Lo straordinario potere della musica

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E‟ difficile esprimere a parole molto di ciò che si svolge nella vita interiore dell‟uomo, e soprattutto quando si tratta di sentimenti spiacevoli oppure tabù come la rabbia, la paura, la vulnerabilità oppure la tristezza. Con la musica è diverso; riesce ad esprimere, in modo diretto e immediato, i sentimenti più profondi.

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Sommario

Introduzione Pag. 3

Cos‟è la musicoterapia? Pag. 4

Improvvisazione musicoterapica Pag. 5

L‟effetto Mozart secondo Tomatis Pag. 7

L‟orecchio elettronico Pag. 9

Il metodo Tomatis Pag. 11

L‟effetto Mozart Pag. 15

La musica come abilità cognitiva Pag. 17

Il linguaggio musicale Pag. 19

Biologia del pensiero musicale Pag. 22

Musica e intelligenza-spazio temporale Pag. 25

Conclusioni Pag. 29

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Introduzione

E‟ difficile esprimere a parole molto di ciò che si svolge nella vita interiore

dell‟uomo, e soprattutto quando si tratta di sentimenti spiacevoli oppure tabù

come la rabbia, la paura, la vulnerabilità oppure la tristezza.

Con la musica è diverso; riesce ad esprimere, in modo diretto e immediato, i

sentimenti più profondi. Fin dall‟antichità la Musicoterapia trae vantaggio da

questo potenziale. Nell‟ascolto di suoni, ritmi e melodie risuonanti dal

silenzio, al contatto di ciò che suscitano nel suono attivo, emerge l‟uomo e

incontra sé stesso. Sofferenze inespresse e nascoste possono essere toccate e

avvertite, questo anche quando la loro verbalizzazione non è (ancora)

possibile. Ne nasce uno spazio simbolico nel quale forze di autoguarigione

inattive vengono fatte emergere e possono essere rese fruttuose nel rapporto

terapeutico. Il concetto di musica, in questo contesto, viene abbracciato in

modo ampio: non vengono compresi soltanto determinati pezzi o stili

musicali ma anche, a livello elementare, tutto ciò che risuona, sia che si tratti

di suono, ritmo, melodia, rumore oppure anche silenzio. Alla base di qualsiasi

attività musicoterapica si trova la libera improvvisazione, cioè la musica creata

sul momento. Non si imparano le note, e neppure si tratta

dell‟apprendimento di abilità strumentali. Il prodotto musicale finale, o

meglio la sua qualità estetica, non sta in primo piano. Qui si espleta anche la

distinzione fondamentale dell‟educazione musicale: non c‟è il giusto e lo

sbagliato, il bello o il brutto nel senso obbiettivo. La relazione ludica con gli

elementi musicali e il simbolismo di quest‟espressione individuale sono al

centro dell‟attenzione.

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Cos‟è la musicoterapia?

"La musica riusciva a entrare e a compiere miracoli anche nel suo mondo

lontano, molto più lontano della luna."

Paulo Coelho

Con il termine di Musicoterapia si definisce un‟ attività che comprende un

ambito più ampio delle due singole discipline (Musica e Terapia). Tale

rapporto costituisce di fatto una interazione tra due aree di ricerca esistenti

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nell‟ambito culturale che “avvolgono” l‟esistenza di un soggetto nella sua

totalità: un‟area a sfondo musicologico e un‟area a sfondo terapeutico.

L‟interazione che ne scaturisce determina un‟area di intervento che si

identifica nell‟itinerario “musicoterapico”. Il linguaggio materno prima e la

comunicazione familiare dopo attivano diverse strategie di comunicazione in

ogni bambino determinando, all‟interno della sua mente, un sistema acustico–

culturale–musicale necessario alla comunicazione verbale. Il patrimonio delle

sonorità ambientali e musica contribuisce così alla formazione e allo sviluppo

del bambino in virtù di una adeguata struttura relazionale con il prossimo.

Riuscire, quindi, a contestualizzare le dinamiche relazionali sotto il profilo

sonoro musicale sottintende la possibilità da parte dell‟educatore di poter

introdurre alcune variabili nel livello di “interesse” verso il fenomeno musica

e quindi introdurre i cambiamenti nel comportamento del soggetto in

trattamento.

“Improvvisazione” Kandinsky

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Improvvisazione musicoterapica

L'improvvisazione (dal lat. Improvisus – inaspettato, inatteso) per sua natura

costitutiva è qualcosa che principalmente accade e che poco si presta ad una

classificazione. Oltremodo l'atto improvvisativo in sé è qualcosa

d'evanescente, effimero e transitorio, che possiamo ben dire antitetico a una

rigorosa teoria scientifica che, invece, è tanto più valida quanto più riesce a

predire con esattezza l'evento oggetto d'indagine. Tutto questo potrebbe far

pensare che l'improvvisazione in sé sia qualcosa che non si studia, perché

semplicemente accade, e dunque non lascia traccia.

Dato il carattere "istantaneo" dell'atto improvvisativo, diviene difficile e forse

anche paradossale rintracciare materiali e studi che a esso si riferiscono. E‟

invece possibile trovare dei percorsi, delle esperienze consapevoli, quando

l'improvvisazione acquista la peculiarità di un atto che specializza una forma.

Allora l'improvvisazione è musicale, teatrale, anche pittorica: spesso

un'accezione di una disciplina artistica o comunque di un ambito dove libertà

e creatività sono fortemente richieste. Acquisisce un passato che la solleva

dall'attimo per storicizzarsi e in questo senso può essere studiata e compresa,

ma sempre in riferimento ad una disciplina che la contiene. A mio avviso non

è possibile “inventarsi” artisti o professionisti in qualsiasi campo, se non si

accetta di fondare le proprie aspirazioni sulla necessaria fatica che

l‟applicazione ad imparare un‟arte presuppone per chiunque. Non esiste tra

gli uomini genio che abbia una scienza o competenze tecnico-professionali

infuse, come in teologia si può dire delle virtù morali. Anche i più “grandi”,

come Mozart, Michelangelo, Dante, Platone, Aristotele, si applicarono con

metodo ai rispettivi studi. Mozart conosceva benissimo la musica italiana,

Händel il contrappunto, Dante studiò presso i padri francescani di Santa

Croce in Firenze i classici latini, Platone stette per vent‟anni assieme a

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Socrate, Aristotele seguì dai venti ai trentotto anni Platone, e così via. Un

musicista, nel momento in cui improvvisa, grazie alla preparazione teorica e

tecnica, alla sensibilità e al gusto estetico, crea un qualche cosa di

formalmente riconosciuto. Chi ascolta può “risentire certe forme”,

emozionarsi ed eventualmente rispondere, dando vita ad un dialogo.

