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1 balletto AL TEATRO SOCIALE domenica 06 gennaio 2013 ore 16.00 LO SCHIACCIANOCI domenica 24 febbraio 2013 ore 16.00 FIORE ACCANTO PRIMA NAZIONALE domenica 10 marzo 2013 ore 16.00 CANTO PER ORFEO domenica 17 marzo 2013 ore 16.00 OMAGGIO A BIRGIT CULLBERG martedì 26 marzo 2013 ore 10.00 mercoledì 27 marzo 2013 ore 10.00 PINOCCHIO AL TEATRO STUDIO venerdì 08 febbraio 2013 ore 21.00 sabato 09 febbraio 2013 ore 10.00 CAPPUCCETTO ROSSO Danzeducation AL RIDOTTO DEL TEATRO SOCIALE sabato 02 febbraio 2013 ore 16.00 CONTACT PER BAMBINI E GENITORI domenica 03 febbraio 2013 ore 11.00 FREE MOUVEMENT

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AL TEATRO SOCIALE

domenica 06 gennaio 2013 ore 16.00LO SCHIACCIANOCIdomenica 24 febbraio 2013 ore 16.00FIORE ACCANTOPRIMA NAZIONALE

domenica 10 marzo 2013 ore 16.00CANTO PER ORFEOdomenica 17 marzo 2013 ore 16.00OMAGGIOA BIRGIT CULLBERG

martedì 26 marzo 2013 ore 10.00mercoledì 27 marzo 2013 ore 10.00PINOCCHIO

AL TEATRO STUDIO

venerdì 08 febbraio 2013 ore 21.00sabato 09 febbraio 2013 ore 10.00CAPPUCCETTO ROSSO

DanzeducationAL RIDOTTO DEL TEATRO SOCIALE

sabato 02 febbraio 2013 ore 16.00CONTACT PER BAMBINI E GENITORI

domenica 03 febbraio 2013 ore 11.00FREE MOUVEMENT

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STAGIONE DI BALLETTO 2013

Anche quest’anno il Teatro Sociale non “tradisce” gli appassionati di danza, nonostante la diminuzione del-le risorse e i tagli ai finanziamenti che affliggono l’in-tero mondo dello spettacolo italiano. La parola d’ordine è resistere per continuare a confrontarsi col passato e a sognare il futuro. Sei titoli per otto recite suddivise per appuntamenti serali e matinées per le scuole, di cui una in prima assoluta, per un cartellone che si snoderà dal 6 gennaio al 27 marzo 2013. Tradizione con lo sguardo rivolto all’attualità per una stagione dedicata soprattutto agli interpreti e alle compagnie italiane, per dare spazio alle diverse tendenze e alle migliori produzioni. Una pre-ziosa opportunità per raffrontare realtà, stili e linguaggi diversi nell’ambito della danza. Il primo appuntamento si apre nel segno della tradizione con Schiaccianoci del New Classic Ballet di Mosca, l’ultima collaborazione, in ordine di tempo, che lega il compositore russo Pëtr Il’ič Čajkovskij al coreografo e maître francese Marius Petipa.

Dal Teatro Sociale, la stagione si sposterà al Teatro Stu-dio, con la compagnia Ersilia Danza, diretta da Laura Cor-radi, che aprirà la sezione ContemporaneAmente, con un doppio spettacolo presentato per il pubblico serale e per le scuole: Cappuccetto Rosso. Una nuovissima lettura su musiche originali, dove la coreografa si addentra con gio-cosa irriverenza negli aspetti psicologici dei personaggi e dà loro libertà inedite. Seguirà la nuova creazione di Mi-chela Barasciutti Fiore Accanto, una prima nazionale al Teatro Sociale, che narra con sguardo poetico, commosso ma lucido, della condizione umana e invita ad abbando-nare quell’egoismo e cinismo che sono racchiusi dentro di noi.

Il terzo appuntamento è con Canto per Orfeo, la più re-cente creazione di Mauro Bigonzetti, coreografo protago-nista della danza italiana, per la compagnia Aterballetto. Bigonzetti sceglie di concentrarsi sulla storia d’amore di Euridice e lo fa immaginando la vicenda in un’ambienta-zione metropolitana e senza tempo, accompagnandola dal

gruppo di musica etnica e sperimentale Kitarodia composto da Antongiulio Galeandro, Cristina Vetrone e Lorella Monti.

Omaggio a Birgit Cullbert è il quinto spettacolo della sta-gione, per una produzione che vede interpreti alcuni so-listi e primi ballerini del Teatro alla Scala. Un omaggio a una delle figure più rappresentative del balletto moderno europeo che con il proprio lavoro ha contribuito a rinnovare profondamente la danza contemporanea svedese.

Conclude la stagione Pinocchio, della compagnia Fabula Saltica, presentato al Teatro Sociale per il giovane pub-blico e che festeggerà nel 2013 dieci anni. Un traguardo particolarmente felice e inusuale, almeno in Italia, per uno spettacolo di danza. Dopo aver abbondantemente sorpassato le 180 repliche, questa ironica rilettura della favola di Collodi, frutto di un lungimirante progetto di collaborazione fra la compagnia Fabula Saltica e il Teatro Sociale di Rovigo, seduce ancora oggi un pubblico di gio-vanissimi e non, per la sua freschezza e originalità.

La rassegna è arricchita quest’anno dall’iniziativa Danze-ducation, che si inserisce nell’articolata proposta di Teatro Ragazzi del Sociale di Rovigo. Due laboratori di “avvi-cinamento” del giovane pubblico alla danza, un modo diverso per condividere, conoscere e sentire il linguaggio non verbale del corpo.

Preziosa come ogni anno la collaborazione con l’Associa-zione Amici del Teatro, presieduta da Miranda Bergamo. Con l’appuntamento di presentazione in Accademia dei Concordi, avremo la possibilità di conoscere meglio i protagonisti della stagione, e approfondire i racconti e le trame.

A conclusione di questa breve presentazione della Sta-gione 2013 non potevamo mancare di ringraziare l’Am-ministrazione di Rovigo, nella persona dell’assessore alla

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cultura Anna Paola Nezzo, gli enti pubblici e privati, che sostengono e mantengono vivo un luogo che da cento-novantasette stagioni riapre puntualmente e orgogliosa-mente le porte, di ringraziare tutti coloro che vi dedicano la propria professionalità, fatta di passione e competenza e il pubblico che in questi anni ci ha ricambiato con la pro- pria presenza e partecipazione.

Claudio Ronda

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domenica 06 gennaio 2013 ore 16.00

New Classical Ballet of Moscow

LO SCHIACCIANOCI

Balletto fantastico in due atti

Coreografie Marius Petipa e Lev IvanovMusica Pëtr Il’ič ČajkovskijLight designer Musory AndriySupervesione costumi Borovska NataliiDirettore artistico Ustyantsev Arkadiy

Personaggi e interpreti

Clara Kabanova Elena* Il Principe Mekhanoshin ViktorLo Schiaccianoci Pereverzeva Daria

*étoile ospite del Teatro dell’Opera di Ekaterinburgo

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protagonista del grande divertissement del secondo atto, dove trionfano delizie di pasticceria coreutica. Tanta grazia adesca come una sirena il pubblico d’ogni età, richiama alla mente le dolcezze di un’infanzia del tutto sconosciute alla maggior parte di noi spettatori, ma che ciascuno riconosce come proprie, familiari e confortanti comunque. Così la musica si insinua nella mente dell’ascoltatore-spettatore, e, dopo averlo trasportato in alto, lo deposita in uno stato d’animo conciliante, rilassato, di festa. È a quel punto che l’improbabile e fantastica storia contenuta nel balletto si giustifica e si srotola con una nitidezza del tutto naturale. Eppure, a ben pensare, Schiaccianoci è un inganno: dissimula abilmente la realtà sottesa con un ricamo di suadenti meraviglie. Il cupo spessore, psicologico, onirico e metaforico, di cui si fanno nascostamente carico partitura e coreografia ha, come radice e primo motivo d’ispirazione, il sapore gotico, da grand guignol, del racconto Nussknacker und Mäusekönig (Schiaccianoci e Re dei topi). Scritto nel 1816, è poi inserito nei quattro volumi della raccolta Die Erzählungen der Serapionsbrüder (I racconti dei confratelli di San Serapione, ordinati fra 1819 e 1821), del tedesco Ernst Theodor Amadeus Hoffmann (1776-1822), critico musicale e scrittore prolifico, fortemente impregnato di sensibilità romantica, movimento del quale è il maggiore esponente in Germania. Tanto che, nei decenni a venire, le sue chimeriche suggestioni nutriranno molti grandi autori. Citiamo Poe, Dostojievskij e Wagner, che fu un suo avido lettore, e il regista Fritz Lang. Ancora, sono dello stesso Hoffmann Undine (1814), la sua opera di maggior successo, su una novella di Friedrich de la Motte Fouqué (1777-1843), destinata a influenzare profondamente la musica tedesca, e il racconto Der Sandman (Il mago della sabbia), punto di partenza per un altro celebre balletto: Coppelia (1870). A proposito di questo testo, vale ricordare il giudizio datone da Italo Calvino: «La scoperta dell’inconscio avviene qui, nella letteratura romantica fantastica, quasi cent’anni prima che ne venga data una definizione teorica». In Schiaccianoci, il primo elemento fantastico della trama si

Una grande, leggera felicità di Ermanno Romanelli Schiaccianoci (Ščelcunčik, 1892), è l’ultima stazione, in ordine di tempo, del trittico che lega il compositore russo Pëtr Il’ič Čajkovskij (1840-1893) al coreografo e maître francese Marius Petipa (1818-1910). Con Il Lago dei Cigni (composto nel 1877, allestito da Petipa nel ’95, dopo la morte del compositore), è la fortunata edizione de La Bella nel bosco dormiente (1890) a spingere il principe Vševoložskij, cólto sovrintende dei Teatri Imperiali di San Pietroburgo, a commissionare ai due artisti un secondo ballet-féerie: appunto Schiaccianoci. Un balletto la cui musica, come è in molte pagine di Čajkovskij, suscita impennate d’aquilone nella mente, «prigioniera di architetture che essa stessa fabbrica con maestria», pervasa da incanti melodici, da un’immanenza di malinconia, da «luminose fantasmagorie che rinfrescano e purificano» (Quirino Principe). In particolare, in Schiaccianoci, balletto originariamente in due atti e tre scene, a produrre un dolce straniamento dei sensi è l’apparente facilità della partitura, con le tante, squisite, tenerezze e leggerezze, ora evocative ora descrittive, che la compongono. Forse è proprio la musica la ragione principale per cui Schiaccianoci è così popolare. Qui ritroviamo un mondo a sé stante, un universo captante, in cui il senso della meraviglia è gemellato con la nostalgia, la gioia si abbina con la delicatezza e un solido ottimismo di fondo. Nella varietà di un brano dopo l’altro, la partitura allinea un mosaico di perfetta coesione. Alle escursioni popolari e folkloriche (danza araba, danza cinese), si alterna la pioggia di valzer (le maschere, i Fiocchi di neve, i Fiori, l’apoteosi finale), il cui lirismo, nobile e contenuto, è moltiplicato nei pas de deux, e stemperato nei giochi di bimbi. Čajkovskij, nel dovizioso organico orchestrale di un balletto per l’infanzia, volle sperimentare e inserire numerosi strumenti per bambini (trombetta, sonagli, cucù, tam-tam, richiami per uccelli e piattini), ai quali aggiunse il tocco evanescente del Glockenspiel e della celesta, creata da V.Mustel nel 1886. È il suono associato, precisa Marinella Guatterini, «ad uno dei personaggi più attraenti dello Schiaccianoci: la Fata Confetto», la fatina buona

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a festa, cui segue il castello dei dolci. Sono le diverse stazioni di un viaggio in un mondo fantastico, proiettato da un creatore di balocchi: il misterioso Drosselmeyer, amico di famiglia e deus ex machina della vicenda, inventore di giocattoli meccanici, da lui animati con segreta sapienza. Un personaggio inquietante, molto eccentrico e molto amato dai bambini. Si adombra, in controluce, una serie di congiunture da riempire manuali di psicologia dell’età evolutiva. Sono il doloroso e traumatico atto del crescere; il difficoltoso abbandono del mondo dei giochi e delle sicurezze; il confronto con il mondo degli adulti e una sessualità che si affaccia alle soglie dell’inconscio, in un fitto rimando di segnali. Schiaccianoci, con le sue mini-battaglie e certe oscure presenze, è dunque dedicato alla tragedia dell’infanzia, all’abbandono dell’età d’oro dell’innocenza. Età che, solo oggi lo sappiamo con certezza, non esiste, attraversata com’è da inquietudini d’ogni sorta.

avvera nell’irreale dilatazione, enorme e mostruosa, della dimensione domestica che avvolge in sogno la protagonista: Clara (Maria/Maŝa, secondo le versioni). È una bimba, alle prese con un giocattolo, uno schiaccianoci, che si anima la notte della vigilia di Natale. Il luogo del racconto, situato agli inizi del 1800, è concentrato nella sala da pranzo, decorata magnificamente, del signor Stahlbaum, borgomastro di Norimberga. Da questa rasserenante coordinata familiare, il percorso narrativo, grazie al modus onirico, prende il volo per una lunga escursione, con ritorno, in un universo magico e perturbante, inteso come «quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare», secondo Sigmund Freud. Vediamo la protagonista in un campo di battaglia, dove si affrontano un esercito di soldatini e una torma di topi; è difesa dallo schiaccianoci, trasformato in valente principe. Ritroviamo Clara in un bosco, addobbato

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La vicenda

E’ Natale. In casa Stalhbaum, i genitori di Clara e Fritz organizzano una festa per i bambini e i loro parenti, decorando il loro splendido albero di Natale prima di distribuire i regali. La festa è interrotta dall’arrivo di Drosselmayer, il padrino dei bambini, che porta al- cuni doni stravaganti, come le grandi bambole mec-caniche: Colombina, Arlecchino e il Saraceno che ri-mangono immobili fino a quando non li carica con una chiave e cominciano a ballare per la gioia di tutti gli invitati. I bambini sono estremamente delusi quando questi giocattoli vengono messi via, ma Drosselmayer ha una sorpresa per Clara, uno schiaccianoci. Fritz inizia subito a rompere i regali e rompe anche le ganasce dello schiaccianoci, scagliandolo a terra con disgusto. Troppo presto la festa volge al termine.

