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Corso per Accompagnatori nella fede di gruppi di Genitori nel cammino di Iniziazione cristiana dei figli LO STILE DI GESU’ IV Incontro, Trento, sabato 21 novembre 2009 Dal Vangelo secondo Luca (9,57-62) In quel tempo, mentre andavano per la strada, un tale disse a Gesù: «Ti seguirò dovunque tu vada». Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, concedimi di andare a seppellire prima mio padre». Gesù replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu và e annunzia il regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che ha messo mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio». Parola del Signore. Lode a Te, o Cristo

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Corso per Accompagnatori nella fede di gruppi di Genitori

nel cammino di Iniziazione cristiana dei figli

LO STILE DI GESU’

IV Incontro, Trento, sabato 21 novembre 2009

Dal Vangelo secondo Luca (9,57-62)

In quel tempo, mentre andavano per la strada, un tale disse a Gesù: «Ti seguirò dovunque tu vada». Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, concedimi di andare a seppellire prima mio padre». Gesù replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu và e annunzia il regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che ha messo mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio». Parola del Signore. Lode a Te, o Cristo

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Introduzione: Come le folle di un tempo ci poniamo, idealmente, in cammino per andare ad ascoltare Gesù: “Nessuno ha mai parlato così, con tale autorità”, era l’affermazione dei suoi stessi oppositori e nemici. Un’affermazione che suona come un “complimento”, del resto, è noto come la gente, pur di seguirlo ed ascoltare la sua parola, dimenticava persino di portarsi il cibo (cfr. moltiplicazione di pani). La realtà “nuova” della predicazione di Gesù sta nel fatto che non cerca discepoli per condurli ad una dottrina o ad una particolare “visione” del mondo. L’ideale del suo annuncio è attrarli, unirli alla sua vita, alla sua Persona. Tutto il resto deve cedere. (Cfr. il giovane ... seppellire = comandamento del Signore! Ma Gesù è più grande della “Legge”).

“Ecco l’Agnello di Dio!! (Gv 1,36)

Un giorno, quando ancora era un “profeta sconosciuto” a molti, Gesù passò presso il fiume Giordano, nel luogo dove Giovanni Battista attirava le folle chiamandole a portare “un frutto degno della conversione” (Mt 3,8). Insieme Giovanni il Battista, in quel momento, stavano due dei suoi discepoli e rivolgendosi ad essi il Precursore indicò Gesù: “Ecco l’Agnello di Dio!! (Gv 1,36). A quell’annuncio segue il silenzio e il cammino. I due discepoli di Giovanni Battista lasciano il loro maestro e silenziosi seguono Gesù. Lasciamo la parola a uno dei due:

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“Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: ‘Che cosa cercate?’. Gli risposero: ‘Rabbì -che, tradotto, significa Maestro-, dove dimori?’. Disse loro: ‘Venite e vedrete’. Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio” (Gv 1,38-39).

“Venite e vedrete”; “rimasero con lui”. Tre verbi che valgono una vita, che rivelano uno stile che trasformano il cuore,

che cambiano la storia. Il “conoscere” e lo “sperimentare”.

“Venite e vedrete”; “rimasero con lui”. Tre verbi che valgono una vita, che rivelano uno stile che trasformano il cuore, che cambiano la storia. Infatti si mescolano il “conoscere” e lo “sperimentare”. Quando si deve o si desidera “accompagnare” qualcuno, risulta necessario “provare prima”. Chi, infatti, accompagnerebbe un gruppo di bambini in una gita in montagna senza averne provato i sentieri. Chi “guiderebbe”, con serietà, un gruppo di adulti in luoghi non conosciuti.

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Prendiamo in mano il vocabolario

Accompagnare: verbo transitivo, derivato di compagno, (cum panis). Il dizionario si diffonde nelle spiegazioni fino a ricordare che tale verbo trova impiego per indicare il “seguire”, “l’unirsi a” fino alla relazione nuziale tra uomo e donna. Inoltre il dizionario cita “l’accompagnamento musicale”.

