Lo strano pomeriggio del Signor Whitenwhenerpremierprune (Whiten per gli amici)

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Anita Fontana - Mario Turci Lo strano pomeriggio del Signor Whitenwhenerpremierprune (whiten per gli amici) Una storia a mezz’aria

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Whiten scopri che il mondo è più grande di quel che appare e che diventa piccolo solo quando non lo si vuole guardare, che per ogni avventura ci vuole un sentiero e che spesso i sentieri migliori hanno inizio dai nostri sogni

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Whiten scoprì che il mondo è più grande di quello che appare e che diventa piccolo solo quando non lo si vuole guardare, che per ogni avventura ci vuole un sentiero e che spesso i sentieri migliori hanno inizio dai nostri sogni.

Anita Fontana - Mario Turci

Lo strano pomeriggio del Signor

Whitenwhenerpremierprune

(whiten per gli amici)

Una storia a mezz’aria

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Santarcangelo di RomagnaNatale 2009

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Anita Fontana - Mario Turci

Lo strano pomeriggio del Signor

Whitenwhenerpremierprune

(whiten per gli amici)

Una storia a mezz’aria

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© 2009 Editrice La Mandragora s.r.l.Via Selice, 92 - 40026 Imola (Bo) ItalyTel. 0542 642747 - Fax 0542 647314

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I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento totale o parziale,

con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche),sono riservati per tutti i paesi.

Testo di Mario TurciIllustrazioni di Anita Fontata

Un grazie grazie a Elsa per l’affetto e le correzionie a Massimo per la pazienza e l’incoraggiamento.

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I capitoli dell’avventura

I piedi dolci... ovvero il Signor Whitenwhenerpremierprune ................................. 7

L’uomo del pozzo .................................................................................11

La chiocciola filosofica .........................................................................15

Il fiuto di Whiten ..................................................................................19

L’albero dei macachi .............................................................................21

Oltre il confine ......................................................................................23

Il gioco del Mondo ...............................................................................27

La pozzancora ........................................................................................29

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I piedi dolci... ovvero il Signor Whitenwhenerpremierprune

Specializzato nell’arte medica dello strappo di pellicine, la fama portava Whiten (si legge uaiten) ad operare in tutte le parti del mondo allora conosciuto.

Era l’anno del Nonloso e più precisamente nel mese del Valloasa-pere. Whiten stava tranquillamente consumando la sua merenda su di un prato nei pressi della cittadina dal dolce nome di Tonnofiorito nella quale era nato e cresciuto. In compagnia di alcuni amici, tutti chirurghi di grande fama, che facevano a gara nel raccontare di dif-ficilissime operazioni svolte da quello e di veri miracoli della medi-cina fatti da quell’altro, Whiten stava trascorrendo un pomeriggio come tanti altri.

Beh, direte, che c’è di strano in tutto questo!?

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Whiten era intento a sorseggiare il suo tè di petali di carciofo quando un topolino ruzzolò sui suoi piedi. Ora dovete sapere che i topi di Tonnofiorito hanno la particolarità di essere degli smorfiosi e per questo motivo tengono sempre il naso all’insù, per sembra-re più importanti, per apparire sapienti! E così fu il correre a naso all’aria che portò quel topo ad inciampare sulle scarpe lucide del Si-gnor Whitenwhenerpremierprune.

Non vi dico quel che accadde, tutti si gettarono l’un sull’altro nella speranza di afferrare l’animaletto. Le tazzine del tè volarono

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in aria, le parrucche dei distinti chirurghi finirono sul prato, sotto i piedi di quello e di quell’altro, la cipria, che ogni signore di quel paese amava mettersi sul naso, fu scrollata via sino a formare una nu-vola impenetrabile nella quale ognuno, cercando la coda del topo-lino, afferrava i baffi di un collega, addentava un ginocchio, torceva un mignolo.

Da quella gran confusione Whiten uscì, scattando come una le-pre innamorata, all’inseguimento di Piedi Dolci (il nome di quel topo) che era riuscito a scappare dalla mischia per nascondersi den-tro un Polfiore (nota specie di grandi fiori a forma di comoda pol-trona).

Whiten non ci pensò due volte e preso dalla furia s’infilò con la testa nel Polfiore, con tanta forza che in un battibaleno vi si trovò dentro con tutto il corpo, scarpe comprese.

Non che io ne sappia poi tanto, non mi trovavo là perchè ero oc-cupato nella raccolta stagionale dei dubbi di casa mia, ma mi hanno raccontato che Whiten appena riaprì gli occhi scoprì di trovarsi in una camera rosa a forma di... come posso dire? A forma di... ecco, sì: a forma di bidè; e si rese conto di essere finito in un bel guaio.

