L'Italia in Guerra 1940-1943

19
L'Italia in guerra I. Introduzione Spesso non ce ne rendiamo conto, ma viviamo in un mondo figlio della Seconda Guerra Mondiale. Eppure il 1945 sembra così lontano: non esistono più gli imperi coloniali, l'idea di razza non ci appartiene più e l'essere definito “ebreo” indica solamente la propria fede. I tedeschi, insieme ai francesi, sono il pilastro economico su cui si regge l'unione monetaria europea: sembra impossibile immaginare che negli ultimi 150 anni questi Stati abbiano combattuto ben tre guerre di una violenza inaudita. Anche Pola e Fiume, per fare un esempio “nazionale”, hanno lasciato il posto a Pula e Rijeka nelle carte geografiche italiane. Quasi nessuno ricorda che l'Italia ebbe un posto al sole e il terzo più vasto impero coloniale della storia contemporanea: Adua, Macallé, Amba Alagi, Massaua, Addis Abeba, Mogadiscio, Tripoli, Bengasi, Tobruk sono nomi vuoti, ricordati solo perché di tanto in tanto compaiono nella segnaletica stradale. Fatichiamo, dunque, a collegare la realtà alla storia per poi sorprenderci di fatti che non dovrebbero destare tanto scalpore, come la presenza militare statunitense in Italia o le riparazioni alla Libia di Gheddafi. Ebbene, questa breve dispensa nasce con lo scopo di favorire una comprensione, sia analitica che concettuale, della partecipazione italiana al secondo conflitto mondiale e di fornire gli strumenti fondamentali affinché lo studente possa avvenire ad una rielaborazione personale dei fatti trattati. Proprio quest'ultimo punto sembra essere un punto di passaggio nevralgico per una più profonda comprensione del presente. A scanso di equivoci, è bene specificare che questo elaborato nasce, nell'intenzione dell'autore, come supporto ai libri di testo e non come loro sostituto. Essi rimangono, infatti, lo strumento cardine su cui basare lo studio. A più forte ragione se si considera che, per ragioni di opportunità, non si è potuto in questa sede entrare nel dettaglio di molte questioni, che possono essere invece approfondite nei manuali. 1 Illustrazione 1. Firma del trattato di amicizia italo-libico.

description

Il testo ripercorre brevemente l'esperienza bellica italiana fra il 1940 e il 1943.

Transcript of L'Italia in Guerra 1940-1943

Page 1: L'Italia in Guerra 1940-1943

L'Italia in guerra

I. Introduzione

Spesso non ce ne rendiamo conto, ma viviamo in un mondo figlio della Seconda Guerra Mondiale.

Eppure il 1945 sembra così lontano: non esistono più gli imperi coloniali, l'idea di razza non ci

appartiene più e l'essere definito “ebreo” indica solamente la propria fede. I tedeschi, insieme ai

francesi, sono il pilastro economico su cui si regge l'unione monetaria europea: sembra impossibile

immaginare che negli ultimi 150 anni questi Stati abbiano combattuto ben tre guerre di una violenza

inaudita. Anche Pola e Fiume, per fare un esempio “nazionale”, hanno lasciato il posto a Pula e

Rijeka nelle carte geografiche italiane. Quasi nessuno ricorda che l'Italia ebbe un posto al sole e il

terzo più vasto impero coloniale della storia contemporanea: Adua, Macallé, Amba Alagi, Massaua,

Addis Abeba, Mogadiscio, Tripoli, Bengasi, Tobruk sono nomi vuoti, ricordati solo perché di tanto

in tanto compaiono nella segnaletica stradale. Fatichiamo, dunque, a collegare la realtà alla storia

per poi sorprenderci di fatti che non dovrebbero destare tanto scalpore, come la presenza militare

statunitense in Italia o le riparazioni alla Libia di Gheddafi.

Ebbene, questa breve dispensa nasce con lo scopo di favorire una comprensione, sia analitica che

concettuale, della partecipazione italiana al secondo conflitto mondiale e di fornire gli strumenti

fondamentali affinché lo studente possa avvenire ad una rielaborazione personale dei fatti trattati.

Proprio quest'ultimo punto sembra essere un punto di passaggio nevralgico per una più profonda

comprensione del presente.

A scanso di equivoci, è bene specificare che questo elaborato nasce, nell'intenzione dell'autore,

come supporto ai libri di testo e non come loro sostituto. Essi rimangono, infatti, lo strumento

cardine su cui basare lo studio. A più forte ragione se si considera che, per ragioni di opportunità,

non si è potuto in questa sede entrare nel dettaglio di molte questioni, che possono essere invece

approfondite nei manuali.

1

Illustrazione 1. Firma del trattato di amicizia italo-libico.

