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insieme oltre i confini ensemble par-dela les frontieres LINEE GUIDA PER L’APPLICAZIONE DI SISTEMI DI DEPURAZIONE NATURALI IN AMBIENTE ALPINO

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insieme oltre i confiniensemble par-dela les frontieres

LINEE GUIDA PER L’APPLICAZIONE DI SISTEMI

DI DEPURAZIONE NATURALI IN AMBIENTE ALPINO

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Le linee guida per l’applicazione di sistemi di depurazione naturali in ambiente alpino

sono state realizzate daParco naturale del Marguareis

IRIDRA s.r.l.

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Foto di copertina: Impianto di fitodepurazione del Rifugio Garelli (Parco naturale del Marguareis) - ph T. ForteFoto ultima di copertina: Epilobium angustifolium L. - ph Geronimo Carbonò

in collaborazione conSIVOM de Val Cenis

Parco naturale del MarguareisVia S. Anna, 34 - 12013 - Chiusa di Pesio (CN)Tel. +39 (0)171.734021 - Fax +39 (0)[email protected] - www.parcomarguareis.it

TestiR. Bresciani, N. Martinuzzi, F. Masi (IRIDRA s.r.l.)B. Gallino, T. Forte (Parco naturale del Marguareis)

In collaborazione conV. Carasso, I. Pace (Parco naturale del Marguareis)

Impaginazione e graficaE. Chiecchio (Parco naturale del Marguareis)

Stampa Tipolito Europa - Cuneo

Nessuna parte della pubblicazione può essere riprodotta senza l’autorizzazione del Parco naturale del Marguareis

del Marguareis

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1. INTRODUZIONE AL PROGETTO ............................................................................ 5

2. INTRODUZIONE ALLE LINEE GUIDA ....................................................................... 7

3. LE TIPOLOGIE DI UTENZA E LA CARATTERIZZAZIONE DEL REFLUO ........................ 9

4. LE CRITICITÀ NELLA SCELTA DELL’IMPIANTO PIÙ ADATTO ....................................12

5. I SISTEMI DI DEPURAZIONE NATURALE ................................................................14 5.1 LE TECNICHE DI DEPURAZIONE NATURALE ......................................... 15 5.1.1 I FONDAMENTI TECNICO-SCIENTIFICI DELLE TECNICHE DI TRATTAMENTO NATURALE ........................... 15 5.1.2 I SISTEMI A FLUSSO SOMMERSO ORIZZONTALE (HF) ........... 17 5.1.3 I SISTEMI A FLUSSO SOMMERSO VERTICALE (VF) ................ 18 5.1.4 SISTEMI A FLUSSO SOMMERSO VERTICALE PER REFLUI GREZZI (FRB)..............................................................19 5.1.5 SISTEMI IBRIDI ................................................................... 20 5.1.6 SISTEMI DI FITODEPURAZIONE AERATI (AEW O FBA) .......... 20 5.2 UN PO’ DI DATI E QUALCHE ESEMPIO ................................................. 22

6. SPECIE VEGETALI UTILIZZABILI IN SISTEMI DI FITODEPURAZIONE IN AMBIENTE ALPINO ......................................................................................... 24

7. SCELTE SOSTENIBILI: RISPARMIO IDRICO, RECUPERO DELLE ACQUE GRIGIE, RIUSO E RECUPERO NUTRIENTI .......................................................................... 28

8. CRITICITÀ DA AFFRONTARE IN FASE DI PROGETTAZIONE ..................................... 31

9. MANUTENZIONE E GESTIONE.............................................................................. 34

Sommario

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10. SELEZIONE DI SCHEMI APPLICATIVI ................................................................ 36 10.1 FRB+HF ........................................................................................... 36 10.2 FRB .................................................................................................. 37 10.3 FOSSA BIOLOGICA TRICAMERALE+HF .............................................. 38 10.4 FOSSA BIOLOGICA TRICAMERALE+VF ............................................... 39 10.5 FOSSA BIOLOGICA TRICAMERALE+VF+VF ....................................... 40 10.6 FOSSA BIOLOGICA TRICAMERALE+HF+VF ....................................... 41 10.7 FOSSA BIOLOGICA TRICAMERALE+FITODEPURAZIONE AERATA ......... 40

11. IL PROGETTO FITODEP “LA FITODEPURAZIONE IN AMBIENTE ALPINO”............. 43 11.1 RIFUGIO GARELLI ............................................................................. 43 11.2 LAGO DEL MONCENISIO ................................................................... 45

12. IL CENTRO PER LA BIODIVERSITÀ VEGETALE .................................................... 46 Bibliografia ............................................................................................................ 48

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Le Alpi sono una regione di grande valore naturalistico e paesaggistico, i cui sentieri ogni anno sono battuti da un considerevole numero di turisti. Le particolari condizioni climatiche e la fragilità degli ecosistemi montani richiedono un’attenzione particolare al fine di minimizzare l’impatto della presenza umana sull’ambiente. Il progetto FITODEP nasce con lo scopo di sperimentare in alta quota l’uso della fitode-purazione, una tecnologia innovativa per la depurazione delle acque di scarico. Nell’ambito del progetto, il Parco naturale del Marguareis (Italia) e SIVOM de Val Cenis (Francia) hanno realizzato due impianti di fitodepurazione al servizio di un rifugio alpino e di una struttura turistica di montagna per lo smaltimento dei reflui, sperimentando l’utilizzo di piante autoctone della flora alpina.

Il programma Alcotra 2007-2013Il progetto FITODEP è finanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (Fesr) all’in-terno del programma “Alpi Latine Cooperazione TRAnsfrontaliera” Alcotra Italia-Francia 2007-2013, con lo scopo di promuovere la cooperazione tra i due Stati nei territori con-finanti. La cooperazione transfrontaliera si pone i seguenti obiettivi: valorizzazione del territorio, sviluppo sostenibile dei sistemi economici e territoriali transfrontalieri alpini e miglioramento della qualità della vita delle popolazioni che vi abitano.

Il PartenariatoL’Ente di gestione del Parco naturale del Marguareis è il capofila del progetto FITODEP e SIVOM de Val Cenis è il partner francese di riferimento. Tramite il progetto FITODEP si promuove lo scambio di conoscenze e di competenze tra gli enti coinvolti. Il Parco natu-rale del Marguareis contribuisce con la conoscenza dell’ambiente naturale e delle specie vegetali uti-lizzabili in ambiente montano. SIVOM de Val Cenis mette a disposizione la propria esperienza di tratta-mento delle acque reflue in climi freddi e in località turistiche caratterizzate da improvvise fluttuazioni degli utilizzatori. Nel progetto sono coinvolti diversi altri sogget-ti: l’ente di ricerca I.R.S.T.E.A. (Institut national de Recherche en Sciences et Technologies pour l’Envi-ronnement et l’Agriculture, Francia), l’Università di

1. Introduzione al progetto

5 Bosco di abete bianco e faggio in Valle Pesio - ph Archivio PNM

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Torino con il Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi (DiBIOS, Italia) e il Club Alpino Italiano (CAI), con il patrocinio del progetto. La progettazione e la direzione lavori sono stati affidati a imprese specializzate: IRIDRA s.r.l. (Italia) e Sinbio (Francia).

SIVOM de Val CenisSIVOM de Val Cenis è l’autorità competente in materia di depurazione delle acque sul territorio della Val Cenis (Comuni di Lanslebourg Mont Cenis e di Lanslevillard, situati nel Dipartimento della Savoia, Regione Rhone-Alpes). Da anni SIVOM è impegnata nella costruzione e gestione delle stazioni di depurazione e delle reti di raccolta delle acque reflue (tra 1300 m e 1800 m di quota) e nel controllo di sistemi di depurazione indipendenti dalla rete fognaria (tra 1500 m e 2300 m). Pertanto SIVOM possiede una vasta esperienza in materia di trattamento delle acque reflue in ambiente montano. In alta quota le condizioni climatiche sfavorevoli e il funzionamento a intermittenza degli impianti, dovuto alla maggior affluenza turistica nei weekend e in brevi periodi dell’anno, sono fattori negativi che rendono molto difficile il trattamento delle acque di scarico con impianti tradizionali, motivo per cui la fitodepurazione in am-biente montano richiede appositi adattamenti e scelte progettuali.

Parco naturale del MarguareisIl massiccio del Marguareis, la montagna più alta delle Alpi Liguri (2651 m) nonché una delle maggiori aree carsiche d’alta quota dell’arco alpino, è il fulcro attorno al quale si sviluppa l’area del Parco che si estende su due valli: la Valle Pesio e una porzione dell’Al-ta Valle Tanaro, in provincia di Cuneo. La particolare posizione sulle Alpi, al confine tra Piemonte e Liguria, ha determinato la grande varietà floristica di questa zona, la quale ospita più di un quarto delle specie vegetali presenti in Italia. Un ulteriore aspetto inte-ressante all’interno del Parco è rappresentato dai boschi di abete bianco, faggio e pino uncinato a portamento arboreo. Il Parco rappresenta un luogo ottimale per l’osservazio-ne della fauna selvatica in quanto popolato da numerose specie di grande interesse: ca-mosci, aquile, cervi, caprioli e galli forcelli e il lupo, il quale, favorito dall’abbandono delle pratiche colturali e dall’incremento numerico delle sue prede, è tornato naturalmente a ripopolare le Alpi risalendo l’Appennino.Oltre ad essere area protetta, il Parco è inserito in un S.I.C., Sito di Importanza Comuni-taria (IT1160057 “Alte Valli Pesio e Tanaro”) e in una ZPS, Zona di Protezione Speciale, in base alla Direttiva Comunitaria 92/43/CEE “Habitat”.

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Queste linee guida affrontano il problema della depurazione degli scarichi, con partico-lare riguardo ai sistemi di depurazione naturale, in comunità, villaggi, rifugi alpini e ad altre strutture turistico-ricettive collocate al di sopra degli 800 m s.l.m.

Come vedremo le tipologie abitative possono variare in maniera considerevole in base a diversi fattori, quali la destinazione d’uso, la collocazione, l’altitudine, le modalità di accesso; ma fattori comuni a tutti risultano essere il ridotto numero e l’alta oscillazione di utenza, che portano a volumi e carichi inquinanti caratterizzati da una variazione nel tempo sia su scala giornaliera che settimanale o stagionale. Questo fa si che i sistemi di depurazione convenzionali, quali ad esempio quelli basati su processi a fanghi attivi, presentano difficoltà operative, in quanto necessitano il mante-nimento, all’interno del sistema, di condizioni ideali del fango per ottenere una buona sedimentazione; le oscillazioni di carico in ingresso richiederebbero una maggiore fles-sibilità operativa e capacità di regolazione che generalmente tali sistemi non riescono a garantire al di sotto dei 1000-2000 a.e., a meno di non introdurre complicazioni impiantistiche e gestionali che non risultano sostenibili a tale scala. Inoltre i fabbisogni energetici e la produzione di prodotti di supero possono risultare problematiche non trascurabili.

