Locri, Sparta, Crotone et le tradizioni leggendarie intorno alla battaglia della Sagra

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Maurizio Giangiulio Locri, Sparta, Crotone et le tradizioni leggendarie intorno alla battaglia della Sagra In: Mélanges de l'Ecole française de Rome. Antiquité T. 95, N°1. 1983. pp. 473-521. Riassunto Maurizio Giangiulio, Locri, Sparta, Crotone e le tradizioni leggendarie intorno alla battaglia della Sagra, p. 473-521. L'esame delle tradizioni sulla battaglia condotto al fine di chiarirne natura, valore ed origini, rivela in primo luogo che esse si ripartiscano in tre f iloni : a) una tradizione relativa al soccorso prestato in battaglia ai Locresi dai Dioscuri; b) la storia del ferimento e della guarigione del duce crotoniate Formione; c) la storia parallela delle vicende di Leonimo. La successiva discussione mostra la conformità a livelli di pensiero arcaici di detti filoni, ne recupera i nuclei più antichi ed individua le linee di sviluppo dell'intera tradizione e la sua collocazione cronologica. In conclusione si enuclea un livello più antico, rappresentato da tradizioni locali locresi incentrate intorno all'epifania dei Dioscuri, nate in stretto rapporto cronologico con i fatti ed aventi natura ufficiale e propagandi- stica. Posteriormente a questa tradizione, ma presupponendola, nasce la storia di Formione, anch'essa di ispirazione locrese, ma forse a sfondo folklorico-rituale. Allo stesso livello culturale ed in relazione di simmetria tematica con questa si pone la storia di Leonimo, nata in ambiente crotoniate forse sullo scorcio del VI secolo. Citer ce document / Cite this document : Giangiulio Maurizio. Locri, Sparta, Crotone et le tradizioni leggendarie intorno alla battaglia della Sagra. In: Mélanges de l'Ecole française de Rome. Antiquité T. 95, N°1. 1983. pp. 473-521. doi : 10.3406/mefr.1983.1371 http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/mefr_0223-5102_1983_num_95_1_1371

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Maurizio Giangiulio

Locri, Sparta, Crotone et le tradizioni leggendarie intorno allabattaglia della SagraIn: Mélanges de l'Ecole française de Rome. Antiquité T. 95, N°1. 1983. pp. 473-521.

RiassuntoMaurizio Giangiulio, Locri, Sparta, Crotone e le tradizioni leggendarie intorno alla battaglia della Sagra, p. 473-521.

L'esame delle tradizioni sulla battaglia condotto al fine di chiarirne natura, valore ed origini, rivela in primo luogo che esse siripartiscano in tre f iloni : a) una tradizione relativa al soccorso prestato in battaglia ai Locresi dai Dioscuri; b) la storia delferimento e della guarigione del duce crotoniate Formione; c) la storia parallela delle vicende di Leonimo. La successivadiscussione mostra la conformità a livelli di pensiero arcaici di detti filoni, ne recupera i nuclei più antichi ed individua le linee disviluppo dell'intera tradizione e la sua collocazione cronologica. In conclusione si enuclea un livello più antico, rappresentato datradizioni locali locresi incentrate intorno all'epifania dei Dioscuri, nate in stretto rapporto cronologico con i fatti ed aventi naturaufficiale e propagandi- stica. Posteriormente a questa tradizione, ma presupponendola, nasce la storia di Formione, anch'essa diispirazione locrese, ma forse a sfondo folklorico-rituale. Allo stesso livello culturale ed in relazione di simmetria tematica conquesta si pone la storia di Leonimo, nata in ambiente crotoniate forse sullo scorcio del VI secolo.

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Giangiulio Maurizio. Locri, Sparta, Crotone et le tradizioni leggendarie intorno alla battaglia della Sagra. In: Mélanges de l'Ecolefrançaise de Rome. Antiquité T. 95, N°1. 1983. pp. 473-521.

doi : 10.3406/mefr.1983.1371

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MAURIZIO GIANGIULIO

LOCRI, SPARTA, CROTONE E LE TRADIZIONI LEGGENDARIE INTORNO ALLA BATTAGLIA

DELLA SAGRA*

"Alles was von dieser Schlacht berichtet wird, trägt den Charakter der Sage "

(E. Diels, Parmenides. Lehrgedicht, 1897, p. 18)

"... consciously or not, scholarship tends to proceed from the assumption that legend is always secondary, because "the historical kernel" must be an event or patterns of events amenable to common sense and not a "miracle". What if facts as we see them, were experienced differently at that time?". (W. Burkert, Lore and Science in ancient Pythagorea- nism, 1972, p. 147).

«Die Geschichten von den Dioskuren in Lokroi und Sparta erforden eine neue kritische Behandlung » : in questi termini U. von Wilamowitz affermava nell'ultima opera sua l'esigenza di una complessiva riconsiderazione del nucleo della tradizione antica relativa alla battaglia della Sagra1, implicitamente delineando all'un tempo l'ideale bilancio di più di un secolo di ricerca. Sin da quando nel 1797 Ch. G. Heyne intese fissare la cronologia della battaglia basandosi sulla leggenda del ferimento del cro-

* II presente lavoro si inserisce nell'ambito di una più ampia ricerca sulla storia e le relazioni internazionali di Crotone arcaica cui da tempo attendo sotto la guida del Prof. G. Nenci, al quale va il senso della mia profonda gratitudine. Ringrazio anche il Prof. L. Beschi, che volle seguire la preparazione della dissertazione di laurea, nella quale toccavo alcune delle questioni cui è dedicato il presente studio. Devo infine alla Prof.ssa J. de La Genière utili osservazioni e consigli. Mia, naturalmente, è la responsabilità delle tesi sostenute.

1 Der Glaube der Hellenen3, Darmstadt, 1959 (la ed. Berlino, 1931-32), Ι, η. 2 p. 350-351.

MEFRA - 95 - 1983 - 1, p. 473-521.

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toniate Leonimo e della sua guarigione nell'isola di Leuke2, di volta in volta storici e filologi quali Meineke3 e Diels4, Burckhardt5 e Weinreich6, Robert7 e Ciaceri8, Wilamowitz stesso9 e von der Mühll10, per non citare che alcuni dei nomi più significativi, ebbero modo di appuntare il proprio acume critico su questo ο quell'elemento della tradizione antica relativa all'episodio.

Le numerose osservazioni presentate, alcune delle quali ancora oggi fondamentali, non erano peraltro tali da soddisfare l'esigenza di una complessiva interpretazione della natura e dell'origine della tradizione. Proprio tale esigenza, per converso, ha inteso soddisfare in anni recenti R. Van Compernolle11, attraverso un esame meticoloso del complesso delle fonti pertinenti, in séguito al quale egli ha potuto identificare i filoni in cui la tradizione antica si organizza, nonché individuare e definire nella loro cronologia una versione «originaria» ed una «derivata» di una medesima tradizione leggendaria.

Il radicale mutamento della prospettiva esegetica tradizionale conseguente alla ricostruzione proposta dallo studioso belga, ed insieme le implicazioni metodiche delle modalità di approccio alle fonti tradite che tale ricostruzione sorreggono, inducono peraltro a riconsiderare da vicino l'intera questione. Altri ha già avuto modo di formulare nutazioni critiche particolarmente stimolanti12; per parte nostra, ci proponiamo qui di sot-

2 De Crotoniatarum republica et institutis. . ., in Opuscula academica collecta et animadversionibus locupletata, II, Gottingae, 1787, p. 184-185.

3 Fragmenta poetarum comoediae antiquae, II, 2 Berlino, 1840, p. 1227-1233 (Epimetrum I. De Phormione Crotoniata).

4 Parmenides. Lehrgedicht, Berlino, 1887, p. 16-21. 5 J. Burckhardt, Storia della civiltà greca1, Firenze, 1974 (la ed. Berlino-Stut-

tgart, 1898-1902), p. 58, 676. 6 Antike Heilungswunder. Untersuchungen zum Wunderglauben der Griechen

u. Römer, Giessen, 1909, p. 191-194. 7 Die griechischen Heldensagen, III, 2, Berlin, 1923, n. 2 p. 1038. 8 Storia della Magna Grecia, Napoli, 1976 (la ed. Milano-Roma 1924-1932), II,

p. 242-247. 9 Sappho und Simonides. Untersuchungen über griechische Lyriker2, Berlino-

Zurigo-Dublino, 1913, p. 234-235. 10 Der grosse Aias. Rektoratsprogramm Basel 1930 (= Ausgewählte kleine Schrift

en, hrsg. von B. Wyss, Basilea, 1976, p. 435-472). 11 Ajax et les Dioscures au secours des Locriens sur les rives de la Sagra (ca. 575-

565 av. notre ère), in Hommages à Marcel Renard, Bruxelles, 1969, II, p. 733-766. 12 Facciamo riferimento a C. Sourvinou-Inwood, The Votum of 477/6 b. C. and

the Foundation Legend of Locri Epizephyrii, in CQ, n. s. 34, 1974, p. 190 e, soprattutto, a D. Musti, Problemi della storia di Locri Epizefirii, in Locri Epizefirii. Atti del

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toporre ad una nuova complessiva disamina le testimonianze prese in considerazione dal Van Compernolle. Ne risulterà, crediamo, la possibilità di rivendicare al novero delle tradizioni locali arcaiche di Magna Grecia il nucleo delle leggende relative alla Sagra.

Ma conviene anzitutto riassumere le conclusioni cui lo studioso belga è pervenuto. Le fonti antiche fino a noi giunte si lascerebbero nel complesso ripartire fra due distinti filoni tradizionali : l'uno essenzialmente rappresentato da Teopompo, Giustino, Cicerone, Diodoro e Strabone13, l'altro da Pausania, Conone ed Ermia alessandrino 14 ; il primo caratteriz- zabile sinteticamente come «tradizione Dioscuri-Olimpia», il secondo come «tradizione Aiace-Delf i ». Le fonti rappresentanti la prima tradizione, però, rivelerebbero in due occasioni ridondanze ed incongruenze tali da indurre a ritenere avvenuto un processo di contaminazione con una tradizione appartenente all'altro filone. Restituendo allora due elementi della tradizione «Dioscuri-Olimpia» — il ricorso di Crotone e Locri all'oracolo delfico prima della battaglia e la guarigione di Formione per mezzo della lancia del feritore15 — a quella « Aiace-Delf i», si recupererebbero due versioni perfettamente parallele, che andrebbero considerate quali redazioni differenti di un'unica tradizione leggendaria. Delle due, quella «Dioscuri-Sparta» rappresenterebbe un rifacimento della versione « Aiace-Delf i» approntato nel corso della guerra del Peloponneso a scopi propagandistici, nell'intento di affermare l'antichità dei rapporti allora esistenti tra Locri e la città laconica. A questa elaborazione artificiale, priva di valore per la storia arcaica di Locri, si contrapporrebbe la versione « Aiace-Delf i», antica e pertanto originale, verosimilmente già accolta da Antioco di Siracusa.

1. Sia lecito dire subito che l'operazione di disaggregazione di alcuni dati testuali rispetto al contesto entro il quale sono tramandati compiuta dal Van Compernolle e l'utilizzazione dei medesimi per la ricostruzione di una tradizione « Aiace-Delf i» non appare dotata di valore cogente, ma anzi si espone ad obiezioni già soltanto sul piano filologico.

XVI Convegno di studi sulla Magna Grecia, Taranto-Locri 1976, Napoli, 1977, p. 55- 56 e Intervento, ibidem, p. 705-707.

13 Vd. Theopomp., FGrHist 115 F 392 αρ. Suid., s. ν. Φορμίων; Iust., XX, 2, 10- 3, 9; Cic, nat., II, 2, 6; III, 5, 13; D.S., Vili, 32; Strab., VI, 1, 10.

14 Paus., Ili, 19, 11-13; Conon, FGrHist 26 F 1, 18 αρ. Phot., bibl., 133b; Herm., in Phdr., 243a p. 75 Couvreur.

15 Vd., rispettivamente, Iust., XX, 3, 1-3 e Theopomp., loc. cit.

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Prendiamo dunque in esame la tradizione troghiana relativa alla richiesta locrese di aiuto a Sparta ed al ricorso crotoniate a Delfi16.

Ciò che in essa si riferisce all'oracolo delfico, secondo il Van Comper- nolle, andrebbe espunto in quanto elemento caratteristico della versione «Aiace-Delfi», confluito nell'altra per contaminazione. Essendo infatti la tradizione troghiana rivolta a glorificare Zeus e quanto alla sua persona si ricollega — i Dioscuri ed Olimpia — , essa risulterebbe come «offuscata» ed indebolita nella sua valenza specifica dalla presenza dell'elemento delfico17. Quest'ultimo, infatti, non solo risulterebbe ridondante ed inutile, in quanto accessoria motivazione di una vittoria già per suo conto garantita dall'intervento dei Dioscuri, ma sarebbe anche in sé «offensiva» verso Zeus ed i Dioscuri, e quindi incompatibile con la loro presenza.

Ora, ritenere incongrua la presenza dell'elemento delfico in questa versione significa in realtà sopravvalutare razionalisticamente la coerenza di tali tradizioni arcaiche relative al soccorso prestato da dei ed eroi in occasione di importanti episodi bellici. Difatti, basta tenere presenti le storie concernenti l'intervento di disparate entità soprannaturali a Maratona ed a Salamina per comprendere come, nell'ambito di tradizioni siffatte, non venisse percepita alcuna contraddizione tra gli interventi di diverse figure divine ed eroiche, ma anzi operasse una logica ispirata all'idea dell" accumulo', per così dire, di signa e prodigia disparati18. Per

16 Per comodità di riferimento trascriviamo i passi di Giustino in questione : Quo metu territi Locrenses ad Spartanos decurrunt; auxilium supplices deprecantur. UH longinqua militia gravati auxilium a Castore et Polluce petere eos iubent. . . (XX, 2, 11-12); His cognitis Crotonienses et ipsi legates ad oraculum Delphos mittunt, victoriae facultatem bellique prosperos eventus deprecantes. Responsum prius votis hostes quam armis vincendos. Cum vovissent Apollini décimas praedae, Locrenses et voto hostium et responso dei cognito nonas voverunt tacitamque earn rem habuere, ne votis vincerentur. (XX, 3, 1-3).

17 Van Compernolle, Ajax et les Dioscures. . . cit., p. 744. 18 Variamente connesse alla battaglia di Maratona risultano le epifanie di un

gigantesco oplita (Hdt., VI, 117, 2-3; Ael., VH, VII, 38; Suid., s.v. 'Ιππίας e Πολυ- ζηλος; Plu., mor., 3O5c); di Teseo (Plu., Thés., XXXV; Paus., I, 15,3) e di Echetlos (Paus., 15, 3; 32, 5). Significativamente, questi episodi erano illustrati insieme nelle pitture della Stoa Pecile (Paus., 1, 15, 3; Ael., loc. cit.). In rapporto alla battaglia di Salamina si collocano invece la visione di Dikaios (una nuvola di polvere levantesi dalla parte di Eleusi da cui risuonava l'invocazione a Iakkhos; Hdt., Vili, 65, 1; Plu., Them., XV); l'apparizione alla flotta greca di una figura femminile esortante allo scontro (Hdt., Vili, 84, 2); l'epifania di Kychreus in forma di serpente (Paus., I, 36, 1, dove si ricorda l'esistenza di un sacello dedicato all'eroe nell'isola); e, naturalmente, l'intervento degli Aiakidai (Hdt., Vili, 64); cfr., in merito, infra, p. 496 e n. 85.

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di più, il rapporto dei Locresi con Delfi ed il favore manifestato dai Dioscuri nei loro confronti si collocano, a ben vedere, su due piani distinti, ma in linea di principio complementari : il primo, nell'ambito del rapporto con gli dei mediato dall'oracolo ed improntato ad una dimostrazione di eusebeia che precede gli eventi; il secondo, nell'ambito della diretta collaborazione ed assistenza di stampo eroico che si colloca nel pieno dell'agire umano, qual è quella assicurata dall'intervento dei Dioscuri.

È poi da rilevare che l'elemento delfico risulta ben integrato nella tradizione, perlomeno al livello della versione presente in Trogo. Il rapporto privilegiato con Delfi vi appare infatti tipico di Crotone, la quale non solo alla vigilia della battaglia della Sagra, ma anche dopo i sacrileghi fatti connessi alla presa di Siri per prima si rivolge all'oracolo, mentre Metapontini e Locresi sono presentati sotto questo profilo in posizione subordinata19. Inoltre, il ricorso a Delfi assume la funzione di 'risposta' crotoniate all'appello a Sparta rivolto dai Locresi; soltanto che tale risposta si rivela insufficiente : anche sul terreno privilegiato del rapporto con Delfi, cioè, i Crotoniati sono superati dai Locresi, i quali mostrano una pietas superiore e si guadagnano il favore divino prima di trionfare sul campo di battaglia.

Beninteso, consimili osservazioni non ambiscono per parte loro ad avere valore decisivo, nel senso che sarebbe pur sempre possibile ammettere un lungo processo di aggiustamento, nel corso del quale l'elemento delfico, originariamente indipendente, fosse confluito nella tradizione quale troviamo esposta in Trogo-Giustino, finendo infine per integrarvi-

Tali episodi si inseriscono nel novero più vasto delle tradizioni relative alle epifanie eroiche in battaglia, la cui importanza a testimonianza della caratteristica vicinanza degli eroi al mondo umano è stata da tempo notata : in proposito, cfr. soprattutto Burckhardt, Storia della civiltà. . . cit., p. 58-59, 675-678 e E. Rohde, Psyche. Culto delle anime e fede nell'immortalità presso i Greci, Bari, 1982, p. 199- 202 : per altre accurate disamine delle tradizioni ed interessanti osservazioni, cfr. Fr. Pfister, s.v. Epiphanie, RE, Supplb. IV, 1924 col. 293-294; M. P. Nilsson, Geschichte der griechische Religion, I3, Monaco, 1967, p. 715-718; W. Burkert, Griechische Religion der archaischen und klassischen Epoche, Stuttgart-Berlino-Colonia- Magonza, 1977, p. 317-318 e, da ultimo, W. K. Pritchett, The Greek State at War. Partili : Religion, Berkeley-Los Angeles-Londra, 1979, p. 11-46. Vale inoltre la pena di richiamare l'attenzione sulle penetranti nutazioni di von der Mühll, Der grosse Aias, cit., p. 15-21.

19 Vd. Iust., XX, 2, 5-7 : (dopo la presa di Siri). . . priores Crotonienses Delphi- cum oraculum adierunt. . . et MetapontinVoraculo cognito. . . ; e cfr. 3, 1-3 (dopo l'appello locrese a Sparta) . . . Crotonienses et ipsi legatos ad oraculum Delphos mit- tunt. . ., Locrenses et voto hostium et responso dei congnito. . . .

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si20. D'altra parte, una volta messo in luce il carattere perlomeno ipotetico della possibilità che l'elemento delfico sia estraneo rispetto alla tradizione incentrata sul soccorso prestato ai Locresi dai Dioscuri, diviene senza dubbio essenziale addurre argomenti assolutamente probanti, nel caso si voglia reintegrare, come fa il Van Compernolle, tale intervento delfico nella tradizione relativa all'intervento di Aiace. Orbene, non solo tali argomenti mancano, ma ne esistono di validi in contrario. Si osservi in particolare che quell'elemento delfico, correttamente concepito dal Van Compernolle come giustificazione e spiegazione in chiave propagandistica della vittoria locrese, si troverebbe invece ad essere reintegrato entro il contesto di una tradizione che Pausania, nel tramandarla, esplicitamente sottolinea essere patrimonio crotoniate. Ed effettivamente, in essa l'orientamento crotoniate è ben evidente, come avremo modo di mostrare meglio più oltre21, mentre manca qualsiasi elemento filo-locrese.

