LINGUA E DIRITTO - LED Edizioni Universitarie · 2015-04-23 · riccardo Guastini ela-bora i tratti...

84
LINGUA E DIRITTO LIVELLI DI ANALISI A cura di Jacqueline Visconti Testi di Gianmaria Ajani Pascale Berteloot Pierluigi Chiassoni Amedeo Giovanni Conte Paolo Di Lucia Elena Ioriatti Ferrari Silvia Ferreri Bice Mortara Garavelli Mario Garavelli Riccardo Guastini Iørn Korzen Giuseppe Lorini Giovanni Rovere Rodolfo Sacco Marcello Soffritti Daniela Tiscornia ESED COLLANA DI LETTURE RA

Transcript of LINGUA E DIRITTO - LED Edizioni Universitarie · 2015-04-23 · riccardo Guastini ela-bora i tratti...

LINGUA E DIRITTOLIVELLI DI ANALISI

A cura diJacqueline Visconti

Testi diGianmaria Ajani Pascale Berteloot Pierluigi Chiassoni

Amedeo Giovanni Conte Paolo Di LuciaElena Ioriatti Ferrari Silvia Ferreri

Bice Mortara Garavelli Mario GaravelliRiccardo Guastini Iørn Korzen Giuseppe Lorini

Giovanni Rovere Rodolfo Sacco Marcello SoffrittiDaniela Tiscornia

ESEDCOLLANA DI LETTURE

RA

Visconti-442-9-fronte.indd 1Visconti-442-9-fronte.indd 1 12-05-2010 13:30:4512-05-2010 13:30:45

Visconti J.
Lingua e diritto. Livelli di analisi
Queste pagine sono tratte da un volume di LED Edizioni Universitarie. Potete accedere alla pagina web del volume cliccando all'interno di questo frontespizio.

7

LinGUA e DirittoLiVeLLi Di AnALisiintroduzionedi Jacqueline Visconti

What say you? Are you guilty or not? speak the truth.i will speak the truth. i have seen sights and been scared. i have been very wicked. i hope i shall be better, if God will help me.

(The Salem Witchcraft Papers, 405 1)

in the earliest stages of which vestiges have been left to us, legal acts are magical acts. this is a fact of great importance for compre-hending our legal language. in its origin it is the language of magic. (K. olivecrona, Legal language and reality, 1962, 176 2)

per Luigi Lombardi Vallauri: «Jeder gute Jurist ist immer ein mis-slungenes Was Anderes», ogni buon giurista è sempre un mancato qualcos’altro; anzi: «forse solo chi non è nato giurista può essere un buon giurista» 3.

se si lascia ai giuristi la curiosità di verificare quanto questa affer-mazione sia fondata, è però vero che le idee più affascinanti nascono

1 in K.L. Doty - r. Hiltunen, Formulaic discourse and speech acts in the witchcraft trial records of Salem, 1692, Journal of pragmatics 41, 3 (2009), 466. 2 in r.A. newman, Essays in Jurisprudence in honor of Roscoe Pound, indi-anapolis - new York, Bobbs - Merrill, 1962, 151-191. 3 il Bigiavi. taccuino multilingue del la società italiana di Diritto e Letteratu-ra 2 (2008), a cura di e. pattaro, 12-13.

8

spesso al le frontiere tra discipline, in quei territori inesplorati in cui vengono meno le certezze del ‘core’, in cui si confrontano – talora provocando crisi – paradigmi e concezioni di provenienza diversa.

proprio a queste esplorazioni è dedicato il presente volume, in cui filosofi, giuristi e linguisti affrontano temi vicini da ottiche diverse e complementari, mettendo in luce aspetti diversi nel lo studio dei rap-porti tra lingua e diritto.

tra i diversi, affascinanti, risvolti di tale questione 4, questa rac-colta ne privilegia uno: la riflessione sul rapporto tra il significato «letterale» dei testi giuridici e la loro interpretazione. in particolare, i sedici saggi raccolti mettono in luce aspetti diversi del modo in cui i livel li linguistici – lessicale, morfo-sintattico, semantico, testuale – contribui scano al la definizione del significato letterale del testo e di come le informazioni contestuali (di origine co-testuale, situazionale o enciclopedica) interagiscano nel l’arricchire tale significato.

il rapporto tra questi due livel li di significato, detti, nel la tradizio-ne di linguistica testuale che adotto, significato «linguistico» e signifi-cato «comunicativo», è precisato da ferrari (2008, 22) 5:

il significato linguistico può essere definito come il significato iscritto nel la struttura linguistica del la ‘frase’, vale a dire quel significato dato dal la combinazione dei significati del le forme lessicali secondo le indi-cazioni offerte dal la sintassi e dal la punteggiatura. Quanto al significato comunicativo, esso è invece quel significato che nasce inferenzialmente dal la combinazione del significato linguistico con le informazioni con-testuali che la situazione d’enunciazione presenta come pertinenti; le quali informazioni […] possono avere un’origine situazionale (legata al la concreta situazione fisica in cui avviene l’atto comunicativo), co-testuale (relativa al l’intorno linguistico del la ‘frase’) o enciclopedica (legata a proprie esperienze cognitive, affettive ecc.).

4 si veda, ad esempio, l’introduzione di p. Di Lucia al la sil loge di U. scarpel-li - p. Di Lucia, Il linguaggio del diritto, Milano, LeD, 1994; p. fiorel li, Intorno al le parole del diritto, Milano, Giuffrè, 2008; B. Mortara Garavel li, Le parole e la giustizia, torino, einaudi, 2001; f. sabatini, Analisi del linguaggio giuridico, in M. D’Antonio (a cura di), Corso di studi superiori legislativi 1988-1989, padova, CeDAM, 675-724; r. sacco, Langue et droit, in Les multiples langues du droit européen uniforme, éd. par id. et L. Castel lani, torino, L’Harmattan, 1999, 163-185; tr. it. Lingua e diritto, Ars interpretandi 5 (2000), 117-134. 5 A. ferrari, L’interfaccia lingua e testo, Alessandria, edizioni del l’orso, 2008.

Jacqueline Visconti

9

il significato linguistico può essere considerato come un insieme di istruzioni date dal locutore affinché l’interprete elabori le inferenze necessarie al la costruzione del significato comunicativo. Come nota Conte (1999 [1988], 84): «Le sequenze testuali guidano [steuern] la costruzione del la coerenza testuale» 6. il significato comunicativo è così «un’ipotesi interpretativa del l’interlocutore» (ferrari 2008, 23) che i diversi livel li linguistici, o «moduli», contribuiscono in vario mo-do a delineare.

Molta del la riflessione sia giuridica sia linguistica verte, a mio av-viso, sul la modulazione del passaggio dal primo tipo di significato al secondo; si pensi, ad esempio, al le considerazioni già in Bobbio (1950, 359) sul passaggio dal l’interpretazione dei verba al l’interpretazione del la mens legis 7; o al la dibattuta (quanto insoluta) questione del la distinzione tra semantica e pragmatica (per alcuni: semantica = si-gni ficato codificato dal la lingua; pragmatica = significato elaborato in ferenzialmente per interazione tra il significato linguistico e i dati contestuali pertinenti) 8.

il contributo che gli studi raccolti in questo volume apportano a tale questione si distribuisce a diversi livel li.

1.1. – Un primo gruppo di contributi riflette sul la natura stessa del-l’interpretazione giuridica. Le questioni trattate comprendono: il ruo lo del l’enciclopedia; i tipi di processi inferenziali che portano al significato comunicativo; il rapporto tra il piano sintattico-semantico e il piano pragmatico nel risolvere l’ambiguità di una disposizione; la tensione tra la funzione creativa del l’attività giurisprudenziale e l’im-portanza del livel lo del la decodifica dei «mezzi di prova».

in particolare, addentrandoci nei singoli capitoli:

6 M.-e. Conte, Condizioni di coerenza, Alessandria, edizioni dell’orso, 1999.si veda anche ivi, 84-95. 7 n. Bobbio, scienza del diritto e analisi del linguaggio, rivista trimestrale di diritto e procedura civile (1950), 342-367. 8 per una sintesi del le diverse posizioni si veda M.B. Mosegaard Hansen - K. turner (eds.), Explorations in the semantics-pragmatics interface, Acta Lin-guistica Hafniensia 38 (2006), 7-13.

Lingua e diritto. Livelli di analisi

10

in Introduzione al la teoria del l’interpretazione riccardo Guastini ela-bora i tratti fondamentali di una teoria generale del l’interpretazione dei testi normativi a partire dal l’ambiguità del vocabolo ‘interpre-tazione’ in contesti giuridici. Le distinzioni principali sono tre. La prima concerne l’opposizione tra interpretazione in abstracto e in terpretazione in concreto. L’interpretazione in abstracto (o text-oriented) consiste nel l’identificare il contenuto di senso, cioè il contenuto normativo espresso da, e/o logicamente implicito in, un testo normativo (una fonte del diritto) senza riferimento ad alcuna fattispecie concreta; l’interpretazione in concreto (o fact-oriented) consiste invece nel sussumere una fattispecie concreta nel campo di applicazione di una norma previamente identificata in abstracto. se l’interpretazione in abstracto è assimilabile al la traduzione (intralin-guistica), perché consiste nel riformulare (rewording) il testo inter-pretato, l’interpretazione in concreto concerne invece la decisione intorno al la estensione di un concetto. La seconda distinzione è tra interpretazione cognitiva, decisoria, e creativa: (i) l’interpretazione cognitiva, o interpretazione-accertamento, consiste nel l’identificare i diversi possibili significati di un testo normativo (sul la base del le regole del la lingua, del le diverse tecniche interpretative in uso, del-le tesi dogmatiche diffuse in dottrina, ecc.) senza sceglierne alcuno; (ii) l’interpretazione decisoria consiste nel lo scegliere un significato determinato nel l’ambito dei significati identificati (o identificabili) per mezzo del l’interpretazione cognitiva, scartando i rimanenti; (iii) l’interpretazione creativa consiste nel l’attribuire ad un testo un si-gnificato «nuovo», non compreso tra quel li identificabili in sede di interpretazione cognitiva. La terza distinzione è tra interpretazione in senso stretto e «costruzione giuridica», cioè la costruzione di nor-me «inespresse», non formulate da alcuna autorità normativa ma ela-borate dagli interpreti per mezzo di vari procedimenti argomentativi pseudo-logici.

La prima distinzione è connessa al la duplice indeterminatezza del diritto: molteplicità di significati degli enunciati normativi e, ri-spettivamente, vaghezza di ciascun significato. La seconda pretende di risolvere l’annosa questione dottrinale se l’interpretazione sia atto di conoscenza o atto di volontà. La terza vuole mettere in luce che non tutte le operazioni compiute dai giuristi sui testi normativi sono riconducibili al l’interpretazione strettamente intesa.

Jacqueline Visconti

Visconti Jacqueline (cur.)
Lingua e diritto. Livelli di analisi
SEGUE

21

1.Azione, pensiero, pAroLA neL LA CreAzione DeL Dirittodi Rodolfo Sacco

1.1. – Cosa raccontano le facoltà di giurisprudenza quando trattano il tema del la creazione del diritto – detto altrimenti, il tema del le fonti del diritto?

non c’è dubbio che il posto centrale viene assegnato al la legge. si men zionerà, accanto al la legge e contrapposta ad essa, la consuetudi-ne. Ma il discorso sul la legge, sul modo del la sua produzione, sul la sua interpretazione, sarà lungo, articolato, approfondito, e sarà ripreso (con sviluppi anche più impegnativi) nel corso di diritto costituzio-nale. il discorso sul la consuetudine sarà embrionale; spesso si lascerà intendere che la consuetudine è operante e legittima solo là dove sia presente un rinvio del la legge.

il civilista, in specie, sarà più o meno disponibile a menzionare la consuetudine fra le fonti, ma tratterà poi questa definizione come una nozione libresca priva di sviluppi reali, e non giustificherà mai con la consuetudine la soluzione che intende dare ad un problema (salva sempre l’ipotesi, infrequente, del l’uso richiamato dal diritto scritto).

il giurista, d’altronde, obbedisce a certe convenzioni, e fra queste la più vincolante impone (da due secoli a questa parte) di iniziare il discorso giuridico partendo dal la costituzione. e la costituzione, fonte somma tra le regole scritte autoritative, ama regolare (e deve regolare) la produzione del le leggi, del le ordinanze e dei referendum, cioè del-le altre fonti scritte autoritative, e invece ignora il diritto spontaneo, consuetudinario, il quale, proprio perché spontaneo, non ha bisogno di nessuna giustificazione e legittimazione proveniente dal la costitu-zione o da un’altra fonte scritta.

22

Rodolfo Sacco

La legge è, in modo evidente, una dichiarazione. essa esprime un imperativo (metaforicamente: una volontà) e promana da un’autorità – e cioè: dal lo stato, o dagli organi cui lo stato affida il compito di creare norme (regioni, comuni, autorità indipendenti, ecc.); e dal le organizza-zioni sovrastatuali cui lo stato ha deferito il corrispondente potere.

La brevità del la trattazione del la consuetudine va di pari con lo scarso apprezzamento per questa fonte non scritta, accusata di venir elaborata in modo troppo lento, e di essere perciò fatalmente arre-trata 1.

1.2. – La realtà è diversa dal le declamazioni. nel la realtà attuale, il bi-lan cio non può dirsi così negativo per le fonti non scritte.

La consuetudine è tuttora fonte primaria del diritto internazionale.nel l’area del common law, la legge autoritativa esiste e fiorisce,

ma non è considerata la base del l’ordinamento. il sistema non può dir si fondato sul la consuetudine, ma è aperto a tanti apporti.

in Cina, in Giappone, in india il diritto tradizionale spontaneo convive con il diritto scritto a model lo europeo inglese o americano; l’ambito in cui operano l’uno e l’altro non è ben definito nel la vita rea-le, e meno ancora è ricostruito dagli studiosi 2.

in tutta l’Africa è ben evidente che il diritto tradizionale, sponta-neo, riesce a circoscrivere l’ambito di applicazione del diritto scritto autoritativo, di marca europea o sciaraitica 3.

in America latina, non sappiamo in quale misura i conflitti giuridici vengano risolti dagli organi giurisdizionali statuali, e in quale misura ope-rino invece autorità di fatto, che fanno applicazione di regole spontanee o tradizionali, cui solo ora la dottrina incomincia a prestare attenzione 4.

1 Anche studiosi ben disposti verso la consuetudine la giudicano conservatri-ce: J. Gilissen, voce «Consuetudine», in Digesto IV, Disc. priv. Sez. civ., iii, tori-no, Utet, 1988; id., La coutume, recueils de la société Jean Bodin (1988), 4 vol l.; A. pizzorusso, voce «Consuetudine», in Enc. Giur., Viii, roma, istituto treccani, 1988. 2 Chiarimenti (su qualche punto, innovativi) in A. Gambaro - r. sacco, Siste-mi giuridici comparati, torino, Utet, 20083. 3 riferimenti ben documentati in r. sacco, Il diritto africano, torino, Utet, 1995, 112-115, 124-136 e soprattutto 190-199. 4 si veda ad es. A. Levaggi (coord.), El aborigen y el derecho en el pasado y el presente, Buenos Aires, Univ. Museo social argentino, 1990 – e ivi si noti l’articolo di Chàvez sul servinakuy (matrimonio consuetudinario) nel perù.

23

Azione, pensiero, parola nella creazione del diritto

in russia il diritto statuale autoritativo è ben analizzato e spon-sorizzato dal pensiero accademico: ma noi non siamo completamente certi che nel paese di tolstoj questo diritto culto trovato dapprima a Bisanzio, poi in francia, e, per l’ultimo secolo, in Germania, abbia sof focato qualsiasi modo alternativo di soluzione dei conflitti.

Un po’ dovunque comunità di immigrati recenti, che parlano una lingua diversa da quel la ufficiale, risolvono le loro questioni giuridi-che in modi non conformi al le regole scritte.

Qualche studio viene ora pubblicato sul diritto degli zingari 5. Da una data recente in Australia, in Canada, e altrove, si consente a giurisdizioni tradizionali di applicare al la luce del sole un diritto spon-taneo che discende da quel lo che era in vigore prima del l’invasione europea.

e nel nostro paese?in italia gli usi sono previsti – in forma generale e astratta – nel-

l’art. 8 del le preleggi al c.c. del 1942; ivi si dispone che l’uso vincola se è richiamato dal la legge. Ma in realtà la consuetudine – entro e fuori del l’ambito del l’art. 8 – pervade, in modo conclamato o senza farsi notare – tutto il diritto privato 6.

La proprietà è ben permeabile al la consuetudine. La legge, con affermazioni ogni volta più perentorie e roboanti, riserva al proprieta-rio del suolo la proprietà dei prodotti del la terra, anche nel caso in cui la terra li offra al l’uomo senza il concorso del lavoro di quest’ultimo: funghi, bacche, more, e così via 7.

Ma la legge non ha nul la mutato del l’ordine, spontaneamente crea tosi da tempo immemorabile, che consente a chiunque la libera

5 A. simoni (a cura di), Stato di diritto e identità rom, torino, l’Harmattan italia, 2005. 6 su questo fenomeno, poco osservato dai civilisti, r. sacco, Il diritto non scritto, in G. Alpa - A. Guarneri - p.G. Monateri - G. pascuzzi - r. sacco, Le fonti non scritte e l’interpretazione, torino, Utet, 1999. 7 Leggiamo il Code Napoléon. Art. 546: «La propriété d’une chose […] donne droit sur tout ce qu’el le produit». Art. 551: «tout ce qui s’unit à la chose appar-tient au propriétaire». Art. 713: «Les biens qui n’ont pas de maître appartiennent à la nation». Leggiamo il c.c. it. (1942). Art. 812: «È bene immobile […] tutto ciò che è naturalmente […] incorporato al suolo». Art. 820: «sono frutti naturali […] i prodotti agricoli». Art. 934: «Qualunque piantagione […] appartiene al proprietario del suolo».

24

Rodolfo Sacco

raccolta. sì che la legge finisce poi per riconoscere tacitamente la con-suetudine, presupponendo la libera raccolta là dove adotta singole norme di dettaglio per disciplinare la raccolta del le piante medica-mentose, o dei tartufi; e il regolamento locale procede con la medesi-ma logica quando sottopone la raccolta dei funghi sul fondo altrui a chicanes amministrative di varia natura.

fuori del nostro paese (in svizzera, in Germania, in svezia), il di-ritto scritto ha oramai legittimato anche formalmente questa prassi (qualcuno in futuro potrà pensare che la regola sia stata concepita nel la riflessione che si matura nel le aule dei parlamenti).

non sempre la consuetudine è così antica. Da qualche tempo l’uo mo scia su fondo altrui, e l’autorità comunale protegge questo svago non solo regolamentando l’attività sportiva ma soprattutto indi-rizzando al proprietario cento divieti (di erigere costruzioni o ostacoli, ecc.).

il contratto è totalmente sposato al la regola consuetudinaria.L’art. 1374 c.c. it., rubricato «integrazione del contratto», riserva

a questo negozio gli effetti che ne derivano secondo la legge e secondo gli usi. L’interprete ama proclamare che l’uso incide sul l’effetto del contratto se richiamato dal la legge (si dimentica che il richiamo è ope-rato proprio dal l’art. citato), e con ciò sembra far avvizzire la grande regola del l’art. 1374.

Ma poi la stessa giurisprudenza, dovendo interpretare la comune volontà dei contraenti, si basa su massime d’esperienza relative a ciò che le parti considerano essere la regola e a ciò che la comunità ha fi nora praticato (relative al l’opinione e al l’attuazione, ossia ai due ele-menti costitutivi del la regola giuridica consuetudinaria).

Ad ogni negozio possono ricol legarsi effetti previsti ex lege. Così avviene nel l’area dei contratti «tipici», cioè appartenenti ad una di quel le figure che il legislatore ha definito e regolato in modo specifico (come avviene per la vendita, il mutuo, l’appalto, ecc.). Ma la prassi crea sempre più numerosi model li atipici, i cui effetti corrispondono a ciò che le parti dicono e, nel silenzio del testo, a regole via via ela-borate dai giudici; e i giudici decidono non già a capriccio, ma in base al le attese del le parti, model late sul la prassi e sul le valutazioni del-l’operatore medio – e cioè, ancora una volta, sul la consuetudine. se la giustizia e l’economia lo richiedono, il giudice elabora tipi contrat-tuali nuovi, per sottrarre il singolo contratto al le regole che la legge

25

Azione, pensiero, parola nella creazione del diritto

ha enunziato per un dato tipo legale. Ad es., per sottrarre il mercato borsistico al le regole legali sul mandato, e dare spazio agli usi di bor-sa, egli inventa il contratto, atipico, del l’«ordine di borsa» 8.

il segreto bancario – cardine del rapporto fra la banca e il clien-te – opera senza l’appoggio del la legge, e deroga ad ogni legge contra-stante. Maldestri tentativi vengono talora condotti per regalare origini legali al l’istituto.

La pratica conosce bene la società di fatto, antichissima, ignota al la legge scritta.

La legge italiana (art. 1350 c.c.) impone la forma scritta per ogni alienazione immobiliare. Ma non ha potuto eliminare la pratica del conferimento di fondi agricoli (col latio agrorum rusticorum), con cui alcuni proprietarii di fondi, volendo costruire una strada, conferisco-no le aree necessarie, che così facendo diventano comuni 9.

1.3. – fin qui, si è visto che il civilista è restio a riconoscere uno spazio al diritto spontaneo. Ma il costituzionalista non nega che gli organi su-premi del lo stato, in date circostanze, per procedere secondo il diritto debbono al lontanarsi dal la regola scritta. i nomi dati a questa figura sono principio di effettività 10, norma non scritta che giustifica la rego-la fattuale 11; l’atto del l’organo si chiama procedimento extra ordinem.

su un piano anche più generale, la dottrina non manca di aggiun-gere al la dottrina del le fonti del diritto ogni opportuno discorso sul-l’interpretazione, sul la realtà sociale, sul lo spirito del diritto, e queste riflessioni conducono poi a contrapporre al la nuda lettera del la legge un diritto «vivente», un diritto in action, un diritto «spontaneo», una natura del le cose, un diritto contrassegnato dal la effettività, una visio-ne realistica del diritto. Con queste elaborazioni si entra nel l’area di un diritto applicato, diverso dal diritto scritto, conformatosi in modo spontaneo, consuetudinario.

8 Cass. 23 dicembre 1977, n. 5724, Banca, borsa e tit. cred. 2 (1978), 129. 9 La giurisprudenza, costantissima, è abbondante. Da ultimo Cass. 29 otto-bre 1983, n. 6442; Cass. 26 novembre 1997, n. 11842. 10 pizzorusso, voce cit., 1.1 e 5.4. 11 G. zagrebelsky, Sul la consuetudine costituzionale nel la teoria del le fonti del diritto, torino, einaudi, 1970, 134.