Educare: verbo transitivo, (dal latino educare, intensivo di educere “trar fuori, allevare”, composto di e- e ducere “trarre, condurre”. Poi il Vocabolario Treccani della Lingua Italiana prosegue: “In generale, promuovere con l’insegnamento e con l’esempio lo sviluppo delle facoltà intellettuali, estetiche, e delle qualità morali di una persona…”. E ancora: “Sviluppare e affinare le attitudini e la sensibilità (in modo assoluto o dirigendole verso un fine determinato): e. il cuore, la mente, gli affetti, la volontà, l’ingegno, la fantasia, l’immaginazione, il gusto, i sensi; e. all’arte, al culto della verità o della libertà…”.

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Stile: s.m. (Lat. Stilus “stilo”). 6a. Modo abituale di comportarsi, di agire di parlare (…). b. Signorilità di modi, discrezione e correttezza nel comportamento, sobrietà nel vestire… Alla luce del vocabolario possiamo considerare due aspetti dello “stile”. Il modo “in sé” del comportamento e il modo di “porsi in relazione”.

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Gesù, l’Uomo che vive con “stile” Nelle narrazioni evangeliche sono riconoscibili alcuni tratti predominanti; essi risultano come “scolpiti” nelle parole e nelle opere. Si tratta di uno “stile vitale” che serpeggia ovunque negli Evangeli. Il suo parlare ha una risonanza personale e un colore unico. Egli ama il racconto concreto, espressivo, colorito, il contrasto netto, a volte l’esagerazione grottesca, il gioco di parole facile da ricordare, la replica pronta e appropriata, a volte l’umorismo sottile. L’insieme crea uno “stile” caratteristico, che non si può trovare da nessun’altra parte e che non ha confronti. Si possono rilevare i tratti costanti del suo comportamento: amore sempre uguale per i peccatori, pietà per tutti coloro che soffrono o sono oppressi, durezza impietosa verso ogni forma di autosufficienza, santa collera contro la menzogna e l’ipocrisia. In tutto questo, e sopra di tutto questo, vi è un riferimento radicale a Dio, il Padre.

Lo stile della missione: Inviato dal Padre, Egli adempie in modo indefettibile al disegno che il Padre gli ha confidato. “Entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: ‘Ecco, io vengo –poiché di me sta scritto nel rotolo del libro- per fare, o Dio, la tua volontà’” (Eb 10, 6-7). “Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera” (Gv 4, 34). “…non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo” (Gv 12, 47). Accoglie e non rifiuta; ama e non giudica; serve senza farsi servire; dona senza riserve e senza attesa di ricambio.

Lo stile della generosità coraggiosa: che non si arresta neppure davanti alla scarsità dei frutti. Fino alla Croce: “Stavano presso la Croce di Gesù sua madre, la sorella di

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sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala” (Gv 19,25), con queste poche donne solo un discepolo, il più giovane. Per il resto, nello strazio dell’ora, è solo l’inveire amaro a blasfemo del “tentatore” nella voce della gente: “Se tu sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce!” (Mt 27,46b).

Lo stile della vigilanza: affinché alla tenerezza si unisca la chiarezza; alla misericordia la verità: vedi il caso della donna adultera. “Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: ‘Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro’” (Mc 6, 7-11). Per il discepolo, accogliere l’Evangelo che è inviato ad annunziare, è avere fiducia in Dio. L’uomo nasce con il “sospetto” contro Dio, a partire dal peccato di Adamo. “Scuotere la polvere” non è “maledizione”, ma non correre il rischio che l’incredulità altrui si attacchi a te.

Lo stile dell’impegno: “Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, Gesù si diresse DECISAMENTE verso Gerusalemme e mandò avanti dei messaggeri” (Lc 9,51-52). Consapevole di quanto lo attende nella Città Santa, Gesù, fedele al progetto che il Padre gli ha affidato al Battesimo nel fiume Giordano, non si arresta, non “rallenta”, anzi “decisamente” percorre la via che sente sua.

