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periodico dell’unione cattolica farmacisti italiani fondato nel 1947 anno LXII n. 4 ottobre/dicembre 2009 Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale d.l. 353/2003 (conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB Roma L’OBIEZIONE DI COSCIENZA DEL FARMACISTA TRA DIRITTO E DOVERE CONVEGNO NAZIONALE UCFI ROMA, 23 OTTOBRE 2009 LE RELAZIONI INTEGRALI

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periodico dell’unione cattolica farmacisti italianifondato nel 1947anno LXII n.4• ottobre/dicembre 2009Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postaled.l. 353/2003 (conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB Roma

L’OBIEZIONE DI COSCIENZA DEL FARMACISTA

TRA DIRITTO E DOVERE

Convegno nazionale UCFiRoma, 23 ottobRe 2009

le Relazioni integRali

convegno ucfi

Da quando nell’ottobre del2000, la cosiddetta “pillola delgiorno dopo” è stata commer-cializzata anche in italia, le po-lemiche si sono sprecate. Prima di tutto per l’equivoca ca-talogazione come “contraccet-tivo d’emergenza”, su cui han-no impegnato la loro diversa au-torità e competenza l’allora Pre-sidente del Consiglio, giulianoamato, e il suo ministro della sa-lute, Umberto veronesi. bastasfogliare le rassegne stampa diquel periodo e leggere le loro di-chiarazioni in cui negavano l’ef-fetto abortivo del levonorge-strel. Queste affermazioni veni-vano smentite esattamente unanno dopo da una sentenza deltaR del lazio, che imponeva

alle ditte produttrici di aggiorna-re il foglietto illustrativo allega-to, esplicitando l’azione del far-maco sull’ovulo fecondato. insostanza si riconosceva che lapillola del giorno dopo, impeden-do l’annidamento dell’embrionenell’utero, ha un effetto abortivo. a questo punto è cominciata labattaglia contro gli operatorisanitari, soprattutto medici efarmacisti, che negavano il far-maco, invocando il diritto all’o-biezione di coscienza. il 29 ot-tobre 2007, in occasione delcongresso della Federazioneinternazionale dei Farmacisticattolici, il santo Padre, bene-detto Xvi, si è autorevolmentee chiaramente pronunciato a fa-vore del diritto all’obiezione dicoscienza di questa specificacategoria professionale, perquei farmaci contrari alla vita,cioè con finalità abortive edeutanasiche. anche questa vol-ta abbiamo registrato la scesain campo di un ministro dellaRepubblica, l’on. livia turco, laquale, nonostante la sentenzadel taR, ribadiva il valore dicontraccettivo d’emergenza e distrumento antiabortivo dellapillola del giorno dopo, e impe-gnava tutta la sua autorità isti-tuzionale e politica per garanti-re l’accesso al farmaco, chie-dendo ai cittadini di segnalaredirettamente all’URP del mini-stero i casi in cui si fossero sta-te disattese le sue direttive.

Dopo quell’intervento lo scontrosi è fatto più aspro, soprattuttonei confronti dei farmacisti, conl’incitamento da parte delle or-ganizzazioni abortiste radicali adenunciare gli obiettori, finoad arrivare addirittura a veri epropri assalti alle farmacie. sulpiano dialettico si vive inveceun’assurda e paralizzante con-trapposizione tra chi ritieneche il diritto del farmacista al-l’obiezione di coscienza sia giàgiuridicamente riconosciuto etutelato, e chi invece assoluta-mente lo nega, perché non c’èuna legge che lo affermi espli-citamente.ecco perché era necessario unConvegno nel quale affrontare laquestione in modo aperto e ap-profondito. Dai lavori di oggi ciaspettiamo che emergano con-tenuti chiari e condivisi, tali darappresentare un punto d’in-contro e di coesione, non sol-tanto per l’UCFi, ma per tuttala categoria professionale deiFarmacisti. agli illustri relatori,che gentilmente si sono resi di-sponibili ad aiutarci in questaricerca del vero e del bene,chiediamo di capire come sipone oggi il problema dell’o-biezione di coscienza del far-macista dal punto di vista giu-ridico, per chi sente l’obbligomorale di non collaborare conchi, anche solo intenzional-mente, vuole abortire. grazie!

PERCHÉ UN CONVEGNOSULL’OBIEZIONE DI COSCIENZA?

DON MARCO BELLADELLIassistente nazionale UCFi

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Ringraziamo vivamente il sen.

luigi D’ambrosio lettieri, se-

gretario della Commissione sa-

nità del senato e vice Presiden-

te della FoFi, per il telegram-

ma di solidarietà inviatoci:

Esiti Convegno possano avvici-

nare a soluzione caso irrisolu-

to di grave iniquità e portino ri-

conoscimento diritto violato.

Saluti.

sen. luigi D’ambrosio lettieri

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Ringrazio il Dott. Uroda, Presidente del-l’Unione Cattolica Farmacisti italiani, perl’invito ad aprire i lavori di questoConvegno e saluto insieme a lui gli il-lustri relatori e i numerosi partecipanti.È un invito che ho accolto con piace-re, considerata l’attualità del temaprescelto e l’impostazione dei lavorienunciata fin dal titolo, nel quale l’obie-zione di coscienza del farmacista vie-ne significativamente collocata in unaprospettiva che richiama insieme il pro-filo del diritto e quello del dovere.non spetta a me approfondire lecomplesse questioni giuridiche col-legate a questa impostazione, og-getto delle relazioni che sarannosvolte questa mattina da ben notigiuristi, né le possibili implicazionisul piano sociale e politico, che ri-sulteranno adeguatamente illustra-te nel corso della tavola rotondaprevista per questo pomeriggio.Ritengo invece opportuno coglierel’occasione di questo breve interven-to introduttivo per richiamare l’atten-zione sui delicati problemi etici con-nessi al tema del Convegno e sul con-tributo alla riflessione offerto dal ma-gistero della Chiesa.

la questione dell’obiezione di co-scienza nasce dal conflitto interioredell’uomo posto di fronte all’alterna-tiva, a volte lacerante, fra il comandodella legge, che imporrebbe una de-terminata azione, e l’imperativo del-la propria coscienza – rispondente amotivazioni religiose, ma anche eti-che o ideologiche – secondo cuiquella azione risulta inaccettabile. ilriconoscimento della possibilità diappellarsi alla “clausola di coscien-za” è diretto appunto a superare taleconflitto interiore tra coscienza indi-viduale e obbligo legale. Cercando di

evitare gli esiti insanabili e gravissi-mi che derivano da una legge ingiu-sta di cui sia destinatario, l’obietto-re «dicendo di no alla legge intendedire di sì al diritto» (F. D’agostino).

tradizionalmente la possibilità del-l’obiezione di coscienza è stata rico-nosciuta con riguardo al servizio dileva obbligatorio e agli interventi di-retti all’interruzione volontaria digravidanza, cioè ai due casi tipici cheper la loro radicalità permettono dimettere in evidenza i referenti essen-ziali dell’obiezione stessa. sono casi emblematici perché, purnella loro diversità, appaiono entram-bi legati direttamente al fondamenta-le principio del non uccidere.

Una chiara testimonianza

in questo quadro si colloca anche laquestione del diritto-dovere dei farma-cisti all’obiezione di coscienza, che vie-ne oggi in discussione sia di fronte ataluni farmaci abortivi (come la RU486,per i farmacisti ospedalieri) o poten-zialmente abortivi, quale in concretola cosiddetta pillola del giorno dopo,sia di fronte a taluni sviluppi (o meglioinvoluzioni) che si profilano in mate-ria di fine vita, considerato che in al-cuni paesi europei, come ad esempioin belgio, risulta già in vendita nellefarmacie un kit eutanasico.

in italia il problema è avvertito soprat-tutto riguardo alla vendita della cosid-detta pillola del giorno dopo. infatti,sebbene l’autorizzazione ministerialeall’immissione in commercio dellaspecialità medicinale norlevo abbiaqualificato tale prodotto come «con-traccettivo d’emergenza», in basealle evidenze scientifiche disponibili

non si può escludere la concreta pos-sibilità di un’azione post-fertilizzati-va del farmaco stesso nelle ipotesi incui, essendosi già verificata la fecon-dazione dell’ovulo e quindi la forma-zione dell’embrione, viene impeditoall’embrione stesso di iniziare l’im-pianto nella parete uterina, con evi-dente effetto abortivo. in tal senso si è pronunciato il Comi-tato nazionale di bioetica nella Notasulla contraccezione d’emergenza ap-provata il 28 maggio 2004, nella qua-le, dopo aver rilevato la diversità di opi-nioni emerse nel dibattito scientificocirca l’efficacia della “pillola del gior-no dopo”, ha «ritenuta unanime-mente da accogliersi la possibilità peril medico di rifiutare la prescrizioneo la somministrazione» del levonor-gestrel (lng, principio attivo delfarmaco). se una tale opzione è cor-relata ai possibili effetti post-fertiliz-zazione del farmaco, osserva il Co-mitato, «il medico ha comunque il di-ritto di appellarsi alla ‘clausola di co-scienza’, dato il riconosciuto rangocostituzionale dello scopo di tuteladel concepito che motiva l’astensio-ne (cfr. Corte cost. n. 35/1997), edunque a prescindere da disposizio-ni normative specifiche sul punto».Del resto, appare abbastanza chia-ro che l’intenzione di chi chiede opropone l’uso di questa pillola o èfinalizzata direttamente all’interruzio-ne di una eventuale gravidanza,proprio come nel caso dell’aborto,o perlomeno non esclude e accet-ta questo possibile risultato, cheverrebbe a realizzarsi al di fuoridelle rigorose prescrizioni e proce-dure stabilite dalla legge 194/78.emerge così «il rischio di una ulterio-re banalizzazione del valore della

APERTURA DEI LAVORI

IL DIRITTO-DOVEREDEI FARMACISTIALL’OBIEZIONE DI COSCIENZAMONSIGNOR MARIANO CROCIATAsegRetaRio geneRale Cei

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vita, con l’incremento di una men-talità secondo cui l’aborto stesso fi-nisce per essere considerato unanticoncezionale» (card. a. bagna-sco, Prolusione al Consiglio perma-nente, 21-24 settembre 2009).si viene inoltre a introdurre «un con-flitto all’interno delle norme dello sta-to: la legge 194 garantisce infatti il di-ritto all’obiezione di coscienza daparte del personale sanitario a cui siarichiesto di collaborare all’aborto.non è giustificabile togliere questo di-ritto ai farmacisti» (card. C. Ruini, In-tervista al Sir, 1 novembre 2000).

Proprio i farmacisti sono chiamati adare in questo ambito una chiara te-stimonianza, in quanto, come ha af-fermato benedetto Xvi, essi rappre-sentano gli «intermediari fra il medicoe il paziente» e svolgono «un ruoloeducativo verso i pazienti per un usocorretto dell’assunzione dei farmaci esoprattutto per far conoscere le impli-cazioni etiche dell’utilizzazione di al-cuni farmaci». non si devono «ane-stetizzare le coscienze sugli effetti dimolecole che hanno lo scopo di evi-tare l’annidamento di un embrione odi cancellare la vita di una persona»;il farmacista deve invitare ciascuno «a

un sussulto di umanità, perché ogniessere sia protetto dal concepimen-to fino alla morte naturale» (benedet-to Xvi, Discorso ai partecipanti al 25°Congresso internazionale dei farmaci-sti cattolici, 29 ottobre 2007). il ruolo educativo nell’intermediazio-ne tra medico e paziente rappresen-ta, dunque, un compito caratterizzan-te il lavoro del farmacista. il farmaci-sta cattolico è chiamato a coglierequesta opportunità per esercitare unautentico apostolato e un’opera di mi-sericordia spirituale attraverso il suolavoro. Per far questo è importantecoltivare la vita di fede con la pre-ghiera, i sacramenti e la testimonian-za di onestà e di carità. altresì è ne-cessaria al farmacista, come a tuttigli operatori sanitari, quella specia-le attenzione nella formazione dellacoscienza morale che si richiedeper essere accanto a chi soffre.

Un priorità per il bene comune

Dare testimonianza evangelica laddo-ve i contenuti della fede sono messiin questione da casi limite emotiva-mente coinvolgenti, da forti interessi

economici o da una cultura edonistae nichilista è oggi particolarmentefaticoso. bisogna perciò, come sin-goli farmacisti e come associazione,attingere al patrimonio morale eagli insegnamenti della Chiesa ecoordinarsi con l’azione pastoraleche essa esercita a tutela della vitae a servizio dei malati (a questo pro-posito è significativa e lodevole lavostra scelta di firmare il manifestoLiberi per Vivere promosso dall’as-sociazione scienza & vita). D’altra parte, la riflessione ecclesialeche la Chiesa che è in italia sta por-tando avanti sul tema dell’educazio-ne rappresenta anche la via per un ri-lancio culturale della vostra professio-ne, che spesso rischia di essere per-cepita e regolamentata come unapura attività commerciale, svuotatadella sua dignità ed esposta a logicheeconomiche di tipo unicamente mer-cantile. invece, educare le coscienzecon la propria professione di farma-cista è oggi una priorità per il bene co-mune e l’interesse di tutti e una mis-sione alta e certamente impegnativa;per questo «nella distribuzione dellemedicine il farmacista non può rinun-ciare alle esigenze della sua coscien-

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za in nome delle leggi del mercato, néin nome di compiacenti legislazioni.il guadagno, legittimo e necessario,deve essere sempre subordinato al ri-spetto della legge morale e all’ade-sione al magistero della Chiesa»(giovanni Paolo ii, Discorso alla Fe-derazione internazionale dei farmaci-sti cattolici, 3 novembre 1990).

Per il farmacista cattolico, aderire al-l’insegnamento della Chiesa sul ri-spetto della vita e della dignità del-la persona umana, che è di naturaetica e morale, rappresenta anzitut-to un dovere, sicuramente difficileda adempiere in concreto ma alquale non può rinunciare. i cristiani infatti sono chiamati a nonprestare la loro collaborazione a quel-le pratiche che, pur ammesse dalla le-gislazione civile, sono in contrasto conla legge di Dio. tale cooperazione si verifica quando«l’azione compiuta, o per la sua stes-sa natura o per la configurazioneche essa viene assumendo in unconcreto contesto, si qualifica comepartecipazione diretta ad un attocontro la vita umana innocente o

come condivisione dell’intenzioneimmorale dell’agente principale»(giovanni Paolo ii, lettera enciclicaEvangelium vitae, § 74). in questa prospettiva, l’obiezione dicoscienza è anche un diritto che deveessere riconosciuto ai farmacisti, per-mettendo loro di non collaborare di-rettamente o indirettamente alla «for-nitura di prodotti che hanno per sco-po scelte chiaramente immorali, comeper esempio l’aborto e l’eutanasia», edi superare le difficoltà di un contestoculturale che tende, talvolta, a non fa-vorire l’accettazione dell’esercizio diquesto diritto, in quanto «elemento“destabilizzante” del quietismo dellecoscienze» (Pontificia accademia perla vita, 15 marzo 2007).