J. Visconti (ed.)
Lingua e diritto. Livelli di analisi
SEGUE

43

2.iL ConCetto Di VALenzA neL LA fiLosofiA DeL L’Atto GiUriDiCodi Paolo Di Lucia

nel l’ambito del sociale, v’è un fenomeno che è del tutto assente nel l’ambito del la natura: la nul lità [Nichtigkeit]. infatti, un’azione umana può presentarsi con la soggettiva pretesa di vali-dità […] senza essere tale oggettivamente. […] nel l’ambito del la natura non vi sono atti nul li.

(Hans Kelsen)

2.0. Due paraDigmi per una filosofia Del l’atto giuriDico

nel presente studio elaboro due paradigmi per una filosofia del l’atto giuridico:(i) atto parlato vs. atto muto (§ 2.1.);(ii) atto bivalente vs. atto trivalente (§ 2.2.).

2.1. primo paraDigma: atto parlato vs. atto muto

2.1.0. È merito di rodolfo sacco aver denunciato il privilegiamento del l’atto linguistico verbale (e l’oscuramento del l’atto semplice) nel la teoria del l’atto giuridico.

egli lo ha fatto, in particolare, nel contesto di una teoria del l’atto «autonomo». «Autonomo» 1, nel lessico dei giuristi, è l’atto con il qua-

1 Una storia del concetto di atto autonomo non è stata ancora scritta. Come osserva lo stesso rodolfo sacco (Autonomia nel diritto privato, 1987), quali siano

44

Paolo Di Lucia

le il soggetto pone esso stesso (autós) regole (nómoi) immediatamente, senza la mediazione e l’intervento d’una legge.

scrive sacco in proposito:

[…] il giurista (legislatore e studioso) incontra, senza veramente analiz-zarle, tante figure di esercizio del l’autonomia, che si estrinsecano non già nel dichiarare e consentire, ma nel l’esercitare il diritto che si vuole creare, nel lo svolgere quel la prestazione che è oggetto del lo scambio, nel far cessare di fatto un carico che gravava giuridicamente sul vicino e di cui si vuole che egli sia finalmente libero.

ecco l’individuo che raccoglie una bacca e ne diventa proprietario. ec co quel raccoglitore che consegna un frutto ad altri, e gli trasferisce una proprietà. 2

Ma è anche merito di rodolfo sacco aver introdotto nel la teoria del l’at-to giuridico il paradigma inedito: atto parlato (parlante) vs. atto mu to 3.

i due esempi di «atti muti» (di autonomia) più familiari al giurista sono i seguenti: (i) la presa di possesso (occupazione); (ii) l’abbandono (derelizione).L’elenco degli atti muti di sacco è molto lungo e «i più significativi fra essi vengono da epoche arcaiche (essi non hanno bisogno del linguag-gio articolato!)» 4.

gli atti autonomi dipende dal l’ordinamento giuridico preso in considerazione. La categoria del l’autonomia è invece una categoria transsistematica. 2 r. sacco, Antropologia giuridica, 2007, 296. 3 Cfr. r. sacco, Il diritto muto, 1993, 695. sul differente significato del l’ag get-tivo «muto» nei sintagmi «atto muto» e «diritto muto» cfr. A.G. Conte, Erlebnis-recht. Diritto vissuto nel l’antropologia filosofica di Rodolfo Sacco, 2008. il sintagma «atto muto» appare, credo, per la prima volta, nel l’opera di Giam battista Vico (1668-1744), La scienza nuova, nel la forma plurale e in un significato differente da quel lo introdotto da sacco. in particolare Vico parla del la lingua degli atti muti: «Tre spezie di lingue. Del le quali la prima fu una lingua divina mentale per atti muti religiosi, o sieno divine cerimonie; onde restaron in ragion civile a’ romani gli ‘atti legitimi’, co’ quali celebravano tutte le faccende del le loro civili utilità. Qual lingua si conviene al le religioni per tal proprietà: che più importa loro esser riverite che ragionate; e fu necessaria ne’ primi tempi, che gli uomini gentili non sapevano ancor articolare la favel la. La seconda fu per imprese eroiche, con le quali parlano l’armi; la qual favel la, come abbian sopra detto, restò al la militar disciplina. La terza è per parlari, che per tutte le nazioni oggi s’usano, articolati». 4 Cfr. r. sacco, Il diritto africano, 1995.

45

Il concetto di valenza nella filosofia dell’atto giuridico

ecco quattordici esempi di atti «muti» (non dichiarativi), vivissi-mi nel diritto del le società più avanzate, riportati da sacco:

[…] l’occupazione, il possesso, l’abbandono del la cosa, la consegna, l’accettazione tacita di eredità, la sanatoria di un negozio invalido me-diante esecuzione, l’accettazione tacita di un mandato e l’accettazione di un’ordinazione mediante l’invio del la merce, la distribuzione di pro-dotti o di titoli di legittimazione mediante apparecchi automatici, la so-cietà di fatto, il rapporto di lavoro di fatto, il rapporto maritale-uxorio di fatto, il rapporto parentale di fatto. 5

Ma qual è il criterio di individuazione (determinazione, riconoscimen-to) degli atti che rodolfo sacco chiama «atti muti»? per rispondere a questa domanda è necessario indagare la pragmatica del l’atto muto.

2.1.1. Pragmatica del l’atto muto

2.1.1.1. Che cosa l’atto muto non è

nel saggio Il diritto muto (1993) rodolfo sacco denuncia una «visuale contorta del le relazioni umane», in virtù del la quale: «[…] quando si deve definire l’atto muto, esso si definisce ricorrendo al l’analogia con l’atto parlato».

secondo questa visuale «contorta» l’atto muto è equiparato ad una dichiarazione tacita 6.

scrive sacco: si spiega che il soggetto vuole un certo effetto giuridico, che egli deve dunque manifestare la volontà corrispondente, che a questo fine può essere sufficiente l’esecuzione del l’atto in questione: e l’esecuzione fun-zionerà qui come una tacita dichiarazione. 7

5 r. sacco, Antropologia giuridica, 2007, 183. inesplicabilmente, l’insieme più esteso di atti muti, individuato da sacco, non è omogeneo. Almeno cinque del le entità che sacco chiama «atti muti» non sono atti (né muti né non-muti). in particolare non sono atti: il possesso; la società di fatto; il rapporto di lavoro di fatto; il rapporto maritale-uxorio di fatto; il rapporto parentale di fatto. «Atto muto» non equivale ad atto ‘bruto’ (G.e.M. Anscombe [1910-2001]). A sua volta, «atto muto» non equivale ad ‘evento’. 6 sul concetto di «dichiarazione» cfr. p. schlesinger, voce «Dichiarazione (teo ria generale)», 1964. 7 r. sacco, Il diritto muto, 1993, 700.

46

Paolo Di Lucia

Un «visuale contorta» caratterizza, secondo sacco, anche il modo di ricostruire l’atto autonomo muto nel l’epoca più remota del diritto, l’e poca del diritto muto (diritto «senza linguaggio articolato»).

L’uomo che attua in silenzio attua direttamente un rapporto. il giurista del la parola ricostruisce la sequenza in modo più complesso. secondo le sue categorie, l’uomo silenzioso vorrebbe costituire un rapporto, sa-prebbe che per costituirlo occorre un negozio, ossia una dichiarazione, che l’esecuzione del rapporto equivale a dichiarazione, e a questo pun-to eseguirebbe […].

Quando l’uomo non parlava, la dinamica del diritto si riduceva (ce-ri monie a parte) al l’attuazione di rapporti (inizio, prosecuzione, ces-sazione del l’attuazione, sostituzione di un soggetto al l’altro nel l’at tua-zione), né c’è ragione per vedere oggi nel l’atto semplice una realtà più complessa di quel la che interveniva in quei tempi. 8

2.1.1.2. Che cosa l’atto muto è

nel l’opera di rodolfo sacco, gli «atti muti» costituiscono, dunque, uno dei due termini di un’opposizione paradigmatica: atti parlati vs. atti muti.

L’elaborazione del concetto di «atto muto» si articola attraverso due passaggi.

ripercorro i due passaggi del l’argomentazione di sacco che si svol ge nel contesto di una macrostoria del diritto.

Primo passaggio: sacco riconosce esplicitamente il ruolo svolto dal la «parola» quale strumento essenziale per formulare e conformare le relazioni giuridiche. esempi: promessa, donazione, patto, società, testamento.

scrive sacco:

Le culture del l’uomo che ci è dato conoscere formulano e conformano mediante lo strumento «parola» le relazioni giuridiche che convengo-no agli interessati: l’impegno di dare una cosa in cambio di una cosa; il trasferimento generoso del la proprietà di un bene; il patto per cui l’uno dei due non caccerà […] se non a monte, e l’altro non caccerà se non a val le; la costituzione di una società; il testamento. 9

8 Ibidem. 9 r. sacco, Antropologia giuridica, 2007, 183.

J. Visconti (ed.)
Lingua e diritto. Livelli di analisi
SEGUE

61

3.introDUzione ALLA teoriA DeLL’interpretAzionedi Riccardo Guastini

3.1. ambiguità Di ‘interpretazione’

nel linguaggio giuridico il vocabolo ‘interpretazione’ soffre di una molteplice ambiguità: è ambiguo sotto (almeno) quattro profili 1.

3.1.1. Prima ambiguità

Con il vocabolo ‘interpretazione’ ci si riferisce talvolta ad una attività, talaltra al risultato, al l’esito, o al prodotto di tale attività 2.

Ad esempio, in enunciati del tipo «La tale disposizione è ambigua sicché richiede interpretazione», «non c’è applicazione senza previa

1 il discorso che segue è circoscritto agli usi linguistici correnti dei giuristi europei contemporanei, dove il vocabolo ‘interpretazione’ (come i suoi equiva-lenti in altre lingue), pure con le ambiguità di cui ora dirò, sempre riguarda l’at-tribuzione di significato a testi normativi. trascuro senz’altro l’uso (molto ampio e, in verità, molto oscuro) di ‘interpretazione’ che si incontra in molta letteratura (soprattutto) americana al confine tra filosofia giuridica e filosofia politica norma-tiva. Cfr. ad es. M. rosenfeld, Just interpretations. Law between ethics and politics, Berkeley - Los Angeles 1998; r. Dworkin, Law’s empire, Cambridge (Mass.) 1986. si veda anche s.M. Griffin, Il costituzionalismo americano. Dal la teoria al la politica [1996]; tr. it. Bologna 2003, cap. V. 2 Cfr. G. tarel lo, Orientamenti analitico-linguistici e teoria del l’inter pre ta zio-ne giuridica, in U. scarpel li (a cura di), Diritto e analisi del linguaggio, Milano 1976.

62

Riccardo Guastini

interpretazione», etc., il vocabolo ‘interpretazione’ denota evidente-mente un’attività (potrebbe essere sostituito con il sintagma ‘attività interpretativa’). per contro, in enunciati del tipo «Del la tale disposi-zione la Cassazione dà una interpretazione restrittiva», lo stesso voca-bolo palesemente denota non un’attività, ma piuttosto il suo risultato (nel caso: la «restrizione» del significato di una certa disposizione).

3.1.2. Seconda ambiguità

Con il vocabolo ‘interpretazione’ ci si riferisce talvolta al l’attribuzione di significato ad un testo normativo – «t» significa «s» – talaltra al la qualificazione giuridica di una fattispecie concreta – «X costituisce omicidio» – qualificazione che dà poi fondamento al la soluzione di una specifica controversia.

sebbene questa seconda cosa presupponga logicamente la prima, e sebbene le due cose siano probabilmente indistinguibili nel processo psicologico di interpretazione (specie se compiuto da un giudice, so-prattutto un giudice di merito), si tratta di due attività intel lettuali lo-gicamente distinte 3. Un conto è interrogarsi sul senso di una sequenza di parole; un altro conto è domandarsi se una particolare fattispecie concreta ricada o no nel campo di applicazione di una data norma, previamente identificata 4. Dobbiamo dunque distinguere tra:a. l’interpretazione in abstracto (o text-oriented), che consiste nel-

l’identificare il contenuto di senso – cioè il contenuto normativo (la norma o, più spesso, le norme) – espresso da, e/o logicamente

3 Cfr. r. Guastini, L’interpretazione dei documenti normativi, Milano 2004, cap. Vi; p. Chiassoni, Tecnica del l’interpretazione giuridica, Bologna 2007, cap. ii. si veda anche M. troper, La notion de pouvoir judiciaire au début de la Révolution française, in Présence du droit public et des droits de l’homme. Mélanges offerts à Jacques Velu, Bruxel les 1992. 4 occorre forse chiarire che ogni norma presenta la forma logica di un con-dizionale (diciamo: «se f, al lora G»), in cui l’antecedente si riferisce ad una classe di fatti (cosiddetta «fattispecie astratta») e il conseguente ad una classe di conse-guenze giuridiche (quali una sanzione, l’acquisizione di un diritto, la nascita di un obbligo, la validità o l’invalidità di un atto, etc.). il «campo di applicazione» del la norma altro non è che la classe dei fatti ai quali è imputabile quel tipo di conseguenza giuridica. e naturalmente tale classe non può che essere configurata mediante predicati, ossia appunto mediante termini che denotano classi.

63

Introduzione alla teoria dell’interpretazione

implicito in, un testo normativo (una fonte del diritto) senza riferi-mento ad alcuna fattispecie concreta;

b. l’interpretazione in concreto (o fact-oriented), che consiste nel sus-sumere una fattispecie concreta nel campo di applicazione di una norma previamente identificata in abstracto. L’interpretazione in abstracto è assimilabile al la traduzione (intra-

lin guistica), giacché consiste nel riformulare (rewording) il testo in-terpretato 5. L’interpretazione in concreto altro non è, banalmente, che la decisione intorno al la estensione di un concetto (del concetto mediante il quale l’autorità normativa ha configurato una classe di fat-tispecie).

Ancora: l’interpretazione in abstracto consiste nel l’interpretare enunciati normativi completi 6. Mentre l’interpretazione in concreto consiste nel l’interpretare predicati in senso logico, ossia termini che denotano classi. nel l’un caso, si identificano le norme in vigore; nel-l’altro, si identificano i casi concreti che sono disciplinati da ciascuna norma.

ora, il diritto, come tra poco vedremo, è duplicemente indetermi-nato.

per un verso, è indeterminato il sistema giuridico, nel senso che – a causa del l’equivocità dei testi normativi – non si sa quali norme ap-partengano ad esso o siano in vigore.

per un altro verso, è indeterminata ogni singola norma vigente, nel senso che – a causa del la vaghezza dei predicati in ogni linguaggio naturale – non si sa quali fattispecie ricadano nel suo campo di appli-cazione

ebbene, l’interpretazione in abstracto riduce l’indeterminatezza del sistema giuridico in quanto tale, identificando le norme in vigore; mentre l’interpretazione in concreto riduce l’indeterminatezza del le

5 U. eco, Dire quasi la stessa cosa. Esperienze di traduzione, Milano 2003, cap. X. 6 occorre avvertire che l’«enunciato completo», fatto oggetto di interpreta-zione in astratto, non necessariamente è una precisa disposizione del le fonti normative (il comma tale del l’articolo tale del la legge tale): può anche essere, e frequentemente è, un frammento di disposizione, oppure il frutto del la ricompo-sizione, da parte del l’interprete, di vari frammenti di disposizioni, talora disperse in una pluralità di documenti normativi.

64

Riccardo Guastini

norme, identificando i casi concreti che sono disciplinati da ciascuna norma.

3.1.3. Terza ambiguità

Con il vocabolo ‘interpretazione’ ci si riferisce talvolta ad un atto di co noscenza, talaltra ad un atto di decisione, altre volte ancora ad un atto di creazione normativa 7. Dobbiamo dunque distinguere: (i) l’interpretazione cognitiva, o interpretazione-accertamento, che

consiste nel l’identificare i diversi possibili significati di un testo normativo (sul la base del le regole del la lingua, del le diverse tecni-che interpretative in uso, del le tesi dogmatiche diffuse in dottrina, etc.) senza sceglierne alcuno;

(ii) l’interpretazione decisoria, o interpretazione-decisione, che consi-ste nel lo scegliere un significato determinato nel l’ambito dei signi-ficati identificati (o identificabili) per mezzo del l’interpretazione cognitiva, scartando i rimanenti;

(iii) l’interpretazione creativa, o interpretazione-creazione, che consiste nel l’attribuire ad un testo un significato «nuovo», non compreso tra quel li identificabili in sede di interpretazione cognitiva.

poniamo che una certa disposizione D sia ambigua, e possa dunque essere intesa come esprimente la norma n1 o la norma n2. ebbene: a. l’interpretazione cognitiva si esprimerà mediante l’enunciato «D

può significare n1 o n2»; b. l’interpretazione decisoria si esprimerà mediante l’enunciato «D

significa n1», oppure mediante l’enunciato «D significa n2»; c. l’interpretazione creativa si esprimerà mediante un enunciato del

tipo «D significa n3» (non sfuggirà che, in ipotesi, la norma n3 non rientra tra i significati possibili del la disposizione D, quali so-no stati identificati in sede di interpretazione cognitiva). L’interpretazione cognitiva è in tutto analoga al la definizione

lessicale (ricognizione degli usi linguistici effettivi). L’interpretazio-

7 H. Kelsen, Dottrina pura del diritto [1960], torino 1966, cap. Viii; Guasti-ni, L’interpretazione dei documenti normativi cit., cap. Vi. si veda anche o. pfers-mann, La notion moderne de constitution, in L. favoreu (éd.), Droit constitution-nel, paris, 20003, 113 ss.

65

Introduzione alla teoria dell’interpretazione

ne decisoria è analoga al la ridefinizione (selezione di un significato determinato nel l’ambito degli usi effettivi). L’interpretazione creativa è analoga al la definizione stipulativa (introduzione di un significato nuovo, inusuale) 8.

L’interpretazione cognitiva è un’operazione puramente scientifi-ca, priva di qualunque effetto pratico, mentre l’interpretazione deci-soria e l’interpretazione creativa sono operazioni ‘politiche’ (in senso ampio), che possono essere compiute tanto da un giurista, quanto da un organo del l’applicazione. La sola differenza importante è che solo l’interpretazione compiuta da un organo del l’applicazione è «auten-tica», nel senso kelseniano, ossia provvista di conseguenze giuridiche (del le quali è invece priva l’interpretazione offerta dai giuristi) 9.

occorre tuttavia sottolineare che l’interpretazione creativa, così come è stata qui definita, è fenomeno abbastanza raro. nel la maggior parte dei casi, ciò che intuitivamente appare come una interpretazione «creativa» consiste nel ricavare dal testo del le norme inespresse (det-te «implicite») con mezzi pseudo-logici, ossia mediante ragionamenti non deduttivi, e pertanto non stringenti (ad esempio, mediante l’argo-mento analogico). tale operazione non è, strettamente parlando, un atto di «interpretazione»: si tratta di un vero atto di creazione norma-tiva, il cui nome appropriato è (forse) «costruzione giuridica». il che ci conduce al la quarta ambiguità.

3.1.4. Quarta ambiguità

Con il vocabolo ‘interpretazione’ ci si riferisce talvolta al l’attribuzione di significato ad un testo, talaltra a ciò che, in mancanza di meglio, chiameremo «costruzione giuridica» 10.

L’attività di costruzione giuridica include una vasta serie di opera-zioni caratteristiche del la dottrina (primariamente del la dottrina, ma,

8 Cfr. r. Guastini, Interpretive statements, in e. Garzón Valdés et al. (eds.), Normative systems in legal and moral theory. Festschrift for Carlos E. Alchourrón and Eugenio Bulygin, Berlin 1997. 9 Kelsen, Dottrina pura del diritto cit., cap. Viii. 10 Cfr. in proposito G. Lazzaro, Storia e teoria del la costruzione giuridica, tori-no 1965.

66

Riccardo Guastini

beninteso, anche del la giurisprudenza), di cui sarebbe difficile stendere un elenco completo. si possono menzionare, a titolo di esempio: le con-getture intorno al la ratio di una norma o di un intero documento nor-mativo; la creazione di gerarchie assiologiche tra norme; la elaborazione di norme inespresse (che si pretendono implicite,) ivi inclusa la formu-lazione di «principi generali»; la concretizzazione di principi espressi; il bilanciamento tra principi confliggenti; e così via enumerando.

tra queste molteplici operazioni la elaborazione di norme ine-spresse riveste un ruolo speciale. nel la maggior parte dei casi, ciò che abbiamo chiamato interpretazione creativa consiste precisamente in questo: nel costruire – a partire da norme «esplicite», espressamente formulate dal le autorità normative – norme «inespresse» («implicite», ma in un senso molto ampio, non logico, di questa parola): norme, insomma che nessuna autorità normativa ha mai formulato.

È espressa ogni norma che possa essere imputata ad una precisa disposizione come suo significato. È inespressa ogni norma di cui non si possa dire che costituisce il significato di una determinata disposi-zione. Vi torneremo tra un momento.

3.2. la Duplice inDeterminatezza Del Diritto

il diritto, si diceva sopra, è duplicemente indeterminato. L’indeter-minatezza del diritto concerne: per un verso, il sistema giuridico in quanto tale; per un altro verso, ciascuno dei suoi componenti, ossia ciascuna norma 11.

3.2.1. L’equivocità dei testi normativi

in primo luogo, è indeterminato il sistema giuridico nel senso che – a causa del l’equivocità dei testi normativi – è dubbio quali norme ap-partengano ad esso. Alcuni esempi caratteristici di controversie inter-pretative possono chiarire il punto. (a) talvolta, un testo normativo è ambiguo: ci si domanda se esso

e sprima la norma n1 o invece la norma n2.

