Linea acque 2copia 0 150 - fedekiko.com · la linea acque Depurazione delle ... necessario...

174
La depurazione La Depurazione delle acque reflue: la linea acque Depurazione delle acque reflue Fonti d'inquinamento delle acque Le particolari caratteristiche chimico-fisiche fanno dell’acqua una sostanza indispensabile sia per la vita che per quasi tutte le attività umane. L’acqua viene prelevata dalle principali fonti di approvvigionamento idrico: fiumi, laghi, falde sotterranee e mare, viene quindi sottoposta ai trattamenti necessari a renderla idonea all’uso che se ne vuol fare, viene utilizzata e infine scaricata nei corpi idrici recettori. L’uso delle acque, qualunque esso sia, ne altera le proprietà (caratteristiche chimico- fisiche, organolettiche e biologiche) causando quello che si definisce comunemente inquinamento. Le possibili fonti d'inquinamento sono molteplici e diverse e derivano dall’uso che viene fatto delle acque: inquinamento industriale, inquinamento civile, inquinamento termico ecc. Dal momento che i corpi idrici naturali funzionano sia da fonti per l’approvvigionamento dell’acqua che da recettori finali per lo smaltimento delle acque reflue, appare evidente che per salvaguardare le fonti di rifornimento idrico è necessario scaricare solamente acque con un livello di inquinamento non superiore a quello eliminabile grazie al potere autodepurante delle acque naturali. Per evitare il deterioramento del patrimonio idrico nazionale a causa dell’inquinamento, sono state emanate leggi che stabiliscono quali caratteristiche devono avere le acque che devono essere smaltite, sia sulla base dell’uso che ne viene fatto sia sulla base del corpo idrico che deve ricevere le acque di scarico. In Italia la “Difesa del patrimonio idrico nazionale” è regolata dal Decreto Legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 dal titolo "Norme in materia ambientale" che fissa le caratteristiche chimico-fisiche e i livelli massimi dei fattori inquinanti rilevabili nelle acque prima che queste possano essere liberamente scaricate.

Transcript of Linea acque 2copia 0 150 - fedekiko.com · la linea acque Depurazione delle ... necessario...

La depurazione

La Depurazione delle acque reflue:

la linea acque

Depurazione delle acque reflue

Fonti d'inquinamento delle acque

Le particolari caratteristiche chimico-fisiche fanno dell’acqua una sostanza

indispensabile sia per la vita che per quasi tutte le attività umane. L’acqua viene

prelevata dalle principali fonti di approvvigionamento idrico: fiumi, laghi, falde

sotterranee e mare, viene quindi sottoposta ai trattamenti necessari a renderla idonea

all’uso che se ne vuol fare, viene utilizzata e infine scaricata nei corpi idrici recettori.

L’uso delle acque, qualunque esso sia, ne altera le proprietà (caratteristiche chimico-

fisiche, organolettiche e biologiche) causando quello che si definisce comunemente

inquinamento.

Le possibili fonti d'inquinamento sono molteplici e diverse e derivano dall’uso che

viene fatto delle acque: inquinamento industriale, inquinamento civile, inquinamento

termico ecc.

Dal momento che i corpi idrici naturali funzionano sia da fonti per

l’approvvigionamento dell’acqua che da recettori finali per lo smaltimento delle acque

reflue, appare evidente che per salvaguardare le fonti di rifornimento idrico è

necessario scaricare solamente acque con un livello di inquinamento non superiore a

quello eliminabile grazie al potere autodepurante delle acque naturali.

Per evitare il deterioramento del patrimonio idrico nazionale a causa

dell’inquinamento, sono state emanate leggi che stabiliscono quali caratteristiche

devono avere le acque che devono essere smaltite, sia sulla base dell’uso che ne viene

fatto sia sulla base del corpo idrico che deve ricevere le acque di scarico.

In Italia la “Difesa del patrimonio idrico nazionale” è regolata dal Decreto

Legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 dal titolo "Norme in materia

ambientale" che fissa le caratteristiche chimico-fisiche e i livelli massimi dei fattori

inquinanti rilevabili nelle acque prima che queste possano essere liberamente

scaricate.

Caratterizzazione delle acque reflue

Le acque usate nell’industria, acque di processo, acque di raffreddamento acque di

lavaggio e acque di servizio, subiscono un inquinamento definito “specifico” nel

senso che possono essere sempre conosciuti sia la natura che la quantità delle sostanze

inquinanti presenti. Ad esempio le acque di processo di un’industria petrolifera

conterranno sostanze oleose e idrocarburi, quelle scaricate da un’industria galvanica

conterranno ioni di metalli pesanti mentre quelle prodotte da un’industria

farmaceutica conterranno sostanze organiche particolari e così via. Per questo tipo di

acque è sempre possibile realizzare trattamenti specifici idonei alla riduzione dei

fattori inquinanti sotto i limiti di accettabilità richiesti dalle leggi vigenti.

Un caso diverso è costituito dalle acque per uso civile prodotte nelle abitazioni, nei

servizi quali scuole, ospedali, negozi uffici, ristoranti ecc. e le acque derivanti da

particolari tipi di lavorazione come le industrie alimentari, gli allevamenti di animali e

la lavorazione di sostanze vegetali, per le quali non è possibile conoscere né la natura

né la quantità di sostanze inquinanti (inquinamento “non specifico”).

E’ noto tuttavia che la quasi totalità degli agenti inquinanti contenuti in queste acque è

di natura organica e risulta generalmente degradabile per via biologica è perciò

decomponibile grazie all’azione di colonie di batteri saprofiti, cioè demolitori di

sostanza organica morta, che sfruttano l’ossigeno, contenuto nelle acque stesse, per

ossidare le sostanze organiche formando principalmente anidride carbonica, nitrati e

acqua.

Fra le sostanze facilmente biodegradabili ci sono i carboidrati, le proteine, gli

amminoacidi, gli alcoli, le aldeidi, la maggior parte dei tensioattivi contenuti nei

prodotti detergenti ecc. Al contrario risultano difficilmente biodegradabili quasi tutti

gli idrocarburi, anche se attualmente sono state selezionate colonie batteriche in grado

di metabolizzarli, e ovviamente tutte le sostanze minerali di tipo inorganico.

La richiesta biochimica di ossigeno (BOD = Biochemical Oxygen

Demand)

Il fattore comune a tutte le acque di scarico di tipo civile è costituito dalla presenza di

sostanze organiche (carboidrati, lipidi, proteine ecc.) che, anche se non ben identificate

e in concentrazioni variabili da un campione all’altro, risultano tuttavia quasi sempre

degradabili per via biochimica. Si può allora usare tale caratteristica per definire un

parametro che possa fornire una misura del livello di inquinamento organico presente

in un campione di acqua, misurando la quantità di ossigeno necessaria all’ossidazione

biochimica delle sostanze organiche degradabili presenti.

Questo parametro viene indicato con la sigla BOD (Biochemical Oxygen Demand =

Richiesta Biochimica di Ossigeno) e viene normalmente misurato in ppm (mg/l). Il

suo valore viene usato sia come misura dell’inquinamento, espresso come deficit di

ossigeno, sia come misura indiretta della concentrazione della sostanza organica

biodegradabile presente nello scarico.

Il valore del BOD è funzione sia del tempo di ossidazione che della temperatura.

Occorre perciò specificare per quanto tempo (in giorni) viene effettuata l’ossidazione

biochimica e indicarlo ponendo a destra della sigla un indice opportuno (esempio

BOD5 indica che la misura è stata fatta sottoponendo il campione alla reazione di

degradazione biologica per 5 giorni, BOD20 per 20 giorni e così via). Spesso, anche se

non sempre, si indica anche la temperatura, alla quale è stata eseguita la misura,

mediante un apice opportuno.

Esempio indica che la misura è stata eseguita alla temperatura di 20 °C per 5

giorni.

La determinazione del BOD viene eseguita mettendo a contatto un volume noto di

campione da esaminare con una quantità di ossigeno sufficiente e in quantità nota. Il

sistema viene mantenuto a temperatura costante e al buio per il tempo desiderato e al

termine si misura la quantità di ossigeno residuo. Dalla differenza fra il valore iniziale

e quello finale, rapportata a un volume di soluzione di 1 litro, si determina il valore del

BOD.

Poiché questo tipo di misurazione è operativamente abbastanza complesso e richiede

attrezzature particolari, risulta eseguibile solo da laboratori specializzati quali quelli

universitari e quelli degli enti statali preposti al controllo delle acque.

Figura 6.3 – Diagramma di Thierault

Si deve inoltre considerare che la degradazione delle sostanze per ossidazione biologica

non procede in maniera uniforme ma per stadi successivi. In un primo tempo viene

ossidata la frazione carboniosa (scheletro carbonioso delle sostanze organiche) per

formare anidride carbonica, e in un tempo successivo, tanto più breve quanto più alta è

la temperatura, viene ossidata la frazione azotata (nitrificazione).

Riportando il valore del BOD eliminato in funzione del tempo a varie temperature

(diagramma di Thierault) si ottiene il grafico riportato in Figura 6.3 in cui sono

evidenti le due fasi, quella carboniosa e quella nitrica, descritte in precedenza.

Per le acque reflue di tipo civile, al fine di evitare sperimentazioni eccessivamente

lunghe e laboriose, si prende come riferimento la temperatura di 20 °C e un tempo di

ossidazione di 5 giorni.

Questo parametro viene indicato con la sigla BOD5 a 20 °C.

Nel grafico riportato sotto sono evidenziate le fasi carboniose del BOD eliminato a

varie temperature. Come si può vedere mentre alla temperature inferiori a 20 °C il

BOD eliminato è ancora diverso dal BOD totale anche dopo 25 giorni, a 20 °C o a

temperature superiori il BOD eliminato è quasi il 100% già dopo 20 giorni. In

particolare il BOD20 risulta pari a circa 1,45 volte il BOD5. Si può allora concludere che

il BOD20 rappresenta in pratica il BOD totale di un’acqua reflua.

Figura 6.5 – BOD eliminato in funzione del tempo e della temperatura

La seconda fase dell’ossidazione delle sostanze organiche (nitrificazione) è spesso

denominata NOD (Nitrogen Oxygen Demand = Richiesta di Ossigeno per la

nitrificazione cioè per l’ossidazione dei composti contenenti azoto). Come evidenziato

nel grafico, mostrato nella figura 6.3 di pagina 2 (diagramma di Thierault), questa fase

si sviluppa con minore velocità e in tempi molto lunghi. Quando si parla di BOD ci

riferiamo normalmente alla fase carboniosa in quanto quella nitrica, oltre a richiedere

tempi lunghi necessita anche di condizioni particolari di ossigeno disciolto e di pH e

inoltre ha un effetto inquinante assai meno pronunciato rispetto alla frazione

carboniosa.

Il COD (=Chemical Oxygen Demand)

Il COD (Richiesta Chimica di Ossigeno) indica la quantità di ossigeno necessaria a

ossidare, per via chimica, le sostanze contenute nelle acque reflue. L’unità di misura

comunemente usata è mg/l o ppm.

Il COD è diverso dal BOD in quanto riesce a determinare oltre alle sostanze

biodegradabili, cioè ossidabili per via biochimica, anche quelle che, pur non essendo

biodegradabili, risultano ossidabili per via chimica.

Questo parametro viene determinato usando metodologie operative standardizzate che

consistono in:

• prelevamento di un volume noto di campione da analizzare• acidificazione con acido solforico concentrato contenente disciolto del solfato di

argento (catalizzatore)• aggiunta di un volume noto di soluzione di bicromato di potassio a titolo

esattamente noto• riscaldamento all’ebollizione per 2 ore• dopo raffreddamento, titolazione del bicromato di potassio in eccesso (non reagito)

con solfato ferroso a titolo noto, (o sale di Mohr) usando ortofenantrolina come

indicatore.

Le semireazioni di ossido/riduzione coinvolte in questo tipo di analisi sono:

Riduzione del bicromato (Ossidante)

Ossidazione del ferro (Riducente)

L’ossidazione chimica riesce a determinare non solo le sostanze organiche

biodegradabili ma anche quelle inorganiche come solfuri, solfiti, tiosolfati, nitriti, e

metalli in forma ridotta (esempio Fe2+), che comunque nelle acque reflue sono presenti

in quantità generalmente trascurabili.

Per contro alcune sostanze organiche come benzene, toluene, piridina e molti

idrocarburi non vengono ossidate dal bicromato di potassio, mentre altre come alcoli,

acidi, amminoacidi e aldeidi vengono ossidate solo parzialmente.

In genere il valore del COD risulta superiore a quello del BOD, anche se non è sempre

vero. Per le acque di scarico di tipo civile, a meno di eventi eccezionali, il rapporto fra

COD e BOD è praticamente costante.

A titolo di esempio si può affermare che, negli scarichi di tipo civile, il COD risulta

generalmente pari a

1,20 ÷ 1,40 volte il valore del BOD20 e pari a 1,7 ÷ 2,0 volte il valore del BOD5. Valori

più alti di questi rapporti (fino a 4 ÷ 7 volte) si ottengono nel caso di acque civili nelle

quali sono stati aggiunti scarichi industriali particolarmente ricchi di sostanze

organiche ossidabili solo per via chimica.

Questa costanza nel rapporto fra valore del COD e quello del BOD5, tanto più vera

quanto più costante risultano nel tempo le caratteristiche chimico fisiche dello scarico,

ci consente di determinare il valore del BOD5 da misure del COD (molto più veloci,

circa 3 ore, e semplici, rispetto alle prime che richiedono apparecchiature più

sofisticate e un tempo di reazione di 5 giorni). Inoltre mentre la determinazione del

COD usa una tecnica disponibile in qualsiasi piccolo laboratorio chimico, la

determinazione del BOD può essere eseguita solamente da laboratori specializzati

(ASL, Università ecc.).

Il confronto fra il valore del COD e quello del BOD5 ci può fornire anche utili

informazioni sull’eventuale presenza di sostanze tossiche nelle acque di scarico, infatti,

tali sostanze, interferendo con la vita dei microrganismi aerobici, fanno ottenere valori

del BOD molto più bassi, rispetto a quelli reali, e talvolta addirittura nulli, mentre

l’ossidazione chimica, non risentendo della tossicità di tali sostanze, fornisce valori

costanti.

In queste condizioni, se si ottengono rapporti COD/BOD troppo elevati si può

ragionevolmente supporre che nello scarico sono presenti sostanze tossiche. Infine

anche la presenza di acque diverse da quelle civili (per esempio sversamenti non

autorizzati di acque industriali anche non tossiche) dà un rapporto tra i due parametri

diverso da quello che ci si aspetta da sole acque civili.

Il carico organico (Qorg) e il carico idraulico (Qi)

Quando si deve studiare e progettare un impianto per la depurazione delle acque reflue

è necessario conoscere, oltre al livello di inquinanti espresso come BOD5 o come COD,

anche la quantità totale di acque che devono essere trattate giornalmente, e la

quantità totale di inquinanti presenti i tali acque.

Questi valori sono espressi da parametri quali il carico Idraulico (Qi) e il carico

organico (Qorg).

Il carico idraulico (Qi)

Il carico idraulico è definito come la quantità di acque reflue scaricate da una comunità

nell’unità di tempo e si misura, per esempio, in m3/giorno.

E’ opportuno considerare tuttavia che, al momento della progettazione dell’impianto di

depurazione delle acque reflue, questo dato non è spesso ancora disponibile in quanto

le utenze non sono ancora allacciate alla fognatura, che spesso non esiste o è

incompleta. Un valore approssimato del carico idraulico si può allora ottenere

misurando la quantità di acqua prelevata dall’acquedotto (dato facilmente conoscibile)

ipotizzando che questa venga scaricata non totalmente, ma in ragione di circa l’80% (si

ammette cioè che il 20% venga impiegato in modo tale da non arrivare in fognatura).

Questa valutazione non tiene però conto di eventuali apporti di acqua dovute a fonti di

prelevamento diverse dall’acquedotto, come quelle dovute a insediamenti industriali o

alle acque di infiltrazione (apporto di acqua dovuto alla presenza di corsi d’acqua o

falde sotterranee ecc).

E’ importante sottolineare che il dimensionamento delle apparecchiature deve essere

fatto tenendo conto degli apporti idrici massimi, che si verificano sia nel corso della

giornata che annualmente, e dell’aumento stimato della popolazione.

Un altro modo per stimare il valore del carico idraulico è quella di ricorrere a un’analisi

statistica fatta sulla base della tipologia di utenza (es. scarichi domestici, scarichi di

comunità quali scuole, collegi, uffici, fabbriche, ospedali, grandi magazzini, ecc.)

Per questi tipi di utenze esistono tabelle che forniscono il valore, calcolato da indagini

statistiche, del carico idraulico specifico, cioè la quantità di acqua scaricata per ogni

unità (unità = abitante, impiegato, studente, ecc.) in un giorno (litri/unità۰giorno).

Dati sui carichi idraulico e organico specifici (cioè il carico per unità che lo produce in

un giorno) sono riportati in tabelle (vedi tabella seguente), realizzate in vari paesi

dell’Unione Europea, determinati per le varie tipologie di utilizzatori dell’acqua.

Periodicamente questi dati vengono aggiornati per tener conto dell’andamento

crescente dei consumi idrici dovuto soprattutto alla generalizzazione nell’uso di

apparecchiature domestiche quali lavatrici, lavastoviglie, condizionatori ecc. e in

genere alle migliori condizioni di vita delle popolazioni.

TAB. 1 - Tabella statistica del carico idraulico e organico per vari tipi di

utenza

Tipologia

Carico idraulico

specifico (Qi Sp)

(litri/unità·giorno)

Carico organico

specifico (Qorg Sp)

(grBOD5/unità·giorno)A) Scarichi domestici (per

abitante)A1) Abitazioni di lusso 300 – 400 75 – 90A2) Quartieri ad alto livello 250 – 350 75 – 90A3) Quartieri di livello medio 200 – 300 55 – 75A4) Quartieri popolari e

comunità rurali150 – 250 30 – 60

A5) Villette estive 150 – 200 55 – 70B) Centri turisticiB1) Ospiti stabili 150 – 200 60 – 70B2) Turisti giornalieri 15 – 40 7,5 – 25C) Scuole e comunità (per

alunno o persona)C1) Scuole elementari 35 – 45 11 – 18C2) Scuole medie 35 – 65 15 – 20C2) Presenza di docce + 20 l/persona + 5 g/personaC3) Presenza di cucine + 20 l/persona + 10 g/personaC4) Collegi e convitti 180 – 380 55 – 75C5) Uffici per ogni impiegato 50 – 75 15 – 25C6) Ospedali per ogni posto letto 500 – 1100 100 – 160C7) Hotel per ospite o personale 150 – 400 55 – 75C8) Ospizi e casa di riposo (per

letto)200 – 350 40 – 70

C9) Campeggi e villaggi turistici

(per persona)100 – 200 40 – 70

D) Fabbriche (acque di

servizio)D1) Per persona per ogni turno 50 – 130 20 – 35D2) Presenza di docce + 20 l/persona + 5 g/personaD3) Presenza di cucine + 20 l/persona + 9 g/personaE) Servizi

E1) Ristorante (per impiegato) 35 – 60 20 – 25E2) Ristorante (per posto

servito)

10 – 12 10 – 15

E3) Ristorante con trituratore

(per impiegato)

70 – 120 40 – 50

E4) Ristorante con trituratore

(per posto servito)

20 – 24 20 – 30

E5) Bar per ogni impiegato 50 – 60 20 – 25E6) Bar per ogni cliente 8 5E7) Cinema per ogni posto 15 – 20 8 – 10E8) Piscine per cliente 20 – 40 10 – 15E9) Aeroporti (per impiegato) 50 – 60 22 – 25E10) Aeroporti (per passeggero) 15 – 20 8E11) Sale da ballo (per cliente) 7 15E12) Grandi magazzini (per m2) 3 – 10 l/m2 1 – 2 g/m2

E13) Stazioni di servizio (per

veicolo servito)

45 35

E14) Autogrill (per posto seduto

ogni ora)

15 150 – 250

E15) Lavanderie (per macchina) 1000 – 3000 300

L’osservazione della tabella mostra che gli intervalli di variazione dei parametri

indicati risultano spesso ampi. Questo è dovuto all’eterogeneità dei tipi di

insediamenti indagati (appartenenti a paesi più o meno sviluppati) e a quello del

numero di soggetti.

Molto usato è il parametro indicato come abitante equivalente che serve per

omogeneizzare i dati relativi al carico idraulico specifico.

Questo dato convenzionale consente di esprimere il carico idraulico (e altri dati quali

il carico organico, carico dei solidi sospesi ecc.) in termini omogenei, confrontabili

con le utenze civili, rapportando i valori determinati a quelli di un abitante medio

(vedi esempi seguenti).

Esempio - Abitante equivalente (1).

Uno scarico deve servire un centro residenziale con 3000 abitanti nel quale lavorano

anche 420

impiegati per 8 ore il giorno e 150 operai per 8 ore il giorno.

Determinare il numero di abitanti equivalenti relativi agli impiegati e agli operai

calcolandolo sulla

base del carico idraulico.

************

Dalle tabelle statistiche relative ai valori dei carichi specifici (vedi tabella TAB. 1 di

pagina 5) si

possono stimare valori ragionevoli del carico idraulico specifico:

• carico idraulico specifico medio per abitazioni di lusso (centro residenziale) =

300 l/ab·g

• per gli impiegati: carico idraulico specifico medio (Qi S-imp) = 70 l/persona·g

ripartito sulle 8 ore

• per gli operai: carico idraulico specifico medio (Qi S.op) = 90 l/persona·g ripartito

sulle 8 ore

Il carico idraulico dovuto ai 420 impiegati (CIimp) ammonta a:

Qi imp = n°imp · Qi S-imp = 420·70 = 29400 l/giorno

Dal momento che il carico idraulico specifico per abitante è di 300 l/giorno gli

impiegati

equivalgono, per quanto concerne il carico idraulico, a:

n°ab-eq = 29400/300 = 98 abitanti equivalenti

In maniera analoga si può calcolare gli abitanti equivalenti dei 150 operai:

n°ab-eq = 150·90/300 = 45 abitanti equivalenti

In definitiva il numero di abitanti di cui si deve tener conto nei calcoli sarà:

n°ab = 3000 + 98 + 45 = 3143 abitanti equivalenti

Esempio - Abitante equivalente (2).

Determinare il numero di abitanti equivalenti di un ospedale con 2100 posti letto (Qi

s = 900 l/degente·gg) e 1000 addetti (medici, infermieri, inservienti ecc. con Qi s =

180 l/addetto·gg)

**************

Il carico idraulico totale per i degenti è:

Qi (degenti) = 2100·900 = 1890000 l/g

Il carico idraulico totale per gli addetti è:

Qi (addetti) = 180·1000 = 180000 l/g

Il carico idraulico totale vale quindi: Qi = 2070000 l/g che corrisponde a:

2070000 l/g /300 l/g⋅ab = 6900 abitanti equivalenti

Il Carico Organico (Qorg)

Il carico organico si riferisce alla quantità di inquinanti rilasciati in un giorno nelle

acque di scarico e si misura in Kg di BOD5/giorno [ kg(BOD5)/g ].

Il carico organico è legato al valore del BOD dell’acqua e alla portata giornaliera. Per

esempio, se si conosce il volume, espresso in m3/giorno, delle acque e si conosce il

BOD5 dell’acqua si può calcolare il carico organico moltiplicando il BOD (convertito

in Kg/m3) per la portata giornaliera dell’acqua espressa in m3/giorno.

Per convertire il BOD da ppm, cioè mg/l a Kg/m3 è sufficiente dividere per 1000.

Infatti 1 mg = 10-6Kg mentre 1 litro = 10-3 m3. Pertanto Kg/m3 = ppm/1000.

Esempio - Calcolo del carico organico (1):

Le acque reflue di un centro abitato presentano un BOD5 medio di 300 ppm.

Se la portata dell’acqua è di 5000 m3/giorno, quanto vale il carico organico?

***************

Trasformiamo il BOD5 da ppm a kg/m3

BOD5= 300 ppm= 300/1000= 0,3 kgBOD5/m3

quindi calcoliamo il carico organico

Qorg=5000 (m3/giorno)⋅0,3 kgBOD5/m3 = 1500 kgBOD5/giorno

Esempio - Calcolo del carico organico (2):

Calcolare il carico organico per un comune di 20000 abitanti con un carico organico

specifico di

60 g di BOD5/abitante۰giorno.

*****************

Trasformiamo il BOD5 da ppm a kg/m3 (si deve moltiplicare per 10-3)

60 g di BOD5/abitante۰giorno = 0,06 Kg di BOD5/abitante۰giorno

quindi per il carico organico:

Altri dati che si possono ricavare, e che hanno attinenza con il BOD o con il carico

organico, sono la portata giornaliera media, il carico organico medio giornaliero e il

consumo medio giornaliero per abitante. Questo ultimo è un dato statistico che

attualmente ha un valore di circa 300 l/ abitante ⋅ giorno.

La portata dell’acqua di una comunità, così come il valore del BOD non sono costanti

nell’arco della giornata ma presentano dei picchi in corrispondenza di particolari ore

del giorno (in genere durante le ore della mattina e quelle serali). Un impianto di

depurazione dovrà essere dimensionato per sopportare senza difficoltà queste

oscillazioni che, come vedremo più avanti, risultano tanto più pronunciate quanto

minore è il numero degli abitanti della comunità.

Il numero di abitanti equivalenti può essere calcolato sia sulla base del carico

idraulico che del carico organico.

Per una data acqua reflua il numero di abitanti equivalenti calcolato rispetto al carico

idraulico sarà in genere diverso da quello calcolato rispetto al carico organico dal

momento che i due parametri sono tra di loro indipendenti. Per esempio se

consideriamo due situazioni di acqua reflua con lo stesso carico idraulico ma con

diverso carico organico (la seconda “più sporca” della prima) avremo che gli abitanti

equivalenti rispetto al carico idraulico saranno uguali per le due situazioni, mentre

diversi saranno gli abitanti equivalenti rispetto al carico organico (in particolare

quelli del primo caso saranno di più dei secondi).

Esempio – Abitante equivalente (3):

Lo scarico di una industria con 15 addetti ammonta a 15 m3/g. Sapendo che il BOD5

medio è di

30000 ppm determinare a quanti abitanti civili equivale ogni addetto dell’industria.

Eseguire il

calcolo sulla base del carico organico sapendo che il carico organico specifico è Qorg S

= 70 g(BOD5)/ab·g

**************

Conversione Unità di misura

Grandezza U.M. Originaria U.M. nel S.I.

Portata Qi = 15 m3/g = 15 m3/g

Carico inquinante BOD5 = 30000 ppm = 30 kg/m3

Carico organico specifico Qorg S = 70 g(BOD5)/ab·g = 0,07 kg(BOD5)/

ab·g

Carico organico

Il carico organico indica la quantità totale di inquinanti scaricata in un giorno e si

calcola

moltiplicando la portata giornaliera per il BOD5.

Qorg= Qi⋅BOD5= 15 m3/g⋅30 kg/m3=450 kgBOD5/g

Abitanti equivalenti a 15 addetti.

Le tabelle statistiche indicano che ogni abitante medio scarica 0,07 kg(BOD5)/g

quindi per

scaricare 450 kg(BOD5)/g occorrono:

Abitante equivalente per addetto

Se 15 addetti equivalgono a 6429 abitanti civili medi, ogni addetto equivale a:

Andamento nel tempo del carico organico e idraulico

Sistema a fognature separate

Per sistema a fognature separate si intende un impianto di raccolta e convogliamento

dei liquami formato da due fognature distinte. Una prima fognatura serve a

raccogliere le acque reflue degli scarichi civili, con aggiunta eventualmente anche di

scarichi industriali o scarichi diversi (negozi, comunità, scuole, attività commerciali

ecc.) definite comunemente acque nere.

Una seconda rete fognaria, separata dalla prima, serve per raccogliere le acque

piovane, quelle dovute a infiltrazioni ecc., pulite o solo debolmente inquinate, che

costituiscono le cosiddette acque bianche. Queste ultime possono essere scaricate

direttamente nei corpi recettori, fiumi, mare ecc., senza dover subire alcun

trattamento di depurazione.

L’andamento della portata, del BOD e del carico dei solidi sospesi, per il sistema a

fognature separate descritto sopra, varia in funzione del variare delle attività umane

nell’arco della giornata.

