Lo Scautismo a Frosinone… un’avventura lunga più 50 anni! · Lo Scautismo a Frosinone ......

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1 Lo Scautismo a Frosinone… un’avventura lunga più 50 anni! La prima tappa del 1924 Non si può parlare del Gruppo Scout Frosinone 1°, della sua storia, della sua evoluzione, senza fare riferimento alla vicenda dello Scoutismo frusinate nel suo complesso, dagli esordi fino ai nostri giorni, senza fare neanche un accenno alle persone, tante, che hanno costruito questa storia, che hanno consentito di passare dal piccolo seme messo a germinare 80 anni fa e che ora è diventato un robusto albero che, ci auguriamo, possa portare ulteriori frutti. A quelli che hanno seminato, a quelli che sono ancora in viaggio auguriamo: BUONA CACCIA !!! La storia dello scoutismo frusinate è fatta essenzialmente di due tappe: la prima vede il nascere del movimento scout presso l’oratorio San Gerardo, dove l’ASCI (Associazione scoutistica cattolica italiana) portò, con la novità e la vivacità delle sue attività, un certo turbamento nella vita silenziosa e raccolta dei Padri Redentoristi custodi del Santuario della Madonna delle Grazie. Eravamo nel 1924 e, su iniziativa del Direttore dell’oratorio, padre Luigi Moretti, si fondò il primo Riparto di Esploratori Cattolici, con capo riparto Ettore Papetti ed AE (assistente ecclesiastico) lo stesso Padre Moretti. Alfio Trombetta Capo Riparto del gruppo Roma 28 tenne corsi di addestramento. Il Padre Moretti invitò le famiglie della città ad iscrivere i loro figli con una lettera in cui rimarcava l’efficacia del Metodo Scout ed i suoi sorprendenti risultati “… con la divisa sembra che i giovani indossino bontà, serietà, docilità, prontezza ed esattezza nei doveri cristiani, familiari e sociali; essi irrobustiscono il fisico a contatto con la natura e si preparano alla vita”. Finalmente i ragazzi ed i giovani di Frosinone trovarono un luogo e degli amici dove trascorrere piacevolmente e proficuamente il tempo libero. E molti furono quelli che raccolsero l’invito. Fra loro Alberto Rondoni ed Antonio De Bernardis, ancora viventi. Le cronache del tempo ci dicono che l’inaugurazione del primo Riparto avvenne il 21 Settembre, festa di San Gerardo, con la partecipazione degli Scouts alle funzioni religiose, alle esercitazioni scouts alla presenza dei familiari, delle autorità civili e con la lettura dei telegrammi del Papa e del Re. Il “Corriere d’Italia” (24.11.1924) e la stampa locale pubblicarono ampi servizi sulla manifestazione. Il Riparto Scout, cui presto si aggiunse anche il Branco dei lupetti, sotto la vigile cura del Padre Moretti e dei Capi Scouts, era costantemente impegnato nelle molteplici attività educative e nella vita all’aperto. Diversi furono i campi scouts effettuati a Costapagliarola (Arpino), al lago di Posta Fibreno, a Scifelli di Veroli.

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Lo Scautismo a Frosinone…

un’avventura lunga più 50 anni!

La prima tappa del 1924

Non si può parlare del Gruppo Scout Frosinone 1°, della sua storia, della sua evoluzione, senza

fare riferimento alla vicenda dello Scoutismo frusinate nel suo complesso, dagli esordi fino ai

nostri giorni, senza fare neanche un accenno alle persone, tante, che hanno costruito questa

storia, che hanno consentito di passare dal piccolo seme messo a germinare 80 anni fa e che ora

è diventato un robusto albero che, ci auguriamo, possa portare ulteriori frutti.

A quelli che hanno seminato, a quelli che sono ancora in viaggio auguriamo:

BUONA CACCIA !!! La storia dello scoutismo frusinate è fatta essenzialmente di due tappe: la prima vede il nascere

del movimento scout presso l’oratorio San Gerardo, dove l’ASCI (Associazione scoutistica

cattolica italiana) portò, con la novità e la vivacità delle sue attività, un certo turbamento nella

vita silenziosa e raccolta dei Padri Redentoristi custodi del Santuario della Madonna delle

Grazie.

Eravamo nel 1924 e, su iniziativa del Direttore dell’oratorio, padre Luigi Moretti, si fondò il

primo Riparto di Esploratori Cattolici, con capo riparto Ettore Papetti ed AE (assistente

ecclesiastico) lo stesso Padre Moretti. Alfio Trombetta Capo Riparto del gruppo Roma 28 tenne

corsi di addestramento.

Il Padre Moretti invitò le famiglie della città ad iscrivere i loro figli con una lettera in cui

rimarcava l’efficacia del Metodo Scout ed i suoi sorprendenti risultati “… con la divisa sembra

che i giovani indossino bontà, serietà, docilità, prontezza ed esattezza nei doveri cristiani,

familiari e sociali; essi irrobustiscono il fisico a contatto con la natura e si preparano alla vita”.

Finalmente i ragazzi ed i giovani di Frosinone trovarono un luogo e degli amici dove trascorrere

piacevolmente e proficuamente il tempo libero. E molti furono quelli che raccolsero l’invito.

Fra loro Alberto Rondoni ed Antonio De Bernardis, ancora viventi.

Le cronache del tempo ci dicono che l’inaugurazione del primo Riparto avvenne il 21

Settembre, festa di San Gerardo, con la partecipazione degli Scouts alle funzioni religiose, alle

esercitazioni scouts alla presenza dei familiari, delle autorità civili e con la lettura dei

telegrammi del Papa e del Re.

Il “Corriere d’Italia” (24.11.1924) e la stampa locale pubblicarono ampi servizi sulla

manifestazione.

Il Riparto Scout, cui presto si aggiunse anche il Branco dei lupetti, sotto la vigile cura del Padre

Moretti e dei Capi Scouts, era costantemente impegnato nelle molteplici attività educative e

nella vita all’aperto.

Diversi furono i campi scouts effettuati a Costapagliarola (Arpino), al lago di Posta Fibreno, a

Scifelli di Veroli.

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Di fronte al plauso della cittadinanza, una doccia fredda spense gli entusiasmi: un Decreto

Prefettizio emanato il 30 marzo 1928, in ottemperanza alle disposizioni emanate dal governo

fascista, sciolse i gruppi scouts cattolici e, di conseguenza, anche il nostro gruppo.

L’ordine fu accolto con “profondo silenzio misto a lacrime”.

Il giorno dopo l’emanazione del decreto, tutti gli scouts si recarono in chiesa per assistere alla

santa Messa e ricevere la comunione nella certezza di risorgere, un giorno, a nuova vita.

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La seconda tappa dal 1953

La seconda tappa della storia dello scoutismo a Frosinone inizia nel 1953, quando dopo la

parentesi della soppressione, un gruppo di persone che avevano avuto esperienze scout pensò

che fosse giunto il momento di far rinascere lo scoutismo in città.

Fu così che per iniziativa del Sig. Pietro Negro, del Sig. Carlo Compagnucci, che era stato scout

a Roma prima della soppressione del 1928, di Giuseppe Cannata, scout proveniente da Viterbo,

e del parroco di Santa Maria Assunta don Luigi Minotti, si organizzò il primo nucleo di quello

che poi sarebbe diventato il Riparto Stella Polare del gruppo Frosinone 1°.

Tra i primi ragazzi che aderirono al nascente riparto sono da ricordare Giulio Compagnucci,

Italo Chiappini, Adalberto Conte, Antonio Scalera, Gino Maiello, Alberto Ferrari, Enzo Patrizi

e Giuseppe Tecchia.

Le prime attività all’aperto si svolsero nel parco della Villa De Matthaeis nel centro storico, e

nelle zone rurali adiacenti alla città.

Nella seconda metà di Luglio sempre del 1953, un gruppetto di novizi accompagnato da Don

Luigi Minotti, servendosi di un furgone militare (Dodge) guidato da Memmo Colasanti e messo

a disposizione dalla Parrocchia della S.S.ma Annunziata, si recò a Trisulti in gita per quella che

può essere considerata la prima Uscita ufficiale del nascente Riparto.

Anche per metterci in uniforme scout noi, allora ragazzi, dovemmo all’inizio arrangiarci,

aguzzare l’ingegno e superare molte difficoltà.

In un primo tempo provvedemmo con pantaloni e calzettoni di fortuna e con vecchie camicie

militari comprate al mercato dell’usato.

Solo successivamente fu dato incarico ad una sarta di confezionare per tutti l’uniforme.

Per il cappellone, il capo di vestiario più caratteristico ed ambito, fummo fortunati: con grandi

sacrifici e risparmi riuscimmo a comperarli presso la Cooperativa Scout di Roma.

Il cappellone ci sembrava un elemento così caratteristico dello scoutismo da non poterne fare a

meno “ nudi…ma col cappellone” avrebbe potuto essere uno slogan scout di quei tempi quasi

eroici.

Le cose, intanto, andavano maturando tanto che il 6 Gennaio 1954 alcuni novizi e precisamente

Giulio Compagnucci, Italo Chiappini ed Antonio Scalera pronunciarono, in una cerimonia assai

coinvolgente, la loro Promessa Scout.

L’11 Aprile dello stesso anno altri novizi (Giancarlo Giancarli, Enzo Patrizi, Gino Macello,

Giuseppe Tecchia, Alberto Patrizi, Mario Cerbara, Mario Rabbia, Mario Caruso, Mario

Chiappini, Alvaro Damiani e Alberto Ferrari) si aggiunsero al nucleo storico di scouts,

pronunciando la Promessa.

Lo scoutismo che progressivamente ci veniva trasmesso sosteneva di essere un metodo

educativo capace di “formare le qualità del buon cittadino e del buon cristiano per mezzo della

vita all’aperto” e perciò noi cercavamo di organizzare più Uscite possibili e con qualsiasi tempo.

Questo prorompere degli scouts in città, nei paesi vicini e un po’ ovunque, suscitò più di

qualche commento salace e spesso fu motivo di beffeggiamenti (a causa della novità della divisa

e del nostro operare), che però non ci turbavano più di tanto.

Anzi le critiche non solo non ci preoccuparono, ma ci spinsero ad allacciare rapporti con gruppi

scouts di Roma (Roma 23) e gruppi spontanei di ragazzi dei paesi vicini, con i quali avremmo

con entusiasmo fatta tanta strada: un strada lunga fino ad oggi.

Il Riparto Stella Polare, nel Luglio 1954, ad appena un anno dalla sua fondazione fu in grado di

organizzare il primo Campo Estivo, partecipando nientemeno che al V Campo Nazionale

ASCI, che si svolse in Val Fondillo in pieno Parco Nazionale d’Abruzzo dal 18 al 25 Luglio ed

al quale parteciparono circa 3000 scouts e rappresentanze estere.

Con alcuni teli mimetici comperati al mercato dell’usato costruimmo le nostre prime tende ed

affrontammo i temporali più violenti. Per giaciglio usavamo fodere di materassi riempiti di

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paglia. Il nostro Riparto composto dalle squadriglie Lupi ed Aquile, per un totale di 12 elementi

più il CR. Giuseppe Cannata e l’AE Don Luigi Minotti, fu sistemato nel sottocampo dell’Acqua

Sfranatara.

Il campo nazionale fu per noi vero battesimo della vita all’aperto, fu un’ esperienza unica e non

cancellabile, dal momento in cui caricammo sulle spalle il pesante zaino, un’esperienza piena

di imprevisti, di sorprese, di gare combattute, di inebrianti vittorie conquistate. E tutto questo in

un ambiente che non era quello banale della città, ma quello vero della natura.

Quella del V Campo Nazionale fu per noi un’avventura fatta di sole cocente, di piogge

improvvise, di vette conquistate, di notti stellate che respirano l’ Onnipotenza di Dio.

Allora noi imparammo che gli Scouts veri sanno che un campo, specialmente se vissuto in

montagna, è scuola di vita, che gli ostacoli sono tanti ed, in ogni momento, la giornata è dura.

Quanti i momenti indimenticabili: le escursioni al Monte Amaro (mt. 1840 ), al Monte Dubbio

(mt.1600), il Grande Gioco tra i Sioux e il generale Custer, i momenti di preghiera

comunitaria… E come dimenticare i tre giorni di piogge improvvise ed incessanti che ebbero la

meglio sulle nostre difese, costringendoci a sloggiare dalle nostre tende improvvisate ed a

ricevere ospitalità nelle tende più sicure e comode degli scouts del Messina 13°, lo stesso

Riparto di Antonello (non il pittore) cugino del nostro CR. Peppino.

Il 1955 segna un’altra tappa importante per il nostro Riparto: la Registrazione Ufficiale, con il

numero 523, del nostro Gruppo nell’A.S.C.I., così come si rileva dalla rivista ufficiale

dell’ASCI “Estote Parati” numero 1 del 1955.

Sempre nel 1955 si hanno i primi Passaggi di Classe ed i primi Brevetti di Specialità, tappe

importanti per uno scout nel Sentiero dell’Esploratore.

Il Campo Estivo del 1955 si svolse a Trisulti, dal 9 al 22 Luglio, con la partecipazione di 18

scouts effettivi.

La foto storica della partenza per il Campo ci ricorda che il mezzo di trasporto era un camion,

con sponde laterali ma senza copertura, sul quale si caricavano sia i materiali che le persone.

La foto mostra anche la presenza di molti genitori intervenuti per salutare i figli alla partenza.

Il Campo di Trisulti vide il miglioramento delle attrezzature da campo: alle tende confezionate

con i soliti teli mimetici sorretti da bastoni improvvisati si aggiunsero due tende Mottarone più

solide e soprattutto con una tenuta migliore.

La festa di San Giorgio, Patrono degli Scouts, fu celebrata nel 1956 con una cerimonia

importante nelle sede di Riparto, alla quale partecipò il Commissario Regionale del Lazio,

Hermann Giannuzzi che, oltre ad intrattenere i genitori degli scouts con una chiacchierata sul

Metodo, si congratulò con i capi per l’ottimo livello organizzativo e ed i risultati educativi

ottenuti, in così breve tempo, dal Riparto Stella Polare.

Il numero degli scouts nel frattempo era cresciuto tanto che al Campo Estivo tenuto in località

Fiumata di Filettino, dal 6 al 19 Luglio, i partecipanti effettivi furono 22 divisi in 4 squadriglie

quasi tutte complete.

Il 1957 fu un anno assai importante per lo scoutismo in generale e per quello frusinate in

particolare.

Infatti, in quell’anno cadevano due importanti ricorrenze: il centenario della nascita del

Fondatore dello scoutismo, Robert Stephenson Smith Baden Powell (1857) e il cinquantenario

della fondazione dello Scoutismo (1907) in Inghilterra.

Questi due avvenimenti furono la molla che consentì allo scautismo frusinate di fare ulteriori

passi avanti : la nascita di un secondo Riparto Scout, di un primo Branco di Lupetti e di un

Noviziato Rover.

L’anno sia aprì con una novità assoluta: lo svolgimento del Primo Campo Invernale dell’alta sq.

Scoiattoli del Riparto Stella Polare FR.1° sulle nevi del Monte Terminillo (Rieti).

Il campo, che si svolse dal 2 al 6 Gennaio, vide la partecipazione del CR. Giuseppe Cannata, del

Rover Alberto Partrizi e degli scouts Italo Chiappini, Gino Maiello, Giancarlo Giancarli,

Alberto Ferrari, Giuseppe Tecchia e Gabriele Maniccia.

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Il secondo importante avvenimento dell’anno fu la costituzione di un secondo Riparto scout

presso l’oratorio San Gerardo che, lo ricordiamo, fu il luogo dove in assoluto sorse il primo

Gruppo scout negli anni venti e, come accennato in precedenza, sciolto per effetto del Decreto

fascista del 1928 che aboliva tutte le Associazioni Giovanili che non fossero una emanazione

dell’Azione Cattolica (A.C.).

Di costituire un Riparto scout presso l’Oratorio Madonna delle Grazie, in realtà, se ne era

cominciato a parlare già nel 1954 quando come Direttore dello stesso Oratorio fu nominato il

Padre Antonio Del Grosso C.SS.R. Ma la riorganizzazione dell’intero Oratorio, dopo la

parentesi della guerra e difficoltà varie, consentirono la nascita effettiva del Riparto scout solo

nel 1957, sotto la guida del Rover Piero De Bernardis, che fu Capo Riparto, e di Padre Antonio

Del Grosso, che fu assistente ecclesiastico.

Il Riparto assunse il nome di Centauri ed inizialmente era costituito dalla sola sq. Scoiattoli. Pur

essendo autonomo, entrò a far parte del Gruppo Frosinone 1° e come tale partecipò, insieme al

Riparto Stella Polare, al Campo Estivo del Luglio 1957 (Campo Baden Powell) che si svolse

lungo le rive dl Simbrivio, nel comune di Vallepietra, in località Case Reali dall’ 11 al 24

Luglio con la partecipazione di circa 30 scouts. Lo stesso Riparto effettuò, invece, da solo il

Campo Invernale con Padre Del Grosso presso il Santuario di Oropa (Biella) a mt. 1200 s.l.m.

ospite degli stessi Padri Redentoristi, custodi del Santuario. L’assistenza Religiosa al campo di

Vallepietra fu curata da Don Luigi Minotti, AE del Rip. Stella Polare e da Padre Del Grosso,

AE del Rip. Centauri. Capi Campo furono Peppino Cannata e Piero De Bernardis.

Questo campo estivo si rivelò assai positivo per i due riparti sia sotto l’aspetto tecnico che

formativo. Dopo il campo estivo di Vallepietra altri due fatti importanti segnarono la vita del

gruppo Frosinone1°: la nascita di un GAD e cioè di un gruppo d’arte drammatica Junior,

nell’ambito della filodrammatica Padre Luigi Moretti, composta quasi esclusivamente da scout

del periodo Morettiano (1939) ed il primo Noviziato Rover. L’idea della filodrammatica Junior

nacque da precedenti esperienze di recitazione che alcuni scouts avevano avuto partecipando a

spettacoli organizzati dal GAD degli ex scouts (come “ Il Ceppo di Zì Meo”).

Ricordiamo, per inciso, che tra le tecniche scout l’espressione ha un valore notevole in quanto

essa aiuta ad esprimersi con disinvoltura, controllando l’ emotività ed i propri mezzi espressivi.

La filodrammatica Junior debuttò, con grande successo, esibendosi nell’impegnativo lavoro

“Giovinezza Eroica” un dramma di un autore francese, J. Le Corvel.

La rappresentazione, dedicata a Padre Sisto Vinciguerra, in occasione del 50° della sua

ordinazione sacerdotale, ebbe come interpreti: Gino Maiello, Edmondo Sanchini, Enzo Patrizi,

Carlo e Gabriele Maniccia, Domenico Ferrante, Piero De Bernardis e, unico adulto, Ezio Celani.

Il complesso giovanile scout, per la prima volta agli onori della ribalta, profuse, sotto la

direzione di due consumati attori della filodrammatica Senior, una grande passione

interpretativa, pur nell’economia generale dello spettacolo curato anche da Peppino Capponi

(regista), Mario Originale (suggeritore) e Gigetto Capuani (Scenografo).

Il secondo importante avvenimento dell’anno fu la costituzione del primo Noviziato Rover,

nucleo del futuro Clan Stella Alpina, necessario per assicurare la continuità educativa del

Metodo scout ai primi ragazzi ormai in età rover tra cui Enzo Patrizi e Gino Maiello.

In mancanza di un Maestro dei Novizi (M.D.N.) che potesse garantire una formazione completa,

all’inizio, furono gli stessi novizi rover ad organizzare le prime attività, per quanto la

preparazione, acquisita in precedenza, consentisse loro di fare.

Tale periodo di supplenza, visto con gli occhi e la mente di poi, non dovette essere del tutto

negativo, dato che qualche novizio Rover di quei tempi restò in servizio attivo nello scoutismo

per almeno altri trenta anni.

Ad un certo momento, per rimediare a tale situazione di incompletezza metodologica, Enzo

Patrizi ebbe un’idea: invitare il Sig. Fernando Valchera, parrocchiano di Santa Maria, uomo di

provata fede, di sani principi, amante della montagna (essendo stato tenente degli alpini) nonché

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stimato professionista, a dare un personale contributo formativo in qualità di socio aggregato,

anche non avendo vissuto un’ esperienza scout precedente.

Le attività Rover cominciarono ad avere uno svolgimento regolare sia in sede che all’aperto.

Peppino Cannata continuò a dare il suo contributo anche al nascente Clan.

A titolo di conoscenza riportiamo stralci della cronaca della prima uscita del Noviziato Rover

estratta da un articolo della “Voce di San Gerardo” , periodico del Santuario Madonna delle

Grazie e presente nel “taccuino di marcia “ del N.R. Enzo Patrizi “Un saluto alle famiglie, gli

amici che incontriamo per strada e che ci chiedono spiegazioni per un ora così insolita (le 23,00)

e per lo strano equipaggiamento, ma perché poi strano! Siamo solo in divisa scout, con lo zaino

in spalla e una tenda che ci curva la schiena e non dobbiamo far altro che affrontare una marcia

notturna… All’altezza di S. Antonio apriamo la prima delle buste che, sulla base di dati

topografici ci indicherà il percorso da seguire per arrivare sul terreno del Campo.

Alle ore 24, finalmente, si arriva sul posto indicato sulla carta topografica muta. Ad attenderci

sono Padre A. Del Grosso e Peppino. Piazziamo le tende, suonano le due ma di Gino, l’atro

N.R. che avrebbe dovuto raggiungere lo stesso luogo nessuna notizia, proviamo a cercarlo,

segnaliamo, chiamiamo, beviamo qualcosa di caldo, ma tutto tace. Alle tre dopo il canto della

sera e le preghiere, decidiamo di entrare in tenda. Ma è impossibile dormire, l’abbaiare dei cani

ci impedisce di chiudere occhio. Finalmente giorno! Usciti dalla tenda ci accorgiamo che siamo

circondati da una folla di curiosi: persone e cani. Uno spettacolo imprevisto, un insolito mattinè

domenicale. Alle 9,00 S. Messa a cui seguono colazione, percorso Hèbert chiacchierata sulla

vita rude, una disciplina fisica intesa come reazione alla vita borghese, un mezzo per forgiare

abitudini virili. Alle 13,00 pranzo ed alle 16,00 dopo aver sistemato il materiale e gli zaini

partenza per il ritorno in sede. La strada del ritorno è diversa dalla precedente: è più impervia

perché attraversa sentieri fangosi. E’ strano ma divertente vedere sciare sul fango P. Antonio e

Peppino. Arriviamo in sede alle ore 19,00 e con sorpresa troviamo Gino che ci racconta la sua

involontaria avventura notturna.

