L’IPA e l’ambiguità dei sistemi di trascrizione · PDF filefonetica in cui...

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L’IPA e l’ambiguità dei sistemi di trascrizione tradizionali Elenchiamo alcuni problemi che si riscontrano con l’alfabeto italiano utilizzato come sistema di trascrizione fonetica: - talvolta, una stessa lettera rappresenta due foni (o anche fonemi) diversi in parole diverse: stella vs medico casa vs cima gatto vs giostra - talvolta, due lettere diverse rappresentano lo stesso fono/fonema in parole diverse: quale vs scuola gara vs ghiro - talvolta, una sequenza di lettere rappresenta un solo fono/fonema: scivolo, meglio, ragno, chiostro, ghiotto (viceversa, x è una lettera singola ma rappresenta una sequenza di due foni/fonemi: xilofono) - vi sono lettere che non corrispondono a nessun fono: chiesa, ghiera, cielo, scienza - una stessa lettera può talvolta rappresentare foni diversi per parlanti diversi: ad esempio, la s di casa rappresenta foni diversi per un parlante veneto e un parlante napoletano. - l’alfabeto italiano manca di simboli che possano rappresentare foni assenti dall’italiano (per es., la r francese, la h tedesca, la u giapponese). - anche nell’ambito delle lingue che usano l’alfabeto latino, si usano spesso lettere diverse per trascrivere lo stesso fono/fonema (ad es. c nell’inglese cinnamon rappresenta lo stesso fono di s nell’italiano signore), e, ancora più spesso, la stessa lettera può rappresentare foni/fonemi diversi in lingue diverse (la h in italiano, tedesco, inglese) Per ovviare alle ambiguità ed ai problemi posti dalle grafie alfabetiche convenzionali, i linguisti hanno adottato varie forme di trascrizione fonetica in cui ci sia una relazione di corrispondenza biunivoca tra simboli e suoni: ad ogni simbolo corrisponde uno ed un solo suono e ad ogni suono uno ed un solo simbolo.

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L’IPA e l’ambiguità dei sistemi di trascrizione tradizionali Elenchiamo alcuni problemi che si riscontrano con l’alfabeto italiano utilizzato come sistema di trascrizione fonetica: - talvolta, una stessa lettera rappresenta due foni (o anche fonemi) diversi in parole diverse: stella vs medico casa vs cima gatto vs giostra - talvolta, due lettere diverse rappresentano lo stesso fono/fonema in parole diverse: quale vs scuola gara vs ghiro - talvolta, una sequenza di lettere rappresenta un solo fono/fonema: scivolo, meglio, ragno, chiostro, ghiotto (viceversa, x è una lettera singola ma rappresenta una sequenza di due foni/fonemi: xilofono) - vi sono lettere che non corrispondono a nessun fono: chiesa, ghiera, cielo, scienza - una stessa lettera può talvolta rappresentare foni diversi per parlanti diversi: ad esempio, la s di casa rappresenta foni diversi per un parlante veneto e un parlante napoletano. - l’alfabeto italiano manca di simboli che possano rappresentare foni assenti dall’italiano (per es., la r francese, la h tedesca, la u giapponese). - anche nell’ambito delle lingue che usano l’alfabeto latino, si usano spesso lettere diverse per trascrivere lo stesso fono/fonema (ad es. c nell’inglese cinnamon rappresenta lo stesso fono di s nell’italiano signore), e, ancora più spesso, la stessa lettera può rappresentare foni/fonemi diversi in lingue diverse (la h in italiano, tedesco, inglese) Per ovviare alle ambiguità ed ai problemi posti dalle grafie alfabetiche convenzionali, i linguisti hanno adottato varie forme di trascrizione fonetica in cui ci sia una relazione di corrispondenza biunivoca tra simboli e suoni: ad ogni simbolo corrisponde uno ed un solo suono e ad ogni suono uno ed un solo simbolo.