Un problema che riguarda tutti

il diritto-dovere all’obiezione di co-scienza non riguarda solo i farmaci-sti cattolici ma tutti i farmacisti, per-ché «la questione della vita e della suadifesa e promozione non è una pre-rogativa dei soli cristiani. anche se

dalla fede riceve luce e forza straor-dinarie, essa appartiene ad ogni co-scienza umana che aspira alla veritàed è attenta e pensosa per le sorti del-l’umanità» (giovanni Paolo ii, encicli-ca Evangelium vitae, § 101).Desidero quindi esortare voi tutti adessere testimoni coraggiosi nell’e-sercizio della professione del valoreinalienabile della vita umana, soprat-tutto quando è più debole e indifesa.seguire la propria coscienza non èsempre una via facile e può compor-tare sacrifici ed aggravi. tuttavia, ri-mane necessario «proclamare chia-ramente che la via dell’autenticaespansione della persona umanapassa per questa costante fedeltà allacoscienza mantenuta nella rettitudi-ne e nella verità» (Congregazioneper la dottrina della fede, Dichiarazio-ne sull’aborto procurato, 1974).a Cristo gesù, signore della vita e amaria madre sua e madre dellaChiesa affido il cammino della vostraassociazione e i lavori di questagiornata, auspicando il miglior fruttoper questa iniziativa.

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l’obiezione di coscienza del farmaci-sta si pone, a livello di legislazione or-dinaria, in modo parzialmente diver-so rispetto all’obiezione di coscienzadel medico, mentre, a livello di prin-cipî costituzionali, si pone esatta-mente nello stesso modo. in sostan-za, possiamo dire che probabilmen-te ci sarebbe bisogno di un interven-to legislativo che adegui la legislazio-ne ordinaria ai principî costituzionali,o comunque di un qualcosa che spin-ga il giudice a interpretare le norme inmodo estensivo e comprensivo anchedell’attività del farmacista. Partendodalla posizione del medico, ricordo lagiurisprudenza della Corte Costituzio-nale e poi anche la legge 194 che haregolato specificatamente il caso. Qual è il fondamento costituzionaledell’obiezione di coscienza? l’obiezio-ne di coscienza si ha di fronte a do-veri costituzionali, in quanto può es-sere definita come un’eccezione co-stituzionale prevista a un dovere ge-neralizzato stabilito dalla stessa Co-stituzione. l’obiezione di coscienza nelcampo del servizio militare, per esem-pio, ha origine nel dovere – sancitodalla Costituzione – di tutti i cittadinidi concorrere alla difesa della Patria,e specificatamente addestrandosinell’esercizio militare. tale dovere,essendo a carico di tutti i cittadini, èper l’appunto un dovere generalizza-to. la Corte Costituzionale, però, hariconosciuto prima della legge, che èintervenuta solo dopo, che un cittadi-no che per motivi di coscienza rifiutain qualsiasi modo l’uso delle armi per-ché questo è contrario a un suo impe-rativo di coscienza, ha diritto a farequalcosa di alternativo rispetto all’ad-destramento alle armi. ovviamentequesto riconoscimento ha comporta-to una serie di aggiustamenti legisla-

tivi che solo il legislatore poteva dare,ma la Corte Costituzionale intantoaveva stabilito il principio secondo ilquale l’obiezione di coscienza è tute-lata proprio da uno degli articoli fon-damentali della Costituzione, e cioèl’articolo 2, il quale stabilisce i diritti in-violabili della persona umana. in que-sto articolo – a proposito del quale cifu nell’ambito dell’assemblea Costi-tuente uno dei più bei discorsi fatti daun deputato costituente, l’allora giova-nissimo aldo moro, che fece una sin-tesi dell’articolo che ognuno di noi do-vrebbe leggere – c’è il radicamento nel-la nostra Costituzione dei diritti invio-labili dell’uomo, e sullo stesso artico-lo la Corte Costituzionale ha fondatoil diritto alla vita, dato che la nostra Co-stituzione, a contrario di altre, non lomenziona esplicitamente.

Un diritto inviolabile

l’obiezione di coscienza, dunque, è ra-dicata proprio sul fondamento dei di-ritti inviolabili perché essi, a loro vol-ta, hanno un fondamento nella co-scienza umana, e l’obiezione di co-scienza è la più diretta espressione diquesto valore consacrato nei diritti in-violabili dell’uomo sanciti dall’arti-colo 2. il diritto inviolabile alla libertàdi coscienza comporta quindi che unsoggetto possa fare obiezione di co-scienza quando il valore relativo hauna consistenza costituzionale, cioèrientra tra i valori supremi della Costi-tuzione, e il soggetto ha diritto afare obiezione anche di fronte a do-veri costituzionali. l’obiezione di coscienza dunque èun’eccezione rispetto all’osservazio-ne di doveri costituzionali dipenden-te dal fatto che il valore della coscien-za è ritenuto primario, cioè connotan-

te la dignità umana, perché senza diesso la dignità umana, che è conside-rata da tutte le giurisprudenze costi-tuzionali dei Paesi occidentali – in pri-mis la germania che ha nella Costitu-zione federale un articolo specifico –il valore supremo dei nostri sistemi co-stituzionali, perde il suo tratto distin-tivo più importante. il radicamento del-l’obiezione di coscienza nella Costitu-zione è dunque forte e sicuro, e ha unacollocazione prioritaria, privilegiatanella scala dei valori costituzionali. Questo principio è stato già attuato dallegislatore ordinario proprio in relazio-ne al medico nel caso dell’interruzio-ne di gravidanza. la legge 194 rico-nosce infatti che il medico che, permotivi di coscienza, non vuole concor-rere all’interruzione di gravidanza, hadiritto a obiettare e quindi a non par-tecipare legittimamente con la propriaarte e con la propria capacità tecnicaall’interruzione di gravidanza. sorge laquestione sul perché il farmacista in-vece non abbia un diritto di questo ge-nere, e in questo campo sono stati svi-luppati argomenti sia a favore che con-tro la sua obiezione di coscienza. letesi contrarie sono fondamentalmen-te tre. secondo la prima, il farmacistanon può avere diritto all’obiezioneperché egli ha un dovere di prestazio-ne al quale non si può sottrarre, inquanto è suo dovere fare tutto ciò chegli è possibile per fornire al pazienteche si presenta con una prescrizionemedica il medicamento di cui ha biso-gno. Questa affermazione è deboleperché la presenza di un dovere è ti-pica dell’obiezione di coscienza, e checi sia un dovere – in questo caso an-che forse di rango non costituziona-le – a erogare il servizio farmaceutico,cioè mettere a disposizione del pazien-te il medicamento di cui ha bisogno

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L’OBIEZIONE DI COSCIENZA NELLA LEGISLAZIONE ITALIANAPROF. ANTONIO BALDASSARREDoCente Di DiRitto CostitUzionale UniveRsità lUiss gUiDo CaRli, PResiDente emeRito Della CoRte CostitUzionale

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secondo la prescrizione del medico,non significa che l’obiezione di co-scienza non possa sussistere, perchéal contrario il presupposto indispen-sabile perché l’obiezione di coscien-za possa esistere è proprio il sussiste-re di un dovere costituzionale. Possia-mo dire che questo argomento èpiuttosto debole se non inesistenteperché non risolve assolutamente ilproblema. la questione è: c’è un do-vere. Che fare dunque di fronte a que-sto dovere? C’è un legittimo motivoche riconosce al farmacista un dirit-to a rifiutare di dare attuazione a undovere costituzionale? Questa tesichiaramente non risolve il problemache abbiamo di fronte. Una seconda argomentazione cherifiuta l’obiezione di coscienza delfarmacista sostiene che in realtà que-st’ultimo quando dà il medicamento alpaziente non decide l’uso dello stes-so, né tantomeno per quale scopodeve essere assunto. il medicamen-to infatti può servire per diversi sco-pi, ma è il medico che decide a qua-le di questi esso serve e non il farma-cista, il quale non interviene nel mec-canismo decisionale come fa inveceil medico al quale compete decidereper quale fine il medicamento va

dato. Di conseguenza non si può rico-noscere al farmacista il diritto all’obie-zione di coscienza in quanto egli noninterviene sulla finalità per la quale ser-ve il medicamento. anche questa tesi è debole, perchése anche è vero che esistono medi-camenti polivalenti, come l’aspirina,i quali possono essere prescritti perdiversi scopi, per i quali in effetti è ilmedico che decide perché il pa-ziente deve assumerli, ci sono pursempre dei medicamenti, come nelcaso specifico la pillola abortiva o al-tre pillole similari, che hanno un soloscopo dichiarato, cioè o impedirel’impianto dell’embrione nel corpomaterno o addirittura interrompere ilprocesso del concepimento.

Quando iniziail diritto alla vita

Per medicamenti di questo genere ilpresupposto sul quale si basa questatesi non ha alcun valore, perché se ilmedicamento serve per un unico fine,il farmacista che in esecuzione del suodovere lo vende al paziente partecipaa pieno e con piena coscienza all’in-terruzione di gravidanza, esattamen-te come il medico che prescrive il me-

dicamento, proprio perché è consa-pevole dello scopo per il quale il me-dicamento non polivalente è assunto.il terzo ed ultimo argomento si riferi-sce alla pillola che impedisce l’impian-to dell’embrione nel corpo materno. sidice che in realtà con questo medica-mento non si interviene nell’ambitodell’interruzione di gravidanza perchésecondo le direttive dell’oms (orga-nizzazione mondiale della sanità)deve considerarsi interruzione di gra-vidanza solo quella che avviene dopol’attecchimento dell’embrione nel cor-po materno. a prescindere dal rispetto che nutria-mo nei riguardi dell’oms – che peròpuò essere considerata un istituto diamministrazione globale, l’equivalen-te a livello mondiale di quello che è initalia l’istituto superiore di sanità, eche quindi non si occupa degli interes-si fondamentali dell’individuo se noncome consulente degli stati – la suaposizione in merito all’interruzione digravidanza si scontra con la giurispru-denza della nostra Corte Costituzio-nale, la quale, nell’unica sentenzaemessa nel 1975 in materia di interru-zione di gravidanza, ha sostenutouna tesi diversa, anche se poi ha giu-stificato la pratica abortiva nell’ambi-

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convegno ucfito di certi limiti, e cioè nei limiti delconflitto tra diritti, quello fondamen-tale della madre e quello fondamen-tale del nascituro. la Corte Costitu-zionale nel sostenere la propria po-sizione ha stabilito che il diritto allavita inizia con il concepimento, che èun momento anteriore a quello del-l’impianto e che avviene quando lospermatozoo incontra l’ovulo. a prescindere dal fatto che sia statodetto dalla Corte Costituzionale, in ef-fetti questa posizione è più correttaperché il processo che porta all’esi-stenza di una vita umana non comin-cia con l’attecchimento, bensì con ilconcepimento. È esasperante soste-nere che prima dell’attecchimentonon ci sia niente, perché in realtà l’ab-bozzo di vita esiste già, essendo av-venuto l’incontro tra i due fattori,quello maschile e quello femminile, chedà origine a una nuova vita. e anchese l’attecchimento è una fase fonda-mentale, non può non considerarsila fase precedente, cioè quella delconcepimento, come parte altrettan-to fondamentale di tutto il processoche dà origine a una nuova vita, e lostesso diritto alla vita nasce nelmomento in cui inizia il processo enon in una fase successiva.

Un processo unico

nella dottrina sia medica che giuridi-ca si sono sempre cercate delle fasisuccessive al concepimento comemomenti ai quali far risalire la nasci-ta della nuova vita, ed infatti ci sonomolte altre teorie oltre a quella del-l’oms, come per esempio quella delpre-embrione che, nata in ambitogiuridico, è stata poi adottata anchein ambito medico. Queste teorie pos-sono essere considerate come tenta-tivi di trovare uno spazio nell’ambitodel quale realizzare un’interruzione digravidanza legittima. in realtà dalpunto di vista biologico il processo èuno solo e comincia con il concepi-mento e, se tutto prosegue per ilmeglio, termina con la nascita dell’in-dividuo. Qualsiasi intervento su que-sto processo è un intervento decisodall’uomo contro questo processovitale. anche dal punto di vista logi-co il processo è uno solo, e lescansioni cronologiche sono co-struzioni artificiali e arbitrarie chel’uomo introduce al fine di trovare

uno spazio per intervenire in modosurrettiziamente legittimo su questoprocesso. anche la posizione del-l’oms è dunque discutibile e senzadubbio in contrasto con la nostragiurisprudenza costituzionale, per-ché dopo la sentenza del 1975 cisono state altre sentenze, ma tutt’alpiù indirettamente confermative diquella precedente perché toccava-no aspetti marginali del processo. in conclusione, le tesi contro l’obie-

zione di coscienza risultano essere tut-te piuttosto facilmente criticabili separtiamo dal presupposto che il pro-cesso di generazione della nuova vitaè unitario e comincia con il concepi-mento e termina con la nascita. e seancora accettiamo come presuppostoche nel caso di determinati medica-menti non polivalenti il fine non può es-sere altro che quello dell’interruzionedel processo vitale e cioè della gravi-danza, è difficile negare che il farma-cista partecipa a pieno titolo, esatta-mente nello stesso modo in cui par-tecipa il medico, all’intervento di inter-ruzione della gravidanza, ed è altret-tanto difficile negare che, come si ri-conosce al medico l’obiezione di co-scienza, così anche non si può attri-buire questo diritto al farmacista cheper motivi di coscienza non si sentedi partecipare ad un processo che lasua coscienza morale ripugna. Questa riflessione però viene fatta soloal livello dei valori costituzionali, per-ché la legge oggi non stabilisceespressamente che il farmacista haquesto diritto, anche se in linea di prin-cipio il legislatore non avrebbe altrascelta che uniformare la legislazioneordinaria a quella costituzionale. Del resto quando un caso non è rego-lato, il legislatore deve applicare deiprincipî che sono quelli costituziona-li, e i principî costituzionali sono uni-voci, nel senso che non c’è nessunadifficoltà nel percepirne il senso né tan-tomeno alcuna equivocità secondoquanto previsto dal nostro sistema co-stituzionale, ed essi sono univoci neldire che in casi del genere il diritto al-l’obiezione di coscienza per il farma-cista si pone negli stessi termini neiquali si pone per il medico. la Corte Costituzionale è sempre at-tenta a non stabilire diseguaglianzein situazioni eguali, e in questo casola situazione del farmacista è iden-tica a quella del medico perché egli

partecipa in piena coscienza, a pie-no titolo, a una operazione di inter-ruzione del processo di gravidanza.i detrattori del diritto all’obiezione dicoscienza dei farmacisti, però, fannoanche altri tipi di considerazioni, comequella secondo la quale il paziente,quando si rivolge al farmacista, ha unaprescrizione medica, per cui si può direche è titolare di un diritto ad avere ilmedicamento e che questo dirittodeve essere soddisfatto, anche sesempre nei limiti in cui non sia in con-flitto con il diritto di un altro sogget-to. nel caso specifico il conflitto c’è,e siamo appunto in uno di quei casi incui il diritto di un soggetto – il pazien-te – ad avere un medicamento, siscontra con il diritto, parimenti legit-timo a livello costituzionale, di un al-tro soggetto – il farmacista – all’obie-zione di coscienza. anzi, a voler essere rigorosi, il dirittoall’obiezione di coscienza nella scaladei valori costituzionali è un valoremolto superiore rispetto al diritto adavere uno strumento terapeutico peril soggetto. ma questo conflitto, a pre-scindere dalla collocazione che si dànella gerarchia dei valori ai due dirit-ti, e cioè anche se essi fossero sullostesso piano dal momento in cui si po-trebbe opporre alla libertà di coscien-za, che è un valore primario, un altrovalore primario, e cioè il diritto alla sa-lute (naturalmente interpretato noncome ha fatto la legislazione – laquale si è aperta un varco molto am-pio stabilendo che nell’interruzione digravidanza qualsiasi malessere o di-sagio psichico autorizza il medico a le-gittimare l’aborto – bensì come san-cito dall’articolo 32 della Costituzione– che, nel suo nucleo fondamentale,stabilisce, come ha poi ribadito la Cor-te Costituzionale, che ci deve essereun pericolo grave per la salute dellamadre e non un minimo disagio, men-tre nell’interpretazione corrente della194 è sufficiente un minimo disagiocertificato dal medico affinché sia le-gittimata l’interruzione di gravidanza),non è un conflitto irrimediabile.