Page 2: L'Italia in Guerra 1940-1943

II. Contestualizzazione e cause

Prima di considerare la partecipazione italiana alla Seconda Guerra Mondiale gioverà considerare

quali siano state le condizioni socio-economiche che portarono allo scoppio del più sanguinoso

conflitto della storia. Si potrebbe essere tentati, non del tutto a torto, di attribuire ogni responsabilità

ad Adolf Hitler, ma in questo modo non si otterrebbe che una visione parziale della realtà.

Per ricercare le cause della guerra occorre tornare alla Prima Guerra Mondiale e al Trattato di

Versailles, firmato il 28 giugno 1919 da Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti d'America, Italia e

Imperi Centrali. L'Impero Germanico, che alla firma dell'armistizio occupava ancora parte del

territorio belga, fu duramente umiliato al tavolo della pace. La linea del presidente americano

Woodrow Wilson, basata sui famosi 14 punti e sul principio di autodeterminazione dei popoli, trovò

solo parziale applicazione, mentre le indicazioni del presidente francese Clemenceau ebbero la

precedenza. La Germania, visto l'Impero guglielmino si era dissolto, vide il proprio territorio ridotto

di un terzo, ebbe sostanzialmente o interamente smantellate armi l'esercito, la marina e l'aviazione e

fu costretta a pagare 6.600.000.000 di sterline agli Alleati (salderà il conto solo il 3 ottobre 2010).

La Prussia Orientale risultava inoltre separata dal resto della Germania, poiché Danzica, sebbene

storicamente tedesca, fu dichiarata città libera.

Questo trattato, come è facile immaginare, fu accolto con malcelata ostilità dai tedeschi, che videro

la loro situazione aggravata dalla politica iperinflazionistica che il governo fu costretto ad assumere

per far fronte alle riparazioni: per comprendere il fenomeno basterà considerare che nel 1923 un

2

Illustrazione 2: L'Europa prima e dopo la Grande Guerra.

Page 3: L'Italia in Guerra 1940-1943

dollaro valeva quanto 4.200.000.000.000 marchi. Sono diventate famose le foto di quegli anni in cui

una carriola di marchi non bastava per comperare un chilo di pane. Solo il piano Dawes, varato

dagli Stati Uniti nel 1924 e consistente nell'esportazione in Germania di merci e capitali, riuscì ad

contenere il disastro. Ma sei anni dopo l'Occidente fu funestato da una terribile crisi economica, la

tristemente celebre crisi del 1929, che costrinse alla sospensione del suddetto piano. Fu questa una

delle principali ragioni del contagio avvenuto dall'economia americana a quella europea.

Ciascuno Stato si sforzò di trovare la propria via per risolvere la

crisi: gli Stati Uniti d'America ebbero il New Deal rosweliano,

l'Italia si imbarcò in una politica deflazionistica (la battaglia per

la Quota 90, ossia 90 lire per una sterlina) e costituì l'Istituto per

la Ricostruzione Industriale (IRI) e l'Istituto Mobiliare Italiano

(IMI) mentre la Germania, che con l'avvento al potere del

Nazismo aveva sospeso il pagamento delle riparazioni di guerra,

puntò sul riarmo coniugando la ripresa economica con lo spirito

di riaffermazione internazionale che aleggiava fra la

popolazione. Ecco, dunque, portate alla luce, due cause troppo

spesso dimenticate durante la trattazione della Seconda Guerra

Mondiale: la motivazione ideologica, cioè lo spirito di rivalsa tedesco, intenzionato a ridiscutere

l'assetto di Versailles, e la motivazione economica, visto che la rinascita industriale tedesca poteva

considerarsi ipotecata dalla necessità di una guerra futura. Nella mente di Hitler, infatti, aveva già

preso forma il sogno di una Großdeutchland, cioè di una Grande Germania che comprendesse tutti i

tedeschi, anche quelli che il Trattato di Versailles aveva collocato in altri Stati. L'Europa si avviò in

questo modo ad una continua destabilizzazione che la portò nel baratro.

Nel 1934 fu assassinato da esponenti nazisti il cancelliere austriaco Dollfuss, ma Anchsluss, che si

verificherà nel 1938 in seguito alle mutate condizioni internazionali, venne bloccata da Mussolini

che inviò al Brennero quattro divisioni di fanteria. L'anno successivo si andò formando il Fronte di

Stresa, un accordo anglo-franco-italiano finalizzato ad arginare il riarmo tedesco. Ebbe però vita

breve: già incrinato dai britannici, che firmarono un accordo con la Germania consentendo alla

Kriegsmarine di disporre un tonnellaggio pari al 35% di quello della Royal Navy e di dotarsi di

sommergibili, si sgretolò con quando l'Italia iniziò le operazioni militari in Etiopia.