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L’Alfabeto Fonetico Internazionale (IPA), elaborato dalla International Phonetic Association, contiene un insieme di simboli (e diacritici) che consentono di rappresentare i foni di tutti i sistemi linguistici conosciuti; esso viene periodicamente aggiornato (l’ultima volta lo è stato nel 1996). Nell’alfabeto IPA, ciascun fono corrisponde ad un solo simbolo (st[e]lla vs m[E]dico) e ciascun simbolo corrisponde ad un solo fono (tutt’al più, certi foni vengono rappresentati dallo stesso simbolo, ma con segni diacritici diversi: es., /a/ vs. /˜a/) L’apparato fonatorio La maggior parte dei foni che produciamo viene prodotta sfruttando il flusso d’aria che fuoriesce dai polmoni durante l’espirazione (flusso polmonare egressivo, cioè diretto verso l’esterno). L’italiano usa solo questo tipo di flusso, altre lingue usano anche quello ingressivo, in cui il flusso d’aria è diretto verso l’interno. Il flusso d’aria polmonare egressivo sale dai polmoni ai bronchi alla trachea fino alla laringe; nella laringe si trova la glottide, che contiene due membrane muscolari, le corde vocali, le quali possono essere accostate/ vicine o aperte/lontane. Se sono accostate, vibrano con il passaggio dell’aria e abbiamo suoni sonori; se sono aperte, non vibrano per il passaggio dell’aria ed abbiamo suoni sordi. Lo spazio al di sopra delle corde vocali si chiama tratto vocale, che si divide a sua volta in orofaringe e cavità nasale. Le parti dell’orofaringe che vengono usate per produrre suoni si chiamano articolatori. L’ostruzione del flusso è in genere prodotta dall’ avvicinamento degli articolatori sulla superficie inferiore dell’orofaringe a quelli collocati sulla superficie superiore dell’orofaringe. Gli articolatori superiori comprendono: labbro superiore denti superiori/alveoli palato (duro) velo palatino (palato molle) ugola faringe (area compresa tra ugola e laringe)

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Gli articolatori inferiori comprendono: labbro inferiore diverse parti della lingua: corona (punta e lama della lingua), dorso, radice (o parte posteriore) La cavità nasale Il flusso d’aria che sale oltre la glottide può essere emesso all’esterno o attraverso la cavità orale o attraverso la cavità nasale. La direzione è determinata dalla posizione sollevata o abbassata del velo palatino; il velo può cioè trovarsi in posizione alzata, e premere contro la parete posteriore della faringe, nel qual caso l’aria uscirà soltanto attraverso la cavità orofaringea e si avranno foni orali (come [a] e [t]), oppure in posizione abbassata, nel qual caso l’aria uscirà anche attraverso la cavità nasale, e si avranno foni nasali (come [˜a] e [n]). Consonanti vs Vocali Possiamo distinguere tra due categorie principali di suoni: le consonanti e le vocali. Nel percorso dalla glottide verso l’esterno il flusso d’aria polmonare può essere libero oppure più o meno ostruito. Nel caso in cui l’aria fluisca liberamente verso l’esterno otteniamo dei suoni vocalici; nel caso invece che vi sia una qualche ostruzione – parziale o totale – del flusso da parte degli articolatori, otteniamo dei suoni consonantici. Le lingue tendono a preferire parole caratterizzate da una sequenza di articolazioni di chiusura ed apertura, cioè di consonanti e vocali; come vedremo più avanti, il tipo di sillaba più comune nelle lingue è CV, cioè quello formato da una consonante (C) e da una vocale (V). Vocali Le vocali vengono prodotte modificando la forma del cavo orofaringeo, ma senza ostruire in maniera rilevante il corso del flusso d’aria proveniente dai polmoni, cosicché il suono prodotto dalla vibrazione delle corde vocali assume risonanze distinte, ma non viene trasformato in rumore (come nel caso delle consonanti). Le vocali vengono prodotte con il dorso della lingua che avanza o arretra, e si alza ed abbassa, senza però creare una costrizione del flusso d’aria. Inoltre, il movimento della lingua può essere accompagnato da una concomitante protrusione ed arrotondamento delle labbra.