Siamo stanchi ma soddisfatti per questa esperienza che segna l’inizio della nostra vita di Clan”.

Il 1958 inizia con il campo invernale di A. Sq effettuato dal 2 al 6 Gennaio in località Le

Campora, a metà tra Guarcino e Campocatino a 1200 m.s.l.m, con la presenza di Peppino

Cannata e di P. Antonio Del Grosso. Oltre all’ Alta sq. del Riparto Stella Polare vi

parteciparono Riccardo Maiello ed i Novizi Rovers.

Nell’Aprile gli scouts celebrarono solennemente la festa del loro Patrono S. Giorgio.

Al mattino S. Messa e nuove promesse nella chiesa di S. Maria Assunta. Nel pomeriggio nei

terreni adiacenti all’Oratorio P. Luigi Moretti (San Gerardo) si organizzò un campo scout con

tende, altare da campo, cucine, alzabandiera, costruzioni fatte in perfetto stile scout.

Si allestì anche una mostra sul Metodo scout, altrimenti nota con il nome di Scoutrama, e su

particolari attività realizzate dagli scouts: botanica, entomologia, geologia, mostra che suscitò

grande interesse da parte dei visitatori.

L’ammaina bandiera, il canto dell’addio e della sera nonché la benedizione dell’assistente

ecclesiastico conclusero la giornata dello “ Scoutismo per tutti”.

Nei due giorni successivi i due Riparti Stella Polare e Centauri effettuarono una Uscita

congiunta con pernottamento in tenda ed attività varie in località vicine.

A questo punto, dopo quattro anni di intense attività, dopo il periodo di rodaggio, le

incomprensioni, le battute salaci, le diffidenze, lo scoutismo aveva ormai conquistato la fiducia

dei frusinati che avevano compreso la validità (scopi e vantaggi) del Metodo scout.

Accanto a queste soddisfazioni incominciarono però anche le prime delusioni e i primi

scoraggiamenti.

Il trasferimento della famiglia Cannata a Roma comportò anche la saltuaria presenza di Peppino

a Frosinone e, di conseguenza, un rallentamento delle attività nelle vita del Gruppo Scout.

Nonostante il C.R. , abitando a Roma, con grandi sacrifici, riuscisse ad assicurare una certa

presenza, si notò un calo di partecipazione alle attività ed una riduzione delle stesse.

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Bisognava al più presto trovare un nuovo Capo. Fu solo grazie alla disponibilità del Rover Enzo

Patrizi che, anche per quell’anno (1958), fu possibile svolgere il Campo Estivo in località

Valleverde (Filettino) dal 19 al 31 Luglio. Al Campo detto “ dell’Obbedienza” parteciparono

solo 8 scouts effettivi del Rip. Stella Polare e gli scouts del Rip. Centauri oltre ad alcuni Rovers.

L’assistenza religiosa fu garantita dalla presenza di P. Antonio Del Grosso e di Don Luigi

Minotti. Alle Olimpiadi si distinsero: la Sq. Falchi del Rip. Centauri che riportò 5 vittorie su 6

gare disputate; Mario Maniccia che raggiunse m.1,35 nel salto in alto, Giancarlo Giancarli

dello Stella Polare che lanciò il peso ad una distanza di m. 11,25.

Di fronte alla stagnazione in atto tutti si resero conto che era necessario un nuovo Capo Riparto

anche se la cosa non appariva di facile soluzione almeno per il momento.

Nel settembre del 1958, dopo vari tentativi, fu ufficialmente costituito presso l’Oratorio P.L.

Moretti il primo Branco di Lupetti del nuovo corso dello scoutismo frusinate. Primo Capo

Branco (Akela) fu Giulio Compagnucci figlio di Carlo cofondatore del Frosinone 1°, primo

A.E. (Baloo) P. Antonio Del Grosso e primi Vecchi Lupi Enzo Patrizi (Bagheera) e Mario

Maniccia (Chil).

L’ ottobre 1958 segnò un altro momento doloroso per la storia dello scoutismo frusinate: il

trasferimento da Frosinone ad Oropa (Biella) di P. Antonio Del Grosso. Il distacco fu

traumatico per tutti, per i Capi, gli scouts, i lupetti, le famiglie, gli estimatori, dato che il Padre

era non solo un profondo conoscitore dell’animo umano e del Metodo scout, ma anche una delle

colonne trainanti dell’Associazione per la sua disponibilità ed il suo carisma. Una personalità

trascinante, un Capo capace di mettersi in discussione ed allo stesso livello dell’educando.

Padre Del Grosso era un prete, oltre che un Capo, che per farsi accettare fino in fondo dai suoi

ragazzi indossava l’uniforme scout e si caricava del suo zaino.

Per attenuare il vuoto che la partenza del nostro amato A.E. aveva determinato in noi scouts, il

Rover Enzo Patrizi organizzò, non senza difficoltà per il reperimento dei fondi necessari, un

Campo Invernale proprio ad Oropa, dal 26.12.1958 al 05.01.1959, per trascorrere alcuni giorni

con l’indimenticabile Padre.

Quelle trascorse ad Oropa, furono giornate indimenticabili, non solo per le attività sulla neve,

assai abbondante in quel periodo, ma anche per le numerose Uscite.

Ricordiamo le salite, il 31 dicembre, al lago Mucrone a quota 1800 mt. completamente

ghiacciato, e al Monte camino con la cappella di S. Maurizio, al Belvedere con il tempietto

votivo e alla galleria Rosazza ed infine la visita a Pollone alla villa Frassati ed alla tomba di Pier

Giorgio Frassati morto 24 enne in odore di Santità, successivamente beatificato dal Papa

Giovanni Paolo II nel 1990.

Abbiamo in precedenza accennato al calo di adesione al Riparto Stella Polare dovuto al

trasferimento di Peppino Cannata a Roma e, quindi, al diradarsi delle attività sia in sede che

all’aperto. Siccome gli impegni di studio e di lavoro di Peppino continuavano ad aumentare, si

rischiava di chiudere il Riparto.

Si fece richiamo al senso di responsabilità e di servizio dei Rovers disponibili, alcuni dei quali

(Enzo, Mario) già impegnati nella Branca Lupetti e nel Noviziato Rover, per cercare di trovare

una soluzione al problema del Capo Riparto.

Nel 1959, la guida del Riparto fu affidata a Gino Maiello ( allora studente liceale) ma privo di

altri incarichi.

Si riorganizzarono due Squadriglie, i Lupi e i Falchi, e si dette nuovo impulso al Noviziato

Rover.

Così pian piano, il Rip. StellaPolare, ormai entrato nel sesto anno di vita e, dopo le inevitabili

esitazioni del nuovo corso, incominciò a svilupparsi, sia nel numero che nella qualità, grazie

anche all’apporto logistico di forze esterne.

In seguito Gino Maiello frequentò i Campi Scuola di 1° e 2° tempo, previsti dalla formazione

capi e diventò col tempo Capo Brevettato.

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Il Campo Estivo del 1959 si svolse per la seconda volta, in Valfondillo: ad esso parteciparono

11 scouts effettivi del Rip. Stella Polare e gli scouts residui del Rip. Centauri, nonché il Capo

Branco Enzo Patrizi come Aiuto Capo Campo e Fernando Valchera come socio aggregato e

responsabile del settore logistico. L’assistenza spirituale fu affidata a Don Giancarlo Maria

Frassu della comunità monastica di Trisulti e, in precedenza , già scout e Capo in Sardegna sua

terra d’origine. Il Campo Invernale si tenne a Le Campora dal 2 al 6 gennaio .

Dopo la momentanea crisi del 1958 e dopo che il Riparto Centauri ormai privo di Capi e di

A.E., aveva esaurito il suo ciclo vitale, il Riparto Stella Polare riprese vita, il numero degli

iscritti aumentò sensibilmente, tanto che il Campo Estivo del 1960, detto della “ Buona

Azione”, che si svolse a Trisulti dal 16 al 30 luglio, vide la partecipazione di ben 20 scouts.

Capo Rip. fu Gino Maiello ed A.E. Don Giancarlo M. Frassu , attivissimo ed anticonformista

come sempre e sempre più amato dagli scouts.

In quel campo, dopo la pausa del precedente campo del 1959, si svolsero di nuovo le gare

olimpiche che registrarono buoni risultati da parte di Luigi Minnucci della Sq. Daini nel salto

in alto (m.1,35), di Carlo Maniccia della Sq. Lupi nella corsa piana dei 100 mt. (13,8 sec.).

Il Campo Invernale dello stesso anno fu effettuato nella casa Cantoniera di Colle Pannunzio

(mt.1500) dal 27 dicembre al 01 gennaio, oltre all’Asq. Scoiattoli vi parteciparono 3 Rovers.

Ricordiamo che, appresa la tecnica di costruzione dell’igloo, l’Alta Sq. Scoiattoli si cimentò

nella sua realizzazione. Avendo impegnato molto tempo nel taglio dei blocchi di ghiaccio,

sopraggiunto improvvisamente il buio e non essendo l’igloo completamente chiuso nella parte

superiore, non tutti furono disposti a dormirvi, ma quattro audaci: G. Mangone, F. Martella, A.

Morfino e R. Rizzo, dopo aver chiusa la sommità della costruzione con un telo mimetico, vi

passarono la notte rannicchiati nei sacchi a pelo. Al mattino furono trovati sani e salvi,

completamente fradici, ma contenti di aver trascorso la fine d’anno in modo veramente

originale.

Nel 1961, oltre alle normali attività in sede ed all’aperto ed alla tradizionale festività primaverile

di S. Giorgio, il Campo Estivo, denominato “Campo della Purezza”, si tenne nella splendida

Valle di Canneto del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, poco distante dal celebre

antico Santuario della Madonna Nera.

Vi parteciparono 21 scouts ed alcuni Rovers di servizio. Aiuto Capo Campo fu E. Patrizi. Curò

la formazione religiosa il Padre Redentorista della Madonna delle Grazie Antonio Di Leva, che

in quel periodo era anche A.E. (Baloo) del Branco Waingunga, attivo presso l’Oratorio P.Luigi

Moretti.

Nelle Olimpiadi ottenne risultati rilevanti Carlo Maniccia nel salto in alto (m.1,45) e nel salto in

lungo (m.4,35).

Il Campo Invernale dell’A.sq. si svolse, dal 26 al 31 dicembre, presso la baita in legno situata a

Campo Staffi di Filettino. Erano presenti, oltre ai 9 elementi dell’ A.q. Scoiattoli anche

Giuseppe Cannata ed Enzo Patrizi, animatori di varie attività: giochi, formazione, espressione,

cucina….

Nel 1962 il Campo Estivo detto “Dello Stile” si svolse a Valleverde di Fiumata (Filettino) con

la presenza di 21 scouts. L’A.E. Don Luigi fu coadiuvato dal suo vice parroco Don Giuseppe

Gabrielli. Aiuto Capo Campo l’immancabile Enzo (Akela del FR.1°) che con l’aiuto di alcuni

rovere fu l’animatore delle attività ludiche ed espressive. Novità dell’anno fu la presenza al

campo, per la prima volta, dell’ automobile di Enzo (Fiat 600 di colore bianco) che risultò utile

non solo per gli approvvigionamenti di cibo e materiali vari, ma, soprattutto, come mezzo di

pronto soccorso (servì a riportare a Frosinone Silvio Pizzutelli infortunato durante una gara

olimpica). Le Olimpiadi, che furono più volte interrotte dal cattivo tempo, non registrarono

risultati apprezzabili. Solo Carlo Maniccia ottenne nel salto in alto un buon risultato (m.1,55).

Nel novembre 1962 ci fu la firma della Carta di Clan dei N.Rovers Gigino Criscuolo e Guido

Evangelista. I due novizi, nella mattinata del 1 Novembre, insieme a Gino Maiello ed Enzo

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Patrizi, raggiunsero Campocatino dove trascorsero la notte nel rifugio CAI, in attesa della

traversata Campocatino - Trisulti prevista per il giorno 2 Novembre.

Il mattino seguente, la imprevista prima nevicata notturna della stagione non colse di sorpresa

l’allegra brigata che, nonostante l’abbigliamento non fosse dei più adatti ad una passeggiata in

alta quota (1950 m.) (divisa con pantaloncini corti), decise comunque, con provvido entusiasmo,

di effettuare la traversata che, superando i Monti Monna e Fanfilli e Rotonaria, li avrebbe portati

a Trisulti. Nel pomeriggio del 2 novembre, dopo un doveroso pranzo ed una opportuna scaldata

con amaro dei monaci, nella austerità e nella penombra della gotica chiesa del Monastero, ci fu

la firma della Carta di Clan da parte dei Novizi G. Criscuolo e G. Evangelista alla presenza del

Maestro dei Novizi, Fernando Valchera.

Il Campo Estivo del 1963 si tenne a Val Fondillo nel parco Nazionale d’Abruzzo (ultimo anno

consentito ai campeggi), erano presenti oltre alle Sq. con sede a S. Maria anche i Daini e Leoni

che da qualche tempo funzionavano, per iniziativa di Rocco Rizzo, come Sq. distaccate presso

la chiesa della Sacra Famiglia presso la stazione ferroviaria. Don Giuseppe Gabrielli sostituì

Don Luigi Minotti nell’assistenza spirituale.

Le Olimpiadi, che furono interrotte a causa del cattivo tempo, non portarono a risultati

straordinari, per cui i records rimasero quelli degli anni precedenti.

Le piogge abbondanti suggerirono alla Sq. Leoni dello scalo la creazione del Ban più ricorrente

ai fuochi di bivacco.”… Fior di farina, questo campo sembra proprio una piscina!….”

Durante le lunghe ore trascorse in tenda per la pioggia, lo scout Sandro Martire progettò una

burla: sulle sponde del fiume fece due magnifiche impronte di orso così bene che esse

indussero uno di noi, stravolto dalla paura, a lasciare il campo il giorno seguente.

Si tenne anche il Campo mobile Rovers e vi parteciparono: G. Cannata, G. Maiello, G.

Criscuolo, M. Maniccia, A. Biagi con visita di E. Patrizi.

Dagli appunti di marcia di Gino: “eravamo partiti dai Prati di Tivo nel primo pomeriggio per

effettuare l’ascesa al Corno Grande del Gran Sasso. Lungo il percorso ammiravamo, sulla

destra, la mole del Corno Piccolo e già pensavamo ad un’altra, forse più interessante, scalata.

Ma qualcosa stava cambiando nell’aria, perché insieme a noi, saliva verso la sommità un

banco di fitta nebbia. Le nostre sagome apparivano e sparivano come spettri nella densa nube

come diventava visibile, a tratti, la parete rocciosa del Corno Piccolo. Dopo due ore di

cammino, faticoso e sempre più pericoloso, giungemmo ad una piccola radura protetta da un

lato e qui piazzammo le nostre Morettine. Si alzò un vento sempre più sferzante che faceva

traballare i paletti, gonfiare il doppio tetto e scalzare i picchetti. Fu una notte insonne con una

temperatura che divenne improvvisamente invernale. Verso l’alba una folata fece esplodere

letteralmente la nostra tenda (Gino e Gigino); le altre avrebbero subito la stessa sorte se non

avessimo smontato il campo. In fretta, arrotolammo i teli squarciati sotto un leggero nevischio,

preparammo gli zaini e ci avviammo verso la salvezza: il Rifugio Franchetti.”Era il mese di

agosto del 1963.

Il 1963 fu per gli scouts del Frosinone 1° anche l’anno del decennale della fondazione. Alle

solenni manifestazioni protrattesi per una settimana, presenziarono numerose autorità religiose e

civili tra cui il viceprefetto Bevilacqua, il sindaco Vona, il questore Toti.

Il 23 novembre gli scouts dopo aver partecipato alla S. Messa in cattedrale, celebrata dal

vescovo diocesano mons. Morstabilini, si recarono in Piazza della Libertà per deporre una

corona al monumento a Nicola Ricciotti. Successivamente fu inaugurata una mostra sul Metodo

scout nei locali dell’Ente Provinciale del Turismo. Per l’occasione furono assegnate delle

medaglie d’oro, come riconoscimento dell’opera svolta al servizio del gruppo, ai promotori

dell’associazione Pietro Negro e Giuseppe Cannata ed ai Capi effettivi Gino Maiello ed Enzo

Patrizi. L’anno delle celebrazioni del decennale si concluse con il Campo Invernale, effettuato

dal 27 al 31 dicembre, presso la cantoniera del comune di Canistro (AQ) con la partecipazione

dell’intera Asq. Scoiattoli e dei rovere Criscuolo e Rizzo.

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Nel 1964 si raggiunse il massimo delle iscrizioni e della partecipazione. Al Campo Estivo, che

si svolse in una località delle Mainarde presso il lago di Cardito, furono presenti ben 29 scouts e

due A.E., Don Luigi Minotti e Don Giuseppe Gabrielli.

Il Campo Invernale, che si tenne in località “erra S. Antonio” presso la cantoniera della

Forestale del Comune di Filettino, vide la partecipazione di ben 11 scouts effettivi tra cui 3

rovers.L Alta sq. rimase isolata per le abbondanti nevicate. Fu raggiunta solo grazie

all’interessamento dell’avvocato Fernando Valchera, che costrinse gli addetti al servizio a

mettere in azione gli spazzaneve, nonostante il cattivo tempo. Si potè raggiungere Filettino solo

a tarda sera. Tutti gli scouts furono costretti, data la mancanza di autobus per Frosinone, a

trascorrere la notte presso la locanda Candidino, affollata fino all’inverosimile, in attesa della

partenza per Frosinone.

Finiva così il Campo Invernale più entusiasmante ed avventuroso del Frosinone 1°; esso

sicuramente è rimasto nei ricordi di tutti per le battute ironiche coniate come reazione al disagio

creatosi. (batti costì- sgombro? no grazie abdico - requiem per Gianni M.- lancio della

mattonella).

Il 1965 può essere ricordato per una Impresa eccezionale compiuta dalla Sq. Lupi del Rip.

Stella Polare in occasione della festività di San Giorgio, che in quell’anno si svolse a Manziana

presso il lago di Bracciano su scala regionale.

La partecipazione alle gare fra le Sq. presenti (la nostra installò una stazione metereologica)

consentì alla Sq. Lupi, composta per altro da solo 5 elementi( Giancarlo Bracaglia Morante,

Sergio Sergiani, Mauro Patrizi, Gianni Calmieri, Carlo Pascucci), di sbaragliare tutte le altre Sq.

della Regione e di conquistare il “ Trofeo S. Giorgio” per se stessa e a guadagnare il diritto di

far svolgere il S. Giorgio Regionale del 1966 a Frosinone. La foto della premazione della Sq.

Lupi con l’ambito trofeo, donato da Papa PaoloVI, apparve in quei giorni su molti quotidiani

del Lazio. Il trofeo è da allora custodito da Rocco Rizzo. Giancarlo, il Capo sq., ricorda, non

senza emozione dopo 39 anni: ” eravamo in mezzo alla marea di scouts presenti alla cerimonia

ed attendevamo la premiazione, quando il nostro Capo Riparto, Maiello, condividendo la stessa

nostra convinzione, si rivolse al suo Aiuto, Criscuolo, con queste parole –Giuro che se

vinciamo, ti nominerò subito Capo Riparto. Da lì a qualche attimo il giuramento si tramutò in

uno spergiuro: i Lupi avevano vinto!”.

Il campo Estivo del 1965 si svolse a Vallepietra (Roma) dal 16 al 30 luglio, con la

partecipazione di 18 scouts suddivisi tra le Sq. Lupi, Aquile, Volpi e Pantere.

In questo Campo, le Olimpiadi non registrarono piazzamenti particolari tranne che nel salto in

alto da parte di Antonio Maniccia (mt.1,45) e nei 100 mt. piani da parte di Claudio Orlando

(14,00 sec.).

Ricordiamo l’astuto espediente a cui ricorse il Rover Romeo Celani che, incaricato dal

Vescovo Marafini, in occasione di una sua visita al campo, di conservare al fresco i ghiaccioli

portati in dono agli scouts, pensò bene di depositare il cartone nel fiume…….

Al momento che S.Eccellenza, radunati gli scouts per consegnare il gentile omaggio, si fece

portare il cartone dei gelati, non trovò altro che un mucchio di bastoncini e dei ghiaccioli

naturalmente nessuna presenza. Il tutto sotto gli occhi dei presenti in un misto di risate e

rabbia.

Nel tracciare la storia del Gruppo Frosinone1° non si può non parlare del ramo femminile dello

Scoutismo, e cioè del Guidismo, nella nostra città.

L’AGI (Associazione Guide Italiane) sorse ufficialmente a Frosinone nel 1965, quando un

gruppo di ragazze di età diverse si riuniva presso la sala S. Clemente della Madonna Delle

Grazie, interessandosi dello scoutismo. La cosa si ufficializzò il 25 aprile di quell’anno con la

Promessa Scout di tre delle ragazze più grandi e cioè Elvira Pollini, Natalizia Rossi e Pina

Sangiorgio che da lì a breve sarebbero diventate rispettivamente Capo Cerchio (coccinelle),

Capo Riparto (guide) e Capo Fuoco (scolte). All’inizio il loro cammino fu difficile a causa

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dell’incomprensione generale. Solo i Padri Redentoristi ed in particolar modo Padre Cherubino

De Luca, che divenne il loro A.E., le aiutarono concretamente.

Le guide rimasero presso la Madonna Delle Grazie fino al 1971 quando, essendo aumentate di

numero e per esigenze di spazio, dovettero trasferirsi presso la Parrocchia di S. Antonio, dove

rimasero sino al 1984. In quell’anno la conduzione del Riparto femminile passò da Francesca

Romana Stasolla a Paola De Santis. Dopo appena un anno Paola fu sostituita da Miriam Bracci,

che diresse il Riparto anche durante il suo nuovo trasferimento di sede in quel di San Gerardo,

di cui si parlerà in seguito. Anche Miriam restò pochi anni. Infatti nel 1988 la giovane Capo

Alessia Antilici iniziò a guidare lo storico riparto femminile. Alessia rimase al suo posto sino al

settembre 1992, lasciando il timone a Paola Romitelli. Anche Paola, come la sua antesignana,

rimase solo poco tempo e, come è noto nel metodo scout un servizio così delicato non è ben

fatto se non è svolto con continuità. Bisogna aspettare l’arrivo di Alessia Celani che invece

diede al riparto la solidità di un tempo. In particolare Alessia fu, insieme a Ilaria Koeppen e

Irene Iaboni, una delle prime Capo Riparto brevettate del Gruppo. Questo periodo del riparto

Andromeda fu particolarmente felice. Infatti nel 1997, per soddisfare la grande richiesta di

iscrizioni, prese vita la squadriglia Libera Castori, futuro del nuovo riparto femminile Pegaso.