Proprio la Seconda Guerra Italo-Abissina ebbe un ruolo fondamentale nella destabilizzazione

europea. Si disfaceva, dunque, come già detto, il Fronte di Stresa e successivamente l'Italia compiva

i primi passi in direzione dell'alleanza con la Germania, anche perché la Società delle Nazioni,

l'antenato dell'ONU nato col Trattato di Versailles, le impose delle sanzioni economiche, nonostante

3

Illustrazione 3: Il London Herald annuncia il crollo di Wall Street.

Page 4: L'Italia in Guerra 1940-1943

Mussolini avesse ottenuto il desistment da parte di Laval. Il 25 ottobre 1936 Italia e Germania

diedero vita all'Asse Roma-Berlino, embrione di quello che sarà poi il Patto d'Acciaio, il quale fra le

dirette conseguenze portò alla partecipazione comune nella Guerra Civile Spagnola a fianco di

Francisco Franco e alla rinunzia italiana a difendere l'indipendenza austriaca (l'Anschluss avverrà il

12 marzo 1938). L'Austria, declassata al rango di provincia, si aggiungeva, dunque, alla ricca

regione mineraria della Saar, occupata dagli anglo-francesi come garanzia del pagamento delle

riparazioni, che nel 1935 si era ricongiunta con il Reich in seguito ad un plebiscito. Cominciava a

prendere forma il progetto hitleriano di una Grande Germania egemone nel Continente.

Ma le pretese pangermaniche non si esaurirono. Nel 1938 Hitler, facendosi interprete, a suo dire,

della sofferenza dei Sudeti, pretese l'annessione di parte del territorio cecoslovacco, corrispondente

circa alla regione storica, effettivamente tedesca, della Boemia. L'Europa si riscoprì nuovamente sul

piede di guerra. Gran Bretagna e Francia si dimostrarono inizialmente poco propense ad accettare il

diktat tedesco, ma le resistenze furono vinte dall'intervento di Mussolini. Egli, infatti, organizzò ed

orchestrò la Conferenza di Monaco (29-30 settembre 1938), nel corso della quale riuscì a far

accettare alle democrazie occidentali i desiderata tedeschi. Il dittatore italiano fu acclamato dal

mondo come “Salvatore della Pace”. Ma Hitler non intendeva accontentarsi: ignorando l'accordo

appena sottoscritto, il 13 marzo 1939 le truppe della Wehrmacht entrarono a Praga. La

Cecoslovacchia cessò di esistere: la parte orientale al Reich, quella occidentale divenne la

Slovacchia (uno stato fantoccio) e minori parti di territorio furono spartite fra Polonia e Ungheria.

Le mire hitleriane si volsero verso la Polonia ed in particolare verso quel lembo di terra polacca,

noto come Corridoio di Danzica, che divideva la Germania dalla Prussia Orientale. Nel marzo del

1939 alla Polonia pervenne la richiesta tedesca per la restituzione della città di Danzica e per il

consenso alla costruzione di una linea ferroviaria ed autostradale extraterritoriali attraversanti il

Corridoio. Il governo polacco evase la richiesta e cercò, con successo, di stringere un accordo di

mutua assistenza con la Gran Bretagna e la Francia. Ma anche la diplomazia del Reich non rimase

inoperosa: il 23 agosto 1939 Germania e Unione Sovietica siglarono un patto di non aggressione,

detto Patto von Riddentrop-Molotov, dal nome dei ministri degli Esteri firmatari, che prevedeva fra

le clausole segrete la spartizione della Polonia e, conseguentemente, la divisione delle rispettive

sfere d'influenza nell'Europa centro-orientale. Assicuratosi di evitare una guerra su due fronti, che i

generali tedeschi avevano pronosticato come certamente perdente, Hitler poté proseguire con il suo

piano di conquista del lebensraum: nella notte fra il 31 agosto e il 1 settembre reparti tedeschi

invasero la Polonia, mentre due giorni dopo, il 3 settembre, la Gran Bretagna e la Francia

dichiaravano guerra alla Germania. Era l'inizio della Seconda Guerra Mondiale.

4

Page 5: L'Italia in Guerra 1940-1943

III. L'Italia degli anni '30

Considerare la partecipazione italiana al secondo conflitto mondiale senza aver ben inteso gli anni

antecedenti al conflitto può dare adito a numerosi fraintendimenti. Per questa ragione si è deciso di

approfondire il ruolo internazionale svolto dalla Penisola nel decennio antecedente alla guerra.