Dunque, nonché il procedimento seguito, il risultato stesso dell'operazione di disaggregazione dei dati tradizionali compiuta dal Van Compernolle si rivela non soddisfacente, dal momento che la ricostruita tradizione «Aiace-Delfi», cui si chiede di rappresentare la versione originale e coerente della tradizione locrese circa la vittoria sui Crotoniati alla Sagra risulta di problematica ricomposizione entro una prospettiva filo-locrese. E questo in ragione sia della sua origine crotoniate, affermata dalla tradizione antica, sia degli elementi in essa presenti, che in alcun modo si configurano quali quelli che ci si attenderebbe di trovare in una tradizione celebrativa della grande vittoria locrese sui Crotoniati.

Per completare la ricognizione della composizione dei filoni tradizionali che costituiranno l'oggetto della successiva discussione, occorre prendere ora in esame anche il secondo elemento che il Van Compernolle aggrega alla storia di Leonimo nell'intento di ricostruire la complessa tradizione da lui definita «Aiace-Delfi».

Si tratta del particolare della guarigione di Formione, operata a Sparta da un neaniskos in virtù dell'applicazione sulla ferita della raschiatura della lancia al termine del pasto al quale egli aveva invitato, secondo il vaticinio oracolare, il Crotoniate appena giunto22. Nell'inter-

20 Così Musti, Intervento, in Atti del XVI Convegno. . . cit., p. 706. 21 Cfr. infra. La formulazione di Pausania cui si allude nel testo non si presta

comunque ad equivoci; cfr. Ili, 19, 11 : ov δε οΐδα λέγοντας Κροτωνιάτας περί 'Ελένης λόγον. . . .

22 Non sembra inutile riportare il frammento di Teopompo in cui la vicenda è narrata : Suid., s.v. Φορμίωνχ περί τούτου και θεόπομπος έν Φιλιππικοΐς. ην δε

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pretazione del Van Compernolle la presenza di tale particolare accanto a quello che egli intende come l'intervento guaritore dei Dioscuri fondato sull'uso del silfio sarebbe il risultato di un accostamento maldestro, di una contaminazione secondaria. Pertanto, l'elemento della guarigione per mezzo della lancia, in quanto ridondante ed inutile, andrebbe assegnato ad un'altra tradizione : quella in cui il ferito è Leonimo ed il feritore-guaritore Aiace23.

Pare in realtà possibile interpretare diversamente il frammento di Teopompo. In esso, infatti, la pur non perspicua e verosimilmente lacunosa redazione di Suida non impedisce di cogliere una logica di qualche coerenza, propria, come si vedrà in seguito, di una tradizione arcaica di schietto sapore leggendario.

Anzitutto il neaniskos : evidentemente si tratta del feritore nella battaglia della Sagra, e Sparta dev'esserne la residenza abituale. Particolarmente importante appare proprio questo elemento della localizzazione spartana. Esso infatti rende di per sé difficile individuare il motivo per cui, ove la storia del neaniskos non fosse che la trasposizione della guarigione operata da Aiace, essa sarebbe localizzata a Sparta, la cui menzione viceversa si spiega coerentemente nell'assunzione che essa rappresenti la residenza privilegiata del feritore. Ora, già soltanto su queste basi, è possibile pensare, come peraltro da molti si è già fatto, che sotto le spoglie del giovinetto si celi in realtà uno dei Dioscuri24; tanto più che nella tradizione antica non è infrequente la rappresentazione dei Dioscuri in vesti umane, nell'aspetto di semplici giovani, spesso stranieri25. Inoltre, mentre il particolare della lancia non fa difficoltà in questo senso, in quanto essa

Κροτωνιάτης και έν τη έπί Σάγρα μάχη έτρώθη. δυσιατου δ' οντος του τραύματος χρησμον ελαβεν εις Λακεδαίμονα έλθεΐν. τούτον γαρ αύτοΰ ίατρον έσεσδαι, ος [αν] αυτόν πρώτος καλέσειεν έπί δείπνον. ώς ούν ήκεν εις την Σπάρτην, καταβάντα αυτόν από του οχήματος έκάλεσεν έπί δεΐπνον νεανίσκος, δειπνήσαντος δε ήρετο έφ' ο τι ήκει. ώς δέ ήκουσε περί του χρησμού, άποξύσας του δόρατος έπιτίθησιν. ώς δέ ανέλυσαν άπό του δείπνου, δοκών άναβαίνειν έπί το άρμα, της θύρας αύτου του οίκου τοΰ έν Κρότωνι επιλαμβάνεται, άλλα και θεοξένια αύτοΰ άγοντος έκαλεσαν αυτόν οί Διόσκουροι προς Βάττον ές Κυρήνην. και ανέστη τε έχων σιλφίου καυλόν.

23 Per tutto questo, vd. Ajax et les Dioscures. . . cit., p. 743, 745. 24 Così Meineke, Fragmenta poetarum com. ant. . . . cit., p. 1228; F. Deneken,

De Theoxeniis, Berlino, 1881, p. 14-15; Diels, Parmenides. . . cit., p. 18; cfr. anche W. Burkert, Lore and Science in Ancient Pythagoreanism, Cambridge (Mass.), 1972, p. 152.

25 Particolarmente significative a questo proposito appaiono le vicende dello spartiate Formione, al quale i Dioscuri si presentarono ξένοις άνδράσιν έοικότες (Paus., Ill, 16, 2) e quella notissima di Simonide alla corte di Skopas (vd. ad es. Cic, de orat., II, 351-353; Val. Max., I, 8, ext. 7).

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fa parte del loro armamento tipico26, due elementi pregnanti di natura religioso-cultuale permettono di avvalorare ulteriormente l'identificazione del giovinetto del frammento in esame. In primo luogo la configurazione autonoma delle due figure, Kastor e Polydeukes, che risulta un dato originario fedelmente preservato nell'ambiente cultuale laconico27 : ed è appunto la relativa autonomia reciproca delle due figure, radicata in questo originario elemento di ordine religioso-cultuale, a giustificare la possibilità della presentazione separata di una delle due figure, di cui il frammento di Teopompo offre un esempio. In secondo luogo il particolare dell'invito a pranzo il quale, nel contesto di quello che appare, pur attraverso la redazione sintetica e banalizzante del frammento, un tipico Heilungswunder basato su di un tradizionale procedimento 'simpatico', ha tutta l'aria di rappresentare la razionalizzazione di uno xenismos sacrale. Tanto più che il rituale teossenico costituisce una forma tipica del culto dei Dioscuri28. Ora, nell'ambito dello stesso frammento teopompeo, For- mione appare poco dopo quale celebrante di un rituale teossenico nei confronti dei Dioscuri; e, con significativa analogia, nella tradizione antica un Formione lacone, che sin da Meineke è opportunamente ritenuto il medesimo personaggio che lo stratega crotoniate, è caratterizzato quale un famoso ospitante dei Dioscuri29. Sembrerebbe pertanto assicurata la

26 Si tenga presente la loro rappresentazione nelle metope del ed. « manopte- ros» dei Sicionì a Delfi (cfr. P. de La Coste Messelière, Au Musée de Delphes, Parigi, 1936, tav. XV-XVI, XVIII e nei pinakes locresi (cfr. le indicazioni fornite infra a n. 90, nonché la descrizione dell'aspetto nel quale gli Spartani erano pronti a credere si mostrassero i Dioscuri (in Paus., IV, 27, 2).

27 Fondamentale, a questo riguardo, resta la discussione di E. Bethe, s.v. Dio- skuren, RE, V, 1, 1903, col. 1090; ma vd. ora l'illuminante disamina di F. Cassola in Inni omerici2 (a cura di), Milano 1982, p. 350. Mette conto di rammentare, inoltre, le testimonianze che rimandano ad una separata presenza delle due figure nel mondo laconico; vd. in proposito Paus., Ili, 1, 3 (mnèma di Castore a Sparta); III, 20,1, {hieron e fonte Polydeukeia a Sparta); IH, 21,9 (πύλαι καστορίδες a Gy- thion).

28 In proposito, cfr. soprattutto Deneken, De Theoxeniis, cit., p. 1-24; I. M. Pa- ton, De cultu Dioscurorum apud Graecos. Pars prior, Bonn, 1894, p. 15-21 ; L. Weniger, Theophanien, altgriechische Götteradvente, in ARW, 22-23, 1923-25, p. 39-41. Sui rituali teossenici in generale, oltre l'opera fondamentale di Deneken, cfr. pure la lucida messa a punto di Fr. Pfister, s.v. Theoxenia, RE, z. R. V, 1934, col. 2256- 2258.

29 Le testimonianze relative al privilegiato rapporto di ospitalità intrattenuto da Formione con i Dioscuri sono costituite da Paus., Ili, 16,2-3 e Plu., mor., 1103b, dove Formione è accostato a Sofocle ospitante di Asclepio. Quanto all'identità del Formione in questione ed alla tesi di Meineke, cfr. infra, p. 504 e n. 112-114.

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pertinenza del banchetto rituale teossenico alla natura del rapporto che legava Formione ai Dioscuri. Solo che nel nostro caso saremmo di fronte ad un'inversione del tipico rapporto che vede i Dioscuri nella posizione di xenoi invitati al sacro banchetto. Ebbene, tale inversione, già di per sé interpretabile nei termini dell'ambivalene polarità del sacro, è documentata almeno in un altro significativo caso : per quei xenia delfici nei quali gli dei ospitavano gli eroi30. Dal momento dunque che in tale ambito trovavano posto personaggi umani, come Pindaro31, e che per altro verso rituali teossenici erano frequenti nel culto eroico32, diviene compresibile

30 Schol. Pi., N., Vili, 68 : γίνεται έν Δελφοΐς ήρωσι ξένια έν οις δοκεΐ ό θεός έπί ξέν\α καλεΐν τους ήρωας. Di problematica interpretazione appare tuttavia il rapporto intercorrente tra questi xenia eroici ed i più noti theoxenia delfici (su cui vd. M. P. Nilsson, Griechische Feste con religiöser Bedeutung. .., Leipzig, 1906, p. 160 sg., e, soprattutto, P. Amandry, in BCH, 63, 1939, p. 209-210 e n. 6 p. 209, con bibliografia). Se è evidente infatti che esiste un profondo nesso a livello delle componenti essenziali dell'azione rituale, è probabile, viceversa, che i xenia eroici vadano distinti dai theoxenia, se non altro sul piano del calendario festivo (così, persuasivamente, Pfister, 5.V. Theoxenia. . . cit., col. 2257 e F. Salviat, in BCH, 82, 1958, n. 8 p. 256). Quanto all'inversione («commutation, Deneken, cit., p. 3) dei ruoli di cui nel testo, fondamentali restano le considerazioni svolte da L. Gernet (Frames antiques, in REG, 41, 1928, p. 313-359 = Anthropologie de la Grèce antique2, Parigi, 1976, p. 21-61, alle p. 32-33 e n. 58-60) circa «la conception primitive — et persistante — où la divinité reste parfois indifférenciée, où les rôles respectifs de régalant et de régalé circulent entre les dieux, les héros et les hommes » ; ma cf. pure la discussione di Salviat, cit., p. 256-257.

31 Vd. V. Pi., p. 92 Westermann : 'Απόλλων γοΰν ούτω φασίν αυτόν έφίλει ώς και μερίδα λαμβάνειν εκ των θυομένων έκείνφ και τον ίερεα δε βοαν έν ταΐς θυσίαις. «Πίνδαρος έπί το δεΐπνον τω θεω,» ή και άλλως, «Πίνδαρος ϊτω έπί δεΐπνον του θεού», κατά δε άλλους έν Δελφοΐς κλείειν ό νεωκόρος μέλλων τον νεών κηρύσσει καθ' ήμέραν. «Πίνδαρος ό μουσοποιος προς το δείπνον τω θεω». È interessante notare che anche Omero era invitato al pasto sacrificale, in questo caso insieme ad Apollo (vd. Ael., VH, IX, 15, ad Argo). È appena il caso di rilevare che queste tradizioni hanno origine in rapporto alla integrazione delle figure di alcuni poeti entro la tipica morfologia eroica; in proposito, cfr. A. Brelich, Gli eroi greci, Roma, 1958 p. 320-322 e G. Nagy, The Best of the Achaeans, Baltimore-Londra, 1979, p. 306- 308.

32 Vd. al riguardo, soprattutto Deneken, De Theoxeniis, cit., p. 2-4 e Salviat, cit., p. 256-257. Si ricorderanno il rito ateniese in onore di Aiace (Schol. Pi., N. II, 19) e quello celebrato da Cipselo in onore degli Eraclidi (Polyaen., I, 7), oltre naturalmente agli xenia ben noti per i Dioscuri, Eracle ed Asclepio. Vanno inoltre ricordati gli Heroxeinia celebrati a Taso (vd. l'iscrizione pubblicata da Salviat, cit., p. 193 sg., 1. 3), gli Herochia di cui da notizia Esichio (s.v. Ήρόχια, con le osservazioni di Nilsson, Griech. Feste. . . cit., p. 56 e Pfister, s.v. Theodaisia, RE, ζ. R., X, 1934, col. 1711 e gli Herophaneia megaresi (IG, VII, 48, con le osservazioni di Salviat, cit., p. 255 e n. 4).

MEFRA 1983, 1. 31

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su quali basi sia stato concepito questo xenismos di Formione. Egli difatti poteva ben essere rappresentato in qualità di ospitato, una volta che, secondo quanto accade per Pindaro a Delfi, fosse stato assimilato ad una figura dotata di prerogative in qualche modo sovrumane; della qual cosa peraltro la stessa tradizione antica reca una traccia importante, nel momento in cui lo accomuna a figure quali Aristea, Abari, Ermotimo, Pitago- ra, Empedocle, Epimenide33. E d'altra parte il frammento teopompeo lascia chiaramente pensare, per l'arrivo di Formione a Sparta, ad una sorta di Himmelsfahrt, e, per i suoi spostamenti a Crotone e Cirene a viaggi estatici, elementi questi, entrambi pertinenti a quelle figure di Wundermänner arcaici che Diels, Rohde, Meuli, Dodds hanno lumeggiato in opere capitali34. Passando ad altro ordine di riflessioni, occorre notare che il frammento in esame non induce affatto a credere che l'invito rivolto a Formione dai Dioscuri a recarsi a Cirene abbia necessariamente per scopo la sua guarigione e tantomeno che il silfio rappresenti il mezzo della cura. Il silfio è in realtà soltanto il simbolo della Cirene battiade, nella sua qualità di antica e famosa sede del culto dei Dioscuri, del quale Batto stesso si voleva fosse stato il fondatore35. Ciò spinge ad ammettere anche l'analogo esplicito ruolo simbolico che il silfio assume nella parallela vicenda del Formione lacone tramandata da Pausania. Va infine osservato che nella ricostruzione del Van Compernolle il carattere di tradizione recenziore e contaminata attribuito alla storia di Formione acquista plausibilità perché la versione «Dioscuri-Olimpia» alla quale essa si collega, è reputata nel complesso dipendente, e perciò recenziore rispetto alla versione «Aiace-Delfi». Ma una volta che simile ricostruzione dei rapporti intercorrenti tra le due tradizioni si sia rivelata priva di valore cogente e non persuasiva, sarà necessario rivedere anche il giudizio intorno alla storia di Formione.

In base dunque alle osservazioni sin qui condotte potremo affermare di trovarci in presenza di una redazione certo banalizzata, nonché sintetica e probabilmente lacunosa, ma essenzialmente coerente, di una leggenda incentrata sul motivo del «pellegrinaggio» del duce sconfitto a Sparta

33 Clem. Al., Strom., I, 133, 2. 34 Cfr. in proposito la scheda bibliografica compilata da Burket, Lore and

Science. . . cit., η. 229 a p. 162. Quanto agli elementi della tradizione su Formione di cui si fa cenno nel testo, cfr. più diffusamente infra, p. 505 e n. 115-119.

35 Circa il ruolo del silfio, cfr. Meineke, Fragmenta poetarum. . . cit., p. 1227 sg. ; Diels, Parmenides. . . cit., p. 19; Weniger, Theophanien. . . cit., η. 2 p. 40. Per Batto fondatore del culto dei Dioscuri a Cirene vd. Schol. Pi., P., V, 10.

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e Cirene, le sedi privileggiate di quel culto dorico dei Dioscuri il cui soccorso Locri vantava di aver ricevuto.

Ma anche su questa leggenda occorrerà tornare al fine di individuarne il livello cronologico ed i rapporti che la connettono alla tradizione « Dioscuri-Sparta ». Per ora preme maggiormente di trarre alcune iniziali conclusioni dalla revisione condotta in queste pagine della ricostruzione proposta dal Van Compernolle. Ci sembra dunque di poter affermare che siamo di fronte a tre gruppi di fonti rappresentanti : a) una tradizione incentrata sull'ausilio portato dai Dioscuri spartani ai Locresi in occasione della battaglia della Sagra; b) una storia delle avventure dello stratega crotoniate Formione, guarito a Sparta da un Dioscuro; e) una leggenda relativa al ferimento da parte di Aiace del crotoniate Leonimo ed alla sua guarigione nell'isola di Leuke.

Quali siano i reciproci rapporti tra questi nuclei di tradizione ci proponiamo di discutere successivamente; certa fin d'ora sembra però l'impossibilità di ammettere l'esistenza di una versione «Aiace-Delfi» organicamente configurata quale versione complessiva delle vicende connesse alla battaglia della Sagra, da considerare parallela e simmetrica, sia rispetto ai momenti in cui si articola, sia rispetto alla sua natura d'insieme, alla tradizione «Dioscuri-Olimpia».

2. Di quest'ultima tradizione è ora il caso di passare ad esaminare natura, attendibilità storica e cronologia.

Ai fini dell'individuazione del suo complessivo orientamento risulta importante poter riscontrare l'assenza di ragioni convincenti per considerarla una tradizione in primo luogo volta a glorificare Zeus ed Olimpia. Nella narrazione giustinea, difatti, la presenza dell'aquila, simboleggiante il favore di Zeus36, non risulta posta in particolare rilievo, ma viene presentata quale semplice signum di vittoria ; ed il suo ruolo appare in definitiva marginale rispetto al motivo conduttore della storia, costituito dal rapporto privilegiato di Locri con Sparta e dall'epifania dei Dioscuri. Quanto poi all'elemento 'olimpico', cioè il miracoloso annuncio della vittoria nel santuario panellenico, mentre non si riscontra in Giustino, esso è presente esclusivamente in Cicerone e Strabone37; ma in quest'ultimo è introdotto separatamente dal precedente resoconto dei fatti della Sagra e

36 Vd. K. Sittl, Der Adler und die Weltkugel als Attribute des Zeus in der griechischen und romischen Kunst, in JKPh, 1885, Suppl. XIV, p. 1-51.

37Cic, nat., 11,2,6; 111,5, 11; Strab., VI, 1,10.

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svalutato come tradizione di carattere favoloso38. La tradizione paremio- grafica è invece concorde nel presentare la localizzazione spartana dell'annuncio della vittoria, in totale consonanza con l'orientamento della narrazione, la quale si concentra sui particolare della richiesta locrese di aiuto a Sparta e dell'intervento dei Dioscuri39. In proposito va sottolineato che i più antichi rappresentanti della tradizione paremiografica in questione sono Zenobio e Pausania atticista, autori vissuti entrambi in età adrianea, i quali potevano attingere, attraverso la mediazione di Lucillo Tarreo, alla raccolta di paroimiai di Didimo, il che ci riporta ad un settore della cultura alessandrina caratterizzato da precisi interessi antiquarì, sostanziati dall'utilizzazione di ottime fonti40.

