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Istituto di Istruzione Superiore “Benedetti -Tommaseo” di Venezia LA PAURA COME SPECCHIO La paura è un sentimento sin- golare; ci sono vari modi per descriverla, manifestarla ed approcciarsi ad essa. .. Segue a pagina 5 MARZO 2015 - N. 0003 L’IMMANE POTENZA DELLA RETE La sera del 18 febbraio sono arrivati al Lido di Venezia tren- tasei rifugiati da Lampedusa. Segue a pagina 17 [email protected] - www.linkbenedettitommaseo.jimdo.com TRA ANGOSCIA E LIBERTÀ, IL DRAMMA DELLA SCELTA L'insieme delle esperienze che l'uomo compie nel mondo vie- ne identificato con il termine “esistenza” Segue a pagina 14

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Istituto di Istruzione Superiore “Benedetti-Tommaseo” di Venezia

LA PAURA COME

SPECCHIO

La paura è un sentimento sin-

golare; ci sono vari modi per

descriverla, manifestarla ed

approcciarsi ad essa. ..

Segue a pagina 5

MARZO 2015 - N. 0003

L’IMMANE POTENZA

DELLA RETE

La sera del 18 febbraio sono

arrivati al Lido di Venezia tren-

tasei rifugiati da Lampedusa.

Segue a pagina 17

l i n k r e d a z i o n e @ g m a i l . c o m - w w w . l i n k b e n e d e t t i t o m m a s e o . j i m d o . c o m

TRA ANGOSCIA E LIBERTÀ,

IL DRAMMA DELLA SCELTA

L'insieme delle esperienze che

l'uomo compie nel mondo vie-

ne identificato con il termine

“esistenza”

Segue a pagina 14

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opo ventinove minuti di riunione, la reda-

zione di LINK non è ancora riuscita a tro-

vare una definizione appropriata al termine

“paura”. Forse perché nessuno saprebbe mai dare

una forma a un concetto così soggettivo? In quali

e quanti contesti si può parlare di paura? Più di

qualche volta, la paura viene erroneamente asso-

ciata allo spavento, ma allora, perché non siamo

ancora riusciti a definirla?

Perché, in realtà, è un concetto molto più esteso e

variabile, legato alla psiche di ognuno, con mille

sfaccettature diverse. E voi come la interpretate?

Noi vi proponiamo questo percorso, fatto di bivi,

scorciatoie e molte strade scoscese.

La Redazione

Alessandra Longo, Alvise Bertolin, Alvise Gaspa-

rini, Arianna Berti, Chiara Zaniol, Claudia Marin,

Elena Fabris, Emma Zaniol, Giorgio Grandesso,

Giulio Haglich, Lara Romeo, Lila Lancerotti, Lu-

cia Baciu, Ludovica Marcello, Luna Pagnin, Ma-

ria Eugenia Frizzele, Nicolò Bodi, Paolo Ascia

D

EDITORIALE

Paura sì, ma di cosa? Contenuti

Kubi, il mago della marmorizzazione

di Emma Zaniol Relata refero La paura come specchio

di Lila Lancerotti Il lato oscuro di Walt Disney

di Lara Romeo

La vertigine non è paura di cadere

ma voglia di volare

di Elena Fabris e Lila Lancerotti

Il Safe Heaven e la paura di amare

di Alvise Gasparini Con la musica, contro la paura!

di Arianna Berti Cinquanta sfumature di paura

di Elena Fabris e Lila Lancerotti Paura del buio

di Ludovica Marcello The (Imitation) Game isn’t worth a

candle

di Alvise Gasparini Paura o nostalgia?

di Chiara Zaniol Tra angoscia e libertà: il dramma

della scelta

di Alessandra Longo L’ultima tacca di batteria

di Lara Romeo Quella sera del venticinque aprile…

di Giorgio Grandesso

L’immane potenza della rete

di Claudia Marin Non permettete a nessuno di zittirvi

di Chiara Zaniol

Eventi e giochi

di Nicolò Bodi e Paolo Ascia

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M artedì 10 febbraio,

alla Biennale di Ve-

nezia era in corso il

Kids’ Carnival, un evento che

permette ai bambini della scuola

materna ed elementare di fre-

quentare vari laboratori .

Mi sono proposta per aiutare gli

organizzatori del padiglione del-

la Turchia che si sono cimentati

nell’arte della marmorizzazione.

Arrivata lì, ho conosciuto Marta,

la ragazza che aveva il compito

di tradurre ai bambini ciò che

Kubi, l’artista turco, diceva.

Io ero imbarazzata e lui, come se

non ci fossi, si è seduto. Davanti

a sé, sul tavolo, aveva una va-

schetta con dentro dell’acqua e

un particolare tipo d'alghe.

Dopo aver mescolato la bile con

le tempere, con un pennello ha

iniziato a schizzare nell'acqua: il

colore non si mescolava e rima-

n e v a s u l l a s u p e r f i c i e .

Poi con un punteruolo ha fatto

dei cerchi arancio e sotto altri

verdi e con un altro più sottile ha

giocato con i cerchi e con i suoi

abili movimenti ha creato un fio-

re stupendo.

Appoggiando un foglio sopra

magicamente il fiore si è teletra-

sportato dall'acqua al foglio.

Sono rimasta senza parole nel

vedere ciò e anche i bambini,

che arrivarono di lì a poco,

quando lo guardarono lavorare

r i m a s e r o a m m u t o l i t i .

Poi anche i piccoli ospiti hanno

provato a fare quello che aveva

fatto Kubi e sprizzavano di gioia

e meraviglia da tutti i pori ve-

dendo che riuscivano a realizza-

re fiori stilizzati e cuoricini con

tanta facilità.

Prima che i bambini tornassero a

scuola, Kubi ha mostrato loro

come si faceva un uccellino e un

bambino mi ha sussurrato:" Hai

visto? È un mago".

Dopo che se ne sono andati, ho

parlato con Kubi, anzi ho gesti-

colato visto che non sapevo spie-

garmi bene.

Ho fatto lui una piccola intervi-

sta, per poi riprenderlo mentre

realizzava un bellissimo fiore

che mi ha successivamente rega-

lato.

Infine è arrivato il mio turno ma

ciò che è venuto fuori dai miei

tentativi artistici era mostruoso!

Sembra facile ma non lo è!

Quindi sì, Kubi è veramente un

mago.

L A RUBRICA DELL A SCUOLA

LAVAGNA

KUBI, IL MAGO DELLA MARMORIZZAZIONE DI EMMA ZANIOL

LA NOSTRA SCUOLA PREMIATA

ALLA BIENNALE DI VENEZIA!

Nell'ambito del "6° Carnevale Internazionale dei Ra-

gazzi - Leone d'Argento per la creatività nelle Scuole

2014-15", il nostro Istituto ha ricevuto una Menzione Speciale per il progetto META-MORFICO/

Laboratorio di Danza, curato dalla prof.ssa Elisabetta

Battistel e dalla coreografa Rossa Urbani de Ghetolf

Complimenti ai partecipanti!

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“ R ELATA REFERO ”

“Cercate di uscire dalla

vostra autoreferenzialità”

L’organizzazione del vostro

discorso è un po’

schizofrenica”

“Il grafico è molto peggiore”

La scuola è uno dei più grandi

videogame che Dio potesse

inventare

“Ragazzi vedete di

chiudere i cassetti perché

rischio, urtandolo, di ferirmi”

Magari mi scrivesse Obama!

E’ uno degli uomini più sexy

che io abbia mai visto!

“Alzi la mano o è solo una

matita vagante?”

“Il Sacro Romano Im

pero di

Impero aveva solo il nome…

fa ridere i polli!”

“Cosa ti succede? mi

sembri appena uscita da

una centrifuga!”

“Avete un rapporto

compulsivo con i

copia-incolla”

“Ok, ora chiedo ad Argo i programmi svolti durante l’anno”

“Siete pericolosi!”

“Ma tu guarda questi

sciagurati!”