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L’uomo del pozzo

Whiten vide che la stanza a bidè in cui era capitato si presentava come un gruviera.

Fra piccoli e grandi buchi ne notò uno in particolare perchè asso-migliava, a ben guardare, al profilo di suo cugino, un noto invento-re di Parapiglie (macchinette molto utili per scappare al momento giusto).

Vide, inoltre, che da quel foro scendeva nell’oscurità una scala fatta di pietra e bastoncini di lecca-lecca. Con il suo senso da chirur-go d’avventure e con il naso per aria, per fiutare eventuali pericoli, Whiten s’inoltrò nel buio.

Scese così tanti scalini da non poterne tenere il conto e pochi istanti prima che la stanchezza e lo sconforto lo colpissero batté la zucca (così chiamano la testa a Tonnofiorito) su qualcosa di duro e piatto. A tastoni scoprì che si trattava di una porta che con una vi-gorosa spallata, riuscì ad aprire.

Il buio fu scacciato dal verde deciso di un prato delimitato da un alta staccionata di assi di legno e dall’ azzurro di un cielo luminoso. Whiten vide che in fondo al prato c’era un muretto di pietra posto ad indicare l’imbocco di un pozzo.

Avvicinandosi al muretto Whiten scoprì un volto d’uomo scol-pito su di una pietra, uno di quelli che la tradizione di Tonnofio-rito ha da centinaia di anni posto sui pozzi magici. Sono pozzi che si crede non abbiano fondo, tunnel scavati misteriosamente per unire il mondo del diqua con l’aldilà. Si dice che le pietre lancia-te laggiù non raggiungano mai il fondo, infatti dai sassi scagliati in quelle oscurità non torna mai il tonf del loro arrivo da qualche parte.

Whiten raccolse un piccolo sasso e lo gettò nel pozzo, poi un al-tro e un altro ancora. Si dice che egli possieda una Mente Scientifica e prove, verifiche e analisi siano il suo modo di scoprire il mondo.

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Whiten continuò così per un certo tempo e si fermò solo quando sentì un sospiro provenire dall’oscurità, un sospiro che il pozzo am-plificò sino a trasformarlo in un suono sordo e prolungato fra lo sbuffo ed il risucchio ooou..ffff..aa.sssc.

Whiten preso dalla curiosità getto una nuova pietra, poi un altra e poi altre ancora e si fermò solo quando udì un forte e lamento-so aiaaah che salì dal pozzo e invase tutto il prato come un tuono. Sempre più incuriosito, e senza preoccuparsi di altro, Whiten con-tinuò a lanciare pietre (sin da ragazzo era sempre stato così – disse un giorno la sua mamma ad un giornalista – come quando era impe-gnato a provare la resistenza dei polpacci di grillo o quando saggiava l’alito delle lumache dell’erba cipollina. Era come se nel cervello gli si chiudesse una porticina per lasciare fuori il mondo; e questo accadeva anche quando lo chiamavo per la sua merenda preferita: pane e mar-mellata di asparagi).

Bene! Whiten provò e riprovò ancora nei suoi lanci aumentando di volta in volta la dimensione delle pietre sino a scieglierne una che, troppo pesante, lo costrinse a sporgersi così tanto da fargli perdere l’equilibrio e cadere nel buio del pozzo.

Stava volando abbracciato alla sua pietra quando si sentì affer-rare per un gomito. Si ritrovò per un momento sospeso senza più scendere nè salire, e poi scaraventato da un lato verso la parete del pozzo, come risucchiato, mentre la sua pietra con-tinuava la caduta nel vuoto profondo. Quando riuscì a raccogliere il coraggio per aprire gli occhi, scoprì di trovarsi in una piccola grotta scavata nella parete del pozzo e che di fronte a lui stava la causa della sua tem-poranea salvezza. Provò a balbettare qualche pa-rola quando l’ombra lo informò, con molta gentilezza, che si stava trovando in un canale di lavoro di un ciapasas. E

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così scopri i ciapasas, il loro lavoro, la loro utilità ed il servizio che da sempre offrono ai pozzi e all’umanità intera.

Scoprì che un ciapasas che si rispetti passa sei mesi all’anno in un canale di lavoro e gli altri sei mesi dove vuole. Seppe che il ciapasas che aveva incontrato risolveva i suoi mesi di libertà lavorando nella ditta di compra/vendita di calzini usati gestita da suo cognato Ma-terio.

Gli fu raccontato che l’ importanza del lavoro dei ciapasas consi-ste nel recuperare, al volo, i sassi e le pietre che vengono lanciati nei pozzi e questo per impedire che un sasso dopo l’altro e una pietra oggi ed una domani, riempiano i pozzi togliendo loro quell’aria di mistero che la profondità offre a chi s’affaccia.