Nell‟improvvisazione musicoterapica troviamo molti punti in comune con

quella propriamente musicale (strumenti, forme, persone), ma esistono anche

altre competenze (transfert –controtransfert, personale analisi sonora,

fenomeni fonosimbolici), ugualmente importanti che ne connotano le

premesse epistemologiche e gli obiettivi.

L‟effetto Mozart secondo Tomatis

Il metodo Tomatis è una terapia ideata da un medico otorinolaringoiatra

francese, Alfred Tomatis, che mise in evidenza le relazioni esistenti fra

l'orecchio e varie funzioni dell'organismo, come ad esempio il linguaggio. Il

metodo audiopsicofonologico ideato dal dott. Tomatis stabilisce che quando

l'orecchio non ascolta in modo ottimale si hanno ripercussioni su tutto

l'organismo. Attraverso questa metodologia terapeutica, utilizzando una

macchina nota come "orecchio elettronico", che filtra la musica di Mozart, si

apportano all'orecchio le frequenze acute che vanno a "ricaricare" la corteccia

cerebrale. L'orecchio, infatti, ha il compito di portare energia al nostro

cervello, come una dinamo che ricarica la batteria di un'auto. Tale apporto

energetico è determinato quasi esclusivamente dalle frequenze acute; tali

frequenze si trasformano in stimoli nervosi, a livello delle cellule ciliate della

coclea (cellule del Corti), e provocano una dinamizzazione dell'attività

corticale, che si tramuta in coscienza, concentrazione, memoria e volontà;

dopo la terapia avviene un risveglio della coscienza e della vitalità. Inoltre la

parte dell'orecchio interno detta "organo di equilibrio" tiene sotto controllo

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tutti i muscoli del corpo; ecco perché una sana "energizzazione" agisce sulla

tensione corporale, su eventuali contrazioni o rilassamenti del tono muscolare

e quindi sulla postura. Osservando il sistema nervoso parasimpatico,

possiamo anche comprendere il motivo per cui le frequenze acute agiscono

positivamente in varie malattie psicosomatiche. Il nervo vago (sistema

parasimpatico), tramite il nervo auricolare si inserisce sul timpano; il vago,

anche detto "nervo dell'angoscia", risente di ogni situazione di stress o

conflitti e reagisce determinando disturbi specifici a carico degli apparati o

organi innervati (digerente, respiratorio, circolatorio, etc.). Le frequenze acute

determinano una tensione del timpano prodotta dalla regolazione dei muscoli

del martello e della staffa (muscoli della cassa del timpano). Il timpano teso

al massimo, assicura un buon equilibrio neurovegetativo. Grazie al vago tutto

si può organizzare armoniosamente o squilibrarsi: in quest'ultimo caso

appaiono somatizzazioni varie: paura, ansia, angoscia. Un orecchio chiuso

allenta la muscolatura del martello che non sollecita più la muscolatura della

staffa; così la membrana del timpano allentata in un movimento ampio eccita

il ramo auricolare del vago, con reazioni nella sfera vegetativa. La

microginnastica dell'orecchio permette al soggetto di stendere il suo timpano:

così l'eccitazione del vago cessa e si verifica un rilassamento globale. La prima

fase della terapia è rappresentata dal test di ascolto, il momento diagnostico,

che viene effettuato attraverso un audiometro attraverso il quale vengono

inviati al soggetto segnali sonori . In seguito ai dati ricevuti, vengono tracciate

le curve dell'ascolto aereo e dell'ascolto osseo. In base al test e ad un

colloquio, lo specialista personalizza il programma d'ascolto. Il test d'ascolto

da un'immagine dell'aspetto mentale e corporale del soggetto. La base

musicale del metodo Tomatis è la musica di Mozart che è ricca di alte

frequenze e non è stancante. Si utilizzano anche in misura minore i canti

gregoriani, che mettono in sintonia i ritmi cardiaci e respiratori. Il

programma sonoro si prefigge lo scopo di far seguire al paziente una

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progressione di ascolto ideale, simile a quella che avrebbe dovuto sviluppare

dal momento del suo concepimento; la qualità del suo ascolto e di

conseguenza la comunicazione con l'ambiente sono la risultante di tutto ciò

che non è "filato liscio" da quel momento in poi. "Bisogna essere destroidi

fino alla sinistra" è quanto afferma e ripete Tomatis, a sostegno della ricerca

dell'individuo ad essere destroide non solo nella mano o nel piede, ma anche

nell'audizione, nella parola. Gli impulsi che partono dal cervello si

ripercuotono per l'elaborazione di un suono a livello della laringe, grazie alla

quale avviene la comunicazione. A questo livello c'è un'asimmetria: la

semilaringe destra beneficia di un nervo ricorrente motore (ramo del vago)

più corto di quella sinistra, per cui il tempo degli impulsi neuronici è

differente. L'orecchio destro è quindi più vicino agli organi fonatori e al

cervello di quello sinistro, il cervello destro ha una funzione di controllo e di

integrazione, quello sinistro è esecutore. Per questo è importante che

l'informazione sia ricevuta dall'orecchio destro, in quanto se è invece il

sinistro a riceverla, sarà il cervello destro ad attuare l'esecuzione e quindi non

potrà occuparsi adeguatamente del controllo. Col training si lateralizza

progressivamente a destra, in questo modo, l'ascolto, passando da sinistra a

destra, determina un miglioramento del rendimento cerebrale del soggetto ed

un'armonizzazione generale. Se la laterizzazione è una scelta dell'individuo

perché alcuni scelgono quella più difficile? La scelta, che è inconscia, è legata

all'elaborazione del linguaggio del soggetto, il piccolo comunica già con sua

madre e nella fase del balbettio non c'è ancora differenziazione degli orecchi,

in seguito il bambino "incontra" il padre che è il vettore del linguaggio

socializzato; per comprenderlo dovrà tendergli il giusto orecchio .Se le

relazioni tra padre e bambino non sono buone, quest'ultimo ha probabilità di

tendergli l'orecchio sinistro per tenersi l'interlocutore a distanza.

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L'orecchio elettronico

L'audiopsicofonologia utilizza l'orecchio elettronico che è un apparecchio

costituito da un amplificatore, da filtri e da un gioco di bilance elettroniche.