I bambini vengono mandati a letto. Tutto è tranquillo in casa Stahlbaum, ma Clara, ancora eccitata, non riesce a dormire e cerca il suo schiaccianoci. L’orologio batte la mezzanotte. Improvvisamente, negli angoli più bui della stanza, cominciano ad apparire dei topi, man mano che aumentano assumono un aspetto molto minaccioso. I soldatini escono dalle loro scatole - granatieri, ussari e artiglieri - e inizia una feroce battaglia. Lo schiaccianoci, ignorando le sue ferite, salta coraggiosamente nella mischia e affronta in singolar tenzone il Re dei topi. Clara, temendo che il suo amato schiaccianoci stia per essere ucciso, getta con tutte le sue forze la sua pantofola contro il Re dei topi, consentendo allo schiaccianoci di approfittare della situazione e sconfiggere gli avversari. Il vincitore - ora trasformato in un bel Principe - si inginocchia davanti a Clara Marie e la conduce tra i rami del magico albero di Natale, nella foresta invernale, in rotta verso il Regno delle Favole. Un viaggio fantastico e fiabesco in questo mondo: numerose bambole con i costumi tradizionali di varie nazioni e fiori coloratissimi accolgono con le loro danze Clara e il Principe Schiaccianoci. Il sogno finisce. Clara si risveglia dal suo sogno e si ritrova sotto l’albero di Natale con il suo amato regalo.

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I PROTAGONISTI

New Classical BalletIl Balletto di Mosca “New Classical Ballet” è una giova-ne compagnia privata di balletto russo fondata all’inizio degli anni 2000 a Mosca con lo scopo di sviluppare la grande tradizione del balletto classico russo, ma anche ricercare nuove forme coreografiche. Il corpo di ballo è formato da ballerini provenienti dalle migliore accademie di danza di Mosca, San Pietroburgo, Ufa, Perm, nonché vincitori di numerosi concorsi internazionali di balletto. Inoltre la compagnia si avvale di prestigiose collaborazioni con étoile provenienti dai migliori Teatri Stabili di Mosca, San Pietroburgo, Ekaterinburg. Il repertorio della compa-gnia include titoli come “Lo Schiaccianoci”, “Il Lago dei Cigni”, “La Bella Addormentata”, “Giselle”, “Don Chi-sciotte”, “Cenerentola” ,“Romeo e Giulietta”. Sin dalla sua formazione il “New Classical Ballet” di Mosca è stato ospite in numerosi paesi di tutto il mondo come Fran-cia, Spagna, Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Isra-ele, Cina, riscuotendo sempre grande apprezzamento sia dal pubblico che dalla critica. L’attuale direttore artistico della compagnia é Arkady Ustianzev, ex solista del Teatro dell’Opera e Balletto di Novosibirsk, vincitore di numerosi concorsi internazionali di balletto, ha collaborato a lungo come solista anche con molte Compagnie di balletto di Mo-sca. Come ballerino solista è stato partner di famose bal-lerine russe come Nadezhda Pavlova, Marina Bogdanova, Ludmila Semenova. Ha partecipato a tournée assieme a Massimiliano Guerra e Valentina Kozlova.

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domenica 24 febbraio 2013 ore 16.00

Tocnadanza VeneziaCompagnia Michela Barasciutti

FIORE ACCANTO

nuovo allestimento da: Di Terra e di Altroprima nazionale

Coreografia e regia Michela BarasciuttiRicerca musicale Stefano CostantiniRealizzazione costumi Caterina Volpato e Lorenza SavoiniLuci Marco Monteduro

InterpretiAlessia CecchiFederica IacuzziManfredi PeregoGiulio PetrucciMarika Vannuzzi

Una produzione Tocnadanza Veneziain co-produzione conMinistero per i Beni e le Attività Culturali,Provincia di Venezia, Arco Danza, Regione del Veneto

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Ora comprendo il lamento dell’acqua,e il lamento delle stelle,e il lamento del vento sulla montagna,e il ronzare acutodell’ape.Perché sono la mortee la bellezza.Ciò che dice la neve sul prato,lo ripete il falò:le canzoni del fumo nel mattinolo raccontano le radici sotto la terra.

(Federico Garcia Lorca)da “El maleficio de la mariposa”)

Il più bello dei mariè quello che non navigammoIl più bello dei nostri figlinon è ancora cresciutoI più belli dei nostri giorninon li abbiamo ancora vissutie quello che vorrei dirti di più bellonon te l’ho ancora detto

(Nazim Hikmet)

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Fiore accantodi Ermanno Romanelli

Michela Barasciutti è una figura di spicco nella scena di danza italiana. A Venezia, dove è nata, e poi nel Veneto, la sua personalità ha saputo imporsi prima come danzatrice per altri, poi come coreografa con il proprio gruppo, Tocna, tra le più vivaci e versatili compagini nazionali, un gruppo grazie al quale la Barasciutti ha saputo conquistare e difen-dere i propri spazi e il proprio profilo con un lavoro ricono-sciuto per sensibilità e rigore. Doti che l’artista ha riversato anche nel proprio impegno in ARCO, l’associazione delle compagnie della Regione Veneto. “Fiore accanto”, il suo ultimo spettacolo, già proposto in anteprima al Teatro Mali-bran di Venezia per l’Area Formazione del Teatro La Fenice, rivisita e modifica un allestimento precedente, “di Terra e di Altro”. La coreografa utilizza un eterogeneo tappeto di musiche, assemblate da Stefano Costantini, sodale d’arte e di vita della Barasciutti. A partire da testi di Lorca e Nazim Hikmet, dunque nell’ambito di una scansione elusivamen-te poetica e interiormente illuminata, la Barasciutti sceglie e conferma, ancora una volta, per il proprio dettato coreo-grafico, una riconoscibile cifra d’artista. È una dimensione che salda l’intensità dello slancio elegiaco alla purezza di tensione e alla fusione intimamente lirica, di sapore pan-teista, intesa come amore e passione per la vita in ogni sua forma. Il suo è uno sguardo commosso ma lucido sulle

nebulose della condizione umana, alla quale la Barasciutti aggiunge una drôlerie dal sapore infantile, e un invito, sem-pre civile, gentile, ad abbandonare le armi della conflittua-lità, della violazione dell’altro da parte di quell’egoismo e di quel cinismo che sono racchiusi in ciascuno di noi. “Fiore accanto” vuole mettere in evidenza come, di fronte a una realtà data, se ne possano nascondere molte altre, visibili e invisibili, stratificate. A volte sono semplici e sottili diffe-renze, a volte è esattamente l’opposto rispetto a quanto si è manifestato davanti ai nostri occhi. In questo viaggio i suoi cinque danzatori non narrano, ma ci accompagnano dentro la “Terra” (ovvero le radici e la spiritualità), in spazi aperti, e verso l’“Altro”, da scoprire, da incontrare o da voler ricono-scere, attraverso il “gioco” costruito dalla danza, un gioco a volte irridente, a volte fraterno, a volte crudele o scherzoso. Lo spettacolo mette in risalto il rapporto con l’“Altro”, visto non solo come simile ignorato, ma come completamento del nostro proprio essere, radice dimenticata dalla quale discendiamo. L’“Altro” è anche la parte nascosta, ma che racchiude forse la parte più vera di noi. Nella prima parte dello spettacolo si parla di “terra” e “radici”; la coscienza o il “sospetto” di queste avviene attraverso una “preghiera” (dialogo intimo), una riflessione verso la parte più nascosta di noi, verso l’interiorità. Questa indagine non darà risposte,

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ma si aprirà a delle possibilità. La seconda parte vede un cambio repentino di registro e, dopo l’esplorazione interiore, avviene la relazione con l’“altro”, come condivisione e con-flittualità, attraverso il gioco con degli oggetti, simboli del quotidiano. È in questo ambito espressivo-emotivo, nell’in-dagine di realtà nascoste, che, da sempre, la coreografa-danzatrice ha trovato e offerto il meglio di sé. Basta correre indietro con la memoria ad alcuni dei titoli del suo repertorio per ri-scoprirne l’identità. “Il volo interrotto”, su “La morte e la fanciulla” di Franz Schubert, era un’elegia dedicata alla memoria del padre, affrontata come un percorso nel quale anche agli spettatori era offerta la possibilità di un pieno ri-conoscimento. “Syn Balleyn”, in greco incontro, affrontava, dopo la morte, il secondo dei due punti fondamentali delle nostre esistenze: il gioco della vita stessa, raccontata in un percorso con i danzatori, in una giostra fatta di confronti, umori, sensazioni, sguardi. Così ancora da “Magdalena” a “Lighting Cue Number” e “Made in Italy”, come in ciascu-na delle dozzine di sue creazioni, la Barasciutti ha sem-pre cercato di sviluppare la piena coerenza di ogni soggetto mettendo a fuoco prima un solido tessuto drammaturgico poi una regia. Poli fondanti, intorno ai quali argomentare il proprio linguaggio coreografico, sempre all’insegna di una riconoscibile coerenza e di un preciso stile di realizzazione. Sono doti confermate dall’esame della stampa specializzata e dei quotidiani, dove sia il lavoro della Barasciutti che le prestazioni della compagnia Tocna hanno ricevuto giudizi più che lusinghieri. Della precedente edizione di “Fiore ac-canto”, già indicato con il titolo “di Terra e di Altro”, ha così scritto Il Gazzettino: “La coreografa rivela in “di Terra e di Altro” quanto la sua scrittura derivi dalla riflessione sulle po-tenzialità espressive del corpo, che la Barasciutti abilmente traduce in poetico segno, non solo visivo, bensì nel pulsare di muscoli e nervi, anche tattile. E sonoro, si direbbe, nel suo farsi eco di quanto dettano pensiero e sentimento. Ot-tima danzatrice, Barasciutti impronta della sua femminilità anche la coreografia […] mostra una danza sovente anche dinamica attraverso spirali sinuose, la gestualità minimale degli assoli e la più energica coralità dei danzatori. I quali, grazie all’abile gioco registico della Barasciutti, nel finale (fuoco d’artificio di oggetti, colori e invenzioni) tracciano l’esplicito e veritiero racconto del caotico presente”.

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Tracciato di un pensiero coreograficodi Michela Barasciutti

Lo spettacolo mette in risalto il rapporto con l’“Altro”, visto non solo come simile ignorato, ma anche come completa-mento del proprio essere, come radice dimenticata dalla quale discendiamo. L’“Altro” è anche quella parte nasco-sta, ma che racchiude forse la parte più vera di noi. Si può concepire questo spettacolo come diviso in due parti. La parte prima parla della ”terra”, delle “radici” e la coscienza o il “sospetto” di queste avviene attraverso una “preghie-ra” (dialogo intimo), una riflessione verso la parte più na-scosta di noi, verso l’interiorità; questa indagine non darà risposte, ma aprirà porte a possibilità. La prima figura ad affacciarsi in questo viaggio è quella femminile, vista come donna ma anche nella dualità con la figura maschile, e poi come madre, scaturendo così un legame essere umano/na-tura. Altra figura che si incontra in questo percorso, è quella della “farfalla”, a simboleggiare il ciclo naturale della vita, interrotto troppo spesso nella nostra storia, dalla violenza dell’uomo sull’uomo, che lascia solo un azzeramento, ma da questo può nascere una consapevolezza, una rinascita, forse un rifugio. La seconda parte vede un cambio repentino di registro e, dopo l’esplorazione interiore, avviene la relazione con l’“altro”, sia come condivisione, sia come conflittualità, attraverso il gioco con degli oggetti, simboli del quotidiano. Questi oggetti impongono uno spazio condiviso, una relazio-ne e contemporaneamente una consapevolezza di una soli-tudine che si manifesta nel “tango”, una danza a coppie per eccellenza, qui vissuta singolarmente, anche se in assieme, e che separa la dualità della coppia per focalizzare e mettere in relazione gli individui singolarmente. L’altra faccia della medaglia si presenta con una risata, dove l’ilarità di uno può nascondere la tristezza o il dolore dell’Altro. Questo viaggio si chiude con il focus in una “stanza” (microcosmo) dove si ricerca l’armonia in modo disordinato, divenendo, per man-canza di tolleranza e di convivenza, luogo di disattenzione verso l’altro e verso la natura, qui rappresentata da un fiore, prima ignorato, ma che poi, cadendo diventa protagonista e chiama tutti a curarsi di lui. Il finale proposto è un’apertu-ra verso una “speranza”: un coro di bambini e adulti che, acquisita la consapevolezza, si prendono cura del fiore.

Dettaglio del tracciato

Da un tracciato iniziale (drammaturgia, ricerca coreografica, rappresentazione gestuale delle immagini) grazie alla fusio-ne con la musica, il costume e il disegno luci, attraverso la regia, il lavoro prende forma. La colonna sonora, frutto di una ricerca musicale curata da Stefano Costantini, ha visto un’analisi di moltissimi brani, per approdare a una selezione divenuta la struttura musicale dello spettacolo. La stesu-ra definitiva vedeva quindi una sequenza di brani musicali funzionali alle esigenze coreografiche-registiche, e il brano musicale diveniva così un tutt’uno con la scrittura coreo-grafica. Per meglio comprendere il tipo di lavoro e il suo risultato, sarà utile focalizzare una serie di brani musicali e il loro momento teatrale: per evidenziare il rapporto uomo-natura e mettere in risalto una “potenza visiva”, è stato usa-to il terzo movimento dalla 7° Sinfonia di Beethoven. Per la parte poetica e della metamorfosi (ciclo naturale) ci si è avvalsi della poesia di F. Garcia Lorca: “El maleficio de la mariposa”, messa in musica da Amancio Prada. Ancora, in un momento di passagio dove si voleva sottolineare una di-namica strutturale, abbiamo usato la Polka di Alfred Schni- tke, mentre la forza-guerra è rappresentata dal Rock dei Curent 93 (Black ship ate the sky) che torneranno con un altro brano (Sleep has his house) nel momento della con-divisione. Un particolare intervento sonoro, è quello delle risate registrate dai film di Stanlio e Ollio, che mettono in risalto la dualità, mentre Tom Waits (Drop of poison) evoca la solitudine. La rinascita e la consapevolezza hanno come tappeto sonoro Jesus Blood... di Gavin Bryars, e il caos e l’incomunicabilità Les remparts de Varsovie di Jacques Brel. Il finale, rappresentato registicamente da un’apertura, vede finalmente la condivisione sulle note di Praison Jelonta dei Ghetonia. Con questo tipo di operazione, la musica diventa un’ulteriore elemento di ricchezza alla composizione e rea- lizzazione del “Fiore accanto”. Il percorso prende forma an-che attraverso i costumi, realizzati con la collaborazione di Laura Lena. Questi assumono un preciso significato; infatti sono mutevoli e accompagnano il danzatore dalla prima alla seconda parte. In questi costumi alcuni elementi variano, altri restano basici ed altri ancora assumono forme diverse,

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trasformandosi da “ali di farfalla” in “legacci”, da “corpini” in “gabbie”. Il cappotto, in un primo momento rappresen-ta il singolo, ma successivamente anche la condivisione, accogliendo l’altro, avvolgendolo. Gli oggetti scenici, mol-to colorati, che vedremo nella seconda parte, sono stati scelti per la loro quotidianità dagli interpreti, che così ne hanno condiviso l’appartenenza. Il passaggio finale per la

realizzazione in teatro è il disegno luci. Questo metterà in relazione tutti questi preziosi elementi con la scena e accentuerà gesti, corpi, spazi e atmosfere consegnando al pubblico un climax di questo viaggio del pensiero attraverso immagini e energie, mutevoli per ogni singolo spettatore, divenendo così, lo spettatore stesso, l“Altro” con cui dialogare.