11 Guastini, L’interpretazione dei documenti normativi cit., cap. V.

J. Visconti (ed.)
Lingua e diritto. Livelli di analisi
SEGUE

75

4.AnALisi LinGUistiCA e teoriA DeLL’interpretAzione GiUriDiCAAncora sul la sempiterna disputa tra scettici e misti(ci)di Pierluigi Chiassoni

4.0. premessa

Un noto film di Costa Gavras, Z. L’orgia del potere, si apre con la sce-na di una conferenza.

il conferenziere, (presumibilmente) un professore di agronomia, ricorda al l’uditorio il pericolo rappresentato, per le colture viticole, dal flagel lo del la peronospera.

in prima fila siede un generale, comandante del la gendarmeria nazionale el lenica. il generale chiede la parola. Gli preme infatti ram-mentare al l’uditorio la presenza di un altro flagel lo, a suo avviso assai più pericoloso del la peronospera: un flagel lo di natura politica, che identifica con la minaccia comunista al la (testuali parole) civiltà el-leno-cristiana. Anche la teoria del l’interpretazione giuridica soffre da tempo, a mio avviso, di flagel li dai quali è opportuno sbarazzarsi.

in questo lavoro, mi propongo pertanto due obiettivi.il primo obiettivo consiste nel l’identificare, in generale, alcuni dei

difetti che, a mio avviso, viziano, o possono viziare, quei discorsi che siamo soliti chiamare «teorie del l’interpretazione (giuridica)». A tale fine, richiamerò l’attenzione su alcune distinzioni meta-teoriche, di cui, a mio avviso, si dovrebbe tenere conto: sia quando si elaborano «teorie del l’interpretazione»; sia quando si analizzano «teorie del l’in-terpretazione altrui»; sia, infine, quando si formulano argomenti per difendere o confutare «teorie del l’interpretazione».

il secondo obiettivo è sperimentale: consiste nel l’utilizzare un ta-le apparato di nozioni e distinzioni meta-teoriche per analizzare una

76

Pierluigi Chiassoni

particolare teoria del l’interpretazione giuridica: la teoria analitica di eugenio Bulygin.

poiché si tratta di una teoria mista (nel senso che preciserò tra breve), che appare sotto più aspetti difettosa, questo mio contributo può anche essere inteso, come suggerisce il titolo, come un’ulteriore pagina nel l’annosa disputa tra scettici e misti(ci). La teoria di Bulygin costituisce, in particolare, un esempio paradigmatico di quasi-cogniti-vismo semantico, e si contrappone, in quanto tale, a ciò che potrebbe chiamarsi non-cognitivismo pragmatico.

4.1. alcuni strumenti meta-teorici

«i giuristi ancora cercano una teoria del l’interpretazione». per mimesi kantiana, verrebbe da dire così osservando il fiume d’inchiostro super interpretationem che percorre il pensiero giuridico contemporaneo.

tra i fattori che si possono menzionare per spiegare la persistenza del «problema del l’interpretazione» nel la cultura giuridica vi è, in-dubbiamente, il costante modificarsi del la condizione umana: l’inces-sante mutare del le esigenze materiali, del le strutture concettuali, dei valori e del le ideologie. Di modo che il complesso fenomeno culturale del l’interpretazione giuridica appare uno schermo opaco, sul quale viene proiettata una pluralità di immagini diverse, talvolta scarsa-mente somiglianti, secondo i tempi e le prospettive di volta in volta adottate.

Questa prima spiegazione vale peraltro, com’è ovvio, per qualsiasi fenomeno culturale. Vi sono tuttavia alcuni fattori esplicativi che at-tengono in modo più specifico al l’interpretazione giuridica.

tra questi, un ruolo primario va ascritto a due confusioni d’ordi-ne concettuale – a due omissioni in distinguendo –, che riflettono un deficit di consapevolezza metodologica nei cultori del l’interpretazione giuridica.

La prima confusione consiste nel non distinguere – o non distin-guere con la necessaria accuratezza – tra discorsi in funzione descritti-va (descrizione, esplicazione, teoria) e discorsi in funzione prescrittiva (prescrizione, dottrina, ideologia): tra discorsi sul l’interpretazione giuridica quale essa, di fatto, è in una o più esperienze giuridiche de-

77

Analisi linguistica e teoria dell’interpretazione giuridica

ter mi nate, e discorsi sul l’interpretazione giuridica quale essa deve es-sere, in generale o in particolari esperienze.

La distinzione tra teorie (strettamente intese) e ideologie è stata fatta oggetto, in tempi recenti, di critiche volte a metterne in luce l’in-fondatezza, l’inutilità, l’esizialità. si tratta però di critiche che possono essere disattese. Basti qui questa considerazione. Chi coerentemente – e sottolineo: coerentemente – faccia a meno del la distinzione tra fatti e valori, pur con tutti i limiti e le cautele che nel tracciarla devono essere prese, si trova a – e sceglie di – vivere in un mondo nel quale la realtà si confonde con il desiderio, le immagini dettate dal le passioni sostituiscono i dati di esperienza, vi si sovrappongono, li intorbidano, li indeboliscono (viene da pensare ai mol li, esausti, orologi di salva-dor Dalì): è un mondo di false luci, di suggestioni alimentate da pa-role suadenti, di cose che sfumano misteriosamente l’una nel l’altra; un mondo che disprezza la ragione e la scienza, e considera il rigore intel lettuale un orpel lo fuori moda.

La seconda confusione attiene in modo specifico al le teorie (de-scrittive) del l’interpretazione giuridica e consiste, in particolare, in una confusione di prospettive. nel dare conto del fenomeno interpre-tazione giuridica – vuoi per esplicare la natura del l’attività interpreta-tiva, vuoi per il lustrarne la struttura, vuoi per esporne gli strumenti – i teo rici tendono sovente a confondere – a non distinguere con la ne-cessaria accuratezza – (non meno di) tre diverse dimensioni del feno-meno interpretativo e, corrispondentemente, tre diverse prospettive dal le quale si può «fare teoria» del l’interpretazione. 1. Un prima prospettiva è la prospettiva cognitiva del la psicologia del-

l’interpretazione. Da questo punto di vista, l’interpretazione è inda-gata in quanto processo intel lettuale in mente interpretis, al fine di descriverla mediante model li rappresentativi psicologici costruiti sul l’introspezione e su congetture comportamentistiche a partire dai discorsi interpretativi.

2. Una seconda prospettiva è la prospettiva del la metodologia del l’in-terpretazione. Da questo punto di vista, l’interpretazione è indaga-ta in quanto discorso giustificatorio formulato in documenti quali le sentenze giudiziali, le opere dottrinali, le comparse e le arringhe degli avvocati. L’interpretazione giuridica, da un punto di vista metodologico, consiste pertanto in stringhe di enunciati che com-pongono ragionamenti interpretativi, dei quali si tratta d’indagare,

78

Pierluigi Chiassoni

porre in luce e, se del caso, ricostruire mediante forme e concetti perspicui, gli strumenti (schemi discorsivi, argomenti, metodi, tec-niche, canoni, direttive) e la struttura logica.

3. Una terza prospettiva, infine, è la prospettiva sociologica del-la teoria del l’azione sociale. Da questo punto di vista, l’interpre-tazione giuridica è indagata in quanto attività – psicologica e/o discorsiva-giustificatoria – socialmente condizionata: soggetta a vincoli, o con dizionamenti, provenienti dai modi di pensare e dal-le ideologie diffuse tra gli operatori del diritto e/o i consociati at large.per effetto del la confusione tra le tre prospettive sopra menzio-

nate (che potrebbe denominarsi sincretismo prospettico o di prospet-tive), le teorie del l’interpretazione sono sovente discorsi ibridi, nei quali considerazioni psicologiche, metodologiche, e socio-culturali si mescolano inavvertitamente e casualmente tra loro, a scapito del rigore del le analisi e del la fondatezza, e control labilità, del le conclu-sioni.

Al le confusioni appena richiamate si possono aggiungere altri di-fetti, tra cui il seguente. non di rado i teorici del l’interpretazione giu-ridica, nel l’accostarsi al – e dare conto del – fenomeno, utilizzano pro-spettive e strumenti mutuati da altri campi del sapere: ad esempio, da un qualche indirizzo nel la filosofia del linguaggio, nel l’epistemologia, nel la metafisica, nel la teoria del la critica letteraria, nel la linguistica, etc. Un tale modo di procedere – fecondo e commendevole – può tuttavia dare luogo a due inconvenienti, segnalati a suo tempo da nor-berto Bobbio con riguardo al la filosofia del diritto italiana del primo novecento: la trasposizione estrinseca e l’abuso del metodo concettua-le 1. Accade, in altre parole, questo: l’interpretazione giuridica viene adagiata su letti di procuste fabbricati in altri campi del sapere, per altri fenomeni, ed acriticamente introdotti tra l’armamentario del teo-rico del diritto.

in conclusione: la persistenza del «problema del l’interpretazione» nel la cultura giuridica occidentale dipende, in buona misura, dal co-spirare di non meno di quattro principali fattori (uno fisiologico, e tre patologici):

1 n. Bobbio, Giusnaturalismo e positivismo giuridico, Milano, Comunità, 1965, parte i.

79

Analisi linguistica e teoria dell’interpretazione giuridica

a. la fluidità del la condizione umana;b. la confusione, nei discorsi sul l’interpretazione, tra teorie (stretta-

mente intese) e ideologie;c. la confusione, nel le teorie del l’interpretazione, tra prospettiva psi-

cologica, prospettiva metodologica, e prospettiva socioculturale;d. il riduzionismo teorico.

Di questi fattori, gli ultimi tre favoriscono il prodursi di dispute tendenzialmente perpetue, tra esperti ostinati nel difendere e contrap-porre tesi eterogenee, e magari del tutto conciliabili, percepite però, ad un tempo, come omogenee – attinenti al lo stesso oggetto e al lo stesso, preciso, problema – e inconciliabili.

4.2. la teoria «mista» Di eugenio bulygin, in poche parole

La teoria del l’interpretazione di eugenio Bulygin – quale può ricavarsi da alcuni passi de Il positivismo giuridico, dal paragrafo centrale di As-serti normativi veri o falsi e, soprattutto, da altri lavori che menzionerò in seguito, alcuni dei quali scritti con Carlos e. Alchourrón – costitui-sce, a mio avviso, un esempio istruttivo di teoria difettosa: sia sotto il profilo del la confusione tra le prospettive psicologica, metodologica, e socioculturale (sincretismo prospettico); sia per la trasposizione ri-duzionistica di modi di pensare elaborati in campi diversi dal diritto (riduzionismo teorico).

per suffragare queste conclusioni, offrirò una breve, ma (spero) circostanziata, esposizione del la teoria del l’interpretazione di Bulygin. Una teoria, come si vedrà tra poco, assai suggestiva, condivisa nel le sue linee portanti da avveduti teorici del diritto 2, che avanza pretese di correttezza la cui infondatezza è, prima facie, tutt’altro che evidente.

La teoria del l’interpretazione giuridica di Bulygin è un discorso descrittivo (non, apparentemente, un’ideologia), tra i cui obiettivi primari vi è quel lo di fornire una risposta al problema del la natura del l’attività interpretativa.

2 tra cui, ad esempio: Herbert Hart, Genaro r. Carrió, José Juan Moreso, e Andrei Marmor.

J. Visconti (ed.)
Lingua e diritto. Livelli di analisi
SEGUE

97

5.i GiUDiCi e iL LinGUAGGiodi Mario Garavel li

il giurista americano roscoe pound scrisse nel 1910 un saggio intito-lato Law in book and law in action 1, distinguendo il diritto concepito nel le sistemazioni teoriche degli studiosi da quel lo che si attua nel la vi ta di tutti i giorni. Qui vorremmo parlare dei nessi tra il linguaggio e uno dei più tipici diritti in action, quel lo che nasce dal le decisioni dei giudici, e che la Corte Costituzionale ha anch’essa a sua volta definito il «diritto vivente».

non ho bisogno di sottolineare due aspetti preliminari di questo discorso: il primo è che è ormai non si parla più del giudice come bouche de la loi, come semplice traduttore in pratica dei dettami di norme in sé precise ed esaurienti, ma si riconosce la funzione creativa del l’attività giurisprudenziale (Lord Denning diceva: «La verità è che il diritto è incerto. nessuno può dire quale sia il diritto finché le Corti non lo definiscono. i giudici producono diritto ogni giorno, sebbene ammetterlo sia quasi un’eresia»). il secondo aspetto, che accomuna in un certo senso i magistrati ai linguisti, è che anche i magistrati la-vorano sul la lingua, costituente la materia prima di cui essi fanno un uso costante; i mattoni del le loro costruzioni non sono che parole, prima le parole che essi leggono negli atti di causa e nei testi legisla-tivi, poi le parole con le quali danno conto del le loro decisioni nel le tre tipologie (sentenze, ordinanze, decreti) previste dai codici di pro-

1 r. pound, Law in book and law in action, American Law review (1910), 10.

98

Mario Garavelli

cedura. i «discorsi dei giuristi» che tarel lo, in un saggio del 1974 2, riferiva soltanto al la dottrina possono essere estesi a tutta la corpo-razione, includendovi la magistratura, che produce i propri discorsi nel le motivazioni dei suoi provvedimenti, quel le motivazioni che la stessa Costituzione, al l’art. 111, dichiara obbligatorie riconoscendone l’essenziale importanza nel l’esercizio del la funzione, in un contesto di democrazia dove ogni autorità pubblica dovrebbe giustificare le sue scelte di fronte ai cittadini. e non vanno dimenticati gli avvocati, che nel diritto in azione hanno così tanta parte, e la cui forza sta sia nel la parola scritta che in quel la pronunciata oralmente. Da tutto questo dovrebbero nascere una costante curiosità dei giuristi nei confronti di chi si occupa professionalmente del la lingua e un’al leanza tra questi due tipi di intel lettuali per un costante miglioramento degli strumenti argomentativi utilizzati dai primi; la scarsa sensibilità di costoro al ri-guardo (con significative eccezioni) denota uno degli aspetti del la crisi attuale del la giustizia, che è certo dovuta a molteplici cause ma che è dovuta anche a una certa sordità culturale dei suoi protagonisti.

Quando si dice che i magistrati basano il loro lavoro su testi linguistici si pensa comunemente al l’interpretazione dei dettati nor-mativi, come se questo fosse l’unico campo di indagine che attiene al tema di cui trattiamo. Questo campo è ben più ampio, perché la tecnica giurisprudenziale deve sempre necessariamente partire dal la ricostruzione del fatto, la quale è basata sul le prove. Come tutti sanno, quel li che i codici di procedura sia civile che penale (art. 202 e titolo secondo del libro iii rispettivamente) chiamano «mezzi di prova» so-no molteplici, ma i più comuni sono le testimonianze, i documenti, le perizie: ebbene, gran parte del le fatiche di chi si occupa dei processi, sia penali che civili, sta proprio nel comprendere appieno il signifi-cato dei segni linguistici nei quali si traducono quel le fonti probato-rie, attraverso i quali è possibile l’accertamento di quanto è avvenuto con la maggior chiarezza possibile. È ovvio quindi che già qui sono impegnate pienamente le competenze linguistiche dei giuristi pratici (lo stesso discorso infatti coinvolge gli avvocati); e può darsi il caso che la limitatezza di queste competenze renda necessario l’interven-

2 G. tarel lo, Linguaggio descrittivo e linguaggio precettivo nei discorsi dei giuristi, riprodotto nel vol. a cura di U. scarpel li e p. Di Lucia, Il linguaggio del diritto, Milano, LeD, 1994, 349.

99

I giudici e il linguaggio

to degli specialisti del la lingua. ricordo che un amico dialettologo, il prof. Corrado Grassi, eseguì una perizia su intercettazioni telefoniche relative a sospetti criminali, e riuscì a individuare la provenienza de-gli interlocutori attraverso le particolarità fonetiche dei loro discorsi. in una dimensione civilistica, ricordo anche una perizia affidata a tre esperti di lingua in occasione di una causa tra due famose riviste di enigmistica, una del le quali accusava l’altra di aver copiato gli schemi e i procedimenti di alcuni giochi di grande diffusione. ecco dunque un campo dove l’al leanza tra giuristi e linguisti può essere preziosa.

solo dopo aver eseguito, con gli strumenti di analisi prima accen-nati, un’accettabile ricostruzione degli avvenimenti oggetto del giudi-zio l’attenzione del giurista si rivolge al la norma che appare applicabi-le al la fattispecie sottoposta al suo esame, e naturalmente anche qui gli aspetti linguistici appaiono preponderanti; basta ricordare la fonda-mentale regola contenuta nel l’art. 12, primo comma, del codice civile: «nel l’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quel lo fatto palese dal significato proprio del le parole secondo la con-nessione di esse e dal la intenzione del legislatore». Questo è il campo nel quale quel lo che Luigi Lombardi chiamava il diritto giurispruden-ziale 3 trova le più ampie possibilità di azione e dove le competenze linguistiche degli interpreti possono esercitarsi con grande libertà.

il legislatore infatti usa ampiamente, come è logico, termini ap-partenenti sia al linguaggio naturale che a quel lo strettamente giuri-dico, sui cui rapporti ha detto cose acutissime Giovanni tarel lo 4. An drea Belvedere, in un saggio del 1987 5, parla di «termini fattuali e termini normativi» contenuti nel codice civile, elencando, tra i pri-mi, «per sona», «parentela», «morte», «gravidanza», «albero», «erba», ecc., e tra i secondi «contratto», «obbligazione», «debitore», ecc.

3 L. Lombardi Val lauri, Saggio sul diritto giurisprudenziale, Milano, Giuffrè, 1967. 4 si veda in particolare G. tarel lo, L’interpretazione del la legge, in Trat tato di diritto civile e commerciale, dir. da A. Cicu, f. Messineo e L. Mengoni, Milano, Giuffrè, 1980, passim. 5 A. Belvedere, Il linguaggio del codice civile: alcune osservazioni, riprodotto nel vol. a cura di scarpel li e Di Lucia, Il linguaggio del diritto cit., 415.

J. Visconti (ed.)
Lingua e diritto. Livelli di analisi
SEGUE

103

6.ConDizioni Di eteroGeneitÀ DisCorsiVA neL DiALoGAto Di proCeDiMenti penALidi Bice Mortara Garavel li

6.0. generalità

Varie manifestazioni del «parlato in tribunale» sono state oggetto di studi in anni recenti 1. Basti qui ricordare il lavoro imponente com-piuto in questo campo da patrizia Bel lucci, documentato da vari saggi e da interessanti materiali di lavoro, e culminato nel fondamentale Bel lucci (2002) (che si raccomanda anche per la ricca bibliografia). segnalo inoltre l’accurato articolo di Galatolo (2002) centrato sul l’in-terrogatorio.

Le mie osservazioni verteranno sul carattere composito di dialoghi in cui si possono trovare elementi ascrivibili a diverse varietà lingui-stiche 2 distribuiti in proporzioni disuguali nel parlato dei dialoganti. i tratti linguistici di per sé non basterebbero a distinguere in misura caratterizzante rispetto ad altri generi di parlato testi come quel li che costituiscono il nostro corpus di riferimento. È la maggiore rigidità dei vincoli imposti dal l’esterno la principale responsabile dei tratti tipolo-gicamente pertinenti. ne dipende in parte cospicua la strutturazione linguistico-testuale dei discorsi.

1 riprendo in questo contributo una parte del le analisi e del le osservazioni contenute in un mio precedente articolo (Mortara Garavel li 2005). 2 Mi riferisco al le varietà diafasiche, diastratiche, diatopiche (per le quali ba-sta rinviare qui a Berruto 1993 e 1998), e al le varietà di apprendimento (cfr. Ber-ru to 2001) che costituiscono l’italiano di stranieri attestato in buona misura negli atti processuali.

104

Bice Mortara Garavelli

il corpus a cui appartiene l’esemplificazione qui prodotta (fram-menti minimi rispetto al l’insieme) comprende registrazioni di esami di testimoni e di interrogatori di imputati in due udienze di processi svolti presso il tribunale di torino 3. i vari tipi di interazione si distin-guono fondamentalmente per «il sistema di avvicendamento di turni e le restrizioni in atto al l’interno di uno schema sequenziale domanda-risposta» (Caffi 2001, 172) 4. il tipo di comunicazione asimmetrica di cui mi sto occupando è quel lo regolato nel modo più rigido: se non erro, è l’unico esempio di interazione le cui procedure siano stabilite istituzionalmente, e giuridicamente, fino a prevedere, per l’inosser-vanza di alcuni passaggi obbligati, l’invalidità del procedimento di cui l’interazione stessa è parte costitutiva. Mi riferisco al la normativa contenuta negli articoli 465-548 del codice di procedura penale, che compongono il libro Vii, sotto il titolo generale Giudizio.

3 Date del le udienze: il 10 e il 19 febbraio 2003. sigle rispettive nel le citazioni di esempi: C.; Ag., precedute ciascuna dal numero d’ordine dei nastri che con-tengono le registrazioni, e seguite dal numero dei turni. Le registrazioni su nastro occupano la prima un’ora e mezzo; la seconda tre ore. Le trascrizioni definitive dei passi riportati negli esempi sono opera di ida tucci, specialista di notazione prosodica presso il Laboratorio Linguistico LABLITA, al la scuola di emanuela Cresti, nel l’Università di firenze. riproduco integralmente le spiegazioni del le convenzioni seguite. «segni di scansione prosodica del continuum fonico: // in-terruzione prosodica [d’ora in poi, ip] terminale (fine enunciato); ? ip terminale interrogativa (fine enunciato); ! ip terminale esclamativa (fine enunciato); … ip di enunciato intenzionalmente lasciato sospeso (fine enunciato); + ip terminale di enunciato interrotto; / ip non terminale; [?] ip connessa ad una esitazione; [/] [//] [///] ip connessa a una falsa partenza; ‘ indice applicato sul la destra del le unità prosodiche che appartengono a un discorso riportato (es. /’ //’ ecc.). Altri segni: # pausa; xxx parola o parole non comprese; <parola parola> parentesi che delimitano le parti di un turno sovrapposte; [<] segno che indica la relazione di sovrapposizione tra due stringhe sovrapposte; & segno che etichetta una serie di caratteri che realizzano un frammento di parola». 4 Ho tenuto presenti, pur senza rimandarvi esplicitamente nel le singole oc-casioni, le strategie del la mitigazione descritte nel l’ampio e denso lavoro di Caffi (2001), dedicato al la comunicazione in contesti terapeutici; ove una parte con-sistente sia del le indicazioni di metodo sia dei principi che la studiosa pone a fondamento del le sue analisi è esportabile in ambiti diversi del le indagini conver-sazionali.