Andromeda e Pegaso continuarono le loro avventure sino al 2002, quando con le nuove Capo

subentrate rispettivamente ad Alessia ed Ilaria, Ilaria Koeppen e Silvia Donfrancesco, si decise

di riunire i riparti in un nuovo unico riparto: il nome, come si conviene in questi casi, fu scelto

dalla guide in Pegaso.

Tornando al 1971, dobbiamo ricordare che un gruppo di guide iniziò la sua attività anche presso

la parrocchia della Sacra Famiglia dello scalo, costituendo la sq. Cigni di cui facevano parte:

Maria Teresa Evangelista, Leonella Pallone, Luciana Incitti, Angela Maura, Dora Frate, Anna

Rosa Frate, Alberta Quadrini, Paola Quadrini e Gerardina Morelli, tutte dirette e guidate da

Palma Celani per tutti “zia Palma”.

Il 1966 era anche l’anno del Cinquantesimo di Fondazione dell’ASCI (1916) e questo fece sì

chè l’annuale festa regionale di Primavera quell’anno assunse una particolare solennità in

quanto 3000 scouts del Lazio si radunarono in località 4 Pini di Selva Piana di Frosinone per

festeggiare insieme il loro Patrono. La manifestazione, che richiese un grande sforzo

organizzativo, si svolse nei giorni 23-24-25 Aprile e vide una grande partecipazione di

pubblico. Numerose furono le attività svolte dagli scouts e che misero alla prova le loro abilità.

Il San Giorgio 1966 fu una bella esperienza di vita che permise a tutti i partecipanti di sondare

le loro capacità nell’affrontare e risolvere i vari problemi del vivere in comune in così tale

numero.Nonostante le difficoltà atmosferiche, la manifestazione ebbe momenti di grande

suggestione, come il Grande Gioco e la S. Messa al Campo, celebrata dal cardinale Traglia e dal

vescovo diocesano Marafini, alla presenza, oltre che degli scouts, dei loro familiari e di

numerose autorità cittadine e provinciali.

Il Campo Estivo ’66, effettuato a Canneto, ricorda la presenza anche di gruppi di nuova

costituzione di Ferentino e Veroli, che comunque si avvalevano dell’esperienza del Rip. Stella

Polare per lo svolgimento delle loro attività. Responsabili del Campo furono: Gino Maiello

(C.Rip.) e Padre Antonio Di Leva (A.E.). Da ricordare le installazioni comuni da Campo (Altare

e Alzabandiera) realizzate dal Clan con la fattiva opera di Gigino Criscuolo e Mario Messia.

Episodio singolare fu la ingannevole segnalazione notturna effettuata dal Capo Sq. delle Aquile

Raffaele Segneri, in viaggio di Prima Classe. Ad un’ ora stabilita (21,30) lo stesso, in

accampamento solitario sulle montagne circostanti il Campo, avrebbe dovuto segnalare con

l’alfabeto “morse” un messaggio al Capo Rip. Gino Maiello. Purtroppo, per la stanchezza,

Raffaele cadde nel sonno più profondo fino all’alba. Nonostante ciò, al Campo, nell’ora

convenuta, si ricevette una segnalazione luminosa proveniente dalla zona interessata ma, di

difficile interpretazione. Poi si scoprì che era la luce di una stella, che gli alberi mossi dal vento

facevano intravedere ad intermittenza.

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Nel 1967, finalmente, incominciò a prendere corpo un’idea che i rovere della prima ora

coltivavano da molti anni: la disponibilità di una casa alpina, similmente a quanto avevano già

fatto molti altri gruppi in Italia, dove gli scouts potessero effettuare i loro fine settimana e,

soprattutto, i campi invernali. L’attenzione, già da tempo, era caduta sulla casa cantoniera di

Colle Pannunzio di proprietà della Provincia, distante 30 Km. Da Frosinone, esattamente a

metà strada tra Guarcino e Campocatino, a 1500 m.s.lm., una quota che garantiva un buon

innevamento nel periodo invernale. Dopo non facili ma necessarie trattative condotte

dall’avvocato Franando Valchera, commissariato provinciale ASCI, con l’Ente di piazza

Gramsci, si arrivò alla stipula di un contratto, in base al quale l’Amministrazione Provinciale

concedeva agli scouts l’usa della cantoniera a tempo indeterminato e ad un prezzo simbolico,

mentre gli scouts si assumevano l’onere e le spese della ristrutturazione dello stabile.

La cantoniera era da anni nel più completo e nel totale degrado. La ristrutturazione di essa

comportava l’assunzione di notevoli spese e la disponibilità di manodopera, oltre l’acquisto di

vari materiali. Non potendo certo affidare i lavori ad una normale impresa edile, per gli oneri

finanziari che comportavano e che il commissariato non poteva certo sostenere, tutto doveva

ricadere sulle braccia dei rovers interessati. Fatti i doverosi piani di spese, di opere e di persone

su cui si poteva contare, l’avvocato Valchera, in rappresentanza degli scouts, stipulò il contratto

con l’Amministrazione competente. Fu così possibile iniziare i lavori nell’autunno dello stesso

anno, a cui parteciparono a turno tutti i rovers che avevano dato la loro disponibilità, Tali lavori

prevedevano, in primo luogo, la impermeabilizzazione del manto di copertura (tetto), al fine di

eliminare infiltrazione dell’acqua meteorica, grazie anche al contributo dei rovers del Supino 1°.

Si eseguirono poi in successione gli altri lavori: la recinzione dell’area intorno al rifugio, la

ripresa di parti di intonaci interni ammalorati, il ripristino della cisterna dell’acqua piovana al

fine di assicurare un adeguato approvvigionamento idrico per usi igienici, la realizzazione di

una cucina al piano superiore , il ripristino degli infissi ancora in buono stato nonché la

sostituzione di quelli degradati, la tinteggiatura completa delle superfici interne.

Fu infine necessario un minimo di arredamento e di suppellettili quali letti a castello, tavoli,

sedie , cucine, pentole, stoviglie, etc.

Siccome la disponibilità della mano d’opera era limitata ai soli fine - settimana ed al periodo

estivo, quando i rovers erano liberi da impegni di lavoro e di studio, i lavori furono programmati

con una cadenza temporale, a cominciare dai più urgenti ed improcrastinabili.

E’ doveroso ricordare che anche un clan di Roma collaborò ai lavori di isolamento termico dei

solai in legno con strati multipli di giornali incollati.

I lavori si conclusero nell’arco di poco più di un anno, sicché il rifugio poté ospitare i primi

scouts già nell’anno 1969.

Ogni gruppo della provincia scout poteva usufruire della casa prenotandosi in tempo e versando

una quota pro-capite, al fine di costituire un fondo di cassa che potesse garantire la

manutenzione ordinaria dello stabile. Negli stessi anni il Clan Stella Apina, su invito di Don

Pietrino, parroco di Guarcino, si occupò dei lavori di ristrutturazione della chiesetta di

Campocatino.

La casa alpina rimase in dotazione agli scouts per circa un decennio, durante il quale fu

utilizzata da molti gruppi della provincia e non solo. Successivamente l’Amministrazione

rescisse unilateralmente il contratto di locazione ritornando in possesso dell’immobile. In

seguito l’Ente Provinciale trasformò l’ex cantoniera nell’attuale osservatorio astronomico.

A Partire dal 1968, Gino Maiello, per impegni di lavoro, lasciò la guida del Riparto, al suo

posto fu nominato Umberto Narducci neo studente universitario, che divenne così, dalla ripresa,

il terzo CR. dello Stella Polare.

In questo periodo, oltre le normali attività, sotto la spinta originale e creativa di Umberto, si

svolsero alcune attività particolari: ricordiamo la realizzazione in località Valle Verde di

Filettino, da parte dell’Asq. Scoiattoli di una capanna sopraelevata.

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Nell’autunno del 1968, l’Alta Sq, dopo attenta programmazione in sede, finalmente raggiunse

il luogo precedentemente esplorato per la realizzazione della capanna sugli alberi ed ivi

trascorrervi la notte. La particolarità fu quella di utilizzare esclusivamente materiale naturale per

le legature, per la base e per la copertura (tranne qualche cordino). Si lavorava sospesi a oltre

10 metri di altezza e la difficoltà maggiore fu la sistemazione delle prime assi per la base. In tale

circostanza si distinse per l’equilibrio e l’agilità il C.Sq. delle Aquile Enrico Pica. E’ rimasta

famosa una sua frase in dialetto, quando rivolgendosi al compagno di lavoro in difficoltà per

sorreggere contemporaneamente due assi, disse con assoluta naturalezza “… fa ‘nche la

samba…(sostieni un’asse con la gamba)”.

Terminata la realizzazione, furono sistemati i giacigli per la notte, fu costruita la scaletta mobile

per la discesa e finalmente il meritato riposo e rifocillamento.

Arrivata la sera i presenti raggiunsero la capanna sopraelevata, ritirata la scaletta per isolarsi

completamente dal suolo, vi trascorsero la notte.

Il giorno dopo gli scouts tornarono a Frosinone, sì con qualche dolore intercostale, ma fieri di

aver trascorso una giornata all’aria aperta come dei veri pionieri.

Altra attività meritoria di essere segnalata fu l’impresa “Natura” con partecipazione di tutto il

Riparto effettuata nel periodo primavera –estate del 1970. Ad ogni Sq. Fu assegnato parte di un

terreno in località San Liberatore, l’impresa di per sé era molto semplice, gli scouts avrebbero

dovuto piantarvi delle patate per poi raccoglierle nel periodo di maturazione e portarle in dono

ai Ragazzi meno fortunati ospiti del Piccolo Rifugio di Ferentino. Si iniziò in Primavera con la

preparazione del terreno; sotto la guida di esperti, ogni Squadriglia con l’utilizzo di vanga e

zappa realizzò i solchi dove dopo si sarebbe proceduto con la semina. Durante la crescita

periodicamente si svolsero i dovuti interventi di zappatura, di irrigazione, pulitura dei solchi

etc. Finalmente arrivata l’estate, tutto il Riparto procedette alla raccolta delle patate ormai

pronte; si riempirono oltre venti casse e si portarono come d’accordo al Piccolo Rifugio.

Questa impresa ebbe il merito di far vivere agli scouts sia una esperienza vera di vita rude e

semplice a contatto con elementi assolutamente naturali, sia di fare una Buona Azione concreta

e molto più sentita di altre perché veramente “frutto delle proprie mani.”

Altro avvenimento importante da evidenziare è la nascita ufficiale del secondo riparto di

esploratori nella nostra città. Come già accennato, Rocco Rizzo, alla guida di n. 3 Sq., censite

con il Riparto Stella Polare del Frosinone 1°, di fatto svolgeva le proprie attività ordinarie

presso la Parrocchia S. Famiglia dello scalo ferroviario, partecipando però ai campeggi con il

Riparto Stella Polare.

Nel luglio del 1971 durante il Campo Estivo presso il comune di Pizzone (IS) in località Valle

Fiorita , il capo Gruppo avv. Valchera, alle ore 15,00, terminato di pranzare e approfittando del

riposo pomeridiano, chiamò a consiglio Rocco Rizzo sotto il pennone dell’alza bandiera a riparo

del sole ed al fresco del sottobosco, dicendogli: “ …per il tuo militante affiancamento al

Riparto e per la tua maturata esperienza, è giunto ormai il momento che tu ti stacchi dal nostro

Riparto per fondarne uno tuo, il Riparto del Frosinone 2, con sede presso la S. Famiglia dove

farete le vostre riunioni”. Rocco, emozionato e contento, lo abbracciò pensando già al lavoro

che lo aspettava. Dalla mattina del giorno seguente il nuovo Capo ed i suoi scouts, 17 tra novizi

ed esploratori, salutarono per la prima volta con il grido: ..” Per l’ASCI ed il FR.2! San Giorgio

Italia!..”

Con la nascita, nel quartiere Scalo, del Riparto Vega sorse spontanea anche la necessità della

presenza attiva del branco lupetti, bacino naturale del Riparto Scout. Un primo tentativo era

stato portato avanti dal rover Gerardo Geralico, verso la fine dell’anno 1968 ma, per

sopraggiunti impegni dello stesso, l’esperienza durò solo un anno.

Fu nel settembre del 1971 che prese corpo il Branco Vega, grazie all’apporto e all’impegno del

rover Antonio Chiappini, che rimase Akela sino al 1977, lasciando poi il Totem al rover,

Maurizio Diana. Il branco Vega iniziò le attività con dieci lupetti, formando due sestiglie: Neri e

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Fulvi. Nell’arco di pochi mesi, il branco crebbe di numero e le sestiglie raggiunsero il numero di

quattro: Neri – Fulvi - Pezzati-Bianchi e l’Akela fu costretto a porre un limite alle iscrizioni.

Da allora i lupetti iniziarono una lunga e prosperosa ascesa che ha portato ad avere, oggi, nella

nostra città un presenza di ben 5 branchi!

Nel decennio 1972 -1982 la guida del Riparo fu affidata a Raffaele Segneri affiancato nel corso

degli anni dagli Aiuti Franco Chiappini, Michele Meola, Maurizio Masi e Marco D’Agostini,

quest’ultimo divenne poi il 5° Capo Riparto dello Stella Polare. L’assistenza spirituale continuò

ad essere curata da Don Luigi Minotti fino al 1976, dopodiché, il nuovo Vice-Parroco Don

Armando Sanità, prenderà la carica di A.E.. La dinastia dei Capo Riparto della Stella Polare

continua con Michele Meola, che rimase alla guida del Riparto per soli due anni, interrompendo

il suo servizio per la chiamata al servizio di leva. A Michele subentrò Marco Turriziani, che

rimase sino al settembre 1992, anno in cui, a seguito dei numerosi iscritti, il Riparto diede vita

ad una Squadriglia libera che poi si trasformò nel Riparto Croce del Sud, guidato da Achille

Saraldi, mentre la Stella Polare fu diretta da Ermanno D’Onofrio sino al 1996; il IX Capo riparo

divenne Danilo Di Sora sino al 1999; a seguire Andrea Campioni sino al 2003 ed attualmente

l’XI Capo riparto “regnante” è Roberto Tambucci. Viceversa il Riparto Croce del Sud conterà

solo quattro generazioni di Capi: Danilo di Sora, Davide Di Sora ed infine Simone Del Brocco

con il quale il riparto, nell’anno 1999, sarà riassorbito nella Stella Polare.

Tornando al decennio 1972-1982, importanti avvenimenti si devono ricordare, in particolare a

livello nazionale con la fusione tra l’associazione maschile ASCI e quella femminile AGI,

dando vita ad un’unica associazione con la sigla AGESCI (1974).

Il 1974 vide la partecipazione del Riparti del Frosinone 1° e 2° al Campo Nazionale che si

tenne nel Lazio presso il lago di Vico.

Il Riparto Stella Polare era sistemato nel sottocampo “Campismo” con 4 squadriglie CR.

Raffaele Segneri ed Aiuto CR. Franco Chiappini. Era anche presente il Riparto Vega del

Frosinone 2° con 4 squadriglia nel sottocampo nautico con Capo Riparto Rocco Rizzo il quale

in attesa della nascita del primo figlio Simone, faceva la spola tra Frosinone ed il campo. Fu

un’esperienza molto formativa per la conoscenza di tanti gruppi scout provenienti da tutta

l’Italia. Ricordiamo ancora con commozione la S. Messa sulle rive del Lago di Vico, alla

presenza di migliaia di scouts tutti in religioso silenzio all’ascolto delle parole del S.Padre, il

Papa Paolo VI, collegato via radio dal Vaticano.

Inoltre, ci piace segnalare un singolare episodio: durante una giornata di intensa pioggia, una

squadriglia del Riparto di Messina, anch’esso presente nel nostro sottocampo, avendo la tenda

allagata, trovò ospitalità nelle tende della Stella Polare. Esattamente 20 anni prima (1954) era

avvenuta la stessa cosa al Campo Nazionale di Val Fondillo in Abruzzo, ma quella volta fu il

Messina ad ospitare gli scouts della Stella Polare.

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La nascita della Associazione Italiana Guide e Scout d’Europa Cattolici

Nel 1976 il Riparto unitamente a tutto lo scoutismo frusinate, con decisione unanime di tutti i

Capi di allora, decise di non rinnovare il censimento con l’AGESCI per una serie di motivi che

appresso tratteremo e aderì con entusiasmo ad una nuova associazione scoutistica da poco

costituita da alcuni capi romani denominata:

“ASSOCIAZIONE ITALIANA GUIDE E SCOUT D’EUROPA CATTOLICI”.

Importante sarà poi il contributo che lo scoutismo frusinate darà alla nuova associazione, negli

anni successivi. Alcuni Capi, infatti, ricoprirono le massime cariche a livello nazionale a

riconoscimento della validità del Metodo educativo praticata dai nostri Capi. L’avv.Fernando

Valchera sarà Presidente Nazionale; Raffaele Segneri Tesoriere Nazionale e per alcuni anni

responsabile dei Campi Scuola Branca Esploratori di 1° Tempo; Mario Maniccia responsabile

della Branca Rover nazionale; Francesca Romana Stasolla responsabile della Branca Guide

nazionale e Vice Presidente e l’intramontabile Enzo Patrizi membro della Pattuglia Nazionale

Esploratori.

Tale tradizione di impegno Associativo ha avuto, in tempi più recenti, grazie al generoso

contributo di Capi come Marco Turriziani, Giorgio Bracaglia, Pietro Antonucci, Davide di Sora,

Maria Laura Vona e Ilaria Koeppen, segno della qualità Metodologica dello scoutismo ciociaro.

Tornando a quegli anni, lo scoutismo si era diffuso anche in altri paesi della provincia di

Frosinone (Alatri - Ferentino - Veroli - Cassino - Sora - Supino - Ceprano). Inoltre nella nostra

città erano sorti altri gruppi. Tutto ciò comportò l’ingresso anche nel mondo scout di

personalità diverse e diversificate che risentendo della contestazione nazionale del 1968

ritenevano di apportare al Metodo Educativo delle modifiche per essere più vicini alla realtà dei

nuovi giovani. Si attraversò così un periodo di discussioni metodologiche che vedeva

contrapposti i c.d. innovatori, fautori della revisione del Metodo, e i conservatori, contrari a tale

revisione e non ultimo alla coeducazione (unità miste tra ragazzi e ragazze) voluta con forza

dagli innovatori. Questo portò alla nascita a livello nazionale della nuova associazione

(AGESCI) che accettò la revisione di punti fondamentali del Metodo Educativo.

In questo contesto il Gruppo Frosinone 1°, fiero delle proprie tradizioni, convinto sempre più

che il Metodo Scout non poteva essere condizionato da alcun vento politico del momento, e che

i giovani adolescenti avevano sempre più bisogno della vita scout così come ideata dal

fondatore, decise come accennato di lasciare l’AGESCI e aderire alla nuova associazione

“FSE” che, invece conservava i principi fondamentali dello scoutismo.

Tale decisione fu presa all’unanimità da tutti i capi responsabili nessuno escluso, convinti che il

lavoro che stavano svolgendo era proficuo ed utile per i giovani frusinati ma anche per loro

stessi. Infatti in quegli anni si era creato un clima di fiducia e collaborazione tra i capi che

aveva formato un gruppo di educatori, legati da affetto e comunione d’intenti. Non era

infrequente che la sera, dopo una riunione della Comunità Capi ci si ritrovasse a casa di Zia

Palma, responsabile del gruppo femminile, per consumare una cena comunitaria condita con

canti e programmi per l’attività future.

In questo contesto si iniziò ad effettuare i Campi Estivi con la partecipazione, insieme al

Riparto Stella Polare, di altri gruppi: su tutti il Riparto Supino 1° guidato da Enzo Patrizi.

Ricordiamo con piacere, forse perché il primo in questo contesto, il Campo del 1973 a

Cappadocia, che, oltre al Frosinone1°, vide la partecipazione del Riparto Supino 1° e del Rip.

Andromeda delle guide. Il Supino 1°, come detto, era guidato da Enzo Patrizi mentre il gruppo

delle guide da Palma Celani per tutti “Zia Palma”.

Il clima di fratellanza che si viveva al Campo influenzò addirittura i pastori sardi del posto che,

all’ultimo fuoco di bivacco, presentatisi con il loro costume tradizionale, fecero dono di una

pecora intera che Zia Palma accuratamente cucinò per tutti. Ricordiamo con piacere i numeri di

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espressione al fuoco da Campo di Annamaria Ferri e la presenza discreta e allo stesso tempo

affettuosa della famiglia Stasolla, accampata in zona adiacente al Campo Scout.

Nel 1977 lo scoutismo di Frosinone occupò la cronaca nazionale per un avvenimento che

rasentò una tragedia: nella settimana Santa, le guide con a Capo Flavia Caruso, in occasione di

un Pernottamento presso il santuario della Madonna di Canneto, durante una escursione verso il

Monte Petroso furono assalite da una bufera di neve che le sorprese prive del necessario

equipaggiamento. A sera il pullman, insieme ad alcuni genitori, giunse al Santuario per riportare

a Frosinone le ragazze: con grande sorpresa non c’era nessuno, ma solo tanta neve ed un

inquietante silenzio. Fu dato l’allarme ed iniziarono le ricerche che non dettero nessun risultato.

Fu così che la notizia, diffusasi inizialmente solo a Frosinone, arrivò alla ribalta nazionale

riportata dai telegiornali e, l’indomani, da tutta la stampa “… gruppo di ragazze scouts

disperse nei monti dell’Abruzzo…..”. Solo il giorno dopo una squadra di soccorso, tra cui il

Capo Clan Mario Maniccia, raggiunse il valico di Forca Resuni dove le ragazze fortunatamente

avevano trovato ricovero ed avevano trascorso la notte. La domenica di Pasqua, a sera,

finalmente le ragazze stremate ma salve fecero rientro a Frosinone.