L'orecchio elettronico modifica il messaggio sonoro offrendo due canali

possibili verso le cuffie: il primo canale mette sotto tensione i muscoli del

martello e della staffa; II secondo canale provoca il loro allentamento; in

questo modo si provoca un movimento di tensione e distensione dei muscoli

dell'orecchio medio e quindi una micro ginnastica. Il metodo Tomatis è un

metodo innovativo che può risolvere, in maniera soddisfacente, vari disturbi

psicologici e psicosomatici. E‟ comunque molto efficace anche nei problemi

di apprendimento, di mancanza di concentrazione ed è anche d'aiuto a

bambini e adolescenti con difficoltà scolari. Grazie all'energia che l'orecchio

apporta al cervello, il pensiero è molto attivato e quindi anche le facoltà

creative sono ampliate.

Altre applicazioni particolari:

a) Educatori: dall'insegnante al genitore, migliorando il proprio benessere, si

comunica in maniera più soddisfacente e produttiva.

b) Managers: hanno bisogno di alte qualità sia a livello fisico che mentale;

hanno bisogno di avere una macchina nervosa agile, impeccabile e rapida.

Una corteccia che invecchia fa sì che i processi mentali si sclerotizzino, la

memoria diminuisca come anche la concentrazione. L'energia apportata dalla

dinamizzazione dell'attività corticale con l'uso del metodo Tomatis

determina forza energetica, creatività, eliminazione dello stress ed

ampliamento della coscienza.

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c) Insegnamento lingue straniere: è possibile, con il metodo Tomatis,

restringere o estendere a volontà la "banda passante" o banda di selettività

specifica che è responsabile dell'apprendimento più o meno ottimale di una

lingua: per esempio l'orecchio francese oscilla tra 1000 e 2000 Herz mentre

quello italiano tra 2000 e 4000 Herz. Con l'orecchio elettronico è possibile

sbloccare l'orecchio e creare la ricettività che gli manca.

d) Musicisti e cantanti: per cantare o suonare uno strumento è importante

mettersi in ascolto con se stessi o col suono prodotto dallo strumento, al fine

di controllarli meglio, un miglioramento dell'ascolto da parte di un soggetto

gli permette di avere una più ampia padronanza della sua voce o del suo

strumento.

Alfred Tomatis

Il metodo Tomatis

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Dalle ricerche sul rapporto strettissimo tra facoltà d‟ascolto e psicologia, dalla

messa a punto di un metodo di terapia sperimentale finalizzata alla

rieducazione delle potenzialità auditive può darsi un nuovo e sistematico

approccio didattico basato sull‟ascolto?

L‟ “ascolto” inteso come funzione fondante di tutta la dinamica del

linguaggio quindi della comunicazione, viene sublimato dallo studioso

Tomatis alla condizione di facoltà primaria, la sola capace di consentire

all‟uomo una crescita equilibrata in sintonia con la vita. A partire dalle sue

competenze di medico otorinolaringoiatra, attraverso pionieristiche ricerche

sul campo relative al rapporto udito-fonazione ha elaborato una singolare

tecnica di rieducazione audio-vocale, oggi nota come “ metodo Tomatis”. Lo

studioso approda alla definizione di tale metodo dopo aver constatato che i

problemi relativi alla corretta articolazione del linguaggio e della

vocalizzazione in genere sono attribuibili in molti casi alle carenze di un

processo di condizionamento audio-vocale inadeguato o, in qualche maniera,

disturbato. Il raffinato processo di apprendimento dell‟uso della voce si

evolve per gradi fin dal concepimento e secondo Tomatis è fortemente

veicolato dall‟orecchio. La funzionalità dell‟apparato uditivo in stretta

connessione con gli organi preposti alla fonazione, mentre disciplina l‟intera

attività sensoriale, condiziona la presa di coscienza di sé e della propria

corporeità. Questa breve premessa è anche il punto d‟arrivo della

teorizzazione elaborata da Tomatis in relazione alla questione dell‟ascolto che

egli considera prioritaria ed essenziale. L‟approccio pedagogico all‟ascolto

appare ben diverso, come Tomatis stesso sottolinea, dal percorso terapeutico

psicoanalitico teso unicamente a cercare di smontare le rigide forme delle

costruzioni umane “rafforzate da millenni di incomprensione da cui l‟ascolto

si è trovato letteralmente escluso”. L‟applicazione pratica del metodo

Tomatis si propone essenzialmente di risvegliare l‟ascolto: il percorso

guidato, ma non passivamente seguito, verso il recupero dell‟ascolto “ha per

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principale obbiettivo la scoperta della presenza dell‟altro, della presenza

effettiva di ciò che è altro da sé”. Grazie alla ritrovata e rinnovata facoltà di

ascoltare “tutto ciò che un essere umano può raccogliere e tradurre in

linguaggio verbale attraverso il sistema nervoso, si ritroverà libero dai filtri

frapposti dalle vicende affettive e arricchito di tutta l‟esperienza personale”.

Dunque insegnare o rieducare l‟ascolto “può diventare un apprendimento

come gli altri” , tanto più efficace se effettuato, con l‟aiuto di sistemi sempre

più avanzati, grazie ai progressi dell‟elettronica : sistemi che tengano conto da

una parte dei meccanismi dell‟orecchio e dall‟altra dell‟elaborazione dei suoni

compiuta dall‟apparato uditivo fin dal concepimento. Non intendiamo qui

entrare nel merito della dettagliata descrizione anatomica dell‟orecchio: ci

basta sottolineare con Tomatis che l‟integrazione funzionale delle sue parti

essenziali “ vestibolare” e “cocleare” (la prima preposta all‟equilibrio, la

seconda deputata al riconoscimento dei suoni), la sua capillare innervazione a

tutti i livelli del midollo spinale, ne fanno l‟organo privilegiato all‟ascolto.

Ma, a prescindere dalla buona funzionalità dell‟orecchio, il processo di

condizionamento audio-vocale, che prende avvio fin dallo stadio intrauterino,

non sempre si evolve in modo del tutto lineare. Influenze di ordine affettivo,

le interferenze sociali, l‟insieme delle pressioni esterne, possono alterare il

normale funzionamento degli organi sensoriali e produrre nella percezione

sonora, sfasature tali da ostacolare o falsare ogni possibilità d‟ascolto reale.

