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FRANCOANGELI World Class Manufacturing I pilastri, la dinamica e l’evoluzione di un modello eccellente orientato dalla Lean Manufacturing e dai costi LOGISTICA INTEGRATA Alessandro Amadio

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FRANCOANGELI

World Class ManufacturingI pilastri, la dinamica e l’evoluzione di un modello eccellente orientato dalla Lean Manufacturing e dai costi

L O G I S T I C A I N T E G R ATA

Alessandro Amadio

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Indice

Nota d’autore

Premessa: la necessità di una svolta

Introduzione: “l’alba di un nuovo modello aziendale”

1. Verso il World Class Manufacturing1. Le ragioni del cambiamento necessario2. Dal Toyota Production System al World Class

Manufacturing3. Lean Manufacturing e World Class Manufacturing:

divergenze di relazioni convergenti4. Analisi Tempi e Metodi e World Class Manufacturing:

l’importanza dello standard eccellente5. Kaizen e World Class Manufacturing: la centralità del

miglioramento continuo strutturato6. Gli audit di processo del WCM

2. L’analisi sistemica preliminare e la ricerca dei vincoli1. La teoria dei sistemi interdipendenti2. Teoria dei giochi nei sistemi interdipendenti3. Analisi sistemica dell’azienda con l’OSAT Approach4. OSAT Approach: il modo analitico e coerente di procedere5. I contenuti e le modalità di sviluppo del modello6. L’analisi preliminare e la definizione dell’obiettivo7. Stratificazione degli obiettivi8. Azioni: la teoria delle condizioni e delle combinazioni9. Monitoraggio dei risultati

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3. Il modello WCM1. World Class Manufacturing2. La struttura World Class3. L’organizzazione in gruppi di lavoro del WCM4. Il sistema di misurazione delle prestazioni del WCM5. Il check point del WCM

4. I dieci pilastri tecnici1. Introduzione2. Pillar n. 1: Cost Deployment

2.1. Dinamica del Cost Deployment e i sette step3. Pillar n. 2: Workplace Organization (WO)

3.1. Step n. 1 – Le 5 S3.2. Step n. 2 – Il processo di standardizzazione con

l’ausilio dell’analisi Tempi e Metodi3.3. Step n. 3 – Ridistribuzione delle attività ottimizzate

con il T-M3.4. Step n. 4 – Le 4 M (Men-Methods-Machi-

nery-Material)3.5. Step n. 5 – Sviluppo dell’efficienza di attività con

particolare valore aggiunto3.6. Step n. 6 – Standardizzazione3.7. Kaizen, miglioramento continuo

4. Pillar n. 3: Focus Improvement5. Pillar n. 4: EEM – Early Equipment Management6. Pillar n. 5: AM – Autonomous Maintenance7. Pillar n. 6: PM – Professional Maintenance8. Pillar n. 7: Safety and Health o Sicurezza e Salubrità9. Pillar n. 8: Logistica e Supply Chain

9.1. La logistica Lean nel pillar LO 9.2. Il modello SCOR nel pillar Logistica e Supply

Chain del WCM10. Pillar n. 9: PD – People Development11. Pillar n. 10: Quality

5. I dieci pilastri manageriali1. Introduzione ai pillar manageriali2. OPL – One Point Lesson 3. SOP – Standard Operating Procedure4. SMP – Standard Manutentive Procedure

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5. Le 4 M e il diagramma di Ishicawa6. I “5 Perché” o 5 W7. I 5 Perché + 1 Come o 5 Why + 1 How8. SMED – Single Minute Exchange of Die9. 3 M – Valutazione oggettiva del posto di lavoro10. KPI – Key Performance Indicator11. KAI – Key Activity Indicator

6. Gli strumenti avanzati del World Class1. Introduzione2. FMEA – Failure Mode and Effect Analysis3. Pianificare il miglioramento con il Design of

Experiments (DOE)4. MBO – Management by Objectives

Il progetto World Class in conclusione

Bibliografia

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Nota d’autore

Chi non ricorda il tormentone “Yes we can” che imperversava nelle tra-smissioni radio-televisive di tutto il mondo? Questa frase che ha caratteriz-zato la campagna elettorale del presidente degli Stati Uniti Barack Obama èuna innegabile e assoluta verità. Nel mondo del business, da qualche anno,ci si interroga sul futuro delle nostre imprese flagellate da una crisi primafinanziaria poi economica e dall’avvento delle nuove economie che hannomesso alle corde in nostro sistema impresa.