L'Italia, nonostante fosse sin dalla nascita l'ultima delle grandi potenze, era stata una delle nazioni

vincitrici della Grande Guerra. Essa però aveva combattuto in uno scacchiere ritenuto di secondo

livello rispetto al fronte occidentale, nel quale furono impegnate Gran Bretagna, Francia e Stati

Uniti d'America, e principalmente contro l'Austria-Ungheria, un avversario ben meno temibile della

Germania guglielmina. Questi fattori si riflessero sull'esito delle trattative di pace, facendo sì che

molte richieste italiane fossero disattese. Nacque così il mito della Vittoria Mutilata che il Fascismo

canalizzò in una politica revisionistica nei confronti del Trattato di Versailles. Già negli anni '20,

infatti, l'Italia si accordò con la Gran Bretagna per delle ridefinizioni dei confini lungo il confine

libico-egiziano e quello somalo-keniota, e con la Jugoslavia attraverso il Trattato di Rapallo per

trovare una soluzione alla discussa questione del Confine Orientale. Ma fu nel decennio successivo

che questa politica assunse un connotato aggressivo. Dopo aver riconquistato la Libia, Mussolini

volse la sua attenzione verso l'Impero Etiopico, l'unico stato africano indipendente eccetto la

Liberia, per “regolare i conti” del 1896, e far assurgere l'Italia al rango di potenza coloniale e quindi

di grande potenza. Sebbene la preparazione diplomatica fosse stata qualitativamente simile a quella

militare, vale a dire molto buona, Gran Bretagna e Francia scelsero la via sanzionista. Abbiamo già

visto in precedenza quale sorta di spirale fece intraprendere questa decisione. Sarà utile soffermarsi

a riflettere su un altro punto, per avvenire

all'obbiettivo che ci eravamo riproposti all'inizio di

questo paragrafo, cioè quale fosse l'opinione

internazionale sulle capacità industriali e belliche

dell'Italia.

Durante la Guerra d'Etiopia i materiali di

rifornimento giunsero a Massaua, il principale porto

eritreo, attraverso il canale di Suez poiché,

naturalmente, questa rotta era la via più breve.

Avendo in mente la sterminatezza del continente

africano è facile immaginare quali e quanti problemi

logistici avrebbe comportato la chiusura del Canale.

Eppure la Gran Bretagna, prodiga di condanne e di

5

Illustrazione 4: Progetto di espansione dell'Impero Italiano.

Page 6: L'Italia in Guerra 1940-1943

sanzioni, si guardò bene dall'adottare questo tipo di misura, che, secondo lo Stato Maggiore italiano,

avrebbe implicato quasi sicuramente la catastrofe militare. Possiamo considerare più che lecito, e

anzi legittimo, chiederci quale sia la motivazione. E' presto detta, gli alti comandi britannici

ritenevano che nel 1935-1936 una guerra con l'Italia sarebbe stata molto difficile e, forse, addirittura

con esiti sfavorevoli a causa della grave impreparazione. Lo dimostra, fra l'altro, il fatto che quando

la Home Fleet britannica, ossia la migliore flotta della più grande potenza navale del mondo, entrò

nel Mediterraneo con l'obbiettivo di intimorire Mussolini e farlo desistere dal continuare la guerra,

essa fosse dotata di una riserva di munizioni sufficiente a garantire mezz'ora di fuoco e che

risultasse del tutto priva di copertura aerea. L'Italia, dunque, era considerata una potenza, sia pure

medio-grande, ma comunque agguerrita e pericolosa. D'altra parte fra il 1932 e il 1934 essa aveva

trovato il modo di mettersi in mostra agli occhi dell'opinione pubblica internazionale attraverso le

Crociere Atlantiche organizzate e condotte dal quadrumviro Italo Balbo. Queste trasvolate, la prima

diretta verso il Brasile e la seconda verso gli Stati Uniti, esaltarono le capacità logistiche della Regia

Aeronautica, le possibilità tecniche dell'industria aeronautica e l'addestramento dei piloti, che in

questo periodo, contrariamente a quanto di verificherà nel corso della Seconda Guerra Mondiale,

furono effettivamente degne di nota.

Ma l'Italia non era all'avanguardia, in quegli anni, solo

nella costruzione di aerei. Nel 1933 la FIAT produsse un

ottimo carro armato leggero, il C.V. 33, poi aggiornato nel

L.3/35. Studiato per i territori montuosi, esso aveva

prestazioni molto buone per gli standard della prima metà

degli anni '30, tanto da venire esportato in 9 paesi. Anche la

Marina disponeva di una discreta considerazione, potendo

contare su quattro corazzate del 1912 completamente rimodernate (Conte di Cavour, Giulio Cesare,

Andrea Doria, Caio Duilio), e su altre quattro di ultima generazione in fase di costruzione (Littorio,

Vittorio Veneto, Roma, Impero, quest'ultima mai completata).