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I PROTAGONISTI

Michela BarasciuttiBallerina e coreografa, nata a Venezia e formatasi presso l’Accademia di danza di Luciana De Fanti. Per anni ha fatto parte della Compagnia di Balletto “L’Ensemble” di Bruxelles diretta da Misha Van Hoecke (Primo ballerino e assistente di Bejart e direttore di Mudra) e ha partecipato a numerose trasmissioni televisive (RAI 1, RAI 2, NBC, TV francese). Ha danzato nei principali teatri italiani e esteri (Europa e Asia) e nei principali festival nazionali e internazionali, ha spesso lavorato presso fondazioni liriche dove ha anche ricoperto il ruolo di Prima Ballerina al Gran Teatro “La Fenice” e al “Carlo Felice” di Genova in coppia con Vladimir Derevian-ko. E’ stata assistente dei coreografi Bob Cohan e Robert North in “Pictures”; per molti anni consecutivi è stata in-vitata come docente ai Corsi di Perfezionamento Professio-nale per Danzatori della Regione Veneto, affiancando così anche l’attività di formazione professionale (la compagnia ospite de La Biennale di Venezia, la Phoenix Dance Theatre di Londra, ha richiesto la sua prestazione come “maître de ballet”). Nel Dicembre del 1991, fonda e dirige una propria compagnia, “TOCNADANZA”, riconosciuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dal Comune di Venezia, dalla Provincia di Venezia e dalla Regione del Veneto, e crea per questa numerose coreografie elaborando un linguaggio di ricerca personale, in co-produzione con prestigiosissimi Enti e Festival quali La Biennale di Venezia, il Festival Interna-zionale Abano Danza, la Rassegna Internazionale di Danza “Il Gesto e l’Anima” di Torino, il Festival Internazionale “Vi-gnale Danza”, Il festival Montegrotto Terme, La Camerata Musicale Barese e il Comune di Venezia. E’ direttrice arti-stica delle rassegne di danza “Danza Aperto” (Arena Can-diani), “PercorsiIndanza” a Mestre, e a Venezia “Percorsi d’Autore – rassegna di nuovi coreografi”, la sezione “danza” di “Teatro in Campo” e “VeneziainDanza” al Teatro Goldoni e al Teatro Malibran (per la quale si ringrazia la Fondazione Teatro La Fenice).

Tocnadanza“Che gli artisti italiani non siano troppo in sottordine rispet-to agli stranieri più affermati, lo ha ben dimostrato...Miche-la Barasciutti, la quale ha proposto con la sua Compagnia “Tocnadanza” due sue coreografie (co-prodotte con la Bien-nale di Venezia). Ciò che caratterizza l’artista veneziana è la “scrittura” pensante che sgorga da un logos particolare, viscerale. La danza di Barasciutti è dettata dal cuore, che in questo caso alla sensibilità unisce intelligenza e creatività non certo banali.” (Paola Bruna – Il Gazzettino – 31 luglio 2005)“....una programmazione e produzione che coinvolge le più importanti compagnie e associazioni veneziane come Toc-nadanza di Michela Barasciutti....” (Intervista a Renato Quaglia, direttore del settore DMT – Danza Musica Teatro de “La Biennale di Venezia) (Danza&Danza – settembre-ottobre 2005)

La Compagnia Tocnadanza – Danza e Promozioni – Vene-zia, Fondata e diretta da Michela Barasciutti nel 1991, con sede operativa e organizzativa a Venezia, è riconosciuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dal Comune e dalla Provincia di Venezia e dalla Regione del Veneto. E’ tra i fondatori di ArcoDanza (Associazione regionale delle com-pagnie di danza del Veneto). Il nome Tocna deriva dal ceco e significa “palcoscenico girevole”. Sempre con le coreografie di Michela Barasciutti, vanta numerose co-produzioni con prestigiosissimi Enti e Festival quali La Biennale di Vene-

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zia, la Camerata Musicale Barese, il Comune di Venezia, il Festival Internazionale Abano Danza, la Rassegna Inter-nazionale di Danza “Il Gesto e l’Anima” di Torino, il Festi-val Internazionale “Vignale Danza” e il Festival di Danza di Montegrotto Terme.. Con la direzione artistica di Michela Barasciutti, Tocnadanza ha curato a tutt’oggi l’organizzazio-ne di 19 rassegne di danza: “Danza Aperto” e PercorsiIn-danza a Mestre, e a Venezia “Percorsi d’Autore – rassegna di nuovi coreografi”, la sezione “danza” di “Teatro in Cam-po” e “VeneziainDanza” al Teatro Goldoni e Malibran (con il supporto del Teatro La Fenice). Tocnadanza ha la residen-za come Compagnia a Venezia presso il “Centro Produzioni Tocnadanza” dove svolge la sua attività di produzione, di studio e di ricerca. Qui, oltre alla Compagnia, viene data la residenza ai nuovi coreografi che Tocnadanza produce e promuove, permettendo loro di creare i loro spettacoli e fa-cendoli circuitare nei festival e nei teatri. In questo Centro viene svolata un’attività di Alta Formazione Professionale, ospitando stages con nomi internazionali della danza (Micha Van Hoecke, Pompea Santoro ecc..) e prestigiose istituzioni (La Biennale di Venezia, il Teatro La Fenice) e ospiti interna-zionali (da La Scala di Milano, Opera de Paris ecc...), diven-tando un punto di riferimento professionale e di ricerca per la danza nella città di Venezia. Michela Barasciutti, è danza-trice e coreografa tra le più apprezzate della danza italiana: “... Michela Barasciutti è amata dal pubblico italiano e con-siderata dalla stampa come una delle migliori e più originali coreografe nostrane.” (Il Giornale – 10 febbraio 2001)

ProduzioniDalla sua fondazione nel 1991 Tocnadanza ha creato i seguenti spettacoli: nel 1992 - “Nuances” - coreografia di Michela Barasciutti - musiche: autori vari; “Progetto Kafka” - coreografia di Michela Barasciutti (video-danza su musiche originali di B. Tuercke). Nel 1993 - “Finale” - coreografia di Michela Barasciutti - musiche: Eleni Karaindrou; “Rembe-ring inside” - coreografia di Michela Barasciutti - musiche: autori vari. Nel 1994 - “Strix” - opera teatrale con la parte-cipazione di Tocnadanza e con le coreografie di Michela Ba-rasciutti su musiche originali di Giovanni Andrea Mancuso, presentata in occasione del Convegno di Studi su Giovanni Pico della Mirandola (con l’Alto Patrocinio della Presiden-za della Repubblica). Nel 1995 - “Balada para un loco” - coreografia di Michela Barasciutti - musica A. Piazzolla e con musiche originali di G.A. Mancuso eseguite dal vivo al “Premio Internazionale Astor Piazzolla” a Castelfidardo. Nel 1996 - “Simboli Vs Miti” - coreografia di Michela Barasciutti e Corrado Canulli - musiche: autori vari - con proiezioni video e un attore - produzione Arteffetto con il contributo della regione Friuli-Venezia Giulia. Nel 1997 - “L”ultima farfalla” - coreografia di Michela Barasciutti su musiche originali di G.A. Mancuso eseguite dal vivo con un attore - spettacolo per ragazzi. Nel 1997 - “Memorie Aggredite” - coreografia di Michela Barasciutti e Corrado Canulli - musiche: autori vari - con proiezione - produzione Arteffetto con il contribu-to della regione Friuli-Venezia Giulia. Nel 1999 - “I Vicoli dell’Anima” (Barrios del Alma) - coreografia di Michela Ba-rasciutti con la partecipazione di un attore - musiche: autori vari. Nel 2002 nasce lo spettacolo “Voci” (Magdalena - Il silenzio degli uomini”), con le coreografie di Michela Bara-sciutti, in co-produzione con La Biennale di Venezia e il Fe-stival Internazionale Abano Danza, che, fin dal suo debutto, raccoglie entusiastici consensi di pubblico e di critica come l’articolo apparso sulla prestigiosa rivista “Danza&Danza”: “E’ il festival Abano Danza a offrire uno degli spettacoli mi-gliori della danza contemporanea italiana dell’ultima stagio-

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ne….” (Danza & Danza dicembre 2002). In seguito Voci sarà presentato in tutta Italia nei più importanti Festival di danza, dal Piemonte alla Toscana, dalla Lombardia alla Puglia, pro-seguendo tutt’oggi nella sua circuitazione. Un estratto dallo spettacolo (Il silenzio degli uomini) fa parte dell’esposizione permanente al “Vladimir Vysotsky’s Museum” a Koszalin, in Polonia. Nel 2004 viene realizzato lo spettacolo “Il volo in-terrotto” su musiche di F. Schubert (La morte e La fanciul-la) e “Sym-Ballein” su musiche originali di S. M. Ricatti, eseguite dal vivo dal Ricatti Ensemble, con i musicisti che interagiscono in palcoscenico con i danzatori. Anche questo spettacolo ha raccolto numerosissime critiche positive sia da parte del pubblico che della stampa, e ha circuitato in tutta Italia nei più importanti Festival. Un’altra importante creazione nel 2005 è Lighting Cue Number (sempre con le coreografie di Michela Barasciutti): lo spettacolo viene so-stenuto da “La Biennale di Venezia” co-prodotto dalla Ras-segna Internazionale di Danza “Il Gesto e l’Anima” di Torino e dal Comune di Venezia. Altre produzioni del 2005 sono: “Satna” (coreografie di Michela Barasciutti), e, commissio-nate in occasione della 1° edizione della rassegna “Percorsi d’Autore” a Venezia, “Lieve” (coreografia affidata a Caterina Figaia) e “Stanze” (coreografia affidata a Elisabetta Rosso). Sempre nell’anno 2005, in occasione del Carnevale di Vene-zia, Tocnadanza presenta uno spettacolo unico ed esclusivo in occasione dell’evento Carnevale, dove danza e musica dal vivo si sposano in un continuum per quasi 2 ore di spettacolo al Teatro Piccolo Arsenale. Nel 2007/2008 viene prodotto lo spettacolo “Di terra e di altro” con coreografie di Michela Barasciutti (in co-produzione con il Festival “Vignale Danza” e il Comune di Venezia – Beni, Attività e Produzioni Cul-turali). Nel 2008 viene prodotto lo spettacolo “Stanza per due” con coreografie di Michela Barasciutti, Caterina Figaia e Elisabetta Rosso. Nel 2009 viene prodotto lo spettacolo “Made in Italy – i soliti ignoti” con coreografie di Michela Barasciutti (in co-produzione con il Festival di danza “Mon-tegrotto Terme” e il Comune di Venezia – Assessorato alla Produzione Culturale). Nel 2010 viene prodotto lo spetta-colo “Looking Out” con coreografie di Michela Barasciutti, Marika Vannuzzi e Elisabetta Rosso (in co-produzione con il Comune di Venezia – Assessorato alla Produzione Culturale). Nel 2011 viene festeggiato il ventennale della Compagnia al Teatro Petruzzelli di Bari con un nuovo allestimento dello spettacolo “Made in Italy – i soliti ignoti” voluto e prodotto dalla Camerata Musicale Barese (organismo preposto alla programmazione al Teatro Petruzzelli) in co-produzione con il Festival VeneziainDanza (Teatro Malibran – Venezia). Nel 2012 viene prodotto lo spettacolo “Vestita di terra e di Mare” con coreografie di Michela Barasciutti e Elisabetta Rosso e

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con la partecipazione di Ottavia Piccolo (registrazione) in co-produzione con Teatro del Sottosuolo (CI). Altra produzione del 2012 è “Fiore accanto” (nuovo allestimento da: Di Terra e di Altro”) sempre con coreografie di Michela Barasciutti e rappresentato in anteprima a Venezia al Teatro Malibran per conto del Teatro La Fenice (Area Formazione).

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domenica 10 marzo 2013 ore 16.00

Aterballetto

CANTO PER ORFEO

Coreografia Mauro Bigonzetti Musica originale Antongiulio Galeandro, Cristina Vetrone con la collaborazione di Lorella Monti *Elementi scenici Mauro Bigonzetti e Carlo CerriVideo e luci Carlo CerriCostumi Kristopher Millar & Lois Swandale Realizzazione video OOOPStudioRealizzazione costumi Sartoria AterballettoGiuseppina Carbosiero, Nuvia ValestriDirezione artistica Cristina Bozzolini

interpreti

Noemi ArcangeliSaul Daniele Ardillo Angel BlancoHektor BudllaAlessandro Calvani Alvaro DuleCharlotte FaillardMartina ForiosoJohanna HwangPhilippe KratzMarietta KroValerio LongoIvana MastrovitiGiulio PighiniRoberto Tedesco Lucia VergnanoSerena Vinzio Chiara Viscido

* eccetto “Marinaresca” di R. De Simone(Edizioni: Universal Music Publishing Ricordi Srl)

Fisarmonica, segnali di stazione radio utilityin Onde Corte “SW” Antongiulio GaleandroVoce, organetti, tamburelli Cristina VetroneVoce, tamburelli Lorella Monti

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Canto per Orfeodi Ermanno Romanelli La ninfa Euridice, sposa di Orfeo, poeta della Tracia, prediletto da Apollo, muore punta da una serpe. Il canto di Orfeo commuove gli Dei dell’oltretomba, che gli concedono di riportare Euridice sulla Terra, a condizione che, al ritorno, Orfeo non la guardi. Ma il poeta non resiste, e perde l’amata Euridice per sempre. Sconvolto dal dolore, Orfeo, con i suoi lamenti, suscita l’ira delle Baccanti, che ne fanno a pezzi il corpo. È questa la sintesi, estrema, di una vicenda tramandata, fra gli altri, da Eschilo, Platone e, soprattutto, per le sue conseguenze sulla Storia della Cultura in Occidente, da Virgilio, nelle Georgiche, il primo a darne una forma estesa e completa (scrive Massimo Di Marco). Il poeta di Mantova è seguito da Ovidio, nelle Metamorfosi, in un racconto moltiplicatosi per irradiazione, attraverso letture sovrapposte e stratificate nel tempo e nello spazio (secondo Charles Segal). Poche leggende hanno avuto altrettanta fortuna nell’arte di tutti i tempi, pochi personaggi si sono prestati alla rielaborazione, in chiave filosofico-simbolica, quanto il mitico cantore della Tracia, dice Maria Grazia Ciani. Quella che si svolge davanti a noi, fra occhi e orecchie, è una lunghissima catena, dilatata nei millenni, con più risvolti, condivisi fra mitologia, letteratura, musica, cinema e coreografia. La debordante polivalenza assunta da Orfeo, per Segal, si spiega così: “Il mito di Orfeo ha offerto all’artista…la possibilità di percepire la propria arte come una magia capace di porlo in contatto con il fremito della vita allo stato puro”. Orfeo, precisa lo studioso, è il mito dell’importanza suprema della missione affidata all’arte, del coinvolgimento totale dell’arte nell’amore, nella bellezza e nell’ordine e armonia della natura. Il tutto sotto il segno costante della morte. È il mito della magia dell’artista, del suo coraggioso, disperato immergersi nei ciechi abissi del cuore e dell’Universo, della sua speranza e del suo bisogno di farne ritorno per raccontare e a tutti noi il suo viaggio. Tesi così captanti, pertinenti alla superba valenza affabulatoria del mito, hanno affascinato da sempre la danza. Nel Rinascimento, Orfeo, immortalato da Poliziano nei suoi versi, conosce grande fortuna nei balletti di corte. Fasti rilanciati da due Euridice nella Firenze medicea: la prima di Jacopo Peri (1600), primo melodramma le cui musiche sono giunte a noi integre; la seconda di Giulio Caccini (1602). Sono “preamboli” al primo e più famoso Orfeo in musica, la favola pastorale di Claudio Monteverdi (1607), il cui soggetto è ribadito in numerosi balletti-pantomima del secolo, fino alla consacrazione definitiva con il melodramma Orfeo e

in coproduzione con Fondazione Nazionale della Danza, Stimmen Festival 2012 Lörrach (D) e Fondazione I Teatri