In tale anno dall’intuizione di Enzo Patrizi, e del Parroco P. Adelmo Scaccia, si decise di

intraprendere l’avventura dello scoutismo nella parrocchia - convento di Madonna della Neve

con l’apertura della squadriglia libera “Volpi”, che fece la sua prima riunione il 25/11/1977. La

squadriglia iniziò le sue attività con la realizzazione della sede, con riunioni ed uscite. Il primo

campo estivo di questa squadriglia si tenne a Capistrello (AQ), ricordiamo i ragazzi che vi

parteciparono: M. Gallon, G. Notarcela, P. Antonucci, T. Giovannanangelo, G. Della Peruta e

C. Pro.

Il 23 marzo 1977, lo scoutismo approda ufficialmente a Ceprano, quando nel corso di un incontro

presso il Convento dei Padri Carmelitani, il Prof. Enzo Patrizi delinea le tappe per la costruzione

di un gruppo scout. Circa un mese dopo la Squadriglia libera maschile, Puma, partecipa al

S.Giorgio Regionale svoltosi a Frosinone nei pressi dell’attuale stadio Casaleno: è il primo atto

ufficiale dello scoutismo cepranese! L’anno successivo il Gruppo decide di lasciare gli Scout

d’Europa, e aderisce all’AGESCI, ma sarà solo una breve parentesi temporale. Infatti, nell’ottobre

del 1981, alcuni capi e due unità, decidono di intraprendere un nuovo riavvicinamento alla FSE.

Ad una breve esperienza di scoutismo “non associativo”, segue la nascita di una nuova

Squadriglia libera, Aquile, e l’adesione agli Scout d’Europa con il Censimento dell’anno 1983,

sotto l’attenta guida dell’Avv. Fernando Valchera.

Nel 1978 alcuni capi del gruppo Frosinone 1 parteciparono al Pellegrinaggio Internazionale che

tutta l’Associazione degli Scout d’Europa Cattolici del mondo fece al Santuario di Lourdes, in

Francia, con marce a tappe di avvicinamento molto intense e piene di entusiasmo.

Il giorno dell’arrivo, tutti i capi del Mondo con le loro Bandiere schierati davanti alla grotta

miracolosa, con una cerimonia toccante, consacrarono l’associazione mondiale “FSE” alla

Madonna Nostra Signora di Lourdes. Il Capo Riparto Raffaele Segneri, fresco sposo, vi

partecipò con la moglie a titolo di viaggio di nozze.

Nello stesso anno si forma il riparto “Madonna delle Nevi” con la creazione della sq. Lupi e

dell’Alta Sq. Daini. Il 4 maggio viene riconosciuto ufficialmente il 3° gruppo cittadino da parte

dell’Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici.

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La storia recente dello scoutismo a Frosinone

La storia “recente” del Gruppo Frosinone 1, con quella del suo riparto di esploratori, il riparto

Stella Polare è un po’ la storia dello scautismo a Frosinone. Le sue mille avventure sono il dolce

ricordo di tantissimi ragazzi e ragazze, oggi uomini e donne, divenuti professionisti, sacerdoti,

missionari, padri e madri di famiglia.

L’antica tradizione scout di questo Gruppo ha spesso consentito agli altri gruppi cittadini, di

superare momenti difficili e soprattutto di crescere. Così Frosinone 2 nasce da capi del Frosinone

1; anche la sezione femminile del 2° proviene interamente dalla direzione del Frosinone 1, prima

come aiuto (Domitilla Antilici) alla neo Capo Riparto Tiziana Camillo, e poi addirittura come

Capo: per le Coccinelle Tiziana De Santis, le guide Elisa Colasanti e Sara Sperduti ed infine le

scolte con Anita Lisi. Il 3° gruppo cittadino, quello della Madonna delle nevi, nasce per

gemmazione dal Frosinone 1; anche in tempi più recenti, la sua sopravvivenza è assicurata

dall’appoggio in attività e in Capi e Capo del 1°: il campo estivo del 1981 a la Renghetta (Civitella

Alfedena) ospita la due squadriglie Volpi e Lupi, con quelli che saranno i Capi del futuro gruppo

FR 3. Infine la sezione femminile del Frosinone 4, l’ultimo gruppo cittadino nato, è assicurato

dalla continuità di capi provenienti dal 1° gruppo (Chiara Campioni). FOTO 26

Anche gruppi extra-cittadini di Ceprano, Paliano e Torrice nascono ad opera di capi del Frosinone

1: con grande sacrificio, ma anche con tanta passione, Mauro Crociani raggiunge ogni volta

Paliano, diventando così il primo Capo gruppo “pendolare”. La sua strada è ben presto seguita dal

maestro dei novizi del Frosinone 1, Vincenzo Marcone, che più furbamente troverà il modo di

ridurre le distanze sposando la Capo Riparto e impiantando a Paliano la sua bella famigliola!

Il fondatore dello scoutismo, Lord Robert Baden-Powell, ha sempre pensato ad uno scoutismo di

estensione, che superasse le barriere nazionali. Con questo spirito i Capi del Gruppo Frosinone 1

hanno prestato servizio anche negli altri gruppi cittadini, contribuendo a diffondere la gioia e gli

ideali dello scoutismo cattolico italiano.

Nel ottobre del 1981, a causa della mancanza di locali nella parrocchia Sacro Cuore, il branco

dei lupetti del gruppo FR2 si trasferisce a Madonna della Neve ed anche il branco entra a far

parte del gruppo FR3, i primi capi del branco “Seeonee” erano G. Gallozzi (Capo branco), S.

Gianmaria (aiuti capo branco).

Come già detto, il rifugio di Colle Pannunzio è divenuto solo in tempi recenti un osservatorio

astronomico. Prima della sua trasformazione era un rifugio di montagna, senza corrente e acqua

potabile, riscaldato con una stufetta a legna e un piccolo camino al piano terra: praticamente ideale

per i campi invernali scout! Ed ecco che nel dicembre del 1981, l’alta squadriglia Scoiattoli del

Riparto Stella Polare e l’alta squadriglia Daini del riparto esploratori del gruppo del Frosinone 3,

si piazzano a Colle Pannunzio per il tradizionale campo invernale. Il freddo è tanto, fuori ci sono

più di 80 cm. di neve, ma si resiste bene: si dorme tutti in un’unica stanza – circa 15 persone – il

chè fa salire la temperatura di parecchi gradi. Se poi si aggiungono le cuscinate, gli scherzi e le

lotte tra fazioni, allora il caldo diventa insopportabile. Fortuna che c’è il Capo, il Vecio:

l’Avvocato Fernando Valchera, che dorme solo nella stanzetta accanto (a un vecchio alpino il

freddo di colle Pannunzio non mette certo paura!), e smorza i bollenti spiriti ammonendo i bocia.

Nel luglio del 1982 in quel di Cardito, nei pressi di San Biagio Saracinisco, il Riparto Esploratori

del Frosinone 1 trascorreva il suo tradizionale campo estivo: le quattro squadriglie, Aquile,

Pantere Lupi e Leopardi, campeggiano, insieme alle squadriglie Volpi e Lupi del riparto Madonna

delle Nevi del Frosinone 3, sotto la ferrea direzione di Campo nientemeno che del Capo Clan

Mario Manaccia e del intramontabile Capo Gruppo, Avv. Fernando Valchera. La domenica del 18

luglio viene dedicata alla tradizionale Giornata dei Genitori: i genitori sono accolti al campo a

trascorrere una giornata all’aria aperta insieme ai propri figli. La bella giornata estiva scorre

veloce: alle 18,00 della sera vengono ammainate le bandiere e le famiglie lasciano il campo.

Qualcuno però è partito in anticipo perché stà per essere trasmessa nientemeno che la finale dei

campionati mondiali di calcio: Italia-Germania! Fortunatamente la Famiglia Martini si attarda con

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il suo camper al campo e così è subito approntata una sala TV. I Capi, pur nella loro inflessibilità,

cedono al tifo sportivo. In un attimo tutti gli scouts sono attorno al televisore a seguire l’evento

sportivo del secolo. Il risultato di quella partita è sicuramente noto; la gioia che si riverserà nelle

città italiane e per le strade di Frosinone la conosciamo tutti; ma quel che successe al campo estivo

del 1982… Le bandiere, già ammainate, vengono ancora alzate, canti, inni e festa grande tra le

tende e sotto un cielo stellato di una notte d’estate. Chi ha partecipato a quel campo ricorderà a

vita quella notte, ma non per il risutato sportivo, ma per l’indubbio ed insolito modo di

festeggiare… in stile scout!

Nello stesso mese quattro impavide ragazze (T. Marsella, A. Stasolla, G. Savi, L. Di Vincenzo)

iniziano l’avventura delle piccole Coccinelle, con l’apertura del “Cerchio del Sorriso”.

Nella storia del gruppo Frosinone1° è doveroso ricordare la nascita del Branco “Fiore Rosso” del

Lupetti avvenuta nell’anno 1983, fu allora il Rover Paolo Stasolla che assunse il ruolo di Akela.

Ma appena un anno dopo, Paolo decise di abbracciare la vita religiosa e quindi la guida del Branco

fu affidata al Rover Gerardo Geralico che successivamente conseguirà il brevetto di Capo Branco.

L’assistenza religiosa (Baloo) fu affidata a Don Giuseppe Sperduti, mentre aiuto era il Rover

Nicola Saltarelli. Gerardo resterà Akela fino al 1997, preparando alla vita del Riparto “Stella

Polare” numerose generazioni di scout dei quali molti ancora capi dell’associazione.

Il Branco ha registrato nel corso di tutti questi anni una presenza massiccia di iscritti al punto che

gli iscritti nella lista di attesa, col passare degli anni, rischiavano di divenire direttamente

esploratori! Dal 1997 al 1999 il ruolo di Akela lo assunse il figlio di Gerardo, Gianluca Geralico

aiutato dal Rover Roberto Vona che diverrà il IV Akela del Branco, sino all’anno 2000, anno in

cui, a causa del servizio militare, lascerà a Marco Donfrancesco, V ed attuale Akela.

Nell’anno 1984, nasce nelle sedi del Frosinone 3 il branco “Waingunga” grazie all’Akela G.

Notarcola.

Tra le mille avventure del mitico Riparto Stella Polare ricordiamo la sua partecipazione ai

Jamboree internazionali: 1984 – Chaterouse – Francia, 1993– Viterbo – Italia, 2004 Zelasko –

Polonia.

In realtà ai jamoree internazionali hanno sempre partecipato tutti i riparti, maschili e femminili di

Frosinone. Ebbene se si considera che la partecipazione a tali attività è limitata da una accurata

selezione effettuata a livello nazionale, possiamo avere un’idea della qualità dello scoutismo

vissuto nella nostra città.

Proprio nel mese di Agosto 2003 in Polonia si è svolto il III Eurojamb. Alcune riflessione sulla

portata dell’evento vengono espresse da Matteo, Capo Squadriglia delle Aquile, del Riparto

Altair: “L’Eurojam è il sogno di ogni esploratore ed io ho avuto la fortuna di parteciparvi come

capo Sq.. Quando ho appreso la notizia che il mio riparto si era qualificato io non ero capace di

capire cosa stava succedendo, poiché pensavo che anche se avevamo lavorato duramente i nostri

sforzi non sarebbero stati ripagati. I mesi passavano e l’Eurojam era sempre più vicino, i

preparativi ci entusiasmavano, ma allo stesso tempo ci preoccupavano poiché le cose da fare e da

preparare erano molte; questo evidenziava l’importanza di questo evento. Il 31 luglio si parte da

Frosinone e l’entusiasmo era alle stelle. Arrivati dopo due giorni di viaggio si cominciava a

respirare l’aria da campo. All’Eurojam la fratellanza con scouts di altre nazionalità era evidente,

infatti tutte le attività principali su cui esso era basato, comprendeva momenti di scambio e di

condivisione, che poi, alla fine del campo ci aveva fatto riscoprire altre nazionalità, usi e

tradizioni che a noi erano sconosciute. Questo campo è stata un’esperienza indimenticabile sia

per me che per tutti coloro che vi hanno partecipato.”

In quegli anni il Clan Stella alpina come unico Clan operante a Frosinone, accoglieva i Rover dei

tre Gruppi cittadini. Per il campo invernale dell’1984 si decise una meta particolare: nientemeno

che Asiago in Trentino, la terra dello sci da fondo. Fu così che i nostri eroi, in tutto sette

(Giuseppe Di Franco, Pietro Antonucci, Fabrizio Notarcola, Antonello Busetta e Marco

Turriziani) compresi i due Capi Mario Maniccia e l’inossidabile Avv. Fernando Valchera, nel

dicembre di quell’anno attraversarono l’Italia per raggiungere una casetta nell’altopiano delle

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cinque miglia. Come ogni sistemazione invernale di stile scout, la sistemazione dei nostri eroi non

era delle più… confortevoli, dato che la temperatura interna era tale per cui l’olio di oliva nella

dispensa si rapprendeva e iniziava a ghiacciare!

Data la situazione, ogni soluzione era ben accetta. Fu così che, quasi per magia, dallo zaino

dell’Avv. Valchera saltò fuori una strana bottiglia, con un liquido bianco, incolore, usato dai rover

nelle fredde notti invernali: una grappa alla pera. La particolarità di tale bottiglia era che

conteneva realmente al suo interno una pera. Naturalmente oltre al tema di marcia, l’interrogativo

dominante del campo fù come fosse entrata una pera in quella bottiglia dal collo lungo e stretto.

Ancor’oggi quei Rover si interrogano sulla questione, ma certamente al campo la querelle si

chiuse diciamo “estraendo” il frutto dalla bottiglia e verificando, con serietà scientifica, la sua

consistenza!

Alla fine del 1985, quando il Riparto Esploratori di Ceprano “Parsifal” aveva ormai raggiunto la

struttura canonica, con l’aiuto di Serena Sperduti del gruppo FR1, nasce a Ceprano la Squadriglia

libera femminile, Delfini, che darà vita poi al Riparto “Edelweiss”.

Il Gruppo Frosinone 1 è l’unico Gruppo cittadino che ha dovuto affrontare più di un trasloco.

Infatti nel 1985 il Neo Parroco Don Luigi Sementilli iniziando i lavori di ampliamento-restauro

della sacrestia della Cattedrale, mette alla porta il riparto esploratori. Il giovane capo riparto,

Michele Meola, contattò il Superiore pro-tempore dei redentoristi della chiesa-santuario di San

Gerardo, che molto saggiamente accolse lo scoutismo. Così viene lasciata la storica vecchia sede

di Santa Maria ed il riparto è traslocato presso i locali dell’oratorio di San Gerardo, dove resterà

fino al 1991. Il 1986 è l’anno del trasloco delle guide e a seguire dei lupetti.

In realtà i Redentoristi di San Gerardo avevano ben capito l’utilità dello scoutismo. Infatti la

comunità di religiosi non aveva alcuna presa sulla collettività giovanile locale, interessata più ai

campi di calcio e di basket dell’oratorio che alle prediche di questo o quell’adulto di turno. La

presenza di un Gruppo giovanile grande ed organizzato fu l’occasione per rilanciare, in modi e

forme diverse, il vecchio oratorio e ringiovanire la vita parrocchiale locale. Animazione liturgica,

recite sacre, catechesi, doposcuola per i ragazzi, sistemazione e recupero di spazi ed aree

all’interno dell’oratorio, contatto sistematico con la comunità religiosa locale, fu possibile solo

con la presenza di un Gruppo scout.

L’integrazione dello scoutismo a San Gerardo non fu senza problemi: più volte le sedi degli

esploratori subirono atti vandalici, le ragazze infastidite da bulletti locali e persino le automobili

dei capi furono oggetto di dispetti più o meno gravi.

Tuttavia, con la costanza che è sottesa ad un grande ideale, l’integrazione locale avvenne e la

gioiosa presenza degli scout fu apprezzata in tutta la zona: dal vicino circolo dei bocciofili che

divideva con il Gruppo scout i locali dell’Oratorio, alle tante famiglie che aderirono con i loro

ragazzi alle attività scoutistiche.

Nel 1991 però, la saggezza che aveva accolto lo scoutismo a San Gerardo, per questioni che poco

o nulla hanno a che fare con l’educazione giovanile, cessò e così il Gruppo dovette affrontare un

nuovo trasloco, tornando nel centro storico. Il Riparto esploratori costruì la nuova ed attuale sede

nei locali messi a disposizione dall’ Opera Pia Kambo, mentre Lupetti, Guide e Coccinelle sono

tuttora in affitto in alcuni locali commerciali, ormai sfitti. Le scolte invece hanno occupato una

stanzetta sopra la sacrestia della chiesa di San Benedetto. Solo nel 2000 Don Armando Sanità, co-

parroco della chiesa Cattedrale di Santa Maria, da sempre affezionato al Movimento, memore

anche della stima che don Luigi Minotti aveva per lo scoutismo, ha riaperto i locali agli scout

concedendo prima una stanza ai Rovers e poi alle Coccinelle proprio presso l’oratorio ora dedicato

alla memoria di don Luigi Minotti: così ci piace anche ricordare il ritorno degli scouts al loro

storico Assistente spirituale!

Durante il 1986 Nasce il Fuoco “S. Chiara” del gruppo Frosinone 3 grazie alla buona volontà di

Teresa Marsella. Nello stesso anno su iniziativa di alcuni capi del Frosinone 2 e con l’aiuto di

Don Giuseppe Sperduti si apriva una squadriglia libera di esploratori a Prossedi.

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Tra le attività del Clan Stella Alpina bisogna ricordare la partecipazione e le vittorie ai challenger

regionali della branca rover. Il challenger rover è un incontro di due giorni in cui i Clan della

Regione Lazio si sfidano sulle tecniche tipiche della branca: percorsi di orientamento a tempo,

tecnica scout (campismo, primo soccorso, topografia, espressione ecc.) e stile.

Ebbene per ben due volte il Clan Stella Alpina ha vinto i challenger della regione Lazio: la prima

volta nel 1986 a Velletri meravigliando tutti per abilità e soprattutto velocità e la seconda volta nel

1997 organizzato a Santa Serena di Supino, completando il percorso Monte Gemma e Monte

Caccume in tempi record mentre gli altri Clan si perdevano sulla cresta a causa di un’improvvisa

nebbia, arrivando solo in tarda serata a destinazione.

Così ricorda Pietro Antonucci, attuale Commissario Nazionale alla Branca Rover il challenge di

Velletri del 1986.

“Sembrerebbe un’operazione di autoglorificazione o uno di quei nostalgici racconti dei malati

della sindrome del reduce, eppure quel challenge a mio avviso ha segnato quel clan e quei Rover

in maniera netta. Eravamo partiti come sempre scanzonando tutto e tutti, senza pensare alla

vittoria e senza crederci davvero. Giunti alla stazione di Velletri, qualche Rover di servizio ci

dice di lasciare le auto, di dividerci in pattuglia perché iniziava una marcia a tempo. Come al

solito il buon Mario”Mannaggia” (ovvero Maniccia), faceva parte dell’organizzazione

dell’attività insieme all’ostico Giancarlo Moghi,capo del Clan de Pontinia 1 che, senza neanche

una parola ci lascia con un sorrisino beffardo “ …mo ve voglio proprio vedè…”. Qualche parola

sulla composizione del Clan aiuterà a capire il seguito: Eravamo un bel Clan, composto per lo

più da Rover del Frosinone1° con l’aggiunta di due campagnoli del Frosinone 3°, amalgamati

dalla tanta strada fatta dietro quel diesel di Mario e accomunati da una inesauribile voglia di

divertirsi, con poco, d’accordo, ma senza limiti. Non era il nostro primo challenger, ma mai

un’attività competitiva ci aveva coinvolto, mai nessuna gara ci aveva portato ad un impegno

serio: ai tradizionali incontri della branca, i Fuochi di Pentecoste, la nostra massima aspirazione

era essere gemellati con il fuoco di Tivoli 1, storicamente l’unità con il più alto numero di ragazze

carine del Lazio, (purtroppo …o per fortuna non è mai capitato...altrimenti forse racconteremo

un’altra storia). A memoria eravamo io, Luigi Di Tofani, (i due campagnoli), Giuseppe di Franco,

Marco Turriziani, Fabio Vona, Andrea Manchi, Nicola Saltarelli, Mauro Crociati e , Alessandro

Salinesche, come al solito aveva un ginocchio dolente (“ succede ai grandi giocatori di

calcetto…”, diceva sempre lui).

Torniamo alla stazione di Velletr: un pò assonnati, un po’ straniti per aver aspettato come al

solito. quel ghiro stordito di Fabio Vona, sicuramente in ritardo rispetto a tutti, veniamo un po’

trattati male dagli R.S. (che giustamente aspettavano solo noi) e già quello ci da una prima

scossa. Ci dividiamo in pattuglie da due come richiesto e cominciamo la marcia a tempo,

partendo ciascuno a distanza di pochi minuti. Non so bene cosa accadde nella nostra testa, ma sta

di fatto che facciamo segnare un tempo che dopo ci diranno essere strabiliante, anche se a noi

non sembrava tanto eccezionale. La seconda parte della serata si svolgeva con una gara per il

numero di espressione, e lì tra un magico Andrea che fa il presentatore essicano e Luigi che

anima un cappuccetto rosso esilarante fino a scompis……rsi, insomma ce la caviamo anche li. Il

secondo giorno dopo una gara durante la mattina in cui ben ci siamo comportati, la ciliegina

sulla torta l’ha mettiamo alla gara di cucina: sul sughetto di funghi fatto a casa da mamma, noi

aggiungiamo al momento un rinforzino, ma il colpo di genio l’aggiunge Mauro. D’un tratto si

allontana dal campo e dopo un po’ ritorna con il cappellone pieno di funghi raccolti a caso,

buoni e cattivi, badando bene di essere notato dal giudice di gara, l’irascibile Giancarlo Moghi.

Così al momento dell’assaggio i Capi rimangono estasiati dal nostro sughetto di funghi e così si

scioglie tutto sull’essenzialità, sul vero uomo dei boschi e così via….

La cosa fila via liscia, anche perché nessuno di noi lontanamente immaginava la vittoria, ma

quando arriviamo al cerchio finale…sentiamo la classifica che annunciava in ordine i clan

classificati… nessuno pensava di essere tra i primi tre, invece ervamo proprio noi i primi!