Ognuno si chiede: quel pozzo avrà un fondo? Porterà, quel buio, dall’altra parte della terra? Chi vivrà in quelle profonde oscurità? Che sia l’ingresso dell’inferno?

Whiten scoprì che era tutto molto, ma molto più semplice.Raccogliendo alcuni pensieri rassicuranti decise che era giunto

il momento di ritornare al prato della merenda dove certamente, i colleghi preoccupati, lo stavano cercando. Ma come?!

Il gentile ciapasas gli indicò, al fondo del canale di lavoro, una porta in pietra messa là, bella pesante, per difenderlo da quegli spif-feri che ad una certa età sono pericolosi quanto una indigestione di cioccolato.

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La chiocciola filosofica

La porta di pietra che gli aveva indicato il ciapasas si dimostrò pesante, ma docile, così Whiten, dopo averla aperta, si trovò in una stanza stretta ed alta, anzi altissima, quasi una torre: una torre altis-sima a forma di ufficio. Sì, un ufficio, di quelli dall’aria stantia e con le pareti di legno ingiallite dal tempo. Il pavimento era coperto da un vecchio tappeto, così tanto stanco di essere calpestato da essere disposto a farsi battere un po’ per potere prendere una boccata d’a-ria. Unica curiosità, in quello spazio carico di noia polverosa, era una scala a chiocciola.

La polvere che, camminando, Whiten sollevò dal tappeto fu len-tamente aspirata verso l’alto come se volesse salire la scala per trova-re un po di respiro e di salvezza. Whiten si sentì invitato a seguirla e affrontò i primi scalini della chiocciola, la cui altezza non permet-teva di vederne la fine.

Pensò che quella scala l’avrebbe beffato e che sarebbe stato me-glio fermarsi un attimo a riflettere. Ma i pensieri sono come le pata-tine, uno tira l’altro, così arrivò a pensare alle sue molte preoccupa-zioni e che queste avevano origine dalla sua smania di essere sempre il più bravo in ogni cosa che gli capitava.

La chirurgia delle pellicine aveva impegnato gran parte del suo tempo e della sua vita in studi e viaggi, ne aveva imparato la tecnica dell’asportazione morbida presso la Squisita Università di Lutezia e studiato la psicologia del prurito dell’unghia, nei sei mesi di lavoro svolto nella clinica dell’Antica Pulce condotta dal Magnifico prof. Sguaina Laccetti, medico di fama mondiale.

Belli quegli anni, pensò Whiten, fra studio e incontri interes-santi. Ricordò la meravigliosa ragazza che gli sorrise quel lunedì di tempo nuvoloso all’uscita dalla sala operatoria di Villa Amabile, e di quanto fu indeciso fra il correrle dietro per offrirle un panino di gentilezza o il ritornare a studiare,

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Lo colpì la tristezza quando si ricordò di Gladiolo, quel suo cugi-no che non volle studiare per scegliere di vivere del raccolto del suo piccolo campo di pop-corn e della sua decisione di partire alla ricerca dell’albero del gianduiotto con il quale, aveva detto alla partenza, avrebbe rivoluzionato il modo di gustarsi l’ora della merenda.

Pensò infine che non poteva perdersi su quella scala a spirale per-ché doveva ritornare dai suoi amici.

Salì ancora qualche scalino, ma si sentì pesante e forse anche un po’ invecchiato. Salì ancora quando cominciò a scorgere, fra i nastri di luce e polvere che avvolgevano la scala, la fine della torre-ufficio. Lassù sotto un tetto basso e nero come affumicato dal tempo, in-travide una porta sulla quale stava un cartello con scritto prego, uno alla volta.

L’ultimo sforzo per raggiungere il pianerottolo lo stancò sino a costringerlo a sedersi ancora qualche minuto per prendere fiato. Si sedette e nel piegarsi il suo sguardo si posò sulla fibia dorata e luci-da della sua scarpa sinistra. La scarpa gli ricordò le faccende di ogni mattina prima di uscire di casa quando si preparava per entrare nel mondo. Pensò in modo particolare al suo Spassero (lo Spassero è una specie di uccello, dalla coda setolosa, in uso a Tonnofiorito per spazzolarsi i vestiti, prima di uscire di casa).

Pensò che le poche parole che scambiava ogni mattina con la sua spazzola vivente forse non bastavano a trasmettergli tutta la sua ri-conoscenza. Pensò che avrebbe voluto averlo come amico e che gli sarebbe piaciuto fare con lui lunghe passeggiate per poi fermarsi su di un prato a giocare. Pensò che l’amicizia è una gran bella cosa.

Rincuorato da quei pensieri trovò nuove forze per alzarsi e salire.Giunto lassù in cima lesse di nuovo il cartello affisso sulla porta e

scoprì che la frase era cambiata: non diceva più prego, uno alla volta ma Forza! Che aspetti!?.

