LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il...

25
XXXI CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE: EVIDENZE DAL CASO DEL PIEMONTE Alberto CRESCIMANNO 1 , Fiorenzo FERLAINO 1 , Francesca Silvia ROTA 2 SOMMARIO Nel 2009 l’IRES Piemonte, con il supporto del CSI-Piemonte, ha sviluppato per conto dell’Assessorato regionale “Sviluppo della Montagna e Foreste” una metodologia di analisi dei sistemi territoriali di montagna, basata su variabili socio-economiche, infrastrutturali e ambientali e l’identificazione di otto tipologie di territori. Nel presente contributo, l’applicazione di questa metodologia al caso del Piemonte costituisce l’occasione per sviluppare una riflessione più ampia sui modelli/schemi utilizzati per descrivere i territori di montagna e i processi di sviluppo che in essi si realizzano. Nella programmazione comunitaria e regionale la montagna sembra infatti emergere unicamente come ambito di azione e riflessione in quanto “contraltare” o complemento funzionale ai sistemi urbani e produttivi localizzati in pianura. In pratica, la montagna diventa l’“altro” su cui questi ultimi, improntati a un modello di sviluppo capitalistico urbano-industriale, costruiscono la propria identità. Ne consegue che molti dei discorsi sulla montagna fanno riferimento a valori, processi, dinamiche non-urbani, in una sorta di memoria del radicamento e dello stile di vita sostenibile. Tuttavia, l’analisi dei comuni piemontesi mostra una realtà diversa, in cui l’obiettivo dello sviluppo bilanciato (tra istanze socio-economiche, territoriali e ambientali) e di lungo periodo in montagna passa anche attraverso il conseguimento di connotati di moderata urbanità. 1 IRES Piemonte, via Nizza 18, 10125 Torino, [email protected] 2 EU-POLIS, Politecnico e Università di Torino (DITer), Viale Mattioli 39, 10125 Torino, [email protected]

Transcript of LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il...

Page 1: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

XXXI CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI

LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE: EVIDENZE DAL CASO DEL PIEMONTE

Alberto CRESCIMANNO1, Fiorenzo FERLAINO1, Francesca Silvia ROTA2

SOMMARIO

Nel 2009 l’IRES Piemonte, con il supporto del CSI-Piemonte, ha sviluppato per conto

dell’Assessorato regionale “Sviluppo della Montagna e Foreste” una metodologia di analisi dei

sistemi territoriali di montagna, basata su variabili socio-economiche, infrastrutturali e ambientali e

l’identificazione di otto tipologie di territori. Nel presente contributo, l’applicazione di questa

metodologia al caso del Piemonte costituisce l’occasione per sviluppare una riflessione più ampia

sui modelli/schemi utilizzati per descrivere i territori di montagna e i processi di sviluppo che in essi

si realizzano. Nella programmazione comunitaria e regionale la montagna sembra infatti emergere

unicamente come ambito di azione e riflessione in quanto “contraltare” o complemento funzionale

ai sistemi urbani e produttivi localizzati in pianura. In pratica, la montagna diventa l’“altro” su cui

questi ultimi, improntati a un modello di sviluppo capitalistico urbano-industriale, costruiscono la

propria identità. Ne consegue che molti dei discorsi sulla montagna fanno riferimento a valori,

processi, dinamiche non-urbani, in una sorta di memoria del radicamento e dello stile di vita

sostenibile. Tuttavia, l’analisi dei comuni piemontesi mostra una realtà diversa, in cui l’obiettivo

dello sviluppo bilanciato (tra istanze socio-economiche, territoriali e ambientali) e di lungo periodo

in montagna passa anche attraverso il conseguimento di connotati di moderata urbanità.

1 IRES Piemonte, via Nizza 18, 10125 Torino, [email protected] 2 EU-POLIS, Politecnico e Università di Torino (DITer), Viale Mattioli 39, 10125 Torino, [email protected]

Page 2: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

1 INTRODUZIONE: QUALE SVILUPPO PER LE TERRE ALTE?3

Nelle analisi e nelle politiche territoriali, la montagna costituisce oggi un ambito territoriale

peculiare, distinto rispetto alla pianura. Questo è possibile perché le montagne sono porzioni di

superficie terrestre fortemente connotate dal punto di vista fisico-geografico. Ma non solo. La

peculiarità dei territori di montagna, quali ambiti di riflessione e azione politica, dipende anche dal

fatto che si tratta di contesti connotanti rispetto ai processi di sviluppo che in essi si realizzano. In

pratica, la montanità di un territorio non si limita alle condizioni altimetriche e clivometriche, ma si

lega a certi modi di vivere e produrre che oggi, nell’epoca della glocalizzazione, sembrano

strutturare non tanto le nazioni e le regioni quanto i territori geografici: la pianura quale luogo

prescelto dalle attività produttive e residenziali, la collina quale spazio paesaggistico a forte

componente antropica, la montagna quale spazio della naturalità e di uno stile di vita sostenibile.

Gli stessi ambiti relazionali dei prodotti e del mercato sembrano muoversi verso articolazioni in cui

il gioco delle specializzazioni produttive non è lasciato alla comparazione dei vantaggi competitivi,

quanto alla comparazione dei mercati territoriali: la pianura quale generatore dei prodotti e delle

tecnologie di massa; la collina quale mercato della qualità, del gusto, della differenziazione e

dell’ancoraggio locale; la montagna quale nicchia del radicamento e bacino di risorse sostenibili da

tutelare e valorizzare. In montagna si localizzano preziose risorse minerali e naturali, indispensabili

per alimentare lo sviluppo alle diverse scale territoriali. A livello globale, per esempio, le montagne

forniscono preziosi “meccanismi regolatori” dell’equilibrio eco sistemico, mentre a livello regionale

sono importanti leve di competitività e sostenibilità.

In ambito politico-amministrativo (sia europeo che nazionale) la montagna è invece ancora

associata alla rappresentazione (ISTAT, 2007) di territorio svantaggiato, verso cui indirizzare

misure speciali di intervento. Tra i rischi comunemente associati ai contesti di montagna vi sono: lo

spopolamento delle borgate, la marginalizzazione socio-economica, la perdita di biodiversità,

l’impoverimento culturale e paesaggistico, gli effetti negativi del cambiamento climatico.

Tale rappresentazione si forma nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale, quando la

quasi totalità delle montagne in Europa apparivano segnate da povertà, devastazione e abbandono.

In alcuni paesi europei, tra cui l’Italia (Ferlaino e Rota, 2010), l’equazione “montagna=area

svantaggiata/marginale” è precocemente istituzionalizzata (in Italia questo avviene con la legge n°

991 del 1952), divenendo così un elemento strutturante dell’immaginario collettivo e dell’intervento

sulle terre alte. Qualche decennio più tardi, il carattere svantaggiato dei contesti di montagna è

sancito anche dalla legislazione europea: negli anni Settanta, la Commissione europea descrive la

montagna nei termini di territorio, le cui specifiche condizioni fisiche e morfologiche sono associate

3Le riflessioni sviluppate in questo articolo prendono spunto dai risultati di un recente studio sulla montagna piemontese (Crescimanno, Ferlaino e Rota, La montagna del Piemonte. Varietà e tipologie dei sistemi territoriali locali, IRES, Torino, 2010), condotto dall’IRES Piemonte e CSI-Piemonte per conto della Regione Piemonte. Dal punto di vista della redazione dell’articolo, i paragrafi 1, 2 e 5 sono da attribuirsi a Francesca S. Rota, il paragrafo 3 a Alberto Crescimanno, mentre i restanti paragrafi 4 e 6 a Fiorenzo Ferlaino.

Page 3: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

a svantaggi gravi e permanenti. Questi, favoriscono a loro volta l’abbandono delle attività agricole e

forestali e lo spopolamento dei centri abitati. Per tale ragione, con la direttiva 75/268/CEE (art. 3,

par. 3), si decide di destinare a questi territori misure speciali di sostegno delle attività agricole, di

forestazione e difesa del suolo. Analogamente, nella politica agricola comunitaria si prevedono

agevolazioni per le imprese localizzate in montagna rispetto a quelle della pianura.

Solo sul finire del XX secolo si afferma invece la rappresentazione della montagna come bacino di

naturalità e risorsa strategica. Con l’inizio del nuovo millennio acquistano nuovo rilievo nella

riflessione comunitaria intorno alla montagna la questione ambientale e l’obiettivo dello sviluppo

sostenibile. Si afferma cioè la convinzione che la montagna non sia svantaggiata tout court, ma

presenti risorse e specifiche peculiarità, che vanno preservate e valorizzate (Maxwell e Birnie,

2005). A tale riguardo, il Consiglio europeo aveva elaborato nel 2000 una bozza, poi non approvata,

per una Convenzione europea per le regioni di montagna, in cui si sanciva la necessità di bilanciare,

in questi contesti territoriali, obiettivi di sviluppo socio-economico con il soddisfacimento dei

bisogni delle popolazioni e la salvaguardia dell’ambiente. Un’esperienza importante in tal senso

resta la Convenzione delle Alpi, che affronta la questione montana nei termini di “territorio

speciale” su cui operare con norme differenti, in genere più restrittive, di quanto è possibile nel

resto dei territori.

Nel mondo dei mercati globali sembra cioè sorgere una sorta di mercati differenziali che non

trovano più la base della loro specializzazione nella struttura settoriale nazionale o regionale, quanto

nelle macrovalenze geografiche che differenziano i territori di montagna, collina e pianura.

