretto di

Lublino. Il 3 novembre gli ebrei che risiedevano nei campi di lavoro attorno alla città di

Lublino furono trasferiti nel campo di concentramento di Madjanek. I poliziotti del

Battaglione 101 per l’occasione si divisero in tre grandi gruppi: uno schieramento scortò

gli ebrei dai vari campi di lavoro a Madjanek, l’altro si dispose lungo i lati della strada che

dalla via principale conduceva fino all’entrata del campo, l’ultimo fu posto a sorvegliare

gli ebrei che, all’interno del campo di concentramento, venivano condotti ai plotoni

d’esecuzione53. 16.500 ebrei morirono in un sol giorno54.

Il giorno successivo toccò al campo di lavoro di Poniatowa. Anche in questo caso il

Battaglione 101 non partecipò attivamente alle fucilazioni. Le squadre per l’esecuzione

vennero formate da unità delle SS e della Sicherheitspolizei mentre il 101 venne dislocato

con funzioni di sorveglianza lungo il tragitto che portava dalle baracche ai plotoni o sul

luogo dell’esecuzione. A Poniatowa vennero uccisi 14.000 ebrei55.

Con l’ “Operation Erntefest” la tragica collaborazione del Battaglione 101 alla

“soluzione finale” ebbe termine. Dalle prime operazioni che ebbero luogo nell’estate del

1942 fino all’ “Operation Erntefest”, passando per la “caccia all’ebreo”, il battaglione

lasciò sul terreno almeno 38.000 ebrei. Se poi si tiene conto del contributo fornito con le

51 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 137. 52 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., p. 247. 53 C. Browning, Uomini comuni, cit., pp. 144-145. 54 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., p. 246. 55 C. Browning, Uomini comuni, cit., pp. 146-147.

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deportazioni (45.000 ebrei furono deportati a Treblinka56), il battaglione si rese colpevole

dell’uccisione di 83.000 ebrei57.

Naturalmente il regime non si affidò solo ai riservisti del Battaglione 101 per

compiere genocidi nei territori orientali. Almeno altri 38 battaglioni dell’Ordnungspolizei

furono coinvolti, in Unione Sovietica come in Polonia, dall’estate del ’41 a tutto il ’43, in

deportazioni ed esecuzioni di massa. Di questi 38, ben 30 si macchiarono di stragi o

deportazioni su vasta scala. Nulla sta ad indicare che esistesse una particolare scelta, da

parte del regime, dei battaglioni da impiegare nei massacri. Non si teneva cioè conto delle

loro caratteristiche e dei loro uomini prima di impegnarli in qualche azione omicida.

Nell’Orpo infatti non vi erano battaglioni particolarmente assetati di sangue o viceversa

reparti poco inclini alle uccisioni. Semplicemente ad alcuni battaglioni di polizia toccarono

in sorte gli eccidi e ad altri no58.

Mentre del Battaglione 101 abbiamo ampie documentazioni e testimonianze delle

operazioni in cui fu coinvolto, grazie soprattutto all’inchiesta giudiziaria cui furono

sottoposti molti dei suoi uomini negli anni ’60, per tutti gli altri reparti il materiale a

disposizione è relativamente scarso e poco ci dice sulle caratteristiche delle loro azioni59. È

impossibile stabilire con precisione di quante morti si rese complice tutto il corpo

dell’Ordnungspolizei. Molto probabilmente però le vittime furono più di 1.000.00060.

Un reparto di cui è possibile avere qualche notizia in più è il Battaglione 65.

Arruolato a Recklinghausen, una cittadina della regione della Ruhr, era formato per la

maggior parte da riservisti. A differenza del 101, questo battaglione partecipò anche ai

massacri del 1941 in Unione Sovietica. Per tutta l’estate e l’autunno di quell’anno i suoi

uomini operarono nelle regioni dei paesi Baltici: Lituania, Estonia, Lettonia. In questi

luoghi il Battaglione 65 applicò le stesse procedure già descritte per il 101: a volte

uccideva direttamente gli ebrei, a volte lasciava ad altri reparti l’esecuzione mentre

provvedeva a rastrellare e trasportare le vittime. Se Kovno, alla fine di giugno, fu teatro

56 Nel maggio ’43 gli uomini del Battaglione 101 deportarono 3000 ebrei da Miedzyrzec che si aggiunsero ai 42000 già trasferiti a Treblinka. 57 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 148. 58 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., pp. 284-285. 59 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., p. 286. 60 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., p. 215.