I sistemi di depurazione naturali sono invece caratterizzati da un’ottima adattabilità alle oscillazioni di carico organico ed idraulico in ingresso, oltre a garantire una maggiore semplicità manutentiva con costi di gestione ridotti, consumi energetici nulli o molto ridotti, minima produzione di fanghi di supero e di altri prodotti di scarto. Tali pecu-liarità sono anche riconosciute a livello legislativo dal D.L.152/06, secondo cui, come riportato all’All.5 Parte III capitolo 3, per tutti gli agglomerati con popolazione equivalente compresa tra 50 e 2000 a.e, si ritiene auspicabile il ricorso a tecnologie di depurazione naturale quali il lagunaggio o la fito-depurazione, o tecnologie come i filtri percolatori o impianti ad ossidazione totale.Per gli scarichi al di sotto di 2000 a.e., lo stesso de-creto prescrive l’utilizzo di “trattamenti appropria-ti”, individuati con l’obiettivo di:

2. Introduzione alle Linee Guida

7 Impianto di Dicomano (FI) - ph IRIDRA s.r.l.

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a) rendere semplice la manutenzione e la gestione;b) essere in grado di sopportare adeguatamente forti variazioni orarie del carico idrau-lico e organico;c) minimizzare i costi gestionali.Le Regioni, recependo con leggi regionali e regolamenti attuativi il DL 152/06, danno quindi indicazioni ulteriori sulle tipologie di trattamento appropriate, includendo tra esse sistemi di depurazione naturali. Con il tempo diversi strumenti utili alla progettazione sono stati sviluppati da varie auto-rità sia nazionali che regionali; ad esempio già nel 2005 l’APAT pubblicava le prime Linee guida sulle zone umide costruite, poi aggiornate da ISPRA nel 2012. Il quadro generale rimane però piuttosto frammentato, con soluzioni tecniche che fanno riferimento ai più recenti sviluppi scientifici nazionali ed internazionali accanto a soluzioni più approssima-tive sviluppate per scopi puramente commerciali, e che in qualche caso hanno portato a impianti sottodimensionati, con grossolani errori progettuali e malfunzionamenti. I sistemi di fitodepurazione sono reattori biologici potenti, che permettono di raggiun-gere alte rese depurative con un impegno gestionale molto ridotto; al tempo stesso possiedono una ridotta capacità di regolazione durante il loro funzionamento per cui risulta molto importante la fase di progettazione, oltre che garantire le poche operazioni manutentive richieste; il design deve essere attento alle variabili locali, cosa che ne limita l’eccessiva standardizzazione nella grande maggioranza dei casi (ad esclusione forse di impianti di piccola taglia per reflui domestici), a favore della ricerca di soluzioni su misura.Rivestono quindi particolare importanza progetti di ricerca, come quello da cui sono sca-turite queste linee guida, che possono dare ai progettisti ulteriori strumenti per far fronte a diverse situazioni in cui altrimenti l’approssimazione e la superficialità nell’approccio progettuale porterebbero a problematiche di non poco conto, spesso correggibili a caro prezzo in futuro. Le linee guida sono sviluppate in modo da:- dare indicazioni utili alla caratterizzazione del refluo prodotto dalle varie tipologie di utenza riscontrabili;- fornire una panoramica sui sistemi di depurazione naturale ad oggi riconosciuti a livello scientifico;- individuare le problematiche e le criticità della loro progettazione, realizzazione e ge-stione nei vari contesti analizzati;- fornire indicazione sulle tipologie di piante utilizzabili, sulla base degli studi condotti all’interno del progetto Alcotra e della letteratura scientifica disponibile;- selezionare alcuni sistemi-tipo adattabili a varie situazioni tali da garantire ottime rese depurative, affidabilità e sostenibilità in ambiente alpino, nell’ottica del miglioramento della qualità delle acque di scarico.

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3. Le tipologie di utenza e la caratterizzazione del refluoCome evidenziato in numerosi libri di testo (Masotti, 2011, Metcalf&Eddie, 2006) e come comprovato da monitoraggi eseguiti (progetto europeo SWAMP, 2003-2006) le comunità con tassi di popolazione variabile quali centri turistici, campeggi e villaggi vacanze, alberghi e ristoranti, rifugi montani, hanno la caratteristica di essere soggette a variazioni dei carichi organici ed idraulici da trattare in tempi relativamente brevi. Nelle attività legate al turismo le variazioni possono essere sia stagionali (con anche lunghi periodi di arresto della struttura e conseguente assenza di produzione di scarichi), sia con cambiamenti rapidi da un giorno all’altro, in giorni particolari, e specialmente nei fine settimana.

Se consideriamo in particolare i rifugi, una delle tipologie prevalenti e più rappresenta-tiva negli ambienti di alta quota, secondo la legislazione regionale piemontese, la loro classificazione è basata sull’accessibilità:- bivacchi, ricoveri, locali invernali posti nei rifugi, punti di appoggio - strutture aperte senza attrez-zature;- rifugi A (rifugi escursionistici) - raggiungibili con strada rotabile;- rifugi B (rifugi alpini) - raggiungibili con mezzo meccanico di risalita esclusa sciovia;- rifugi C (rifugi alpini) - rifugi non compresi nelle precedenti categorie, con dislivello di accesso rispet-to il fondo valle inferiore a metri 800;

9 Rifugio Pian delle Gorre (Parco naturale del Marguareis) ph Archivio PNM

   

               

Andamento annuale delle curve di presenza in stazioni turistiche (Masotti, 2011)

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- rifugi D (rifugi alpini) - come rifugi C, ma con dislivello di accesso compreso tra 800 e 1.400 metri rispetto al fondo valle;- rifugi E (rifugi alpini) - come rifugi C, ma con dislivello di accesso superiore a 1.400 metri dal fondo valle.

In Piemonte si hanno, tra rifugi CAI e altre strutture private o comunali che svolgono servizi più o meno simili, circa 291 strutture mentre in Valle d’Aosta se ne contano circa 109. In tale contesto di estrema variabilità, nella progettazione di qualsiasi sistema di depurazione, appare di fondamentale importanza la caratterizzazione dell’utenza, sia in base al carico idraulico prodotto su base giornaliera, settimanale e stagionale, sia in base ai carichi inquinanti generati dalle varie attività e alle concentrazioni che ne derivano.

Tale fase di studio non deve essere assolutamente trascurata; in particolare per rifugi, ristoranti e strutture turistiche i metodi di calcolo proposti in sede di regolamenti comu-nali (basati su superfici e volumi utili, o posti a sedere, posti letto, ecc) sono sufficienti solo a fare una prima stima grossolana del numero di “abitanti equivalenti” in gioco, mentre possono portare a grossolani errori sia nella scelta che nel dimensionamento della tipologia di impianto.La curva di presenza è un dato fondamentale che è necessario avere a disposizione per poter affrontare la scelta di un sistema depurativo per attività di tipo turistico. In alcuni casi, le presenze crescono con gradualità dal momento dell’ apertura, in altri casi cam-peggi e villaggi vengono aperti in periodo di alta stagione, per cui i carichi idraulici ed organici assumono immediatamente punte molto elevate.

Possono essere di aiuto in tale analisi:- i numerosi dati di letteratura rintracciabili in pubblicazioni riconosciute a livello nazio-nale ed internazionale, selezionando la situazione più vicina a quella che si sta esami-

nando;- monitoraggi dei consumi idrici eseguibili sul posto tramite analisi delle bollette, letture dei contatori, registri presenze, pasti serviti, ecc;- analisi chimico-biologiche su base giornaliera (campioni compositi e proporzionali alla portata), durante i periodi più rappresentativi (di picco e medi); analisi istantanee possono dare indicazioni diverse dalla realtà dato il tempo di corrivazione molto basso delle fognature e la presenza di pic-chi orari di utilizzo dipendenti dal tipo di attività in corso;

10Rifugio Don Barbera (Parco naturale del Marguareis)ph Archivio PNM

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- confronto con esperienze simili, interviste a gestori, altre prove e verifiche sul posto.

Anche se è molto difficile generalizzare data la grande variabilità delle situazioni possi-bili, in tali tipi di utenza si riscontrano:- alte oscillazioni di carichi idraulici e organici a livello giornaliero e stagionale, con picchi generalmente concentrati nei fine settimana e nei periodi di alta stagione;- alte oscillazioni idrauliche a livello orario, in base alle attività della struttura e ai picchi di affluenza delle persone, con picchi idraulici molto pronunciati e pari anche a 10 volte la portata media giornaliera; allo stesso modo si hanno oscillazioni notevoli anche nelle concentrazioni e nei flussi di massima dei vari inquinanti;- alte concentrazioni di azoto ammoniacale dovute all’utilizzo prevalente dei WC da parte dei visitatori per urinare;- alta presenza di grassi, oli e solidi sospesi per preparazione massiccia di pasti.Si riporta a titolo indicativo una indicazioni generale per varie tipologie di utenza tratta dalla letteratura scientifica italiana (Masotti, 2011).

Natura della comunità Carico idraulico (l/g) Carico organico (l/g) Centri turistici marini e montani Case (Ospiti stabili) 150-200 60-70 Hotels , pensioni ..(per ospite+personale di servizio, esclusi bar e ristoranti) 150-400 55-75 Case di Riposo (per letto) 200-350 60-90 Campeggi e villaggi turistici (per ospiti) 100-200 40-70 Ristoranti Per impiegato 35-60 20-25 per posto servito 10-12 10-15

11 Borgo turistico Plan des Fontainettesph Geronimo Carbonò

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4. Le criticità nella scelta dell’impianto più adatto

Tutti i sistemi di depurazione, che siano progettati secondo il criterio di operare con carico praticamente costante nel corso dell’anno, con variazioni non eccessive fra le varie ore della giornata, sono posti in notevole difficoltà se sono soggetti a carichi molto variabili.

Le variazioni di carico assumono particolare rilievo nel caso degli impianti di depurazio-ne biologica, che, più degli altri, possono subire conseguenze negative.

Gli impianti a fanghi attivi, per le modalità stesse con cui avviene la depurazione, non riescono a tollerare carichi organici praticamente nulli per lunghi periodi in quanto viene a mancare proprio l’alimento necessario per lo sviluppo dei microrganismi responsabili della depurazione. In campeggi e rifugi con apertura stagionale, quando il carico organi-co, partendo da zero, cresce con gradualità, l’adozione degli impianti biologici a fanghi attivi è possibile (per quanto non sia forse la scelta maggiormente sostenibile a livello ambientale), essendoci ogni anno il tempo sufficiente per un loro graduale avviamento; se però il carico organico passa improvvisamente da un valore nullo ad un valore molto elevato, l’opportunità ad adottare un impianto ad ossidazione diventa molto discutibile, in quanto, durante tutto il periodo dell’avviamento, che si realizza partendo con un ca-rico organico ridotto, per un periodo di tempo piuttosto lungo (15÷20 giorni), si finisce con lo scaricare direttamente nel corpo idrico recettore una porzione non trattata delle

acque di rifiuto.

Gli impianti a fanghi attivi, specialmente se del tipo a basso carico e ad aerazione prolungata, sono in grado di assorbire punte piuttosto elevate, ed anche piuttosto rapidamente variabili. Se l’impianto è ben dimensionato, e se è facile regolare la capacità di ossigenazione e la portata di ricircolo, un impianto a fanghi attivi può sopportare anche carichi organi-ci 2÷3 volte maggiori; maggiori variazioni di carico possono essere affrontate, adottando impianti che

12Impianto di tipo SBR per centro abitato da 1800 abitanti in Provincia di Cremona - ph IRIDRA s.r.l.

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consentano, in sede di esercizio, di cambiare il ciclo depurativo, adeguando il volume alle esigenze.

Questi concetti valgono però per impianti di una certa potenzialità, dove è possibile ad esempio tenere fuori servizio un certo numero di vasche di aerazione e di sedimentazio-ne, che possono essere rimesse rapidamente in attività all’inizio della stagione turistica, trasferendo dalle vasche in servizio una certa quantità di fango, riportando a regime l’impianto in pochi giorni.

Operazioni quindi che richiedono una certa complessità impiantistica e delicatezza ge-stionale e possono trovare applicazioni solo per impianti di adeguata potenzialità.

Impianti a fanghi attivi di tipo a membrana (MBR) hanno maggiori capacità di assorbire elevate punte di carico, ma hanno costi ancora troppo alti (sia di investimento iniziale che di gestione, in particolare per la sostituzione delle membrane) per poter essere applicati su scala medio-piccola e per utenze stagionali quali campeggi, alberghi, ecc. Impianti di tipo SBR, originariamente indicati anche per la risoluzione dei problemi dei sistemi a fanghi attivi, se da un lato presentano vantaggi in termini di automazione del processo e di equalizzazione/miscelazione del carico in ingresso, dall’altro vanno incon-tro spesso a problemi di sedimentabilità del fango, con soventi fughe di materiale solido nell’effluente; inoltre i consumi energetici sono spesso piuttosto alti se non si regolano giornalmente i tempi di ossidazione (cosa che però richiede personale e una maggiore complessità operativo-gestionale).

In conclusione quindi i vantaggi di questi sistemi tecnologici risiedono essenzialmente nella compattezza, che in determinati casi può essere un fattore importante nella scelta; molti però sono gli svantaggi (difficoltà operative, consumi energetici, produzione di fan-ghi, richiesta assistenza specializzata) che dovrebbero fare propendere per altri sistemi più flessibili e gestibili senza manodopera specializzata come i sistemi di depurazione naturale.

13 Impianto tipo SBR (Caraglio, CN - 5000 abitanti) - ph IRIDRA s.r.l.

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5. I sistemi di depurazione naturale Le tecniche di depurazione naturale (fitodepurazione) sono moderne tecnologie che usano la capacità depurativa degli ecosistemi naturali mettendola al servizio delle attività umane. La loro applicazione agli scarichi di attività turistiche quali agriturismi, hotels, residence, campeggi, locali di ritrovo ha dato ottimi risultati, soprattutto a confronto con gli impianti convenzionali.La fitodepurazione, infatti, si adatta molto bene alle oscillazioni di carico e richiede solo una minima manutenzione non specialistica. Gli impianti di fitodepurazione si presentano come piccoli canneti e si inseriscono positivamente nel paesaggio. L’unico svantaggio risiede nella richiesta di una maggiore quantità si spazio, anche se la combinazione di varie tecniche a flusso sommerso orizzontale e verticale o l’utilizzo di altre soluzioni innovative ha portato negli ultimi anni a ridurre significativamente le superfici richieste.