105

Eterogeneità discorsiva nel dialogato di procedimenti penali

6.1. la normazione Del le proceDure

e Dei turni Del Discorso

nel l’organizzazione del dialogato negli esami testimoniali e negli in-terrogatori degli imputati la «relazione diretta fra status e ruolo da un lato e diritti e doveri discorsivi dal l’altro» 5 determina senza deroghe le modalità del succedersi dei turni. È ciò che distingue nel modo più immediatamente percepibile questo tipo di parlato dal la conversazio-ne ordinaria.

nel la pratica giudiziaria le infrazioni al le regole procedurali sono immediatamente rilevate e censurate o dal presidente, che dirige il di-battimento, o dai rappresentanti del la pubblica accusa e del la difesa (ad es., con i rituali «Mi oppongo»; «opposizione» e simili, o con altre meno sintetiche proteste formali). È un intrecciarsi di restrizioni che agiscono in più direzioni; e sono le principali responsabili nel-l’assegnare le prese di parola e nel model lare i turni. ne sono for-temente caratterizzati i dialoghi che hanno luogo negli esami e nei controesami di testi e di imputati.

negli articoli 465-548 del codice di procedura penale, oltre al le prescrizioni riguardanti le fasi e la conduzione del dibattimento, gli atti relativi, eccetera, troviamo:a. La precisa determinazione di chi è ammesso a fare domande ai

testimoni nel corso del l’esame diretto e del controesame e l’ordi-ne – rigido – di successione degli interventi da parte dei diversi in terroganti (artt. 498 e 506 c.p.p.).

b. Le condizioni di liceità del le domande. Queste devono vertere «su fatti specifici» (donde, nel le fasi processuali, gli abbastanza fre-quenti richiami ai testimoni o al le parti: «si attenga ai fatti» / «non esprima opinioni»); non devono essere tali da pregiudicare la «sin-cerità del le risposte» o tendere «a suggerire le risposte» (commi 1-3 del l’art. 499 c.p.p. intitolato Regole per l’esame testimoniale).

c. Un vero e proprio codice di comportamento del le parti, espresso nel l’elenco del le garanzie che il presidente deve tutelare: curare «che l’esame del testimone sia condotto senza ledere il rispetto del-la persona»; «assicurare la pertinenza del le domande, la genuinità

5 Cito da Drew - Heritage (1992, 48-49), servendomi del la traduzione di Caf-fi (2001, 173).

106

Bice Mortara Garavelli

del le risposte, la lealtà del l’esame e la correttezza del le contestazio-ni» (art. 499.4-6 c.p.p.); impedire «ogni divagazione, ripetizione e interruzione» come recitano gli articoli riguardanti, il 493.4, le «ri-chieste di prova» e il 523.3 la discussione finale del dibattimento 6. si veda, nel seguente esempio (1), l’intervento moderatore del

pre sidente in seguito al le proteste di un teste per l’aggressività con cui il difensore di un imputato fa il controesame:

(1)1C. 508 teste A.: [<] <cioè / se mi deve chiedere determinate

cose come sono andate / io gliele dico / se> lei mi deve aggredire / io non riesco a <dirle più niente> //

509 Dif. V.: <io non aggredisco> nessuno / faccio del le domande // poi se non vuole rispondere / <è un suo diritto> //

510 pres.: [<] <le faccia> un pochino più con + non so come <dire> // […]

517 pres.: semplicemente / con un [/] co’ un po’ / meno aggressività / ecco // che è un teste / mi pare / abbastanza chiaro // perché noi / testi / qua / ne abbiamo a bizzeffe // e ce n’è di quel li che han fatto / non dico in questo processo / ma in tutti i processi / che han fatto vera-mente pena / a cavargli le parole + questo è / insomma è un teste che cerca di [/] di [/] di / mi pare / di esprimersi abbastanza bene // per cui / non ha bisogno <di essere> +

in nessun altro genere dialogico la successione dei turni è altrettan-to rigidamente prestabilita. Questa condizione pragmatica vincola in modo predeterminante l’organizzazione testuale (sintattica e retorica) del discorso. Ad esempio, vietando che si divaghi, che si ripetano enunciazioni di fatti già formulate e argomenti già addotti, che si in-

6 sui contenuti e sul l’organizzazione argomentativa del dibattito verte la pre-cisazione del le competenze del presidente (art. 506.1 c.p.p.); nel le regole per la discussione finale sancite nel l’art. 523 è ribadita la fissità del l’ordine sequenziale nel le fasi del dibattimento.

107

Eterogeneità discorsiva nel dialogato di procedimenti penali

terrompano gli altri partecipanti, si agisce sul le strutture retoriche del discorso e si cerca di contenerlo entro limiti che sarebbero impensa-bili per i prodotti di interazioni spontanee. se qualcosa di analogo si può osservare per dibattiti guidati in altre sedi 7, permane tuttavia una differenza sostanziale, di carattere giuridico-normativo: le limitazioni al la lunghezza, ai modi di argomentare eccetera non si possono avva-lere, in nessun altro caso e ambiente, del l’autorità legale che compete a chi presiede un col legio giudicante.

6.2. aspetti pragmatici: gli atti Di «control lo Del Discorso»

Dal condizionamento dei diritti e doveri discorsivi dovuto al la diffor-mità dei ruoli rivestiti dai partecipanti al l’interazione nascono gli atti di «control lo del discorso» descritti da thomas (1989). ne vedremo esempi ascrivibili al le categorie: (1) degli indicatori discorsivi [discour-sal indicators]; (2) dei commenti metadiscorsivi [metadiscoursal com-ments]; (3) dei control lori interazionali [interactional control lers].

6.2.1. Agli indicatori discorsivi (o «discorsuali»), con cui il parlante dominante intende stabilire lo scopo e la natura del discorso, defi-nire gli argomenti del la comunicazione e la pertinenza del modo in cui vengono trattati, possiamo ascrivere le espressioni con le quali chi interroga fissa preliminarmente le modalità del la risposta attesa:

(2) 1C. 29 p.M.: ecco // mi vuol raccontare bene / in maniera

completa / com’è che è nata l’idea / di acqui-stare questo appartamento / e che cosa è suc-cesso in seguito?

7 Diversi tipi e situazioni di dialogo sono analizzati in Bazzanel la (a cura di) 2002. segnalo per analogie con argomenti del presente mio contributo, i saggi di Galatolo, di eerdmans e Walsh, di Bazzanel la; di quest’ultima in particolare la trattazione dei tratti prototipici del dialogo. si veda inoltre scarano (a cura di) 2003.

J. Visconti (ed.)
Lingua e diritto. Livelli di analisi
SEGUE

119

7.iL prinCipio DeL L’eConoMiA neL LA LinGUA GiUriDiCAGli avverbi in -mentedi Giovanni Rovere

7.1. – il titolo scelto impone alcune osservazioni di ordine terminolo-gico e metodologico. infatti, anche a trascurare la complicazione les-sicale e sintattica non funzionale a esigenze denotative, descritta come tratto ricorrente nel linguaggio giuridico (cfr. soprattutto Mortara Garavel li 2001, 2003, 2006), è palese che l’articolazione linguistica di molti testi giuridici si contrappone diametralmente per complessità al lo stile telegrafico dei piccoli annunci economici o dei messaggini cel lulari, gli esempi prototipici di economia linguistica.

il model lo di economia linguistica più noto è quel lo sviluppato, in prospettiva diacronica, da Martinet (1955), con particolare riguardo al la fonologia. Altri model li si trovano in studi linguistici che, seppur dissimili tra loro quanto ad impostazione e obiettivi, permettono di identificare nel l’impegno, nel risultato e nel l’ambito di applicazione i parametri rilevanti per un inquadramento del fenomeno (cfr. roelcke 2007, 10) 1. tali studi hanno in comune il fatto di interpretare l’econo-mia non nel senso, evocato di frequente nel le trattazioni del la doppia articolazione, d’impiego di mezzi linguistici minimo, diretto a ottenere il rendimento denotativo massimo 2, bensì come principio del minimo

1 Cfr. ad esempio gli studi di Wilder et al. (1996), prince e smolensky (1997), Chomsky (1998). 2 Affermazioni analoghe si trovano anche in ambito cognitivista, si veda ad es. «Human cognitive processes […] are geared to achieving the greatest possi-ble cognitive effect for the smal lest possible processing effort» (sperber - Wilson 1986, Vii); si veda anche Wilder et al. (1996, 31n.).

120

Giovanni Rovere

sforzo. secondo tale concezione «l’homme ne se dépense que dans la mesure où il peut ainsi atteindre aux buts qu’ils s’est fixés [l’uomo consuma energia solo nei limiti necessari a raggiungere i fini che si è proposto]» (Martinet 1980, 176 s.). pertanto, in luogo del la variabilità simultanea dei due parametri, l’impegno e il risultato, uno dei due, generalmente il risultato, è tenuto costante; l’economia è al lora conce-pita come minimizzazione del l’impegno.

il concetto di economia occupa nel le definizioni di lingua speciale una posizione secondaria. Quale proprietà principale figura la preci-sione, intesa come il riferimento più appropriato possibile di tecnici-smi a fatti, eventi e processi del l’ambito settoriale in questione. nel la tradizionale concezione del lessico tecnico la funzione del la definizio-ne terminologica consiste, in effetti, nel determinare il significato di un tecnicismo in modo da renderlo univoco, a prescindere da ogni sua attualizzazione. se si estende l’attenzione dal livel lo sistemico, in cui la lingua speciale è considerata in primo luogo come inventario di tecni-cismi, al livel lo testuale in cui essa si manifesta in funzione dei fini del discorso, la precisione risulta prioritariamente una proprietà del l’uso in contesti tecnici. in tal modo il contrasto tra la postulata univocità dei tecnicismi e la loro frequente polisemia si risolve considerando la monosemia il risultato di una determinazione contestuale 3. La mar-ginalità del l’economia nel le descrizioni dei tratti prospettati come tipici del le lingue speciali si spiega con il diffuso assunto secondo cui l’esigenza di precisione terminologica, generando una continua espan-sione quantitativa del lessico tecnico, prevarrebbe necessariamente sul principio del l’economia. rispunta in tal modo la concezione del-l’economia linguistica che considera la minimizzazione del l’impegno e la massimizzazione del risultato come processi simultanei. in realtà, in quanto succintamente esposto a proposito del la precisione si rico-noscono due manifestazioni fondamentali del principio di economia: la polisemia che contribuisce a moderare l’aumento di significanti, e la lessicalizzazione terminologica. La sostituzione di perifrasi, de-scrizioni e spiegazioni con tecnicismi definiti, rappresenta, infatti, la

3 Così, per fare un rapido esempio, la discriminazione tra le accezioni di escu-tere ‘interrogare (un testimone) in un processo’ e ‘avviare un’azione legale contro un debitore’ dipende dal l’individuazione dei diversi quadri argomentali del verbo che si manifestano nei rispettivi contesti d’uso.

121

Il principio dell’economia nella lingua giuridica

forma più economica di denotazione tecnica. Un ulteriore grado di condensazione è possibile ricorrendo ai vari tipi di accorciamento del tecnicismo, secondo le modalità previste dal le singole lingue speciali, a condizione, pur tuttavia, che fra base e forma accorciata sussista un rapporto di sinonimia (Mayer - rovere 2007, 213).

L’ambito di applicazione del l’economia linguistica è nel le osserva-zioni seguenti il lessico studiato in chiave sistemica e sincronica. L’at-tenzione per il livel lo sistemico significa che la dimensione testuale è tenuta in considerazione innanzitutto per osservazioni sul profilo combinatorio dei lessemi sotto esame e per ricerche sul l’equivalenza al l’interno di serie di potenziali alternative lessicali. i procedimenti di condensazione sintattica operanti nel discorso e le figure retoriche con funzioni stilistiche passano invece in secondo piano 4. né assume rilievo immediato quanto in nomografia è considerato come principio economico (si veda ad es. schäffer 1987, 120). il postulato secondo cui tutto ciò che viene formulato in un testo di legge deve avere un contenuto normativo, si traduce, di conseguenza, principalmente in strategie di natura testuale, riassumibili in termini di concisione e bre-vità. Un’eccezione è data dal la formazione di parole astratte, funzio-nale al la necessità di riferirsi in modo intensionale (e non referenziale) agli oggetti da sottoporre a normazione.

fenomeni come l’accorciamento richiedono, d’altra parte, almeno un accenno al le dimensioni pragmatica e cognitiva. in una prospetti-va comunicativa, l’economia linguistica va considerata come concetto relazionale il cui secondo termine è rappresentato dagli interlocutori coinvolti nel l’atto comunicativo, sia sul versante del la produzione e del suo control lo, sia su quel lo dei processi di ricezione e d’interpreta-zione. in testi tecnici destinati a interlocutori esperti, l’economia è un elemento costitutivo del l’efficienza comunicativa (cfr. rovere 2008).

7.2. – Gli avverbi derivati in -mente fanno parte, secondo l’ipotesi che vorrei proporre, dei fenomeni lessicali del la lingua giuridica in cui è rico-noscibile l’azione del principio del l’economia. il quadro in cui si inseri-

4 per la sostituzione di frasi relative con il participio presente («princìpi attri-buenti solo al giudice») si vedano Mortara Garavel li (2001, 166 s.), con aggettivi reggenti un complemento preposizionale («lesivo del principio») rovere (2005, 110) e ora la ricerca approfondita di Del l’Anna (in corso di stampa).

122

Giovanni Rovere

sce l’argomento è costituito dal la tendenza ad ampliare il lessico tecnico rimanendo al l’interno del la famiglia lessicale di tecnicismi già esistenti. Questi fungono da base morfologica nei processi derivazionali oppure semantica nel la formazione non derivazionale. si tratta di un’economia a forte valenza cognitiva dato che favorisce per via associativa l’autore nel l’atto del la produzione e il destinatario nel lavoro d’interpretazione.

Di seguito si ipotizza che la formazione di avverbi tecnici con il suf fisso -mente in quanto alternativa sintetica, e quindi economica, ad espressioni analitiche semanticamente equivalenti, manifesti nel la lingua giuridica, rispetto al la lingua comune, una particolare produtti-vità 5. per verificare in termini statistici tale rilevanza sarebbe necessa-rio control lare preliminarmente le occorrenze degli avverbi nel corpus elettronico a disposizione, in particolare quel le che, per vari motivi, andrebbero escluse o conteggiate diversamente da quanto elaborato automaticamente dal programma di concordanze. i dati depurati an-drebbero poi confrontati con i risultati ottenuti attraverso uno studio comparativo sul la diffusione degli avverbi nel la lingua comune. nel-l’impossibilità di svolgere in questa sede un tale lavoro, mi limiterò a segnalare tendenze e a riportare valori approssimativi. La base empi-rica consiste in un elenco di più di 2300 avverbi tecnici e non tecnici in -mente, attestati in ventuno annate del «foro italiano» (1987-2007), disposti per ordine alfabetico e di frequenza 6. per il numero comples-sivo poco maneggevole, mi concentro su un campione di circa due-cento avverbi, composto essenzialmente da quegli inizianti per a-.

il primo criterio fondamentale per una loro classificazione con-siste nel l’opposizione tra avverbi comuni (tipo abbondantemente) e tecnici (tipo accessoriamente) 7. incertezze nel l’assegnazione al l’una o l’altra categoria emergono, quando da una verifica lessicografica ri-sulta che l’avverbio è registrato come sottolemma di un aggettivo di cui non sono riportate accezioni giuridiche. A proposito di abusivo, ad esempio, il GDU dà un’accezione giuridica solo del nome abuso (‘sfruttamento di un diritto o potere oltre i limiti leciti; esercizio il-legittimo di un potere, di un’attività’), esemplificata con commettere

5 Cfr. a proposito Bel lucci (2002, 340n.). 6 ringrazio Maurice Mayer del l’assistenza fornita. 7 per considerazioni generali sul lo statuto di lemmi inizianti per a- contraddi-stinti nel lo zingarel li come termini del diritto si veda Cortelazzo (1997, 43 s.).

123

Il principio dell’economia nella lingua giuridica

un abuso, abuso edilizio. L’aspetto problematico consiste nel fatto che queste col locazioni non si differenziano per grado di tecnicità da quel-le fornite per l’uso aggettivale: costruzione abusiva, porto d’armi abusi-vo. il ricorso al corpus giuridico permette innanzitutto di esemplificare quanto osservato sul la formazione di tecnicismi al l’interno del la stessa famiglia lessicale: accanto ad abuso si registra una presenza consistente di abusivismo e abusività, tecnicismi specifici, funzionali al l’esigenza disciplinare di disporre di termini (molto) astratti, cfr. (1)-(2). Abu-sivista, meno frequente ma formato con evidenti intenti economici, ricorre sia come nome sia come aggettivo, cfr. (3)-(4) 8. in secondo luogo, l’appartenenza di abusivo al lessico giuridico risulta confermata dal suo uso al l’interno di frequenti col locazioni come clausole abusive, lottizzazione abusiva, ricorso abusivo al credito, esercizio abusivo di (at-tività commerciale / …), porto abusivo (di armi / …), specie in contesti in cui fungono, analogamente al nome, da parole chiave, cfr. (5)-(6). infine, le contestualizzazioni semantiche del l’avverbio in (7)-(9) cor-rispondono, a loro volta, a quel le usuali del nome e del l’aggettivo. Di particolare rilevanza sono le attestazioni in cui l’impiego del l’avverbio è oggetto di osservazioni linguistiche volte a sottolineare il tratto se-mantico giuridico del l’il legittimità, cfr. (10)-(11). Appare palese l’alto grado di lessicalizzazione, sia per la frequenza assoluta del l’avverbio giuridico, sia per il fatto che le alternative analitiche in modo abusivo / in maniera abusiva sono attestate in numero esiguo.

8 Molto rare le occorrenze raccolte in corpora giornalistici, in cui la coniazio-ne assume talora carattere espressivo, cfr. «L’uomo che sequestrò uccel li e vil laggi turistici, che assolse ladri e spogliarel liste e condannò mamme manesche, ladri spericolati e abusivisti incal liti, non ci sta» (La stampa, 31.5.1999). più vicino al-l’uso denotativo: «il Governo si autolimita perché riconosce che ha competen-za solo sugli abusi maggiori, puniti penalmente, mentre gli abusi minori, colpiti da sanzioni pecuniarie e amministrative, sono di competenza del le regioni e dei Comuni. siamo quindi di fronte a un provvedimento irragionevole sul piano co-stituzionale, che penalizza i cittadini colpevoli di piccoli abusi e premia i grandi abusivisti» (il sole-24 ore, 10.10.2003).

J. Visconti (ed.)
Lingua e diritto. Livelli di analisi
SEGUE

163

8.LinGUA, CoGnizione e DUe CostitUzioni

di Iørn Korzen

8.1. introDuzione

nel le pagine seguenti tratterò la struttura testuale del la Costitu-zione italiana. Da una parte la mia analisi indagherà la costruzione linguistico-grammaticale (morfo-sintattica e testuale), dal l’altra la di sposizione del contenuto in parti e sezioni. L’approccio generale sarà comparativo: farò un paragone con la ‘mia’ Costituzione, quel la Danese, e cercherò di individuare e di definire gli elementi più im-portanti che accomunano i due testi e quel li che li distinguono. farò un breve confronto con altri testi – giuridici e non – ed esaminerò le somiglianze e le differenze al la luce del le ipotesi sul l’influenza del la lingua sul pensiero umano, più precisamente da una parte sul nostro modo di concepire il mondo intorno a noi, dal l’altra sul nostro modo di verbalizzare e ‘raccontare’ lo stesso mondo e di organizzare il con-tenuto dei nostri ‘racconti’.

Comincerò con una breve presentazione di alcune affermazioni sul legame tra lingua e pensiero, dopodiché passerò ad una veloce esposizione del le più fondamentali differenze strutturali tra le lingue romanze e quel le germaniche.

proporrò poi alcune ipotesi sul le possibili influenze di questi due ceppi linguistici sul nostro modo di organizzare e strutturare i nostri pensieri e, conseguentemente, i nostri testi, e infine, al la luce di tali considerazioni, paragonerò struttura e composizione del le due Carte Costituzionali.

164

Iørn Korzen

8.2. Dal sistema linguistico al moDo Di pensare

Come è noto, le ipotesi su una correlazione tra lingua e pensiero 1 e, con ciò, secondo alcuni, tra lingua e carattere umano, sono tutt’altro che recenti. probabilmente la prima attestazione è quel la di isidoro di siviglia (560 ca. - 636), vescovo di siviglia dal 600 ca. ed autore dei venti Ethimologiarum libri, sive Origines che costituirono l’enciclope-dia di tutto lo scibile del tempo e che in larga misura influenzarono la cultura medievale. nel nono libro troviamo il famoso detto:

… ex linguis gentes, non ex gentibus linguae exortae sunt (isidoro di siviglia, Etymologiae, Liber IX: De linguis, gentibus, regnis, militia, ci-vibus, affinitatibus).

nel mil lennio seguente Giambatista Vico (1668-1744) fu autore di si-mi li riflessioni:

[…] le indoli dei popoli si formano con le lingue e non le lingue con le indoli (De nostri temporis studiorum ratione [1709]; cit.: Vico 2001, 141).

[…] le lingue sono, per dir così, il veicolo onde si stransfonde in chi le appara lo spirito del le nazioni (Lettera XII a Francesco Saverio Estevan [1729]; cit.: Vico 2001, 334) 2.

e 100 anni dopo, nel pieno romanticismo tedesco, Wilhelm von Humboldt (1767-1835) scrive fra l’altro (tradotto in inglese):

[t]he difference between languages would achieve historical relevance to the extent that it influences and determines the working of the human mind […]. Languages and the differences between them must therefore be considered a dominant force in the history of mankind (On the national character of languages [1822]; cit.: Humboldt 1997, 60).

Con ciò si è preparata la strada per la famosa (o, secondo alcuni, fa-migerata) «ipotesi sapir-Whorf», ovvero il principio del la relatività linguistica, secondo cui la lingua è determinante per il nostro modo

1 più precisamente il tipo di pensiero che slobin (1996, 76) chiama «thinking for speaking». 2 ringrazio il col lega remo stefano Chiari per questi riferimenti a Vico.

165

Lingua, cognizione e due Costituzioni

di concepire e di interpretare il mondo intorno a noi. edward sapir (1884-1939) sostiene per esempio:

We see and hear and otherwise experience very largely as we do because the language habits of our community predispose certain choices of interpretation. […] from this standpoint we may think of language as the symbolic guide to culture (The status of linguistics as a science [1929]; cit.: sapir 1964, 69).

it would be possible to go on indefinitely with such examples of incommensurable analyses of experience in different languages. the upshot of it al l would be to make very real to us a kind of relativity that is general ly hidden from us by our naïve acceptance of fixed habits of speech as guides to an objective understanding of the nature of experi-ence. this is the relativity of concepts or, as it might be cal led, the rela-tivity of the form of thought (The grammarian and his language [1924]; cit.: sapir 1968, 159).

La nozione di «relatività linguistica» e, conseguentemente, di relati-vità del la «forma del pensiero» fu approfondita e sviluppata da uno degli al lievi di sapir, Benjamin Lee Whorf (1897-1941):

[t]he linguistic relativity principle […] means, in informal terms, that users of markedly different grammars are pointed by their grammars toward different types of observations and different evaluations of external ly similar acts of observation, and hence are not equivalent as observers but must arrive at somewhat different views of the world (Linguistics as an exact science [1940]; cit.: Whorf 1956, 221).