Strinse la maniglia con decisione e tirò con tutte le sue forze.

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Il fiuto di Whiten

…con tutte le sue forze e …meraviglia delle meraviglie, una gran-de stanza dai muri di pietra si presentò agli occhi semichiusi di Whi-ten. Una torcia bruciava a rischiarare le pareti, e così, quando potè vedere meglio, scoprì che quello stanzone era tutto ricoperto di vo-lumi, volumetti, libercoli, tomi e ogni sorta di libri rilegati in pelle.

Avanzò in punta di piedi e vide che in fondo alla stanza, sotto un librone scolpito nella roccia, stava uno scranno in pietra con scritto sullo schienale Non di solo pane. Biblioteca di Montesorbo.

Whiten era finito in una antica biblioteca sepolta e forse dimen-ticata, ma... allora chi aveva acceso la torcia? E chi teneva spolverati tutti quei libri?

Bravo Whiten, ottimo fiuto! (Bravo! Qualcuno dirà. Ma non po-teva che essere così perché il fiuto a Tonnofiorito è una caratteristica

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professionale dei chirurghi. In qual paese per laurearsi in Medicina è necessario seguire un corso di Nonmelafai, una materia per imparare a far l’investigatore delle preoccupazioni e delle noie dei tanti pazienti).

Se c’è una torcia, un’uscita dovrà pur esserci, pensò, e la cosa più saggia è di cercarla. Esaminò il soffitto, il pavimento, lo scranno di pietra, spostò qualche libro... finchè non scoprì, ai piedi di una co-lonna tutta ricoperta di volumi, una piccola buccia di mortadella.

Poi alzò lo sguardo piano piano finchè cozzò con il Pomodoro (il nome del naso a Tonnofiorito) contro un libro più sporgente degli altri.

Il libro aveva una copertina di pelle raggrinzita e il bordo delle pagine tutto dorato. Whiten lo prese e lo aprì con cura. Sul fronte-spizio, sotto il titolo, stava scritto Strapazzi per sognare

Fu tanta la curiosità che, senza guardarsi intorno e dimenticando di essere prigioniero di quella biblioteca, Whiten indietreggiò con il libro aperto sino allo scranno sul quale si sedette con un tonfo. Incollò gli occhi alla prima pagina, iniziò a leggere e subito sentì le palpebre appesantirsi...

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L’albero dei macachi

Withen si ritrovò in un sogno. In un suo sogno. Pensò imme-diatamente che essendo suo, quel sogno, avrebbe potuto fare, in quel posto, qualunque cosa come... volare o inventare nuovi mondi. Dopo un po’ scoprì di essere sì in un suo sogno, ma di non esserne padrone. I sogni inventano storie che non dipendono dalla nostra volontà.

Nel sogno c’era una montagna che pareva un enorme cono. Fra lui e la montagna c’era una enorme savana tutta piana e senza arbu-sti, solo al centro della pianura era cresciuto, fra stenti e sacrifici, un albero diventato nel tempo una specie di albergo per macachi.

Withen volò col pensiero sopra la pianura, come si può fare solo nei sogni, e vide dall’alto la montagna-cono, la savana, l’albero e tante altre piccole e grandi cose. Pensò, allora, di attraversare tutta quella terra sino ad arrivare ai piedi del monte e questo accadde.

In quel momento un brontolio profondo annunciò una scossa che fece tremare la terra e poi un tonfo ed una nuova scossa, finché tutto tornò tranquillo come prima.

Withen decise allora che avrebbe scalato la montagna. Ed ecco ancora un tonfo e una scossa che terminò, questa volta, con un lun-go brontolio brrr..uumm..nn. Withen, incuriosito, continuò ad esplorare quel posto finché non trovò una stretta fessura, l’ingresso di una grotta.

Entrando nella fessura sentì ancora un tonfo ed una scossa. S’i-noltrò sempre più profondamente nella grotta rischiarata solo da una luce gialla che proveniva da una vecchia lampada a petrolio che ad ogni scossa oscillava come fosse il pendolo di un cu-cu.

Withen, raggiunta quella luce scoprì che la lampada era appesa con un gancio ad una pietra sporgente sulla quale erano scolpite le parole di una frase che non si poteva leggere perché la luce non la illuminava interamente. Ma ecco ancora un brontolio, un tonfo ed

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una scossa. La lampada iniziò ad oscillare da destra a sinistra e da si-nistra a destra illuminando ora una parte ora l’altra di quella frase scolpita, e Withen lesse: senza un sentiero e la luce si spostò ...non è possibile... e ora la luce rischiarò... raggiungere la libertà.

Withen mise insieme ogni pezzo e ripetè nella mente: senza un sentiero non è possibile raggiungere la libertà.