In ambiente alpino il clima freddo può rappresentare senza dubbio una criticità, sia dal pun-to di vista pratico (tubi che congelano, sistemi meccanici che non funzionano bene, ecc) che progettuale (i processi biologici subiscono un notevole rallentamento a basse temperature con cali di efficienza). Diversi studi hanno dimostrato come tali condizioni estreme influi-scono molto meno sui sistemi di fitodepurazione, che essendo appunto “naturali” riescono meglio di altri ad adattarsi alle varie condizioni operative incluso le variazioni climatiche più estreme. Non dimentichiamo inoltre che la fitodepurazione è una tecnica che è nata e si è sviluppata in paesi nordici e con climi decisamente più rigidi del nostro, quali Germania e Stati Uniti; ad oggi, sebbene effettivamente climi mediterranei e tropicali sembrano aumen-tare considerevolmente la potenzialità di questi filtri biologici, Austria, Germania, Norvegia, Svezia, Danimarca, Francia sono tra i paesi in cui la fitodepurazione è maggiormente diffusa.

Un altro aspetto è la tolleranza di certe piante tra-dizionalmente usate in fitodepurazione all’aumenta-re dell’altitudine; un capitolo a parte sarà dedicato a quest’aspetto, per ora anticipiamo soltanto che le co-muni canne tollerano molto bene anche le alte altitu-dini e che negli ambienti alpini di alta quota esistono specie ugualmente applicabili ai sistemi di fitodepura-zione, il cui utilizzo è stato proprio il cuore della ricerca del Progetto Alcotra FITODEP sulla fitodepurazione in ambiente alpino.

14Torbiera - ph T. Forte

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In questo e nei paragrafi successivi entreremo più nel dettaglio di queste tecniche, di cui si sente molto parlare ormai da diversi anni in Italia ma, sulle quali, c’è ancora una certa confusione. Spesso si tende a chiamare fitodepurazione qualsiasi cosa, con una qualche valenza de-purativa, in cui ci sia una qualsiasi pianta, spesso neanche acquatica; in realtà il termine fitodepurazione, così come usato in Italia, dovrebbe fare riferimento a precise tecniche di depurazione naturale sviluppate da diverse decine di anni nel panorama internazionale (i primi esempi risalgono addirittura agli anni ’50) che prendono il nome di “Constructed Wetlands”, cioè letteralmente “Zone Umide Costruite”.Proviamo allora a fare un po’ di chiarezza su quali sono queste tecniche, presentandole nei paragrafi successivi in modo descrittivo e rimandando per approfondimenti alle linee guida e altri testi nazionali ed internazionali contenuti nella bibliografia finale.

5.1 Le tecniche di depurazione naturale

5.1.1 I fondamenti tecnico-scientifici delle tecniche di trattamento naturale

I sistemi di trattamento di acque inquinate mediante aree umide artificiali (Constructed Wetland o Fitodepurazione) sono sistemi ingegnerizzati, progettati e costruiti per ripro-durre i naturali processi autodepurativi in un ambiente maggiormente controllabile.

I sistemi di fitodepurazione, sperimentati e a lungo studiati a livello internazionale, sono classificati in base al tipo di piante macrofite utilizzate (galleg-gianti, radicate sommerse, radicate emergenti) o più spesso in base al percorso idraulico delle acque reflue:- FWS: i sistemi a flusso libero riproducono, una zona palustre naturale, dove l’acqua è a diretto contatto con l’atmosfera e generalmente poco pro-fonda, e le essenze vegetali che vi vengono inserite

15 Impianto a Lago Santo (Cembra, TN 450 abitanti) - ph IRIDRA s.r.l.

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appartengono ai gruppi delle elofite e delle rizofite;- SFS-h o HF: i sistemi a flusso sommerso orizzontale sono bacini riempiti con materiale inerte, dove i reflui scorrono in senso orizzontale in condizioni di saturazione continua (reattori “plug-flow”) e le essenze utilizzate appartengono alle macrofite radicate emer-genti;- SFS-v o VF: i sistemi a flusso sommerso verticale sono bacini riempiti con materiale inerte, dove i reflui scorrono in senso verticale in condizioni di saturazione alternata (re-attori “batch”) e le essenze utilizzate appartengono alle macrofite radicate emergenti.

Le tecniche a flusso sommerso sono quelle cha hanno riscontrato maggior successo nell’ambito del trattamento secondario dei reflui domestici e urbani, in virtù del minor ingombro superficiale richiesto e della facilità di inserimento anche in aree urbanizzate, mentre i sistemi a flusso libero (FWS), hanno trovato applicazione soprattutto come trattamento terziario di impianti di depurazione esistenti o per acque di dilavamento. Dato che queste linee guida sono dedicate a sistemi in ambiente alpino tralasceremo la descrizione dei sistemi molto estensivi, privilegiando i sistemi a flusso sommerso.

Il più recente lavoro di classificazione dei sistemi di fitodepurazione, definiti come Treat-ment Wetlands (TW), redatto da N. Fonder e T. Headley nel 2010, è basato sull’idraulica del sistema (posizione dell’acqua nel sistema, direzione del flusso e tipologia di alimen-tazione, grado di saturazione del materiale di riempimento, allagamento superficiale) e sulle essenze vegetali utilizzate, annoverando più di 20 tipologie di impianti.

Di seguito ne presenteremo solo alcuni, facendo una preselezione di quelli attualmente applicabili ed applicati nel panorama nazionale.

16Impianto a Orhei (Moldavia, 30.000 abitanti) - ph IRIDRA s.r.l.

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Tipo di inquinante Cin (mg/l) Cout (mg/l) n° di impianti Efficienza % BOD5 178 32 261 80,7 COD 287 76 224 63,2 SST 113 22,3 319 68,1 TKN 49,8 26,2 104 41,5 Ptot 8,7 4,4 247 40,9

Valori medi e rese di rimozione estratti da sistemi HF in Europa che trattano

reflui domestici e urbani (Vymazal et al., 2008)

5.1.2 I sistemi a flusso sommerso orizzontale (HF)I sistemi a flusso sommerso orizzontale HF sono bacini riempiti con materiale inerte. I riempimenti comunemente usati sono sabbia, ghiaia e pietrisco, in cui vengono piantu-mate specie vegetali definite macrofite radicate emergenti: le specie più diffusamente utilizzate alle nostre latitudini sono la Phragmites australis (cannuccia di palude) e la Typha latifolia (mazzasorda). I bacini vengono generalmente realizzati in scavo ed im-permeabilizzati con liner plastici (in PVC, PEAD o EPDM); più raro è il ricorso a strutture contenitive in calcestruzzo. Il materiale inerte viene mantenuto saturo e il refluo scorre al di sotto della superficie della ghiaia in senso orizzontale, evitando qualsiasi rischio igienico-sanitario legato alla produzione di aerosol o alla diffusione di insetti, rendendo questa tipologia adatta all’inserimento in ambiti urbanizzati anche come elemento di arredo delle zone a verde di pertinenza degli edifici.

La presenza dell’apparato radicale delle piante contribuisce a costituire un’alternanza di zone aerobiche, anaerobiche ed anossiche, favorendo lo sviluppo di popolazioni micro-biche altamente differenziate che aumentano l’efficienza depurativa nei confronti di un ampio spettro di inquinanti e la rimozione dei patogeni, metabolicamente non adattati a diverse condizioni di ossigeno. I principali meccanismi della rimozione degli inquinanti in un sistema HF sono:- inquinanti organici (BOD5, COD): sedimentazione, degradazione batterica;- materiali in sospensione: sedimentazione, filtrazione;- metalli: precipitazione, adsorbimento, scambio ionico, uptake da parte delle piante;- azoto: sedimentazione, adsorbimento, volatilizzazione (azoto ammoniacale), degradazione batterica (prevalentemente processi di denitrificazione); uptake da parte delle piante e della flora batterica;- fosforo: precipitazione, adsorbimento, uptake delle piante;- patogeni: sedimentazione e filtrazione, predazione, morte naturale, effetto degli antibiotici emessi dalle piante.

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5.1.3 I sistemi a flusso sommerso verticale (VF)Le principali differenze fra i sistemi a flusso sommerso verticale VF e i sistemi HF consi-stono nelle modalità di alimentazione del refluo e nel materiale inerte di riempimento. Il refluo viene alimentato in maniera discontinua con l’ausilio di pompe o di sifoni auto-adescanti e scorre verticalmente nell’inerte di riempimento, costituito dall’alternanza di strati orizzontali con diversa granulometria: la parte centrale è generalmente costituita da sabbia grossolana, che favorisce la lenta filtrazione verticale e offre una maggiore superficie specifica per lo sviluppo della biomassa. Tale alimentazione in condizioni non sature consente il trasferimento di elevati quantitativi di ossigeno all’interno dell’inerte, rendendo questi sistemi particolarmente adatti per fenomeni ossidativi quali la rimozio-ne del carico organico e la nitrificazione. E’ fondamentale il design del sistema di distri-buzione, che deve attenersi a precise leggi di simmetria in modo da evitare che alcune zone siano favorite rispetto ad altre. I tempi di ritenzione idraulici nei sistemi VF sono dell’ordine di alcune ore, a differenza di quelli dei sistemi HF, che sono generalmente di alcuni giorni; la presenza della sabbia rallenta il flusso e favorisce i fenomeni di adsorbimento e lo sviluppo della biomassa adesa, consentendo così oltre alla nitrificazione e alla degradazione della materia orga-nica, anche la rimozione del fosforo e una benché minima denitrificazione. Per evitare fenomeni di intasamento superficiale si devono rispettare, adeguati carichi organici e idraulici per unità di superficie, uniti a sufficienti tempi di riposo tra un carico e l’altro: questo, assieme allo sviluppo della vegetazione e all’azione meccanica delle radici, con-trasta l’insorgere di fenomeni di “clogging”, cioè di ostruzione del materiale filtrante.

Tipo di inquinante Cin (mg/l) Cout (mg/l) n° di impianti Efficienza % BOD5 309 21 97 87,9 COD 547 70 115 78,6 SST 188 18 74 77,1

NH4-N 56,4 10,6 78,9 94 Ntot 70 37,6 64 44 Ptot 10,6 4,6 94 48,3

Rese di rimozione di sistemi VF in Europa (Vymazal et al., 2008)

18Impianto di fitodepurazione a flusso verticale prima della piantumazione, Cantina Ornellaia, Bolgheri, LI - ph IRIDRA s.r.l.

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5.1.4 Sistemi a flusso sommerso verticale per reflui grezzi (FRB)Questa recente tipologia impiantistica, testata ormai su centinaia di impianti di depu-razione, oltre a garantire buone rese depurative ed essere caratterizzata da semplicità gestionale, risulta essere particolarmente vantaggiosa perché non richiede l’utilizzo, a differenza delle altre tipologie, di un sistema di sedimentazione primaria (come una fossa biologica o imhoff) e quindi non ci sono fanghi da smaltire. I materiali solidi sedi-mentati formano una crosta in superficie che ha un tasso di crescita di 1-2 cm l’anno che viene rimossa ogni 10-15 anni, quando ha raggiunto un elevato grado di stabilizzazione e può essere impiegata come ammendante organico.

Si ha una limitata produzione di cattivi odori poiché lo strato di fango superficiale che si forma viene mantenuto in condizioni aerobiche sia per le modalità di alimentazione che per l’effetto della vegetazione presente: la diffusione di cattivi odori rimane circoscritta solo al momento di distribuzione del liquame e limitatamente alle immediate vicinanze del sistema.

Lo schema tipico degli impianti alla FRB prevede un primo stadio per reflui grezzi sud-diviso in 3 linee operanti in parallelo (una sola linea viene alimentata per 3.5 giorni e le altre rimangono ferme, assicurando così un periodo di riposo di 7 giorni che garantisce un’ottima mineralizzazione della sostanza organica) seguito da un secondo stadio VF, articolato su 2 linee, alimentate in modalità batch ogni 2-4 ore.

19Impianto “alla francese” (Castelluccio di Norcia, PG - 1000 abitanti,

1400 m slm, nel Parco dei Monti Sibillini) - ph IRIDRA s.r.l.