L'annuncio della vittoria a Sparta si ritrova dunque in questa tradizione paremiografica, in Giustino, in Plutarco e forse in Diodoro41; l'annuncio della vittoria ad Olimpia in Cicerone e, con le riserve di cui sopra, in Strabone. Così stando le cose ne consegue che il giudizio formulato dal Van Compernolle dovrebbe essere corroborato quanto meno da persuasivi argomenti a favore della maggiore attendibilità di Cicerone rispetto agli autori appena elencati. Tali argomenti tuttavia mancano : allegare eventualmente la presenza di Timeo in Cicerone42, infatti, comporterebbe

38 Dopo aver accennato alla battaglia e menzionato alla paroimia, Strabone aggiunge : Προσμεμυθεύκασι δ'ενιοι και διότι αυθημερόν του αγώνος ένεστώτος Όλυμπίασιν άπαγγελθείη τοις έκεΐ το συμβάν. . .

39 La tradizione paremiografica è rappresentata da Paus, gr., fr. 34 Schwabe = 64 Erbse; Zen., Π, 17 CPG; Apostol., II, 12 CPG (cf r. Suid., s.v. 'Αληθέστερα των έπί Σάγρα); Makar., I, 84 CPG.

40 Per i dati essenziali intorno a Pausania, cfr. C. Wendel s.v. Pausanias (22), RE, XVIII, 1949, col. 2406-24; H. Erbse in ADAW, 1949, 2, p. 21, 54 sg. e n. 2; su Lucillo Tarreo, vd. O. Gudeman, s.v. Lukillos, RE, XIII, 2, 1927, col. 1785-1791; su Didimo, Ο. COHN, s.v. Didymos (8), RE, V, 1, 1903, col. 445-472. Importante discussione delle fonti di Zenobio, in O. Crusius, Analecta ad Paroemiographos graecos, Leipzig, 1893 = CPG Suppl., [Hildesheim, 1961], p. 90-97, 147, dove si ipotizza la presenza dell'attidografo Demone alle origini della tradizione confluita in Zenobio; ma cfr., al riguardo, le considerazioni riduttive svolte da E. Schwartz, s.v. Demon (3), RE, V, 1, 1903, col. 142-143.

41 In Plutarco l'annuncio è riferito al Peloponneso (Aem., XXV, 1) : verosimilmente si tratta di una banalizzazione generalizzante. In D.S., Vili, 32, il particolare dell'annuncio della vittoria manca; ma non sembra impossibile ammettere, se effettivamente Pausania dipende da Diodoro ο dalla sua fonte (Van Compernolle, Ajax et les Dioscures. . . cit., p. 737), che tale particolare, presente in Pausania, non mancasse anche in Diodoro e che sia andato perduto nella redazione degli Excerpta Vaticana cui appartiene il fr. Vili, 32.

42 1 luoghi ciceroniani citati dal Van Compernolle (n. 1 p. 747), però, non dimo-

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che si chiarisse per quale ragione Trogo, da Timeo ampiamente dipendente nella pagina di Giustino in questione43, avrebbe accantonato l'elemento 'olimpico' a favore di altri, e per quale ragione in maniera analoga si sarebbero comportata l'erudizione alessandrina che sta alla base della tradizione paremiograf ica ; tanto più che, laddove l'annuncio della vittoria ad Olimpia si configura come particolare in qualche modo topico44, l'annuncio a Sparta è ben più raro e specifico, nonché organico rispetto all'orientamento della tradizione.

Bisognerà concluderne che ο la tradizione timaica non conosceva ancora il particolare del miracoloso annuncio della vittoria45, nel qual caso saremmo di fronte a posteriori autoschediasmi tutti di scarso valore, ο essa recava sia l'elemento 'olimpico' sia quello spartano, ma anche in questo caso il primo non potrebbe certo essere ritenuto più rilevante e caratterizzante del secondo.

Preferiamo pertanto contraddistinguere questa tradizione come «tradizione Locri-Dioscuri-Sparta » 46.

In essa il rilievo assunto dal ruolo di Sparta appare di per sé evidente, ma vale la pena di sottolineare al riguardo il fatto che la città laconica in Giustino sia presentata quale soda urbs*7. E questo perché in quello che è il più calzante parallelo tipologico dell'invio dei Dioscuri ai Locresi da parte degli Spartani, e cioè l'invio da parte di Egina degli Aiakidai ai

strano, a rigore, che Cicerone abbia attinto a Timeo la storia dell'annuncio della vittoria locrese ad Olimpia.

43 In merito, cfr. più diffusamente infra, p. 493-494 e n. 73-74. 44 Può essere interessante notare che secondo Plinio (VII, 86) fu annunciata ad

Olimpia anche la vittoria di Crotone su Sibari. Sullo sfondo di consimili tradizioni si delinea l'importanza panellenica di Olimpia e la sua funzione rappresentativa e 'pubblicitaria'. Piace di riportare quanto in proposito osservava J. Burckhardt : «Olimpia era e restava per sempre l'unico luogo adatto alla pubblicità universale della Grecia ; ... Chi voleva comunicare qualcosa a tutti i Greci doveva ο comparire egli stesso ad Olimpia ο apporvi un'opera d'arte con iscrizione» (Storia della civiltà. . . cit., II, p. 317).

45 Così von der Mühll, Der grosse Aias, cit., p. 46. 46 Naturalmente questo è il risultato minimo che è possibile acquisire dalla

discussione testé conclusa; ma si potrebbe anche ipotizzare che nella tradizione raccolta da Timeo fosse presente solo l'annuncio a Sparta, ove si ritenesse di consentire con la suggestiva osservazione di Cassola (Inni omerici, cit., p. 453), secondo la quale : « Che il messaggio sia portato dagli stessi Dioscuri non è detto esplicitamente, ma è ovvio e risulta chiaro dalle imitazioni romane (Lago Regillo ; battaglia di Pidna in Cicerone. . .) ».

47 Vd. XX, 2, 13.

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Tebani, su loro richiesta, negli ultimi anni del VI secolo48, figura esplicitamente affermata quale premessa necessaria dell'intera vicenda l'esistenza di un rapporto tra le due città, in questo caso configurato da un legame di syngheneia radicato sul piano delle genealogie mitiche ed avallato dall'oracolo delfico49.

Il che significa evidentemente che in età arcaica consimili tradizioni relative alla richiesta dell'intervento di eroi soccorritori rivolta ad un'altra polis presupponevano la riconosciuta esistenza di uno stretto nesso tra le città protagoniste del rapporto. Questo il senso che all'espressione di Giustino va assegnato e questo quanto nella realtà storica effettivamente si verificava, come si avrà modo di ribadire tra breve.

Un altro elemento che nella sua natura rimanda inequivocabilmente all'orizzonte spartano è possibile recuperare al livello degli elementi costitutivi della tradizione. Si tratta del miracoloso intervento dei Dioscuri a favore dell'esercito, in questo caso locrese. Infatti, sebbene da un punto di vista generale esso sia profondamente consentaneo alla intrinseca natura di σωτήρες dei Dioscuri50, pure è dato di trovare tale elemento in connessione pressoché esclusivamente con momenti e personaggi della storia di Sparta in età arcaica e classica. Particolarmente significative da questo punto di vista sono le tradizioni relative a due stratagemmi consimili messi in atto rispettivamente da Aristomene e dai giovani messeni Gonippos e Panormos all'epoca della battaglia di Steniclaro, la storia dell'espediente ideato da Archidamo per rincuorare le sue truppe a Dipaia, durante una campagna in Arcadia; l'apparizione dei Dioscuri sulla

48 Hdt., V, 80,2. Che in questo passo non si alluda semplicemente ad una trasla- zione di effigi, ma si implichi anche la viva credenza nella personale assistenza assicurata dagli eroi, è quanto persuasivamente sostiene Pritchett, The Greek State at War. . . cit., p. 15-17, il quale richiama anche la tradizione giustinea circa i fatti della Sagra. Sulla data degli avvenimenti cui in Erodoto si fa riferimento, cfr. L. H. Jeffery, in AJPh, 83, 1962, p. 45.

49 Come si ricorderà, i Tebani avevano consultato l'oracolo, volendo vendicarsi degli Ateniesi, e avevano ricevuto il responso di rivolgersi «ai più vicini»; vale a dire, agli Egineti : che le sorelle Thebe ed Aigina erano entrambe figlie di Asopos (Hdt., V, 79-80).

50 Le principali testimonianze al riguardo sono rappresentate da h. Horn., XXXIII, 6-7; Theoc, XXII, 5-9; Strab., V, 32; Plu., mor., 944d; nonché dalle iscrizioni menzionate in S. Wide, Lakonische Kulte, Leipzig, 1893, p. 310 e discusse da Paton, De cultu. . . cit., p. 33. Fonti ulteriori e riflessioni su questo aspetto centrale della natura dei Dioscuri, in Wide, cit., p. 324; Bethe, 5. ν. Dioskuren, cit., col. 1094- 1095; Weniger, Theophanien, cit., p. 54-56, ma, soprattutto, nel commento di A. S. Pease al De natura deorum di Cicerone (New- York, 19792, II, p. 553-554, 702).

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nave di Lisandro nella battaglia di Egospotami51. Tutte queste tradizioni esplicitano ο presuppongono chiaramente la presenza in ambiente spartano della credenza nelle epifanie dei Dioscuri in qualità di symmachoi e di protettori. E che di questo ambiente tale credenza fosse caratteristica testimonia appunto la distribuzione delle tradizioni, quando si prescinda da quelle di età romana che mostrano netti i caratteri di derivazione dalle concezioni greche52; e d'altra parte, che tale credenza fosse intrinsecamente costitutiva della rappresentazione dei Dioscuri in Laconia mostra la relazione privilegiata che essi intrattenevano in generale con la sfera di valori e le istituzioni connesse al mondo della gioventù guerriera53, ed in particolare con l'esercito schierato a battaglia, che essi seguivano, έπί- κλητοί σφι έόντες, come attesta Erodoto.

A puntualizzare ulteriormente il complessivo orientamento della tradizione relativa al soccorso portato dai Dioscuri ai Locresi qui in esame servirà ora definire quali elementi la qualifichino come ispirata ad un punto di vista locrese. Questi elementi sembra di poter rinvenire : nella

51 Vd. Paus., IV, 27, 1-3; Polyaen., II, 31, 4 (Aristomene. Per un'epifania dei Dioscuri ad Aristomene, invece, cfr. Paus., IV, 16,9); Polyaen., I, 41, 1 (Archida- mo); Plu., Lys., XII, 1 ; XVIII, 1 ; Paus., X, 9, 7; cfr. SEG XIX, 394 (Lisandro).

52 Consimili leggende sono relative alle battaglie del lago Regillo, di Pidna, di Vercelli e di Farsalo; le fonti in proposito sono raccolte da L. Deubner, in NJA, 9, 1902, p. 370-371 e Pease, op. cit., p. 553-554.

53 Tali relazioni si desumono anzitutto dalla natura e dalla collocazione topografica di alcuni culti : all'uscita del Dromos era situato il santuario dei Dioscuri e delle Cariti; al suo ingresso, invece, si trovavano le effigi dei Dioscuri Άφετήριοι (Paus., Ill, 14, 6-7). A Therapne il tempio dei Dioscuri era situato nel Phoibaion, dove gli efebi sacrificavano ad Enyalios prima della lotta rituale che si svolgeva nel Platanistas (Paus., Ili, 14, 9 sg.). Sul contesto iniziatico e di preparazione all'attività militare in cui si inseriva questa presenza dei giovani nel Dromos ed a Platanistas, cfr., per tutti, A. Brelich, Paides e Parthenoi, Roma, 1968, p. 122, 139. Quanto al passo erodoteo citato, esso va inteso, alla luce del significato di «zu Gaste bitten, herbeirufen» che il verbo έπικαλεΐν assume in contesti rituali di tipo teossenico (Weniger, Theophanien. . . cit., p. 19), in riferimento alla credenza nella reale presenza dei Dioscuri presso l'esercito assicurata dall'invocazione rituale (cfr., in proposito, anche Pritchett, The Greek State at War. . . cit., p. 14 sg., con discussione dei casi paralleli). Valore di testimonianza indipendente del nesso dei Dioscuri con la sfera militare a Sparta riveste, conseguentemente, la consuetudine di portare nelle spedizioni belliche il loro simbolo, i δόκανα (Plu., mor., 478b). Significativa ai fini del nostro discorso è inoltre la notizia di Pausania (IV, 27, 2) circa la celebrazione di una heorte in onore dei Dioscuri nell'accampamento dell'esercito; anche la melodia che accompagnava l'esercito in battaglia, il καστόρειον μέλος era connesso ai Dioscuri (Plu., mor. 1140c; altre fonti in Wide, Lakonische Kulte, cit., p. 309).

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attribuzione ai Crotoniati della responsabilità della guerra; nella sottolineatura della schiacciante superiorità delle forze crotoniati e, per conseguenza, del carattere prodigioso del successo locrese; infine nella eviden- ziazione del favore divino goduto da Locri ed, in particolare, dell'appoggio dell'oracolo delfico, tradizionalmente vicino ai nemici Crotoniati.

Occorre tuttavia chiedersi se la presenza di questi elementi che qualificano in senso filo-locrese la tradizione non contrasti con la logica che anima la più vasta pagina di storia magno-greca entro la quale nell'epitome giustinea essa si trova inserita. È evidente infatti che questa pagina si concentra sull'avvento di Pitagora e sulla sua figura, presentata in maniera positiva54, e che ciò assicura di per sé un ampio spazio alle vicende di Crotone. Ma è da discutere se ciò implichi necessariamente una tradizione favorevole alla città achea. Certamente, non v'è dubbio, ad esempio, che Crotone sia rappresentata come animata da fiero spirito di resistenza contro Dionigi e quasi come il simbolo della grecita italiota55; ma se la

54 Così, acutamente, Ciaceri, Storia della Magna Grecia, cit., p. 245 : «È chiaro che il racconto deriva da una fonte che gli avvenimenti tutti ricollegava con le sorti di Catone e di Pitagora». Che nella pagina giustinea sia da ravvisare un orientamento favorevole a Crotone ha sostenuto U. Cozzoli, Siris, in Seconda Miscellanea Greca e Romana, Roma, 1968, p. 12-13, ritenendo che : a) i Crotoniati risultino assolti per la strage di Siri; b) non siano stati aiutati da Apollo nella battaglia a causa dell'offerta solo di poco superiore fatta dai Locresi ; e) la valutazione positiva della figura di Pitagora implichi un'ottica favorevole a Crotone. Ma si osservi : quanto al punto e), il rapporto di implicazione tra le due circostanze non sembra necessario, potendosi sempre trattare di una valutazione positiva di Pitagora di origini storiografiche e non legata ad una tradizione riflettente il punto di vista di una comunità; quanto al punto b), nulla permette di credere che la storia della nona sia connotata negativamente, né le modalità con cui i Locresi vengono a conoscenza del voto (che appaiono derivare da un modulo narrativo ricorrente nel capitolo ; cfr. 2, 7 e 3, 1), né la circostanza che i Locresi tennero nascosto il voto, giacché questa non impedì certo al dio di Delf i di apprezzarlo ed esaudirlo ; quanto infine al punto a), il suo valore probante è sminuito dalla circostanza che Crotone, avendo aggredito Locri, alleata di Siri, soccombette per il manifesto sfavore divino, il che è come dire che alla tradizione pare sotteso un sottile filo unitario da riconoscere nel motivo dell'insufficiente devozione delle città achee (così, sostanzialmente a ragione, per quanto ci riguarda, analizzava la pagina di Giustino Ciaceri, Storia della Magna Grecia, cit., II, p. 243-244.

Le considerazioni che precedono vanno naturalmente valutate alla luce dei livelli locresi e spartani della tradizione che la discussione condotta nel testo viene rivelando.

55 Vd. XX, 5, 2-3 : (Dionysius) expugnatis Locris Crotonienses vix vires longo odo ex prions belli clade resumentes adgreditur, qui fortius cum paucis tanto exercitui

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tendenza anti-dionigiana che sottende l'intero libro è chiaramente giunta a Trogo attraverso le sue fonti, per contro la presentazione della resistenza crotoniate tradisce nello stile e nel rapporto con il contesto l'intervento di Giustino. La mano dell'epitomatore pare infatti riconoscibile nel diretto accostamento tra il periodo pitagorico e l'arrivo del tiranno siracusano riscontrabile nella narrazione : un procedimento sintetico e sommario che fa il paio con la precedente omissione della vittoria crotoniate sui Sibariti56. Così stando le cose, non pare prudente valorizzare in una prospettiva filo-crotoniate la presentazione della città all'epoca della lotta con Dioni- sio, così come, per altro verso, non ci sembra sicuro che la minimizzazio- ne del ruolo del periodo metapontino della vita di Pitagora implichi una tendenza favorevole a Crotone rispetto a Metaponto e non sia piuttosto anch'essa una conseguenza della «compressione» subita dal testo di Trogo per opera di Giustino. Importa viceversa sottolineare che se ci si rivolge a considerare i paragrafi del cap. 2° del XX libro relativi alla vicenda della presa di Siri, si può osservare un elemento congruente con quell'orientamento favorevole a Locri che si è riscontrato nel cap. 3° relativo alla battaglia della Sagra. Ove si tenga presente che il cap. 2°, accanto ad elementi di peculiarità, ne preserva altri che trovano preciso riscontro in fonti appartenenti alla tradizione timaica57 e che esso pare aver subito l'intervento dell'epitomatore in misura assai minore che non il resoconto

eius quam antea cum tot militibus Locrensium paucitati restiterunt. Tantum virtutis paupertas adversum insolentes divitias habet, tantoque insperata interdum sperata victoria certior est.

56 Non riteniamo possibile, in altri termini, che nella tradizione confluita in Trogo mancasse se non altro una menzione delle vicende che coinvolsero Sibari e Crotone; cfr., al riguardo, A. Enmann, Untersuchungen über die Quellen des Pom- peius Trogus für die griechische und sizilische Geschichte, Dorpat, 1880, p. 35-36 e, in anni più vicini a noi, K. von Fritz, Pythagorean Politics in Southern Italy, New- York, 1940, p. 45-47.

57 II sacrilego massacro compiuto dagli Achei nel santuario di Atena a Siri (XX, 2, 4-5), trova riscontro in Lyc, 984-983 e Strab., VI, 1, 14. La comune fonte può essere rappresentata solo da Timeo : cfr. Enmann, Untersuchungen. . . cit., p. 32-35 e J. Geffken, Timaios' Geographie des Westens, Berlino 1892, p. 71 sg. Esclusivamente in Giustino si trova il particolare della pestilenza e del conseguente ricorso a Delfi di Crotone e Metaponto (XX, 2, 6-9) ; ma si tratta di una tradizione che preserva elementi tipicamente arcaici, connessi all'ideologia delfica della purificazione dal sangue omicida ed alla fede nel potere di persecuzione dei defunti che sono perfettamente attendibili. Non potendo in questa sede approfondire l'analisi, ci limitiamo a rinviare alle considerazioni svolte da G. P. Carratelli, Problemi della storia di Metaponto arcaica, in Atti del XIII Convegno di studi sulla Magna Grecia, Taranto 14-19 ott. 1973, Napoli, 1974, p. 65-66.

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delle imprese dionigiane58, allora si potrà legittimamente conferire una certa importanza alla circostanza che la storia della presa di Siri sia animata da una sottile tendenza ostile alle città achee. Essa è riscontrabile nell'interpretazione della presa della città ionica come un agos da espiare subendo una pestilenza; nell'attribuzione alle città achee dell" imperiali- stico' disegno di espellere tutti gli altri Greci dalla regione59; infine nella presentazione di Locri e Siri quali alleate ed accomunate nella analoga sorte di vittime dell'aggressione achea.