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della sua prima azione, ben presto altre località conobbero la ferocia dei suoi poliziotti:

Raseiniai, Pskov, Siauliai, Luga61.

Nel gennaio del 1942 il Battaglione 65 fu impiegato al fronte nei pressi di Cholm,

dove rimase più di tre mesi. Ora non si trattava più di portare al massacro gente indifesa

ma di fronteggiare un avversario temibile come l’esercito sovietico. Fu allora che l’unità

subì pesanti perdite e poco tempo dopo fu ritirata dalla prima linea. Il coinvolgimento dei

battaglioni dell’Ordnungspolizei nelle ostilità non era una consuetudine e già nel giugno

del 1942 il battaglione tornò alle sue vecchie abitudini, partecipando alla decimazione

degli ebrei nel distretto di Cracovia nel Governatorato Generale. Qui il reparto si macchiò

di molte stragi delle quali però si sa poco o nulla. Come avvenne per il Battaglione 101,

anche il 65 alternò questi massacri alla deportazione di ebrei nei campi di concentramento

di Auschwitz e Bełzec. Nell’ambito dell’ “Aktion Reinhard” i poliziotti rastrellavano gli

ebrei dei ghetti, li caricavano sui vagoni e sorvegliavano il convoglio fino a destinazione.

Oltre a questi compiti, con l’inizio del 1943, gli uomini del battaglione intrapresero

molteplici missioni nelle foreste e nelle campagne attorno a Cracovia per stanare ebrei in

fuga e ucciderli sul posto. Parteciparono così anche loro, con numerosi altri battaglioni di

polizia e reparti delle SS, alla cosiddetta “caccia all’ebreo” 62.

Nel maggio del 1943 furono trasferiti in Danimarca, a Copenhagen, ma non per

questo vennero meno mansioni come quelle di sorvegliare, rastrellare e deportare gli ebrei.

All’inizio del 1944 il battaglione passò definitivamente in Yugoslavia con il compito di

contrastare i partigiani.

Differentemente dal Battaglione 101 risulta difficoltoso stabilire quante persone

furono uccise o deportate dai poliziotti del 65. Quel che è certo è che l’unità partecipò al

genocidio in modo attivo e puntale come quando una mattina di autunno del ’42 prelevò

800 persone da un ghetto nei pressi di Cracovia e le fucilò nei boschi circostanti. Sempre

nello stesso periodo, il 65 fu coinvolto in una serie di fucilazioni che avevano come scopo

l’eliminazione dei ricoverati di un ospedale ebraico situato nella periferia di Cracovia63.

61 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., pp. 204-205. 62 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., pp. 211-213. 63 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., pp. 214-215.

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4. UOMINI COMUNI

Come fu possibile che questi uomini, poliziotti comuni addetti principalmente

all’ordine pubblico, si trasformassero in assassini, in esecutori materiali di eccidi?

La questione si fa ancora più delicata se si ritorna a considerare il Battaglione 101

che, come abbiamo visto, era formato quasi esclusivamente da vecchi riservisti, padri di

famiglia, ossia da elementi per nulla consoni ad un gruppo militare scelto.

Un dato che va sottolineato riguarda i massacri operati dai battaglioni

dell’Ordnungspolizei, che ebbero ben poco da invidiare a quelli perpetrati dagli

Einsatzgruppen. Se le modalità di trattare e uccidere gli ebrei non si differenziarono molto,

altri aspetti però distinsero nettamente i reparti di polizia dagli Einsatzgruppen. Mentre

questi ultimi traevano i propri uomini dalle fila delle SS, uomini che dichiaratamente si

battevano in nome dell’ideologia e che riconoscevano nello sterminio degli ebrei

l’obiettivo principale, i battaglioni dell’Orpo erano stati semplicemente addestrati nello

spirito della polizia. Non solo: gli Einsatzgruppen iniziarono gradualmente ad uccidere gli

ebrei, colpendo innanzitutto gli uomini e solo successivamente donne e bambini. Per molti

battaglioni di polizia invece non ci fu nessun graduale accostamento al genocidio. Sia nelle

prime fasi dell’invasione della Russia che un anno dopo nel Governatorato Generale, le

prime vittime furono subito donne, vecchi e bambini (si vedano a questo proposito le prime

azioni dei Battaglioni 65 e 101)64.

