L'Intenditore - ELSA Roma

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L’ INTENDITORE Edizione Speciale 5 Marzo 2014 L’EDITORIALE Lo scorso 8 gennaio il tavolo tecni- co presieduto da Antonio Catricalà, Vice Ministro dello Sviluppo Eco- nomico del governo Letta, ha ap- provato la bozza del primo Codice di Autoregolamentazione per il Contrasto al Cyberbullismo. Tra le ragioni fondanti di questo significativo risultato spiccano la consapevolezza della pericolosità dei nuovi media, in particolare dei social network, spazio privilegiato per la formazione di comportamen- ti aggressivi ed offensivi che i gio- vani indirizzano contro i loro coe- tanei con tragici epiloghi di cui l'at- tualità fornisce plurimi esempi, ed il riconoscimento del diritto del mi- nore ad un sano ed equilibrato svi- luppo psico-fisico, mediante ratifica della Convenzione Internazionale sul Diritto del Bambino adottata a New York dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989. Il testo, che segna la convergenza di l’appassionata partecipazione dei soci di tutta Europa Con la pubblicazione di questo magazine, che raccoglie il contribu- to dell' Avv. Paolo Galdieri, auto- revole esperto del Diritto Penale dell'Informatica, ELSA Roma ha voluto dare voce, oltre alle vostre riflessioni critiche su spinosi temi quali la tutela del diritto alla privacy degli utenti nel web, il di- ritto all'oblio e lo stesso cyberbulli- smo, anche alle testimonianze di chi, tra voi, ha partecipato con im- pegno ed entusiasmo alle nostre attività, sperando che la loro lettu- ra rappresenti, per alcuni, l'occasio- ne per riportare alla memoria una piacevole esperienza già vissuta, mentre per altri, lo stimolo giusto e decisivo per lanciarsi in una nuova esperienza da vivere insieme. Buon ELSA Day a tutti voi, e buo- na lettura! Giulia Valentini Director Seminari & Conferenze ELSA Roma interessi eterogenei rappresentati dall' AGCOM e dall'Autorità Ga- rante per l'Infanzia e per l'Adole- scenza da una parte e dai colossi del Web con lo scopo di prevenire ed arrestare l'allarmante espansione del fenomeno, prevede che gli operatori della rete, aderenti al Codice stesso, si impegnino ad attivare appositi meccanismi di segnalazione di epi- sodi di cyberbullismo ben visibili, agevolmente cliccabili e nella mede- sima lingua dell'utente che intende attivarli, così da consentire anche ai bambini di segnalare facilmente le situazioni di pericolo. La lotta al cyberbullismo rappresen- ta, tuttavia, solo una delle criticità del vasto e complesso argomento della tutela dei diritti umani in Internet, cui è dedicata questa edi- zione speciale del giornale on line "L'intenditore" pubblicata oggi, in occasione dell'ELSA Day. Questa giornata non è solo celebra- tiva dei diritti umani, ma anche della Vision e delle attività promosse ed organizzate da ELSA che non a- vrebbero ragion d'essere senza

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Giornale dedicato alla celebrazione dell'ELSA Day.

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L’ INTENDITORE Edizione Speciale 5 Marzo 2014

L’EDITORIALE Lo scorso 8 gennaio il tavolo tecni-co presieduto da Antonio Catricalà, Vice Ministro dello Sviluppo Eco-nomico del governo Letta, ha ap-provato la bozza del primo Codice di Autoregolamentazione per il Contrasto al Cyberbullismo. Tra le ragioni fondanti di questo significativo risultato spiccano la consapevolezza della pericolosità dei nuovi media, in particolare dei social network, spazio privilegiato per la formazione di comportamen-ti aggressivi ed offensivi che i gio-vani indirizzano contro i loro coe-tanei con tragici epiloghi di cui l'at-tualità fornisce plurimi esempi, ed il riconoscimento del diritto del mi-nore ad un sano ed equilibrato svi-luppo psico-fisico, mediante ratifica della Convenzione Internazionale sul Diritto del Bambino adottata a New York dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989. Il testo, che segna la convergenza di

l’appassionata partecipazione dei s o c i d i t u t t a E u r o p a Con la pubblicazione di questo magazine, che raccoglie il contribu-to dell' Avv. Paolo Galdieri, auto-revole esperto del Diritto Penale dell'Informatica, ELSA Roma ha voluto dare voce, oltre alle vostre riflessioni critiche su spinosi temi quali la tutela del diritto alla privacy degli utenti nel web, il di-ritto all'oblio e lo stesso cyberbulli-smo, anche alle testimonianze di chi, tra voi, ha partecipato con im-pegno ed entusiasmo alle nostre attività, sperando che la loro lettu-ra rappresenti, per alcuni, l'occasio-ne per riportare alla memoria una piacevole esperienza già vissuta, mentre per altri, lo stimolo giusto e decisivo per lanciarsi in una nuova esperienza da vivere insieme. Buon ELSA Day a tutti voi, e buo-na lettura!

Giulia Valentini Director Seminari & Conferenze ELSA Roma

interessi eterogenei rappresentati dall' AGCOM e dall'Autorità Ga-rante per l'Infanzia e per l'Adole-scenza da una parte e dai colossi del Web con lo scopo di prevenire ed arrestare l'allarmante espansione del fenomeno, prevede che gli operatori della rete, aderenti al Codice stesso, si impegnino ad attivare appositi meccanismi di segnalazione di epi-sodi di cyberbullismo ben visibili, agevolmente cliccabili e nella mede-sima lingua dell'utente che intende attivarli, così da consentire anche ai bambini di segnalare facilmente le situazioni di pericolo. La lotta al cyberbullismo rappresen-ta, tuttavia, solo una delle criticità del vasto e complesso argomento della tutela dei diritti umani in Internet, cui è dedicata questa edi-zione speciale del giornale on line "L'intenditore" pubblicata oggi, in occas ion e d e l l 'ELSA Day . Questa giornata non è solo celebra-tiva dei diritti umani, ma anche della Vision e delle attività promosse ed organizzate da ELSA che non a-vrebbero ragion d'essere senza