Delocalizzare, ridimensionare, ricorrere ad ammortizzatori sociali, chiu-dere i battenti. Queste sono solo alcune delle dissertazioni normalmentecontenute in ragionamenti quotidiani di business.

La domanda come diceva un noto conduttore in passato sorge spontanea.È proprio vero che viviamo in un contesto dove non è più possibile fareimpresa o mantenere in piedi un’azienda nel nostro paese che non facciaparte della schiera delle note nicchie di mercati maggiormente remunerativi?

Come spesso accade, le situazioni non sono sempre rappresentabili percome appaiono ad un occhio non particolarmente attento. Certo, le recentidifficoltà di accesso al credito per le imprese non particolarmente eccellen-ti rappresentano spesso uno scoglio non facilmente superabile, almeno nonin tutte le occasioni. La competizione delle economie emergenti costituisceun ostacolo particolarmente impegnativo per le aziende prive di una margi-nalità evidente. Tutto questo, eppure, non basta a determinare la sconfittadelle nostre aziende che si trovano spesso nella perentorietà di operare taglievidenti che spesso mettono a repentaglio la qualità del prodotto e/o del ser-vizio, o nella necessità di delocalizzare il cuore operativo dell’azienda inaree geografiche dove la manodopera e il management presentano una infe-riore incidenza di costo o anche nella peggiore delle situazioni nell’obbligodi chiudere i battenti.

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Nella mia esperienza personale conseguita in contesti multinazionali e dimedia dimensione, inoltre comprovata da riscontri analitici conseguiti nel-l’ambito di comitati tecnici scientifici, posso affermare con assoluta certez-za che nel nostro contesto industriale è possibile individuare numerosissimivincoli riconducibili ad aree di inefficienza, che in alcuni casi presentano uncomune denominatore, che influiscono in misura molto significativa sulcosto industriale rendendo il prodotto finito scarsamente competitivo eappetibile sul mercato.

Ai nostri manager viene dunque richiesta una evoluta visione strategicafinalizzata a individuare e sanare le inefficienze aziendali e di filiera chedirettamente o indirettamente costituiscono vincoli evidenti. Questi vincolinell’insieme finiscono con il determinare un costo industriale patologico eun servizio inefficace.

È dunque possibile restituire una maggiore competitività ai prodotti dellenostre aziende? La risposta è certamente affermativa. Nella stragrande mag-gioranza dei nostri contesti industriali è possibile sviluppare valore dalleattività aziendali che necessitano di operare in perfetto sincronismo neimodi, nei tempi e negli obiettivi. Il presente progetto World ClassManufacturing rappresenta un modello di gestione ambizioso ma concretoed esauriente che supporta manager e imprenditori a ricercare le miglioriopportunità di crescita aziendale proprio dalle inefficienze che limitano ilflusso del valore dei loro processi: inefficienze che si trasformano in vinco-li e che rappresentano una vera e propria opportunità di risanamento e rilan-cio aziendale.

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Premessa: la necessità di una svolta

Nel corso degli ultimissimi anni la crisi industriale ed economica haindotto da un lato un uso frequente di parole poco impiegate quali deloca-lizzazione, ridimensionamento e chiusura, dall’altro ha portato a gallanumerosi termini dal sapore anglosassone, in passato utilizzati solo spora-dicamente e in contesti specifici che attualmente stanno monopolizzando illinguaggio comune del business oltre a quello più comune.

Spend Management, Business Development, Credit Crunch, RiskManagement rappresentano solo alcuni esempi di una nuova terminologiamanageriale, che si sta ampiamente diffondendo nel nostro linguaggio per-vadendo contesti industriali del top e del middle management e anche quel-lo dei lavoratori comuni, e che esprime chiaramente un fabbisogno imme-diato di discontinuità con il passato anche recente nella gestione delle nostreaziende.

Come si ricordava in precedenza, nel presente contesto internazionale,gli effetti della crisi finanziaria prima ed economica poi hanno profonda-mente cambiato e stanno tuttora mutando gli equilibri dei mercati velociz-zando i processi di trasformazione che hanno già preso corpo nel corso degliultimi anni. La prepotente crescita economica, finanziaria e lo sviluppo tec-nologico e gestionale di contesti industriali che in un passato ancora recen-te non avevano introdotto un efficace sistema industriale hanno modificatoprofondamente la geografia del business. L’evoluzione tecnica e organizza-tiva sempre più evidente è finalizzata a ricercare nicchie di mercato e dicompetitività di più difficile accesso alle economie emergenti. La continuaricerca di strategie industriali finalizzate alla contrazione dei costi, anche afronte dell’internazionalizzazione dei processi oltre che delle politiche diacquisto e di vendita, è solo uno degli elementi di discontinuità con il pas-sato.