La figura 6.7 indica la variazione della portata, del carico dei solidi e del BOD5 di uno

scarico nell’arco della giornata. Come si può vedere si hanno due punte di massimo

valore dei parametri in corrispondenza delle ore 12 e 20, (ore di pranzo e di cena nelle

quali è maggiore l’uso e il consumo di acqua nelle abitazioni). Il minimo valore si

manifesta nelle ore notturne (intorno alle ore 4-5 del mattino) e nel pomeriggio

intorno alle ore 18. In queste ore il minore consumo di acqua causa anche una minore

velocità di scorrimento di questa nelle fognature e quindi una parziale

sedimentazione con ulteriore riduzione del valore dei solidi sospesi e del BOD5

Figura 1 – Variazione dei parametri dell’acqua nell’arco della giornata

E’ importante sottolineare come la differenza fra i valori massimi e minimi risulta

più alta per piccole comunità rispetto a quelle grandi nelle quali le attività umane non

sono totalmente concentrata in particolari ore del giorno ma distribuite in maniera

più uniforme nell’arco della giornata. Nelle piccole comunità in effetti accade

facilmente che gli stili di vita siano molto simili e che quindi i consumi di acqua e

quindi la produzione di acqua reflua abbiano punte di massima e di minima molto

marcati rispetto alla media; nelle grandi comunità al contrario gli stili di vita possono

essere molto diversi e le abitudini molto variegate con produzione di acqua reflua

distribuita più omogeneamente nell’arco delle 24 ore.

Il grafico che segue (Figura 2) rappresenta il fenomeno appena descritto (le scale

sono logaritmiche!):

• in ordinata, il rapporto fra la portata massima e minima e la portata media

giornaliera

• In ascissa, il numero di abitanti.

0,1

1,0

10

100 1000 10000 100000

Portata massima

Portata minima

Figura 2 – Rapporto fra portata minima e massima con la portata media

Il rapporto tra la portata massima e la portata media giornaliera, definito

coefficiente di punta (p), si può calcolare anche facendo uso della seguente

espressione matematica derivata da dati empirici (= da misure sperimentali):

(6.4)

dove:

p = coefficiente di punta (rapporto fra la portata massima e quella media giornaliera);

n.ab. = numero di abitanti della comunità

Qmax = portata massima

Qi = portata media giornaliera

riportando queste espressione in un grafico (a scala semilogaritmica) si ottiene

l’andamento mostrato nella Figura 3.

Figura 3 – Variazione del coefficiente di punta in funzione del numero di

abitanti

Con il termine portata massima si intende il massimo valore della portata nel giorno

dell’anno di massimo consumo e nell’ora del giorno di massimo consumo, mentre per

portata media giornaliera si intende la portata media estesa a tutti i giorni dell’anno.

La conoscenza della portata massima è necessaria per il dimensionamento

dell’impianto, delle condutture e di tutte le vasche usate nelle varie fasi di

trattamento.

La conoscenza della portata minima è indispensabile per verificare che la velocità di

afflusso dei liquami sia sufficientemente alta in modo da impedire la sedimentazione

dei solidi sospesi nelle condutture

La conoscenza della portata media serve per il calcolo delle consumo di energia, del

volume di fanghi di supero prodotti e della quantità di reattivi necessari.

Come si può vedere usando il fattore di punta il rapporto fra la portata massima e

quella media giornaliera risulta tanto più alto quanto minore è il numero degli

abitanti.

Come vedremo più avanti per evitare il sovradimensionamento (= costruirli troppo

grandi rispetto alle esigenze) degli impianti nelle piccole comunità è opportuno

dotare l’impianto di vasche di accumulo e equalizzazione dalle quali si possono

prelevare con continuità e uniformità i liquami da inviare all’impianto di

depurazione.

Nelle comunità maggiori, vista la piccola differenza fra la portata massima e quella

media giornaliera, questi dispositivi non risultano generalmente necessari.

Sistema di smaltimento a fognature unitarie

Nello smaltimento a fognature unitarie (stesso sistema fognario per le acque nere e

quelle bianche) la portata di carico idraulico nei periodi di pioggia può diventare

molto alta, fino a 100 – 150 volte quella media in regime di tempo secco (assenza di

piogge) e rendere impossibile il trattamento di tutte le acque nell’impianto di

depurazione.

Per evitare che tutta l’acqua piovana che perviene al sistema venga inviata

all’impianto di depurazione si inseriscono dei dispositivi, detti “scaricatori di piena o

sfioratori di portata” la cui funzione è quella di provvedere allo smaltimento

dell’acqua in eccesso, direttamente nei corpi idrici recettori, senza farla passare

dall’impianto di trattamento delle acque reflue. Questi dispositivi entrano in funzione

automaticamente non appena la portata dell’acqua supera un certo valore multiplo

della portata media giornaliera in regime di tempo secco.

Sfioramento acqua in eccesso

Acqua in eccesso allo scarico diretto

Acqua all'impianto di depurazione

Acqua in arrivo dalla fognatura unitaria

Canale di raccolta acqua sfiorata

Tuttavia, poiché l’acqua che viene scaricata con tali dispositivi non subisce alcun

trattamento di depurazione apporterà un certo livello di inquinamento nel corpo

recettore. Risulta pertanto utile stabilire a quanto deve ammontare questo valore

multiplo tenendo conto:

•della capacità autodepurativa del corpo recettore;

•della natura e della concentrazione delle sostanze inquinanti presenti nell’acqua;

•dell’uso che verrà fatto delle acque presenti nel corpo recettore stesso (es. prelievo

delle acque per uso potabile, acque di balneazione, uso zootecnico, itticoltura,

irrigazione ecc.).

Per determinare quanta acqua può essere scaricata indichiamo con:

Qi = portata media delle acque nere in regime di tempo secco.

QP = m·Qi = quota aggiuntiva di acque bianche (di pioggia) da inviare all’impianto

di depurazione;

m = QP/Qi = rapporto di diluizione cioè rapporto fra la portata delle acque di

pioggia e quella delle acque nere;

Qtot = portata totale dell’acqua da trattare nell’impianto = Qi + QP = Qi·(1 +

m)

(1 + m) = Qtot/Qi = Cd = coefficiente di diluizione o coefficiente di punta sulla

portata media giornaliera.

si ha:

Qtot = Qi + QP = Qi·(m + 1) =Cd·Qi (6.5)

Uno dei sistemi usati per trattare le acque in eccesso in regime di pioggia è il

cosiddetto “sistema inglese”. Questo prevede di inviare all’impianto di depurazione

una portata massima pari a 3 volte quella media giornaliera in regime di tempo secco

(Qtot = 3·Qi), di trattare una ulteriore frazione, pari sempre a 3 volte la portata media

giornaliera in regime di tempo secco, in “vasche a pioggia”, nelle quali si esegue

solamente un accumulo e una sedimentazione, e di scaricare queste ultime acque,

parzialmente trattate, e tutte quelle in eccesso rispetto alle due quantità indicate

sopra, nel corpo idrico recettore (vedi Figura 4)

Grigliatur Dissabbia

2°sfiorat Sollevam

Vasche a

6·Qi

3·Qi

3·Qi

Portata eccedente il valore di 6·Qi

Recapito

Figura 4 – Metodo di smaltimento con fognature unitarie (sistema

inglese)

Un altro sistema consiste nel far entrare in funzione gli sfioratori di piena solamente

quando le acque, a causa della pioggia, abbiano raggiunto una diluizione tale che le

concentrazioni dei materiali inquinanti siano uguali ai limiti superiori di accettabilità,

secondo le norme vigenti, per lo scarico diretto dei liquami nei corpi idrici recettori.

In questo caso, se il limite massimo per il BOD5 è di 40 mg/l e quello delle acque nere

è 320 mg/l allora si dovrà diluire con una portata pari a 7 volte il valore della portata

media in regime di tempo secco (m = 7 cioè Cd = 8).

Quando il corpo idrico recettore, nel quale devono essere smaltite le acque reflue, è

un ambiente particolarmente delicato o per il quale si devono prevedere parametri di

inquinamento molto bassi, il fattore di diluizione può arrivare anche a 16.

Entrambi i sistemi esaminati sopra, anche se riescono a ridurre in parte

l’inquinamento nei corsi d’acqua nei periodi di pioggia o durante forti temporali con i

sistemi a fognature unitarie, non riescono a risolvere in maniera adeguata il problema

dell’inquinamento dei corpi recettori. Spesso le prime piogge o i temporali si

verificano dopo periodi più o meno lunghi di stagione secca e trovano i corsi d’acqua,

che fungono da recettori finali delle acque di scarico, quasi completamente asciutti.

In questo caso l’afflusso di rilevanti quantità di acque inquinate non trova sufficiente

acqua pulita per abbattere il livello di inquinamento attraverso la diluizione.

Il sistema migliore rimane pertanto quello a fognature separate nel quale si devono

però osservare alcune precauzioni. Le prime piogge hanno l’effetto di dilavamento e

pulizia di strade, tetti, piazzali ecc. sui quali, durante il periodo di tempo secco, si è

accumulata una notevole quantità di sostanze inquinanti (materiale organico di vario

tipo, idrocarburi, piombo tetraetile ecc). Per evitare di scaricare queste acque

direttamente nei corpi recettori si deve dotare il sistema di vasche di accumulo per il

loro contenimento ed inviare allo scarico diretto solo le acque di pioggia successive.

Dalle vasche di accumulo le prime acque di pioggia verranno mandate poi

gradualmente all’impianto di depurazione delle acque reflue mescolandole a quelle

nere.

Il carico dei solidi sospesi – Solidi filtrabili e non filtrabili (SST)

Un altro importante parametro di cui si deve tener conto, quando si vuol progettare e

dimensionare un impianto di depurazione delle acque reflue, è il carico dei solidi

(filtrabili e non filtrabili) contenuti in uno scarico civile di composizione media.

Nei sistemi di depurazione nei quali non interessa la rimozione di inquinanti

specifici, è necessario tener conto del sistema di raccolta e di smaltimento del fango

perché questo influenza i calcoli per il dimensionamento dello stesso impianto.

Le sostanze solide possono essere suddivise in varie frazioni sulla base delle loro

caratteristiche (solidi sospesi o filtrabili, solidi sedimentabili o non sedimentabili,

solidi organici o minerali ecc.).

Lo schema che segue (Figura 5) mostra tale classificazione con le quantità medie

rilevabili su un campione di liquami civili tipiche (si dice di media forza):

Figura 5 – Schema di classificazione dei solidi

Come si può notare i solidi organici e quelli minerali costituiscono rispettivamente

circa il 50 % dei solidi totali, mentre fra i solidi sospesi quelli di tipo organico (solidi

volatili – vedi più sotto) costituiscono circa il 72% (in pratica questo valore oscilla fra

il 70 e l’80%.) mentre fra i solidi disciolti circa il 35%.

Riassumendo in maniera diversa lo schema di Figura 5 si ottiene:

Figura 6 – Schema riassuntivo dei solidi contenuti nelle acque reflue

Di seguito viene data una descrizione dei vari tipi di sostanze solide la cui presenza è

riscontrabile nelle acque reflue di tipo civile.

Solidi totali (ST)

Rappresentano la quantità totale di solidi presenti nell’acqua, sia quelli sospesi (non

filtrabili e filtrabili di tipo colloidale) che quelli disciolti (filtrabili).

I solidi totali si possono considerare come la quantità di sostanze solide che

rimangono in un contenitore dopo che tutta l’acqua è stata evaporata a 105°C.

Per un liquame di forza media hanno un valore variante da 700 a 750 mg/l.

Solidi sospesi non filtrabili (SS)

Indicano i solidi sospesi presenti nell’acqua (particelle colloidali e di dimensioni

maggiori) che non passano attraverso una membrana filtrante con pori di dimensione

minima di 0,45 micron (millesimi di millimetro).

Appartengono a questa categoria anche microrganismi di dimensioni maggiori. La

determinazione della quantità di solidi non filtrabili si esegue usando un crogiolo

filtrante e una membrana con porosità massima di 0,45 m. Questa membrana

viene essiccata fino a peso costante, in stufa, quindi inserita nel crogiolo filtrante e il

tutto viene montato su una beuta da vuoto collegata con una pompa aspirante. Si

filtra, sotto vuoto, un volume noto di acqua, che deve avere una composizione

uniforme, e si essicca nuovamente la membrana in stufa fino a peso costante. Dalla

differenza fra i due pesi si calcola la quantità di solidi non filtrabili presenti nel

campione di acqua e infine si determina la loro concentrazione dividendo per il

volume del campione (espresso in litri) In genere i solidi sospesi non filtrabili

costituiscono una percentuale variante dal 30 al 40% dei solidi totali e in uno

scarico civile di media forza hanno valori oscillanti fra 220 e 280 mg/l.

I solidi sospesi si dividono ancora in solidi sedimentabili e non sedimentabili. Queste

due categorie si dividono ulteriormente in solidi sospesi volatili (SSV) e solidi sospesi

non volatili.

Solidi sospesi sedimentabili.

Rappresentano la frazione dei solidi sospesi che in un tempo di circa 2 ore si raccoglie

sul fondo di un cono di Imhoff. In genere si possono esprimere come mg/l o anche

come ml/l.

La misurazione con il cono di Imhoff viene eseguita seguendo una precisa procedura.

In genere il cono viene riempito con un litro di acqua precedentemente mescolata in

modo da ottenere un campione omogeneo. Dopo circa 1 ora si mescola delicatamente

il campione per far sedimentare la parte dei solidi rimasti aderenti alle pareti. Si

lascia a riposo per un’altra ora e quindi si legge il volume dei fanghi che si sono

depositati.

Il volume dei solidi sedimentabile è spesso chiamato volume del fango perché

dopo sedimentazione viene estratto dalla vasca in forma di fanghiglia molto ricca

d’acqua.

I solidi sospesi sedimentabili, come tutte le altre frazioni solide, sono costituiti da una

parte organica, biodegradabile, e una parte inorganica (minerale) non ossidabile e

quindi non biodegradabile.

La parte organica biodegradabile contribuisce al valore del BOD totale dell’acqua e

quindi la sedimentazione e l’eliminazione dei solidi sospesi contribuisce ad abbattere

il BOD delle acque reflue.

Solidi sospesi non sedimentabili.

In genere sono costituiti da particelle solide che a causa delle ridotte dimensioni

presentano tempi di sedimentazione eccessivamente lunghi (legge di Stokes). Spesso i

solidi sospesi non sedimentabili hanno natura colloidale e presentano cariche

elettriche sulla loro superficie che, a causa della mutua repulsione, impediscono la

formazione di particelle di maggiori dimensioni quindi più facilmente sedimentabili.

I colloidi sono sospensioni acquose caratterizzate dalle dimensioni estremamente

ridotte delle particelle che hanno perciò superfici molto estese. Queste particelle sono

caratterizzate anche da fenomeni superficiali quali la repulsione elettrostatica e

l’idratazione che impediscono la sedimentazione delle particelle stesse. Le cariche

elettrostatiche, generalmente di segno negativo impediscono l’accrescimento delle

particelle, mentre l’idratazione, cioè la formazione di un sottile strato di molecole

d’acqua legate alla superficie delle particelle, le protegge dalle perturbazioni che

tenderebbero a unirle insieme. Per precipitare le particelle colloidali è necessario

destabilizzarle mediante l’uso di sostanze coagulanti e flocculanti composte da sali

di alluminio o ferro e da polielettroliti naturali o sintetici o mediante l’uso di intensi

campi elettrici.

In genere i solidi sospesi non sedimentabili costituiscono una frazione variante

dal 25 al 30% dei solidi non filtrabili.

Anche questi solidi sono formati da una parte organica e una parte inorganica.

I solidi sospesi sedimentabili si dividono ulteriormente in solidi sospesi volatili e non

volatili.

Solidi sospesi volatili (SSV)

Sono i solidi che vengono eliminati dalla membrana filtrante (vedi determinazione

dei solidi non filtrabili) dopo che questa è stata calcinata alla temperatura di 550 °C.

Questo trattamento brucia e quindi elimina tutte le sostanze organiche perciò i solidi

sospesi volatili indicano approssimativamente la quantità di solidi organici sospesi

non filtrabili.

Poiché questi solidi costituiscono la parte ossidabile, anche biologicamente, della

parte non filtrabile, la loro eliminazione causa un abbattimento del BOD dell’acqua.

Solidi sospesi non volatili o minerali

Rappresentano la parte non ossidabile e quindi minerale dei solidi sospesi. La

quantità si determina pesando la membrana filtrante dopo il processo di calcinazione

a 550 °C.

Dal momento che si tratta di sostanze non ossidabili non hanno nessuna influenza sia

sul valore del BOD che su quello del COD.

Solidi filtrabili

Sono costituiti dai solidi che non vengono trattenuti dalla membrana filtrante (che

viene usata per determinare i solidi non filtrabili) e sono costituiti in parte, circa il

10%, da solidi sospesi di natura colloidale che hanno dimensioni talmente ridotte da

passare attraverso la membrana con porosità di 0,45 m, e in parte (circa il 90%) da

solidi disciolti costituiti essenzialmente da sali e da composti organici idrosolubili.

Valori tabulati relativi al carico dei solidi

Nei testi specializzati nel trattamento delle acque reflue i valori dei parametri che

possono essere utilizzati dai progettisti dell’impianto di depurazione riguardano la

quantità e le caratteristiche dei solidi prodotti da ogni abitante in un giorno. In

questo modo è possibile stabilire: il carico organico, il carico idraulico, il carico dei

solidi sospesi, il carico dei solidi disciolti e il BOD. Ovviamente i valori dipendono dal

tipo di comunità (piccoli centri abitati, comuni di piccole, medie o grandi dimensioni,

zone ad alto sviluppo abitativo o zone industriali ecc.).

Una tabella tipo, relativa a un comune di medie dimensioni, è riportata sotto:

Tabella 2 – Valori del carico specifico dei solidi per un comune di medie

dimensioni

Parametro

Carico

specifico dei

solidi (gr/

ab·gg)

Solidi non

volatili

(minerali)

(gr/ab·gg)

Solidi volatili

(organici)

(gr/ab·gg)

Carico organico

specifico

(grBOD5/ab·gg)

Solidi sospesiSospesi totali 90 30 60 41di cui Sedimentabili 60 20 40 27e Non Sedimentabili 30 10 20 14Solidi filtrabili 100 50 50 29Solidi totali 190 80 110 70

sulla base dei parametri riportati in tabella, del numero di abitanti, e di fattori

correttivi determinabili sulla base dell’incidenza stagionale del carico idraulico e di

quella delle industrie presenti, è possibile ottenere una stima attendibile dei

parametri di progetto dell’impianto di depurazione.

I parametri esaminati fino a questo punto (carico idraulico, carico organico, carico

dei solidi sospesi e carico dei solidi disciolti) sono quelli che, ai fini della

progettazione e del dimensionamento degli impianti di depurazione, risultano più

importanti. Tuttavia per progettare i vari tipi di trattamento specifico è utile anche la

conoscenza di altri elementi.

Altre caratteristiche delle acque reflue di tipo civile

Occorre innanzi tutto precisare che gli scarichi di tipo civile puro non esistono più,

almeno nelle nazioni industrializzate, infatti anche nelle abitazioni vengono aggiunti

agli scarichi normali altre prodotti chimici quali detersivi, solventi, oli, cere, sostanze

acide ecc. Inoltre alla fognatura si allacciano utenze di tipo più simile a quello

industriale come negozi, lavanderie, macellerie, stazioni di servizio, laboratori

fotografici ecc. il cui apporto di sostanze diverse da quelle riscontrate normalmente

negli scarichi civili, non può essere trascurato. I liquami di scarico devono perciò

essere considerati non tanto di tipo civile quanto di tipo misto civile-industriale.

Si deve inoltre considerare che piccoli insediamenti industriali, con lavorazioni

particolarmente inquinanti, non possiedono un impianto autonomo di depurazione e

non possiedono neppure un sistema fognario separato capace di scaricare le acque di

lavorazione in appropriate vasche di raccolta. Queste piccole industrie scaricano

spesso sostanze altamente tossiche, esempio metalli pesanti, che possono interferire

anche con il processo di depurazione biologica delle acque reflue e con la qualità dei

fanghi ottenuti nel processo di depurazione.

Le acque di scarico di tipo civile si possono dividere in acque fresche (appena

prodotte) e acque settiche (sottoposte a lunghi tempi di permanenza nella fognatura o

in fosse settiche). Le prime, che contengono ancora un po’ di ossigeno disciolto,

hanno generalmente un colore grigiastro e un odore non eccessivamente penetrante e

fastidioso. Le seconde, prive di ossigeno, subiscono un cambiamento radicale delle

loro caratteristiche chimico-fisiche: il colore tende al nero mentre, la presenza di

composti ridotti quali idrogeno solforato, composti eterociclici dell’azoto e di

mercaptani (composti organici solforati) conferiscono all’acqua un odore sgradevole e

penetrante.

Rendimenti depurativi

I rendimenti depurativi relativi alle acque di scarico vengono calcolati, di solito,

rispetto ai seguenti parametri:

1.sostanze organiche biodegradabili (BOD5)

2.sostanze organiche biodegradabili e non (COD)

3.solidi sospesi (SS)

4.carica batterica e virale

5.fosforo e azoto (P e N)

6.oli e grassi

Quando le acque reflue contengono anche scarichi di natura industriale occorre

determinare i rendimenti depurativi rispetto anche a molti altri parametri (ad

esempio: metalli pesanti, sostanze tossiche, ecc.ecc.)

Rendimento depurativo di una serie di trattamenti

Quando si deve progettare un impianto di depurazione delle acque reflue si devono

studiare una serie di trattamenti, di natura fisica, chimico-fisica, chimica e biologica,

il cui effetto complessivo deve essere la rimozione o l’abbattimento, anche parziale, di

uno o più parametri che incidono sul livello di inquinamento dell’acqua stessa. A tale

riguardo possiamo definire il rendimento depurativo di un trattamento, come

la variazione percentuale del parametro indagato.

Se indichiamo con:

Xi = valore iniziale del parametro (esempio concentrazione di una determinata

sostanza)

Xf = Valore del parametro al termine del trattamento.

allora il valore del rendimento depurativo espresso come percentuale sarà:

(6.6)

quando il processo avviene in più stadi ognuno dei quali ha un proprio rendimento

depurativo

il

rendimento depurativo totale si ottiene usando la seguente espressione:

(6.7)

Esempio: calcolo del rendimento depurativo

Per abbattere il BOD di un’acqua reflua si opera una prima sedimentazione che

porta il valore da 360 ppm a 252 ppm. Una seconda sedimentazione effettuata con

l’uso di coagulanti porta il valore del BOD a 189 ppm e infine mediante ossidazione

si riduce ulteriormente il valore del BOD fino a 18,9 ppm.

Determinare il rendimento depurativo dei singoli stadi e quello totale.

Si poteva calcolare il rendimento totale anche nel seguente modo:

****************************

Parametri chimici: azoto, fosforo, detersivi e grassi.

Azoto

L’azoto (N) si trova nelle acque in varie forme: azoto ammoniacale (in forma di ione

ammonio NH4+) azoto organico (in forma di composti quali proteine, amminoacidi,

composti eterociclici azotati ecc) e infine in forma ossidata come nitriti (NO2-) e

nitrati (NO3-). La forma ridotta dell’azoto (ione ammonio e azoto organico)

costituisce complessivamente circa il 95% dell’azoto totale presente nelle acque

reflue.

Le quantità di azoto scaricato giornalmente variano da 10 a 20 g/ab·giorno con

concentrazioni che possono variare dai 20 agli 80 mg/litro.

Fosforo

Il fosforo (P) si trova nelle acque reflue principalmente in forma di ione ortofosfato

(PO43-) in quantità variabile dal 40 al 50% e fosforo organico in quantità variabile dal

10 al 30%. Altre forme possono essere i pirofosfati, i metafosfati e i polifosfati. La

presenza di questi composti è dovuta sia al materiale organico, tutte le forme viventi

contengono fosforo negli acidi nucleici, sia per l’apporto dovuto all’uso di detersivi

sintetici dei quali il fosfato costituisce uno dei componenti principali sia all’uso

sempre più frequente di antincrostanti a base di polifosfati e infine all’uso di

fertilizzanti.

Le quantità di fosforo scaricato giornalmente variano da 3 a 6 g/ab·giorno con

concentrazioni intorno a 15 mg/l (da 6 a 25 mg/l)

Il fosforo e l’azoto quando sono presenti in quantità rilevanti possono dare origine al

fenomeno noto come eutrofizzazione o fertilizzazione delle acque.

Eutrofizzazione delle acque

La capacità autodepurativa delle acque è limitata dalla quantità di sostanze

inquinanti e dal ricambio di acqua del sito recettivo. In alcuni casi: fiumi in

prossimità della foce, quando le acque scorrono lentamente, e soprattutto nei laghi

dove il tempo di ricambio totale dell’acqua può essere anche di decine di anni, la

capacità autodepurativa viene ulteriormente inibita. In questi casi può insorgere un

fenomeno particolarmente deleterio noto come eutrofizzazione o fertilizzazione

delle acque.

Questo è dovuto all’accumulo nelle acque di particolari sostanze “biostimolanti” in

particolar modo composti del fosforo e dell’azoto che non possono venir diluite a

causa dell’immobilità dell’acqua. Tale fenomeno, che avviene anche naturalmente a

causa del dilavamento e del trasporto di sostanze fertilizzanti da parte dell’acqua, può

essere notevolmente amplificato dagli scarichi di natura civile e/o industriale e

dall’uso massiccio di fertilizzanti in agricoltura.

Durante il periodo estivo, quando la durata del giorno e l’illuminazione solare sono

maggiori, la presenza di sostanze nutrienti stimola la crescita abnorme e tumultuosa

di fitoplancton, in particolar modo di microalghe, che può essere tanto intensa da

indurre forti colorazioni all’acqua stessa (fioriture algali).

La presenza di elevate quantità di forme vegetali e di una forte irradiazione solare

causa una buona ossigenazione dello strato superficiale delle acque grazie alla

fotosintesi clorofilliana. La radiazione non penetra però negli strati inferiori e qui, a

causa dell’azione ossidativa dei batteri aerobici, l’ossigeno inizialmente presente

viene ben presto consumato rendendo impossibile la respirazione delle forme di vita

superiori.

Inoltre nel periodo invernale, con il diminuire della luce solare, gran parte della flora

acquatica muore e precipita sul fondo. Qui in un primo tempo subisce una

ossidazione a spese dell’ossigeno disciolto nell’acqua e ben presto, quando tutto

l’ossigeno è stato consumato, si instaura una fermentazione di tipo anaerobico con

formazione di sostanze ridotte (metano, ammoniaca, idrogeno solforato, mercaptani

ecc.). Questa fermentazione che inizia sul fondo si estende gradualmente in tutta la

massa liquida rendendo l’ambiente totalmente inadatto alla vita animale e causando

perciò morie di pesci e di altre forme di vita acquatica.

Le forme di vita animale che muoiono si depositano sul fondo dove subiscono

fermentazioni anaerobiche e liberano nell’acqua composti del fosforo e dell’azoto

peggiorando ulteriormente la situazione di inquinamento.

Oltre all’azoto e al fosforo, altri elementi che favoriscono il fenomeno

dell’eutrofizzazione sono il carbonio, il potassio il ferro il rame ecc.

Per eliminare l’eutrofizzazione si dovrebbe, in teoria, eliminare tutte queste sostanze.

Tuttavia, secondo la “legge del fattore minimo” o “legge di Liebig” è sufficiente

eliminare una delle sostanze che costituiscono la catena nutritiva affinché si

interrompa o almeno venga fortemente limitato il fenomeno.

La sostanza che è risultata più facilmente controllabile è il fosforo che deve avere una

concentrazione non superiore a 0,02 mg/l.

Detersivi

Sono composti di sintesi contenenti sostanze tensioattive e che possono contenere

fino al 50% di fosfati la cui funzione è quella di abbattere la durezza dell’acqua.

I tensioattivi presenti possono essere di tipo anionico (alchil benzen solfati) di tipo

cationico (in genere sali di ammonio quaternari che hanno anche funzione

battericida) e neutri.

I detersivi e i saponi in genere sono formati da lunghe molecole organiche che hanno

una parte idrocarburica quindi idrofoba (o lipofila cioè che ha affinità per le sostanze

grasse, ma non per l’acqua) e una parte polare o ionizzabile con carattere idrofilo (che

ha affinità per l’acqua).

A titolo di esempio un noto “sapone” è il sodio laurilsolfato:

che scritto in forma schematica è:

Come mostrato nella figura seguente, le molecole di detersivo solubilizzano la loro

parte lipofila nelle gocce di sostanza grassa lasciando verso l’esterno la parte idrofila.

In questo modo la dispersione oleosa in acqua diventa stabile e forma un’emulsione

difficilmente destabilizzabile (per inciso lo stesso effetto si produce anche sulle

dispersioni colloidali).