Il risultato della disamina condotta sembra così confermare la precisa possibilità di intendere la storia dello scontro tra Locri e Crotone esposta nel cap. 3° come costruita su elementi facenti parte di una tradizione di ispirazione favorevole a Locri.

Prima di procedere ad esaminare cronologia ed attendibilità della tradizione che si è potuto definire «Locri-Dioscuri-Sparta», mette conto di segnalare la presenza in essa di un altro elemento che conduce in direzione locrese. Si tratta del particolare del voto della nona ad Apollo.

È già stato osservato che nelle tavolette dell'archivio dell'Olympieion locrese figura la nona quale modalità di ripartizione dei proventi60, mentre la decima compare una sola volta, nell'ambito, però, di una formula che serve ad indicare la nonagesima61. Si tratta senza dubbio di un istituto raro, apparentemente peculiare a Locri, che si è voluto connettere alla presenza di strutture ternarie in ambito dorico62. Ora, va sottolineato che

58 Ciò si desume dal confronto tra il Prologus in cui il XX libro appare in gran parte riservato alle vicende di Dionisio e la redazione dell'epitome giustiniana, in cui ad esse è dedicata solo una delle sette pagine Teubner su cui si estende l'intero libro; laddove i cap. 1-3, che originariamente dovevano rappresentare un excursus relativo alle origines delle città greche d'Italia, occupano il restante spazio; che questo excursus sulle origines delle città greche riproduca da vicino il testo troghia- no sostengono G. Forni, Valore storico e fonti di Pompeo Trogo. 1. Per le guerre greco-persiane. Urbino, 1958, p. 56-57 e L. Ferrerò, Νόστοι e Κτίσεις in Trogo e Velleio Pater colo, in Studi in onore di L. Castiglioni, I, Firenze, I960, p. 271-289.

59 Vd. XX, 2, 3. Che in questo passo una reale situazione di convergenza di interessi tra le città achee sia riflessa da una fonte ideologicamente interessata a proporre il motivo della solidarietà etnica achea quale sfondo della loro ostilità nei confronti di Siri ha sottolineato Pugliese Carratelli, Problemi della storia di Meta- ponto . . ., cit., p. 57.

60 A. De Franciscis, Stato e società in Locri Epizefirii. L'archivio dell'Olympieion locrese, Napoli, 1972. Le tavolette in questione sono la nr. 15 (1. 11-13) e la nr. 16 (1. 10).

61 Vd. la tavoletta nr. 25, 1. 9. 62 Così Musti, Problemi della storia di Locri Epizefirii, in Atti del XVI Conve

gno. . . cit., p. 27-30, il quale opera un suggestivo collegamento con la presenza a

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la nona in Giustino compare come offerta votiva ad Apollo di una parte del frutto della vittoria : siamo cioè in un contesto diverso da quello fiscale, e caratterizzato da quella intima solidarietà che unisce i concetti di offerta votiva, offerta primiziale ed offerta sacrificale. D'altra parte possiamo affermare, sulla base del ben conosciuto processo di evoluzione della dekate da offerta votiva a modalità di computo finanziaria63, che la valenza di offerta votiva della nona si colloca ad un livello cronologico e culturale più antico rispetto all'uso fiscale della stessa. Il che offre qualche garanzia che la storia della nona presente in Trogo-Giustino non rappresenti un autoschediasma storiografico fondato sull'osservazione del sistema fiscale e finanziario della Locri ellenistica, ma preservi la nozione di una rara pratica votiva tipica dell'ambiente locrese. Tale conclusione viene confortata da alcune considerazioni in base alle quali pare possibile mostrare l'attendibilità e la plausibilità di una tale pratica.

Si è detto dell'affinità intrinseca di offerta votiva ed offerta sacrificale. Ora, esistono alcuni ambiti sacrificali in cui assume un ruolo la ripartizione in nove parti. Vanno citati il sacrificio di nove tori nel culto di Zeus Kenaios in Eubea e nella festa di Zeus Polieus a Kos, e soprattutto quello di nove tori per Posidone da parte delle nove hedrai nella Pilo omerica64. In secondo luogo, va rammentata l'occor- renza del verbo enateuein in regolamenti sacrificali di Mykonos e Thasos, relativi rispettivamente al culto di Semele ed Eracle65. Sebbene non possa essere considerato concluso il dibattito suscitato dell'interpretazione della natura delle reatà sacrificali in gioco a Thasos66, da tutti si concorda perlomeno sul fatto che con enateuein si implica la divisione della vittima in nove parti e si intende propriamente il prelievo della nona parte della medesima67.

Locri di triadi magistratuali riflettenti, verosimilmente, una ripartizione del corpo civico in tre tribù, già dimostrata da D. Lewis, in Klio, 52, 1970, p. 247-253.

é3Cfr., al riguardo, la messa a punto di B. Bergqvist, Heracles on Thasos. . ., Uppsala, 1973, p. 77-78; in generale, ancora utile H. Beer, Απαρχή und verwandte Ausdrücke in griechischen Weihinschriften, Würzburg, 1914.

64 Vd. B., XVI, 16-17 (Zeus Kenaios); Syll.3 1025 = F. Sokolowski, Lois sacrées de cités grecques, Parigi, 1969, nr. 151, A, 1. 5 (Zeus Polieus); Hom., Od., Ili, 58.

65 Sokolowski, cit., nr. 96, 1. 22-23 (Mykonos); Id., Lois sacrées de cités grecques Supplément, Parigi, 1962, nr. 63, 1. 5-6; IG XII, 353 (Taso). Le iscrizioni tasie sono ripubblicate ed accuratamente discusse da Bergqvist, Heracles on Thasos. . . cit., p. 65-69 (ivi, alle n. 59-63 delle p. 30-31, l'ampia bibliografia precedente).

66 Per uno status quaestionis ed un'attenta disamina delle interpretazioni della pratica cui allude il verbo ένατεύειν avanzate da Stengel, Nilsson, Picard, Seyrig, Launey, Pouilloux, Sokolowski, vd. Bergqvist, cit., p. 70-80, e le osservazioni di J. Pouiloux, L'Héraclès thasien, in REA, 34, 1974, p. 305-316.

67 Da ultimo ha ribadito tale interpretaziune G. Manganaro, Epigrafia ed istituzioni di Creta, in Antichità cretesi. Studi in onore di Doro Levi, Catania, 1978, I, p. 47.

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Dunque divisione per nove, sacrificio di nove vittime, prelievo della nona parte in contesto sacrificale : da qui alla dedica al dio della nona parte delle spoglie nemiche il passo è breve.

Si è fatto poi cenno alla maggiore antichità della pratica votiva rispetto a quella fiscale. Ora, lo stesso principio enneadico è in sé più antico di quello fiscale : ciò ha potuto mettere in luce Roscher, attraverso la dimostrazione che le valenze sacrali del numero nove, le quali in seguito danno luogo ad un uso «tradizionale» del numero stesso, hanno avuto origine nell'ambito dei computi cronologici basati sui cicli lunari68. In questa natura arcaica del principio enneadico potremo allora trovare una spiegazione del carattere di rarità e apparentemente di desuetudine dell'enate rispetto alla dekate dal punto di vista del loro uso sacrificale e votivo.

Quanto poi al fatto che sia Apollo delfico il destinatario del voto locrese della nona va osservato che, se il voto della dekate è elemento assolutamente tipico in questo contesto69, un ruolo significativo nell'ambito del mito e del culto apollinei riveste anche il numero nove. Informate al principio enneadico sono anzitutto alcune grandi feste apollinee : le Carnee laconiche, che durano nove giorni e vedono una distribuzione delle fratrie in nove skiades, in ognuna delle quali nove uomini partecipano al pasto rituale70; e poi i Daphnephoria tebani, il Septerion ed i Py- thia presolonici a Delfi, tutti celebrati secondo un ciclo enneaterico71. È dato inoltre di rilevare altri elementi rituali e mitici caratterizzati da determinazioni ennea- diche : nove, secondo la tradizione locale trezenia, furono i purificatori di Oreste, e connessi al santuario di Apollo ; il nono è il giorno del sacrificio ad Apollo delfinio a Mileto; nove giorni dura nell'Iliade la pestilenza inviata da Apollo agli Achei; nove anni dura la servitù di Apollo nei confronti di Admeto ; nove giorni durano le doglie di Latona ; nove generazioni la vita del profeta apollineo Tiresia ; nove infine i mesi apollinei dell'anno cultuale delfico72.

Naturalmente, il ruolo del numero nove in ambito apollineo, che pure è importante, non è se non un aspetto di un più ampio contesto di valori e di istituzioni caratterizzato dal valore ieratico del numero nove. Per questo motivo non sarebbe prudente pensare la pratica locrese deW enate originatasi in ambito apollineo ; sem-

68 Die enneadischen und hebdomadischen Fristen und Wochen der ältesten Griechen, in ASG, 23, 1903, in partie, p. 15-16, 70 sg.; Enneadischen Studien, ibid., 26, 1907, 1, in partie, p. 35; cfr. pure Die Sieben und Neunzahl im Kultus und Mythos der Griechen, ibid., 24, 1904, 1. Penetranti osservazioni sul carattere sacro del numero nove nel mondo minoico-miceneo si leggono inoltre in R. F. Willets, Cretan Cults and Festivals2, New- York, 1962, p. 92-99.

69 Cfr. in proposito H. W. Parke, Consecration to Apollo, in Hermathena, 72, 1948 p. 82 sg.; H. W. Parke-D. E. W. Wormell, The Delphic Oracle, Oxford 1971, I, p. 51 sg.

7° Athen., IV, 141 e. 71 Procl., Chr., αρ. Phot., bibl, 321b, 9-10 Bekker = 164, 9-10 Henry {Daphneph

oria); Plu., quaest.gr., XII = 293c {Septerion); Schol., Pi., Hyp. P. 4, 14-15 Drachmann; Censor., XVIII, 6 {Pythia).

72 Paus., II, 31, 8 (Trezene); SBAW, 1904, 622 sg. (Mileto); Hom., //., I, 53 (pestilenza nel campo acheo); [Apollod.], Ili, 10, 4; Serv., Aeu., VII, 761 (Apollo ed Admeto); — h. Hom., Αρ., 91 (doglie di Latona); Tz., ad Lyc, 682 (Tiresia); Plu., de E ap. Delph., IX = 389c.

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bra peraltro di poter affermare che i Locresi l'abbiano sentita congrua ad un tale ambito, considerandola appropriata ad un voto indirizzato ad Apollo in un'occasione fondamentale per la vita della città. Il che pare tanto più plausibile ove si pensi che l'elemento enneadico ricorre con una certa frequenza proprio a Delfi. Ed allora una tradizione quale questa presente in Giustino, che preserva un particolare così peculiare, eppure in sé pienamente attendibile, nella misura in cui presuppone un aspetto minore dell'apollinismo delfico, è verosimile che abbia radici ben più profonde che non se si trattasse di un particolare artificiale, inventato per descrivere nei termini di una sorta di ruse numerica il voto locrese ad Apollo.

Se le nostre osservazioni colgono nel segno, potremo allora concludere di trovarci in presenza di una tradizione che conserva la nozione di un elemento assai specifico e pregnante proprio dell'atmosfera religiosa locrese, una tradizione che dunque anche sotto questo aspetto si riconferma vicina all'ambiente locrese e relativamente ad esso ben informata, e perciò congruente con l'orientamento filolocrese che nella medesima tradizione si è potuto in precedenza cogliere riguardo ad altri aspetti. Tutti questi caratteri, inoltre, si lasciano agevolmente interpretare alla luce dell'ipotesi che si tratti di una antica tradizione locale, di origine arcaica ed inizialmente diffusa in forma orale.

Ma tale ipotesi va senza dubbio controllata attraverso la disamina della complessiva attendibilità e della cronologia della tradizione «Locri- Dioscuri-Sparta ».

Si impongono in primo luogo alcune osservazioni sul piano storiografico. La cospicua presenza di Timeo nella tradizione troghiana relativa alle vicende magno-greche è un dato che, dopo la dimostrazione offerta da Enmann, fa parte delle acquisizioni della Quellenforschung ottocentesca ritenute più solide73. Oggi, più che limitarsi a riproporre tale dato, occorrerebbe approfondirlo, chiarendo soprattutto la precisa entità dell'apporto timaico e soprattutto la sua eventuale non esclusività, nonché passare, sul piano metodologico, dall'analisi dei loci similes alla valu- tazione delle tendenze di fondo presenti nei vari momenti della tradizione. Da questo punto di vista andrebbero ad esempio riconsiderati i paragrafi pitagorici del 1. XX di Giustino, nei quali pare assicurata la presenza di Timeo, nonostante alcune difficoltà peraltro superabili74, ma pure sem-

73 Vd. Untersuchungen. . . cit., Geffken, Timaios' Geographie . . ., cit., p. 71 sg. ; Laqueur, s.v. Timaios, RE, z. R., XI, 1936, col. 1187; Jacoby, FGrHist 566 III B Kommentar [Text], p. 527 (e η. 27, 31), 529; in particolare, relativamente alle vicende magno-greche, cfr. L. Moretti, in RFIC, n.s. 30, 1952, n. 1 p. 291; Brown, in AJPh, 73, 1952, p. 340; Burkert, Lore and Science. . ., cit., p. 104 e η. 35.

74 La principale sembra costituita dalla diversa rappresentazione della tryphe crotoniate : per Giustino, susseguente alla Sagra, alla presa di Sibari per Timeo

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bra di poter cogliere sullo sfondo l'apporto di fonti più antiche. Qui possiamo solo accennare, in questa prospettiva, che la rappresentazione del movimento pitagorico come complessivamente ispirato ad intenti politici, rimanda per la genesi della tradizione all'epoca in cui l'attività politica dei circoli pitagorici non era ancora cessata; e questo momento non può immaginarsi molto posteriore al tempo di Archita. Il che farebbe pensare alla presenza di una fonte di quarto secolo.

Più importa notare, peraltro, che la possibilità di risalire oltre Timeo si profila anche riguardo al resoconto delle vicende delle città magnogre- che ed in particolare Locri, presente in Trogo-Giustino. Si è visto come vi sia ragione di ritenere che si tratti di tradizioni vicine agli ambienti locre- si e palesemente ben informate, in cui sono preservati particolari quali il voto della nona ο le epifanie miracolose nella battaglia della Sagra che, pur nella loro peculiarità, risultano pienamente attendibili; altri particolari della stessa natura si ritrovano, oltre che nella storia della presa di Siri, nella storia del voto locrese pronunciato nel 477/76 75. Ora, sussiste la possibilità non soltanto che questi particolari di netto sapore locale siano pervenuti a Timeo attraverso la precedente storiografia occidentale, ma anche, e piuttosto, che essi siano stati da Timeo attinti, attraverso rapporti con informatori locali, al patrimonio di tradizioni conservato e tramandato in ambiente locrese. Sappiamo infatti da Polibio che Timeo intrattenne rapporti con un Echecrate, assai verosimilmente locrese, vissuto nel quarto secolo, sebbene la sua cronologia a rigore oscilli tra tre generazioni a partire dall'epoca di Dioniso I76. Che d'altra parte a Locri tradizioni orali relative a momenti importanti della storia della città si siano conservate fino in età ellenistica è quanto Polibio inequivocabilmente permette di ritenere77. Da questo punto di vista, inoltre, appare assai interessante

(FGrHist 566 F 44-45). La discrepanza può però essere eliminata ammettendo, con von Fritz, Pythagorean Politics. . . cit., p. 45 sg., che Timeo abbia accennato alla tryphe in relazione ad entrambi gli avvenimenti, ma che uno degli accenni sia stato tralasciato da Giustino, unitamente alla vicenda della caduta di Sibari (cfr. pure supra n. 56).

75 Cfr. supra per la tradizione sulla presa di Siri ; per la storia del voto locrese vd. XXI, 3.

76 La fonte principale al riguardo è rappresentata da Tim., FGrHist 566 F 12 αρ. PoLYB., XII, 10, 7 sg., su cui vd. F. W. Walbank, A Historiacal Commentary on Polybius, Oxford, 1967, II, p. 346 sg.. Su Echecrate è tornato F. Prontera, in AATC n.s. 25, 1974, p. 3-19, ma vd. Musti, Problemi della storia di Locri Epizefirii, in Atti del XVI Convegno. . ., cit., p. 42-43 e η. 14, che seguiamo nelle considerazioni esposte nel testo.

77 XII, 10, 5 sg., con le osservazioni di Musti, cit., p. 42.

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la testimonianza di Tito Livio relativa all'arrivo a Roma di un'ambasceria locrese nel 204 a. C, i membri della quale ebbero occasione di esporre un'avita tradizione locale concernente i prodigi avvenuti nel tempio di Persefone all'epoca di un grave Crotoniensium bellum che ha tutta l'aria di essere quello deciso dallo scontro sulla Sagra78.

In questo quadro assume rilievo un indizio di carattere interno a favore della preesistenza a Timeo di un nucleo della tradizione «Locri- Dioscuri-Sparta». Esso è offerto dalla presenza del proverbio αληθέστερα των έπί Σάγρα in Cratino ed in Sofrone di Siracusa79, l'attività di entrambi i quali si pone nella seconda metà del V secolo80. Il proverbio, infatti, in tutta la tradizione antica appare connesso alla tradizione « Locri-Dioscuri- Sparta». E del resto esso presuppone, per la logica stessa che lo informa, una tradizione che faccia largo posto al carattere inaspettato e miracoloso della vittoria locrese, il che è appunto quanto è sottolineato nella narrazione di Giustino. Questo evidentemente concede anche il Van Comper- nolle, quando ravvisa nei comici citati la presenza di un riflesso della versione propagandistica «Dioscuri-Sparta» diffusa da Locri negli anni della guerra del Peloponneso81. Ma tale interpretazione incontra alcune difficoltà. Esse sono innanzitutto cronologiche, dal momento che la versione locrese non potrebbe risalire, in questa prospettiva, oltre i primi anni '20 del V secolo, laddove nulla garantisce che le allusioni dei comici risalgano esattamente a questo periodo, che si colloca negli ultimi anni della loro attività. In secondo luogo è evidente che il proverbio in quanto tale non appartiene all'originario contesto della tradizione propagandistica, ma piuttosto lo presuppone, costituendo semmai un'allusione ad essa. In altre parole, una paroimia ha un carattere essenzialmente tradizionale, di facile ed immediata comprensibilità, affidata alla trasparenza allusiva della sua sintetica formulazione, e perciò sembra legittimo ammettere sia trascorso un certo intervallo di tempo tra l'origine della tradizione e la diffusione ed utilizzazione allusiva del proverbio. Il che farebbe risalire la tradizione «Locri-Dioscuri-Sparta», ο una sua forma originaria, perlomeno al pieno V secolo. A queste medesime conclusioni porta, come si vedrà,

78 Liv., XXIX, 18, 16-17; non esita nel giudicare la tradizione pertinente alla battaglia della Sagra, von der Mühll, Der grosse Aias, cit. p. 28.

79 Cfr., rispettivamente, fr. 442 Kock (= W. Luppe, Fragmente des Kratinos. Text und Kommentar, Diss. Halle-Saale, 1963, I) e fr. 169 Kaibel.

