L'inventario del costruito recente

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Forme ed usi del quotidiano in Sicilia

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Chiara Rizzica

L’inventario del “costruito recente”Forme ed usi del quotidiano in Sicilia

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A Giovanna Catra

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Premessa

La fotografia del paesaggio italiano nell’anno 2007, così come pubblicata dal PARC nell’Atlante italiano 007 – Rischio Paesaggio, restituisce un’immagine attualizzata dei territori in trasformazione che coin-cide con quella di uno straordinario repertorio di modificazioni successive della condizione “normale”. Più della regola si prova a censire l’eccezione: l’ille-gale, l’abbandonato, il deforme, il dismesso. Anche del “naturale” si predilige la variante artefatta del re-siduo, o dello scarto, dato dalla presenza antropica e dall’attività produttiva.

Di questo mondo del “costruito recente”, composito per natura e forma, le discipline dell’architettura e del paesaggio stentano ad elaborare una rappresentazio-ne efficace. Pur senza indugiare sul microscopio, può essere utile rintracciare storie minori che, alla luce di quelle maestre, siano capaci di descrivere fenomeni e vicende fino ad ora in ombra. Ma per orientarsi nello spazio frammentario e multiforme della microscala serve costruirsi un punto di vista privilegiato capace di includere elementi, fonti e materiali eterodossi per renderli disponibili all’indagine. L’accumulazione di questi oggetti di curiosità scientifica, da studiare sin-golarmente o collocati in un’adeguata cornice, corri-sponde ad una precisa proposta formale ed estetica:

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Lungomare di Aspra, Bagheria, Palermo, 2006G. B. Piranesi, Vedute di Roma, 1748

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il ritorno all’esperienza del quotidiano come fonte primaria di conoscenza e l’inclusione sistematica del “fuori norma” delle pratiche nelle teorie dell’architet-tura e del paesaggio.

L’esito di questo lavoro integrato su scenari e im-maginari del mondo attuale ribalta le tradizionali formalizzazioni delle idee di patrimonio, qualità e bellezza e si combina con quella di una nuova rappre-sentazione del costruire, del “fare mondi”: una lista di oggetti indispensabili al progetto e all’invenzione dei linguaggi. Da qui la ricerca di uno strumento uti-le per il mestiere di architetto e di ricercatore, di una forma entro cui costringere intuizioni e descrizioni: un inventario.

Se la contiguità tra scenario e immaginario è l’og-getto di questo contributo, la distanza tra didattica e ricerca ne è, forse, la causa. Nel mondo attuale delle scuole di architettura che oggi frequentiamo, come ricercatori occasionali e docenti a cottimo, le oppor-tunità di costruire percorsi di ricerca coerenti sono ridotte al minimo, mentre la domanda di attività didattica cresce a dismisura. Tocca fare di necessità virtù: trasformare il limbo della didattica nel parna-so delle ricerche, confidando, per quanto ci è ancora possibile, nel non ancora obsoleto vincolo di inscin-dibilità di studio e insegnamento e facendo appello

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alle residue capacità di immaginazione, o sopravvi-venza.

Questo libro, metà catalogo e metà phamplet, rac-coglie una serie di materiali, accumulati tra il 2006 e il 2009, con l’obbiettivo di cominciare a costruire un programma di ricerca su forme e usi dell’abitare contemporaneo. L’idea nasce da una serie di rifles-sioni sui temi del progetto della residenza e dell’ela-borazione dei linguaggi del contemporaneo maturate in occasioni diverse: un primo nucleo è la rielabora-zione del contributo al convegno internazionale Sce-nari dell’abitare abusivo. Strategie per l’intervento di recupero, tenutosi ad Agrigento nel 2007 e della proposta di progetto di ricerca FIRB 2009 - “Futuro in ricerca” Scenari del contemporaneo: l’architettu-ra low-cost per la qualità dell’abitare. Metodi, tec-niche, linguaggi per una trasformazione sostenibile del costruito.