Conflitti irrimediabili

irrimediabile è per esempio il conflit-to oggetto della sentenza del 1975 inmateria di aborto, perché in questocaso sono in conflitto il diritto alla vitadel bambino e quello della madre, ed

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essendo in pericolo la vita di entram-bi, non c’è soluzione, uno dei due deveessere sacrificato, anche se la CorteCostituzionale sbaglia nello specifica-re che deve essere salvata la madre,ma si sarebbe dovuta limitare a direche uno dei due deve essere sacrifi-cato, senza specificare chi, e la stes-sa sentenza è contraddittoria poichéalla pagina uno parla di conflitto tra di-ritti di due persone, in quanto il con-cepito è considerato una persona e ilsuo diritto alla vita si scontra con quel-lo della madre, nel caso in cui porta-re avanti la gravidanza sarebbe estre-mamente rischioso per la vita dellamadre; poi nella pagina successivadice che in caso di conflitto deve pre-valere la vita della madre perché la ma-dre è già persona. la sentenza avreb-be dovuto lasciare all’interessata la li-bertà di decidere, ed infatti ci sono sta-ti dei casi se vogliamo ammirevoli didonne che hanno preferito dare la pos-sibilità di vivere al nascituro. ad ogni modo, nel caso del diritto al-l’obiezione di coscienza e del dirittoalla salute, il conflitto non è irrimedia-bile come quello tra il diritto alla vitadella madre e del nascituro, perché sipuò risolvere in qualche modo, per

esempio attraverso un’organizzazio-ne farmaceutica adeguata che rendapubblico l’elenco dei farmacisti obiet-tori di coscienza, per cui tutti i pazien-ti saprebbero che determinati prodot-ti non si trovano in determinate far-macie mentre si possono trovare inaltre. in questo modo il conflitto si po-trebbe risolvere perché il diritto allasalute, sempre presupponendo chesia un diritto altrettanto importantequanto quello all’obiezione di co-scienza, troverebbe soddisfazionenell’organizzazione farmaceutica,cioè nella distribuzione dei prodotti trale varie farmacie. Questa potrebbeessere una situazione risolutiva diquello che viene presentato come unconflitto irrisolvibile tra due dirittifondamentali della Costituzione.

Regolamentare la materia

in conclusione mi sembra che daquesto congresso possa venire la ri-chiesta di regolamentare questa ma-teria perché i valori costituzionalisono chiari e non possono non porta-re a riconoscere al farmacista il dirit-to all’obiezione di coscienza cosìcome è già riconosciuto al medico. in

una situazione di questo genere, nonregolata, il giudice dovrebbe decide-re allo stesso modo, ma purtroppo initalia il relativismo della giurispruden-za è molto spinto in quanto non cisono solo sentenze diverse tra giudi-ci diversi – il che sarebbe quasi nor-male, tanto che la stessa organizza-zione giudiziaria, prevedendo la pos-sibilità che tale problema si verifichi,ha istituito un organo per la risoluzio-ne di queste controversie, e cioè laCorte di Cassazione – ma addiritturagiurisprudenze diverse per diversesezioni della Corte di Cassazione.Questo significa che lo stesso orga-no che dovrebbe garantire la nomo-filachia, cioè l’unificazione del dirittoaffinché i giudici operino similmente,è talmente tanto pluralista e non uni-tario da dettare indirizzi diversi. ma in un Paese civile non può non es-serci una certezza del diritto, e quin-di un’uniformità nell’applicazione deldiritto da parte dei giudici, perché inassenza di questo chi soffre è primadi tutto il cittadino, ma in seconda bat-tuta anche la Costituzione, che rischiadi assumere significati diversi a secon-da dei casi.

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Ci si potrebbe stupire che, oggi, si di-scuta seriamente se i farmacisti abbia-no o meno il diritto all’obiezione di co-scienza rispetto alla vendita di un pre-parato che, impedendo l’impiantodell’ovulo fecondato, ne provoca lamorte: la sensibilità per le scelte di co-scienza delle persone è assai ampiase una proposta bipartisan, presenta-ta da quattro deputati del PDl e daquattro del PD, ipotizza che il dirittovenga riconosciuto agli studenti del-le scuole alberghiere che non hannointenzione di cucinare carne. la pro-posta – con terminologia davveroappropriata e solenne – prevede che“gli studenti che, per obbedienza allacoscienza, nell’esercizio del dirittoalla libertà di pensiero, coscienza e re-ligione, si oppongono alla violenza sututti gli esseri viventi, possono dichia-rare la propria obiezione di coscien-za a seguire le lezioni didattiche e pra-tiche riguardanti alimenti animali”.

eppure questa sensibilità non è pre-sente quanto ai farmacisti: una miacollega – la dottoressa Fiorenza gior-gi, giudice tutelare in liguria, suppor-tando con il suo parere giuridico le li-nee guida redatte dalla asl di savo-na che negano questo diritto ai farma-cisti, giocando sulle parole, severa-mente afferma: “il levonorgestrel, opillola d’emergenza, non è assoluta-mente da considerare un farmacoabortivo … si legge (nel foglio illustra-tivo) che, in caso di gravidanza già inatto, il farmaco non potrà essere ef-ficace. Dunque mi sembra evidenteche se il farmaco è ritenuto efficace incaso di gravidanza, non si possaparlare di pillola abortiva”: con ciòchiaramente cancellando l’azione ti-pica del preparato, quello di far mo-

rire l’embrione eventualmente forma-tosi impedendone l’annidamento. ladottoressa giorgi avverte, pertanto,duramente: “tutti i medici, e non soloi ginecologi, sono tenuti a prescrive-re il farmaco senza che sia ammessal’obiezione di coscienza perché non sitratta di farmaco abortivo… né il gine-cologo né il medico di famiglia posso-no esimersi dalla prescrizione” (e senon possono farlo i medici, aggiungoio, immaginiamoci i farmacisti…).

Come è triste questo formalismo giu-ridico che vuole nascondere dietro leparole la sostanza della vicenda! se initalia venisse reintrodotta la pena dimorte, probabilmente verrebbe deno-minata “applicazione pena capitalemedicalmente assistita” (aPCma);qualche giurista sosterrà che, non ri-sultando alcuna uccisione di unuomo, nessuno potrà astenersi dalprendere parte a quelle pratiche; e ilfarmacista, ovviamente, richiesto difornire le sostanze da inserire nella si-ringa per l’iniezione letale, non potràinvocare l’obiezione di coscienza:si tratta di medicinali …

L’argomentazione giuridicache nega il diritto all’obiezione di coscienzadei farmacisti

la tesi che sostiene che l’obiezione dicoscienza dei farmacisti rispetto allavendita della “pillola del giorno dopo”non sia consentita si fonda su un’in-terpretazione letterale dell’art. 9 del-la legge 194 che consente al “perso-nale sanitario ed esercente le attivitàausiliarie” di non prendere parte “alleprocedure di cui agli artt. 5 e 7 ed agli

interventi per l’interruzione volontariadella gravidanza quando sollevi obie-zione di coscienza, con preventiva di-chiarazione”. lo stesso articolo 9 stabilisce i con-fini del diritto che viene riconosciuto:l’obiezione di coscienza “esonera ilpersonale sanitario ed esercente le at-tività ausiliarie dal compimento delleprocedure e delle attività specifica-mente dirette a determinare l’interru-zione della gravidanza”, ma non “dal-l’assistenza antecedente e conse-guente all’intervento”; ancora, l’obie-zione di coscienza “non può essere in-vocata dal personale sanitario edesercente le attività ausiliarie quando,data la particolarità delle circostanze,il loro personale intervento è indispen-sabile per salvare la vita della donnada imminente pericolo”.

si dice: la somministrazione e l’assun-zione della “pillola del giorno dopo”non rientrano tra le procedure descrit-te dall’art. 5 (aborto nei primi novan-ta giorni) e dall’art. 7 (aborto dopo i no-vanta giorni) della legge 194 e quindila norma in questione non si applica. si noti, comunque, che almeno unpunto non pare in discussione: i far-macisti, di per sé, potrebbero esserecompresi nella definizione di “perso-nale sanitario”, poiché quella del far-macista è legislativamente definitauna “professione sanitaria” (art. 99R.D. 27/7/1934).

a parte questa precisazione, davve-ro l’interpretazione della legge cosìcome appena sintetizzata è l’unicapossibile?

La sentenza del TAR del Lazio del2001il punto di partenza è quello della com-mercializzazione del norlevo: il movi-

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L’OBIEZIONE DI COSCIENZADEL FARMACISTA E DELLA FARMACIA

DOTT. GIACOMO ROCCHIgiUDiCe PResso il tRibUnale Di FiRenze

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mento per la vita e il Forum delle as-sociazioni Familiari avevano impu-gnato davanti al taR del lazio il De-creto del ministero della salute cheaveva autorizzato l’immissione incommercio del norlevo. i ricorrenti sostenevano che il prepa-rato contrastava con il principio costi-tuzionale del diritto all’esistenza ealla salute perché, nel caso in cui il rap-porto sessuale è avvenuto nelle ore onei giorni precedenti l’ovulazione, ilnorlevo impedisce l’impianto dell’ovu-lo fecondato e quindi ne determina lamorte; secondo i ricorrenti, quindi, sitratta di una pratica abortiva in con-trasto con la disciplina dell’interruzio-ne volontaria della gravidanza detta-ta dalla legge 194/1978.

il taR del lazio (sentenza tar lazio,sez. 1 bis, 12 ottobre 2001, n. 8465)non disconosceva affatto l’effetto diimpedimento dell’annidamento del-l’ovulo fecondato cagionato (nelcaso fosse avvenuta la fecondazio-ne) dal norlevo. i giudici amministrativi si trincerano,però, dietro due affermazioni:

a) in primo luogo “le norme di rangocostituzionale invocate non recano unanozione certa circa il momento inizia-le della vita umana e l’estensionedell’ambito di tutela nel corso delsuo sviluppo”;

b) in secondo luogo, in mancanza dipuntuale enunciazione del concetto di“gravidanza” da parte della legge194, l’esame sistematico della norma-tiva “induce a ritenere che il legislato-re abbia inteso quale evento interrut-tivo quello che avviene in una fase suc-cessiva all’annidamento dell’ovulonell’utero materno”.

esaminiamo la prima affermazione:non esiste una certezza del momen-to di inizio della vita umana; secon-do il taR “lo specifico problemaforma oggetto di ampio dibattito insede scientifica, bioetica e religiosa”e aggiunge – passaggio decisivo –“non ha trovato soluzione in apposi-ta regolamentazione”, concludendosubito dopo che “in assenza di pun-tuali disposizioni di diritto positivo di-fetta un immediato parametro di raf-fronto in base al quale possa dedur-si il vizio di violazione di legge”.

Come si vede si tratta di posizione in-sieme inaccettabile e superata.

Può un giudice – trincerandosi dietrole discussioni in altri ambiti – rinuncia-re ad affermare se un soggetto (in que-sto caso: un embrione) è vita umanao no? si tratta palesemente di un nonliquet, un rifiuto a pronunciarsi. Paradossalmente l’argomentazione– qualche secolo fa – poteva adattar-si anche agli schiavi: “ci sono molte di-scussioni sul fatto che si tratti o menodi persone umane, non c’è nessunalegge che dica esplicitamente che unoschiavo è un uomo …”; ma – più con-cretamente – potrebbe essere la mo-tivazione che qualche giudice illumi-nato ci proporrà per giustificare la sop-pressione dei malati mentali: “ha per-so del tutto la coscienza, molti sosten-gono che la consapevolezza caratte-rizza l’essere umano, la questione èmolto discussa, nessuna legge diceche il demente – o il soggetto in sta-to vegetativo – è davvero vivo …”.

in realtà – come è noto – le discussio-ni scientifiche, bioetiche e religiose cir-ca il momento di inizio della vita uma-na non toccano affatto la questionedell’annidamento nell’utero dell’em-brione: si discute, ad esempio, dei co-siddetti ootidi (l’embrione prima del-la fusione dei due nuclei), ma quellafase dura poche ore e, quindi, è benprecedente all’annidamento in utero;oppure si deve ricordare quella posi-zione (notoriamente antiscientifica)dei 14 giorni (il preembrione dellaCommissione Warnock): termine, an-ch’esso, del tutto sganciato dall’anni-damento o meno; altri criteri sono sta-ti proposti, fino a quello di non consi-derare vita umana (o “persona”) ilbambino prima della nascita (qualcu-no propone anche di prevedere comediscutibili anche i primi giorni di vitadopo la nascita…).in definitiva il taR finge che esista unadiscussione circa l’essere vita umanala fase preannidamento dell’embrio-ne, discussione che non esiste affat-to, e rinuncia preventivamente a effet-tuare la sua valutazione.

Una questione superata

In ogni caso la questione è superatasia scientificamente che legislativa-

mente. l’aspetto normativo è ovvia-mente molto importante per un qual-siasi giudice che, come si è visto, faesplicito riferimento alla mancanza diun’apposita regolamentazione.

ora: dal punto di vista scientifico, sevi era qualche residuo dubbio circa l’i-nizio della vita umana a seguito dellafecondazione a prescindere dall’anni-damento del concepito nell’utero ma-terno, questi dubbi sono spazzati viadalle tecniche di fecondazione in vitro:l’embrione è lì, sotto gli occhi dei tec-nici, cresce (o non cresce), talvoltamuore per cause naturali, può esse-re soppresso; addirittura qualchescienziato “pazzo” ha ipotizzato un si-stema di utero artificiale che dovreb-be far sì che l’embrione cresca per tut-ti i nove mesi in un macchinario al difuori del corpo materno…

e il legislatore, nel regolamentare latecnica – in un modo la cui bontà nonè oggetto di questo convegno – nonha potuto che prendere atto di que-sta evidenza: ha quindi stabilito che ilconsenso della coppia richiedenteall’applicazione delle tecniche di fe-condazione in vitro non può essere re-vocato dopo l’avvenuta fecondazione,perché, appunto, con la fecondazio-ne nasce una nuova vita umana; ha ri-conosciuto questa nuova vita “sogget-to di diritto”; ha esplicitamente vieta-to la soppressione dell’embrione (ol-tre al suo congelamento), sanzionan-do penalmente tale condotta.

il taR lazio si sarebbe accontentato?

esaminiamo, allora, la seconda affer-mazione: la gravidanza è tale solodopo l’annidamento; in sostanza igiudici amministrativi fanno riferi-mento alla nozione medico-gineco-logica di gravidanza. Questa seconda questione, di persé, è molto più discutibile, quantomeno nell’ottica di una interpretazio-ne complessiva della legge sull’a-borto, proprio perché, appunto, nel-l’ambito medico la gravidanza iniziadall’annidamento.

si noti, però, che il taR avvalora lapropria interpretazione della legge194 con una considerazione finale:

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“tale conclusione è avvalorata dall’art.8 della legge 194 che in dettaglio pren-de in considerazione le modalità inter-ruttive della gravidanza e ne imponel’effettuazione con l’intervento di unmedico specialista e all’interno distrutture ospedaliere o case di cura au-torizzate”: cambierebbe qualcosa conl’entrata in campo della RU 486?

in definitiva quella – insoddisfacente– motivazione era diretta a permette-re la commercializzazione del norle-vo: i giudici dicevano che non sape-vano quando inizia la vita umana per-ché il legislatore non glielo avevadetto e che in ogni caso, anche a vo-ler ritenere l’ovulo fecondato non an-nidato già vita, prima dell’annida-mento non esisteva gravidanza equindi non si applica la legge 194!

se questo è il ragionamento – la leg-ge 194 non si applica alla fase prece-dente l’annidamento – si potrebbe(anzi: si dovrebbe!) sostenere che,dopo l’entrata in vigore della legge 40sulla fecondazione in vitro il norlevodovrebbe essere vietato perché lasoppressione dell’embrione è vietataed è sanzionata penalmente …

Tutela della coscienza della donna etutela della coscienza del farmacista.