Superare l’ottica della marginalità è pertanto importante entro questo nuovo contesto socio-

economico. Il Secondo Rapporto sulla Coesione economica e sociale riconosce l’esistenza,

all’interno di una montagna in genere problematica, di alcune aree economicamente floride e

integrate nel resto del sistema produttivo dell’Unione europea (CEC, 2001). Evidenze in questo

senso arrivano anche dallo studio Mountain Areas in Europe (Nordregio, 2004)4. Ne emerge un

quadro diversificato, in cui le regioni alpine e i massicci tedeschi (Selva Nera, Giura Svevo, Giura

Francone, Selva di Turingia) registrano le migliori performance socio-economiche (probabilmente

comparabili con quelle di molte regioni di pianura), mentre le regioni scandinave settentrionali e la

Scozia risultano marginali.

Anche a seguito di tali analisi, lo sviluppo delle montagne è sempre più messo in relazione con il

loro ruolo di “cisterne” di risorse naturali e energetiche, centri di diversità biologica e culturale,

luoghi di destinazione della domanda per il tempo libero e il turismo, nonché “cartine di tornasole”

per capire l’entità degli effetti del cambiamento climatico (Nordregio, 2004). In pratica, si afferma

la possibilità di utilizzare i contesti di montagna come “laboratori” in cui sperimentare nuove forme

di sviluppo, improntate a modelli “green” e sostenibili.

Nonostante ciò, l’equazione “montagna=area svantaggiata/marginale” continua a essere l’elemento

portante nei “discorsi” sulla montagna. La varietà interna delle montagne europee e il loro “elevato 4 In questo lavoro, commissionato dall’Unione europea, le montagne europee sono scomposte in unità territoriali più piccole (aggregati sovraregionali di comuni di montagna) e analizzate sulla base del capitale socio-economico, del livello di infrastrutturazione, accessibilità e servizi, e dell’uso del suolo e delle coperture.

Page 4: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

valore potenziale” (Nordregio, 2004) si riflettono solo in parte sugli strumenti della politica

comunitaria inerenti la montagna (politica agricola, regionale, ambientale, di ricerca e sviluppo e i

programmi Leader ed Interreg): oltre a mancare un riconoscimento territoriale della montagna, la

giustificazione dell’intervento comunitario continua ad essere legata prevalentemente a una

rappresentazione dei territori montani come aree svantaggiate, in larga parte soggette alle

problematiche dello sviluppo rurale, e affette da “gravi e permanenti svantaggi demografici e

naturali”, che richiedono “attenzione particolare” da parte delle istituzioni comunitarie (Trattato di

Lisbona). “Le aree montane non sono un territorio particolare da difendere (come per esempio le

zone umide, ritenute sensibili) quanto un ambito di intervento e, sebbene nel Libro verde sulla

coesione territoriale le montagne siano considerate – insieme con le regioni insulari e a minore

densità abitativa – tra le regioni che pongono le sfide maggiori verso l’obiettivo della coesione

territoriale, la politica europea considera queste le aree al pari delle zone rurali critiche per lo

sviluppo coeso e equilibrato dell’Unione” (Crescimanno, Ferlaino e Rota, 2010, pp.23-24).

Le ragioni del perdurare della visione marginalizzante della montagna non sono completamente

chiare e andrebbero maggiormente indagate. L’ipotesi che qui si formula è che tale visione sia

fortemente costitutiva delle identità regionali caratterizzate dalla presenza montana. In particolare,

tale visione è complementare e costitutiva della stessa identità dei territori di pianura, più sviluppati.

La montagna sembra costituire il luogo di riferimento delle radici culturali e dell’ancoraggio

identitario ed emerge come “territorio idealizzato”, matrice storica cui si richiama la gran parte

della “soggettività reticolare”, della popolazione mobile che struttura il pendolarismo giornaliero

per motivi di lavoro e di studio e il pendolarismo urbano dei ‘city users’, più inerenti la sfera della

riproduzione.

Certamente si tratta di una problematica, quella della marginalità montana, sentita da chi opera e

legifera sulla montagna, che è stata più volte affrontata a livello di Unione e singoli Stati, e che è

oggi associata a un profondo ripensamento dell’orientamento comunitario per le zone di montagna.

Una problematica che è al contrario quasi assente nella riflessione scientifica.

2 LA MONTAGNA: UN’INVENZIONE DELLA PIANURA?

A tale riguardo, un approfondimento interessante riguarda la relazione tra rappresentazioni

geografiche e realtà. Secondo quanto sostenuto dalla geografia post-strutturalista5, qualsiasi

tentativo di rappresentare la realtà è sempre fallace, in quanto non esiste una singola e obiettiva

realtà, ma una molteplicità di esperienze, prospettive e discorsi. Detto in altri termini, le categorie

5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi del linguaggio, ha trovato negli ultimi decenni grande diffusione presso alcuni filoni delle discipline sociali. Alla base della visione post-strutturalista vi è la convinzione che il modo in cui le descrizioni, le rappresentazioni, i discorsi costruiti intorno a quanto accade nel mondo nascondano al loro interno dei significati latenti (valori, credenze, discorsi, obiettivi, relazioni di potere) che non solo determinano il risultato finale della rappresentazione ma finiscono con l’influenzare il modo stesso in cui si sviluppano i processi descritti. Per questo, i post-strutturalisti, anche definiti teorici critici, rifiutano qualsiasi teoria che sostenga di aver individuato la verità sullo sviluppo e sottosviluppo, mentre sostengono la pluralità di interpretazioni, la descrizione della diversità e la ricerca di spiegazioni e teorie contestuali, differenziate, specifiche.

Page 5: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

concettuali che impieghiamo per interpretare i fenomeni, così come i medium che utilizziamo per

descriverli (linguaggio, rappresentazioni grafiche, elaborazioni ecc.) sono sempre l’esito di discorsi

soggettivi o comunque costruiti socialmente. Per questo è importante saper riconoscere le meta-

narrazioni, sottese alle rappresentazioni geografiche, e sottoporle a pratiche di de-costruzione dei

significati latenti. Secondo questa impostazione, anche la rappresentazione della montagna può

essere intesa come l’esito di specifici discorsi sullo sviluppo, elaborati con riferimento a un dato

contesto socio-economico e, per questo, riferibili solo ad alcuni territori. Per esempio, è palese che

modelli descrittivi del tipo centro-periferia e nord-sud, spesso usati per spiegare lo sviluppo

regionale, non funzionano bene in un contesto di montagna. In montagna, come si dirà anche in

seguito, la stessa struttura orografica per vette e valli condiziona le comunicazioni e, quindi, la

diffusione dei processi. In sintesi, servono nuovi quadri concettuali e approcci metodologici inediti,

che siano pensati e costruiti per studiare specificatamente i territori di montagna.

La rappresentazione della montagna, così come emerge dai documenti legislativi, di indirizzo e di

analisi prodotti a livello europeo dal 1975 ad oggi6, è qui sottoposta ad un preliminare esercizio

decostruzionista (cfr. 1). Più specificatamente le descrizioni inerenti lo sviluppo in contesti di

montagna sono scomposte in funzione di quattro principali elementi o “chiavi di lettura”

(condizioni fisico-territoriali, processi, risorse, dinamiche) e confrontate con quelle che, nel

medesimo periodo, sono state prodotte sui sistemi urbani e industriali di pianura7.

L’ipotesi alla base di questo esercizio è che, nonostante gli appelli per una considerazione più

innovativa della montagna e delle sue potenzialità8, essa continui ad emergere (nella riflessione

comunitaria e di alcuni Stati membri) come ambito di sviluppo periferico in contrapposizione alla

centralità della pianura. A questo riguardo, esponenti della geografia postmoderna (Minca, 2001)

mostrano con chiarezza come l’identità territoriale tenda a costruire i propri contorni e i propri

contenuti sulla base di rappresentazioni che sanzionano la ‘differenza’, la lontananza rispetto

all’altro. Nel caso qui indagato, la montagna emergerebbe cioè come il contraltare dei sistemi

urbani e produttivi localizzati in pianura, l’altro su cui questi ultimi costruiscono la propria identità,

spesso quale identità negata (dello stress, dei ritmi non umani, dal movimento disancorato), in una

6 In questa prima fase esplorativa, si considerano i soli documenti europei e italiani, ma è intenzione degli autori allargare la riflessione a altri contesti geografici 7 In realtà, nella letteratura geografica esercizi di decostruzione delle rappresentazioni sono in genere condotti con riferimento a grandi partizioni geoeconomiche e culturali quali: Nord e Sud del Mondo, Oriente e Occidente, Primo Secondo e Terzo Mondo, la Triade Globale, Centro e Periferia ecc. In questo caso risulta anche possibile verificare fino a che punto le rappresentazioni suddette siano il risultato di elites intellettuali che appartengono a una certa porzione del mondo (dove si sono formate, lavorano e di cui condividono i valori). Nel caso qui proposto, una simile operazione risulta molto difficile. In primo luogo perchè i documenti analizzati sono in prevalenza documenti di piano, di cui spesso è difficile attribuire la paternità (è l’esito del contributo di molti). In secondo luogo, perchè non esistono al momento evidenze che permettano di certificare l’esistenza di un modello di sviluppo urbano o di pianura, contrapposto/distinto rispetto a quello rurale o di montagna. 8 Questo il contenuto, per esempio, del “Manifesto per lo sviluppo della Montagna”, documento che configura le aree rurali come località centrali per un nuovo modello di sviluppo del Paese, sempre più "green"». Il Manifesto parte dai vincoli di Kyoto intesi non come costo a carico di imprese e consumatori, ma come opportunità per una strategia di innovazione per un nuovo e più sostenibile modello di sviluppo. Efficienza energetica, bioedilizia, produzione di energie rinnovabili, green technology, turismo culturale e naturalistico, agricoltura biologica, nuove tecnologie della comunicazione: attività produttive che possono trovare nella montagna il territorio ideale per crescere e sulle quali si potrebbero inserire con successo molte imprese.