Ma ecco un nuovo colpo ed una scossa più forti delle altre. Wi-then impaurito volò fuori della grotta come fosse un’aquila, fece un giro attorno alla montagna, vide di nuovo la savana e rasentò la cima dell’albero dei macachi, finché si ritrovò, mente e corpo, all’inizio del suo sogno. Guardò ancora il monte e vide che dal cono stava uscendo un filo di fumo, si voltò, chiuse gli occhi e saltò nel buio, oltre il confine del suo sogno.

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Oltre il confine

Oltre il confine di ogni sogno esiste un territorio inesplorato che nessuno può misurare. Può capitare di finirci, ma sempre sen-za volerlo. Il sentiero che l’attraversa è disposto a cambiare secon-do i desideri di chi lo percorre e così è per i boschi, le case, le mon-tagne.

Chi c’è stato non lo ricorda, ma gli rimane una nostalgia che si fa viva nelle giornate piovose, verso sera, quando il giorno non è più giorno e la notte non ancora notte.

La prima cosa che Whiten incontrò sul suo sentiero fu una pietra strana. Strana perché era lì come messa in quel posto da un qualcu-no inseguito dalla fretta. Strana perché era squadrata, alta e sottile come un libro lasciato in piedi per far notare tutta la sua altezza,... ma non era un libro.

Sembrava, invece, una cosa fatta tutta d’un pezzo e grigia come una lastra di metallo.

Withen si avvicinò alla pietra, ma piano piano e con un po’ di paura quando vide che al centro della lastra stava incisa la lettera A.

Toccò quella A e senti che la lettera sprofondava nella lastra come un dito nel burro tiepido. Pensò di ritrarlo quando avverti, in fondo alla nicchia una punta morbida, Si! La cima di un filo! Piegò il dito ad uncino per portare la cima del filo fuori dalla lettera. Ci riuscì e cominciò a tirare. Withen tirò ancora e ancora: quel filo non finiva più.

Osservò che ogni tanto i tratti del filo cambiavano colore, dal blù all’azzurro chiaro, poi marrone, verde, rosso, rosa e giallo ed ancora rosso, azzurro e ...

Tira, tira, sembrava che tutto il mondo si stesse srotolando come da un gomitolo di lana e quando Whiten si fermò, per riposarsi un

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po’ scoprì che tutto il mondo attorno a lui si era ridotto, i monti, gli alberi, i cespugli e il cielo erano come… srotolati!

Provò a tirare ancora e finì con lo scoprire che tutto era legato al suo filo e i colori non erano altro che quelli di quel mondo. Oddio sto srotolando l’intero universo - pensò. Ormai tutto si era ridotto a meno della metà.

A quel punto, con quel tutto ridotto a metà, pensò che non gli restava che continuare. Dopo una buona mezz’ora Withen fu preso dalla stanchezza e per un attimo chiuse gli occhi, ma solo un attimo, quando li riaprì scoprì di non essere più lì, cioè non più lì dove era prima, o meglio non più nel mondo che si stava srotolando, o per essere più precisi nel mondo che lui stava srotolando.

Ora tutt’attorno era bianco e curvo, cioè... curvo come… come un uovo dal di dentro.

Mentre cercava in tutto quel bianco-tondo un qualche particola-

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re interessante, sentì due colpetti, qualcuno bussava, ma dove, e chi. Dopo un breve silenzio sentì ancora bussare. D’istinto rispose con educazione: avanti!

Allora vide aprirsi, in alto, in quel bianco-tondo-uovo una porti-cina, o forse sarebbe meglio dire: uno sportello. Alla porticina-spor-tello si affacciò un bambino che gli assomigliava, non come un ge-mello, ma come un fratello che ti assomiglia tantissimo con qualche differenza, che tranquillizzò Withen: mentre lui era moro l’altro era di un colore fra il bianco e l’arancio.

Il bimbo bianco-arancio dopo essersi seduto sulla porticina-sportello dalla quale si era affacciato, si lascio scivolare scendendo dall’alto di quel bianco-tondo-uovo sino ai piedi di Withen.

Ciao! - disse.Ciao. - rispose Withen.Come va! - chiese.Non c’è male - rispose WithenTi annoi? - domandòNo - dichiarò WithenVuoi giocare? - continuòSai giocare a Mondo? - gli chiese di nuovoBeh? Non so?! - rispose Withen stupitoIl bimbo bianco-arancio continuò - Se sai già giocare a Mondo

puoi guardarmi con un aria un po’ saputella, ma se non conosci questo gioco antico guarda bene e non perdere neppure una parola.

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Il gioco del Mondo

Prima di tutto si deve preparare il Mondo tracciando per terra con un gesso, o con un bastoncino, un rettangolo numerato da 1 a 9 e con una casella per il riposo R.