La questione della corretta informazio-ne della donna – consumatrice.abbiamo parlato di un non liquet; mala sentenza del taR era molto peggio,un concentrato di ipocrisia …

Come è noto un unico motivo di ricor-so fu accolto: quello relativo alla cor-retta informazione dei consumatori:il foglietto illustrativo, infatti, recita-va che il norlevo “blocca l’ovulazio-ne o impedisce l’impianto” e il taR,dando ragione ai ricorrenti osserva-va che “la proposizione impediscel’impianto risulta priva di oggetto, nonprecisando che l’effetto terapeuticosi riflette sull’ovulo fecondato. Comeampiamente illustrato dalle asso-ciazioni ricorrenti, una completa edettagliata informazione per ciò cheattiene al secondo dei delineati effet-ti terapeutici si rende necessariaproprio in presenza di differenziatiorientamenti etici e religiosi circa ilmomento iniziale della vita umana,così da rendere edotto in manierachiara e non equivoca che il farma-

co agisce sull’ovulo già fecondato im-pedendo le successive fasi del pro-cesso biologico di procreazione”. ecco il “contentino” per i cattolici“fissati per l’embrione”: l’inizio del-la vita umana non si può stabilire og-gettivamente, questo no … ma sic-come qualcuno è convinto che l’em-brione fecondato è già vita umana ladonna deve essere informata perevitare di sopprimere inconsapevol-mente quella vita…

beh, se la donna non può essere in-dotta ad uccidere inconsapevolmen-te un embrione, il farmacista cattolico(oppure semplicemente il farmacistapreparato), che informato è già, nonpotrà mica essere obbligato a contri-buire consapevolmente ad ucciderlo!vogliamo sostenere che l’informazio-ne ai consumatori viene prima del-la libertà di coscienza?

il fatto è che il riferimento ai differen-ti orientamenti etici e religiosi circa ilmomento iniziale della vita umana èun implicito riconoscimento del dove-re di rispettare la coscienza delladonna che non vuole uccidere una vitaumanama solo utilizzare un contrac-cettivo per impedirne la formazione:quindi il riferimento ha a che fare di-rettamente con la questione che ci in-teressa, con il diritto dei farmacisti afar valere il primato della loro coscien-za, il proprio diritto a non uccidere.

Perché la legge 194 riconosce l’obie-zione di coscienza?

in effetti, da questo punto di vista, èevidente che l’interpretazione dell’ar-ticolo 9 della legge 194 come applica-bile solo alle procedure di “interruzio-ne della gravidanza” – con tale inten-dendosi solo la fase successiva all’an-nidamento in utero dell’embrione – èsemplicistico e riduttivo.

Perché il legislatore del 1978 riconoscel’obiezione di coscienza ai sanitari?Riconosce, forse, il diritto a non esse-re d’accordo sulle procedure?

ovviamente no: altrimenti l’obiezionedi coscienza dovrebbe essere rico-nosciuta in una miriade di settori, inpresenza di una minoranza contra-ria ad una legge (e alle procedure

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che essa detta) che venga approva-ta dal Parlamento.

e invece l’obiezione di coscienza è sta-ta riconosciuta in italia solo in tre casi:nel caso del servizio militare, nel casodell’aborto e nel caso delle tecnichedi fecondazione artificiale. Cosa legai tre casi? evidentemente la presen-za nelle coscienze delle persone di unimperativo morale cui non è possibi-le derogare: non uccidere!Questo era vero per il servizio milita-re – sia pure indirettamente, con il tra-mite del rifiuto dell’uso delle armi, stru-mento e simbolo della possibilità perl’uomo di uccidere altri uomini; èchiaramente vero per l’aborto, che èuna diretta uccisione di un essereumano; è ancora vero per la feconda-zione in vitro, tecnica che presuppo-ne la morte inevitabile di decine di mi-gliaia di embrioni, in ogni fase dell’ap-plicazione delle tecniche.

Una interpretazione aggiornata del-l’articolo 9 della legge 194

ecco che è assolutamente possibile –anzi: è doveroso, visto il valore costi-tuzionale del diritto all’obiezione di co-scienza (così come è stato esposto dalprofessor baldassarre) – interpretarel’articolo 9 tenendo conto di ciò cheè cambiato dal momento dell’applica-zione della legge sull’aborto.

i mutamenti sono, in sostanza, di tre tipi: nel 1978 l’unico tipo di intervento abor-tivo contemplato era quello chirurgi-co; benché ciò non sia affermatoesplicitamente, ciò emerge dall’inte-ro complesso della normativa che, nona caso, parla ripetutamente di “inter-vento” di interruzione di gravidanza,con ciò intendendo quello chirurgico.e, infatti, in quell’epoca non era dispo-nibile alcun preparato chimico legaleche provocasse la morte dell’em-brione: né la pillola del giorno dopo(che, appunto, sarà commercializza-ta nel 2000), né tanto meno la RU 486. non solo: la legge sull’aborto venivaapprovata anche sulla spinta della de-monizzazione di quegli “intrugli” (ma-gari preparate da mammane) che in-ducevano l’aborto ma che erano pe-ricolosi per la vita della donna. l’abor-to chirurgico era certamente presen-

tato come “sicuro” per la salute del-la donna – uno dei (falsi) motivi dellalegalizzazione fu quello della salutedella donna messa in pericolo dall’a-borto clandestino – e, piuttosto, si di-scuteva su quale intervento chirurgi-co fosse migliore (se il raschiamentoo il metodo Karman). in sostanza, all’orizzonte del legisla-tore del 1978 non esisteva alcuna pos-sibilità concreta di sopprimere la vitadell’embrione nel periodo tra il conce-pimento e l’annidamento in utero:quindi è comprensibile che la leggenon se ne occupasse.

le conoscenze scientifiche hanno, inquesti decenni, ulteriormente e defi-nitivamente dimostrato ciò che (co-munque) era già conosciuto nel 1978:la vita umana comincia dal momentodel concepimento, nel senso che daquel momento non esiste nessun sal-to nella crescita dell’embrione, non av-verrà mai nessun mutamento di natu-ra dell’embrione stesso e il suo patri-monio genetico è già interamente pre-sente e non muterà fino alla morte;

il quadro legislativo è decisamente mu-tato rispetto al momento dell’appro-vazione della legge 194/78 e anche ri-spetto all’epoca della sentenza deltaR lazio da cui siamo partiti: l’affer-mazione – presente nell’articolo 1della legge 194 – secondo cui “lostato … tutela la vita umana dal suoinizio”, affermazione che era indeter-minata quanto al momento di “iniziodella vita umana” (così permettendoai giudici amministrativi quel non li-quet che abbiamo criticato), nonpuò che essere interpretata alla lucedella norma successiva – la legge 40del 2004 sulle tecniche di feconda-zione artificiale – che tutela l’embrio-ne umano in ogni fase della sua esi-stenza, al momento del concepi-mento, senza in nessun modo lega-re la doverosità della tutela all’anni-damento in utero dello stesso. in effetti la legge 40 – sotto questo pro-filo – deve essere letta come integra-tiva rispetto alla legge 194: in tale nor-mativa si fa salva la legge 194 e, quin-di, la si richiama per la fase succes-siva all’annidamento in utero dell’em-brione, ma si aggiunge una regola-

mentazione (che comprende, appun-to, anche il divieto penalmente sanzio-nato di soppressione dell’embrione,articolo 14 comma i) che riguarda, ap-punto, la fase precedente all’annida-mento. Proprio le vicende recenti riguardan-ti la costituzionalità della legge 40 con-vincono della possibilità di interpreta-re l’articolo 9 della legge 194 comecomprendente, ormai, anche le tecni-che di soppressione dell’embrioneprima dell’annidamento: si sostiene,infatti, che i principi posti a base del-la legge sull’aborto dovrebbero trova-re applicazione anticipata rispetto allafase di instaurazione della gravidan-za, rilevandosi l’assurdità – difficilmen-te contestabile – di un obbligo di tra-sferimento in utero di tutti gli embrio-ni prodotti cui segue un diritto asso-luto della donna di interrompere la gra-vidanza; ma se questo è vero – se cioèla legge 194 deve trovare applicazio-ne anche prima dell’inizio della gravi-danza – è evidente che anche l’artico-lo 9 della legge si applica prima del-l’inizio della gravidanza; se, al contra-rio, la tesi viene respinta e si ricondu-ce l’ambito di applicazione della leg-ge 194 alla fase successiva all’annida-mento in utero, allora deve applicar-si il divieto di soppressione degli em-brioni sancito dalla legge 40.

Certo: qualcuno potrebbe sostenereche la legge 40 si riferisce solo agli em-brioni concepiti artificialmente: maquale sarebbe il fondamento di una di-scriminazione così palese tra embrio-ni concepiti artificialmente (in vitro) eembrioni concepiti naturalmente? gliembrioni concepiti naturalmente nonsono forse (come i loro colleghi in vi-tro) “soggetti di diritto”? si noti – per rimarcare ancora di piùl’assurdità di una distinzione basatasull’origine – naturale o artificiale – delconcepimento, che tra le tecniche difecondazione artificiale regolamen-tate dalla legge 40 vi è anche la inse-minazione artificiale o la tecnica giFt:in entrambi i casi il concepimento (ar-tificiale) dell’embrione avviene in ute-ro, cosicché quegli embrioni (tutelati,come si è detto, dalla legge 40) si tro-vano nella medesima situazione dei

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loro “fratellini” concepiti naturalmen-te; anch’essi, cioè, devono fare quelpercorso di qualche giorno che li por-terà all’utero della madre e anch’es-si devono riuscire ad annidarsi. vogliamo sostenere che la pilloladel giorno dopo è illegittima seusata per questi casi (perché gli em-brioni sono concepiti artificialmen-te) e legittima se essa viene usatadopo un rapporto sessuale?

Un’interpretazione costituzionalmen-te orientata dell’articolo 9 della leg-ge 194/78

non solo, quindi, l’interpretazione si-stematica della legislazione giustificaampiamente la tesi che attribuisce aifarmacisti il diritto all’obiezione di co-scienza – non solo la possibilità di ri-correre alla clausola di coscienza,ma il vero diritto sancito dall’art. 9 – mala norma merita una interpretazionecostituzionalmente orientata: che sen-so ha – ci si deve chiedere – negarequesto diritto ai farmacisti quando laCostituzione tutela ampiamente sia ildiritto alla vita dell’embrione che il di-ritto all’obiezione di coscienza?

su questo tema ovviamente non misoffermo ulteriormente, perché il pro-fessor baldassarre lo ha già intera-mente affrontato: soltanto richiamo ilprincipio interpretativo – proprio deigiudici di merito, affermato ripetuta-mente – secondo cui ogni testo di leg-ge deve essere interpretato in sensoconforme alla Costituzione, tanto che(sto semplificando), prima di solleva-re una questione di legittimità costitu-zionale di una norma il giudice deveverificare se quella norma possa es-sere interpretata in modo diverso, insenso conforme a Costituzione.Davvero pensiamo che il concetto di“intervento per l’interruzione dellagravidanza” usato dall’art. 9 della leg-ge 194 non possa essere interpreta-to – alla luce delle considerazioni finqui fatte e in base ai principi costi-tuzionali – come “intervento di sop-pressione dell’embrione”?

ma questo tema – che appunto nonapprofondisco – è interessante sottoun altro profilo (che a me non spettaapprofondire): quale è il motivo per cui

vi è una opposizione così aspra al ri-conoscimento del diritto all’obiezionedi coscienza ai farmacisti?Pensiamo davvero che sia (soltanto)una questione di interpretazione giu-ridica della norma? in realtà dietro ilformalismo giuridico che invoca il ri-spetto della lettera della norma sta undisegno complessivo, che si opponeall’obiezione di coscienza in sé, quin-di anche a quella dei medici! l’obie-zione di coscienza è un’affermazionescomoda per chi non vuole che si dicache l’embrione e il feto sono esseriu-mani e che l’aborto è l’uccisione di unuomo (del resto non vuole nemmenosentir dire che il lasciare morire di famee di sete un soggetto in stato vegeta-tivo è l’uccisione di un uomo …).

La pillola del giorno dopo rientra trale pratiche per le quali è permessal’obiezione di coscienza

Resta da analizzare se anche le al-tre norme che (come si è visto all’i-nizio) delimitano la portata del dirit-to all’obiezione di coscienza in basealla legge 194 possano costituire unproblema alla tesi che la riconosceanche ai farmacisti.

bastano due parole per sottolineareche, quando una donna che teme perun rapporto sessuale si presenta adun farmacista non è affatto in “immi-nente pericolo di vita” (sarebbe rico-verata in ospedale): quindi la questio-ne non riguarda il farmacista.

Un minimo approfondimento merita lalimitazione alle “procedure ed attivitàspecificamente e necessariamentedirette a determinare l’interruzionedella gravidanza”: possiamo far rien-trare la pillola del giorno dopo inquesto concetto?la risposta è certamente affermativae non viene affatto messa in dubbiodalla possibilità di un doppio effetto delpreparato: contraccettivo se il conce-pimento non è avvenuto, impeditivodell’annidamento in utero (e quindisoppressivo dell’embrione) se, inve-ce, concepimento vi è stato. la finalità del preparato – anzi, me-glio: l’unica finalità – si può così de-finire: provocare la morte dell’embrio-ne se l’embrione esiste.