We cut nature up, organize it into concepts, and ascribe significances as we do, largely because we are parties to an agreement to organize it this way – an agreement that holds throughout our speech community and is coded in the patterns of our language (Science and linguistics [1940]; cit.: Whorf 1956, 213).

oltre al la professione di linguista, sapir era anche antropologo e ave-va studiato le lingue degli amerindi. Un’altra antropologa e studiosa degli stessi popoli era Dorothy D. Lee (1905-1975), che con palese riferimento a sapir dichiarò:

it has been said that a language wil l delineate and limit the logical concepts of the individual who speaks it. Conversely, a language is an organ for the expression of thought, of concepts and principles of classification. true enough, the thought of the individual must run along its grooves; but these grooves, themselves, are a heritage from

166

Iørn Korzen

individuals who laid them down in an unconscious effort to express their attitude toward the world. Grammar contains in crystal lized form the accumulated and accumulating experience, the Weltanschauung of a people (Lee 1938, 89).

Come è noto, l’ipotesi sapir-Whorf ebbe sia sostenitori che opposi-tori, e il fiorire del la grammatica generativo-trasformazionale negli an ni ’60 ridusse l’interesse per la relazione tra lingua e pensiero. esso rinacque però al l’inizio degli anni ’80, soprattutto nel campo degli psicolinguisti, di cui uno, Alfred Bloom, espresse il suo punto di vista, piuttosto ‘equilibrato’, nel la seguente affermazione:

is it not reasonable to suppose, in other words, that despite an obvious need for qualification and greater precision, Whorf may have been on the right track? […] [L]et us suppose that a language, by whether it labels or does not label any specific mode of categorizing experience, cannot determine whether its speakers wil l think that way, but can either encourage or not encourage them to develop a labeled cognitive schema specific to that mode of thought (Bloom 1981, 11, 20).

Lo spazio concessomi in questa sede non mi permette ulteriori appro-fondimenti del le ipotesi sul la relazione tra lingua e pensiero e sul la relatività linguistica, e mi permetto invece di rimandare agli accurati e scrupolosi studi di Lucy (1992), di Gumperz e Levinson (1996) e di altri studiosi ivi menzionati. Cfr. anche Korzen (2005a, b, c).

8.3. lingue «enDocentriche» e lingue «esocentriche»

A questo punto sposterei brevemente l’attenzione su una serie di la-vori di un’équipe di linguisti del la Copenhagen Business school. in questi lavori gli studiosi, iscrivendosi nel la tradizione delineata nel la sezione precedente, espongono una descrizione tipologica del le più fondamentali differenze tra le lingue romanze e quel le germaniche 3.

3 fra i lavori col lettivi del l’équipe mi limito a citare Korzen - Marel lo (a cura di) (2000); Herslund (éd.) (2003); Baron (ed.) (2003); Herslund - Baron (éds.) (2005); Korzen - D’Achil le (a cura di) (2005); Korzen - Lammert - Vassiliadou (éds.) (2007); Korzen - Lavinio (a cura di) (2009).

J. Visconti (ed.)
Lingua e diritto. Livelli di analisi
SEGUE

203

9.ConDizioni restrittiVe nei CoDiCi teDesCHi e itALiAnidi Marcel lo Soffritti

9.0. introDuzione

e Delimitazione Del tema

La ricerca sui linguaggi giuridici ha già largamente esplorato la ter-minologia di codici e leggi in Germania, svizzera, Austria e italia, e, con il ricorso a corpora, ha prodotto importanti analisi empiriche di aspetti sintattici, stilistici e pragmatici di testi del la comunicazione giuridica (ad es. Höhmann 2005; Lombardi 2004; Wiesmann 2004; Hel ler 2003, ed altri).

ora si presenta l’occasione di approfondire l’inquadramento contrastivo e traduttivo del la sintassi, del la semantica e per certi versi del la pragmatica dei costrutti condizionali in testi di legge tedeschi e italiani.

Questa occasione deriva in particolare dal progetto, ormai con-cluso, di J. Visconti (qui ci si riferisce in particolare a Visconti 2007), volto a realizzare un lessico contrastivo plurilingue dei connettori ipo-tetici con particolare riferimento ai testi giuridici.

in questo contributo mi propongo di discutere dettagliatamente la portata del l’approccio di Visconti utilizzando un corpus di codici tedeschi e italiani. Cercherò in particolare di chiarire fino a che punto sia applicabile la distinzione fra due classi fondamentali di connettori ipotetici (generici e restrittivi), e in che misura sia possibile trasferire i risultati del l’indagine in un lessico plurilingue degli stessi connettori.

La funzione genericamente ipotetica e quel la ipotetica-restrittiva sembrano riconducibili, in italiano, a due liste di connettori che, alme-

204

Marcello Soffritti

no nel la comunicazione orale informale, si possono classificare con una certa chiarezza con l’aiuto di tratti pragmatici, sintattici, semanti-ci e prosodici.

Questa suddivisione basata sul la categoria del la restrittività, mol-to plausibile dal punto di vista teorico, appare tuttavia meno agevole nei testi di legge italiani e soprattutto in quel li tedeschi, dove i connet-tori e le altre forme espressive utilizzate nei costrutti condizionali non sono altrettanto facili da classificare.

Le questioni sul tappeto non riguardano solo l’analisi contrastiva dei linguaggi specifici, in quanto il lessico dei connettori ipotetici è concepito anche per consentire e facilitare traduzioni più precise. in questo contributo mi occuperò tuttavia soprattutto del le questioni descrittive e contrastive. solo in una o più pubblicazioni future sarà possibile trattare le questioni traduttive con l’aiuto di corpora paral-leli.

Dal punto di vista metodologico mi propongo di approfondire i seguenti punti:• È sufficiente la classificazione lessicale dei connettori in senso stret to

per descrivere adeguatamente la gamma di variazione del le espres-sioni ipotetiche?

• Quali fattori pragmatici e testuali determinano l’uso di connettori restrittivi in testi giuridici normativi?

• i parametri (e in particolare i parametri pragmatici) utilizzati da Vi-sconti nel suo model lo sono ugualmente rilevanti sia al l’interno, sia al di fuori del la comunicazione giuridica?

• si potrebbero proporre ulteriori categorie o parametri per classifi-care i connettori nel linguaggio del la comunicazione giuridica?

9.1. la base Di Dati

Le proposte di classificazione avanzate da Visconti, pur sviluppate partendo al l’analisi di trattati internazionali, si riferiscono in linea di massima al l’intera gamma dei testi giuridici. nel mio contributo con-durrò invece il confronto tra le espressioni ipotetiche entro una forma testuale specifica, cioè i codici di leggi. Questa delimitazione consente infatti non solo di ridurre a dimensioni gestibili la massa dei dati da

205

Condizioni restrittive nei codici tedeschi e italiani

esaminare, ma anche di utilizzare proficuamente una serie di risultati ottenuti in studi precedenti.

Diversamente da una precedente pubblicazione (soffritti 1999), in cui esaminavo solo il Codice Civile del la repubblica federale te-desca (Bürgerliches Gesetzbuch – BGB) e quel lo italiano (CC), mi avvalgo ora di una raccolta più vasta, composta per entrambi i paesi dal Codice Civile (BGB e CC), dal Codice penale (strafgesetzbuch – stGB e Cp) e dal Codice di procedura penale (strafprozessordnung – stpo e Cpp). in questo modo è garantita, in primo luogo, la con-gruenza tematica e testuale che deve stare al la base di ogni indagine comparativa.

si tratta infatti di codici, cioè di grandi raccolte di norme svilup-patesi in entrambi i paesi nel corso di numerosi decenni, che debbono essere costantemente prese come riferimento per la comunicazione specialistica e l’intera prassi, compresa la legislazione corrente. Di qui è sorta anche una certa esemplarità linguistica dei codici, che si fa sentire chiaramente nel la redazione del le singole leggi e che influenza in parte anche la semantica dei connettori ipotetici.

D’altro lato, non si può attribuire a questo corpus una piena rap-presentatività per l’intera sfera dei testi normativi (nel senso definito da Busse 2000), per le seguenti ragioni:(i) A differenza del le singole leggi di emanazione corrente, i codici

so no stati soggetti, nel corso di numerosi decenni, a continui adattamenti e aggiornamenti, e questa stratificazione è avverti-bile.

(ii) i codici sono concepiti come raccolte suddivise in numerosi set tori tematici, al cui interno valgono particolari condizioni di coe renza testuale e disciplinare non sempre presenti nel le leggi singole.

(iii) A differenza di leggi singole, regolamenti e altre disposizioni ap-plicative, i codici non contengono in genere riferimenti a concreti problemi quotidiani, liste dettagliate di oggetti o specifiche moti-vazioni di determinate misure.

resta dunque un vasto spazio per ulteriori approfondimenti, che sa-rebbero da dedicare non solo, come si è detto, a singole leggi, rego-lamenti e norme di applicazione, ma anche e soprattutto ai testi non normativi del la comunicazione giuridica.

ecco i principali valori quantitativi del corpus utilizzato:

206

Marcello Soffritti

Articoli Parole Articoli Parole

Bürgerliches Gesetzbuch 2.385 178.615

Codice civile 2.969 190.897

strafgesetzbuch 358 61.236

Codice penale 734 68.673

strafprozessordnung 495 72.185

Codice di procedura penale 1 746 + 260 + 36 135.913

1

poiché non si devono fare particolari confronti statistici fra la parte italiana e quel la tedesca del corpus, il fatto che la parte italiana sia sensibilmente più estesa non crea particolari inconvenienti. È invece certamente soddisfatta la condizione metodologica essenziale, vale a dire che ciascuna parte sia rappresentativa per l’uso linguistico del la legislazione normativa nel relativo paese.

9.2. aspetti metoDologici

9.2.1. La classe dei connettori propriamente detti a confronto con la gamma del le espressioni ipotetiche

nel momento in cui si cerca di definire l’oggetto di questa indagine, ci si deve chiedere se si intenda isolare i connettori ipotetici come clas-se morfosintattica, cioè come un repertorio tendenzialmente chiuso di elementi che connettono le frasi, o se non sia meglio al largare la prospettiva a tutte le forme linguistiche con cui un’autorità normativa (nel nostro caso) formula nei suoi testi espressioni da intendere come condizioni. ovviamente, porre questa alternativa non significa rifiuta-re l’ipotesi di un lessico dei connettori, bensì puntualizzare l’effettiva portata del la classificazione di lessemi specifici del le singole lingue: i connettori (insieme al le frasi che col legano) non sono l’unico mez-zo per esprimere condizioni. Le condizioni, al pari di molti altri col-

1 sono qui comprese due corpose raccolte di norme di applicazione, che fan-no parte del l’edizione ufficiale.

207

Condizioni restrittive nei codici tedeschi e italiani

legamenti concettuali fra contenuti proposizionali astratti, si possono esprimere con diverse realizzazioni al di sotto del livel lo sintattico fra-sale (e non si intenda con ciò la loro semplice anaforizzazione). Come è già stato constatato in linea generale (Hel ler 2003 e soffritti 1999), una condizione può essere espressa in diversissimi modi. può essere contenuta in una costruzione el littica:

[…] si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel-l’articolo 322-ter (Cp, 640-quater).

L’azione è ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi del-l’articolo 274.(CC, 279, 1).

Der Überweisende kann, soweit vereinbart, dem Kreditinstitut den zu überweisenden Geldbetrag auch in bar zur Verfügung stel len (BGB, 233).

o in un sintagma preposizionale:

Le disposizioni del l’art. 29 e del secondo capoverso del l’art. 32 non si applicano nel caso di condanna per delitto colposo (Cp, 33, 1).

Quando è proposta domanda di nul lità del matrimonio, il tribunale può, su istanza di uno dei coniugi, ordinare la loro separazione tempo-ranea durante il giudizio; può ordinarla anche d’ufficio, se ambedue i coniugi o uno di essi sono minori o interdetti (CC, 126).

Der Vormund kann den Mündel nicht vertreten: 1. bei einem Rechts-geschäft zwischen seinem Ehegatten, seinem Lebenspartner oder einem seiner Verwandten in gerader Linie einerseits und dem Mündel anderer-seits, es sei denn, dass das rechtsgeschäft ausschließlich in der erfül-lung einer Verbindlichkeit besteht […] (BGB, 1795, 1).

eine Wil lenserklärung, welche durch die zur Übermittelung verwen-dete person oder einrichtung unrichtig übermittelt worden ist, kann unter der gleichen Voraussetzung angefochten werden wie nach § 119 eine irrtümlich abgegebene Wil lenserklärung (BGB, 120).

o in un avverbio:

Quando revoca la sentenza di non luogo a procedere, il giudice, se il pubblico ministero ha chiesto il rinvio a giudizio, fissa l’udienza pre-liminare (418), dandone avviso agli interessati presenti e disponendo per gli altri la notificazione; altrimenti ordina la riapertura del le inda-gini (Cpp, 436, 2).

J. Visconti (ed.)
Lingua e diritto. Livelli di analisi
SEGUE

203

9.ConDizioni restrittiVe nei CoDiCi teDesCHi e itALiAnidi Marcel lo Soffritti

9.0. introDuzione

e Delimitazione Del tema

La ricerca sui linguaggi giuridici ha già largamente esplorato la ter-minologia di codici e leggi in Germania, svizzera, Austria e italia, e, con il ricorso a corpora, ha prodotto importanti analisi empiriche di aspetti sintattici, stilistici e pragmatici di testi del la comunicazione giuridica (ad es. Höhmann 2005; Lombardi 2004; Wiesmann 2004; Hel ler 2003, ed altri).

ora si presenta l’occasione di approfondire l’inquadramento contrastivo e traduttivo del la sintassi, del la semantica e per certi versi del la pragmatica dei costrutti condizionali in testi di legge tedeschi e italiani.

Questa occasione deriva in particolare dal progetto, ormai con-cluso, di J. Visconti (qui ci si riferisce in particolare a Visconti 2007), volto a realizzare un lessico contrastivo plurilingue dei connettori ipo-tetici con particolare riferimento ai testi giuridici.

in questo contributo mi propongo di discutere dettagliatamente la portata del l’approccio di Visconti utilizzando un corpus di codici tedeschi e italiani. Cercherò in particolare di chiarire fino a che punto sia applicabile la distinzione fra due classi fondamentali di connettori ipotetici (generici e restrittivi), e in che misura sia possibile trasferire i risultati del l’indagine in un lessico plurilingue degli stessi connettori.

La funzione genericamente ipotetica e quel la ipotetica-restrittiva sembrano riconducibili, in italiano, a due liste di connettori che, alme-

204

Marcello Soffritti

no nel la comunicazione orale informale, si possono classificare con una certa chiarezza con l’aiuto di tratti pragmatici, sintattici, semanti-ci e prosodici.

Questa suddivisione basata sul la categoria del la restrittività, mol-to plausibile dal punto di vista teorico, appare tuttavia meno agevole nei testi di legge italiani e soprattutto in quel li tedeschi, dove i connet-tori e le altre forme espressive utilizzate nei costrutti condizionali non sono altrettanto facili da classificare.

Le questioni sul tappeto non riguardano solo l’analisi contrastiva dei linguaggi specifici, in quanto il lessico dei connettori ipotetici è concepito anche per consentire e facilitare traduzioni più precise. in questo contributo mi occuperò tuttavia soprattutto del le questioni descrittive e contrastive. solo in una o più pubblicazioni future sarà possibile trattare le questioni traduttive con l’aiuto di corpora paral-leli.

Dal punto di vista metodologico mi propongo di approfondire i seguenti punti:• È sufficiente la classificazione lessicale dei connettori in senso stret to

per descrivere adeguatamente la gamma di variazione del le espres-sioni ipotetiche?

• Quali fattori pragmatici e testuali determinano l’uso di connettori restrittivi in testi giuridici normativi?

• i parametri (e in particolare i parametri pragmatici) utilizzati da Vi-sconti nel suo model lo sono ugualmente rilevanti sia al l’interno, sia al di fuori del la comunicazione giuridica?

• si potrebbero proporre ulteriori categorie o parametri per classifi-care i connettori nel linguaggio del la comunicazione giuridica?

9.1. la base Di Dati

Le proposte di classificazione avanzate da Visconti, pur sviluppate partendo al l’analisi di trattati internazionali, si riferiscono in linea di massima al l’intera gamma dei testi giuridici. nel mio contributo con-durrò invece il confronto tra le espressioni ipotetiche entro una forma testuale specifica, cioè i codici di leggi. Questa delimitazione consente infatti non solo di ridurre a dimensioni gestibili la massa dei dati da

205

Condizioni restrittive nei codici tedeschi e italiani

esaminare, ma anche di utilizzare proficuamente una serie di risultati ottenuti in studi precedenti.

Diversamente da una precedente pubblicazione (soffritti 1999), in cui esaminavo solo il Codice Civile del la repubblica federale te-desca (Bürgerliches Gesetzbuch – BGB) e quel lo italiano (CC), mi avvalgo ora di una raccolta più vasta, composta per entrambi i paesi dal Codice Civile (BGB e CC), dal Codice penale (strafgesetzbuch – stGB e Cp) e dal Codice di procedura penale (strafprozessordnung – stpo e Cpp). in questo modo è garantita, in primo luogo, la con-gruenza tematica e testuale che deve stare al la base di ogni indagine comparativa.

si tratta infatti di codici, cioè di grandi raccolte di norme svilup-patesi in entrambi i paesi nel corso di numerosi decenni, che debbono essere costantemente prese come riferimento per la comunicazione specialistica e l’intera prassi, compresa la legislazione corrente. Di qui è sorta anche una certa esemplarità linguistica dei codici, che si fa sentire chiaramente nel la redazione del le singole leggi e che influenza in parte anche la semantica dei connettori ipotetici.

D’altro lato, non si può attribuire a questo corpus una piena rap-presentatività per l’intera sfera dei testi normativi (nel senso definito da Busse 2000), per le seguenti ragioni:(i) A differenza del le singole leggi di emanazione corrente, i codici

so no stati soggetti, nel corso di numerosi decenni, a continui adattamenti e aggiornamenti, e questa stratificazione è avverti-bile.

(ii) i codici sono concepiti come raccolte suddivise in numerosi set tori tematici, al cui interno valgono particolari condizioni di coe renza testuale e disciplinare non sempre presenti nel le leggi singole.

(iii) A differenza di leggi singole, regolamenti e altre disposizioni ap-plicative, i codici non contengono in genere riferimenti a concreti problemi quotidiani, liste dettagliate di oggetti o specifiche moti-vazioni di determinate misure.

resta dunque un vasto spazio per ulteriori approfondimenti, che sa-rebbero da dedicare non solo, come si è detto, a singole leggi, rego-lamenti e norme di applicazione, ma anche e soprattutto ai testi non normativi del la comunicazione giuridica.

ecco i principali valori quantitativi del corpus utilizzato:

206

Marcello Soffritti

Articoli Parole Articoli Parole

Bürgerliches Gesetzbuch 2.385 178.615

Codice civile 2.969 190.897

strafgesetzbuch 358 61.236

Codice penale 734 68.673

strafprozessordnung 495 72.185

Codice di procedura penale 1 746 + 260 + 36 135.913

1

poiché non si devono fare particolari confronti statistici fra la parte italiana e quel la tedesca del corpus, il fatto che la parte italiana sia sensibilmente più estesa non crea particolari inconvenienti. È invece certamente soddisfatta la condizione metodologica essenziale, vale a dire che ciascuna parte sia rappresentativa per l’uso linguistico del la legislazione normativa nel relativo paese.

9.2. aspetti metoDologici

9.2.1. La classe dei connettori propriamente detti a confronto con la gamma del le espressioni ipotetiche

nel momento in cui si cerca di definire l’oggetto di questa indagine, ci si deve chiedere se si intenda isolare i connettori ipotetici come clas-se morfosintattica, cioè come un repertorio tendenzialmente chiuso di elementi che connettono le frasi, o se non sia meglio al largare la prospettiva a tutte le forme linguistiche con cui un’autorità normativa (nel nostro caso) formula nei suoi testi espressioni da intendere come condizioni. ovviamente, porre questa alternativa non significa rifiuta-re l’ipotesi di un lessico dei connettori, bensì puntualizzare l’effettiva portata del la classificazione di lessemi specifici del le singole lingue: i connettori (insieme al le frasi che col legano) non sono l’unico mez-zo per esprimere condizioni. Le condizioni, al pari di molti altri col-

1 sono qui comprese due corpose raccolte di norme di applicazione, che fan-no parte del l’edizione ufficiale.

207

Condizioni restrittive nei codici tedeschi e italiani

legamenti concettuali fra contenuti proposizionali astratti, si possono esprimere con diverse realizzazioni al di sotto del livel lo sintattico fra-sale (e non si intenda con ciò la loro semplice anaforizzazione). Come è già stato constatato in linea generale (Hel ler 2003 e soffritti 1999), una condizione può essere espressa in diversissimi modi. può essere contenuta in una costruzione el littica:

[…] si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel-l’articolo 322-ter (Cp, 640-quater).

L’azione è ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi del-l’articolo 274.(CC, 279, 1).

Der Überweisende kann, soweit vereinbart, dem Kreditinstitut den zu überweisenden Geldbetrag auch in bar zur Verfügung stel len (BGB, 233).

o in un sintagma preposizionale:

Le disposizioni del l’art. 29 e del secondo capoverso del l’art. 32 non si applicano nel caso di condanna per delitto colposo (Cp, 33, 1).

Quando è proposta domanda di nul lità del matrimonio, il tribunale può, su istanza di uno dei coniugi, ordinare la loro separazione tempo-ranea durante il giudizio; può ordinarla anche d’ufficio, se ambedue i coniugi o uno di essi sono minori o interdetti (CC, 126).

Der Vormund kann den Mündel nicht vertreten: 1. bei einem Rechts-geschäft zwischen seinem Ehegatten, seinem Lebenspartner oder einem seiner Verwandten in gerader Linie einerseits und dem Mündel anderer-seits, es sei denn, dass das rechtsgeschäft ausschließlich in der erfül-lung einer Verbindlichkeit besteht […] (BGB, 1795, 1).

eine Wil lenserklärung, welche durch die zur Übermittelung verwen-dete person oder einrichtung unrichtig übermittelt worden ist, kann unter der gleichen Voraussetzung angefochten werden wie nach § 119 eine irrtümlich abgegebene Wil lenserklärung (BGB, 120).

o in un avverbio:

Quando revoca la sentenza di non luogo a procedere, il giudice, se il pubblico ministero ha chiesto il rinvio a giudizio, fissa l’udienza pre-liminare (418), dandone avviso agli interessati presenti e disponendo per gli altri la notificazione; altrimenti ordina la riapertura del le inda-gini (Cpp, 436, 2).