80 Vd. in proposito Van Compernolle, Ajax et les Dioscures. . . cit., p. 735 e n. 4- 5.

81 Ibid., p. 755.

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la presenza sempre in Cratino della menzione del Crotoniate Formione82. Ma ora importa piuttosto trovare la garanzia dell'attendibilità storica della tradizione «Locri-Dioscuri-Sparta» e della sua collocazione cronologica a ridosso degli avvenimenti ai quali si riferisce. Tale garanzia si lascia recuperare da un lato nella intrinseca plausibilità e conformità a livelli di pensiero arcaici dei particolari che in tale versione compaiono e dall'altro nella rispondenza che essi rivelano con le realtà storiche del culto dei Dioscuri a Locri e dei rapporti con Sparta. Ma veniamo al primo dei due punti in questione. Anzitutto l'epifania dei Dioscuri nella battaglia : si sono già potuti citare alcuni paralleli di ambiente laconico riferiti ad episodi non più tardi del V secolo, ma in linea più generale occorre tener presenti le numerose tradizioni relative alle epifanie di dei ed eroi a Maratona e Salamina83. Esse infatti non solo rappresentano i casi più significativi di episodi consimili verificatisi anche in numerose altre occasioni, ma ci permettono anche di vedere quanto profondamente essi corrispondano ad un complesso di attitudini mentali ancora vitali in pieno V secolo. Di alcune di queste tradizioni si fa portavoce Erodoto, ed è in riferimento ad esse che egli fa proclamare a Temistocle che «non noi infatti fummo gli artefici di tali imprese, ma piuttosto gli dei e gli eroi» (Vili, 109). «In nessuna occasione» — ha potuto scrivere E. Rohde — «ci appare più chiaramente quanto fosse vera e viva una volta la fede negli eroi fra i Greci, quanto in ciò che ci viene raccontato dell'invocazione degli eroi e della loro influenza nelle guerre persiane»84. Più in particolare, la richiesta di aiuto dei Locresi a Sparta e l'invio dei Dioscuri su navi nelle quali erano predisposte klinai per il rituale teossenico trova un significativo parallelo nella già ricordata richiesta da parte tebana degli Aiakidai ad Egina e nella decisione ateniese di έπικαλέσασθαι τους Άιακί- δας συμμάχους prima della battaglia di Salamina, attuata mediante l'invio di una nave ad Egina al fine di recarli ad Atene85. Quanto al lectisternium predisposto sulla nave dai Locresi, si è voluto vedere in esso una incongruenza rispetto al potere dei cavalieri celesti di solcare le distese marine86. Viceversa, si tratta solo di una variante, motivata dalla volontà di introdurre il tipico elemento del rituale teossenico, nell'ambito del quale,

82 Cfr. infra, p. 505-506 e n. 120. 83 Da tenere presente l'intero dossier raccolto da Pritchett, The Greek State at

War . . ., cit., p. 19 sg.. 84 Psyche. . ., cit., p. 199. 85 Vd. Hdt., VIII, 64 : 86 Così Wilamowitz, Glaube . . ., cit., n. 2 p. 350-351.

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in effetti, un diffuso tema iconografico presente soprattutto nei rilievi votivi rappresenta i cavalieri celesti nell'atto di accostarsi alle klinai per essi predisposte87. Infine, l'elemento dell'erezione degli altari ai Dioscuri sulle rive della Sagra, evidentemente in ringraziamento del loro intervento, trova, a garanzia della sua plausibilità, alcuni importanti riscontri88, il più significativo dei quali è rappresentato dalla storia erodotea (VII, 189) della costruzione da parte ateniese di un tempio al dio Borea, il quale, essendo legato agli Ateniesi in qualità di sposo della figlia di Eretteo, era stato da loro invocato ed era apparso in loro aiuto favorendo la vittoria dell'Artemisio89.

Questa pur rapida disamina ci sembra possa dimostrare la perfetta congruenza degli elementi più 'leggendari' della tradizione «Locri-Dio- scuri-Sparta » con un importante complesso di credenze radicato nelle attitudini mentali dell'arcaismo greco ed al tempo stesso avvalorare la possibilità che tale tradizione si situi, nei suoi livelli originari, appunto all'interno di un contesto culturale e cronologico ancora caratterizzato da tratti 'arcaici'.

Ma l'elemento determinante in questa prospettiva è certamente costituito dalla corrispondenza con la realtà storica locrese quale relativamente al culto dei Dioscuri ed ai rapporti con Sparta è possibile recuperare.

Altri ha già ribadito che gli acroterì marmorei del tempio Marasà e l'acroterio fittile del tempio Marafioti, nella cui iconografia, dei primi in particolare, è evidente il riferimento all'elemento acquoreo, e dunque alla tradizione della provenienza transmarina dei Dioscuri, non rappresentano affatto, come ha creduto Van Compernolle, « les témoins le plus anciens du culte des Dioscures a Locres»90.

87 Sufficienti indicazioni bibliografiche in Burkert Griechische Religion. . . cit., n. 84 p. 175.

88 Vd. D.S., XI, 14; Syll.3, 867, con le osservazioni di Pritchett, cit., p. 12-13. 89 Cfr., in proposito, Pritchett, cit., p. 24 e n. 55-57. 90 Vd. Ajax et les Dioscures... cit., p. 755, sulla scia di Ciaceri, Storia della

Magna Grecia. . . cit., p. 246 e 390; l'insostenibilità di questa posizione è stata additata da Sourvinou-Inwood, The Votum. . . cit., p. 190 e ribadita da Musti, Problemi della storia di Locri Epizefirii, in Atti del XVI Convegno. . ., cit., p. 56. Sugli acroterì marmorei del tempio Marasà, cfr. soprattutto G. Vallet, Rhégion et Zancle, Parigi, 1958, p. 311 e n. 1-2; A. De Franciscis, in MDAI{R), 67, 1960, p. 1-28; H. Pruckner, Die lolcrischen Tonreliefs, Magonza, 1968, n. 605 p. 80, i quali raccolgono e discutono la precedente letteratura. Per l'acroterio fittile del tempio Marafioti vd. E. Lan- glotz, L'arte della Magna Grecia, Roma, 1968, p. 295-296, con bibliografia. Su questi pezzi vd. ora le osservazioni di P. E. Arias, L'arte locrese nelle principali manifestazione artigianali. Terrecotte, bronzi, vasi, arti minori, in Atti del XVI Convegno. . .,

MEFRA 1983, 1. 32

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Infatti i Dioscuri compaiono nei pinakes fittili, la cui produzione si dispone lungo l'arco della prima metà del V secolo91. Qui essi sono rappresentati a cavallo, armati di lancia, secondo quell'iconografia che tipicamente li caratterizza. E non c'è dubbio che nei pinakes la loro presenza si configuri come un'allusione pregnante alla realtà del mondo maschile, nei suoi aspetti connessi alla gioventù ed alla guerra92. Ora, va da sé che questo ruolo rappresentativo dei Dioscuri in un contesto votivo da ritenere in ultima analisi povero e popolare93 implichi una loro consolidata presenza ed un'attiva funzionalizzazione all'interno del pantheon locrese anche a livelli più alti, di rappresentatività poliadica. Il che è come dire che esistono valide ragioni per far risalire più indietro l'origine del loro culto, oltre i limiti del V secolo. Ed in effetti in questa direzione conduce la loro presenza nella colonia locrese di Metauro, dove essi sono senz'altro da riconoscere nelle due figure di cavalieri sostenuti da sfingi di un gruppo fittile acroteriale databile ai primi decenni del V secolo94. Quest'ultimo rimanda, per la sua stessa iconografia, ad una tradizione di rappresentazioni, basata a sua volta su di una presenza dei Dioscuri a livello mitico, e forse anche cultuale, la quale non è pensabile diffusa prima nella piccola sub-colonia tirrenica che nella madrepatria.

Ma vi è un'altra importante osservazione da proporre. Ad Amphissa, nella Locride Ozolia, erano celebrati, nell'ambito di una telete, degli Άνακτες παίδες95 che sono da interpretare come una coppia di entità

cit., p. 531-539. Assai importanti ai fini del nostro discorso generale relativo ai rapporti Locri-Sparta, le conclusioni che di recente J. de La Genière e P. Zancani-Mon- tuoro hanno tratto dalla rilevazione della corrispondenza di schema iconografico esistente tra l'acroterio Marafioti e le rappresentazioni dei Dioscuri sul trono di Apollo amicleo (vd. Paus., Ili, 18, 14, su cui aveva già attirato l'attenzione von der Mühll, Der grosse Aias, cit., p. 27). Secondo le due studiose «l'immagine dei Dioscuri che si perpetua a Locri alla fine del V secolo potrebbe derivare da quella dei gemelli divini del trono di Amyclae» (vd. L'epos greco in Occidente : problemi iconografici, in Atti del XIX Convegno di studi sulla Magna Grecia, Taranto 7-12 ott. 1979, in corso di stampa, p. 2 del dattiloscritto, la cui conoscenza debbo alla cortesia di J. de La Genière.

91 Per i tipi con i Dioscuri, vd. i nr. 115-119 Pruckner. Sulla cronologia dei pinakes, cfr. Arias, cit., p. 519-531, il quale segue puntualmente il distribuirsi dei principali gruppi di pinakes nell'arco della prima metà del V secolo.

92 Al riguardo, cfr. le osservazioni di M. Torelli, / culti di Locri, in Atti del XVI Convegno. . ., cit., p. 169-170.

93 Così Torelli, cit., p. 158. 94 Vd. E. Gagliardi, in ASMSG, n.s. 2, 1958, p. 33-36, tav. IX-X. 95 Paus., X, 38, 7.

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benevole e soccorritrici diffusa con simili designazioni anche in altri ambienti96. Essi derivano dal mondo miceneo, nel quale affondano le proprie radici, la connessione con la sfera della sovranità e della guerra e potevano di volta in volta essere identificati con le varie coppie di göttliche Zwillinge che la tradizione greca conosce, delle quali quella dioscuri- ca è certamente la più importante97. Nella presenza del culto degli Άνακ- τες παίδες nel mondo locrese si possono dunque riconoscere le necessarie premesse storico-religiose della venerazione dei Dioscuri a Locri98, mentre la definitiva strutturazione del loro culto è verosimile assumere abbia preso forma per influsso di Sparta. In altre parole, se dalla storia della richiesta dei Dioscuri a Sparta non riteniamo si debba indurre la precedente totale assenza dei Dioscuri da Locri, la qual cosa farebbe una certa difficoltà sul piano della dinamica storica-religiosa, viceversa è lecito cogliere in essa il riflesso della consapevolezza che la compiuta strutturazione del culto dioscurico a Locri era avvenuta in connessione con il momento della Sagra. E questo è anche quanto fa pensare la realtà dei rapporti Locri-Sparta in età arcaica.

La vicinanza del mondo locrese agli ambienti dorici, specie sotto il profilo socio-istituzionale e politico, è stata recentemente delineata in un articolato quadro da D. Musti". Egli ha ricordato il carattere fondamentalmente dorico del dialetto locrese, la presenza nella Locride di strutture ternarie, probabilmente radicate a livello della divisione tribale, la posizione ivi preminente della donna, la legge locrese citata da Aristotele relativa all'inalienabilità dei kleroi per compravendita, il ruolo marginale e « supplementare » insieme dell'elemento servile rispetto alle strutture civi- che, infine alcune tradizioni che circa i rapporti di amicizia tra Locresi e

96 In proposito, cfr. ad es. von der Mühll, p. 24-25 (ivi, a η. 54 p. 24 ulteriore bibliografia) e Cassola, Inni omerici, cit., p. 351.

97 Sulle radici micenee di queste figure, cfr., per tutti, G. Pugliese Carratelli, Dal regno miceneo alla polis, in Atti del Convegno Int. sul tema «Dalla tribù allo Stato» (Roma 1961), Roma, 1962, p. 175 sg. (= Scritti sul mondo antico, Napoli, 1976, p. 135-158, in partie, p. 152. Quanto alle varie coppie consimili che il mito greco conosce (Tindaridi, Attorioni, Afaretidi, Anfione e Zeto), cfr., per dati e discussioni, S. Eitrem, Göttliche Zwillinge, Oslo, 1902; Id., Beiträge zur griechischen Religionsgeschichte, Kristiania, 1917, III, p. 144 sg. ; B.Schweitzer, Herakles, Tübingen 1922, p. 124 sg. e 227 sg..

98 In merito, si tengano presenti le osservazioni di von der Mühll, Der grosse Aias, cit., p. 29, pur se situate in una prospettiva parzialmente differente da quella adottata nel nostro testo.

99 Problemi della storia di Locri Epizefirii, in Atti del XVI Convegno. .., cit., p. 45 sg.

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Dori al tempo della migrazione dorica. In questo quadro acquistano rilievo una serie di elementi che, se presi singolarmente non mancano di suscitare qualche incertezza, nel complesso si lasciano recuperare in una coerente prospettiva di rapporti tra Locri e Sparta in età arcaica.

Un punto fermo, al riguardo, è rappresentato dalla presenza del poeta locrese Xenokritos a Sparta in occasione della denterà katastasis musicale, nell'ambito della quale egli presiedette, secondo la tradizione insieme a Taleta di Gortina ed altri, alla riorganizzazione delle Gimnope- die 10°.

In proposito occorre anzitutto notare che questa presenza di Xenokritos si inserisce in un contesto culturale più ampio e che pertanto non sembra doversi intendere come una circostanza casuale di ordine personale. Si consideri per un verso che l'attività del locrese si integra nell'ambito della cultualità apollinea laconica101, il che rimanda all'esistenza di legami di affinità, sotto questo profilo, tra gli ambienti locrese e spartano; e per altro verso che la presenza di Xenokritos è connessa alla strutturazione di quel momento fondamentale della vita civica di Sparta che erano le Gimnopedie, il che testimonia a sua volta del credito di «maître de vérité» di cui doveva godere il Locrese102. Va sottolineato in secondo

100 yd pLU de mus., IX = 1134 b-c Ή μεν ούν πρώτη κατάστασις των περί την θουσικήν έν τη Σπάρτη, Τερπάνδρου καταστήσαντος, γεγένηταν της δε δευτέρας Θαλήτας ό Γορτύνιος και Ξενόδαμος ό Κυθέριος και Ξενόκριτος ό Λοκρος καί Πολύμνηστος ό Κολοφώνιος καί Σακάδας ό Άργεϊος μάλιστα αίτιάν εχουσιν ηγεμόνες γενέσθαι · τούτων γαρ είσηγησαμένων τα περί τάς Γυμνοπαιδίας τάς έν Λακεδαι- μονι λέγεται κατασταθήναι . . ., con il commento di F. Lasserre, Plutarque. De la musique. Texte, traduction, commentaire. .., Olten-Lausanne 1954, p. 159 sg. e le osservazioni di C. Calame, Les chœurs de jeunes filles en Grèce archaïque, Roma, 1977, II, p. 36. Quanto alla figura ed all'attività di Xenocritos, si deve ricorrere ora a M. Gigante, La cultura a Locri, in Atti del XVI Convegno. . ., cit., p. 623-628. Sulle Gimnopedie, cfr. soprattutto, Nilsson, Griech. Feste... cit., p. 140-142; Brelich, Paides. . . cit., p. 180-191 ; Calame, cit., I, p. 352-353 (ivi, a n. 350 p. 352, una accurata scheda bibliografica).

101 Xenocritos fu autore di peani e 'riformatore' del genere (Gigante, cit., p. 625 sg.). Com'è noto, il peana era il canto di origine cultuale sacro ad Apollo (cfr., per tutti, G. A. Privitera, // peana sono ad Apollo, in Cult. Scuola, 11, 1972, p. 41-49) e, d'altra parte, in onore di Apollo, specificamente Apollo Pythaeus, erano celebrate le Gimnopedie (Nilsson, Griech. Feste. . ., cit., p. 141).

102 In quali termini sia da concepire l'attività di Xenocritos suggerisce il fatto che essa si svolse nel medesimo contesto nel quale fu attivo Taleta. Ora, come è stato felicemente osservato «figure come quelle di Taleta, Epimenide (. . .) Terpan- dro (...) e Ferecide di Siro, le quali operano nel campo rituale e politico, sono diretta espressione della mentalità arcaica che concepisce il poeta ο il saggio come «maestro di verità», il quale interviene attivamente con la parole sulla realtà, tra-

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luogo, ad avvalorare le precedenti osservazioni, che questa presenza si colloca in pieno VII secolo, in un'epoca coincidente con quella di Taleta, ο in ogni caso non molto distante103, vale a dire nelle prime generazioni della vita di Locri. Tale collocazione cronologica, dunque, difficilmente non rifletterà una più vasta situazione di vicinanza di ambienti culturali e di precocità di rapporti in cui la presenza di Xenocritos a Sparta venga ad inserirsi. È interessante inoltre osservare che una affine fenomenologia di rapporti sembra emergere, per quanto riguarda il VI secolo, dalla duplice circostanza dell'esistenza di rapporti personali e culturali tra Ste- sicoro e Locri 104 e della presenza nella sua opera di una serie di elementi genealogici e mitici, primo fra tutti la riabilitazione di Elena, i quali fanno pensare alla sussistenza di rapporti culturali e forse anche personali di Stesicoro con l'ambiente spartano105.

sformandola» (L. Piccirilli, in Plutarco. Le vite di Licurgo e Numa (a cura di L. Piccirilli e M. Manfredini) Milano, 1980, p. 226; alle p. 225-226 si trova raccolto il dossier delle fonti antiche relative a Taleta).

103 La collocazione cronologica dell'attività di Taleta nella prima metà del VII secolo deriva dalla sua connessione con la riorganizzazione delle Gimnopedie (Plu., loc. cit.) collocata da Eusebio al 664. Xenocritos era contemporaneo più giovane di Taleta (Glauc. Rheg. FHG II p. 24 F24 ap. Plu., de mus., X), il che induce a ritenere non superiore ad una generazione al massimo il divario cronologico esistente tra i due personaggi. Ciò naturalmente non esclude che essi siano potuti essere presenti a Sparta contemporaneamente.

104 In proposito vanno tenute presenti soprattutto le notizie relative al ruolo di « consigliere » e di « pacificatore » svolto da Stesicoro nei confronti della polis locre- se (vd. Arist., Rhet., 1395a 1 = fr. 281 Page; 1412a 22; Diog. Bab. ap. Philod., mus. p. 18 Kemke = S VF, III, p. 232, 31 Arnim), alla luce delle quali acquisisce credibilità circa la sua nascita a Matauros (Steph. Byz., s.v. Μάταυρος e Suid., s.v. Στησίχορος). Rapporti con l'ambiente locrese sembra riflettere in ultima analisi la circostanza che una delle figure paterne che al poeta la tradizione attribuisce (Εύέτης in Suid., toc. cit., secondo l'emendamento del Wilamowitz, Sappho u. Sim. . . . cit., n. 2 p. 235 del ύέτης tradito) figuri tra i Locresi nel Catalogo dei Pitagorici di Iambl. VP 267. In senso analogo deve esser valutata la leggenda orcomenia (Arist. fr. 565 Rose) che fa di Stesicoro il figlio di Esiodo, il quale a sua volta si voleva fosse morto nella Locride (Thuc, III, 96). Gli elementi testé rilevanti sono stati esaminati e valorizzati, con diverse accentuazioni, da G. E. Rizzo, Questioni stesicoree. Vita e scuola poetica, in RSA, 1, 1895, 33-44; Wilamowitz, cit., p. 232-242; W. Ferrari, Stesicoro imerese e Stesicoro locrese, in Athenaeum, n.s. 15, 1937, p. 244-250; Vallet, Rhégion et lande, cit., p. 309-311; M.L.West, Stesichorus, in CQ, n.s. 21, 1971, p. 302-308; Gigante, La cultura. . ., cit., in Atti del XVI Convegno. . ., cit., p. 628- 633.