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L a paura é un sentimento

singolare; ci sono vari

modi per descriverla,

manifestarla ed approcciarsi ad

essa. La paura non discrimina,

non é razzista: essa, infatti, si

manifesta in tutti, in modo mi-

sterioso, in base alla personalità

di ciascuno e può essere percepi-

ta in modi differenti. Questa e-

mozione é molto frequente ed é

normale che essa si annidi

nell'essere umano. Fa parte

dell'esistenza: se noi consideras-

simo il nostro corpo come un

orologio, la paura sarebbe uno

dei suoi ingranaggi. Non é possi-

bile vivere senza la paura come

non é possibile vivere senza il

male. L'importante é che la pau-

ra sia accompagnata dal corag-

gio, e, a sua volta, il coraggio sia

accompagnato dall’aiuto condi-

viso degli altri, affinché questo

sentimento non diventi un osta-

colo, una gabbia tanto trasparen-

te quanto agghiacciante per l'in-

dividuo. Accade che certe volte

la paura diventi un dolore che

logora dentro, uno spasmo pro-

vocato dall'ignoto o dall'ansia.

Noi tendiamo a parlare della pa-

ura in modo superficiale perché,

ogni volta che cerchiamo di

spiegare questo fenomeno, finia-

mo per cadere nel banale. Ci so-

no momenti in cui abbiamo pau-

ra anche di pensare; pertanto ci

sono casi in cui é proprio questa

emozione che porta l'uomo alla

corruzione, al fallimento e all'e-

stremismo. La paura va cono-

sciuta, va pensata come un ele-

mento positivo che può aiutare

invece di danneggiare l'uomo.

Attraverso la scrittura, io stessa

cerco di conoscere meglio la pa-

ura. Ripenso ingenuamente

all'infanzia, quando io e la paura

eravamo estranei. Bob Marley

afferma che "la paura del perico-

lo é diecimila volte più agghiac-

ciante del pericolo stesso: il peso

dell'ansia ci pare più grave del

male temuto": che sia vero?

SEZIONE DEL MESE: PAURA

LA PAURA COME SPECCHIO DI LILA LANCEROTTI

Un giorno la paura bussò alla porta. Il coraggio andò ad aprire e non trovò nessuno.(Martin Luther King)

Se c’è soluzione perché ti preoccupi? Se non c’è soluzione perché ti preoccupi?(Aristotele)

Quanto dolore ci sono costate tutte quelle paure che non si sono mai realizzate.(Thomas Jefferson)

La paura non può essere senza speranza né la speranza senza paura. (Baruch Spinoza)

L'unico sbaglio che tu possa fare è non fare qualcosa per paura di sbagliare. (Anonimo)

I nostri dubbi sono traditori, e ci fanno perdere il bene che potremmo ottenere perché abbiamo paura di tenare.

(Shakespeare)

La riproduzione vietata

di René Magritte (1937)

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IL LATO OSCURO DI WALT DISNEY DI LARA ROMEO

W alter Disney. Per tutti,

Walt. Per altri, solo

Disney. Un nome, un

uomo, un impero. Forse era sata-

nista, forse ha riempito i suoi a-

dorabili cartoni animati di mes-

saggi subliminali; quegli stessi

cartoni di cui cantiamo le canzoni

a squarciagola, come se non aves-

simo un domani, come un inno

alla gioia e alla spensieratezza,

più ora che non quand'eravamo

effettivamente bambini. Ma non è

questo il tema su cui intendevo

focalizzarmi.

Lascio liberamente aperto lo

scambio di opinioni tra voi lettori.

Chi era Walt Disney? Era un uo-

mo. Un uomo che disegnava car-

toni animati per bambini. Per

bambini? Sì. Sì…

Oggi, a rivederne

alcuni, vengo per-

corsa da un brivido.

Attualmente i car-

toni animati sono

controllati, alcuni

censurati, troppo

fissati a tutelare le

deboli e innocenti

menti dei bambini -

che poi si rivelano

più sveglie, accorte,

acute e perspicaci

di quelle di tanti

adulti. I cartoni ani-

mati del secolo

scorso non erano

così ipocriti ed in-

nocenti, o per lo

meno quelli Disney: in "Bambi",

un cacciatore ammazza la mam-

ma del cucciolo scriccioloso di

cerbiatto da tutti amato, e come

se non bastasse, alla fine del film

la foresta dove abita prende pure

fuoco. Per inciso, proprio

"Bambi" è stato l'unico film che

abbia mai fatto impaurire e pian-

gere Quentin Tarantino.

Per non parlare di "Biancaneve",

dove già all'inizio la matrigna,

invidiosa della bellezza della pri-

ma, chiede a un cacciatore di uc-

cidere la protagonista, e di portar-

le il suo cuore chiuso in uno scri-

gno come prova.

Una proposta degna di un film

horror-splatter. O quando, scoper-

ta la spaventosa verità, Biancane-

ve fugge in un ostile bosco che

riflette e amplifica le sue angosce

e confusioni interne, tanto da non

risultare molto dissimili dalle vi-

sioni di un bad-trip da acidi.

Memorabile, la terribile bruttezza

della matrigna trasformata in stre-

ga, mentre si prepara ad avvele-

nare la mela fatale.

O Dumbo, l'impacciato e coccolo

elefantino dalle proverbiali orec-

chie sproporzionate che viene al-

lontanato con la forza dalla mam-

ma, e, senza la sua protezione, è

escluso, bullizzato, discriminato e

sfruttato, preso in giro e utilizzato

come fenomeno da baraccone.

The freak show, guys. E ce ne sa-

rebbero ben molt i al t ri .

Quindi? Troppo crudi e diretti?

No, autentici. E troppo colorati…

Torniamo indietro di circa un se-

colo: fine anni Venti e anni Tren-

ta, per l'esattezza tra il '29 e il '38,

quando Topolino era ancora l'uni-

ca creatura di Disney e non aveva

la pupilla, bensì quei grandi occhi

tenerissimi tutti neri, che ti face-

vano sciogliere da quanto erano

dolci. Quando era tra gli indiscus-

si protagonisti delle prime serie di

cortometraggi animati, della dura-

ta di circa sei minuti ciascuno,

ancora in bianco e nero e senza

dialoghi -Topolino infatti si limi-

tava a poche esclamazioni- chia-

mate appunto Silly Symphony

perché avevano come colonna

sonora delle allegre sinfonie che,

ovviamente, cambiavano a secon-

da della storia proiettata. Qualcu-

no forse se li ricorderà, poiché

fino a qualche anno fa venivano

ancora ancora trasmessi in tv. Per

chi ancora non li conoscesse, ba-

sta cercarli su YouTube, dove

sono facilmente re-

peribili. Alcune tra

le Silly Symphony

trattano le simpati-

che avventure di un

giovane e fresco

Topolino che con-

duce una scapestra-

ta vita rurale ed era

appena uscito dalle

bozze di Disney e

per questo ancora

molto lontano dal

diventare il fastidio-

so saccente quadra-

to perbenista colo-

rato so-tutto-io che

conosciamo ora. Fra

questi cortometrag-

gi ce ne sono alcuni

di inquietanti. Molto inquietanti.

Davvero inquietanti.

"Crazy Doctor" riguarda, come

ben si può intendere dal titolo,

uno scienziato pazzo che, nel

cuore di una notte buia e tempe-

stosa, rapisce Pluto per portarlo

nel laboratorio del suo castello

abbandonato, e tagliarlo per pro-

vare a cucirlo con una gallina:

l'esperimento vuole vedere cosa

sarebbe poi nato dall'uovo di

quell'ibrido frankensteiniano.

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Un'altra è ambientata in una ven-

tosa notte in cui gli scheletri se-

polti in un cimitero si ridestano

per ballare una divertente -ma

non meno inquietante- danza ma-

cabra (il titolo è appunto "The

Skeleton Dance").

In "Haunted House", Topolino si

ritrova appunto braccato in una

casa stregata nella quale violenti

spettri e scheletri, vogliono cattu-

rarlo e tenerlo prigioniero.

Un'altra ancora invece è ambien-

tata in una cava infernale, con

tanto di fetidi demonietti dispetto-

si, vulcani ribollenti e un diavolo-

ne panzone che nutre Cerbero con

i suoi schiavi, e che verrà poi car-

bonizzato da questi ultimi.

Il corto in questione si chiama

"Hell's Bells": gli AC\DC si sono

sempre rifiutati di dichiarare che,

già più di cinquant'anni prima,

Walt Disney spaccava più di loro,

e ancora adesso se ne vergogna-

no. Alla faccia dei vestiti da sco-

laretti sul palco.