Accedere alla dimensione vera e profonda dell‟ascolto è possibile soltanto

attraverso la rimozione degli ostacoli che limitano o impediscono la presa di

coscienza di sé, mediata dall‟acquisizione del linguaggio. A quanti esprimono

obiezioni e critiche riguardo alla didattica dell‟ascolto di Tomatis,

ritenendola quanto meno empirica, egli oppone il riscontro positivo della sua

applicazione, in una notevole quantità di situazioni diverse più o meno

complesse: i risultati ottenuti ne dimostrano l‟efficacia. Il metodo di

rieducazione adottato si avvale principalmente dell‟ “Orecchio Elettronico”,

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uno strumento particolare messo a punto da Tomatis a partire dalla sua

ricerca analitica relativa al funzionamento dell‟apparato audio-fonatorio. L‟

“Orecchio Elettronico” attraverso un sistema di bilanciamento e filtraggio dei

suoni, utilizza tecniche di carattere audio-fonologico capaci di modificare la

ricezione del mondo sonoro e in particolare del linguaggio. La calibrata

somministrazione di “suoni filtrati” elettronicamente sembra in grado di

produrre un vero e proprio “parto sonoro” al quale fa seguito non solo il

recupero graduale delle potenzialità di ascolto (accresciuta capacità di

selezionare di percepire e di analizzare i suoni) ma anche il sensibile

miglioramento della qualità della voce e della articolazione del linguaggio.

Inoltre, poiché tutto il corpo, secondo Tomatis, partecipa di questa “ presa

di coscienza dell‟ascolto” di cui l‟orecchio è soltanto l‟organo induttore,

l‟accresciuta capacità di percezione degli stimoli sonori agisce sull‟immagine

corporea e provoca la spontanea assunzione di una postura d‟ascolto ben

definita, caratterizzata dalla verticalità. L‟Orecchio Elettronico sollecita un

vero e proprio training-audiogeno fonatorio attraverso il quale è possibile

riequilibrare la reciprocità funzionale dell‟ascolto e dell‟intero atteggiamento

corporeo. Tendere l‟orecchio è anche disporsi all‟ascolto con tutto il corpo”

afferma Tomatis. Allo stesso modo, attraverso una molteplice varietà di

modalità espressive che coinvolgono la gestualità e la verbalizzazione, si

comunica e si entra in relazione con l‟altro. E‟ nell‟ambito della dibattuta

questione riguardante la lateralità, considerata sotto il profilo neuro-

fisiologico, che Tomatis approda alla valorizzazione della “lateralità uditiva”

(a suo parere del tutto trascurata nella sua specificità dalle scienze mediche)

come strettamente connessa al sistema di articolazione del linguaggio. Dal

momento che l‟assenza o le carenze di un linguaggio adeguatamente

elaborato si accompagnano in larga misura al riscontro di un lateralità non o

mal-definita, tanto più efficace può risultare una pratica rieducativa

dell‟ascolto che, mentre agisce sulla destralità uditiva, è in grado di

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ripristinare anche la destralità in senso lato. L‟esistenza di un orecchio

direttivo e/o preferenziale, destinato ad eseguire delle funzioni di controllo

più particolari e precise sulla percezione dei suoni, viene stabilita da Tomatis

in seguito ad una importante ricerca condotta tra affermati professionisti

della voce. Conoscere come funziona “l‟orecchio del cantante lirico”, in

relazione ad una più o meno gradevole emissione vocale, consente allo

studioso deduzioni utili a confermare la sua originaria intuizione. La

capacità di padroneggiare la propria voce sembra dipendere dalla rilevanza di

questo specifico orecchio, quello destro, dotato di una dominanza acquisita

in cui si inserisce la volontà; l‟orecchio sinistro non fa che seguire la direttiva

e integrare l‟input ricevuto. Dunque secondo Tomatis è possibile controllare

la qualità delle sonorità in entrata e in uscita, grazie al raffinato sistema di

autoascolto consentito dalla lateralità destrorsa del nostro apparato uditivo.

Approfondire il discorso sulla capacità dell‟orecchio di selezionare i suoni e

di supportare l‟autocontrollo della fonazione ci condurrebbe senz‟altro

dentro la complessa trattazione di nozioni specialistiche, attinenti

l‟audiometria e i meccanismi che determinano i fenomeni acustici più in

generale.

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L‟effetto Mozart

“Il nutrimento vocale che la madre fornisce al figlio è importante per lo

sviluppo del bambino proprio come il suo latte.”

Alfred Tomatis

Il potere della musica di Mozart si è imposto all‟attenzione pubblica in

buona parte grazie a una ricerca innovativa condotta presso l‟Università della

California all‟inizio degli anni Novanta. Al Centro di Neurobiologia

dell‟apprendimento e della memoria di Irvine, un gruppo di studio si mise a

osservare alcuni effetti della musica di Mozart su studenti universitari e

bambini. Il dottore Frances H. Rauscher e suoi colleghi hanno condotto uno

studio in cui trentasei studenti del dipartimento di Psicologia hanno

totalizzato da otto a dieci punti in più del test dei Q1 spaziale (parte della

scala di intelligenza Standford-Binet) dopo aver ascoltato dieci minuti della

Sonata per due pianoforti in Do maggiore k 448. Nonostante l‟effetto sia

durato solo dai dieci ai quindici minuti, il gruppo di Rauscher ha concluso

che il rapporto fra musica e “ragionamento spaziale” è così forte che il

semplice ascolto di musica può fare la differenza. Forse la musica di Mozart

“riscalda il cervello”, ha detto il fisico teoretico Gordon Shaw a uno dei

ricercatori dopo la divulgazione dei risultati. “Sospettiamo che la musica

complessa faciliti certe operazioni neuronali coinvolte nelle attività alte del

cervello, come la matematica e gli scacchi. La musica semplice e ripetitiva,

invece, potrebbe avere l‟effetto opposto.” Il giorno dopo alla pubblicazione

di queste scoperte, i negozi di musica di un‟importante città esaurirono le

incisioni di Mozart. In uno studio successivo, gli scienziati hanno analizzato

le basi neurologiche di questo potenziamento. L‟intelligenza spaziale venne

sottoposta a un‟ulteriore prova: su uno schermo furono proiettate sedici

figure astratte simili a pezzi di carta ripiegati, ciascuna per un minuto.

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L‟esercizio intendeva verificare se i settantanove studenti fossero in grado di

dire che forma avrebbero assunto i pezzi di carta una volta aperti. Per cinque

giorni un gruppo ascoltò la sonata di Mozart, un altro il silenzio e un terzo

musica di Philip Glass, una storia registrata su nastro e un brano da discoteca.