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Verso una tutela reale dei diritti “virtuali” Un ragionamento attorno al rap-porto che intercorre tra internet e i diritti umani presuppone una serie di considerazioni preliminari. La prima è che la rete è uno strumento ed in quanto tale ha natura neutra. Da anni assistiamo a dibattiti svolti da schieramenti opposti dove se da un lato si sottolineano i vantaggi offerti dalla rete, dall’altro si evi-denziano i pericoli legati al suo im-piego. Come evidenziato,infatti, da uno dei massimi studiosi del setto-re, Howard Rheingold, nel suo “Comunità virtuali”, la rete può rappresentare lo strumento massi-mo di democrazia, il mezzo per arricchire la nostra cultura, un qual-cosa che può favorire più di altri la libera circolazione delle idee e dei servizi, un modo di realizzare con-cretamente la globalizzazione. Lo stesso studioso, tuttavia, sottoli-nea, come rovescio della medaglia, che la rete può altresì essere impie-gata per favorire un controllo degli Stati autoritari sui propri cittadini, per cogliere proseliti da parte dei gruppi antidemocratici, per propa-gandare idee demagogiche. La rete può altresì essere utilizzata dai gruppi terroristici per sovvertire governi democratici, per commette-re reati, per aggredire, con modalità differenti, i diritti e le libertà dei singoli. La rete può essere, quindi, rappre-sentata, con validi argomenti, sia come mezzo altamente democrati-co, che come strumento in grado di minare fortemente i capisaldi della democrazia. Parimenti può essere raffigurata come luogo nel quale esercitare pienamente i propri diritti e come ambito all’interno del quale, più che in altri contesti, tali diritti possano essere violati. La spiegazione di tali letture con-trapposte e contraddittorie, nasce dal fatto che internet è uno stru-mento, in quanto tale neutro, ma è allo stesso tempo un ambito spazia-le in cui i soggetti si incontrano riproducendo, in tutto e per tutto, quelle condotte che si realizzano all’interno di qualsiasi comunità.

posto il problema di quale fosse la tutela possibile, atteso che ciascun Paese è dotato di proprie regole e considerato che la protezione ap-prestata non è sempre omogenea. Se, quindi, da un lato, si è auspicato un intervento in ambito internazio-nale ed europeo volto ad armoniz-zare le diverse legislazioni, c’è chi da tempo spinge per una regola-mentazione giuridica sovranaziona-le specificatamente riferita alla rete. La predisposizione di un codice mondiale di internet non sembra la strada percorribile attese le difficol-tà che si incontrerebbero nel mette-re d’accordo Paesi con culture e sensibilità giuridiche differenti, e stante gli ostacoli, segnatamente in ambito penale, che impediscono di immaginare regole giuridiche “universali”. Il riconoscimento di tale diritto, tuttavia, potrebbe non essere neces-sario considerato che la nostra Co-stituzione prevede già principi quali quelli dell’uguaglianza sostanziale e formale e della libera manifestazio-ne del pensiero, da far ritenere già prevista la libertà di accesso alla rete. Preferibile pare l’impostazione che m i r a a s o l l e c i t a r e un’armonizzazione delle legislazioni partendo dal riconoscimento dei diritti e libertà fondamentali in rete. In tale ottica si è posto il Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu laddove riconosce che i diritti di ciascun

La rete quale vera e propria ripro-duzione della società reale su scala virtuale, definita per questo società dell’informazione, era stata già rap-presentata ormai circa trent’anni fa dal mio Maestro, Vittorio Frosini, nel suo “Informatica, diritto e so-cietà”, dove si sottolineava l’esigenza di una rilettura dei diritti alla luce dell’innovazione tecnologi-ca in atto. Il Padre dell’Informatica giuridica in Italia aveva, infatti, colto alcuni a-spetti peculiari alla rete, oggi ancor più visibili.. In primo luogo rileva, come internet, salve le cosiddette netiquette, è un ambito che si è svi-luppato in assenza di regole. In se-condo luogo va sottolineato come la rete, consentendo a chiunque di collegarsi da dovunque si trovi, ha natura transnazionale, per cui per-mette il contatto tra soggetti che appartengono a Paesi con culture e sistemi giuridici differenti. Il fatto che la rete si sia sviluppata in assen-za di regole, se da un lato ha favori-to l’idea di un ambito dove si pos-sono espletare al massimo le pro-prie libertà, dall’altro, ha ben presto fatto temere che ciò potesse con-durre alla lesione delle libertà altrui. Sul piano giuridico, quindi, si è po-sto il problema di una regolamenta-zione giuridica in grado di evitare che l’esercizio delle libertà si tra-sformi in lesione di interessi indivi-duali e collettivi. D’altra parte la natura transnazionale della rete ha

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individuo devono essere trattati online alla stesso modo di come lo sono offline. Lo stesso Consiglio d’Europa ha ribadito che i principi della Conven-zione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali debbano applicarsi ad internet alla stessa stregua di quanto accade nei contesti “reali”. Tali principi sono stati più volte affer-mati dalla Giurisprudenza della Corte che in più occasioni ha ravvi-sato nelle condotte virtuali la viola-zione degli art. 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e art. 10 ( libertà di espressione) della Convenzione. Sempre in quest’ottica si colloca l’idea di una carta dei diritti del web, il cui fine principale è quello di una politica globale dei diritti volta a garantire le libertà fondamentali nel più grande spazio pubblico oggi esistente. Ciò posto, tuttavia, vi sono diverse questioni ancora aper-te. La prima nasce dalla considerazione che l’esercizio della libertà in rete presuppone a monte la possibilità di accedere all’interno di essa. Attual-mente non tutti i Paesi garantiscono tale accesso, vuoi per motivi politici, pensiamo ai cosidetti “Stati cana-glia”, che vietano o limitano al mas-

simo l’uso di internet, vuoi per mo-tivi di carattere tecnico, pensiamo alle differenze che anche in Italia vi sono da nord a sud in tema di infra-strutture informatiche. Il problema dell’accesso in rete è stato posto come tema centrale, portando autorevoli studiosi, tra cui Stefano Rodotà, ad affermare l’esigenza di inserire un diritto costi-tuzionale all’accesso libero alla rete, configurandolo come diritto fonda-mentale della persona. Altra questione delicata è quella della raccolta e durata della conser-vazione dei dati personali. Se da un lato è necessario prevedere una conservazione dei dati a fini di giu-stizia, dall’altro occorre prevedere modalità e tempi che impediscano di minare, senza una reale giustifica-zione, la riservatezza del singolo. Occorre in sintesi impedire che l’internauta si trovi a vivere, seguen-do una espressione felice di Renato Borruso, come un pesce rosso visi-bile da chiunque lo voglia. I rischi che i diritti umani possono correre in rete sono stati percepiti, invero, anche da soggetti non istitu-zionali. Si segnala a tal riguardo che Google ha proposto l’istituzione presso l’ONU di un “global privacy counsel”, così come anche vi è stata una iniziativa congiunta di

Microsoft, Google, Yahoo, Voda-fone, volta a realizzare una carta per tutelare la libertà d’espressione su internet. Orbene, pur riconoscendo l’importanza di tali iniziative, occor-re rilevare come la tutela dei diritti fondamentali non possa essere la-sciata alla sensibilità di soggetti pri-vati che, anche se animati dai mi-gliori propositi, inevitabilmente offriranno garanzie compatibili con i loro interessi. L’effettivo riconoscimento dei dirit-ti umani in rete presuppone, allora, ancor prima che sul piano giuridico, interventi in ambito politico e cul-turale. Da un alto, infatti, occorre che gli Stati democratici si battano per convincere i Paesi autoritari ad eliminare divieti e limiti nell’uso della rete. Dall’altro, che ciascun Paese formi degli utenti in grado di comprendere che le regole non mi-nano la libertà, ma servono piutto-sto a garantirne l’esistenza. Per ot-tenere ciò, tuttavia, occorre evitare legislazioni che, nascondendosi dietro la bandiera della tutela della collettività, mirino a forme di cen-sura mascherate. Avv. Paolo Galdieri Docente Diritto Penale dell’informatica.

