LOMBARDIA ACCENDE L EMOZIONE - contemilonga.com · Considero la fermentazione un processo che...

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SPIRITO diVINO 109 SPIRITO diVINO 108 LOMBARDIA ( ACCENDE L EMOZIONE ) di Alessandra Meldolesi foto di Lido Vannucchi Di luce propria In vigna si manifestano forma ed essenza di un vino che si rivela in tutta la sua naturalezza, frutto di un lavoro manuale che segue i movimenti del sole. Ed ecco che tutto Riluce Le prime due annate prodotte da Riluce sono la 2006 e la 2007: quest’ultima con tre rossi e due bianchi, ciascuno intitolato a una vocale; il 2006 è invece una speciale cuvée che porta la M di Giorgio Mercandelli, fondatore dell’azienda dell’Oltrepò. A destra, Mercandelli con una ciotola raku, dell’artista Daniela Bonacina (www.arteraku.it), ideale per la degustazione dei suoi vini.

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SPIRITO diVINO

109SPIRITO diVINO

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LOMBARDIA (ACCENDE L’EMOZIONE)

di Alessandra Meldolesi foto di Lido Vannucchi

Di luce propriaIn vigna si manifestano forma ed essenza di un vino che si rivela

in tutta la sua naturalezza, frutto di un lavoro manuale che segue i movimenti del sole. Ed ecco che tutto RiluceLe prime due annate prodotte da Riluce sono la 2006 e la 2007: quest’ultima con tre rossi e due bianchi, ciascuno intitolato a una vocale; il 2006 è invece una speciale cuvée che porta la M

di Giorgio Mercandelli, fondatore dell’azienda dell’Oltrepò. A destra, Mercandelli con una ciotola raku, dell’artista Daniela Bonacina (www.arteraku.it), ideale per la degustazione dei suoi vini.

(LE PROVE DI SPIRITO)

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«Ho una predilezione per i prodotti dove la luce ha un effetto scioccante», dice Giorgio Mercandelli (sopra). Le sue vigne occupano una decina di ettari di terreno, coltivati senza sostanze chimiche o biologiche; talvolta le condizioni avverse costringono a saltare la vendemmia, come nel 2005. A destra, O del 2007: tutte le etichette hanno una grafica minimalista con richiami cosmologici.

LOMBARDIA (ACCENDE L’EMOZIONE)

È...«È una passeggiata notturna nel bosco coi sensi all’erta, fra profumi e sagome di alti fusti, nell’oscurità dei muschi e dei fiori azzurri» (I, etichet-ta verde, vino vegetale e armonioso)... Oppure: «Il risveglio in una stanza d’estate tra gli umori scaldati dai raggi del sole sulle lenzuola» (O, eti-chetta blu, tropicale e caldo)... E ancora: «Respirare l’aria di una casa di campagna e scorgere tra i cassetti di famiglia il profumo della nostalgia» (A, etichetta rossa, minerale e profondo)... «Il caldo invernale di una stufa che cuoce lentamente i frutti dell’estate» (U, etichetta viola, morbido e suadentemente setoso). C’è anche un imperatore che lo paragona a un fulmine dal sapore dell’oro (E, etichetta gialla, elettrico e piccante, che galvanizza il palato con l’idrogeno puro). Vini che si fanno catturare solo per via di metafore; sinestesie fra colo-ri, suoni e percezioni, sulle orme di Arthur Rimbaud; esattamente co-me imagines agentes, nell’accezione ciceroniana di quei quadri che la mente è costretta a cristallizzare per esercitare la memoria e perpetuare un ricordo che sarebbe destinato a svanire. I descrittori codificati dai de-gustatori scivolano via più in fretta delle lacrime di glicerina che scen-dono giù dal bicchiere, tanto è incomparabile questo unicum enologico, frutto di pratiche senza compromessi, sia in vigna sia in cantina. Giorgio Mercandelli, fondatore di Riluce, azienda di Canneto Pavese, in pieno Oltrepò, denominazione fra le più secolarizzate d’Italia, lo descrive con un linguaggio tutto suo. «Ho una predilezione per i prodotti dove la lu-ce ha un effetto scioccante», dice. «Ho sempre l’idea che il vino debba cambiare la vita di una persona, non solo per un’eccellenza gustativa, ma per un’emozione interiore, che colleghi la natura all’uomo. Considero la fermentazione un processo che permette a tutto ciò che muore sulla terra di tornare in vita in una nuova essenza, più pura e luminosa di prima. Ho trovato nell’alchimia lo strumento naturale più adatto per descrivere le forze luminose che fissano nel frutto il senso del terroir».La scintilla è scoccata dalla forza del vino di un vecchio contadino, frutto di poche e sparute piante secolari di un vigneto epico, quasi selvaggio. Come le vigne di Riluce, protette da boschi, dirupi e prati abbandonati, terre poco appetibili al profitto perché coltivabili solo da uomini che si misurano a mani nude con la natura. La filosofia biotica (arte della vita) prevede un metodo di stile antroposofico, che supera quello biodinami-co, espresso su una decina di ettari pullulanti di vita; perché: «Quando il frutto è puro, grazie alle condizioni naturali in cui cresce, il vino si pro-duce da solo». Nel terreno e sulle piante non cade un goccio di sostanze chimiche o biologiche, neppure zolfo e rame, un metallo pesante che si