Quindi la pillola del giorno dopo è spe-cificamente diretta all’aborto; nonsolo: in quella fase essa è l’unico stru-mento per provocare la morte del-l’embrione, e quindi è necessariamen-te diretta a determinare l’aborto: ve-rosimilmente, se, per un qualchemotivo, la pillola non avrà effetto el’annidamento avverrà, la donna ricor-rerà ad altri mezzi abortivi, ma in que-sta fase può usare solo questo pre-parato (che, del resto, è stato inven-tato proprio per coprire questa fase).

si potrebbe dire: ma il farmacista,quando consegna il preparato, non sase la morte dell’embrione sarà provo-cata o meno, perché non sa nemme-no se un embrione esiste oppure no. l’obiezione ha due risvolti: morale egiuridico. sul primo – su cui non ho competen-za specifica – mi sembra si possa ri-chiamare il principio del cacciatoree del cespuglio: se il cacciatorevede muoversi qualcosa dietro un ce-spuglio e non sa se c’è un uomo oduna lepre, mi sembra moralmente ob-bligatorio non sparare…Dal punto di vista giuridico è utile il ri-chiamo all’obiezione di coscienza alservizio militare: anche in quel caso ilgiovane che rifiutava di prestare servi-zio militare non sapeva se, durante ilservizio avrebbe ucciso qualcuno; anzi,si può ragionevolmente sostenere che– almeno in tempo di pace – egli fos-se ragionevolmente sicuro di non uc-cidere nessuno con le armi che i supe-riori gli avrebbero fatto usare: eppureil legislatore riconobbe ugualmente ilsuo diritto ad astenersi dal servizio. ma è utile, poi, richiamare la giurispru-denza amministrativa (Consiglio distato, sez. v, sent. 428 del 10/10/1983)che ha riconosciuto il diritto all’obiezio-ne di coscienza anche al radiologo che– saputo che l’esame che gli vienechiesto fa parte della procedura diret-ta ad interrompere una gravidanza – sirifiuta (avendo fatto obiezione di co-scienza) di eseguire detto esame: egli,in realtà, non sa se l’aborto verrà dav-vero eseguito, perché, magari, la don-na ha cambiato la propria decisioneoppure altre analisi o il suo stesso esa-me possono dimostrare che l’interven-

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to abortivo è sconsigliato per le con-dizioni di salute della donna; ma, ciònonostante, ha diritto a rifiutarsi di ese-guire l’esame richiesto.

Altre questioni

La pillola del giorno dopo è un me-dicinale?Qui si è proposto un percorso inter-pretativo diretto a dimostrare chel’articolo 9 della legge 194 può –deve – essere interpretato nel sensodi riconoscere anche al farmacista ildiritto all’obiezione di coscienza in re-lazione alla pillola del giorno dopo.

ovviamente vi sono altre argomenta-zioni a sostegno di tale tesi: certamen-te quella più suggestiva e “forte” èquella che nega a detta pillola la di-gnità di “farmaco” o “medicina”. si tratta di questione che riguarda an-che la commercializzazione dellaRU486: come possiamo definire me-dicine o farmaci preparati che non soloprovocano la morte di un essere uma-no, ma hanno come unica finalitàquella di uccidere un essere umano?

negli stati Uniti, dove si pratica la penadi morte anche con l’iniezione letale,i preparati che vengono versati nellasiringa sono medicinali, farmaci?

Risulta chiaro che si tratta di un temaenorme: quello della salute e della curacollegati al “benessere fisiopsichico”dell’individuo e quello del ruolo dei me-dici e dei farmacisti come di coloroche, a comando, somministrano“cure” o sostanze” che il “paziente”pretende: e così l’aborto è “terapia” ela gravidanza non desiderata “malat-tia”, così come le tecniche di fecon-dazione artificiale sono “terapia”, e an-cora la nutrizione e l’idratazione som-ministrate con mezzi artificiali sono“cure” che possono essere rifiutate …

Ho richiamato questo tema solo perfare due brevissime riflessioni: dal pun-to di vista del farmacista, questochiaro atteggiamento minaccioso neiconfronti di chi – sulla base della suaprofessionalità e della sua coscienza– vuole continuare ad esercitare la suanobile arte sembra essere quasi il “ba-stone” che si accompagna alla “caro-ta” del profitto economico; da consu-

matore vedo che, ormai, le farmacie,vendono di tutto e, in molti campi, fan-no concorrenza, per esempio, alle pro-fumerie (si tratta di una sempliceconstatazione, non ho elementi peresprimere un giudizio). siamo sicuri che chi ha permesso que-sto sviluppo non vi proponga unoscambio sciagurato: fai tutti i soldi chevuoi, ma stai al tuo posto, non romper-mi le uova nel paniere e soprattutto faiquello che ti dico senza protestare?

e poi: non si esercita proprio quiquella anestetizzazione delle coscien-ze da cui il Papa ci mette in guardia?noi non ci vogliamo addormentare,cullati dalle sirene dell’individualismoe del denaro!

Le sanzioni penali

Coloro che strillano contro l’obiezio-ne di coscienza dei farmacisti ovvia-mente usano come una clava le san-zioni penali: “omissioni di atti d’uffi-cio”! “interruzione di pubblico servizio”!

si tratta palesemente di un bluff (conquesto non posso assolutamente fareuna previsione sull’esito dei procedi-menti penali: tot capita, tot senten-tia…): esso, fra l’altro, mostra l’altrafaccia (la vera faccia) del radicalismolibertario: per me libertà assoluta,per gli altri i carabinieri e il carcere (eper gli embrioni, la morte…).

in primo luogo – e basterebbe questo– l’interpretazione dell’articolo 9 cosìcome proposta fa sì che il rifiuto delfarmacista di vendere il preparatoalla donna che si presenta con la ricet-ta del medico è fatto in base ad un di-ritto riconosciuto dal legislatore, ed èquindi scriminato in base all’art. 51 delcodice penale (“l’esercizio di un dirit-to… esclude la punibilità”).

ma anche una brevissima analisi del-le due fattispecie penali invocate facomprendere come esse non possa-no in ogni caso trovare applicazione.

l’art. 328 codice penale, per la puni-zione dell’incaricato di pubblico ser-vizio che rifiuta un atto del suo ufficio,richiede che ciò avvenga indebitamen-te e che l’atto debba essere compiu-to senza ritardo. “indebitamente” è una clausola nor-

mativa di illiceità speciale (secondola teoria generale del diritto) con cuiil legislatore recupera fonti di tipo di-verse dalla stessa legge penale perfondare la valutazione di illiceità:questo significa che, nel caso di spe-cie, il rifiuto “indebito” non deve ri-tenersi solo quello “non permessodalla legge”, ma anche quello “nonpermesso anche da norme extrape-nali”. Quindi – anche a non volere ri-tenere applicabile l’art. 9 della legge194 al farmacista in questo caso – ilrichiamo alla clausola di coscienza(norma di tipo deontologico) fa sì cheil rifiuto non sia indebito. ma è soprattutto la natura di atto dacompiersi senza ritardo a rendereinapplicabile la fattispecie penalenel caso in questione: come è notola pillola – per produrre i suoi effettiletali per l’embrione – deve essere as-sunta entro 48 ore (secondo alcuni 72ore) dal rapporto sessuale, cosicché,di fronte al rifiuto di un farmacista, ladonna avrà tutto il tempo di recarsipresso un’altra farmacia. il secondo comma della norma (diffidascritta alla quale l’incaricato di pubbli-co servizio deve rispondere entro tren-ta giorni) è, poi, chiaramente inapplica-bile, perché il decorso di trenta giornirende inattuale la questione dell’utiliz-zo della pillola del giorno dopo.

Quanto al reato di interruzione di pub-blico servizio (articolo 331 c.p.), bastarichiamare quanto già appena detto: ilrifiuto di un farmacista non turba affat-to il servizio pubblico, perché le farma-cie sono sparse su tutto il territorio na-zionale e l’assunzione di quella pillo-la non è affatto urgentissima. il richiamo a questa seconda fattispe-cie, però, permette due considerazio-ni. la prima riguarda gli effetti grot-teschi prodotti dal formalismo giuri-dico che si accompagna all’indivi-dualismo libertario. a ben pensare, nonostante spesso l’u-tilizzo della pillola del giorno dopo siainvocato per i casi di violenza sessua-le, in realtà il target cui i produttori sirivolgono (con ampio successo: oltre1.000 confezioni vendute ogni giornoin italia, numero che fa sicuramenteescludere che si tratti di acquisti lega-ti a violenze subite) è – non credo dob-

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biamo avere timore a dirlo – quellodei giovani (o meno giovani) che cer-cano e accettano rapporti sessualioccasionali e non programmati, quin-di avvenuti al di fuori di ogni legamestabile. non si tratta solo delle don-ne, sia ben chiaro, benché il prepa-rato debba essere assunto da loro;si tratta anche (forse: soprattutto) deimaschi che – diciamolo brutalmen-te – non rispettano nemmeno quel“galateo” dei rapporti sessuali occa-sionali che imporrebbe che l’uomo siprocuri il preservativo…ecco: se il preservativo (o la pillola as-sunta regolarmente dalla donna) vuo-le tutelare le coppie che hanno un mi-nimo di previdenza (stiamo parlando,ovviamente, della sola questione del-la possibile gravidanza) e che, quindi,in sostanza prevedono che tra di loroavverrà un rapporto sessuale (quindicoppie con un minimo di stabilità o icui componenti hanno un minimo diassennatezza), la pillola del giornodopo si rivolge rassicurante alle cop-pie che questo minimo non ce l’han-no affatto: quindi, appunto, a coloroche accettano (o cercano) rapportisessuali occasionali.

non voglio affatto esprimere qui la miavalutazione: non è mio compito; la li-bertà sessuale di coloro che hannocompiuto una certa età è garantita dal-la legge senza distinzioni. voglio solo sottolineare quanto siagrottesco che qualcuno – che ha de-ciso di non prendere nessuna precau-zione, che ha accettato uno (o più) rap-porti sessuali occasionali senza nem-meno usare (o pretendere dal partner)l’uso del preservativo (i consultori li di-stribuiscono gratis anche ai minoren-ni …), che ha 48 ore di tempo per rivol-gersi a migliaia di medici e a decine difarmacie della sua zona, si presenti alfarmacista e gli dica: dammi quella pil-lola oppure ti sbatto in galera!Questo sarebbe il servizio pubblico cheil farmacista deve garantire?

la seconda considerazione si ag-gancia al testo della legge 194: il sin-golo obbiettore di coscienza non è af-fatto onerato di un obbligo di garan-tire il servizio pubblico (sic!) dell’abor-to: l’art. 9, infatti, dopo avere ricono-sciuto il diritto individuale dell’obiezio-

ne di coscienza, recita: “gli enti ospe-dalieri e le case di cura autorizzatesono tenuti in ogni caso ad assicura-re l’espletamento delle procedurepreviste dall’art. 7 e l’effettuazione de-gli interventi di interruzione della gra-vidanza richiesti secondo le modalitàpreviste dagli artt. 5, 7 e 8. la Regio-ne ne controlla e ne garantisce l’attua-zione anche attraverso la mobilitàdel personale”. in sostanza, il diritto all’obiezione di co-scienza è un diritto potestativo dell’in-dividuo, che non è limitabile per nes-sun motivo, tanto meno per le possi-bili difficoltà organizzative conseguen-ti; come tale il suo esercizio, fra l’altro,non può dar luogo a nessuna discrimi-nazione nei confronti dell’obbiettore e,ovviamente, non può portare a nes-suna sanzione, di qualunque tipo (ci-vilistica, amministrativa, penale). Questo significa che, anche se il nu-mero dei farmacisti obbiettori aumen-tasse, tanto da rendere difficoltoso ilreperimento nelle farmacie della pillo-la del giorno dopo (così come, in talu-ne Regioni, il massiccio ricorso da par-te dei medici all’obiezione di coscien-za alle pratiche abortive può renderedifficile il “servizio” dell’aborto), ciò no-nostante il “turbamento del serviziopubblico” (di cui all’art. 331 c.p.) nonpotrebbe essere addebitato ai far-macisti, ma alle Regioni che non han-no controllato e garantito il servizio.

L’obiezione di coscienza del farma-cista e della farmacia.

Quanto appena detto serve per inqua-drare la questione dei diversi casi diobiezione di coscienza che si posso-no presentare riguardo ai farmacisti. Come si è detto, il diritto all’obiezio-ne di coscienza è un diritto del singo-lo individuo e chi lo esercita non è re-sponsabile del conseguente disservi-zio costituito dalla mancata fornituradel medicinale (come si è già detto,nella maggior parte dei casi, comun-que disservizio minimo). ma il farma-cista può essere titolare della farma-cia oppure dipendente di una farma-cia o anche di un ente pubblico.

affrontiamo i due possibili casi. il primo è quello dell’obiezione di co-scienza da parte del titolare della far-

macia. occorre subito osservare, ri-spetto alla posizione di farmacisti di-pendenti che non abbiano effettuatola stessa obiezione di coscienza, chela legge non li garantisce affatto rispet-to ad una eventuale pretesa di vende-re il preparato in questione: la leggetutela gli obbiettori di coscienza, noni non-obbiettori di coscienza; il servi-zio pubblico (sic!) dovrà essere garan-tito dalla Regione nei modi che riterràopportuni, tra i quali, però, non vi è ov-viamente il diritto a fare assumere dalfarmacista obbiettore dipendenti nonobbiettori: la “mobilità del personale”menzionata dall’art. 9 si riferisce chia-ramente agli ospedali pubblici e talenorma non permetterebbe affatto disuperare qualunque ostacolo di carat-tere privatistico, per il quale il titolaredella farmacia assume chi vuole coni contratti liberamente stipulati e noncertamente imposti.

Ciò significa che il titolare della far-macia che effettua la dichiarazione diobiezione di coscienza ha il diritto adesercitare pienamente questo diritto:quindi non solo a non somministra-re il preparato alle donne che si pre-sentano con la ricetta, ma anche anon approvvigionarsi e a non tenerein farmacia il preparato stesso. il di-ritto si esplica conformemente alruolo del sanitario: così come un me-dico libero professionista che hasollevato obiezione di coscienza hail diritto di non tenere nei suoi ambu-latori preparati o attrezzature aborti-ve di qualunque tipo, così il farmaci-sta imprenditore, responsabile dellasua farmacia, ha lo stesso diritto. se qualche dipendente vuole vende-re la pillola del giorno dopo … si fac-cia assumere in un’altra farmacia.

il secondo caso è quello del farma-cista dipendente (di una farmacia pri-vata o pubblica) che ha sollevatoobiezione di coscienza: in quel casoil suo diritto dovrà essere riconosciu-to dal titolare o dai superiori che do-vranno garantirgli di non sommini-strare il preparato, senza per questoin alcun modo discriminarlo; da par-te sua, ovviamente, l’obbiettore nonavrà il diritto di far sì che lo stessopreparato non sia somministrato daun collega non obbiettore.

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“se voi mi fate morire, farete più delmale a voi che a me. (…) Può essereche mi condanneranno alla morte o al-l’esilio o alla perdita dei miei diritti dicittadino e tutti prendono ciò come tregrandi mali. ma io non sono di questoavviso; a mio parere, il più grande ditutti i mali è il far morire un innocen-te”1. le parole di socrate di fronte al-l’ingiusta condanna pronunciata dalgoverno democratico di atene (280voti contro 221), risuonano a distan-za di molti secoli con immutata forza.anzi, se possibile, acquistano nuovaenergia nel contesto attuale, dove laverità e il bene esigono sempre piùspesso una coraggiosa testimonian-za, in contrapposizione al modo dipensare della maggioranza e alla dif-fusione di leggi statali intrinsecamen-te ingiuste. in moltissimi Paesi, i legi-slatori hanno dichiarato la formale li-ceità giuridica di comportamenti con-siderati delittuosi fino a pochi decen-ni fa: pensiamo in particolare all’abor-to volontario e all’eutanasia. Di fron-te a queste condotte, che si sostan-ziano nella soppressione intenziona-le di un essere umano innocente, laretta coscienza è provocata a una rea-zione netta, pubblica, irriducibile allacompromissione con il male. Unareazione che è stata spesso riassun-ta nella espressione “obiezione dicoscienza”. Questa condotta dell’uo-mo ha per la verità una lunga e glorio-sa tradizione, che risale ben più indie-tro rispetto alla crisi delle democrazieprocedurali contemporanee.l’esistenza di un contrasto insanabi-le di natura oggettiva fra potere e co-scienza individuale annovera una lun-ga serie di casi, letterari o storici, masempre indicativi di una radice onto-logica, di un sigillo impresso nella na-tura dell’uomo, che lo obbliga alla ri-

bellione esplicita di fronte al tentativodi coinvolgerlo in un progetto malva-gio. basterà qui citare antigone che sioppone all’ingiusto decreto di Creon-te; alle ostetriche che al tempo dellacattività ebraica in egitto disubbidisco-no al Faraone che ordina loro di uc-cidere tutti i neonati giudei di sessomaschile; ai sette fratelli maccabei cheaffrontano il martirio piuttosto che vio-lare la legge divina2; gli apostoli davan-ti al sinedrio, che rivendicano il lorodovere irriducibile di obbedire a Diopiuttosto che agli uomini. e potrem-mo proseguire a lungo, ricordando se-neca che tratta la questione nellalettera a lucillio, i primi martiri cristia-ni, la vicenda di tommaso moro. l’o-biezione di coscienza è una costantenella storia, anche se oggi essa sem-bra assumere forme e caratteristicheun tempo impensabili.