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Dunque, semplificando, le vocali possono essere posizionate in uno spazio tridimensionale, detto spazio vocalico, sulla base di tre parametri: - posteriorità: chiamiamo anteriori le vocali prodotte con un avanzamento del dorso verso il palato, posteriori quelle prodotte con un arretramento del dorso verso il velo, centrali quelle prodotte senza avanzamento o arretramento. - altezza: a seconda del grado di innalzamento della lingua (rispetto ad uno stadio di riposo che è più o meno centrale), possiamo distinguere tra vocali alte, medio-alte, medio-basse e basse. - arrotondamento: le vocali prodotte con una protusione/arrotondamento delle labbra si dicono arrotondate; le altre sono non arrotondate. Le vocali possono essere rappresentate distribuite in un trapezio in cui i rispettivi simboli vengono collocati nel punto corrispondente alla posizione della lingua (altezza e posteriorità) nel momento in cui esse vengono prodotte. Lo schema vocalico è il seguente:

anteriore centrale posteriore arrotondato arrotondato alto y i u ø e o medio @ œ E O

basso a

Le vocali dell’italiano standard: a [centrale bassa non-arrotondata] fame, gare, patto - vocali anteriori e non-arrotondate: i [anteriore alta non-arrotondata] mito, tifo, primo e [anteriore medio-alta non-arrotondata] vela, neve, fede E [anteriore medio-bassa non-arrotondata] gElo, vErso, bEllo - vocali posteriori e arrotondate: u [posteriore alta arrotondata] muro, furto, guglia o [posteriore medio-alta arrotondata] gola, dorso, mostro

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O [posteriore medio-bassa arrotondata] foglio, mobile, coro Al grado di innalzamento, o piuttosto abbassamento, corrisponde anche un grado di maggiore o minore apertura della bocca; si parla quindi anche di vocali aperte (= basse) e chiuse (= alte). Per illustrare altre possibili combinazioni dei parametri vocalici, esamineremo anche alcune vocali che sono assenti dall’italiano standard, ma sono rappresentative per varie ragioni. y [anteriore alta arrotondata] viene prodotta con la lingua in una posizione simile a quella che assume quando si produce [i], ma con le labbra protruse (si trova per es. in tedesco dove viene trascritta con ü – über, e in francese dove viene trascritta con û - sûr) ø [anteriore media arrotondata] nel tedesco schön œ [anteriore bassa? arrotondata] nel tedesco zwölf @ [centrale media non-arrotondata] questa vocale, nota anche come schwa, è la vocale neutra, cioè il suono che si ottiene facendo vibrare le corde vocali e tenendo la lingua in posizione di riposo (semplificando, si potrebbe dire che lo schwa è il suono delle corde vocali che vibrano); per questa ragione, tende spesso trovarsi in posizioni atone: ad esempio, nell’inglese about; in tedesco e in napoletano si trova in posizione finale non accentata di parola: ted. Mitte ‘centro’, nap. jamme ‘andiamo’. [I [anteriore alta centralizzata] simile ad [i], ma prodotta con un gesto meno estremo, è dunque leggermente meno alta e meno anteriore: a noi italiani suona quasi come una [e] molto breve (ad es. in inglese beat [bi:t] vs. bit [bIt]] Vocali nasalizzate Tipicamente le vocali sono foni orali, cioè prodotti con il velo alzato che non lascia passare l’aria attraverso il naso; capita talvolta, però, che davanti ad una nasale, per un effetto di assimilazione, le vocali vengano prodotte con il velo abbassato (almeno per una porzione della loro durata), e cioè come vocali nasali o nasalizzate (rappresentate in IPA da una tilde