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Proprio in questo contesto possiamo collocare l’evoluzione geograficadel business mondiale. Nel corso degli ultimi decenni, infatti, abbiamopotuto assistere ad una significativa quanto veloce dinamica evolutiva.Siamo stati testimoni di una rapidissima migrazione del business interna-zionale dall’Oceano Atlantico verso l’Oceano Pacifico, passando dal volu-me di affari degli anni ’90 stimato intorno al 70% all’attuale 50%. Questoprocesso molto probabilmente sarà rallentato nella sua velocità migratoriama certamente non interrotto nella sua evoluzione, tanto che si prevede consufficiente certezza che nel 2030 solo un terzo del business mondiale saràgestito nei paesi atlantici mentre i restanti due terzi si concentreranno neipaesi emergenti.

Il nostro sistema impresa non potrà osservare la dinamica di questa evo-luzione senza creare le condizioni di vivibilità e possibile sviluppo dellenostre imprese. Se è vero che i più grandi rischi prendono corpo in contestidi crisi generalizzata è possibile affermare con altrettanta certezza che lemigliori opportunità di sviluppo industriale possono nascere proprio neicontesti trasformativi ed evolutivi del sistema. Al nostro impianto industria-le, che dovrà sopravvivere agli effetti di questa vera e propria nuova rivolu-zione, viene dunque richiesto un chiaro ed evidente segnale di discontinuitàcon il passato attraverso l’introduzione di precise visioni strategiche volteda un lato a pianificare obiettivi e azioni conseguenti con effetti nel medioe lungo periodo e dall’altro a favorire lo sviluppo di una politica aziendalevirtuosa in grado di rendere particolarmente competitivi i processi azienda-li attraverso:

• l’individuazione di un obiettivo principale;• la determinazione di obiettivi consequenziali orientati all’interno ed all’e-

sterno della propria impresa;• l’individuazione dei processi e delle attività che limitano i risultati dell’a-

zienda e la relativa implementazione di strategie e azioni derivanti orien-tate e focalizzate al loro raggiungimento;

• l’introduzione di un monitoraggio dei risultati aziendali coerente e colle-gato con strategia e azioni, costituito da pochi indicatori in grado dicogliere le principali variabili che influenzano i risultati aziendali, e chemisurano gli effetti delle azioni poste in essere.

Questo processo virtuoso che lega inscindibilmente la strategia, lagestione strategica, la politica aziendale e il monitoraggio non può prescin-dere da una analisi preventiva finalizzata all’identificazione dei punti diforza e di debolezza dell’azienda, dei potenziali margini di crescita nonché

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dei costi e delle inefficienze comprimibili che in maniera più o meno espli-cita si generano talvolta endemicamente ma molto spesso patologicamentenei nostri sistemi industriali.

In ambito di filiera la pur meritevole attività d’integrazione logisticacondotta nel corso degli ultimi trenta anni inizia a mostrare i segni deltempo e i limiti di una integrazione di filiera mai totalmente conseguita. Icambiamenti rapidi e costanti cui stiamo assistendo da allora, tanto dal ver-sante del mercato quanto da quello della competizione industriale, stannoalimentando pesanti ripercussioni sui sistemi impresa, sulle filiere logistichee sul network. Queste dinamiche talvolta superano la capacità di adatta-mento dei manager delle Supply Chain in particolare quando sono non suf-ficientemente, integrate, agili e reattive.

I principali elementi che hanno maggiormente limitato la concretizza-zione dei modelli di Supply Chain e quindi delle filiere del valore sono rife-ribili da un lato a tare culturali che hanno sempre impedito una reale inte-grazione totale delle aziende che compongono la catena del valore e dal-l’altro inadeguatezza delle infrastrutture logistico-industriali, sia pur in evo-luzione. A questi elementi specifici che indubbiamente hanno ostacolato unvero sviluppo della filiera del valore possiamo aggiungere tre ulteriori ele-menti generali:

• la crescente lunghezza delle filiere del valore indotta dalla globalizzazio-ne dei mercati;

• il crescente peso specifico della finanza aziendale nell’ambito dei pro-cessi industriali;

• la competizione su base internazionale che ha imposto alle aziende direcuperare competitività sui mercati inducendo un’evidente contrazionedei costi industriali, obbligando le aziende a minimizzare il peso dellescorte di magazzino e massimizzare il servizio al mercato.