Figura 14 – Meccanismo di azione dei saponi

I detersivi tendono a formare schiume e sono quindi un indice visibile

dell’inquinamento e, anche se generalmente non sono tossici per l’uomo, la loro

presenza nelle acque reflue dà origine a una serie di inconvenienti quali:

•dispersione delle sostanze colloidali rendendone più difficile la coagulazione;

•formazione di emulsioni con oli e grassi rendendone più difficile la rimozione;

•riduzione della capacità di aerazione e quindi di ossidazione delle sostanze organiche;

•formazione di schiume negli impianti di depurazione.

Le schiume formano, sui corsi d’acqua, strati che impediscono il normale scambio

con l’ossigeno dell’aria e riducono perciò la capacità autodepurativa delle acque nei

vari recapiti.

Per questi motivi la Legislazione di molti Paesi impone ormai l’uso di detersivi

biodegradabili che possano essere distrutti sia negli impianti di depurazione che nei

corsi d’acqua per effetto dell’autodepurazione.

La quantità di detersivi scaricata giornalmente varia da 2 a 4 g/ab·giorno con

concentrazioni nel refluo comprese essere tra 10 e 20 mg/l.

Sostanze minerali

Altre sostanze che vengono aggiunte all’acqua quando questa viene usata nelle

attività civili sono quelle minerali principalmente sali inorganici in forma

disciolta. L’incremento della quantità media di sostanze minerali varia da 50 a 100

g/ab·giorno.

Nelle tabella che segue è riportato l’incremento, espresso in mg/l. dei vari tipi di

sostanze minerali per uno scarico civile di tipo medio.

Tabella 3 – Incremento delle sostanze minerali per abitante al

giorno

SostanzaIncremento (mg/

l)ANIONIANIONIBicarbonato HCO3- 50 - 100

Carbonato CO32- 0 – 10

Cloruro Cl- 20 – 50

Nitrato NO3- 20 – 40

Fosfato PO43- 20 – 40

Solfato SO42- 15 – 30CATIONICATIONICalcio Ca2+ 15 – 40

Magnesio Mg2+ 15 – 40

Potassio K+ 7 – 15

Sodio Na+ 40 – 70ALTRI IONIALTRI IONIAlluminio 0,1 – 0,2

Boro 0,1 – 0,4

Ferro 0,2 – 0,4

Manganese 0,2 – 0,4

Silice 2 – 10Durezza totale come

CaCO3100 – 150

Solidi disciolti totali 150 - 400

Una classificazione generale delle acque reflue di tipo civile è quella che le suddivide

in tre tipi in base alla quantità delle sostanze in essa contenute. Nella tabella che

segue sono riportate le caratteristiche principali dei tre tipi, denominati: debole,

medio e forte.

Le varie quantità indicate nella tabella derivano dalla somma delle quantità

naturalmente presenti nelle acque e da quelle immesse come conseguenza dell’uso

dell’acqua.

Tabella 4 – Caratteristiche delle acque reflue per vari tipi di scarico

Parametro Concentrazione (mg/l)Concentrazione (mg/l)Concentrazione (mg/l)ParametroForte Medio Debole

BOD5 a 20°C 450 300 170COD 1000 500 250Solidi totali 1200 700 350Solidi disciolti totali 850 320 250Solidi disciolti minerali (non

volatili)

525 200 145

Solidi disciolti organici

(volatili)

325 120 105

Solidi sospesi totali 550 380 220Solidi sospesi minerali (non

volatili)

180 130 70

Solidi sospesi organici (volatili) 370 250 150Solidi sedimentabili (ml/l) 20 10 5Azoto totale 85 40 20Fosforo totale 20 10 6Oli e grassi 100 100 50

Nella tabella che segue sono infine riportati i valori massimi ammissibili, secondo la

legislazione vigente (Decreto Legislativo n° 152 dell'11/05/99) , dei parametri delle

acque, al termine del trattamento di depurazione, per poter essere scaricate nei corpi

idrici recettori.

Tabella 5 – Limiti di accettabilità dei principali parametri (D.L.152-2006)

Parametro Limiti di accettabilitàpH 5 ÷ 9,5Solidi sospesi

sedimentabili

≤2 ml/l

Solidi sospesi totali ≤80 mg/lBOD5 ≤40 mg/lCOD ≤160 mg/lCloro attivo ≤0,2 mg/lAmmoniaca (come

NH4+)

≤15 mg/l

Azoto nitroso (come N) ≤0,6 mg/lAzoto nitrico (come N) ≤20 mg/lFosforo totale ≤10 mg/lGrassi oli animali e

vegetali

≤20 mg/l

Tensioattivi ≤2 mg/l

I limiti per il fosforo e per l’azoto totale vengono ridotti rispettivamente (0,5 – 1 mg/

l) e a (5 – 10 mg/l) quando si temono fenomeni di eutrofizzazione nelle cosiddette

aree sensibili (come laghi o lagune).

Oli e Grassi

Sono costituiti da gliceridi degli acidi grassi e possono essere sia liquidi che solidi.

Sono più leggeri dell’acqua e tendono a formare emulsioni e sospensioni colloidali

caratterizzate da una notevole stabilità che, come abbiamo già visto, può essere

incrementata dalla presenza di sostanze tensioattive. La loro presenza sia negli

impianti di depurazione che, eventualmente, nei recapiti è molto dannosa perché

impediscono o riducono fortemente lo scambio tra l’atmosfera e l’acqua impedendo

di ripristinare l’ossigeno necessario alla vita aerobica mano a mano che esso viene

consumato.

La quantità di sostanze grasse scaricata giornalmente è di circa 50 g/ab·giorno con

concentrazione media tra 50 e 150 mg/l.

Caratteristiche biologiche e microrganismi patogeni

Nei liquami si trovano popolazioni ben miscelate di microrganismi (batteri, funghi,

alghe protozoi ecc.) che si trovano comunemente anche in natura sia nelle acque che

nei terreni dove contribuiscono al processo di depurazione naturale

(autodepurazione). Questi microrganismi vengono sfruttati anche nei processi di

depurazione delle acque (impianti di ossidazione o di fermentazione) mediante

reazioni di tipo aerobico e anaerobico.

Oltre ai microrganismi “naturali” nei liquami sono sempre presenti anche

“microrganismi patogeni” che, per quantità e frequenza, rappresentano

l’andamento delle più diffuse malattie endemiche locali (tifo, paratifo, salmonellosi,

tubercolosi, leptospirosi, colera,ecc.) e che possono arrivare a concentrazioni

elevatissime in particolari periodi nei quali tali malattie acquistano caratteristiche

epidemiche.

Il tempo di sopravvivenza dei microrganismi patogeni nelle acque reflue è tanto più

lungo quanto minore è la temperatura e minore è l’azione di agenti antagonisti

esterni quali le radiazioni solari. In genere i trattamenti depurativi sono

particolarmente efficaci nella riduzione della quantità di microrganismi patogeni

presenti nelle acque di rifiuto. Tuttavia è importante sottolineare il grado di

pericolosità derivante dalla manipolazione dei liquami di rifiuto e dei fanghi di

depurazione e quindi di tutte le cautele che devono essere adottate per non esporsi a

tali pericoli.

A causa delle difficoltà nella determinazione sperimentale di molti organismi

patogeni essi non vengono determinati direttamente, ma in modo indiretto. Alcuni

tipi di batteri molto comuni del ceppo coli (coliformi fecali, coliformi totali e gli

streptococchi ), sempre presenti insieme ai patogeni, vengono presi come

organismi indicatori dell’inquinamento microbiologico. La loro quantità viene

espressa mediante il cosiddetto indice colimetrico (in UFC/100ml). L’indice

colimetrico dunque è il parametro che, determinato nell’acqua depurata e

confrontato con il limite fissato dall’Autorità, permette di stabilire se l’acqua stessa

potrà essere sversata o meno nel recapito.

Biodegradabilità

Dal momento che la maggior parte delle sostanze contenute nelle acque reflue di tipo

civile sono biodegradabili, si può pensare di eliminarle attraverso reazioni di

biodegradazione, una volta che sia stata accertata la loro biodegradabilità.

Con questo ultimo termine si indica la caratteristica intrinseca e potenziale di un

determinato composto in rapporto alla sua affinità biologica, cioè alla possibilità di

essere usato come nutrimento da parte di alcuni microrganismi. Una misura

semiquantitativa di questa proprietà è il tempo di dimezzamento (t½) definito come il

tempo necessario a degradare il 50% del composto esaminato.

In rapporto alla biodegradabilità i composti si dividono in:

o composti velocemente biodegradabili – Questi composti, che comprendono

la maggior parte delle molecole organiche molto diffuse in natura, vengono

degradati dai microrganismi in pochi giorni. Tempo di dimezzamento da 1 a 5

giorni;

o composti lentamente biodegradabili – Sono costituiti da tutte le molecole

che hanno tempi di dimezzamento superiori a 5 giorni ma inferiori a un anno;

o composti difficilmente biodegradabili – Sono composti, generalmente di

sintesi, la cui biodegradazione risulta molto difficile avendo un tempo di

dimezzamento dell’ordine di un anno o superiore. Appartengono a questa classe gli

idrocarburi alogenati, composti aromatici policiclici, ecc.

La definizione di biodegradabilità descritta sopra si riferisce tuttavia ai singoli

composti e non alla miscela complessa delle sostanze presenti in uno scarico di tipo

civile. Un metodo diverso, e di applicabilità pratica, per definire la biodegradabilità di

un’acqua reflua, può essere fatto sulla base dei parametri aspecifici definiti in

precedenza, quali ad esempio il rapporto BOD5/COD. Questo rapporto indica la

frazione di sostanze ossidabili che può subire anche una ossidazione di tipo

biochimico. Tanto più alto è il valore ottenuto, tanto maggiore risulterà la

biodegradabilità dello scarico. Valori accettabili sono compresi fra 0,40 e 0,55

(corrispondenti a un rapporto inverso compreso fra 1,8 e 2,4).

I trattamenti delle acque reflue

7.1 – Dati necessari e valori calcolati

Quando si devono studiare a progettare le varie fasi di trattamento a cui sottoporre

uno scarico si devono prendere in considerazione diversi fattori, e precisamente:

• caratteristiche delle acque che devono essere trattate;

• caratteristiche del luogo dove dovrà essere costruito l’impianto di depurazione;

• caratteristiche dei possibili corpi recettori nei quali verranno smaltite le acque

depurate.

Una volta che siano disponibili questi dati risulterà possibile delineare e studiare

soluzioni diverse capaci di realizzare il livello di depurazione desiderato. Fra tutte

queste soluzioni verrà scelta quella economicamente più vantaggiosa.

La conoscenza delle caratteristiche delle acque che devono essere trattate è necessaria

per determinare:

• i volumi delle vasche di raccolta e trattamento delle acque

• la quantità di reattivi che dovranno essere usati

• la potenza delle pompe che dovranno spostare i liquami da una vasca all’altra

• la potenza di eventuali aeratori che dovranno insufflare aria nei liquami

• il volume delle acque trattate ottenuto

• il volume dei solidi sedimentabili (fanghi) raccolti

La conoscenza della caratteristiche della comunità che deve essere servita

dall’impianto di depurazione e del luogo dove dovrà essere istallato l’impianto è

necessaria per determinare:

• la quantità di liquami che dovranno essere trattati

• la possibilità di effettuare lo smaltimento finale delle acque in un recettore

piuttosto che in un altro

• la variabilità stagionale del recettore

• la disponibilità o meno di vaste aree di terreno a costi accettabili

Depurazione delle acque 45 Trattamenti preliminari

• la distanza esistente fra il centro abitato e l’impianto di depurazione.

Infine la conoscenza della tipologia dei possibili recettori finali ci permette di

determinare le caratteristiche che dovranno avere le acque al termine del

trattamento. Non è necessario infatti spingere il trattamento fino a ottenere acque

con elevata purezza ma è sufficiente eseguire la depurazione in modo da ottenere

acque che possano essere purificate in maniera completa sfruttando il potere

autodepurante, cioè la capacità di abbattimento dell’inquinamento residuo, dei

recettori finali. La normativa infatti distingue i recettori in “aree sensibili” e “aree non

sensibili”.

Al termine dell’analisi delle soluzioni possibili verrà fatta la scelta dell’impianto più

idoneo basandosi sull’analisi dei costi, e precisamente:

• costi di istallazione delle vasche e delle apparecchiature necessarie

• costi dei reattivi chimici che eventualmente dovranno essere usati

• costi dell’energia necessaria al funzionamento dell’impianto

• costi per il personale che dovrà gestire l’impianto

• costi per le analisi e i controlli per un corretto funzionamento dell’impianto

• costi di manutenzione.

Per ogni possibile soluzione si calcolano i costi totali e alla fine si sceglie la soluzione

che fornisce il migliore compromesso tra la qualità della depurazione e il costo

corrispondente.

I trattamenti delle acque reflue vengono suddivisi in più fasi ognuna delle quali ha il

compito di eseguire una parte del processo di depurazione.

Depurazione delle acque 46 Trattamenti preliminari

In genere queste fasi sono:

• i trattamenti preliminari di tipo fisico-meccanico i solidi sospesi grossolani,

gli oli e i grassi e le sabbie;

• i trattamenti primari di tipo fisico (sedimentazione) che hanno lo scopo di

eliminare la quasi totalità dei solidi sospesi

• i trattamenti secondari di tipo chimico o biochimico che hanno lo scopo di

ridurre il livello di inquinamento disciolto fino a valori accettabili per lo

smaltimento delle acque trattate nei corpi idrici recettori;

• i trattamenti terziari e/o trattamenti integrativi che hanno lo scopo di

eliminare le sostanze che non sono state abbattute con i trattamenti precedenti, di

abbattere la carica batterica patogena residua, se ha un valore ancora troppo alto,

di ossigenare l’acqua se necessario, di eliminare eventuali ioni metallici, ecc. ecc.

7.2 – I trattamenti preliminari

In tutti i processi di depurazione delle acque reflue è necessario sottoporre i liquami

da depurare a trattamenti preliminari che hanno lo scopo di eliminare le parti

grossolane, quelle abrasive, quelle oleose ecc. che recherebbero danno alle

apparecchiature e ai trattamenti chimici e biochimici successivi, impedendo il

corretto funzionamento dell’impianto di depurazione.

Tali trattamenti sono:

•la grigliatura e/o la triturazione

•la stacciatura (spesso in alternativa alla grigliatura)

•il sollevamento delle acque di rifiuto

•la desabbiatura

•la disoleatura e la separazione delle sostanze grasse.

7.2.1 - La grigliatura e la triturazione

Nelle acque reflue sono sempre presenti materiali grossolani: stracci, pezzi di legno,

pezzi di plastica, ecc. che devono essere eliminati per evitare l’ostruzione delle

Depurazione delle acque 47 Trattamenti preliminari

tubazioni e il danneggiamento delle apparecchiature. Questo viene realizzato

mediante le operazioni di grigliatura o di triturazione o entrambe.

La grigliatura può essere divisa in due parti: una prima fase nella quale vengono

eliminati i corpi di dimensioni maggiori, grigliatura grossolana, seguita da una

seconda fase di grigliatura, grigliatura fine, il cui scopo è quello di eliminare i

corpi di minori dimensioni.

La grigliatura grossolana viene eseguita facendo passare i liquami attraverso un

sistema formato da barre di acciaio distanti fra loro da 4 a 6 cm. I corpi che

rimangono sulla griglia vengono estratti manualmente. Questo trattamento risulta

indispensabile soprattutto quando le acque scorrono anche in tratti scoperti lungo i

quali è possibile che vengano aggiunti al flusso anche svariati tipi di corpi estranei.

La figura 15 mostra un sistema di grigliatura grossolana ottenuto disponendo la

griglia, inclinata di un angolo di circa 30°, sulla condotta di alimentazione. I solidi

grossolani rimangono sulla griglia e da questa vengono estratti manualmente.

L’estrazione manuale risulta funzionale dato che la quantità di materiali grossolani è

normalmente limitata e la meccanizzazione del sistema di estrazione renderebbe

l’impianto troppo complesso e in definitiva più costoso. Il sistema è dotato anche di

una condotta di by-pass che entra in funzione quando il passaggio dell’acqua è

impedito a causa di ostruzioni della griglia stessa.

L’allargamento della condotta in prossimità della griglia ha lo scopo di ridurre la

velocità dei liquami (a un valore massimo di 0,8 – 1,2 m/s) in modo da evitare che la

turbolenza dell’acqua trascini il materiale grossolano oltre la griglia.

In alcune vasche di grigliatura si esegue anche l’eliminazione delle sostanze solide

pesanti di dimensioni ridotte (pietrisco, materiale sassoso, piccoli pezzi di vetro ecc.)

che per le loro dimensioni e la loro pesantezza tendono a passare oltre la griglia e che

potrebbero causare gravi danni alle tubazioni e alle pompe a causa dell’azione

abrasiva che tali materiali possono esercitare (vedi figura 16).

La quantità di materiale trattenuto dalle griglie grossolane varia da 3 a 30 litri ogni

1000 m3 di acqua trattata.

Depurazione delle acque 48 Trattamenti preliminari

Ingresso acque reflue

Estrazione corpi solidi

Griglia

Acqua ai trattamenti successivi

By-pass

Sezione longitudinale

Pianta

Scarico solidi

Figura 15 - Impianto per la grigliatura grossolana

La grigliatura fine viene invece eseguita facendo passare le acque reflue

attraverso un sistema di barre di acciaio distanti fra loro da 0,2 a 0,5 cm o, in casi

migliori delle reti molto fini (stacci). La quantità di materiale che in questo modo

viene trattenuta varia da 30 a 300 litri per 1000 m3 di acqua trattata potendo però

arrivare fino a 1500 litri quando si usano gli stacci filtranti.

Depurazione delle acque 49 Trattamenti preliminari

Griglia Raccolta grigliato Griglia secondaria mobile

Materiale grossolano pesante

Sfioramento acqua

Sezione longitudinale

Pianta

Uscita grigliato

Uscita materiale grossolano

Ingresso acqua Uscita acqua

Figura 16 - Impianto di grigliatura fine con eliminazione dei solidi

pesanti

Vista la quantità elevata di materiale solido, trattenuta dalla grigliatura fine, la

pulitura della griglia deve essere meccanizzata in modo che la pulizia sia continua. La

pulitura manuale richiederebbe troppo personale e quindi risulterebbe troppo

costosa.

I sistemi meccanici di pulitura sono di tipo diverso: a pettine rotante per vasche non

troppo profonde oppure a pettine piano per vasche di media o alta profondità.

Il sistema di smaltimento del materiale trattenuto dalle griglie è diverso a seconda

della potenzialità dell’impianto di grigliatura. Per impianti piccoli il materiale viene

raccolto e inviato al sistema di smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Gli impianti di

grigliatura ad alta potenzialità devono possedere invece sistemi di smaltimento

autonomi.

Un sistema ulteriore consiste nella pressatura e impaccamento del materiale solido e

l’invio dei pallet risultanti a discariche controllate o all’ inceneritore.

Depurazione delle acque 50 Trattamenti preliminari

Nella figura 17, in questa pagina, è mostrato un impianto di grigliatura fine a pettine

pulitore rotante.

Acqua da sottoporre a grigliatura

Pettine pulitore rotante

Raschiatore

Canale di raccolta del grigliato

Acqua ai trattamenti successivi

Figura 17 - Grigliatura fine con estrazione meccanizzata del grigliato a

pettine rotante

7.2.2 - La triturazione

La triturazione elimina di fatto la fase di grigliatura fine in quanto, dopo aver

eliminato la parte solida grossolana e di maggiori dimensioni, la parte restante viene

sottoposta a triturazione in modo da ridurre la dimensione dei corpi solidi a un

massimo di 4 – 8 mm.

Il trituratore è composto da una girante con denti di triturazione capaci di ridurre la

dimensione dei solidi fino alla grandezza desiderata. All’uscita dal trituratore c’è una

griglia che trattiene le parti non sufficientemente spezzettate e lascia passare l’acqua

con tutti i materiali sminuzzati. La parte di dimensioni maggiori viene riciclata al

trituratore in modo che al termine nessuna parte solida deve essere eliminata

mediante grigliatura.Depurazione delle acque 51 Trattamenti preliminari

La triturazione presenta tuttavia degli aspetti negativi:

•gli stracci che vengono spezzettati tendono a unirsi formando dei feltri che possono

causare intasamenti nelle tubazioni e negli organi interni dei macchinari presenti

nell’impianto;

•i materiali inerti e non biodegradabili (es. materiali plastici) tendono ad

accumularsi nelle vasche dei trattamenti successivi;

•i materiali non biodegradabili si ritrovano nei fanghi e ne diminuiscono il valore

quando il loro uso finale è quello di fertilizzanti agricoli;

•l’immissione del materiale triturato nel ciclo di trattamento delle acque comporta un

notevole aggravio nelle operazioni di depurazione successivi.

Per tutti questi fattori oggi si tende a sostituire la triturazione, molto usata in passato,

con una grigliatura fine ottenuta con mezzi automatici facilmente gestibili.

Depurazione delle acque 52 Trattamenti preliminari

By-pass

Griglia per riciclo grigliato

Ingresso acqua Griglia by-pass Uscita grigliato di by-pass

Uscita acqua

Trituratore Griglia

Figura 18 – Trituratore

2.2.3 - La stacciatura

Questo trattamento consiste nel far passare le acque reflue attraverso setacci o reti a

maglie fitte, con fori di passaggio che possono essere anche inferiori al millimetro, in

modo da trattenere una quantità di materiale molto maggiore di quella trattenuta con

la grigliatura fine.

In questo modo, oltre a eliminare parte delle sostanze solide di maggiori dimensioni

si riesce ad abbattere anche parte del BOD (dal 5 al 10%), il 10% dei solidi sospesi e il

10% della carica batterica. La stacciatura comporta tuttavia un notevole aggravio per

lo smaltimento dei solidi recuperati.

Gli stacci usati per l’operazione tendono a intasarsi, in particolar modo quando sono

presenti sostanze grasse o fibre, e richiedono pertanto cicli di pulizia e manutenzione

abbastanza gravosi. La stacciatura non viene usata quando l’impianto prevede l’uso

della sedimentazione primaria che produce in sostanza gli stessi effetti.

Depurazione delle acque 53 Trattamenti preliminari

Una stacciatura con microstacci (aperture dell’ordine dei micron, viene usata talvolta

per trattare le acque depurate prima della loro immissione nei corpi idrici di raccolta,

mentre quella normale viene frequentemente adottata nel trattamento delle acque di

piena di supero negli impianti a fognature unitarie nelle quali una parte

considerevole delle acque reflue, diluite con quelle di pioggia, viene scaricata nei

corpi idrici recettori finali.

Depurazione delle acque 54 Trattamenti preliminari

7.3 - Sfioro delle acque di piena (sistema a fognature unitarie)

Un altro trattamento preliminare è lo sfioro delle acque di pioggia nei sistemi a

fognatura unitaria. Tali dispositivi, nella forma più semplice sono costituiti da tratti

di fognatura aperti dalle cui pareti laterali, quando la portata supera un valore limite,

trabocca l’acqua in eccesso che viene raccolta da un canale che porta allo scarico

diretto mentre la parte rimanente viene inviata all’impianto di depurazione (vedi

figura 19 in questa pagina)

Sfioramento acqua in eccesso

Acqua in eccesso allo scarico diretto

Acqua all'impianto di depurazione

Canale di raccolta acqua sfiorata

Acqua in arrivo dalla fognatura unitaria

Figura 19 – Sfioratore delle acque di piena

Data la difficoltà di regolare con precisione la frazione di acqua che viene sfiorata

sono stati progettati vari tipi di scaricatori di piena (sfioratori). Quello più completo

possiede anche una griglia per l’eliminazione, dalle acque che vengono scaricate

direttamente nei recettori finali, delle parti solide più grossolane. Queste vengono

reimmesse nella frazione di acqua che verrà trattata nell’impianto di depurazione

(vedi figura 20).

Depurazione delle acque 55 Trattamenti preliminari

Tubo tarato per limitare la portata d’acqua

Griglia a svuotamento meccanico

Uscita acque di piena

Grigliato all’impianto di depurazioneSfioratore acque di piena

Acque all’impianto di depurazione

Figura 20 – Sfioratore delle acque di piena a tubo tarato con griglia

Depurazione delle acque 56 Trattamenti preliminari

7.3.1 - Le vasche a pioggia

Sono vasche che hanno lo scopo di trattare parte delle acque sfiorate (eliminate

durante i periodi di piena dalla fognatura di tipo unitario oppure le prime acque di

pioggia nel caso di fognature separate) in modo da eseguire un trattamento parziale

di purificazione o di agire come vasche di accumulo. In pratica le vasche a pioggia

sono vasche di sedimentazione, prive di dispositivi meccanici per l’eliminazione del

sedimentato, adatte alla raccolta dei fanghi sedimentabili e all’accumulo delle acque

che verranno poi inviate all’impianto di depurazione vero e proprio (vedi figura 21 in

questa pagina).

Durante la stagione asciutta queste vasche sono mantenute vuote in modo che

possano entrare in esercizio solo nel caso di pioggie di elevata intensità. Una volta che

sono state riempite verranno svuotate lentamente, inviando i liquami all’impianto di

depurazione, per renderle idonee a ricevere le acque in successive occasioni di

necessità.

Per tener conto anche di periodi di pioggia che si prolungano nel tempo si usano

spesso due vasche a pioggia poste in serie delle quali la prima ha solo la funzione di

accumulo delle prime acque di pioggia, quelle più inquinate, mentre alla seconda,

che funziona anche da sedimentatore, arrivano solamente le acque successive più

pulite che possono, almeno in parte, essere scaricate direttamente nel corpo idrico

recettore senza causare inquinamento.

Fango sedimentato

Scarico dei fanghi sedimentati

ingresso acqua Uscita acqua

Sedimentazione fanghi

Figura 21 – Vasca a pioggia

Depurazione delle acque 57 Trattamenti preliminari

Le vasche a pioggia devono essere dimensionate in modo da trattenere una portata

massima pari a tre volte la portata media giornaliera in condizioni di regime secco

(vedi sistema inglese) o più precisamente una portata pari a 70 litri per ogni abitante

allacciato alla fognatura.

L’uso di vasche a pioggia aumenta di circa il 20% la quantità di fango che deve essere

smaltito.

7.4 - Sollevamento delle acque di rifiuto

Per sollevamento delle acque reflue si intende l’operazione mediante la quale le

acque, che arrivano all’impianto di depurazione in condotte interrate, sotto il livello

del terreno, devono essere portate a parti dell’impianto che si trovano a un’altezza

maggiore. Per eseguire questa operazione si devono usare pompe di portata e potenza

opportuna e con caratteristiche atte a trattare liquami nei quali possono essere

presenti anche corpi solidi.

Quando si deve decidere come trasferire i liquami, da una parte all’altra

dell’impianto, diventa necessario stabilire in quale punto si deve eseguire il

sollevamento delle acque tenendo conto di numerosi fattori:

•in un impianto nel quale viene eseguita una sedimentazione primaria conviene

eseguire il sollevamento dopo la fase di sedimentazione in quanto, in caso di

mancanza di energia elettrica o per un cattivo funzionamento delle pompe, l’acqua

possa essere scaricata nei corpi idrici recettori dopo che ha subito almeno una fase

del trattamento di depurazione. Inoltre le pompe dovranno lavorare su un liquame

“più pulito” è quindi avranno un rendimento migliore;

•è conveniente usare le pompe con liquami che hanno già subito un dissabbiamento in

modo da evitare l’usura delle pompe e delle valvole causata dall’azione abrasiva del

materiale sabbioso;

•escludendo alcuni dispositivi di sollevamento come le coclee, che non risentono della

presenza di corpi solidi, è preferibile eseguire il sollevamento dopo le operazioni di

grigliatura o di triturazione;

•quando è possibile è preferibile eseguire il trasferimento dei liquami sfruttando la

gravità. In questo modo si evitano gli inconvenienti dovuti alla mancanza di energia

Depurazione delle acque 58 Trattamenti preliminari

elettrica e di malfunzionamento delle pompe, completando in ogni caso il ciclo di

depurazione, e si realizza un notevole risparmio di energia. E’ conveniente comunque

eseguire l’operazione di sollevamento il più tardi possibile possibilmente verso le fasi

finali del ciclo depurativo.

Ricordiamo che la potenza assorbita da una pompa che deve trasferire le acque reflue

è data dall’espressione:

(8)

dove:

Nass = potenza assorbita dal motore espressa in Watt

Qv = portata di liquami da trasferire in m3/s

H = prevalenza (composta solo dai termini (h2-h1) e y), in metri di colonna

d’acqua.