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All’urlo di gioia lo sguardo è rivolto a Mario che interdetto era alla destra di Moghi con la faccia

di chi non crede alle sue orecchie, sorpreso da tale risultato più di noi. E’ stato bellissimo! Credo

che sia la sola cosa vinta da Rover, ma ancora la ricordo con soddisfazione immensa, perché nata

non da un esasperato agonismo, non da una voglia di vincere a tutti i costi, ma da un gruppo di

amici con una grande voglia di giocare il gioco dello scoutismo senza troppe pretese, solo quelle

di divertirsi crescendo insieme, grazie ad un Capo Clan che più che parlare testimoniava la sua

esperienza e la sua gioia verso questo metodo. Credo che fino a quando lo scoutismo , il

roverismo rimarrà questo ci sarà sempre spazio per raccontare e raccontarsi il tempo in cui con

i pantaloncini corti…”.

Nell’anno scout 1987-1988, alcuni Capi del Gruppo Frosinone 1, originari del nostro paese,

Natalizia Rossi e suo marito Gerardo Geralico, proposero al Parroco di Paliano Don Franco

Proietti, di aprire una Squadriglia libera di Esploratori e di Guide nel paese. Il primo contatto con i

novelli esploratori lo stabiliscono, in una fredda domenica di gennaio, Marco Turriziani ed il suo

storico Aiuto Mauro Crociati. La cosa era talmente incerta che i due sbagliano persino strada

rischiando di arrivare in ritardo a Paliano. La proposta, subito accolta con grande entusiasmo sia

dal Parroco che da alcuni cittadini, ebbe i suoi frutti e in pochissimo tempo, alcuni ragazzi e

ragazze decisero di iniziare questa nuova avventura. Infatti nel gennaio del 1988 il primo

censimento, che certificava la nascita delle prime due Squadriglie libere: i Falchi per gli

Esploratori e i Cigni per le Guide, legate ai Riparti di Frosinone 1, ma guidate dal “grande” Mauro

Crociani e da Donatella Cenciarelli, Beatrice Lisia e Alessandra Coccia, ragazze del luogo,

coordinate dai Capi riparto della Stella Polare e del riparto femminile Andromeda. Le Squadriglie,

dal numero insolito, erano i Falchi (11 Esploratori) e i Cigni ( 9 Guide).

Le Squadriglie iniziarono le attività presso la Sede, situata nella Casa Parrocchiale, attività che le

prepararono per il I° Campo Estivo, tenutosi a Guarcino insieme ai Riparti del Frosinone 1.

Grazie al grande entusiasmo suscitato nel paese e alla forte esperienza del Campo Estivo, e dalla

guida spirituale dalle grandi capacità tecniche e di adattamento del Vice Parroco Don Giorgio De

Santis, moltissimi ragazzi di tutte le età, scelsero di intraprendere questa avventura e già dal

secondo anno, gli Esploratori aprirono la II Squadriglia: le Tigri e formarono l’A.Sq. Cobra. Le

Guide invece, fecero 2 Squadriglie soltanto al III anno, lasciando il nome Cigni per l’A.Sq.,

nacquero le Gazzelle e le Aquile, coordinate da M. Rosaria Imperoli.

Sempre nel 1987 grazie a Giampiero Notarcola, Akela del Frosinone 3, nasce a Ceprano il

Branco “Oodeypore”

Nello stesso anno Associazione diede una prova di forza delle terze branche, organizzando,

nell’agosto del 1987 sui monti Sibillini, il Campo Nazionale rover. Per la cronaca era il Capo Clan

intercittadino del Frosinone 1, Mario Maniccia, l’organizzatore del Campo, ricoprendo

generosamente in quel periodo anche l’incarico di commissario Nazionale della branca Rover. Il

Clan Stella Alpina, come al solito, partecipò in massa con ben 10 rovers. Il percorso del campo

mobile scelto per l’occasione insieme ad un Clan palermitano ed uno pesarese, contrariamente alla

tradizione del Clan, non presentava particolari problemi tecnici. A complicare le cose invece ci

pensò il Capo dell’interclan con cui i nostri furono gemellati, tale Diego Torre. Uomo di grande

personalità, di solide convinzioni morali e di una fede inossidabile, era invece tecnicamente, o

meglio topograficamente poco preparato. Forse per il suo temperamento meridionale, era infatti

siciliano, schivo ai consigli o forse più semplicemente per la scarsa esperienza di montagna -

provenendo da un’isola con una unica, seria montagna, l’Etna - i nostri, per spirito di obbedienza,

furono costretti a raddoppiare i percorsi, perché puntualmente, un giorno si ed uno no,

sbagliavano sentiero e vagavano per le montagne alla ricerca della strada giusta!

Un campo estivo che si rispetti dedica una intera giornata alla tecnica trapper. Quindi per un

giorno si fanno costruzioni di legno, ponti, capanne, appostamenti agli animali, ma soprattutto si

cucina alla trapper, ovvero senza pentole e stoviglie.

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Per rendere la giornata trapper del Campo estivo a Guarcino in località “La Spina” del 1988 più

intrigante, il Cambusiere del Riparto Stella Polare pensò bene di fornire un pollo a ciascuna

Squadriglia. Un pollo arrostito su un fuoco di legna fa venire l’acquolina in bocca al solo

pensiero… ma non così pensavano i polli che invece furono lanciati vivi dalla tenda cambusa.

Dopo un primo smarrimento dei Cambusieri delle Squadriglie iniziò la caccia ai volatili che nel

frattempo non avevano manifestato alcun interesse a finire allo spiedo. Ma l’appetito di un

esploratore ha sempre la meglio su ogni sfida e fù così che i nostri polli, morti più per sfinimento

che per essere macellati finirono gloriosamente e per una giusta causa… nella pancia degli scouts

del riparto Stella Polare!

Il 30 settembre 1989 il Capo Riparto Emilio Gallozzi si dette da fare per estendere lo scoutismo

sulla Parrocchia Santa Maria Goretti, visto che era appena sorta in un quartiere in via di sviluppo,

con richiesta esplicita dal parroco. Tuttavia non si raggiunsero accordi e quindi si ripiegò per la

Parrocchia della Sacra Famiglia, dove erano insediati i Padri Cappuccini. Nella data del 13

Ottobre 1989, con l’accordo del Parroco, Padre Sesto Iannucci, si parte per una nuova impresa.

La Staff Capi del nascente Gruppo Frosinone 4° era formata dal Capo Riparto Emilio Gallozzi

con gli Aiuti Ennio Riccardi e Massimiliano Clericuzio. Come fazzolettone si adottarono i colori:

azzurro (come sfondo) a simboleggiare il mantello della Madonna e bianco ( come contorno) a

significare la purezza dell’essere scout. Per la sede fu concesso il locale al piano superiore con

entrata tra la Chiesa e la stazione dei Carabinieri. Il 7 Novembre 1989 nasce effettivamente il

Riparto denominato “Altair”, con la presenza di 2 Squadriglie

Intnato proseguono le attività del Gruppo Frosinone 1. Il campo di Cappadocia del 1989 sarà

ricordato sempre per tre motivi: la pioggia, il gioco notturno e la promessa di un mitico

esploratore: Giovanni Gori.

Come spesso succede nelle calde estati, quell’anno puntualmente, nelle prime ore del pomeriggio,

quando dopo aver ben pranzato fa piacere schiacciare un pisolino, iniziava a piovere. La pioggia

di Cappadocia però non era una pioggerellina estiva, ma una vera bufera di acqua e vento che

bagnava tutto e tutti.

I Capi degli scout, quell’anno Marco Turriziani, Mauro Crociani, Nicola Saltarelli, Vincenzo

Marcone, Claudio Stasolla e l’intramontabile Avv. Fernando Valchera, non si perdono d’animo e

per dimostrare che lo scout non teme il brutto tempo, ma solo il cattivo equipaggiamento

allestirono una robusta copertura sul tavolo della cucina Capi, posizionato in bella mostra al centro

del campo. Puntuale scoppia il temporale ed i nostri eroi continuano a banchettare tranquilli al

coperto. Tra una chiacchiera e l’altra il tempo passa e come spesso succede quando si è a tavola in

buona compagnia, si scherza, si mangia e si beve. Il temporale continua imperterrito: le

squadriglie sono al riparo nelle loro tende, ma i Capi continuano sicuri a scherzare, mangiare e

bere. Tuoni, vento, pioggia a catinelle ed i nostri tranquilli scherzano, mangiano e bevono…

Quando finalmente cessa la pioggia si contano i danni. Il morale è alle stelle: gli scout hanno

capito come costruire un solido riparo per la pioggia, ma a forza di scherzare, mangiare e bere, la

cambusa è svuotata ed i Capi sono brilli!!

Il gioco notturno al campo estivo si risolve quasi sempre in uno scherzo, ma quell’anno per una

serie di coincidenze riuscì particolarmente bene. Infatti da qualche giorno si notava un insolito

traffico aereo: elicotteri della polizia e dell’esercito passavano di continuo sul campo. Da qui

nacque l’idea della caccia agli evasi del carcere di Avezzano.

Il gioco fu realizzato con la complicità delle Capo del riparto femminile Andromeda che

campeggiava nelle vicinanze e soprattutto con l’aiuto dei rovers Giovanni Casano, Pierfrancesco

Vona e Alessandro Salines, per l’appunto “gli evasi” che giunsero appositamente e in gran segreto

al campo da Frosinone. Verso le ore 22,30, quando suonato il silenzio le squadriglie si avviano

alle loro tende per dormire, la Capo riparto Alessia Antilici con la sua fida aiuto Monica Crociani

piombano al campo agitatissime e preoccupate dagli strani movimenti attorno al campo

femminile. I Capi squadriglia sono convocati: facendo leva sul senso di cavalleria, si organizza la

difesa del campo e con i più grandi inizia la caccia all’uomo! Nel frattempo i nostri rover-evasi

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avevano preso posizione al campo e, sfruttando il buio della notte, iniziarono a farsi sentire. Come

per magia, il coraggio che aveva animato gli esploratori, la cavalcata a difesa delle sorelle guide,

viene meno e la prudenza prende il posto del coraggio. Ma poiché lo scherzo è bello se dura poco,

subito gli evasi si rivelano: il timore cede il posto alla sorpresa e poi alla gioia di rivedere i fratelli

Rovers… che così sono costretti veramente a scappare dagli esploratori che cercano giustizia per

lo scherzo subito!

L’ultimo giorno di campo, dopo aver smontato tutto, preparato gli zaini per la partenza e lasciato

al campo niente e i ringraziamenti al proprietario del terreno, prima del cerchio finale e del canto

dell’addio, si eseguono le cerimonie di rito. Vengono premiate le squadriglie vincitrici delle

olimpiadi scout, si premiano gli atleti vincitori delle varie discipline, si premia la squadriglia

migliore del campo e poi si concedono passaggi di classe e specialità. Quell’anno a Cappadocia si

celebrò la Promessa del novizio Giovanni Gori. Come è noto la Promessa scout è preceduta dal

superamento di una serie di prove che testimoniano la competenza tecnica dello scout e soprattutto

la conoscenza degli ideali scout. Tale periodo di noviziato dura, normalmente, dai tre ai sei mesi.

Per Giovanni ci volle qualche anno, ma finalmente a Cappadocia pronunciò la sua promessa

entrando ufficialmente con tutti gli onori nel mondo degli scout. Anche quel pomeriggio una

pioggerellina accompagnò i nostri esploratori: forse però, in piena estate, pioveva su Giovanni che

finalmente aveva terminato le sue prove.

Nel 1990 nel Gruppo Frosinone 3 comincia la tempestosa storia del riparto “Impeesa” di

Esploratori, che grazie ad A. Del Piano, inizia le sue attività con due squadriglie, unite nel 1998 al

Riparto Madonna delle Nevi insieme con la squadriglia nautica Pinguini, che a sua volta nel 2000

farà parte del Riparto Nautico Stella Maris.

Nello stesso anno si forma il IV Gruppo cittadino, chiamato “Mafeking” in ricordo della località

dove Baden Powell fu impegnato in una lunga battaglia vinta con successo), composto dal Branco

“Kanhiwara”con Akela Massimiliano Clericuzio e dal Clan “San Francesco”con a capo Ennio

Riccardi. Per quanto riguarda l’Assistenza spirituale, il Parroco Padre Sesto Iannucci si avvale di

un importante aiuto, quello dell’allora seminarista Angelo Maria Oddi, che così inizia il suo

servizio nello scoutismo, che lo porterà sino a divenire assistente nazionale della Branca

esploratori. Un anno prima di Don Angelo, un altro giovane seminarista si era timidamente

affacciato allo scoutismo. Nel settembre 1989, il giovane Fabrizio Turriziani Colonna, dopo una

breve visita al Campo estivo di Cappadocia, affascinato dal mondo scout, inizia la sua avventura

nel movimento. Il contributo di don Fabrizio durerà solo pochi, ma intensissimi anni. Il giovane,

prima diacono e poi sacerdote, coprirà con grande capacità il ruolo di assistente del Gruppo

Frosinone 1, grazie ad una profonda comprensione del metodo: bisogna infatti ricordare che è

stato uno dei pochissimi sacerdoti a partecipare ad un campo scuola associativo come allievo. Il

suo naturale carisma troverà terreno fertile tra Capi, Capo, ragazzi e ragazze del Gruppo, con i

quali condividerà di persona avventure ed attività.

Sempre nel 1989, nel Gruppo Frosinone 2 viene registrato il Totem del Branco della Rupe: nel

settembre dello stesso anno nasce la squadriglia libera femminile del futuro Riparto” Croce del

nord”, gli “ Scoiattoli”.

Nel 1991 a Paliano nascono i due Riparti: “Pegaso” per gli Esploratori e il Riparto “Orsa

Maggiore” per le Guide. Con il passare del tempo si ravvisò l’esigenza di creare anche il Clan e il

Fuoco, dove accogliere i primi Esploratori e Guide ormai divenuti Rover e Scolte. Nacque il Clan

“Edelweiss” guidato da Vincenzo Marcone, e le Scolte rimasero per lungo tempo legate al Fuoco

di Fr 1, guidate anche loro da Monica Crociani, per poi dare vita al Fuoco “Allegra Brigata”.

Notevole fu la trovata della squadriglia Falchi del riparto femminile Andromeda del 1° Gruppo

cittadino alla gara delle astuzie al campo estivo 1991 in quel di Guardino, in località “la spina”. Le

astuzie al campo servono a rendere più confortevole la rude vita all’aperto. Per questo le guide si

ingegnarono nel realizzare una doccia ad acqua calda, cioè riscaldata dal caldo sole estivo, porta-

scarpe in grado di riparare le calzature dall’umidità della notte; alcune guide più casalinghe,

piantarono basilico e spezie per insaporire le pietanze che la cambusa da campo offriva e così altre

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diavolerie del genere. La squadriglia Falchi superò tutte per l’originalità portando al campo un

ospite particolare: sistemata in un apposito recinto, accudita amorevolmente dalle guide, sfamata

con mangime selezionato, una gallina ovarola era divenuta l’astuzia della squadriglia, fornendo

giornalmente uova fresche… a tutto il campo. Ovviamente la sq. Falchi, insieme alla sua gallina,

vinse la gara delle astuzie!

Così come per i lupetti anche per le coccinelle bisogna citare la famiglia Geralico che nel 1991 con

Simona, figlia di Gerardo, dette inzio al “Cerchio dell’Arcobaleno” di Coccinelle completando le

sei branche del gruppo Frosinone 1°, restando come Capo fino al 1997. Da segnalare in questo

periodo la partecipazione del Cerchio ad una gara nazionale dove le coccinelle di Frosinone si

classificarono al primo posto. Dal 1997 capo cerchio sarà Sara Martini e poi, con grande continuità

e generosa tradizione, sino ai giorni nostri, Carla De Camillis.

Nel 1992 a Torrice nascono le prime Sestiglie di Lupetti del Branco del Dhak, guidato dall’Akela

Andrea Manchi, mentre solo nel 1994 arrivano le coccinelle del “Bosco incantato” e nasce il

Gruppo Paliano I, “Madre Teresa di Calcutta”, autorizzato ufficialmente dall’Associazione il 5

febbraio 1994, guidato dal primo Capo Gruppo Mauro Crociani.

Il Campo Mobile di quell’anno del Clan Frosinone 2 si ricorda non solo perché è il primo del

nuovo clan, ma perché un Rover, durante una scalata sul Pordoi, distrattamente fece cadere un

sasso. Preoccupato di avvisare gli altri escursionisti che erano dietro di lui, iniziò a gridare in

ciociaro “Pretaa! Pretaa! Pretaaa!”, senza che nessuno lo capisse, finchè un altro rover,

sicuramente più acculturato tradusse “Attenzione sta cadendo un masso!!”.

Diversamente andavano le cose al campo estivo 1992 del Riparto Stella Polare. Il 16 luglio il

Riparto Stella Polare, con la nuova squadriglia libera del Frosinone 1, i Pipistrelli, attraversa

l’Italia in pulman portandosi dietro zaini, tende, cassoni e ben 46 esploratori ciociari con i relativi

Capi per raggiungere “Val di sella” Borgo Valsugana in provincia di Trento alla conquista del

"Campo delle quattro tracce". Erano attesi dai blasonati riparti trevigiani del San Pio X del

Treviso 2, San Pelaio del Treviso 3 e la Sq. Libera del futuro Lecce 1: oltre 100 esploratori senza

contare Capi e Rovers in servizio.

Per evitare il caldo, si viaggia la notte, per cui all’arrivo i padroni di casa si aspettavano

stanchezza e disagio. Ma i nostri non si perdono d’animo: arrivati sul posto una doccia ristoratrice

con acqua di sorgente fa dimenticare il viaggio e galvanizza gli animi al punto tale che, una

malcapitata vipera che osa attraversare il campo “ciociaro” è subito catturata dal famigerato

esploratore Massimiliano Marame – Mamo- o e portata in trionfo per il campo da tutto il riparto,

lasciando a bocca aperta capi e scouts trevigiani.

Durante il campo fu lanciato il Grande gioco di 24 ore ispirato alle mitiche lotte tra tribù indiane.

Le squadriglie dovevano difendere il loro accampamento fatto da tepee per ben 24 ore, tentando di

conquistare il territorio nemico. La storia si ripete: ancora una volta vinsero i Sioux della

Squadriglia Lupi-Pantere.

Nel giugno 1995 il gruppo Frosinone 4 viene ricevuto dal Papa Giovanni Paolo II in udienza. In

questo anno viene chiuso il Clan San Francesco, per vari motivi, quindi i novizi vengono accolti e

censiti nel gruppo del Frosinone 2, dove rimangono per vari anni fino al 2001. La conduzione del

gruppo della stazione passa a Luca Iaboni con profondo rinnovamento: cambia il nome del

Gruppo: da “Mafeking”, passa a “Giovanni Paolo II” e cambia anche il fazzolettone: da

triangolare, di colore bianco ed azzurro, passa a quadrato, con sfondo blu e bordi gialli e verdi.

L’otto dicembre dello stesso anno (festa di S.Maria Assunta), nella canonica della Chiesa di

S.Pietro in Torrice si riunivano per la prima volta un gruppo di ragazzi vogliosi di cominciare la

loro Avventura Scout. Quel giorno nacque il “Branco della Mowha Fiorita”. Inizialmente il

Branco venne inserito nel Gruppo Frosinone 1° cominciando a cacciare assieme al suo Branco,

mentre i ragazzi più grandi entrarono a far parte del Clan “Stella Alpina”, per preparasi al Servizio

nel nascente Gruppo.

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Durante il Campo Mobile Rover del 1995 svolto nel Parco Nazionale d'Abruzzo, iRovers del clan

“Nostra Signora della Strada” del IV gruppo cittadino incontrò un cane pastore maremmano

(ribattezzato dai rovers "Asso" ) che spontaneamente e fedelmente per più giorni li accompagnò

per le montagne. Giunti nelle campagne di un paesino in provincia di Isernia, Castelnuovo, i

rovere, per risparmiare strada, ricevettero un passaggio da un pick-up di un pastore, per arrivare al

centro del paese e poter fare i rifornimenti; Asso non potè giustamente salire sul furgoncino, e a

malincuore fu salutato. Arrivati in paese, fatti gli acquisti e altre faccende con grande stupore

ritrovammo tutto trafelato ed ansante "Asso"che da solo li aveva raggiunti!

Ma no è questa l’unica avventura del Clan Nostra Signora della Strada. Infatti nel gennaio del

1995 durante il Campo Invernale i Roves: Guglielmo C. (capo clan), Gianluigi M. ( Maestro dei

novizi), Fabrizio D’Al.,Giuseppe Della V., Andrea O., Fabio B., Marco F., Tommaso F.

trascorsero la notte bloccati su un lastrone di ghiaccio per aver smarrito la strada. Solo in

mattinata, anche con l’aiuto del Soccorso Alpino, che nel frattempo aveva avuto i suoi problemi

per raggiungerli, torneranno a casa sani e salvi.

Intanto nell’ottobre del 1996 la famiglia scout di Torrice cresceva con la nascita della

Squadriglia Libera Guide degli “Albatros”. Un anno dopo nasce la Squadriglia Libera

Esploratori “Tigri”, il Riparto femminile “Orione” e poi con i ragazzi entrati 2 anni prima a far

parte del Clan “Stella Alpina” del Frosinone 1 nasce il Clan “Deneb”.

Nel mondo dei Rover si dice che la strada entra per i piedi, ma i Rovers del Clan Stella Alpina,

non contenti di camminare in montagna, decisero di arrampicare. E così nell’agosto del 1995,

dopo lunga e accurata preparazione tecnica e fisica, i nostri partirono per il campo mobile

nientemeno che sulle Dolomiti del Brenta, per affrontare le famose vie ferrate del Sentiero delle

bocchette. Sconfitte ormai definitivamente le vertigini, i nostri ci riprovano gli anni successivi

sulle dolomiti Orientali affrontando nientemeno nell’agosto 1999, al secondo tentativo, quella che

viene definita la più difficile via ferrata di tutte Dolomiti: la via Francesco Tommaselli, una via

ferrata che sale sulla Punta di Fanes sud a mt. 2960 superando tra corde e rocce gli oltre 300 metri

di dislivello.

L’alpinismo non è un surrogato della strada rover: queste imprese però solo testimoniare la grande

amicizia di una comunità di ragazzi, la loro voglia di vivere e di divertirsi, secondo uno stile di

vita, di valori e tradizioni vissute insieme ed insieme testimoniate. Questo significa per un rovers

fare strada…

L’anno 1997, centenario della morte di Santa Teresa di Lisieux il nascente Gruppo Torrice 1 è

stato consacrato alla Santa, acquisendone il nome. Con l’occasione veniva cambiato il fazzoletto

del gruppo Frosinone 1° con il fazzoletto del nuovo gruppo, con i colori della cittadina.