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Una volta Damnatio memoriae, ora Diritto all'oblio

Nel mondo moderno un istituto antico

Più recentemente, nelle primavere arabe, la Rete ha funzionato da cas-sa di risonanza. Con il rischio, de-nunciato da alcuni bloggers, di una sopravvalutazione del ruolo di internet e dei social networks. La rivolta era iniziata in realtà con ma-nifestazioni di lavoratori, non av-vezzi all'uso di Twitter, ed era con-tinuata anche dopo che Mubarak aveva bloccato le comunicazioni. Ma le discussioni sul futuro di internet sono sempre incentrate su quesiti riguardanti la stesura di una “costituzione”, la formazione di regole per il mondo del Web. Un livello di garanzia molto discus-so è la permanenza e l'utilizzo dei dati sensibili raccolti. Gli internauti che, per questioni di immagine o per risvolti economici, vedano la propria reputazione digi-tale lesa, hanno alcuni mezzi per tutelarsi. Numerosi servizi sono sorti in Rete per “scandagliare” il web e ripulirlo dai dati sensibili di una persona. Società come Tiger Two e Reputation Defender opera-no in questo settore. I costi vanno

dai 17.000 ai 200.000 €. Il 25 gennaio 2012 la Commissione europea, con il Regolamento sulla protezione dei dati personali, all'art. 16 ha disciplinato il “diritto all'obli-o” e la cancellazione delle informa-zioni sulla persona. Le operazioni di raccolta e conser-vazione dei dati, senza alcun dub-bio comportano una compressione dei diritti e delle libertà fondamen-tali. Sul punto è intervenuta anche la Corte di Cassazione Civile, ad e-sempio, con la sent. n. 5525/2012, riconoscendo il diritto all'oblio an-che in Italia. Per la Corte, gli archivi web degli organi di stampa devono essere sempre aggiornati, specie quando raccolgono notizie di cronaca giudi-ziaria che, nel corso degli anni, ab-biano avuto un’evoluzione più fa

20 Febbraio 2014: l'acquisto da parte di Facebook di WhatsApp ha creato un timore generale per la diffusione di dati personali. In Ita-lia sono nate le prime petizioni on line, come “Firmiamo.it”, creata da Valeria Guerra, diretta al garante italiano per la privacy, a quello eu-ropeo, alla polizia postale e al country manager di Facebook Ita-lia. Questi eventi degli ultimi giorni fanno ben capire come la galassia internet possa essere sia fonte di opportunità, sia fonte di discordie e censure pesanti. E' uno degli effetti collaterali dei moderni motori di ricerca, in grado di scandagliare, in pochi istanti, oltre 8 miliardi di pagine web, 880 milioni di immagini e 845 milioni di messaggi postati nei newsgroup fin dal 1981. Si calcola che ognuno di noi abbia un'ombra digitale di 45 gigabytes. Internet è il più grande spazio pub-blico che l'umanità abbia conosciu-to, una rete che avvolge l'intero pianeta, senza un sovrano. La novità del Web come mezzo per organizzarsi divenne nota a tutti nel 1991, a Seattle, in occasione della grande manifestazione contro il WTO, l'Organizzazione mondiale del commercio, una manifestazione che non sarebbe stata possibile senza l'apporto della rete.

“Avrebbero potuto analizzare e mettere

su carta, nei minimi particolari, tutto

quello che s'era fatto, s'era detto e s'era

pensato; ma l'intimità del cuore, il cui

lavorio è in gran parte un mistero anche

per chi lo possiede, restava imprendibile”

George Orwell.

15 Febbraio 2014: la Cancelleria

tedesca Angela Merkel ha annuncia-

to l'intenzione di creare un Internet

europeo per rafforzare la sicurezza

delle comunicazioni nel Vecchio

Continente. 18 Febbraio 2014: la controversa legge sul controllo di internet (già approvata dal Parlamento il 5 feb-braio) è stata promulgata dal presi-dente turco Abdullah Gul. Il testo della discordia prevede diverse nor-me. In primis l'Autorità governativa delle telecomunicazioni (Tib) può bloccare i siti web che diffondano contenuti che violino la vita privata delle persone o informazioni «discriminatorie o calunniose». Il ministro delle Comunicazioni, Lutfi Elvan, ha rassicurato gli internauti annunciando ai gruppi parlamentari che la Tib dovrà ricevere entro 48 ore il parere di un giudice per pote-re oscurare o meno una pagina web.

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vorevole per una persona: il titolare dell'organo di informazione è tenu-to a garantire la contestualizzazione e l'aggiornamento della notizia, per una maggior tutela dell’interessato rispetto all’identità personale e mo-rale intesa nella sua proiezione so-ciale. Il recente intervento della Suprema Corte, con la sentenza n° 16111 del 26 giugno 2013, si colloca sempre nel campo del diritto di stampa giornalistica. La Corte ha affermato che ogni persona ha diritto a che vengano cancellate dagli archivi le informa-zioni concernenti le proprie vicen-de personali qualora sia venuto me-no ovvero non sia mai sorto alcun

Serve una protezione per i dati sensibili che non sia statica, una garanzia posta tra la libertà indivi-duale e la tutela di interessi colletti-vi e individuali. Ma le problemati-che sollevate da Internet sono lega-te alla sua diffusione globale; pro-blematiche legate alle differenti di-scipline vigenti nei diversi Paesi, con normative divergenti sulla li-bertà di manifestazione del pensie-ro.

“La libertà consiste nella libertà di dire

che due più due fanno quattro. Se è con-

cessa questa libertà, ne seguono tutte le

altre.” [1984]

Gianluca Barbetti Socio ELSA Roma

interesse pubblico che ne giustifichi la diffusione. Il diritto all'oblio si presenta come diritto a governare la propria me-moria. Il passato non può essere trasformato in una condanna che esclude ogni riscatto. Il diritto all'oblio non si riduce però al diritto di essere cancellati dalla rete. Ci si ritroverebbe in un'Oceania o in un'Estasia di orwelliana memo-ria, nella situazione di “riscrittura della storia”, in una sorta di rove-sciamento della damnatio memoria-e romana. Diritto all’oblio, invece, salvaguarda

“la proiezione sociale dell’identita ̀ perso-nale” che deve mantenere, nel tem-po, la sua attualità.