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Euridice di C.W.Gluck (1762). È questo il tappeto sonoro per la trasposizione coreografica di Vincenzo Galeotti (1770), J.G.Noverre (1763) e J.Dauberval (1784). La genealogia, trasversale per approcci e stili, si spinge fino al secolo scorso, con Michail Fokine (1911), Frederick Ashton (1953), e ancora John Neumeier (1978), fra dozzine di altri. Capitolo a sé stante è Orpheus und Eurydike (1975), creazione di Pina Bausch per il proprio ensemble a Wupperthal, entrata in repertorio all’Opéra di Parigi, titolo maggiore ed esaltante per il raddoppio dei ruoli danzatore-cantante, distinti e dialogici nell’espressività, e l’incisiva escursione fra Dramma e Morte, che la coreografa domina come nessun altro. Del pari, sulla partitura di Monteverdi, e in altro versante, Trisha Brown (1998) trasforma i cantanti in danzatori, fusi con gli interpreti della sua compagnia, in una elegante e stilizzatissima ricerca sulle origini stesse delle prime edizioni del melodramma. Da segnalare, tra gli ultimi approdi, la stupefacente versione che Bob Wilson ha realizzato, con la sua cifra così specifica, vista al Teatro alla Scala, fra le luci soppesate e i gesti minimali di un “percorso ermeneutico”. Un altro fil rouge e un fitto carnet, da Lichine (1948) a Cranko (1970), seguono i tre quadri e le dodici scene della partitura neoclassica firmata da Igor Stravinsky, nel 1947. Un viatico rinnovato nel ’99 da Neumeier, per primo declinato da George Balanchine, nel 48, seguito lo stesso anno da Aurel Milloss, alla Biennale di Venezia. Il Canto per Orfeo firmato da Mauro Bigonzetti, è, al momento, l’ultimo anello, in ordine di tempo, di questa lunga sequenza. Parlando della sua rappresentazione, il coreografo ha dichiarato: “È la risposta al fascino di un

mito, alle provocazioni di un’opera misteriosa, sempre in bilico tra tragedia e commedia, tra brutale e divino, tra vita e morte. È il palpito dell’anima che, ingabbiata in un corpo, preme e si agita in attesa del suo rinascere. È la reazione alla seduzione di un’opera, che nasconde in sé il senso stesso della nostra esistenza. Il cammino nell’aldilà, nel tentativo di strappare la sposa alle forze della morte con l’esercizio del canto e della poesia, diviene il paradigma di un’avventura intima e personale, un’avventura di gesti di suoni di canto e visioni, che ci orienta alla ricerca di quelle forze misteriose che si agitano nella natura umana generando l’esigenza e le ragioni stesse dell’arte”. Per Giulia Taddeo, nel suo ultimo lavoro Bigonzetti ci presenta “un’opera che intende soffermarsi sull’episodio dell’infelice amore tra Orfeo ed Euridice”, ma un esame più attento rivela che il lavoro “si lega a doppio filo con il tema della musica, la quale costituisce la base dell’intera tessitura coreografica e una efficace chiave interpretativa dell’insieme. Abbandonato l’antico strumento della lira, Orfeo imbraccia una variopinta fisarmonica (bianca, rossa e nera in realtà, colori altamente simbolici – purezza, morte, passione? - che ricorreranno nell’allestimento e nei costumi, apparendo contemporaneamente nelle scene finali), e si trasforma nell’aitante capo di una sorta di tribù metropolitana, che si muove tra beckettiani bidoni di latta al ritmo etnico, percussivo e palpitante delle musiche e dei canti del trio Kitarodia, tutti eseguiti dal vivo in maniera suggestiva, terrea e appassionata”. In questa ambientazione il movimento è “capace di dilatazioni improvvise e di altrettanto subitanee contrazioni, in un’azione tutta energia

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senza pensiero, arcaica, tribale e lontana. Ogni aspetto della vicenda sembra rovesciarsi in una dimensione collettiva, quella costituita, cioè, dalle felici coreografie di gruppo, nelle quali gli umori e i sentimenti individuali sembrano diffondersi come per contagio, concretandosi nel pulsare ritmico - quasi una pizzica salentina - dei piedi per terra, nelle braccia contratte e ben modellate e, soprattutto, nelle schiene inarcate all’inverosimile, come a esporre senza timore petto, cuore e volto, lasciandosi travolgere dalla potenza degli eventi”. Il cuore dell’allestimento si svela nel finale, “che trasforma una qualunque storia d’amore infelice nella storia di Orfeo: si tratta della metafora della musica, con l’immagine di Orfeo “suonatore di fisarmonica” che sancisce il potere sublimatore dell’arte rispetto a qualsiasi umana sciagura”.

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I PROTAGONISTI

Mauro BigonzettiNato a Roma, si diploma alla Scuola del Teatro dell’Opera ed entra direttamente nella compagnia della sua città. Dopo 10 anni di attività presso l’Opera di Roma, nella stagione ‘82-’83 entra a far parte dell’Aterballetto sotto la direzione artistica di Amedeo Amodio dove interpreta tutti i ruoli del repertorio della Compagnia. In questo periodo le esperienze più significative sono state le collaborazioni con Alvin Ailey, Glen Tetley, William Forsythe, Jennifer Muller ed interpreta anche molti balletti di George Balanchine e Leonide Massine. Nel 1990 crea il suo primo balletto Sei in movimento su musiche di J. S. Bach che debutta al Teatro Sociale di Grassina. Nella stagione ‘92-’93 lascia l’Aterballetto e diventa coreografo free lance ed è in questo periodo che stringe un’intensa collaborazione con il Balletto di Toscana, fucina in quegli anni di molti coreografi italiani. In seguito le collaborazioni più importanti sono con le se- guenti compagnie internazionali: English National Ballet Londra, Ballet National Marsiglia, Stuttgarter Ballett, Deutsche Oper Berlino, Staatsoper Dresda, Ballet Teatro Argentino, Balè da Cidade de Sao Paulo (Brasile), Ballet Gulbenkian Lisbona, New York City Ballet, State Ballet di Ankara, Ballet du Capitole Toulouse ed, inoltre, crea balletti per molte compagnie italiane fra cui Balletto Teatro alla Scala di Milano, Opera di Roma, Arena di Verona, Teatro San

Carlo di Napoli ed Alvin Ailey Dance Company. Per le sue creazioni collabora con artisti come: Claudio Parmiggiani, Fabrizio Plessi, Bruno Moretti, Elvis Costello, Danilo Grassi, Luciano Ligabue, Guglielmo Capone, Millar & Swandale, Roberto Tirelli, Fabrizio Montecchi, Nicola Lusuardi, Paride Bonetta, Helena Medeiros, Paolo Calafiore, Angelo Davoli, Carlo Cerri, Beni Montresor, Massimo Castri, Lucia Socci. Dal 1997 al 2007 è Direttore Artistico della Compagnia e costruisce un nuovo repertorio ed una nuova compagnia. Dal 2008 all’agosto 2012 è coreografo principale della Compagnia, e la direzione artistica viene affidata a Cristina Bozzolini. I lavori più importanti per Aterballetto sono: Songs, Persephassa, Furia Corporis, Comoedia Canti, Sogno di una notte di mezza estate, Cantata, Rossini Cards, Vespro, Les Noces, Psappha, WAM, Romeo and Juliet, InCanto dall’Orlando Furioso, Terra, Come un respiro, Certe Notti, Le Sacre e Canto per Orfeo che vengono rappresentati nei maggiori teatri del mondo.

AterballettoÈ la principale Compagnia di produzione e distribuzione di spettacoli di danza in Italia e la prima realtà stabile di bal-letto al di fuori delle Fondazioni liriche. Nata nel 1979 è formata da danzatori solisti in grado di affrontare tutti gli sti-li. Aterballetto gode di ampi riconoscimenti anche in cam-po internazionale. Dopo Amedeo Amodio, che l’ha diretta per quasi 18 anni, dal 1997 al 2007 la direzione artistica

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è stata affidata a Mauro Bigonzetti, affermato coreografo in-ternazionale che ha saputo rinnovare l’identità artistica del-la Compagnia dandole un profilo internazionale. Proprio per assicurare il maggiore impegno creativo al suo talento coreo-grafico, dal febbraio del 2008 al settembre 2012, Bigonzet-ti assume il ruolo di Coreografo principale della Compagnia e la Direzione artistica, viene affidata a Cristina Bozzolini, già prima ballerina stabile del Maggio Musicale fiorentino. Aterballetto ha oggi assunto il profilo di compagnia di bal-letto contemporaneo che ha come elemento fondante della propria identità artistica l’impegno a sostenere e sviluppare l’arte della coreografia e il linguaggio assoluto della danza, intesa come dinamica e forma nello spazio, incarnazione di risonanze espressive e estetiche, dialettica con la mu-sica. Nel corso della sua storia più recente, grazie al pre-zioso contributo creativo del coreografo Mauro Bigonzetti e degli autori italiani e internazionali che hanno collaborato con la compagnia – da Jiri Kylian a William Forsythe, da Ohad Naharin a Iztik Galili, ed, inoltre, Fabrizio Monteverde, Jacopo Godani, Eugenio Scigliano – questa vocazione si è maggiormente consolidata e le scelte artistiche sono state ulteriormente motivate dall’esigenza e curiosità di esplorare le diverse espressioni del linguaggio coreografico contem-poraneo. Un’esperienza davvero unica e originale, sia per il coreografo, che per gli interpreti, che arriva direttamente al pubblico. Tutto questo è stato ed è possibile grazie alla lungimiranza del Comune di Reggio Emilia, della Regione Emilia Romagna e dell’A.T.E.R.

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domenica 17 marzo 2013 ore 16.00

OMAGGIO A BIRGIT CULLBERG

con la partecipazione di

Sabrina Brazzo prima ballerina, Teatro alla Scala

Beatrice Carbone ballerina solista, Teatro alla Scala

Deborah Gismondi ballerina solista, Teatro alla Scala

Sofia Caminiti corpo di ballo, Teatro alla Scala

Roberta Voltolina già ballerina, Teatro alla Scala

Maurizio Licitra ballerino solista, Teatro alla Scala

Andrea Volpintesta corpo di ballo, Teatro alla Scala primo ballerino, Balletto Rio De Janeiro

Marco Agostino corpo di ballo, Teatro alla Scala

Francesco Smaniotto corpo di ballo, Teatro alla Scala

Roberto Gonzales Sanchez corpo di ballo,Teatro alla Scala

Stefano Benedini già ballerino, Teatro alla Scala

Direzione artistica Giuseppe Carbone

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PULCINELLA SUITE

Coreografia Birgit Cullberg Musiche Igor Stravinsky

Personaggi e interpreti

Pulcinella Maurizio LicitraPimpinella Deborah Gismondi madre Roberta Voltolina padre Stefano Benedini servetto Francesco Smaniotto servetta Sofia Camminiti

ADAMO ED EVA

Coreografia Birgit Cullberg Musiche Hilding Rosenberg

Personaggi e interpreti

Eva Sabrina BrazzoAdamo Andrea Volpintesta

ROMEO E GIULIETTA SUITE

Coreografia Birgit Cullberg Musiche Sergej Prokof’ev

Personaggi e interpreti

Giulietta Beatrice CarboneRomeo Marco Agostino Mercuzio Maurizio Licitra Paride Roberto Gonzales SanchezTebaldo Andrea Volpintesta madre di Giulietta Roberta Voltolina padre di Giulietta Stefano Benedini

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Omaggio a Birgit Cullbergdi Ermanno Romanelli L’Omaggio a Birgit Cullberg dei primi ballerini e dei solisti del Teatro alla Scala è un atto dovuto ad un’artista poco rappresentata in Italia. Birgit Ragnhild Cullberg (1909 - 1999), danzatrice e coreografa, è considerata tra le figure più significative del balletto moderno europeo, la madre della danza contemporanea svedese, che ha contrassegnato con la propria poetica e uno stile carico di forti e ben precise pregnanze personali, politiche e sociali. Tra i suoi migliori allievi si ricorda Maurice Bejart: impegnato con la Cullberg come danzatore, grazie a lei, che ne intuì il talento, esordì in veste di coreografo, con la sua prima versione de L’Oiseau de Feu (1950).Donna di cultura, pittrice, laureata in Letteratura all’Uni- versità di Stoccolma, decise, a 27 anni, di diventare bal- lerina. Seguì dei corsi di danza con Vera Aleksandrovna Trefilova, già grande virtuosa nei Ballets Russes di Diaghilev, ma fondamentale per lei fu l’incontro, dal 1935 al ’39, con due maestri fuggiti dalla Germania nazista e riparati al Dartington College, in Inghilterra: Kurt Joos (1901-1979), il danzatore, coreografo e didatta tedesco che ha educato, con il proprio magistero forgiato dalla cultura espressionista, generazioni di interpreti e creatori; e Sigurd Leeder (1902-1981), fautore quest’ultimo dell’eucinetica. La Cullberg si perfezionò ulteriormente alla danza moderna con Donya Feuer, allieva di Martha Graham, della quale condividerà, in seguito, l’interesse per una danza che indaghi la psicologia del profondo. Infine la Cullberg debuttò con un primo gruppo nel 1939; nel 1947 formò, insieme a Ivo Cramer, lo Svenska Dansteater, iniziando la sua attività di coreografa, subito contrassegnata dal suo capolavoro: Signorina Giulia (1950), direttamente ispirato al testo e al magistero teatrale di August Strindberg, entrato successivamente nel repertorio di molte compagnie internazionali (in Italia è stato eseguito dal Balletto della Scala).Dopo essere stata, dal 1952 al 1957, coreografa principale del Balletto Reale Svedese, Birgit Cullberg nel 1967 fonda il Cullberg Ballet, prima compagnia di giro svedese, una delle più belle storie di danza del nostro tempo. I circa venti danzatori che la compongono sono cambiati più e più volte, ma il gruppo ha sempre conservato la propria storia e identità: un tratto di estremo rigore, morale e professionale, che reca in filigrana l’impronta della fondatrice, del suo credo politico e sociale. Per la compagnia, Birgit ha firmato innumerevoli e significativi balletti (“Neanche io mi ricordo quanti ne ho creati”, confessava la nobile signora). Tra i

tanti si ricordano almeno Euridice è morta (1968), Romeo e Giulietta (1969), Revolt (1973), La scuola delle mogli (1974), War Dances (1979).Nelle sue opere, Birgit Cullberg ha saputo fondere i propri interessi per la letteratura e il teatro moderno nel genere del dancedrama, che con lei ha assunto una struttura agile e essenziale, centrata sull’osservazione delle problema- tiche sociali e interpersonali contemporanee, sviluppate attraverso un vocabolario coreutico fortemente espressivo. In questo la coreografa è riuscita a fondere efficacemente la tecnica classica e un interesse sempre più accentuato per i principi compositivi più liberi del modernismo, appresi dal suo maestro, Kurt Jooss. Significativa è stata anche la pionieristica attività della Cullberg come coreografa televisiva, che la portò a sperimentare in maniera audace i nuovi mezzi tecnologici.Non per caso al figlio, Mats Ek (1945), coreografo tra i maggiori del nostro tempo, la Cullberg ha trasmesso l’attenzione per una danza della più solida identità. È una danza con un’anima vera, priva di fronzoli, implacabile nell’indagine delle piaghe dell’anima, nei varchi che ci scambiamo tra sogno e realtà, nelle tante ferite che s’infliggono uomini e donne.Le coreografie raccolte in questo Omaggio sono tre com- posizioni emblematiche di un arco creativo che spazia in oltre quaranta anni di intenso fervore creativo. Le tre opere, molto differenti tra loro, per contenuti espressivi e narrativi, sono tutte dedite all’esposizione profonda, a tratti inquietante o solo umorale, dei rapporti interpersonali, che l’asciutta levigatezza della danza riesce a temperare. Così che anche questo incontro con l’arte inimitabile della coreografa svedese riserverà non poche sorprese allo spettatore con gli occhi e la mente aperti, spalancati verso la realtà delle cose.