I ricercatori riferirono che tutti e tre i gruppi migliorarono il loro punteggio

fra il primo e il secondo giorno, ma la capacità del gruppo Mozart di

riconoscere le forme aumentò del 62 % contro il 14% del gruppo senza

musica e l‟11 % del gruppo misto. Il gruppo di Mozart continuò a realizzare

il punteggio più alto anche nei giorni successivi, mentre gli altri non

presentarono differenze significative. Per spiegare questo effetto, gli scienziati

hanno ipotizzato che l‟ascolto di Mozart aiuti a “organizzare” i circuiti

neuronali di alimentazione nella corteccia celebrale, soprattutto rafforzando i

processi creativi dell‟emisfero destro associati al ragionamento spazio-

temporale. L‟ascolto della musica, hanno concluso, agisce come “esercizio”

per facilitare le operazioni di simmetria associate alla più alta funzione del

cervello. In parole povere, può migliorare la concentrazione e aumentare la

capacità di avere guizzi intuitivi. Nel suo studio più recente, la squadra di

Rauscher e Shaw ha seguito trentaquattro bambini in età prescolare che

ricevevano lezioni di pianoforte. Nel corso delle lezioni venivano loro

insegnate le pause, la giusta coordinazione motoria, le tecniche per muovere

correttamente le dita, la lettura a prima vista, le note musicali e l‟esecuzione a

memoria. Dopo sei mesi tutti i bambini erano in grado di suonare semplici

melodie di Mozart e Beethoven. Presentavano inoltre un miglioramento

molto evidente (del 36% circa) negli esercizi spazio-temporali rispetto ai

venti bambini che ricevevano lezioni di computer e ai ventiquattro bambini

sottoposti ad altri stimoli. Mentre negli studi universitari i progressi

svanivano dopo dieci o quindici minuti, nei bambini in età prescolare

duravano almeno un giorno intero, il che costituiva “un aumento di tempo in

percentuale superiore a cento”. In seguito agli studi svolti a Irvine, alcune

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scuole private hanno adottato l‟uso di brani di Mozart come sottofondo

musicale, riscontrando miglioramenti nell‟attenzione e nelle prestazioni degli

allievi.

La musica come abilità cognitiva

L “effetto Mozart” riesce ad agire essenzialmente come tecnica psicologica

nella modificazione di problemi emotivi e può modificare le varie patologie

di cui è affetto l‟essere umano: è un‟eccellente tecnica di comunicazione ma

anche un aiuto ad altre tecniche terapeutiche.

Prima di analizzare questo “effetto curativo musicale” bisogna conoscere

quali processi psicologici si innescano nella mente musicale, che rapporto

sussiste tra musica e linguaggio e quali localizzazioni cerebrali sono specifiche

delle abilità musicali. Specificamente, i problemi psicologici insiti nella

comprensione musicale, vanno affrontati in termini di processi cognitivi

facendo riferimento all‟opera di John A. Sloboda, psicologo sperimentale: egli

analizza la componente cognitiva insita nella comprensione e

nell‟apprezzamento di un fatto musicale. La sua attenzione è rivolta alle

ricerche empiriche: analizza ciò che gli individui riescono a compiere con la

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musica e non quello che dicono di fare. Viene studiato il comportamento dei

musicisti nella vita reale e non il comportamento che si verifica in situazioni

artificiose di laboratorio. La psicologia dei processi cognitivi cerca di offrire

un aiuto ai compositori per capire le basi mentali della loro attività:

comprendere e spiegare caratteristiche fondamentali delle abilità musicali e

dei meccanismi cognitivi insiti in esse. Il cognitivismo di Sloboda si riferisce

ad una modellistica dei processi cognitivi in termini di rappresentazione delle

conoscenze; sicuramente tale analisi rappresenta solo un‟introduzione alla

psicologia dei processi cognitivi ma, la musica viene ad essere un pretesto per

analizzare i processi cognitivi impiegati in tutti i settori in cui l‟uomo si trova

a contatto con il mondo e, quindi, non solo nell‟ambito musicale. Si

comprendono le strutture utilizzate per rappresentare la musica; tale processo

di apprendimento è concepito in due fasi: prima fase è quella in cui si verifica

l‟apprendimento, seconda fase e' quella in cui viene incoraggiata l‟aspirazione

ad eccellere in una determinata abilità. Quindi, le abilità musicali si

costruiscono sulla base di capacità e tendenze innate: troviamo prima un

insieme comune di capacità primitive (nella nostra cultura occidentale, sino ai

dieci anni di età, il processo dominante è quello dell‟acculturazione) poi

subentra un bagaglio di esperienze che la cultura fornisce, con la crescita, ai

bambini (infatti sono fondamentali, per lo sviluppo delle abilità musicali, sia

l‟ambiente familiare che quello scolastico). Più i bambini sono esposti alla

musica, prima di iniziare la scuola, e più profondamente uno stadio di

codificazione neurale li accompagnerà per tutta la vita. Successivamente

subentra l‟ influsso esercitato da un sistema cognitivo generale in

trasformazione: la capacità di insegnare ad un bambino ad ascoltare, a

prestare attenzione all‟inflessione e a contestualizzare suoni e parole è stata

trascurata dalla società moderna; solo un ascolto attento e corretto consente

di accedere allo “Effetto Mozart”. Jean Piaget, nella “La naissance de

intelligence chez l‟enfant”, asseriva che lo sviluppo cognitivo vada spiegato, in

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parte, in termini di sequenza ordinata e strutture cognitive generali; il tipo di

apprendimento di cui siamo capaci a tutte le età è dovuto al tipo di risorse

cognitive che si posseggono, cioè le caratteristiche generali del nostro

bagaglio intellettuale a quell‟età. Il bambino non è in grado di compiere

azioni padroneggiando determinati concetti, perché non ha in sé alcune

risorse cognitive per comprendere determinati enunciati. Bisogna stare attenti

alla possibilità di scoprire delle sequenze invarianti di sviluppo musicale;

queste sequenze non dovrebbero tanto spiegare gli aspetti più particolari del

comportamento musicale, quanto i tipi di attività musicali che si dovrebbero

riscontrare alle varie età, in virtù delle capacità cognitive generali che

richiedono.

L‟educazione vera e propria implica il fatto che l‟individuo, istruito, compia

uno sforzo consapevole con lo scopo (scopo: condizione fondamentale

dell‟apprendimento) di raggiungere degli obiettivi più elevati. E‟ anche vero

che, l‟uomo è biologicamente predisposto ad eccellere in abilità cognitive

specifiche: sussistono meccanismi per l‟acquisizione di queste abilità. Si può

concludere affermando che, l‟educazione sembra contribuire ad un

approfondimento delle conoscenze e ad un miglioramento dei risultati

all‟interno di una certa abilità ma non abbia tanto delle implicazioni ampie

per l‟intero sistema cognitivo.