Se dal punto di vista tecnico tutte le Armi erano degnamente

considerate all'Estero, parimenti fu apprezzato il loro

impiego. Per la Guerra d'Etiopia i più ottimisti osservatori

avevano stimato, forse pensando ad un impiego massiccio

della guerriglia da parte etiope, una durata minima di tre

anni. Essa invece fu conclusa in appena otto mesi. Per

inciso, l'impiego di gas tossici da parte italiana, per quanto

odioso, non sembra aver potuto incidere in maniera significativa sulla durata: appare invece

6

Illustrazione 5: Uno degli aerei con cui Balbo compì le Crociere Atlantiche.

Illustrazione 6: Carro armato L3/35.

Page 7: L'Italia in Guerra 1940-1943

opportuno ricercare le ragioni della repentina sconfitta etiope nella scelta del Negus Selassiè di

prediligere le battaglie campali, al massiccio impiego italiano dell'aviazione e all'enorme

dispiegamento italiano di truppe e di personale civile per la costruzione di strade.

Dopo l'impressionante vittoria africana, il

Regio Esercito ebbe modo di distinguersi

anche nel teatro spagnolo, riportando esiti

più che discreti con sconfitte molto limitate,

come la famosa Guadalajara, che fu solo un

insuccesso offensivo.

Alla luce dei fatti esposti sembrava legittimo

aspettarsi dall'Italia una qualche sorta di

colpo di scena all'entrata in guerra dell'Italia:

l'invasione di Malta, una puntata fulminea su

Suez, o un attacco alla Mediterranean Fleet alla fonda ad Alessandria. Eppure, si vedrà in seguito,

queste aspettative furono del tutto disattese.

7

Illustrazione 7: Il Corriere della Sera annuncia la fondazione dell'Impero.

Page 8: L'Italia in Guerra 1940-1943

IV. La situazione italiana all'entrata in guerra

Si è visto in che modo l'Italia si garantì, nel corso degli anni '30, una certa considerazione a livello

militare. Come si spiega dunque la debacle nel corso del conflitto?

Preliminarmente occorre considerare che lo Stato Maggiore italiano non prevedeva nessuna nuova

guerra prima del 1943/1944, poiché la macchina bellica, molto provata dal continuo impiego in

Etiopia e in Spagna fra il 1935 e il 1939, necessitava di un periodo di inattività per riorganizzarsi e

lenire il logorio di reparti e mezzi. In aggiunta, carri armati e aerei, all'avanguardia fino alle metà

degli anni '30, giunsero alla fine del decennio praticamente obsoleti: mentre dalle industrie

continuavano ad uscire tanks da 3 o 14 tonnellate e caccia in tela (i famosi C.R.42), le altre potenze

europee iniziarono a produrre veicoli da 26 tonnellate e velivoli monoplano in metallo. I motivi di

tali deficienze meriterebbero di essere debitamente approfondite, ma, almeno in questa sede, basterà

accennare, per quanto riguarda i carri armati, all'errato calcolo dello Stato Maggiore, che non prese

in considerazione nessun altro teatro bellico al di fuori di quello alpino, e, per quanto riguarda

l'aviazione, all'eccesso di finanziamenti pubblici propulsi alle varie fabbriche dal Regime e alla

mancanza di settorializzazione nelle varie specialità (caccia, aerosiluramento, bombardamento

tattico, bombardamento strategico) di queste.

Ad ogni modo, all'entrata in guerra l'Italia poteva comunque

contare su delle forze armate di non poco conto che

avrebbero potuto gravare non poco su di una Gran Bretagna

rimasta sola a combattere contro le potenze dell'Asse.

Il Regio Esercito poteva contare su 75 divisioni, quasi

esclusivamente di fanteria, ma solo una piccola parte era

effettivamente operativa. L'arma principale era il Carcano

mod. 1891, il moschetto della Grande Guerra: un'arma affidabile e potente assolutamente pari ai

corrispondenti britannici, francesi e tedeschi. Più scarsa la disponibilità di mitragliatrici, tanto che

una compagnia italiana poteva sviluppare un volume di fuoco pari alla metà di una francese e ad un

quarto di quella tedesca. Buona la disponibilità di artiglierie

a tiro curvo, molto meno quella delle artiglierie anticarro (si

riutilizzerà con risultati eccellenti un cannone antiaereo, il

famoso 90/53). Disastrosa la situazione degli autocarri, del

tutto insufficienti per garantire anche solo il supporto

logistico ai vari reparti. Il problema dei carri armati è già

stato considerato, ma si sente il bisogno di aggiungere che

8

Illustrazione 8: Semovente da 75/18.