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5.1.6 Sistemi di fitodepurazione aerati (AEW o FBA)

5.1.5 Sistemi ibridiI sistemi a flusso orizzontale (HF) necessitano di poche e semplici operazioni di gestione e manutenzione; hanno una notevole adattabilità alle variazioni del carico idraulico: garantiscono elevati abbattimenti del carico organico e dei solidi sospesi anche con basse concentrazioni, una notevole riduzione della carica microbiologica e una ottima capacità di denitrificazione. D’altro canto i sistemi a flusso sommerso verticale (VF e FRB) garantiscono la riduzione spinta dell’azoto ammoniacale, lo strato di sabbia garan-tisce una “filtrazione estensiva” molto elevata, consentendo di ottenere un’alta qualità dell’effluente, i coefficienti d’area richiesti sono minori e le rese depurative dipendono meno dalla temperatura dei reflui; in conclusione mostrano innegabili vantaggi laddove i sistemi HF hanno qualche svantaggio. L’applicazione in serie delle due tecniche può risolvere i problemi dell’una e dell’altra tipologia: i sistemi multistadio, uniti all’adozione di tecniche di ricircolo, appaiono come una strada da percorrere per il trattamento di maggiori quantità di refluo e per l’abbattimento delle sostanze azotate, a fronte di su-perfici totali richieste nettamente minori dei soli sistemi HF.

L’introduzione di sistemi di aerazione nelle vasche di fitodepurazione costituisce un ap-proccio introdotto circa 15 anni fa in America da Scott D. Wallace, uno dei massimi esperti internazionali di fitodepurazione, e nel corso degli anni ha registrato diversi successi sia nell’aumento delle performance per quanto riguarda la degradazione dei composti orga-nici e dell’azoto ammoniacale, come ad esempio per le acque prodotte dalle installazioni

per l’estrazione del petrolio, acque di runoff aeropor-tuali inquinate da sostanze chimiche utilizzate per il “deicing” di piste ed aerei, depurazione di acque di falda inquinate da sostanze chimiche, acque di dre-naggio delle miniere.

Per reflui civili, possono rappresentare una valida alternativa laddove si hanno ridotte disponibilità di spazio, permettendo di ridurre le superfici richieste di 4-5 volte rispetto ad impianti di fitodepurazione classici; un sistema aerato è stato realizzato addirit-

20Impianto ibrido (HF+VF) presso Hotel Certosa (Firenze, 140 posti letto) ph IRIDRA s.r.l.

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Schema fitodepurazione aerata (fonte: ARM ltd) e particolare tubi di aerazione (Iridra Srl)

tura a bordo di una imbarcazione, ormeggiata nel porto di Antwerp (Belgio) e ospitante bar, ristoranti e piscine al servizio di circa 500 visitatori/giorno.

Il “prezzo” della compattezza è un maggiore consumo energetico, per quanto questo sia almeno 5 volte inferiore rispetto a sistemi ad ossidazione, e una maggiore complessità progettuale e realizzativa rispetto ai sistemi classici di fitodepurazione.

L’aria viene introdotta attraverso dei compressori che pompano l’aria in dei collettori collegati a tubazioni di distribuzione poste sul fondo.

Prevalentemente vengono usati schemi a flusso sommerso verticale che lavorano in condizioni sature per permettere la diffusione del-le bolle di aria all’interno del refluo e sfruttare allo stesso tempo la superficie superiore della vasca per il carico delle acque da trattare; ma esistono anche applicazioni su sistemi a flusso sommerso orizzon-tale, in particolare per il “refurbishment”, cioè il po-tenziamento di impianti esistenti sottodimensionati o non più capaci di far fronte ad aumenti di utenza sopravvenuti nel frattempo.

21Impianto aerato di Casper (Wyoming) - ph Scott D. Wallace

 

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5.2 Un po’ di dati e qualche esempio

Il già accennato progetto di ricerca SWAMP (V Programma Quadro dell‘area tematica Energia, Ambiente e Sviluppo Sostenibile) ha avuto come obiettivo l’elaborazione di trattamenti di fitodepurazione delle acque reflue per siti turistici in situazioni isolate e per agriturismi in zone rurali, con tecniche volte anche al riutilizzo delle acque depurate. Gli impianti realizzati sono stati oggetto di un intenso monitoraggio, che ha messo in luce l’efficacia dei sistemi di fitodepurazione in tali situazioni. Nella scelta dei siti si è cercato di coprire la maggior varietà possibile di utenze turistiche (zone attrezzate per il campeggio, agriturismi, rifugi montani, alberghi, villaggi turistici, ecc.) e di condizioni climatiche (quali la zona atlantica, continentale, mediterranea e montuosa).

Due dei sistemi realizzati in Italia nell’ambito del progetto SWAMP sono:- l’impianto di fitodepurazione per l’Hotel “Relais Certosa” di Firenze. L’impianto di fito-depurazione rappresenta il trattamento secondario dei reflui proveniente dalla struttura alberghiera ed è costituito da un sistema HF seguito da uno stadio VF. L’utenza massima prevista è di 140 ae (28 m3/giorno). L’impianto ha una superficie complessiva di 340 m2. Il monitoraggio evidenzia la capacità del sistema di garantire rese di rimozione intorno al 90% per la sostanza organica e l’azoto ammoniacale e l’abbattimento della carica batterica di 4-5 ordini di grandezza; la carica batterica risulta vicina ai valori prossimi al riuso. - l’impianto realizzato per il rifugio Abetina Reale a 1400 m s.l.m sull’Appennino To-sco-Emiliano, in cui due vasche a flusso sommerso verticale di superficie totale 126 m2

permettono di trattare il carico massimo generato da circa 70 posti letto e un ristorante.

Un altro impianto di fitodepurazione oltre i 1400 metri di quota è stato di recente realizzato a Castel-luccio di Norcia dalla Regione Umbria. La scelta di un sistema di fitodepurazione è stata dettata, oltre che dalla necessità di inserimento dell’impianto in un contesto di altissimo valore paesaggistico quale il Pian Grande di Castelluccio, dal dover far fronte ad una spiccata oscillazione degli abitanti, da poche decine durante l’inverno alle oltre 1000 presenze durante i fine settimana estivi. Al tempo stesso era richiesto un impianto semplice da gestire, che non

22Impianto di fitodepurazione del Rifugio Abetina Reale, RE - 1400 m slm ph IRIDRA s.r.l.

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richiedesse energia elettrica o interventi gestionali durante l’inverno, quando l’accessi-bilità è più difficile per via delle rigide condizioni meteorologiche. L’impianto, circa 2000 m2 di flusso sommerso, utilizza uno schema FRB+VF ed i pretrattamenti sono quindi costituiti solamente da una griglia automatica, seguita da un particolare sifone autoade-scante che permette di inviare per gravità al primo stadio grossi volumi di acqua molto velocemente, con una perfetta distribuzione dei reflui su tutta la superficie dei bacini; il secondo stadio prevede due vasche a flusso sommerso verticale per l’affinamento ulte-riore della qualità delle acque, confluenti in due sistemi a flusso superficiale, che favori-scono i processi di evapotraspirazione. L’acqua in uscita si disperde poi lentamente nel terreno in un area di infiltrazione, non esistendo corpi idrici sull’altipiano. I rendimenti dell’’impianto, avviato nel 2013, anche in condizioni di massima utenza e nonostante le alte oscillazioni in ingresso di portata e concentrazioni, sono sempre molto alti, con rimozioni del COD pari all’98% e una pressoché completa nitrificazione.

L’affidabilità dei sistemi a flusso sommerso verticale per utenze con elevate fluttuazioni del carico è confermata da una recente ricerca francese (Boutin et al., 2010), che esa-mina le prestazioni di 4 sistemi “alla francese” applicati ai campeggi. L’utenza in questi casi varia fortemente raggiungendo il massimo per 5-6 settimane in estate (durante le quali viene prodotto quasi la metà del carico annuale) e riducendosi a zero nel periodo invernale. I 4 impianti monitorati sono stati realizzati secondo le linee guida francesi e durante il periodo di punta lavorano in condizioni di sovraccarico sia dal punto di vista idraulico (17 cm/d per il primo stadio, 40% in più rispetto ai 12.5 cm/d di progetto, e 40 cm/d per il secondo, 100% in più rispetto ai 18.75 cm/d di progetto) che del carico organico (200 g/m2∙d anziché 100 g/m2∙d per il primo stadio). Tuttavia le performance rimangono eccellenti anche durante il periodo di punta con percentuali di abbattimento superiori al 90% e concentrazioni medie in uscita di 15 mg/l di BOD, 85 mg/l di COD e 20 mg/l di SS.

Vista dell’impianto dall’abitato di Castelluccio di Norcia - ph IRIDRA s.r.l.

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6. Specie vegetali utilizzabili in sistemi di fitodepurazione in ambiente alpino

Le piante da utilizzare nei sistemi di fitodepurazione sono erbacee e normalmente apparten-gono alla flora degli ambienti umidi; esse sono suddivisibili in due distinti gruppi: elofite (pian-te semi-acquatiche) e idrofite (piante acquatiche). Le prime, dette anche macrofite radicate emergenti, sono piante che vivono su suoli, parzialmente o completamente saturi d’acqua, fino ad una parziale sommersione del fusto, assente su foglie e fiori ; sono quelle impiegate nei sistemi a flusso sommerso descritti in queste linee guida. Le seconde, invece, hanno un corpo vegetativo completamente sommerso o galleggiante sulla superficie dell’acqua. Lo sviluppo delle diverse piante tiene conto, quindi, della profondità dell’acqua, come fattore ambientale principale, a cui si aggiungono altri fattori quali le caratteristiche edafiche, la temperatura, la qualità dell’acqua, i rapporti di concorrenza fra le diverse specie, etc..Le piante all’interno dei sistemi di fitodepurazione hanno diverse funzioni, di cui alcune posso-no variare da gruppo a gruppo; in generale, le funzioni principali possono essere così riassunte:- fornire ossigeno al medium di crescita (ghiaia e/o acqua), necessario per i processi ossidativi;- fornire un utile supporto per il biofilm batterico, che facilita la decomposizione delle sostanze organiche e la trasformazione dei nutrienti;- favorire i tempi di residenza idraulica e, quindi, i processi di abbattimento degli inquinanti;- favorire l’instaurarsi di habitat naturali differenziati, tali da incrementare la presenza di specie faunistiche (micro e macrofauna);- contribuire direttamente all’abbattimento della carica microbica (emissione radicale di so-stanze battericide) e dei nutrienti (assorbimento di nitrati e fosfati);

- dissipare nell’atmosfera, attraverso l’evapotraspirazio-ne, una parte dell’acqua riducendone i volumi;- controllo dello sviluppo algale;- creare paesaggio.Nei sistemi a flusso sommerso le specie vegetali mag-giormente impiegate in Italia e all’estero sono: Phrag-mites australis (cannuccia di palude), Typha latifolia (mazzasorda, sala), Typha angustifolia (stiancia), Schoe-noplectus lacustris (giunco da corde), Juncus spp (giun-co).La Phragmites è una specie diffusa in tutto il mondo,

24Epilobium angustifolium L. - ph Geronimo Carbonò

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mentre le due entità di Typha hanno distribuzione euroasiatica e nordamericana. Facilmente localizzabili nelle fasce altitudinali planiziale, collinare e montana, non risultano essere presenti a certe quote e in certe condizioni climatiche. Comunque, anche in Italia esistono moltissime applicazioni di sistemi di fitodepurazione con Phragmites in climi rigidi ed ad altitudini fino ai 1500 m s.l.m.; nelle fasce superiori necessitano maggiori approfondimenti sia sul loro sviluppo che sul loro potenziale impatto su ambienti naturalistici molto delicati.

La sperimentazione sul tipo di piante più adatto nelle particolari condizioni geografiche e meteoclimatiche è stata alla base del progetto Alcotra “Fitodepurazione in ambiente alpino - FITODEP” finanziato dalla Comunità Europea. L’Ente di gestione del Parco naturale del Mar-guareis, con il suo settore botanico denominato Centro per la Biodiversità Vegetale, ha seguito direttamente tutti gli aspetti legati alla selezione, preparazione e piantumazione delle piante nelle vasche di fitodepurazione. Le piante scelte sono state testate nei sistemi di fitodepura-zione realizzati dal punto di vista dell’attecchimento, della resistenza agli agenti atmosferici e della funzionalità di processo.