Il 2000 è l’anno del Grande Giubileo. Tutti i Riparti femminili sono impegnati per la preparazione

dei gemellaggi per l’incontro nazionale “ Squadriglia 2000”.

L’anno 2001 è importantissimo per il gruppo Frosinone 4, perché riapre il Clan San Francesco e

nel marzo dello stesso anno, nasce il Riparto guide “Pleiadi”. Nove ragazze, guidate da Chiara

Campioni, si preparano a vivere questa nuova avventura.

Il Riparto Altair compie nel periodo dal 27 al 30 dicembre 2002 un campo invernale

indimenticabile d’alta squadriglia, che viene così ricordato da Antonio, classe 1989, Vice Capo

Sq della Squadriglia Aquile: “L’alta Sq. Volpi del Riparto Altair, ha vissuto quattro giorni intensi

di avventura in un rifugio tra Villetta Barrea e Passo Goti, trascorrendo giorni indimenticabili

all’insegna del divertimento, con spirito di adattamento, di fraternità e soprattutto di

collaborazione. E’ stata un’esperienza positiva, anche perché, proprio in questi casi si può vedere

chi veramente è portato alla vita scout e chi no.

Da sottolineare, è il modo in cui abbiamo svolto questa esperienza: senza energia elettrica, senza

acqua corrente, senza un impianto di riscaldamento. Siamo riusciti a vivere un’avventura sulla

neve con grande divertimento di tutti nel praticare un’escursione con sci da fondo sugli anelli di

passo Goti.Il nostro campo invernale si è concluso con la consapevolezza di essere dei veri

esploratori e con piena soddisfazione dei nostri genitori.”

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Nel novembre dello stesso anno, il gruppo Frosinone 4 festeggia il suo cerchio, le cui coccinelle, il

23 Novembre 2002, attraverso un gioco, sceglieranno il nome in :" Cerchio del Sole Nascente".

La presenza dello scoutismo nella nostra città viene spesso dimenticata. Per questo il Gruppo

Frosinone 1 organizzò, nell’ottobre del 2002 uno Scoutrama di due giorni a largo Norberto

Turriziani. Lo scautrama è una vetrina delle tecniche e dell’arte scout; lontano da ogni forma di

dimostrazione o parata, con lo scautrama si dà la possibilità di provare, assaggiare le tecniche

scout. Infatti per l’occasione fu montato un ponte di corde di tipo canadese di circa dieci metri,

ovvero con tre corde disposte a “V”, erroneamente chiamato tibetano che invece di corde ne ha

solo due, furono allestiti dagli esploratori e dalle guide stand di pionieristica, di segnalazione e di

cucina, mentre i lupetti e le coccinelle impegnavano i passanti in una caccia al tesoro per il centro

storico della città. Quel fine settimana, merito anche della bella giornata di sole, largo Turriziani

avrà accolto oltre mille visitatori curiosi ed interessati alle mille proposte degli scouts! Quale

migliore dimostrazione dell’interesse che suscita lo scoutismo ciociaro?

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Scautismo e vocazione religiosa

Nel corso di questi 50 anni, a dimostrazione che il Metodo scout è veramente formativo della

persona sia come buon cittadino che come buon cristiano, alcuni di noi approfondendo i

principi cristiani, hanno consacrato la propria vita al Signore.

Ricordiamo in ordine cronologico

� Paolo Giammaria della sq. Pantere del Frosinone 1° entrato nei cistercensi di Casamari

verso la metà degli anni settanta,

� Paolo Stasolla Capo Squadriglia dei Leopardi del Frosinone 1° entrato nei francescani agli

inizi degli anni ottanta, attualmente è responsabile di un importante centro di accoglienza

nazionale per rifugiati;

� Andrea Sbarbata del Riparto Vega e figlio dei responsabili del MASCI frusinate entrato nel

seminario diocesano a metà degli anni ottanta, attualmente parroco della chiesa di S.

Antonio a Frosinone.

� Ermanno D’Onofrio sempre della sq. Pantere del riparto Stella Polare del Frosinone 1°

entrato nel seminario diocesano alla fine degli anni ottanta, attualmente è parroco ad Arnara.

� Anna Maria Ferri Capo Squadriglia delle guide Riparto Andromeda entrata nelle suore

Gerardine alla fine degli anni ’90 attualmente si trova in Tanzania come missionaria;

� Angelo Segneri del Frosinone 1° entrato nei Canonici Regolari dell’Immacolata Concezione

(CRIC) alla fine degli anni novanta, attualmente studente ha effettuato la professione

religiosa semplice.

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Pensiero di Enzo Patrizi sugli assistenti

Nel tracciare questa pur breve storia dello Scoutismo frusinate non possiamo tralasciare il

ricordo di quegli Assistenti Ecclesiastici (A.E.) che hanno lasciato una traccia indelebile del

loro lavoro per aver inciso profondamente nella formazione umana e spirituale di tanti scouts,

molti dei quali sono oggi uomini affermati ed alcuni ancora molti vicini allo scoutismo.

I sacerdoti, a cui faremo riferimento con brevi cenni biografici e tratti essenziali della

personalità, intuendo le potenzialità educative del metodo Scout, né utilizzeranno ampiamente i

mezzi nello loro azione pastorale.

P.Luigi Moretti CSSR

Destinato dai Superiori Redentoristi, arrivò a Frosinone agli inizi degli anni venti e subito si

accorse che in città mancava un luogo di aggregazione per i giovani, dove questi potessero

confronarsi e ricevere un’adeguata formazione umana e religiosa.

P. Luigi si rimboccò le maniche, si mise all’opera e con coraggio avviò la sua creatura:

l’Oratorio maschile nel cui ambito, qualche tempo dopo, promosse anche la nascita di un

gruppo scout, costituito da un branco di lupetti ed un Rip. di esploratori.

La fondazione del gruppo scout fu seguita con interesse da tutta la cittadinanza frusinate e dalle

autorità civili e religiose, perché colmava un vuoto in campo sociale ed educativo.

Le numerose attività scout, svolte sia in sede che all’aperto, proseguirono, sotto la solerte cura

dei Capi e di P. Luigi Moretti, fino al 1928 quando l’ignorante superbia dello stato totalitario

fascista decretò la fine dello scoutismo in Italia: tra assolutarismo e scoutismo non poteva

esserci compromesso. P. Moretti allora dichiarò: “ come nel nome di Dio avevo autorizzato gli

scouts ad incontrarsi, così nel nome di Dio li autorizzo a sciogliersi”.

Per P. Luigi Moretti fu un dolore profondo, ma lui, sacerdote per Cristo per i ragazzi, continuò a

guidare il resto dell’oratorio e dei suoi ragazzi con spirito scout e da scout.

Uno scout che nell’osservanza della “sua legge” aveva trovato la strada migliore per se stesso e

per gli altri.

Diceva un canto scout dell’epoca “ col cappellone ed un giglio d’or sempre restiamo esplorator:

se l’A.S.C.I. è sciolta non morirem…..” . Uno scout canta sempre in tutte le occasioni, anche

nelle difficoltà.

P. Moretti continuò la sua opera di responsabile dell’oratorio S. Gerardo, pur tra le inevitabili

incomprensioni e le difficoltà che si trovò ad affrontare, fino al suo ritorno alla casa del Padre,

avvenuta il 20.01.1942. Il suo corpo riposa nella cappella dei Redentoristi nel cimitero frusinate.

Il ricordo di P. Moretti, a 62 anni dalla morte, è sempre vivo nella mente e nel cuore dei suoi ex

allievi, scout e non, alcuni dei quali ancora in vita. Chi scrive, pur non avendolo conosciuto per

motivi anagrafici, P. Moretti, si è sempre chiesto quale sia stato il motivo del successo della sua

azione educativa. Parlando con gli ex oratoriani che ho conosciuto ho dedotto che il motivo del

profondo ricordo che li legava al Padre Luigi era dovuto alle molti doti possedute dal Padre. La

semplicità prima di tutto, il coraggio delle sue azioni. Ed ancora, la coerenza, ma soprattutto,

penso, all’infinità capacità di amare che lo portava sempre ad occuparsi dei problemi dei suoi

ragazzi nell’ottica di essere sempre un missionario ed un educatore al servizio di Dio e del

Prossimo.

Nessuno potrà mai contare quanti giovani, durante la ventennale presenza di P. Luigi a

Frosinone hanno imparato da lui a diventare uomini, cristiani e cittadini esemplari. Molto lungo

sarebbe l’elenco di quei ragazzi che sono diventati professionisti affermati e qualificati in vari

campi.

Le parole della Scrittura c ricordano la sua missione terrena e sono l’annuncio del suo successo:

“ dissi innaffierò il mio orto e abbevererò la mia aiuola. Ed ecco il mio canale divenne un fiume,

e il mio fiume un mare”: P. Moretti insegnava con i fatti più che con le parole.

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Don Luigi Minotti

Don Luigi Minotti fu il primo sacerdote di Frosinone e dell’intera Diocesi a scoprire la novità

dello scoutismo, quando questo Metodo educativo fece il suo ritorno in città, dopo la parentesi

della soppressione ordinata dal fascismo.

Pur non avendo mai conosciuto lo scoutismo usò lo zelo del neofita per conoscere il Metodo,

seguendo le nostre attività in sede ed all’aperto.

Con Don Luigi partecipammo per la prima volta ad un campo scout: mai battesimo fu più

solenne si trattava infatti del V° Campo Nazionale Esploratori che si svolse nell’incantevole Val

Fondillo del Parco Nazionale d’Abruzzo insieme ad altri 3.500 scouts anche stranieri.

Don Luigi divise con noi tutti i disagi di quel campo, a causa dell’improvvisato materiale di cui

disponevamo, ma anche l’entusiasmo di quelle eccezionale esperienza.

L’impegno di parroco della cattedrale non consentì al nostro A.E. di assicurare un’assistenza

fisica continua, ma il suo pensiero e la sua costante preghiera ci seguiva dappertutto.

Da solo, quando gli impegni della parrocchia glielo consentivano, oppure alternandosi a qualche

Vice parroco del momento effettuò con noi diversi campi estivi ( Vallepietra 1957, Valle verde

1958, 1962 a Filettino, 1963 Valfondillo, 1964 Cardito.).

Con l’avanzare degli anni, mentre gli impegni di parroco aumentavano, anche per il fatto che la

chiesa di S. Maria era diventata la cattedrale della diocesi, la salute di Don Luigi cominciava ad

accusare qualche acciacco.

Il suo declino fisico si accentuò negli anni ottanta quando fu costretto a lasciare l’incarico di

parroco.

Chi scrive, negli ultimi tempi andava spesso a trovarlo e con lui, ormai costretto a letto,

scambiava

i ricordi degli anni trascorsi insieme.

Il Signore lo accolse nella sua Casa nel novembre 1987. Le sue spoglie mortali riposano accanto

a quelle dei genitori nel cimitero frusinate.

Cosa dire di Don Luigi primo A.E. del rifondato scoutismo frusinate?

Innanzi tutto dobbiamo dire che abbiamo incontrato in lui un uomo giusto. Tutti noi lo

ricordiamo per qualche motivo particolare.

Ricordiamo l’A.E. paziente e scherzoso mai irritato, ma sempre sorridente; pensiamo all’uomo

di carità che visse dando sempre a chiunque avesse bisogno, mai soddisfatto di quanto faceva,

perché per lui la carità era la giustizia.

Anche se è stato sempre impegnato in Parrocchia, ha cercato di seguire le attività scouts

prefiggendosi di dare ai suoi ragazzi una formazione spirituale che li sapesse portare ad

affrontare la vita secondo i principi cristiani.

Chi scrive ricorda le parole che Don Luigi gli rivolse in occasione della sua Veglia, prima di

diventare Esploratore di 1° Classe, “ In questa nottata passata, fuori dal Campo, lontano dai tuoi

compagni di Sq., alla vigilia di tornare in sede, escogita nella solitudine la maniera migliore per

far proseguire sempre più i tuoi amici nelle vie del bene e dello scoutismo, convinto, però, che

la migliore spinta al bene agire essi la riceveranno più che dalle tue parole, dal tuo esempio.

A te, in particolare, ripeto le parole che l’apostolo San Paolo disse rivolgendosi al suo discepolo

Timoteo –cerca in ogni cosa non la nostra, ma la miglior gloria del Signore.-“

In questo messaggio è racchiusa tutta la personalità del nostro assistente, che incideva nei nostri

animi con l’esempio di persona semplice e buona, che viveva secondo gli insegnamenti

evangelici.

Ed è per la “maggior gloria del Signore” che si adoperò per la ricostruzione della sua chiesa,

abbellendola di marmi pregiati ed arricchendola di preziose opere musive e pittoriche di artisti

che, pur essendo allora poco conosciuti, oggi hanno raggiunto una fama nazionale.

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Molti di noi, in quegli anni, seguirono passo dietro passo l’esecuzione dei lavori e la nascita di

quelle opere artistiche e qualcuno (Enzo Patrizi) collaborò con il pittore Montanarini.

Ma fra tante altre cose, noi eravamo fieri di avere Don Luigi come assistente scout soprattutto

per l’esempio che egli aveva dato durante i tristi episodi di guerra, accaduti nella nostra città.

Eravamo nel 1943 e Frosinone viveva nell’incubo dei bombardamenti. A diverse ondate gli

aerei anglo-americani scaricavano bombe sul centro storico e sulla parte bassa della città. Dopo

ogni incursione, Don Luigi, sfidando la morte, si portava sui luoghi colpiti per portare i conforti

spirituali e per assistere moribondi e feriti.

Il pericolo era rappresentato dalle bombe a scoppio ritardato che potevano rompere il silenzio di

morte, colpendo quelli che portavano aiuto: Don Luigi era lì, fra i ruderi che minacciavano di

crollare, ma salvò tante persone lasciandoci, come eredità, il suo “esempio” affinché noi scouts

vivessimo, cercando in ogni cosa “la maggior Gloria di Dio”.

P. Antonio Del Grosso

Dopo la morte di P. Moretti e le sopravvenute difficoltà derivanti dalla seconda guerra mondiale

e dalla crisi del dopoguerra, l’Oratorio S. Gerardo attraversò un lungo periodo di crisi

organizzativa che terminò solo nel 1954, quando Direttore fu nominato P. Antonio del Grosso.

P. Antonio, nato a Cole Sannita (BE) il 25.6.1918, Missionario Redentorista, quando arrivò a

Frosinone rendendosi conto che l’oratorio era ormai una creatura sofferente e prossima al

collasso, si mise subito al lavoro e con grande coraggio, dinamismo e forza d’animo,

rimboccandosi le maniche, rimise in cammino la vita dell’Oratorio.

Con i suoi ragazzi, gli aiuti e gli incoraggiamenti, che arrivavano anche dall’esterno, riprese le

attività in sede e, sull’esempio del gruppo scout operante presso la chiesa di S. Maria Assunta,

anche le attività all’aperto organizzando gite ed accantonamenti in varie località del territorio

come Scifelli, Trisulti ecc..

Ormai coinvolto nella esperienza scout, P. Antonio decise, con piglio scout (lui che scout non

era mai stato), che accanto al tradizionale Oratorio aperto a tutti, ed intitolato ormai al suo

predecessore P. Moretti, potesse nascere anche un gruppo scout.

Fu così che con l’aiuto di Piero De Bernardis, Rover del FR.1°, avviò il suo progetto con la

formazione di una squadriglia libera, la squadriglia Scoiattoli.

Nel 1955, pur continuando a dirigere l’oratorio, fu nominato anche Rettore della Casa

Redentorista. Ma ciò non gli impedì di continuare ad occuparsi dei suoi ragazzi e degli amati

scouts.

Indossando l’uniforme scout, li seguiva dappertutto: nelle Uscite, nelle riunioni in Sede, nei

campi estivi ed invernali.

P. Antonio nutriva per i suoi scouts una attenzione paterna e per il Metodo scout una simpatia

particolare, perché vedeva in esso un metodo educativo di formazione globale capace di far

crescere il buon cittadino e il buon cristiano.

Per P. Antonio, in sostanza, era una grande soddisfazione vedere i suoi ragazzi crescere e

perseverare, per mezzo della vita scout, nella via del bene.

Quando ormai l’Oratorio era diventato una realtà cresciuta e consolidata, nell’ottobre del 1958,

inaspettatamente, P. Antonio fu trasferito nella casa Redentorista di Oropa sulle Prealpi

Biellesi.

Per l’Oratorio e per il gruppo scout la notizia arrivò come un fulmine a ciel sereno. Ma P.

Antonio, come era nel suo stile e con grande coraggio, accettò la volontà dei superiori e obbedì

prontamente come solo un vero scout sa fare e partì per la nuova destinazione.

Un gruppo di rovers e scouts, accompagnati da chi scrive, lo raggiunsero ad Oropa per

trascorrere con P. Antonio le festività natalizie, per farlo sentire e per sentirci meno soli. In quei

giorni scoprimmo oltre alle bellezze naturalistiche ed artistiche del luogo, situato a m.1200

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s.l.m., altre qualità del nostro A. E. quali il culto di una amicizia sincera e disinteressata ed un

cuore che sapeva gioire nel prevenire i desideri degli altri.

Dopo la Casa di Oropa, P. Antonio fu destinato ad altre Case Redentoriste della provincia

Romana in Toscana, Lazio Abruzzo, ma la nostra fraterna amicizia si conservò inalterata con

una frequente corrispondenza ed anche con visite che alcuni di noi gli fecero nelle case che lo

ebbero come rettore o semplice padre.

Nel 1978 a Roma, dove svolgeva l’incarico di economo della provincia romana fu colpito da

tumore. Chi scrive, lo visitò il 6 giugno nell’ospedale S.Giacomo. Sebbene assai sofferente,

chiese notizie degli scouts, della mia famiglia. Gli promisi che sarei tornato a fargli gli auguri

per il suo onomastico, il 13 giugno, festa di S. Antonio.

Morì il 12 giugno. Partecipai al suo funerale che si tenne nella chiesa di S. Gioacchino ai Prati a

Roma, con una folta partecipazione di sacerdoti ed amici venuti anche da Frosinone.

Il suo corpo riposa, con altri confratelli, nella cappella dei padri Redentoristi nel cimitero del

Verano a Roma.

Ancora oggi sentiamo la commozione di quei giorni, anche se mitigata dalla certezza di sapere

il nostro A.E. nella Casa del Padre ad aspettarci e a “lavorare per noi”.

Don Giancarlo Frassu

Nato in Sardegna, entrò da ragazzo nello scoutismo percorrendo tutte le tappe fino a diventare

Capo. Fu a questa scuola che cominciò a stimare quanto bello fosse servire il Prossimo e,

soprattutto, Dio.

Trasferitosi con la famiglia in Continente, ormai adulto, decise di lasciare tutto per seguire la

vocazione sacerdotale, entrando nella congregazione cistercense di Casamari , diventando

monaco.

Studiò, nel noviziato, con novizi molto più giovani di lui: questo fatto non lo scoraggiò anzi gli

servì di stimolo per trasmettere ai confratelli più giovani la sua carica di entusiasmo e la sua

esperienza umana ed intellettuale.

Ordinato sacerdote, divenne insegnante nelle scuole cistercensi di Casamari e Trisulti. Fu

proprio nella Certosa di Trisulti che noi scouts lo conoscemmo alla fine degli anni ’50.

Scoperta la sua identità scout, tra noi e lui scoppiò il classico colpo di fulmine. Non

aspettavamo altro, vista la penuria di A.E. per il nostro gruppo.

Frequentandolo ci accorgemmo che era una persona un po’ fuori del classico schema di

monaco. Di cultura eccezionale (conosceva benissimo il francese, la storia dell’arte, la

letteratura non solo italiana), anticonformista. Con entusiasmo gli piaceva unirsi a noi nelle

attività espressive.

Nonostante il suo impegno di monaco e di insegnante accettò di essere nostro assistente nel

Campo Estivo di Val Fondillo del 1959 e nelle Vacanze di Branco del 1960 tenutesi a Trisulti.

Prima di diventare sacerdote era stato scout e ciò conferiva al suo ministero una caratteristica:

essere fortemente anticonformista.

Perché nel suo cuore c’era un grande amore per il Signore e nel contempo, per le persone, non

disdegnando accostare alla tonaca cistercense l’uniforme scout. Due cose che andavano

perfettamente d’accordo in lui. L’una non metteva mai in ombra l’altra.

Don Giancarlo, sapeva fondere la semplicità del monaco con l’energia e l’intraprendenza scout.

Negli ani ’60 i Superiori lo destinarono altrove: all’Abbazia di Sénanque in Provenza ( Francia

), alla Certosa di Pavia, e di Galluzzo ( presso Firenze ). La distanza fra Don Giancarlo e chi

scrive, non sminuì la nostra amicizia, ma fu mitigata da una copiosa corrispondenza. In una

lettera speditami da Sénanque il 29.5.1961 Don Giancarlo dichiara: ” io sono entrato nel gruppo

scout più come fratello che come A.E.; avrei voluto seguirvi di più, ma i miei superiori italiani

non hanno compreso ancora l’utilità del movimento scout……” . In un’altra parte della lettera

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dice “ quanto alla mia persona, che dirti. Vorrei essere stato migliore, più santo, più esemplare,

forse meno moderno se questo ha potuto scandalizzare qualcuno. Ma ho pensato che sarebbe

stato molto più leale apparirvi così come sono: con i miei difetti e pochissime doti”.

Così era fatto Don Giancarlo.

Lasciato l’ordine cistercense divenne parroco di San Carlo in Val Peccia nel Canton Ticino, ma

diocesi di Milano.

Tra di noi intercorse una fitta corrispondenza da cui traspare la sua personalità. In una lettera del

27.06.1972 mi scriveva:” perché durante le vacanze non vieni a trovarmi in Svizzera? Cosa

offre la mia canonica? Oh, nulla di straordinario: pace, calma, silenzio immenso, passeggiate

tra i monti, molta riflessione…” e ancora, “ pensa come sarebbe bello ritrovarci assieme a

bere alle 5 una tazza di tè! “ .

Andai da lui alla fine di agosto. Negli stessi giorni in cui ero suo ospite erano presenti alcuni

suoi nipoti dalla natia Sardegna. In una successiva lettera, al mio ritorno in Italia, metteva in

risalto le differenze di abitudini, mentalità, modo di affrontare la vita, tra questi nipoti e gli

scouts.