Ognuno di noi ha indubbiamente

un lato oscuro con cui fare i conti.

Non serve nasconderlo, non serve

negarlo perché continuerà a stare

dov'è. Lì, lì dov'è lui, a guardare

la realtà con i suoi occhi filtrati.

O puri.

Perché quando guardi dentro l'a-

bisso, anche l'abisso guarda den-

tro di te. E non devi neanche non

guardarlo: se lo ignori, si concen-

tra e s'incattivisce, diventa più

spesso e grave, ti stritola con le

sue canute braccia pallide e i suoi

lunghi e affilati artigli neri. Con i

suoi infiniti tranelli.

Non ti ci devi neanche calare den-

tro, affidartici totalmente e volta-

re le spalle a tutto il resto, perché

allora gli avrai venduto l'anima e

ti avrà in pugno, nel suo denso,

fosco e opprimente strapotere. E

t u n e s a r a i s u c c u b e .

Un viscido schiavo. No...

Il lato oscuro va accettato. Va

preso atto della sua esistenza, bi-

sogna imparare a conviverci.

E se sei Walt Disney, hai anche

imparato a collaborarci, a render-

lo un'arte di successo popolare.

Perché quando conosci ciò che ti

angoscia, gli dai un nome, e ti fa

meno paura. Puoi prendere il co-

raggio a piene mani e affrontare

la tua paura: le fai il solletico, la

fai ridere e la rendi divertente. Ti

permetti di prenderla un po' in

giro, come si fa con i vecchi ami-

ci. Così è meno spaventosa.

Certo, quanto basta...

L a società di oggi è fonda-

ta sulle apparenze. Tutti

pretendono di essere per-

fetti e ognuno desidera essere

superiore all'altro; eppure ci sono

momenti in cui si provano le

stesse sensazioni, come di fronte

alle paure.

Probabilmente tutti abbiamo al-

meno una vaga idea di chi sia

Dorian Gray: l'uomo mito che

per paura di invecchiare e veder

deteriorare il suo aspetto ha addi-

rittura venduto la propria anima

al diavolo, a patto di non far sva-

nire la bellezza giovanile del suo

corpo. Ecco, quindi, che, anche

se l'Ottocento ci appare così lon-

tano, gli uomini dell'epoca erano

ossessionati dalla bellezza come

lo sono quelli di oggi.

Sicuramente Hegel, se dovesse

dire la sua sulla paura, la consi-

dererebbe un ottimo punto d'ini-

zio per poter superare ciò che

tedia e preoccupa, e se quella

paura che si ha fosse un ostacolo

che non permette di esaudire il

proprio desiderio, beh, lo si riu-

scirebbe a raggiungere ugual-

mente con certezza.

Infatti molto spesso la paura più

grande è quella del giudizio al-

trui sull'aspetto fisico. Nell'ami-

cizia, per esempio, quante volte

piacerebbe avvicinarsi ad un coe-

taneo, magari diverso nel modo

di vestire, e si decide di non farlo

perché questo crea una sensazio-

ne di inferiorità, di disagio? An-

che in amore capita spesso di na-

scondersi, di evitare il dialogo,

per paura di non piacere. Sembra

quasi che conti più l'aspetto che

l'essere.

E dunque, considerando nuova-

mente la canzone di Jovanotti,

perché non si smette di pensare

incondizionatamente alle paure, e

invece non si accettano i rischi?

L'errore non esiste, la paura nem-

meno, sono semplicemente una

fantasia della mente, in alcuni

casi; tutto sarebbe più semplice

se li si vedessero come degli a-

mici, e non come nemici, con cui

vivere l'oggi ed il domani per

ricominciare a vivere, senza es-

sere schiavi dei pregiudizi.

Un sentimento comune all'uomo.

“LA VERTIGINE NON È PAURA DI CADERE MA VOGLIA DI VOLARE” La paura come un ostacolo, come un qualcosa che impedisce di sognare e di essere liberi.

DI ELENA FABRIS & LILA LANCEROTTI

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IL “SAFE HEAVEN” E LA PAURA DI AMARE “Vicino a te non ho paura” (Safe Heaven), romanzo di Nicholas Sparks da cui Lasse Hallstrom ne ha ricavato

l’omonima pellicola, presenta, non solo una fantastica storia d’amore, ma anche un forte dualismo amore –

paura di cui bisognerebbe tenere più conto.

DI ALVISE GASPARINI

L a paura, sentimento derivante da una perce-

zione di un pericolo reale o supposto, nel

corso della vita di ogni essere umano si pre-

senta e viene provata in tutte le sue sfaccettature.

Tra le tante dunque possiamo notare una tipologia

di paura molto particolare già a partire dalla sua de-

nominazione, si tratta della paura di amare. Come

già detto, troviamo difficoltà nella comprensione nel

suo nome, nel quale troviamo accostati due senti-

menti che appaiono in forte contrapposizione tra

loro, ovvero la paura stessa e l’amore. Com’è possi-

bile, vi chiederete, che si possa aver paura di un

qualcosa che ha un’accezione

più che positiva, forse inseri-

bile nell’olimpo dei sentimenti

positivi? Ebbene è proprio nei

sentimenti più puri e che vo-

gliono caratterizzare i nostri

stati di felicità che troviamo

l’antitesi con la paura. Proprio

pensando al caso della paura

di amare, dobbiamo metterci

nella condizione di andare oltre alla positività

dell’amore e vederne gli aspetti che ne complicano

l’essenza. L’amore, infatti, quale sentimento forte,

di carattere passionale, massima espressione

dell’attaccamento umano verso qualcosa o qualcu-

no, è sempre stato a rischio di fraintendimenti. Chi

crede di sapere cosa sia davvero, facendo riferimen-

to alla storia perfetta con la persona perfetta per una

vita perfetta, dimentica che la perfezione non esiste.

Ciò vale anche per quelle cose o sentimenti che pen-

siamo appartengano ad un solo ed esclusivo insieme

di positività. C’è quindi da stabilire un limite, una

forte divisione e differenziazione tra le terminologie

di positivo e perfetto. Per ogni secondo della vostra

vita non smetterete mai di conoscere cose nuove e,

di conseguenza, catalogarle al fine di dar loro

un’accezione positiva o negativa. Si evince quindi

la mancanza della categoria della perfezione che,

anche secondo la nostra rappresentazione soggetti-

va, non può essere espressa. Non è un dramma no,

anzi. Riflettendo attentamente su ciò che è positivo,

dobbiamo riuscire a vedere anche l’importanza del

suo opposto, come in una sorta di dualismo, dove

uno completa l’altro. E’ qui dunque, ricollegandoci

al tema principale della convivenza tra amore e pau-

ra, che dobbiamo compiere questa analisi, perché

dietro al grande sentimento-motore, che regola ma

che allo stesso tempo può creare un favoloso disor-

dine nella nostra psiche e nel nostro animo, c’è un

qualcosa di altrettanto stimo-

lante e funzionale al nostro

equilibrio. La tanto condanna-

ta paura presa in questione,

regola, si oppone, dà equilibrio

come ago della bilancia al fine

di un risultato eccezionale. In-

fatti, se precedentemente ho

condannato la visione stereoti-

pata dell’amore, adesso tengo

a valorizzare l’apparente lato negativo, che senza

quello non ci sarebbe il suo complementare positi-

vo. In una concezione del sentimento tutt’altro che

rosea, è bene analizzare quell’ansia, l’angoscia,

quella paura di lasciarsi andare, di aprirsi ed esporre

se stessi ad un ignoto che può causarci piacere, co-

me anche dolore. Si, dolore, sofferenza e sfiducia

data dall’esperienza umana che è determinata da

successi ma soprattutto da fallimenti ed errori. La

parte negativa di cui si vuole nutrire la paura c’è,

esiste ed è innegabile nella sua tentazione di demo-

ralizzarci e assuefarci ad essa. Sta a noi, a questo

punto, decidere come interpretare e porci di fronte a

tutto ciò, scegliendo il nostro ruolo e quello dei sen-

timenti, facendoli co-protagonisti o antagonisti nello

spettacolo dell’amore messo in atto all’interno del

teatro della vita.

Katie, giovane ragazza ventisettenne, giunge a Southport, cittadina del North Carolina. Trova

subito un impiego in un ristorante, senza però agganciare alcun legame con nessuno del posto,

ad eccezione della vicina Jo e di Alex, ragazzo del quale si innamora, eliminando quella che

era diventata una vera e propria paura di continuare a vivere.