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(~) sopra il simbolo della vocale); per esempio, in un italiano parlato con forte accento veneto, canto può diventare [k˜a:Nto]. In un contesto di questo genere, la nasale, nel corso della storia della lingua, può perdersi, ma la vocale precedente ne preserva la nasalità; avremo in tal caso lo sviluppo di vocali nasalizzate come fonemi autonomi, come esistono ad esempio in francese o in portoghese. Consonanti Possiamo classificare le consonanti sulla base di tre parametri: - modo di articolazione, cioè in base al modo in cui gli articolatori producono la chiusura parziale o totale della cavità orofaringea; - luogo/punto di articolazione, cioè in base a quali articolatori producono la chiusura parziale o totale della cavità orofaringea; - sonorità, cioè in base al fatto che le corde vocali siano separate o accostate e in vibrazione durante la produzione del suono. La tabella IPA delle consonanti prodotte con aria proveniente dai polmoni riflette questa tassonomia: le righe corrispondono a diversi modi di articolazione; le colonne corrispondono a diversi luoghi di articolazione (in un rapporto “iconico” con i tipici diagrammi dell’apparato fonatorio); all’interno di ciascuna casella, il fono sordo è a sinistra, quello sonoro a destra. Forniamo una classificazione delle consonanti secondo il modo di articolazione, e all’interno di questo, secondo il luogo di articolazione. Occlusive (orali): il modo di articolazione occlusivo orale consiste in un blocco completo dell’aria in un punto del canale orale (per esempio, nel caso di [p], il blocco viene formato con le labbra); il velo è alzato, così che l’aria non può passare attraverso il naso. Le occlusive sono quindi prodotte da una occlusione completa del canale in cui passa l'aria, seguita da un'improvvisa apertura; esse sono anche dette momentanee o esplosive proprio perché producono, nel momento in cui sono pronunciate, una sorta di esplosione d'aria. occlusive bilabiali, prodotte chiudendo le labbra: sorda p padre [‘pa:dre] sonora b barca [‘barka] opera abito

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occlusive dentali, prodotte con la corona della lingua che va contro i denti: sorda t talpa [‘talpa] sonora d diga [‘di:ga] etico dardo occlusive velari, prodotte con il dorso della lingua che va contro il velo: sorda k canto [‘kanto] sonora g gara [‘ga:ra] icona agosto Fricative: il modo di articolazione fricativo (orale) consiste in un forte restringimento in un punto del canale orale, cosicché l’aria, costretta a passare attraverso una stretta fessura, produce un rumore di frizione. [fricative bilabiali, prodotte accostando il labbro superiore e quello inferiore: sorda φ ape [‘a:φe]con gorgia sonora ß ewe [eße]] fricative labiodentali, prodotte con il labbro inferiore accostato agli incisivi superiori: sorda f fata [‘fa:ta] sonora v vita [‘vi:ta] tifo diva [fricative interdentali, pronunciate con la punta della lingua che sporge tra i denti, o comunque con un accostamento della lingua ai denti: sorda θ think [‘θiNk] sonora ð that [ðaet]] sibilanti alveolari (equivalenti fricative di [t d]) anche se nel territorio italiano si registra una notevole variazione rispetto all’esatto luogo di articolazione: sorda s sedia [‘sEdja] sonora z isola [‘i:zola] astro mese sibilanti palatoalveolari, prodotte con avvicinamento della lamina alla zona postalveolare: sorda ∫ sciame [‘∫a:me] sonora ζ garage [ga’raζ] cuscino division [diviζon]?? fricativa glottidale sorda, si tratta del suono reso dal grafema h che si trova in tedesco o inglese in haben / have

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Affricate: le affricate sono occlusive la cui fase di rilascio è così lenta che finisce per suonare come la fricativa equivalente; sono perciò consonanti foneticamente complesse perché iniziano come occlusive e terminano come fricative. Si può dunque pensare alle affricate come ad un’occlusiva ed una fricativa col medesimo luogo di articolazione, prodotte in rapida sequenza, e sentite dai parlanti come un’unità fonetica (tanto che in vari sistemi ortografici possono essere indicate con un solo grafema). affricate alveolari (equivalenti affricate delle occlusive [t/d] e delle fricative [s/z]); sia la resa fonetica che la distribuzione tendono a variare molto da area ad area e perfino da parlante a parlante: sorda ts stazione [sta’tsjone] sonora dz zero [‘dzE:ro] ozio azoto

razza [‘rat:sa] ‘stirpe’ razza [‘rad:za]‘tipo di pesce’