Un’altra sezione è sviluppata a partire dalle espe-rienze didattiche condotte presso i workshop Di se-conda mano. Architettura è Edilizia. Trasformare la casa contemporanea: esperimenti e ragionamen-ti presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II nel 2006, e Conservare/Convertire. Il progetto della trasformazione della casa contemporanea presso l’IUAV, Università di Venezia nel 2007, alle quali ha fatto seguito un ulteriore approfondimento

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Casa a Marzamemi, Siracusa, 2009 A.Loos, Casa Müller, Praga, 1930, nella pagina seguente Rio de Janeiro, 2007

Qualità e Bellezza nello scenario del “costruito recente”

L’ipotesi di lavoro costruita sull’allargamento del-le pratiche dell’architettura fino ad includere i ver-tiginosi accostamenti di materiali e linguaggi dispo-nibili nell’ambito del quotidiano e sul ritorno all’e-sperienza come fonte primaria della conoscenza non appartiene solo ad una pista di ricerca nuovamente antropocentrica e necessariamente “debole” (Bloor, 1976; Branzi 2006), ma definisce una vera e propria proposta formale ed estetica fondata su un principio di inclusione dotato di intenzionalità e pregiudizio: non si tratta soltanto di assumere, per esempio, che «il bello è brutto e il brutto è bello», ma di attribuire alla dissoluzione dei valori e delle loro categorie in-terpretative, all’azzeramento dei linguaggi, un valore metodologico fondativo con l’intenzione di procedere verso un rinnovamento degli strumenti del progetto di architettura a partire dall’elenco di ciò che c’è da progettare per arrivare all’elenco di ciò che ci è indi-spensabile per progettare.

La pratica dell’elenco (Zevi, 1977) non è nuova alle discipline dell’architettura, ma oggi sembra assu-mere un valore prioritario se viene contestualizzata

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nell’attuale scenario del “costruito recente” e del-le sue numerose e problematiche definizioni, sgan-ciandola dall’impalcato ideologico di quella parte della storiografia che ne privilegia l’aspetto eversivo anti-classico e anti-razionalista. Oggi, infatti, tanto la pratica quotidiana della professione di architetto, fatta di piccole misurazioni e azioni sull’ambiente co-struito nell’intorno più immediato, quanto la ricerca scientifica e il dibattito critico, le cui prospettive si incrociano sempre più insistentemente sui fenomeni quantitativamente rilevanti di trasformazione dei ter-ritori, guardano con attenzione crescente soprattutto ad una delle tante città attuali: quella città che, appa-rentemente senza progetto, si presenta già costruita.6

L’opzione di una ricerca che affronti il tema di una ricostruzione dello stato dell’architettura, e dei luoghi, a partire da quello che tout court architet-tura non è, trova quindi, un’ulteriore conferma nel quadro di un interesse generalizzato della comunità scientifica e del mondo della professione non solo verso l’apertura a metodi e linguaggi eterodossi da includere nella teoria e nella pratica del progetto, ma anche verso un sistema di presenze sul territorio che, mutati i canoni di attribuzione di significati, assume il valore di patrimonio per il solo, non trascurabile, fatto di esistere e di occupare tanto lo scenario quan-to l’immaginario del mondo attuale.

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R. Smithson, Asphalt Rundown, Roma 1969;nella pagina seguente W. Morris, Brother Rabbit, 1882, Chintz, 17 x 8,5 inches

(prima fra tutte quella del tempo) in un processo uni-tario e necessariamente flessibile, il progetto di ar-chitettura.

Come strategia di riuso e riconversione delle parti “utili”, la trasformazione è una forma di riciclo degli edifici che nasce dalla consapevolezza di uno stato di necessità —al variare del programma di un edificio, muta lo spazio— e che ridefinisce i confini della du-rata dell’architettura oltre i tempi brevi della società dei consumi.

Come programma ad ampia scala di azioni puntua-li, la trasformazione guarda più ad un’idea di territo-rio in rapido movimento nel tempo (micro-cantieri attivi) che a quella di uno congelato nell’attesa delle grandi opere.

Come indicazione epistemologica, infine, la tra-sformazione apre ad una pratica sistematica dell’ap-profondimento ed espressione delle contraddizioni e delle ambiguità, ad una “critica della sede” dell’ar-chitettura in grado, forse, se non di illuminare nuove avanguardie, di “riparare” il sofferente statuto della disciplina.8

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