Internet, liberta’ d’espressione e rischi legati all’utilizzo dei

social networks

L’avvento e la diffusione, dagli inizi degli anni novanta, di internet e dei suoi servizi hanno rappresentato una vera e propria rivoluzione tec-nologica e sociologica mutando sostanzialmente le modalità di co-municazione di massa. Da segnalare è il rilevante sviluppo dei social network, intendendo, con tale espressione, servizi on line volti a creare gruppi di persone che con-dividono attività ed interessi comu-ni oppure di persone che sono inte-ressate a conoscere gli altrui gusti e attività. I social network sono un fenomeno sociale emergente con una componente tecnologica in costante evoluzione. Tale fenome-no modifica il modo in cui le perso-ne si rapportano e interagiscono tra di loro attraverso l’utilizzo di internet. Per avere un’idea delle dimensioni del fenomeno basti tener presente che, in base all’analisi effettuata dalla co-score, il solo Facebook, il 6 sito internet più visitato al mondo, registra circa 275 milioni di visite al mese. Nel febbraio 2009, 100 milio-ni di persone in Europa sono entra-te in Facebook trascorrendovi 4 minuti sui cento passati al compu-ter.

Tali siti mettono a disposizione una serie di funzioni che consentono agli utilizzatori di interagire tra loro e vengono largamente utilizzati per evidenti vantaggi quali la tendenzia-le gratuità del servizio, l'eccezionale valore economico e la facilità d’uso. Il Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) riconosce l’importanza culturale ,politica e sociale dei social network, in quan-to strumento di comunicazione e di interazione tra le persone, nell’ambito dell’esercizio dei diritti fondamentali e della libertà di e-spressione. Gli aspetti positivi collegati allo sviluppo dei social network sono incontestabili. Essi contribuiscono a garantire ed esercitare la libertà di espressione di determinati contesti sociali e politici; creare gruppi on line e consentire la loro aggregazio-ne; stringere nuove amicizie, ritro-vare amici e parenti; promuovere beni e servizi ed incrementare il commercio elettronico. Libertà d’espressione ed internet sembrano essere un binomio in-scindibile. Sicuramente è così per molti paesi, ad esempio gli Stati Uniti. Queste le parole di Hilary Clinton pronuncia-

te lo scorso gennaio al Newseum di Washington: “Ci sono barriere e muri virtuali che vanno abbattuti oggi come un tempo abbiamo ab-battuto i muri della repressione ed il muro di Berlino. Blog, video, social network hanno un ruolo fonda-mentale nel diffondere verità e giu-stizia (…) non serve la censura co-me hanno fatto Cina, Tunisia, Ara-bia saudita, Vietnam e Uzbekistan per combattere chi usa internet per scopi malvagi. Continueranno ad esserci. Bisogna invece aumentare la sicurezza coordinare gli sforzi

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contro gli haker”. Anche l’Europa non è stata da me-no e così Bruxelles ha più volte ribadito che “internet dà pieno si-gnificato alla definizione di libertà di espressione, così come sancito dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE. Certo, azioni illegali e cri-mini in rete devono essere combat-tuti con determinazione, ma gli stati membri non possono intercettare e controllare il traffico su internet facendolo passare per lotta al crimi-ne”. Grandi problemi sembrano essere sorti in Italia per la regolamentazio-ne dei mezzi di comunicazione di massa. Questo perché si è mostrata poca attenzione nei confronti della blo-gsfera e per i social networks, in quanto, come hanno sostenuto al-cuni sociologi, tali mezzi di comu-nicazione hanno preso il posto di quelli che un tempo, nella seconda metà del settecento, erano i caffè letterari (si pensi a quello fondato dai fratelli Verri), divenendo un punto di riferimento per un libero scambio di pareri e una fucina di opinioni critiche e di riflessioni po-litiche. La rete offre quindi la possibilità di dare attuazione al disposto dell’articolo 21 della nostra Costitu-zione. Così, spesso, si è dato prova di una profonda inadeguatezza a discipli-nare questo incontenibile fenome-n o . Un esempio è dato dalla discussio-ne in merito alla qualificazione dei blog come prodotti editoriali con l'ineluttabile conseguenza di assog-gettarli alla disciplina della legge n 47/1948 e dunque all'obbligo di registrazione nel tribunale di riferi-mento esattamente come avviene per le testate giornalistiche. È anacronistico rifarsi ad una legge tanto vetusta parlando di internet e delle nuove tecnologie, in quanto tale legge doveva disciplinare altri mezzi di informazione e di comuni-cazione di quel periodo, non poten-do prendere in considerazione internet che in quell’epoca non era ancora nato.

Ma anche la più recente legge n 62/2001 non è da meno in quanto, definendo i blog come prodotti editoriali, li sottopone alla relativa disciplina e dunque a tutta una serie di limiti ed obblighi che potrebbero porsi in contrasto con l’articolo 21 della nostra Costituzione e con principi che sono propri di questi mezzi di comunicazione. L’articolo 21 stabilisce che: “tutti hanno diritto di manifestare libera-mente il proprio pensiero con la parola con lo scritto e con ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta a autorizzazioni e censure.” Così la Costituzione italiana sanci-sce la libertà di manifestare il pro-prio pensiero che si esplica attraver-so la libertà di parola e di stampa, nonché mediante il diritto ad infor-mare ed essere liberamente infor-mati. La libertà di espressione rappresen-ta il cardine di ogni paese democra-tico, ed è così proclamata dall'art 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1848: “ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto a non essere molestato per le proprie idee quello di ricevere e diffondere informazioni”. La libertà di espressione è corollario dell’articolo 13 della costituzione italiana che sancisce l’inviolabilità della libertà personale, tutelata da imposizioni sia fisiche che psichi-che, e dell’articolo 3 attraverso il

quale viene stabilito che lo stato, in nessuna circostanza, può emanare provvedimenti che siano discrimi-natori per motivi di sesso razza, lingua, religione, opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. La libertà di espressione conferisce a ciascuno il diritto di manifestare il proprio pensiero, tutelando l’attività principale secondo la quale un uo-mo può dirsi tale. Celebre è la frase di Cartesio “Cogito ergo sum”. C’è una grande tradizione culturale alle spalle di questa attività, tradi-zione che parte dalle poleis dell’antica Grecia dove la libertà di parola, detta parresia, coincide con la facoltà di ognuno di esprimere la propria opinione durante le adu-nanze pubbliche. Per i Greci la libertà di espressione

era ricondotta in particolare

all’ambito politico.