affricate palatoalveolari (equivalenti affricate delle fricative [∫ ζ]): sorda t∫ cena [‘t∫e:na] sonora dζ gelo [‘dζE:lo] aceto ragione Le sonoranti Una categoria intermedia è quella delle consonanti sonoranti. Dal punto di vista del modo di articolazione le sonoranti hanno uno statuto ambiguo, poiché sono dotate di caratteristiche vocaliche e consonantiche; esse hanno una componente vocalica costituita dalla vibrazione delle corde vocali, la stessa che si ha nelle vocali vere e proprie (per cui possono essere sonanti, cioè svolgere funzioni di vocale); questa vibrazione spontanea è un effetto fisico di un passaggio libero dell'aria in qualche punto del risonatore; sono quindi prodotte sia con una ostruzione del flusso d’aria (nella bocca) sia contemporaneamente con libero passaggio di aria (nella cavità nasale o in quella orofaringea). Si distinguono in: nasali, liquide (vibranti e laterali) e semivocali (o approssimanti). I foni liquidi e nasali possono, in quanto consonanti, essere inizio di sillaba, ma in alcune lingue (ad esempio nelle lingue slave) essi possono fungere anche da nucleo sillabico. Nasali

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Il modo di articolazione occlusivo nasale consiste in un blocco completo dell’aria in un punto del canale orale, ma con il velo abbassato, cosicché l’aria passa attraverso il naso (ad esempio, la [m] è come una [b] prodotta lasciando che l’aria passi attraverso la cavità nasale). Le nasali tendono ad essere sonore (le nasali sorde sono foni rari). Sulla base del luogo di articolazione, distinguiamo cinque diversi foni nasali: [m] con occlusione labiale, [M] labiodentale, [n] alveolare, [ñ] palatale, [η] velare. nasale bilabiale, equivalente nasale di [b], come in mano [‘ma:no], cima nasale labiodentale, prodotta con il labbro inferiore appoggiato agli incisivi superiori; rarissimo come fonema, esiste in certe varietà di italiano come allofono di /n/ davanti alle labiodentali [f v]: anfibio [‘aMfibjo] invece [iM’ve:t∫e] nasale alveolare, equivalente nasale di [d], come in nero [‘ne:ro], anello nasale palatale ñ, prodotta con la parte frontale del dorso della lingua contro il palato duro; viene trascritta in italiano con il grafema gn: ragno [‘rañ:o] ignoto [i’ñO:to] nasale velare, equivalente nasale di [g]; in italiano è allofono di /n/ davanti ad occlusiva velare (in banco [‘baηko]), ma è fonema indipendente in inglese (sing vs sin), tedesco (singen vs. sinnen) e in molte altre lingue (igbo, sindhi, vietnamita, coreano). Liquide Vibranti I foni plurivibranti (o trilli, sempre sonori) si ottengono facendo vibrare un articolatore (si può quasi pensare ad un trillo come ad una serie di brevissime e deboli occlusive sonore e vocali prodotte in rapidissima sequenza). Le lingue umane conoscono tre diversi tipi di trilli: [- trillo bilabiale: si ottiene facendo vibrare le labbra, come per imitare il suono di un motore o simulare brividi di freddo, ma è attestato - seppur raramente - come fono (ad es. in lingue della famiglia Bantu)] - trillo alveolare, equivalente trillato di [d], è la r tipica dell’italiano; - trillo uvulare, ottenuto facendo vibrare l’area posteriore del dorso della lingua contro l’ugola; si trova in tedesco (in rein), ma è comune anche tra gli italiani con la ‘erre moscia’.