Illustrazione 9: Cannone da 90/53.

Page 9: L'Italia in Guerra 1940-1943

nel 1941 fecero la comparsa i Semoventi 75/18, dei caccia-carri di poco tonnellaggio e scarsa

corazzatura, ma con un'arma potente ed efficace e soprattutto con un profilo estremamente basso. I

risultati furono tanto positivi che i carri armati britannici ricevettero l'ordine di non ingaggiare

battaglia con loro qualora mancasse il supporto aereo.

La Regia Marina era una delle marine militari più potenti del mondo, la quarta dopo quelle di Gran

Bretagna, Stati Uniti d'America e Giappone. Essa vantava ben 6 corazzate (di cui di due di ultima

generazione, la terza entrò in servizio nel corso della guerra), 7

incrociatori pesanti, 12 incrociatori leggeri, 120

cacciatorpediniere e 120 sommergibili.

Nel Mediterraneo la Gran Bretagna, non avendo dislocato il suo

naviglio più moderno, poteva contare su una portaerei, 3

corazzate, 3 incrociatori pesanti, 4 incrociatori leggeri, 31

cacciatorpediniere e 8 sommergibili. Nel complesso,

considerando anche la flotta britannica dislocata a Gibilterra, le

due forze contrapposte potevano considerarsi alla pari. L'Italia

difettava, come un lettore attendo non avrà mancato di osservare,

di portaerei. Le motivazioni che nel corso degli anni '30

portarono a non prendere in considerazione lo studio di queste navi furono molteplici, ma la

principale fu il considerare il territorio nazionale come “Portaerei Italia”. In effetti la posizione

dominante il Mediterraneo Centrale avrebbe potuto facilmente garantire alla flotta in mare un

supporto aereo più che sufficiente. La vera mancanza fu, in verità, quella di un'aviazione di marina,

cosicché una nave in mare per richiedere l'intervento dell'Arma Azzurra (la Regia Aeronautica)

doveva contattare il comando portuale, che a sua volta contattava Supermarina (il comando

supremo della Marina), che contattava Superaereo (il comando supremo dell'Aeronautica), che

contattava la base aerea più vicina, la quale inviava gli aerei. E' facile intuire quanto elefantiaca fu

la dilatazione temporale. Altro deficit della Regia Marina fu l'assenza del radar per il primo periodo

bellico, anche se questo strumento in questa della guerra nel Mediterraneo non si configurò come

decisivo. Occorre a questo punto fare una considerazione conclusiva in merito alla guerra navale nel

Mediterraneo, poiché molto spesso si tende a dimenticare che in questo scacchiere essa fu una lotta

per garantire la sopravvivenza dei convogli destinati al rifornimento delle truppe in Libia da parte

italiana e in Egitto da parte britannica, piuttosto di uno scontro fra navi finalizzata alla distruzione

delle rispettive flotte.

La Regia Aeronautica può essere assurta, forse, ad emblema del disincanto internazionale sulle armi

italiane. Negli anni '20 e '30 l'Italia aveva esportato velivoli in ben 39 Paesi, eppure si presentava,

9

Illustrazione 10: La Littorio in navigazione.

Page 10: L'Italia in Guerra 1940-1943

all'inizio del conflitto, con soli 1.200 bombardieri, 1160 caccia, 500 ricognitori, 6.300 piloti e

84.000 uomini del personale a terra. Tuttavia solo metà degli aerei disponibili erano pronti per il

combattimento e, per giunta, essi erano per lo più obsoleti: poco armati, poco protetti (anche quando

si sostituì il metallo alla tela) e con motori poco potenti. L'unico pregio era la maneggevolezza. Non

migliore la situazione dei piloti che avevano un monte-ore di volo inferiore a quello dei corrispettivi

europei. Ciò nonostante essi dettero un'ottima prova di sé nel corso della guerra, conquistando

numerosi apprezzamenti dei piloti anglo-americani. Uno dei problemi peggiori fu l'impossibilità di

sostituire i velivoli danneggiati, a causa delle carenze produttive dell'industria aeronautica italiana,

alle quali il Regime non seppe porre efficiente rimedio.

Appare necessario spendere qualche parola

sull'organizzazione del comando, che rappresentò un

esempio di impressionante incompetenza, come si è già

osservato in merito ai rapporti fra Supermarina e

Superaereo. Analoghi episodi simili al caso trattato si

verificarono anche con Superesercito quasi in ogni fronte e

con una buona frequenza. Ad aggravare la situazione

contribuì la categoria degli ufficiali superiori, poco

preparati, poco istruiti e nient'affatto aggiornati sulle

tattiche di combattimento affermatesi in Europa dopo la

Prima Guerra Mondiale.