= rendimento del gruppo pompa-motore (valori variabili da 0,5 a 0,7)

Le pompe sono normalmente di tipo centrifugo con giranti studiate per resistere alle

azioni abrasive dei corpi solidi e per consentire anche il passaggio di corpi di

dimensioni superiori a 2 - 3 cm.

Il montaggio delle pompe è quasi sempre di tipo sommerso, cioè la pompa viene

posizionata immersa nei liquami che deve trasferire appoggiata sul fondo della vasca.

La stazione di sollevamento è costituita tipicamente da una vasca (vasca di carico)

all’interno della quale sono poste più pompe centrifughe di tipo sommerso uguali.

Mediante un opportuno controllo di livello le pompe vengono attivate a seconda del

livello del liquido come è mostrato nella figura 21-bis.

Osserviamo che:

1.è più conveniente avere più pompe “piccole” in parallelo che un'unica pompa

“grande”

2.di solito una pompa viene tenuta di riserva (a rotazione)

3.il volume della vasca di carico è calcolato in modo da non avere un accensione/

spegnimento delle pompe troppo frequente (perché altrimenti si possono rompere)

Depurazione delle acque 59 Trattamenti preliminari

4.le pompe sono progettate in modo tale da evitare il rischio che la vasca trabocchi

anche quando arriva la portata massima.

Fig. 21-bis - Modalità di funzionamento di pompe in parallelo

Per casi particolari, liquami che contengono notevoli quantità di solidi di dimensioni

rilevanti, si possono usare viti di Archimede (sollevatori a coclea). Questi, vedi figura

22, sono formati da una vite che ruotando riesce a trasportare verso l’alto anche

liquami che contengono sostanze solide, fanghi e altri corpi che possono essere

presenti nelle acque reflue. La forma di questi dispositivi presenta altri vantaggi:

•la portata si regola da sola sulla base della quantità di liquami in arrivo

•non sono soggette a intasamenti

•hanno generalmente elevati rendimenti.

Depurazione delle acque 60 Trattamenti preliminari

Figura 22 – Sollevatore a coclea

I sollevatori a coclea risultano tuttavia di difficile e costosa costruzione dal momento

che la sede nella quale ruota la coclea deve essere costruita con alta precisione allo

scopo di ottenere la tenuta necessaria. Per ridurre la difficoltà di costruzione e i costi

si usano parti metalliche oppure costruite con parti di calcestruzzo prefabbricato.

I sollevatori a coclea non sono adatti a piccole potenzialità (si parte da impianti che

trattano i liquami di 10000 – 20000 abitanti equivalenti).

7.5 - La desabbiatura

Per sabbie si intendono genericamente tutte quelle particelle di dimensioni ridotte

che presentano un elevato peso specifico e una elevata durezza. A questa categoria

appartengono oltre alle sabbie vere e proprie anche materiali metallici in piccoli

pezzi, il vetro, la terra e composti vegetali di consistenza compatta come semi, gusci

ecc. Le azioni che tali materiali possono causare sulle condutture, sulle pompe, sulle

valvole ecc. sono:

•azione abrasiva e erosiva dovuta all’urto, ad alta velocità, di tali materiali con le

pareti delle apparecchiature, le giranti delle pompe o le sedi delle valvole

•accumulo di materiale in punti particolari dell’impianto (curve, gomiti ecc.) con

conseguente intasamento delle tubature

•accumulo di tali materiali pesanti sul fondo delle vasche con conseguente riduzione

del volume disponibile delle vasche stesse.

L’eliminazione di questo tipo di materiali dalle acque reflue viene eseguita con

dispositivi chiamati “desabbiatori” (o dissabbiatori).

Depurazione delle acque 61 Trattamenti preliminari

La desabbiatura non viene di norma eseguita in impianti a bassa potenzialità (2000 –

3000 abitanti equivalenti) mentre risulta indispensabile per impianti di potenzialità

maggiore e in particolar modo quando nelle acque reflue confluiscono anche quelle di

pioggia che possono trascinare quantità rilevanti di terra e sabbia.

Un desabbiatore deve essere ben dimensionato in modo da non raccogliere, oltre la

sabbia, anche del materiale organico che, essendo soggetto a putrefazione,

renderebbe problematico l’uso o lo smaltimento della sabbia raccolta, ma allo stesso

tempo non deve lasciare nelle acque una quantità di sabbia tale da causare gli

inconvenienti visti sopra.

Esistono svariati tipi di desabbiatori e tutti basano il loro funzionamento sulla elevata

densità del materiale sabbioso in modo da usare la forza di gravità o la forza

centrifuga (generata o per moto rotatorio o con l’uso di flussi d’aria) per separarli

dagli altri materiali presenti nelle acque.

Un primo tipo di desabbiatore, desabbiatore a canale, consiste in un allargamento

della condotta dell’acqua in arrivo in modo da ridurre la velocità del flusso (0,3 m/

sec) e in tal modo far sedimentare il materiale sabbioso sul fondo dal quale verrà

successivamente raccolto. Questo sistema risulta difficilmente controllabile quando le

portate variano in maniera considerevole durante l’arco del giorno.

Un secondo tipo di desabbiatore, desabbiatore aerato, consiste in una vasca

all’interno della quale viene immessa aria in modo da creare una turbolenza nel

flusso dall’acqua tale da mantenere in sospensione i solidi più leggeri (generalmente

di tipo organico) e far sedimentare al contrario le sabbie. Anche in questo caso le

sabbie saranno estratte dal fondo mediante una pompa air-lift.

Il metodo migliore, (vedi figura 23), è il desabbiatore meccanizzato che sfrutta la

forza centrifuga generata facendo entrare il flusso dell’acqua tangenzialmente in una

vasca circolare con parti di sezioni troncoconiche. L’acqua acquista un moto circolare,

che viene mantenuto e in parte amplificato per mezzo di palette rotanti, e la sabbia,

più pesante, viene spinta dalla forza centrifuga verso le pareti dalle quali scivola poi

verso il basso raccogliendosi sul fondo. Un sistema idropneumatico ad aria

compressa (pompa air-lift) provvede a estrarre la sabbia depositata sul fondo e a

convogliarla, attraverso una tubazione centrale, in un bacino di raccolta. Le sabbie

raccolte in questo modo sono sufficientemente pulite. Per ottenere sabbie ancora più

Depurazione delle acque 62 Trattamenti preliminari

pure si opera, dopo l’estrazione, un lavaggio con acqua che viene riciclata a monte del

desabbiatore.

La quantità di materiale sabbioso raccolto varia in un ampio intervallo potendo

andare da 3 fino a 300 litri ogni 1000 m3 di acqua trattata. Questo dipende da:

•dal sistema di fognature, se unitario o separato

•dalla presenza di tratti di fognatura formata da tratti scoperti

•dalla presenza di spiagge o località sabbiose.

Bacino di raccolta della sabbia

Palette rotanti

Eiettore pneumatico per l’aspirazione della sabbia

Pozzetto raccolta sabbia

Ingresso acqua

Uscita acqua desabbiata

Bacino di raccolta della sabbia

Figura 23 – Desabbiatore meccanizzato (a flusso tangenziale)

Lo smaltimento finale dalla sabbia può essere eseguito con modalità diverse:Depurazione delle acque 63 Trattamenti preliminari

•riutilizzo nell’area dell’impianto

•smaltimento in discariche controllate

•invio del materiale sabbioso a un inceneritore da utilizzare quando la sabbia tende a

trattenere materiale organico.

Per quanto riguarda il dimensionamento delle vasche è opportuno che abbiano un

volume tale da consentire tempi di ritenzione dei liquami di 2 – 3 minuti. Quindi, se

si prevede una portata massima, nell’arco del giorno, di 300 l/s allora la vasca di

desabbiatura deve avere un volume compreso fra 36 e 54 m3.

7.6 - Disoleatura e separazione dei grassi

Oli e grassi di origine animale, vegetale e minerale sono sempre presenti in tutti gli

scarichi civili derivando, oltre che dalle normali utenze domestiche, anche da

particolari attività come ristoranti, mense, autolavaggi, autorimesse, distributori di

benzina, rifiuti industriali ecc.

L’abbattimento di questi materiali, prima dello sversamento delle acque nei corpi

idrici recettori finali, è necessario in quanto:

•hanno uno sgradevole impatto estetico

•formano pellicole impermeabili all’ossigeno sulla superficie delle acque

•possono causare intasamenti delle condutture

•inibiscono l’ossidazione aerobica delle sostanze organiche

•rallentano fortemente la fermentazione anaerobica dei liquami

•ostacolano la sedimentazione dei fanghi

•formano schiume all’interno dei digestori riducendone il volume utile

•intasano le tele dei filtri pressa usati nella disidratazione dei fanghi di supero.

Figura 25 – Disoleatore individuale di grandi dimensioni

Figura 24 – Disoleatore individuale

Depurazione delle acque 64 Trattamenti preliminari

Per ridurre la quantità di grassi che arrivano alla fognatura alcuni Regolamenti di

Igiene Urbana impongono, ad ogni utente, l’uso di pozzetti per la raccolta di questi

materiali. Questo sistema risulta buono in teoria ma in pratica, a causa della cattiva o

mancata manutenzione di questi dispositivi, la loro efficacia risulta quasi nulla (vedi

figura 24).

Sgrassatori individuali di maggiori dimensioni vengono normalmente usati a monte

degli scarichi istallati in luoghi nei quali si svolgono attività che scaricano rilevanti

quantità di oli e grassi. Questi sistemi non prevedono tuttavia lo scarico automatico

delle sostanze raccolte ma devono essere puliti manualmente e il materiale inviato ai

luoghi di smaltimento o di rigenerazione degli oli quando si tratta di lubrificanti (vedi

figura 25).

Un sistema automatico di disoleatura, molto usato nell’industria petrolchimica, è

costituito da un pacco di lamelle, disposte parallelamente, formato da piastre

ondulate di materia plastica facilmente bagnabile dalle sostanze grasse (lipofila) ma

non dall’acqua. Le acque oleose attraversano il pacco di lamelle a bassa velocità in

modo che il moto sia laminare e non si verifichino turbolenze. In tali condizioni le

lamelle costituiscono un supporto sul quale si depositano e si accumulano, unendosi

insieme, le gocce di materiale oleoso. Quando le gocce hanno raggiunto un volume

sufficiente si staccano dalle lamine e si muovono verso l’alto raccogliendosi sulla

superficie da dove vengono estratte.

Depurazione delle acque 65 Trattamenti preliminari

Pacco lamellare

Uscita fanghi sedimentati

Figura 26 – Disoleatore a lamelle

Il moto laminare dell’acqua favorisce anche la parziale sedimentazione dei fanghi che

vengono raccolti sul fondo e quindi eliminati (vedi figura 26).

Le vasche di disoleazione sono poste sempre a valle dei desabbiatori per evitare che

nel disoleatore, nel quale si ha sempre una bassa velocità dell’acqua, si depositi la

sabbia che si accumulerebbe sul fondo.

I rendimenti depurativi della disoleazione si aggirano intorno al 60 – 70% con tempi

di ritenzione varianti da 2 a 4 minuti. Negli impianti medio-grandi gli oli e i grassi

separati dalle acque reflue vengono mandati all’incenerimento.

7.7 - Trattamenti combinati e sequenze migliori

Per ottenere risparmi notevoli nella costruzione degli impianti di depurazione è

possibile combinare più trattamenti in una unica vasca. per esempio è possibile

combinare:

• la disoleatura con la sedimentazione primaria

• la disoleatura con il desabbiamento

• il sollevamento con la desabbiatura e la triturazione ecc.

Depurazione delle acque 66 Trattamenti preliminari

Quando si combinano più trattamenti il calcolo per il dimensionamento delle vasche

e la taratura dei vari parametri è più complessa, tuttavia il risparmio ottenuto è tale

che attualmente quasi tutti gli impianti usano trattamenti combinati.

La corretta sequenza delle operazione non è stabilita in maniera rigida potendo

variare sulla base dei trattamenti eseguiti e del tipo di apparecchiature a disposizione.

La scelta dei trattamenti preliminari da eseguire è anche fortemente influenzata dal

tipo di trattamenti secondari che si vogliono attuare. Allo stato attuale tuttavia la

sequenza più utilizzata nei trattamenti primari comprende una grigliatura grossolana

seguita eventualmente da una grigliatura fine, una desabbiatura, una disoleatura ed

eventualmente una sedimentazione primaria.

Nella figura riportata sotto è mostrata una sequenza di sollevamento, desabbiatura e

triturazione.

Figura 28 – Sequenza di fasi relative ai trattamenti preliminari.

7.8 – Schemi di impianto e simboli UNICHIM

Come in tutti i settori industriali, anche in quello chimico esiste il problema di

registrare e comunicare le informazioni attraverso rappresentazioni grafiche. Per

rendere questo processo semplice e facilmente comprensibile conviene indicare le

varie apparecchiature usando delle rappresentazioni simboliche. I simboli sono stati

codificati nella normativa UNICHIM.

A seconda della complessità le rappresentazioni grafiche dei processi si dividono in:

o diagrammi a blocchi o diagrammi di flusso

o schema semplificato o di principio

o schema di processo

o schema di marcia.Depurazione delle acque 67 Trattamenti preliminari

7.8.1 – Diagramma a blocchi o di flusso

In questo tipo di rappresentazione le varie fasi di processo vengono indicate

all’interno di cornici rettangolari mentre dei collegamenti con frecce specificano

l’esatta sequenza delle operazioni.

Un esempio di diagramma di flusso è quello riportato in figura 29, nel quale sono

indicate le sequenze di fasi generiche.

Figura 29 – Esempio di diagramma a blocchi o di flusso

7.8.2 – Schema semplificato o di principio

Questo schema mette in evidenza la successione degli apparecchi che costituiscono

l’impianto. Lo schema a blocchi viene convertito in operazioni elementari alle quali

sono associate precise apparecchiature visualizzate usando i simboli della normativa

UNICHIM. I collegamenti fra le varie apparecchiature sono indicate come tubazioni

che collegano le varie apparecchiature mentre il flusso dei materiali è evidenziato da

frecce. In questo schema non sono indicati gli organi di intercettazione, gli organi di

regolazione, gli strumenti di misura o di controllo e le apparecchiature ausiliarie.

Questo schema è una evoluzione più dettagliata del diagramma di flusso.

7.8.3 – Schema di processo

Questo schema, che costituisce un ulteriore miglioramento di quello semplificato,

comprende, oltre alle apparecchiature indicate secondo la normativa UNICHIM,

anche:

o le apparecchiature principali

Depurazione delle acque 68 Trattamenti preliminari

o le linee di processo

o gli strumenti di misura e regolazione principali

o le apparecchiature ausiliarie

o gli organi di intercettazione

o gli strumenti di controllo.

Nel caso che una apparecchiatura non sia contenuta nella lista di quelle codificate

dalla normativa UNICHIM, il progettista può usare un simbolo proprio specificando

in una opportuna legenda il significato del simbolo stesso.

Depurazione delle acque 69 Trattamenti preliminari

Questo tre tipi di schema sono quelli usati più di frequente quando si studia il

funzionamento di particolari trattamenti chimici e chimico-fisici.

7.8.4 – Schema di marcia.

Questo schema indica in maniera completa tutte le apparecchiature, i controlli e gli

strumenti di misura presenti nell’impianto, tutti i valori delle variabili del sistema in

ogni punto dell’impianto e tutti i collegamenti fra la strumentazione e l’impianto

stesso. Il disegno verrà usato sia per la costruzione dell’impianto sia per la sua

conduzione e manutenzione.

Data la complessità di schemi di questo tipo, il loro uso è riservato solamente a

personale specializzato e non verrà preso in considerazione in questo contesto.

Trattamenti integrativi

Per trattamenti integrativi si intendono alcuni processi facoltativi, che possono essere

eseguiti in un punto qualsiasi del ciclo di trattamento delle acque, a cui vengono

sottoposte le acque quando alcune caratteristiche dei liquami o fattori diversi, dovuti

a situazioni locali, lo richiedono.

Questi trattamenti comprendono:

•la preareazione

•l’equalizzazione

•la disinfezione.

8.1 - La preareazione

La preareazione consiste nell’immissione di aria nelle acque reflue, contenute in

apposite vasche, in modo da ottenere i seguenti effetti:

•arricchire i liquami con ossigeno in modo che quando vengono inviati alle vasche di

sedimentazione vengano impedite le reazioni di setticizzazione (fermentazione

anaerobica) con formazione di composti gassosi di odore sgradevole.

•ottenere una flocculazione anticipata dei solidi, a causa dell’ossidazione mediata dai

microrganismi aerobici, e favorire così la successiva sedimentazione.

Depurazione delle acque 70 Trattamenti integrativi

•eliminare parte dei gas disciolti (stripping) e in particolare l’ammoniaca e

l’idrogeno solforato.

In definitiva questo trattamento serve a aumentare l’ossigeno disciolto nelle acque

reflue.

Per ossigeno disciolto (DO = Dissolved Oxygen) si intende la concentrazione,

espressa in mg/l, di ossigeno presente nell’acqua. Il suo valore, quando si raggiunge

la condizione di saturazione, varia con la temperatura dell’acqua (14,1 mg/l a 0°C e

7,6 mg/l a 30°C – vedi tabella 6). La quantità di ossigeno disciolto è molto

importante perché consente la respirazione delle forme animali nonché

l’autodepurazione delle acque per ossidazione delle sostanze organiche a opera di

microrganismi aerobici. Tuttavia, considerando che il valore del BOD5 può arrivare a

500 mg/l e oltre si capisce come l’ossigeno disciolto possa essere facilmente

consumato durante la fase di autodepurazione e quindi la necessità di un continuo

rinnovo di questo gas.

Tabella 6 – Concentrazione di saturazione dell’ossigeno nell’acqua

Temperatura

(°C)

Ossigeno

disciolto

(mg/l)0 14,15 12,810 11,315 10,220 9,225 8,430 7,6

In alcuni casi la preareazione viene eseguita durante le fasi di desabbiatura e di

disoleatura. In queste condizioni però il tempo di ritenzione deve essere fortemente

aumentato, fino a 30 – 45 minuti (la saturazione dell’acqua con ossigeno è un

processo cineticamente lento) con un consumo d’aria ottimale di circa 1,2 m3 d’aria/

m3 d’acqua.

Depurazione delle acque 71 Trattamenti integrativi

Quando l’impianto è dotato di vasche di accumulo e/o di equalizzazione allora la fase

di preareazione viene eseguita nei liquami contenuti in tali vasche con il vantaggio di

ottenere oltre all’arricchimento di ossigeno anche una continua miscelazione e

omogeneizzazione dei liquami.

8.2 - L’equalizzazione o compensazione

Come abbiamo già visto i valori dei parametri caratteristici delle acque reflue (carico

idraulico, carico organico, BOD, carico dei solidi sospesi ecc.) non si mantengono

costanti nel tempo ma variano sia nel corso della giornata che nel corso dell’anno.

Come è già stato detto queste variazioni, espresse convenientemente dal coefficiente

di punta, risultano tanto maggiori quanto minore è la comunità servita dall’impianto

di depurazione.

Questa variabilità costituisce un fattore che agisce negativamente sia sulla

progettazione che sul dimensionamento dell’impianto, infatti:

•le varie fasi di depurazione devono essere dimensionate sulla base dei valori massimi

dei parametri caratteristici dello scarico in esame;

•alle variazioni naturali si possono addizionare variazioni occasionali e impreviste

rendendo inattuabile il processo di depurazione con conseguente scarico di acque

ancora parzialmente inquinate;

•molti trattamenti, in particolar modo quelli di tipo biologico, si adattano male a

improvvise e rilevanti variazioni di carico idraulico e organico.

Un modo per ovviare agli inconvenienti visti sopra e allo stesso tempo ottenere

vantaggi in fatto di omogeneità di carico organico e idraulico, è quello di dotare

l’impianto di vasche di accumulo (o vasche di compensazione o di equalizzazione o di

bilanciamento), a livello variabile, nelle quali viene raccolto il liquame proveniente

dalle fasi di trattamento preliminare. In queste vasche vengono inviate anche le acque

derivanti da carichi idraulici occasionali e, come vedremo più avanti, anche quelle

derivanti dal trattamento dei fanghi.

La compensazione viene di solito fatta su base giornaliera ma in alcuni casi (esempio,

acque depurate usate per l’irrigazione) si può eseguire l’accumulo anche sulla base di

tempi diversi.

Gli schemi di impianto usati possono essere:

Depurazione delle acque 72 Trattamenti integrativi

•vasche di compensazione IN LINEA

•vasche di compensazione LATERALI o FUORI LINEA.

8.2.1 - Compensazione IN LINEA

Lo schema operativo è quello mostrato sotto:

Trattamenti preliminari

Trattamento primario

Trattamento secondario

Equalizzazione

By-pass

Misuratore e regolatore di portata

Riciclo acque dei fanghiIngresso liquami

Scarico acque depuratePompa di sollevamento (di tipo sommerso)

Figura 37 – Compensazione in linea

Questo sistema prevede che, dopo le fasi di grigliatura e desabbiatura che devono

essere dimensionate sulla base della portata massima della fognatura, venga inserita

una vasca di equalizzazione nella quale confluiscono anche le acque derivanti dal

trattamento dei fanghi. E’ necessario prevedere anche l’istallazione di una linea di by-

pass con lo scopo di saltare la vasca di compensazione nel caso di guasti o quando si

deve eseguire la manutenzione della vasca stessa.

Un sistema formato da pompe di sollevamento, comandate da un gruppo di

misurazione e controllo della portata, provvede a alimentare le fasi successive

dell’impianto di depurazione in maniera continua e costante.

Nella vasca di equalizzazione, nella quale è necessario prevedere un sistema di

mescolamento e omogeneizzazione delle acque, è possibile eseguire anche la fase di

preareazione in modo da ottenere contemporaneamente sia l’ossigenazione dei

liquami sia la miscelazione della acque raccolte.

Depurazione delle acque 73 Trattamenti integrativi

8.2.2 – Compensazione FUORI LINEA o LATERALE

L’accumulo delle acque reflue usato in questo schema non è fatto in vasche disposte

in serie rispetto all’impianto principale ma su una linea parallela a questa. Le acque

che arrivano dalla fognatura principale sono divise, mediante sfioratore, in due

correnti: una prosegue verso le fasi successive e un’altra viene inviata alla vasca di

accumulo nella quale vengono inviate anche le acque di trattamento dei fanghi. Un

sistema di misurazione e controllo provvede a prelevare e inviare all’impianto le

acque contenute in questa vasca quando la portata delle acque in arrivo dalla

fognatura principale risulta minore di quella media giornaliera in modo da

mantenere costante l’alimentazione dell’impianto.

I vantaggi di questo sistema rispetto a quello in linea sono:

•minore quantitativo di liquami da sottoporre a sollevamento e quindi minor consumo

di energia

•volume minore della vasca di accumulo

•possibilità di inserire la vasca di compensazione anche su impianti già costruiti.

Gli svantaggi sono invece:

•omogeneità solo nella portata di alimentazione dell’impianto ma non nel carico

organico o in quello dei solidi sospesi che mantengono, anche se meno pronunciata,

la variabilità originale con le conseguenze viste sopra

•impossibilità di eseguire la preareazione sulla totalità dei liquami in arrivo.

Schema di equalizzazione laterale

Depurazione delle acque 74 Trattamenti integrativi

Trattamenti preliminari

Sfioratore Trattamento primario

Trattamento secondario

Misuratore e regolatore di portata

Riciclo acque dei fanghi

Scarico acque depurate

Ingresso liquami Equalizzazione

Pompa di sollevamento (di tipo sommerso)

Figura 38 – Compensazione laterale

Anche se l’equalizzazione comporta una spesa maggiore sia per la costruzione

dell’impianto che per la sua conduzione presenta tuttavia numerosi vantaggi:

•alimentazione dell’impianto con una portata costante e quindi riduzione delle

dimensioni delle apparecchiature usate nei trattamenti successivi (esempio: le vasche

di sedimentazione non devono essere dimensionate sulla portata massima ma su

quella media giornaliera)

•alimentazione dell’impianto con liquami ben omogeneizzati e a composizione

costante (carico organico e carico dei soli sospesi costanti)

•riduzione delle dimensioni delle vasche di aerazione che in caso contrario dovrebbero

essere dimensionate sul valore massimo del carico organico

•facile dosatura dei prodotti chimici che devono essere addizionati ai liquami nella

depurazione

•possibilità di sopportare sovraccarichi occasionali

•costituisce un buon punto nel quale riciclare le acque di trattamento dei fanghi che

hanno di norma elevati carichi organici

•consente di effettuare una corretta preareazione usando tempi di ritenzione

sufficientemente lunghi.

L’equalizzazione risulta funzionale solamente nei sistemi a fognature separate poiché

nel caso di fognature unitarie le acque di pioggia possono arrivare quando le vasche

sono piene oppure, in caso di periodi di pioggia prolungati non risultano sufficienti a

Depurazione delle acque 75 Trattamenti integrativi

contenere la giusta quantità di liquami. In questo caso verrà necessariamente

scaricata nel corpo recettore finale acqua parzialmente inquinata.

Le dimensioni delle vasche di accumulo possono essere calcolate sulla base del carico

idraulico (opzione normalmente scelta) oppure su quella del carico organico o del

carico dei solidi sospesi.

I valori di dimensionamento comunemente accettati sono:

•per comunità medio - piccole il volume delle vasche di accumulo varia dal 20 al 40%

del carico idraulico medio giornaliero

•per le comunità maggiori il volume delle vasche di accumulo varia dal 10 al 20% del

carico idraulico medio giornaliero

•la potenza degli agitatori meccanici (per mantenere omogenea la composizione dei

liquami) compresa fra 6 e 11 W/m3 del volume della vasca

•il consumo di ossigeno per la preareazione e l’omogeneizzazione dei liquami

compreso fra 5 e 10 g/m3 di liquami·ora.

8.3 - Disinfezione

Come abbiamo già visto, nelle acque di rifiuto sono sempre presenti microrganismi

patogeni che, in caso di epidemie, possono raggiungere concentrazioni elevate e

pericolose per la salute pubblica, e parassiti di vario tipo. Per rendere inoffensive

questi liquami occorre provvedere alla loro disinfezione usando sistemi che associano

a una buona efficacia anche un costo contenuto.

I sistemi disponibili possono essere di natura fisica o di natura chimica.

Fra quelli di natura fisica ci sono:

•uso di radiazione UV

•uso di radiazioni ionizzanti

•uso di alte temperature.

Quelli di tipo chimico sono invece:

•uso del cloro e dei suoi derivati

Depurazione delle acque 76 Trattamenti integrativi

•uso del bromo e dei suoi derivati

•uso di ozono.

Il sistema più usato sia per la sua efficacia che per il suo basso costo è quello del cloro

e dei suoi derivati.

E’ comunque importante sottolineare che per disinfezione non si intende

l’eliminazione totale dei microrganismi patogeni, che richiederebbe elevate quantità

di sostanze disinfettanti e tempi di contatto estremamente lunghi, ma la riduzione

della loro concentrazione sotto un livello ritenuto generalmente di sicurezza. La

riduzione della concentrazione può essere aumentata associando alla disinfezione

anche la diluizione delle acque scaricate.

8.3.1 - Disinfezione con cloro

Questo trattamento si fa in genere dopo la depurazione, perché prima ha poco senso

dal momento che i “disinfettanti” reagirebbero anche con molte sostanze presenti

nelle acque reflue consumandosi per niente, in casi eccezionali comunque si può fare

anche la disinfezione come pretrattamento; in questo secondo caso viene privilegiata

la sicurezza del personale che opera nell’impianto.

Composti chimici usati: Cl2(g) (poco usato perché potenzialmente pericoloso),

NaOCl, Ca(OCl)2.

Anche il cloro gassoso in acqua viene rapidamente idrolizzato secondo la reazione:

Cl2(g) + H2O H+ + Cl- + HOCl

L’azione battericida dipende dalla velocità di miscelazione e dal tempo di contatto,

all’inizio è massima, in seguito si formano composti meno reattivi.

Il dosaggio, con apposita pompa dosatrice, deve essere idoneo: alla fine del

trattamento non devono rimanere residui di cloro dannosissimi per le acque del

recapito; in questo ultimo caso bisogna effettuare una declorazione per esempio

facendo ossidare il cloro rimasto con aria (si fa muovere l’acqua in uscita in recipiente

aperto).

Depurazione delle acque 77 Trattamenti integrativi

Le specie chimiche attive sono l’acido ipocloroso, HOCl e lo ione ipoclorito, OCl-.