Secondo il filosofo Spinoza, teorico della libertas philosophandi, ogni stato democratico e non tirannico deve assicurare ad ogni individuo la li-bertà di espressione. Ed è proprio il libero pensiero che garantisce la libertà di critica ed il pluralismo che, a sua volta, assicura la stabilità dello stato in quanto, come sostiene Voltaire, “Proprio la presenza di più opinioni permette alla popolazione di capire una scelta razionale ed informata con il fine ultimo del bene pubblico.” Tuttavia, come è stato ben sostenu-to da Immanuel Kant, vi è tra la formulazione teorica e l'attuazione pratica uno scarto per cui l'effettivi-tà della libertà di espressione, in ogni singolo stato, risente di condi-zionamenti dal mondo reale. L’Unione Europea ha più volte condannato l’Italia poiché non ha garantito e rispettato il pluralismo di opinioni e la libertà di critica a causa di specifiche condizioni na-zionali per cui il possesso dei canali privati di comunicazione influisce sulla libertà di manifestare il pro-prio pensiero senza condiziona-menti, unitamente ai canali pubblici

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che risultano sottoposti alle decisio-ni del potere politico. Sul punto si può osservare che chi impedisce l'esercizio della libertà di espressione, in qualsiasi modo que-

sta si esplichi, priva gli individui anche della libertà di avere un pen-siero perché un’idea, un’opinione si formano anche attraverso la comu-nicazione, un confronto con altre persone. Per questo vanno tutelati tutti i mezzi che rendono questo scambio di idee possibile compresi internet e i vari social network. Nonostante ciò, il Comitato Eco-nomico e Sociale Europeo(CESE) ha tenuto in considerazione i rischi legati all’uso dei social network per fini illeciti e nocivi, specie per quan-to riguarda la crescita dei minori. Secondo il CESE è necessario prendere in considerazione la nuo-va generazione di tecnologie colle-gate ai social network, in particola-re: i software che consentono di localizzare geograficamente gli u-tenti di tali reti, quelli che, ricorren-do alle tecnologie di riconoscimen-to facciale, consentono di associare i volti ai profili utente e le nuove possibilità di interazione con i tele-foni cellulari di ultima generazione. Inoltre, tali network possono essere facilmente utilizzati per diffondere virus, come quello che ha colpito Twitter nel weekend dell'11-12 a-prile 2009, inviando automatica-mente più di 100.000 messaggi e danneggiando un numero impreci-sato di profili utente. Nell'ambito dell'iniziativa Safer

Internet Forum 2008, il CESE ha lan-ciato una consultazione pubblica mediante un questionario sui social network. Dall'analisi delle risposte ricevute, è emerso che il cyberbulli-smo, l'invasione della privacy e il grooming (azioni di un adulto finaliz-zate ad incontrare un minore per scopi sessuali) sono i pericoli prin-cipali e più frequenti cui sono espo-sti i minori che usano i social ne-tworks. La tutela della privacy è uno degli altri grandi problemi legati all'uso degli social networks. Nel corso della 30a conferenza internazionale delle autorità garanti della privacy e della protezione dei dati, svoltasi a Strasburgo dal 15 al 17 ottobre 2008, è stata adottata una risoluzio-ne sulla tutela della privacy nei servizi offerti dai social network le cui raccomanda-zioni meritano una particolare con-siderazione e attenzione. Anche l'accordo di autoregolamen-tazione denominato Safer social ne-tworking principles for the EU, conclu-so il 10 febbraio 2009 tra gli opera-tori dei principali social network esistenti in Europa e che conta attualmente 20 firmata-ri, precisa chiaramente i potenziali pericoli ai quali sono esposti i mi-nori di 18 anni che utilizzano tali siti: le molestie (i minori sono og-getto di molestie su Internet o via SMS), la manipolazione psicologica (un adulto stringe amicizia con un

minore con l'intenzione di abusarne sessualmente) e altri comportamen-ti rischiosi, ad esempio la rivelazio-ne indebita di informazioni perso-nali con finalità illecite. Per la natura stessa di tale fenome-no sociale e considerando il suo rapido sviluppo, è stato giudicato opportuno delineare una serie di provvedimenti per scongiurare i pericoli prima delineati. In particolare il CESE ritiene indi-spensabile intensificare il dialogo con coloro che si servono maggior-mente dei social network, in parti-colare i giovani elaborando assieme soluzioni condivise per un uso più sicuro di internet. Utile è anche la creazione di un programma di studi internazionale o europeo per la formazione di consulenti e terapeuti specializzati nell’assistenza alle vittime on line, specie nelle situazioni di bullismo e di grooming. Avendo a riguardo il contesto non solo nazionale ma internazionale, tenendo conto della sempre mag-giore diffusione di internet e dei vari social network ad esso collegati e dell’inadeguatezza della disciplina legislativa attuale, si auspica che quanto rilevato dal CESE trovi at-tuazione così come possa aversi un uso più consapevole di internet. Eleonora Rech Socio ELSA Roma

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Il progetto al quale ho avuto il pia-cere di partecipare, nonostante io non sia più una studentessa univer-sitaria da un bel po’, aveva ad og-getto la tematica dell’ “Online Hate Speech” e consisteva nella redazione di un Report da parte di noi Legal Researcher Italy, da presentare poi al Consiglio d’Europa in occasione della conferenza organizzata sul tema, nel mese di dicembre scorso. Sembra superfluo e scontato sotto-lineare che la tematica proposta era quanto mai attuale ed interessante, considerato il momento storico in cui viviamo, dominato da potentis-simi mezzi di comunicazione tra cui spicca sicuramente Internet. Un mezzo con elevate potenzialità, come si è poc’anzi detto, di cui noi tutti usufruiamo e di cui ormai non potremmo fare meno ma che allo stesso tempo si è rivelato, purtrop-po, lesivo di diritti fondamentali ed intangibili dell’uomo e conseguen-temente il suo uso è divenuto fonte di riflessioni giuridiche ed etiche ed ha fatto da sfondo a numerosi casi giurisprudenziali.

E dunque, attraverso un “academic framework” e delle linee guida predisposti dagli organizzato-ri in cooperazione con il Consiglio d’Europa, ogni Legal Research Group partecipante ha analizzato questa tematica con riferimento al proprio Paese, illustrando le problematiche sottese alla questione, rispondendo a delle domande sia di tipo tecnico-

L’impegno profuso è stato sen-za dubbio notevole, soprattutto in considerazione del contesto in cui sapevamo sarebbe stato poi presen-tato il prodotto finale, ma anche a causa della delicatezza dell’argomento trattato, dei tempi e delle scadenze ristrette, delle tante fonti in materia e del conseguente tanto materiale a disposizione che si è dovuto visionare, analizzare, con-testualizzare e rielaborare, nonché degli schemi prefissati entro i quali dover redigere il Report stesso.