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Pulcinella Suite (1982), sulle musiche di Strawinsky, è un titolo che, affrontato per primo da Leonide Massine, è parte integrante, per le sue moltissime versioni, del grande repertorio del ‘900. La Cullberg ne ha fatto un brano vivace e brioso, dove si racconta l’amore di Pulcinella per Pimpinella, per la quale i genitori Pantalone e Pandolfina sognano un Principe Azzurro. Travestirsi da nobiluomo porterà a Pulcinella molti guai, ma il lieto fine è comunque assicurato.

Adamo ed Eva, creato nel 1961 su musiche del compositore svedese Hilding Rosenberg, è un passo a due che, in un crescendo di situazioni, ora comiche ora scopertamente, e gustosamente, grottesche, centra il tema dell’eros. Narra la trasformazione dell’amore nella biblica coppia, amore che, da innocente, ancora puerile, scopre altre parti del corpo, attraversa l’età adulta, giunge sino alla maturità. Ma, una volta cacciata dall’Eden, la coppia, in ultima analisi rifiuta lei stessa, a sua volta, Dio.

Romeo e Giulietta Suite (1944, rivista nel ‘69), presenta una lettura introspettiva e psicologica del dramma shakespeariano dei due giovani amanti, lasciando in secondo piano gli aspetti più strettamente narrativi. La musica utilizza la celebre partitura di Prokofiev, e la coreografia concilia danza classico accademica e danza contemporanea.

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I PROTAGONISTI

Sabrina Brazzoprima ballerina, Teatro alla ScalaDiplomatasi alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala, Sabrina Brazzo ha danzato per due anni con la compagnia della Deutsche Oper Ham Rhein di Heinz Spoerli. In seguito è tornata a far parte del Balletto della Scala, dove è interprete dei ruoli principali del repertorio della Compagnia. Il suo repertorio comprende grandi titoli classici, moderni e contemporanei, tra gli altri La Bisbetica Domata di John Cranko, Now and Then di John Neumeier, Lo Schiaccianoci di Rudolf Nureyev, Petite Mort di Jiří Kylián, Sogno di una Notte di Mezza Estate (Ippolita) di George Balanchine, La Dama delle Camelie (Prudance) di John Neumeier, The Cage di Jerome Robbins (la Novizia), Le Sacre du Printemps (l’Eletta) di Maurice Béjart; Carmen e L’Arlésienne di Roland Petit, Les grand pas de deux di Christian Spuck. Nel febbraio 2010 si è esibita al Teatro Ariston in occasione del 60° Festival di Sanremo, come ospite della cantante Malika Ayane. Nel maggio 2010 si è esibita in Brasile, a Rio de Janeiro, in occasione della riapertura del Teatro Municipal, danzando come artista ospite al fianco di Robert Tewsley in Carmen di Roland Petit. E’ spesso ospite dei Gala “Roberto Bolle & Friends”. Durante la sua carriera ha ottenuto diversi premi, tra cui il “Premio Leonide Massine” ricevuto nel 2002 e il prestigioso premio “Foglio d’oro”, conferitole nel dicembre 2009 nel Principato di Monaco, premio alla professionalità italiana nel Mondo, nella categoria “Danza e Cultura”.

Beatrice Carboneballerina solista, Teatro alla ScalaFiglia d’arte, inizia a studiare danza con la madre a otto anni. A 15 anni vince una borsa di studio per la Royal Ballet School di Londra e lo stesso anno entra alla scuola di ballo del Teatro alla Scala di Milano, dove si diploma a 18 anni. Subito inizia ad interpretare ruoli da solista e prima ballerina. A 21 anni viene promossa solista. Il suo repertorio comprende grandi titoli classici, moderni e contemporanei, tra gli altri: Olga in Onegin (Olga) di John Cranko, Don Chisciotte (Kitri) di Rudolf Nureyev, Carmen di Roland Petit, Giselle nella versione moderna di Matz Ek, Giselle (Mirta) di Sylvie Guillèm e nella versione tradizionale, Bayadère (Gamzatti) di Natal’ja Makarova, Annunciazione (l’Angelo) di Angelin Preljokaj, Sogno di una notte di mezza estate (Erminia) di George Balanchine, Cenerentola (Una delle sorellastre) di Rudolf Nureyev, Manon (l’Amante) di Kenneth Mc Millan, Apollon Musagète (Una delle tre muse) di George Balanchine e Onegin (Tatiana) di John Cranko. Ha vinto numerosi premi come giovane promessa della danza italiana fra cui: Premio Positano, Premio Acqui Danza e La Giara d’Argento a Taormina. Ha partecipato a molti Festival internazionali fra cui: Belgio, Giappone, Russia, Svezia, Stati Uniti, e Festival dei due mondi di Spoleto.

Foto © Graziella Vigo

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Deborah Gismondiballerina solista, Teatro alla ScalaDeborah Gismondi nasce a Genova e inizia a ballare all’età di 6 anni. Nel 1984 entra alla Scuola di ballo del Teatro alla Scala dove, nel 1992, si diploma, con i massimi voti, ed entra a far parte della compagnia. Nel 2001 è promossa solista ed è invitata al “Gala for young Italian talents” presso la “Tanz Hus” di Stoccolma. Nel 2002 è selezionata da Sylvie Guillem, per interpretare il ruolo di Giselle nella nuova coreografia, che sarà eseguita presso il Metropolitan di New York, durante il tour americano della compagnia del Teatro alla Scala. Nel 2005 è invitata a ballare a Losanna, in “Bejàrt Ballet”. Ciò le permette di lavorare con il Maestro Bejàrt, sul ruolo di L’Elue ne The rite of Spring. Nello stesso anno interpreta il medesimo ruolo presso il Teatro Real di Madrid, con la compagnia del Teatro alla Scala. Nel 2006 si esibisce all’interno del “Gala des Etoiles”, tenutosi a Bruxelles presso il Cirque Royal. Il suo repertorio comprende grandi titoli, tra gli altri: Nutcracker, Giselle, Bajadere, Carmen, La Strada, Excelsior, Rite of Spring, The Great Gatsby e Romeo and Juliet. Ha lavorato con i più importanti coreografi di fama internazionale, tra i quali: Rudolf Nureyev, Natalia Makarova, John Cranko, George Balanchine, Willliam Forsythe, Kennet Mac Millan, John Neumeier, Frederick Ashton, Antony Tudor, Ronald Hydn, Harald Lander, August Bournonville, Vladimir Bourmeister, Patricia Ruanne, Sylvie Guillem, Evgheni Poliakov, Derek Deane, Amedeo Amodio, Ugo Dall’Ara, Micha Van Hoecke e André Prokovsky.

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(L’Amante) di Jean Grand Maitre, Ondine (Tirrenio) di Frederick Ashton, La strada (il Matto) di Mario Pistoni, il Il lago dei cigni (Buffone) di Vladimir Bourmeister, La bayadère (l’Idolo d’oro) di Natal’ja Makarova, La bella addormentata (l’uccellino blu) di Rudolf Nureyev, Don Chisciotte (lo zingaro) di Rudolf Nureyev, Romeo e Giulietta (Mercuzio) di Kenneth MacMillan, Lo schiaccianoci (Fritz) di Hynd e Rudolf Nureyev, Il lago dei Cigni (Passo a tre) di Rudolf Nureyev, Giselle (Il Passo a due dei Contadini) di Patrice Bart, Sogno di una notte di mezza estate (Puck) di George Balanchine, La Sylphide (Il Passo a due) di Pierre Lacotte e numerosi balletti contemporanei tra cui Approximate Sonata e In the Middle Somewhat Eleveted William Forsythe, Sechs Tanze di Jiří Kylián, Carmen (Bandito), Tout Satie e Le six danses de Chabrier di Roland Petit, Capriccio per Piano di George Balanchine; Troy Game (Funny Boy) di Robert North, Giselle (Due Contadini) di Mats Ek, Foreaction e Mediterranea Mauro Bigonzetti, Amarcord (Titta) di Luciano Cannito, Il Furioso all’Isola di San Domingo (Kaidama) di Micha Van Hoecke Nel 1995 partecipa al Concorso Internazionale di Danza M. Oyha ad Osaka (Giappone) dove vince due premi, tra cui il Premio della Giuria, danzando i passi a due da Il Corsaro, Diana e Atteone, Carnevale a Venezia. In tournée con il Corpo di Ballo della Scala ha danzato nei maggiori teatri italiani e internazionali tra i quali il Teatro Bols’oj di Mosca, il Lincoln Center di New York, l’Opéra di Parigi, l’Auditorio Nacional di Città del Messico, il Teatro Real di Madrid, Royal Opera House di Londra, esibendosi anche a Tokyo, Aspendos (Turchia), Austria.

Maurizio Licitraballerino solista, Teatro alla ScalaDiplomato alla “John Cranko Schule” di Stoccarda, entra poi in qualità di solista nella compagnia austriaca Grazer-Ballet, dove interpreta ruoli da protagonista in Folk Songs di Jiří Kylián, Five Tangos di Hans Van Manen, Love Songs di William Forsythe, Sylphide di August Bournonville e Romeo e Giulietta (Mercuzio) di Heainz Spoerli. Attualmente solista del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala, interpreta numerosi ruoli da primo ballerino ed étoile in balletti classici tra cui: Excelsior (Lo Schiavo) di Ugo Dell’Ara all’Opéra di Parigi, Coppelia (Franz) di Derek Dean, Le Jeune homme et la mort di Roland Petit, Il figliol prodigo (Il Figlio) di George Balanchine, L’histoire de Manon (Lescaut) di Kenneth MacMillan, Onegin (Lenskij) di John Cranko, La bisbetica domata (Ortenzio) di John Cranko, La Veglia degli Angeli

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Andrea Volpintestacorpo di ballo, Teatro alla Scalaprimo ballerino, Balletto Rio De JaneiroInizia gli studi di danza a Cosenza. Dal 1995 al 1997 danza nella compagnia Aterballetto di Reggio Emilia sotto la direzione di Amedeo Amodio. Nel 1997 entra a far parte del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala di Milano, dove ricopre prevalentemente ruoli da Solista e Primo Ballerino nei più grandi titoli del repertorio classico e moderno, da Rudolf Nureyev a Maurice Béjart passando per Jiří Kylián, Roland Petit, Angelin Preljocaj e William Forsythe. Interpreta, tra gli altri, L’Histoire de Manon di Kenneth MacMillan e il ruolo di Des Grieux in La Dame aux camélias di John Neumeier. Nel novembre 2008 danza come ospite al Teatro Massimo di Palermo il ruolo del Nubiano nella scena del trionfo dell’Aida del regista Franco Zeffirelli con le coreografie di Vladimir Vasiliev. Sempre con Aida nel luglio 2009 in tournée all’Israeli Opera di Tel Aviv in occasione del Centenario della Storica città e a settembre dello stesso anno all’NHK di Tokyo per la centesima recita della Scala in Giappone. Nel febbraio 2010 partecipa al 60° Festival di Sanremo come ospite della cantante Malika Ayane, accompagnando la Prima Ballerina del Teatro alla Scala Sabrina Brazzo. Nell’aprile e maggio 2010 e a giugno 2011 viene invitato come ospite al Teatro Municipal di Rio de Janeiro, per interpretare Don Josè nella Carmen di Roland Petit e danza nel Gala di apertura della nuova stagione nel giugno 2010, in occasione del quale viene nominato Primo Ballerino Ospite del Teatro di Rio.