105 Facciamo riferimento aHa nota tesi avanzata da Wilamowitz (Aischilos- Interpretationen, Berlino, 1914, p. 191 ; SDAW, 1925, p. 46 n. 1 ; Glaube. . . cit., p. 93 n. 1) e, più compiutamente, da C. M. Bowra {Stesichorus in the Péloponnèse, in CQ,

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Un altro punto fermo nella nostra disamina dev'essere rappresentato dalla rilevazione di alcune affinità che avvicinano Locri a Sparta sul piano religioso-cultuale. Si è potuto vedere quanta considerazione meriti la tradizione relativa all'origine spartana del culto dei Dioscuri a Locri. Un altro elemento importante è rappresentato dalla presenza del culto di Kore nel santuario della Mannella di un momento 'afroditico' (rappresentazioni della nascita della dea, oggetti pertinenti al mundus muliebris, le figure di Eros e Peitho), il quale trova un significativo riscontro nell'associazione delle sfere di Afrodite e di Kore nel culto laconico 106. In questa medesima prospettiva vanno poi considerati alcuni aspetti sociali : segnatamente la presenza a Locri della rappresentazione del matrimonio come ratto simulato107, che ha un parallelo a Sparta108; e, da un punto di vista

18, 1934, p. 115-119; Greek Lyric Poetry2. . ., Oxford, 1961, p. 112-115) che riteniamo, è bene dire subito, nella sua sostanza, pienamente accettabile. Le critiche che ad essa sono state rivolte, infatti, (cfr. soprattutto W. Ferrari, L'Orestea di Stesico- ro, in Athenaeum, η. s. 16, 1938, p. 5-37, ed ora A. J. Podlecki, Stesichoreia, ibid., 49, 1971, p. 313-327) per quanto pertinenti, limitatamente ad alcuni punti specifici, non riescono peraltro a sminuire la netta coloritura laconica di certi particolari dell'Orestea, né a modificare la valutazione storico-culturale del significato della riabilitazione stesicorea di Elena proposta da Bowra. Per altro verso nuova evidenza testuale recentemente offerta dai rinvenimenti papiracei apporta ulteriori elementi in questa direzione (cfr. M. L. West, Stesichorus redivivus, in ZPE, IV, 1969, p. 135-149). Possiamo solo accennare, in questa sede, che, per di più, tutti questi elementi di ordine vuoi testuale, vuoi più generalmente culturale, possono essere agevolmente intesi in stretta connessione con l'atmosfera politica e culturale spartana della prima metà del VI secolo, quando, cioè, andava maturando la grande svolta della politica ' achea'.

Viceversa non riteniamo giustificato pensare le Palinodie composte in relazione alle attese culturali dell'ambiente locrese (così F. Sisti, in Stud Orb, 39, 1965, 307-308 ; Β. Gentili, in Storia e civiltà dei Greci. 3. La Grecia nell'età di Pende, Milano, 1979, p. 213) perché non è possibile rifarsi a Paus., Ili, 19, 11, che è tradizione crotoniate, e non locrese, e perché non esistono indizi della presenza di Elena a Locri se non basati sull'incertissima identificazione della figura femminile degli acroterì Marasà. Il ruolo dell'ambiente locrese, a nostro avviso, va inteso diversamente. Esso, con la sua vicinanza politica e culturale all'ambiente spartano, dovette in realtà costituire l'elemento di mediazione tra Stesicoro e la cultura ed il pubblico laconici, secondo quel modello di rapporti che si intravede per Xenocritos.

106 In merito si tengano presenti i dati raccolti e persuasivamente elaborati da M. Torelli, / culti di Locri, in Atti del XVI Convegno. . ., cit., p. 175-177.

107 Nei pinakes il motivo mitico del ratto di Kore rappresenta il correlativo simbolico del matrimonio a Locri; per la documentazione ed acute riflessioni in questo senso, cfr. Torelli, cit., p. 171-173; ma vd. anche C. Sourwinou-Inwood, in BICS, 20, 1973, p. 12-21.

108 Qui la reale ritualizzazione della cerimonia del matrimonio secondo i modu-

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più particolare, la presenza di un momento del rito prenuziale assai affine ad un costume spartano 109.

È il caso infine di menzionare una serie di notizie trasmesse da fonti letterarie, le quali, sebbene non possano essere sempre accolte nei termini della loro formulazione testuale, si lasciano nondimeno recuperare entro un quadro coerente che non può essere privo di una sua generale attendibilità storica. In questo senso esse risultano importanti ai fini del nostro discorso. Ci riferiamo all'alleanza della madre-patria locrese con Sparta all'epoca della prima guerra messenica cui fa cenno Polibio, alla tradizione pausaniana di una presenza spartana nella fondazione di Locri, infine all'associazione di Zaleuco e Licurgo nel comune rapporto di discepolato rispetto a Taleta di cui si fa eco Aristotele no.

Il complesso degli elementi di diversa natura ricordati nella precedente sommaria disamina rimanda verosimilmente ad una precisa realtà di rapporti storici. E quale dovette essere stata la loro rilevanza può mostrare il fatto che essi appaiano all'epoca della guerra del Peloponneso come consolidati in una stabile ed organica collocazione di Locri all'interno dell'asse politico e diplomatico che legava in funzione anti-ateniese Siracusa e Sparta111. Tale collocazione si lascia infatti interpretare più come il suggello di una secolare vicenda storica, che come l'improvvisato stabilirsi di un rapporto diplomatico.

In questo quadro pare allora legittimo non considerare casuale, né rifiutare quale frutto di una posteriore ricostruzione la corrispondenza con la realtà storica di quella tradizione relativa alla battaglia della Sagra che stiamo esaminando, nel cui ambito rappresenta un elemento essenziale l'affermazione di un rapporto Locri-Sparta.

li del ratto (Plu., Lyc, XV, 4, su cui Piccirilli, in Plutarco. Le vite di Licurgo e Numa, cit., p. 259, con bibliografia ulteriore) trova riscontro, sul piano mitico, nelle storie di rapimento in cui è coinvolta Elena, la quale a Sparta presiedeva, nella realtà del culto, al passaggio delle adolescenti allo stato di donne pronte al matrimonio (cfr. in proposito, Calame, Les chœurs de jeunes filles. . . cit., I, p. 333-350 e Id, s.v. Hélène, in Dictionnaire des mythologies. . ., Parigi, 1981, I, p. 487-491.

109 Sia a Locri sia a Sparta è collocato in stretto rapporto col momento del gamos un atto rituale di valore ' iniziatico ' consistente in un particolare trattamento della capigliatura della sposa : a Locri si tratta apparentemente di uno scioglimento, a Sparta di un taglio. Su tutto ciò vd. Torelli, cit., p. 164-165.

110 Vd. Polyb., XII, 5-8; Paus., Ili, 3, 1; Arist., Poi, 1274 a 22-31. Per un'attenta valutazione contestuale di questi dati tradizionali, vd. ora Musti, Problemi della storia di Locri Epizefirii, in Atti del XVI Convegno. . . cit., p. 46-50.

111 Cfr. al riguardo il quadro ricostruito da Van Compernolle, Ajax et les Dio- scures. . ., cit., p. 751-753.

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Giunti a questo punto converrà tirare le fila della discussione finora condotta circa attendibilità e cronologia della tradizione «Locri-Dioscuri- Sparta». Alla luce di quanto si è potuto osservare, gli elementi principali di tale tradizione si rivelano plausibili, in quanto collocati entro un orizzonte di concezioni tipiche del mondo arcaico, nonché attendibili, in quanto strutturalmente corrispondenti alla realtà culturale locrese. E perciò, essendo venuti meno gli argomenti in appoggio della recenziorità di tale tradizione, gli elementi in questione andranno opportunamente valorizzati ; sarà dunque legittimo considerarli pertinenti al nucleo di una tradizione relativa agli eventi ' miracolosi ' della battaglia della Sagra, creata nell'ambiente di Locri Epizef iri nel corso del VI secolo, animata da intenti propagandistici ostili a Crotone e viceversa tesa a glorificare il successo locrese, sottolineare la gratitudine nei confronti di Delfi e dei Dioscuri ed evidenziare i rapporti amichevoli con Sparta.

3. Risulta ora necessario sottoporre a più attento esame la tradizione relativa alla figura ed alle vicende di Formione, allo scopo di chiarire quale rapporto la connetta alla tradizione «Locri-Dioscuri-Sparta» e precisare la sua collocazione cronologica.

Un problema preliminare è rappresentato tuttavia dall'identità del personaggio. Al riguardo pienamente valida rimane a nostro avviso la discussione di A. Meineke112, il quale ha rilevato la presenza di un Formione Κροτωνιάτης αρχαίος menzionato da Cratino, nell'elenco dei For- mioni famosi fornito da uno scolio ad Aristofane113, e viceversa l'assenza del Formione lacone, ο semplicemente localizzato a Sparta, di cui parlano Pausania, Plutarco e Clemente alessandrino114. Di tale circostanza egli ha ravvisato la ragione nella fondamentale unitarietà della figura di Formione; non sarebbe inoltre da escludere che lo stratega crotoniate secondo una qualche tradizione a noi non pervenuta si fosse trasferito a Sparta e conseguentemente fosse stato da un certo punto in poi qualificato come lacone. In realtà è più ragionevole assumere, dato lo stretto rapporto intercorrente tra Formione, Sparta e Cirene già nel frammento teopom- peo, che una volta attenuatosi nel processo di trasmissione il suo rapporto con i fatti della Sagra e perdutasi la nozione, in qualche modo diffici- lìor della sua origine crotoniate, egli abbia finito per essere inteso come

112 Epimetrum I. De Phormione Crotoniata, in Fragmenta Poetarum. . . cit., p. 1127-1133.

113 Schol. Ar. Pax, 347. 114 Vd. Paus., Ill, 16, 2-3; Plu., mor., 1103 e; Clem. Alex., ström., I, 133.

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un personaggio appartenente all'orizzonte spartano. Su questa base dovette svilupparsi la tradizione dei suoi rapporti con i Dioscuri a Sparta quale si ritrova in Pausania, nel quale d'altronde i motivi che caratterizzano la versione teopompea della storia sono ancora presenti, sebbene diversamente organizzati.

Importa comunque sottolineare che, al di là di questa oscillazione, la tradizione antica relativa al personaggio è unanime nell'attribuirgli proprio i tratti essenziali che lo qualificano nella versione teopompea, vale a dire la relazione privilegiata con i Dioscuri e le sue prerogative in tutto tipiche di un Wiindermann. Se sul primo aspetto non è necessario insistere, per la sua immediata evidenza, è opportuno per converso soffermarsi un momento sul secondo. Formione nel frammento di Teopompo appare protagonista di un viaggio che per il suo carattere meraviglioso ed istantaneo si lascia chiaramente recuperare nei termini di una tipica Himmelsfahrt ; mentre la sua avventura cirenaica si realizza secondo il modello del viaggio estatico ο dell'esperienza incubatoria115. Inoltre nella sua storia compare il motivo folklorico della guarigione da parte del feritore116 e quello della ferita di difficile risanamento, che è oltretutto tipico di contesti iniziatici117. Se allora si considera che è la tradizione antica stessa ad accomunare Formione a figure quali Pitagora, Aristea, Abari, Epimenide, Empedocle ed Empedotimo, apparirà legittimo interpretare i tratti che caratterizzano la figura di Formione quale emerge con evidenza soprattutto dal frammento di Teopompo, come intrinsecamente pertinenti alla

115 Fu E. Diels (Parmenides. . . cit., p. 18 sg.) a riconoscere nella compresenza di realtà e visione ancora riscontrabile nella pur razionalizzata redazione teopompea della storia di Formione la spia della pertinenza del viaggio sul carro ad una « Traumentrückung » concepita come una Himmelsfahrt ed a ricollocare la storia di Formione sullo sfondo di quella «ekstatischen Propheten-litteratur» a cui risalgono le tradizioni su Aristea; possono essere inoltre ricordati anche Abari αίθροβάτης (PoRPH., VP XXIX = Iambl., VP CXXXVI) ο Ermotimo di Clazomene, la cui anima aveva il potere di abbandonare il corpo per viaggiare lontano (Αρ., mir., Ill; Plin., nat., VII, 174; Plu., mor., 592 c-e; Tert., an., 44). Su tutto questo, cfr. ora Burkert, Lore and Science. . . cit., p. 147-165 (in partie, p. 152 e n. 179 p. 153 su Formione). Sul motivo della Himmelsfahrt, in particolare, vd. E. Diels, Himmels und Hollenfahrten von Homer zu Dante, in NJA, 25, 1922, p. 239-253; O. Holland, Zur Typik der Himmelsfahrt, in ARW, 23, 1925, p. 206-220.

116 Vd. S.Thompson, Motif -Index of Folk-Literature, I- VI, Bloomington, 1966, F 959.3; F 959.3.1. Per questo motivo nel mito del riferimento di Telefo da parte di Achille vd. Philostr., VA, VI, 43 e cfr. Schol. Plat., Gorg., 447a; Schoi, Theoc, XII, 25; Schol. Ar., Ν., 919; Sen., Tro., 215 sg.

117 Vd. in proposito J. Bremmer, in SSR, 2, 1978, p. 10 sg., in partie, p. 13 e n. 56 con bibliografia.

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sua natura di Wündermann di tipo sciamanico, alla stessa stregua degli altri personaggi testé menzionati118. Si osservi inoltre che è certamente tale connotazione di Formione a spiegare perché Cratino lo menzioni proprio nel Trofonio : occorre infatti pensare a quel centro dell'antica manti- ca ctonia, sede di esperienze incubatone e luogo di partenza per vere e proprie katabaseis che era il santuario di Lebadeia119, le cui pratiche rituali erano oggetto dell'attenzione del comico ateniese.

Ma tale presenza della figura di Formione in un contesto comico ed allusivo, e che perciò non potrà verosimilmente essere ritenuto il luogo di formazione della tradizione a lui relativa 12°, lascia pensare che già prima, e cioè nei decenni centrali del V secolo, i tratti essenziali della sua figura fossero già consolidati; il che è peraltro perfettamente congruente con l'aspetto arcaico, in termini storico-culturali, della caratterizzazione del personaggio. Ma poiché le avventure di Formione appaiono organicamente connesse al suo rapporto con Sparta e con i Dioscuri ed al particolare del ferimento da parte di uno di essi alla Sagra, e dal momento che, per altro verso, non esistono ragioni sufficientemente valide che inducano a connettere la sua vicenda alla tradizione dell'intervento alla Sagra di Aia- ce, occorrerà ritenere che anteriormente a Cratino avesse corso una tradizione la quale faceva posto al rapporto privileggiato di Formione con i Dioscuri conseguente al suo ferimento nella battaglia. Ma tale tradizione doveva a sua volta presupporre il nucleo della versione « Locri-Dioscuri- Sparta».

In definitiva sembra proponibile una datazione della storia di Formione almeno alla prima metà del V secolo. In tal caso se ne deriverebbe un ulteriore elemento di conferma della collocazione ancora nell'ambito del VI secolo della tradizione «Locri-Dioscuri-Sparta». Se dunque risulta chiaro il rapporto di implicazione che unisce a quest'ultima la storia di Formione non altrettanto chiaramente risulta l'esistenza di rapporti contestuali. Anzi non pare che si possa andare oltre la rilevazione della presenza di un nesso di tipo tematico. Viceversa nella storia di Formione non si riscontrano quelle nette valenze propagandistiche caratteristiche della

118 Fr. 223 Kock = fr. 12 Luppe. 119 La fonte principale è rappresentata da Paus., IX, 39. In generale, cfr.

G. Radke, s.v. Trophonios, RE, VII, col. 678-695 ; ma vd. Burkert, Lore and Science. .., cit., p. 154 e η. 189, con alcune essenziali puntualizzazioni sull'elemento della katabasis.

120 Cfr., in questo senso, anche Luppe, Fragmente. . . cit., p. 205-206, il quale si mostra convinto che «Dieser Phormion wurde in der Komödie als Beispiel aus alter Zeit erwähnt. . .,».

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tradizione «Locri-Dioscuri-Sparta». Si sarebbe pertanto indotti a credere che la storia delle vicende dello stratega crotoniate, rispetto alla versione complessiva degli avvenimenti della Sagra, si collochi ad un livello diverso e che siano perciò di fronte, da un lato ad una tradizione ufficiale, espressione degli interessi propagandistici della città, e dall'altro ad una leggenda dove più spazio assumono motivi tipici della saga, di carattere folklorico e forse a sfondo rituale. Nondimeno l'interesse che anche in questa leggenda sembra presente per la rappresentazione del Crotoniate come devoto dei Dioscuri protettori di Locri, unitamente al fatto che ben altra è la sfera in cui si collocano, nella tradizione crotoniate, le consimili avventure di quel ' doppio ' di Formione che è Leonimo, spingono a pensare ad un'origine in ambiente locrese anche della storia di Formione.

4. Occorre a questo punto passare ad esaminare le caratteristiche del terzo filone leggendario che è stato possibile isolare : quello rappresentato dalle vicende dello stratega crotoniate Leonimo, ferito alla Sagra da Aiace e dal medesimo guarito nell'isola di Leuke.

La tradizione è rappresentata, com'è noto, da Conone, Pausania ed Ermia alessandrino, cui va peraltro aggiunto un luogo di Tertulliano solitamente trascurato121. I rapporti intercorrenti tra le diverse redazioni nelle quali ci è pervenuta la tradizione sono già stati investigati dal Van Compernolle ; il quale è giunto alla convincente conclusione che esse rappresentino tre versioni indipendenti, ma risalenti ad un'unica fonte, di una medesima tradizione leggendaria122. È opportuno peraltro aggiungere qualche osservazione in margine al luogo di Tertulliano. In esso il nome dello stratega crotoniate è Leonimo, ad ulteriore conferma che l'Autoleon di Conone è una variante secondaria, dovuta verosimilmente ad un 'gioco' paraetimologico di origine erudita123; non è possibile dire invece se la qualifica di pyctes si debba ad una confusione, ο non rifletta una eventuale connotazione agonistica di Leonimo presente alle fonti di Tertulliano; infine, l'allusione ad una guarigione in somniis è in sé plausibile e sarebbe congruente con l'esplicita menzione che è in Pausania dell'apparizione degli eroi a Leuke124. Va inoltre notato che in Tertullia-

121 An., XLVI, 9 : Leonymus pyctes ab Achilles curatur in somniis. Per le altre fonti vd. supra.

122 Van Compernolle, Ajax et les Dioscures. . ., cit., p. 738-741. 123 Già Diels (Parmenides, cit., p. 19) pensava ad una «wohl alexandrinischen

Namensvariante ». 124 Vd. IH, 19, 10. L'elemento del sonno appartiene, naturalmente, al motivo

del viaggio ecstatico.

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no, come del resto in Ermia, il guaritore è Achille ; confusione questa che Van Compernolle ha spiegato invocando l'identità tra la guarigione di Telefo operata da Achille e la guarigione di Leonimo da parte di Aiace quale egli la ricostruisce125. Ma l'origine della confusione potrebbe invece risiedere nel fatto che il personaggio principale della tradizione in esame è senz'altro Achille, nel cui nome è chiamata l'isola, che vi è venerato insieme ad una schiera di eroi a lui tradizionalmente vicini già nell'epos 126, ed al quale è legata Elena, l'altra figura centrale della leggenda. E questo tanto più che il particolare della guarigione per mezzo della lancia è artificialmente recuperato dal Van Compernolle attraverso la storia di Formione, laddove la versione originaria della storia di Leonimo può benissimo aver presentato la sua guarigione in termini generici, magari in un contesto incubatorio, fondandosi sì sul motivo dell'identità di feritore e guaritore, ma senza una derivazione testuale dalla leggenda di Telefo, visto che il motivo della guarigione 'simpatica' ha le sue radici negli elementi folklorici del mito eroico in generale127.