Vi sono molti fattori che sommati insieme possono fare luce sul comportamento dei

battaglioni dell’Ordnungspolizei. Un elemento decisivo sembrerebbe l’abbruttimento

dovuto alla guerra: i soldati, esasperati per le continue perdite e frustrati da un nemico di

cui non riescono ad avere la meglio, talvolta si lasciavano andare ad atrocità. Questo però

non fu il caso dei battaglioni dell’Orpo: le fucilazioni degli ebrei infatti non furono la

vendetta di uomini fuori di sé ma piuttosto rappresentarono fredde esecuzioni. Molti

riservisti del Battaglione 101, per esempio, non avevano mai nemmeno partecipato ad

alcuna azione di guerra al fronte65. L’abbruttimento dovuto al conflitto non influì quindi

sul comportamento dei poliziotti. Dopo le prime stragi però gli uomini divennero sempre

più abituati alla crudeltà. L’orrore si trasformò in consuetudine e uccidere ebrei divenne

64 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., pp. 288-289. 65 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., p. 219.

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sempre meno impegnativo. L’abbruttimento quindi non fu la causa ma la conseguenza

delle azioni dei poliziotti66.

La formazione dei ranghi dei vari battaglioni può essere stato allora il risultato di un

processo di selezione volto ad individuare gli uomini più adatti ai massacri? Anche in

questo caso la risposta è negativa. Se guardiamo al Battaglione 101, che qui prendiamo

ancora come riferimento anche se il discorso è valido in generale per la maggior parte degli

altri battaglioni, questi era composto soprattutto da uomini di mezza età, in gran parte già

impegnati in una professione lavorativa. Nelle sue fila pochi erano in percentuale gli iscritti

al partito (32,5%) e allo stesso tempo esiguo era il numero degli appartenenti alle SS

(3,8%). Come qualsiasi altro reparto dell’Ordnungspolizei, il 101 fu utilizzato per liquidare

gli ebrei poiché nelle retrovie non c’erano altre forze a disposizione67. Se verifichiamo la

composizione di altre compagnie, possiamo notare come il Battaglione 101 non fosse un

reparto atipico. Considerando complessivamente gli uomini dei Battaglioni 65 e 67, questi

risultavano essere composti da un 22,3% di iscritti al partito e un 6% di appartenenti alle

SS68. Nei due battaglioni la percentuale di iscritti al partito era quindi inferiore nei

confronti del 101, mentre quella delle SS era di poco superiore.

Molti poliziotti furono allora spinti ad uccidere per ambizione personale? Per paura

che un rifiuto avrebbe potuto pregiudicare la loro futura carriera nella polizia? A differenza

di quanto visto precedentemente, questo fattore può aver giocato un ruolo non trascurabile.

Non pochi membri del Battaglione 101 rimasero infatti nella polizia una volta terminata la

guerra. Probabilmente per coloro che avevano già un’attività consolidata in patria la

carriera nella polizia contò poco o nulla; per altri invece il timore di rovinare un possibile

avanzamento nell’Orpo influì notevolmente sulla decisione di uccidere69.

La spiegazione più comune a queste atrocità è però quella che vede i soldati come

semplici esecutori di ordini, ordini a cui non si poteva disubbidire. Il soldato cioè non

aveva nessuna scelta, era costretto ad eseguire le direttive qualsiasi fossero. Il rifiuto

avrebbe potuto comportare la morte, l’arresto, ripercussioni sulla famiglia. In realtà per

molti battaglioni di polizia non fu così. Per almeno 8 diversi reparti dell’Orpo fu

comunicato che i poliziotti non sarebbero stati puniti se avessero contestato l’ordine di

66 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 166. 67 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 171. 68 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., p. 290. 69 C. Browning, Uomini comuni, cit., pp. 176-177.

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uccidere70. Gli uomini del Battaglione 101, come riferiscono le numerose testimonianze

rilasciate negli anni ’60, ebbero più volte la possibilità di scegliere. Fin dai tempi di

Józefów, il primo massacro del 101, il comandante Wilhelm Trapp comunicò ai suoi

uomini già schierati una proposta: chi fra i più anziani non si sentiva all’altezza del

compito poteva fare un passo avanti. Solo 12 uomini acconsentirono a questa proposta

facendo il fatidico passo avanti71. Questi soldati vennero effettivamente esentati dai plotoni

d’esecuzione e nessun provvedimento fu preso nei loro confronti.

