L'Infinito in un'aula scolastica

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L’infinito si presenta prestissimo nell’esperienza matematica: quando, da bambini, si prende coscienza che la possibilità di aggiungere 1, senza uscire dall’insieme dei numeri naturali, non consente ad alcuno di vincere la gara a chi indovina il numero più alto. La classe IIC del Liceo Issel di Finale Ligure nell’anno scolastico 2009-10 ha analizzato il concetto di infinito attraverso la storia, dai filosofi greci fino ai matematici moderni.Il progetto è stato presentato alla Festa dell’Inquietudine 2010 che aveva come filo conduttore Inquietudine e Limite.

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Domingo Paola

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Maggio 2010

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L’infinito in un’aula scolastica L’infinito si presenta prestissimo nell’esperienza matematica: quando, da bambini, si prende coscienza che la possibilità di aggiungere 1, senza uscire dall’insieme dei numeri naturali, non consente ad alcuno di vincere la gara a chi indovina il numero più alto. La classe IIC del Liceo Issel di Finale Ligure nell’anno scolastico 2009-10 ha analizzato il concetto di infinito attraverso la storia, dai filosofi greci fino ai matematici moderni. Il progetto è stato presentato alla Festa dell’Inquietudine 2010 che aveva come filo conduttore Inquietudine e Limite. Contenuti

• Le idee degli studenti sull’infinito

• Atteggiamento classico e romantico nei confronti dell’infinito

• La definizione di Dedekind

• Due galline, due pietre e due teste

• Le ricerche di Cantor

Copertina: Immagine da http://yfrog.com/0tinfinitoj

Note sull’Autore

Tag: festa inquietudine, finale ligure, infinito in matematica, inquieti, inquietudine e limite, liceo issel

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Queste sono di quelle difficoltà che derivano dal discorrere che noi facciamo col nostro intelletto finito intorno a gl’infiniti, dandogli quegli attributi che noi diamo alle cose finite e terminate, il che penso che sia inconveniente … Galileo Galilei. L’infinito si presenta prestissimo nell’esperienza matematica: quando, da bambini, si prende coscienza che la possibilità di aggiungere 1, senza uscire dall’insieme dei numeri naturali, non consente ad alcuno di vincere la gara a chi indovina il numero più alto.

Il riferimento è al breve racconto di Cesare Zavattini nel libro Parliamo tanto di me (foto: libreriauniversitaria.it).

L’infinito lo s’incontra sovente in un percorso scolastico, prima ancora di trattarlo come specifico oggetto di studio: quando si divide un numero rappresentato in base dieci per un altro

numero che contenga fattori diversi da 2 e da 5, ottenendo come risultato un numero decimale illimitato; quando si parla della retta o dei segmenti come costituiti da infiniti punti; quando, in aritmetica, si parla di addizione e moltiplicazione come operazioni interne nell’insieme dei numeri naturali.

Le idee degli studenti sull’infinito

In un percorso scolastico, soprattutto se prevede lo studio dell’analisi matematica, dove la presenza dell’infinito diventa stabile e permanente, può quindi essere interessante indagare le idee degli studenti sull’infinito. Il percorso che abbiamo affrontato con la classe IIC del Liceo Issel di Finale Ligure nell’anno scolastico 2009-2010 è iniziato proprio con questa indagine.

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“Una delle prime volte in cui sono entrata in contatto con il concetto di infinito è stato a scuola, quando si è iniziato a parlare dei numeri; l’infinito, come dice la parola è un qualcosa di non finito …” (Angelica).

“Infinito è qualcosa che non si può rappresentare e che non finisce” (Filippo).

“Sono entrato in contatto con il concetto di infinito con i numeri periodici … L’infinito è qualcosa di indefinito e inimmaginabile …” (Jacopo).