Nell’individuazione di un protocollo di selezione delle specie potenzialmente utilizzabili in sistemi a flusso sommerso, si è tenuto conto che tra le due tipologie, orizzontale e verticale, il ruolo delle piante cambia sensibilmente.Nei sistemi a flusso sommerso orizzontale, in cui il medium è in condizione di saturazione, la funzione principale delle piante è quella di fornire ossigeno agli strati più profondi del me-dium grazie alle radici, in modo da alternare alle condizioni anaerobiche normalmente presenti, condizioni aerobiche. Questo risulta importante per aumentare l’efficienza di tutta una serie di processi, dalla degradazione del carico organico alla nitrificazione fino alla capacità di di-sinfezione. Sono necessarie piante con un apparato radicale che raggiunga buone profondità (0,6-0,7 m al di sotto della superficie della ghiaia), soprattutto in questo caso in cui i sistemi a flusso sommerso orizzontale hanno la funzione di affinamento finale del carico organico e dei processi di denitrificazione. Le radici, secondariamente e grazie al loro movimento (legato al movimento degli apparati epigei ad esempio a causa del vento) favoriscono il ripristino della conducibilità idraulica per via meccanica. In generale si preferiscono quindi piante capaci di colonizzare in modo uniforme il letto, sia a livello emerso che radicale, in modo da non creare condizioni troppo diverse dal punto di vista della conducibilità idraulica all’interno del letto che possono causare cortocircuiti idraulici e cali nel tempo di ritenzione e nei rendimenti;Nei sistemi a flusso sommerso verticale, essendo sistemi non saturi in cui il medium è ricco di ossigeno disponibile per i processi ossidativi, la funzione delle piante come “pompa di ossi-geno” è trascurabile, per cui possono essere previste anche piante differenti. Anche in questo caso, però, le radici favoriscono il ripristino della conducibilità idraulica per via meccanica, e questo è importante soprattutto per lo strato di sabbia che è il punto più critico di intasamento.I sistemi a flusso verticale alla francese sono equiparabili ai sistemi a flusso sommerso verticale 25

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per quanto riguarda l’importanza del trasferimento dell’ossigeno nel medium di riempimento; la funzione delle piante come elemento attivo nel mantenimento della conducibilità idraulica è però ancora più importante soprattutto per i primi 30-40 cm di riempimento e per lo strato superficiale di fango che si forma. Qui infatti servono piante che riescono a rompere lo strato di fango superficiale permettendo al refluo di scorrervi attraverso. Il loro utilizzo dovrebbe essere testato sul medio-lungo periodo, in quanto influisce pesantemente sulla conducibilità del letto a medio-lungo termine e sulla stabilizzazione del fango.

Dalle considerazioni sopra riportate, l’obiettivo del progetto FITODEP è stato quello di fornire un protocollo per la scelta delle specie vegetali da inserire negli impianti di fitodepurazione. In questo senso, si è cercato di colmare una lacuna determinata dalla mancanza di indicazioni circa le specie più opportune per sistemi fitodepurativi da realizzare alle quote più elevate della catena alpina: le fasce vegetazionali subalpina e alpina.Di fondamentale importanza è l’utilizzo di entità autoctone, sia per non alterare gli equilibrii ecologici presenti o circostanti il sito, talvolta instaurato in contesti ad elevato valore naturali-stico (aree protette, Siti di Importanza Comunitaria, biotopi rari o minacciati, aree agricole ad alto valore naturalistico, luoghi di valore paesaggistico, ecc.), sia per l’opportunità di impiegare materiale vegetale facilmente adattabile alle condizioni ambientali riscontrate, talora estreme, ma pure per poter contare su un numero di specie che già in natura vivono in habitat simili.

In questo modo, oltre all’attività primaria di fitodepurazione, questi impianti possono svolgere anche un ruolo nella conservazione ex situ delle specie autoctone, quale riserva genetica di germoplasma e conoscenza di informazioni sulla moltiplicazione e coltivazione, soprattutto se alcune delle entità impiegate hanno distribuzione endemica. La selezione attitudinale delle entità si può basare su due tipologie di specie: le menzionate elofite (dette anche piante del fango) e le nitrofile, che prediligono o sopportano elevate con-centrazioni di azoto nel substrato. Quindi, i parametri da considerare per la scelta delle specie sono i seguenti:

• autoctonia e localizzazione comune negli habitat na-turali delle zone umide;• facilità di riproduzione e trapianto;• adattamento a suoli freschi e umidi;• resistenza a clima rigido;• propensione per ambienti con abbondanza di nutrien-ti, in particolare azoto;• apparato radicale ben sviluppato, profondo, ramifica-to ed esteso;• taglia elevata;• specie non urticanti o spinose, preferibilmente non

26Messa a dimora di Deschampsia cespitosa (L.) P. Beauv. nel fitodepuratore del Rifugio Garelli - ph Geronimo Carbonò

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tossiche;• crescita rapida e buona capacità di competizione contro le infestanti.Riguardo l’autoctonia, è necessaria l’analisi di dati floristici e vegetazionali, reperibili da diver-se fonti: indagini bibliografiche; rilevamenti sul terreno in aree umide prossime all’impianto; estrapolazione di informazioni da banche dati floristico-vegetazionali; Enti, Istituti, strutture (nel caso del progetto il Centro per la Biodiversità Vegetale), professionisti o appassionati, di provata esperienza botanica.Altro passaggio rilevante è la verifica che le specie prescelte non siano inserite in Liste Rosse o in elenchi inclusi nelle Direttive Comunitarie e/o nelle normative nazionali e regionali di pro-tezione. Nel caso, se non si hanno contatti con organismi che si occupano della conservazione della natura, queste entità sono da escludere.Sulla base di queste considerazioni e dopo tutta una serie di attività sperimentali, il progetto FITODEP ha consentito di stilare un elenco di 29 specie da impiegare nella fitodepurazione in ambiente alpino, di seguito riportate:

Come per le specie, anche gli ambienti dove esse vivono possono essere considerati rari e/o minacciati. Ciò riguarda soprattutto le zone umide che, come già successo in pianura, sulle Alpi corrono numerosi rischi dovuti principalmente a: captazioni idroelettriche,idropotabili e per l’innevamento di piste di sci; rettifiche delle sponde e alvei dei torrenti; drenaggi, ecc... Per tali motivi, la Direttiva Comunitaria “Habitat” ha stabilito che numerosi di questi ambienti siano considerati “habitat di interesse comunitario” (Allegato A della medesima) e, pertanto, soggetti a vincoli. In questo caso, dove permesso, è consigliata la sola raccolta di semi delle varie specie, seguendo la consolidata deontologia di raccolta delle entità rare, evitando l’eradi-cazione delle piante, anche se comuni.

Angelica sylvestris L. Bistorta officinalis Delarbre Caltha palustris L.Carex nigra (L.) Reichard Carex rostrata Stokes Chaerophyllum hirsutum L.Chaerophyllum elegans Gaudin Chenopodium bonus-henricus L.Cirsium alsophilum (Pollini) SoldanoDeschampsia cespitosa (L.) P. Beauv.Epilobium angustifolia L. Eriophorum angustifolium HonckEriophorum latifolium Hoppe Geranium sylvaticum L.Heracleum spondylium L.

Imperatoria ostruthium W.D. J. KochJuncus arcticus L. Lactuca alpina (L.) A. GrayLamium album L.Mentha longifolia (L.) L.Menyanthes trifoliata L. Myrrhis odorata (L.) Scop.Petasites paradoxus (Retz.) Baumg.Phragmites australis (Cav.) Trin. Ex Steud.Ranunculus aconitifolius L.Rumex alpinus L.Senecio ovatus (G.Gaertn., B.Mey & Scherb.) Willd.Veratrum album L.Veronica beccabunga L.

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7. Scelte sostenibili: risparmio idrico, recupero delle acque grigie, riuso e recupero nutrienti

Di seguito un breve excursus in alcuni concetti, che prendono il nome di gestione soste-nibile delle acque o “Ecological Sanitation” e che possono essere strettamente legati alla depurazione delle acque in senso stretto, portando all’elaborazione di possibili stra-tegie adattabili a contesti di elevata protezione ambientale e difficoltà nell’approvvigio-namento idrico e nella gestione delle acque di scarico. Uno dei principi fondamentali di questo approccio sta nel considerare le acque di scarico come parte di un sistema com-pleto e nell’esaminare non solo il trattamento e lo scarico delle acque reflue, ma anche l’intero processo di consumo delle risorse idriche, puntando a riutilizzare il più possibile l’acqua, ridurre i consumi e recuperare i nutrienti contenuti nelle acque di scarico.

La maggior parte dell’acqua consumata a livello domestico è impiegata per il WC (30%) per l’igiene personale (41%), mentre solo una minima percentuale per bere e cucinare (7%). Nelle strutture turistiche i consumi idrici osservabili sono spesso anche maggiori, dipendentemente dal livello di lusso della struttura stessa. Nei rifugi di montagna ed escursionistici i consumi idrici sono generalmente minori, anche se spesso un alto grado di disponibilità idrica genera un maggiore spreco di acqua, oltre ad una minore attenzio-ne a perdite idriche spesso causate da rotture dovute al gelo invernale.Dimezzare i consumi di acqua consente di risparmiare non solo acqua potabile ma anche il combustibile per riscaldarla, con un conseguente risparmio energetico (ed economico), una migliore ottimizzazione dell’energia disponibile (particolare di non poco conto nel

caso di rifugi e strutture di montagna non allacciate alla rete elettrica) e una diminuzione dell’inquina-mento dell’aria e dell’effetto serra.

In un’ottica di utilizzo efficiente della risorsa idrica, ci sono semplici interventi praticabili che consento-no un notevole risparmio idrico; applicando disposi-tivi per il risparmio di acqua a rubinetti e wc, è pos-sibile ridurre i consumi fino al 30-50%. I dispositivi più semplici sono gli erogatori completi di diffusori e limitatori di flusso, da installare direttamente e in

28Zona umida d’alta quota - ph T. Forte

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maniera semplice sui rubinetti di lavandini, cucine e docce. Oltre a permettere il rispar-mio idrico, questi sistemi evitano i depositi di calcare, riducono i costi di manutenzione migliorando la pressione degli impianti idrosanitari ed eliminano la mancanza di acqua calda nel caso di funzionamento contemporaneo di più docce. Inoltre, l’installazione non necessita di interventi tecnici.

Un altro principio cardine dell’ecological sanitation è quello di separare le acque grigie da quelle nere: le prime, non contaminate da patogeni e più facili da depurare, possono essere riutilizzate in molti modi anche all’interno e all’esterno delle abitazioni (scarichi WC, lavaggio superfici interne ed esterne, irrigazione); le acque nere, invece, poiché con-tengono nutrienti preziosi per l’agricoltura, possono essere riutilizzate per l’irrigazione. Le acque grigie si depurano molto più velocemente delle acque nere: probabilmente la differenza più significativa consiste nella velocità di degradazione degli inquinanti nelle acque grigie. Le acque nere contengono infatti sostanze organiche che hanno subito uno dei processi degradativi più efficienti in natura, quello del tratto gastro-intestinale umano. E’ quindi facilmente comprensibile che i residui di tale processo non si possano decomporre velocemente una volta inseriti in acqua, ambiente non consono alla popo-lazione batterica in essi contenuta.

In base alla caratterizzazione delle acque grigie, una scelta progettuale sostenibile per il loro trattamento ai fini del riutilizzo deve tenere conto dei seguenti fattori:- adattabilità alle variazioni di carico idraulico e organico in ingresso;- efficienza nella degradazione della sostanza organica;- alto abbattimento della carica batterica presente ai fini del riutilizzo;- semplicità ed economicità di gestione e manutenzione.

Esistono diversi sistemi di trattamento particolarmente adatti alla depurazione delle acque grigie, sia estensivi (sistemi di fitodepurazione), sia caratterizzati da ingombri ridotti (generalmente si tratta di sistemi interrabili ma esistono in commercio alcune soluzioni impian-tistiche adatte anche all’installazione all’interno degli edifici, permettendo oltretutto di risparmiare per quanto riguarda tubazioni esterne agli edifici) come impianti SBR (Sequencing Batch Reactor) e MBR (Membrane Reactor).

Le tecniche di fitodepurazione rappresentano una tipologia impiantistica che si adatta perfettamente al trattamento delle acque grigie: in particolare, a 29

Sistema di fitodepurazione per il recupero delle acque grigie a Osloph Jamie Nivala

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parità di carico idraulico trattato, la loro efficienza è maggiore nell’abbattimento del ca-rico organico presente nelle acque grigie, rispetto al caso in cui abbiamo anche le nere. Essendo molto ridotto il carico di azoto ammoniacale, i sistemi di fitodepurazione a flus-so orizzontale rappresentano probabilmente la soluzione ideale in molti casi, anche se i sistemi a flusso verticale presentano ugualmente ottimi rendimenti, limitando le perdite per evapotraspirazione e permettendo una maggiore libertà di inserimento architettoni-co. Numerose sono le applicazioni di sistemi di depurazione naturale per acque grigie a livello nazionale ed internazionale.