Per quale motivo furono così pochi coloro che dichiararono esplicitamente di non

volere uccidere? Un elemento fondamentale fu probabilmente la conformità nei confronti

del gruppo ovvero l’identificazione degli uomini in uniforme con i commilitoni. Fare quel

passo in avanti, uscire fisicamente dai ranghi, significava adottare un atteggiamento non

conformista. Voleva dire lasciare il lavoro sporco ai compagni, rifiutare di condividere con

loro un ordine anche se orribile. Equivaleva ad ammettere di essere troppo deboli o

vigliacchi. Per quasi tutti fu più facile uccidere persone inermi che rischiare di

compromettere i legami di cameratismo. Chi rifiutava di schierarsi con i compagni correva

infatti il pericolo di rimanere escluso, isolato, di divenire sgradito agli occhi del gruppo. In

un luogo ostile, a migliaia di chilometri da casa, questa non era una prospettiva allettante.

Finita la guerra molti poliziotti ammisero di aver agito sotto la pressione di questa

conformità, di essersi preoccupati più del parere dei compagni che di quello che stavano

per compiere72.

La necessità però di far coesistere le norme del cameratismo con la propria coscienza

produsse molte scelte intermedie. Ci fu chi non rifiutò l’ordine di uccidere donne e

bambini ma poi al momento dell’azione si defilò senza dare nell’occhio, chi poco tempo

dopo l’inizio delle fucilazioni chiese e ottenne il permesso di lasciare il proprio posto, chi

non si faceva mai trovare vicino agli ufficiali quando questi formavano i plotoni

d’esecuzione, chi sbagliava appositamente la mira, chi sparava solamente quando nella

pattuglia era presente uno spione pronto a riferire tutto ciò che non andava ai superiori73.

Non si può sapere con certezza quanti poliziotti del Battaglione 101 scelsero questi

compromessi e quanti invece continuarono a sparare finché tutti gli ebrei dei vari villaggi

70 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., p. 291. 71 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., p. 228. 72 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 194. 73 C. Browning, Uomini comuni, cit., pp. 76-77.

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non furono eliminati. Si può comunque stimare che in ogni massacro cui il battaglione

prese parte, l’80-90% degli effettivi decise di uccidere74.

I raggruppamenti che emergono all’interno del Battaglione 101, grazie alle varie

testimonianze e ai rapporti, sono almeno tre: un gruppo ristretto di fanatici che si offriva

sempre volontario per le fucilazioni e la caccia all’ebreo, un gruppo più numeroso che si

limitava ad eseguire gli ordini e un terzo gruppo (10-20%) che rifiutò esplicitamente di

eseguire le direttive75.

Fino a che punto l’addestramento militare e l’indottrinamento fu alla base del

comportamento dell’Ordnungspolizei? Prima del conflitto era difficile che i battaglioni

della polizia esercitassero un forte richiamo sugli uomini più inclini alla violenza e alla

crudeltà. Chi si arruolava nell’Orpo infatti ambiva a fare una tranquilla carriera oppure

cercava di evitare la coscrizione nell’esercito regolare. Il regime poi, nel corso del conflitto

ma anche negli anni immediatamente precedenti, fece poco o nulla per fornire all’Orpo

uomini particolarmente abili. Le nuove reclute non erano promettenti: alcuni erano padri di

famiglia, altri avevano già un lavoro, altri ancora non avevano nessuna esperienza di

guerra o erano privi dei requisiti fisici necessari. Anche l’addestramento superficiale cui

erano sottoposte dimostra come da loro non ci si aspettassero grandi cose. L’addestramento

infatti durava solo 3 mesi, lasso di tempo insufficiente per unità di questo tipo per le quali,

prima del conflitto, era previsto un anno76.

Accanto al periodo di addestramento era previsto l’indottrinamento ideologico.

Questo tipo di educazione prevedeva due fasi: la prima, della durata di un mese, si

articolava in un apposito corso, la seconda, detta “formazione permanente”, consisteva in

continue sessioni quotidiane, settimanali e mensili di indottrinamento. Quelle quotidiane

servivano per informare gli uomini sugli eventi politici e militari e sul loro corretto

significato ideologico; quelle settimanali erano tenute dagli ufficiali, i quali leggevano al

battaglione qualche brano edificante tratto da apposti libri o opuscoli; ogni mese infine si

tenevano sessioni più ampie su un tema specifico alle quali dovevano partecipare esperti

delle SS o del partito77. Questa “formazione permanente” sarebbe dovuta durare per tutto il

corso della guerra. Numerosi erano i temi ideologici trattati: la superiorità della razza

tedesca, l’egemonia del Reich, la questione ebraica, i doveri del soldato tedesco. Le

74 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 193. 75 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 175. 76 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., pp. 195-196. 77 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., pp. 196-197.