Page 6: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

sorta di memoria del radicamento e dello stile di vita sostenibile. Il modello di sviluppo capitalistico

urbano-industriale, che si è diffuso soprattutto nei territori pianeggianti e, in Italia, soprattutto nei

territori del pedemonte, trova nella montagna lo sfondo rispetto al quale stagliarsi, la differenza

rispetto cui rintracciare i propri confini, la propria fisionomia.

Applicata al caso della montagna questa riflessione porta a domandarsi se il modo in cui il discorso

sulla montagna è stato inquadrato non contenga già l’indicazione, latente e improntata ai valori

dell’urbanità, di quali siano i problemi della montagna e quali le forme di azione da intraprendere.

Sia pure in via sperimentale e parziale, l’analisi da noi condotta dimostra la ragionevolezza di

queste ipotesi.

Tabella 1- La rappresentazione dei sistemi di pianura e dei territori di montagna: un confronto

Sistemi di pianura Territori di montagna

caratteri fisico-

territoriali

Centralità Perifericità

Accessibilità Isolamento

Urbanità/infrastrutturazione Ruralità/naturalità

processi Trasformazione di risorse, innovazione Fornitura di risorse/servizi

Attività manifatturiere e di servizio Attività agricole e turistiche

risorse Capitale umano, conoscenze, creatività Saperi tradizionali, risorse naturali

Diversificazione Specializzazione

dinamiche

Agglomerazione Rarefazione

Polarizzazione De-polarizzazione

Spirale positiva; possibili lock-in Spirale negativa

Flessibilità Resilienza

Fonte: nostra elaborazione

Come si vede da quanto riportato nella Tabella 1, le due rappresentazioni appaiono in netta

contrapposizione. Sono l’una il complemento dell’altra. Da un punto di vista pratico, ciò suggerisce

che anche gli interventi su questi territori debbano essere separati. E, effettivamente, le politiche per

la montagna hanno in genere obiettivi prioritari nella coesione e sostenibilità, da raggiungere

attraverso il potenziamento delle progettualità locali; mentre, per i sistemi urbani e produttivi della

pianura, gli obiettivi individuati sono prevalentemente quelli della competitività economica e

dell’internazionalizzazione.

Poichè la letteratura che ha indagato questi sistemi urbani ne ha legato il successo al cospetto di

fattori quali l’accessibilità, la centralità e la presenza di dotazioni e servizi di carattere urbano, per

contrapposizione, alla montagna sono attribuiti caratteri di isolamento perifericità e elevata

naturalità. Analogamente, mentre ai sistemi di pianura si riconoscono dinamiche positive di

agglomerazione e polarizzazione, alimentate da processi innovativi di tipo terziario e

manifatturiero, in montagna si riconosce il verificarsi di situazioni inverse di rarefazione e

depolarizzazione e le attività prevalenti sono quelle agricole e legate al turismo.

Page 7: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

La rappresentazione che ne deriva della montagna e dei suoi problemi è quindi, in un certo senso,

un’invenzione della pianura, di un certo modo di intendere lo sviluppo e il sottosviluppo9.

Questo, però, produce delle associazioni che mal si prestano a descrivere le condizioni dello

sviluppo in montagna. Per esempio, il fatto di descrivere la montagna nei termini di territorio

periferico ha un senso solo se si fa proprio il punto di vista dei territori pianeggianti. Mentre se si

assume come scala di analisi l’Europa, ci si rende subito conto dell’elevata centralità e strategicità

di molte regioni montane (alpine, per lo più), nonché dell’importante ruolo di cerniera che esse

svolgono. Riflessioni analoghe riguardano anche il ricorso estensivo alle dinamiche socio-

economiche in cui, con riferimento alla situazione europea, le Alpi emergono come contesto ricco e

dinamico (Nordregio, 2004). Secondo Morandini e Reolon le Alpi sono il centro d’Europa, motore

di innovazione, nonché entità autonoma dotata di coesione sociale ed economica, anche se non

ancora politica (2010).

Nella rappresentazione dei territori di pianura e di montagna si rileva quindi una visione dicotomica

dello sviluppo, del tipo dentro/fuori, che anima ancora oggi parte del dibattito politico in Europa

(Minca, 2001). In quest’ottica, si spiega infatti la tendenza da parte del legislatore comunitario a

intervenire nei territori di montagna con una finalità prevalentemente assistenzialistica.

Analogamente a quanto si è verificato per altri territori considerati come sottosviluppati (politiche

per il Sud del Mondo, per il Meridione d’Italia, per le regioni marginali), l’intervento pubblico per

la montagna, pur presentandosi come azione/strumento razionale, si è rivelato fallimentare tanto

nell’intento di delimitazione della montagna quanto nella capacità di sostenerne efficacemente lo

sviluppo. In particolare, si critica il fatto che non si sia riusciti a attivare in modo diffuso percorsi di

sviluppo che siano realmente espressione delle istanze della montagna. Sebbene in alcuni contesti

particolari è oggi possibile intravedere segnali di un nuovo modello emergente, più vicino a

un’interpretazione postmoderna10 dello sviluppo (sviluppo dal basso, sviluppo sostenibile,

decrescita, autodeterminazione delle società locali o empowerment), si tratta di episodi virtuosi ma

isolati, che occorrerebbe poter mettere in rete. Inoltre, in alcuni casi, questo intervento è stato

veicolo di forme più o meno latenti di ingerenza e controllo.

L’approccio “pianuracentrico” ai temi della montagna fa sì che la montagna non sia considerata

positivamente, in ciò ch’ella è per sé; ma negativamente, come altro rispetto ai sistemi urbani e

produttivi della pianura11. Questo ha agevolato una serie pericolose stereotipizzazioni concettuali

9 Il concetto di sottosviluppo non esiste se non in contrapposizione a una visione univoca di sviluppo, inteso come un percorso lineare di crescita, accumulazione e espansione. Questo significa che qualsiasi territorio esuli da questa visione è associabile a una condizione di sottosviluppo, ritardo o marginalità. 10 Il post-modernismo è un movimento culturale che, nato intorno agli anni 80, propone una propria interpretazione della contemporaneità che si allontana dall’idea di modernità (progresso, crescita, sviluppo tecnologico), sino ad allora egemonica. Secondo questa visione diventano importanti vincoli di obbligo e “fatti sociali” (reciprocità, spontaneità, amicizia, solidarietà, responsabilità, generosità), difficilmente spiegabili in un’ottica economica. Secondo Latouche, il “dopo-sviluppo” dovrebbe necessariamente essere plurale, cercando modi di crescita collettiva che non privilegino un progresso materiale devastante per l’ambiente e per i legami sociali (2001). 11 Sul tema dell’alterità e della costruzione dell’”altro” esiste una vasta letteratura, che non è però possibile approfondire nei limiti ristretti del presente articolo. Di questa letteratura qui basta ricordare la convinzione che qualsiasi testo sullo “sviluppo”, sia esso descrittivo o legislativo, è il frutto di stereotipizzazioni ideologiche, legate a una precisa visione del mondo (Latouche, 2001).

Page 8: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

sulla marginalità socio-economica della montagna e forzature nella delimitazione delle aree di

montagna che, in alcuni casi, hanno rasentato il paradossale. In Italia, in particolare, l’equazione

“montagna=aree svantaggiate/marginali”, inizialmente sancita dalla prima legge sulla montagna in

risposta a una condizione contingente di difficoltà del Paese e mai abbandonata del tutto, è alla base

dell’abnorme allargamento dei confini della montagna “legale” (stabilita per legge) e del

conseguente suo allontanamento da quella che è l’immagine della montagna “statistica” (delimitata

in base a criteri altimetrici) (Ferlaino e Rota, 2010). Inoltre, in Italia come nel resto d’Europa

l’inserimento nelle politiche comunitarie per le aree svantaggiate e per l’agricoltura di riferimenti a

condizioni particolari di azione per le aree di montagna ha favorito il diffondere dell’associazione

tra montagna e marginalità socio-economica o territorio agrorurale12.

Ciò è stato possibile, o quanto meno si è potuto reiterare sino quasi ai giorni nostri, quando è

esploso lo scandalo che ha portato a minacciare la cancellazione definitiva delle Comunità montane,

perchè, comunque, era forte tra i pianificatori e i politici la tendenza a pensare alla montagna come

periferia della pianura terziarizzata. Oggi, però, questa impostazione non è più realistica. Occorre

intervenire per sviluppare una riflessione sul modello di sviluppo delle terre alte. Manca una teoria

generale sullo sviluppo che, pur nel rispetto delle differenze interne ai territori montani, sia in grado

di descriverne in positivo e in modo quanto più possibile libero da pregiudizi (legati a visioni

“pianuracentriche” dello sviluppo) le peculiarità dello sviluppo. E’quello che abbiamo iniziato a

fare con questo lavoro di analisi dei contesti montani, in cui differenti peculiarità della montagna

sono individuate entro uno schema metodologico che, oltre ai fattori socio-economici, ha assunto

anche altri due fattori quali elementi costitutivi del “discorso montano”: l’accessibilità e cioè

l’essere “cerniera” tra territori culturali e produttivi diversi; le risorse ambientali, quale ricchezza

peculiare e importante dello spazio montano.