Analogamente, come ormai ben noto ed accettato, il recupero delle acque meteoriche per irrigazione o per altri scopi (cassette di risciacquo dei WC, lavatrici, lavaggio di piaz-zali, ecc) permette sia di diminuire i consumi idrici sfruttando una risorsa praticamente ottimale che ci viene dal cielo, sia di ridurre il rischio idraulico (se applicati in larga scala) migliorando la gestione delle acque di dilavamento in occasione di eventi piovosi intensi.Ci sono infine tecniche mirate al recupero dei nutrienti delle acque di scarico, o meglio mirate ad evitare che parte di essi finiscano per essere scaricati assieme alle acque reflue.

Il compostaggio è riconosciuto valido proprio perché è in grado, naturalmente e senza aggiunte costose o macchinari complessi, di eliminare batteri e parassiti e di salvaguar-dare il contenuto nutritivo utile a fini agricoli. In situazioni particolari, in cui non solo non è disponibile la pubblica fognatura ma può essere un problema anche la gestione dei fanghi di risulta della depurazione, o nel caso di bagni pubblici in luoghi isolati, i compost toilet costituiscono una valida alternativa: questi sono particolari bagni che ricevono e degradano i rifiuti solidi umani attraverso processi di compostaggio e disidratazione, ottenendo un prodotto finale che può essere impiegato come ammendante organico in agricoltura. Questi sistemi non necessitano di acqua e di prodotti chimici e non devono essere collegati al sistema fognario. In commercio sono reperibili diverse tipologie di

compost toilet: ad esempio i sistemi Envirolet® Wa-terless Self-Contained Systems e l’Enviro Loo. In diversi paesi si sta inoltre assistendo a pratiche per la separazione dell’urina mediante appositi WC; l’urina, oltre ad essere sterile, può essere riutilizzata come fertilizzante in agricoltura, evitando così che vada dispersa nei sistemi fognari o che si debba-no consumare risorse energetiche e monetarie per rimuoverla dalle acque di scarico, prima che crei impatti ambientali significativi sui corpi idrici super-ficiali e sotterranei.

30Filtro vegetato per il recupero delle acque meteoriche, Preganziol, TV ph IRIDRA s.r.l.

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Molti sono i vincoli e le limitazioni che si devono affrontare a livello progettuale per la realizzazione di sistemi di fitodepurazione in ambiente alpino; vediamo più in dettaglio le principali problematiche.

Morfologia e spazi limitatiPer la verità di spazi ce ne sarebbero tantissimi, data la bassa densità abitativa di queste zone; le pendenze, i boschi e le difficoltà di accesso in molti casi riducono le superfici a disposizione; l’effettiva fattibilità di un sistema di fitodepurazione va quindi valutata caso per caso. Si parla comunque di piccole utenze, per cui le superfici risultano spes-so modeste; esiste anche la possibilità di ricorrere a terrazzamenti, fattibili anche con l’ausilio di tecniche di ingegneria naturalistica laddove le pendenze complessive non superino il 20-25%.In un ottica di fattibilità dell’intervento e di contenimento dei costi, un’attenta analisi geologica del sito è fondamentale per valutare la presenza o meno di roccia, valutando soluzioni tali da minimizzare gli scavi come la creazione di terrapieni con muretti a secco o opere di ingegneria naturalistica per il sostegno a valle.

AltitudineQuesta costituisce un fattore da valutare attentamente in quanto soprattutto al di sopra di 1400 m s.l.m è collegarsi ad altre problematiche quali difficoltà di accesso ed ubica-zione, difficoltà di smaltimento fanghi, ridotta disponibilità energetica, problematiche le-gate al gelo, chiusure stagionali. Un discorso a parte meritano le piante, diverse a seconda dell’altitudi-ne: uno studio accurato è necessario per ricorrere a piante autoctone e tipiche di quella fascia climatica e regione, di modo da non creare alterazioni (ad es. le piante acquatiche sono generalmente piuttosto invasive) all’ambiente.

Le problematiche legate al gelo e alla presenza di neve per lunghi periodi devono essere attentamen-te considerate in fase di progettazione, adottando

8. Criticità da affrontare in fase di progettazione

31Lavori di costruzione dell’impianto di fitodepurazione al Rifugio Garelli

ph Geronimo Carbonò

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tutte le soluzioni possibili tese ad evitare problemi alle tubazioni e agli equipaggiamenti. È importante capire gli accumuli di neve ed i carichi a cui può essere soggetto l’impianto durante l’inverno, valutare la localizzazione evitando l’esposizione a nord, e prevedere come si sposta il manto nevoso per evitare che le opere realizzate ne impediscano lo scivolamento a valle. In caso di chiusura invernale si dovranno prevedere tutti gli ac-corgimenti necessari a consentire lo svuotamento di tubazioni, vasche ed impianti. In caso invece di funzionamento dell’impianto anche durante l’inverno, si dovranno evitare periodi di stazionamento troppo lunghi dell’acqua reflua nei collegamenti e prevedere soluzioni di coibentazione degli stessi ove necessario.

Come abbiamo visto i sistemi di fitodepurazione sono realizzati in climi anche molto freddi e per quanto riguarda le rese depurative non si hanno grosse problematiche sul rispetto dei parametri principali; il rallentamento di alcuni processi quali la nitrificazione è invece sensibile al di sotto di temperature dell’acqua di 12°C, ma questo è un proble-ma comune a tutti i trattamenti biologici.L’arresto di un impianto di fitodepurazione in genere non costituisce un problema du-rante l’inverno e le piante si adattano alla nuova condizione esattamente come fanno in natura, per poi ripartire durante i mesi estivi.

L’impianto necessita comunquedi un periodo di avviamento, anche se breve, dopo lo stop dovuto alla riformazione della biomassa necessaria ai processi di degradazione del-le sostanze inquinanti; in tale periodo i rendimenti possono calare notevolmente anche se compensati in parte dall’azione meccanica di rimozione dell’inerte di riempimento. Tale problema è accentuato soprattutto quando le stagioni di utilizzo, come spesso ac-cade ad elevate altitudini, sono molto brevi (3-4 mesi).

La fase di riavvio del sistema di fitodepurazione deve essere quindi fatta con cura, as-sicurandosi che non si siano verificati danni durante la stagione di fermo e che tutto

sia nelle condizioni previste dal piano di utilizzo e manutenzione dell’impianto. L’aumento graduale del numero di utenze a seguito della riapertura non fa che facilitare il processo di avvio del sistema di fitodepurazione, che come abbiamo visto è ben tol-lerante e flessibile nei confronti delle oscillazioni di utenza.

Ubicazione e difficoltà di accessoSe per agglomerati e frazioni tra gli 800 e i 1400 m questo non costituisce, tranne che in qualche caso,

32Impianto di fitodepurazione del Rifugio Garelli durante il disgelo - ph S. Macchetta

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un problema (se non forse in un limitato aumento dei costi di trasporto di alcuni ma-teriali come ad esempio la sabbia impiegata nei sistemi a flusso verticale, presente di norma a quote più basse e quindi a distanze maggiori), è sicuramente un fattore da tenere conto quando si deve intervenire in rifugi di alta quota al di sopra dei 1400 m, molti dei quali accessibili solamente tramite sentieri escursionistici, altri tramite strade che possono creare qualche difficoltà soprattutto nel trasporto dei materiali.

Il caso limite è dato da rifugi accessibili solo tramite elicottero, in cui il peso e le tipolo-gie dei materiali impiegati devono essere limitati ed ottimizzati al massimo, di modo da contenere i costi che altrimenti salirebbero a dismisura. Nel caso della fitodepurazione, essendo trattamenti estensivi, l’utilizzo di materiale filtrante in significative quantità (cir-ca 0.8-1 m3 per ogni m2 di superficie richiesta) costituisce sicuramente una problematica da tenere conto nel calcolo dei costi.In alcuni casi possono essere realizzate piccole cave sul posto per la frantumazione del materiale in sito a partire da rocce esistenti, ma ciò non è sempre possibile. La prero-gativa è innanzitutto cercare di ridurre ed ottimizzare le superfici e quindi i quantitativi richiesti, privilegiando schemi più compatti senza, al tempo stesso, perdere di vista la funzionalità.Nel caso di trasporti in elicottero, il fattore peso diventa fondamentale: nonostante il costo più elevato rispetto agli inerti tradizionali, l’utilizzo di materiali leggeri quali Leca granulare o pomice, permette di contenere molto i costi. Inoltre tali materiali presentano caratteristiche chimico-fisiche tali da aumentare la capacità di adsorbimento di alcuni inquinanti e quindi di avere un effetto positivo sulle rese depurative. La Leca è presente con grani di vari dimensioni, che permettono la realizzazione di varie tipologie di sistemi di fitodepurazione a ghiaia. Prevedere invece sistemi di filtrazione a sabbia (quali i siste-mi verticali classici) può in questi casi costituire un problema.

La difficoltà di accesso può costituire anche un fattore di scelta della tipologia di impian-to, privilegiando sistemi che necessitano di ridotta manutenzione ed interventi semplici eseguibili sul posto direttamente dall’utente, bassi o nulli mate-riali di scarto (come fanghi) da dover portare via.

Più l’ubicazione è isolata, maggiori possono essere i problemi legati alla disponibilità continua di cor-rente elettrica, il che dovrebbe far propendere verso sistemi che funzionano per gravità senza l’ausilio di pompaggi o sistemi di aerazione, o in ogni caso con consumi ridotti anche alle altitudini più basse. 33

Trasporto materiali al Rifugio Garelli - ph Geronimo Carbonò

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9. Manutenzione e gestione

Una delle peculiarità dei sistemi di fitodepurazione è quella di richiedere poche e sem-plici operazioni di manutenzione: attenzione però a non cadere nell’errore di “abban-donare” l’impianto in quanto si rischia di comprometterne gravemente la funzionalità. . E’ quindi indispensabile la presenza di personale, senza particolari specializzazioni, per controllare periodicamente il corretto funzionamento della struttura.

Le operazioni di routine per la manutenzione di un impianto di fitodepurazione sono le seguenti:- allontanamento del materiale solido grigliato;- ispezione e svuotamento periodico dei trattamenti primari;- ispezione dei sistemi di ingresso e uscita alla vasca di fitodepurazione e del regolatore di livello;- controllo dell’integrità delle sponde.

Solo nel caso siano installati componenti elettromeccanici, come grigliature automati-che (generalmente presenti solo per gli impianti di maggiori dimensioni) o pompe, può essere necessario il ricorso a tecnici specializzati in maniera comunque molto saltuaria.Per i letti di fitodepurazione, a partire dal secondo anno si dovrà provvedere ogni anno alla potatura della parte emersa delle piante e alla rimozione del materiale vegetale dal letto.

Le operazione di manutenzione straordinaria per i sistemi di fitodepurazione riguardano essenzialmente 2 diversi problemi:

- fenomeni di ostruzione (clogging) del letto;- malattie delle piante o presenza di specie infestanti.

Il clogging nei sistemi a flusso sommerso orizzontale è generalmente a carico della sezione di ingresso ed è evidenziato dal ruscellamento superficiale del refluo nella prima parte della vasca. Le cause posso-no essere un sovraccarico dell’impianto e il malfun-zionamento dei sistemi di trattamento primari con fughe di fanghi verso la fitodepurazione. A seconda della gravità del problema, si provvederà

34Operazioni di controllo del pozzetto fiscale presso il fitodepuratoredel Rifugio Garelli - ph T. Forte

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a lavare il pietrame del vespaio di alimentazione con acqua in pressione o allagare il letto per permettere ai fanghi di venire a galla per poi riportarlo ad una quota inferiore al regime e raccogliere i fanghi una volta essiccati. Talvolta è necessario rimuovere, sostituire o rigenerare i primi metri del medium di riempimento.

Il clogging nei sistemi a flusso verticale è di tipo superficiale e si manifesta con la for-mazione di pozze d’ acqua e la progressiva perdita di permeabilità del medium filtrante; come primo intervento si dovrà sospendere l’alimentazione del sistema per almeno 2 settimane, verificando se si ristabiliscono le condizioni di percolazione ottimali. Se invece le ostruzioni appaiono generalizzate su tutta la superficie del letto, il problema potrebbe essere dovuto ad un sovraccarico e/o a fughe di fanghi (nel caso che la vasca verticale sia immediatamente successiva ai trattamenti primari).