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C ome può una canzone o

una musica “fare pau-

ra”?

Effettivamente non esiste un cri-

terio per cui poter giudicare la

musica: sia perché ognuno può

interpretare questa a modo suo,

sia perché non c’è niente di og-

gettivo e razionale che la possa

identificare come qualcosa che ci

possa spaventare. Tuttavia la mu-

sica, indistintamente dal suo ge-

nere, può servire ai registi per

accompagnare una certa scena di

un film, per renderla ancora più

terrificante. A volte addirittura

viene utilizzata appositamente

una musica allegra sulle scene

tragiche di un film per creare un

contrasto ancor più raccapriccian-

te! Potrà sembrare scontato ma è

principalmente su questo che si

basano i registi per la creazione di

film horror ad effetto.

Ma la musica, anziché metterci

paura, può essere un’arma per

combatterla?

Assolutamente sì. Chi non ha mai

pensato di ascoltare un po’ di mu-

sica mentre si è tesi per il compi-

to di scuola del giorno dopo? Chi

non ha mai ascoltato musica pri-

ma di gettarsi in una qualsiasi si-

tuazione che ci metta ansia? Beh,

non è necessario aver fatto tutto

ciò ma sicuramente ci si sarà tro-

vati, almeno una volta, ad ascol-

tare musica, no? Spesso, ascoltan-

dola intensamente si può com-

prenderne il significato e da esso

trarne un insegnamento per noi

oppure un incoraggiamento. Sì,

un incoraggiamento. Come qual-

cuno che ci dicesse “Ehi, guarda

che la vita non ti ha voltato le

spalle (anzi, forse sei tu che gliele

hai voltate!). Se hai delle difficol-

tà o delle paure, AFFRONTA-

LE!”. E per convincersi che si

riuscirà ad affrontare anche un

tornado basta cliccare quel trian-

golino rovesciato con scritto

‘play’ e farsi inondare di corag-

gio. La paura non sarà più un pro-

blema!

Riporto qui di seguito solo una

parte (quella che a mio parere de-

scrive meglio quanto detto prima)

del testo originale e della sua tra-

duzione di una famosa canzone di

P!nk: “Try”.

CON LA MUSICA, CONTRO LA PAURA! La musica, arma per affrontare questa emozione

DI ARIANNA BERTI

«Where there is desire

There is gonna be a flame

Where there is a flame

Someone’s bound to get burned

But just because it burns

Doesn’t mean you’re gonna die

You’ve gotta get up and try, try, try»

«Dove c’è il desiderio

Ci sarà una fiamma

Dove c’è una fiamma

Qualcuno è destinato a bruciarsi

Ma proprio perché brucia

Non vuol dire che morirai

Devi alzarti e provare, provare, provare»

Esistenza e felicità...

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BUIO

RAGNI

AEREO

LADRI

NON RIUSCIRE

A FARE CIÒ

CHE DESIDERO.

SOFFOCARE

IGNOTO

SOLITUDINE

SQUALI

IGNORANZA

MALATTIE MENTALI

ESSERE INGANNATI

ISIS

ESAME DI MATURITÀ

VOMITO

MICROBI

PROF. ROSSI

PROF. MARUZZI

PROF. MICHIE-

LETTO

COLOMBI

PANTEGANE

ERMELLINI

FANTASMI

ALTEZZA

SANGUE

AGHI

KILLER

CIMITERO

SATANA

DIAVOLO

SPIRITI

PLATONE

MORIRE SCEGLIERE

AVERE RESPONSABILITÀ

TERRORISMO

TERREMOTI

NOTTE

NUOTARE

FRIGO VUOTO PONTI TECNOLOGIA PROGRESSO SAPERE

ESSERE

INFERIORE

CATTIVERIA

DELLE

PERSONE

SBAGLIARE FERIRE LE PERSONE CRESCERE

HO PAURA…

DI AVERE

PAURA!

“CINQUANTA SFUMATURE DI PAURA” Al primo impatto, di che cosa hai paura?

Ecco cosa hanno risposto i ragazzi del nostro liceo

DI ELENA FABRIS & LILA LANCEROTTI

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V'è, dove son io, un assordante silenzio così profondo, così intenso:

sento il suo eco che si fa strada nelle mie orecchie e mi assorda col suo silenzioso baccano.

Si diverte a giocare col buio fitto di una stanza tetra dove non vedo che la tenebra.

Mi lascia smarrito in un luogo, in un tempo, in un incertezza sospesa che non mi dona appiglio alcuno.

Mi sono perso nella totale assenza che reclama però un popolo, che la occupi e la riempia.

Strisciano così dal profondo ombre viscide che sussurrano e piano piano salgono, da un abisso profondo che

non dovrebbe avere mai fine.

Paure, paure antiche, paure comuni, paure represse, paure…

mi guardano con i loro occhi invisibili e mi graffiano con i loro artigli lunghi e taglienti,

si cibano di me che le ho generate e banchettano in questa stanza.

Loro, luride, attendono sempre nel loro baratro;

con le orecchie ritte, allerta, e arrivano quando nulla può cacciarle:

quando sono forti della mia solitudine.

Urlo, mi dimeno contro in nulla, e a squarciagola riempio quel silenzio disarmante.

Il buio è la loro culla, il silenzio la loro coperta:

sono un soldato disarmato e loro hanno il fucile carico.

Accende la luce mia madre, sento il rumore del caffè che viene preparato: sono di nuovo qua, nella mia casa,

nella mia vita.

Afferro il collo materno per dirle che ho paura del buio, che non voglio dormire con la porta chiusa.

Ma il problema non è il buio, sono le mie paure, che attendono sempre in me, ansiose di lacerarmi di nuovo.

PAURA DEL BUIO DI LUDOVICA MARCELLO

Page 12: LINK collegamento a... PAURA

12

C osa può fare l’uomo? Co-

sa è in grado di fare o-

gnuno di noi? Ma soprat-

tutto, quali sono le nostre reali

potenzialità? Queste sono le do-

mande che parrebbe porci

Tyldum (il regista) e che ha volu-

to trasmettere al “suo” Alan Tu-

ring, interpretato dal moderno

Sherlock Holmes, ovvero Bene-

dict Cumberbatch . La risposta

sta nella condizione, nella forza

fisica e mentale del soggetto.

Straordinario è stato

Alan Turing, come lo

sono stati molti altri

nel corso della Storia,

tra infinite e differen-

ti variabili, qualcuno

nella vita ha lasciato

un qualcosa. Difficile

immedesimarsi e va-

lutare gli operati pre-

cedenti al nostro, im-

possibilitati dalla ri-

cerca di una vera e

propria realtà ma solo

da una nostra perso-

nale interpretazione. Le varie

condizioni, la brama di potere, i

possibili scopi che potremmo

condividere e non, non ci appaio-

no mai chiari nella loro essenza

ultima e lasciano spazio quindi

alla costruzione di un mito, della

sagoma di una persona quasi vo-

luta ma non veritiera. Turing pro-

prio dalla sua grandezza ha otte-

nuto solamente gioia personale,

ol t re che a l la scope rta

dell’amore, non quello carnale né

tantomeno amoroso. Il suo essere

orientato verso l’omosessualità

gli ha inizialmente e insensata-

mente negato quel “grazie”, così

semplice ma significativo che

avrebbe meritato ma al quale è

r i u s c i t o a n o n d a r e

un’importanza esistenziale.