Ciò detto, mette conto di passare a rilevare l'orientamento proprio della storia di Leonimo.

Occorre partire dall'esplicita dichiarazione dell'origine delle sue informazioni fatta dal Periegeta, il quale conosceva un logos tramandato dai Crotoniati e condiviso dagli Imeresi. E mentre sarebbe lecito dubitare, se Pausania avesse detto di aver attinto a fonti crotoniati, non si vede perché diffidare della sua testimonianza circa la tradizionale definizione di logos crotoniate della storia, quale attraverso le sue fonti evidentemente gli era pervenuta. Tanto più che gli elementi di ordine contenutistico della tradizione conducono nella medesima direzione.

Ci riferiamo in particolare alla centrale presenza della figura di Achille. È necessario infatti tener presente, in questa prospettiva, che la tradizione timaica conosce un culto eroico di Achille a Crotone 128. Di tale

125 Van Compernolle, cit., p. 745-746. 126 Vd. Hom., Od., XI, 467 sg. ; il passo è stato opportunamente richiamato da

M. Sordi (La leggenda dei Dioscuri nella battaglia della Sagra e di Lago Regillo, in Contributi dell'Ut, di St. ant. dell'Univ. del S. Cuore, I, Milano, 1972, n. 13 p. 50), la quale osserva che « la figura di Achille finisce per oscurare in questa versione quella di Aiace; ad essa appare chiaramente subordinata la scelta degli eroi incontrati nell'isola dal Crotoniate».

127 «Wie Achill kann er [seil. Aias] auch wieder heilen, was er schlug; ό τρώσας ίάσεται wurzelte im Glauben, eh'es in den Mythos eintrat» (von der Mühll, Der grosse Aias, cit., p. 15).

128 Vd. Lyc, 859-861 ; per la derivazione timaica, cfr. P. Günther, De ea quae inter Timaeum et Lycophronem intercedit ratione, Leipzig, 1889, p. 48; Geffken,

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culto si riesce ad intravedere l'organico inserimento sia sul piano rituale, sia sul piano mitologico, nella realtà cultuale del santuario di Hera Lacinia129. D'altra parte, poiché Leuke non è altro che l'isola dei Beati130, assume particolare significato la presenza nell'ambito del pitagorismo antico di una particolare interpretazione dell'Isola dei Beati assicurata da un akousma131, la quale testimonia da un lato l'interesse pitagorico per questo aspetto del mito eroico e, dall'altro, la presenza della concezione dell'isola dei Beati nella cultura dell'ambiente magno-greco in cui la vicenda pitagorica si inserisce. Tale presenza si desume per altro verso anche dalla collocazione di Achille nell'Elysion — del quale l'Isola dei Beati è notoriamente l'equivalente132 — presente in un'ode del reggino Ibico133. Si profila così in tutta la sua plausibilità la possibilità che in ambiente crotoniate fosse diffusa quella tradizione della presenza di Achille a Leuke già attestata nelì'Aithiopis , echeggiata da Alceo e ripresa esplicitamente da Pindaro134, la quale riflette in ultima istanza reali dati

Timaios' Geographie . . ., cit., p. 17. Del culto di Achille a Crotone si sono occupati G. Giannelli, Culti e miti della Magna Grecia2, Firenze, 1963, p. 148-150 e F. Ghinat- ti, Riti e feste della Magna Grecia, in CS, 11, 1974, p. 546-547.

129 Si tengano presenti, sul piano mitico, le tradizioni che connettono al santuario del Lacinio anche la madre di Achille, Teti (Lyc, 857; Serv., Aen., Ili, 552), e, sul piano del rito, l'importante elemento del penthos per Achille delle donne croto- niati (Lyc, 859-861). Ci ripromettiamo di trattare più diffusamente, peraltro, della natura e dell'origine del culto di Achille a Crotone in altra occasione.

130 Tale equivalenza emerge con particolare evidenza dalla considerazione contestuale proprio delle tradizioni relative al destino di Achille dopo la morte; cfr., in partie, Pi., O., II, 71 sg. + N., IV, 49 sg. e Aithiopis, p. 34 Kinkel = Procl., Chr., p. 106, 14-15 Allen + Scol. 11 D. = 894 Page ap. Athen., XV, 538; vd. pure Ibyc, 291 Page; Simon., 558 Page, unitamente alle altre fonti circa Achille a Leuke raccolte da Escher, in RE, I, 1894, col. 240. In epoca successiva si trova in Plinio (IV, 93) l'esplicita affermazione dell'identità. E appena il caso di ricordare, inoltre, che una serie di convergenze tematiche pone in stretta relazione le rappresentazioni di Leuke, dell'isola dei Beati e dell'Elisio che la tradizione conosce; cfr., per tutti, Rohde, Psyche. . . cit., p. 703-706.

131 Vd. Iambi., VP, LXXXII, 14-15 Deubner : οίον τί έστιν αί μακάρων νήσοι; ήλιος και σελήνη, e cf., al riguardo, A. Delatte, Études sur la littérature pythagoricienne, Parigi, 1915, p. 308 sg. ; Burkert, Lore and Science..., cit., p. 363-364 e, soprattutto, M. Détienne, La légende pythagoricienne d'Hélène, in RHR, 152, 1957, p. 129-152, passim.

132 La migliore discussione recente al riguardo si trova in D. Roloff, Gòttahn- lickeit, Vergöttlichung und Erhöhung zu seligen Leben, Berlino, 1970, p. 93-101.

133 Ibyc, 291 Page αρ. Schol. a.r., IV, 814. 134 Cfr. supra, n. 130; quanto ad Alceo, vd. il fr. 354 Lobel-Page.

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cultuali dell'ambiente pontico connessi con la presenza greca, in particolare milesia, lungo la costa settentrionale del Mar Nero 135. Si noti, inoltre, che non susciterebbe difficoltà la compresenza a Crotone di un culto dell'eroe morto e di una tradizione relativa alla sua immortalizzazione nell'Isola dei Beati, dopo la dimostrazione recentemente fornita della piena compatibilita di queste due modalità di rappresentazione del destino dell'eroe dislocate sui piani distinti e complementeari del rito e del mito136.

Più oltra sarà possibile mostrare come anche la presenza di Elena e Stesicoro nella storia di Leonimo possa essere spiegata in prospettiva cro- toniate; ma per il momento, poiché solitamente si affacciano dubbi circa l'originaria pertinenza della storia di Elena e Stesicoro alla leggenda dello stratega crotoniate137, preferiamo limitare la nostra analisi alla prima parte di tale leggenda. In conclusione, poiché di orientamento crotoniate si rivela il punto di vista da cui è condotta l'esposizione delle vicende di Leonimo138, e poiché essa rimanda, nel suo elemento costitutivo rappresentato dal ruolo di Achille, all'ambiente crotoniate, sarà legittimo reputare pienamente attendibile la dichiarazione di Pausania circa l'origine crotoniate della tradizione e conseguentemente ritenere che alla base della tradizione medesima debba ravvisarsi una tradizione locale crotoniate.

135 Per l'identificazione di Leuke con l'attuale isola di Phidonisi, a SE della bocca settentrionale del delta danubiano e la documentazione letteraria ed epigrafica circa il culto di Achille ivi praticato, cfr. E. Diehl, in Gnomon, 1927, p. 633-643 e Id., 5. ν. Pontarches, RE, XX, 1954, col. 1-18; ma vd. ora le messe a punto di B. Bravo, Une lettre sur plomb de Beresan. . . , in DHA, I, 1974, p. 134-149 e H. Hommel, Der Gott Achilleus, SHAW, 1980, 1, dove è puntualmente indicata l'ampia letteratura sull'argomento. Quanto alla connessione del culto di Achille con la presenza milesia nel Ponto, cfr. Ed. Meyer Geschichte des Altertums, II, Stuttgart, 1893, p. 452 sg. ; Rohde, Psyche. . ., cit. Π, η. 1 p. 705 e, per un'accurata disamina, Hommel, cit., p. 21-24 e η. 58.

136 Facciamo riferimento alle penetranti considerazioni esposte da G. Nagy, The Best of the Achaeans, cit., 1979, p. 174-210 (Ch. 10 Poetic Visions of Immortality), in partie, alle p. 189-190. I più calzanti paralleli sono rappresentati dalla compresenza della tomba eroica e della tradizione di immortalizzazione nel mito e nel culto di Hyakinthos ad Amicle (Paus., Ili, 19, 3-4; Nagy, cit., η. 20 p. 190 su indicazione per litt, di W. Burkert) e dalla notizia di una tomba di Memnone venerata dagli abitanti dell'Ellesponto, che è da considerare contestualmente alla tradizione dell'immorta- lizzazione di Memnone a Leuke presente neìl'Aithìopis (vd. Paus., X, 31,6 con le osservazioni di Nagy, cit., p. 207-208).

137 Vd., infra n. 153. 138 Cfr. al riguardo le osservazioni di Sordi, La leggenda dei Dioscuri. . . cit.,

p. 49.

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Importa ora chiedersi come sia da interpretarsi la presenza in questo contesto della tradizione relativa all'epifania di Aiace in qualità di patrio eroe soccorritore dei Locresi. Effettivamente, sembra difficile ammettere che questa tradizione abbia avuto origine in ambiente crotoniate. Anzitutto perché, sul piano testuale, «è con gli occhi dei Crotoniati che è stato visto l'aspetto locrese della vicenda, l'intervento di Aiace»139 e perché la menzione dell'intervento medesimo è incidentale, come di qualcosa che sia già noto, il che già di per sé indurrebbe ad escludere che la leggenda di Leonimo rappresenti il luogo costitutivo della tradizione dell'epifania di Aiace. In secondo luogo perché le tradizioni relative all'intervento degli eroi soccorritori, nella loro natura stessa, presuppongono un legame genealogico ο territoriale tra l'eroe e l'ambiente dal quale è invocato ed in soccorso del quale interviene; il che equivale a dire che tali tradizioni si originano nei medesimi ambienti in cui l'eroe è localizzato e venerato. Ora, non c'è dubbio che Aiace Oileo sia l'eroe nazionale delYethnos locrese140.

Siamo dunque indotti a credere che la tradizione locale crotoniate relativa alle vicende di Leonimo presupponga una leggenda dell'epifania di Aiace nella battaglia della Sagra tra le file locresi in qualità di patrio eroe soccorritore. Resta tuttavia da domandarsi a quale livello cronologico tale leggenda si collochi e quale sia il suo rapporto con il complesso della tradizione «Locri-Dioscuri-Sparta».

Se, come si è potuto vedere, non esistono ragioni per reputare la leggenda dell'epifania di Aiace «primaria» rispetto a quella dell'epifania dei Dioscuri, per converso non esistono nemmeno validi motivi per considerarla, con Wilamowitz e Robert, «secondaria» ed introdotta in un supposto momento in cui non sarebbero più apparse chiare le relazioni tra Locri ed i Dioscuri141. Indicativo in tal senso è il particolare del posto vuoto lasciato nelle file locresi per l'eroe soccorritore142. Tale particolare da un lato va considerato perfettamente equivalente sul piano storico-religioso all'invito rituale a manifestarsi quale σύμμαχος 143, e, da un altro, è organicamente connesso alla natura di oplita di Aiace 144 : entrambe le cir-

139 Sordi, cit., η. 10 p. 49. 140 Basti qui rimandare a Robert, Die griech. Heldensagen, cit., p. 1037-1038. 141 Così, Wilamowitz, Sappho und Simonides, cit., p. 234; Robert, cit., η. 2

p. 1038. »« CoNON., FGrHist 26 F 1, 18. 143 Così, Brelich, Gli eroi greci. . . cit., η. 54 p. 92. 144 Von der Mühll, Der grosse A ias, cit., p. 15.

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costanze sembrano poter rendere assai più difficile pensare che la figura di Aiace sia stata introdotta successivamente, al posto dei Dioscuri145. In secondo luogo la storia di Aiace conserva tratti quali l'invisibilità dell'eroe soccorritore, che non soltanto appaiono in sé pertinenti ad uno sfondo culturale arcaico, ma trovano anche riscontri in tradizioni relative ad epifanie eroiche all'epoca delle guerre persiane riportate da Erodoto146; inoltre lo xenismos di Aiace in armi, il che implica evidentemente la sua presenza tra gli uomini, è attestato nel culto147.

Dunque l'epifania di Aiace risulta, quanto quella dei Dioscuri, pienamente plausibile ed attendibile, perché perfettamente congrua all'orizzonte delle credenze e delle pratiche rituali relative agli eroi soccorritori diffuse in età arcaica. Aiace, d'altra parte, è l'eroe nazionale locrese, e pertanto, come si è detto, nell'ambiente locrese è da credere abbia avuto origine la leggenda della sua epifania. Ora, è ben più economico ammettere che in connessione coi fatti della Sagra siano nate e la leggenda dell'epifania dei Dioscuri e quella dell'epifania di Aiace, piuttosto che considerare la leggenda dell'eroe nazionale «secondaria» rispetto a quella dei Dioscuri, nonostante la loro appartenenza all'amico ambiente spartano. E questo tanto più che le due leggende non sono affatto contradittorie, bensì tra loro complementari : l'una infatti considera il corpo centrale dell'esercito, la falange oplitica, l'altra le ali presidiate dalle squadre a cavallo. Né d'altronde fa difficoltà, come si è visto, siffatta sovrapposizione di tradizioni leggendarie concernenti diversi interventi eroici in occasione di uno scontro bellico.

Naturalmente non sappiamo se e quale connessione contestuale eventualmente esistesse tra le due leggende nell'ambito della tradizione locrese; ci appare peraltro la conclusione più economica e coerente pensare che le leggende dell'intervento di Aiace e dei Dioscuri nella battaglia della Sagra appartengano ad un medesimo contesto storico e cronologico e siano nate in ambiente locrese in età arcaica in stretta connessione cronologica ed ideale con i fatti della Sagra.

L'insieme delle precedenti osservazioni ci sembra possa offrire una chiave anche per una migliore comprensione della collocazione della leg-

145 Valide argomentazioni contro la tesi di Wilamowitz e Robert sono state sviluppate da vonderMühll, cit., p. 26-28 e Ferrari, Stesicoro imerese. . . cit., p. 238- 241 ; esse possono essere ritenute ancora valide, indipendentemente dal credito che si accordi alle tesi complessive affermate.

146 Von der Mühll (cit., p. 15) ha richiamato opportunamente la storia dell'epifania del phasma di un oplita ad Epizelos (Hdt., VII, 117, 2-3).

147 Vd. Schol., Pi., N. 19 (Atene).

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genda di Leonimo ad un ben definito livello storico-culturale. Se è vero, infatti, che la tradizione locale crotoniate che tale leggenda riflette presuppone una tradizione locrese relativa all'epifania di Aiace, è nondimeno evidente che la vicenda del ferimento di Leonimo condivide con la storia di Aiace gli stessi presupposti culturali, nel senso che si caratterizza per il medesimo atteggiamento rispetto alla fede nell'intervento soccorritore degli eroi in battaglia. In questa prospettiva diviene allora importante poter riscontrare l'esistenza di un rapporto di parallelismo anche tra le storie di Formione e di Leonimo.

Si tratta in sostanza di due ίάματα strutturati in maniera consimile, caratterizzati dalla presenza di motivi folklorici — l'identità tra feritore e guaritore, la ferita di difficile guarigione — , imperniati intorno a personaggi che godono di un rapporto privilegiato con l'oracolo e con gli eroi e si rivelano protagonisti di visioni e viaggi ecstatici. Ma esaminiamo più da vicino, sotto questo aspetto, la storia di Leonimo. È ben noto che l'Isola bianca equivale all'Isola dei beati, ad un aldilà eroico con nette connotazioni che rimandano alla geografia mitica del mondo dei morti148; ora, sebbene il viaggio di Leonimo, in Pausania soprattutto, si trovi descritto in termini realistici, tuttavia il fatto che egli sia il primo uomo ad arrivare nell'isola tradisce il carattere 'eccezionale' della vicenda, il che, insieme a particolari come il sacrificio e l'evocazione degli eroi, il dialogo che essi con il Crotoniate intrattengono ed infine la sua miracolosa guarigione, induce a ritenere che siamo in presenza di redazioni razionalizzanti di una leggenda imperniata sui motivi tipici del viaggio miracoloso verso l'aldilà149. È interessante notare da questo punto di vista che Leonimo e Formione sono personaggi feriti, al petto ο alla coscia, ed in modo inguaribile a mano umana : quanto basta, unitamente agli altri tratti tipici di tali figure, per riconoscere in queste ferite il riflesso di quella concezione

148 In questa direzione portano soprattutto le valenze simboliche e mitiche legate al color bianco, le quali inducono a credere che Leuke fosse in origine una località mitica, «l'isola degli spiriti senza colore»; così, Rohde, Psyche. . . cit., Il, η. 1 p. 705, dove sono discusse le associazioni tematiche convogliate dal nome Leuke e poste in evidenza quelle connesse alla rappresentazione dell'Ade; vd. pure, in proposito, Diehl, s.v. Pontarches. . . cit., col. 7-8 e G. Nagy, in HSCPh, 77, 1973, p. 137-148.

149 Burkert, Lore and Science. . . cit., p. 153 sintetizza perentoriamente : «The White Isle », later localized in the Black Sea, was originally identical with the ' White Rock', in the Underworld. . . Thus, in this case (seil, il caso di Leonimo) recovery is not possible without a regular journey to the netherworld. . . . There was a belief in Southern Italy that healing could be won by an ecstatic journey into the world beyond, to the gods».

MEFRA 1983, 1. 33

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della ferita come «segno di morte» diffusa a livello folklorico e presente anche nel mito eroico150. La ferita assimila così simbolicamente Leonimo ad un essere che ha fatto l'esperienza della morte, cioè ad un eroe, e lo abilita a visitare l'aldilà eroico151. È appena il caso di osservare che si tratta di elementi i quali trovano tutti posto entro quel contesto culturale arcaico che vide la diffusione delle tradizioni relative a quelle figure dai tratti sciamanistici alle quali già la coscienza antica, come si è visto, aveva accostato Formione. Coglieva dunque sostanzialmente nel segno E. Diels, quando si risolveva a collocare la storia di Leonimo «vielleicht noch in die Zeit der Mystik»152. Si tratterà, dunque, di una reduplicazione della storia di Formione, avente origine in un epoca in cui erano ancora vitali le medesime problematiche culturali sottese alla tradizione a lui relativa.

Lasciando per il momento da parte ogni tentativo di ulteriore precisazione in termini cronologici, converrà ora chiedersi quali siano state le modalità di formazione della tradizione incentrata su Leonimo. Da questo punto di vista va in primo luogo osservato che sembra essere stata proprio la leggenda di Formione a costituirne, per così dire, il modello. Non si comprende, difatti, quale interesse avrebbero potuto scorgere gli ambienti crotoniati nel diffondere una tradizione che introduceva la nozione di un intervento soprannaturale — fosse pure soltanto quello di Aiace — in favore dei nemici locresi ed il particolare della inguaribile ferita inflit- ta dall'eroe soccorritore nemico al condottiero crotoniate. Tutto lascia viceversa credere che, ove non fosse preesistita la tradizione locrese relativa alla vicenda dell'empio crotoniate ferito dagli eroi protettori di Locri e guarito solo per loro benevola concessione, la tradizione locale crotoniate avrebbe assunto la forma di una più ampia versione orientata nel senso di una complessiva giustificazione della sconfitta alla Sagra. Verosimilmente invece, la tradizione su Leonimo si costituì in relazione simmetrica

150 Cfr., al riguardo, V. Propp, Edipo alla luce del folklore, Torino, 1978, p. 101- 105; Brelich, Paides..., cit., p. 80 n.85, con bibliografia; M. Eliade, Australian Religions, Ithaca-Londra, p. 90 sg.