Fu l’ultima volta che lo vidi, anche se la corrispondenza tra noi continuò. Ora che lui non è più

tra noi fisicamente sentiamo sempre viva la sua presenza e la commozione del ricordo è mitigata

dalla certezza di saperlo nella Casa del Padre, dove ci aspetta.

Molti di noi lo ricordano soprattutto come prete-scout: in questa duplice veste egli realizzò in

pieno la missione di educatore e sacerdote alla quale era stato chiamato.

Padre Antonio Di Leva

P.Antonio nacque a Candela (FG) l’11.10.1916. Entrato con il fratello Rocco nel collegio

Redentorista di Scifelli, proseguì gli studi liceali e teologici nello studentato di Cortona (AR),

dove fu ordinato sacerdote. Subito si rese disponibile per l’apostolato missionario redentorista,

alternando tale attività con l’insegnamento nei collegi della congregazione.

Queste attività lo prepararono al compito della direzione dell’Oratorio P.L. Moretti dove arrivò

alla fini degli anni ’50, dimostrando grande amore e passione per i giovani ed il loro tempo

libero.

Molti di questi ragazzi di allora sono oggi uomini e professionisti affermati e qualificati e

ricordano con affetto il loro assistente. Durante la permanenza nell’Oratorio divenne A.E.

(Baloo) dei lupetti (che avevano la loro sede nello stesso Oratorio), occupandosi della loro

formazione religiosa ed umana, e cercando di seguirli nelle loro attività all’aperto, per quanto la

sua mole glielo consentisse.

Partecipò anche, sempre come A.E., al Campo estivo del 1961 del Rip. Stella Polare, che si

svolse nell’incantevole Valle di Canneto, dove ritornò come assistente ecclesiastico, nel Campo

Estivo del 1966.

L’obbedienza ai superiori lo portò ancora una volta, in periodi diversi, in numerose Case della

provincia redentorista: Scifelli, Modena, Venezia, Milano, nelle quali svolse le mansioni più

diverse (Retore, confessore etcc..).

Nonostante la lontananza da Frosinone i contatti con Padre Antonio non cessarono, anzi, si

consolidarono attraverso una fitta corrispondenza e visite periodiche fatte da che srvive.

Una in particolare, riguarda il campo di lavoro svolto da un gruppo di rovers nella casa di

Modena nel 1970, lavori che si concretizzarono in opere di tinteggiatura.

Nel 1984 alla chiusura della casa di Milano, P. Antonio chiese ed ottenne di tornare a

Frosinone.

La sua salute, da sempre precaria, aveva nel frattempo subito peggioramenti che lo

costringevano a ricoveri in vari ospedali.

Negli ultimi tempi si era dedicato soprattutto al ministero della riconciliazione, alla preghiera ed

alla adorazione eucaristica.

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Durante le feste di natale del 1989 subì un ictus cerebrale che lo costrinse al ricovero

nell’ospedale di Frosinone. Peggiorando le sue condizioni fu riportato in casa, dove assistito dal

fratello Padre Rocco e dai confratelli, dopo alterne speranze ed angosce, si spense nella notte del

01.01.1990, lasciando un imperituro ricordo nel cuore di chi lo amava e stimava.

Aveva 73 anni ma la sua vita, dedicata alla formazione dei candidati alla vita apostolica e

missionaria, alla educazione dei giovani, al ministero della confessione, si era resa ancor più

preziosa per l’esperienza acquisita alla scuola del dolore.

In particolare, noi scouts lo ricordiamo per la sua semplicità, bontà, e disponibilità.

Le spoglie mortali del carissimo Padre Antonio riposano, con altri confratelli, tra cui P. Luigi

Moretti, nella cappella dei redentoristi nel cimitero di Frosinone.

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Il “Vecio” dello scautismo di Frosinone

“La stima di cui gode la nostra organizzazione ed il diffondersi del Movimento scout sono dovuti a

questo esercito di volontari. Ecco una prova notevole, anche se silenziosa, del bello spirito

patriottico che si cela sotto la superficie di molte nazioni. Questi uomini sacrificano il loro tempo,

le loro energie, ed in molti casi anche il loro denaro, al compito di organizzare l'educazione dei

ragazzi, senza minimamente pensare a ricompense od elogi per quello che fanno. Il solo motivo per

cui lo fanno è l'amore per il loro paese e per il loro prossimo”.

Con questi sentimenti è allora doveroso ricordare il contributo di chi è stato ed è tuttora il

riferimento indiscusso di tutti i capi del distretto scout di Frosinone, la persona che più di ogni altro

ha incarnato gli ideali dello scautismo cattolico italiano, il nostro B.P.: l’avvocato Fernando

Valchera.

Il titolo con il quale lo chiamiamo non è un formalismo, è invece un nomignolo, un vezzeggiativo o

meglio, nel gergo degli scout, un nome di caccia. L’Avvocato ha iniziato solo da adulto l’avventura

dello scoutismo. La sua gioventù è stata in buona parte risucchiata dalla grande guerra, vissuta in

prima persona come ufficiale degli alpini, prima al fronte e poi nei campi di prigionia. Tuttavia,

come spesso ci ha raccontato, nel disegno tracciato dalla Provvidenza, tutto ha un senso e forse

proprio in quei momenti difficili ha preso forma la sua straordinaria e particolare vocazione…

Nell’gioco dello scautismo è coinvolto da Enzo Patrizi e Gino Maiello nel 1957 come Maestro dei

Novizi. Da quel momento, con una costanza ed una continuità che non ha eguali, inizia il suo

servizio scout. Diversi sono gli incarichi che ha ricoperto: noi “giovani” ne conosciamo solo una

parte, ovvero due volte Presidente dell’Associazione e da sempre Capo del Gruppo scout Frosinone

1.

Lo scoutismo a Frosinone ha ed ha avuto avuto tanti e validi protagonisti, ma va riconosciuto

all’Avvocato la costanza e la capacità di non mollare mai, di stare continuamente vicino ai suoi

bocia, di lanciarci nelle responsabilità senza però mai abbandonarci, di essere la nostra rete di

sicurezza, il riferimento sicuro dove cercare consiglio e conforto.

Il vecio è classe 1916, ma chi lo conosce sa che la sua età anagrafica non coincide affatto con il suo

spirito: sempre pronto, sempre aggiornato, sempre presente anche in attività, capace di ammaliare

sia giovani lupetti che vecchi capi. Ultimamente stà raccontando il “suo” Concilio Vaticano II alle

riunioni di alta squadriglia del riparto femminile. Per l’occasione una mamma di una guida mi ha

chiesto cosa facesse l’Avvocato alle riunioni, considerando che la sua figliola per partecipare si

anticipava i compiti, studiava la sera e usciva in largo anticipo per non fare tardi… perché a

riunione c’era proprio l’Avvocato!

Da qualche tempo ha rallentato il ritmo: una volta mi ha detto “…che vuoi: ormai devo fare adagio

questa salita (quella di via XX settembre che da via Angeloni porta a Santa Maria), perché mi viene

il fiatone!...” . La mia risposta, un po’ basita è stata: “…Avvoca’… ma veramente… anche a me (50

anni di meno!!) viene il fiatone!!”.

Molti di noi l’hanno conosciuto proprio in attività, al campo: tra tanti ragazzini la sua figura era

subito notata come quella di una persona importante, senza però averne pretesa o atteggiamento.

Anzi tra i suoi ragazzi si è sempre riservato incarichi marginali: ai miei campi è stato cambusiere,

cuciniere e, con tecnica sopraffina, anche ambulanziere. Eppure la sua presenza conferisce al campo

un rigore ed uno stile particolare, ma sopratutto a noi capi la tranquillità di quello che stiamo

facendo. Per fare un paragone caro a chi ama e pratica la montagna, avere l’Avvocato in attività è

come avere la corda di sicura ben legata all’imbrago ed affrontare crepacci o dirupi in tutta

tranquillità.

Indimenticabili le chiacchierate fatte nella sua tenda: attorno ad una lampada a gas, su degli

sgabelletti costruiti appositamente per i suoi ospiti, ci accoglieva per ascoltare i nostri programmi,

scambiarci idee, per delle brevi riflessioni, per qualche consiglio che con grande discrezione ci

offriva e poi, a sera, dopo aver pregato insieme la compieta, con un cicchettino serale ci dava la

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buona notte. Mai di cattivo umore, mai adirato, sempre disponibile: per noi è veramente sempre

pronto!

Con il tempo mi rendo conto che quanto abbiamo imparato dall’Avvocato è dovuto non tanto ad un

suo attivismo, a sue iniziative o a particolari condizioni (incarichi, ruoli ecc.), o addirittura

dall’applicazione della metodologia educativa scout. Tutto è semplicemente dipeso dalla sua

testimonianza: andando in montagna con lui noi “bocia” abbiamo imparato il passo del montanaro,

lento ma costante, capace di superare le vette; dalle sue chiacchierate informali più che da tanti

campi scuola o incontri di formazione, abbiamo scoperto il valore del servizio scout ed il senso

dell’impegno laicale; frequentando un “laico” abbiamo capito il valore della nostra dignità di

cristiani; pregando insieme abbiamo scoperto il valore della preghiera ed il senso della liturgia.

A chi scrive è toccato un compito superiore alle sue capacità: questo elogio non renderà giustizia al

nostro Vecio. E’ più facile ringraziarlo per quello che ha fatto e continua a fare per noi.

Il nostro Distretto ed il mio Gruppo deve essere particolarmente grato alla Provvidenza per questo

grande dono che ci ha fatto.

Pink Panter

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Prima… dell'inizio

Oggi non è agevole fare, a distanza di oltre cinquant'anni, una ricostruzione di ciò

che avvenne nella fase..…precedente l'inizio "vissuto" (cioè quello del '52), mentre forse

minore difficoltà presentano l'avvio e la prosecuzione, anche grazie a documenti,

immagini, testimonianze, ecc.; e quindi questo paragrafo non può basarsi se non su

qualche personale ricordo.

E pertanto si può capire come qualche aspetto che io chiamo "preistorico"

(motivazioni, iniziative, circostanze) fosse vissuto soltanto dai pochi - allora già adulti -

che misero in moto questa "avventura".

Devo innanzitutto rammentare che due di quelle persone non sono più presenti fra

noi, essendo purtroppo tornate alla casa del Padre (la terza è l'estensore di questa nota); e

voglio subito metterne in evidenza l'impegno, la spirito di collaborazione, la migliore

disponibilità, e - vorrei espressamente sottolineare - l'umiltà nell'apprendere qualcosa che

non avevano mai personalmente sperimentato

E' da notare che ognuno era diverso dagli altri per esperienze di lavoro, età,

impegni familiari o istituzionali, preparazione scolastica, ecc. E queste diversità, anziché

rappresentare un possibile elemento di incomprensione, furono assai utili per arrivare

dopo un po’ ad una sorta di completamento e ad un interscambio che si sarebbe poi

rivelato praticamente proficuo.

E' necessario allora un flash sulle persone. In primo luogo il ricordo va a un

sacerdote che si caratterizzò per apertura mentale nei confronti della realtà quale venne

prospettata, e della quale ben comprese le possibilità sia educative sia formative del

carattere sia infine morali e spirituali

Parlo di Don Luigi Minotti del quale sottolineo anche la disponibilità di tempo,

nonostante fosse sempre molto preso dagli impegni di Parroco di S.Maria, che per anni

rappresentò uno dei punti di riferimento per la stessa comunità cittadina. Fu altresì

fondamentale l'apporto concreto da lui fornito anche per molte necessità di carattere

pratico e organizzativo (locali, conoscenze, aiuti materiali, ecc.) tanto che senza il suo

supporto - posso dirlo con certezza - sarebbe stato impossibile iniziare.

In secundis vorrei ricordare un uomo, non giovanissimo ma pieno di entusiasmo,

che aveva "visto" in altre località gli scouts, ne era rimasto favorevolmente impressionato

(e che, penso, avrebbe forse considerato questi ragazzi anche come suoi veri figli, visto

che non ne aveva di propri). Parlo del signor Pietro Negro il quale, nella ricerca di

qualcuno che potesse integrare la sua buona volontà con orientamenti più consapevoli

dello scoutismo, mise a disposizione del progetto sia gran parte del proprio tempo sia il

suo dinamismo sia infine la propria stessa piccola abitazione per tanti incontri.

A queste sue doti ne aggiungo un'altra, che ritengo non comune: quella di essere

generalmente gioviale, sorridente, e affrontare momenti critici anche con qualche battuta

volta a…. rompere il ghiaccio.

Altro componente di questo trio fu un giovane, che aveva personalmente

sperimentato fino a poco prima la vita scout in altra città, e di questo era entusiasta.

Questi, appena giunto con la propria famiglia a Frosinone, dopo un primo contatto

infruttuoso con altri si era presentato a Don Luigi per conoscere da lui, quale punto di

valido riferimento, se esistesse in loco un riparto scout dando per scontato di poter

proseguire in questa nuova residenza la propria attività. Senonchè Don Luigi chiarì che

al momento non c'era nulla in piedi, ma che peraltro era a conoscenza che proprio nello

stesso tempo una persona (Negro) gli aveva illustrato il desiderio di muoversi in proposito

ed essere aiutato per creare un nucleo scout. In breve, fu pressoché conseguente pensare

ad una iniziale…"triplice alleanza".

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Questo fu un primo antefatto. Ma la "preistoria" non era ancora conclusa, in

quanto si affrontò per qualche tempo un paragrafo obbligato, che potremmo definire

conoscitivo.

. Infatti sin da allora conseguì che Don Luigi fungesse da elemento catalizzatore del

gruppetto al fine di mettere insieme sia le pregresse esperienze che il desiderio di

realizzazione, e nel contempo manifestò la propria disponibilità a sostenere e ospitare

nell'ambito di S. Maria la futura iniziativa.

Nell'occasione fu possibile superare qualche perplessità che, per la verità, egli

aveva espresso circa il rapporto esistente tra le linee-guida del metodo e l'educazione

giovanile vista in termini cattolici. (e ben ricordo qualche amichevole scambio di idee

avuto con lui in merito alla "positività" delle prescrizioni della Legge che potevano, a

prima vista, apparire riduttive nei confronti dei dettami tradizionali).

Occorre qui ripetere che da parte dei due interlocutori "non scout" fu dimostrato

grande interesse per accostarsi sia agli aspetti più visibili del "sistema delle squadriglie"

sia, specie da parte di Don Luigi, alle finalità e alla "filosofia" del messaggio lanciato da

B.P. nonché al tipo di recepimento che la stessa Chiesa aveva riservato nel tempo al

metodo scout.

Proprio a questo proposito rammento che, per integrare le informazioni sullo

specifico aspetto della "spiritualità" nello scoutismo e farle meglio assimilare, avevo

pazientemente trascritto a mano e a macchina (le fotocopie, purtroppo, si sono diffuse più

tardi!!) brani non solo dagli scritti di B.P. o dello scoutismo francese ma anche da

documenti di fonte pontificia (Benedetto XV per primo, Pio XI, l'allora Cardinale

Montini, Pio XII); erano una serie di autorevoli conferme sulla validità del metodo, sulle

sue finalità formative, sullo sviluppo dell'individualità dei ragazzi, sulla concordanza con

la dottrina cristiana.

E sottolineammo non poco l'esigenza che all'indispensabile attività pratica si

affiancasse un primo accostamento a concetti di ordine psicologico e pedagogico (la

"Psicologia dell'età evolutiva" di gemelliana memoria era in Italia ormai un fatto noto!!) e

ad impostazioni di ordine formativo sia generale che specifico; a tal fine commentammo

insieme alcuni "testi sacri", come lo stesso "Scoutismo per ragazzi", "Alla scuola della

vita", "Il libro dei capi", nonchè i testi del P.Forestier o di P.Delsuc.

Quest'accostamento fra noi dette in breve i suoi frutti, tanto che nell'estate 1952

discutemmo - carta e penna alla mano - per buttare giù una sorta di informale programma

di quanto si sarebbe potuto fare con i pochi mezzi allora a disposizione.

In definitiva, questo periodo fu forse tra i più delicati (fra l'altro avevamo da

gestire anche gli usuali impegni); in ogni modo ognuno avrebbe rispettivamente seguito

compiti specifici come per esempio le funzioni di assistenza spirituale, la ricerca o

l'acquisto di materiali, la preparazione delle prime divise, l'impostazione, l'avvio e i

programmi per lo svolgimento dell'intera attività, e così via.

Mi piace appena ricordare che in questa fase ancora paleolitica avemmo - specie

per esigenze di ordine pratico, contatti con ambienti cittadini, incombenze "commerciali",

ricerca di risorse, e altro - il sostegno di alcuni "esterni" volenterosi (come Carlo

Compagnucci, o Cannata senior) che avevano avuto esperienze col vecchio movimento

scout degli anni prebellici.

A questo punto possiamo finalmente agganciare la "preistoria" con la "storia".

Così che già a metà del '53 riuscimmo a dare formale avvio all'attività (prime uscite,

ancora senza divise, a Trisulti e a Genazzano) tanto che, a seguito di contatti con il

Commissariato Centrale dell'A.S.C.I, formalizzammo la nostra esistenza mediante il

primo censimento; le squadriglie iniziali erano tre: Castori, Volpi e Leoni, e quest'ultima

fu poco dopo sostituita dalla squadriglia Cervi.

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Insieme all'attività "visibile", come riunioni, uscite, divise, giochi di Kim, canti -

grazie Enzo, intonato Maestro del coro - giochi di movimento, formazione, cominciammo

a costruire (incredibile per la novità!!) una dei maggiori obiettivi del sistema, e cioè la

responsabilizzazione individuale, le prime autonomie di squadriglia, le prime decisioni, i

doveri di ognuno. Così nacque l'impegno basato su quella formale promessa che

fondava le sue basi "sull'onore" di ognuno al fine di "compiere il proprio dovere verso

Dio e verso la Patria, aiutare il prossimo in ogni circostanza, osservare la Legge scout".

Si recepirono in pari tempo, direi senza grosse difficoltà, quei concetti "nuovi"

che la Legge metteva a disposizione del ragazzo, come il considerare proprio onore

meritare fiducia (il concetto dell'onore fu sempre ribadito), l'essere leale, pronto a servire

il prossimo (apparve così l'innovativa idea di servizio), amico di tutti e fratello di ogni

scout, cortese, buono anche con gli animali (come creature di Dio), obbediente, allegro,

laborioso, economo. Che cosa volevamo di più?

Un momento significativo, sia formale che sostanziale, si concretò in gennaio '54

con le prime Promesse (Giulio, Italo, Antonio), seguite in aprile presso S. Liberatore da

altre (Giancarlo, Enzo, Peppe, due Alberto, quattro Mario, Alvaro, Gino). Dopo aver

proseguito anche con l'attività esterna (per es. uscita delle Volpi in febbraio, o del Riparto

in marzo, già con le prime divise) al termine del primo anno sociale si concretò una

duplice grossa scommessa fatta…. fra di noi, e cioè: 1) quella di realizzare il primo

campo estivo del Riparto, portando i ragazzi fuori dalla propria sede, dal proprio nido,

dalla propria famiglia, in un panorama naturale inconsueto, per mettere in pratica i primi

rudimenti sin qui recepiti, 2) quella di portarli in pari tempo ad un incontro di livello

inusuale (Campo Nazionale in Val Fondillo) al quale prendevano parte migliaia di altri

scout provenienti da tutta Italia.

Qui ricordo di sfuggita soltanto qualche "esperienza": le tende antidiluviane, la

pioggia, il primo fuoco di bivacco, l'emozionante canto della sera, le divise, l'umido, il

sole, il verde dei faggi, le visite ad altre unità, la visita di P. Ruggi, quella di D. Luigi del

Gallo, l'escursione di riparto sul M. Amaro, l'ospitalità notturna ricevuta dal Riparto di

Messina dove era scout mio cugino, il pernottamento delle Volpi (M. Amaro) e dei Cervi

(M. Dubbio), i la visita dei nostri genitori preoccupati per il maltempo, il carissimo P.

Frassu, la cottura dei cibi, le costruzioni in legno, il grande gioco impostato sulle gesta del

generale Custer, il grande cerchio, il canto dell'arrivederci). Sta di fatto che la

scommessa fu vinta.

E non nego a questo punto che la maggiore di tutte le soddisfazioni fu quella di

constatare che il sistema della responsabilizzazione di ragazzi individualmente e

nell'ambito della squadriglia aveva retto in pieno.

L'inizio era….iniziato.

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Oggi: un contributo al bilancio

Vorrei qui fornire un contributo riferito ai primissimi anni dall'avvio, riservandomi

di riprendere il discorso - se possibile - tra altri cinquant'anni.

Ci troviamo oggi in presenza di uno scoutismo ovviamente diverso rispetto a quello

del remoto passato (cioè quello degli anni venti, ricordando che tra il '26 e il '29 lo stato

aveva abolito le associazioni giovanili che non fossero quelle irreggimentate). Di fatto

non poteva non essere così: noi trovammo nel '52 un imprevisto clima storico, una grande

quantità di esigenze derivanti dall'immediato dopoguerra, una differente forma mentis, una

base di esperienze scout già sperimentate in altri Paesi e quindi di riferimento, un forte

desiderio di "costruire" . E in questo contesto operammo.

Ciò premesso, possiamo tracciare oggi come oggi, per comodità di lettura, una sorta

di ….."bilancio aziendale" ? Proviamo, ancora rammentando che mi riferisco solo agli

anni iniziali, quelli vissuti in prima persona.

PASSIVO

Innanzitutto in questo bilancio compaiono le debolezze, i passi avventati che oggi

forse, con l'esperienza acquisita, non sarebbero commessi. E anche l'impazienza di

conseguire subito dei risultati che invece andavano graduati nel tempo, nonché qualche

errore di prima valutazione nei confronti di una o altra persona .

Una difficoltà, questa sì piuttosto considerevole, fu quella del contemporaneo lavoro

di conoscenza interiore di ogni ragazzo, delle capacità, del pensare, del "dentro" di ognuno,

e anche qui forse l'aspetto impazienza giocò qualche tiro mancino. Infatti avemmo a che

fare sin dai primi momenti con tanti volti, tanti modi di essere, di sentire, recepire, tradurre

in pratica, di entrare in sintonia col capo squadriglia o col capo riparto, tanti caratteri, tante

attitudini.

Nel passivo dovrei inoltre considerare che vi fu qualche momento di personale

sconforto, pur sapendo che momenti del genere spesso non mancano nelle vicende umane.