È stato dimostrato sperimentalmente che l’azione battericida dell’acido ipocloroso è

dalle 40 alle 80 volte maggiore di quella dello ione ipoclorito.

Quando si usa un ipoclorito in acqua si stabilisce un equilibrio fortemente influenzato

dal pH, infatti:

HOCl OCl- + H+

la cui costante di equilibrio è:

Se calcoliamo la frazione libera della specie più reattiva HOCl :

e la riportiamo su un grafico in funzione del pH, otteniamo la curva seguente:

Depurazione delle acque 78 Trattamenti integrativi

Il grafico mostra chiaramente che l’HOCl è presente in abbondanza in acque acide

(fino a pH=6) per poi diminuire velocemente in acque anche debolmente basiche.

Ciò significa che il trattamento di disinfezione con il cloro o i suoi composti è molto

più efficace se condotto su acque con pH<7; la disinfezione di acque basiche quindi

dovrà essere condotta con dosaggi maggiori e per tempo più lungo.

Mentre negli Stati Uniti la clorazione delle acque reflue trattate è obbligatoria, in

Europa questo tipo di disinfezione viene fatto solamente quando ciò è ritenuto

necessario come per esempio nei seguenti casi:

•liquami che provengono da cliniche, ospedali, sanatori o case di cura

•acque che hanno subito un trattamento di depurazione incompleto

•acque che vengono scaricate in zone limitrofe a acque di balneazione

•quando nel corpo recettore vengono eseguite colture acquatiche (molluschi pesci ecc.)

•le acque vengono usate per l’irrigazione di terreni adibiti alla coltivazione di prodotti

destinati all’uso umano o al nutrimento di animali da latte.

Depurazione delle acque 79 Trattamenti integrativi

La rappresentazione UNICHIM del trattamento di disinfezione con ipoclorito è:

In ogni caso è importante realizzare una buona miscelazione dei reattivi con l’acqua

per evitare che si formino zone a concentrazione troppo elevata e zone a

concentrazione insufficiente

8.3.2 – L’ozono usato come disinfettante

L’ozono (O3) è una forma allotropica instabile dell’ossigeno che si forma quando l’aria

viene sottoposta a rilevanti fonti di energia come nei motori a combustione interna o

durante i temporali.

La molecola dell’ozono è instabile e si dissocia velocemente formando ossigeno

molecolare e ossigeno atomico.

O3 O2 + O

L’azione disinfettante dell’ozono è dovuta al forte potere ossidante dell’ossigeno

atomico che risulta capace di ossidare quasi tutte le molecole organiche rendendo

impossibile la vita dei microrganismi.

I vantaggi dell’uso dell’ozono rispetto a quello del cloro e dei suoi derivati sono:

•capacità di distruzione sia dei batteri che dei virus che delle spore

•non forma i composti tossici che vengono formati invece dall’ipocloritoDepurazione delle acque 80 Trattamenti integrativi

•richiede tempi di contatto molto minori (pochi minuti)

•capacità di abbattimento degli odori molesti delle acque reflue

•capacità di decolorare l’acqua in uscita dai trattamenti di depurazione

•non lascia nell’acqua scaricata residui tossici per la vita acquatica.

L’unico svantaggio, ma determinante, è il costo più elevato rispetto al trattamento

con ipoclorito.

Depurazione delle acque 81 Trattamenti integrativi

Sedimentazione

(o Chiarificazione o Decantazione)

La sedimentazione è un’operazione unitaria mediante la quale si separano le

particelle solide sospese in un liquido sfruttando la forza di gravità che tende a farle

depositare sul fondo.

Questo procedimento può essere efficacemente applicato alle acque reflue che, come

abbiamo visto in precedenza, contengono quantità rilevanti di solidi sospesi

sedimentabili (vedi tabella di pagina 15). Il processo viene eseguito usando vasche

particolari (sedimentatori) di forma adeguata nelle quali viene mantenuto un flusso

di liquami tale da favorire:

•la separazione delle particelle per decantazione

•la raccolta del materiale depositato (fango)

•la concentrazione del fango raccolto

•lo smaltimento del fango.

Il fango è un miscuglio costituito da materiale solido, organico e inorganico, sospeso

in quantità più o meno elevate di acqua. Sulla base della quantità d’acqua i fanghi si

dividono in:

•(acqua > 90%) fango liquido che può essere trasferito mediante pompe speciali e

tubazioni di diametro tale da evitare intasamenti. Quando il tenore di acqua scende

sotto il 90% il fango diventa più viscoso fino ad assumere una consistenza pastosa;

•(acqua compresa fra l’80% e il 75%) il fango ha l’aspetto di una pasta semisolida

e può essere trasferito solamente mediante apparecchiature meccaniche adatte al

trasferimento di solidi (fango palabile);

•(acqua < 50%) fango secco di aspetto decisamente solido.

Depurazione delle acque 82 La sedimentazione

Dall’esame del carico dei solidi sedimentabili e della loro composizione media è

possibile determinare quali parametri sono influenzati dal processo di

sedimentazione. In pratica con la sedimentazione si ottiene la rimozione:

•di circa il 90% dei solidi sedimentabili

•di circa il 60% dei solidi sospesi totali

•di circa il 30% del BOD e del COD

•dal 25 al 50 % della carica microbica

•dal 10 al 20% della carica virale

•quasi il 100% dei parassiti

•dal 5 al 10% dei detersivi

•dal 20 al 30% di oli e grassi.

Al termine della fase di sedimentazione quindi si ottengono acque abbastanza

limpide (quasi prive di solidi sospesi), generalmente poco colorate che però

contengono ancora la quasi totalità dei solidi disciolti e di quelli colloidali.

La velocità dell’acqua nella vasca di sedimentazione non deve subire variazioni

rilevanti perché, in caso contrario, si può avere il rimescolamento dei fanghi

depositati e il loro trascinamento con l’acqua chiarificata. Questa eventualità che non

ha molta importanza quando avviene in una fase di sedimentazione primaria, dal

momento che le acque in uscita dovranno subire altri trattamenti depurativi, è invece

determinante quando la sedimentazione è l’ultimo trattamento che l’acqua subisce

prima del suo scarico nei corpi idrici recettori.

Depurazione delle acque 83 La sedimentazione

Cenni di teoria della sedimentazione

Per quanto concerne la trattazione teorica della sedimentazione si deve tener conto

che le particelle solide si possono dividere in due classi fondamentali sulla base del

loro meccanismo di sedimentazione:

particelle granulose → sedimentazione indipendente, queste particelle

sedimentano individualmente senza interferire le une con le altre. Il loro

comportamento è assimilabile a quello di particelle sferiche.

particelle fioccose → sedimentazione di massa, queste particelle hanno

l’aspetto di fiocchi e sedimentano interagendo fra loro e unendosi in modo da

formare particelle da massa maggiore.

Esaminiamo in primo luogo il comportamento alla sedimentazione delle particelle di

tipo granuloso.

Sedimentazione granulosa o indipendente

Per determinare la velocità di sedimentazione di una particella in funzione delle sue

caratteristiche geometriche e della sua densità si studia il movimento di una

particella sferica di diametro (d) e peso specifico (s) immersa in un liquido di

viscosità () e peso specifico (a).

Quando la particella di volume (V) è immersa nel liquido e è ferma le forza che

agiscono su essa sono:

•la forza peso diretta verso il basso e di intensità FP = S·V

•la spinta di Archimede (galleggiamento) diretta verso l’alto e di intensità FA = a·V

La forza risultante è:

Si possono verificare tre casi diversi:

S = a il sistema si trova in equilibrio e la particella rimane ferma

S < a la forza risultante è diretta verso l’alto e quindi la particella galleggia nel

liquido

Depurazione delle acque 84 La sedimentazione

S > a la forza risultante è diretta verso il basso quindi la particella si deposita

sul fondo.

La sedimentazione è ovviamente possibile solo in questo ultimo caso nel quale la

forza risultante è diretta verso il basso.

Quando la particella comincia a muoversi verso il basso si instaura anche una forza di

attrito (FAtt) il cui valore dipende dalla velocità di caduta. A questo punto la forza

risultante sarà:

Dopo un primo tempo, molto breve, in cui la particella si muove di moto accelerato,

con conseguente aumento della forza di attrito, si raggiunge la condizione per la quale

la forza risultante diventa nulla, cioè:

e quindi uno stato di moto rettilineo e uniforme: la velocità di caduta (velocità di

sedimentazione per la particella sferica considerata) diventa costante.

Per una particella di forma qualsiasi la forza di attrito è data dalla legge di Stokes:

Dove:

C = coefficiente di attrito (valore adimensionale)

Ap = superficie proiettata verso il basso (direzione del moto) della particella

in m2 (vedi figura a lato)

= densità del liquido in Kg/m3

v = velocità di caduta della particella in m/s

FAtt = forza di attrito in Newton

Depurazione delle acque 85 La sedimentazione

La superficie (Ap) proiettata dalla particella verso il basso può essere espressa anche

come prodotto della superficie proiettata da una sfera di ugual volume (As) e un

numero adimensionale chiamato fattore di forma (cioè:

Il coefficiente di attrito (analogo al fattore di attrito (f) di un liquido che scorre in una

tubazione) si determina in funzione del numero di Reynolds (Re) e del fattore di

forma () usando un grafico simile all’abaco di Moody (Vedi figura seguente).

0,1

1,0

10,0

100,0

1000,0

10000,0

0,001 0,010 0,100 1,000 10,000 100,000 1000,000 10000,000100000,000

Coefficiente di attrito di particelle immerse in un liquido

C

Re

Ψ =0,125

Ψ =0,220

Ψ =0,600

Ψ =0,806

Ψ =1,000

Il numero di Reynolds (Re) è un numero adimensionale legato alle caratteristiche del

moto di un fluido o di un corpo solido che si muove in un fluido.

Dove:

Depurazione delle acque 86 La sedimentazione

= densità del liquido in Kg/m3

v = velocità di caduta della particella (velocità di sedimentazione) in m/s

d = diametro della particella in metri (m)

= viscosità del liquido in Kg/m·s

Il moto di una particella che si muove in un liquido può essere:

•moto laminare quando Re < 0,3

•moto turbolento quando Re > 1000

•moto indefinito quando 0,3 < Re < 1000

Sostituendo nella formula della forza risultante le tre espressioni trovate si ottiene:

E’ stato determinato sperimentalmente che quando il moto è laminare il coefficiente

di attrito è funzione del numero di Reynolds, e precisamente:

ricordando inoltre che il volume della sfera è

si ottiene:

Risolvendo rispetto a (v) si ottiene:

dove v indica la velocità di sedimentazione di una particella sferica di diametro (d) di

peso specifico (s) immerso in un liquido di peso specifico (a) e con viscosità

()

Depurazione delle acque 87 La sedimentazione

(*)N.B. Il diametro (d) si riferisce a particelle sferiche. Nel caso di particelle di forma

diversa il diametro (diametro equivalente) si riferisce a quello di una sfera che

presenta la stessa resistenza idrodinamica al moto di caduta attraverso la fase liquida.

(sistema assimilabile al fattore di forma visto in precedenza).

Quando il moto diventa turbolento l’espressione vista sopra non è più valida. Tuttavia

considerando che in questo caso il fattore di attrito assume un valore praticamente

costante (C = 0,44) si può risolvere l’equazione ottenendo:

oppure in maniera più generale:

dove k è un fattore che dipende dal numero di Reynolds.

In virtù di ciò che abbiamo appena ricavato possiamo affermare dunque che le

particelle di tipo granuloso per un breve tratto iniziale sedimentano a velocità

crescente (accelerano) poi per tutto il resto del percorso vanno giù a velocità costante.

Poiché il primo tratto è trascurabile rispetto al secondo (si possono fare agevolmente

i calcoli) lo possiamo senz’altro trascurare e concludere dicendo che la velocità di

sedimentazione delle particelle granulose è costante e che dipende, tra le altre cose,

dal diametro della particella (e quindi dal suo volume), in particolare la velocità

aumenta all’aumentare delle dimensioni della particella.

Esempio 1:

Determinare la velocità di sedimentazione di una particella sferica del diametro d =

0,02 mm con densità s = 1,35 Kg/l sapendo che la densità del liquido è a = 0,90

Kg/l e la sua viscosità è = 2 cP.

Depurazione delle acque 88 La sedimentazione

Convertiamo le grandezze nelle unità di misura del SI:

s = 1,35 Kg/l = 1350 kg/m3

a = 0,90 Kg/l = 900 kg/m3

= 2 cP = 2·10-3 Kg/m·s

d = 0,02 mm = 2·10-5 m

Supponiamo, salvo successiva verifica, che il moto della particella sia del tipo

laminare. In questo caso si può calcolare la velocità di sedimentazione usando la

relazione:

Verifichiamo se il moto della particella è laminare:

Il valore ottenuto è inferiore a 0,3 quindi il moto è effettivamente laminare.

Esempio 2:

In un cilindro di altezza h = 50 cm viene posta dell’acqua contenente solidi in

sospensione di densità

s = 2,5 Kg/l. Per l’acqua si ha a = 1,00 Kg/l e = 1 cP. Calcolare la dimensione

minima dei solidi raccolti dopo 2 ore.

Calcoliamo per prima cosa quale deve essere la minima velocità perché una particella

che si trova sulla superficie raggiunga il fondo del cilindro in 2 ore.

Dalla formula che fornisce la velocità di sedimentazione ricaviamo il valore del

diametro

Depurazione delle acque 89 La sedimentazione

I sedimentatori

I sedimentatori sono le apparecchiature nelle quali si realizza materialmente la

sedimentazione.

Questi dispositivi, quasi sempre a funzionamento continuo, sono costituiti da grandi

vasche di forma circolare o rettangolare nelle quali vengono immessi i liquami da

trattare. Le dimensioni di queste vasche sono tali da assicurare un tempo di

ritenzione variabile da 2 a 3 ore

Sulla base del moto dei liquami all’interno di tali dispositivi i sedimentatori si

dividono in:

•sedimentatori a flusso ascensionale

•sedimentatori a flusso longitudinale

•sedimentatori a flusso misto ascensionale-longitudinale.

Nelle vasche a flusso ascensionale i liquami entrano dal basso e procedono verso

l’alto a una velocità tale da consentire alle particelle di densità maggiore di quella

dell’acqua di depositarsi sul fondo (vedi figura)

Acqua chiarificata

Fanghi

Ingresso liquami

Il tempo di permanenza delle acque deve essere tale da impartire alla fase liquida una

velocità ascensionale che non determini un trascinamento verso l’alto, e quindi nelle

acque chiarificate, delle particelle solide. Ricordando che la portata si ottiene dal

Depurazione delle acque 90 La sedimentazione

prodotto della superficie di passaggio per la velocità del fluido, si può determinare il

valore della velocità ascensionale:

Risulta evidente che la sedimentazione nelle vasche a flusso ascensionale avviene per

tutte e solo quelle particelle che hanno vs >va e che non dipende dal volume della

vasca ma dalla sua superficie o meglio dal rapporto fra la portata e la superficie. A

questo valore, la cui unità di misura è appunto quella di una velocità, si dà il nome di

carico idraulico superficiale e si indica con la sigla “CIS”.

Evidentemente sono le particelle più piccole a non soddisfare la relazione vs >va ,

quindi queste non riusciranno a sedimentare e usciranno trascinate dalle acque

chiarificate.

Un ragionamento analogo può essere fatto per le vasche di sedimentazione a flusso

longitudinale. Supponiamo di avere una vasca di tipo rettangolare in cui le acque

entrano da una estremità e escono dall’altra (vedi figura seguente). Indichiamo con:

Q = portata in ingresso (m3/s)

vt = velocità di traslazione dell’acqua (m/s)

va =velocità di sedimentazione delle particelle solide (velocità costante il cui valore è

determinabile con le formule viste in precedenza) (m/s)

l, h, b = dimensioni della vasca (lunghezza, altezza e larghezza) (m)

Consideriamo, nella condizione peggiore, una particella solida (P) che si trova nella

parte superiore della vasca, nel punto di ingresso dell’acqua. Tale particella

sedimenterà solamente se la sua traiettoria, risultante del movimento di traslazione

orizzontale e di quello di sedimentazione verticale, sarà tale da incontrare il fondo

della vasca (vedi figura).

Depurazione delle acque 91 La sedimentazione

vt = Q/h·b

va

Q = vt·h·bP

Traiettoria della particella P

h

l

b

A

In queste condizioni il tempo che la particella impiega a percorrere la lunghezza della

vasca è dato da:

Il tempo di sedimentazione sarà dato invece da:

Affinché la traiettoria della particella P intersechi il fondo della vasca nel punto A so

dovrà avere che

tt = ts, cioè:

che risolta rispetto a vs fornisce:

Il risultato ottenuto indica che anche per le vasche a flusso longitudinale verranno

trattenute (sedimentate) solo le particelle che hanno una velocità di sedimentazione

pari o superiore al Carico Idraulico Superficiale. E’ facile dimostrare che tali

considerazioni possono essere estese anche a vasche con flusso misto longitudinale-

ascensionale per cui, nella sedimentazione indipendente si può affermare che: la

sedimentazione di tipo indipendente (particelle granulose o sedimentazione

Depurazione delle acque 92 La sedimentazione

granulosa) si può effettuare solamente quando la velocità di sedimentazione delle

particelle risulta uguale o superiore al Carico Idraulico Superficiale (CIS).

Sedimentazione fioccosa o di massa

Mentre nel caso di particelle solide di tipo granuloso il calcolo della velocità di

sedimentazione non presenta problemi, altrettanto non si può dire quando le

particelle sono di tipo fioccoso. In questo caso le particelle interagiscono tra di loro e

tendono a unirsi formando particelle più grandi e quindi la velocità di

sedimentazione tende a aumentare nel tempo. Se riportiamo in un grafico la

traiettoria di una particella non si ottiene una retta ma una linea curva con la

concavità rivolta verso il basso (vedi figura).

Dal momento che la capacità di agglomerazione aumenta con il tempo, il tempo di

detenzione (td) diventa un fattore molto importante nella realizzazione della

sedimentazione fioccosa o di massa.

Per le particelle fioccose, per le quali non è possibile calcolare la velocità di

sedimentazione, risulta più conveniente procedere alla sua determinazione

sperimentale. Questa viene eseguita ponendo una certa quantità di liquami in un

cilindro registrando l’entità delle variazioni che si verificano con il passare del tempo.

All’inizio la miscela è formata da una sospensione uniforme che col trascorrere del

tempo tende a formare tre strati distinti:

•uno strato superiore formato da una fase praticamente limpida.

•una fase inferiore formata dai fanghi sedimentati.

•una fase intermedia formata da una sospensione.

Se riportiamo su un grafico l’altezza della fase limpida in funzione del tempo si

ottiene un andamento che inizialmente è rettilineo ma poi tende ad appiattirsi (vedi

figura seguente).

Depurazione delle acque 93 La sedimentazione

Si può allora valutare la velocità di sedimentazione come pendenza del grafico nella

parte rettilinea, cioè:

t1

h1

h2

h3

t2 t3

Per ogni tipo di sospensione inoltre la velocità di sedimentazione è funzione anche

della concentrazione dal momento che al variare di questa variano anche le

interazioni fra le particelle. In generale la velocità di sedimentazione diminuisce in

maniera esponenziale con l’aumento della concentrazione.

Per la sedimentazione delle particelle fioccose dunque è importante il loro tempo di

permanenza nel sedimentatore (più rimangono più si accrescono e maggiore sarà la

probabilità che sedimentino), cioè il tempo di detenzione (td) che, a sua volta,

dipende dal volume della vasca.

CONCLUSIONI

La sedimentazione di un fluido contenente sia particelle granulose che fioccose (come

le acque reflue) dipenderà, oltre che dalla portata di ingresso, sia dalla forma (la

superficie di base) che dal volume del sedimentatore.

Depurazione delle acque 94 La sedimentazione

Depurazione delle acque 95 La sedimentazione

CRITERI PRATICI PER IL DIMENSIONAMENTO DEL SEDIMENTATORE

PRIMARIO

La domanda alla quale vogliamo rispondere è: come si fa a progettare un SED che,

una volta costruito, funzioni bene?

Teoricamente si potrebbero trovare le vs delle particelle più piccole e più leggere

(quelle più grandi e più pesanti andranno ancora meglio) e quindi dalla relazione

vs> va=Qi/S

conoscendo Qi si potrebbe trovare S.

Questo modo, teoricamente ineccepibile, data la grande varietà di tipi di particelle

solide presenti in un’acqua reflua (diversa forma, densità, ecc.), sarebbe molto lungo,

dispendioso e assolutamente poco utile a scopi pratici.

A fini pratici infatti per dimensionare un sedimentatore si procede in tutt’altro modo.

Esistono nella letteratura specifica della sedimentazione dati medi (calcolati

utilizzando misure di sedimentatori esistenti e ben funzionanti) relativi sia alle varie

tipologie di acqua che di vasca.

Per moltissime situazioni che si incontrano nella pratica di progettazione cioè

esistono, relativamente al carico idraulico superficiale (Cis) e al tempo di detenzione

(td), dati affidabili a cui fare riferimento.

Trovati quindi nella letteratura disponibile il Cis e il td che fanno al caso nostro

(stessa tipologia di acqua reflua e stesso tipo di sedimentatore), conoscendo

ovviamente il nostro Qi, si troveranno i parametri geometrici del sedimentatore che si

vuole progettare:

S= Qi/Cis

V=td⋅Qi

e quindi

h= V/S

Depurazione delle acque 96 La sedimentazione

L’altezza così trovata dovrà essere superiore ad un’altezza minima anch’essa nota

dalla letteratura (molto frequentemente si trova il valore hmin= 2,50 m), che assicuri

il buon funzionamento della sedimentazione. Nel caso che sia inferiore si dovranno

modificare un po’ i parametri appena adoperati (Cis e td) nell’ambito degli intervalli

di variazione loro permessi fino a trovare un’altezza superiore alla minima consentita.

Un’ultima verifica che è indispensabile fare è controllare che la portata specifica

allo stramazzo, cioè il volume di liquido che esce dal bordo superiore nell’unità di

lunghezza e di tempo, non sia troppo elevata, cioè tale da creare problemi di

trascinamento delle particelle appena sedimentate.

Come per gli altri parametri anche la Qi spec. massima è disponibile in letteratura

(molto frequentemente si trova il valore = 300 m3/ m · gg ).

Utilizzando questo valore è possibile trovare la lunghezza minima dello stramazzo al

di sotto della quale si potranno avere problemi di trascinamento delle particelle

sedimentate:

Il nostro sedimentatore andrà bene se la lunghezza del suo stramazzo, decisa in base

alla forma e all’area della sua superficie, sarà uguale o maggiore della lunghezza

minima appena trovata.

Particolarità costruttive dei sedimentatori

Per comunità fino a qualche migliaio di abitanti si usano vasche di tipo statico a

flusso ascensionale. La forma di queste vasche è generalmente cilindrica con il fondo

conico con pareti ad alta inclinazione (da 45 a 60°) in modo che i fanghi possano

scivolare facilmente verso il basso. Vasche più semplici hanno una pianta quadrata

con fondo a forma piramidale.

I liquami vengono immessi nella zona centrale e quindi costretti a procedere verso il

basso per la presenza di un tubo deflettore. In questa zona l’acqua acquista una

velocità abbastanza elevata e trascina i solidi in essa contenuti. Superato il bordo

inferiore del tubo deflettore, il flusso dell’acqua diventa ascensionale mentre la

velocità viene drasticamente ridotta. In questo modo i solidi di dimensioni maggiori

Depurazione delle acque 97 La sedimentazione

proseguono la loro traiettoria verso il basso mentre gli altri continuano a sedimentare

favoriti nel loro moto discendente dalla drastica riduzione della velocità dell’acqua.

L’acqua chiarificata raggiunge il bordo della vasca dove viene raccolta, per

tracimazione, in una canaletta circolare posta sul bordo superiore della vasca.

I fanghi vengono spinti in una tubazione, che pesca sul fondo, e convogliati in un

canale recettore che si trova circa 1,5 m più in basso della superficie dei liquami. La

tubazione di raccolta dei fanghi, che deve avere un diametro di almeno 10 cm, è

dotata di una valvola che, a tempi prestabiliti, viene aperta in modo che i fanghi

possano uscire spinti dalla pressione idrostatica (vedi figura seguente).

Deflettore centrale

Uscita fanghi

Uscita acque chiarificate

Ingresso liquami

Fanghi decantati

Condotto di estrazione dei fanghi

Sedimentatore tipo Dortmund

Una variante a questo tipo di sedimentatore statico è quello in cui l’immissione delle

acque da trattare avviene sul fondo della vasca all’interno dello strato di fango

sedimentato. (vasca a letto di fango).

Le acque in ingresso, costrette a passare attraverso il letto di fango, lo mantengono

parzialmente sospeso (come avviene nei dispositivi a letto fluido). In questo modo le Depurazione delle acque 98 La sedimentazione

interazioni fra le particelle sedimentate e quelle in arrivo con le acque causano un

effetto filtrante sulle particelle di dimensioni minori, inoltre, quando la parte solida è

di tipo fioccoso si ha anche un aumento delle dimensioni delle particelle e una loro

più facile sedimentabilità (vedi figura seguente).

Uscita fanghi

Uscita acque

Ingresso liquami

Fanghi decantati

Condotto di estrazione dei fanghi

Sedimentatore a letto di fango

Quando la potenzialità della vasca di decantazione raggiunge i 600 – 1000 m3 non è

più possibile usare vasche del tipo Dortmund perché, per avere dei carichi idraulici

superficiali accettabili, si dovrebbero costruire vasche profonde da 7 a 9 m.

In questo caso è preferibile usare vasche, sia di forma circolare che di forma

rettangolare, con flusso longitudinale ascensionale nelle quali la raccolta del fango al

centro della parte inferiore della vasca è ottenuta attraverso l’uso di particolari palette

raschiatrici.

La vasca circolare è di forma essenzialmente cilindrica con il fondo leggermente

inclinato verso il centro (pendenza 7 – 8%) ed è dotata di una passerella che dal

bordo arriva fino al centro. Questa passerella può ruotare essendo fornita di ruote che

scorrono sul bordo della vasca, mentre la parte centrale è incernierata su un blocco di

sostegno che viene fatto ruotare a bassa velocità. Sotto la passerella sono fissate delle

aste metalliche dotate, all’altra estremità, di lamine raschiatrici orientate in maniera

tale da strusciare sul fondo rimovendo il fango sedimentato e trascinandolo verso il

centro della vasca (vedi figura)

Depurazione delle acque 99 La sedimentazione

Ingresso liquami

Palette raschiatrici

Raschiatore laterale

Canaletta di raccolta del chiarificato

Passerella

Schiumatore

Uscita fanghi

Fanghi sedimentati

Motoriduttore

Flusso dei liquami

Deflettore

Sedimentatore circolare a flusso radiale

Sempre ancorata alla passerella rotante c’è anche un raschiatore laterale che rimuove

il fango dalla parete verticale, mentre nella parte superiore c’è una lama che ha lo

scopo di rimuovere le eventuali schiume che si formano sulle superficie dell’acqua.

Nel centro della vasca c’è un pozzetto nel quale si raccolgono i fanghi che vengono

eliminati attraverso una tubazione che li convoglia in un canale di raccolta. L’acqua

entra nella parte centrale e viene deviata prima verso il basso da un deflettore e

quindi longitudinalmente verso il bordo della vasca dove tracima in una canaletta

disposta sul bordo.

Depurazione delle acque 100 La sedimentazione

Ingresso liquami

Deflettore

Uscita fanghi

Uscita acque chiarificateDispositivo per eliminare

le schiumeRaschietti

Tramoggia di raccolta del fango

Catena di trascinamento dei raschietti

Lamina paraschiuma

Flusso liquami

Sedimentatore rettangolare a flusso longitudinale

Un altro tipo usa invece una vasca rettangolare, con il fondo leggermente inclinato,

all’interno della quale i liquami seguono un percorso longitudinale ascensionale. Il

fango che si deposita sul fondo viene raschiato da una serie di palette ancorate a

catene che vengono fatte scorrere (vedi figure) e viene raccolto in un’apposita

tramoggia. Da qui viene estratto mediante il solito sistema formato da una tubazione

immersa nel fango comandata da una valvola. Il fango viene spinto, dalla pressione

idrostatica, in un apposito pozzetto di raccolta posto a una profondità di circa 1,5 m

sotto il livello della superficie dell’acqua.

le palette vengono usate anche per spingere le schiume che si raccolgono sulla

superficie dell’acqua verso un dispositivo, a azione manuale, che serve per la loro

eliminazione (vedi figura sottostante).