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Gesù, l’Uomo che agisce e tratta con “stile” Il modo di essere di Gesù di Nazaret si rivela nel suo rapportarsi con le persone di ogni provenienza o ceto. Proviamo a “frequentare” alcuni personaggi che hanno incontrato Gesù, per tentare di capire e trovare una via da percorrere. Per noi chiamati all’annuncio all’inizio del terzo millennio è forte un problema: come conciliare la “libertà” dell’interlocutore a cui ci rivolgiamo e la “gratuità” dell’annuncio che portiamo con il monito pressante di Paolo apostolo: “Guai a me se non evangelizzo” (1 Cor 9,16)?

“Vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare …

Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini”

“Vide altri due fratelli, Giacomo figlio di Zebedeo e Giovanni suo fratello … e li chiamò”

(Mt 4,18-22)

La chiamata di Simone e Andrea e dei figli di Zebedeo: Gesù “passa, guarda, chiama”. Generalmente la sua chiamata avviene con una sola parola “SEGUIMI”. Non offre “programmi” precostituiti”! I pescatori lasciano le reti. Rinunciano ad una vita magari povera ma umanamente sicura per seguire uno che non ha “una pietra per posare il capo”. Si fidano ciecamente di lui della sua parola (Pietro sull’acqua). Non si possono porre condizioni per seguirlo (seppellire, salutare...)! “Chi mette mano all'aratro e si volge indietro non è adatto al Regno di Dio”. Fra Lui e gli uomini non c’è posto per nulla e per nessuno. Tutto cede davanti a lui, Signore del sabato. Mettersi con Lui comporta sempre un distacco: “Ed essi lasciata la barca e il padre lo seguirono”.

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La sequela di Cristo richiede più che la pura e semplice “osservanza” della Legge, (cfr. il giovane ricco, costui afferma di aver osservato la Legge “fin da bambino”, e il dato è certo e vero, perché “Gesù fissatolo lo amò”).

“Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: ‘Seguimi’.

Ed egli si alzò e lo seguì” (Mc 2, 13-17)

Levi il pubblicano: anche qui una sola parola decisa, franca, il tavolo da cambiavalute e i soldi restano abbandonati. Quindi Gesù entra in casa sua e: “anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli” (Mc 2, 15).

“Donna che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora” (Gv 2,4)

La Madre alle nozze di Cana: il dialogo con la Madre.

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“Chi mi ha toccato?... …tremante, venne e si gettò ai suoi piedi…

‘Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace’”. (Lc 8,43-48)

L’emorroissa: Luca, il medico, narra con delicatezza il fatto della donna che aveva speso tutto i suoi averi con i suoi “colleghi” senza averne rimedio, anzi peggiorando. Timida la donna cerca di toccare il lembo del vestito. Gesù sente “uscire da Lui” la potenza che la risana e chiama la donna a colloquio. Gesù vuole conoscere la fede, sia pure furtiva, di quella povera creatura. La povera donna alle parole del Maestro capisce di non essere rimasta inosservata, impaurita crede di meritare un rimprovero, perché, “immonda” ha toccato la veste del Signore, si getta dunque ai suoi piedi e manifesta tutto. Gesù l’accoglie e ben lungi dal rimproverarla, attribuisce alla sua fede il miracolo e la rinvia in pace.

“Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” “Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai”

(Mt 16, 16-17; Mt 16,21-23)

Pietro riconosce il Messia e non accoglie l’annuncio della passione: due situazioni “contigue”, prima il “riconoscimento”, con la lode piena del Maestro. Poi il tentativo di fermare Gesù per paura a cui segue il rimprovero fortissimo del Signore. Ma

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pensiamo anche al “rinnegamento” e allo “sguardo” di Gesù che suscita il pianto del pentimento. Le tre domande dopo la resurrezione: “Mi ami?”.

“Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei” “Neanch’io ti condanno, va’ e d’ora in poi non peccare più”

(Gv 8, 1-11)

L’adultera: Si veda nel testo l’agire di Gesù con gli accusatori e il suo atteggiamento verso quella donna umiliata.