Sì è così tratteggiata la situazione delle forze armate italiane

al 10 giugno 1940, allorquando Mussolini da Palazzo

Venezia annunciava agli italiani e al mondo l'entrata in

guerra. Quale notazione conclusiva, resasi necessaria dal

quadro desolante analizzato, occorre notare che le Armi italiane avrebbero potuto, nonostante le

deficienze, dare buona prova di sé in quel determinato periodo bellico. La Gran Bretagna, infatti,

rimase l'unica a combattere contro le preponderanti forze dell'Asse e, costantemente bombardata sul

territorio nazionale dalla Luftwaffe, e ebbe non poche difficoltà ad organizzare delle offensive

rivolte alla Libia e all'Africa Orientale Italiane. Non a caso essa prese l'iniziativa quando la

Battaglia di Inghilterra era già alla fase conclusiva.

10

Illustrazione 11: Due bombardieri tattici Savoia-Marchetti 79 “Sparviero”.

Illustrazione 12: Caccia Macchi 200 "Saetta".

Page 11: L'Italia in Guerra 1940-1943

IV. Schema

11

Page 12: L'Italia in Guerra 1940-1943

12

Page 13: L'Italia in Guerra 1940-1943

13

Page 14: L'Italia in Guerra 1940-1943

14

Page 15: L'Italia in Guerra 1940-1943

15

Page 16: L'Italia in Guerra 1940-1943

Curiosità

• Negli anni '20 e '30 alcuni aerei italiani stabilirono alcuni record ancora imbattuti quali ad

esempio il record di velocità per idrovolanti a pistoni: il 23 ottobre 1934 a Desenzano del

Garda venne toccata la velocità di 711,462 km/h.

• Nell'aeronautica americana permane ancora il nome di “Balbo” per indicare degli aerei che

compiono un volo in formazione. Questo termine fu introdotto dopo la Crociera Atlantica

del Decennale (Orbetello-Chicago-New York-Roma) compiuta, nel 1933, dall'omonimo alto

gerarca fascista.

• Il 28 agosto 1940 volò sui cieli di Venezia il primo aereo a reazione italiano, il Caproni-

Campini C.C.2. Fu il secondo al mondo, preceduto solo dal tedesco Heinkel He 127, che

spiccò il volo il 27 agosto 1939.

• Si è abituati a considerare la Seconda Guerra Mondiale come ad un rapido movimento di

carri armati. In realtà la maggior parte dei trasporti (inclusi i rifornimenti) erano ancora

ippotrainati. Anche nel modernissimo esercito tedesco, durante la Campagna di Francia del

1940, parteciparono reparti di artiglieria someggiata.

• Pare che durante la battaglia di El Alamein il feldmaresciallo Rommel abbia esclamato: “Il

soldato tedesco ha impressionato il mondo. Il soldato italiano ha impressionato il soldato

tedesco”.

• Nella notte fra il 18 e il 19 dicembre 1941, partendo dal sommergibile Scirè comandato da

Junio Valerio Borghese, alcuni elementi della X MAS (fra cui Durand de la Penne) penetrò

nel porto di Alessandria affondando, con dei siluri a lenta corsa (detti maiali) le corazzate

HMS Queen Elizabeh e HMS Valiant, la petroliera Sagona e il cacciatorpediniere HMS

Jervis.

• L'ultima carica di cavalleria della storia, effettuata da un esercito regolare ai danni di un

altro esercito regolare, fu quella del Savoia Cavalleria il 24 agosto 1942 a Isbuscenskij

(Russia). Gli italiani persero 32 uomini a fronte di 150 sovietici, catturando oltre 600

prigionieri.

16

Page 17: L'Italia in Guerra 1940-1943

Bibliografia

• BANTI Alberto Mario, L'età contemporanea. Dalle rivoluzioni settecentescheall'imperialismo, Bologna, Laterza, 2009.

• BANTI Alberto Mario, L'età contemporanea. Dalla Grande Guerra a oggi, Bologna,Laterza, 2009.

• BEREND Ivan, Storia economica dell'Europa nel XX Secolo, Milano, Mondadori, 2008.17• BERETTA Davide, Batteria semoventi alzo zero. Quelli di El Alamein, Milano, Mursia

1997. • DE FELICE Renzo, Breve storia del Fascismo, Milano, Mondadori, 2002.• GIORGERINI Giorgio, La guerra italiana sul mare. La marina tra vittoria e sconfitta.

