LO STILE DELLA CASA E DI...

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LO STILE DELLA CASA E DI D'ANNUNZIO

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LO STILE DELLA CASA E DI D'ANNUNZIO

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IL LIBERTYCon il nome di Liberty si intende un vasto movimento artistico che, tra fine Ottocento ed inizi Novecento, interessò soprattutto l’architettura.

Il Liberty cercò ispirazione nella natura e nelle forme vegetali, creando uno stile nuovo, totalmente originale rispetto a quelli allora in voga.

Caratteri distintivi del Liberty divennero l’accentuato linearismo e l’eleganza decorativa.

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I VESTITI DI D'ANNUNZIO

D'Annunzio amava la moda. Spesso i vestiti che indossava li disegnava addirittura lui e si dice che avesse 365 vestaglie da notte, una per ogni giorno! D’Annunzio vestiva come richiedeva la società mondana del suo tempo. Aveva migliaia di mutande identiche, migliaia di cravatte tutte uguali. Era un maniaco, un collezionista.

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IL VITTORIALE DEGLI ITALIANI

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COS'È?Il Vittoriale degli Italiani è un complesso di edifici, vie, piazze, un teatro all'aperto, giardini e corsi d'acqua eretto tra il 1921 e il 1938, costruito a Gardone Riviera sulle rive del lago di Garda da Gabriele d'Annunzio con l'aiuto dell'architetto Giancarlo Maroni, a memoria della "vita inimitabile" del poeta-soldato e delle imprese degli italiani durante la Prima Guerra Mondiale.

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LA STANZA DELLA LEDAE' la stanza da letto, che d'Annunzio chiamava anche stanza del Prigione, a seconda che si riferisse al calco dorato delle Leda marciana, oppure a quello del Prigione di Michelangelo, entrambi collocati davanti al letto. Sul Prigione proveniente da Louvre, posato sopra uno zoccolo di legno con la scritta "Amor fati", d'Annunzio è intervenuto patinando e dorando il calco di propria mano; e sempre sua è inlotre l'iniziativa di cingergli i fianchi con un drappo di seta.

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LA STANZA DEL LEBBROSOUno stretto corridoio conduce dall'appartamento della Leda alla stanza del lebbroso, fitta di simboli e motti. d'Annunzio la chiamava Zambra del Misello (zambra è termine provenzale per camera, e misello sta per miserello), oppure Cella dei puri sonni , questo perché qui sostava in meditazione nelle solenni ricorrenze: l'anniversario della morte della madre, Di Eleonora Duse, degli amici più cari, o dei giorni memorabili delle imprese di guerra. Il luogo è, allestito proprio perché vi fosse esposta la sua salma nello stretto letto, che imita il giacilio del patetico altorilievo tombale ravennate di Guidarello Guidarelli Il letto è quasi culla e quasi bara e per questo viene definito letto delle due età.

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LA STANZA DELLA CHELILa stanza della Cheli è la più recente della costruzione. In un primo tempo la stanza doveva intitolarsi Cenacolo dell'Angelo, poiché d'Annunzio identificava se stesso con l'Angelo dell'astinenza. Il Poeta, per tutta la vita, si attenne a un regime di sobrietà, e negli ultimi anni praticò il digiuno. All'Angelo dell'astinenza si è col tempo sostituito un simbolo diverso: la tartaruga (in greco khélis) che dà il nome alla stanza. Dono di un'amica, la marchesa Luisa Casati Stampa, da lui detta Koré, il guscio della tartaruga troneggia sul tavolo laccato, dopo che Renato Brozzi ne ha rifatto in bronzo la testa e le zampe quando, a causa di un'indigestione, l'ingordo carapace era morto nei giardini del Vittoriale. La sua collocazione qui, nella stanza destinata al pranzo degli ospiti, è dunque un esplicito monito alla sobrietà.

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I BAGNIIL BAGNO BLU

Il bagno personale di Gabriele D’Annunzio è un ambiente cupo e pieno di oggetti (se ne contano all’incirca 900) ed è suddiviso alla francese in zona dedicata alla ritirata (il gabinetto) e area relax con vasca, lavabo e bidet. Sul soffitto è riportato il motto “Ottima è l’acqua”. Sul pavimento (così come in ogni altra stanza) tappeti persiani e alle pareti mattonelle anch’esse di produzione persiana. Da notare, una quantità incredibile di spazzole… (anche se D’Annunzio era calvo). Tutti i sanitari sono in ceramica blu; questo ha permesso che i colori rimanessero brillanti e intatti nel tempo. Nello stanzino dedicato alla ritirata troviamo tre maschere lignee del teatro giapponese una figurina femminile di porcellana.

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Nello studio di Gabriele D’Annunzio si trova un piccolo stanzino aperto (non c’è porta) che dà accesso ad un servizio dove c’è un gabinetto e un lavandino, questa volta nello stesso ambiente. I sanitari, ancora una  volta, sono di colore blu.

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LA ZAMBRACCA D'Annunzio l'adibisce a diversi usi:

spogliatoio, studio e talora qui, specie negli ultimi anni, si fa servire pasti veloci e solitari. L'armadio cinquecentesco, alle spalle dello scrittoio, e quello sul lato sinistro (con lo stemma principesco come fregio decorativo) contengono ancora gli abiti del poeta. Ad angolo il ripostiglio dei "farmaci" di cui è abituale consumatore: il laudano e l'adalina, per esempio, gli garantiscono il sonno che si va facendo di anno in anno più difficile. Durante i periodi di

intenso lavoro, D'Annunzio si corica del resto

solo all'alba, nell'ora - dice - in cui "il gallo getta il grido vermiglio d'aurora".