Le cause? diverse: il vedere una parte della semente finire in terreno arido, le perplessità da

parte di qualche interlocutore, la difficoltà di disporre talvolta di un aiuto ricettivo, lo

scetticismo o l'ironia di qualcuno che temette si volesse invaderne il campo, la stessa

coesistenza di questo impegno educativo con altre esigenze che pur andavano assolte.

ATTIVO

Nell' attivo trovo componenti assai più numerose e significative (è già di per sé una

enorme soddisfazione), che tento di citare, via via come vengono alla mente:

a - la pratica.

Uno degli impegni fondamentali sin dall'inizio fu quello dell'educazione all'abilità manuale,

alle esperienze tangibili, concrete, quelle che secondo l'ottica di B.P. dovevano contribuire

a formare persone abili, esperte nel cavarsi d'impiccio, sane, utili a sé e agli altri. Mi

riferisco fra l'altro agli aspetti per lo più "visibili" (e che più fecero effetto su talune persone

esterne al metodo) quali la capacità di osservazione, l'abitudine al rispetto serio della natura,

l'utilizzo di strumenti per creare qualcosa, la vita con altri, l'ordine, la cura del fisico,

l'attività all'aperto, e via di questo passo.

A questo proposito non posso non citare a memoria alcune fra le località che, in quei

primi anni, ci videro impegnati in queste attività concrete, sia in estate che in inverno, come

Trisulti, la Fiumata, Le Campora, Valleverde, Val Fondillo, Terminillo, Campo Staffi,

Scifelli, Gran Sasso/Prati di Tivo, Cardito, ed altre.

Ricordo, sempre in tema di esperienze tangibili, che seguirono anche positivi

apprezzamenti da parte di diversi genitori, ma francamente la migliore soddisfazione

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possiamo provarla proprio oggi nel constatare, a distanza di oltre cinquant'anni, quanto

vediamo o ci viene riferito.

b - la fraternità

Un piccolo ma importante obiettivo educativo fu, sin dal primo anno di attività organica,

quello che i ragazzi potessero cominciare a sentire di far parte di una più ampia entità, ad

avere una propria esperienza anche al di là della propria città, che potessero rendersi conto

dell'esistenza di altri che la pensavano e si muovevano secondo i medesimi principi sia in

Italia che in tutto il mondo. In proposito il primo campo estivo di Val Fondillo ne

rappresentò la prima prova tangibile; ma anche in seguito altre occasioni più vicine non

sono mancate, come, solo per un esempio, il S.Giorgio del '66 ai Quattro Pini, o quello del

'67 al lago di Fogliano, o il trentennio dell'85 a Frosinone.

Non mancarono, quando fu possibile, spiegazioni su ciò che allora esisteva in giro,

informazioni sullo scoutismo all'estero, fotografie, e perfino …. francobolli emessi da

tantissime Nazioni per celebrare il metodo e B.P.

A margine vale infine osservare che allora come oggi, quando il ragazzo incontra,

come nello scoutismo, la proposta di una realizzazione più profonda rispetto a quella cui

mira il suo normale ambiente, legata allo sviluppo sia dell'interiorità che della solidarietà

(gruppo, insieme, ecco il nuovo concetto di fraternità), tende generalmente ad allontanarsi

da quello che oggi si usa definire come il disagio giovanile: anche per questo l'impegno dei

nostri capi fu ed è fondamentale.

c - un lavoro conoscitivo

Fu quello che investì specialmente Don Luigi e me, tendente ad accostarci al modo in cui

altri avevano interpretato e attuato il metodo, e cioè quei paesi dove lo scoutismo aveva

continuato a vivere anche in periodi critici e, soprattutto, dove si continuava a mostrare ai

ragazzi e ai giovani la strada da percorrere, peraltro alla luce della spiritualità cattolica (in

primis Francia, Belgio).

Sempre verso la metà degli anni cinquanta riflettemmo insieme anche su alcune

considerazioni (come quelle di Maritain, che proprio allora uscivano in italiano) in tema di

educazione, e mi pare che anche questo contribuisse ad orientarci in quei primi anni.

d - la formazione di adulti

Pur rappresentando questo il capitolo forse più impegnativo, non fu, per la verità, un

problema iniziale. Infatti andando avanti, oltre a pensare anche alle esigenze dell’altra …

estremità della catena (lupettismo), fummo indotti a rivolgere maggior attenzione ai

ragazzi che via via crescevano e manifestavano esigenze diverse da quelle di uno scout di

13 o 14 anni.

Cercammo allora di chiarire l'idea di "strada" che, come indicata da B.P., non

significava un vagare senza meta bensì lo scoprire la propria via per il sentiero della vita, in

vista di uno scopo definito, conoscendo le difficoltà ed i pericoli del percorso. E di

mostrare come le regole, pur essendo le stesse seguite dagli scout, andassero tuttavia

considerate da un diverso punto di vista, quello dell'uomo; e come in tutti e due i casi la

Legge escludesse decisamente l'egoismo e aprisse la porta alla buona volontà e al servizio

verso gli altri.

Di conseguenza i primi scout "cresciuti" - e che avevano avuto la costanza di

seguirci - entrarono man mano in questa ottica più ampia maturando dei convincimenti che

li avrebbero accompagnati sin da allora, e talvolta non senza sacrificio, sulla propria

"strada". Sono proprio loro che oggi possono collaborare alla redazione di un più completo

bilancio!.

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Per intraprendere il cammino da adulti richiamammo i consigli di B.P., tanti e di

varia natura (ricordate? la parola di uno scout vale quanto la sua firma; il sacrificio è il

sapore del servizio; tutto il mondo (com'è oggi duro da condividere!!) è una fraternità; chi

ha ragione non ha bisogno di entrare in collera; l'ordine deve esprimersi dall'animo di

ognuno e non essere imposto dal di fuori; va mantenuto il proposito di non essere di peso

ma di aiuto agli altri; eccetera, eccetera). Non ultimo, il grande valore dell'esempio che si

dà agli altri.

Fu perciò impegno notevole per i Capi quello di affrontare il momento in cui i nostri

ragazzi, uscendo dall'adolescenza, superarono via via lo stadio in cui si imparava a

conoscere la Legge, per giungere alla fase in cui dovevano applicarla praticamente - e,

aggiungerei, automaticamente - usandola come guida alla propria condotta sia nella vita

d'ogni giorno sia al servizio di altri fratelli scout.

A questo punto, come ogni bilancio d'azienda va accompagnato da una "nota", così

anche per quello che ci riguarda vorrei fornire qualche breve complemento:

- gli ex-ragazzi

Non vanno singolarmente dimenticati coloro che nei non facili momenti iniziali ci hanno

seguito con tanta volontà, entusiasmo e pazienza.

Alcuni volti, alcuni caratteri, alcuni atteggiamenti li ricordo come fosse oggi, altri

un po’ meno (ecco per ogni volto gli scherzi e le battute, il vantarsi, il costante appetito,

l'abilità manuale, la capacità culinaria, l'immaginazione poetica, la riflessività, l'abilità nel

canto, l'espressione drammatica al fuoco di bivacco, ed altro).

Tanti ragazzi li ho rivisti, alcuni con capelli bianchi, dopo cinquant'anni, lo scorso

anno: nell'occasione ho constatato lo stesso spirito giovanile, stesso carattere, stesso

desiderio di stare insieme, stessi canti per la Messa o per il commiato serale: Angelo,

Leonardo, Antonio, Italo, Mario, Guido, Cesare, Mario, Umberto, Bruno, Achille, Ernesto,

Raffaele, Rocco, Gianfranco, Enzo, Gino. Il che è degno di nota.

E' poi da rammentare la collaborazione che abbiamo avuto da parte di altri ragazzi

che purtroppo oggi non sono più fra noi, come Peppe o Piero, come Gerardo o Clemente.

Di qualche altro non so più nulla. E tutti questi nomi mi mancano in termini di affetto,

come mi mancano ancor di più le personalità di un Don Luigi o di un Padre Del Grosso.

- collaborazione crescente

Un cenno poi al non facile contributo di braccia e di idee fornito da coloro che pur in

momenti diversi si affiancarono all'iniziale nostro comune impegno, e con i quali in quei

lontani anni, ripeto, iniziò un interscambio tra i più fruttuosi.

In primis, la persona di Padre Antonio Del Grosso, dei Redentoristi, e il suo

desiderio di ospitare presso la sua parrocchia un'unità scout. Lasciando da parte date o

aspetti operativi, qui sottolineo una sua iniziale duplice disponibilità: quella di recepire con

intelligenza le principali linee-guida del movimento e del metodo, e quella di leggere

direttamente anche i principali testi B.P. riguardanti sia gli scout veri e propri sia i fanciulli

di età inferiore (i futuri Lupetti). E va pure espressamente rammentata la sua capacità -

credo non comune - di trovarsi bene in mezzo ai ragazzi sia in sede che….all'aria aperta (un

paio di volte me lo ritrovai accanto, in cammino, portando anche lui indosso, oltre al

proprio, anche lo zaino di uno scout in difficoltà!).

Va tenuta presente, anche se potrebbe sembrare secondaria, la sua disponibilità ad

ospitare nella sua rivista nostri articoli e cronache sull'attività scout e altre considerazioni ad

essa collegate. Era anche questo uno degli strumenti a disposizione per far conoscere quello

che pensavamo e facevamo.

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In pari tempo ricevemmo da allora la preziosa collaborazione dell'avvocato

Fernando Valchera il quale, oltre a dare una mano per tante esigenze anche di ordine

pratico, prese a fornirci, specie nei confronti degli scout già "grandicelli" un non semplice e

continuativo contributo di riflessione, orientamenti e formazione, volti a consolidare la loro

"base" spirituale e morale. Tutto ciò senza il minimo cenno di stanchezza durante tanti anni

(da alpino, "Voici venir la nuit…"), e con uno spirito di "servizio" che definire esemplare

mi sembrerebbe ben poco.

Infine un solo pensiero a quanto in tempi più prossimi è stato fatto per l'avvio, dalla

metà degli anni sessanta in poi, del nostro guidismo, il metodo scout cioè che lo stesso B.P.

volle mettere a disposizione del mondo femminile (p.es. con "Alla scuola della vita").

Nella nostra realtà questo avvio si operò in primis su iniziativa di ragazze attive e

volenterose, col desiderio di muoversi inizialmente nel "grande gioco" e poi nella propria

vita sulla falsariga di quei principi che vedevano adottati dai ragazzi.

Nondimeno poiché questo tema, pur tanto interessante anche per i suoi aspetti

collaterali (pensiamo alla linea di "La route et la maison"), non fu ancora appannaggio dei

primi anni va opportunamente esposto da altri.

- per la vita d'ogni giorno

Se il metodo scout, il gioco, la preghiera, il campo, la spiritualità, l'osservazione, il

camminare non avessero via via condotto ad una vita degna di questo nome, tutto il nostro

impegno profuso cinquant'anni fa e dedicato all'educazione scout sarebbe stato vano. Ed

altrettanto dicasi per coloro che in epoche più recenti hanno assunto il medesimo impegno.

Così mi piace sentire che ognuno dei "ragazzi" di allora percorre oggi la propria

strada usuale (lavoro, famiglia, altro) senza avere trascurato quella "linearità" che poi non è

altro che lo "stile" scout. Ognuno di noi continua a procedere su uno dei sentieri a suo

tempo intrapresi nei settori più disparati (commercio, consulenza, insegnamento, azienda,

esercito, professione, tecnica, impiego, assicurazioni, artigianato, e chi più ne ha più ne

metta) cercando di portare alto un ideale guidone o una fiamma - per ciò che questi simboli

allora rappresentarono - in un mondo in cui di linearità, linea morale, correttezza, servizio,

senso civico, c'è quanto mai bisogno oggi più che mai (If: "…se non perdi la testa allorché

tutti attorno a te la perdono e ne danno a te la colpa, allora sarai un uomo...").

- trapasso delle nozioni

Apprendemmo che a B.P. sembrava molto strano che un uomo morendo portasse via con sé

tutta l'esperienza fatta durante la sua vita, sia nei momenti peggiori come nelle ore di

successo, lasciando che i più giovani facessero la loro esperienza personale, e cioè

incominciando da capo! E si chiedeva perché non potesse trasmettere loro la propria

esperienza. Così essi sarebbero entrati nella vita con un patrimonio che avrebbe consentito

loro di raggiungere più facilmente un maggior grado di capacità, realizzazione e saggezza.

Per questo si era indotto ad esporre qualcuna delle difficoltà incontrate e a dire quale

fosse il miglior metodo per affrontarle.

Nella fase di passaggio da un primo cinquantennio a tempi successivi, allora, mi

sembra opportuno ricordare questa riflessione di B.P. e invitare voi più giovani a dare,

spiegare, far crescere, trasmettere, educare.

In tanti abbiamo, anche se in periodi o con funzioni diverse, lavorato per mezzo

secolo per mettere le basi di un edificio, ed ogni bilancio in quanto tale dovrebbe

concludersi - come si sa - in utile o in pareggio o in perdita.

Credo che questo primo lungo esercizio si sia chiuso con un ampio "utile".

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Domattina, ma anche subito

Dopo qualche considerazione sul "nostro" passato remoto e prossimo, e tenendo

presente che nessuna attività educativa si fa per il passato ma per l'oggi e ancor più per il

domani, penso sia doveroso fare ora un …. invito.

C'è tanto da fare oggi, e sempre più ci sarà da fare: basta osservare che cosa gira

intorno a noi, in qualsiasi paese, ambiente, famiglia: un complesso di situazioni che talvolta

non appaiono tranquillizzanti né - il che è ancor peggio - rispondenti a una corretta logica.

Su questo scenario non sempre roseo le mie esperienze maturate nel tempo mi

spingono a trasmettere a voi qualche suggerimento, ritenendo in primis che mai come adesso

occorre "essere preparati". Si, ma a che cosa? La risposta, di per sé, mi sembra semplice:

alle nostre stesse esigenze e a quelle del mondo circostante. Viene da sé allora, alla luce di

quanto avviato cinquant'anni fa e realizzato sino ad oggi, richiamare l'attenzione su qualcuna

di quelle linee-guida che da giovani imparammo a rispettare, che oggi siamo abituati a

seguire e che domani saremo (e sarete, voi più giovani) invitati a non tralasciare.

Premesso infatti che è bene …..non dormire, posto che serve una sempre più viva

sensibilità e una sempre maggiore preparazione per capire i tempi in cui viviamo (il che non

appare per niente facile), si deve fare, allora, una verifica del nostro agire al fine di …..

ricaricare le batterie per un serio proseguimento.

E' un invito, dunque, che vuole esser valido per tutti. Pertanto:

difficoltà

La protagonista di un famoso film diceva, in chiusura, che "domani è un altro giorno".

Chissà che questa affermazione apparentemente semplice, ma che sottintendeva la voglia di

riprendere e continuare ad ogni costo, non possa tradursi per noi in una nuova spinta in

avanti. Spinta che a sua volta significa avere il gusto di ricordare a noi stessi non solo un

certo tipo di laboriosità, di comportamento, di servizio, di uno "stile" interiore oltrechè

visibile, ma anche il desiderio di non cedere di fronte alla tortuosità della strada, desiderio

che non rimanga tale ma sia seguito da un impegno concreto all'azione

metodo educativo

Quanto sperimentammo a suo tempo in termini di educazione giovanile viene messo in

pratica, direi quasi automaticamente, sia nell'ambito delle nostre famiglie sia anche nei

confronti di altri ragazzi che possono esserci affidati nel contesto del metodo scout.

Ciò premesso, direi che c'è molto da fare per coloro che si trovano a vivere in un

ambito non uguale a quello in cui ci trovammo decenni fa, in ogni caso per certi versi più

difficile e per altri più facile . Sta di fatto, comunque, che l'applicazione del metodo, a ben

sessantatre anni dalla scomparsa del suo ideatore, appare come uno degli strumenti

pedagogici quanto mai idonei per la formazione integrale del soggetto.

A questo proposito conserviamo inalterata la consapevolezza di rientrare in un metodo

(le nostre esperienze serviranno pure a qualcosa!!) che via via ha trovato attuazione in quasi

tutti i paesi del mondo, in un'ottica ormai universale, anche se qualche parte di questo nostro

mondo sembra aver perso incredibilmente la nozione e il significato dei valori dell'uomo.

Vorrei in ogni caso far presente l'esistenza di una difficoltà: quella rappresentata dal

fatto che l'odierna società del nostro Paese e l'uomo che essa suppone e richiede sono ben

differenti da quelli della società inglese di cento anni fa. Questa differenza va perciò

compresa e superata.

Linearità

La validità di mettere in pratica una Legge, di non scantonare, di non essere accomodanti con

noi stessi, sembra essere oggi una esigenza primaria

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Premetto che in questo - secondo me - siamo un po’ facilitati. Sappiamo infatti che per

una più agevole comprensione da parte del giovane e quindi per la sua concreta osservanza la

Legge presenta solo indicazioni positive (fare, muoversi, essere, considerare, ecc.) mentre

evita di imporre divieti o "obblighi di non fare".

Sulla base di questa "comprensione" ci si è sempre presentato in primis l'impegno a

considerare "proprio onore meritare fiducia". Incredibile notare come talvolta ci si possa

trovare di fronte a falsità, cambi di bandiera, sfruttamento di situazioni, bugie, frodi, davanti a

persone che non mantengono la parola, plagi di uomini o di popoli, e chi più ne ha più ne

metta.

Penso senza dubbio che occorra ancora essere creduti, essere presi sul serio, "meritare

fiducia"; questo è quanto gli uomini, alla fine, cercano (con la conseguenza, per noi, di

conservare una "divisa dentro"). E credo che questo sia oggi un impegno fondamentale.

manualità

Apprendemmo che fine primario dell'educazione scout è guidare il ragazzo nello sviluppo

durante il quale si forma come persona. Su questa base l'aspetto utilitario dell'educazione - in

quanto lo mette in grado di fare da sé, di prepararsi poi ad un lavoro, di sapersi districare -

non deve essere sottovalutato perché nessuno (lo ricordava lo stesso B.P.) è nato per una vita

di ozi aristocratici. E uno dei mezzi migliori per ottenere questo risultato pratico è di

sviluppare in lui le capacità umane e concrete nella loro ampiezza.

Apprendemmo e riscontrammo di persona infine come le esperienze pratiche (dai giochi ai

campi, dall'orientamento alle costruzioni, dall'osservazione all'esercizio fisico, dalla

conoscenza della natura al rispetto per la bandiera) non favorissero solo l'equilibrio

psicologico, ma - è superfluo sottolinearlo - potenziassero anche l'ingegnosità, la precisione,

le capacità di intervento, la prontezza. Anche il percorso di questo sentiero postula buona

attenzione.

carattere

L'invito è quello di tenere duro, senza mai lasciarsi andare al transitorio successo della vita o

arrendersi davanti agli ostacoli - tanti - che si incontrano spesso sul cammino. Muovetevi,

come aveva sempre raccomandato B.P., in quanto a noi sono state date braccia, gambe,

cervello e aspirazioni che devono renderci attivi; ed è l'attività più che l'attesa passiva che

serve per raggiungere la vera felicità ("il vero modo di essere felici è quello di procurare la

felicità agli altri") e superare ostacoli; proprio per questo la forza di carattere assume, nella

vita d'ogni giorno, un prezioso valore.

Per inciso: tempo fa avevo letto che la signora Petain aveva ritrovato, nelle carte del

marito, questa annotazione "Quando non sai qual è la via del dovere, scegli la più difficile",

il che mi ha fatto ricordare quanto B.P. aveva consigliato: "quando non trovi la strada, devi

fartela da solo". E mi piace aggiungere Kipling sulla stessa linea: "..se riesci…a tenere

duro quando in te non resta altro che la volontà che ti dice di tener duro, allora sarai

uomo…" . Penso che non occorra altro su questo tema.

formazione

Infine abbiamo sempre riconosciuto, a suo tempo così come oggi, che il ragazzo non va solo

abituato ad una condotta corretta, al rispetto delle regole sociali, alla fraternità, alla cortesia,

alla laboriosità, e agli altri punti della Legge, ma che l'educazione rimarrebbe monca se non

fosse unita ad una autentica formazione

E' pertanto indispensabile che questa "educazione", che noi vivemmo come soggetti

prima passivi e poi attivi, sia educazione dell'uomo in maniera integrale (non vorrei essere

accusato di…..disfattismo nei confronti del metodo scout se ricordo a noi stessi e alle nuove

leve che il metodo stesso non può che essere complementare al ruolo formativo che

dovrebbe/deve essere svolto sia dalla famiglia che dalla scuola).

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E' a questa "costruzione" invisibile che specialmente i più giovani devono oggi

tendere se realmente vogliono fare qualcosa di serio..

In conclusione: tutti sappiamo che il mondo cambia, le situazioni sono in continua

evoluzione talvolta anche negativa, le cose storte e quelle rette ci saranno sempre, ma se ci si

ferma o si abbandona il "terreno di gioco" allora …..perdiamo, perdete, la partita.

Per questo motivo ho fatto cenno a qualche "punto" che sulla base delle precorse

esperienze mi sembra sia importante ricontrollare prima di altri, da domattina, e continuare a

seguire, senza sciupare il tempo a disposizione (".. se riesci ad occupare il minuto inesorabile

dando valore ad ogni istante che passa…").

Anche da subito. Buona Strada!

Giuseppe Cannata

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Hanno percorso la Strada, tornando alla Casa del Padre:

Gli A.E.

• Padre Luigi Moretti

• Mons. Luigi Minotti

• Padre Antonio Del Grosso

• Padre Antonio Di Leva

• Padre Giancarlo Frassu

• Padre Cherubino De Luca

• Don Enzo Rossi

Gli Scouts

• Pietro Negro

• Carlo Compagnucci

• Ettore Papetti

• Francesco De Bernardis

• Piero De Bernardis

• Giuseppe Capuani

• Luigi Minnucci

• Alfonso Panariello

• Sandro Martire

• Alberto Silvino

• Anna Maria Silvino

• Giulio Campioni

• Severino Ferrante

• Clemente Regoli

• Giuseppe Colucci

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Desiderio antico

Disteso

sotto il cipresso

che guarda la Certosa

ascoltare un attimo

l’eco lontana di campeggi

felici

ai piedi del monte.

Sospeso

tra il verde declivio

e il cielo turchese

essere rapito

dall’antico desiderio

di raggiungere la vetta

Gino Maiello