Depurazione delle acque 101 La sedimentazione

Particolare delle lame raschiatrici di fondo e schiumatrici

Un ulteriore sistema sfrutta il principio del pacco lamellare già visto nel caso della

disoleatura. I liquami vengono deviati prima verso il basso e qui entrano nel pacco di

lamelle procedendo verso l’alto. Sulle lamelle si deposita il fango che scivola in

controcorrente rispetto al flusso dell’acqua e si raccoglie nell’apposita tramoggia dalla

quale viene estratto. Le acque chiarificate vengono fatte sfiorare nella tubazione di

uscita.

Questo dispositivo ha il vantaggio di sviluppare un ampia superficie che, come

abbiamo visto in precedenza, ha un’importanza fondamentale sulla capacità di

sedimentazione rendendo possibile l’operazione di rimozione dei solidi sedimentabili

con tempi di detenzione e quindi con volumi di vasca notevolmente ridotti.

Unico inconveniente di questo tipo di vasca di decantazione è la tendenza che hanno

certi tipi di fanghi di aderire alle lamelle. Questo inconveniente può essere

contrastato eseguendo periodici lavaggi con aria alimentata da appositi ugelli disposti

sotto il pacco lamellare.

Depurazione delle acque 102 La sedimentazione

Uscita fanghi

Pacco lamellare

Flusso fanghi

Sedimentatore a pacco lamellare

Depurazione delle acque 103 La sedimentazione

Esempio sulle vasche di sedimentazione

Le acque reflue di una comunità con una popolazione P = 2500 abitanti, dopo aver

subito gli usuali trattamenti preliminari, vengono sottoposte a sedimentazione per

essere successivamente utilizzate come acque per l’irrigazione.

I dati relativi allo scarico, desunti dalle tabelle statistiche, sono:

•Carico idraulico specifico Qi sp = 250 l/ab·gg

•Carico organico specifico Qorg sp = 75 g(BOD5)/ab·gg

•Concentrazione del BOD5 = 300 mg/l

•Carico specifico dei solidi sospesi totali Qss sp = 90 g/ab·gg

•Carico specifico dei solidi sedimentabili Qsed sp = 60 g/ab·gg

•Durante i periodi di pioggia viene inviata una quantità di liquami pari a 3 volte la

portata media giornaliera

•Si usa un carico idraulico superficiale massimo (periodi di pioggia) (CISmax) di 3,5

(m3/m2·h)

• Il tempo di ritenzione durante i periodi di pioggia (tmin) ha un valore minimo di 50

minuti.

• I fanghi contengono il 95% di acqua

•L’abbattimento dei solidi sospesi sedimentabili è del 90%

•L’abbattimento dei solidi totali è del 60%

•L’abbattimento del BOD5 è del 30%

Sulla base dei dati riportati sopra determinare:

1.Il carico idraulico (Qi) in m3/g

2.La portata media giornaliera (Qmed ) in m3/h

3.La portata massima in periodo di pioggia

4.Il valore del fattore di punta

5.Il carico organico (Qorg) in Kg(BOD5)/g

6.Il carico dei solidi sospesi (Qss) in Kg/g

7.Il carico dei solidi sedimentabili (Qss sed) in Kg/g

Depurazione delle acque 104 La sedimentazione

8.La superficie della vasca (S) in (m2)

9.Il volume della vasca (V) in m3

E per una vasca circolare:

10. L’altezza media della vasca (h) in m

11. Il valore del carico idraulico superficiale (CIS) per la portata media

12. Il tempo di ritenzione calcolato sulla portata media (tr) in ore

13. Il diametro della vasca (d) in m

E per una vasca rettangolare con una lunghezza pari a tre volte la larghezza:

14. Le dimensioni della vasca. l, b, h in m

15. La velocità longitudinale dei liquami (vlong) in m/s.

16. Il valore del BOD5 residuo

17. Il valore dei solidi sospesi residui

18. I solidi totali residui

19. La quantità di fanghi ottenuti (CF) in Kg/g

20. Il volume dei fanghi supponendo che abbiano un peso specifico uguale a quello

dell’acqua, (VF) in m3/g.

Depurazione delle acque 105 La sedimentazione

Soluzione:

1.Il carico idraulico (Qi) in m3/g

Qi = Qi sp · P = 250·10-3 m3/(ab·gg)·2500ab = 625 m3/gg

2.La portata media giornaliera (Qmed ) in m3/h

Qmed = Qi /24 = 625 (m3/gg) /24 h/gg = 26,04 m3/h

3.La portata massima in periodo di pioggia.

Considerando che nei periodi di pioggia viene usata una portata massima pari a tre

volte quella media, si ha:

Qi max = 3·Qmed = 3·26,04 m3/h = 78,12 m3/h

4.Il valore del fattore di punta.

si calcola usando la formula nota:

5.Il carico organico (Qorg) in Kg(BOD5)/gg

Qorg = Qorg sp · P = 75·10-3 KgBOD5/(ab·gg)·2500 ab= 187,5 KgBOD5/gg

6.Il carico dei solidi sospesi (QSS) in Kg/gg

QSS = QSS sp ·P = 90·10-3 (g/ab·gg)·2500ab = 225 Kg/gg

7.Il carico dei solidi sedimentabili (QSSed) in Kg/gg

QSSed = QSSed sp ·P = 60·10-3 (g/ab·gg)·2500ab = 150 Kg/gg

8.La superficie della vasca (S) in m2

S = Qimax/CISmax = 78,12 (m3/h) /3,50 (m3/m2·h) = 22,32 m2

Depurazione delle acque 106 La sedimentazione

9.Il volume della vasca. (V) in m3

Si calcola usando il tempo di ritenzione minimo che si riferisce alla portata massima.

V = tmin·Qimax = 78,12 (m3/h)·50 min/60(min/h) = 65,10 m3

10. L’altezza media della vasca (h) in m

Conoscendo il volume e la superficie:

h = V/S = 65,10 m3/22,32 m2 = 2,92 m

11. Il valore del carico idraulico superficiale (CIS) per la portata media.

CIS = Qmed/S = 26,04 m3/h /22,32 m2 = 1,17 (m3/m2·h)

12. Il tempo di ritenzione calcolato sulla portata media (tr) in ore.

tr = V/Qmed = 65,10 m3/26,04 m3/h = 2,5 h

13. Il diametro della vasca (d) in m

14. Le dimensioni della vasca. l, b, h) in m

Poiché conosciamo il valore della superficie e il rapporto fra lunghezza e larghezza ( =

3 ) si può scrivere:

quindi la lunghezza sarà:

l = 3·b = 3·2,73m = 8,18 m

L’altezza è già stata calcolata:

h = 2,92 m

15. La velocità di scorrimento orizzontale dei liquami (vlong) in m/s.

Depurazione delle acque 107 La sedimentazione

Per ottenere questo valore dobbiamo prima calcolare la sezione trasversale della

vasca:

St = h·b = 2,92m·2,73m = 7,97 m2

La velocità si trova conoscendo la portata:

vlong max = Qmax/St = 78,12(m3/h)/7,97 m2 = 9,80 m/h

Per la portata media risulta invece = 1/3 di quella massima:

vlong med = 3,27 m/h

16.BOD5 residuo:

considerando che viene abbattuto il 30% del BOD5 quello che rimane sarà il 70% cioè:

BOD5 residuo = BOD5 ·0,7 = 300(mg/l)·0,7 = 270 mg/l

17. Solidi sospesi residui:

poiché i solidi sospesi vengono abbattuti del 90%, resta il 10% cioè:

SS residui = 150(Kg/gg)·0,1 = 15,0 Kg/gg

18. Solidi totali residui:

poiché i solidi totali vengono abbattuti del 60%, rimane il 40% cioè:

SSt residui = SSt·0,4 = 225(Kg/gg)·0,4 = 90 Kg/gg

19. La quantità di fanghi ottenuti (CF) in Kg/gg.

La quantità di fanghi ottenuti corrisponde alla quantità di solidi sedimentati cioè a

quella presente inizialmente meno quella residua:

CF = SSt – SSt residui = 225 Kg/gg – 90 Kg/gg = 135 Kg/gg

20. Il volume dei fanghi supponendo che abbiano un peso specifico uguale a quello

dell’acqua, (VF) in m3/g.

Dal momento che i fanghi contengono il 95% di acqua, il carico dei fanghi

corrisponderà al 5% del totale dei fanghi cioè:

CFt = 135/0,05 = 2700 Kg/gg

considerando che la densità dei fanghi è uguale a quella dell’acqua, cioè 1000 kg/m3,

si avrà un volume di fanghi pari a:

Depurazione delle acque 108 La sedimentazione

VF = 2,7 m3/gg

Depurazione delle acque 109 La sedimentazione

La depurazione naturale

Premessa

Prima dell’introduzione degli impianti per il trattamento e la depurazione delle acque

reflue queste venivano smaltite immettendole nei corpi idrici naturali (corsi d’acqua,

laghi e mare) oppure mediante sversamento sul terreno.

La presenza, sia nelle acque naturali che nel terreno, di microrganismi aerobici, di

ossigeno, di organismi superiori quali insetti, pesci, piante alghe ecc. consente la

degradazione delle sostanze organiche inquinanti e la loro completa

mineralizzazione.

In particolar modo lo smaltimento nelle acque naturali produce i seguenti vantaggi:

•riduzione della concentrazione di inquinanti grazie alla diluizione con grandi quantità

di acqua pulita

•allontanamento delle acque inquinate dal punto in cui avviene lo sversamento

•distruzione (mineralizzazione) delle sostanze inquinanti ad opera principalmente dei

microrganismi contenuti sia nelle acque naturali che in quelle reflue

•riduzione della carica batterica sia per diluizione che per fenomeni di antagonismo

che si generano fra i microrganismi naturalmente presenti nelle acque e quelli che si

trovano nelle acque reflue e che trovano nelle acque naturali un ambiente poco adatto

al loro sviluppo.

Questo effetto, che viene comunemente definito come capacità autodepurativa dei

recettori naturali, produce buoni risultati fino a quando la quantità di liquami

immessi non diventa eccessiva.

In pratica lo smaltimento e la depurazione “naturale” delle acque reflue può essere

condotta nei seguenti modi:

•immissione in corsi d’acqua

•immissione nei laghi

•immissione in mare

•sversamento su terreno per l’irrigazione

Depurazione delle acque 110 La depurazione naturale

•sversamento sul terreno per irrigazione-fertilizzazione (fertirrigazione)

•uso degli stagni di ossidazione

•subirrigazione o irrigazione sotterranea

•fitodepurazione.

Con l’aumento della popolazione, del consumo di acqua e delle sostanze inquinanti

che vengono immesse nelle acque durante il loro uso, la capacità autodepurativa delle

acque naturali è diventata insufficiente. Attualmente vengono smaltite con queste

modalità le acque che hanno già subito un processo più o meno spinto di depurazione

e che possiedono quindi una carica inquinante ridotta.

Lo smaltimento dei liquami sul terreno non presenta in genere gli stessi

inconvenienti di quello relativo alle acque naturali mentre ha il vantaggio di fornire

acqua per l’irrigazione e in alcuni casi anche per la fertilizzazione del terreno.

In genere, allo scopo di evitare che nei corpi recettori naturali possano essere

immessi corpi grossolani o sostanze oleose, si fa precedere lo smaltimento almeno da

una fase di grigliatura e da una di disoleatura. In alcuni casi risulta conveniente

procedere anche a una fase di sedimentazione.

I vantaggi dello smaltimento naturale delle acque reflue possono essere riassunti in:

•bassa richiesta di energia

•non servono reattivi chimici

•capacità di trattare volumi di punta fino a 6 – 8 volte superiori alla portata media

giornaliera

•semplice conduzione dell’impianto e necessità di poco personale anche non

particolarmente qualificato

•possibilità di trattare acque reflue molto diluite (con basso carico inquinante).

Questi vantaggi risultano particolarmente utili quando si devono trattare le acque

reflue di piccole comunità.

Depurazione delle acque 111 La depurazione naturale

Smaltimento nei corsi d’acqua e autodepurazione.

Quando si immette in un corso d’acqua un liquame inquinato si istaurano processi di

disgregazione e mineralizzazione degli inquinanti grazie alla presenza di

microrganismi aerobici e di organismi superiori quali insetti, pesci, piante ecc. Anche

se la degradazione delle sostanze inquinanti tende a far diminuire la concentrazione

dell’ossigeno disciolto, il mescolamento fra l’acqua e l’aria, dovuto al movimento

dell’acqua stessa, favorisce la riossigenazione per assorbimento di questo gas

dall’aria. In questo modo, a meno che la quantità di sostanze inquinanti sia eccessiva,

la concentrazione dell’ossigeno disciolto non sarà mai inferiore a quella necessaria

alla sopravvivenza delle specie animali e vegetali presenti nel corso d’acqua.

E’ tuttavia importante sottolineare che la presenza di inquinanti particolari quali

sostanze grasse, detersivi e solidi sospesi può inibire il processo di autodepurazione

dell’acqua e interferire in maniera rilevante con la vita animale e vegetale. Per questa

ragione è importante smaltire nei corsi d’acqua solamente liquami che hanno già

subito almeno un primo processo depurativo consistente in una grigliatura, un

dissabbiamento, una disoleatura e una sedimentazione (trattamenti preliminari).

Nei punti in cui l’acqua scorre molto lentamente (esempio in prossimità della foce di

un fiume o in tutto il corso nei periodi di magra o nei laghi) rendendo poco efficace la

riossigenazione è necessario tenere sotto controllo anche la concentrazione del

fosforo per evitare l’istaurarsi di fenomeni di eutrofizzazione.

Per determinare la capacità di autodepurazione di un corso d’acqua è necessario

valutare, in ogni punto a valle del punto di immissione dei liquami, la concentrazione

di ossigeno e confrontarla con quella minima necessaria alla sopravvivenza delle

specie animali più delicate e sensibili.

Indichiamo con:

•COD = concentrazione dell’ossigeno disciolto.

•COR = concentrazione residua di ossigeno in mancanza di aerazione (in relazione con

il BOD)

•COA = concentrazione di ossigeno dovuta alla aerazione dell’acqua

•CS = concentrazione di ossigeno in condizioni di saturazione

•CMO = concentrazione minima di ossigeno disciolto

Depurazione delle acque 112 La depurazione naturale

•dM = distanza dal punto di immissione alla quale si ha la concentrazione minima.

La quantità di ossigeno disciolto (DO) in un fiume è determinata da due fenomeni

contrastanti e precisamente dall’assorbimento di ossigeno atmosferico da

parte dell’acqua e dal consumo di ossigeno a causa dell’ossidazione degli

inquinanti contenuti nell’acqua stessa (BOD)

La quantità di ossigeno consumato in funzione del tempo dipende dalla temperatura

del corso d’acqua oltre che ovviamente dalla quantità di BOD sversato nell’acqua.

La quantità di ossigeno assorbito dall’acqua attraverso l’aerazione dipende da:

•temperatura dell’acqua (aumenta al diminuire della temperatura)

•dalla differenza fra la concentrazione attuale di ossigeno disciolto e la concentrazione

di saturazione alla stessa temperatura (gradiente di concentrazione)

•dalla superficie di contatto fra aria e acqua, cioè dalla turbolenza dell’acqua.

A monte del punto di immissione dei liquami si considera la concentrazione di

ossigeno uguale a quella di saturazione o poco minore.

A valle del punto di immissione la concentrazione di ossigeno disciolto si otterrà dal

bilancio fra l’ossigeno presente inizialmente CS meno quello consumato nelle reazioni

di ossidazione (CS – COR) più quello reintrodotto mediante l’aerazione COA, cioè:

COD = CS – (Cs – COR) + COA

Riportando i valori dei parametri visti sopra in funzione della distanza dal punto di

immissione dello scarico si ottiene il grafico riportato nella figura 1 (questo grafico è

chiamato curva a sacco ).

Depurazione delle acque 113 La depurazione naturale

Figura 1 - Variazione della quantità di ossigeno disciolto a valle del punto

di scarico

Come si può notare la quantità di ossigeno disciolto raggiunge un valore minimo

(quando le reazioni di ossidazione prevalgono sull’assorbimento di ossigeno dall’aria)

per poi risalire fino a tornare alla concentrazione di saturazione.

Il processo di autodepurazione risulta sostenibile quando la concentrazione minima

di ossigeno disciolto risulta uguale o superiore a quella necessaria alla sopravvivenza

delle specie animali più sensibili alla presenza di ossigeno nell’acqua (CV).

Nella figura che segue sono riportati tre possibili andamenti della curva indicante la

quantità di ossigeno disciolto:

Depurazione delle acque 114 La depurazione naturale

Figura 2 - Possibili variazione della concentrazione di ossigeno disciolto.

Con CV è indicata la minima concentrazione che consente il mantenimento delle

forme vitali più delicate.

La curva (A) mostra un corso d’acqua e uno scarico ben compatibili. In questo caso

l’azione di autodepurazione non comporta nessun problema per le specie viventi

presenti nell’acqua perché la concentrazione di ossigeno disciolto è sempre superiore

alla concentrazione minima vitale.

La curva (B) mostra un caso in cui è possibile ottenere la autodepurazione di uno

scarico mediante immissione in un corso d’acqua, ma questo processo può risultare

dannoso alla vita di alcune specie che vivono nel corso d’acqua stesso.

La curva (C) è invece tipica di una situazione nella quale la capacità autodepurativa

del recettore non risulta sufficiente, almeno per un certo tratto, a smaltire il carico

inquinante dello scarico. In questo caso, nel tratto suddetto, la concentrazione

dell’ossigeno scende a zero e si istaurano condizioni di fermentazione anaerobica con

conseguente formazione di composti quali ammoniaca, metano, idrogeno solforato,

mercaptani ecc, produzione di odori sgradevoli e colorazione delle acque. Le

condizioni aerobiche si ristabiliscono lentamente mano a mano che l’assorbimento

dell’ossigeno dall’atmosfera riesce a superare la quantità di ossigeno consumata.

Depurazione delle acque 115 La depurazione naturale

La forma della curva che indica la quantità di ossigeno disciolto dipende da molti

fattori:

•temperatura dell’acqua. A temperature più basse il consumo di ossigeno dovuto

all’ossidazione è più lento mentre il valore di saturazione è maggiore. In questo caso

la curva risulterà meno pronunciata e più allungata quindi aumenta la capacità

autodepurativa del corso d’acqua anche se la distanza necessaria a ristabilire la

completa saturazione diventa maggiore

•presenza di sostanze oleose e detersivi. Queste sostanze, riducendo la capacità di

scambio gassoso fra l’aria e l’acqua abbassano la curva che indica la concentrazione

dovuta all’aerazione e di conseguenza causano un valore più pronunciato del punto di

minima concentrazione. In questi casi la capacità autodepurativa del corso d’acqua

diminuisce

•presenza di solidi disciolti. La solubilità di un gas in un liquido diminuisce a causa

della presenza di sostanze solide disciolte nel liquido stesso. Anche in questo caso il

valore della concentrazione minima diminuisce.

Le considerazioni fatte sopra sono valide quando nel corso d’acqua viene immesso un

solo scarico o quando i punti di immissione degli scarichi sono sufficientemente

distanti fra loro in modo da non causare interferenze reciproche.

Quando invece si hanno più punti di immissione degli scarichi e questi sono

abbastanza vicini fra loro, gli effetti relativi al consumo di ossigeno si sommano e la

capacità di sopportare e depurare gli scarichi del corso d’acqua diminuisce. (vedi

figura 3)

Depurazione delle acque 116 La depurazione naturale

Figura 3 - Variazione dell’ossigeno disciolto in presenza di due scarichi

Depurazione delle acque 117 La depurazione naturale

Lo smaltimento nei laghi e il problema dell’eutrofizzazione

Diversamente dai corsi d’acqua corrente (fiumi e torrenti) nei laghi e negli stagni

l’acqua è quasi immobile e non consente il verificarsi di quelle condizioni favorevoli

alla depurazione quali la forte diluizione, l’allontanamento dei liquami inquinati dal

punto di immissione e una buona aerazione dell’acqua, mentre si possono istaurare

con facilità fenomeni negativi come quello dell’eutrofizzazione.

Anche se le acque che vengono scaricate hanno subito un processo di purificazione

spinto, l’accumulo di sostanze nutritive, in particolar modo composti del fosforo e

dell’azoto, derivanti anche dal dilavamento del terreno, unito alla scarsa

ossigenazione per contatto con l’aria, portano con facilità alla riduzione della

concentrazione di ossigeno disciolto, arrivando a valori prossimi allo zero e

all’istaurarsi di reazioni fermentative di tipo anaerobico con formazione di composti

gassosi (metano, ammoniaca, idrogeno solforato ecc.). La mancanza di ossigeno

causa la morte delle specie animali e quindi l’aumento del grado di inquinamento

dell’acqua.

L’ossigenazione interessa inoltre solamente uno strato superficiale poco profondo di

acqua e non si propaga a profondità maggiori a causa del moto eccessivamente lento

dell’acqua e alla mancanza di condizioni di turbolenza nella massa liquida.

In pratica si deve considerare lo smaltimento nei laghi come una pratica da evitarsi e

comunque da porre in atto, quando non è possibile fare altrimenti, solamente per

lo smaltimento di acque che hanno subito un trattamento spinto di

purificazione e dalle quali è stato rimosso il fosforo.

Attualmente si tende a raccogliere le acque di tutti gli insediamenti abitativi che si

trovano sulle sponde dei laghi, e in parte anche qualcuno degli insediamenti a monte,

facendole confluire in un unico collettore, collettore circumlaquale, che si estende

fino a comprendere anche un tratto iniziale dell’emissario.

Le acque così raccolte vengono sottoposte a una serie di trattamenti preliminari e

quindi scaricate nel punto in cui l’acqua, scorrendo nuovamente a velocità

accettabile, consente sia buona miscelazione con l’acqua del fiume sia una buona

ossigenazione.

Depurazione delle acque 118 La depurazione naturale

In alcuni casi, per laghi di dimensioni ridotte, è possibile combattere il fenomeno

dell’eutrofizzazione immettendo aria, o meglio ossigeno puro, nell’acqua. Visto però

l’alto costo di un’operazione di questo tipo, il sistema può essere utilizzato solo in casi

di estrema necessità.

Smaltimento delle acque reflue in mare

Mentre la capacità autodepurativa delle acque correnti è limitata dalla portata

d’acqua dei fiumi e quella dei laghi può essere considerata trascurabile, quella del

mare è, in via di principio, estremamente elevata. Il mare infatti possiede:

•un alto potere mineralizzante nei confronti degli inquinanti organici dovuto alla

grande varietà di specie viventi in esso presenti (microrganismi, zooplancton,

fitoplancton, piante, pesci ecc.)

•un’alta capacità di diluizione dovuta alla sua estensione

•alta capacità di distruzione dei microrganismi patogeni dovuta alla competizione di

questi con le altre forme viventi e all’ambiente non del tutto idoneo alla vita di questi

organismi, alla radiazione solare ecc.

•capacità di smaltire elevate quantità di liquami, prodotti da comunità abitative

medio-grandi, anche contenenti basse concentrazioni di inquinanti.

Tuttavia il livello di inquinamento dell’acqua di mare, rilevato su buona parte delle

coste dei paesi maggiormente industrializzati, dimostra che la capacità delle acque

marine di sopportare lo scarico diretto dei liquami prodotti in zone ad alta densità

abitativa non è così immediata a meno che non si utilizzino sistemi e accorgimenti

adeguati.

Quando si deve valutare la qualità delle acque marine si prendono in considerazione

non tanto i parametri chimico-fisico (ossigeno disciolto, BOD, solidi sospesi, solidi

disciolti, presenza di sostanze oleose, trasparenza dell’acqua ecc.) che di norma

rientrano facilmente e velocemente nell’intervallo dei valori consentiti, ma piuttosto

l’inquinamento di tipo biologico, in particolar modo la “carica batterica” espressa

mediante “l’indice colimetrico”, dal momento che le acque in oggetto vengono spesso

usate come acque di balneazione oppure per la itticoltura. In particolar modo,

quando le acque vengono usate nella coltura di molluschi che, filtrando grandi

quantità di acqua di mare per nutrirsi, possono accumulare elevate concentrazioni di Depurazione delle acque 119 La depurazione naturale

microrganismi patogeni. A titolo di esempio è sufficiente considerare che un solo

mollusco filtra da 10 a 15 litri di acqua in un’ora riuscendo a concentrare da 100 a

200 volte il numero di batteri patogeni normalmente presenti nell’acqua.

Depurazione delle acque 120 La depurazione naturale

L’indice colimetrico e l’autodepurazione biologica del mare

Dal momento che la determinazione diretta dei tipi e della concentrazione dei

microrganismi patogeni e dei virus, eventualmente presenti nelle acque reflue, risulta

molto complessa, anche a causa del loro numero ridotto, si preferisce stimare il loro

numero per confronto con quello di microrganismi non patogeni, o solo leggermente

patogeni, che sono sempre presenti nei liquami che vengono smaltiti.

L’uso di questo metodo parte dal presupposto che, in condizioni normali, quando cioè

non sono in atto malattie a carattere epidemico, il rapporto fra il numero dei vari

microrganismi è costante. Sulla base di questa ipotesi è possibile fissare un valore

massimo ammissibile per alcuni ceppi batterici di riferimento e regolare in questo

modo anche il valore massimo ammissibile dei microrganismi patogeni.

I microrganismi presi come riferimento sono enterobatteri del ceppo “coli” che sono

sempre presenti nelle acque reflue di tipo civile nelle quali confluiscono deiezioni sia

animali che umane e che vengono perciò assunti come indice di inquinamento

microbiologico. Un altro ceppo di batteri fecali presi in considerazione è quello degli

streptococchi che risultano oltretutto molto resistenti all’ambiente marino.

Il conteggio dei coliformi e degli streptococchi viene indicato come indice

colimetrico e indica con buona approssimazione il livello del fattore di rischio

associato all’inquinamento microbiologico.

La determinazione di questo valore viene eseguita secondo la tecnologia MPN (Most

Probable Number = metodo del numero più probabile), che richiede un’analisi

statistica dei valori rilevati su campioni a concentrazione diversa ottenuti per

diluizione del campione d’acqua originale.

L’unità di misura dell’indice colimetrico è data dal numero di batteri di un certo

ceppo contenuti in 100 ml di acqua.

Secondo la normativa Europea vigente l’indice colimetrico deve essere inferiore a 100

coliformi fecali/100 ml di acqua, nelle zone di balneazione, e inferiore a 5 -10

coliformi fecali/100 ml di acqua nelle zone di coltivazione di molluschi.

La riduzione del livello di inquinamento batterico derivante dal potere autodepurante

delle acque marine è dovuto a:

Depurazione delle acque 121 Fosse settiche ed Imhoff

•fattori fisici: quali la variazione di pressione osmotica dovuta alla salinità, l’effetto

della radiazione solare, gli sbalzi di temperatura e l’adsorbimento dei microrganismi

sulla superficie delle particelle in sospensione, dello zooplancton e del fitoplancton

•fattori chimici: in particolar modo l’azione tossica dei metalli pesanti presenti

nell’acqua

•fattori biologici: dovuti all’azione antibiotica di certe sostanze prodotte dalle alghe e

alla predazione di piccoli protozoi e crostacei.

La capacità di riduzione della carica batterica delle acque di mare può essere espressa

dall’equazione:

(10.5)

dove:

Nt = Numero di batteri presenti al tempo t

N0 = Numero di batteri presenti inizialmente

t = tempo, in ore, al quale si deve determinare la carica batterica

T90 = Fattore T90 = Tempo necessario affinché la carica batterica si riduca a 1/10 di

quella iniziale (abbattimento del 90%)

Nel Mediterraneo il valore del T90 è compreso fra 0,7 e 1,5 ore (40 – 90 minuti)

Esempio: riduzione della carica batterica

L’indice colimetrico iniziale di uno scarico è pari a 3·108 colibatteri ogni 100 ml di

acqua. Supponendo che il valore di T90 sia di 1,1 ore e che l’effetto della

diluizione riduca la carica batterica di un fattore pari a 120, determinare dopo quanto

tempo il valore dell’indice colimetrico rientrerà nei parametri richiesti per una

coltivazione di molluschi.

Depurazione delle acque 122 Fosse settiche ed Imhoff

**************

Riduzione della carica batterica per effetto della diluizione.

Indichiamo con Ni la concentrazione batterica iniziale e con N0 quella al termine

della diluizione. Si avrà:

Tempo richiesto per la riduzione della carica batterica al valore accettabile.