Si comincia lanciando un sassolino nella casella numero 1 (ma mi raccomando non deve cadere sulla linea, ma dentro la casella) fatto questo puoi cominciare a fare il giro del Mondo saltando con una gamba sola nella casella 1, poi alla 2, alla 3 ... e così via sino alla nove (se sei stanco puoi riposarti cambiando gamba alla casella con

la R che vuol dire Riposo).Guai se saltellando metterai il piede sulla linea tracciata:

se lo farai perderai il giro e dovrai ritornare tristemente alla partenza per ricominciare.

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Ecco se riesci a fare il primo giro puoi lanciare il sassolino nella casella 2 e se questo cadrà nel posto giusto potrai fare un altro giro del Mondo. Se ci riuscirai potrai lanciare, dalla partenza, il sassolino nella casella 3 e così via sino alla fine del viaggio o al primo errore.

Può sembrare un gioco semplice ma non lo è. Alla prima casella è quel Mondo che si conosce bene e quindi tutto è semplice, alla secon-da è il Mondo della periferia dove si comincia a trovare qualche dif-ficoltà. Alla terza casella è quel Mondo che si conosce perchè ci siamo stati almeno una volta nella vita durante un viaggetto, e alla quarta cominciamo già ad allontanarci quel tanto che richiede già un po’ di coraggio.

Poi per fortuna arriva il Riposo ma da quel punto in poi il Mon-do sarà tutto sconosciuto e qualunque cosa potrà accadere.

Il gioco continua e i fortunati e i coraggiosi si avventurano alla casella 6 e se dimostrano di essere dei veri esploratori potranno ten-tare di entrare con un piede nel Mondo della 7. Qui inizia il mistero perchè ciò che accade nella 7, nella 8 e nella 9 nove possono raccon-tarlo solo coloro che sono riusciti a conoscere quell’avventura.

Finita la spiegazione il bimbo bianco-arancio chiese a Whiten di scegliere fra due regali: una piadina spalmata di nutella o un viag-gio in Perù. Whiten non ebbe dubbi e già leccava il cioccolato sulle labbra quando…

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La pozzancora

Whiten si svegliò. Si alzò dallo scranno tutto frastornato e prima di riporre il libro sullo scaffale da dove lo aveva preso si ricordò che era ancora lì, prigioniero, nella Biblioteca di Montesorbo.

Non ricordandosi più del posto esatto dove aveva preso quel libro di avventure, si mise alla ricerca della buccia di mortadella. La trovò, la raccolse per guardarla meglio e scoprì che una parte di questa fini-va sotto la libreria. Tirò forte, ancora più forte, ma la buccia non ce-deva. Per poter fare più forza con entrambe le mani posò il libro sul-lo scaffale, e senza volerlo lo depose nel punto esatto da dove l’aveva preso e... la buccia cedette, nel soffitto si aprì lentamente una botola e dalla libreria uscirono alcuni libri a formare una scala per portarlo sin lassù.

Non era il caso di aspettare, la botola come si era aperta poteva chiudersi da un momento all’altro. Whiten dopo aver saggiato con la punta del piede il primo libro-scalino, si lancio sulla scala e in un attimo balzò fuori dalla biblioteca. Si guardò attorno impaurito, il fiatone, per lo slancio e per la paura, lo stava scuotendo dal pancio-ne in sù, compresi gli occhiali, e così tutto ballava in un sali scendi da montagne-russe.

Appena si calmò sentì che sulla sua fronte accaldata stava scivo-lando un venticello fresco. Fermò meglio gli occhiali sul Pomodoro (lo fece col mignolo della mano sinistra come usa nelle migliori fa-miglie di Tonnofiorito) e scoprì di trovarsi in una Pieve Romantica (noi diremmo Romanica, ma a Tonnofiorito preferiscono le parole dolci) la Pieve Romantica di Montesorbo.

Tutto era lì proprio come in una Pieve: i muri di pietra, le colon-ne, i capitelli, l’altare.

Tutto era lì, fermo e in silenzio da chissà quanto tempo. Vide il portone spalancato e fuori la luce di un pomeriggio sereno, gli alberi di un bosco e un prato ben curato.

Whiten si avviò verso l’uscita con il passo e l’aria di chi è appena

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sceso da un Autoscontro. Oltrepassò la porta. L’aria fresca gli pene-trò nelle narici e lo fece sussultare di un brivido violento. Abituò gli occhi alla luce e si sentì al sicuro. Era sul prato.