1939 Bletchley Park – Gran Bre-

tagna, il professore di matemati-

ca Alan Turing decide di mettersi

al servizio del governo inglese

per decriptare codici nazisti dati

da una macchina elettro – mecca-

nica, chiamata Enigma. Di indole

solitaria e poco dedito al lavoro

di gruppo, Alan dovrà accettare il

fatto di collaborare con un team

di esperti selezionato dal Co-

mandante Alastair Denniston, tra

i quali troviamo decodificatori,

enigmisti e maestri della logica

come lo scacchista Hugh Alexan-

der. L’atteggiamento di Turing

evidenzia la sua genialità, in ac-

cezione sia positiva che negativa,

in forte contrasto con la mission

impossible che lo aspetta (i codi-

ci vengono reimpostati ogni gior-

no allo scoccare della mezzanot-

te). Accusato, infatti, dal gruppo

di essere troppo saccente e poco

collaborativo, Alan, pur essendo

riuscito a far promuovere la co-

struzione di una macchina in gra-

do di intercettare e tradurre i co-

dici nazisti, si trova a doversi

guadagnare la fiducia del suo

gruppo, migliorando il suo lato

u m a n o . L ’ a r r u o l a m e n t o

dell’esperta di enigmistica Joan

Clark, influirà molto su Alan,

portandolo un’esposizione della

propria persona e al superamento

del suo genio, che da solo non

sarebbe bastato per il completa-

mento della missione. Risolvere

Enigma si può dire che è servito

a Turing più per la sua formazio-

ne personale, al di là della sua

eccezionale conoscenza matema-

tica e fisica. La rivelazione infat-

ti, arriva in una normale serata, al

bar, con il suo team (di amici or-

mai), ovvero in un contesto sem-

plice , dettato da una difficile ma

ideale condizione che il protago-

nista è riuscito a crear-

si. Dunque la soluzio-

ne di Enigma sta nel

restringere il campo di

parole in cui cercare

dei significati a partire

dalle più ripetitive:

quelle che compaiono

sui bollettini meteoro-

logici dei nazisti.

Svelati, quindi, tutti i

movimenti e le coordi-

nate degli attacchi na-

zisti, il team di Ble-

tchley Park decide di

non intervenire, ma di ottimizza-

re gli interventi per massimizzare

i danni e non svelare ai tedeschi

di aver trovato il modo di deci-

frare i loro messaggi. La guerra

termina in tempi assai ridotti ri-

spetto ai pronostici, proprio gra-

zie a Cristopher (la macchina di

Turing, chiamata così come

l’amico d’infanzia morto prema-

turamente). Ciononostante, il

matematico viene isolato e accu-

sato di atti osceni, quali la sua

omosessualità, arrivando addirit-

tura ad una terapia ormonale

(castrazione chimica) pur di non

rinunciare ai suoi studi e al suo

lavoro sul modello di Cristopher

che tiene segretamente in casa

sua. Il film termina con la notizia

di un Turing che si è suicidato a

soli 41 anni.

THE (IMITATION) GAME ISN’T WORTH THE CANDLE

"A volte sono le persone che nessuno immagina che possano fare certe cose,

quelle che fanno cose che nessuno può immaginare."

DI ALVISE GASPARINI

Page 13: LINK collegamento a... PAURA

13

A VOI IL PENSIERO! La scelta di Turing, riguardo alla terapia ormonale, può essere fraintesa o non compresa in un

primo momento. E’ chiaramente difficile immedesimarsi in lui o in qualsiasi altra persona che ha

dovuto rinunciare ai propri valori, alle proprie ideologie (vedi Galileo Galilei) o addirittura arri-

vare alla negazione della propria persona. Turing, però, in fondo, ha dovuto fare proprio questo,

sottomettendosi e rinunciando ad affermare sé stesso per l’amore. Non il sentimento amoroso,

bensì quell’amore per il suo lavoro, per la matematica e la meccanica che hanno in un qualche

modo ridato vita al suo (amato) amico Cristopher, attraverso l’omonima macchina. Al di là

dell’omosessualità, il tema amoroso con altra accezione fa da contorno ad un lungometraggio che

si serve del normale carattere autobiografico per affermare aspetti, idee, sensazioni e sentimenti

che un uomo, più che meritevole, non ha potuto esprimere. Pensate a quanto la paura e la prigio-

nia mentale possano aver influito su Turing o su qualsiasi altra persona del passato, fino ad arri-

vare ai “no” del presente che state vivendo voi stessi.

E’ il Dottor Rogerio Brandao,

oncologo portoghese, a parlare;

lo fa in uno dei tanti blog sparsi

per il web in cui racconta un in-

contro speciale avvenuto con un

piccolo angelo, “una bambina di

11 anni- così la descrive - spos-

sata da due lunghi anni di tratta-

menti diversi, manipolazioni,

iniezioni e tutti i problemi che

comportano i programmi chimici

e la radioterapia.”

La storia continua con quel pic-

colo aneddoto che ha cambiato la

sua vita: “Un giorno sono arriva-

to in ospedale presto e ho trovato

il mio angioletto solo nella stan-

za. Ho chiesto dove fosse la sua

mamma. Ancora oggi non riesco

a raccontare la risposta che mi

diede senza emozionarmi profon-

damente.” “A volte – disse la

bambina - la mia mamma esce

dalla stanza per piangere di na-

scosto in corridoio. Quando sarò

morta, penso che la mia mamma

avrà nostalgia, ma io non ho pau-

ra di morire. Non sono nata per

questa vita!”

Allora Rogerio le aveva chiesto:

“Cosa rappresenta la morte per

te, tesoro?” La risposta fu:

“Quando siamo piccoli, a volte

andiamo a dormire nel letto dei

nostri genitori e il giorno dopo ci

svegliamo nel nostro letto, vero?

È così. Un giorno dormirò e mio

Padre verrà a prendermi. Mi ri-

sveglierò in casa Sua, nella mia

vera vita! E la mia mamma avrà

nostalgia”. “E cos'è la nostalgia

per te, tesoro?” La risposta che

ricevette lo sorprese tanto da af-

fermare che nessun uomo sareb-

be in grado di dare una definizio-

ne “migliore, più diretta, più

semplice”: “La nostalgia è l'amo-

re che rimane!”.

L’ultima parte del suo racconto

cela un profondo ringraziamento:

“Il mio angioletto se ne è andato

già molti anni fa, ma mi ha la-

sciato una grande lezione che mi

ha aiutato a migliorare la mia

vita, a cercare di essere più uma-

no e più affettuoso con i miei

pazienti, a ripensare ai miei valo-

ri. Grazie, angioletto, per la vita

che ho avuto, per le lezioni che

mi hai insegnato, per l'aiuto che

mi hai dato. Che bello che esista

la nostalgia! L'amore che è rima-

sto eterno.”

E’ vero, a volte ci si emoziona

con poco. L’amore di questo an-

gelo supera qualsiasi paura, an-

che la più temibile: la morte.

PAURA O NOSTALGIA? La morte vista con gli occhi di un piccolo angelo

DI CHIARA ZANIOL

Non conosciamo la nostra reale dimensione fino a quando, in mezzo alle avversità,

non scopriamo di essere capaci di andare molto più in là “

Page 14: LINK collegamento a... PAURA

14

L 'insieme delle esperienze

che l'uomo compie nel

mondo viene identificato

con il termine “esistenza”, che è

principalmente caratterizzata da

un continuo realizzarsi di possibi-

lità. Dalla consapevolezza dell'e-

sistenza come possibilità e dal

timore che si avveri quella negati-

va, nasce un sentimento che è

proprio dell'uomo perché è da

esso che è costruito: l'angoscia.

Quando Kierkegaard

parla di angoscia non

deve essere letto in

chiave pessimistica;

egli piuttosto ci inse-

gna a diventare padroni

della nostra esistenza.

Questo sentimento è

una conseguenza della

libertà umana che indi-

ca la condizione della

scelta la quale, però,

risulta essere dramma-

tica, perché nel mo-

mento in cui si sceglie,

si sceglie per la propria

vita escludendo da sé

le altre opzioni; ad e-

sempio, se decido di

diventare un medico, non sarò

mai un astronauta. Per Fichte un

uomo è libero quando è centrato

su sé stesso e quindi non influen-

zato dall'esterno. Molti, apparen-

do diversi dagli altri, temono di

non essere accettati per ciò che

sono e finiscono per seguire auto-

maticamente i condizionamenti

esterni, senza prendere posizione

e senza usare il proprio spirito

critico, ma assumendo un atteg-

giamento passivo. Se non amia-

mo noi stessi, come possiamo

piacere agli altri? Non abbiamo

bisogno di dare specifiche dimo-

strazioni, né dobbiamo imitare

altre persone, altrimenti il mondo

sarebbe popolato da fotocopie di

un modello definito ideale ed uni-

versale e non di soggetti pensanti

con il potere di scegliere per sé

stessi, di ascoltare ciò che il pro-

prio istinto dice. Dobbiamo impa-

rare a conoscerci, abbiamo biso-

gno di sentire ciò che proviamo,

capire cosa vogliamo diventare,

chi vogliamo essere e questo è

possibile solo sganciandosi dal

resto del mondo e ascoltandosi,

senza aver paure di alcun genere.