Il linguaggio musicale

La musica possiede la capacità di convogliare i suoi significati emotivi: ciò

porta a pensare che la musica sia una sorta di linguaggio. Linguaggio e musica

sono caratteristiche della specie umana e appaiono universali in tutti gli

uomini; affermare tale universalità vuol dire che gli individui possiedono una

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capacità generale di acquisire una competenza linguistica e musicale. Quindi,

dato che la musica è, come il linguaggio , una attività umana, si può supporre

che dall‟osservazione della sua struttura si riesca a dedurre qualcosa sulla

natura della mente umana che riesce a produrla naturalmente e liberamente.

Alcuni studiosi ritengono che le regole di una grammatica musicale siano i

veri e propri procedimenti usati per generare musica. Ma la musica è in grado

di esprimere emozioni e, quindi, di comunicare? Oppure, essendo una

manifestazione artistica, non è capace di esprimere nulla? Tale diatriba, sin

dai primi anni del „900, terminava definendo la musica un "non-linguaggio":

nel linguaggio vengono articolate le parole per costruire frasi, mentre nella

musica non è semplice identificare qualcosa che corrisponda ad una parola.

Il superamento di queste posizioni si è avuto quando sono stati correttamente

identificati i termini del problema: nel linguaggio esistono componenti

minimali privi di significato (fonemi), che vengono utilizzati per creare

componenti minimi che posseggono un significato (morfemi), i quali, a loro

volta, vengono usati per formare parole e frasi.

Nella musica si trovano le note che sono, in sé, prive di significato e che

vengono usate per creare intervalli e accordi , cioè il materiale utilizzato per

strutturare temi e frasi musicali. Si è dovuto attendere sino all‟avvento degli

studi semiotici sui segni dei vari linguaggi (proprio Sloboda ha compiuto

approfonditamente tali studi) per comprendere meglio le relazioni fra il

linguaggio comune e l‟arte dei suoni:

sia la musica che il linguaggio sono sistemi di comunicazione universali fra gli

uomini;

entrambi i linguaggi usano, fondamentalmente, lo stesso canale uditivo-

vocale;

ambedue possono produrre un numero illimitato di frasi;

i bambini imparano tutti e due i linguaggi, esponendosi agli esempi prodotti

dagli adulti;

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esiste una forma scritta;

in entrambi i linguaggi è possibile distinguere una fonologia (componenti del

linguaggio), una sintassi (le regole per combinare fra loro le componenti) e

una semantica (attribuzione di significato ai prodotti del linguaggio).

Legame perpetuo tra musica e linguaggio può essere suggerito da un‟analisi

della suddivisione del cervello: il piano temporale, situata nel lobo temporale

della corteccia cerebrale è l‟area del cervello che sembra essere associata

all‟elaborazione del linguaggio e sembra anche che “classifichi i suoni”.

Non dobbiamo dimenticare che il fatto di vivere nel suono e, più

precisamente, nel suono prodotto dal linguaggio, imprime sempre piccoli

segni sul sistema nervoso periferico: a seconda delle parole utilizzate, del

timbro generato, sarà interessata questa o quella parte del corpo; quindi

possiamo considerare l‟immagine del corpo come conseguenza del linguaggio;

accettando tale idea, si può sperare di rimodellare il corpo migliorando la

parola. Inoltre, sappiamo che alcune espressioni verbali non hanno nulla in

comune col significato della musica, ma vengono associate a moduli ritmici

per aiutare la memorizzazione; ciò accade soprattutto nel caso di stili

percussivi. Un esempio è costituito dai suonatori di tamburo africani, i quali

correlano, appunto, le sillabe ad alcuni suoni emessi dai tamburi: questi suoni,

prodotti da strumenti, permettono la trasmissione di messaggi “verbali” a

notevole distanza. Ciò dimostra che, presso alcune culture, il linguaggio è

imitato musicalmente. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che, come

affermava Sloboda, le aree cerebrali responsabili della musica sembrano avere

una sovrapposizione parziale, anche se incompleta, con quelle responsabili del

linguaggio. La musica impiega un insieme distinto di risorse neurali. Dove sta

la verità? l‟analogia linguistica non è né vera né falsa, si adatta parzialmente al

suo oggetto. L‟elemento vero è la concezione in base a cui noi ci

rappresentiamo nelle sequenze di elementi individuali, assegnando ad essi

ruoli tematici in strutture astratte sottostanti, alcune delle quali presentano

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somiglianze reciproche; ciò che determina o meno la vigilanza psicologica tra

gli elementi è il loro reciproco rapporto entro queste strutture.

Biologia del pensiero musicale

Le componenti delle abilità musicali, come di ogni altra abilità cognitiva,

hanno precise localizzazioni cerebrali.

L‟orientamento biologico della psicologia cerca di spiegare il comportamento

umano in termini di operazioni del cervello e del sistema nervoso che sono, a

loro volta, influenzati dalla costituzione genetica dell‟organismo. Dobbiamo,

prima di tutto, ricordare che ciò che apprendiamo sono le strutture utilizzate

per rappresentare la musica: esiste sia una forma di acculturazione educativa,

cioè un apprendimento che avviene a seconda della esposizione, durante

l‟infanzia, ai normali prodotti musicali della nostra cultura, sia un‟educazione

vera e propria che porta all‟acquisizione di abilità specializzate. Le influenze,

sia biologiche che sociali, sono ovviamente comprese in una spiegazione

completa della condotta umana. Quali, quindi, i fattori responsabili delle

differenze culturali musicali? Esiste una base biologica per le origini della

musica nella nostra specie? La composizione musicale ha una funzione

biologica? Tali quesiti possono essere analizzati mettendo in evidenza le

differenze che sussistono tra la cultura scritta e quella orale. Nella cultura

orale, le uniche guide sono le conoscenze attuali e la memoria. Per molte

persone, la scrittura viene ad essere fondamentale che la realtà è, sotto molti

aspetti, mediata dalle loro notazioni; quel che può essere scritto e conservato

è giusto e definitivo: nella cultura scritta, la memoria di una persona viene

giudicata sulla base della registrazione scritta. Sfortunatamente, molte

persone alfabetizzate ritengono che la vita o le conoscenze di una cultura che

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si basa sulla scrittura siano, in un certo senso, superiori a quelle di una cultura

orale; per contro, sarebbe più corretto sostenere che la cultura orale e quella

alfabetizzata sono differenti. La nostra scrittura alfabetica può portare ad un

impoverimento della comunicazione: non è in grado di preservare

informazioni significative nel ritmo, intonazione, tono e gesti, mentre riesce a

custodire le informazioni fonetiche. Nelle culture orali, la musica viene

trasmessa da un individuo all‟altro ed è soggetta, come le conoscenze verbali,

a variazioni nel tempo: all‟interno di una cultura orale una esecuzione, spesso,

non è uguale a quella precedente. In una cultura orale è impossibile che si

possa ottenere lo stesso tipo di conoscenze che si traggono da determinati

brani, dopo ripetuti esami delle partiture, o ripetuti ascolti della stessa

registrazione. Ma, nonostante tutte queste differenze, sussistono basi

cognitive universali per la musica, che trascendono le singole culture? Anche

se la tonalità non è assolutamente universale, i concetti di scala e di tonica,

hanno delle analogie formali in molte culture.