1940-1943, Milano, Mondadori, 2009.• HEZLET Arthur, Storia dei sommergibili. La guerra subacquea dalle origini all'era

atomica, Firenze, Sansoni, 1967.• KERSHAW Ian, Hitler e l'enigma del consenso, Roma-Bari, Laterza, 2006.• LABANCA Nicola, L'istituzione militare in Italia. Politica e società, Milano, Unicopli,

2002.• LABANCA Nicola, Oltremare. Storia dell'espansione coloniale italiana, Bologna, Il

Mulino, 2002.• LANARO Silvio, Pensare la nazione, Roma, Donzelli, 2012.• LANARO Silvio, Retorica e politica, Roma, Donzelli, 2011.• LINDELL HART Basil, Storia militare della Seconda Guerra Mondiale. Gli eserciti, i fronti

e le battaglie, Milano, Mondadori, 2012.• PAVOLINI Paolo, Badoglio e C., strateghi della disfatta, Milano, Fratelli Fabbri, 1973.• PETACCO Arrigo, Faccetta Nera. Storia della conquista dell'impero, Milano, Mondadori,

2003.• PETACCO Arrigo, L'uomo della Provvidenza, Milano, Mondadori, 2006.• PETACCO Arrigo, L'armata nel deserto. Il segreto di El Alamein, Milano, Mondadori,

2010.• PETACCO Arrigo, La strana guerra. 1939-1940: quando Hitler e Stalin erano alleati e

Mussolini stava a guardare, Milano, Mondadori, 2008.• QUIRICO Domenico, Generali. Controstoria dei vertici militari che fecero e disfecero

l'Italia, Milano, Mondadori, 2006.• QUIRICO Domenico, Squadrone Bianco. Storia delle truppe coloniali italiane, Milano,

Mondadori, 2009.• RANZATO Gabriele, La Guerra di Spagna, Firenze, Giunti, 1995.• RIGONI STERN Mario, Il sergente nella neve, Torino, Einaudi, 1965.• ROCCA Gianni, Fucilate gli ammiragli. La tragedia della marina italiana nella Seconda

Guerra Mondiale, Milano, Mondadori, 2009.• ROCCA Gianni, I disperati. La tragedia dell'aeronautica italiana nella Seconda Guerra

Mondiale, Milano, Mondadori, 1991.• ROSATI Elio – CARASSITI Anna Maria, Dizionario delle Battaglie. Di terra, di mare e di

cielo, assedi, rivoluzioni, colpi di stato, guerre civili... I conflitti che sconvolsero la storiadell'umanità, Genova, Odysseus, 1996.

• ROUSSO Henry, La Francia di Vichy, Bologna, Il Mulino, 2010.• SEGRE' Claudio, Italo Balbo, Bologna, Il Mulino, 1988.

17

Page 18: L'Italia in Guerra 1940-1943

Illustrazioni

Illustrazione 1: http://iltafano.typepad.com/.a/6a00d83451654569e20134875df261970c-800wiIllustrazione 2: http://it.wikipedia.org/wiki/File:Map_Europe_1923-it.svgIllustrazione 3: http://cultura.biografieonline.it/le-cause-della-crisi-economica-del-1929/Illustrazione 4: http://it.wikipedia.org/wiki/File:ProgettoImperoItaliano.jpgIllustrazione 5: http://www.finn.it/regia/html/fra_le_due_guerre.htmIllustrazione 6: http://www.wwii-photos-maps.com/panzer/Italian%20Tanks/slides/Italian%20Tank%20L3-33.htmlIllustrazione 7: http://intoccabili.wordpress.com/2013/05/09/9-maggio-1936-mussolini-annuncia-la-fine-della-guerra-delletiopia-e-proclama-la-nascita-dellimpero/Illustrazione 8: http://www.betasom.it/forum/index.php?showtopic=26292Illustrazione 9: http://www.comandosupremo.com/cannone9053.htmlIllustrazione 10: http://it.wikipedia.org/wiki/File:RN_Littorio_seen_from_an_aircraft_(1941).jpgIllustrazione 11: http://www.finn.it/regia/html/gift.htmIllustrazione 12: http://it.wikipedia.org/wiki/File:Macchi200_c.JPG

18

Page 19: L'Italia in Guerra 1940-1943

Informazioni sull'autore

Livio Tonazzo nasce a Dolo il 19 ottobre 1990. Diplomato al Liceo Scientifico “E.Curiel” di

Padova, si iscrive al corso di laurea triennale in Storia dell'Università degli Studi di Padova. Nel

2012 si laurea con una tesi intitolata “Aspetti Economici del Colonialismo Italiano in Eritrea” e

curata dal prof. Giovanni Luigi Fontana. Attualmente è iscritto al Corso di Laurea Specialistica in

Scienze Storiche.

Nel corso degli studi, iniziati in giovane età, ha avuto modo di approfondire ambiti disparati, quali,

ad esempio, colonialismo italiano, fascismo e storia militare del '900.

19