“Per infinito intendo una cosa continua, che ha un inizio, ma non una fine. Spesso lo vedo come un limite, il non sapere oltre un limite che cosa ci sia, allora immagino …” Monica

Atteggiamento classico e romantico nei confronti dell’infinito

Si potrebbe continuare con l’elenco, ma troveremmo risposte molto simili fra loro - l’unico elaborato che si distingue dagli altri è quello di Caterina che scrive: “Per me

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la cosa più infinita è la fantasia che può avere un bambino, capace di vedere in un bastone una spada, uno scettro e una bacchetta magica tutti insieme” - e, ciò che è interessante, molto simili alle caratterizzazioni che dell’infinito sono state date, per più di duemila anni, nella cultura Occidentale: infinito come non finito, indefinito, non terminato, illimitato. Si tratta sempre di caratterizzazioni in negativo del concetto: si esprime l’infinito nei termini dei suoi opposti e, cioè, di ciò che non è infinito.

Si noti che quest’approccio, tipico della cultura Occidentale, accomuna chi ha nei confronti dell’infinito un atteggiamento di tipo classico e quindi vede nell’infinito un errore, un mostro della ragione, un labirinto senza uscita nel quale si è perduta l’armonia, la perfezione di ciò che è determinato, finito, compiuto.

L’atteggiamento classico ca-ratterizza sicuramente il mondo greco antico, ma non solo. Un grande scrittore del nostro tempo, Jorge Luis Borges nelle Otras Inquisi-ciones scrive: “C’è un concet- to che corrompe e altera tutti gli altri. Non parlo del Male, il cui limitato impero è l’Etica; parlo dell’infinito”.

Liceo Scientifico “Issel”

Finale Ligure Borgo SV

Inoltre accumuna chi ha, invece, un atteggiamento di tipo romantico, dove prevale la tensione verso l’infinito, come bisogno di trascendere i limiti dell’esperienza quotidiana e sensibile per esperire ciò che sta oltre.

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Questo approccio all’infinito non è caratteristico solo del periodo romantico. Nel III secolo D.C., per esempio, il filosofo Plotino costruisce una struttura dell’universo al cui principio sta l’Uno, il Bene, che è infinita potenza creativa, infinitamente trascendente e al quale l’uomo può ricongiungersi, dopo un faticoso cammino razionale, solo attraverso un’esperienza mistica, puramente irrazionale e, durante la vita terrena, limitata.

La definizione di Dedekind

Solo nel 1888 il matematico tedesco Richard Dedekind riuscì a dare una definizione di insieme infinito: si dice infinito ogni insieme che può essere messo in corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme proprio.

L’idea è geniale; nasce da una profonda riflessione su che cosa vuol dire contare e su alcuni paradossi che già Galileo aveva incontrato.

Considerate i numeri naturali (quelli che servono per contare: 1, 2, 3, …) e i numeri pari.

In entrambi i casi avete infiniti elementi ed è possibile associare a ogni numero naturale uno e un solo numero pari e, viceversa, a ogni numero pari uno e un solo numero naturale (1 a 2; 2 a 4; 3 a 6; in generale, n a 2n).

mathematik.de

È anche vero, però, che mentre tutti i pari sono numeri naturali, il viceversa non vale; possiamo anzi dire che, comunque si scelga una coppia di numeri naturali consecutivi, uno è pari e l’altro è dispari.

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Come osservava Galileo, sembra di poter trarre due conclusioni che sono in contraddizione: da una parte sembra di poter dire che l’insieme dei numeri naturali contiene tanti elementi quanto quello dei numeri pari; dall’altra sembra di poter affermare che i numeri naturali sono il doppio dei numeri pari. Galileo concludeva dicendo: queste sono di quelle difficoltà che derivano dal discorrere che noi facciamo col nostro intelletto finito intorno a gl’infiniti, dandogli quegli attributi che noi diamo alle cose finite e terminate, il che penso che sia inconveniente … Due galline, due pietre e due teste

È interessante osservare che un’affermazione analoga la fanno le studentesse e egli studenti posti di fronte al problema del confronto fra i numeri naturali e i numeri pari: il paradosso è evidente ed è superato solo quando si assume il concetto di corrispondenza biunivoca come strumento per confrontare la numerosità di due insiemi. Se (e solo se) due insiemi A e B possono essere messi in corrispondenza biunivoca, allora essi hanno lo stesso numero di elementi (o come si dice anche, la stessa cardinalità).