Forse si addormentò perché stanco dall’avventura, o forse fu solo un momento di stordimento, ma quando si riprese vide al suo fian-co una creatura particolare. Nulla di speciale, ma nemmeno nulla di ordinario. Guardò meglio e scoprì che quella che vedeva era una im-magine in una piccola pozza d’acqua (Whiten l’avrebbe chiamata una Pozzancora perché a Tonnofiorito le pozze di questo tipo ser-vono ai più smilzi, nei giorni di forte vento, per gettarvi una specie di ancora di salvataggio).

Guardando bene scoprì che quell’immagine non era il riflesso di nulla e che quindi era una vera e propria creatura nella Pozzancora che lo guardava e che ora, ascoltando bene, gli stava parlando. Whi-ten si stese sull’erba ed ascoltò in silenzio storie di cavalli e di lune, di animali fantastici nati dalla pietra, di grandi imprese e di desideri

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realizzati, ed ancora di comete, alberi magici, pesci volanti e di so-gni, storie, di uomini e di foreste.

La creatura della pozza era la guardiana della Pieve che di notte lavorava in un allevamento di piume e di giorno custodiva la Pieve, il gioiello di Montesorbo.

Whiten passò ore ed ore ad ascoltarla, scoprì nuove meraviglie e misteri: perché la luna insegue il sole e perchè non c’è cura per il raffreddore. Scoprì che il mondo è più grande di quello che appare e che diventa piccolo solo quando non lo si vuole guardare. Che per raggiungere la libertà ci vuole un sentiero e che spesso i sentieri mi-gliori partono dai nostri sogni.

Ora a Tonnofiorito c’è una lapide accanto ad un Polfiore. Sulla lapide, voluta dagli amici di Whiten che lo credono scomparso per sempre, sta scritto Alla memoria di un amico coraggioso scomparso un giorno per amor di scienza e per la viltà di un topo presuntuoso.

Ma Whiten è a Montesorbo e vive allevando piume.

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SAPUTARIO

- A - lettera scolpita nella lastra che Whiten incontro sul sentiero del suo sogno.- aiaaah - urlo del ciapasas colpito da una pietra.- Albero del gianduiotto - l’albero che secondo Gradiolo, cugino di Whiten, avrebbe rivoluzionato il modo di gustarsi la merenda.- Antica Pulce - nome della clinica dove Whiten ha studiato la psi-cologia del prurito dell’unghia.- Autoscontro - gioco dove il divertimento sta nello scontrarsi senza farsi male, stando dentro delle macchinine buffe.- Bianco-tondo-uovo - il posto in cui Whiten si trovò dopo aver mezzo srotolato il mondo dove si trovava in quel momento.- Biblioteca di Montesorbo - biblioteca che si trova misteriosamen-te a Montesorbo.- Bimbo bianco-arancio - il bimbo che sbucò dalla porticina- spor-tello e insegno a Whiten a giocare il gioco del Mondo.- brrr..uumm..nn - brontolio proveniente dalla montagna-cono che annuncia un probabile terremoto.- Canale di lavoro - luogo di lavoro del ciapasas.- Ciapasas (acchiappasassi) - raccoglie al volo i sassi e le pietre che vengono lanciati nei pozzi, questo per impedire che un sasso dopo l’altro e che una pietra oggi ed una domani, riempiano i pozzi.- Gladiolo - cugino di Whiten che non volle studiare per scegliere di vivere del raccolto del suo piccolo campo di pop-corn e con l’am-bizione di rivoluzionare la marenda.- Gruviera - formaggio con i buchi simile all’emmenthal e la forma della stanza a bidè in cui capitò Whiten inseguendo Piedi Dolci.

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- Lo sguercio - un giornale di Tonnofiorito.- Libro-scalino - scalino della scala della biblioteca di Montesorbo.- Marmellata di asparagi - la marmellata della merenda preferita da Whiten, quando era piccolo.- Materio - cognato del ciapasas che incontrò Whiten.- Mente Scientifica - la mente curiosa di Whiten basata sul provare e riprovare per riuscire a capire meglio.- Montagna-cono - la mantagna del sogno di Whiten.- Montagne russe - grande gioca da parco dei divertimenti. dove si corre con una macchinina e si urla dalla paura perché si sta come sulla schiena di un serpente quando ha il singhiozzo. - Montesorbo - si trova in Romagna, in provincia di Forlì-Cesena, vicino a Mercato Saraceno.- Mutande di scoiattolo - meglio non parlarne.- Non di solo pane... - nome della biblioteca di Montesorbo.- Nonloso - nome di anno a Tonnofiorito.- Nonmelafai - materia, studiata da Whiten, per imparare a far l’in-vestigatore delle preoccupazioni e delle noie dei tanti pazienti.- ooou..ffff..aa.sssc - suono sordo e prolungato fra lo sbuffo ed il ri-succhio fatto dal ciapasas irritato da Whiten.- Parapiglie - macchinette molto utili per scappare al momento giu-sto.- Piedi Dolci - nome del topo sbadato che ruzzolò sulle scarpe di Whiten. - Pieve Romanica - chiesetta spesso solitaria fatta di pietra scolpita dove la luce entra chiedendo il permesso.- Pieve Romantica - il nome che a Tonnofiorito danno alle Pievi Romaniche.