3 L’ANALISI DELLO SVILUPPO IN MONTAGNA: TIPOLOGIA, INTENSITÀ E

ARTICOLAZIONE SPAZIALE

Le montagne rimangono per molti aspetti delle “terrae incognitae”, dove, oltre alla carenza

strutturale di dati comparabili, manca un quadro interpretativo unitario, attraverso cui dare coerenza

ed elaborare opportune politiche. L’IRES Piemonte, insieme alla Regione Piemonte (tra cui anche

rappresentati degli enti di montagna) e al CSI-Piemonte, hanno costituito un tavolo tecnico13 che ha

elaborato un particolare metodo d’indagine, attraverso cui rilevare: tipologia, intensità e

12 La montagna è spesso oggetto di stereotipizzazioni paesaggistiche che ne enfatizzano i caratteri rurali (si trascura, salvo in rari casi, le realtà urbane presenti in montagna) e “della tradizione” (i borghi di montagna sono etichettati come isole più o meno felici di resilienza alla globalizzazione, avamposto della difesa delle tradizioni culturali). 13 Al tavolo tecnico del progetto hanno partecipato responsabili e tecnici della Direzione Economia Montana e Foreste della Regione Piemonte, del CSI, dell’IRES Piemonte, dell’Arpa Piemonte, della Protezione civile regionale. Hanno invece contribuito in modo indiretto: i ricercatori che hanno preso parte alla discussione scaturita dalla presentazione preliminare del modello alla Conferenza Aisre del 2009 (Firenze); diversi sindaci dei comuni di montagna che, in forma singola o associata, hanno in passato lamentato la scarsa sensibilità del legislatore nel riconoscere tanto i problemi contingenti quanto la centralità della montagna all’interno delle strategie di sviluppo regionale e nazionale.

Page 9: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

articolazione spaziale dello sviluppo e delle peculiarità espresse dalle terre alte. L’approccio

concertativo con cui è stata costruita la metodologia è di particolare interesse in quanto ha permesso

di maturare una critica alle rappresentazioni della montagna (spesso nate in contesti metropolitani e

industriali, tipici della pianura; cfr. 2) e ottenere una più veritiera fotografia della stessa, che ha

tenuto conto delle diverse visioni elaborate alle differenti scale. Presupposto del metodo così

elaborato è la convinzione che la montagna non sia solo un territorio marginale indifferenziato ma,

che al contrario, contenga eccellenze a livello regionale spesso non (ri)conosciute14.

Attraverso una procedura in due step, il modello d’indagine sviluppa una classificazione dei territori

di montagna, secondo alcune tipologie territoriali prevalenti.

Nel primo passaggio, le montagne sono state scomposte nelle unità territoriali costitutive. L’unità è

rappresentata dal comune amministrativo15 e, non esistendo un “ritaglio montano” condiviso nelle

analisi e politiche sulla montagna16 (Ferlaino e Rota, 2010), lo studio dell’IRES ha preso in

considerazione l’insieme dei comuni montani che presentano una connotazione “prevalentemente

montana e completamente montana”, secondo quanto stabilito dal Legislatore nazionale e regionale

(cfr. DCR del 1988 n. 826-6658). Si tratta di 515 comuni montani, su 1206 complessivi presenti in

Regione.

Le unità territoriali sono quindi state analizzate alla ricerca di differenze e analogie, tanto in termini

di vantaggio socio-economico (o, in senso contrario, di marginalità), quanto in termini di

accessibilità (o isolamento) e di qualità (o vulnerabilità) delle condizioni ecologico-paesaggistiche.

La letteratura ha infatti dimostrato come, a differenza di altri contesti, in montagna le condizioni

geografico-territoriali, oltre che sociali ed economiche, abbiano un peso rilevante nell’attivare e

alimentare processi di sviluppo (Nordregio, 2004).

A differenza dei contesti di pianura, dove i divari si spiegano prevalentemente in ragione degli

aspetti demografici (forza lavoro e capitale umano) e della dotazione economico-istituzionale

(attività produttive, capacità innovativa, capitale sociale ecc.), in montagna appaiono centrali anche

altri fattori, relativi all’integrazione territoriale. L’accessibilità interna e gli aspetti “cerniera”, in

particolare, hanno definito nel passato la gran parte dell’economia e dell’organizzazione montana.

Ma anche gli aspetti fisico-ambientali giocano un ruolo parimenti importante e inscindibile dagli

altri due, in quanto serbatoi di risorse e biodiversità.

Di qui la scelta di adottare un modello analitico articolato attorno a tre assalità17 (socio-economica,

infrastrutturale, ambientale) o attanti principali dello sviluppo della montagna (Figura 1), a loro

volta scomponibili in indici e indicatori quantificabili (cfr Tabella 2). 14Molti dei problemi di sviluppo che coinvolgono i sistemi territoriali rimandano a un mancato riconoscimento, una mancata consapevolezza, delle risorse presenti localmente, per questo chiamate “latenti”. Questa condizione si traduce in un mancato progetto di territorio e, quindi, mancato sviluppo locale. E questo è particolarmente vero in contesti di montagna, dove sono numerose le realtà minori incapaci di attivare una propria progettualità endogena. 15 Tuttavia, secondo la scala geografica adottata (regione, nazione, macroregione alpina, Europa, ecc.) il metodo è utilizzabile anche con altre unità, quali le comunità montane, le province o le regioni. 16 Quanto piuttosto tante montagne diverse espressione di istanze differenti (assistenzialismo, sviluppo, conservazione). 17 Altre analisi territoriali della montagna adottano una distinzione in tre assi delle variabili. Per esempio, l’istituto di ricerca Nordregio (2004), nell’analizzare la montagna europea su mandato della Commissione europea, distingue le regioni montane in funzione delle variabili: i) capitale economico e sociale, ii) infrastrutture, accessibilità e servizi, iii) uso del suolo e tipologia di copertura.

Page 10: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

Figura 1 - Schema del modello di analisi dello sviluppo dei territori di montagna

ASSE

SOCIO-ECONOMICO

ASSE

INFRASTRUTTURALE

ASSE

AMBIENTALE

DEMOGRAFIA RETI CAPITALE NATURALE

REDDITO

NODI

VULNERABILITA'

DOTAZIONI FLUSSI PAESAGGIO

ATTIVITA' IMPEDENZA PRESSIONI

tempi medio-corti tempi medi tempi medio-lunghi

Fonte: elaborazione da Crescimanno, Ferlaino e Rota, 2010, p. 56.

In generale, gli attanti sono elementi costituenti, tra di loro spesso in conflitto, che definiscono, con

temporalità diverse, la dinamica analizzata. Nel caso qui analizzato, dei tre attanti, quello socio-

economico rende ragione dei processi di attivazione e integrazione che si modificano in periodi

piuttosto brevi. Individua, cioè, determinanti di tipo congiunturale. Gli altri due, infrastrutturale (o

dell’accessibilità) e ambientale (o delle risorse naturali e paesaggistiche), connotano al contrario

situazioni giocate su tempi medi e medio-lunghi, individuando costituenti di natura strutturale.

L’interconnessione tra gli assi è evidente e assume esiti diversi a seconda dei contesti considerati.

Da un lato, buoni livelli di accessibilità e infrastrutturazione sono condizioni favorevoli allo

sviluppo socio-economico, così come valori elevati di qualità ambientale possono essere sfruttati

per attivare virtuosi processi di sviluppo locale. Nello stesso tempo, condizioni socio-economiche

favorevoli generano ricchezza e le risorse attraverso cui finanziare azioni di infrastrutturazione e

salvaguardia ambientale. Non si possono escludere casi di interazione negativa, per cui, per

esempio, elevati livelli di infrastrutturazione e sviluppo economico sono ottenuti a scapito della

salvaguardia della qualità dei quadri ambientali naturali. Individuare a priori l’esito, sinergico o

dirimente, dell’interazione tra gli assi non è possibile: si tratta di considerazioni che possono essere

sviluppate solo attraverso un’analisi condotta caso per caso.

In base alla lista dei tre valori, gerarchicamente ordinati attraverso il calcolo di indici sintetici

(indice socio-economico, indice infrastrutturale e indice ambientale), si distinguono le situazioni di

vantaggio e svantaggio che si producono all’interno della montagna18.

18 Per un approfondimento degli aspetti metodologici (metodi di calcolo, standardizzazione e composizione degli indici sintetici, verifiche di attendibilità del metodo, ecc.) si rimanda a Crescimanno, Ferlaino e Rota, 2010.

Page 11: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

Tabella 2 - Le variabili dell’analisi

indicatore struttura fonte produttore fonte

erogatore anno

ASS

E I

SO

CIO

-EC

ON

OM

ICO

DE

MO

GR

AF

IA Popolazione numero abitanti ISTAT GeoDemo ISTAT

GeoDemo 2008

Crescita demografica (Pop 2008- Pop 1998) * 100 Pop 1998

BDDE BDDE 2008/ 1998

Ultrasessantacinquenni Popolazione >64 / popolazione totale

BDDE (1) BDDE (1) 2008

RE

DD

ITO

Reddito imponibile Reddito imponibile / popolazione tot

Minist. Interno Min. Interno 2006

Gettito ICI ICI_standardizzato / (abitazioni+UL)

Oss.Finanza Locale - IRES

MEF 2007

Rifiuti Rifiuti (t) prodotti annualmente / popolazione totale

Reg.Piem. Direzione Ambiente

BDDM 2007

DO

TA

ZIO

NI

Servizi alle famiglie Presenza servizi alle famiglie (2) BDDM (1) BDDM 2007(2) Presenze turistiche Presenze Turistiche (Alberg.+

Extra alb.)/ popolazione totale Reg.Piem. Direzione Turismo

BDDM 2008

Connettività 1/ distanza km dal più vicino (svincolo AA*3/4 + stazione FFSS*1/4)

Reg.Piem. - carta tecnica

CSI 2005

AT

TIV

ITÀ

Manifattura UL manifattura (addetti / popolazione totale )

ISTAT BDDM 2006

Peso del commercio Medie-Grandi strutture, n° esercizi, posti banco

Osservatorio Reg.Commercio

ORC 2008

ASS

E I

I IN

FR

AS

TR

UT

TU

RA

LE

RE

TI

Densità stradale II livello

Km di rete strade reg.prov./ superf.comunale

CSI su dati Reg.Piem. - carta tecnica

CSI 2008

Densità stradale III livello

Km di rete strade comun.minori/ superf.comunale

CSI su dati Reg.Piem. - carta tecnica

CSI 2008

Corse trasporto pubblico

Numero medio corse annuali/popolazione *100

CSI su dati Reg.Piem. - piani dei trasporti

CSI 2008

NO

DI

Distanza svicoli autostradali.