Obiezione di coscienza e profilo morale

Che cos’è l’obiezione di coscienza:nozione e caratteristiche

l’obiezione di coscienza é il rifiuto ir-riducibile operato dalla coscienza,che non intende compiere un’azioneche sia imposta o da una norma co-gente, o da un ordine dell’autorità, oda un ordine gerarchico.la coscienza è l’esercizio della capa-cità di giudizio sulle scelte che la per-sona fa alla luce della verità morale3;è il definitivo giudizio con cui una per-sona di retta ragione e buona volontàsi sforza di applicare la verità ogget-tiva belle sue scelte.4esistono azioni umane che sono – in-trinsecamente e senza alcuna ecce-zione – sempre e comunque malvagie,gravemente ingiuste5. Fra queste,

spicca come esempio paradigmaticola condotta: “uccidere un innocente”.tale rifiuto è motivato dalla impossi-bilità per la coscienza di accettarequalsiasi forma di coinvolgimento – an-che al livello della cooperazione – conun’azione malvagia.Questo rifiuto espone la persona checompie l’obiezione a rischi di gravitàvariabile, o addirittura alla certezza diessere colpito dalla reazione del po-tere costituito.

Il problema della cooperazione al male

É un fatto inevitabile della condizionedi ogni uomo essere impegnato in unaserie molto fitta di relazioni di collabo-razione con altri uomini6. si ponequindi il serio problema morale di com-prendere, alla luce della ragione:quando questa cooperazione favori-sca il compimento del bene, e quan-do invece essa faciliti il male.quando – in base a tale analisi – sia do-veroso negare la propria cooperazio-ne.i moralisti distinguono due categoriedi cooperazione al male: la coopera-zione formale e la cooperazione ma-teriale:La cooperazione formale si verificaquando:

1) l’obiettivo del soggetto cooperan-te è il medesimo dell’agente principa-le e

2) la scelta dell’azione è intrinsecamen-te cattiva (intrinsece malum). in altre parole: agente principale e coo-peratore condividono la stessa inten-zione. sarà bene sottolineare alcuneavvertenze fondamentali: condividere lo stesso obiettivo non si-gnifica necessariamente desiderarlo.

OBIEZIONE DI COSCIENZA E ABORTO

PROF. MARIO PALMARODoCente Di FilosoFia Del DiRitto, UniveRsità eURoPea Di Roma

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la cooperazione formale può consiste-re nel “fare qualche cosa”, ma anche“nel non fare qualche cosa che si do-vrebbe e potrebbe fare”. vediamo nel dettaglio queste due si-tuazioni:

Condividere lo stesso obiettivo non si-gnifica necessariamente desiderarlo.

Esempio A: Un’infermiera che assisteun medico impegnato a compiere unatto eutanasico su di un paziente stacooperando formalmente all’eutana-sia stessa. l’infermiera può agire:• pensando che l’eutanasia è ripugnan-te, ma per obbedienza al medico;• pensando che così conserva il suoposto di lavoro;• pensando che l’eutanasia è un attodi pietà doveroso.in ogni caso, se le sue azioni sono di-rette ad aiutare lo svolgimento dellaprocedura eutanasica, allora sta coo-perando formalmente all’eutanasia.

Esempio B: la legge federale tede-sca prevede che la donna che vuoleabortire si deve rivolgere preventiva-mente presso una struttura autorizza-ta, nella qual sostenere un colloquio“dissuasivo” che dovrà essere attesta-to da un certificato, senza il quale ladonna non può accedere all’aborto. la

Chiesa aprì dei consultori con lo sco-po di dissuadere le donne. ma il pro-blema è che alla fine dei colloqui que-sti centri diventavano parte della pro-cedura abortiva, rilasciando il certifi-cato necessario a ottenere l’aborto. inaltre parole: il fine era impedire un cer-to numero di aborti; il mezzo scelto erainvece diventato cooperazione forma-le alla volontà della donna di abortire.

Di più: fonti attendibile spiegano cheun buon numero di operatori di taliconsultori cattolici avevano attitudinicorrotte nei confronti della scelta diabortire, e adottavano una visione per-missiva nel consigliare le donne. Ro-bert spaemann scrisse in propositoche questi centri di assistenza catto-lici “erano diventati “preda di una men-talità pro-aborto”.

La cooperazione formale può consiste-re nel “fare qualche cosa”, ma anche“nel non fare qualche cosa che si do-vrebbe e potrebbe fare”.anche non impedire un male intrinse-co, avendone la possibilità, costitui-sce cooperazione formale.esempio: Un vescovo, che secon-do le costituzioni di un ospedale cat-tolico ha il potere di scegliere qua-li pratiche siano accettabili dal pun-to di vista etico, viene contattato dal

consiglio di amministrazione chevuole intraprendere una pratica lu-crosa ma moralmente ingiusta,come ad esempio la fecondazioneartificiale omologa. il vescovo siastiene dal dare qualsiasi giudizio.il suo silenzio significa: aiuto l’ospe-dale nel raggiungere il suo scopo fi-nanziario. si tratta evidentemente diuna cooperazione formale al male.7

Giudizio morale

la cooperazione formale nel provoca-re la morte di un innocente, come av-viene nel caso dell’aborto procurato,è sempre inammissibile, in quanto in-trinsecamente malvagia. e lo è per al-meno tre ordini di ragionamenti:la seria e irrimediabile ingiustizia ver-so la persona uccisa;la trasformazione che provoca nel sog-getto agente e nel soggetto cooperan-te, che divengono più violenti; infatti,le nostre scelte di carattere morale nonsoltanto generano un effetto “fuori dinoi”, ma plasmano ciò che siamo in-clini a scegliere. nella società post moderna il male ten-de a nascondersi dietro a una masche-ra di distinta rispettabilità, soprattut-to con il decisivo supporto formale del-

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le leggi ingiuste contro la vita: rifiuta-re di collaborare con questo male di-venta quindi sempre più difficile, maproprio per questo anche semprepiù urgente e necessario sul piano del-la testimonianza.

La cooperazione materiale si verifi-ca quando:

si coopera a un’azione malvagia sen-za che il carattere della scelta – cioè:quello che una persona vuole fare – siaintrinsecamente cattivo.tuttavia, noi siamo moralmente re-sponsabili non solo per ciò che inten-diamo fare direttamente, ma anche perle conseguenze prevedibili delle nostrescelte.

Esempio A: sono un droghiere, e nel-la mia bottega vendo veleno per topi.si presenta nel mio negozio il signorRossi che ne vuole acquistare uncerto quantitativo. il signor Rossi ènoto per i suoi furibondi litigi con lamoglie, durante i quali ha fatto più vol-te ricorso alla violenza. sono assalitodal dubbio fondato che egli intendauccidere sua moglie con il veleno chemi sta chiedendo.

Esempio B: un clochard notoriamen-te alcolizzato mi chiede dei soldi, an-che se non mi dice esplicitamente cheli spenderà per acquistare una botti-glia di whisky.

Giudizio Morale

in questi casi, il cooperatore deve va-lutare se le ragioni per rifiutare la suacooperazione sono o non sono più“forti” delle ragioni per prestare talecooperazione. in questa valutazione,il cooperatore potrà essere trattenu-to da una serie di ragioni:• la gravità del male che l’agente prin-cipale potrebbe voler compiere con ilnostro aiuto;• la ripetizione della cooperazione ma-teriale, che potrebbe nel tempo “indu-rire” la coscienza del cooperante,renderlo indifferente e spingerlo ver-so ipotesi di cooperazione formale8;• la cooperazione materiale può fun-zionare come “approvazione” del com-portamento dell’agente principale, chesi sente rafforzato nella sua inclinazio-ne a perseguire l’azione malvagia;• la cooperazione materiale può es-sere fonte di cattivo esempio e discandalo per terze persone, indu-cendole a loro volta a cooperare in

modo materiale e/o formale;• la vittima del male potrebbe ritene-re coinvolto il cooperatore materiale;• la cooperazione materiale fa venirmeno la testimonianza del cooperato-re, perché ne fa venir meno la credi-bilità;• la cooperazione materiale tende adoccultare pratiche illegali che an-drebbero contrastate in ogni modo.

Obiezione di coscienza e profilo morale

a. il primo livello a cui si colloca la obie-zione di coscienza è indubbiamentequello morale, della coscienza indivi-duale. É in essa che la persona ma-tura - sotto la spinta di una forza chenon accetta di essere piegata dall’au-torità – la decisione invincibile di re-sistere alla norma o all’ordine ingiusto.b. si evidenzia qui il carattere anti-conformistico (politicamente scorret-to) della oC, che di solito si scontra –alternativamente o cumulativamente–:• con una ideologia dominante nelcontesto storico culturale (governo diun’oligarchia intellettuale o di unaelite);• con un potere totalitario e repressi-vo (governo del tiranno);• con un potere democratico di tipoformale, che identifica la verità e la giu-stizia con la volontà della maggioran-za e con la norma positiva (governo deifilodossi);

Oggetto dell’obiezione

É sempre un’azione umana, in consi-derazione del significato morale cheessa porta impresso inscindibilmen-te e intrinsecamente su di sé. l’obiezione di coscienza non è mai ri-volta innanzitutto contro aspetti tec-nici-funzionali-operativi, che di per sésono l’involucro esterno del senso mo-rale di un’azione umana.

Esempio A: il medico olandese che sioppone al Piano t4 elaborato da Hi-tler per eliminare “le vite senza valo-re”, rifiutandosi di effettuare una inie-zione letale a un bambino spastico,non sta facendo oC al fatto tecnico“iniezione endovenosa”, ma sta facen-do oC alla condotta “uccisione volon-taria di un essere umano innocente”,che nel caso specifico si compie at-traverso l’iniezione in vena di un prin-cipio attivo velenoso.Esempio B: l’obiettore di coscienza

all’aborto volontario non rivolge il suorifiuto al metodo Karman, o ad altrometodo, ma con il suo rifiuto dichia-ra la impossibilità per un medico didare la morte intenzionalmente ad unpaziente, e a un paziente innocente,anche nella fase della vita prenatale. Pertanto, tale rifiuto colpisce senza ec-cezione alcuna ogni metodo che per-segua tale inaccettabile, gravissimo ri-sultato.Queste considerazioni permettono diconcludere oltre ogni ragionevoledubbio che la OC all’aborto procura-to riguarda ovviamente tutti i metodi,le tecniche chirurgiche, le sostanzechimiche che in maniera diversa ten-dano a produrre il medesimo risulta-to. Cioè, la morte del concepito.

Obiezione e cooperazione

Per lo stesso motivo, le azioni di favo-reggiamento, cioè di cooperazione (siaformale che, in parte minore, materia-le) sono da giudicare alla stregua diun’azione in cui il male sia compiutodirettamente, in prima persona.Esempio: se partecipo a una rapinaa mano armata, durante la quale unodei miei complici uccide un cliente, ilmio coinvolgimento nel reato di omi-cidio è evidente sia sul piano moraleche sul piano giuridico-penalistico.

Oggettività della Obiezionedi Coscienza

affinché si possa configurare un casodi vera e propria oC, occorre che ilgiudizio della coscienza sia formula-to con rettitudine, vale a dire con unacoscienza retta.in altri termini, è necessario che la co-scienza definisca in modo oggettivo lainsopportabilità e la iniquità dellacondotta che si intende respingere.Questa premessa è necessaria per laoC divenga uno strumento di sistema-tica delegittimazione della legge e delpotere costituito.

Esempi: non pago le tasse perchénon mi piace pagarle; non mi fermoal semaforo perché ho fretta; non ri-spetto il divieto di rubare perché la so-cietà è ingiusta.Dunque, la oC non nasce innanzitut-to dalla necessità di “rispettare” il plu-ralismo o – peggio – il relativismo; nénasce dall’idea che vi siano coscien-ze dotate di una sensibilità particola-

convegno ucfire, coscienze di natura eccentrica equasi patologica, alle quali la societàritiene di concedere in via ecceziona-le una “facoltà di disobbedienza”in realtà, l’obiettore di coscienza se-condo rettitudine non è un a-norma-le o un eccentrico, ma rivendica e te-stimonia la sua normalità. É la nor-ma ingiusta, è il potere costituito in-giusto, è l’ordine gerarchico ingiustoa costituire una a-normalità, unaeccezione alla regola retta.É il medico abortista – o in genera-le il cooperatore alla pratica aborti-va – che ha “l’onere di provare” chela sua condotta è coerente con ladeontologia medica e con il giura-mento di ippocrate; e non è certo ilmedico oC a dover dimostrare chela sua condotta è in linea con il signi-ficato oggettivo dell’atto medico;giacchè è proprio di questo attocurare il malato, se possibile guarir-lo, ma certamente mai ucciderlo, an-che se questa fosse la sua volontà.

Obiezione di coscienza e profilo giuridico

1. Il diritto e la Obiezione di Coscienza

a. Di norma, le leggi non contempla-no l’istituto della oC. ed è ovvio chesia così: il diritto, infatti, non può es-sere costantemente in balia dellesensibilità e delle opinioni dei conso-ciati, ma esige che sia imposta – senecessario con la forza – una condot-ta (attiva o passiva) giustificata inbase al bene comune.

Esempio A: Che l’omicidio sia un rea-to è stabilito dalle norme dello stato,che ritiene il bene della vita umana in-tangibile; a nessuno è permesso di“fare obiezione di coscienza” allanorma che prevede le sanzioni con-nesse alla commissione di questograve delitto.