“Dammi da bere!” “Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui”

“Sono io, che parlo con te (Gv 4, 5-42)

La samaritana: Gesù non propone messaggi, propone se stesso: “Come ho fatto io”. Usanze e tradizioni umane sono superate. tra i suoi discepoli accoglie anche delle donne, fatto inconcepibile per i Rabbi del tempo. Cristo è sovranamente libero davanti alla mentalità umana, per Lui non vi è differenza in dignità tra uomo e donna. E ancor più, contravvenendo agli usi del tempo accoglie tra i suoi discepoli oltre alle donne, gli indotti, i pagani, i pubblicani, gli schiavi, i poveri.

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Gli stessi suoi discepoli stupiscono per il colloquio con la Samaritana. Inoltre, proprio tra le donne scorgiamo testimonianze di discepolato che fanno arrossire gli Apostoli: Marta e Maria, le donne al Calvario e alla Tomba.

“Simone ho da dirti qualcosa…” (Lc 7, 36-50)

Simone il fariseo: franchezza nel parlare e rivelare il cuore con le sue chiusure e povertà. Delicatezza e insieme forza.

“Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?”

(Gv 18, 23)

Il servo del sommo sacerdote (lo schiaffo): Mitezza di Gesù, ma anche il coraggio del rispondere, del chiedere.

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“Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!” (Lc 11, 28)

La donna entusiasta: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!” (Lc 11,27). Il grido entusiasta di una donna si leva “dalla folla” “mentre Gesù parlava”. Questa anonima ammiratrice, nel suo irrefrenabile entusiasmo interrompe il parlare di Gesù e ci dona un indizio del “fascino” che promana dal profeta di Nazaret, la sua “acclamazione” è molto “carnale”, per così dire, e proprio per questo Gesù riporta l’attenzione su un piano ben più elevato: “l’ascolto e la pratica della parola di Dio”.

“Stolti e lenti di cuore a credere In tutto ciò che hanno detto i profeti”

(Lc 24, 25)

I due di Emmaus: storia di un “ascolto” che spalanca gli … “occhi”. “Lo riconobbero”.

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Il “colloquio” con il Padre Pensare a Dio come a un padre non era atteggiamento spirituale ignoto nel popolo d’Israele. Ma si trattava di una “paternità” colta in rapporto all’intero popolo. Anche il re era chiamato. “Figlio di Dio” per il fatto che la consacrazione regale lo rendeva rappresentante di tutta la nazione. Nessuno però in Israele ha mai fatto della paternità di Dio un’esperienza paragonabile a quella di Gesù. Il ricordo continuo, caldo e affettuoso del Padre segna di sé ogni suo discorso, ogni suo atto, ogni sua ora: non c’è pagina degli Evangeli che non ne faccia testimonianza. Tutta la vita storica terrena di Gesù fu scandita da un interrotto e diuturno dialogo d’amore con il Padre. Lui, così presente all’umanità, alle necessità dei più poveri, degli emarginati, dei rifiutati, Lui così instancabile in mezzo alla folla, dimentico di sé al punto che: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo hanno i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Mt 8,20), trova la fonte del suo “parlare ed operare” nell’incontro incessante con il Padre suo: “Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera” (Gv 4, 34). Quale la preghiera, quali le parole che il Figlio rivolge al Padre nell’inesausto colloquio?

• La lode e l’adorazione: “Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra…” (Mt 11,25);

• il rendimento di grazie: “Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato” (Gv 11, 41);

• la supplica, la domanda per la gloria divina: “Padre, glorifica il tuo nome” (Gv 12, 28);

• la supplica a favore degli amici: “Padre santo, custodiscili nel tuo nome” (Gv 17, 11);

• la supplica a favore dei nemici: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34)

Le sette parole di Cristo in Croce Dicono i saggi, che l’uomo si rivela pienamente per quello che è, proprio nel momento culminante della vita, cioè nel momento in cui deve “riconsegnare” la sua esistenza nelle mani del Creatore. Abbiamo già sottolineato come gli Evangeli non si preoccupano di offrire descrizioni sulla “Persona” di Gesù, la sua realtà fisica o psicologia, ma tutto traspare con evidenza dalle parole e dai gesti del Maestro. Il momento culminante della sua esistenza terrena, la sua Morte in Croce, è scandito da “sette parole” che ci danno un’intima conoscenza di Gesù di Nazaret, il Cristo di Dio:

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“Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34)

La “prima parola” è una preghiera di supplica che Egli, nello strazio lancinante della crocifissione, eleva per i suoi stessi carnefici. Un accoglienza delle persone che non può essere più radicale e totale. Preghiera al Padre, preghiera per i persecutori. Quale insegnamento attingere nel nostro essere “accompagnatori nella fede” dei nostri fratelli”?