Distanza in km (1) dal più vicino svincolo autostradale

CSI su dati Reg.Piem. - carta tecnica

CSI 2008

Distanza stazioni ferroviarie

Distanza in km(1) dalla più vicina stazione ferroviaria

CSI su dati Reg.Piem. - carta tecnica

CSI 2008

Fermate trasporto pubblico

Numero fermate / Km strade (II e III livello)

CSI su dati Reg.Piem. - piani dei trasporti

CSI 2008

FL

US

SI

Attrattività scolastica Flussi di studenti in ingresso – in uscita/ (ingresso + uscita)

CSI su dati Reg.Piem. CSI 2009

Pendolarità Pop. residente che si sposta giornalmente (in ingresso + in uscita) / popolazione

ISTAT Censimento 2001

ISTAT 2001

Turisti in ingresso Turisti in ingresso (arrivi)/ abitanti*100

Reg.Piem. Direzione Turismo

BDDM 2007

IMP

ED

EN

ZA

Altimetria 1 / quota altimetrica al centro ISTAT BDDM 2008 Dispersione abitativa Ab.(cs+na) /superficie comunale ISTAT BDDE 2001 Pendenza 1/ Pendenza media del comune Reg.Piem. CSI 2008

ASS

E I

II

AM

BIE

NT

AL

E

CA

P.N

AT

UR

AL

E Biocapacità agricola (Sup aree agricole x rese unitarie)

/ popolazione IRES su dati IPLA-ISTAT

IRES 2001

Biocapacità pascoli (Sup aree pascoli x rese unitarie) / popolazione

IRES su dati IPLA-ISTAT

IRES 2001

Biocapacità foreste (Sup aree foreste x rese unitarie) / popolazione

IRES su dati IPLA-ISTAT

IRES 2001

Page 12: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

VU

LN

ER

AB

ILIT

À

Rischio idrog. Sup.aree PAI / sup.comunale Reg.Piem. Direzione Opere Pubbliche

Reg.Piem. 2008

Persone non in sicurezza

Num.persone non in sicurezza per 7 tipi di rischio ogni 1000 abitanti

Reg.Piem. Direzione Opere Pubbliche

Reg.Piem. (2) 2007

Aree non protette superficie aree non protette/ superf. aree protette

Reg.Piem. Direzione Ambiente

CSI 2008

PA

ES

AG

GIO

Paes.abiotico Sup.tot. - sup.degr.antrop.- Sup.(agric.,foreste,pascoli)

IPLA -ISTAT IPLA-ISTAT 2001

Paes.verde (Sup aree pascoli + foreste ) / superficie comunale

IPLA -ISTAT IPLA-ISTAT 2001

Paes.antropizzato (Sup aree agricole) / superficie comunale

IPLA -ISTAT IPLA-ISTAT 2001

PR

ES

SIO

NI Carico ambient. densità usi diretti IRES IRES 2008

Sup.degradata superficie degradata CSI su dati Reg.Piem. Direz.Ambiente

CSI 2005

Siti contaminati numero siti / popolazione ARPA ARPA 2008

Il secondo passaggio consiste in una classificazione delle unità territoriali in funzione di una

valutazione complessiva dei posizionamenti relativi dei tre indici sintetici. Si tratta di attribuire a

ciascuna unità territoriale una connotazione specifica in funzione del fatto che registri livelli di

sviluppo socio-economico, accessibilità e qualità ambientale superiori o inferiori rispetto al

comportamento medio del campione. Più specificatamente, applicando lo schema classificatorio

illustrato in figura, si ottiene una classificazione a otto tipologie.

Figura 2 - Schema classificatorio dei sistemi territoriali montani

Fonte: Crescimanno, Ferlaino e Rota 2010 p. 56.

Page 13: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

Le tipologie individuate sono rappresentative di altrettanti tipi di sviluppo territoriale:

1. Sistemi in equilibrio economico e ambientale. Identificano sistemi territoriali sviluppati,

accessibili e connotati dal punto di vista ambientale;

2. Aree rurali di elevata montanità e nicchie turistiche. Si tratta di territori sviluppati e con valori

elevati di pregio ambientale, ma isolati;

3. Zone paesaggistiche e di pregio ambientale. In questo caso condizioni favorevoli di qualità

ambientale e accessibilità si accompagnano a una situazione di depotenziamento socio-

economico rispetto al resto della montagna piemontese;

4. Aree naturali interne e a bassa densità abitativa. Elemento distintivo di questi sistemi territoriali

è l’elevato valore dei quadri ambientali. Per il resto, si tratta di realtà poco accessibili e poco

sviluppate;

5. Città e sistemi urbani montani. All’elevato sviluppo e accessibilità si contrappone a una

situazione di fragilità delle risorse ambientali;

6. Centri interstiziali e aree di riconversione produttiva. Nonostante si tratti di contesti piuttosto

isolati e svantaggiati dal punto di vista ambientale, in questi sistemi di montagna si realizzano

positivi processi di sviluppo socio-economico;

7. Sistemi marginali di transito. L’elevata accessibilità è l’elemento di maggiore connotazione di

questi sistemi, altrimenti sottosviluppati e ambientalmente fragili;

8. Sistemi marginali isolati. Si tratta della condizione peggiore di tutte. Questa tipologia identifica

territori isolati, non sufficientemente sviluppati e compromessi dal punto di vista dei quadri

ambientali.

Applicato a livello di singole municipalità, questo metodo permette di identificare la trama fine

dello sviluppo in montagna. In funzione delle diverse tipologie di comuni presenti è possibile

tratteggiare un profilo diverso e specifico di montagna, per il quale si richiedono politiche mirate e

progettualità endogene.

Ai fini del presente articolo, tuttavia, più che la metodologia interessano i risultati dell’applicazione

empirica condotta con riferimento al caso dei comuni montani del Piemonte. L’analisi, oltre a

fornire elementi che convalidano la bontà del metodo in sé19 fornisce, infatti, una fotografia

complessa e aggiornata della realtà montana piemontese20, che contrasta con molti degli stereotipi

che animano i discorsi sulla montagna e il suo sviluppo (cfr. 1). Permette cioè una riflessione critica

sulla natura dei determinanti (cfr. 4) e dei modelli spaziali (cfr. 5) dello sviluppo montano, che è un

primo importante passo per l’affrancamento dalle più tradizionali rappresentazione dalla montagna.

19 Come si legge da Crescimanno, Ferlaino e Rota (2010), “l’analisi delle correlazioni dei tre assi sottolineano l’efficacia del modello utilizzato, espressa dalla forte indipendenza degli stessi assi (con indici di correlazione di Pearson inferiori a 0,43), entro un quadro relazionale tuttavia congruente con quanto la letteratura economico-sociale ha da tempo evidenziato “ (p. 137). 20 Per esempio, emergono con chiarezza i connotati paesaggistici ma marginali di molta parte delle montagne appenninche, l’esistenza di alcuni principali corridoi alpini di sviluppo, i problemi ambientali delle porte di valle, la valenza incontaminata delle parti più inaccessibili delle alpi cuneesi.

Page 14: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

4 L’EQUILIBRIO DEGLI ATTANTI

Come detto, la montagna piemontese è stata analizzata adottando un modello triassiale (cfr. 3), che

attribuisce ai costituenti infrastrutturali (o dell’accessibilità) e ambientali pari importanza di quelli

socio-economici nella spiegazione dei divari di sviluppo che si producono internamente ai territori

di montagna21.

L’analisi delle correlazioni dei valori registrati dai comuni montani piemontesi per questi tre

“attanti” dello sviluppo territoriale consente quindi di fare alcune scoperte interessanti circa il modo

in cui essi si combinano reciprocamente.

Innanzitutto, si verifica come le correlazioni rimangano sempre su valori molto bassi, a

testimonianza di una situazione di tendenziale indipendenza dei quadri socio-economico,

infrastrutturale e ambientale. Dei casi analizzati, la correlazione maggiore è quella tra l’indice

socio-economico e quello relativo alle dotazioni infrastrutturali. Come si può vedere dalla Figura 3,

la correlazione resta comunque nel complesso su valori molto contenuti: in contrasto con alcune

convinzioni consolidate, esiste una forma debole (R-quadro di 0,428) di mutualismo tra

l’accessibilità e il livello di sviluppo socio-economico raggiunto.

Figura 3 - Correlazione tra l’asse socio-economico (x) e l’asse infrastrutturale (y)

Fonte: Crescimanno, Ferlaino e Rota 2010 p. 138.