Le aziende che intendono sopravvivere e soprattutto evolversi crescen-do, e dunque proiettarsi verso il futuro, dovranno porre le basi per un cam-biamento radicale nell’approccio e nella metodologia di gestione. I modellie le esperienze che in passato hanno reso possibile il nostro sviluppo indu-striale non possono essere impiegati, almeno tal quali, nella attuale realtàindustriale, in ogni caso in rapida evoluzione. I modelli del futuro dovran-no essere in grado di rendere l’azienda agile, rapida ed economica e soprat-tutto particolarmente flessibile e pronta a cogliere le mutevoli tendenze delmercato. In altri termini l’azienda dovrà eccellere sotto tutti gli aspetti chedeterminano il successo industriale. L’orientamento è che l’azienda di oggi

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e di domani non potrà non avere una stretta aderenza al network come ele-mento di possibile crescita e sviluppo e non potrà non rendere eccellenti ipropri processi. In quest’ottica sarà sempre più importante per le nostreaziende raccogliere le sfide future puntando su aspetti industriali chedovranno rendere maggiormente remunerative le attività che assorbonorisorse senza creare un adeguato valore. Questi elementi che possiamo defi-nire Muda come nel Toyota Production System, sono endemicamente pre-senti in azienda e spesso considerati strutturali. Notoriamente i Muda nonsono strutturali almeno in gran parte. Essi possono essere ridimensionati alloro livello fisiologico in modo da creare le condizioni per sviluppare unsistema di gestione che potrà garantire prosperità e sviluppo. In un contestodi scarsità di risorse come quello aziendale non sarà però sufficiente effet-tuare una lotta generica agli sprechi. È assolutamente necessario impostareun sistema di miglioramento orientato a pianificare ed eseguire azioni diefficientamento che presentano un maggiore rapporto tra benefici consegui-bili e costi necessari all’implementazione dell’intervento.

Operare senza gli sprechi più onerosi in una azienda e in una filiera inte-grata ed efficiente vuol dire poter contare su un sistema sincronizzato che simuove rapidamente all’unisono in funzione delle necessità e in assenza divincoli che ostacolano il flusso del valore e quindi i risultati dell’azienda.

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Introduzione: “l’alba di un nuovo modello aziendale”

Dopo aver superato con grande fatica e non senza sacrifici la parte piùacuta della china di una profonda crisi economica e sociale durata quasi diecianni e che comunque continua a presentare la coda dei suoi effetti velenosi,al nostro sistema paese e in generale al contesto di una Europa potenzial-mente unita viene richiesto di creare le condizioni e di conseguire una vera epropria svolta nell’ambito del nostro sistema economico quindi sociale.Certamente il legislatore dovrà fare la propria parte modificando il sistemafiscale in cui si muovono le nostre imprese, sistema così pesante e spesso ini-quo e snellendo le procedure di creazione e gestione delle nostre aziende.Allo stesso tempo il sistema industriale non può non mettersi in discussionecreando i presupposti di una totale riorganizzazione volta a favorire un evi-dente risanamento e il conseguente rilancio delle nostre aziende creandoassoluta discontinuità nelle strategie, nelle filosofie, nei modelli e negli stru-menti di gestione messi in campo nel passato anche recente. Il ruolo stessodei manager dovrà subire profondi cambiamenti. Da una struttura aziendaleorganizzata per ruoli sarà necessario passare ad una organizzazione basatasulle competenze. Da una struttura piramidale sarà necessario passare ad unaorganizzazione funzionale. Il mondo del business non è e soprattutto nondovrà essere più lo stesso di un recentissimo passato.

Tutto questo, tuttavia, non rappresenta necessariamente solo una minac-cia per il nostro mondo industriale ma può costituire una splendida oppor-tunità per i nostri manager che dovranno essere in grado di stravolgere lenostre aziende rompendo, quando necessario, gli schemi precostituiti cheormai hanno fatto il loro tempo. Troppo semplice in questo contesto ricor-dare le parole di Albert Einstein, il celeberrimo fisico tedesco naturalizzatosvizzero, poi statunitense. La crisi come benedizione, di seguito riportata,rappresenta un richiamo dirompente alle possibilità di poter fare bene e

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superare gli ostacoli anche quelli apparentemente più ostici come la profon-da crisi di questi tempi. La crisi come benedizione fa comprendere, inoltre,che la crisi stessa può essere affrontata attraverso un diverso approccio men-tale, crisi come risorsa e non più come alibi.