 Seduto allo scrittoio della Zambracca,

D'Annunzio muore, colpito da emorragia celebrale, la sera del primo marzo 1938.

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IL MAUSOLEO Sul culmine dell'altura che sovrasta il Vittoriale, è costruito da Maroni nel luogo, denominato il Mastio o Colle santo, La meditazione sulla propria morte impegna spesso il poeta che già nel 1930 chiede a Brozzi un sepolcro: gli scrive “Per la mia perfezione interiore è necessario che io abbia il mio sepolcro alzato su quattro colonne, e ch'io possa andare ogni giorno a visitarlo.”

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IL PARLAGGIOFu il Vate stesso a scegliere il luogo: un punto panoramico del parco, da cui si ammirano l'Isola del Garda, il Monte Baldo, la penisola di Sirmione e, soprattutto, la suggestiva Rocca di Manerba.

Nel 1931 il Vate affidò l'opera all'architetto del Vittoriale,Gian Carlo Maroni, che mandò a Pompei perché pensasse la nuova realizzazione sull'esempio dell'anfiteatro romano più antico del mondo.

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LA NAVE PUGLIA

A metà degli Anni Venti la Regia Nave Puglia fu smantellata e ricostruita nel parco della residenza di D’Annunzio affinché ricordasse al paese i sacrifici compiuti pochi anni prima per salvare l’italianità della Dalmazia e il martirio in mare di tanti uomini. La sua storia acquisì un valore particolare per Gabriele D’Annunzio, poiché essa rappresentò l’ultima bandiera italiana in Dalmazia prima della totale rinunzia dell’Italia a quelle terre promesse e mai ottenute dagli Alleati della Grande Guerra.

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ATTO DI DONAZIONE"Non soltanto ogni casa da me arredata, non soltanto ogni stanza da me studiosamente composta, ma ogni oggetto da me scelto e raccolto nelle diverse età della mia vita, fu sempre per me un modo di espressione, fu sempre per me un modo di rivelazione spirituale, come un qualunque dei miei poemi, come un qualunque dei miei drammi, come un qualunque mio atto politico o militare, come una qualunque mia testimonianza di dritta e invitta fede. (…) Tutto infatti è qui da me creato e trasfigurato.Tutto qui mostra le impronte del mio stile nel senso che io voglio dare allo stile.Il mio amore d'Italia, il mio culto delle memorie, la mia aspirazione all'eroismo, il mio presentimento della Patria futura si manifestano qui in ogni ricerca di linee, in ogni accordo o disaccordo di colori.Non qui risanguinano le reliquie della nostra guerra? E non qui parlano o cantano le pietre superstiti delle città gloriose?Ogni rottame rude è qui incastonato come gemma rara. (…) Tutto qui è dunque una forma della mia mente, un aspetto della mia anima, una prova del mio fervore.Come la morte darà la mia salma all'Italia amata, così mi sia concesso preservare il meglio della mia vita in questa offerta all'Italia amata"

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I MOTTI DI D'ANNUNZIO

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MEMENTO AUDERE SEMPER

Dalle iniziali di MAS, il motto (ricorda di osare sempre) incita al coraggio, alla forza, caratteristiche che D'Annunzio si attribuiva e seguiva.

COMINUS ET EMINUS FERIT

SEMPER ADAMAS

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EIA!EIA!EIA!ALALA'!

Grido di guerra suggerito da D'Annunzio al posto del "barbarico" hip, hip, hip, urrà!  Divenne presto di uso comune e dopo la guerra fu ripreso dalla propaganda fascista. Il grido ha origini classiche.COSA FATTA CAPO HA

“Capo ha cosa fatta”, è preso dal XXVIII canto dell'Inferno  di Dante Alighieri e D'Annunzio se ne avvalse per celebrare la storica impresa fiumana, allorché d'Annunzio, a capo di un gruppo di Arditi, prese la città di Fiume.

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ME NE FREGO

Un motto "crudo" come lo definì lo stesso poeta, tratto dal dialetto romanesco. Il motto apparve per la prima volta nei manifesti lanciati dagli aviatori del Carnaro su Trieste. Il motto era ricamato in oro al centro del gagliardetto azzurro dei legionari fiumani. In seguito venne utilizzato dalle Squadre d'azione fasciste.

HABERE NON HABERI (possedere, non essere posseduto)

L'espressione giustifica le ricchezze ("habere"), ma mette in guardia l'uomo dalla possibilità di essere sottomesso da esse, di fare delle ricchezze il fine ultimo della propria vita ("haberi"). La citazione si trova ne Il piacere e significa "possedere la vita" ma non farsi possedere da essa, ossia una completa indipendenza da tutto e da tutti in nome di sé e delle proprie idee.

NEC RECISA RECEDI  (neanche spezzata

retrocede)

Antica frase latina, venne utilizzata dal poeta per una dedica alle Fiamme Gialle della Regia Guardia di Finanza che parteciparono all'impresa di Fiume giurando fedeltà alla causa.