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- Polfiore - nota specie di grandi fiori a forma di comoda poltrona.

- Pomodoro - nome del naso a Tonnofiorito.

- Porte di Whiten - le diverse porte che attraversa Whiten nel suo viaggio, ma ho perso il conto: quante sono?

- Porticina-sportello - la porticina da dove sbucò il bimbo bianco-arancio.

- Pozzancora - pozze che a Tonnofiorito servono ai più smilzi, nei giorni di forte vento, per gettarvi una specie di ancora di salvatag-gio.

- Pozzo magico - pozzo misterioso senza fondo (ce ne sono tanti).

- Premierprune (prima-susina-secca) - il cognome del babbo di Whiten.

- Sin da ragazzo - Sin da ragazzo era sempre stato così, come quando era impegnato a provare la resistenza dei polpacci di grillo o saggia-va l’alito delle lumache dell’erba cipollina. Era come se nel cervello si chiudesse una porticina per lasciare fuori il mondo; e questo avveniva anche quando lo chiamavo per la sua merenda preferita: la marmella-ta di asparagi. Intervista fatta da un giornalista alla mamma di Whi-ten, riportata su “Lo sguercio” un giornale di Tonnofiorito, uscito nell’anniversario della sua scomparsa dal prato della merenda.

- Scranno - una sedia importante con schienale e braccioli partico-larmente alti.

- Prof. Sguaina Laccetti - primario della clinica Villa Amabile

- Saputario - come è chiamato il vocabolario a Tonnofiorito.

- Senza un sentiero non è possibile raggiungere la libertà – la frase che Whiten lesse nella caverna della mantagna-cono.

- Spassero - specie di uccello, dalla coda setolosa, in uso a Tonnofio-rito per spazzolarsi i vestiti, prima di uscire di casa.

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- Squisita Università di Lutezia - Università dove Whiten ha impa-rato la tecnica della asportazione morbida presso.- Stanza a bidè - stanza nella quale Whiten capitò e dove abbe inizio la sua avventura.- Strapazzi per sognare - titolo del libro che Whiten trovo nella bi-blioteca di Montesorbo.- tonf - rimore delle pietre che arrivano in fondo al pozzo, se arriva-no.- Tonnofiorito - cittadina dove è nato e abita Whiten.- Torre-ufficio - dove Whiten fu preso dalla tristezza nel pensare che nella sua vita aveva dedicato poco tempo all’amicizia e agli af-fetti. - Valloasapere - nome di uno dei 37 mesi dell’anno a Tonnofiorito. - Villa Amabile - clinica dove Whiten incontro quella meravigliosa ragazza che avrebbe potuto cambiargli la vita- Whitenwhener (sbianca-ogni-qual-volta) - il nome della mamma di Whiten.- Whitenwhenerpremierprune.Il nome completo di Whiten non era altro che quello di sua ma-dre e di suo padre messi assieme come si usava a Tonnofiorito, ma forse è bene spiegarsi meglio: Whitenwhener era il cognome di sua madre, cognome che derivava da Whiten, che significa sbiancare, e Whene’er, che, provenente da Whenever, significa ogni-qual-volta: quindi Whitenwhener suona più o meno così: sbianca-ogni-qual-volta, e forse nasceva dal fatto che quella signora faceva la lavandaia di mutandine di scoiattolo (gli scoiattoli non si lavano molto e non vi dico come riducono le mutande!).Ora, il cognome del padre di Whiten era Premierprune, composto da Premier che significa il primo o la prima, e da Prune che vuol dire precisamente susina-secca, quindi tutto insieme: prima-susina-secca, nome che certamente derivava dal fatto che il signor Premierprune

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era un impiegato pubblico con la qualifica funzionale di primo as-saggiatore di susine secche.Ecco!! Fatti i conti, il nome del nostro famoso chirurgo di pellicine tutto insieme suonava così: sbianca-ogni-qual volta-la-prima-susi-na-secca, appunto Whitenwhenerpremierprune che appare troppo buffo per non mettersi a ridere a bocca aperta.- Zucca - nome della testa a Tonnofiorito.

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Whiten scoprì che il mondo è più grande di quello che appare e che diventa piccolo solo quando non lo si vuole guardare, che per ogni avventura ci vuole un sentiero e che spesso i sentieri migliori hanno inizio dai nostri sogni.

Anita Fontana - Mario Turci

Lo strano pomeriggio del Signor

Whitenwhenerpremierprune

(whiten per gli amici)

Una storia a mezz’aria