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martedì 26 marzo 2013 ore 10.00 mercoledì 27 marzo 2013 ore 10.00

Compagnia Fabula Saltica

PINOCCHIOBalletto in due attidi Ivan Stefanutti e Claudio Ronda

coreografie Claudio Rondamusiche Edoardo Bennatorielaborazione musicale Paolo Zambelliscene e costumi Ivan Stefanuttiresponsabile realizzazione costumi Mirella Magagniniresponsabile realizzazione attrezzerie e accessori costumi Giulia Zuolo

interpreti

Vito Alfarano,Iunia BriccaLuigi CelaniMelania ChionnaRoberto Augusto CostaEzio Domenico FerraroCaterina FigaiaFederica IacuzziClaudio PisaValentina Soncin

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Primo tempo

Prologo Ogni favola è un giocoLa nascita di PinocchioLa prima fugaIncontro col Grillo ParlanteIl ritorno di Geppetto, la vestizione di PinocchioMangiafuocoIl Gatto e la VolpeIl Grillo parla a PinocchioLa grande QuerciaLa Bambina dai capelli turchiniDotti medici e sapientiLa medicina e la baraA Pinocchio cresce il naso

Secondo tempo

Il campo dei miracoliUn giorno sarò riccoIn prigionePinocchio cerca la casa della fata Pinocchio va alla scuola comunalePinocchio incontra LucignoloIl carroIl Paese dei BalocchiPinocchio diventa un asino è venduto al circoNella pancia della balena Pinocchio incontra GeppettoFinale Un giorno credi…

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Pinocchiodi Ermanno Romanelli

Scandito in due tempi e ventitre stazioni, Pinocchio, il bal-let-féerie realizzato per la Compagnia Fabula Saltica dal suo direttore artistico, il coreografo Claudio Ronda, in collabo-razione con Ivan Stefanutti, si dimostra un titolo altrettan-to inossidabile, fuori dalle mode, e adatto ad ogni tipo di pubblico, quanto il testo di Collodi, dal quale trae ispira-zione e struttura drammaturgica. Basta un’occhiata veloce a qualcuna delle tappe di questa narrazione per rendersene conto. Si parte con Ogni favola è un gioco e si transita per l’Incontro col Grillo Parlante o Mangiafuoco e La Bambina dai capelli turchini, sino a Il campo dei miracoli e Il Paese dei Balocchi, fino a quando Pinocchio incontra Geppetto.Le musiche di Edoardo Bennato si saldano alla vivacità dei poliedrici interpreti, sì che ogni passaggio comunica atmosfere, humour, lirismo, luci e ombre, in una miscela sapientemente dosata che rende piena giustizia all’enne-sima rivisitazione del burattino-mito. Qui Pinocchio è defi-nitivamente trasformato, et pour cause, in un ragazzo, alle prese con le proprie esuberanti monellerie, in un percorso che miscela volentieri il surreale e una possibile realtà. Ov-vero: la vita, fatta di incontri, sbagliati o salvifici, le illusioni e le promesse, gli inganni e le certezze tradite, il dolore, il pentimento e la redenzione. Tutto a portata di mano, come sappiamo bene.La fiaba, in questo balletto, usa i modi e i temi di un altro gingillo favoloso: il gioco dell’Oca, cambiato in Gioco del Burattino. Così le stazioni del libro e del balletto sono illu-minate da un grande tabellone, usato come scenografia viva e collegamento. Il graffio umorale di Jacovitti, con le sue illustrazioni smisurate, si aggiunge alla partita e ne anima lo sfondo, mentre passano in rassegna coreografie di gruppo e passi a due con il Gatto e la Volpe, la Fata Turchina, il Grillo parlante, i popolani, gli scolari, i dotti e i sapienti. È, per intero, tutto il corollario di profili e balocchi e luoghi dell’immaginario che, in tutto il mondo, e in tutte le lingue, sostiene la triste e drammatica storia a lieto fine di Pinoc-chio e Geppetto. Dai caratteri a stampa, o dalla piattezza dello schermo cine-televisivo, qui ce la ritroviamo servita sul piatto sbalzato d’argento del palcoscenico, goduta in tre, anzi quattro, anzi cinque o sei dimensioni. Perché la poesia, la bellezza, l’immedesimazione e la voglia di indossare noi, finalmente, quelle maschere, dove le mettiamo?Per cogliere in pieno il modo, il respiro e il senso dell’ope-razione guidata da Claudio Ronda, niente di meglio che se-guire le parole del creatore del balletto.

“Pinocchio, tra i più fortunati romanzi italiani, appartie-ne a quella categoria di libri che è piacevolissimo leggere. Eppure è stato difficilissimo, per me, artista performativo, trovare una chiave interpretativa nel confronto con il testo e nella sua trasformazione, come in questo caso, in uno spet-tacolo. Difficilissimo sia perché ci hanno provato in tanti, e l’esigenza di una lettura originale è prioritaria; sia perché il racconto sembra ribellarsi e fuggire da qualsiasi tentativo di appiattimento.Ecco perché nell’affrontare Pinocchio, rivisitato con il lin-guaggio della danza, il tentativo da me effettuato, di co-mune accordo con Ivan Stefanutti, che ne cura le scene e i costumi, non è stato quello di prevaricare il libro di Collodi, ma, piuttosto, di essere usati dal testo stesso, tentando di ritrovare al suo interno tutto ciò che, in trasparenza, ci ap-pariva da bambini, mentre lo leggevamo.Di fronte a questo libro, in cui ogni parola è scritta per na-scondere altre, e innumerevoli, parole, in questo racconto,

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ricco di incongruenze, fitto di misteri, pieno di invenzioni, tutti dominati solo dal caso, abbiamo cercato un parallelo con il gioco. Fra i giochi della più antica tradizione popolare, il Gioco dell’Oca appartiene a quelli che rappresentano una metafora del vivere sociale: l’inizio e la fine, la presenza della natura e degli animali, l’impedimento al movimento, i pericoli, il caso e, soprattutto, il viaggio labirintico dell’esi-stenza, con le sue imprevedibili direzioni. L’innescarsi degli eventi nella favola, così come nel gioco, rappresentano un proprio e vero labirinto virtuale, una partita con il non certo, il caso (i dadi), lo smarrimento, che l’eroe è destinato a superare.A rendere più intrigante la nostra partita si è aggiunta la possibilità di poter utilizzare il segno grafico e alcune imma-gini di uno dei grandi illustratori delle avventure di Pinoc-chio: Benito Jacovitti. Attraverso la sua ironia, ogni passag-gio, ogni momento, diventava di più facile comprensione, e, al tempo stesso, di stimolo per la nostra fantasia.Pinocchio è, senza dubbio, un modo di vedere il mondo. Questo eroe minuscolo, piccolo e trasgressivo, in lotta eterna dell’ordine, in continua fuga, in bilico tra il riposo nell’espe-rienza e il capriccio dell’avventura, la quiete di orizzonti li-mitati e l’ansia di evasione, è la metafora della purezza in perenne conflitto con il mondo gretto e malvagio di un’uma-nità senza sogni. Pezzo di legno, attratto da un disordine più avventuroso, dalla sete di libertà, Pinocchio, con i suoi errori, sintetizza la fatica del vivere nel meraviglioso mondo del possibile e dell’incerto.Altro motivo ricorrente di questa favola è la menzogna. La lotta con la menzogna è dura, è un lento percorso nel quale Pinocchio impara a misurarsi e a relazionare; è la menzo-gna il pilastro sul quale si regge un sistema, persino di un mondo dove diventa necessario imparare a leggere, come suggerisce Collodi (leggere il “mondo”).Come finirà il nostro Pinocchio? Chi può dirlo. In aiuto ci viene la risposta che Collodi diede ad Ermenegildo Pistilli, che gli chiedeva come mai il burattino si trasformava, alla fine, in un bambino con i capelli castani e gli occhi celesti. Carlo Lorenzini (Collodi) rispondeva: “Sarà, ma io non ho memoria d’aver finito a questo modo”.

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La vicendaChi non conosce la storia di Pinocchio…

La nostra storia comincia quando Geppetto, prende un pez-zo di legno per fabbricarsi un burattino meraviglioso che sappia ballare e fare i salti mortali. Tornato a casa, Geppetto comincia subito a fabbricarsi il burattino e gli mette il nome di Pinocchio. Appena finisce di costruirlo questo scappa e ne combina di tutti i colori.

Geppetto viene condotto senza colpa in prigione, mentre quel monello di Pinocchio, rimasto libero dalle grinfie del carabiniere, se la da a gambe per tornarsene a casa; una volta entrato incontra il Grillo-parlante.

Geppetto tornato a casa, nutre Pinocchio e vende la propria casacca per comprargli l’Abbecedario. Ma Pinocchio lo ba-ratta per andare a vedere il teatrino dei burattini.

Il burattinaio Mangiafoco regala cinque monete d’oro a Pi-nocchio, perché le porti al suo babbo Geppetto: e Pinoc-chio, invece, si lascia abbindolare dalla Volpe e dal Gatto e se ne va con loro.

Dopo che Pinocchio, per non aver dato retta ai buoni consi-gli del Grillo-parlante, s’imbatte negli assassini viene impic-cato ad un ramo della Quercia grande.

Sembrerebbe tutto perduto. È la bella Bambina dai capelli turchini che raccoglie il bu-rattino: lo mette a letto, e chiama tre medici per sapere se sia vivo o morto.Una volta a casa della bambina dai capelli turchini, Pinoc-chio mangia lo zucchero, ma non vuole prendere la medici-na, allora vede passare una bara con dei becchini che ven-gono a portarlo via. Prende la medicina ma dice una bugia e per castigo gli cresce il naso.Finalmente guarito Pinocchio, ritrova la Volpe e il Gatto e va con loro a seminare le quattro monete nel Campo dei Miracoli.

Derubato delle sue monete d’oro si busca pure quattro mesi di prigione.Liberato dalla prigione, si avvia per tornare a casa della Fata, grazie ad un colombo che gli insegna la strada. Arrivato nei pressi della casa si accorge che la Bambina dai capelli tur-chini è morta e piange.

Pinocchio promette alla Fata di andare a scuola e diventare così un bravo bambino. Ma a scuola incontra Lucignolo e parte di nascosto con lui per il Paese dei Balocchi.Dopo cinque mesi di cuccagna un giorno con gran meraviglia sente spuntare un bel paio di orecchie d’asino: diventa un ciuchino e inizia a ragliare. Lo compra il direttore di un Cir-co che vorrebbe inserirlo come numero d’attrazione nel suo spettacolo ma Pinocchio non è capace di fare nulla quindi lo getta in mare dove è ingoiato da un terribile pescecane.

All’interno ritrova Geppetto e finalmente...

Come andrà a finire…

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La musica

Burattino senza fili di Edoardo Bennato è punto musicale di riferimento per questo lavoro e costituisce una sintesi di tutto quanto maturato negli anni precedenti dal cantautore.La favola di Pinocchio diventa un mezzo assai efficace per parlare alla gente semplificando i discorsi, senza apparire saccenti come il grillo parlante. In questa chiave Mangia-fuoco è il potere, che appena nasci ti lega ai suoi fili e ti governa a suo piacimento. Il gatto e la volpe sono i suoi con-sapevoli o inconsapevoli servi. Molte le similitudini e molti i paralleli che rendono estremamente attuale il racconto; in questo i testi di Edoardo Bennato risultano molto chiari ed espliciti. Con beffarda ironia, il cantautore si interroga su chi sono i buoni e chi sono i cattivi. Emblematica rimane la copertina dell’album che raffigura due misteriosi gendarmi, inquadrati di spalle, vicendevolmente ammanettati.È la dichiarazione di un gioco che sopravvive e continua anche quando ne scopri le regole, dove solo il buon senso e l’istinto femminile (ad esempio quello di una fata...) riman-gono l’unico punto di riferimento nella confusione e nello sbandamento generale.

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I PROTAGONISTI

Claudio RondaInizia gli studi di danza classica e moderna a Parma e suc-cessivamente a Londra al Pineapple Center. Frequenta la Scuola di Balletto diretta da Liliana Cosi e Marinel Ste-fanescu a Reggio Emilia e danza con la compagnia nelle produzioni Don Chiosciotte, Spartacus, Anafura e Raimon-da. Si perfeziona con Valentina Massini e Nicolae Pantazi, dell’Opera di Bucarest. Fonda nel 1986 con Leila Troletti, Pia Russo, Donatella Altieri l’Associazione Balletto “Città di Rovigo” e la compagnia Estballetto. Lavora con i coreogra-fi Valentina Massini, Nicolae Pantazi, Massimo Moricone, Orazio Messina, Gabriella Borni, Thierry Parmentier, Harold de Hart, Tuccio Rigano, Patrizia Comini, Gheorghe Iancu, Pascaline Richtarch, Loris Petrillo, Robert North, Robert Cohan. Partecipa al Concorso internazionale di Bagnolet e al premio Gino Tani. Dal 1991 è responsabile della compagnia che cambia nome in Fabula Saltica, organizza la produzione europea dello spettacolo Les Biches e danza, in Maschera-ta, Aura e Riccardo III (cor. G. Iancu); idea il soggetto per il balletto Ragazzi Selvaggi ( cor. R. North), balla in Pandora Librante (cor. R. Cohan), Sprint (cor. L. Petrillo) e Pictures (cor.R. North e R. Cohan). Organizza la tournée della com-pagnia in Finlandia e Portogallo e prende parte al balletto In mezzo…la terra (cor.R. North). Come coreografo crea per Fabula Saltica Siciliènne, Lieder Dances e Il sogno di… e per le Stagioni Liriche del Teatro Sociale di Rovigo, i balletti Together e Il Pranzo. Nel 2003 crea per la compagnia Pi-nocchio Burattino senza fili, Dal walzer allo swing, nel 2005 L’Histoire du Soldat e successivamente Barbablù, Ballades, Pulcinella, Presto, Lento, Presto. Per le Stagioni Liriche del Teatro Sociale di Rovigo crea le coreografie delle opere Mare Nostro, Andrea Chénier, Traviata, Madama Butterfly, Una fa-vola per caso, Aida, Un ballo in maschera, Anton, Rigoletto, La Forza del destino, Il Campiello, Carmen. Collabora come assistente alla regia nelle opere Norma, Madama Butterfly, Trovatore, Peter Schlemihl, Aida, Falstaff, Rigoletto, Nabuc-co, Otello, Andrea Chénier, Amica, Tosca, Carmen, Bohè-me. Si occupa, della regia di opere e balletti per bambini: Costruiamo una città, L’histoire du soldat, Lo scoiattolo in gamba, Il Teatro dei suoni, Incanto di Natale. È direttore artistico per nove anni della rassegna Vetrinadanza e per la Provincia di Rovigo di Tra ville e giardini e Incontri con la Danza in Villa Badoer ( Fratta Polesine). Cura per il Teatro Sociale di Rovigo la Stagione di Balletto.

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L’Associazione Balletto “città di Rovigo” È stata fondata nel 1986 e opera nel settore della produ-zione e diffusione di spettacoli di danza. Dalla sua nascita dà vita ad una propria compagnia denominata Estballetto che nel 1990 con la direzione artistica di Gheorghe Iancu (1990 -1996) cambia nome e diventa Fabula Saltica. Fin dagli inizi dell’attività fondamentale è la collaborazione con il Teatro Sociale di Rovigo per la produzione di spettacoli di danza con nuove commissioni a coreografi e composi-tori italiani e stranieri, per la promozione con l’ideazione di un’annuale Stagione di danza e con la Regione Veneto per l’attività formativa, con l’istituzione di corsi di perfezio-namento. Negli anni la ricerca, per la compagnia, di una propria identità stilistica ed artistica ha favorito l’incontro con diversi coreografi (Gheorghe Iancu, Robert North, Bob Cohan, Fabrizio Monteverde, Nicolas Musin, Isamel Ivo…), compositori (Marco Tutino, Giorgio Gaslini, Claudio Am-brosini, Howard Blake, Giovanni Sollima, Matteo D’Amico, Edoardo Bennato, Carlo Pedini, Paolo Zambelli...) attori e musicisti (Giulia Lazzarini, Enrico Rava, Tony Scott, Felice Casciano, Luigi Marangoni...) danzatori (Gheorghe Iancu, Alessandro Molin, Alessandra Celentano, Cirylle de la Barre, Monique Loudières, Luciana Svignano, Ismael Ivo…..), re-gisti e scenografi (Luisa Spinatelli, Gabbris Ferrari, Fabrizio Plessi, Ivan Stefanutti, Rinaldo Rinaldi…) che con il loro lavoro e la loro esperienza hanno contribuito alla creazione di un repertorio attento alla contemporaneità e alla valoriz-zazione di una compagnia versatile ed adattabile a diversi stili ed esigenze. Nel corso degli oltre 20 anni di attività la compagnia ha realizzato oltre 30 produzioni e ha rappre-sentato i propri spettacoli in importanti festival italiani e stranieri. Fabula Saltica è composta da giovani danzatori, per la maggior parte di formazione accademica, in grado di alternarsi in differenti produzioni che oscillano tra astrat-tezza e narratività teatrale. La capacità di utilizzare diverse tecniche, stili e di adattarsi a differenti modalità espressive, permette ai coreografi che collaborano con la compagnia di mettere in risalto di volta in volta le potenzialità versatili del gruppo e dei singoli interpreti. Dal 1996 L’Associazione è residente presso il Teatro Sociale di Rovigo, è sostenuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dalla Regione Veneto tramite A.R.CO Danza e collabora con la Provincia di Rovigo.