Esempio B: la legge obbliga ogni cit-tadino a prestare soccorso, e punisceil reato di “omissione di soccorso”, per-ché ritiene sussista un obbligo gene-rale di solidarietà umana che, se vie-ne ignorato, comporta una punizione;a nessuno è permesso di “fare obie-zione di coscienza” a questa norma.

b. Questo schema logico (la cui im-pronta giusnaturalistica non potràsfuggire nemmeno al più ostinato

positivista kelseniano) subisce unoscacco improvviso quando – e soloquando, e nemmeno sempre – lanorma giuridica valevole erga omnesimpone o permette un’azione che insé stessa viola un principio fondamen-tale dell’ordinamento o del diritto nonscritto (legge naturale).in tali circostanze il legislatore sentela necessità – per lo più sotto la spin-ta della minoranza costituita daglioppositori alla legge iniqua che sta perapprovare – di permettere ai conso-ciati che lo desiderino di non assog-gettare se stessi al comando norma-tivo, all’interno di certe condizionipredefinite. si tratta, insomma, di “ri-fiutare di obbedire a una legge civilegiudicata gravemente ingiusta”.9

c. Questa anomala e irrituale conces-sione dimostra che in tali occasioni èla norma generale astratta ad essereeccezionale; eccezionale in quantoessa ha deciso di derogare a uno o apiù principi fondativi dell’ordinamen-to; ed è al contrario l’obiettore ad es-sere perfettamente coerente e ordina-riamente allineato con tali – derogatidallo stato – principi generali- l’obiet-tore di coscienza decide di restare al-l’interno dell’ordine. É la legge ad es-sere fuori dall’ordine. tommaso d’a-quino direbbe che essa non è più unalegge avendo perduto nei suoi conte-nuti il requisito della razionalità, dellacoerenza al bene comune e alla leg-ge naturale. essa non è più legge mauna “corruptio legis”.

2. Profilo giuridico e oggettività della Obiezione di Coscienza

Paradossalmente, la natura oggettivadella oC appare ancora più evidentesotto il profilo giuridico. Questa ogget-tività emerge sotto due differenti pro-fili: il carattere “derogatorio” delleleggi che prevedono la oC rispetto aprincipi fondamentali dell’ordinamen-to giuridico e del diritto naturale;il carattere potenzialmente deflagran-te della oC.

il carattere “derogatorio” delle leggiche prevedono la OC rispetto a prin-cipi fondamentali dell’ordinamentogiuridico e del diritto naturale: analiz-ziamo i casi di oC riconosciuti dall’or-dinamento giuridico italiano:oC all’aborto procurato ex art. 9 leg-ge 194/1978.obiezione di coscienza alla fecondazio-ne artificiale ex art. 16 legge 40/2004

1. Con la legge 194 il legislatore ha de-ciso di permettere - a patto che sia ri-spettato un meccanismo procedurale- la pratica della soppressione intenzio-nale di esseri umani nella fase embrio-nale del loro sviluppo. va da sé che l’uc-cisione diretta di esseri umani innocen-ti costituisce una eccezione al genera-le principio – di valore costituzionale –che considera il bene della vita indispo-nibile, tutelato dalla legge attraverso lostrumento penalistico; vi è inoltre unaeccezione al generale principio dieguaglianza fra tutti gli esseri umani, vi-sto che la legge 194 introduce tutele dif-ferenziate a seconda della fase di svi-luppo del concepito, e a seconda del-le condizioni di salute del concepitostesso.Questo significa che la legge 194 è essaun esempio di a-normalità, e che co-stituiscono una a-normalità tutti colo-ro che ad essa si adeguano.l’obiettore di coscienza all’aborto èquindi colui che rimane fedele all’ordi-namento giuridico nei suoi principifondamentali. sul piano logico, possia-mo dire che la oC è in questo caso unanegazione di una negazione, cioè l’af-fermazione del valore calpestato clamo-rosamente dalla norma iniqua.Con la legge 40 il legislatore ha deci-so di permettere – a patto che siano evi-tate alcune tecniche e alcune pratichespecificamente vietate – la produzionedi esseri umani mediante metodiche ar-tificiali. Queste tecniche implicano unaserie rilevantissima di problemi mora-li, alcuni dei quali specificamente ricon-ducibili alle convinzioni religiose del per-sonale coinvolto. tuttavia, l’aspetto giu-ridicamente più rilevante rimanda an-cora una volta alla norma “giusnatura-listica” e metagiuridica “non uccidere”(l’innocente): in tali metodiche artificia-li, infatti, si registra una percentuale diinsuccessi e una mortalità degli embrio-ni prodotti e impiantati (anche a prescin-dere dai problemi, enormi, inerenti gliembrioni c.d. soprannumerari), morta-lità che non è frutto di una accidenta-lità casuale, e che anzi è evidentemen-te “desiderata e auspicata” dagli ope-ratori, ogniqualvolta l’impianto cui siproceda sia plurimo. Dunque, ancheper la oC alla legge 40 valgono con-siderazioni analoghe a quelle già svol-te per la oC alla legge 194.

b.il carattere potenzialmente deflagran-te della Obiezione di coscienza.Quando il legislatore consente la

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convegno ucfiobiezione di coscienza, si espone inlinea teorica – ma proprio per questo,in maniera clamorosa e decisiva – allatotale inefficacia della norma che eglistesso ha varato. infatti, la totalità deimedici italiani potrebbe decidere, in li-nea di principio, di aderire in massa esenza alcuna eccezione alla oC in ma-teria di aborto volontario, oppure inmateria di Fecondazione artificiale. Dalpunto di vista empirico, sarebbe inrealtà sufficiente un’adesione massic-cia e vicina all’unanimità, perché an-che in questo caso, l’attuazione del-le leggi in esame diverrebbe sostan-zialmente impossibile. bene: in que-sto caso, la obiezione di coscienza“prevarrebbe” sulla voluntas del legi-slatore. Fenomeno che non avvienemai all’interno delle dinamiche giuri-diche, nelle quali la legge si imponeben oltre la voluntas dei consociati:pensiamo, ad esempio al carattere nonderogatorio di tutte norme in materiafiscale.Come mai il legislatore accetta un si-mile “scacco teorico”? evidentemen-te, egli paga in questo modo il prezzodovuto alla debolezza etico-giuridicadella scelta compiuta, legalizzando unacondotta che di per sé contraddice iprincipi fondamentali dell’ordinamen-to giuridico. non può e non vuole am-metterlo esplicitamente, ma è co-stretto a riconoscerlo implicitamente.

Obiezione di Coscienza e principio di tolleranza: alcuni equivoci da sgomberare

1) Il “rispetto” degli obiettori per i non obiettori

abbiamo visto che la oc ha un carat-tere oggettivo. Questo carattere og-gettivo (e dunque non soggettivo)della oC è tanto fondamentale quan-to sostanzialmente dimenticato nel di-battito contemporaneo sull’argomen-to. infatti, sempre più spesso la oC ècosì interpretata da non pochi obiet-tori: “Personalmente non ritengo di po-ter compiere questa azione (ad esem-pio applicare la legge 194/1978), macon il mio rifiuto non intendo giudica-re il comportamento dei colleghi cheattuano tale condotta, e anzi li rispet-to e rispetto la loro scelta.” Questo at-teggiamento sembra a prima vista pie-namente corretto e rispettoso delle di-

verse sensibilità personali. in realtà,esso non risponde al significato pie-no e autentico della oC che ha den-tro di sé tre significati inevitabili, chevanno ben oltre le nostre intenzionisoggettive e le – ovviamente legittime– esigenze di coesistenza pacifica:Primo significato, il più evidente: evi-tare al singolo obiettore di farsi in qual-siasi modo complice del male;secondo significato, meno evidente:denunciare pubblicamente e conquanto maggior rilievo possibile “co-ram populo” che l’azione ordinatadalla legge o dall’autorità gerarchicaè un’azione “malvagia in sé”, e che chila compie diventa purtroppo respon-sabile sul piano morale di questaazione malvagia;terzo significato, il più “etico-politico”:denunciare pubblicamente l’esisten-za di una legge gravemente ingiusta,e/o l’esistenza di un esercizio grave-mente ingiusto del potere gerarchico,auspicando la più rapida rimozione diquesta condizione di patologica ingiu-stizia “istituzionalizzata”.

Esempio: seconda guerra mondiale.Un ufficiale delle ss ordina al suo sot-toposto di sterminare a colpi di mitrauna famiglia di ebrei appena scopertain un nascondiglio. il sottoposto rifiu-ta di obbedire all’ordine. Qual è il sen-so pieno e autentico del suo rifiuto?io non me la sento, non ho lo stoma-co per fare una cosa del genere, marispetto i colleghi che accettano di far-lo, rispetto la loro scelta, essi garan-tiscono un servizio e io non li giudico.io non lo farò mai perché significhe-rebbe commettere un assassinio, echiunque si presterà a farlo, si assu-me la colpa di questo delitto.

2) Ambiguità del “principio di tolle-ranza” e la sua deriva totalitaria

a. in senso classico, la tolleranza èsempre stata intesa come capacità disopportare pazientemente un maleprovvisorio, che non si può evitare nel-l’immediato senza provocare dei dan-ni ancora peggiori10. in questo senso la tolleranza non è al-tro che una espressione o manifesta-zione della virtù della prudenza. É,cioè, una “virtù pratica”.b. oggi, invece, sulla scia di una lun-ga tradizione che parte dalla Riformaprotestante, passando per erasmo daRotterdam, locke, spinosa, bayle evoltaire, la tolleranza si è trasformata

in una “virtù teorica”. Quindi ha assun-to una valenza politica ben precisa.c. è in questa accezione che la tolle-ranza nasconde in sé temibilissime for-ze totalitarie e persecutorie. in che sen-so? nel senso che la società ideolo-gicamente tollerante non può tollera-re l’obiezione di coscienza, conside-randola una forma di intolleranza.

É evidente, almeno a chiunque utiliz-zi le normali categorie della logica, che il principio di tolleranza poggia su unadebolezza concettuale intrinseca. losi può comprendere ricordando il pa-radosso di epimenide: “epimenide ilcretese diceva: tutti i cretesi sono bu-giardi. epimenide è cretese. Dunque,epimenide è bugiardo. Dunque, i cre-tesi dicevano la verità. Dunque, epi-menide dice la verità poiché egli è cre-tese. Poiché egli dice la verità, tutti icretesi sono bugiardi…” insomma: sicontinua a passare da un’affermazio-ne al suo esatto contrario, in un cor-tocircuito logico. il tollerante ideologi-co è un piccolo epimenide. egli infat-ti dice: tutte le opinioni si equivalgo-no. e quindi, anche la sua equivale aquella di chi dica “non tutte le opinio-ni si equivalgono”. insomma: anche lanegazione di qualunque verità è affer-mazione di una verità. Dunque, è in sécontraddittoria. ed è questa contrad-dizione a minare la società contempo-ranea, fondata sul principio acritico ditolleranza. la società tollerante impo-ne un pensiero unico: quello per cuichiunque afferma “la verità esiste” nondeve essere tollerato.

Obiezione di Coscienza all’aborto, farmacisti e dottrina cattolica

abbiamo delineato con ampiezza diargomentazioni il carattere doveroso,oggettivo e inderogabile della oC al-l’aborto volontario.la verità oggettiva della malvagità del-l’aborto volontario, la sua iniquitàgiuridica e morale è comprensibile dal-la ragione umana aperta alla verità, an-che a prescindere dal contributo del-la rivelazione cristiana.Risulta indubitabile l’effetto abortivodella c.d. pillola del giorno dopo, chel’italia ha deciso di rendere disponibi-le nelle farmacie, e ottenibile dietropresentazione di ricetta medica.Risulta altrettanto indubitabile che il

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convegno ucfifarmacista non è un commerciante de-dito alla vendita di prodotti al solo sco-po di ricavarne un legittimo arricchi-mento economico, ma che la sua pro-fessione presenta profili specialissimi,con rilevanti affinità rispetto alla pro-fessione medica.Una proposta concreta per garantirel’esercizio di questo inalienabile dirit-to (e dovere) naturale potrebbe esse-re la seguente: che il farmacista redi-ga un testo scritto che spieghi e fissi– anche con evidente rilevanza giuri-dica - in modo semplice, sintetico echiaro, le ragioni profonde del suo “no”alla pillola del giorno dopo. e in particolare:• l’intenzione di obiettare,• l’oggetto dell’obiezione (che non èuna scatoletta colorata o una pillola in-sapore, o un ferro chirurgico, ma è l’a-zione “aborto volontario”)• le ragioni dell’obiezione: • abortire è uccidere un essere uma-no innocente• la vita inizia dal concepimento• la pillola del giorno dopo provoca lamorte di un essere umano se vi è sta-to concepimento;• affiggere in evidenza la dichiarazio-ne nella propria farmacia, in modo chei pazienti siano informati di questa de-cisione, e ne possano tener conto;• consegnare a ogni paziente che sipresenta richiedendo la pillola di unacopia della dichiarazione per una “te-stimonianza educativa”: spesso la ri-chiedente non sa ciò che sta facendo.l’obiettore glielo dice.

se il soggetto coinvolto nella vicendaè un cattolico – e nello specifico unfarmacista cattolico - a tutte queste ar-gomentazioni devono poi aggiunger-si le chiare ed inequivocabili paroleprovenienti dal magistero della Chie-sa. Parole che non lasciano spazio adalcun dubbio, e che anzi colpisconoper la loro severità e forza espressiva.mi riferisco in particolare a quanto ri-cordato dal santo Padre benedettoXvi: “lo sviluppo attuale dell’arsena-le di medicine e delle possibilità tera-peutiche che ne derivano comportache i farmacisti riflettano sulle funzio-ni sempre più ampie che sono chia-mati a svolgere, in particolare quali in-termediari fra il medico e il paziente.Essi hanno un ruolo educativo versoi pazienti per un uso corretto dell’as-sunzione dei farmaci e soprattutto perfar conoscere le implicazioni etiche

dell’utilizzazione di alcuni farmaci. Inquesto ambito, non è possibile aneste-tizzare le coscienze, ad esempio suglieffetti di molecole che hanno comefine quello di evitare l’annidamento diun embrione o di abbreviare la vita diuna persona. Il farmacista deve invita-re ognuno a un sussulto di umanità, af-finché ogni essere sia tutelato dal suoconcepimento fino alla sua morte na-turale e i farmaci svolgano veramen-te il loro ruolo terapeutico. D’altro can-to, nessuna persona può essere uti-lizzata, in modo sconsiderato, comeun oggetto, per compiere esperimen-ti terapeutici; questi si devono svolge-re secondo i protocolli rispettando lenorme etiche fondamentali. Qualsia-si cura o sperimentazione deve ave-re come prospettiva un eventualemiglioramento della persona, e nonsolo la ricerca di avanzamenti scien-tifici. il perseguimento di un beneper l’umanità non può avvenire a de-trimento del bene dei pazienti. Nell’am-bito morale, la vostra federazione è in-vitata ad affrontare la questione dell’o-biezione di coscienza, che è un dirit-to che deve essere riconosciuto allavostra professione, permettendovi dinon collaborare, direttamente o indi-rettamente, alla fornitura di prodottiaventi come fine scelte chiaramenteimmorali, come ad esempio l’aborto el’eutanasia”11.

note

1 Platone, Apologia di Socrate, 30 c; 30 d.; silegga anche F. Pannuti, socrate, la morte di unlaico e altri saggi, aracne, Roma 2009. agli oc-chi di socrate, la sua morte costituisce una sor-te più invidiabile rispetto alla prospettiva di con-dannare un innocente. Questa autentica intui-zione morale pre-cristiana è spiegabile sia sulpiano filosofico che su quello religioso; sul pia-no filosofico, perché si deve a socrate l’affer-mazione in base a cui è sempre meglio subireil male che compierlo, come osserva acutamen-te Carlo Caffarra nella prefazione al testo di J.Finnis, Gli assoluti morali, edizioni ares, mila-no 1991. ma vi è anche una toccante allusio-ne soprannaturale quando socrate nell’apolo-gia dichiara che una volta giunto agli inferi viavrebbe trovato “i veri giudici, coloro che pas-sano per renderci la giustizia”, e vi avrebbe in-contrato “le anime di coloro che sono stati giu-sti nel corso della loro vita”. (cfr. Platone,Apologia di Socrate, 41 a.)