Per una coltivazione di molluschi l’indice colimetrico deve essere compreso fra 5 e 10

colibatteri/100 ml di acqua. Prendiamo come valore accettabile quello intermedio di

7,5 colibatteri/100 ml.

Risolvendo l’equazione 10.5 rispetto a t si ottiene:

Scarichi a mare

Come indicato in precedenza la conformazione e la struttura di uno scarico devono

garantire che la concentrazione della flora batterica, in prossimità della costa, sia

contenuta entro i limiti di sicurezza imposte dalle norme vigenti.

Questo viene realizzato utilizzando una tubazione sommersa, posata sul fondo

marino, tale da consentire lo scarico delle acque a una distanza dalla costa che, per

effetto della diluizione e del potere autodepurante del mare, riduca la concentrazione

della flora batterica, misurata sia sulla costa che sulla superficie del mare, che si trova

sulla verticale del punto di scarico, a valori inferiori ai limiti massimi ammissibili.

Altre condizioni che devono essere di preferenza garantite, in maniera particolare

quando gli scarichi si trovano in zone turistiche, sono:

•assenza di odori molesti

•assenza di colorazione dell’acqua

•assenza di sostanze oleose visibili sulla superficie marina

Depurazione delle acque 123 Fosse settiche ed Imhoff

•assenza di sostanze in sospensione che riducano la limpidezza dell’acqua.

La forma della tubazione deve essere studiata in modo da garantire che lo scarico non

avvenga in un punto solo ma venga ripartito, mediante una serie di ugelli, lungo un

tratto più o meno lungo della tubazione. La conformazione e l’orientamento della

parte finale del tubo di scarico, quella dotata degli ugelli di uscita, viene realizzata in

modo da sfruttare al meglio l’effetto delle correnti marine dominanti della zona per

ottenere un effetto di diluizione massimo. Valori accettabili della diluizione, misurata

in prossimità della zona di scarico, sono compresi fra 100 e 200.

Prima del loro sversamento in mare le acque devono subire almeno alcuni

trattamenti preliminari consistenti in:

•una grigliatura grossolana per eliminare i corpi solidi di dimensioni maggiori

•una grigliatura fine, nel caso in cui non sia possibile eseguire la sedimentazione

primaria

•una disoleatura indispensabile per evitare il formarsi di larghe chiazze oleose

facilmente visibili e antiestetiche.

•il dissabbiamento per evitare l’erosione delle tubazioni e delle macchine operatrici e

evitare che il materiale sabbioso pesante possa sedimentare all’interno della

tubazione e impedire il deflusso normale dell’acqua

•la sedimentazione primaria per evitare che il materiale in sospensione causi torbidità

nell’acqua

•la clorazione per ridurre chimicamente la carica batterica. Sull’utilità di questa

operazione esistono pareri discordi. Da un lato si ritiene che la riduzione della carica

batterica sia indispensabile realizzarla prima che le acque vengano immesse in mare

in modo da prevenire possibili inquinamenti biologici che si verificherebbero in

presenza di epidemie. Dall’altro si pensa che l’immissione del cloro nelle acque

marine abbia un effetto negativo sulla vita animale e vegetale in particolar modo su

quella dello zooplancton e del fitoplancton.

Quando le acque scaricate sono quelle prodotte da insediamenti abitativi con più di

50000 abitanti allora risulta necessario sottoporre i liquami a un trattamento

depurativo completo anche di depurazione chimica o biologica.

Depurazione delle acque 124 Fosse settiche ed Imhoff

Depurazione delle acque 125 Fosse settiche ed Imhoff

Gli impianti di depurazione

La depurazione biochimica

I liquami, ottenuti dopo aver sottoposto le acque reflue ai trattamenti preliminari di

grigliatura, disoleatura e desabbiatura, mantengono praticamente inalterata la loro

carica inquinante dal momento che le sostanze organiche biodegradabili, presenti sia

in forma sedimentabile che disciolta, non sono state ancora eliminate.

Se le acque sono state sottoposte anche al processo di sedimentazione

(sedimentazione primaria) allora parte del carico inquinante, e precisamente quello

associato ai solidi sedimentabili, viene eliminato, infatti con la sedimentazione si

rimuove:

circa il 90 % dei solidi sedimentabili

circa il 30 % del BOD5.

I trattamenti meccanici non sono in grado perciò di eliminare, se non in piccola

parte, le sostanze inquinanti che sono costituite principalmente da sostanze

organiche disciolte biodegradabili e che per tale ragione possono funzionare come

cibo per vari tipi di microrganismi, sempre presenti nelle acque reflue di tipo civile.

Da quanto detto risulta pertanto evidente come sia possibile rimuovere dalle acque

reflue gli inquinanti sfruttando le reazioni di tipo catabolico (produzione di energia) e

metabolico (formazione di nuovi organismi) operate dai microrganismi contenuti

nelle acque reflue (vedi schema di figura 1).

Depurazione delle acque 126 Fosse settiche ed Imhoff

Figura 1 – Metabolismo e catabolismo aerobico

Per crescere e moltiplicarsi un microrganismo sfrutta due processi: uno energetico e

uno sintetico. Nella fase di sintesi vengono formate le molecole necessarie allo

sviluppo e alla riproduzione sfruttando l’energia ottenuta dall’ossidazione biochimica

di sostanze organiche (respirazione) o dalla fotosintesi.

Nei trattamenti biologici degli scarichi si sfruttano ambedue i processi per cui mentre

una parte dei materiali vengono trasformati in cataboliti, sia gassosi che in forma di

ioni, che costituiscono materiali stabilizzati e non più inquinanti, gli altri vanno a

costituire nuova materia vivente (nuovi batteri).

Esaminiamo perciò i trattamenti artificiali di tipo chimico o biochimico sfruttabili per

ridurre in maniera rilevante la quantità di inquinanti contenuti nei liquami così da

ottenere acque con basso carico inquinante e quindi facilmente smaltibili per

immissione nei recettori naturali.

Mediante questi trattamenti si ottiene:

•l’eliminazione delle sostanze inquinanti (solidi sospesi, solidi disciolti sia organici che

inorganici, microrganismi, detersivi, metalli pesanti ecc.) attraverso la loro

trasformazione chimica e la loro concentrazione in un materiale semisolido (fango).

•il trattamento dei fanghi, necessario per eliminare qualsiasi pericolosità connessa con

tali materiali, e il loro smaltimento finale.

La depurazione è perciò costituita da due linee, la prima è relativa al trattamento dei

liquami e delle acque depurate, la seconda al trattamento dei fanghi. I possibili

trattamenti utilizzabili per una depurazione più o meno completa di acque reflue

sono:Depurazione delle acque 127 Fosse settiche ed Imhoff

•fosse settiche e fosse Imhoff•gli stagni aerati e gli stagni di ossidazione•la fitodepurazione•impianti a fanghi attivi•impianti a filtri percolatori•impianti a biodischi•impianti con trattamento chimico•trattamento e smaltimento dei fanghi•trattamenti di affinamento•trattamenti per la rimozione del fosforo e dell’azoto•trattamento (eventuale) per la rimozione dei metalli pesanti e altri ioni

tossici

Non è necessario eseguire tutti i trattamenti elencati sopra perché spesso l’uso di

alcuni di essi esclude la necessità di eseguirne altri.

Le fosse settiche

Le fosse settiche, o fosse biologiche, che costituiscono il sistema più semplice e antico

(Francia, 1871) di trattamento biologico delle acque reflue, sono formate da una o più

vasche, solitamente in calcestruzzo, con profondità compresa generalmente fra 1,2 e

1,7 m (ma che può arrivare fino a 3 m), chiuse e interrate, nelle quali avvengono

reazioni di fermentazione anaerobica dei composti organici contenuti nelle acque

inquinate.

Le fosse a vasca singola sono generalmente del tipo unifamiliare e hanno la struttura

mostrata nella figura 2.

Nella figura 3 è riportata invece una fossa settica a due camere utilizzabile per il

trattamento dei liquami di scarico di più abitazioni.

I liquami entrano nella prima vasca e scorrono lentamente da una estremità all’altra

seguendo un percorso preciso ottenuto mediante l’inserimento di diaframmi

deflettori. Mentre si spostano dal punto di ingresso a quello di uscita i liquami

subiscono:

Depurazione delle acque 128 Fosse settiche ed Imhoff

•la sedimentazione dei solidi sedimentabili, quelli con densità superiore a

quella dell’acqua, con formazione di uno strato semisolido sul fondo

(fanghi)

•la fermentazione anaerobica dei fanghi con formazione di sostanze allo

stato ridotto (CH4, NH3, H2S, mercaptani ecc.), la solubilizzazione di una

parte dei solidi sospesi e la trasformazione di una seconda parte in

solidi colloidali

•lo spostamento delle sostanze solide o liquide immiscibili con acqua

verso la superficie con formazione di schiume che tendono a solidificare

(crosta superficiale).

Figura 2 - Fossa settica a camera singola

Depurazione delle acque 129 Fosse settiche ed Imhoff

Parte dei prodotti della fermentazione sono gassosi e impartiscono ai liquami un

odore sgradevole inoltre alcuni (CH4 e mercaptani) sono sostanze combustibili e

potrebbero formare miscele potenzialmente pericolose. Per tale ragione quando le

fosse settiche si trovano in prossimità delle abitazioni è necessario inserire un tubo

per lo sfiato di questi gas e la loro dispersione in alto nell’atmosfera.

Figura 3 - Fossa settica formata da due camere

Questi dispositivi sono usati principalmente per il trattamento delle acque di scarico

di abitazioni isolate, piccoli condomini o piccole comunità (massimo qualche

centinaio di abitanti).

Per ottenere un’efficienza depurativa maggiore conviene mandare nella prima vasca i

liquami dei servizi igienici (acque nere) mentre quella delle docce o gli scarichi delle

acque di lavaggio (acque bionde) conviene inviarli direttamente alla seconda vasca

per non diluire eccessivamente le acque nere.

Depurazione delle acque 130 Fosse settiche ed Imhoff

Prima di inviare i liquami alla fossa settica non è necessario eliminare le sostanze

grasse e quelle oleose dal momento che, a causa della loro lunga permanenza

nella vasca, esse vengono degradate.

Le acque di pioggia non devono in alcun modo entrare nelle fosse settiche, ma

essere trattate in una fognatura completamente separata e scaricate senza sottoporle

a nessun trattamento.

Il potere depurativo delle fosse settiche è limitato: il BOD5 viene ridotto del 30 –

40%, la carica batterica e quella virale rimangono praticamente inalterate, inoltre la

formazione di composti in forma ridotta, che richiedono quindi notevoli quantità di

ossigeno immediato per essere ossidate, impediscono lo scarico diretto delle acque

chiarificate nei corsi d’acqua, dei quali potrebbero saturare velocemente il potere

autodepurativo, e nella fognatura cittadina nella quale potrebbero causare squilibri

quando è prevista una ossidazione. In questi casi è necessario inserire un elemento

depuratore a valle della fossa settica in modo da assicurare l’ossidazione dei materiali

ossidabili.

Le fosse settiche sono particolarmente adatte, come trattamento preliminare, in zone

rurali e/o suburbane prima della dispersione dei liquami, ricchi di sostanze

organiche, sul terreno. In queste situazioni inoltre risulta anche conveniente e

agevole il loro svuotamento dal fango digerito sempre impiegato come ottimo

fertilizzante.

Le fosse settiche infatti non possiedono nessun sistema di smaltimento dei fanghi e

delle schiume solidificate e tendono perciò a riempirsi completamente di materiale

solido impedendo il flusso delle acque. Occorre allora provvedere saltuariamente al

loro svuotamento mediante autobotti dotate di pompe per l’aspirazione dei fanghi e

allo smaltimento di questi (sul terreno o in discariche controllate). Per determinare

l’intervallo di tempo fra due svuotamenti successivi della vasca si può usare la

seguente formula empirica:

(11.1)

dove:

t = intervallo fra due svuotamenti successivi in mesi

V = volume della vasca in m3

Depurazione delle acque 131 Fosse settiche ed Imhoff

p = numero di abitanti serviti se stabilmente residenti

In definitiva dunque le fosse biologiche possono essere considerate solamente dei

dispositivi per il trattamento preliminare e la chiarificazione delle acque e non per la

loro reale depurazione.

Dimensionamento delle fosse settiche

Per le dimensioni delle fosse settiche esiste una normativa (francese) usata in Europa

che assegna un volume di 0,30 m3 per ogni persona servita con dimensione minima

non inferiore a 1 m3. La normativa americana invece stabilisce un volume di 0,95 m3

per persona, tenendo però conto anche della presenza di trituratori domestici e

macchine lavatrici, con una dimensione minima di 2,8 m3.

La profondità delle vasche varia da 1,2 a 1,7 m per utenze di poche decine di abitanti e

fra 2 e 3 m per utenze superiori a 100 abitanti.

Per ottenere rendimenti migliori nella sedimentazione conviene che la fossa settica

formata da due vasche abbia il volume della 1° vasca pari a 2/3 del volume totale e

che la lunghezza della vasca sia da 2 a 4 volte la sua larghezza.

Lo svuotamento della vasca si rende necessario quando lo spessore dello strato

d’acqua intermedio fra quello dei fanghi e quello delle schiume solidificate diventa

inferiore a 60 cm.

Esempio n° 11.1 - Dimensionamento di una fossa settica

Si deve dimensionare una fossa settica che deve servire un condominio di 150

abitanti

supponendo che il rapporto fra lunghezza e larghezza sia pari a circa 3, che nella

vasca piena

deve rimanere uno strato di acqua di almeno 60 cm.

***********************

Utilizzando le norme francesi si deve considerare un volume di vasca di 300 l/ab.

Quindi:

V = 150·300 = 45000 l = 45 m3

Depurazione delle acque 132 Fosse settiche ed Imhoff

Per la profondità della vasca si può prendere un valore intermedio per fosse

settiche di grandi

dimensioni h = 2,5 m. La superficie della vasca sarà perciò:

S = V/h = 45/2,5 = 18 m2

Per un buon dimensionamento è noto dalla letteratura specifica che si deve avere

una lunghezza della vasca pari a 3 volte la larghezza: cioè Lu = 3·La da cui si ricava

S = 3·La2 quindi:

e per la lunghezza

Lu= S/b = 18/2,5 = 7,35 m

inoltre la 1° vasca deve avere un volume pari a 2/3 del totale. La fossa settica sarà

pertanto

formata da una 1° vasca di 30 m3 e una seconda di 15 m3

Lo strato acquoso intermedio, quando la vasca è piena, deve avere un’altezza di

almeno 60 cm e

quindi il volume dei fanghi, unito a quello delle schiume solidificate sarà:

V’ = V – 0,6·S = 45 – 0,6·18 = 34,2 m3

si ricava inoltre che il tempo di che può intercorrere fra due svuotamenti

successive è:

Dalle tabelle dei dati statistici si ricava che il carico idraulico specifico per una

comunità media è

di 250 l/ab·g. Si ricava pertanto che il tempo di detenzione medio dei liquami nella

vasca sarà di:

tD = 300/250 = 1,2 giorni

Depurazione delle acque 133 Fosse settiche ed Imhoff

Le fosse Imhoff

Le fosse Imhoff, che possono essere considerate come una versione evoluta delle

fosse settiche, sono formate da due comparti:

• un comparto superiore (di sedimentazione) nel quale avviene la

sedimentazione dei fanghi come nelle fosse settiche

• un comparto inferiore (digestore) nel quale precipitano i fanghi sedimentati.

Nel comparto inferiore i fanghi subiscono una digestione di tipo anaerobico con

formazione di acqua e una miscela gassosa formata da anidride carbonica e metano

(biogas). Il materiale solido è costituito da fanghi mineralizzati (stabilizzati) che

possono essere scaricati senza pericoli e senza la formazione degli odori molesti

dovuti alla putrefazione.

Le fosse Imhoff possono essere realizzate in maniera diversa a seconda della

potenzialità: possono essere di tipo statico o meccanizzate, possono essere composte

da una sola vasca o da più vasche e in questo caso le vasche possono funzionare in

serie o in parallelo. In ogni caso tuttavia il principio di funzionamento è quello

mostrato nella figura 4.

Come per le fosse settiche anche quelle Imhoff sono utilizzabili per un numero

limitato di utenti, massimo poche centinaia, e non sono in grado di realizzare

rendimenti depurativi adeguati. Il loro uso è giustificato dal fatto che producono

acque prive di materiale in sospensione e quindi smaltibili attraverso l’irrigazione

sotterranea, la fertirrigazione, lo spargimento sul terreno oppure come trattamento

preliminare prima dell’immissione in fognatura pubblica degli scarichi civili. Quando

il carico idraulico non è eccessivo è possibile smaltirle nei corsi d’acqua senza

superare la capacità di autodepurazione di questi ultimi.

Depurazione delle acque 134 Fosse settiche ed Imhoff

Figura 4 - Fossa Imhoff: principio di funzionamento

Le fosse Imhoff meccanizzate non hanno la necessità di essere svuotate dal momento

che i fanghi stabilizzati vengono estratti automaticamente mentre le schiume

solidificate vengono frantumate e lasciate precipitare sul fondo del digestore insieme

ai fanghi (vedi figura 5).

Depurazione delle acque 135 Fosse settiche ed Imhoff

Dimensionamento delle fosse Imhoff

Fino a 300 abitanti equivalenti i volumi del sedimentatore per ogni abitante,

misurato in litri) (VS) e quello del digestore (VD) si possono calcolare con le seguenti

equazioni:

VS = 75 – 0,2·p (11.2)

e

VD = 112 – 0,24·p (11.3)

dove p è il numero di abitanti serviti se stabilmente residenti; per un numero di

abitanti superiore a 300 si possono usare i valori calcolati per 300 abitanti.

Da studi statistici è stato rilevato che la produzione media di fanghi è di 0,26 l/ab·g

con un contenuto di acqua dell’87% corrispondente a 37 g/ab·g di sostanza secca.

Con le dimensioni indicate sopra si ottengono tempi di detenzione nel sedimentatore

varianti fra 6 ore e 1,5 ore (passando da 50 a 300 abitanti)

In alcune regioni italiane tuttavia si raccomanda di usare un volume totale di 250 l/

ab.equivalente suddivisi in:

Sedimentatore 50 l/ab.eq.

Digestore 200 l/ab.eq.

Depurazione delle acque 136 Fosse settiche ed Imhoff

Figura 5 - Fossa Imhoff meccanizzata

Depurazione delle acque 137 Fosse settiche ed Imhoff

Esempio 11.2 - Dimensionamento di una fossa Imhoff

Una fossa Imhoff deve servire 200 abitanti che presentano un carico idraulico

specifico di 250

l/ab·g. Determinare:

- il volume del sedimentatore VS

- il volume del digestore VD

- la portata media oraria Qm

- il tempo medio di ritenzione nel sedimentatore

- il tempo fra due svuotamenti successivi della fossa.

*********************

Per calcolare il volume del sedimentatore usiamo l’equazione 11.2

VS = (75 – 0,2·p)·p = (75 – 0,2 ·200)·200 = 7000 l = 7 m3

Il volume del digestore si calcola usando l’equazione 11.3

VD = (112 – 0,24·p)·p = (112 – 0,24·200)·200 = 12800 l = 12,8 m3

La portata media oraria si calcola usando il carico idraulico specifico:

Q = (CIS·p)/24 = (250·200)/24 = 2083 l/h = 2,08 m3/h

Per calcolare il tempo medio di ritenzione si divide il volume della vasca per la

portata media

oraria:

t = VS/Q = 7/2,08 = 3,4 h

Per calcolare il tempo massimo che deve passare fra due svuotamenti successivi si

determina la Depurazione delle acque 138 Fosse settiche ed Imhoff

quantità di fango prodotta ogni giorno (VF), quindi si divide il volume del digestore

per il valore

trovato:

VF = 0,26·200 = 52 l/g = 0,052 m3/g

t = VD/VF = 12,8/0,052 = 246 g

Utilizzando per il volume del sedimentatore e del digestore i valori prudenziali i

valori prudenziali

usati in alcune regioni italiane si ottiene:

Volume del sedimentatore = 0,050·p = 0,050·200 = 10 m3

e

Volume di gestore = 0,20·p = 0,20·200 = 40 m3

Per il tempo di ritenzione dei liquami nella fossa Imhoff si ottiene:

t = VS/Q = 10/2,08 = 4,8 h

E infine per il tempo intercorrente fra due svuotamenti successivi:

t = VD/VF = 40/0,052 = 769 giorni =~ 2 anni

Depurazione delle acque 139 Fosse settiche ed Imhoff

Impianti a fanghi attivi

12.1 – La cinetica delle reazioni di degradazione del BOD

Gli impianti di depurazione esaminati nel capitolo precedente, anche se hanno il

pregio di avere bassi costi di gestione, sono utilizzabili solamente per piccole

comunità e in luoghi dove c’è la disponibilità di vaste aree di terreno, situate

abbastanza lontano dal centro abitato, e a basso costo, oppure dove la presenza di

coltivazioni, prati o boschi consentono lo smaltimento per spargimento sul terreno

o attraverso l’irrigazione.

In questi impianti la depurazione avviene in maniera naturale, (autodepurazione

delle acque e del terreno, ossidazione in appositi stagni, fosse settiche e fosse

imhoff), senza che ci sia, da parte dell’operatore o del progettista, nessun tentativo

di variare le condizioni di reazione in modo da ottenere risultati migliori. Gli unici

casi nei quali si interviene, per variare la condizione di sviluppo dei microrganismi

responsabili della depurazione, sono gli stagni aerati, nei quali si immette aria per

fornire l’ossigeno necessario alle reazioni biologiche di ossidazione.

Quando si devono trattare le acque reflue derivanti da grandi comunità è

necessario usare impianti con un elevato potere di depurazione specifico, cioè

capaci di trattare rilevanti quantità di acqua in volumi relativamente piccoli. È

necessario perciò apportare, alle tecniche di depurazione biologica, tutti i

cambiamenti necessari per ottimizzare la capacità depurativa degli impianti.

Il principale obiettivo dei trattamenti biologici di depurazione delle acque reflue è

la rimozione delle sostanze organiche biodegradabili, in esse contenute e

responsabili dell’inquinamento (BOD), attraverso la crescita attiva dei

microrganismi presenti. La depurazione si ottiene perciò tramite l’associazione fra

la crescita batterica e la rimozione delle sostanza organiche (substrato) e quindi è

facile capire come la cinetica dei due tipi di reazioni sia strettamente collegata.

Esamineremo perciò la cinetica di accrescimento batterico in funzione della

quantità di nutrimento presente (substrato = BOD) in vari tipi di reattori biologici.

Depurazione delle acque 140 Impianti a fanghi attivi

12.2 - Cinetica di accrescimento batterico

Le sostanze organiche biodegradabili, responsabili dell’inquinamento delle acque

reflue (BOD), costituiscono il cibo per i batteri aerobici che le usano sia per

ottenere energia (respirazione), sia come fonte di materiale organico per la

riproduzione.

Le reazioni di degradazione delle sostanze organiche biodegradabili da parte dei

batteri aerobici può essere schematizzata nella seguente maniera:

Substrato + Batteri + Ossigeno Prodotti + Nuovi

batteri (12.1)

Come per tutte le reazioni chimiche anche quelle di ossidazione batterica possono

essere studiate in modo da determinare quali sono le condizioni che consentono di

condurre il processo con alta velocità e alte conversioni.

La velocità di reazione per la trasformazione (12.1), indicata sopra, può essere

determinata misurando la variazione del numero di microrganismi viventi

nell’unità di tempo. Poiché tuttavia questo parametro non risulta controllabile con

metodi semplici, si può esprimere la velocità della reazione in funzione di altri

parametri, associati alla crescita batterica, che risultino misurabili

sperimentalmente come ad esempio la concentrazione dei batteri, la massa di

batteri presenti in ogni istante nella miscela, la concentrazione dei prodotti formati

o ancora la quantità di substrato consumato.

Lo studio della cinetica della reazione di biodegradazione (equazione 12.1) delle

sostanze organiche può essere effettuata usando sistemi che operano in maniere

differenti:

•sistemi discontinui

•sistemi continui

•sistemi continui con ricircolo dei solidi sedimentabili (fango)

Depurazione delle acque 141 Impianti a fanghi attivi

12.3 – Cinetica di reazione in un sistema discontinuo (Batch)

Per primo studiamo la cinetica di accrescimento batterico in un sistema

discontinuo, costituito da una vasca di volume V, nella quale è presente

inizialmente una piccola quantità di batteri, una sufficiente quantità di substrato

(BOD) e nella quale viene inviata in continuazione aria in modo da mantenere alta

la concentrazione dell’ossigeno disciolto (vedi figura 12.1).

Figura 12.1 - Ossidazione batterica discontinua

Riportando su un grafico la massa di batteri presenti nel sistema e la quantità di

substrato residuo in funzione del tempo, si ottiene l’andamento mostrato in figura

12.2.

Depurazione delle acque 142 Impianti a fanghi attivi

Figura 12.2 - Cinetica di accrescimento batterico

Nel grafico è possibile individuare sei fasi distinte:

• fase di latenza: questa è la fase di adattamento fra batteri e substrato, la

riproduzione non è ancora iniziata e il numero di batteri rimane sostanzialmente

invariato

• fase di accelerazione: inizia la riproduzione batterica che procede con

velocità via via crescente grazie anche alla grande disponibilità di substrato.

• fase di crescita esponenziale illimitata: la riproduzione batterica avviene

alla massima velocità. La popolazione batterica raddoppia durante ogni intervallo

di tempo (tg), chiamato tempo di generazione o di duplicazione. L’alta

velocità di riproduzione causa un consumo altrettanto rapido di substrato.

• fase di rallentamento: la massa batterica cresce ancora ma con velocità via via

decrescente a causa di una ridotta disponibilità di substrato.

• fase stazionaria: la massa batterica non subisce variazioni rilevanti. La velocità

di accrescimento è nulla a causa della scarsa concentrazione di substrato che non

consente un’alta riproduzione batterica e a causa della morte di parte dei batteri

presenti. In queste condizioni il numero dei batteri generati è equivalente a

quello dei batteri eliminati.

• fase di decadimento: chiamata anche fase di “auto-ossidazione” o di “lisi”

o di “respirazione endogena” Durante questa fase la mancanza di substrato

non consente la riproduzione batterica, molti batteri muoiono sia per mancanza

di nutrimento che per la competizione con altre forme batteriche. I batteri morti

vengono usati come nutrimento.

Depurazione delle acque 143 Impianti a fanghi attivi

Dal momento che il valore della variazione della massa (∆m) dipende dal valore

attuale della massa dei batteri (m), variabile da caso a caso, conviene esprimere la

velocità di accrescimento (∆m/∆t), espressa rispetto alla massa di batteri,

dividendola per la massa (m) di batteri presenti a un certo istante. La grandezza

ottenuta viene definita velocità di accrescimento specifica o fattore di

crescita (k) e risulta indipendente dalla quantità di batteri presenti a un certo

istante nei liquami.

(tempo-1)

(12.6)

Il fattore di crescita (k) varia in maniera caratteristica per ogni tipo di batterio, per

ogni tipo di substrato e dipende dalla temperatura. Quando, come nel trattamento

biologico delle acque reflue, la coltura batterica è mista e il tipo di substrato è

variabile, il valore del fattore di crescita è un valore medio e non risulta

generalmente costante.

Riportando in un grafico il valore del fattore di crescita in funzione del tempo si

ottiene l’andamento mostrato in figura 12.3 nel quale sono evidenziate, in maniera

diversa, le sei fasi di accrescimento batterico già mostrate nella figura 12.2.

Depurazione delle acque 144 Impianti a fanghi attivi

Figura 12.3 - Variazione del fattore di crescita in funzione del tempo

Depurazione delle acque 145 Impianti a fanghi attivi

12.4 - Sistema continuo

In questo sistema sia il substrato che l’aria vengono alimentati con continuità al

bioreattore in modo da mantenere la concentrazione del materiale organico a

valori costanti e sufficienti a nutrire i batteri e quella dell’ossigeno a valori tali da

favorire le reazioni di ossidazione.

Per mantenere costante il volume (V) del sistema è necessario che una analoga

quantità di miscela di reazione venga costantemente eliminata (vedi figura 12.4).

Figura 12.4 - Sistema continuo

Il tempo durante il quale i batteri rimangono a contatto con il substrato (tempo di

detenzione o tempo di ritenzione o tempo di contatto t*) si ottiene dal

rapporto fra il volume del sistema (V) e la portata dell’alimentazione (Q):

Come è possibile vedere dal grafico riportato in figura 12.2 di pag 2 il valore del

tempo di ritenzione (t*) influenza sia il valore della concentrazione di substrato

(f*) presente nel sistema che quella della massa batterica (m*). Questo tipo di

processo viene utilizzato negli stagni aerati nei quali i liquami, con basso

Depurazione delle acque 146 Impianti a fanghi attivi

contenuto di solidi sospesi, vengono alimentati con continuità in una vasca e

vengono ossigenati con appositi aeratori.

