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L’Italia alla vigilia della Prima Guerra Mondiale · Giolitti al governo Nel 1903 Giovanni...
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l’Italia agli inizi del ‘900
Nel 1900 il re Umberto I viene
assassinato.
Il suo posto viene preso dal figlio,
Vittorio Emanuele III.
Egli sarà sovrano d’Italia fino al 1946, anno in cui inizia la
Repubblica.
Giolitti al governo
Nel 1903 Giovanni Giolitti diventa Presidente del Consiglio.
Governerà l’Italia, con brevi interruzioni, fino al 1914.
Il periodo di Governo da lui presieduto prenderà il nome di ‘età giolittiana’, per indicare i numerosi e importanti cambiamenti avvenuti in questi anni.
La politica interna di Giolitti
Le riforme di Giolitti in politica interna possono essere divise in due gruppi principali:
Politica
economica
Politica sociale
Politica interna
La politica economica
Giolitti si fece promotore dello sviluppo industriale dell’Italia.
Lo sviluppo industriale fu favorito da alcune
azioni, per esempio la costruzione di grandi laghi artificiali sulle
Alpi, in modo da produrre energia
idroelettrica piuttosto che carbone.
Giolitti sostenne anche una politica
protezionistica. Il protezionismo consiste
nell’intervento dello Stato a favore dei
prodotti nazionali con leggi che penalizzano i
prodotti esteri, sui quali vengono applicati alti dazi doganali, cioè tasse per importare.
Infine, Giolitti favorì la collaborazione tra
banche ed imprenditori, in modo
che le banche concedessero agli
industriali prestiti con i quali avviare le
industrie.
Il Triangolo industriale
Queste azioni favorirono il decollo industriale del Nord Italia, in particolare del cosiddetto ‘Triangolo industriale’, costituito da Torino-Milano-Genova. Qui sorsero importanti industrie, come ad esempio:
La FIAT a Torino La Ansaldo (cantieri navali)
a Genova La Breda (meccanica) a
Milano
La ‘questione meridionale’
Le scelte politiche di Giolitti fanno decollare il Nord, che si sviluppa molto nei primi anni del ‘900.
Molto diversa è la situazione nel resto d’Italia, soprattutto al Sud, dove il progresso industriale non riesce ad andare avanti, anche a causa di un’aristocrazia terriera poco interessata ad apportare miglioramenti alle proprie produzioni agricole. D’altro canto, il protezionismo gli garantiva comunque la vendita dei prodotti.
Ciò accentuò ulteriormente il divario già esistente tra Nord e Sud. Negli anni tra il 1900 ed il 1914 emigrarono all’estero ben 8 milioni di italiani, alla disperata ricerca di un miglioramento di vita.
La politica sociale
Essa si basò su alcuni punti fondamentali:
Imparzialità dello Stato nelle lotte tra borghesia e classe operaia.
Nazionalizzazione e municipalizzazione di alcuni servizi.
Benessere dei lavoratori.
Suffragio universale maschile.
L’imparzialità dello Stato.
Giolitti attuò una politica di mediazione tra la classe imprenditoriale e gli operai, sostenendo che lo Stato non dovesse schierarsi a favore di una delle due parti, ma dovesse garantire la sua imparzialità, limitando la violenza e gli eccessi
Perciò tollerò gli scioperi e permise agli operai di riunirsi in una grande confederazione sindacale, la Confederazione Generale del Lavoro (CGL), sorta a Milano il 1 ottobre 1906.
Nazionalizzazione e municipalizzazione
Giolitti scelse di nazionalizzare le ferrovie, che quindi furono acquistate e gestite dallo Stato. Lo sviluppo ferroviario fu un passo importante anche per lo sviluppo economico dell’Italia.
Inoltre mise in atto la municipalizzazione dei servizi pubblici, con la quale trasferì ai Comuni la gestione di alcuni servizi di pubblica utilità, come acqua, elettricità, gas, trasporti urbani, con lo scopo di semplificarne e migliorarne la gestione.
Benessere dei lavoratori
obbligo del riposo festivo;
divieto del lavoro notturno per le donne e i ragazzi;
assicurazioni contro gli infortuni e le malattie.
Convinto che il miglioramento delle condizioni di lavoro potesse migliorare anche la produzione, Giolitti, su proposta dei Socialisti, approvò diverse leggi sul lavoro:
Il suffragio universale maschile (1912)
Una delle più importanti riforme messe in atto da Giolitti fu senza dubbio quella del suffragio universale maschile, cioè la concessione del diritto al voto a tutti i cittadini maschi adulti, compresi gli analfabeti che avessero compiuto trent’anni e avessero svolto il servizio militare. Si trattava di un diritto fino ad allora riservato ai soli uomini delle classi sociali medio-alte. Con questa riforma il numero degli elettori balzò da tre ad otto milioni. Ne rimanevano ancora escluse le donne, secondo il comune e diffuso pregiudizio per cui queste non dovessero né potessero affatto interessarsi di politica.
La politica estera: la conquista della Libia
In politica estera l’azione di Giolitti si indirizzò alla conquista della Libia, che fino ad allora era stata un possedimento Turco.
L’impresa libica fu incoraggiata soprattutto dai nazionalisti e dagli imprenditori. I primi erano politici la cui idea si basava sull’affermazione dell’Italia a livello internazionale: questa affermazione doveva passare anche attraverso la costruzione di un grande impero coloniale, come quello di Francia e Inghilterra. I secondi, industriali produttori di armi, vedevano in una guerra un’occasione di arricchimento.
Nel 1911 l’Italia dichiarò, perciò, guerra alla Turchia. La conquista fu difficile a causa della resistenza dei Turchi. Nel 1912 la Libia fu dichiarata colonia italiana: essa, tuttavia, si rivelò un territorio non tanto ricco quanto gli Italiani avevano sperato.
La fine del governo Giolitti
Nel 1914 Giolitti diede le dimissioni.
Molti, infatti, erano i suoi nemici politici, nonostante la sua
politica essenzialmente
positiva.
Veniva accusato soprattutto di aver stretto
alleanze con partiti politici molto diversi tra loro pur di ottenere voti.
Inoltre veniva accusato di non aver risolto i problemi del
Meridione.
Al suo posto divenne Presidente del Consiglio Antonio Salandra. Siamo
alla vigilia della Prima Guerra Mondiale.