Questo significa che non è cioè possibile ricondurre il complesso rapporto tra sviluppo e

infrastrutturazione ad una causalità immediata e diretta. E’ un risultato importante perché, se per un

21 Nel modello dell’IRES (Crescimanno, Ferlaino e Rota, 2010) le variabili raccolte sono dapprima standardizzate e utilizzate per calcolare alcuni indici intermedi (per esempio, per l’asse socio-economico, sono calcolati gli indici: demografia, reddito, dotazioni e attività; cfr. fig.1), I valori così ottenuti sono quindi riportati, attraverso il calcolo delle medie aritmetiche, a un valore sintetico, senza che vengano introdotti pesi.

Page 15: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

verso è coerente, data la correlazione positiva, con quanto più volte sostenuto dalla letteratura geo-

economica, cioè col fatto che l’infrastrutturazione e l’accessibilità siano agenti di

territorializzazione e sviluppo, soprattutto nelle aree svantaggiate (Dematteis e Governa, 2002), per

altro verso evidenzia una causalità debole e, cioè, il fatto che (almeno in montagna e, sicuramente,

nella montagna piemontese) l’accessibilità e la relativa infrastrutturazione non sono elementi

fortemente determinanti e fondanti dello sviluppo socio-economico.

Un secondo importante risultato inerisce la presenza di altre condizioni, di carattere tipicamente

urbano, necessarie per attivare forme positive e rilevanti di sviluppo locale.

Rispetto agli economisti, tradizionalmente impegnati a esaminare il nesso fra investimenti in

infrastrutture e crescita, i teorici della nuova geografia economica (NEG) hanno dimostrato, sul

piano teorico e empirico, che la geografia degli insediamenti produttivi tende a privilegiare le

località in cui la densità di imprese e di lavoratori è più elevata. L’ubicazione di un sistema

economico rispetto ai mercati più rilevanti (cui si accede anche attraverso un’efficiente rete di

trasporti) diviene in tal modo un requisito essenziale per la creazione di un ambiente favorevole alla

realizzazione dei processi produttivi, stimolando la competitività e lo sviluppo delle imprese

(Messina, 2007). Nella nostra analisi tutto ciò resta valido, ma sotto particolari e importanti

condizioni: l’urbanizzazione richiesta deve essere relativamente bassa (poco superiore alla media

dell’intera montagna) per poter attivare processi ambientali sostenibili.

Spostando l’attenzione sull’attante ambientale, dall’analisi risulta che il capitale naturale è correlato

negativamente sia con l’infrastrutturazione che con la crescita socio-economica. Ciò significa che la

crescita e l’infrastrutturazione “erodono”, tendono a far diminuire, il capitale naturale, quantunque

nell’insieme in modo piuttosto debole (Figura 4).

Si tratta di un risultato coerente con molte delle teorie sviluppate in seno alla teoria geo-economica

contemporanea, tese a mettere in luce le ricadute potenzialmente negative delle infrastrutture

sull’ambiente (cfr., tra gli altri: Himanen, Nijkamp e Padjen, 1992). Meno immediata è invece la

comprensione delle cause che portano all’antagonismo, sia pur leggero, tra le dotazioni

ambientali/paesaggistiche e lo sviluppo socio-economico (Figura 5). Si tratta infatti di una

situazione che è in apparente contrasto con i presupposti e gli assunti delle recenti teorie “green”

dello sviluppo, che forse necessitano di maggiori articolazioni e specificazioni territoriali (Lélé

2002).

Particolarmente suggestivo è il fatto che l’infrastrutturazione, sebbene giochi sui quadri ambientali

un ruolo negativo, non incida significativamente. L’infrastrutturazione non esprime cioè, se non in

contesti particolari (definiti ‘sistemi marginali di transito’; cfr. 3), quella pressione negativa così

diretta e dirompente sui quadri naturali, deterritorializzante, come “vorrebbe” molta letteratura

dell’antagonismo sociale22. Nello stesso tempo essa non esprime nemmeno una correlazione

positiva con lo sviluppo tale da poterla considerare sicura foriera di sviluppo dei territori, tesi questa

sostenuta dalla gran parte della copiosa letteratura della “pianificazione strategica” dei territori.

22 Ci riferiamo alla copiosa letteratura indicata giornalisticamente con l’appellativo dell’”antagonismo sociale”, che si oppone in modo piuttosto radicale alla costruzione di nuova infrastrutture di trasporto, soprattutto in montagna.

Page 16: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

Questi risultati, letti con quelli relativi alla correlazione infrastrutture-sviluppo socio-economico,

tendono per un verso a confermare alcune causalità relative all’infrastrutturazione in ambito

montano, evidenziandone tuttavia la scarsa valenza e invitando gli “apocalittici” (dalla celebre

definizione di Umberto Eco, 1964) a moderare i termini del catastrofismo che l’infrastrutturazione

delle reti genererebbe (e presente solo nei pochi casi di utilizzo passivo del territorio). Per un altro

verso, sono di monito per i cosiddetti “integrati”, che tendono al contrario a generalizzarne le

“magnifiche sorti e progressive” (che esistono solo se accompagnate da altre condizioni che sono

state sintetizzate con il termine di “urbanità”).

Figura 4 - Correlazione tra l’asse o infrastrutturale (x) e ambientale (y)

y = -0,5065x + 4E-16

R² = 0,4147

-1,500

-1,000

-0,500

0,000

0,500

1,000

-1,500 -1,000 -0,500 0,000 0,500 1,000 1,500 2,000

Fonte: Crescimanno, Ferlaino e Rota 2010 p. 139.

Figura 5 - Correlazione tra l’asse socio-economico (x) e ambientale (y)

y = -0,33x + 4E-16

R² = 0,3754

-1,500

-1,000

-0,500

0,000

0,500

1,000

-2,000 -1,000 0,000 1,000 2,000 3,000

Fonte: Crescimanno, Ferlaino e Rota 2010 p. 139.

Page 17: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

Un’altra considerazione che è possibile sviluppare a partire dal caso piemontese riguarda il modo in

cui gli assi sopramenzionati si combinano all’interno delle singole realtà comunali. In pratica,

secondo la classificazione adottata dall’IRES, la condizione ottimale di sviluppo, quella a cui

ambire, è rappresentata dalla tipologia territoriale dei ‘sistemi in equilibrio economico e ambientale’

(cfr. 3). In questi comuni, infatti, si registrano condizioni superiori al comportamento medio dei

comuni montani piemontesi sia per quel che attiene i livelli di sviluppo socio-economico, che per

l’accessibilità e l’infrastrutturazione, che ancora per quel che riguarda la qualità del capitale

naturale e paesaggistico. Dunque, per sviluppo ottimale si intende qui la condizione più vicina

possibile al modello dello sviluppo sostenibile (o di lungo periodo), tradizionalmente descritto dalla

letteratura come lo sviluppo che risulta dal soddisfacimento contemporaneo di condizioni di

efficienza economica, equità sociale e integrità ambientale.

Tuttavia, se si analizzano nel dettaglio i dati si possono cogliere alcune indicazioni importanti.

Innanzitutto, si tratta di realtà poco numerose: sono solo 18 (sui complessivi 515 attraverso cui si è

analizzata la montagna piemontese) i casi che ricadono in questa classificazione (circa il 3,5%).

Questo perché, come dimostrato dall’analisi delle correlazioni riportata nel paragrafo precedente, si

tratta di dinamiche di sviluppo spesso in contrasto tra di loro. E’ il caso delle relazioni tra l’attante

di tipo ambientale e quello socio-economico, nonché tra il costituente ambientale e quello

infrastrutturale.

Inoltre, questi casi non sembrano rispondere a nessuna evidente logica spaziale. Le condizioni non

sono cioè territorialmente determinate, ma dipendono dalle diverse interazioni tra le variabili in

gioco di difficile costituzione, data l’esiguità dei comuni con tali caratteristiche.

Infine, i valori registrati per le tre assialità non esprimono pesi tali da poter far rientrare le

performance di questi comuni nella sfera delle “eccellenze”: sono sì superiori alla media, ma il

vantaggio che dimostrano è di minima entità. Dei 18 comuni ‘in equilibrio economico e ambientale’

(cfr. 3) la maggior parte (11) sono municipalità con un numero di abitanti compreso tra 1.000 e

5.000 abitanti (solo Anzola d'Ossola nel VCO supera questa soglia), le cui performance nei tre

indici sintetici si attestano su posizioni di media classifica. Sono invece pochi i comuni con valori

elevati per uno o più assi: Fenestrelle, Pevragno, Borghetto di Borbera, Tagliolo Monferrato e

Condove emergono nell’asse socio-economico, Molare in quello infrastrutturale, Rosazza in quello

ambientale. Anzola d'Ossola ha buone performance sia economiche che di accessibilità. Sala delle

Langhe di accessibilità e qualità ambientale.

Se ne ricava che, per raggiungere una condizione di sostenibilità (almeno teorica) dello sviluppo,

non occorre eccellere a “pieni voti”, quanto superare le dimensioni di soglia dello sviluppo entro un

gioco di equilibri che invita a perseguire livelli intermedi in tutte le dimensioni. E’ questo un

risultato che contrasta con la rappresentazione dell’eccellenza a cui siamo soliti pensare. Come

indicato nella Figura 2 (par. 2), infatti, i contesti eccellenti sono in genere visti come ambiti il cui

sviluppo si basa sulla presenza di molteplici ed elevate specializzazioni territoriali (nel turismo,

nell’agricoltura, nell’allevamento, nell’industria estrattiva e della produzione energetica da fonti

Page 18: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

rinnovabili, delle condizioni ambientali, dell’accessibilità). Le stesse strategie regionali e nazionali,

finanziate dai fondi strutturali europei, tendono a incentivare questo tipo di morfologia, soprattutto

per le aree montane, che, però (almeno stando agli esiti piemontesi), potrebbe rivelarsi

concettualmente sbagliato. E’ cioè il gioco di equilibrio tra le differenti componenti che

determinano la situazione economica, quella infrastrutturale e quella ambientale, a definire

l’eccellenza e non, come spesso si pensa, la straordinarietà delle performance in ogni indicatore.