J. Visconti (ed.)
Lingua e diritto. Livelli di analisi
SEGUE

231

10.CoerenzA DeL Diritto priVAto eUropeoil problema del multilinguismodi Gianmaria Ajani

10.1. comparazione giuriDica e traDuzione

La comparazione quale indagine sul ‘trapianto’ di norme giuridiche e sul le insidie del la traduzione dei concetti in culture e ordinamenti di-versi da quel li di origine ha negli anni recenti dato luogo a molteplici incontri interdisciplinari fra comparatisti, studiosi del diritto privato europeo, linguisti, studiosi del l’intel ligenza artificiale 1. L’intensificar-

1 È in quel l’ambito che è stata attivata dal Dipartimento di scienze giuridiche del l’Università di torino una rete di ricerca europea denominata Uniform Termi-nology for European Law, finalizzata al la produzione di un repertorio digitale di concetti e regole in materia di diritti dei consumatori, strumento di ausilio dei pro-getti di armonizzazione del le regole nazionali che applicano la normativa europea: http://www.eulawtaxonomy.org. il progetto aspira a presentare una più completa definizione dei termini impiegati sia al livel lo del l’acquis che dei diritti nazionali dei cinque maggiori sistemi giuridici del l’Unione (francia, Germania, inghilter-ra, italia, spagna) nel la materia del diritto dei consumatori. i termini scelti per l’elaborazione del Syl labus sono quel li considerati significativi nel contesto del diritto europeo dei contratti sia dal punto di vista categoriale (quali «danno», o «conclusione del contratto»), sia da quel lo del la prospettiva interpretativa (ad es.: la nozione di «chiaro e comprensibile», o di «pubblicità ingannevole»). si vedano ampiamente G. Ajani - G. Boel la - L. Lesmo - M. Martin - A. Mazzei - p. ros-si, A development tool for multilingual ontology-based conceptual dictionaries, in Proceedings of 5th International Conference on language resources and evaluation, Genova 2006; p. rossi, Ontologie applicate e comparazione giuridica, riv. Crit. Dir. priv. (2004); p. rossi - C. Vogel, Terms and concepts: towards a syl labus for European private law, european review of private Law (2004), 293, s. ferreri, La lingua del legislatore. Model li comunitari e attuazione negli Stati membri, rivista

232

Gianmaria Ajani

si di tali incontri e le pubblicazioni che ne derivano confermano la fer-tilità di tale approccio, che mira ad unire una componente descrittiva, la ricerca sul le modalità di produzione transnazionale del le regole, ad una di metodo; metodo che si interroga sugli effetti per il diritto posi-tivo del contatto con norme elaborate in un contesto diverso da quel lo nazionale, e concepite, nonostante la finzione di pari status di tutte le lingue del l’Unione europea, in una lingua giuridica (o due) nel la maggior parte dei casi diversa da quel la di ricezione 2.

Accanto ad una accelerata e diffusa produzione di model li opera-tivi (normativa sul control lo societario, ad esempio, o normativa anti-trust) appartenenti al formante legislativo, model li legittimati in quan-to si è radicata l’idea che certe regole giuridiche siano un fattore di crescita dei mercati e di sviluppo economico, abbiamo assistito, negli anni più recenti, al ricorso a formule vaghe, principi generali, nozioni di sicura forza mediatica, ma dal contenuto difficilmente identificabi-le, o comunque non univoco.

si ha in ciò un processo di astrazione analogo a quel lo utilizzato dal diritto internazionale.

L’idea di individuare norme comuni al le diverse nazioni, di porta-ta globale, non è certo nuova, avendo essa fondato in buona misura i discorsi dei cultori del diritto internazionale classico volti a legittima-re la disciplina; la pretesa di universalità ha rappresentato quindi un importante elemento di validazione del diritto internazionale, unita-mente al formalismo. si riproduce, in tal modo, la divisione di campo fra le competenze di analisi e valutazione del la governance globale, proprie del diritto internazionale, che al fine di mantenere il grado di universalità inducono una esasperazione del la generalità ed astra-zione del le regole, e le competenze di raffronto ed armonizzazione del le culture giuridiche, proprie del diritto comparato, che vengono paralizzate da una diffusa consapevolezza dei limiti al l’integrazione

dir. civ. 2 (2004), 561 ss., nonché. G. Ajani - M. ebers (eds.), Uniform terminology for European contract law, Baden Baden 2005. 2 Connessa a ciò è poi la considerazione che la «lingua del diritto» possa uti-lizzare terminologie differenti anche qualora le lingue di comunicazione siano la stessa. Ciò vale sia in senso orizzontale (ad esempio il francese del diritto belga e il francese del diritto francese), sia in senso verticale (l’italiano di una direttiva e l’italiano del la normativa di attuazione).

233

Coerenza del diritto privato europeo

rappresentati dai particolarismi e dal le diversità. È evidente il caso del l’Unione europea; il processo di al largamento giunto a compimen-to in questi anni (2004-2007) è stato inaugurato al l’inizio degli anni ’90 dal la inclusione del la nozione di Rule of law entro gli Accordi di associazione stipulati fra la Comunità e gli stati del l’europa centro-orientale per preparare al l’adesione le economie e i sistemi giuridici degli stati candidati 3.

Ma la questione può essere ancora più complessa: la determina-zione di standards di riferimento per il trapianto di norme entro alcu-ne macro-nozioni, quali Rule of law, Governance, Due process, sembra poter veicolare importanti mutamenti al momento del la recezione proprio in forza del la natura ingenua (ossia non tecnica) del linguag-gio che le caratterizza. Una distanza dal dato tecnico contingente che è ulteriormente moltiplicata da traduzioni ambigue o inaffidabili, estranee al contesto dato da prassi e istituzioni.

fare ricerca sul l’adattamento e trapianto del la norma è da tem-po una del le attività preferite dal comparatista; è, tuttavia, quel lo che stiamo qui osservando, un lavoro diverso: la pratica attuale del-l’innovazione giuridica rende la ricerca sul processo di costruzione del la norma ancora più peculiare, in quanto insiste nel l’esaminare il ruolo di quei soggetti (in primo luogo le organizzazioni finanziarie in-ternazionali) che, pur privi di un model lo giuridico formale (potrem-mo dire di un sistema di norme) proprio, sottolineano la funzione del model lo economico che si intende vestire di forme giuridiche.

La strumentalità del l’innovazione legislativa rispetto al la perfor-mance economica diviene così il paradigma dominante, utile a giusti-ficare e legittimare il processo di trapianti di norme da sistemi econo-micamente maturi a sistemi in transizione o in sviluppo 4.

3 Cfr. B. pasa, Gli Accordi di Associazione ed i partenariati di adesione con i Paesi del l’Europa centro-orientale, i. Questioni generali, cap. 9, in I nuovi contratti. Il diritto privato nel la giurisprudenza, dir. da p. Cendon, torino 2004. 4 si ha con ciò una ripresa di certi discorsi già condotti negli anni ’60, al-l’epoca del la decolonizzazione e del la offerta, ai nuovi stati indipendenti del-l’Africa e del l’Asia, di model li giuridici di «buon funzionamento» del la società e del lo stato. oggi, tuttavia, l’enfasi è su una più intensa universalità (fondata sul l’idea di «mercato efficiente») dei model li, mentre al l’epoca del «diritto per lo sviluppo» i model li venivano ricercati nel le diverse storie costituzionali dei paesi colonizzatori. non è certo casuale che la nozione di good governance, coniata al

J. Visconti (ed.)
Lingua e diritto. Livelli di analisi
SEGUE

247

11.LA LinGUA DeL LeGisLAtore eUropeodi Silvia Ferreri

11.0. premessa

Quando i giuristi dei diversi stati membri del l’Unione europea si ri-trovano per qualche occasione di lavoro esiste un tema comune che li riunisce: è la solfa, il refrain, il leitmotiv sul la povera qualità del la legislazione europea.

ogni osservatore locale ha il proprio repertorio di assurdità lin-guistiche, di ibridi mal riusciti, di espressioni infelici imputabili al-le fucine di Bruxel les: i giuristi dei diversi stati, spesso così polemi-ci sul le soluzioni da seguire di fronte ai problemi che il commercio internazionale pone, o al le difficoltà di dare effetto a procedimenti giudiziari stranieri, ritrovano l’unanimità e il consenso nel deprecare l’imprecisione, l’ambiguità, la carenza del le fonti sopranazionali. Co-sì almeno un effetto aggregante si verifica: l’unione non sul le regole, ma … contro il legislatore comune.

Quando il legislatore europeo parla di «professionista» in realtà – si dice – intende il «contraente di mestiere» anziché occasionale (non il «professionista intel lettuale» o il praticante di una «professione li-berale»); quando la Ce parla di «clausola abusiva» in realtà intende clausola «vessatoria», e clausola «stipulata malgrado la buona fede» si-gnifica in realtà «contro la buona fede» 1; un remedy non è davvero un

1 Direttiva 93/13/Ce, 5 aprile 1993, art. 3: «[…] una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale si considera abusiva se, malgrado

248

Silvia Ferreri

remedy (che implicherebbe il pagamento di damages); una warranty non è una vera warranty, ma una guarantee, piuttosto, ecc.

11.1. quali sono i rimproveri più ricorrenti?

i giuristi imputano agli uffici responsabili del la redazione di diretti-ve e regolamenti comunitari di dedicare poca attenzione al versante propriamente giuridico degli atti normativi via via varati: ci si lamenta che i negoziati, le contrattazioni a Bruxel les (e strasburgo per il par-lamento europeo) guardino più ai risultati in senso economico, al la risoluzione di un intralcio commerciale, al lo scarso o limitato accesso ai servizi per i cittadini europei, piuttosto che agli esatti rimedi, ai pro-cedimenti giuridici che vengono introdotti.

in qualche modo questa distribuzione del l’attenzione del legisla-tore europeo è anche testimoniata dai preamboli degli atti normativi, ad esempio nel le direttive, dove si enunciano gli obbiettivi da raggiun-gere, spesso estesamente il lustrati da numerosi considerando, mentre la parte normativa, gli articoli effettivamente vincolanti sono pochi, sommari, scritti in un linguaggio volutamente atecnico, che cerca di non aderire ad un model lo nazionale troppo visibile, troppo identi-ficabile. il legislatore sopranazionale cerca di non sbilanciarsi troppo a favore di uno degli stati (o, peggio, verso una soluzione nordame-ricana): anche se talvolta qualche termine propriamente anglofono entra nel la terminologia, ad es. in materia societaria o nel l’area del la responsabilità da prodotto difettoso. non accennerò (se non in mo-do incidentale, ad es. rispetto al «supporto durevole») al problema del modo in cui termini anglofoni stingano sul le altre lingue. Alcuni esempi sono divertenti: come il caso in cui un col lega ha parlato a proposito dei difetti che colpiscono il bene venduto di «vizi che af-fettano il bene» (da «defects affecting the good») o altri parlano di «scannare un testo scritto (da «scanner»). e, dal francese, stinge sul la nostra Cassazione l’idea di «una funzione di orientamento e indirizzo che […] svolgono gli arresti del la Corte europea» 2. Anche l’espres-

il requisito del la buona fede determina un significativo squilibrio dei diritti degli obblighi del le parti derivanti dal contratto». 2 Cass., sez. lav., 27 marzo 2004, n. 6173.

249

La lingua del legislatore europeo

sione, talvolta ricorrente nel la pubblicità, su un «tappeto resiliente» lascia spazio a qualche incertezza sul la provenienza del la definizio-ne (forse una restituzione di un termine originariamente latino? Così come capita quando un Lord inglese risponde al l’interrogazione in parlamento: content?).

Un gergo speciale è in azione, al di là del linguaggio che tutti do-miniamo.

tornando al la questione del le lamentele, anche il carattere inde-finito, vago, di alcune previsioni come il concetto di «consumatore informato» suscitano reazioni analoghe a quel le che si sono spesso indirizzate al le convenzioni internazionali 3.

in sostanza i giuristi spesso criticano il carattere sommario, em-pirico, giuridicamente impreciso del le fonti europee: coniugato pe-rò – in modo curioso – ad una qualche ricercatezza linguistica. Ad esempio, leggendo le versioni inglesi dei regolamenti europei e del le direttive, si nota un’abbondanza di espressioni latineggianti, di for-mule lontane dal linguaggio corrente: causa di frequenti commenti irridenti da parte dei lettori più severi 4.

3 nel volume del 1998 sul le Fonti scritte del diritto, nel Trattato Sacco di dirit-to civile, i, torino, Utet, avevo dedicato un paragrafo al le formule «elastiche» (p. 306); p. tiersma nel volume del 1999, Legal language, ricorda a sua volta il prudent investor del le convenzioni internazionali. 4 A titolo di esempio si nota l’uso del verbo to permit quando normalmente diremmo to al low; si usa consent in luogo di agreement (art. 9 nel la 97/7/eC, Dis-tance Sel ling Directive), inertia sel ling (piuttosto che unsolicited goods, più corren-te) nel la stessa direttiva, ecc. per evitare di ripetere i richiami, rinvio al l’intervento al convegno di trento: «interpretazione e traduzione del diritto» (30 novembre 2007), http://www.jus.unitn.it/services/arc/2007/1130/docs/ferreri_convegno_traduzione_trento.pdf. in inghilterra (come – ad altri fini – in Australia, negli stati Uniti e altrove), esiste una Plain Language Association che è alquanto feroce nel dissezionare i provvedimenti europei, nel metterli al la berlina per l’eccesso di fumosità e nel riscrivere i testi dimostrando come sarebbe possibile limitare il numero di parole adoperate e sciogliere l’espressione ermetica: le accuse al legal lingo, al gobbledygook europeo sono abbastanza cocenti. si veda Plain Language International Association (http://plainlanguagenetwork.org/stephens/intro.html): tra l’altro vi si trovano alcune direttive comunitarie riscritte secondo le regole del la trasparenza linguistica, con semplificazioni del la sintassi, correzione del la punteggiatura ecc.

J. Visconti (ed.)
Lingua e diritto. Livelli di analisi
SEGUE

261

12.LinGUisMo eUrUniòniCoe reDAzione DeL LA norMA CoMUnitAriA sCrittAprime riflessionidi Elena Ioriatti Ferrari

12.0. introDuzione

La norma comunitaria scritta costituisce il risultato di un procedimen-to di redazione complesso 1.

Questa complessità è riconducibile in primo luogo al l’assenza di un’attribuzione funzionale unitaria del potere normativo comunitario ad una specifica istituzione: nel l’ambito del c.d. «primo pilastro» il potere normativo è condiviso tra dal la Commissione e dal Consiglio, unitamente al parlamento europeo 2. La «funzione legislativa» 3 comu-

1 A. Vedaschi, Istituzioni europee e tecnica legislativa, Giuffrè, Milano, 2001; p. raworth, The legislative process in the European Community, Deventer - Boston, Kluwer Law taxation publisher, 1993; t.C. Hartley, The foundations of European Community law, oxford, oxford University press, 2003; M. Westlake - D. Gal-loway, The Council of the European Union, London, John Harper publishing, 2006. 2 organi consultivi sono inoltre il Comitato economico sociale e il Comitato del le regioni. Al la Banca Centrale europea (art. 266 ss. tCe) è inoltre attribuita competenza di iniziativa normativa che attiene al la «Unione economica e mone-taria» (art. 266 ss. tCe). Accanto al le istituzioni al le quali i trattati attribuiscono formalmente la funzione legislativa, deve essere inoltre annoverata la Corte di Giustizia del le Comunità europee, per l’importanza del ruolo assunto non solo nel l’attuazione, ma altresì nel la creazione del diritto comunitario: A. Barav, Om-nipotent Courts, in D. Curtin - t. Heukels, Institutional dynamics of European integration. Essay in honour of Henry G. Schermers, Dordrecht - Boston - London, Martinus nijhoff publisher, 1994. 3 Critico nei confronti di una struttura del potere legislativo che avrebbe perso l’iniziale connotazione di separazione dei poteri federale: r. schütze, The

262

Elena Ioriatti Ferrari

nitaria è quindi il risultato di una dinamica col laborazione tra poteri, orientata verso l’adozione di atti normativi 4.

Al l’assenza di un’attribuzione unitaria del potere normativo è inoltre ricondotta la mancanza di una procedura unica per l’adozione degli atti comunitari; il modo di produzione del diritto comunitario secondario si può infatti articolare in cinque differenti procedimenti decisionali, ognuno dei quali riflette il diverso modo di atteggiarsi dei rapporti fra le tre istituzioni che compongono il c.d. Triangle Institu-tionnel 5. Ad oggi, la procedura più utilizzata è la codecisione, il cui potenziamento costituisce il risultato del lo sforzo di coinvolgere il parlamento europeo nel procedimento normativo con funzioni non solo consultive, ma decisionali. Questa scelta, di carattere democrati-co, ha però accresciuto ulteriormente la complessità del la procedura di redazione soprattutto del le direttive e dei regolamenti, aggiungen-do al già complicato iter redazionale comunitario nuove fasi e nuovi attori.

fornire un quadro dettagliato degli innumerevoli passaggi ai quali è sottoposto il testo normativo dal l’iniziativa del la Commissione al-l’approvazione in Consiglio esula dal lo scopo di questo lavoro. Basti qui segnalare un dato temporale: il completamento del la sola fase di redazione di una proposta normativa da parte del la Commissione può durare alcuni anni 6.

Un ulteriore elemento di complessità del la produzione normativa comunitaria dipende dal fatto che essa non avviene su base consen-suale, bensì istituzionale 7 ed è quindi spesso svincolata dal consenso

morphology of legislative power in the European Community: legal instruments and the federal division of powers, in p. eeckhout - t. tridimas (eds.), Yearbook of European law, oxford, oxford University press, 2006, 148 ss. 4 identifica il legislatore europeo nel l’ambito dei rapporti dialettici tra «or-gani legislativi parziali» B. nabli, La figure du législateur de l’Union européenne, revue française de Droit Constitutionel (2007), 696. 5 il parere conforme, la procedura di consultazione, la cooperazione. La concertazione, introdotta con la Dichiarazione comune del parlamento europeo, del Consiglio e del la Commissione del 4 marzo 1975, ad oggi è sostanzialmente assorbita dal la codecisione. r. Corbett - f. Jacobs - M. shackleton, The European Parliament, London, John Harper publishing, 2005. 6 raworth, The legislative process in the European Community cit., 30. 7 scannicchio, Il diritto privato europeo nel sistema del le fonti, in n. Lipari (a cura di), Trattato di diritto privato europeo, i, padova, CeDAM, 2003,100.

263

Linguismo euruniònico e redazione della norma comunitaria scritta

di tutti gli stati partecipanti 8. A differenza del diritto internaziona-le, la norma comunitaria scritta è il prodotto degli stessi organi del-l’Unione e non l’oggetto di una Convenzione tra stati. Ciò nonostan-te, l’ordinamento comunitario è ancora dominato da logiche tipiche del l’ordinamento internazionale 9, le cui conseguenze si ripercuotono sul contenuto del la norma.

Come in ambito internazionale, anche nel contesto comunitario i delegati degli stati membri percepiscono il proprio ruolo come una funzione diplomatica, piuttosto che legislativa 10. obiettivo principale dei delegati/redattori del la norma non è quindi l’accordo sui contenu-ti giuridici, sul futuro operativo del testo normativo; piuttosto, si per-segue l’obiettivo di fissare sul la carta il risultato del negoziato, inteso come accordo politico sul le frasi, sul le parole. Come nel diritto inter-nazionale, questa tecnica di redazione tiene poco conto del la necessità di riuscita del la comunicazione del messaggio contenuto nel la norma, ossia del la regola da applicare 11.

nel l’ambito del Consiglio i compromessi del l’ultimo minuto, particolarmente frequenti in alcune aree del diritto comunitario quali l’ambiente o l’agricoltura, vengono così trasposti in testi formulati o modificati frettolosamente e quindi a volte poco chiari 12; non è raro che il compromesso stesso venga raggiunto grazie al la formulazione di un testo intenzionalmente vago, in modo da consentire al delegato nazionale di dichiarare raggiunto l’obiettivo del proprio mandato.

8 Cfr. i casi nei quali le norme del trattato richiedono non l’unanimità, ma la maggioranza (semplice o qualificata). Ad esempio l’art. 95 tCe, che attribuisce al la Comunità europea la competenza a procedere al riavvicinamento del le legisla-zioni. 9 L. sico, Il diritto del l’Unione europea nei rapporti con il diritto internazio-nale, in p. fois - r. Clerici, I caratteri del diritto del l’Unione Europea, padova, CeDAM, 2007, 61. 10 t. Gal las, EC-law between social message and record of agreement. How the theory of legislation can contribute to the understanding practical problems of nego-tiated law, in L. Wintgens - p. thion - M. Carly (eds.), The theory and practice of legislation: essays in legisprudence, Hants (england), Aldershot, 2005. 11 Ibidem. 12 r. Wainwright, Techniques of drafting European Community legislation: problems of interpretation, statute Law review (1996), 12.

J. Visconti (ed.)
Lingua e diritto. Livelli di analisi
SEGUE

313

13.Unione eUropeAAccesso al diritto e molteplicità del le linguedi Pascale Berteloot

La vita sociale, personale, commerciale, economica non si svolge più unicamente a livel lo di una regione o del lo stato, ma anche a livel lo di continente e a livel lo mondiale.

L’accesso al diritto nazionale di ciascuno degli stati membri del-l’Unione europea e l’accesso al diritto europeo – che possono ancora migliorare nel l’ambito del l’evoluzione del le tecnologie – sembrano realizzati. il cittadino può accedere facilmente al le norme, molte volte anche al la giurisprudenza del l’Unione europea e nel suo stato e nel la sua lingua. in questo contesto le esigenze attuali fanno riferimento al-la qualità, leggibilità e comprensibilità del le norme. Ciò vuol dire che gli sforzi da parte del lo stato e del l’amministrazione incaricata del la diffusione del diritto devono essere editoriali.

Adesso, in un mondo più globalizzato, i cittadini e i giuristi di tutte le professioni hanno bisogno del l’accesso ai diritti nazionali dei vicini. Questo bisogno è nato negli ultimi anni ed è stato riconosciuto in vari testi e con varie azioni.

i bisogni d’accesso ai diritti nazionali sono da sempre legati al le misure di recepimento del le direttive di diritto comunitario, ma lo svi-luppo del principio di sussidiarietà 1 dal l’entrata in vigore del trattato di Maastricht, che rileva l’importanza del diritto nazionale e la coope-razione nei settori del la giustizia e degli affari interni introdotta dal lo

1 Art. 3 B, Trattato sul l’Unione europea.

314

Pascale Berteloot

stesso trattato 2, da al lora in crescita continua, hanno in gran parte contribuito a porre nuove categorie di persone – giuristi o no – di fronte al la necessità di accedere ai diritti degli altri stati membri del-l’Unione.