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venerdì 08 febbraio 2013 ore 21.00sabato 09 febbraio 2013 ore 10.00

Ersilia Danza Laura Corradi

CAPPUCCETTO ROSSO

uno spettacolo per bambini e adultinuova creazione 2012su musiche originali per due danzatori

ideazione, coreografia, regia e testi Laura Corradicreato con Midori Watanabe e Carmelo Scarcellamusiche originali Fabio Basiledisegno luci e allestimento scenico Alberta Finocchiaroassistente alla coreografia Midori Watanabecostumi Silvia Bonetti e Ilenia Rossitadattamento voci registrate Alfonso De Filippisvoci di Alfonso De Filippis Augusto Radice Alberta Finocchiaro Laura Corradi direttore organizzativo Augusto Radice

una produzione Estate Teatrale Veronesecon il sostegno di MiBAC dipartimento dello spettacoloRegione del Veneto-Arco

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Cappuccetto Rossodi Ermanno Romanelli

Dalla corte di Francia, con Charles Perrault (1697), con il primo approdo in letteratura, e la mediazione dei fratelli Grimm (1857), di Hans Christian Andersen (1872), di Col- lodi (1875), dello psicoanalista Bruno Bettelheim (1977), di Italo Calvino (1956), per citare solo alcuni autori tra i più noti, la vicenda di Cappuccetto Rosso è passata attraverso infinite versioni, censure, interpretazioni. La protagonista è stata descritta, di volta in volta, seduttrice, vittima, femme fatale, malandrina, e, addirittura, una lupa. Nate in assenza di quotidiani, web, editoria accessibile, cinema e tv, le fiabe hanno svolto nel corso dei secoli il ruolo fondamentale di intrattenimento e ammonimento, formazione e informazione, sul matrimonio, l’amore, l’educazione, i legami fra uomini e donne e i rispettivi ruoli e le funzioni da svolgere per ciascuno dei sessi in società. Già nella sua traccia standard, Cappuccetto Rosso va alla ricerca della nonna, incontra il lupo nel bosco ed è, in seguito, mangiata da questi, subisce alcune sostanziali varianti. Nel racconto di Perrault, la storia si conclude con il lupo che divora la bimba. Per trovare un cacciatore, o un boscaiolo, che corrano a salvarla, Cappuccetto Rosso attende Handersen e i Grimm, mentre in un’altra versione, il lupo, arrivato a casa della nonna, la uccide, ne mette la carne e il sangue nella dispensa, e invita la ragazza a cibarsene. A fondamento della fiaba, è, sullo sfondo, il suo uso di campanello d’allarme, che invita le giovani a non fidarsi degli sconosciuti. Altri autori ricordano le ricorrenti crisi di carestia che, in tutta Europa, avevano prodotto, fino a tutto l’800, numerosi casi di antropofagia, mentre fino al ‘700, in Francia, le prostitute, che si aggiravano in prossimità dei boschi, per farsi riconoscere indossavano un mantello rosso. In anni recenti, autori come Roald Dahl hanno pigiato il tasto della violenza sessuale, o esplorato le linee, mutevoli, di moralità, sessualità e di genere. Cappuccetto Rosso ha anche attraversato, con disinvoltura, films, pubblicità, cartoni animati, musicals, e altro ancora, sino a diverse edizioni ballettistiche. Ultima, solo in ordine di tempo, è Cappuccetto Rosso, spettacolo per bambini e adulti di Laura Corradi per Ersilia-danza, il gruppo da lei diretto, dedicata sia all’infanzia che al pubblico adulto. Nel ripercorrere la storia, la Corradi dichiara in modo netto e originale le proprie scelte: “Cappuccetto e Lupo prendono strade laterali, trasgrediscono, aprono varchi di libertà che nessuna delle stesure originali aveva previsto. Ci si chiede: chi conduce il gioco? Lupo o Cappuccetto?

Chi inganna l’altro? Intanto scorrono fiori e seduzione, travestimenti, foto ingiallite e immagini sacre, il bosco, la paura, giochi pericolosi, spari di un cacciatore che da tempo pecca di protagonismo, e ora spara a tutto quel che si muove.Ciò crea scompiglio in un angolo di cielo in cui sono riunite per l’occasione le anime dei padri della fiaba, Charles Per-rault e i fratelli Grimm, Jakob e Wilhelm, le cui dispute let-terarie attirano l’attenzione di alcuni personaggi, sfuggiti al destino ripetitivo della fiaba in questione, e di qualche altra figura decisamente inaspettata. È un altro pubblico, invisibile, che assiste, sussurra al vicino, brontola, parteggia, litiga e soprattutto, in nome della tradizione, interviene. E’ il mondo adulto che vuole rimettere ogni cosa al suo posto e, mentre è preso dai suoi princìpi, dimentica di cambiare lo sguardo, e di accettare il cambiamento.Ma Cappuccetto e Lupo ne hanno passate tante insieme, tante fiabe, tante epoche, in tutte le lingue del mondo. Lei una ragazzina, e lui pur sempre un lupo, ma il tempo cambia sempre tutto, e loro adesso farebbero qualsiasi cosa per non arrivare alla battuta fatale: oh nonna, che bocca grande hai...”“Tutto lo spettacolo”, dichiara ancora Laura Corradi, “si esprime attraverso il linguaggio del corpo. La danza non è solo un linguaggio universale e senza confini, è anche il più diretto, e quello che più intensamente può parlare alle persone di ogni età. Il bambino, soprattutto, è affascinato da un corpo che danza, perché, non avendo sovrastrutture, non si pone il problema di capire, ma si lascia invadere da un’emozione, senza che questa debba essere razionalizzata, tradotta. Cosa che a volte gli adulti non sanno fare. Sa coglierne nel modo più spontaneo e naturale la bellezza, l’energia e il sentimento; ne comprende, anzi ne intuisce, nel migliore dei modi, il senso profondo.La danza è un linguaggio primordiale: l’uomo, ancor prima di parlare, danzava. Le danze rituali, tribali, hanno scandito l’evoluzione dell’essere umano e lo hanno tenuto in contatto con le forze sovrannaturali, il cosmo, la natura. Ogni bambino è più vicino alle nostre antiche origini di quanto lo sia qualsiasi adulto, quindi capisce più facilmente il messaggio del racconto favolistico e della sua traduzione in scena. Nello spettacolo, inoltre, i due interpreti danno voce (dal vivo) ai loro personaggi, e dialogano con voci registrate fuori campo. Restano i significati profondi della fiaba, i chiari ma mai

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espliciti riferimenti edipici, e alcuni dei grandi interrogativi dell’infanzia comuni ad ogni epoca: distinguere fra dovere e piacere (fare ciò che piace o ciò che bisogna fare?), riconoscere il bene e il male, comprendere e accettare il fatto che possano coesistere in un’unica entità.Resta la necessità di fare ordine in un grande caos emotivo, di crescere e conoscere, la paura di non farcela, l’attrazione e la repulsione, la tentazione e la trasgressione, il pericolo, la paura, la complicità, le figure distruttive e quelle salvatrici. Resta il fatto che ogni vita è un pericoloso attraversamento: i bambini, e non solo loro, devono poter credere che sia possibile raggiungere una più alta forma di esistenza, attraverso le varie fasi di sviluppo che compongono la crescita. Le storie che parlano di questa evoluzione esercitano un’enorme attrazione sui bambini perché loro combattono l’onnipresente paura di non farcela, di non essere all’altezza di questo cambiamento.

I bambini percepiscono intuitivamente che le fiabe sono rappresentazioni simboliche della vita. Sanno che quando il lupo divora Cappuccetto, non è la fine della storia, ma una rinascita. Con le fiabe il bambino impara a credere che le trasformazioni siano possibili (per conseguire uno stato superiore di organizzazione della personalità). La fiaba in genere, così come questo nostro nuovo Cappuccetto Rosso, di cui il pubblico può seguire le tante trasformazioni in corso, rappresenta i processi interiori e i problemi emotivi legati alla crescita, indica simbolicamente una strada verso la soluzione, il lieto fine che tutti ci aspettiamo.

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Percorso storico della fiaba:origini e variantidi Laura Corradi

La fiaba esiste in tutto il mondo fin dal VI secolo a.C, si è poi evoluta nelle diverse culture arrivando alla versione più nota. La storia di Cappuccetto Rosso risalirebbe alla tradizione orale di diverse regioni europee. Il tema, eterno e tragico come quello di molte favole, è il pericolo sempre in agguato di violenze contro l’infanzia. Viene narrata le prime volte nell’antica Grecia e grazie a viaggiatori e scambi tra culture, fa il giro del mondo. Cambiando ogni volta particolari: in Cina il lupo diventa una tigre, in Iran la piccola è accompagnata da un ragazzo.La prima versione di Cappuccetto Rosso è una favola esopica risalente a 2600 anni fa. Quindi la fiaba è molto più antica di quanto non si pensasse finora. Nel tempo le fiabe hanno subìto evoluzioni come gli organismi biologici, o erano tramandate male e sono state reinventate o riscritte. Ma le analogie restano. In Iran, per esempio, non sta bene che una fanciulla si aggiri da sola in un bosco o altrove, quindi è accompagnata da un ragazzo. In Cina il lupo era un animale poco conosciuto, allora la Cappuccetto Rosso locale è attaccata da una tigre. Simili sono le versioni della fiaba elaborate in Giappone, in Corea o in Birmania. E nel mondo delle fiabe tedesco il lupo cerca di divorare anche sette capretti.Si sa che la fiaba era narrata già nel XIV secolo in Francia. In una antica versione italiana della fiaba, “La finta nonna”, Cappuccetto Rosso riesce a sconfiggere il lupo basandosi esclusivamente sulla propria astuzia. Alcuni sostengono di fatto che questa versione sia più vicina all’originale, il personaggio del taglialegna sarebbe stato aggiunto in seguito per suggerire, forse, l’idea maschilista che nonna e nipote non potessero salvarsi senza l’aiuto di un uomo.In ogni caso, la versione scritta più antica della fiaba è “Le Petit Chaperon Rouge” (“La piccola Cappuccetto Rosso”), apparsa, nel 1697, nella raccolta di fiabe “I racconti di Mamma Oca” di Charles Perrault. La versione del narratore francese è più sinistra di quella successiva - e più nota - dei Grimm. In essa Cappuccetto Rosso viene mangiata dal lupo insieme alla nonna, senza alcun lieto fine. Al termine del racconto, Perrault fornisce una spiegazione esplicita della morale che possiede chiari riferimenti sessuali. Questa versione della fiaba, incluse le conclusioni morali, fu raccontata quasi identica da Collodi, nella sua raccolta di fiabe “I racconti delle fate”. Nel XIX secolo, due versioni tedesche della fiaba furono raccontate ai fratelli Grimm da

Jeanette e Marie Hassenpflug. I due filologi trasformarono una delle due versioni nella storia principale, e la seconda in un seguito. La prima, con il titolo “Rotkäppchen”, fu inclusa nella prima edizione della loro raccolta “Kinder und Hausmärchen” (1812). In questa versione la ragazza e sua nonna venivano salvate da un cacciatore interessato alla pelle del lupo. Nella seconda storia, Cappuccetto Rosso e la nonna, grazie all’esperienza acquisita con il primo lupo, riescono a ucciderne un altro.La revisione finale dei Grimm, che segue, è quella del 1857.

Charles Perrault e i fratelli GrimmPur essendo una delle narrazioni più note della letteratura per l’infanzia, contiene riferimenti non troppo celati ad argomenti forti come la molestia. Per tale ragione, Cappuccetto Rosso, fra le fiabe classiche, è una di quelle che si presta maggiormente a un’analisi del sottotesto. Bruno Bettelheim ha di fatto evidenziato la presenza di contenuti sessuali nella storia, seppure è verosimile che numerosi significati si siano sommati durante l’evoluzione storica della fiaba. La versione di PerraultLa versione francese termina con la vittoria del lupo, “è perciò priva di salvezza, recupero e consolazione”. Per l’autore doveva trattarsi di una storia ammonitrice che deliberatamente minaccia il bambino. Pare che spesso gli adulti ritengano più efficace indurre i bambini a comportarsi bene spaventandoli anziché placare le angosce come fa, in genere, una fiaba. La storia di Perrault si apre come tutte le altre versioni conosciute. La nonna aveva procurato alla nipotina un piccolo mantello rosso col cappuccio, dal quale deriva il soprannome. Un giorno la piccola viene mandata a portare dei dolci alla nonna malata. Per raggiungerla deve attraversare un bosco e qui si imbatte nel lupo. Per paura dei taglialegna che si aggirano da quelle parti, la belva non divora subito la bambina, perciò le chiede dove è diretta. Cappuccetto Rosso risponde alle domande del lupo e gli spiega dove abita la nonna. L’animale anticipa la bambina e raggiunta la nonna la ingoia. Nella storia di Perrault il lupo non indossa gli abiti della nonna ma si limita a distendersi nel suo letto, invitando la piccola a coricarsi con “lei”. Cappuccetto Rosso si spoglia ed entra nel letto, e stupita per l’aspetto della nonna, pone le famose domande circa le grandi dimensioni delle orecchie, degli occhi e dei denti. All’ultima risposta, il malvagio lupo si getta su Cappuccetto Rosso e la divora. Alla fiaba Perrault fa seguire una morale che ammonisce le bambine a non parlare con gli sconosciuti