Sono le nostre stesse paure a por-

ci dei limiti, ma questo non signi-

fica che essi ci sbarrino la strada,

al contrario servono perché abbia-

mo bisogno di impattare con un

ostacolo per progredire e cercare

di andare oltre, magari ponendoci

nuovi obiettivi da rag-

giungere, spostando la

meta più in là. La vita

non è facile, è un per-

corso insidioso e pieno

di difficoltà da affron-

tare, ma non per questo

dobbiamo abbatterci.

Abbiamo solo bisogno

di un po' di grinta, di

fiducia in noi stessi,

abbiamo bisogno di

ideali in cui credere,

non siamo semplice-

mente destinati a com-

piere il ciclo biologico,

non siamo nati per mo-

rire anche se così po-

trebbe sembrare. Ab-

biamo paura? Ben venga! L'im-

portante è convincersi che si può

superare, perché la paura è astra-

zione, mentre noi e le nostre azio-

ni siamo la vera realtà.

TRA ANGOSCIA E LIBERTÀ: IL DRAMMA DELLA SCELTA DI ALESSANDRA LONGO

La paura di essere felici… Secondo Charlie Brown

Page 15: LINK collegamento a... PAURA

15

LUPUS IN FABULA

L’ULTIMA TACCA DI BATTERIA

DI LARA ROMEO

P ronto?! Pronto?! Ginger Ilagi continuava a ripe-

tere quella parola. Pronto? Pronto?! Piangeva e

batteva i denti disperata, ridigitando il numero

dei Carabinieri. Ginger Ilagi aveva freddo.

Ma perché diavolo non rispondevano? Du du, du du,

du du, dudu… Du du, du du… Attendeva. Du du, du

du, du du, du du… Attendeva al telefono. Attendeva a

quel porco telefono a cui nessuno rispondeva. Du du,

du du, du du, du du… Continuava a squillare, ma nes-

suno rispondeva. Du du, du du, du du, du du…Una

voce. Un infinitesimale sussulto, un respiro mozzato,

un battito cardiaco perduto nella cassa toracica di Gin-

ger Ilagi… Quando invece era solo la segreteria tele-

fonica. Il numero da lei chiamato non era al momento

raggiungibile. Ginger Ilagi stringe i denti, li digrigna.

Ginger Ilagi riprova. Ginger Ilagi attende di nuovo.

Ginger Ilagi attende di nuovo al du du, du du, du d…

Pronto? Pronto? Ecco! Sì, pronto! Vi prego, aiutatemi!

Non l'hanno lasciata neanche parlare. L'hanno inter-

rotta subito. Niente da fare, il caso di Ginger Ilagi non

era di loro competenza. E allora di chi doveva essere?

Eh?! Non lo sapevano. Ad ogni modo, non loro. No.

Già… Ginger Ilagi avrebbe dovuto provare a chiamare

un'ambulanza. Le hanno buttano giù. No, no, no! NO!

Ginger Ilagi cerca di riscaldarsi frizionando le mani

sulle sue braccia, battendo i piedi per terra, nella spe-

ranza di farsi anche animo. Ginger Ilagi continua a

piangere. Ginger Ilagi tira su il moccio, ormai conge-

lato. Ormai congelato come stalattite. Le ghiacciava il

cervello. Freddo… Che schifo. Chiama il 118. Pronto?

Ho bisogno di aiuto! Aiuto, i miei genitori sono… Era

caduta la linea. Urlo lungo al cielo. Incazzato. Terro-

rizzato. Disperato. Sconvolto. Impaurito. Rassegna-

to… Ginger Ilagi ha provato a sbloccare la tastiera del

telefono, ma le sue dita erano ghiacciate, e lo schermo

non rispondeva ai comandi. E intanto il tempo passa-

va, i suoi genitori stavano lì, in quel lussuoso palazzo

decadente dal quale era scappata poco prima; i suoi

genitori stavano avvolti nel nylon trasparente, messi

seduti dentro una vasca da bagno con la schiena con-

tro il muro, mezzi traumatizzati e con il volto tanto

tumefatto da non riuscire ad aprire completamente gli

occhi, i capelli rasati per metà e le labbra rotte e cucite

ai lati. E due perversi figli di puttana che si baciavano

davanti a loro. La donna aveva chiesto a Ginger Ilagi

se coglieva l'atrocità contrastante, l'atrocità contrastan-

te del loro sangue, il sangue dei genitori di Ginger Ila-

gi schizzato sulle candide piastrelle di quel bagno.

Quel bagno. Quel bagno dal quale Ginger Ilagi era

fuggita via poco prima. E in quel momento Ginger

Ilagi se ne stava in mezzo alla strada innevata, al buio,

sola. Sola. In mezzo alla strada innevata. Al buio. So-

la. Ginger Ilagi scorge un passante. Ginger Ilagi corre

da lui. Ginger Ilagi mentre corre dal passante inciam-

pa. Ginger Ilagi non si rialza neanche, si mette in gi-

nocchio e gli implora aiuto. Aiuto. Gli dice della don-

na che sorride, scoprendo la bocca nera, pregna di un

liquido denso. Gli dice della donna che sorride sco-

prendo la bocca nera, pregna di un liquido denso, in

quel bagno insanguinato dal quale era scappata. Gli

dice dei suoi genitori che… Gli dice… Il signore si

scosta, rimane impassibile. Ha gli occhi vacui. Vitrei.

Inespressivi. Le indica la stazione di Polizia. Lenta-

mente. Non curante, indifferente… Non era affare,

quello, che lo riguardasse. E siffatto, ha ripreso la sua

via. Ginger Ilagi l'ha seguito con lo sguardo. Ginger

Ilagi aveva gli occhi sgranati. Le lacrime di Ginger

Ilagi avevano smesso di scendere. Ginger Ilagi quasi

non respirava.

Il cuore di Ginger Ilagi quasi non batteva. Ginger Ilagi

era quasi bloccata. Ginger Ilagi stava lì, al buio, ingi-

nocchiata sulla neve in mezzo alla strada malamente

illuminata da un vecchio lampione scassato. Intorno a

Ginger Ilagi non c'era più nessuno. Non un rumore

intorno a Ginger Ilagi. Le si erano cristallizzate le la-

crime sulle guance. Ginger Ilagi si rialza. Si passa una

mano sul volto. Ginger Ilagi inizia a correre affanno-

samente verso l'edificio indicatole dal passante. Corre.

Corre. Corre quanto può. Suda. Scivola. Scivola ma

n o n c a d e . R i p r e n d e l ' e q u i l i b r i o .

Riprende a correre. Arriva. Ginger Ilagi è arrivata.

G inge r I la g i è f ina lme n t e a r r iva ta .

Ginger Ilagi, nonostante gli occhi gonfi e annebbiati,

nota un cartello sul portone. Il cartello sul portone è

lapidario. Spiacenti, sono chiusi. Ginger Ilagi si sente

lapidare. Per favore, chiamare il numero sotto riporta-

to. Ginger Ilagi si sente lapidata. Piange più forte, im-

plora, impreca. Grida. Grida. Grida e se la prende a

pugni con il portone, facendosi solo del male e im-

piantandosi schegge sulle nocche. Sente un guaito. Si

gira. È un piccolo cane. Ginger Ilagi rimane ferma.

Ginger Ilagi tira di nuovo su col naso. Ginger Ilagi,

disorientata, si avvicina cautamente al piccolo cane.

Forse… Ginger Ilagi ha un barlume di speranza. Sente

un flebile barlume di speranza. Il cuore di Ginger Ilagi

trema.

Page 16: LINK collegamento a... PAURA

16

TRATTO DA UNA STORIA VERA

Ginger Ilagi si avvicina, lentamente, un po' di più. Il

piccolo cane ringhia più forte. Ginger Ilagi si avvici-

na, lentamente, un po' di più. Il piccolo cane ringhia

più forte. Chissà di chi era il piccolo cane. Forse al

signore di poco prima… Ginger Ilagi rimane ferma.