accumula nel suolo; anche se talvolta le condizioni avverse costringono a saltare la vendemmia, come è accaduto nel 2005. La lavorazione è interamente manuale, secondo i movimenti del sole, dei pianeti e della luna lungo l’eclittica; un’arte agricola vissuta nel rispetto assoluto della natura, anche lavorando a piedi nudi. In cantina la macerazione con i raspi è lunghissima, tanto sui bianchi che sui rossi, in botti ad alto con-tenuto di silicio, perché l’acciaio crea elettricità nel vino e anche il legno non è esente da problemi. Non si tratta solo di trasformare gli zuccheri in alcol, come prevede il pensiero enologico, ma di distruggere ogni com-ponente materiale dell’uva, in modo da scomporla in luce, la stessa che ha prodotto il frutto, che rinasce come essenza in bottiglia attraverso l’a-zione dei lieviti indigeni, gli unici che condividono le chiavi del terroir.

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I vigneti quasi selvaggi sono coltivati con un metodo

che va oltre il biodinamico

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(LE PROVE DI SPIRITO)

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Sopra, U, rosso 2007, etichetta viola. I vini di Riluce coinvolgono tutti i sensi: le etichette sono completate da scritte in braille. A destra Mercandelli, con quattro delle sue cinque vocali: O, bianco 2007, etichetta blu; A, rosso 2007, etichetta rossa; E, bianco 2007, etichetta gialla; I, rosso 2007, etichetta verde. Le bottiglie di Riluce, una volta aperte si conservano per mesi.

Il monitoraggio è costante, con un intervento ristretto a delicati processi di ossidazione e riduzione, senza l’aggiunta di nessun prodotto chimico e biologico, filtrazioni e chiarifiche comprese. «Arrivo fino al punto in cui il vino non sa più di nulla: è come rugiada, che dopo qualche anno di bottiglia si ricompone per ritrovare la sua dinamicità e restituire il valore del terroir. La pianta fotografa il gusto del proprio tempo, perché riproduce le frequenze del suo cru in quel determinato millesimo. Il vitigno non ha più importanza, è solo un tubo estrattivo addestrato alla natura del luogo. Ciò che beviamo è il gusto della luce imprigionata nel frutto, con la stessa frequenza che agiva sulle piante». L’evoluzione dei vini è molto lenta e gli assaggi ripetuti sono l’unico rito che li accompa-gna fino alla loro commercializzazione. L’analisi avviene solo dopo l’im-bottigliamento: svela nettari dalla densità incomparabile, morbidissimi grazie alla ricchezza dei frutti e dalle note di goudron giustamente vo-latili, come ascensori naturali, molto persistenti. Tecnicamente perfetti perché il vino è stato accompagnato, passo dopo passo, verso la sua essenza. Questi vini biotici, che fino a poco tempo fa erano un’esclusiva di Sacrafamilia, l’azienda che Giorgio Mercandelli ha lasciato a sua sorella Anna, ora appartengono a Riluce.Il 2006 e il 2007 saranno le prime due vendemmie ad arrivare sul mer-cato. Il 2007 con tre rossi e due bianchi intitolati alle vocali, le cinque forze originarie del linguaggio e del mondo che riflettono i rispettivi cru anche nelle cinque luminose frequenze fondamentali. Il 2006 è invece una speciale cuvée che porta la M di Mercandelli, su un’etichetta nera che esprime il carattere di un rosso incredibile, misterioso e balsami-co. La grafica minimalista, dai richiami cosmologici, è completata da scritte in braille che allertano i sensi verso una conoscenza ulteriore. La fruizione ideale di tutti i vini è a temperatura ambiente, meglio nel raku, la ceramica giapponese che riconduce a un’atavica ciotola di ter-ra cristallizzata, scura come i bicchieri da degustazione alla cieca; una volta aperte le bottiglie si conservano magicamente per mesi. «Cerco la luce della natura, non la natura del frutto, per emancipare il senso della luce nell’eccellenza del gusto», ribadisce Mercandelli. «Consi-dero la materia un fenomeno luminoso, non solo quantitativo. Nei miei vini colgo una forma che assume una connotazione materiale nel gusto, mantenendo la sua frequenza anche sentimentale. Un esercizio in cui trovo l’occasione per un perfezionamento interiore per una mia emanci-pazione personale». Proportio, integritas, claritas (proporzione, integrità e splendore) come nell’estetica tomista, perché la materia del vino si

dona all’ordine formante e trova il suo compasso nel pensiero morale. L’integrità in vigna corrisponde alla perfezione di quanto realizza la sua essenza, nella proporzione di sé a se stessa, che esclude mutilazioni o eccessi; e in cui la luce, come in una vetrata gotica, manifesta forma ed essenza sub specie pulchri (secondo il senso della bellezza), considerato che «Pulchritudo non consistit in componentibus, sicut in materialibus, sed in resplendentia formae» (La bellezza non risiede nelle parti e nei materiali ma nello splendore della forma).

LOMBARDIA (ACCENDE L’EMOZIONE)

Dopo qualche anno in bottiglia ritrova dinamicità

e restituisce il valore del terroir

Riluce

via Cabassa 49 - Canneto Pavese (Pv)

Tel. 366.2635700 - www.riluce.net

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