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- quelli gentili sono i più pericolosi -, altrimenti non bisogna meravigliarsi se il “lupo” le aggredisce e le divora.«Cappuccetto Rosso di Perrault perde molto del suo fascino - spiega Bettelheim - perché è troppo evidente che il suo lupo non è una belva ma una metafora, che lascia poco all’immaginazione dell’ascoltatore». Tale semplificazione e la morale espressa privano la fiaba della sua funzione e impediscono al fruitore di dare un significato personale alla storia. EdipoCappuccetto Rosso, secondo l’analisi di Bruno Bettelheim, rappresenta una bambina nel cui subconscio permangono attaccamenti edipici, che possono indurla ad esporsi pericolosamente alla possibilità di essere sedotta: la minaccia di essere “divorata”. Nella fiaba non si fa mai il minimo accenno ad un padre, infatti la figura del padre è presente , ma in una doppia forma nascosta: quella del lupo, il pericoloso seduttore, egoista, asociale e violento, e quella del cacciatore come figura paterna responsabile forte e salvatrice. Cappuccetto infatti si aspetta che suo padre la liberi da ogni difficoltà, in questo caso dal turbamento dovuto al desiderio di essere amata e di amarlo al di sopra di tutto e tutti (anche della madre o della nonna, figura femminile che lei infatti tradisce). Le figure materne in Cappuccetto Rosso diventano insignificanti, né la madre né la nonna possono fare qualcosa, né minacciare né proteggere. Tuttavia anche la nonna ha le sue colpe. Di fatto si legge nella fiaba: “Non c’era nulla che essa non avrebbe dato alla bambina”. È piuttosto frequente anche nella vita reale che una ragazzina viziata si cacci nei guai. In tutto il racconto, a partire dal soprannome della piccola, l’accento è posto sul colore rosso, che lei indossa con una certa ostentazione. Il rosso nel linguaggio simbolico diventa sinonimo di emozioni violente, comprese quelle sessuali. “Il cappuccio di velluto rosso dato dalla nonna a Cappuccetto Rosso può quindi essere visto come il simbolo di un prematuro trasferimento di attrazione sessuale” (B.Bettelheim, p.168) La variante positiva dei fratelli GrimmI fratelli Grimm presentarono un’importante variante di questa fiaba. In realtà si tratta di aggiunta alla storia essenziale. I narratori tedeschi scrivono che in seguito Cappuccetto Rosso torna a trovare la nonna e incontra un altro lupo che cerca di adescarla e farla deviare dal retto sentiero. Questa volta però la ragazza corre dalla nonna e le racconta tutto. Insieme trovano la soluzione per eliminare il lupo. Questa variante trasferisce all’ascoltatore un mes-saggio positivo: dopo la brutta esperienza Cappuccetto

Rosso si rende conto di non essere abbastanza matura per affrontare il lupo (il seduttore) e stringe un’alleanza con la figura materna. Cappuccetto Rosso esprime i processi interiori del bambino prepubere: il lupo è l’incarnazione della malvagità che il bambino avverte quando va contro le ammonizioni dei suoi genitori e si permette di tentare, o di essere tentato, sessualmente. Quando si allontana dal sentiero che il genitore gli ha tracciato, incontra la “malvagità”, e teme che essa inghiottirà lui e il genitore di cui ha tradito la fiducia. Ma può esserci resurrezione dalla “malvagità”, come la storia racconta» (B.Bettelheim, “Il mondo incantato”, p.171).

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I PROTAGONISTI

Laura Corradi e la compagnia ErsiliadanzaLaura Corradi si forma prevalentemente in Francia a Parigi, dove resta per cinque anni, con alcuni dei maggiori esponenti della coreografia d’avanguardia francese degli anni 90 e con Carolyn Carlson. Dopo diverse esperienze come danzatrice in giovani compagnie francesi, frequenta come “guest” (professionista ospite) la Folkwang Hochschule di Essen Werden (università della danza) in Germania sotto la direzio- ne artistica di Pina Bausch. Qui prosegue i suoi studi con Malou Airaudo, Jean Cèbron e altri insegnanti, per- fezionando la sua preparazione e seguendo da vicino il lavoro della compagnia di Wuppertal. Nella stessa università inaugura le sue prime esperienze coreografiche, sottoponendole al giudizio di Malou Airaudo (storica interprete di Pina Bausch) e Susanne Linke. Crea un quartetto con cui partecipa ad alcuni concorsi tra i quali il “Prix Volinine” a Parigi, dove le viene attribuito il “Prix du President” che consiste in una tournée premio in 10 teatri dell’Ile de France

(Versailles, Fontainebleau, Le Vesinet, Enghien ecc. nella provincia parigina). Partecipa al “Concorso Internazionale di Coreografia di Cagliari” dove vince il “Premio per la migliore coreografia” che consiste in un intervento economico di produzione di uno spettacolo. In Olanda collabora con la Compagnia Reflex di Groningen che mette in repertorio la sua prima coreografia dal titolo “Vedrai come si biforca la cantina”, con la quale circuita in Canada, Stati Uniti e Olanda. Al suo rientro in Italia, nell’88, fonda Ersiliadanza, dapprima chiamata Gruppo Ersilia, la compagnia di cui è da sempre coreografa e direttrice artistica; lavora inoltre come coreografa indipendente. Da allora i suoi titoli sono presentati e coprodotti dai maggiori teatri e festivals italiani (Romaeuropa Festival, Spoleto, Estate Teatrale Veronese, La Versiliana, Torinodanza, Vignale Danza, Incontroazione di Palermo, Oriente e Occidente a Rovereto ecc.), oltre che invitati in Francia, Spagna, Olanda, Canada, Unione Sovietica, Uruguay e Argentina. Oggi Ersiliadanza è una compagnia di produzione che svolge la sua attività con il sostegno continuativo del Mibac (dal 1997), della Regione del Veneto, del Comune e della Provincia di Verona. Da sempre, parallelamente alla creazione di spettacoli, Laura si occupa di formazione, tenendo stages e seminari in numerose città italiane, in contesti privati o nell’ambito di Corsi di Perfezionamento e di Formazione Professionale sostenuti da contributi regionali. E’ direttrice artistica e didattica dei Corsi di perfezionamento per danzatori professionisti che si svolgono a Verona in collaborazione con la Regione Veneto e Arteven. Nell’estate del 2007 è stata chiamata a curare la regia dell’opera lirica “Butterfly” di Giacomo Puccini per il festival Pergine Spettacolo Aperto (Tn), produttore e promotore dell’evento. Tra le ultime produzioni, di cui Laura è coreografa e regista, tutte caratterizzate da un forte impatto emotivo, ricordiamo: “Chimera - movimento delle parti in sottosuolo” che si interroga sul limite sottile che separa il genere maschile da quello femminile e debutta a Spoleto nel ’98. “Fumana Biancomuro, l’Otello s’è perduto” produzione 2000 che rielabora in forma contemporanea la tragedia shakespeariana, invitata a rappresentare la danza italiana ai Repèrages organizzati da “Danse a Lille” a Lille in Francia. “Sia pure come brivido – Errante, Erotico, Eretico” dedicato al pittore Osvaldo Licini, che debutta a Jesi nel novembre 2001 in coproduzione con il XXXIV Opera Festival Teatro G. B.Pergolesi di Jesi e il Centro di Produzione della Danza Inteatro-Polverigi, su musiche originali di Giorgio Battistelli, Giovanna Marini e Luigi Giuliano Ceccarelli eseguite dall’Orchestra Filarmonica Marchigiana. “La Mandria, con tutto il corpo che c’è” su musiche originali di Enrico Terragnoli, che debutta nel luglio 2001 a Inteatro-

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Festival a Polverigi. Quando all’improvviso vengono a man-care i punti di riferimento, quando il vuoto si apre sotto i piedi e ogni certezza è perduta. “Da un momento all’altro può succedere di tutto…”“L’Ora del Bagno” nasce come una delle possibili risoluzioni alla forte inquietudine e al senso di costante disagio espresso in “Mandria”, quasi una risposta al suo tema centrale individuato nell’inesorabile e rapido scorrere del tempo che provoca un senso di disorientamento tale da non intravedere punti luce se non in una dimensione strettamente legata all’immaginario. Prodotto in collaborazione con l’Estate Teatrale Veronese 2003 e con la Regione Veneto, su musiche originali di Marco Remondini.“Carnagione levigata bianca” prodotta nel 2004 su mu-

siche originali di Enrico Terragnoli è invece destinata a rappresentare un percorso di metamorfosi tutto al femminile, liberamente ispirato a Virginia Woolf quale grande sostenitrice dell’imprevedibilità del cambiamento. Lo spettacolo, durante un tour in Spagna, ha ricevuto critiche di forte apprezzamento su “Il Pais”, il quotidiano più importante del paese.“Il Corpo” è la seconda produzione 2004 su musiche ori-ginali di Enrico Terragnoli, coprodotta in collaborazione con l’Estate Teatrale Veronese. Il corpo come luogo di istinto intelligente, pensante parlante e capace di decidere e scegliere con schiettezza e senza mezzi termini.“La Casa” creazione che debutta nel luglio 2005, coprodotta con Estate Teatrale Veronese e Festival Internazionale

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Vignale Danza, su musiche originali di Enrico Terragnoli. La casa come rappresentazione della necessità di uno spazio conosciuto, territorio amico, vera e propria estensione della nostro essere. Ma questa casa è solo immaginata, in simbiosi perfetta con i personaggi visionari, sgangherati e in continua metamorfosi che la abitano.“Rosa Antracite” è una coreografia commissionata alla Corradi dal Balletto dell’Esperia per sei danzatori della compagnia. Debutta nell’estate del 2005 e circuita succes-sivamente in Italia, Uruguay e Argentina. Il rapporto amoroso nei suoi colori più contrastanti.“Four dogs night” è la creazione 2006, prodotta in collaborazione con Estate Teatrale Veronese e Abano Danza Festival, su musiche originali di Enrico Terragnoli. Un lavoro onirico, popolato di lupi, sulla sopravvivenza, il freddo e il disgelo dell’emozione.“Nero” una poetica vendetta...è la creazione 2007 prodotta con Estate Teatrale Veronese, musiche originali di Enrico Terragnoli. Un forte sapore “noir” per raccontare con corpo e parola un percorso di incattivimento che conduce, in forma sottile e tutta femminile, alla premeditazione e alla vendetta.“Shake” nasce nel 2008 in occasione della celabrazione del 60° anniversario del Festival Shakespeariano di Verona, in collaborazione con l’Estate Teatrale Veronese, con musiche originali di Fabio Basile. Shakespeare viene percorso e percosso trasversalmente, a disegnare i sentimenti che sempre travolgono l’uomo senza nessuna coerenza.“Top secret” è la creazione 2009, coprodotta dall’Estate Te-atrale Veronese in collaborazione con Vignale Danza Festival, musiche originali a quattro mani di Enrico Terragnoli e Fabio Basile. Uno spettacolo sulla fine e il finire. A tratti inquietante ma anche ironico, di grande energia. “Siamo un povero corpo che si affanna e poi finisce...”“Butterfly” è la creazione 2010, coprodotta con la Fonda-zione Teatro Comunale di Modena “Pavarotti” e l’Estate Teatrale Veronese. Le musiche originali a quattro mani di Enrico Terragnoli e Fabio Basile, alcune citazioni musicali da Madama Butterfly di Giacomo Puccini. Uno spettacolo sul tema dell’attesa, condizione mai immobile ma sempre sospesa e densa di emozioni. “Il lago dei cigni”, creazione dell’anno 2011, nasce in collaborazione con l’Estate Teatrale Veronese, Teatro Sociale di Trento, Festival Danzaestate di Bergamo e Fondazione Teatro Nuovo di Torino: “ho cercato il significato contem-poraneo di questa forma magica di imposizione che nelle fiabe si chiama incantesimo, condizione di incantamento, blocco, in uno stato non voluto...”. I danzatori sono circondati da una rete alta che non possono superare e si muovono come

animali in gabbia. Quante prove devono ancora superare per essere liberi, per vivere felici e contenti? Le musiche originali sono di Fabio Basile, le citazioni musicali di Pyotr lyich Tchaikowsky.

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ORGANIGRAMMA

Sindaco di RovigoBruno Piva

Assessore alla Cultura e SpettacoloAnna Paola Nezzo

Dirigente Settore CulturaNicoletta Cittadin

Direttore ArtisticoStefano Romani

Direttore di Produzione-Funzionario Settore SpettacoloAngela Baruchello

Funzionario AmministrativoLaura Cuozzo

Funzionario ContabileLucia Toffanin

Promozione e ImmagineMilena Dolcetto

Ufficio Stampa del Comune di RovigoPaola Gasperotto

Segreteria organizzativaSimone DentelloRoberta PonzettoNuccia Venuto

BiglietteriaSandra AndreottiPaola Gallo

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STAFF TECNICODEL TEATRO SOCIALE DI ROVIGO

Direttore tecnico Roberto Lunari

Capo macchinistaMatteo Fasano Capo elettricistaGianluca Quaglio

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DANZEDUCATIONRIDOTTO DEL TEATRO SOCIALE

L’Associazione Balletto “città di Rovigo” - compagnia Fabula Saltica, propone due laboratori di “avvicinamento” del giovane pubblico alla danza, per conoscere e meglio condividere il linguaggio non verbale del corpo.

sabato 02 febbraio 2013 ore 16.00CONTACT PER BAMBINI E GENITORIper bambini dai 5 agli 8 anniPosti disponibili 25 ad incontro

E’ un’alternativa all’intrattenimento per l’infanzia che ribalta la predominante visione del consumo passivo da parte del bambino mettendo al contrario in campo le sue potenzialità creative. E’ un incontro sul movimento che coinvolge i bambini e i genitori per quarantacinque minuti in un gioco di interazione attivato dai danzatori di Fabula Saltica. Tutto avviene attraverso la comunicazione non verbale e i partecipanti, una volta trovato il coraggio di “mettersi in gioco”, diventano veri e propri corpi scenici, piccoli artisti che dialogano con i danzatori, comunicando con loro attraverso il corpo. Un nuovo modo di “fare” e “sentire” l’arte, la danza. Un’esperienza unica sia per i bimbi che per i genitori.

domenica 03 febbraio 2013 ore 11.00FREE MOUVEMENTper ragazzi dai 14 ai 21 anniPosti disponibili 25 ad incontro

Un breve laboratorio, della durata di un’ora rivolto ai ragazzi di età fra i 14 e i 21 anni, tenuto dai danzatori della compagnia Fabula Saltica per stimolare l’interesse culturale dei giovani, offrendo un percorso di incontro con la danza come forma espressiva, attraverso la conoscenza di nuovi gesti e nuove forme che solo con il coinvolgimento del corpo è possibile esprimere. Il laboratorio è rivolto a coloro che desiderano avvicinarsi anche a livello puramente amatoriale.

PRESENTAZIONE DELLA STAGIONE DI BALLETTO

Venerdì 04 gennaio 2013 ore 18.00Rovigo - Accademia dei Concordi, Sala Oliva

a cura dell’AssociazioneAmici del Teatro Sociale di Rovigo

Relatore Ermanno Romanelli

Illustrazione di copertina © Daniele TotaroPinocchio foto © Rolando Paolo Guerzoni

Realizzazione grafica: TERAPIXEL grafica - Rovigo

Stampa: Grafiche FM - Bergantino (Rovigo)

In stampa 24 dicembre 2012

Opuscolo stampato su carta naturale al 100% Revive pure white offset

Il Teatro Sociale di Rovigo è a disposizione degli aventi dirittoper le fonti iconografiche che non è stato possibile individuare

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