“Non pretendiamo che le cose cambino se continuiamo a farle nello stessomodo. La crisi può essere una vera benedizione per ogni persona e per ogni nazio-ne, perché è proprio la crisi a portare progresso. La creatività nasce dall’angoscia,come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che nasce l’inventiva, le sco-perte e le grandi strategie.

Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato. Chi attribuisce le pro-prie sconfitte e i propri errori alla crisi, violenta il proprio talento e mostra maggiorinteresse per i problemi piuttosto che per le soluzioni. La vera crisi è l’incompe-tenza.

Il più grande difetto delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel trovare solu-zioni. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è routine, una lenta agonia.Senza crisi non ci sono meriti. È nella crisi che il meglio di ognuno di noi affiora;senza crisi qualsiasi vento diventa una brezza leggera.

Parlare di crisi significa promuoverla; non parlarne significa esaltare il confor-mismo. Cerchiamo di lavorare sodo, invece. Smettiamola, una volta per tutte, l’u-nica crisi minacciosa è la tragedia di non voler lottare per superarla” (AlbertEinstein).

In questo nuovo contesto geo-politico, economico ed industriale interna-zionale battuto dalla crisi, che come si ricordava in precedenza e come ciintimava Albert Einstein deve essere considerata come una vera e propriaopportunità e non più un alibi o limite invalicabile, non è difficile prevede-re che il business d’impresa presenterà in un immediato futuro nuovi oriz-zonti e nuovi confini. Nuovi potenziali spazi di crescita e sviluppo, dunque,nei quali le strategie industriali di medio e lungo periodo determineranno ilsuccesso o l’insuccesso delle imprese stesse e quindi la loro presenza e per-manenza sul mercato.

In linea generale, due sono gli elementi che influiscono sui risultati delleimprese:

• la componente esogena grazie alla quale per l’impresa nascono oppor-tunità quando le dinamiche dell’ambiente esterno creano le condizionifavorevoli per costruire o rafforzare un vantaggio competitivo ed al con-trario possono sorgere delle minacce quando le tendenze del mercatone mettono in pericolo la redditività;

• la componente endogena ovvero l’efficacia e l’efficienza delle nostre azien-de, in relazione alla validità dei modelli di gestione industriale adottati.

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Pur riconoscendo alla componente esogena una grande importanza, inrelazione ai risultati delle nostre aziende è possibile affermare con certezzache il risultato finale di una azienda è determinato oggi, e sempre più lo sarànel futuro, principalmente dalla componente endogena che impatta inmaniera sempre più determinante sul risultato complessivo del businessd’impresa.

In questa dinamica i manager giocheranno un ruolo molto importantebasato sulle competenze piuttosto che sui ruoli. Proprio ai manager vienerichiesto di produrre strategie illuminate e lungimiranti, di realizzare strut-ture organizzative adeguate ed efficienti, di adottare logiche e metodigestionali ed operativi coerenti e comunque connessi con le rinnovate con-dizioni interne ed esterne. Solo in questo modo le nostre aziende potrannoaffermarsi sviluppando nuove potenziali quote di mercato altrimenti irrag-giungibili. Le industrie incapaci di mettere a frutto gli effetti della crisicreando una chiara e netta discontinuità con il passato, le aziende non ingrado dunque di adeguare il proprio modello organizzativo, le proprie logi-che di gestione, le proprie attività ed i propri processi alle progressive tra-sformazioni industriali e dei mercati andranno incontro ad un prevedibiledeclino.

La competizione commerciale e industriale con la quale le nostre azien-de saranno chiamate a confrontarsi nell’immediato futuro, potrà essereaffrontata con successo attraverso un rinnovato approccio manageriale basa-to su due elementi:

• precise visioni strategiche volte ad introdurre l’azienda in un networkbasato su relazioni industriali integrate e non conflittuali, finalizzato allacreazione di economie di rete;

• un modello di gestione orientato all’eccellenza dell’azienda attraverso ilmiglioramento dei risultati di dieci aspetti aziendali che direttamente oindirettamente determinano il successo e l’insuccesso di ogni impresa.

Tutto ciò può essere conseguito attraverso un sistema guidato dagliobiettivi e attraverso un modello di gestione basato sul miglioramento con-tinuo e sulla riduzione allo stadio fisiologico dei vincoli aziendali quali inef-ficienze di processo, che si annidano in forma più o meno occulta o in modocolpevolmente tollerato tra le varie pieghe dell’attività aziendali e quindisulla ricerca dell’eccellenza.