151 È stato acutamente osservato (Ganschinietz, s.v. Katabasis, RE, X, 1919, col. 2366) che «tatsächlich konnte sich kein Lebender (unter normalen Umstanden) rühmen in Himmel gewesen zu sein und Gott gesehen zu haben. . . Was für den Lebenden eine Unmöglichkeit, ist für den Toten natürlich ; aus dieser Tatsache. . . abstrahierte sich das mytische Denken gewisse Regeln. . . Die Regel in unserem Falle war das die Himmelfahrt dem Toten offen stand ; wenn somit einer von den Lebenden in den Himmel steigen wollte, hatte er sich den Toten anzugleichen. . . ».

152 Parmenides . . ., cit., p. 18-19.

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con la storia di Formione, secondo lo schema di una sorta di rettifica della versione locrese. Messi da parte l'intervento dei Dioscuri ed il motivo del ' pellegrinaggio ' dello stratega crotoniate a Sparta — elementi troppo carichi di risonanze propagandistiche internazionali — entra in gioco soltanto l'eroe epicorio locrese, mentre sbiadisce ogni riferimento esplicito alla sconfitta della Sagra; per converso la guarigione viene situata non più a Sparta, la sede dei Dioscuri soccorritori dei Locresi, ma nell'isola dove primeggia la figura di Achille, l'eroe venerato nel culto a Crotone, mentre l'attenzione si sposta su Leonimo e sul rapporto da lui intrattenuto con l'oracolo delfico, nonché sulla sua privilegiata natura di primo intermediario tra Crotone e l'Isola dei Beati, tra il mondo degli uomini e l'ai di là eroico.

L'indagine condotta in queste pagine potrebbe così ritenersi conclusa; non resterebbe che puntualizzare le conclusioni raggiunte e precisare la collocazione cronologica della tradizione locale crotoniate rispecchiata nella leggenda di Leonimo, tenendo conto vuoi dello stretto rapporto che essa mostra intrattenere con la leggenda di Formione, vuoi degli elementi tipicamente arcaici da entrambe preservate. Non sarà inutile, però, soffermarsi preliminarmente ad esaminare la storia del ' messaggio ' per Ste- sicoro affidato da Elena a Leonimo che nelle nostre fonti si trova a conclusione delle sue vicende a Leuke. Se ne potranno infatti trarre ulteriori elementi utili a definire la cronologia della tradizione relativa allo stratega crotoniate. Ma preme anzitutto chiarire quale relazione intercorra tra i due nuclei individuabili all'interno della tradizione su Leonimo : quello relativo alla guarigione della ferita e quello incentrato su Elena rappresentante la leggenda della Palinodia di Stesicoro. È opinione diffusa che quest'ultima non facesse parte della tradizione originaria 153 ; essa sarebbe stata accostata in un secondo momento alla storia della vicenda di Leonimo a Leuke, secondo quanto lascerebbe pensare la sproporzione, osservabile nelle redazioni di cui disponiamo, tra l'abbondanza di particolari accumulati intorno alla storia di Leonimo e la schematicità con cui è esposta la leggenda della Palinodia. Ed in effetti risulta difficile credere che una tradizione originariamente incentrata sulle figure di Elena e Stesicoro abbisognasse di un simile sviluppo di dettagli relativi alle ' avventure' di Leonimo; viceversa, sembra più ragionevole ed aderente alla natura

153 Cfr., ad es., U. Mancuso, La lirica classica greca in Sicilia e nella Magna Grecia, Pisa, 1912, n. 2 p. 206; Wilamowitz, Sappho und Simonides. . ., cit., p. 234; Ferrari, Stesicoro imerese. . ., cit., p. 241-242; vonderMühll, Der grosse Aias, cit., p. 14.

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della tradizione quale ci è pervenuta, assumere che la storia di Leonimo abbia fornito gli elementi di base per la strutturazione della leggenda della Palinodia ed abbia costituito il quadro in cui questa è venuta ad inserirsi. Questo naturalmente non significa che tale leggenda rappresenti un elemento tardo, una «phantastische Ausschmückung» escogitata dall'eru- dizione ellenistica, come pure si è voluto ritenere 154. Ma vediamo meglio. Non v'è dubbio, a nostro avviso, che le più antiche menzioni della « ritrattazione» di Stesicoro, quelle di Piatone ed Isocrate155, che, pur nella loro estrema schematicità, hanno presente il dato leggendario della cecità di Stesicoro e quello, evidentemente ad esso connesso, dell'ira di Elena, presuppongano una leggenda della Palinodia156. E tale leggenda non sarà se non l'unica a noi nota, quella legata alla vicenda di Leonimo. Saremmo, per questa via, ricondotti, quanto alla sua epoca di origine, al V secolo.

Ma ulteriori elementi in questo senso è possibile guadagnare grazie all'attento esame della leggenda della Palinodia compiuto alcuni anni addietro da M. Détienne in uno studio significativamente dedicato alla «leggenda pitagorica di Elena»157. Lo studioso francese ha rintracciato nella tradizione antica una caratterizzazione di Elena quale essere lunare, venuto sulla terra dal mondo selenita, che sarebbe da attribuire alle speculazioni pitagoriche sulla pluralità dei mondi abitati e costituirebbe il pendant della sua localizzazione nell'Isola dei Beati, secondo quanto assicura, stabilendo l'equivalenza di questa con il sole e la luna, un akousma pitagorico158. Alla base di tali speculazioni sarebbe da riconoscere l'esistenza di una «tradizione di riabilitazione» di Elena. L'ambiente di formazione di tale tradizione, poi, sarebbe indicato dal peculiare elemento della stretta associazione di Elena ad Achille nell'isola di Leuke che si riscontra nella storia di Leonimo : non solo, infatti, Achille godeva di ampio credito nell'ambito della cultura del pitagorismo antico159, ma era anche titolare di un culto eroico a Crotone stessa, come possiamo aggiungere noi; e d'altra parte un interesse crotoniate per Elena sarebbe testimoniato dalla

154 Blümenthal, s.v. Palinodia, RE, XVIII, 2900, col. 148; su posizioni simili, sebbene meno recisamente, Diels, Parmenides. . ., cit., p. 19.

™Phdr., 243a; Isocr., Hel., X, 64. 156 Considerazioni acute e persuasive in proposito si leggono in Rizzo, Questioni

stesicoree. . ., cit., p. 1-10. 157 La légende pythagoricienne d'Hélène, in RHR, 152, 1957, p. 129-152. 158 Vd. supra, n. 131. 159 Détienne ha sviluppato questo tema in Homère, Hésiode et Pythagore. Poésie

et philosophie dans le pythagorisme ancien, Bruxelles-Berchem, 1962, p. 38-52.

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notizia di una sua immagine dipinta nel santuario del Lacinio dal pittore Zeusi alla fine del V secolo sotto la quale erano apposti, con evidente intento encomiastico, i versi omerici recanti le espressioni di meraviglia proferite dai vecchi troiani seduti alle porte Scee al momento del passaggio di Elena 160.

Per altro verso a Crotone riportano la dottrina di Filolao (44 A 20 D- K. ap.Aet., 2,30, 1) circa gli abitanti della luna «più grandi e più belli» che gli uomini, ed una variazione sul tema dell'origine selenita di Elena affermata da un oscuro Neocle crotoniate, citato da Ateneo (57 f) insieme a Timeo ed Eraclide Pontico e quindi da collocare verosimilmente nel IV secolo.

Tirando le fila della sua argomentazione, e sviluppando un'intuizione di P. Maas161, Détienne ha affermato il carattere pitagorico della leggenda della Palinodia : « dans les milieux de Crotone, aù début du Ve siècle vraisemblablement, on donnait à l'histoire de la Palinodie une signification religieuse : on blâmait Stésichore d'avoir cru la fable homérique et de ne pas avoir reconnu en Hélène la femme vertueuse, l'épouse d'Achille. . .». Più in generale, la storia di un'Elena selenita e la leggenda della Palinodia non sarebbero che «deux aspects d'une tendance profonde de l'ancien pythagorisme : l'épuration de la mythologie dans le cadre des livres sacrées qu'étaient pour eux l'Iliade et l'Odyssée»162.

Beninteso, non tutti i dettagli di tale ricostruzione appaiono inoppugnabili; in particolare, la datazione di Neocle al IV secolo è ben lungi dall'essere assicurata. Nondimeno, la prospettiva generale risulta coerente e giustificata. Assai significativo, in proposito, è il dato rappresentato dalla presenza, alla fine del V secolo, del dipinto di Elena e dell'iscrizione appena ricordata nell'Heraion del Lacinio, perché esso presuppone non soltanto un interesse crotoniate per la figura di Elena, ma anche, evidentemente, la preesistenza di tradizioni di riabilitazione della medesima. Tale presenza al Lacinio, dove, si ricordi, era praticato il culto eroico per Achille, induce inoltre a credere avvenuta l'associazione di Elena con

160 La documentazione sul dipinto di Elena è raccolta in J. Overbeek, Die antiken Schriftquellen der bildenden Künsten bei den Griechen, Leipzig, 1868, nr. 1667- 1675 e A. Reinach, Recueil Milliet. Textes grecs et latins relatifs à l'histoire de la peinture ancienne, Parigi, 1921, I, p. 154-159, nr. 214-223. Quanto ai versi omerici in questione, vd. //., Ili, 161-162. Per la cronologia di Zeusi, infine, cfr. da ultimo P. Moreno, in Storia e civiltà dei Greci. . ., cit., IV, I, p. 663-671.

161 S.v. Stesichoros, RE, ζ. R. Ili, 1929, col. 2461 : «Geschaffen scheint die Legende in pythagoreischen Kreisen des 5. Jahrhunderts ».

162 Légende. . ., cit., p. 141-142, 149-150.

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Achille che, in altra forma, si riscontra nella tradizione su Leonimo. Tutto questo, considerato contestualmente alla dimostrazione offerta da Détienne dell'interesse pitagorico per Elena, oltre che alle considerazioni qui svolte circa la preesistenza di una leggenda della Palinodia agli accenni in merito forniti da Piatone ed Isocrate, spinge a ritenere che l'altro nucleo della tradizione su Leonimo, cioè la storia del messaggio affidato da Elena a Leonimo per Stesicoro in base al quale questi compose la sua « ritrattazione », sia nata in ambiente crotoniate nel corso del V secolo, più precisamente, nell'arco della sua prima metà, in un contesto culturale condizionato da elementi pitagorici. La complessiva origine, poi, della tradizione quale Conone e Pausania conservano, sarà da riconoscere nella integrazione della leggenda della Palinodia entro il quadro rappresentato dalla vicenda di Leonimo e caratterizzato dalla centrale presenza del motivo dell'immortalizzazione degli eroi nell'isola di Leuke e dalla posizione preminente assegnata al crotoniate. Tale processo di integrazione dovette essere senza dubbio agevolato sia dall'interesse che Crotone poteva riscontrare nell'introdurre il particolare della partecipazione del suo condottiero alla leggenda del più grande poeta occidentale163, sia dalla presenza in entrambi i nuclei di tradizione del motivo dell'identità di feritore e risanatore164.

In tal modo è consentito recuperare un altro elemento importante ai fini della collocazione cronologica della storia di Leonimo, la cui natura ed il cui orientamento si è potuto analizzare nelle pagine precedenti. La sua anteriorità rispetto alla leggenda della Palinodia costituisce un argomento che si affianca agli elementi «arcaici» da un punto di vista storico- culturale presenti nella storia di Leonimo già rilevati, ed insieme a questi conforta l'opinione che si tratti di una tradizione locale crotoniate diffusa perlomeno tra il VI ed il V secolo.

Giunti a questo punto è possibile provare a schematizzare i risultati complessivamente raggiunti.

a) il più antico livello che è dato attingere attraverso lo scandaglio dell'insieme delle fonti antiche relative alla battaglia della Sagra è rappresentato da un complesso di tradizioni locali locresi. Si tratta di leggende concernenti le epifanie dei Dioscuri, di Aiace, ed il prodigioso manifestarsi del favore di Zeus ed assai probabilmente di Persef one ; infine della tra-

163 Così Mancuso, La lirica classica . . ., cit., p. 205. 164 Tale presenza è stata sottolineata in particolare da Weinreich, Antike Hei

lungswunder. . ., cit., η. 164, p. 46 e Ferrari, Stesicoro imerese. . ., cit., p. 242.

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dizione relativa al privilegiato rapporto intrattenuto da Locri con l'oracolo delfico. Ma quale fosse l'organizzazione contestuale di queste leggende nell'ambito di una tradizione complessiva non è possibile dire; anche se, come si è rilevato, dovette esistere un filone che è stato identificato come «tradizione Locri-Dioscuri-Sparta». A ben vedere, comunque, poiché il passo di Giustino risente senza dubbio di un lungo processo di elaborazione storiografica, sarà prudente limitarsi a notare che, ferma restando la possibilità della organizzazione contestuale delle leggende in questione, esistono altri esempì (Maratona, Salamina) di un consimile sovrapporsi di tradizioni relative ad epifanie ο prodigia connessi ad importanti episodi bellici d'età arcaica. Ma importa soprattutto sottolineare che tutte le tradizioni locresi di cui discutiamo si rivelano partecipi di una medesima atmosfera storica e culturale, oltre che di un medesimo complesso di nessi tematici. Bisognerà ritenere che esse abbiano avuto origine in ambiente locrese in stretto rapporto cronologico con la battaglia della Sagra e che riflettano le esigenze propagandistiche e, più in generale, la cultura dell'ambiente locrese in pieno VI secolo.

Alla luce di quanto sappiamo circa la preservazione in contesti san- tuariali di tradizioni relative ad έπιφάνειαι e θαύματα non solo per intervento diretto di sacerdoti e magistrati, ma anche con l'ausilio di steli ed altre forme di documenti165, e tenuto conto del nesso profondo che lega queste leggende locresi a momenti del culto cittadino di grande rilievo religioso e rappresentativo quali quelli incentrati sui Dioscuri, su Zeus Olympios, e su Persefone, è lecito affacciare l'ipotesi che si tratti di vere e proprie Tempeltraditionen, diffuse a maggior gloria delle divinità poliadi- che e fatte proprie dai gruppi dirigenti della città per valersene allo scopo di affermare la presenza locrese nel mondo magno-greco.

b) in rapporto a questa ' costellazione ' di tradizioni, ed in particolare a quella imperniata sull'intervento dei Dioscuri, si situa la leggenda di Formione. Questa è però collocata ad un diverso livello, nel senso che presuppone i motivi principali che animano la tradizione « Locri- Dioscuri-Sparta», anche se rimane pur sempre entro un orizzonte culturale ancora coerente, dal momento che preserva elementi tipici delle tradizioni relative a quelle figure di Wündermänner che affollano il tardo arcaismo greco. La leggenda di Formione, pur se meno spiccatamente caratterizzata in senso ufficiale e propagandistico, si lascia tuttavia egual-

165 Per un bilancio delle nostre conoscenze in proposito, cf r. Pritchett, The Greek State at War. . ., cit., p. 12-13 e n. 8-11, con la bibliografia ivi citata.

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mente ricondurre, per l'interesse che mostra ad attribuire la guarigione dell'empio crotoniate aggressore dei Dioscuri ai suoi feritori medesimi ed a subordinarlo all'ambiente spartano-cirenaico, all'ambito locrese, dove avrà avuto origine a non soverchia distanza dal complesso di tradizioni ufficiali di cui si è appena detto, delle quali ripropone elementi fondamentali come la presenza dei Dioscuri e di Sparta. La forma per così dire mediata e riflessa con cui tali elementi compaiono lascerebbe pensare ad un preminente interesse di tipo narrativo ed indurrebbe a non escludere che la leggenda di Formione sia rimasta affidata ad una composizione poetica, forse un epos locrese, come pensava Diels con suggestiva ipotesi166.

e) al livello della leggenda di Formione si colloca quella di Leoni- mo, che si struttura in rapporto ad essa, costituendosi come una 'rettifica' della medesima operante una serie di spostamenti di piani e di prospettive. La tradizione di epifania in cui la vicenda del ferimento dello stratega crotoniate è inserito non è quella dei Dioscuri, ma quella di Aia- ce; sono introdotti Achille, l'isola di Leuke e l'oracolo delfico; assume particolare rilievo la figura stessa del crotoniate ferito, che è tratteggiato come colui che gode di una posizione paradossalmente privilegiata, del primo 'intermediario' tra Crotone e l'Isola dei Beati. Si tratta di una tradizione locale crotoniate, da collocare probabilmente tra VI e V secolo, in cui il riferimento alla battaglia della Sagra è pressoché svanito.

Le osservazioni che precedono aprono naturalmente la strada ad ulteriori indagini ed offrono vari spunti di riflessione. Nella misura in cui infatti le tradizioni esaminate trovano riscontro nella realtà della vita politica, religiosa e culturale di Locri e Crotone, esse contribuiscono a gettar luce su problemi importanti della storia arcaica di Magna Grecia. Pensiamo soltanto alla conferma che ne viene della importanza dei rapporti intrattenuti a vari livelli da Locri con Sparta, al rilievo che Locri medesima definitivamente assume come centro di culti e tradizioni legati ai Dioscuri ed all'importanza che tale circostanza riveste relativamente alla problematica di tali culti e tradizioni in Italia centrale. Ed ancora : si potrebbe ricollocare la rivendicazione locrese del favore di Delfi presente nel più antico livello tradizionale locale sullo sfondo, ed in contrasto, con il tradizionale rapporto privilegiato che con essa intratteneva Crotone; come sarebbe consentito situare la tradizione locrese relativa all'alleanza

166 Diels, Parmenides. . ., cit., p. 18.

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con Sparta nel contesto degli altri elementi, tradizionali ed effettuali, che rimandano a forme di presenza spartana in Magna Grecia in età arcaica.

Più in generale, la rivendicazione all'età arcaica del complesso delle tradizioni intorno alla battaglia della Sagra, può indicare, ove naturalmente la si voglia accogliere, una prospettiva meritevole di essere seguita, consistente nella rivalutazione di varie tradizioni magno-greche a noi note attraverso fonti molto posteriori agli eventi : pensiamo a quelle relative alle ostilità tra le colonie achee e Siri e tra Crotone e Sibari ο a quella dai tratti più tipicamente leggendarì dell'« eroe di Temesa», le quali tutte permetterebbero di cogliere momenti ed aspetti significativi della vicenda dei rapporti politici e culturali vissuta da alcuni centri magno-greci 167.

Ma su tutto questo molto si dovrebbe dire, al di là delle rapide nota- zioni cui qui è gioco forza limitarsi. Sia consentito peraltro nutrire la speranza che la discussione di un complesso di tradizioni leggendarie magno-greche possa offrire elementi utili per la comprensione di situazioni storiche riguardo alle quali invano si cercherebbero fonti contemporanee e documenti inoppugnabili. «La storia della Magna Grecia — ha scritto E. Ciaceri — ci si presenta avvolta nelle tenebre ancora nel corso del VI secolo. . . Attraverso la scarsa ed incerta tradizione letteraria c'è concesso appena di scorgere, quasi come in uno sfondo oscuro di un quadro, le ombre di città che . . . muovonsi fra loro una guerra accanita ». Di quando in quando, nondimeno, illuminare tali tenebre non risulta del tutto impossibile.

Scuola normale superiore Maurizio Giangiulio Pisa Ottobre 1981

167 Ciaceri, Storia della Magna Grecia. . ., cit., p. 240.