“Oggi con me sarai nel paradiso” (Lc 23,43)

Lo “stile” del Morente è testimonianza viva per uno dei due malfattori condannati alla medesima pena: “Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: ‘Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!’ L’altro invece lo rimproverava dicendo: ‘Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male’. E disse:’Gesù, ricordati di me quando entrerai (vieni) nel tuo regno’. Gli rispose: ‘In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso’” (Lc 23, 39-43). Parola di misericordia che non giudica, ma accoglie e perdona.

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“Donna, ecco tuo Figlio … (mio discepolo) Ecco tua madre”

(Gv 19,26-27) “Cristo sulla Croce formò la sua Chiesa, e dal suo Cuore aperto le diede la vita, come dal costato di Adamo fu formata la donna. Maria, che aveva dato a Gesù il Corpo reale, doveva dargli anche il Corpo mistico, ed Egli perciò la costituì Madre di tutti i redenti…” (D. Ruotolo, I quattro Evangeli, pag. 2126.

“Ho sete” (Gv 19,28)

La “quarta parola” è ancora una preghiera: “Ho sete” (Sal 68, 22) un Salmo di “Supplica individuale”, anche qui “adempie la Scrittura” (Gv 19, 28). I soldati con raffinata crudeltà gli porgono la spugna con aceto per risvegliarlo e così acuirgli i dolori (Gv 19, 29).

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“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mc 15,34)

La “quinta parola” : mirabile Salmo, il 21, “Supplica individuale”. Tutto da “pregare” e meditare con amore infinito.

“Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46)

L’evangelista Luca , nella “sesta parola” riporta che Gesù grida al Padre suo la fiducia del Salmo 30,6, una “Supplica individuale”: “Padre [di certo, Abba’], nelle Mani tue io affido lo spirito mio”. E spira.

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“E’ compiuto” (Gv 19,30)

Gesù pronuncia la parola finale: “Tetélestai – è stato adempito [dal Padre]”. Il popolo adesso è partorito nel terrificante dolore del parto messianico, e “Dio lo fece”. Il Salmo 21, del Giusto sofferente, è finito con l’ultima parola dell’ultimo versetto (v. 32). Gesù perciò si affida al Padre; gli china il capo per dirgli il “Sì!” definitivo, sigillo del “Sì” dell’intera sua esistenza, e gli “riconsegna lo Spirito” che il Padre gli aveva donato al Battesimo (v.19,30). Adesso da Lui il Padre può effondere lo Spirito Santo sugli uomini da redimere.

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Quale lo “stile” dei discepoli di Gesù? Dopo aver considerato il “modo di essere” di Gesù di Nazaret e “il suo rapportarsi” con le persone di ogni ceto e rango è tempo di considerare cosa Egli chiede ai suoi discepoli.

“Vi mando come agnelli in mezzo a lupi” (Lc 10,3 )

Come si impara ad essere “agnelli”?

“Ecco l’Agnello di Dio …” = Agnello - Figlio - Servo - Pane Questo “lo stile” dei discepoli: “agnelli” come Cristo. Per assumere lo stile di Gesù il discepolo deve percorrere, mosso dallo Spirito e docile a Lui, la via evangelica, nella consapevolezza del Dono che proviene dal Battesimo, dalla Cresima e dal Convito eucaristico sempre celebrato e partecipato in ogni Domenica.

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Egli li aveva chiamati a sé con duplice finalità: “Perché stessero con lui e per mandarli a predicare” (Mc 3,14). “Stare con Lui” è la prima realtà necessaria e la fonte di tutto. Il discepolo di Lui non può “viaggiare” in solitudine, non può “andare”, non può annunciare. Non c’è auto redenzione o auto salvezza. “Stare con Lui”, fare esperienza del suo amore di dilezione è la fonte dell’invio. Non siamo noi a scegliere Lui, ma Lui sceglie, Lui chiama, Lui invia ad annunciare il Regno con la parola e la vita resa nuova dalla frequentazione di Lui e dal Dono vivificante del suo Spirito.