Ginger Ilagi non respira. Il piccolo cane smette di rin-

ghiare, ma continua a guardarla con quegli occhietti

truci. Il piccolo cane ha degli occhietti truci che sem-

brano trafiggerla con il loro odio. Il cuore di Ginger

Ilagi è trafitto. È trafitto da tutto. Dall'odio del cane e

della donna che ha prigionieri i suoi genitori, dalla

paura, dall'angoscia, che lo stringono nella loro spino-

sa morsa. Rimango così fermi, in silenzio, a guardarsi,

lei e il piccolo cane. Ginger Ilagi riprende rumorosa-

mente a respirare. Il piccolo cane abbaia aggressivo e

spaventato, e corre via, veloce. Lontano da lei. In-

ghiottito prima dalle ombre, e poi dal nero del buio

pesto di quella fredda e maledetta notte. Ma a che dia-

mine s t a va pe ns a ndo G inge r I l a g i?

A cosa stupide, era portata a pensare cose stupide e

insensate, sconclusionate, era portata ad aggrapparsi

ad ogni appiglio... Ginger Ilagi tira fuori il cellulare. Il

bagliore improvviso dello schermo la fa ammiccare.

Rimane accecata per qualche istante, strizza gli occhi,

poi si abitua. L'ultima tacca di batteria. L'ultima tacca

di batteria del cellulare. Ginger Ilagi si gira verso il

cartello attaccato al portone. Vuole chiamare il nume-

ro sotto riportato. Ginger Ilagi, nel girarsi, scivola sul

pietrisco ghiacciato. Ginger Ilagi cade violentemente

di faccia. Ginger Ilagi non riesce a urlare il suo dolore.

Ginger Ilagi è contrita nel suo dolore. Si rialza. Le fa

male il naso. Lo tocca. Urla. Urla dal dolore. Urla fi-

nalmente dal dolore. Forse è rotto. Ginger Ilagi guarda

a terra, il punto dove si è spappolata il naso. Rosso.

Rosso sangue. Una chiazza rosso sangue che stride,

assorbito dal candore della neve… Come il sangue dei

suoi genitori che contrastava atrocemente sulle pia-

strelle di quel bagno dal quale era fuggita. Ginger Ila-

gi sputa due denti. Digita, percossa da violenti tremo-

ri, il numero riportato dal cartello. Aspetta. Aspetta.

Aspetta… Ginger Ilagi aspetta. Pronto? Pronto?! Sì, sì

grazie! Oh mio Dio, ve ne prego, aiutatemi! Mi chia-

mo Ginger Ilagi, mi trovo qui alla fine di via Asche-

nez, e ai miei genitori stanno facendo il lavaggio del

cervello! Sono rinchiusi, e… Pronto? Pronto?! Ginger

Ilagi aveva il naso sfracellato, i denti frantumati, ave-

va freddo, aveva dannatamente freddo, era sola e ter-

rorizzata in quella notte buia, in quella notte buia co-

lor della pece, e il sangue di Ginger Ilagi si ferma, e

Ginger Ilagi diventa pericolosamente pallida. Il cuore

di Ginger Ilagi non pompa più sangue. Ginger Ilagi,

quasi paralizzata, allontana meccanicamente il telefo-

no dall'orecchio. Ginger Ilagi guarda il telefono.

Ginger Ilagi guarda con gli occhi sbarrati lo schermo

del telefono. Lo schermo del telefono era nero. Nero,

come quella lurida notte senza speranza.

Nero. Spento.

QUELLA SERA DEL VENTICINQUE APRILE... DI GIORGIO GRANDESSO

L a sera del venticinque apri-

le dell'anno scorso, io e dei

miei amici andammo a

mangiare fuori.

Dopo la cena, decidemmo di anda-

re a farci un giro in centro: andam-

mo in piazza S. Marco dove ci

schizzammo con l'acqua alta.

Poi, asciugate le scarpe, ci diri-

gemmo verso il campo S. Loren-

zo, nei pressi della casa di uno dei

miei amici.

Non passarono neppure due minuti

da quando ci eravamo seduti che

udimmo delle voci concitate e da-

vanti a noi, poco più in là, appar-

vero due figure.

A questo punto sentimmo una par-

te della loro conversazione:” La

vedi questa?! Questa è benzina”.

Mentre diceva quelle parole, per-

cepimmo lo spargere per terra del-

la benzina e vedemmo la sagoma

di una bottiglia o una tanica e la

fiammella di un accendino.

La vittima cercò di allontanarsi,

ma l'aggressore la seguì verso il

canale.

Mentre ciò accadeva, ero paraliz-

zato dalla paura: avevo visto la

morte in faccia. Nella mia testa

continuavano a girare gli stessi

concetti: pazzo, benzina, fuoco,

bruciare vivo.

Ci rendemmo conto che era il mo-

mento giusto per scappare, visto

che si erano allontanati di qualche

metro. Però un mio amico rimase

vicino la panchina e cercammo di

chiamarlo a gesti e sussurrandogli

di seguirci.

Quando il mio compagno si stava

avvicinando, io avvertii un passan-

te di non andare nel campo perché

c'era un fuori di testa che cercava

di bruciare qualcuno, probabil-

mente era un turista, perciò non mi

capì e continuò per la sua strada.

A quel punto iniziammo a correre

più che potemmo: non ero mai sta-

to così veloce in vita mia!

Nella fuga chiamai i miei genitori

dicendo ciò che era accaduto e

chiedendo di chiamare i carabinie-

ri. Io non volevo farlo: avevo trop-

pa paura di essere interrogato o di

avere ritorsioni.

Il giorno seguente lessi un articolo

in cui si parlava di questo pazzo

che voleva bruciare la sua ex mo-

glie e il suo datore di lavoro poi-

ché era geloso e pensava che aves-

sero una relazione alle sue spalle.

Per fortuna di lì passò il questore

che riuscì a convincerlo che nessu-

no doveva morire e che lo arrestò.

Quest'esperienza mi rimarrà im-

pressa per molto tempo e non fa-

cilmente riuscirò a dimenticare: la

paura era veramente stata tanta.

Page 17: LINK collegamento a... PAURA

17

CALLE DE LA

NOTIZIA

L a sera del 18 febbraio

sono arrivati al Lido di

Venezia trentasei rifugia-

ti da Lampedusa. Dopo un lungo

viaggio in autobus, sono giunti -

finalmente - a destinazione, in-

contrando però un ambiente osti-

co, dove la notizia del loro arri-

vo non era ben chiara e non ap-

prezzata da molti.

La discussione circa la loro ac-

coglienza è ancora molto com-

battuta: l'isola, infatti, si è divisa

in due perché, quando non si ha

molto su cui dibattere, la prima

notizia utile diventa la fiamma

che alimenta gli animi addor-

mentati.

La questione dell'immigrazione

è molto delicata da affrontare,

soprattutto in un'epoca in cui il

pregiudizio predomina sopra o-

gni altro disvalore.

Ma, elemento ancor più disar-

mante, è stata - ed è ancora - la

reazione avutasi nei social

network circa il loro arrivo, culla

invisibile di odio e rabbia.

Premettendo che la libertà di

pensiero deve essere un princi-

pio inconfutabile, la quantità di

frasi offensive, crudeli e feroci è,

però, disarmante.

“Lager e camere a gas, no eh?”-

si legge sotto un post di un po-

polare politico su Facebook, ri-

guardo l'eccessivo numero di

barconi arrivati ultimamente a

Lampedusa; “Ma dove sta scritto

che noi dobbiamo accogliere

tutta la faccia del pianeta?”,

sempre sotto il medesimo post, e

ancora: “L'Italia è degli italia-

ni”, “Chiudiamo ogni frontie-

ra!”, “Che Dio li fulmini”, “Ma

riaprite la risiera...”, “C'è que-

sto albergo, pensione completa,

docce calde, la scritta all'entrata

dice «Arbeit macht frei»” e, pur-

troppo, molti altri dello stesso

livello di efferatezza.

Questi pensieri non fanno altro

che dimostrare come ogni errore

dell'umanità venga ammesso ma

poi dimenticato; leggendo le fra-

si sopra citate, non mi capacito

di come un essere umano voglia

annientare e annichilire un altro

essere umano.

Mariano José de Larra, giornali-

sta spagnolo del XIX secolo,

scrisse che una società che ucci-

de un uomo equivale al suicidio

dell'intera società perché gli stes-

si uomini la costituiscono. “Sono

uomo”- affermava invece Teren-

zio nel II secolo a.C.- “e nulla di

ciò che è umano mi è estraneo”:

perché, dopo circa duemilacento

anni di Storia, l'uomo ha perso

tutti questi valori?