È stata però una grande soddi-sfazione sapere di aver realizzato un lavoro completo, interessante, attuale che è stato presentato da-vanti all’organo con la “O” maiu-scola, deputato alla promozione ed alla tutela, in ambito europeo, dei diritti umani fondamentali.

Il mio unico rammarico è stato quello di non poter partecipare alla conferenza finale, tenutasi ad Oslo, per cause di forza maggiore: l’esame di abilitazione alla profes-sione di avvocato quest’anno infatti si è svolto proprio a ridosso delle date programmate per il meeting internazionale.

Concludo ringraziando ancora ELSA per l’opportunità che mi è stata data e per la possibilità che offre a noi giovani giuristi di parte-cipare a progetti del genere: consi-glio a tutti i lettori di cogliere al volo queste occasioni. Ritengo che sia un modo non solo per studiare, approfondire e conoscere delle que-stioni e delle problematiche attuali che non vanno affatto sottovaluta-te; ma anche, e soprattutto, per rap-portarsi con persone di nazionalità diverse ed imparare a mettersi in gioco ed alla prova in un contesto internazionale. Il che non è poco.

Serena De Filippis Socia ELSA Roma

giuridico/legislativo (con approfon-dimenti e riferimenti a casi concreti, decisioni e sentenze delle nostre Corti) che più propriamente etico-morale, con l’obiettivo (a mio avvi-so, mi permetto di dire con un po’ di presunzione, raggiunto) di offrire una panoramica generale della si-tuazione italiana sul punto.

Per quanto concerne il lavoro svolto, nello specifico, io personal-mente ho avuto modo di approfon-dire un particolare aspetto della tutela che viene offerta dal nostro Paese in tema di “Online Hate Spe-ech”, immergendomi nuovamente in un settore del diritto a me sicura-mente caro, avendo infatti affronta-to anche in seduta di laurea temati-che inerenti la tutela internazionale dei diritti umani.

Sul versante prettamente perso-nale, non meno importante, ho avuto la fortuna di “incontrare” - anche se solo telematicamente - e di lavorare con delle persone disponi-bili, gentili e preparate. Il nostro gruppo è stato molto unito fin da subito e sempre in contatto per poter scambiare consigli ed opinio-ni, nonché aiuti, materiale e spunti per arrivare ad un risultato ottimale, come ci eravamo prefigurati. Forse anche per questo il lavoro è stato stimolante, perché è stato incenti-vato dalle conoscenze, dalle espe-rienze e dalla collaborazione di tutti i partecipanti.

International Legal Research Group on “Online hate speech”

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Essere parte di ELSA, per chi come me ha studiato o studia giurispru-denza, è un valore aggiunto che arricchisce non solo dal punto di vista professionale ma anche e so-prattutto dal punto di vista personale. Ho avuto il piacere di partecipare a molte attività organiz-zate daELSA nel 2013 e una delle più significative è stata sicuramente la partecipazione come delegata alla sesta sessione del Patent Coopera-tion Treaty (PCT) Working Group presso la World Intellectual Pro-perty Organization (WIPO) a Gine-vra. Rappresentare un osservatore permanente presso una organizza-zione internazionale è stato un in-carico di responsabilità, che mi ha

ELSA Delegations dato l'opportunità di entrare nel vivo delle attività della WIPO, di essere parte di una commissione di esperti provenienti da tutto il mon-do e riuniti per apportare modifiche alla procedura elettronica di registrazione dei brevetti mondiale. Ciò che più mi ha colpito è stato osservare come persone (e Stati) con interessi economici e formazio-ne completamente diverse possano confrontarsi in maniera così co-struttiva per realizzare un obiettivo di comune interesse. Essere delegati ELSA non vuol dire solo assistere ad un confronto internazionale, ma anche studiare il tema dell'incontro sui documenti ufficiali WIPO e rapportarsi con i delegati di altre

associazioni (in quella sede veri e propri compagni di banco!) sul te-ma in discussione e sulle attività della associazione che rappresentia-mo. Un'opportunità che, inoltre, ho avuto il piacere di condividere con altri tre ragazzi provenienti dalla Germania e dalla Romania e con i quali il confronto è andato ben ol-tre l'esperienza professionale. Se vi state chiedendo o vi siete chiesti in passato: vale la pena applicare? la risposta è Definitely! Cogliete al volo questa occasione! In bocca al lupo :) Serena Totino Socia ELSA Roma

STEP - Student Traineeship Exchange Programme A Settembre 2013, grazie a ELSA, ho vissuto una delle esperienze fi-nora più costruttive e gratificanti della mia vita, e probabilmente essa rimarrà un cammeo anche nei gior-ni a venire. Grazie all'interscambio culturale ed emotivo che ELSA garantisce e, nello specifico, grazie all'esistenza del programma STEP che ho avuto la fortuna di vincere, ho trascorso un mese delizioso nella piovosa ma colorata città di Bergen, Norvegia meridionale. L'esperienza è stata positiva sia dal punto di vista strettamente profes-sionale che da quello umano. Quanto al primo aspetto, andata lì per compiere un'attività di ricerca presso l'Università, mi sono stati dati tutti i mezzi per portarla avanti con celerità e senza alcun intoppo. Difatti già dal primo giorno il fun-zionario universitario, presentatomi dalla VP STEP locale, mi aveva assegnato una stanza, un computer e una stampante. Nonché, natural-mente, accesso libero alla biblioteca di facoltà e . un po' meno natural-mente - il badge elettronico per poter entrare in università anche la domenica, qualora presa da un irre-frenabile bisogno di studiare. Tutta-via, confesso, che i week end li ho dedicati all'esplorazione di Bergen e

dintorni. Sempre il primo giorno, c'era l'ap-puntamento organizzato dall'effi-cientissima VP STEP locale (che aveva precedentemente anche pen-sato a tutto per alloggio e trasporti) e dal funzionario universitario con il professore che mi avrebbe segui-to e indirizzato nell'attività di ricer-ca; anch'egli estremamente disponi-bile, al punto che abbiamo mante-nuto i contatti e di tanto in tanto ci scriviamo non solo per il piacere di raccontarci qualche aggiornamento, bensì anche per avviare dei lavori insieme nell'ambito giuridico per il quale condividiamo l'interesse. Quanto invece all'aspetto più umano/emotivo, la Norvegia ti instilla due mood che si alternano in maniera quasi schizofrenica: dalla voglia di contemplare nella più as-soluta solitudine la magnificenza della natura che si apre davanti a te (con un solo unico colpo d'occhio puoi cogliere oceano, vallata, mon-tagna che si staglia sulla città e ghiacciai che fanno capolino subito dietro i picchi montuosi. Vi assicu-ro, uno strano effetto vedere mon-tagna e oceano a pochi metri di distanza!) passi subitaneamente al desiderio di correre a uno dei mol-teplici appuntamenti che la sezione ELSiana locale ti propone, in gene-