Queste necessità sono state espresse al le riunioni di un gruppo di lavoro del Consiglio del l’Unione europea, il gruppo Informatica giuri-dica, che riunisce due volte al l’anno specialisti di tutti gli stati mem-bri in materia 3. Questo gruppo ha promosso lo sviluppo, da parte del l’Ufficio del le pubblicazioni ufficiali del le Comunità europee, del sito n-Lex 4, stimolando una riflessione sul l’accesso centralizzato al la giurisprudenza nazionale.

secondo i termini stessi del sito, n-Lex è «un’interfaccia che per-mette di accedere al le banche dati ufficiali legislative di 23 stati mem-bri del l’Unione europea […] n-Lex mette a disposizione un modulo di ricerca uniforme, disponibile in 22 del le lingue ufficiali del l’Ue».

È anche interessante rilevare che, nel corso degli ultimi mesi, il Consiglio ha adottato una risoluzione ed una decisione che interes-sano entrambe il settore del l’accesso al diritto nazionale degli stati membri. su invito del la presidenza francese del l’Unione europea nel secondo semestre 2008, il Consiglio Competitività ha adottato nel la riunio ne del 25 e 26 settembre 2008 del le risoluzioni sul miglioramen-to del la regolamentazione 5; al punto 9 si auspica «la prosecuzione dei lavori sul miglioramento del col legamento tra eUr-Lex 6 e le banche dati sul le legislazioni nazionali degli stati membri, quale reso possibile da n-Lex» 7.

in un altro contesto, il Consiglio ha adottato nel dicembre 2008 una risoluzione sul la creazione di una rete di cooperazione legislati-

2 Art. 29, Trattato sul l’Unione europea. 3 tutti i documenti di lavoro di questo gruppo sono nel sito ufficiale del Consiglio nel registro pubblico sotto la voce «JUrinfo»: http://www.consilium.europa.eu, «Documenti». 4 si veda http://eur-lex.europa.eu/n-lex/. 5 si veda Comunicato stampa del la 2891a sessione, nel registro pubblico del Consiglio, documento 12959/1/08 reV 1. 6 L’accesso diretto e gratuito al diritto del l’Unione europea è disponibile nel sito http://eur-lex.europa.eu. 7 il documento adottato è disponibile nel registro pubblico del Consiglio sot-to il numero 13148/08.

315

Unione europea: accesso al diritto e molteplicità delle lingue

va dei ministeri della giustizia 8 per la «promozione di una migliore comprensione del le leggi degli altri stati membri» e per «potenziare l’accesso al le informazioni di cui dispongono i ministeri del la giustizia degli stati membri del l’Unione europea sul la legislazione in vigore, sui sistemi giudiziari e giuridici e sui grandi progetti di riforma giudi-ziaria». La risoluzione prevede anche di rendere «accessibili i risultati del le ricerche di diritto comparato effettuate dai ministeri del la giusti-zia di ciascuno stato».

si aggiunga che spesso, a livel lo dei parlamenti nazionali, al mo-mento del la discussione di una riforma legislativa importante, sono effettuati anche studi di diritto comparato.

La descrizione di questo contesto mostra quanto l’accesso al di-ritto degli stati vicini sia ora richiesto. Al momento dei primi sviluppi di n-Lex, quattro tipi di ostacoli erano stati identificati, di cui uno era l’ostacolo linguistico 9. Le banche di dati nazionali sono sviluppate nel la lingua nazionale di uno stato. Le lingue nazionali prese in consi-derazione come lingue ufficiali del l’Unione europea sono attualmente 23. ritenendo che un utente di qualsiasi stato membro può avere bi-sogno di conoscere il diritto nazionale di qualsiasi altro stato, si arriva al la necessità di gestire 506 combinazioni linguistiche.

infatti, se n-Lex offre effettivamente un’interfaccia in tutte le lin-gue ufficiali del l’Unione, i risultati appariranno sempre nel la lingua del la base nazionale. L’interfaccia plurilingue può facilitare la ricerca secondo criteri formali quali la data o il numero di un atto, ma al le volte la ricerca per parola non potrà essere realizzata che nel la lingua del la base. A titolo d’aiuto, l’utente di n-Lex ha accesso al thesaurus Eurovoc 10 che descrive l’attività europea in tutte le lingue, ma – oltre che poco sviluppato nel settore giuridico – quest’ultimo non è adatto al la ricerca in basi di diritto nazionale.

8 Gazzetta ufficiale del l’Unione europea, C326, 20.12.2008, 1. 9 i tre altri ostacoli erano tecnici (relativi al la stessa concezione di ciascuna del le banche dati nazionali), giuridici (la conoscenza del le strutture giuridiche elementari del diritto straniero è indispensabile) e documentari (i metadati docu-mentari associati in ciascuno dei sistemi ai documenti divergono fortemente e non permettono sempre l’utilizzazione degli stessi criteri di ricerca). 10 si veda http://europa.eu/eurovoc/.

316

Pascale Berteloot

per quanto riguarda i risultati di una ricerca, i più ottimisti ri-tengono che a breve scadenza la traduzione automatica darà risultati sorprendenti. Le nuove tecniche basate non sul l’analisi linguistica comparata, ma su calcoli statistici sono forse un’apertura. esse però sono basate sul trattamento di corpora di testi molto importanti che saranno sempre più voluminosi e daranno risultati migliori per lingue molto utilizzate rispetto a corpora inevitabilmente più ridotti in lingue aventi un numero più ristretto di interlocutori 11.

Questi elementi bastano a dimostrare la complessità del la que-stione d’accesso ai diritti nazionali degli stati vicini, tanto più che l’ostacolo è certamente linguistico, ma si noterà – come tutti quel li che hanno lavorato nel settore «lingua e diritto» sanno – che oltre al la conoscenza del la lingua generale e del la lingua di specialità, come in ogni settore professionale, la comprensione esige in questo campo anche una conoscenza del le strutture e dei concetti di base del diritto straniero. il principio è dunque che senza conoscenza del la lingua na-zionale, l’accesso al contenuto di un sistema elettronico d’informazio-ne giuridica di diritto straniero resta molto problematico.

Anche se nel caso di stati bi- o plurilingui 12 nei quali la legislazio-ne esiste ed è diffusa in due o più lingue nazionali, il diritto è accessi-bile in più d’una sola lingua, nel la maggioranza dei casi la questione resta insolubile, salvo conoscenza del le lingue nazionali del lo stato di cui si vuole consultare la legislazione e la giurisprudenza. si può tut-tavia pensare a proposte di soluzioni che potrebbero essere oggetto di raccomandazioni a livel lo politico.

La svizzera ha sviluppato il suo sistema d’accesso al diritto in mo-do multilingue, nel le quattro lingue ufficiali del paese, cioè il tedesco, il francese, l’italiano e il ladino, ma aggiungendo una lingua veicolare comune e neutrale rispetto al le lingue nazionali del la Confederazione elvetica, scelta anche per coloro che non parlano alcuna del le lingue nazionali, l’inglese 13.

11 per un’informazione aggiornata in materia di traduzione automatica, si ve-da Y. Wilks, Machine translation, its scope and limits, springer 2009. 12 Ad es. il Belgio, con francese, olandese e tedesco, Malta con inglese e malte-se e la finlandia con finlandese e svedese. 13 per il sito ufficiale sviluppato dal le Autorità federali del la Confederazione svizzera, si veda http://www.admin.ch/ch/f/rs/rs.html.

J. Visconti (ed.)
Lingua e diritto. Livelli di analisi
SEGUE

321

14.iL LinGUAGGio GiUriDiCo neL LA prospettiVA CoMpUtAzionALe di Daniela Tiscornia

14.1. introDuzione

per quanto potenti ed in grado di trattare enormi masse di dati, la capacità dei mezzi informatici di gestire efficacemente l’informazione digitale è condizionata dal le «barriere linguistiche» cioè dal la possibi-lità di raggiungere i contenuti al di là del la formulazione linguistica, in modo da trasformare i dati in conoscenza «comprensibile» ed elabo-rabile dai programmi. senza strumenti che consentano di catalogare, selezionare ed interpretare la massa di dati distribuita dal la rete, l’in-formazione diventa ingestibile ed inutile, ne è prova l’enorme impiego di risorse umane e finanziarie destinate al l’iniziativa del cosiddetto «web semantico».

Considerata la dimensione sociale del l’informazione normativa, per cui garantire la conoscenza significa da un lato accrescere la ca-pacità conoscitiva del l’utente, dal l’altro soddisfare un più generale obbligo di informazione che grava sul le istituzioni statali, l’accesso ai contenuti è un tema strategico anche per l’informatica giuridica. nel dominio del diritto il trattamento del la conoscenza deve inoltre misu-rarsi con la grande frammentarietà e disorganicità dei dati normativi e con la necessità di garantirne l’autenticità e l’aggiornamento nono-stante il rapido succedersi e stratificarsi del le fonti.

il semantic Web adotta un approccio ‘cognitivo’, con lo scopo di fondare la comunicazione su model li di descrizione indipendenti dal linguaggio e quindi formalizzati, ma in grado di cogliere la di-mensione sociale nel la formazione dei significati e quindi di trattar-

322

Daniela Tiscornia

ne gli aspetti pragmatici del linguaggio su cui basare la condivisio-ne. tale esigenza diventa determinante in un dominio come quel lo giuridico, dove i processi di interpretazione e applicazione del testo normativo sono fattori costitutivi del la conoscenza giuridica.

Va notato che gli approcci del le tecnologie del l’informazione, in qualsiasi settore si col lochino, sono caratterizzati da una prospettiva pragmatica, dettata dal la necessità di risolvere problemi ben indivi-duati e definiti; questo può essere un vantaggio perché semplifica le scelte metodologiche, valutate sul la base dei risultati concreti piut-tosto che sul la base di assunzioni di partenza, e in ultima analisi può fornire elementi interessanti di valutazione anche sul piano del la investigazione teorica.

Lo scopo di questo contributo è perciò di descrivere alcuni ap-procci al l’analisi del linguaggio del diritto destinato al trattamento computazionale dei testi giuridici, in particolare mettendo in luce il ruolo che i metodi ‘ontologici’ possono giocare per affrontare la semantica giuridica. La nozione di ontologia applicata, emersa ne-gli ultimi anni come elemento fondante di una teoria cognitiva e computabile del significato, costituisce la vera novità nel settore in-formatico per affrontare la gestione dei contenuti. L’obbiettivo è la rappresentazione di significati condivisi, attribuiti agli elementi del la realtà fisica o sociale da una comunità di ‘consociati’, attraverso cui diviene possibile la comunicazione, significati non necessariamente univoci, né universalmente accettati. L’ingegneria ontologica studia le assunzioni di significato che guidano la percezione del la realtà, la concettualizzazione individuale e la condivisione dei significati che è implicita nei processi comunicativi, per riuscire così a trasferire tale conoscenza nel le macchine.

14.2. linguaggio e Diritto

esiste una stretta connessione fra diritto e linguaggio, caratterizzata dal la coesistenza di due sistemi autonomi, ma strutturalmente affi-ni: entrambi sono dotati di regole che sottostanno al la costruzione del sistema steso, ne guidano l’evoluzione e ne garantiscono la coe-renza. entrambi sono condizionati dal la dimensione sociale in cui si

323

Il linguaggio giuridico nella prospettiva computazionale

col locano, per cui fissano e definiscono il loro oggetto in relazione a un contesto culturale e dinamico.

L’interrelazione fra linguaggio e diritto non è simmetrica, per-ché esiste una stretta dipendenza del diritto dal la sua espressione linguistica: il diritto deve essere comunicato, e la trasmissione del-le regole sociali e giuridiche passa in gran parte attraverso la loro espressione scritta ed orale. Anche quando i comportamenti assur-gono a regola esiste quasi sempre una fase di verbalizzazione che ne consente l’identificazione o il riconoscimento; anche se il diritto non può essere ridotto al linguaggio che lo esprime, nonostante ciò, non può sfuggire al la propria testualità.

nei documenti giuridici convivono perciò due tipi di informa-zioni semantiche associate agli elementi del testo, da un lato, «there is ontological structuring in the form of a conceptual model of the legal domain, consisting of a complex structure of concepts, forms and abstraction from legal textual material», dal l’altro «there is a vocabulary of lexical items that lexicalize concepts, which are not necessarily restricted to the legal domain, and are associated with specific linguistic information» 1.

Ulteriore caratteristica del discorso giuridico è l’articolazione in più livel li: il linguaggio del diritto, con cui il legislatore enuncia il diritto, ed il linguaggio dei giuristi, che parlano del diritto per stu-diare, classificare comparare, e per elaborare norme individuali 2. tale struttura a più livel li incide sul le caratteristiche stilistiche del discorso, sul la tecnicità (maggiore nel linguaggio legislativo), sul le caratteristiche logiche, (il linguaggio dei giuristi è per, sua natura un metalinguaggio), sul la semantica, in particolare sul ruolo del la giuri-sprudenza nel la assegnazione dei significati estensionali dei concetti open textured.

La sovrapposizione fra linguaggio e conoscenza diventa cruciale nei contesti multilingui, ove i complessi temi del la traduzione giuri-

1 peters - sagri - tiscornia (2006). 2 «L’elaborazione, l’interpretazione e l’applicazione del diritto hanno biso-gno di operazioni di carattere diverso […] il loro svolgimento implica da un lato l’enunciazione del diritto, la quale avviene nel linguaggio del diritto, e dal l’altro un discorso sul diritto, che a sua volta avviene nel linguaggio dei giuristi» (Kalinowski 1965, 197).

324

Daniela Tiscornia

dica coinvolgono traduzione e comparazione 3 ed, a maggior ragione, in ambito comunitario a causa del plurilinguismo istituzionale 4. Le differenze tra i sistemi giuridici nazionali ed i moduli linguistici co-munitari, generate dai complessi processi di mediazione linguistica nel la fase di redazione, hanno prodotto un linguaggio giuridico di-plomatico, ‘contrattato’ tra i vari operatori, tale da garantire l’uni-vocità dei significati espressi dal le versioni ufficiali 5. Ciò si scontra con le diversità che da sempre caratterizzano i sistemi giuridici eu-ropei e comporta quindi lo stratificarsi di un linguaggio ‘europeo’, spesso avulso dal linguaggio utilizzato nei testi giuridici nazionali.

14.3. l’analisi logica Del linguaggio giuriDico

Dal punto di vista del le tecnologie del l’informazione, l’obiettivo è, come si è detto, squisitamente concreto: in primo luogo, consenti-re al l’utente di raggiungere le fonti di informazioni in modo pre-ciso e completo, lasciandone l’interpretazione e la rielaborazione al destinatario; in applicazioni più complesse, fornire conoscenza rielaborata ed integrata attivando processi di ragionamento per la soluzione di problemi specifici. senza entrare in dettagli tecnici, si è soliti ricondurre il primo filone ai temi del l’information retrieval, il secondo ai temi del la rappresentazione del la conoscenza. in en-trambi i settori, l’analisi logica dei documenti giuridici gioca un ruo-lo determinante.

L’analisi del lessico giuridico è volta al la costruzione di reti ter-minologiche concettualmente consistenti, organizzate in strutture semanticamente coerenti con i contesti giuridici, utilizzate dai mo-

3 per uno sguardo di insieme su un tema oggetto di vastissima letteratura, si veda il numero monografico La traduzione di informazioni giuridiche, Ars in-terpretandi, Annuario di ermeneutica giuridica, traduzione e Diritto 5 (2000), padova, CeDAM. Agli aspetti di confronto ed integrazione fra comparatisti, on-tologi e linguisti è dedicato il volume The multilingual complexity of European law. Methodologies in comparison, ed. by G. Ajani, G. peruginel li, G. sartor and D. tiscornia, firenze, european press Academy publishing, 2007. 4 rossi (2007). 5 Gal las (2006).

325

Il linguaggio giuridico nella prospettiva computazionale

tori di ricerca per espandere concettualmente la ricerca indipenden-temente dal la formulazione linguistica del le domande, in modo da rintracciare contenuti affini o espressi in lingue diverse.

sul piano del la rappresentazione del la conoscenza, l’analisi del linguaggio ha come oggetto le strutture testuali dei documenti giuri-dici, per identificare strutture linguistiche isomorfe ai model li logici di rappresentazione del le norme, ad esempio, attraverso l’analisi dei connettivi proposizionali fra enunciati legislativi 6 e la classificazio-ne degli enunciati legislativi in base al la funzione normativa 7. Altri aspetti riguardano l’analisi del la struttura narrativa dei testi per il riconoscimento dei model li argomentativi impliciti nel le pronunzie giudiziarie 8.

sia nel la costruzione dei lessici che nel la formalizzazione di schemi di ragionamento e di strutture retoriche, la metodologia per il trattamento degli aspetti semantici è basata su strutture concet-tuali a vari livel li di formalizzazione, chiamate «ontologie».

14.4. l’approccio ontologico

sul piano teorico, la moderna accezione di ontologia ha inizialmente echeggiato il «metodo ontologico», come concepito dai filosofi clas-sici, teso ad obiettivi ben più ambiziosi degli attuali, quali la spiega-zione degli elementi costitutivi del la realtà, attraverso lo sviluppo di teorie che ne cogliessero l’essenza. La connotazione epistemologica è stata poi progressivamente abbandonata a favore di una prospettiva descrittiva; secondo Barry smith 9: «L’ontologia descrittiva o realista non cerca una spiegazione bensì una descrizione del la realtà nei ter-mini di una classificazione di entità che sia esaustiva … nel senso che vi siano inclusi tutti i tipi di entità, compresi i tipi di relazioni con cui le entità sono legate insieme».

6 Al len (1958). 7 Biagioli (2007). 8 Mochales palau - Moens (2008). 9 smith (2003), 156.

J. Visconti (ed.)
Lingua e diritto. Livelli di analisi
SEGUE

339

15.referenti in testi norMAtiVi *

di Giuseppe Lorini

La véritable éloquence consiste à dire tout ce qu’il faut, et à ne dire que ce qu’il faut.La vera eloquenza consiste nel dire tutto e soltanto ciò che deve essere detto.

(françois de La rochefoucauld)

15.0. cinque specie Di termini Designativi

nei testi normativi

15.0.1. il presente saggio si propone di indagare la referenza nei testi normativi, esaminando un sottoinsieme dei termini che compaiono nei testi normativi: i termini designativi 1.

in particolare, esaminerò i termini designativi che ricorrono in un particolare testo normativo: la Carta dei diritti fondamentali del-l’Unione europea [Charter of fundamental rights of the European Union, Charte des droits fondamentaux de l’Union européenne, Charta der Grundrechte der europäischen Union], proclamata a nizza il 7 di-cembre 2000.

* il presente saggio è dedicato a Maria-elisabeth Conte (soest in Westfalen, 12 novembre 1935 - pavia, 6 marzo 1998), esploratrice dei riferimenti anaforici, nel decennale del la sua scomparsa. 1 ricordo che di «segni designativi nel linguaggio in uso normativo» parla già Uberto scarpel li nel Contributo al la semantica del linguaggio normativo, 1959, 1985, 119.

340

Giuseppe Lorini

15.0.2. Quali specie di «termini designativi» appaiono nel testo del la Carta dei diritti fondamentali del l’Unione europea 2?

nel testo del la Carta, ho individuato almeno cinque differenti spe-cie di termini designativi, che ho distinto in base al tipo di entità al la quale i termini si riferiscono.

ecco le cinque specie:(i) termini designativi di entità ontiche;(ii) termini designativi di valori;(iii) termini designativi di status deontici;(iv) termini designativi di istituzioni;(v) termini designativi di entità istituzionali.

15.1. prima specie: termini Designativi

Di entità ontiche

15.1.0. La prima del le cinque specie di termini designativi del la Carta consta dei termini designativi di entità ontiche 3.

15.1.1. Determinare se un termine sia designativo di un’entità ontica è esso stesso un difficile problema filosofico. Accanto a termini uni-vocamente designativi di entità ontiche, vi sono termini dei quali è dubbio se designino entità ontiche.

Un termine univocamente designativo di un’entità ontica è il ter-mine ‘età’ [age, âge, Alter], il quale ricorre nel l’art. 21, 1:

(1) È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in partico-lare, sul sesso, la razza, il colore del la pel le o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le con-

2 Mi avvarrò del la ricerca sul linguaggio del la Carta svolta da paolo Di Lu-cia nel saggio La carta dei diritti fondamentali. Linguaggio axiologico e linguaggio deon tico, 2003. nel presente saggio, indago i termini designativi in testi normativi. per un’indagine, invece, dei verbi deontici in testi normativi, cfr. A.G. Conte, Va-lori non-normativi di verbi deontici in testi normativi, 2007. 3 L’aggettivo ‘ontico’ (che appare nel l’espressione «entità ontiche») ha una trasparente etimologia: deriva dal secondo membro del sintagma greco tÕ Ôn (tò ón) «ciò che è», l’«essente», secondo membro che è il neutro del participio pre-sente del verbo e„m… «essere».

341

Referenti in testi normativi

vinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la na-scita, gli handicap, l’età [age, âge, Alter] o le tendenze sessuali.

Any discrimination based on any ground such as sex, race, colour, ethnic or social origin, genetic features, language, religion or belief, political or any other opinion, membership of a national minority, property, birth, disability, age or sexual orientation shal l be prohibited.

È dubbio, invece, se il termine ‘corpo umano’ [human body, corps humain, menschlicher Körper] (che appare nel l’art. 3 del la Carta) sia propriamente un termine designativo di un’entità ontica. 4

15.2. seconDa specie: termini Designativi Di valori

15.2.0. La seconda del le cinque specie di termini designativi del la Car-ta consta dei termini designativi di valori, dei termini designativi di una ¢x…a (axía) 5.

15.2.1. La rilevanza dei termini designativi di valori per il linguaggio del la Carta appare già dal Preambolo, nel quale si legge:

(2) L’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà.

the Union is founded on the indivisible, universal values of human dignity, freedom, equality and solidarity.

Qui appaiono quattro termini che non designano, ovviamente, entità ontiche:(i) ‘dignità umana’ [human dignity, dignité humaine, Würde des Men-

schen];(ii) ‘libertà’ [freedom, liberté, Freiheit];

4 Cfr. G.M. Azzoni, L’arbitrarietà del corpo umano, 2003. 5 Dai termini designativi di valori (ad esempio, ‘libertà’), termini che sono avalutativi, si distinguono i «termini valutativi» (ad esempio, ‘depravato’), o axionimi, nel la terminologia di Maria-elisabeth Conte (Deissi testuale ed anafora, 1981, 1988, 23).