5 L’ETEROGENEITÀ DELLE DINAMICHE SPAZIALI

Oggetto di approfondimento di questo paragrafo è la distribuzione degli indici socio-economico,

infrastrutturale e ambientale, ottenuta per i comuni piemontesi. È opinione degli autori, infatti, che

dalla lettura comparativa di questi risultati sia possibile ricavare indicazioni utili alla comprensione

dell’articolazione spaziale dello sviluppo in montagna, della sua geografia. In quest’ottica, nelle

figure che seguono (6a, 6b, 6c) a una rappresentazione puntuale (comune per comune) dei valori

degli indici sintetici, suddivisi in quartili, è affiancata una rappresentazione coremica dell’ipotetico

modello/schema spaziale soggiacente.

Con riferimento all’indice socio-economico, i comuni con le migliori performance si distribuiscono

secondo un modello spaziale a “nodi e assi indipendenti” (Figura 6a). Si tratta di cluster formati da

poche municipalità, in genere poste in corrispondenza degli accessi (porte di valle) e delle

terminazioni (terminali di valle, passi e valichi alpini) dei principali assi infrastrutturali che

segmentano radialmente l’arco alpino. I comuni di media valle e appenninici, al contrario, sono in

genere ambiti di evidente marginalità socio-economica (fanno eccezioni alcuni centri urbani

specializzati in attività terziarie, come Susa, o manifatturiere). Tra le porte di valle spiccano

concentrazioni di Comuni a vocazione produttivo-manifatturiera, localizzati lungo i tratti torinese,

biellese e verbanese del fronte pedemontano. Tra i comuni di alta quota, si distinguono importanti

comprensori sciistici (la “via lattea” nell’alta val Chisone, il “distretto olimpico” nell’alta valle di

Susa) e rinomate località turistiche attrezzate (nei pressi del Monte Rosa, nel Parco dell’Argentera,

nella zona termale di Vinadio e presso i laghi d’Orta e Maggiore).

Nel caso dell’accessibilità, le località della montagna che sono maggiormente accessibili sono

quelle che si trovano in corrispondenza dei principali assi infrastrutturali trans-regionali (verso il

tunnel del Frejus, il passo del Sempione, il Colle di Tenda, il Colle di Nava, e lungo la linea ideale

che corre lungo il fronte pedemontano. In altre parole, s’individua un modello spaziale di tipo

lineare (Figura 6b) coerente con il fatto che l’accessibilità in montagna è influenzata in larga misura

dalla localizzazione della rete viaria principale e ferroviaria. Tra le situazioni più isolate emergono

alcune porzioni remote delle vallate alpine al confine con la Francia (alte valli del Torinese e del

Cuneese), la Svizzera (le vette che chiudono la valle Cannobina nel VCO) e la Valle d’Aosta (Alto

Canavese e i rilievi occidentali del Vercellese).

Page 19: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

Figura 6 - Distribuzione dei valori per gli indici socio-economico (6a), infrastrutturale (6b) e ambientale (6c). Mappe e rappresentazioni coremiche

Fonte: elaborazione da Crescimanno, Ferlaino e Rota, 2010

Page 20: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

20

Le situazioni di elevata qualità ambientale, invece, seguono un modello spaziale di tipo

areale. Esse tendono infatti a distribuirsi a livello regionale in maniera aggregata, a formare

cluster di area vasta, tra loro separati, nella montagna alpina, da corridoi di elevata

edificazione e infrastrutturazione (Figura 6c). Dalla mappa si osserva una tendenziale

concentrazione delle situazioni più qualificate in corrispondenza di alcune tipologie principali

di territori: comuni scarsamente accessibili con elevati connotati di montanità, quali le

porzioni più remote delle valli Maira e Grana, dell’alta Valle Stura di Demonte e di tutta la

porzione sudoccidentale della provincia di Cuneo. Al contrario, le aree a ridosso dei valichi

alpini (Frejus e Sempione) presentano valori di elevato degrado e vulnerabilità. Così come

condizioni di elevato degrado e vulnerabilità contraddistinguono la maggior parte delle

bocche delle vallate alpine, dove maggiore è stata la pressione esercitata dall’azione

dell’uomo (a livello di infrastrutturazione, compromissione dei suoli e inquinamento).

Diverso è il caso dell’area appenninica, dove si esprime una elevata qualità ambientale in

molti comuni appenninici al confine con la Ligura, anche in corrispondenza di valichi e di

passi.

Dal punto di vista della teoria dello sviluppo in montagna, ne consegue che, come già

anticipato nell’introduzione di questo lavoro (cfr. 1), modelli tradizionalmente utilizzati nelle

analisi geo-economiche del tipo “centro-periferia” e “nord-sud”, che certamente, possono

trovare applicazione a livello regionale, , mal si prestano alla lettura della montagna. In

alternativa, l’analisi dell’IRES suggerisce l’utilità di adottare altri modelli, più complessi e

articolati.

Un’ultima riflessione concerne il carattere dell’urbanità che emerge quale leva per lo sviluppo

in contesti di montagna. Come si è visto, l’analisi delle correlazioni tra gli indici sintetici

suggerisce un debole mutualismo tra le performance infrastrutturali e socio-economiche (cfr.

4). Questo si realizza, probabilmente, perché l’infrastrutturazione e l’accessibilità sono sì

condizioni importanti della crescita economica, ma non sufficienti. Esse sono significative se

accompagnate da altre attività e servizi, che nel caso del Piemonte sono rappresentati da

elementi propri del carattere urbano. È il caso di comuni di medie dimensioni quali Susa

(6.806 abitanti al 2009), Baveno (4.858), Vigliano Biellese (8.482), Omegna (16.074),

Domodossola (18.452). Qui, la presenza di una ricca offerta - tipica dei contesti urbani - di

dotazioni e funzioni specializzate (nei trasporti e nei servizi per Susa e Domodossola, nelle

attività manifatturiere per Omegna e Vigliano Biellese, nel turismo e nella residenzialità delle

seconde case per Baveno), insieme con la presenza di un consistente mercato locale fanno

sistema con l’elevata accessibilità nel sospingere la crescita economica e il livello di vita dei

residenti. In quest’ottica, la correlazione evidente tra sviluppo socio-economico e reti di

connessione interregionale che si realizza in Piemonte in corrispondenza di alcuni dei corridoi

storici dell’attraversamento alpino (in valle di Susa, nel passo del Tenda, nel Verbano, nel

corridoio della val d’Ossola, nelle aree di più urbane di connessione con la valle d’Aosta) si

Page 21: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

21

spiega in parte in virtù della concentrazione di centri urbani lungo questi assi, in parte per la

presenza di attività e servizi su questi stessi assi gravitano per la presenza di specifiche

esternalità.

Anche il comune sciistico di Sestriere, pur non avendo una dimensione urbana rilevante (900

abitanti), è in grado di attrarre consistenti flussi economici e finanziari grazie alla

compresenza di elevate accessibilità (indice normalizzato: 0,93; valore max: 1,53) e urbanità

per assicurarsi posizioni alte di sviluppo socio-economico (1,83; max 2,43) anche se a scapito

della qualità del capitale naturale (-0,75; max 0,83).

Come si può rilevare dai dati, l’”urbanità” è necessaria e sufficiente per lo sviluppo ma se

elevata determina condizioni sfavorevoli di sostenibilità e qualità ambientale. E’ pertanto in

questo trade-off tra urbanizzazione e qualità ambientale che va cercata e individuata la

peculiarità dello sviluppo montano.

Tuttavia, una simile condizione contrasta in modo evidente con la rappresentazione dei

contesti montani quale negazione dell’urbano, spazio della micro ruralità opposta alla

morfologia sociale ed economica della pianura descritta nel par. 2. Ne consegue una conferma

della necessità di elaborare nuovi schemi interpretativi dei territori di montagna, in quanto

quelli attuali non sono adeguati a descriverne le dinamiche in atto. Schemi in cui dotazioni di

urbanità (presenza di servizi, attività innovative, ecc.), sebbene definite entro determinate

soglie, siano riconosciute come leve di sviluppo e espressione di crescita economica

sostenibile della montagna.

6 CONCLUSIONI

La recente ricerca dell’IRES sulla montagna del Piemonte offre numerosi di spunti di

riflessione sulla montagna e sullo sviluppo dei sistemi territoriali piemontesi. Oltre alle ricche

evidenze empiriche fornite, è stata anche l’occasione per riflettere sulla classificazione di

questi territori in Italia e in Piemonte, proponendone una faticosa sistematizzazione.