Bisogna cambiare la visione pro-

gressista della Storia perché pro-

gresso, non significa futuro:

l'uomo ha forse perso il suo idea-

lismo, il suo credere che la bontà

esista, la sua speranza di ritorno

ad una fratellanza forse mai avu-

ta. Hegel sosteneva, invece, che

la realtà fosse una serie costante

di tesi, antitesi, sintesi: un avve-

nimento negativo (antitesi),

quindi, porta essenzialmente ad

un avvenimento ancora più posi-

tivo della tesi, ossia la sintesi.

Quando sarà il momento di con-

cretizzare il famoso detto sba-

gliando si impara?

L’IMMANE POTENZA DELLA RETE La rabbia celata nei social network che rimane nell’ombra

DI CLAUDIA MARIN

OLIMPIADI DELLA FILOSOFIA 2015 DI ALICE VITTURI

È stata un’esperienza interessante per via del carattere interdiscipli-

nare che vedeva la combinazione di italiano per la composizione, fi-

losofia per i contenuti ed inglese nel caso della prova in lingua. Una

novità per Il Benedetti – Tommaseo che ha una radicata tradizione

riguardo le olimpiadi della Fisica ma che non si era spesso misurato

sulle discipline umanistiche. Sono certa che le prestazioni degli allie-

vi della nostra scuola cresceranno mano a mano che familiarizzeremo

con questo genere di prova. Alla prossima avventura!

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18

È quando scopri che esiste

un’associazione con lo sco-

po di “aiutare a rendere più

facile la vita delle persone sfre-

giate con l’acido”

che capisci che

questo mondo sta

andando proprio a

rotoli. Se prima le

organizzazioni na-

scevano per soste-

nere la ricerca, per

offrire sostegno ai

malati oncologici...

Oggi queste com-

battono il male ar-

tificiale, quello

provocato dagli uomini sugli uo-

mini. Ne sono un esempio la U-

NITE to End Violence against

Woman, campagna internazionale

contro la violenza sulle donne o

la ACBC, Associazione Contro il

Bullismo e il Cyber Bullismo. Ma

la mia attenzione è inevitabilmen-

te cadute sulla Katie Piper Foun-

dation, che deve il suo nome ad

una giovane modella inglese. Ka-

tie Piper aveva solo 24 anni quan-

do il suo fidanzato, Daniel Lynch,

gelosissimo ed esperto in arti

marziali la picchiava e la violen-

tava, aveva solo 24 anni quando

costui assoldò un malvivente per

gettarle addosso dell’acido solfo-

rico sfigurandole completamente

il volto e rendendola cieca da un

occhio. 24 anni: una carriera alle

porte del successo, una vita im-

provvisamente stravolta. Fu nel

2009, un anno dopo la tragica vi-

cenda e a seguito di oltre trenta

interventi al viso, che Katie deci-

se di far conoscere la sua storia

attraverso un documentario intito-

lato Katie: My Beautiful Face.

La giovane oggi ha 32 anni, è

protagonista del canale inglese

Channel 4 in cui va in onda la sua

serie televisiva My Beautiful

Friends e la sua autobiografia è

diventata un best seller. La sua

vita è interamente dedicata al la-

voro per la sua asso-

ciazione e alla

“campagna” intrapre-

sa attraverso i social

network con lo scopo

di usare la sua espe-

rienza personale per

aiutare le persone, che

hanno vissuto vicende

simili, a ricostruire la

propria vita e la fidu-

cia in sé stessi. Nel

suo profilo di Insta-

gram, le foto da lei pubblicate

sono accompagnate da alcune di-

dascalie, messaggi che Katie lan-

cia al mondo intero perché

“ognuno porta delle cicatrici, che

esse siano sulla pelle o

sull’anima”.

“Se hai affrontato delle avversità

e le hai superate, sarei entusiasta

di ascoltare la tua storia, condivi-

dila con me qui

http://katiepiperandyou.co.uk/i-

did-it-too” Katie

“When I look in the mirror my

scars no longer upset me, they just

remind me I am stronger than the

person who tried to hurt. We all ha-

ve scars whether they are on the skin

or the soul. Remember only those who

survive wear scars. Next time you look

in the mirror repeat to yourself I'm

proud to be a survivor”

NON PERMETTETE A NESSUNO DI ZITTIRVI Su Istangram, l’urlo di una giovane modella inglese sfigurata dall’acido

DI CHIARA ZANIOL

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EVENTI LEGATI ALLA NOSTRA SCUOLA

Tavola di Pace, 20 aprile 2015, per info contattare prof.sse Marascalchi (Benedetti) e Battistel (Tommaseo)

Progetto “Messaggi che contano”, tutti i martedì, per info contattare il prof. Pellegrinotti

SE HAI DEL TEMPO LIBERO…

Mostra Henri Rousseau: Il candore arcaico (6 marzo–5 luglio 2015) Palazzo Ducale , appartamento del Doge

Mostra fotografia Sguardi privati: sessanta ritratti italiani (7 febbraio– 12 aprile 2015), Palazzo Tre Oci

PICCOLE CURIOSITA’ SULLA LINGUA ITALIANA

(da www.accademiadellacrusca.it)

EVENTI PROSSIMAMENTE

SUI NOSTRI SCHERMI

Il pronome tonico riflessivo singolare

e plurale sé richiede l'accento acuto,

che va dal basso verso l'alto, da sini-

stra a destra, ed indica graficamente la

pronuncia chiusa della vocale e

(ossia il fonema anteriore o pala-

tale medio alto /e/), distinguen-

dosi in tal modo dal se congiun-

zione o pronome atono.

Alcuni studiosi evitano in que-

sto caso di indicare l'accento a

livello grafico, considerandolo

non richiesto in quanto il pronome non

può confondersi con il se congiunzio-

ne.

Altri considerano invece opportuno

indicare sempre l'accento del pronome

tonico riflessivo, scrivendo pertanto sé

stesso, sé stessa, sé stessi ecc. Luca

Serianni (Grammatica italiana -

Italiano comune e lingua lettera-

ria, Torino, Utet, 1991o', p. 57)

ritiene, ad esempio, «Senza reale

utilità la regola di non accentare sé

quando sia seguito da stesso o

medesimo, giacché in questo caso

non potrebbe confondersi con la

congiunzione: è preferibile non

introdurre inutili eccezioni e scrivere

sé stesso, sé medesimo.

In conclusione, sebbene negli attuali

testi di grammatica per le voci raffor-

zate se stesso, se stessa e se stessi non

sia previsto l'uso dell'accento, è prefe-

ribile considerare non censurabili en-

trambe le scelte, mancando in realtà

una regola specifica che ne possa sta-

bilire il maggiore o minore grado di

correttezza. Si raccomanda di tener

conto di questa "irrilevanza" special-

mente in sede di valutazione di elabo-

rati scolastici e affini. (Redazione

Consulenza Linguistica Accademia

della Crusca)

SE STESSO O SÉ STESSO?

NUOVA RUBRICA DI LINK!

Hai delle domande esistenziali a cui non sai rispondere?

Ti turba qualcosa della scuola o del mondo in generale?

Vuoi scaturire pensieri ed emozioni ad altri lettori?

O vuoi solo sfogarti con qualcuno?

Scrivi a [email protected] e avrai la tua risposta nel prossimo numero!

GASPACE

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GIOCHI A cura di Nicolò Bodi e Paolo Ascia

Across

2. Negazione

4. Il contrario di odio

5. Amplifica il suono

8. Confuso, DIsorientato

11. Esso, Quello

12. American Association Advertising Agents

13. Superstite ad un incidente acqueo

15. L' inizio della vita

16. Uomo inglese

17. Persona sincera

18. Poeta, morì a Missolungi

Down

1. Omnia munda mundis: tutto è puro per gli uomi-

ni...

3. Il gruppo dei fratelli Gallagher

5. Plurale di Curriculum

6. La usi come calzatura ma non è una ciabatta

7. Il giornalino dell' istituto

9. Nonno del CD, costituito di resine sintetiche

10. La fine di Roma

11. Il migliore amico dell' uomo

14. Strumento da chiesa e parte del corpo