Inoltre, sembra che la suddivisione delle scale in gradi segua dei principi

comuni nella maggior parte delle culture.

Si è affermato che le componenti delle abilità musicali hanno precise

localizzazioni cerebrali: alcune ricerche hanno

portato alla conclusione che le funzioni intellettuali

sarebbero localizzate in aree differenti del cervello.

La musica di Wolfgang Amadeus Mozart aiuta ad

organizzare i circuiti neuronali di alimentazione nella corteccia cerebrale,

soprattutto rafforzando i processi creativi dell‟emisfero destro associati al

ragionamento spazio-temporale.

Sembra possibile che le attività cerebrali di un individuo si dissolvano,

lasciando intatto il suo intelletto musicale. Intervenendo sull‟emisfero

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sinistro, si provocano disturbi del linguaggio; mentre si causano danni al

canto, agendo sull‟emisfero destro. In realtà la musica racchiude sottoabilità

logicamente indipendenti: non dobbiamo dimenticare che una regione di un

emisfero cerebrale è qualcosa di molto ampio. Attraverso vari studi si è giunti

alla conclusione che, anche se le lesioni all‟emisfero destro danneggiano quasi

sempre le funzioni musicali, le lesioni all‟emisfero sinistro hanno quasi

sempre gli stessi esiti. Quindi è semplicistico affermare che la musica si trova

nell‟emisfero destro: le attività musicali sono dissociabili e soggette a danni

specifici, come quelle del linguaggio. Significativa è l‟affermazione del

musicologo tedesco H. Schenker, secondo cui a livello profondo, tutte le

buone composizioni musicali, rivelano lo stesso tipo di struttura delle

composizioni verbali, riuscendo a mostrare, almeno in parte, la natura affine

delle intuizioni verbali e musicali. Non dobbiamo dimenticare, nell‟analisi

biologica del pensiero musicale, il ruolo cardine svolto dall‟orecchio o,

meglio, dalle orecchie: come l‟emisfero destro e quello sinistro operano in

maniera diversa, così fa ciascuna delle orecchie. L‟orecchio destro è

dominante perché è in grado di trasmettere gli impulsi uditivi ai centri del

cervello che regolano il linguaggio in maniera più veloce di quello sinistro; gli

impulsi nervosi che derivano dall‟orecchio destro raggiungono direttamente il

cervello sinistro dove si trovano i centri del linguaggio, mentre gli impulsi

nervosi dell‟orecchio sinistro, compiono un viaggio più lungo attraverso il

cervello, che non possiede centri del linguaggio corrispondenti, e poi

ritornano al cervello sinistro. Potremmo definire

l‟orecchio il direttore d‟orchestra dell‟intero sistema

nervoso. L‟orecchio integra le informazioni fornite dal

suono e organizza il linguaggio.

Infatti il linguaggio, come elemento fondante dell‟umanità

dell‟uomo, non può essere analizzato e studiato se non si

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tiene presente il ruolo determinante svolto dall‟udito: è grazie all‟udito che è

stato possibile all‟uomo, costruire il linguaggio.

Anche Alfred Tomatis considera l‟orecchio l‟organo chiave nello sviluppo

totale dell‟uomo: permette a tutto il corpo di diventare "un‟antenna ricettrice

che vibra all‟unisono con la fonte del suono".L‟orecchio risulta essere

fondamentale per comprendere l‟evoluzione dell‟uomo: rappresenta anche la

chiave per capire come possa essere utilizzato l “effetto Mozart”. Ma

l‟organo dell‟udito non presiede soltanto la facoltà di udire, ma anche la

capacità di ascoltare; sappiamo che non occorre sentire per ascoltare, infatti

parecchi musicisti famosi, del passato, erano sordi e, anche se non erano in

grado di sentire con le orecchie, potevano percepire codici e schemi ritmici

grazie a vibrazioni che percepivano con le mani e altre parti del corpo.

Importante notare come la funzione dell‟ascolto sia direttamente collegata

alla concentrazione della memoria, alle condizioni psicologiche, alla

consapevolezza, alla comunicazione. La nostra società si preoccupa troppo

dell‟intelligenza: esami di ammissione all‟Università, colloqui di lavoro

privilegiano il pensiero lineare dell‟emisfero sinistro; tali abilità sono

essenziali, ma possono non essere così basilari come la capacità di ascoltare e

di parlare.

Se sussiste l‟incapacità di saper ascoltare si può verificare l‟incapacità di

progredire verso sofisticate tecniche di apprendimento. Sviluppare un ascolto

corretto è il segreto per accedere all‟ “effetto Mozart”.

Musica e intelligenza spazio-temporale

L‟ “effetto Mozart” è in grado di far risaltare, migliorando, le abilità

cognitive dell‟individuo, attraverso lo sviluppo del ragionamento spazio-

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temporale. Dobbiamo prendere atto che, a prescindere dai gusti, la musica di

Mozart rilassa, migliora la percezione spaziale e permette di esprimersi più

chiaramente, comunicando sia col cuore che con la mente; inoltre le aree

creative del cervello vengono stimolate dalla melodia e dal ritmo del grande

compositore. Attraverso la musica mozartiana si può aiutare a sviluppare, a

compensare, a restituire carenze dovute a danni: le parti indenni del cervello

hanno riserve dalle quali l‟organismo può ricavare questi elementi sostitutivi.

Inoltre, nel mondo contemporaneo la musica rappresenta un sistema di

comunicazione ed un linguaggio di grandissima diffusione e, soprattutto,

“music is a window into higher brain function”.