342

Giuseppe Lorini

(iii) ‘uguaglianza’ [equality, égalité, Gleichheit];(iv) ‘solidarietà’ [solidarity, solidarité, Solidarität].

15.2.2. Ma che cosa designano al lora questi quattro termini? La na-tura del le entità al le quali queste quattro espressioni si riferiscono è esplicitata già dal testo stesso del la Carta: si tratta di valori («valori indivisibili e universali»).

Questi quattro termini sono, quindi, termini che designano valori: rispettivamente il valore del la dignità umana, il valore del la libertà, il valore del l’uguaglianza, il valore del la solidarietà.

15.3. terza specie: termini Designativi Di status Deontici

15.3.0. La terza del le cinque specie di termini designativi del la Carta consta dei termini designativi di status deontici 6.

tre esempi di status deontici sono: il divieto d’accesso ai non ad-detti ai lavori, l’obbligatorietà del l’azione penale, il dovere di pagare le decime.

15.3.1. esaminiamo ora l’art. 9 del la Carta:

(3) Il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono ga-rantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio.

The right to marry and the right to found a family shal l be guaran-teed in accordance with the national laws governing the exercise of these rights.

Che cosa designa il sintagma ‘il diritto di sposarsi’ [the right to marry, le droit de se marier, das Recht, eine Ehe einzugehen]?

il sintagma ‘il diritto di sposarsi’ non designa ovviamente né un’en tità ontica, né un valore. Ciò che il sintagma ‘il diritto di sposar-si’ designa è uno status deontico.

Gli status deontici sono «gli análoga [deontici] dei fatti (ossia gli obblighi, i divieti […])», cioè gli stati di cose deontici 7.

6 il termine ‘deontico’ deriva dal secondo membro del sintagma greco tÕ dšon (tò déon) «ciò che è necessario», «ciò che si deve». 7 A.G. Conte, Studio per una teoria del la validità, 1970, 1989, 62. in que-sto saggio, Conte indaga quali siano le entità che possono fungere da referenti del

J. Visconti (ed.)
Lingua e diritto. Livelli di analisi
SEGUE

353

16.XenoniMíA sinoniMíA sinseMíAdi Amedeo Giovanni Conte

Dwuznacznosci płodza wiele znaczen.i doppi sensi generano molti significati.

(stanisław Jerzy Lec)

Gdy dwuznaczniki traca jedno znaczenie, nie znacza nic.Quando le parole a doppio senso ne perdono uno,non significano nul la.

(stanisław Jerzy Lec 1)

16.0. prologo: tre tesi sul rapporto tra linguaggio

e pensiero (tre tesi sul le funzioni Del linguaggio)

Vi sono due tesi, antitetiche, sul rapporto tra linguaggio e pensiero.(i) Prima tesi: il linguaggio serve a manifestare il pensiero. (in altri termini: funzione del linguaggio è manifestare il pen-

siero) 2.(ii) Seconda tesi: il linguaggio serve (non: a manifestare il pensiero,

ma:) a nascondere/occultare (déguiser) il pensiero. (in altri termini: funzione del linguaggio è occultare il pensiero) 3.

1 stanisław Jerzy Lec (Lwów, 1909 - Warszawa, 1966), Mysli nieuczesane wszystkie, redakcja i posłowie Lidia Koska, Warszawa, noir sur Blanc, 2007; tr. it. dal polacco p. Marchesani (a cura di), Stanisław Jerzy Lec, Pensieri spettinati, Milano, Bompiani, 1984, 1992². 2 La prima tesi (il linguaggio serve a manifestare il pensiero) è documentata in Molière (Jean-Baptiste poquelin [paris, 1622 - paris, 1673]). 3 La seconda tesi (il linguaggio serve a nascondere, a déguiser il pensiero) è documentata in Voltaire (françois-Marie Arouet [paris, 1694 - paris, 1778]).

354

Amedeo Giovanni Conte

sono due tesi antitetiche (manifestare vs. nascondere). Ma esse non esauriscono le possibilità. Tertium datur. il tertium è la mia tesi:(iii) Terza tesi (di Amedeo Giovanni Conte): il linguaggio serve (non:

a manifestare il pensiero, non: a nascondere il pensiero, ma:) a na-scondere l’assenza di pensiero.

(in altri termini: funzione del linguaggio non è: manifestare il pensiero, non è: nascondere il pensiero; ma: nascondere l’assenza di pensiero).

16.1. la triaDe: xenonimía, sinonimía, sinsemía

Duz.o rzeczy nie powstało z niemoz.nosci ich nazwania. Molte cose non sono venute ad esistenzaper impossibilità di dare ad esse un nome.

(stanisław Jerzy Lec 4)

16.1.1. Xenonimía [Xenonymie; xenonymy; xénonymie]

Chiamo xenonimo (in tedesco: Xenonym; in inglese: xenonym; in francese: xénonyme) ogni termine il quale ne traduca un altro; ogni termine il quale (secondo almeno un dizionario bilingue) sia tradu-cente [ustreznica, traduzione] di un termine di una lingua straniera 5.

Date due lingue (una lingua l1 e una lingua straniera l2: l1 è la lin-gua a qua, la lingua dal la quale si traduce; l2 è la lingua ad quam, la lin-gua straniera nel la quale si traduce) 6, chiamo xenonimo d’un termine t1 di l1 ogni termine t2 di l2 il quale sia (secondo almeno un dizionario bilingue) una traduzione (un «traducente», una ustreznica) di t1 dal la lingua l1 al la lingua l2.

Chiamo xenonimía (in tedesco: Xenonymie; in inglese: xenonymy; in francese: xénonymie) la relazione diadica tra due termini t1 e t2 di

4 Lec, Mysli nieuczesane wszystkie cit. 5 io uso le virgolette semplici: ‘ ’ solo per indicare che ciò che esse includono è in suppositione materiali. in tutti gli altri casi, io uso le virgolette doppie: « ». 6 il sintagma ‘lingua a qua’ exempla il sintagma ‘terminus a quo’; il sintagma ‘lingua ad quam’ exempla il sintagma ‘terminus ad quem’.

355

Xenonimía sinonimía sinsemía

due lingue (una lingua a qua l1 e una lingua straniera ad quam l2) il secondo dei quali (t2: il «traducente») sia (in un dizionario bilingue) una traduzione del primo (t1: il «traducendo») 7.

Xenonimo è un concetto relazionale, un concetto-di-relazione: nes-sun termine è, in assoluto, uno xenonimo. ogni xenonimo è xenonimo in relazione ad un altro termine. ‘Xenonimo’ equivale a ‘xenonimo-di’.

L’etimo di ‘xenonimía’ [Xenonymie; xenonymy; xénonymie] e di ‘xenonimo’ [Xenonym; xenonym; xénonyme] è trasparente:(i) xšnoj (xénos) «straniero» (cfr. ‘xenofobia’, ‘xenoglossia’);(ii) Ônuma (ónyma) vel Ônoma (ónoma) «nome» (cfr. ‘omonimia’, ‘sino-

nimía’, ‘pseudonimo’) 8.

ecco cinque esempi di xenonimía:(i) il sostantivo polacco prawo è uno xenonimo polacco (una ustrez-

nica polacca) del sostantivo finnico oikeus;(ii) il sostantivo polacco prawda è uno xenonimo polacco del sostanti-

vo russo истина (istina);(iii) il sostantivo polacco sprawiedliwosc è uno xenonimo polacco del

sostantivo tedesco Gerechtigkeit;

7 La xenonimía (l’essere un termine xenonimo di un altro termine) è questio-ne puramente fattuale: è questione puramente fattuale se almeno un dizionario bilingue (ad esempio, il dizionario bilingue polacco-francese: K. Kupisz - B. Kiel-ski, Podreczny słownik francusko-polski, Warszawa, Wiedza powszechna, 1987) indichi il termine polacco prawda come xenonimo del termine francese vérité. il termine prawda è effettivamente indicato come xenonimo del termine vérité, e pre-cisamente al la p. 887. Analogamente, è questione puramente fattuale se almeno un dizionario bilingue (ad esempio, il dizionario bilingue tedesco-inglese: K. Wildha-gen - W. Hérancourt, Englisch-Deutsches Deutsch-Englisches Wörterbuch / Eng-lish-German German-English Dictionary, Wiesbaden - London, Brandstetter - Al-len and Unwin, 1972) indichi (così come indica: cfr. vol. i, p. 87) il termine tedesco Buch come xenonimo del termine inglese book. 8 sia i sostantivi ‘xenonimía’, Xenonymie, xenonymy, xénonymie, sia i so-stantivi xenónimo, Xenonym, xenonym, xénonyme, sono neologismi di Amedeo Giovanni Conte. talvolta, gli xenonimi sono chiamati «traducenti». ignoro a chi risalga l’uso di ‘traducente’ per «xenonimo», e di ‘traducenza’ per «xenonimía». Giulio Ciro Lepschy propone di chiamare «il traducendo» il termine, del qua-le uno xenonimo è, appunto, xenonimo («traducente»). (testimonianza di Jac-queline Visconti). il sostantivo (maschile) italiano ‘traducente’ è tradotto con il sostantivo (femminile) sloveno ustreznica (vocabolo proparossitono: ustréznica) in D.f. Bajc, Sloveno. Dizionario compatto Sloveno-Italiano Italiano-Sloveno, Bolo-gna, zanichel li, 2005, sezione Italiano-sloveno, voce «traducente», 480.

J. Visconti (ed.)
Lingua e diritto. Livelli di analisi
SEGUE

371

GLi AUtori

Gianmaria Ajani è professore ordinario di Diritto privato comparato nella facoltà di Giurisprudenza dell’Università di torino, dove inse-gna anche Diritto cinese. È curatore del Legal Taxonomy Syllabus, un dizionario semantico plurilingue in materia di diritto dei consumatori. Ha pubblicato numerose monografie e saggi in tema di diritto e lingua, trapianto di norma, riforma giuridica e trasformazione economica. È direttore (con A. Benacchio) del Trattato di diritto privato dell’Unione Europea (torino, Giappichelli).

Università degli studi di torino, facoltà di Giurisprudenza, Diparti-mento di scien ze giuridiche.e-mail: [email protected].

Pascale Berteloot è stata Chef d’Unité alla Corte di Giustizia delle Co-munità europee dal 1995 e attualmente all’Ufficio delle pubblica zio-ni dell’Unione europea, lavorando sempre in domini relativi al trat-tamento del multilinguismo e dell’informatica giuridica. relatrice in molti congressi internazionali, è autrice di diverse pubblicazioni su questi temi.

office for official publications of the european Communities, Lux-embourg.e-mail: [email protected].

Pierluigi Chiassoni è professore ordinario di filosofia del diritto nel -l’Uni versità di Genova. tra le pubblicazioni più recenti: Tecnica del-

372

Gli Autori

l’interpretazione giuridica (Bologna, il Mulino, 2007); L’indirizzo ana-litico nella filosofia del diritto. I. Da Bentham a Kelsen (torino, Giap-pichelli, 2009).

Università Università degli studi di Genova, Dipartimento di Cultura giuridica Giovanni tarello.e-mail: [email protected].

Amedeo Giovanni Conte è libero docente all’Università di torino; professore all’Università di pavia, socio dell’Accademia nazionale dei Lincei (Classe di scienze morali), roma; socio dell’istituto Lombardo. Accademia di scienze e Lettere (Classe di scienze morali), Milano; so-cio fondatore dei seminari filosofici internazionali di sant’Alberto di Butrio; socio fondatore del Centro di filosofia sociale dell’Università di pavia. tra il 1957 ed il 2009 (se si computano non solo le opere originali, ma anche le riedizioni, le traduzioni, le recensioni) ha pub-blicato più di 350 entità bibliografiche, tra cui: Filosofia del linguaggio normativo. Studi (torino, Giappichelli, 1989-2001, 3 voll.); Filosofia del l’ordinamento. Studi 1957-1968 (torino, Giappichelli, 1997); Res ex nomine (napoli, editoriale scientifica, 2009).

Università degli studi di pavia; Accademia dei Lincei, roma.e-mail: [email protected].

Paolo Di Lucia è professore ordinario di filosofia del diritto all’Uni-versità degli studi di Milano. Dal 2006 è coordinatore del Dottorato di ricerca in filosofia del diritto dell’Università degli studi di Milano e professore invitato alla facoltà di teologia di Lugano. È autore, tra l’altro, di: Deontica in von Wright (Milano 1992); L’universale della pro messa (Milano 1997); Normatività. Diritto linguaggio azione (to-rino 2003); Ricerche di filosofia del diritto (torino 2006). È curatore, tra l’altro, di: Il linguaggio del diritto (con Uberto scarpelli, Milano 1994); Nomografia. Linguaggio e redazione delle leggi (Milano 1995); Filosofia del diritto (Milano 2002); Assiomatica del normativo (Milano 2009).

Università degli studi di Milano, istituto di filosofia e sociologia del diritto.e-mail: [email protected].

373

Gli Autori

Silvia Ferreri è professore ordinario di Diritto comparato presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di torino dove insegna il corso di sistemi giuridici comparati e Anglo-american Law. in prece-denza ha insegnato a Venezia (facoltà di economia) e ad Alessandria, per l’Università del piemonte orientale. Ha pubblicato alcune mono-grafie in materia di tutela del diritto di proprietà, sull’interpretazione del contratto, in relazione al contratto di vendita e sulle fonti del dirit-to extra-nazionali. siede nel direttivo dell’Association Henri Capitant des amis de la culture française ed è socia dell’International Academy of Comparative Law. nel 2008 è stata Visiting Professor negli UsA, presso la Law School della Lousiana state University di Baton rouge.

Università degli studi di torino, facoltà di Giurisprudenza, Diparti-mento di scienze giuridiche.e-mail: [email protected].

Mario Garavelli è stato magistrato in pretura, tribunale, Corte d’Ap-pello e Corte di Cassazione; presidente del tribunale di torino fino al 2000 e della Corte d’Appello di Genova fino al termine del 2002. È stato relatore in numerosi importanti processi penali per terrorismo e criminalità organizzata, occupandosi, in Cassazione, di procedimen-ti di rilevanza nazionale, quale il processo per l’omicidio Ambrosoli a carico di Michele sindona. tra le sue pubblicazioni si segnalano i volumi: Connessione, riunione e separazione dei procedimenti (Milano, Giuffrè, 1989); Il sequestro nel processo penale (torino, Utet, 2002); Ma cos’è questa giustizia? Luci e ombre di un’istituzione contestata (ro-ma, editori riuniti, 2003). in collaborazione con G.C. Caselli: Droga: in nome della legge (torino, eGA, 1990) e L’attività antidroga della polizia giudiziaria (torino, Utet, 1991).

Già presidente della Corte d’Appello di Genova.

Riccardo Guastini è professore di Diritto nella facoltà di Giurispru-denza di Genova. È stato Visiting Professor in diverse università stra-niere (francia, spagna, UsA) e relatore in molti congressi internazio-nali. nel corso degli anni, si è occupato di filosofia politica, teoria generale del diritto, metodologia giuridica, e teoria costituzionale. in segna attualmente filosofia del diritto e tecniche dell’interpre-tazione. Ha pubblicato tra l’altro: Dalle fonti alle norme (1992); Le

374

Gli Autori

fonti del diritto e l’interpretazione (1994); Distinguendo. Studi di teoria e metateoria del diritto (1996); Teoria e dogmatica delle fonti (1998); L’interpretazione dei documenti normativi (2004).

Università degli studi di Genova, Dipartimento di Cultura giuridica Giovanni tarello.e-mail: [email protected].

Elena Ioriatti Ferrari è ricercatrice in Diritto privato comparato pres-so la facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli studi di trento, dove insegna sistemi giuridici comparati e traduzione giuridica. È responsabile scientifico del progetto Lingua e Diritto presso la mede-sima facoltà. Collabora con le istituzioni comunitarie come docente nell’ambito del programma di formazione dei funzionari comunitari ed esperto nominato dalla Commissione europea nell’ambito della Re te di Eccellenza dell’Italiano Istituzionale. È autrice della monogra-fia Codice Civile Europeo. Il dibattito, i modelli, le tendenze (padova, CeDAM, 2006) oltre che di saggi sul tema della traduzione giuridica in diverse lingue e curatrice di tre volumi collettanei, tra i quali Inter-pretazione e traduzione del diritto (padova, CeDAM, 2008).

Università degli studi di trento, Dipartimento di scienze giuridiche.e-mail: [email protected].

Iørn Korzen dopo diversi anni di insegnamento di Linguistica italiana nelle università di odense e di Copenaghen, è attualmente professo-re ordinario alla Copenhagen Business school, dove è responsabile del Dipartimento di italiano. nel 1996 ha ottenuto la libera docenza con la dissertazione L’articolo italiano fra concetto ed entità (Études romanes 36, Copenaghen, Museum tusculanum). È autore di più di cento saggi linguistici, ultimamente con particolare riguardo ad aspet-ti tipologici, sintattici e pragmatici della strutturazione testuale, ed è autore e (co-)redattore di una serie di miscellanee e monografie su simili ed altri argomenti. fra le miscellanee, che sono anche atti di seminari italo-danesi organizzati in italia, vanno menzionate: Per una linguistica della traduzione (con Carla Marello, Alessandria, edizioni dell’orso, 2000); Tipologia linguistica e società (con paolo D’Achille, firenze, franco Cesati, 2005) e Lingue, culture e testi istituzionali (con Cristina Lavinio, firenze, franco Cesati, 2009). nel biennio 2002-

375

Gli Autori

2004 è stato presidente della Società Internazionale di Linguistica e Filologia Italiana.Copenhagen Business school, istituto di studi internazionali di Cul-tura e Comunicazione.e-mail: [email protected].

Giuseppe Lorini è dal 2005 professore associato di filosofia del diritto presso l’Università di Cagliari. È autore dei seguenti tre libri: Dimen-sioni giuridiche dell’istituzionale (padova, CeDAM, 2000); Il valore logico delle norme (Bari, Adriatica, 2003); Atto e oggetto. Contribu-to alla Filosofia del diritto (torino, Giappichelli, 2008). È coautore (con Amedeo G. Conte, paolo Di Lucia, Antonio incampo, Wojciech z.ełaniec) di: Ricerche di Filosofia del diritto, a cura di Lorenzo passe-

rini Glazel (torino, Giappichelli, 2007). Ha curato, inoltre, il volume Atto giuridico (Bari, Adriatica, 2002).

Università degli studi di Cagliari, Dipartimento di Diritto pubblico e studi sociali.e-mail: lorini@unicat.

Bice Mortara Garavelli è professore emerito di Grammatica italiana nell’Università di torino. È accademica della Crusca e socia dell’Ac-cademia delle scienze di torino. tra i suoi libri più recenti: Le parole e la giustizia. Divagazioni grammaticali e retoriche su testi giuridici ita-liani (einaudi, torino, 2001); Manuale di retorica (Milano, Bompiani, 2008, Xi edizione); Prontuario di punteggiatura (roma - Bari, Laterza, 2009, Xii edizione). Ha curato, oltre all’edizione di opere di Daniello Bartoli, i volumi: Parafrasi. Dalla ricerca linguistica alla ricerca psicope-dagogica, in collaborazione con Lucia Lumbelli (Alessandria, edizioni dell’orso, 1999); Storia della punteggiatura in Europa (Laterza, ro-ma - Bari, 2008).

professore emerito, Università degli studi di torino; Accademia della Crusca, firenze.e-mail: [email protected].

Giovanni Rovere insegna Linguistica italiana all’istituto di Linguistica generale e applicata dell’Università di Heidelberg. si occupa di varie-tà dell’italiano e di (meta)lessicografia. È autore di: Testi di italiano

376

Gli Autori

popolare, prefazione di t. De Mauro (roma, Cser, 1977); Il discorso omiletico (roma, Cser, 1982); Un’autobiografia popolare del primo Ottocento (torino, il punto, 2002 [19921]); Capitoli di linguistica giu-ridica (Alessandria, edizioni dell’orso, 2005). È coautore del Wörter-buch der italienischen Verben (stuttgart, Klett, 1998) e del Dizionario idiomatico tedesco italiano (Bologna, zanichelli, 2009). Ha collaborato al Dizionario di italianismi in francese, inglese, tedesco (firenze, Ac-cademia della Crusca, 2008). Collabora al Dictionary of Lexicography and Dictionary Research (Berlin, De Gryuter).

Università di Heidelberg, neuphilologische fakultät.e-mail: [email protected].

Rodolfo Sacco, professore emerito dell’Università di torino, è rico-nosciuto caposcuola del diritto privato comparato. più volte presi-dente di associazioni internazionali di diritto comparato, membro dell’Accademia dei Lincei, è stato tradotto in molte lingue. tra i suoi libri: Introduzione al diritto comparato (torino, Giappichelli), Sistemi giuridici comparati (con A. Gambaro, torino, Utet), Il con-tratto (con G. De nova, torino, Utet, 2004, iii edizione, 2 voll.), Antropologia giuridica (Bologna, il Mulino). Dirige inoltre il Trattato di diritto civile (torino, Utet) ed il Trattato di diritto comparato (torino, Utet).

professore emerito, Università degli studi di torino; Accademia dei Lincei, roma.

Marcello Soffritti, dal 1992 professore ordinario di Lingua e linguisti-ca tedesca alla scuola superiore di Lingue moderne per interpreti e traduttori dell’Università di Bologna (sede di forlì) e coordinatore del Dottorato di ricerca in traduzione, interpretazione e intercultu-ralità. si occupa di linguistica contrastiva (con particolare riferimento ai linguaggi specifici), teoria e analisi della traduzione (con particolare riferimento alla comunicazione specialistica e multimediale), termino-logia e applicazioni computazionali.

Università degli studi di Bologna, Dipartimento di studi interdiscipli-nari su traduzione, Lingue e Culture.e-mail: [email protected].

377

Gli Autori

Daniela Tiscornia è dirigente di ricerca presso l’istituto di teoria e tecniche per l’informazione giuridica di firenze, organo del Con-siglio nazionale delle ricerche, ove coordina il gruppo di ricerca Ontologie giuridiche e trattamento automatico del linguaggio giuridi-co. Le sue attività di ricerca si svolgono nel settore dell’informatica giuridica, con un particolare interesse per l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione nell’analisi del linguaggio e nella modellazione della conoscenza e del ragionamento giuridico. È coordinatore di progetti di ricerca ed di iniziative a livello nazionale ed europeo relative a tali tematiche, su cui ha ampiamente pubblicato.

istituto di teoria e tecniche per l’informazione giuridica del Consi-glio nazionale delle ricerche.e-mail: [email protected].