Nel passato recente, quasi tutti i modelli utilizzati per queste finalitàsono stati divisi in due fasi, quella definita “retrenchment” (ritirata) che con-sisteva essenzialmente in ciò che oggi viene denominato Spending Review,

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ovvero nella mera riduzione dei costi e degli investimenti. Questa metodo-logia si poneva l’obiettivo della sopravvivenza, attraverso il “tamponamen-to dell’emorragia” ed un cash flow positivo. Successivamente, secondo que-sta metodologia, in presenza di conseguenti condizioni finanziarie stabiliz-zate venivano poste in essere le azioni del “recupero” (recovery activity)che avevano lo scopo di migliorare i risultati di medio periodo quali la mas-simizzazione della penetrazione di mercato attraverso nuove strategie dimarketing, l’attivazione di spin-off e di forme di alleanza, controllo deicosti, massima utilizzazione delle capacità operative. Oggi, dopo due reces-sioni e, soprattutto, in conseguenza della competizione globale, le aziendenon hanno più né il tempo né le condizioni per dare risposte negative (riti-rata, recupero) ma necessitano essenzialmente di risposte rapide e positive.

L’approccio manageriale basato su un preciso modello di gestione orien-tato anche, ma non solo, sul processo di Spend Management è rivolto prin-cipalmente alla riduzione delle inefficienze che in forma più o meno occul-ta o tollerata insistono con effetti devastanti sui nostri sistemi industriali. Lacontemporanea attività di Spending Review e di Efficiency Developmentnon può che essere basata sul metodo, ovvero su attività analitiche, su meto-dologie di gestione, su strumenti manageriali e sull’orientamento costante alrisultato verso obiettivi predefiniti e stratificati e rappresenta un fondamen-tale passaggio strategico ai fini del successo aziendale. Un buon risultatoraggiunto in assenza del metodo, di un obiettivo predefinito, di un precisopercorso, può derivare, infatti, da eventi fortuiti favorevoli o di caratterestraordinario e come tali non ripetibili; un risultato, invece ottenuto attra-verso il costante utilizzo di efficaci modelli gestionali, produce effetti cheoltre a poter essere immediati sono anche ripetibili e continuamente miglio-rabili nel tempo.

Con evidente discontinuità verso i modelli di riorganizzazione aziendaleposti in essere nel passato anche recente, nei quali i manager sono statimolto spesso protagonisti essenzialmente di acquisizioni o scorpori, diristrutturazioni puramente finanziarie o scrematura della gamma dei pro-dotti e delle unità produttive (concentrazioni, esternalizzazioni, delocalizza-zioni), l’approccio manageriale del domani richiede che le aziende focaliz-zino il proprio impegno sulla gestione operativa intervenendo su tutte learee che possono creare le condizioni per produrre un evidente migliora-mento della qualità dei processi e quindi dei propri prodotti e servizi aiclienti, delle performance dei processi, su come comprimere i costi e/oincrementare la marginalità delle vendite, garantendo appunto soluzioniripetibili e continuamente migliorabili nel tempo.

Nel presente progetto viene proposto un modello di risanamento e nuova

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crescita aziendale basato su un’azione preventiva finalizzata ad identificarel’obiettivo aziendale principale, i possibili obiettivi di livello progressiva-mente inferiore concatenati con gli obiettivi di livello superiore e sull’indi-viduazione dei vincoli che corrispondono agli obiettivi di livello inferiore.Proprio sui vincoli, che determinano la difficoltà nel raggiungere l’obietti-vo principale, viene posta in essere una decisa azione attraverso l’imple-mentazione di 10 pilastri tecnici che vengono efficientati grazie all’utilizzodi strumenti anche denominati pilastri manageriali attraverso un percorso dicrescita basato su sette step. Quest’ultimo modello denominato World ClassManufacturing è in grado di produrre discontinuità con le gestioni passate oalmeno con le gestioni che non hanno prodotto risultati adeguati alle aspet-tative. Discontinuità, rottura degli schemi, sviluppo del valore aziendale emonitoraggio dei risultati saranno le nuove parole d’ordine di questo ambi-zioso progetto, certamente contestualizzabile in ogni tipo di realtà indu-striale e rapidamente capitalizzabile allo scopo di realizzare una ritrovatacrescita aziendale. La lettura di questo modello può essere considerata l’al-ba di una crescita certa e duratura. L’implementazione dello stesso rappre-senterà il mezzo per raggiungere i risultati pianificati.

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