2 emblematico in particolare il comportamen-to del vegliardo eleazaro, al quale i carnefici pro-spettano una facile via di salvezza nell’accet-tazione di una finzione pubblica: egli si sareb-be salvato se avesse anche soltanto finto di ci-barsi delle carni sacrileghe. ma eleazaro rifiu-ta temendo che il suo cattivo esempio avreb-

be indotto in errore i più giovani. Dunque l’o-biezione di coscienza – come diremo oltre -sfugge totalmente alla riduzione operata dallacultura laica e liberale, che ne fa un gesto chesoddisfa esclusivamente un’esigenza privatis-sima soggettiva e relativa, ma rivela il suo signi-ficato oggettivo e sociale, di autentica “respon-sabilità per gli altri”.

3 l. gormally, La responsabilità personale esociale nel contesto della difesa della vitaumana: il problema della cooperazione almale, in Pontificia accademia Pro vita, La co-scienza cristiana a sostegno del diritto alla vita,libreria editrice vaticana, Città del vaticano,2008, pp.92-111; a. Fisher, La coscienza se-condo la riflessione etica e l’attuale crisi di au-torità, in Pontificia accademia Pro vita, La co-scienza cristiana a sostegno del diritto alla vita,op. cit., pp.34-70.

4 tommaso d’aquino, Summa Theologiae, i, 79;ia-iiae 19,5; sent. 24, q. 2, a. 4; id., De Verita-te, 17, a. 4.

5 J. Finnis, Gli assoluti morali, op.cit..

6 l. gormally, op. cit., p. 93.

7 tommaso d’aquino individua ben sette modidi cooperare a un’azione negativa. summatheologiae, ii. ii, q 62.

8 si potrebbe sintetizzare questa tendenza conla formula “sto facendo soltanto il mio mestie-re”, che è prodroma alle peggiori forme di coo-perazione formale al male. e si potrebbe ricor-dare il concetto di “banalità del male” elabora-to da anna Harendt a proposito del fenomenoconcentrazionario, soprattutto nazista.

9 J. lafitte, storia dell’obiezione di coscienzae differenti accezioni del concetto di tolleran-za, in Pontificia accademia Pro vita, La coscien-za cristiana a sostegno del diritto alla vita, libre-ria editrice vaticana, Città del vaticano, 2008,p. 112.

10 J. lafitte, Storia dell’obiezione di coscienzae differenti accezioni del concetto di tolleran-za, op. cit.

11 benedetto Xvi, Discorso al 25° Congressointernazionale dei Farmacisti cattolici, 29 otto-bre 2007. il corsivo è nostro.

numero quattro ottobre/dicembre pagina ventitrè

convegno ucfi

numero quattro ottobre/dicembre 2009 pagina ventiquattro

tavola RotonDa

Dott. Anna Rosa Racca (Presidente Federfarma)

C’è una legge che va rispettata. il farmaco non è unamerce qualsiasi. i farmacisti devono garantire l’eroga-zione del farmaco, in particolare nei piccoli centri doveesiste una sola farmacia. noi farmacisti non possia-mo rinnegare questi principi ma allo stesso tempo ilfarmacista deve poter affermare i principi etici in cuicrede. si tratta di contemperare i diritti dei farmacistie dei pazienti. Federfarma deve tutelare i suoi asso-ciati. al contempo va però affermato che la farmacia,davanti alla ricetta, deve dare il farmaco. io non misono mai permessa di rifiutare una ricetta medica.

Dott. Giuseppe Gerosa (Presidente Ordine dei Farmacisti di Lecco)

guardiamo la situazione attuale: secondo noi nonè possibile oggi giuridicamente l’obiezione di co-scienza da parte dei farmacisti perché il norlevoè un prodotto che non provoca l’interruzione vo-

lontaria di gravidanza. noi auspichiamo un sì all’o-biezione di coscienza perché sappiamo che è unprodotto abortivo. Dal punto di vista deontologi-co, possiamo affermare che siamo convinti del fat-to che sia lecito esercitare l’obiezione.

Sen. Stefano De Lillo (Commissione Sanità del Senato)

mi riferisco al video proiettato all’inizio, che vede ungruppo di dimostranti col viso coperto che entranoin una farmacia “obiettrice” e liberano all’interno unagrande quantità di preservativi gonfiati, urlano slogane distribuiscono volantini. in pratica, impediscono aifarmacisti di lavorare e disturbano i pazienti presen-ti. sono questi i cittadini deboli e malati che andreb-bero tutelati? a mio parere si tratta di provocatori po-litici che nulla hanno a che fare con i malati, i pazien-ti, ovvero con i normali frequentatori delle farmacie.a questo proposito cito il parere del Cnb e la sen-tenza della Corte Costituzionale, più volte menziona-ti nel corso di questo Convegno.sono gli ordini professionali cui aderite, che debbo-no tutelarvi.

Prof. Assuntina Morresi (Comitato Nazionale di Bioetica)

la tutela dell’embrione è già scritta nella legge 40il vostro diritto all’obiezione passa invece dal vostrocodice deontologico. Un percorso parlamentare di chia-rimento può essere utile ma è più utile, ora, appellar-si alla clausola di coscienza. Una posizione chiara di interpretazione del codicedeontologico è quanto mai necessaria perchè evite-rebbe alla magistratura di intervenire per accompagna-re con forza un percorso legislativo.

convegno ucfi

numero quattro ottobre/dicembre pagina venticinque

periodico dell’unione cattolica farmacisti italianifondato nel 1947

anno LXII n.4• ottobre/dicembre 2009

Direttore ResponsabileAngelo Molaioli

Via della Traspontina 15, 00193 RomaTel. 06.68300948• Fax 06 6869182

E Mail: [email protected]

Stampa: Tipograf RomaReg. Trib. Roma n.608 del 2 dic. 1988

Poste Italiane SpaSpedizione in abbonamento postale

d.l. 353/2003 (conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB Roma

Ai sensi della L. 675/96 non desiderando ricevere il periodico, si ha diritto a chiedere la cancellazione

del proprio nominativo dall’elenco

convegno ucfi

il punto essenziale di tutta la riflessio-ne inerente l’obiezione di coscienzadel farmacista è capire perché dob-biamo dire di no a chi ci vuole obbli-gare a somministrare farmaci chesono chiaramente contrari alla nostramorale in materia grave come lasoppressione della vita. in questo caso per noi cattolici esisteun limite invalicabile oltre il quale asso-lutamente non possiamo agire, percui chi decide di rispettare la legge diDio non può sottostare alle altre leggi,anche se questa scelta e questa pre-sa di posizione non sono affatto como-de. la necessità di questa coerenza ciè stata magistralmente illustrata damonsignor Crociata nella sua prolusio-ne. Con la sua partecipazione al Con-vegno ci ha portato il sostegno della in-tera Chiesa che è in italia in questa bat-taglia di civiltà che va ben oltre la richie-sta dei nostri diritti di professionisti, mache ci chiede di essere testimoni e sen-tinelle che danno l’allarme in una società

confusa e rinchiusa nel consumismomateriale e nel relativismo morale.la dichiarazione dell’aifa (agenziaitaliana del Farmaco) letta dal collegae amico giovanni gerosa, sulle indica-zioni terapeutiche del levonorgestrelnelle varie specialità che lo contengo-no, ha valore solo per quelle, ma nonper il norlevo e levonelle perché peril loro dosaggio vengono usate soloper eliminare un eventuale embrioneed è per questo che sorge in noi il pro-blema della non collaborazione.

se, come sappiamo per competenzaprofessionale , la PdgD uccide l’em-brione, la posizione di chi lo nega è fal-sa e deve essere contestata e non ac-cettata: basta altresì ricordare che a talproposito c’è una sentenza del tar, percui auspichiamo che la FoFi sullabase di questo riconoscimento giudi-ziario condivida e riconosca la legitti-mità di questa nostra posizione. le argomentazioni del professor bal-dassarre hanno documentato la consi-stenza giuridica dell’obiezione di co-scienza in riferimento all’articolo 2 del-la Costituzione e sulla esigenza di rico-noscere al farmacista la stessa possi-bilità riconosciuta al medico.il giudice Rocchi ha ricordato che la leg-ge 40 sanziona penalmente la soppres-sione di embrioni generati artificial-mente, pertanto identico trattamento do-vrebbe applicarsi alla soppressionedegli embrioni generati naturalmente:questo argomento apre la discussionesulla legittimità stessa della pillola delgiorno dopo; inoltre il riconoscimento deldiritto all’obiezione nel caso del titola-re si estende alla farmacia stessa.il professor mario Palmaro portando-ci il ricordo della morte di socrate e del-le sue ultime parole ci dimostra che l’o-biezione è una grande tradizione uma-

na antecedente al Cristianesimo ma chedalla Fede trae la forza di resistere allepressioni umane per cambiare la storia.È incredibile che nella nostra societàdomini questa cultura della morte percui la gente uccide i propri figli, stravol-gendo addirittura il dono della mater-nità. occorre riflettere sul fatto che lasessualità è una dimensione talmen-te importante e bella che non la si puòspendere per divertirsi in modo super-ficiale. Questo messaggio deve esse-re trasmesso soprattutto ai giovani, an-che se questo compito non riguardanoi farmacisti, quanto gli insegnanti, isacerdoti, gli uomini di cultura. È ne-cessario iniziare un lavoro di recupe-ro dell’identità umana spirituale con-tro tutti coloro che la vogliono ridurreal solo elemento materiale di cui l’uo-mo sarebbe preda. Questa visione del-l’uomo e della donna dominati dagliistinti animali ci fa perdere il significa-to di cosa siamo, di cosa possiamofare delle nostre esistenze, delle meteverso le quali vogliamo camminare eche desideriamo raggiungere, del si-gnificato delle nostre vite. C’è un vuoto di significato nella nostrasocietà, e occorre che noi reagiamo conla serenità derivante dalla consapevo-lezza di lottare sostenuti dalla forza piùpotente della vita, cioè Dio, che ci ac-compagna nel nostro impegno di testi-monianza della coscienza e della gra-zia che ci derivano dal vivere una vitaspirituale vera. Queste situazioni conflittuali con inostri valori avranno comunque unafine, come è già avvenuto altre voltenel corso della storia, perché questicomportamenti inumani non sonodestinati a sopraffare la nostra iden-tità. Questo è quello che dobbiamofare e ciò a cui siamo chiamati.

CONCLUSIONI DEL CONVEGNO

QUELLO CHE DOBBIAMO FARE...PIERO URODAPResiDente Unione CattoliCa FaRmaCisti italiani e FeDeRazione inteRnazionale FaRmaCisti CattoliCi

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convegno ucfi

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DAL CODICE DEONTOLOGICO DEL FARMACISTA

Art. 3 Libertà, indipendenza e dignità della professione 1. il farmacista deve:• dichiarare, al momento dell’iscrizione all’albo, d’averletto il Codice deontologico;• rispettare i principi del giuramento professionale;• operare in piena autonomia e coscienza profes-sionale, conformemente ai principi etici e tenen-do sempre presenti i diritti del malato e il rispet-to della vita; • osservare gli indirizzi di natura professionale e deon-tologica enunciati dalla Federazione nazionale degli or-dini dei Farmacisti e dall’ordine di appartenenza.

Art. 6 Dispensazione e fornitura dei medicinali1. la dispensazione del medicinale è un atto sanitario,a tutela della salute e dell’integrità psico-fisica del pa-ziente.2. La dispensazione e la fornitura di qualunque me-dicinale sono prerogativa esclusiva del farmacista,che assolve personalmente a tale obbligo professio-

nale e ne assume la relativa responsabilità.

Art. 12Attività di consiglio e di consulenza1. nell’attività di consiglio e consulenza professionale ilfarmacista garantisce  una informazione sanitariachiara, corretta e completa, con particolare riferi-mento all’uso appropriato dei medicinali, alle lorocontroindicazioni, agli effetti collaterali e alla loroconservazione.

Art. 18Comportamenti non corretti 1. É deontologicamente sanzionabile:• porre in essere o favorire forme di sfruttamento del-l’attività professionale dei colleghi;• indurre i colleghi, anche propri collaboratori, a com-portarsi in modo non conforme alle disposizioni che di-sciplinano l’esercizio della professione o in modo nonconforme alla deontologia professionale; • porre in essere qualsiasi forma di discriminazio-ne, molestia o mobbing nei confronti di colleghi o al-tri lavoratori.

Art. 19Dovere di collaborazione e comunicazione1. il farmacista ha l’obbligo di prestare la massima di-sponibilità e collaborazione nei rapporti con l’ordine pro-fessionale.2. Il farmacista ha l’obbligo di segnalare all’Ordi-ne di appartenenza ogni iniziativa tendente a im-porgli comportamenti contrari alle disposizioni chedisciplinano l’esercizio della professione o comun-que non conformi ai principi della deontologia pro-fessionale.

GIURAMENTO DEL FARMACISTA

TESTO APPROVATO DAL CONSIGLIO NAZIONALEDELLA FOFI IL 15.12.2005

GIURO

di esercitare l’arte farmaceutica in libertà e indi-pendenza di giudizio e di comportamento, inscienza e coscienza e nel rigoroso rispetto delleleggi, dei regolamenti e delle norme di deontolo-gia professionale;

di difendere il valore della vita con la tutela della sa-

lute fisica e psichica delle persone  e il sollievo della sof-ferenza come fini esclusivi della professione, ad essi ispi-rando ogni mio atto professionale con responsabilità ecostante impegno scientifico, culturale  e sociale, affer-mando il principio etico dell’umana solidarietà;

di assistere tutti coloro che ricorreranno alla mia ope-ra professionale con scrupolo, attenzione e dedizione,senza alcuna distinzione di razza, religione, naziona-lità, condizione sociale  e ideologia politica e nel piùrigoroso rispetto della loro dignità;

di affidare la mia reputazione esclusivamentealle mie capacità professionali e alle doti morali dicui saprò dare prova e di evitare, anche al di fuoridell’esercizio professionale, ogni atto e comportamen-to che possano ledere il prestigio, la dignità e il de-coro della professione farmaceutica.Lo giuro.

Proprio i farmacisti sono chiamati a dare in questo ambito una chiara testimonianza, in quanto,

come ha affermato Benedetto XVI, essi rappresentano gli «intermediari fra il medico e il paziente»

e svolgono un ruolo educativo verso i pazienti per un uso corretto dell’assunzione dei farmaci

e soprattutto per far conoscere le implicazioni etiche dell’utilizzazione di alcuni farmaci.

Il diritto-dovere all’obiezione di coscienzanon riguarda solo i farmacisti cattolici

ma tutti i farmacisti, perché «la questione della vita e della sua difesa

e promozione non è una prerogativa dei soli cristiani. Anche se dalla fede riceve luce e forza straordinarie,

essa appartiene ad ogni coscienza umana che aspira alla verità ed è attenta e pensosa

per le sorti dell’umanità»

(Giovanni Paolo II, Enciclica Evangelium vitae, § 101).

Desidero quindi esortare voi tutti ad essere testimoni coraggiosi nell’esercizio della professione

del valore inalienabile della vita umana, soprattutto quando è più debole e indifesa.

Monsignor Mariano CrociataSegretario generale

Conferenza Episcopale Italiana

UCFIUNIONE

CATTOLICAFARMACISTI

ITALIANI