Quello di corrispondenza biunivoca tra due insiemi diventa il concetto su cui può essere fondato il significato dell’operazione di contare: Bertrand Russell ha detto che capire che due galline, due pietre e due teste hanno in comune quello che oggi indichiamo con il numero due, ha richiesto uno sforzo di astrazione enorme.

Il concetto di corrispondenza biunivoca modellizza questo sforzo di astrazione, in qualche modo ne rende conto: vale nel finito, ma, soprattutto, consente di estendere l’operazione del contare agli insiemi infiniti. L’insieme dei numeri naturali ha la stessa cardinalità dei numeri pari

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perché i due insiemi possono essere messi in corrispondenza biunivoca (in simboli, f(n) = 2n).

Finalmente, grazie a Dedekind, abbiamo un modo per definire che cosa si intende con “insieme di infiniti elementi”: ogni insieme che può essere messo in corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme proprio.

Ciò ovviamente non vale per gli insiemi finiti: un insieme con un numero finito n di elementi non può essere messo in corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme proprio, ossia con un insieme che contenga meno di n elementi. Si noti che, con Dedekind, in un certo senso si ribalta la prospettiva: non si caratterizza più l’infinito come qualcosa che non è finito, limitato, definito; sono gli insiemi finiti che non possono essere messi in corrispondenza biunivoca con loro sottoinsiemi propri.

Le ricerche di Cantor

Nella storia della matematica, ma anche nella classe IIC, si va quindi alla ricerca di confronti fra insiemi infiniti: i numeri naturali e i quadrati perfetti; i numeri naturali e i numeri interi; i numeri naturali e i numeri razionali positivi (ossia i rapporti tra numeri naturali). In tutti i casi si scopre che è possibile costruire una corrispondenza biunivoca tra le coppie di insiemi considerati, anche quando questa richiede molta creatività (come nel caso della dimostrazione che i numeri razionali positivi e i numeri naturali hanno la stessa cardinalità): sembra che, rispetto alla cardinalità, esista un solo tipo di infinito. Che delusione: tanti sforzi per catturare un concetto nel quale sembrano confondersi, in un’informe poltiglia, tutti gli insiemi infiniti fino ad allora studiati?

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Le sorprese, però, quando ci s’impegna con l’infinito, non finiscono mai. Che ne sarà dell’infinità dei numeri reali (quelli utilizzati nell’analisi matematica)? Georg Cantor, nel 1891, dimostra con un metodo molto ingegnoso e ricco di conseguenze per la ricerca matematica, la non numerabilità dell’insieme dei numeri reali, il che vuol dire che i numeri reali sono di un’infinità maggiore dei numeri naturali …

www-history.mcs.st-

and.ac.uk/

La ricerca, che sembrava finita e chiusa, si riapre spalancando, come spesso accade, territori inesplorati.

Il grande matematico David Hilbert, commentando le ricerche di Cantor disse “nessuno riuscirà mai ad cacciarci dal paradiso che Cantor ha creato per noi …” che si tratti di paradiso o inferno, la classe IIC condivide.

[Cfr: http://matematica-old.unibocconi.it/infinito/ infinito03.htm]

Domingo Paola Insegnante di matematica e fisica presso il Liceo Issel di Finale Ligure, si occupa da quasi trent’anni di ricerca in educazione matematica collaborando con Nuclei di Ricerca Didattica dei Dipartimenti di Matematica dell’Università di Genova e Torino.

Da quattro anni ricopre il ruolo di vicepresidente della CIEAEM (Commission Internationl pour l’Etude et l’Amélioration de l’Enseignement des Mathématiques).

Ha pubblicato numerosi lavori sulla didattica della matematica e diversi libri di testo.