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continue sessioni di indottrinamento ideologico hanno realmente condizionato gli uomini

dell’Ordnungspolizei? La risposta è negativa. I vari testi utilizzati infatti non erano

esplicitamente rivolti a trasformare i poliziotti in carnefici78. I libri sulla razza, gli articoli

scritti da uomini come Joseph Goebbels, gli opuscoli speciali creati appositamente per la

formazione ideologica dell’Orpo, cercavano di creare consenso attorno alla necessità di

un’Europa libera dagli ebrei, di identificare la persona ebrea come “perfetto criminale”, ma

non sollecitavano espressamente la partecipazione attiva allo sterminio79. Nessuno di

questi documenti giunti fino a noi prepara i poliziotti ad uccidere ebrei. Addirittura in uno

degli articoli, l’autore descrive i riservisti di polizia come figure importanti nell’ambito

della guerra anche se costrette a compiti monotoni, limitati80.

Un altro fattore influì in modo negativo sul peso di questo indottrinamento: l’età dei

riservisti di polizia. La maggior parte infatti aveva vissuto gli anni formativi prima della

salita al potere di Hitler. Essi quindi possedevano quegli strumenti per valutare le politiche

naziste al contrario dei giovani i quali, più malleabili per natura, erano stati educati

esclusivamente dalla dittatura nazista. Per quanto riguarda il Battaglione 101, non solo

molti uomini si erano formati negli anni precedenti il 1933 ma provenivano anche da

Amburgo, considerata una delle città in cui il regime attecchì meno. Non sappiamo con

esattezza quanti, prima dell’avvento al potere del nazionalsocialismo, abbracciarono il

socialismo, il comunismo o si iscrissero al sindacato ma il luogo di provenienza del reparto

sembra indicare che non pochi lo fecero81.

I materiali utilizzati per l’indottrinamento non poterono quindi annullare di colpo

ogni capacità di giudizio nei componenti dell’Ordnungspolizei. Se è difficile che i

poliziotti abbiano compreso e condiviso gli aspetti teorici dell’ideologia nazista, è però

altrettanto difficile che non siano stati immuni dall’ambiente che li circondava, dai continui

e accaniti messaggi riguardanti la superiorità tedesca e l’antisemitismo. Anni di odio nei

confronti degli ebrei e di mito della razza tedesca si sommarono quindi al contesto

generato dalla guerra. Questo razzismo dilagante legato alle vicende del conflitto facilitò la

maggioranza dei poliziotti a conformarsi alle regole del battaglione e a sterminare gli

ebrei82.

78 Nei Bundesarchiv di Coblenza sono conservati i testi che costituivano il materiale formativo per l’Ordnungspolizei. 79 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 187. 80 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 188. 81 C. Browning, Uomini comuni, cit., p. 191. 82 D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, cit., p. 293.

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Abbiamo analizzato numerosi elementi che possono spiegare il comportamento attivo

dei battaglioni di polizia nello sterminio: abbruttimento dovuto alla guerra, selezione degli

esecutori, ambizione personale, obbedienza agli ordini, conformismo, deferenza nei

confronti dell’autorità, addestramento e indottrinamento ideologico. Solamente alcuni fra

questi fattori sembrano prevalere mentre altri appaiono del tutto estranei al contesto dei

battaglioni di polizia. Eppure tutti questi elementi hanno un ruolo nel delineare un quadro

ben preciso: i tedeschi dei battaglioni di polizia erano dotati della piena facoltà mentale,

furono posti di fronte a delle scelte, erano esseri pensanti che non poterono non avere

un’opinione sugli eccidi che stavano compiendo. Ciò è testimoniato dal fatto che alcuni si

rifiutarono di uccidere o abbandonarono il proprio posto nei plotoni di esecuzione.

Scegliendo di non farsi esonerare i poliziotti dichiararono la propria volontà di divenire

realizzatori del genocidio.

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BIBLIOGRAFIA

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Selections from the Dispatches of the Nazi Death Squads' Campaign Against the Jews

July 1941-January 1943, New York, Holocaust Library, 1989.

• Christopher Browning, Uomini comuni. Polizia tedesca e “soluzione finale” in

Polonia, Torino, Einaudi, 1995.

• Daniel Jonah Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, Milano, Mondadori, 1997.

• Hans Mommsen, La soluzione finale. Come si è giunti allo sterminio degli ebrei,

Bologna, Il Mulino, 2003.