Sappiamo come l‟esperienza sonora, durante la prima fase della vita e come

l‟uso dei linguaggi musicali, per la loro esperienza strutturante, stimolino

l‟intelligenza e la personalità. La musica è un linguaggio non meno

importante di quello visivo, corporeo o verbale, in grado di esprimere idee,

concetti, sentimenti propri di ogni individuo. E‟ indispensabile fornire i

bambini gli strumenti idonei per conoscere, sperimentare, analizzare con

pensiero critico la realtà sonora e musicale, in cui sono inseriti. La mente

infantile è dotata di “meccanismi” che la portano ad imitare l‟adulto e tali

trasformazioni della mente dipendono dal modo diretto con cui interagiamo

da piccoli col mondo che ci circonda, interazioni che non sono attività

cognitive “pure” ma che prendono forma a partire da attività di base quale i

movimenti, le sensazioni, le emozioni. Il bambino, come sostiene Shimchi

Suzuki, fondatore della “School for talent education” in Giappone, possiede

un potenziale infinito. Proprio come i bambini imparano naturalmente la

lingua materna, così la musica è altrettanto a diretto contatto con il cervello ,

quindi l‟educazione musicale può formare e modellare il cervello. Suzuki in

“Nurtured by Love”, uno dei suoi principali scritti, sostiene che attraverso

l‟imitazione si possa insegnare ai bambini che bisogna permettere alle abilità

di espressione di maturare e sbocciare durante l‟infanzia; un‟educazione

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musicale infantile precoce porta ad effetti significativamente positivi sul

cervello e sull‟apprendimento. Il bambino vive in un mondo caratterizzato

dalla presenza simultanea di stimoli sonori moderni, il cui disorganico

sovrapporsi può comportare il rischio sia di una diminuzione della attenzione

e dell‟interesse per il mondo dei suoni, sia di un atteggiamento di ricezione

soltanto passiva. Non dobbiamo dimenticare che, ancora prima di nascere, il

piccolo vive esperienze sonore - musicali, percependo, voci, rumori, suoni e

musiche che provengono dall‟ambiente circostante. L‟orecchio del bambino,

già a tre anni è sensibile alla dinamica, al colore timbrico, al riverbero

ambientale e alla dislocazione delle sorgenti nello spazio. Nel numero di

“Newsweek” del 19-02-96, venne pubblicato un servizio dal titolo “Your

child brain” (il cervello del tuo bambino) dove vennero riportati i risultati di

numerosi studi compiuti in vari istituti di ricerca e Università americane, sulle

modificazioni che si realizzano nel cervello di un bambino che sia

precocemente avviato all‟uso dei linguaggi musicali. Di particolare interesse

sono i risultati di ricerche compiute da Gordon Shaw, presso la Irvine

University della California dove, a gruppi di bambini della scuola materna,

sottoposti a test specifici per la determinazione del Quoziente Intellettivo,

sono state impartite lezioni di canto e di piano.

Dopo sei mesi di insegnamento della tastiera del pianoforte, questi piccoli

ottenevano un miglioramento, un accrescimento straordinario del

ragionamento spaziale-temporale rispetto ad altri fanciulli che non avevano

svolto attività musicali; inoltre l‟effetto ottenuto durava molti giorni e le

implicazioni istruttive erano rilevanti. Gordon Shaw nel suo libro “Keeping

Mozart in Mind”, cita un esperimento pilota che è risultato essere

particolarmente significativo per verificare l‟intelligenza in bambini in età

prescolare: veniva presentato un puzzle da costruire ai bambini, i quali entro

un determinato periodo di tempo dovevano ricomporlo; inoltre veniva

richiesto loro di formare mentalmente l‟immagine dell‟oggetto completato e

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di ruotare i pezzi del puzzle per confrontarli e accoppiarli. Tale performance

venne facilitata mettendo insieme i pezzi secondo ordini ben definiti. Tale

esperimento era servito per delineare la natura spazio-temporale

dell‟esperimento. Il team dell‟Università della California, attraverso queste

ricerche sperimentali, vuole cercare di ribadire che la musica è in grado di

stimolare i modelli interni del cervello favorendone l‟impiego in ragionamenti

complessi; Inoltre questi studiosi hanno dimostrato che esistono relazioni

causa-effetto tra ascolto musicale e capacità di ragionamento. E‟ noto che gli

apprendimenti più strutturati, cioè quelli che determinano la creazione dei

circuiti cerebrali funzionali di base, sono tipici delle prime fasi dell‟esistenza.

Gordon Shaw sostiene che, una condizione necessaria per comprendere

l‟apprezzamento della musica da parte del bambino è riuscire ad ipotizzare

che il repertorio di modelli impliciti e sequenze relative sia presente sin dalla

nascita. Possiamo affermare che, nell‟evoluzione di un individuo, esistono dei

periodi “caldi”, cioè dei larghissimi “ponti di apprendimento” tra l‟ambiente

e l‟individuo e delle “finestre”, durante i quali si attivano processi di

maturazione neurologica e mentale del tutto particolari. Caratteristiche di

questo periodo sono:

rapidità con cui i processi cognitivi avvengono;

stabilità degli apprendimenti.

Ogni tipo di apprendimento ha una sua specifica finestra che occupa un

periodo di tempo più o meno ampio, trascorso il quale la finestra si restringe

enormemente e il processo di apprendimento si raffredda. Riuscire a

rafforzare e ad accelerare l‟apprendimento e la memoria è stato sicuramente lo

scopo dell‟opera e del metodo del Dottor Georgi Lozanov, psicologo

bulgaro, il cui studio sulla suggestione (“Suggestopedia” il nome del suo

metodo), tramite immagini e rilassamento ha creato una delle più valide

metodologie mente-corpo; la sua tecnica è riuscita ad apportare innovazioni

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creative nei programmi didattici in Europa. Un altro grande ricercatore,

Zoltan Kodaly è del parere che l‟effetto della musica è così forte nella

formazione della persona che ne influenza l‟intera personalità. La musica

modella l‟intero carattere del bambino, rendendolo equilibrato, disciplinato,

indipendente, creativo felice, in armonia, perciò, con i concetti educativi.

Conclusioni

La Musicoterapia è attualmente utilizzata in innumerevoli campi educativi e

formativi in quanto viene sempre più riconosciuta la valenza della sua azione

non solo nella prevenzione e nella riabilitazione, ma soprattutto nel processo

di crescita e di sviluppo di soggetti in età evolutiva. Alcuni metodi, in

particolare, si caratterizzano per taluni elementi specifici che, se integrati fra

loro, ne permettono l‟efficace impiego anche in ambito scolastico, nel rispetto

della dimensione didattica e valutativa degli apprendimenti e dell‟ordinarietà

della vita scolastica.

Attraverso l'intervento musicoterapico è possibile indurre cambiamenti a vari

livelli: intrapsichico e interpersonale, ma anche comportamentale e

fisiologico. La musicoterapia, come ogni intervento terapeutico, richiede

l'integrazione di aspetti fondamentali quali teorie di riferimento, modalità

applicative e di verifica che ne evidenzino la coerenza e l'efficacia.