Guardando a Lui, ascoltando Lui, lasciandoci afferrare da Lui, innamorandoci di Lui, ogni scelta, ogni cammino, ogni ministero è possibile. Aderendo a Cristo troveremo la via della Vita e ameremo la strada della testimonianza, del servizio all’annuncio che ci è stato affidato. Il nostro essere, il nostro agire, ogni nostro operare deve assumere lo stile del Signore Gesù. Compito primario e fondamentale, dunque, è “evangelizzare Gesù” (cf. At 8, 35). E’ ovvio, che possiamo e dobbiamo occuparci cristianamente di tutto: la pace, il dialogo, la fame nel mondo, lo sport, la cultura, ecc.; ma nessuno dei nostri problemi va affrontato senza che in maniera esplicita sia insieme richiamata la verità primaria, illuminante, salvifica, onnicomprensiva del Figlio di Dio fatto Uomo. Non succeda che valga per noi la dolorosa annotazione di don Divo Barsotti che annotava come nei tempi presenti, negli ambienti ecclesiali, Cristo è “un pretesto per parlare d’altro”. “Andate, Annunciate, fate memoria, ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Cfr Mt 28, 19).

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Conclusione: Da ultimo, alcune “parole programmatiche” che accompagnino il cammino di ogni giorno. Parole da esaminare, da custodire e da ripensare nei giorni che il Signore ci dona per il servizio a Lui e ai fratelli nostri.

“Verifica”: derivato di verificare. Composto di verus e facere: accettare mediante prove e controlli l’esistenza, la qualità, la regolarità o conformità, l’esattezza o la rispondenza a verità di fatti, oggetti, situazioni, fenomeni, ipotesi. E’ “fare verità” dentro di noi. Valutare la rispondenza del nostro dire al nostro agire. Dall’annuncio all’esperienza di vita. Con franchezza e continuità.

“Motivazione”: derivato di motivare:- motivo: stato d’animo, convinzione intellettuale, principio morale che, influendo sulla volontà, spinge ad agire in un determinato modo o a compiere una determinata azione. E’ essere consapevoli di Colui che si è fidato di noi ed al quale abbiamo dato fiducia. Comunione con Lui e vita in testimonianza a Lui.

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“Coerenza”: dal lat. Derivato di COHAERERE, coerente, = “essere strettamente unito”, “essere attaccato”. Unito bene = “Per me vivere è Cristo”.

“Perseveranza”: dal lat. perseverare derivato di severus: persistere, mantenersi fermo e costante nei propositi, nelle azioni, nello svolgimento di un’attività. Paolo afferma: “tratto duramente il mio corpo e lo trascino in schiavitù” in gr. δουλαγωγω, rendere servo.

“Sacrificio”: dal lat. sacrum “rito sacro” e ficium “fare”. Atto di culto rituale, presente in tutte le tradizioni religiose, che implica generalmente un atteggiamento di sottomissione al sacro e il desiderio di stabilire un rapporto con esso. (cfr Sacrificio di lode).

Page 23: LO STILE DI GESU’ - WebDiocesi...annunzia il regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa». Ma Gesù gli rispose:

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Applicare questi termini alla nostra vita, ci renderà docili all’Evangelo e in grado di, assumere lo sguardo e lo stile di Cristo Gesù e nel suo Nome accompagnare e guidare con amore i fratelli nel loro cammino di fede. L’esperienza della nostra debolezza e del nostro peccato, accolta nell’umile fiducia e abbandono alla misericordia del Padre ci farà grandi e santi. Infatti, l’essenza della nostra vita è essere in crescita, in divenire. Senza crescita non c’è amore. Nel mondo presente dove l’apparire predomina sull’essere, potremo scoprire che non siamo “amati perché belli, ma belli perché amati”. Di questo annuncio siamo debitori a Dio e ai nostri fratelli.

Fine d.LM