Un discorso a parte meritano i sistemi “alla francese”, in cui di fatto si generano situa-zioni di “clogging controllato” che portano alla formazione di uno strato di fango su-perficiale. In questo caso si deve controllare quando la conducibilità idraulica non è più sufficiente a smaltire la portata. Solo allora il fango deve essere rimosso (come abbiamo visto questo avviene non prima di 8-10 anni) ed una volta fatto, il sistema è di nuovo pronto per funzionare.

Per quanto riguarda le piante, in presenza di specie infestanti si dovrà procedere alla rimozione manuale o all’allagamento controllato del letto. Nel caso in cui si riscontri-no problemi di malattie sulle piante o danneggiamenti da parte di insetti o animali, è importante richiedere un consulto a personale specializzato in modo da individuare la soluzione più appropriata.

35Particolare del sifone autoadescante presso il fitodepuratore

del Rifugio Garelli - ph T. Forte

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La peculiarità di questo schema è l’assenza di fosse biologiche o imhoff grazie al primo stadio “alla francese” che permette di non avere fanghi da smaltire e di recuperare nutrienti; questo rende lo schema molto adatto quando si hanno difficoltà di accesso per l’estrazione dei fanghi. Il secondo stadio a flusso sommerso orizzontale completa la depurazione garantendo rese molto elevate per carico organico, solidi sospesi, sostanze azotate e carica batterica.

10. Selezione di schemi applicativi

10.1 FRB + HF

 

 griglia

Sifone

fitodepurazione FRBScarico in fosso

degrassatore

acque nere

acque grigie

SUPERFICIE NETTA VASCHE: 1,5-2,5 m2/abitante, 1-2 m2 per posto letto in rifugi alpini dipendentemente dai tassi di utilizzo

RESE ATTESE: BOD5 90-95%; TSS 90-95%; TN 70-90%; NH4 70-90%

PRE-TRATTAMENTI: griglia manuale, degrassatore

COSTI DI INTERVENTO: 500-700 €/abitante; 200-800 € per posto letto in rifugi alpini dipendente-mente da accessibilità e tassi di utilizzo.

GESTIONE: non necessita di smaltimento di alcun fango di supero, funzionante per gravità, richiede di cambiare manualmente il letto da alimentare ogni 2-3 giorni (operazione eseguibile in pochi minuti).

36Impianto di fitodepurazione del Rifugio Garelli, Parco naturale del Marguareis, 100 posti letto, 1900 m slm - ph Geronimo Carbonò

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Questo schema è mutuato dal precedente e anche in questo caso non si hanno fosse biologiche o imhoff grazie al primo stadio “alla francese” ed è quindi molto adatto quando si hanno difficoltà di accesso per l’estrazione dei fanghi. La qualità delle acque è minore, comunque in linea con il concetto di trattamento appropriato per piccole co-munità e con elevata capacità di disinfezione, per cui può essere una valida alternativa al precedente quando gli spazi sono molto ridotti e il recettore finale è di minor pregio, oppure si possono disperdere le acque nel sottosuolo tramite sub-irrigazione.

SUPERFICIE NETTA VASCHE: 1-1,5 m2/abitante, 0,8-1,5 m2 per posto letto in rifugi alpini dipendentemente dai tassi di utilizzo

RESE ATTESE: BOD5 70-80%; TSS 70-80%; TN 30-50%; NH4 50-70%

PRE-TRATTAMENTI: griglia manuale, degrassatore

COSTI DI INTERVENTO: 300-500 €/abitante; 150-600 € per posto letto in rifugi alpini dipendentemente da accessibilità e tassi di utilizzo

GESTIONE: non necessita di smaltimento di alcun fango di supero, funzionante per gravità, richiede di cambiare manualmente il letto da alimentare ogni 2-3 giorni (opera-zione eseguibile in pochi minuti)

10.2 FRB

37Impianto di fitodepurazione di Plan des Fontainettes, 2196 m slm,

sistema FRB ph T. Forte

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Questo schema è probabilmente ancora il più diffuso per le piccole utenze e ha il vantag-gio della estrema semplicità costruttiva e gestionale. Richiede però l’utilizzo di una fossa biologica tricamerale per le acque nere (o anche una fossa Imhoff) e quindi va previsto lo smaltimento periodico dei fanghi ivi sedimentati; in caso di difficoltà di accesso, questo problema può esser superato tramite l’installazione di un sistema di fitodisidratazione, cioè di una o più vasche, molto simili come concetto ai già visti “sistemi alla francese” ma molto più piccole, per trattare localmente i fanghi e trasformarli, dopo un tempo di circa 8-10 anni, in un ottimo ammendante organico. La qualità delle acque è molto buona per carico organico e solidi sospesi, mentre l’abbattimento di azoto ammoniacale e totale difficilmente supera il 50-60%, comunque in linea con il concetto di trattamento appropriato per piccole comunità. Gli spazi richiesti sono un po’ maggiori per evitare che il filtro si intasi precocemente.

10.3 FOSSA BIOLOGICA TRICAMERALE + HF

SUPERFICIE NETTA VASCHE: 2,5-4 m2/abitante, 1,5-3 m2 per posto letto in rifugi alpini dipendentemente dai tassi di utilizzo; fitodisidratazione 0,2-0,3 m2/abitante

RESE ATTESE: BOD5 80-90%; TSS 80-90%; TN 30-50%; NH4 30-50%

PRE-TRATTAMENTI: griglia, degrassatore, fossa tricamerale o imhoff

COSTI DI INTERVENTO: 400-600 €/abitante; 300-800 € per posto letto in rifugi alpini dipendentemente da accessibilità e tassi di utilizzo.

GESTIONE: funzionante per gravità senza bisogno di alcun intervento gestionale, richie-de solo lo spurgo periodico del fango e semplici controlli periodici.

38Impianto di fitodepurazione HF di Pian di Ballo e Marrona, Castel del Piano (GR, 400 abitanti, 650 m slm) - ph IRIDRA s.r.l

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Questo schema è un po’ meno semplice del precedente, ma più adatto in climi freddi e ormai ben collaudato a livello nazionale ed internazionale. Necessita di una fossa bio-logica tricamerale per le acque nere (o anche una fossa Imhoff) e quindi va previsto lo smaltimento periodico dei fanghi ivi sedimentati; in caso di difficoltà di accesso, anche in questo caso si può ricorrere a un sistema di fitodisidratazione. La qualità delle acque è ottima per carico organico e solidi sospesi, e anche l’abbattimento di azoto ammo-niacale è in genere molto alto. Rispetto ai sistemi HF inoltre, c’è maggiore libertà sulle geometrie delle vasche, risultando quindi più facili da inserire in certi contesti.

10.4 FOSSA BIOLOGICA TRICAMERALE + VF

SUPERFICIE NETTA VASCHE: 2-3 m2/abitante, 1,5-2,5 m2 per posto letto in rifugi alpini dipendentemente dai tassi di utilizzo; fitodisidratazione 0,2-0,3 m2/abitante

RESE ATTESE: BOD5 80-90%; TSS 90-95%; TN 30-50%; NH4 70-90%

PRE-TRATTAMENTI: griglia, degrassatore, fossa tricamerale o imhoff

COSTI DI INTERVENTO: 450-600 €/abitante; 350-800 € per posti letto in rifugi alpini dipendentemente da accessibilità e tassi di utilizzo.

GESTIONE: può essere alimentato per gravità con sifoni se si hanno dislivelli sufficienti, altrimenti richiede piccole pompe funzionanti poche ora al giorno che richiedono perio-dici controlli e revisioni. Per il resto richiede solo lo spurgo periodico del fango e semplici controlli regolari nel tempo; è inoltre più facile recuperare il funzionamento del sistema in caso di “clogging” del medium filtrante, soprattutto se si prevedono più settori o vasche alimentate in parallelo.

 

Tricamerale

fitodepurazione VFdegrassatore

acque nere

acque grigie

Scarico in fosso

Sifoneo pompa

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Questo schema è un “upgrading”, del precedente che combina un verticale in testa a ghiaia fine con un verticale classico, utile quando si vogliono raggiungere limiti depura-tivi più spinti (es. riuso) mantenendo comunque una certa compattezza. Necessita di una fossa biologica tricamerale per le acque nere (o anche una fossa Imhoff) e quindi va pre-visto lo smaltimento periodico dei fanghi ivi sedimentati; in caso di difficoltà di accesso, anche in questo caso si può ricorrere a un sistema di fitodisidratazione. La qualità delle acque è elevata per carico organico, solidi sospesi, azoto ammoniacale e carica batterica.

10.5 FOSSA BIOLOGICA TRICAMERALE + VF +VF

SUPERFICIE NETTA VASCHE: 2-3 m2/abitante, 1,5-2,5 m2 per posto letto in rifugi alpini dipendentemente dai tassi di utilizzo; fitodisidratazione 0,2-0,3 m2/abitante

RESE ATTESE: BOD5 90-99%; TSS 95-99%; TN 50-60%; NH4 90-99%

PRE-TRATTAMENTI: griglia, degrassatore, fossa tricamerale o imhoff

COSTI DI INTERVENTO: 500-650 €/abitante; 400-800 € per posto letto in rifugi alpini dipendentemente da accessibilità e tassi di utilizzo.

GESTIONE: può essere alimentato per gravità con sifoni se si hanno dislivelli sufficienti, altrimenti richiede piccole pompe funzionanti poche ora al giorno che richiedono perio-dici controlli e revisioni. Per il resto richiede solo lo spurgo periodico del fango e semplici controlli regolari nel tempo; è inoltre più facile recuperare il funzionamento del sistema in caso di “clogging” del medium filtrante, soprattutto se si prevedono più settori o vasche alimentate in parallelo.

 

Tricamerale

VF 1°stadiodegrassatore

acque nere

acque grigie

Scarico in fosso

Sifoneo pompa

Sifoneo pompa

VF 2°stadio

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Questo schema è il classico ibrido che combina orizzontali e verticali, ottimizzando i van-taggi delle due tipologie per ottenere un sistema compatto ed altamente performante, utile quando si vogliono raggiungere limiti depurativi più spinti (es. riuso). Necessita di una fossa biologica tricamerale per le acque nere (o anche una fossa Imhoff) e quindi va previsto lo smaltimento periodico dei fanghi ivi sedimentati; in caso di difficoltà di acces-so si può ricorrere a un sistema di fitodisidratazione. La qualità delle acque è elevata per carico organico, solidi sospesi, azoto ammoniacale, nitrati e carica batterica.

SUPERFICIE NETTA VASCHE: 2-3 m2/abitante, 1,5-2,5 m2 per posto letto in rifugi alpini dipendentemente dai tassi di utilizzo; fitodisidratazione 0,2-0,3 m2/abitante

RESE ATTESE: BOD5 90-99%; TSS 95-99%; TN 60-80%; NH4 90-99%

PRE-TRATTAMENTI: griglia, degrassatore, fossa tricamerale o imhoff

COSTI DI INTERVENTO: 450-600 €/abitante; 350-800 € per posto letto in rifugi alpini dipendentemente da accessibilità e tassi di utilizzo.

GESTIONE: il verticale può essere alimentato per gravità con sifoni se si hanno dislivelli sufficienti, ma più spesso si utilizzano piccole pompe funzionanti poche ore al giorno che richiedono periodici controlli e revisioni. Per il resto richiede solo lo spurgo periodico del fango e semplici controlli regolari nel tempo.

10.6 FOSSA BIOLOGICA TRICAMERALE + HF +VF

41Impianto di fitodepurazione HF+VF del villaggio Hapimag di Pentolina,

500 posti letto, 450 m slm - ph Iridra s.r.l

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10.7 FOSSA BIOLOGICA TRICAME-RALE + FITODEPURAZIONE AERATA I sistemi aerati rappresentano un’innovazione assoluta sul panorama nazionale, men-tre sono già piuttosto collaudati in diversi paesi stranieri; al prezzo di una maggiore complessità tecnologica (comunque sempre accettabile anche per piccole comunità funzionando completamente in automatico) e di un maggiore consumo energetico per il compressore, permettono di ridurre drasticamente le superfici utili, ottenendo ele-vati rendimenti per carico organico e azoto ammoniacale anche alle temperature più estreme. Necessita di fossa biologica tricamerale per le acque nere (o anche una fossa Imhoff) più capiente, per evitare problemi di clogging legati ai solidi; per i fanghi al solito si può ricorrere a un sistema di fitodisidratazione. Consigliati dove gli spazi sono molto ridotti, le difficoltà di accesso rendono difficile la fornitura del materiale filtrante, e c’è potenza elettrica sufficiente per l’allacciamento del compressore.