In quest’ottica una prima considerazione che emerge riguarda la relazione tra montagna e

pianura. I risultati sul Piemonte sembrano infatti rimandare all’ipotesi che, nel contesto delle

reti globali competitive, comincino a emergere nuove specializzazioni produttive e territoriali,

che si connotano (con i relativi mercati) più dal punto di vista geofisico che politico-

amministrativo. Con riferimento al contesto europeo, la pianura sembra infatti essere il luogo

delle reti più globalizzate e dei nodi della produzione avanzata e dei settori di massa. La

collina esprime caratteristiche di radicamento territoriale e paesaggistico entro tuttavia reti

globali consistenti e potenzialmente forti. La montagna sembra invece emergere, all’interno

del contesto glocale, come territorio della “naturalità” che si pone in termini contestuali di

differenziazione con i territori circostanti. All’interno di questo scenario emergono tuttavia

montagne diverse, espressione di istanze differenti e, spesso, in conflitto tra loro. Il modello

Page 22: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

22

dell’IRES fornisce a questo riguardo una classificazione secondo alcune tipologie prevalenti

di territori montani, relative allo sviluppo socio-economico, all’accessibilità e alla qualità

ambientale. L’analisi empirica del caso piemontese mette quindi in evidenza la varietà e

complessità di situazioni che caratterizzano i territori di montagna, tratteggiandone un profilo

specifico, per cui si richiedono politiche mirate. Per esempio emergono con chiarezza i

connotati paesaggistici ma marginali di molta parte delle montagne appenninche, l’esistenza

di alcuni principali corridoi alpini di sviluppo, i problemi ambientali delle porte di valle, la

valenza incontaminata delle parti più inaccessibili delle alpi cuneesi. Sebbene non

generalizzabile nell’equivalenza “montagna=marginalità” in Piemonte la montagna

svantaggiata dal punto di vista socio-economico è una realtà che interessa il 58% dei comuni

analizzati. Ciò richiede di continuare a implementare le politiche attive di sviluppo, a partire

dalla consapevolezza dei fattori specifici indagati. Occorre tuttavia prendere atto che il

restante 42%, cioè 218 comuni dei complessivi 515 che formano la montagna piemontese,

registrano buone performance, in alcuni casi raggiungendo valori di ricchezza del tutto

confrontabili con le altre aree dello sviluppo regionale.

La ricerca consente anche di fare alcune scoperte interessanti circa il modo in cui le

determinanti dello sviluppo territoriale (socio-economico, ambientale e infrastrutturale) si

combinano reciprocamente. In contrasto con alcune convinzioni consolidate, sembra infatti

esistere una forma di mutualismo debole tra l’accessibilità e lo sviluppo socio-economico.

Questo significa che nei contesti di montagna non basta l’infrastrutturazione a determinare lo

sviluppo territoriale: essa è una condizione forse necessaria, certo non sufficiente.

L’infrastrutturazione e l’accessibilità diventano al contrario leve importanti se accompagnate

da altre attività e servizi, quali elementi del carattere urbano, che in montagna (e non soltanto)

sono espressione di crescita economica. A sostegno di questa ipotesi, la ricerca sul Piemonte

mostra che le aree più sviluppate interessano i contesti urbani localizzati in corrispondenza di

alcuni dei corridoi storici dell’attraversamento alpino (in valle di Susa, nel passo del Tenda,

nel Verbano, nel corridoio della val d’Ossola, nelle aree di più urbane di connessione con la

valle d’Aosta) o in zone dove maggiore è la presenza di attività e servizi che su questi stessi

assi gravitano. Sempre dall’analisi risulta poi che il capitale naturale è correlato

negativamente sia con l’infrastrutturazione che con la crescita socio-economica. Ciò significa

che la crescita e l’infrastrutturazione “erodono”, tendono a far diminuire il capitale naturale,

quantunque nell’insieme in modo piuttosto debole e non tale da costituirne una determinante

diretta.

Da ultimo, è certamente interessante rilevare come la rappresentazione della montagna come

luogo della naturalità e della sostenibilità, in qualche modo contrapposto alla pianura, presenti

in realtà diversi elementi in comune con quest’ultima. In Piemonte, infatti, i comuni

maggiormente sostenibili (che registrano cioè performance superiori alla media per le tre

assialità, socio-economica, dell’accessibilità e ambientale) non sono aree singolari o

Page 23: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

23

particolarmente “virtuose”. Sono comuni in cui i vari indicatori normalmente non

primeggiano ma raggiungono, tuttavia, situazioni positive. E’ cioè il gioco di equilibrio tra le

differenti componenti a definire l’eccellenza e non, come spesso si pensa, la straordinarietà

delle performance in ogni indicatore. Questo significa che, sebbene la risorsa ambientale

continui ad essere di gran lunga l’atout principale su cui puntare nei processi di sviluppo

futuro dei territori di montagna (in termini di biocapacità prodotta e di bene paesaggistico), è

tuttavia evidente che tale risorsa non può essere data per scontata. Essa è infatti soggetta a

fattori di vulnerabilità territoriale, di pressione, nonché dalla impedenza nell’accessibilità dei

territori. Inoltre, per essere ben utilizzata, necessita che si verifichino condizioni particolari di

‘urbanità’ e equilibrio degli attanti che non sono date da performance eccezionali, quanto

piuttosto da un gioco complesso tra le differenti componenti. Questa particolare forma di

‘urbanità’ (di piccola dimensione, integrata con il contesto territoriale, non avulsa dalle

condizioni di modernità) in gran parte nega l’immagine idealizzata della montagna quale

spazio di una naturalità perduta. Ma è da qui che occorre partire per far rivivere questo

territorio “speciale”.

7 BIBLIOGRAFIA

Commissione delle Comunità Europee (CEC) (2001), “Unità dell’Europa, solidarietà dei

popoli, diversità dei territori. Secondo rapporto sulla coesione economica e sociale”,

Ufficio per le pubblicazioni ufficiali delle Comunità Europee, Lussemburgo

Commissione Europea (CE) (1999) Regolamento del Consiglio n. 1275/1999 del 17 maggio

1999, http://eur-lex.europa.eu/

Crescimanno A., Ferlaino F., Rota F.S. (2009), “Analisi della marginalità dei piccoli Comuni

del Piemonte. Anno 2009”, in fase di pubblicazione, IRES Piemonte, Torino.

Crescimanno A., Ferlaino F., Rota F.S. (2010), La montagna del Piemonte. Varietà e

tipologie dei sistemi territoriali locali, IRES Piemonte, Torino.

Dematteis G., Governa F. (2002), Grandi infrastrutture e sistemi locali. Il valore aggiunto

territoriale delle infrastrutture di trasporto, Sr Scienze Regionali, Vol. 3, pp. 27-50, 2002, ,

Ferlaino F. (2002), “La montagna nei programmi europei d’integrazione territoriale”, IRES

Piemonte, Working Paper n.157/2002, IRES Piemonte, Torino.

Ferlaino F., Rota F.S. (2010), La montagna nell’ordinamento italiano: un racconto in tre atti,

contributo alla XXXI Conferenza italiana di scienze regionali “Identità, Qualità e

Competitività Territoriale: Sviluppo economico e coesione nei Territori alpini”, 20-22

settembre 2010, Aosta.

Himanen V., Nijkamp P., Padjen J. (1992), Transport Mobility, Spatial Accessibility and

Environmental Sustainability, vrije Universiteit amsterdam Research-Memorandum, no.

53, ftp://zappa.ubvu.vu.nl/19920053.pdf.

Page 24: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

24

ISTAT (2007), “Atlante statistico della montagna italiana”, ISTAT, Roma.

Latouche S. (2001), L’invenzione dell’economia, Arianna, Bologna.

Lélé S.M. (2002), Sustainable development: A critical review, World Development, Vol. 19,

No. 6, pp. 607-621.

Maxwell J., Birnie R. (2005), “Multipurpose management in the mountains of Northern

Europe – policies and perspectives”, in Thompson D.B.A., Price M.F., Galbright C.A. (a

cura di), Mountain of Northern Europe. Conservation Management, People and Nature,

Scottish Natural Heritage, Edinburg, pp. 227-238.

Messina G. (2007), “Un nuovo metodo per misurare la dotazione territoriale di infrastrutture

di trasporto, Temi di discussione del Servizio Studi della Banca d’Italia, No. 624, Aprile,

www.bancaditalia.it/pubblicazioni/econo/temidi/td07/td624_07/td624/tema_624.pdf

Minca C. (2001). Postmodern Geography: Theory and Praxis. Oxford: Blackwell.

Morandini M., Reolon S. (2010), Alpi regione d'Europa: da area geografica a sistema

politico, Marsilio, Venezia.

Nordregio (2004), “Mountain Areas in Europe: Analysis of Mountain Areas in EU Member

States, Acceding and other European Countries”, http://ec.europa.eu/regional_policy/

[ultimo accesso: 29.06.2010]

Regione Piemonte (2008), Piano territoriale regionale. Relazione novembre 2008,

http://www.regione.piemonte.it/sit/argomenti/pianifica/pianifica/informa/dwd/nuovo_ptr/re

lazione.pdf [ultimo accesso: 29.06.2010].

Page 25: LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE TERRE ALTE : EVIDENZE DAL … · 2012. 11. 6. · 5 Il post-strutturalismo è un tipo di approccio che, originatosi a partire dai lavori di Deridda sull’analisi

25

ABSTRACT

On behalf of the regional Councillorship “Development of the Mountain and Forests”, IRES

Piemonte has recently developed (with the support of the CSI-Piemonte) a methodology for

the classification of different typologies of mountain municipalities, which is based on several

variables organized according to three axes (socio-economic, infrastructural and

environmental). In the paper the application of this methodology to Piedmont’s mountain is

the opportunity to reason upon the development models/patterns usually develop to describe

the mountain territories and their development process. Within the European and regional

planning the mountain only seems to emerge as the “counterpart” or functional complement

of the urban and economic systems on the plain. In other words, the mountain is the “other”

against which these systems, imprinted to capitalistic values and development, construct their

own identity. As a result, several discourses on mountain development make reference to non-

urban values, processes, and dynamics, as a sort of “memory” of local embedded and

sustainable style of life. However, the analysis of the Piedmont’s municipalities tells a

different story in which the objective of a long-term balanced development (i.e. socio-

economic, territorial and environmental) passes also through the attainment of urban

endowments.