re all'insegna di cibo, alcol e tanti studenti internazionali. Tutto ciò dà la possibilità di conoscere, tramite le persone, anche un popolo e una cultura: la strana regola per cui o-gnuno si porta dietro l'alcol per sè soltanto (i.e. non si condivide l'al-col) e - se gli avanza - se lo riporta a casa per "riciclarlo" alla festa suc-cessiva mi ha inizialmente un po' spiazzata, ma son cose che impari rapidamente! E in genere gli offi-cers ELSiani son lì pronti a spiegare tutto il necessario per calarti nel mood locale e a invitarti a casa per cenette all'insegna di buon pesce fresco del Mare del Nord e torta di mele dell'Hardanger (la regina dei fiordi norvegesi). Insomma, se potessi dare il consi-glio, suggerirei di approfittate della

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Summer Law School: per formarsi divertendosi

Nel Luglio del 2012 ho partecipato ad una Summer Law School a Rot-terdam sulla Primavera Araba e posso tranquillamente affermare che si è rivelata una delle esperienze più belle e ricche che abbia mai fatto. E' stata, infatti, una grande occasio-ne di formazione su un tema che, soprattutto in quel periodo, era molto attuale ed importante. L'evento si è protratto per una set-timana suddivisa molto equamente, a mio avviso, in momenti di studio, di svago e culturali/turistici. Da un punto di vista accademico erano previste lezioni teoriche tutti i giorni, tenute da professori esperti nei vari campi che a mano a mano si sono toccati. Gli argomenti erano sempre diversi e, visti complessivamente, ci hanno fornito una visione completa di quelli che erano i vari problemi connessi alla rivolta e delle motiva-zioni che hanno condotto ad essa. Le lezioni sono state integrate poi, da due workshop tenuti da dei rifu-giati di quelle zone.

un'altra avventura! Irene Piccolo Socia ELSA Roma

glio d'esperienza notevolmente ar-ricchito e tanti bei ricordi. Ricordi che al contempo saranno fucina di energia per bypassare la routine giornaliera e alimenteranno il desi-derio di partire nuovamente per

meravigliosi e, stando sempre con i ragazzi del local board ed i soci attivi abbiamo avuto modo di vive-re come le persone del posto, im-medesimandoci al meglio nei costu-mi olandesi e frequentando i posti che frequentano gli studenti locali. Non ho trovato neanche un motivo per potermi dire in qualche modo insoddisfatta dell'esperienza per cui il mio consiglio è di scegliere con cura l'argomento che può interessa-re altrimenti potrebbe diventare un po' troppo impegnativo se non fat-ta con la giusta grinta ma, qualora troviate quella che fa per voi, non esitate ad applicare perché è un qualcosa che, per lo meno per quanto mi riguarda, mi ha segnato per tutta la vita lasciandomi con un bagaglio di esperienze che non a-vrei mai potuto acquisire studiando sui libri o documentandomi da sola su internet. Martina Bossi Socia ESLA Roma

grande opportunità che lo STEP dà: forse ritornerete con qualche chilo in più (perché vi assicuro che la voglia di socializzare per mezzo del cibo si autoalimenta giorno do-po giorno), ma anche con un baga

Questi workshop sono stata la par-te che ho preferito poiché ci hanno fatto immedesimare in quello che le popolazioni di quei luoghi erano/sono costrette a vivere ogni giorno. Ci hanno aperto gli occhi non solo su quelle che sono le atrocità della guerra ma anche sullo scenario di devastazione che segue la fuga, sui problemi pratici che un esule politi-co deve affrontare. Ci hanno spie-gato cosa significa essere braccati dal proprio Governo, che continua a darti la caccia anche se sei in un'altra Nazione e perseguita la tua famiglia che magari è rimasta in Patria, ci hanno trasmesso tutta la loro angoscia ma anche la loro for-za e la voglia di ricominciare la-sciandosi alle spalle la loro vita pre-cedente. Però una SLS non è solo studio e lezioni, è anche un momento per fare nuove conoscenze con persone che provengono da tanti paesi di-versi e potrebbe essere un'occasio-ne per costruire amicizie destinate a durare nel tempo. Per di più abbiamo visto posti

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EU Studies Fair a Bruxelles: un’esperienza formativa e sociale

fantastica

Nel mese di Febbraio 2014, ELSA ci ha offerto la possibilità di parte-cipare ad un’esperienza di sicuro arricchimento professionale e per-sonale: l’ annuale EU Studies Fair, tenutasi a Bruxelles ed organizzata dalla prestigiosa testata European Voice. Si tratta di una manifestazio-ne con lo scopo di promuovere la conoscenza delle opportunità di studio e di lavoro all’interno dell’Unione Europea. L’iniziativa si è svolta in due giornate durante le quali, fino al primo pomeriggio, siamo stati impegnati in attività di orientamento e seminari. Abbiamo invece riservato le ore successive alla scoperta della città, ai giri nei locali e ad una interessante visita all’ELSA House di Bruxelles, sede di ELSA International. Ma andiamo con ordine. Il pro-gramma della “Fiera” ci ha da subi-to catapultati nel mondo delle isti-tuzioni europee: il primo giorno infatti si è aperto con la visita, a nostra preferenza, presso una delle sedi del Parlamento Europeo o della Commissione. Personalmente ho preso parte alla seconda, assi-stendo ad una breve introduzione al funzionamento dei lavori dei Com-missari e del loro entourage, non-ché ad alcune lezioni aventi ad og-

non abbiamo avuto, forse per no-stra fortuna, il privilegio di incon-trare: il fantasma della Green Lady. La seconda giornata è stata invece essenzialmente dedicata all’incontro con le rappresentanze di una molti-tudine di scuole ed università le quali offrono corsi di specializza-zione post-laurea in varie materie attinenti al diritto dell’Unione Eu-ropea ed Internazionale. Sono stati poi svolti seminari sugli Studi Euro-pei e sulle procedure di recruitment EPSO e CIETT. In queste occasio-ni alcuni rapporti di amicizia hanno iniziato a stringersi, tra risate e do-mande, e ci hanno consentito di trascorrere piacevolmente tutti as-sieme anche il resto del tempo. Mi sembra dunque doveroso un

ringraziamento particolare ai nostri

colleghi di ELSA International, tra

cui la Presidentessa Anneloes Di-

jkstra, ed alle nostre guide Angelica

ed Enrico, per un’esperienza che ci

ha resi pieni di soddisfazione e di

tanta energia positiva per affrontare

i nostri percorsi futuri.