SUPERFICIE NETTA VASCHE: 0,5-1,5 m2/abitante, 0,3-1 m2 per posto letto in rifugi alpi-ni, fitodisidratazione 0,2-0,3 m2/abitante

RESE ATTESE: BOD5 90-99%; TSS 80-90%; TN 50-60%; NH4 90-99%PRE-TRATTAMENTI: griglia, degrassatore, fossa tricamerale o imhoff

COSTI DI INTERVENTO: 350-500 €/abitante; 250-600 € per posto letto in rifugi alpini dipendentemente da accessibilità e tassi di utilizzo.

GESTIONE: può essere alimentato per gravità con sifoni se si hanno dislivelli sufficienti, ma più spesso si utilizzano piccole pompe. Per l’insufflazione dell’aria si usano spe-

ciali compressori molto resistenti che funzionano in automatico senza richiedere grosse regolazioni ma solo ordinari controlli e revisioni. I consumi energe-tici sono in ogni caso molto più alti se comparati ai precedenti schemi, ma comunque molto minori di un classico sistema a fanghi attivi, mantenendo le caratteristiche di flessibilità dei sistemi di fitodepu-razione.

42Sistema aerato realizzato a bordo di un’imbarcazione nel porto di Antwerp, Belgio - ph Dion Von Oirschot

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11. Il progetto FITODEP “La fitodepurazione in ambiente alpino”11.1 Rifugio GarelliIl Piero Garelli è un classico rifugio alpino situato a 1970 m di quota, nel cuore del Par-co. Di proprietà del CAI sezione di Mondovì, inaugurato nel 1950, oggi il rifugio appare come una struttura moderna e capiente con 90 posti letto disponibili. Tappa del GTA, è accessibile solamente tramite la percorrenza di un sentiero. Il rifugio nell’ambito del progetto ALCOTRA FITODEP è stato equipaggiato con un im-pianto di fitodepurazione progettato da Iridra S.r.l. (Italia) per trattare reflui prodotti da 30-85 a.e, con un flusso medio 2,9-7,1 m3/giorno con le seguenti concentrazioni di inquinanti monitorate durante il primo anno: BOD5 625-714 mg/l, N-NH4 100-113 mg/l. Il rifugio, utilizzato da giugno a metà ottobre, è accessibile solo tramite la sentieristica del Parco ed è inserito in un’area ad alto valore naturalistico.

L’impianto è costituito da 5 vasche, disposte in 2 stadi di trattamento: a flusso verti-cale e successivamente a flusso orizzontale; è progettato in modo da gestire il trat-tamento delle acque reflue grigie e nere della struttura, senza bisogno di impianti di pretrattamento, ad esclusione di una griglia per il filtraggio meccanico. Lo schema “alla francese” consiste in: (i) pre-trattamento con griglia manuale/condensagrassi; (ii) primo stadio con tre FRB in parallelo (superficie totale 45 m2) dovele tre vasche lavorano a rotazione con cicli di 2-3 giorni di utilizzo e 4-6 di riposo; (iii) secondo stadio con 2 HF in parallelo (superficie totale 40 m2). I letti sono stati dimensionati seguendo le curve di livello per limitare il più possibile lavori in scavo. Per il mate-riale di riempimento si è optato per una combinazione di ghiaia del posto e LECA, quest’ultima scelta per limitare il più possibile il peso delle forniture di materiale. L’impianto lavora completamente a gravità senza richiesta di ener-gia, grazie a un sifone auto-attivante che alimenta gli FRB. Gli FRB sono stati scelti per limitare l’e-stensione dell’impianto e per evitare l’estrazione e la gestione dei fanghi di risulta, difficile e costosa ad alta quota. I rendimenti registrati sono risultati sufficientemente alti: TSS 89%, BOD5 89%, TKN 46%, Ptot 73%, pathogens (EC) 99%.

43Rifugio Garelli (Parco naturale del Marguareis) 1970 m slm

ph T. Forte

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Le piante utilizzateViste le condizioni climatiche e di fruizione, le specie vegetali da utilizzare nell’impianto sono state individuate in ambienti circostanti il sito adibito alla fitodepurazione, quali: aree di riposo del bestiame, megaforbieti, torbiere, sorgenti e ruscelli.Sulla base di questi criteri sono state scelte quindici specie da impiegare per gli impianti di fitodepurazione del Moncenisio e del Rifugio Garelli; per la maggior parte si tratta di specie mai sperimentate prima per la fitodepurazione. Le piante messe a dimora nelle vasche provengono da popolazioni locali presenti nel Parco e in aree limitrofe; gli indivi-dui sono stati raccolti, coltivati in vivaio e moltiplicati a seconda delle necessità. Nell’ambito del progetto sono state inoltre condotte diverse attività di approfondimento sulla formazioni vegetazionali degli ambienti umidi naturali presenti nel Parco e nelle zone circostanti, nonché prove di laboratorio, esperimenti sulla coltivazione e sulle mo-dalità di propagazione di alcune delle specie selezionate. Le entità impiegate sono state le seguenti: Epilobium angustifolium, Carex rostrata, Deschampsia caespitosa per gli FRB, Rumex alpinus e una selezione di specie da speri-mentare per gli HF.

Schema dell’ impianto di fitodepurazione presso il rifugio Garelli (Chiusa di Pesio, CN)

BOD5 in ingresso e uscita durante il primo anno di campionamento

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11.2 Lago del Moncenisio

La località Plan des Fontainettes si colloca a 2196 m di quota alla sommità della pista da sci di Lanslebourg Mont Cenis, nel dipartimento della Savoia, in prossimità dello spartiacque tra l’italiana Val di Susa e la valle francese della Maurienne. Essa comprende diverse strut-ture turistiche (ricettive e ristorative) per una capacità massima che supera le 500 persone, concentrate perlopiù nei mesi estivi. Il borgo, servito dalla strada D1006, si affaccia sul lago del Moncenisio. In generale, l’area è riconosciuta come zona di rilevante interesse paesaggi-stico. Essa si colloca nell’area esterna del Parco Nazionale della Vanoise e, a poca distanza, sono presenti un “Sito di Importanza Comunitaria” della rete Natura 2000 (FR8201780), una zona di protezione del biotopo del “Moncenisio e vallone di Savine” e la ZNIEFF (zona naturale di interesse ecologico, faunistico e floristico) del pianoro del Moncenisio.

Nell’ambito del progetto ALCOTRA FITODEP è stato realizzato un impianto di fitodepura-zione progettato da Sinbio (Francia) per trattare reflui prodotti da 136-267 a.e, con con-centrazioni attese massime di COD 1200 mg/l e N-NH4 90 mg/l. Il sito è caratterizzato da una notevole oscillazione di utenza, a causa della vocazione turistica e dal fatto che ospita alcuni eventi annuali, come il Mont Cenis Festival, che richiamano molti visitatori, concen-trati in pochi giorni.

L’impianto di fitodepurazione, con schema alla francese, consiste in due FRB in parallelo (superficie totale 180 m2), caricati alternativamente con cadenza settimanale, mentre non prevede alcun trattamento ulteriore dopo di esse, sia perché i limiti di legge francesi per tale utenza sono meno costrittivi, sia perché è possibile sfruttare il bacino idrico in cui scarica per il completamento dei processi depurativi. I rendimenti attesi sono: MES 89±3%, COD 82±3%, TKN 60±6%. A differenza dell’impianto del Rifugio Garelli, il sito non presenta particolari difficoltà di ac-cesso per i mezzi d’opera e per le forniture di materiali, anche perché parte dei lavori preliminari hanno previ-sto la realizzazione di una pista di accesso al cantiere che ora viene utilizzata per le operazioni di manuten-zione e la fruizione. Le piante selezionate per i letti sono: Epilobium angustifolium, Carex nigra, Caltha palustris, Rumex alpinus, Carex rostrata, Phragmites australis.45

Dettaglio del fitodepuratore di Plan des Fontainettes (Francia) ph SIVOM de Val Cenis

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12. Il Centro per la Biodiversità Vegetale

Il Centro per la Biodiversità Vegetale (CBV) è uno dei settori operativi del Parco. Le strutture di cui si avvale comprendono la Banca del Germoplasma del Piemonte, il Vivaio di Flora Autoctona, le Stazioni Botaniche Alpine e il Servizio di Conservazione e Gestione Ambientale.

Banca del Germoplasma del PiemonteSi occupa del trattamento e della conservazione a breve e lungo termine dei semi delle piante minacciate di estinzione studiandone la qualità e la variabilità e individuando le condizioni ottimali per la germinazione, per l’eventuale reintroduzione o per l’incremen-to delle popolazioni delle specie vegetali in natura. Attualmente la banca conserva più di 1000 lotti di semi in rappresentanza di 464 specie diverse, grazie anche al contributo di numerosi altri Parchi piemontesi.

Vivaio di Flora autoctona Il Vivaio è ubicato presso il Vivaio Forestale Regionale « Gambarello », grazie ad una convenzione con il Settore Gestione Proprietà Forestali Regionali e Vivaistiche della Re-gione Piemonte. Vengono coltivate numerose specie rare, utilizzate per il trapianto nelle Stazioni Botaniche Alpine o per la messa a dimora nei loro ambienti naturali. Per ga-rantire la produzione di materiale vegetale in tutte le stagioni dell’anno è presente una serra climatizzata.

46Lotti di semi conservati presso la Banca del Germoplasmaph M. Adamo

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Stazioni Botaniche Alpine (SBA)Situate nei pressi del Rifugio Garelli, rappresentano delle riserve biologiche per la con-servazione degli habitat e di specie rare di alta quota; vi sono conservate le entità vege-tali più significative delle Alpi Liguri e Marittime seguendo i più moderni e rigorosi mo-delli di conservazione dei giardini botanici alpini. Al contrario di quanto si osserva in altri giardini botanici nella disposizione delle specie non viene seguito alcun criterio estetico, poiché l’intento è quello di rappresentare in un’area ristretta la molteplicità degli am-bienti che si possono incontrare camminando per i sentieri delle Alpi Liguri e Marittime. Nelle aiuole troviamo una grande varietà di specie, circa 500, in gran parte rare, consi-derate dagli appassionati veri e propri gioielli della nostra flora. Si tratta della più importante collezione viva di vegetali della flora piemontese. Le Stazioni ospitano specie vegetali che vivono esclusivamente nella fascia subalpina e alpina; la Stazione Burnat-Bicknell conserva un’area umida definita torbiera di transizio-ne, ambiente raro in Italia, mentre la Stazione Danilo Re ospita habitat rupestri.

Servizio Conservazione e Gestione AmbientaleSi occupa della tutela, gestione, conservazione in situ e valorizzazione della flora spon-tanea e degli habitat naturali e seminaturali delle Alpi Liguri e Marittime. La dotazione tecnico-scientifica è costituita da una ricca biblioteca botanica, un erbario e una posta-zione della banca dati regionale che raccoglie informazioni sulla flora e la vegetazione del settore alpino precedentemente menzionato.

47Stazione Botanica Alpina Burnat-Bicknell

ph T. Forte

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Foto del cantiere: fitodepuratore del Rifugio Garelli

Riunione organizzativa dei tecnici - ph I. Pace1

Scavi vasche a flusso sommerso verticale - ph T. Forte2

Posizionamento del sifone autoadescante - ph G. Carbonò3

Vasca a flusso sommerso verticale e tubi in pvc - ph T. Forte4

Setacciatura materiale inerte per utilizzo nelle vasche - ph T. Forte5

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Prime fasi di riempimento vasche - ph T. Forte6

Nuovi getti di Chenopodium bonus-henricus - ph T. Forte7

Disposizione piante nelle vasche a flusso orizzontale - ph T. Forte8

Epilobium angustifolium in vasca a flusso verticale - ph I. Pace9

Rinaturalizzazione del sentiero con geojuta - ph L. Castagnoli10

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Foto del cantiere: fitodepuratore di Plan des Fontainettes

Realizzazione pista di accesso all’impianto - ph SIVOM de Val Cenis1

Lavori di scavo per realizzazione vasche - ph SIVOM de Val Cenis2

Posizionamento telo di impermeabilizzazione - ph SIVOM de Val Cenis3

Consegna piante raccolte e cresciute in vaso dal CBV - ph SIVOM de Val Cenis4

Disposizione piante nelle vasche a flusso verticale - ph SIVOM de Val Cenis5

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insieme oltre i confiniensemble par-dela les frontieres

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