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[Ricordiamo anche una monovibrante o battito (tap) alveolare, simile ad una [r] prodotta con una singola vibrazione, o una [d] brevissima e molto debole, dove la lingua arriva appena a toccare i denti o gli alveoli; si tratta della r breve e non iniziale di parola dello spagnolo (pe[R]o ‘però’ vs pe[r:]o ‘cane’) e anche di vari italiani regionali); in inglese americano è un allofono di /t d/ in certi contesti (come in city [‘sIRI]) mentre in inglese britannico è la tipica pronuncia di r tra due vocali] Laterali Il modo di articolazione laterale consiste in una chiusura nella parte mediana del cavo orale, mentre l’aria può comunque passare da uno o ambedue i lati; come le nasali e le vibranti, le laterali tendono ad essere sonore. In italiano distinguiamo: - laterale alveolare l, equivalente laterale di [d], come in lana[‘la:na], velo; - laterale palatale λ, suono piuttosto raro nelle lingue del mondo, come in raglio [‘ra:λo], figlio. Approssimanti o semivocali Le semivocali (o approssimanti) sono prodotte con una costrizione rapida e ‘aperta’, lasciando abbastanza spazio all’aria di passare senza creare un rumore di frizione; sono tipicamente sonore; possiamo pensare ad esse come a segmenti “intermedi” tra consonanti e vocali. Le semivocali sono dunque delle vocali che non si trovano nella posizione di nucleo sillabico (se sono nuclei diventano - ovviamente - delle vocali, cioè rispettivamente i/u); possono svolgere la funzione di consonante (womo, jena) o aggiungersi al nucleo formando la coda della sillaba (cawsa, bajta); possono anche, come altre consonanti, essere aggiunte all'attacco della sillaba (bwono, bjanko). Qualcuno distingue le semivocali (quelle che seguono il nucleo) dalle semiconsonanti (quelle che precedono il nucleo, e svolgono le funzioni di consonante; foneticamente producono un più forte rumore). approssimante palatale j: simile ad una fricativa palatale sonora articolata molto debolmente (questi due foni e la vocale [i] formano una sorta di continuum); si trova in italiano per es. in iodio [‘jO:djo] approssimante labiovelare w: si ottiene con una debole costrizione velare e concomitante arrotondamento delle labbra; si può pensare a questo

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segmento - molto comune - come ad una specie di versione ‘consonantica’ della vocale [u]; in italiano si trova, ad es., nella parola uomo [‘wO:mo]. Ostruenti e sonoranti L’insieme di tutte le consonanti escluse le sonoranti, cioè tutte le consonanti con il tratto [- sonorante], sono dette ostruenti. Mentre lo stato non marcato delle sonoranti è la sonorità, lo stato non marcato delle ostruenti è la mancanza di sonorità: la sonorità viene aggiunta alle ostruenti con un dispendio ulteriore di energia (tensione delle corde vocali per accostarle e favorire la loro vibrazione al passaggio dell'aria); la mancanza di sonorità è ottenuta nelle vocali e nelle consonanti sonoranti con un sovrappiù di energia che blocca la vibrazione delle corde vocali, che sarebbe spontanea. Distinzione in base al punto di articolazione - bilabiali: l’ostruzione o l’occlusione è data dall’avvicinamento delle labbra: occlusive [p] [b]; continue [φ] [ß]; sonoranti [m]; - labiodentali: l’ostruzione è data dalle labbra inferiori che si avvicinano ai denti superiori: continue [f] [v]; - dentali: l’ostruzione o l’occlusione avviene con la lingua sui denti o sugli alveoli: occlusive [t][d], continue [s][z], affricate [ts][dz], sonoranti [l][n] [r]; - interdentali: l’ostruzione è determinata dall’inserimento della lingua fra i denti: continue [ϑ] [δ]; - palatali: l’occlusione o l’ostruzione è data dalla lingua sulla parte centrale del palato, detta anche palato duro: continue [∫] [ζ], occlusive /c, ĵ/??, affricate [t∫] [dζ], sonoranti [λ][ñ]; - velari: l’ostruzione o occlusione è data dalla lingua sulla parte posteriore del palato, detta ‘velo palatino’: occlusive [k] [g], sonoranti [η] Distinzione in base alla sonorità - sonore, se c'è vibrazione delle corde vocali (es.: b, d, v, g); - sorde, se non c'è vibrazione delle corde vocali (es.: p, t, f, k). Si ricordi che nelle vocali e nelle sonoranti, la vibrazione è spontanea: esse sono pertanto normalmente sonore; alcune lingue ammettono però nel loro sistema vocali e sonoranti sorde.