Caterina Froio

Socia ELSA Roma

getto le risposte dell’UE alle mag-giori sfide di questi anni: la crisi economica e l’alfabetizzazione in-formatica dei cittadini e dei buro-crati dei Paesi Membri. Successiva-mente, ci siamo diretti al Comitato delle Regioni, dove, a seguito di un breve indirizzo di saluto, abbiamo avuto la possibilità di prendere par-te ad uno dei due seminari predi-sposti in quella sede. Questi, trat-tando delle relazioni dell’UE con Africa e Cina, sono certamente stati utili strumenti per arricchire la no-stra capacità di analisi su tali rela-zioni esterne e sulla loro influenza rispetto ai diritti ed all’economia. La ricchezza di spunti di riflessione è stata garantita soprattutto dall’alto livello dei relatori. Conclusasi tale parte della giornata, siamo stati invitati ad un aperitivo all’ELSA House. Lì, tra celebri birre locali e qualche stuzzichino, abbia-mo conosciuto meglio i nostri com-pagni di viaggio, abbiamo apprezza-to il lavoro dello staff di ELSA International, recitato la Vision della nostra associazione e preso cono-scenza delle varie attività formative a cui possiamo prender parte du-rante l’anno. Divertente è stata an-che la piccola visita dell’edificio e la presentazione dell’unico ospite che

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Che cos’è una Moot-Court Competition?

La moot come tutti sanno è una simulazione. Tuttavia spesso non si riflette su quanta realtà si nasconde dietro una simulazione. Perché è vero, il processo, il contratto, i giu-dici, quelli sono “finti”, ma il lavoro di ricerca giuridica, le discussioni del team, la redazione delle memo-rie, il dibattimento, le amicizie con le altre squadre, le emozioni vissute durante tutta la prova… Non sono affatto simulate. Di tali realtà vorrei quindi parlarvi, perché sono pro-prio le esperienze che, appese le toghe alla parete e riposti gli abiti nell’armadio, rimangono con un mooter più a lungo. Ogni moot inizia inevitabilmente con un caso fittizio, che altrettanto inevitabilmente il partecipante finirà per odiare. La battuta più ricorrente è questa: “ma guarda che ha tirato fuori il Prof. Sicuro avrà un caso simile a studio che non ha voglia di studiare e vuole sfruttare il nostro l a v o r o ” . S u l l a v e r i t à dell’affermazione non mi pronun-cio, però posso dirvi che i casi della moot sono particolari. Vengono appositamente confezionati in mo-do da riproporre questioni dubbie in dottrina o giurisprudenza, così da non avvantaggiare indebitamente l’attore o il convenuto. La cosa più affascinante allora è la facilità con cui cambia la tua opi-nione personale durante la fase di studio su quale parte dovrebbe vin-cere e quale soccombere in giudi-zio. Il nostro Calamandrei già rie-vocava la questione di prospettiva

che concerne la verità giuridica me-taforizzando con un quadro del cardinale Richelieu, che il pittore Champagne ritrae in tre pose diver-se sulla stessa tela. Il grande giurista diceva “par che conversino tre per-sone diverse” ebbene, se decidete di prendere parte ad una moot vi assicuro che vi scoprirete a conver-sare con voi stessi come se foste impossessati da più idee inconcilia-bili, perché ovviamente non dovre-te difendere solo una parte, ma en-trambe. Vorrei sottolineare questo aspetto del mooting, perché solo at-traverso esperienze come questa uno studente riesce a sviluppare qualche consapevolezza concreta sull’attività di un avvocato. Certo, la professione al giorno d’oggi è mol-to diversificata al punto che in alcu-ni studi d’affari, il contenzioso rap-presenta un’attività secondaria. Tut-tavia capire cosa significa studiare un caso, sviluppare argomentazioni, esporre davanti ad una corte, sono tutti elementi utili anche per chi si rivede nel cd. avvocato d’affari, impegnato soprattutto in consulen-ze stragiudiziali, lontano dalle corti. Si potrebbe infatti rimanere affasci-nati a tal punto da cambiare idea. Lo dico per esperienza personale. La seconda realtà che accompagna ogni moot è la discussione, spesso accesa, con i propri compagni di squadra. Non bisogna infatti met-tersi d’accordo solo “con se stessi”, che già vi ho illustrato non è cosa semplice, ma bisogna convincere o convincersi tutti sugli argomenti da

usare. Personalmente ho passato lunghe ore notturne a discettare di diritto con i miei colleghi nei giorni della preparazione. Il confronto è altamente formativo, si apprende molto al vedere le proprie ferree convinzioni demolite come castelli di carte. Inoltre, in virtù di questo, si apprende anche l’importanza di mantenere sempre la calma, di in-terporsi moderando con toni mo-derati, in punta di piedi come chi passeggia su una lastra di ghiaccia senza saper quanto è spessa. Nel diritto, come nella vita, non si han-no equazioni certe, chiunque po-trebbe pensare a qualcosa cui prima non avevi pensato. Anche la redazione poi è fonte di ulteriore discussione e discernimen-to. Una delle più grandi pecche del sistema universitario italiano, per noi giuristi, è forse l’assenza di pro-ve scritte, nonostante il nostro la-voro un domani si svolgerà presu-mibilmente scrivendo per la mag-gior parte tempo. La moot per me ha rappresentato il primo importan-te confronto con regole di format-tazione, di impostazione del discor-so e di stile, di cui faccio avidamen-te tesoro. Anche il fattore tempo deve essere preso in considerazione e la capacità di organizzarsi al fine stendere un documento redatto a più mani, ma frutto di un’unica testa. Il rischio dei lavori corali, come quelli in team, consta nell’adagiarsi reciprocamente sulla fiducia riposta nel lavoro dell’altro. Così alla fine nessuno ha dato il

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tutto è un amico. Non sono sicuramente riuscito a spiegarvi fino in fondo cos’è una moot. Ci sarebbe molto altro da raccontare e spiegare, ma, se vi siete incuriositi, potete facilmente sco-prirlo da soli, partecipando. Mattia Morani Socio ELSA Roma

niente da stato, regione o università differente, apporta al dibattimento qualcosa di proprio, a seconda del background di appartenenza. Inol-tre il contesto amicale si mischia con quello agonale in continuo e questa osmosi aiuta a capire come controllare la tensione della prova e soprattutto come interfacciarsi con un proprio avversario che prima di

il massimo e il documento è molto al di sotto delle qualità dei suoi e-stensori. Terminata la fase preparativa arriva la più entusiasmante, quella dei di-battimenti. Specialmente nelle moot Nazionali o Internazionali questa fase centrale della simulazione rap-presenta l’esperienza più autentica. Ogni partecipante infatti, prove-