La cinetica di accrescimento batterico si troverà nella zona di “crescita logaritmica”

o in quella di “crescita declinante” o ancora nella “fase endogena” a seconda del

valore del tempo di contatto utilizzato al quale corrisponderà un punto

caratteristico delle curve mostrate in figura 12.2 e quindi un ben preciso rapporto

fra nutrienti (BOD) e massa dei microrganismi (f/m).

12.5 - Sistema continuo con ricircolo del fango

Le acque che devono essere trattate sono state già sottoposte ai trattamenti

preliminari ed eventualmente anche a una fase di sedimentazione per cui il carico

inquinante (substrato) è presente solo in forma disciolta oppure in forma solida

non sedimentabile.

L’insieme delle reazioni di demolizione delle sostanze organiche biodegradabili a

opera dei batteri (reazione 12.1) porta alla formazione di nuovi batteri cioè di una

biomassa che si presenta sotto forma di fiocchi facilmente sedimentabili.

Le reazioni di demolizione non eliminano perciò il carico inquinante ma lo

trasformano in una forma sedimentabile costituita prevalentemente da nuovo

materiale cellulare (nuovi batteri). In altre parole il valore del BOD5 delle acque in

uscita dal reattore continuo (vedi figura 12.4) è solo di poco inferiore a quello delle

acque in entrata ma è quasi tutto associato alla biomassa sedimentabile.

Per migliorare ulteriormente le prestazioni del sistema a funzionamento continuo

si possono inviare i liquami, che sono stati sottoposti alla fase di reazione

biologica, a un sedimentatore in modo da separare la parte corpuscolare della

miscela, formata principalmente da colonie batteriche (fiocchi di fango), e nel

quale si sono concentrate le sostanze inquinanti, dalla parte costituita

essenzialmente da una soluzione acquosa quasi chiarificata e dalla quale è stata

eliminata la quasi totalità delle sostanze organiche biodegradabili e gran parte di

quelle non degradabili.

Depurazione delle acque 147 Impianti a fanghi attivi

I fanghi separati vengono riciclati, in parte, all’ingresso della vasca di reazione

(vedi figura 12.6).

Figura 12.6 - Sistema continuo con ricircolo dei fanghi

Con questa disposizione si ottengono i seguenti vantaggi:

• aumento della concentrazione batterica all’interno della vasca di

aerazione rispetto a quella che si forma spontaneamente per

accrescimento dei microrganismi.

• facilitazione delle reazioni biologiche per immissione nel sistema di

microrganismi già perfettamente adattati all’ambiente e capaci di

Depurazione delle acque 148 Impianti a fanghi attivi

operare immediatamente nelle migliori condizioni (tempo di latenza

nullo)

• eliminazione di sostanze organiche per adsorbimento sui fiocchi di

fango

• possibilità di regolare, su un ampio intervallo, la concentrazione di

batteri attivi presenti nel sistema agendo sull’entità del ricircolo.

12.5.1 – Il fattore di carico organico

Il riciclo di parte della biomassa fa si che, in ogni istante, la concentrazione

batterica presente nel sistema sia diversa da quella prodotta naturalmente, dalla

degradazione delle sostanze organiche, sulla base della concentrazione attuale di

nutrienti. Non è quindi possibile usare il grafico di figura 12.2 per determinare, a

un tempo dato, i valori delle variabili quali: concentrazione dei batteri e

concentrazione del substrato che sono i valori caratteristici della reazione

biochimica in corso.

A parità di concentrazione del substrato (BOD), disponibile in un certo intervallo

di tempo, l’entità della conversione biochimica dipenderà dalla massa (m) di

batteri attivi presenti e questa, come visto precedentemente, può essere variata a

piacere agendo sull’entità del riciclo dei fanghi, e sul tempo di contatto fra

biomassa attiva e substrato.

Una determinata quantità di reflui, immessi nel sistema considerato, può

presentare lo stesso grado di abbattimento delle sostanze organiche biodegradabili

usando: o un’alta concentrazione di batteri attivi e un basso tempo di contatto,

oppure una bassa concentrazione di batteri attivi e un tempo di contatto lungo o

ancora valori intermedi dei due parametri. Da quanto detto appare evidente che, a

un certo istante di tempo, occorre conoscere sia la quantità di BOD immesso nel

sistema (substrato) che la quantità di batteri attivi presenti.

Un parametro che tiene conto contemporaneamente sia della concentrazione di

batteri attivi che del tempo di contatto è il fattore di carico organico (FC*),

definito in maniera tale da caratterizzare il grado di sviluppo dei microrganismi e

quindi il grado di degradazione delle sostanze organiche che fungono da

nutrimento. Il fattore di carico organico è definito come rapporto fra la quantità di Depurazione delle acque 149 Impianti a fanghi attivi

cibo (f cioè BOD), fornita alla massa (m) di microrganismi, in un certo intervallo

di tempo (t), e la massa (m) stessa dei microrganismi.

In formula:

(12.23)

dove:

f = quantità di sostanze nutritive immesse nel sistema nell’intervallo di tempo t

m = massa batterica presente nel sistema (biomassa).

t = intervallo di tempo durante il quale si forniscono le sostanze nutritive.

Altri nomi dati a questo parametro sono: “Carico del fango”, “Load factor” o

“BOD loading”.

Quindi il carico del fango può essere definito come:

la quantità di substrato (BOD) alimentato nell’unità di tempo per una

massa unitaria di microrganismi attivi.

Per determinare il valore del fattore di carico organico o carico del fango

occorre perciò conoscere, per un determinato intervallo di tempo, sia la quantità di

substrato (sostanze nutrienti) forniti al sistema sia la massa dei microrganismi

attivi presenti.

Nel caso degli impianti di depurazione la quantità di nutrienti immessa nel sistema

è facilmente collegabile al carico organico (Qorg) definito, come ricordiamo, come

la quantità di BOD5 (in kg) fornita nell’arco di un giorno.

Diversa, e certamente più complessa, risulta la determinazione della massa

batterica attiva contenuta nella vasca di ossidazione. Infatti, prendendo in

considerazione i solidi sospesi totali, si vede che solo una parte è costituita da

batteri e di questi solo una parte è attiva.

Depurazione delle acque 150 Impianti a fanghi attivi

La figura 12.7 indica la composizione media dei solidi sospesi (fango) che si

formano nelle vasche di ossidazione dei composti organici biodegradabili presenti

nelle acque reflue.

Come è possibile vedere la parte formata da batteri attivi costituisce solamente una

frazione dei solidi totali.

Solidi totali

Solidi volatili

Solidi biodegradabili

Biomassa cellulare

Batteri attivi

100%

~ 75%

~ 60%

~ 50%

~ 40%

Figura 12.7 – Suddivisione dei solidi sospesi totali

È possibile determinare sperimentalmente la massa dei batteri attivi prelevando

una quantità nota di liquami e misurando la quantità di ossigeno consumato, in un

dato intervallo di tempo, per ossidare le sostanze biodegradabili.

Questa misurazione, analoga a quella usata per determinare il BOD, richiede tempi

lunghi e risulta laboriosa e delicata e non alla portata di tutti i laboratori.

Una maniera alternativa è quella che parte dal presupposto che la quantità di

batteri attivi sia una frazione sufficientemente costante dei solidi sospesi volatili

(vedi figura 12.7). Questo ci permette di usare la massa delle sostanze organiche,

quelle che nella determinazione dei solidi risultano eliminabili per calcinazione

alla temperatura di 550 °C, in sostituzione della massa dei batteri attivi. Questa

quantità viene indicata con la sigla SSVMA (Solidi Sospesi Volatili nella

Miscela Aerata).

Questa ipotesi costituisce certamente un’approssimazione vista anche la variabilità

del rapporto batteri attivi/solidi sospesi volatili in funzione dei diversi sistemi

Depurazione delle acque 151 Impianti a fanghi attivi

operativi utilizzati. Il fattore del carico organico o carico del fango viene allora

espresso dalla relazione:

(12.24)

dove:

F = carico del BOD5 immesso nel sistema nel tempo t

M = massa totale dei solidi sospesi volatili presenti nella miscela aerata.

t = tempo di alimentazione.

L’unità di misura del carico del fango è perciò:

(12.25)

La misura del carico del fango vista sopra è quella usata soprattutto negli Stati

Uniti. In Europa si procede a una ulteriore semplificazione prendendo come

riferimento, al posto dei solidi sospesi volatili, i solidi sospesi totali (SSMA =

Solidi Sospesi nella Miscela Aerata) che possono essere indicati più

semplicemente con la sigla SS). In questo caso il carico del fango viene espresso

come:

il carico di sostanze biodegradabili giornaliere, cioè il carico

organico, per ogni unità di massa dei solidi sospesi totali.

Se indichiamo con Ca la concentrazione dei solidi sospesi totali nella miscela

aerata, cioè Ca = [SSMA] e con V il volume della vasca di aerazione, allora la

quantità dei solidi sospesi totali sarà SSMA = Ca·V e quindi il carico del fango

potrà essere scritto nella forma:

(12.26)

Inoltre ricordando che:

e

Si può esprimere il carico del fango anche nella forma:

Depurazione delle acque 152 Impianti a fanghi attivi

(12.28)

dove:

Qi = Portata dei liquami in entrata.

td = tempo di detenzione o ritenzione.

Quanto mostrato sopra indica che il fattore di carico organico o carico del fango

tiene conto sia del tempo di ritenzione dei liquami nella vasca di ossidazione, sia

della concentrazione, variabile a piacere, dei microrganismi deputati alla

demolizione delle sostanze organiche.

Gli stagni aerati, nei quali non si ha ricircolo del fango, possono essere considerati

un caso particolare nel quale la concentrazione dei microrganismi è praticamente

costante.

Esempio 12.3 - Volume di una vasca di ossidazione:

In un impianto a fanghi attivi si lavora con un carico del fango FC = 0,2

kg(BOD5)/kg(SSMA)·giorno

e con una concentrazione dei solidi sospesi totali Ca= 4 kg(SSMA)/m3.

Sapendo che il carico

organico è Qorg = 2000 kg(BOD5)/giorno, determinare il volume della vasca di

aerazione.

***********

Risolvendo la (12.26) rispetto a V si ottiene:

m3

Al variare del valore del carico del fango si hanno tipologie diverse di impianti a

fanghi attivi. Quanto più basso è il fattore di carico organico tanto più elevato è il

tempo di ritenzione o la concentrazione dei microrganismi o entrambi. Nella

tabella che segue sono riportati gli intervalli di valori del carico del fango per

alcuni tipi di impianti di aerazione.

Depurazione delle acque 153 Impianti a fanghi attivi

Tabella 12.2 – Carico del fango per alcuni tipi di impianti a fanghi

attivi:

Tipo di impianto

Fattore di carico organico

(FC)

Kg(BOD5)/kg(SSMA)·giornoAerazione

prolungata0,02 – 0,15

A basso carico 0,20 – 0,30A medio carico 0,30 – 0,50Ad alto carico 0,50 – 0,80 e oltre

La scelta del tipo di impianto da utilizzare e di conseguenza del valore del carico

del fango da adottare è di primaria importanza e viene fatta in base alle seguenti

considerazioni:

• valore del rendimento di depurazione (abbattimento percentuale del BOD)

desiderato. Alcune indagini statistiche hanno rilevato che questo varia in

funzione del carico del fango, nel senso che diminuisce all’aumentare di FC. (vedi

figura 12.8 equazione 12.29 e tabella 12.3)

• produzione di fango di supero, cioè del fango che non viene riciclato. Questa

risulta tanto maggiore quanto maggiore è il valore del carico del fango.

• presenza di sostanze difficilmente degradabili. In questi casi si devono usare

bassi valori del carico del fango quindi alti tempi di contatto.

• variazioni improvvise della portata dei liquami o del carico organico. Queste

variazioni vengono sopportate meglio quando il carico del fango ha valori bassi.

• necessità di ottenere fanghi ben stabilizzati. Anche in questo caso è opportuno

lavorare con bassi valori del carico del fango.

• grado di nitrificazione desiderato. L’ammoniaca viene nitrificata tanto più

quanto è basso il fattore di carico organico.

• bassa temperatura di esercizio. Si ottengono buone rese depurative con bassi

valori del carico del fango.

Depurazione delle acque 154 Impianti a fanghi attivi

In genere i valori usati per il carico del fango e per la concentrazione dei solidi

sospesi totali sono:

0,20 < FC < 0,50

3,5 < Ca < 6 (valore più comune Ca = 4 kg(SSMA)/m3)

Esempio 12.4 - Impianto a fanghi attivi

Un impianto a fanghi attivi deve trattare i liquami prodotti da una comunità di

10000 abitanti.

Il carico idraulico specifico Qi sp = 200 l/ab·gg e il BOD5 = 350 ppm. Sulla base

dei dati forniti e su

quelli deducibili dalle tabelle dei valori statistici, determinare il volume della

vasca di aerazione.

************

Calcolo del carico idraulico:

Qi = Qi sp · p = 200·10-3·1000 = 2000 m3/g

Calcolo del carico organico:

Qorg = Qi · BOD5 = 2000·350·10-3 = 700 kg(BOD5)/g

Valore del carico del fango

Prendendo il valore intermedio fra i due estremi riportati sopra si ottiene:

FC = 0,35 kg(BOD5)/kg(SSMA)·g

Concentrazione dei solidi sospesi totali

Prendendo il valore intermedio fra i due estremi riportati sopra si ottiene:

Ca = 5 kg(SSMA)/m3

Con i dati ottenuti è ora possibile calcolare il volume della vasca di ossidazione:

12.5.2 – Rendimento depurativoDepurazione delle acque 155 Impianti a fanghi attivi

Il rendimento depurativo di un impianto varia al variare del fattore di carico

organico. Autori diversi hanno trovato andamenti leggermente diversi (vedi figura

12.8) ma che risultano abbastanza simili per valori del fattore di carico organico

inferiore a 0,5, cioè al massimo valore generalmente usato.

Figura 12.8 – Rendimento depurativo in funzione del carico del

fango

Secondo Wuhrmann il rendimento depurativo dipende dal fattore di carico

organico secondo la relazione empirica:

(12.29)

Depurazione delle acque 156 Impianti a fanghi attivi

Altri autori hanno trovato i valori riportati nella tabella 12.3. Tali valori devono

essere considerati medi e orientativi.

Tabella 12.3 – Rendimenti depurativi in funzione del fattore di carico

organico

FC

kg(BOD5)/

---------------------

kg(SSMA)·giorno

Rendimento

() (%)

FC

kg(BOD5)/

---------------------

kg(SSMA)·giorno

Rendimento

() (%)

1,00 75 0,08 920,50 85 0,07 920,40 86 0,06 950,35 89 0,05 950,27 90 0,04 950,24 90 0,03 950,20 90 0,02 950,17 910,16 910,15 910,12 92

Infine l’andamento del rendimento depurativo sulla base di misure sperimentali su

un gran numero di impianti è mostrato nel grafico di Fig. 10.58.

Depurazione delle acque 157 Impianti a fanghi attivi

12.5.3 - Il carico organico volumetrico o fattore di carico volumetrico (FCV)

Un altro parametro, che si può usare per caratterizzare il funzionamento di un

impianto a fanghi attivi, è il carico organico volumetrico o fattore di carico

volumetrico, definito come:

carico organico alimentato ogni giorno per ogni unità di volume della

vasca di ossidazione.

In formula:

(12.30)

dove:

f = BOD5 alimentato nel tempo t (se t = 1 giorno allora f = Qorg cioè carico

organico)

V = volume della vasca di ossidazione.

t = intervallo di tempo di riferimento.

Depurazione delle acque 158 Impianti a fanghi attivi

Quindi, a parità di fattore di carico organico, il carico organico volumetrico

dipende dalle caratteristiche del fango infatti, se indichiamo con Ca la

concentrazione dei solidi sedimentabili totali avremo che, con Ca = [SSMA] varrà

la relazione (vedi equazione 12.27):

(12.31)

I valori normalmente usati per la concentrazione dei solidi sospesi totali è

compresa fra 3,5 e 5 KgSS/m3.

Usando valori di Ca costanti allora, come indicato dall’equazione (12.31) il valore di

FCV è direttamente proporzionale a quello di FC e quindi è possibile usare il carico

organico volumetrico come parametro fondamentale per la verifica del livello di

depurazione per gli impianti a fanghi attivi. Tuttavia, se il valore di Ca si discosta

da quelli dell’intervallo di valori mostrato sopra, risulta più conveniente fare

riferimento al carico del fango (FC) e alla concentrazione dei solidi sospesi nella

miscela aerata (Ca) che in definitiva sono i veri parametri caratteristici degli

impianti a fanghi attivi.

Il carico organico volumetrico assume valori diversi a seconda del tipo di impianto

e in funzione della presenza o meno della sedimentazione primaria (vedi tabella

12.3), dal momento che la sedimentazione causa un abbattimento del BOD5 di

circa il 30%.

Tabella 12.3 – Valori del carico organico volumetrico per vari tipi di

impianto

Tipo di impanto

Carico organico volumetrico (FCV)

[kg(BOD5)/m3·giorno]

Carico organico volumetrico (FCV)

[kg(BOD5)/m3·giorno]Tipo di impantoSenza sedimentazione

primaria

Con sedimentazione

primariaAerazione

prolungata

0,10 – 0,75

A basso carico 1,00 – 1,50 0,70 – 1,05A medio carico 1,50 – 2,50 1,05 – 1,75A alto carico 1,75 – 2,30

Depurazione delle acque 159 Impianti a fanghi attivi

In molti paesi esistono normative che, in funzione del tipo di impianto usato (vedi

tabella 12.3), impongono valori massimi per il carico organico volumetrico in

modo da garantire un tempo di contatto adeguato.

Combinando infatti l’equazione 12.28 con la 12.31 si ottiene:

(12.32)

dove td è il tempo di detenzione o di ritenzione.

Quindi una volta che sia stato stabilito il tempo di ritenzione minimo e il valore del

BOD5 delle acque in entrata nell’impianto, è automaticamente determinato il

massimo valore di carico organico volumetrico che si può usare.

Così per un valore del BOD5 in entrata pari a 200 ppm (= 0,2 kg/m3, valore

comunemente usato) e un impianto ad aerazione prolungata, per il quale si deve

avere un tempo di ritenzione minimo di 1 giorno, si ottiene che il carico organico

volumetrico deve avere un valore massimo di:

Per impianti a basso carico, a medio carico e ad alto carico per i quali si devono

avere tempi di contatto minimi rispettivamente di; 10, 8 e 5 ore, si dovranno usare

carichi organici volumetrici di: 0,50 0,60 e 1,0 kg(BOD5)/m3·giorno

Esempio 12.5 – Dimensionamento della vasca di ossidazione

Determinare il volume della vasca di aerazione in un impianto a medio carico

senza

sedimentazione primaria che tratta un carico organico Qorg = 1500 kg(BOD5)/

giorno

***********

Per un impianto a medio carico si prende come valore di riferimento il valore

medio dell’intervallo

indicato nella tabella 12.3:

FCV = 2,00 kg(BOD5)/m3·giorno

Depurazione delle acque 160 Impianti a fanghi attivi

Risolvendo l’equazione 12.30 rispetto a V si ottiene:

Esempio 12.6 – Tempo di ritenzione e fattore di carico organico

In una vasca di ossidazione del volume V = 500 m3 vengono inviati 700 m3/

giorno di acque reflue

con un carico organico Qorg = 250 kg(BOD5)/giorno.

Determinare:

a) – Il tempo medio di ritenzione delle acque nella vasca di aerazione

b) – Il fattore di carico organico FC per valori della concentrazione del fango

nella miscela aerata

(Ca) varianti da 2 a 8 kg(SSMA)/m3.

*****************

Tempo di ritenzione (o di contatto):

Fattore di carico organico:

si usa la l’equazione (12.26):

I risultati ottenuti per i vari valori di Ca sono:

Depurazione delle acque 161 Impianti a fanghi attivi

Esempio 12.7 – Tempo di ritenzione e volume della vasca

Una vasca di ossidazione deve trattare le acque reflue prodotte da una comunità

di p = 30000

abitanti con un carico organico specifico Qorg sp = 65 g(BOD5)/ab·giorno e un

carico idraulico

specifico Qi sp = 200 l/ab·giorno. Sapendo che si usa un fattore di carico organico

FC = 0,25

kg(BOD5)/(kg(SSMA)·giorno e una concentrazione di solidi sedimentabili nella

miscela aerata

Ca = 4,5 kg(SSMA)/m3, determinare il volume della vasca (V) e il tempo di

ritenzione (td).

*****************

Conversione unità di misura:

Qorg sp = 65 g(BOD5)/ab·giorno = 0,065 kg(BOD5)/ab·giorno

Qi sp = 200 l/ ab·giorno = 0,200 m3/ ab·giorno

Carico organico (Qorg):

Qorg = Qorg sp ·p = 0,065·30000 = 1950 kg(BOD5)/giorno

Depurazione delle acque 162 Impianti a fanghi attivi

Carico Idraulico (CI):

Qi= Qi sp ·p = 0,200·30000 = 6000 m3/giorno

Volume della vasca (V):

Tempo di ritenzione (tC):

Esempio 12.8 – Concentrazione dei solidi nella miscela aerata

Un impianto di ossidazione con riciclo del fango deve trattare le acque reflue di

una comunità di

p = 3000 abitanti. I dati conosciuti sono:

Acqua fornita dall’acquedotto Qi sp = 250 l/ab·giorno

Coefficiente di afflusso alla fognatura = 0,8 (80%)

Carico organico specifico Qorg sp = 70 g(BOD5)/ab·giorno

Rendimento depurativo desiderato >= 92%

Tempo di contatto td = 14 h

Sulla base dei dati forniti determinare il valore della concentrazione dei fanghi

nella miscela

aerata (Ca) per impianti senza e con sedimentazione primaria:

***************

Per eseguire il calcolo richiesto si devono usare le seguenti equazioni:

Usando la formula 12.32 si ricava il valore di FCV (il valore del BOD5 delle acque

di alimentazione

dell’impianto si determinano dal carico organico e da quello idraulico)

Con la formula 12.29 si ricava il valore di FC per avere un rendimento depurativo

del 92%

Depurazione delle acque 163 Impianti a fanghi attivi

Infine con la formula 12.31 si ottiene il valore di Ca.

Calcolo del carico idraulico (Qi)

Ogni abitante usa 250 l/giorno di acqua restituendone solo l’80%. Quindi:

Calcolo del carico organico (Qorg)

Ogni abitante scarica 70 g di BOD5 al giorno quindi:

Calcolo del BOD5:

Il BOD5 calcolato è quello presente nelle acque reflue che non hanno subito la

sedimentazione.

Poiché la sedimentazione causa un abbattimento di circa il 30% del BOD5, le

acque in ingresso nell’impianto dotato di sedimentatore primario avranno un

BOD5 pari al 70% di

quello calcolato sopra:

Calcolo del carico organico volumetrico (FCV):

Usiamo la formula 12.32 ricordando che il tempo deve essere espresso in giorni (t

= 14/24)

(senza sedimentazione)

(con sedimentazione)

Calcolo del fattore di carico organico (FC):

Si usa l’equazione 12.29 risolta rispetto a FC

Depurazione delle acque 164 Impianti a fanghi attivi

Calcolo della concentrazione dei solidi sedimentabili nella miscela

aerata (Ca):

Si usa la formula 12.31 risolta rispetto a Ca

Depurazione delle acque 165 Impianti a fanghi attivi

LAYOUT DI IMPIANTI A FANGHI ATTIVI

Negli schemi a blocchi che seguono sono indicate le portate volumetriche e le

concentrazioni dei solidi sospesi in ingresso e in uscita dai vari trattamenti.

Impianto a schema classico

fango secondario

Qs, Cr

fango primario

fango di ricircolo

(Qi + Qr), CaQi+QrQi, Ci

Qr, Cr

Sed  IISed  I VoxTra).  prelim.Qi, Ci

fango di supero di tipo misto (al trattamento fanghi)

Qu, Cu

al recapito

Impianto a schema semplificato

Qi, Ci

fango secondario

Qs, Cr

fango di ricircoloQr, Cr

Sed  IIVox Qi + Qr, Ca Qu, CuTra).  prelim.Qi, Ci

al recapito

fango di supero di tipo secondario (al trattamento fanghi)

Impianto a schema a contatto-stabilizzazione

Depurazione delle acque 166 Impianti a fanghi attivi

Qs,

Qr, Cr

Sed  IICont.

Stabilizz.

Qu, Qi + Qr, Tra).  Qi, Ci

fango di supero di tipo

al

Impianto a schema ad aerazione prolungata (caso particolare dello schema

semplificato)

fango di ricircolo Qr, Cr

fango secondario

Qs, Cr

Sed  IIVox

(molto grande)Qu, CuTra).  prelim.Qi, Ci

al recapito

fango di supero di tipo secondario [in piccola quantità e quasi mineralizzato]

(al trattamento fanghi)

Qi + Qr, Ca

Depurazione delle acque 167 Impianti a fanghi attivi

12.5.4 - Il rapporto di riciclo (R)

Come abbiamo visto in precedenza, nella vasca di aerazione di un impianto di

depurazione a fanghi attivi è necessario mantenere una concentrazione costante di

massa batterica attiva (Ca) e questa deve risultare superiore a quella che si forma

spontaneamente per accrescimento batterico. Per ottenere questo risultato la

miscela, presente nella vasca di aerazione, viene inviata a un sedimentatore dove la

biomassa si separa in forma di sospensione concentrata (fango) mentre l’acqua

chiarificata e con un basso valore di inquinanti (BOD5) viene scaricata. Il fango,

prelevato dal fondo del sedimentatore, è in parte, riciclato alla vasca di aerazione

mentre quello in eccesso (fango di supero) viene inviato a trattamenti successivi

(vedi figura 12.9).

La quantità di fango che viene rimandata alla vasca di aerazione deve essere tale da

assicurare che la concentrazione dei solidi sospesi nella miscela aerata (Ca) abbia

il valore necessario a consentire il grado di depurazione richiesto, cioè un adeguato

carico del fango (FC) e a garantire che la biomassa presenti una buona

sedimentabilità.

Il rapporto fra la portata del fango che viene riciclato alla vasca di aerazione e la

portata delle acque reflue di alimentazione viene definito rapporto di riciclo e

indicato con la lettera R.

Oltre a mantenere alta la concentrazione dei solidi sospesi nella vasca di aerazione,

il riciclo dei fanghi sedimentati presenta i seguenti ulteriori vantaggi:

• l’effluente in uscita dal sedimentatore viene chiarificato

• i solidi vengono concentrati

Depurazione delle acque 168 Impianti a fanghi attivi

Figura 12.9 – Schema di impianto a fanghi attivi

Si vuole ora determinare l’entità del rapporto di riciclo (R) necessario a ottenere

un determinato valore della concentrazione dei solidi sospesi nella miscela aerata

(Ca).

Indichiamo con:

Q = portata liquami in entrata

Qr = portata del riciclo

Cai = concentrazione dei solidi sospesi nell’alimentazione

Ca = concentrazione dei solidi sospesi nella vasca di aerazione

Cr = concentrazione dei solidi sospesi nel fango

Qu = portata delle acque chiarificate in uscita

QS = portata dei fanghi di supero

Se facciamo il bilancio di massa dei solidi sospesi per la vasca di aerazione (vedi

zona tratteggiata di figura 12.9) possiamo scrivere:

solidi totali entranti + solidi che si formano all’interno della vasca = solidi totali

uscenti

Utilizzando i simboli indicati nella figura 12.9 si può scrivere:

(12.34)

Depurazione delle acque 169 Impianti a fanghi attivi

dove abbiamo indicato con la quantità dei solidi nel fango di supero che, a

regime, deve essere uguale alla quantità di solidi che si formano all’interno della

vasca.

L’equazione (12.34) può essere semplificata considerando che:

1.la concentrazione dei solidi nei liquami in ingresso può essere considerata nulla

(Cai ~ 0)

2.si può assumere (salvo verifica) che la portata del fango di supero sia molto più

piccola della portata di ricircolo (QS« Qr)

Allora si può scrivere:

(12.35)

Se dividiamo tutto per Q e ricordando che R = Qr/Q è il rapporto di ricircolo

si ottiene:

(12.36)

o anche:

(12.37)

Approfondiamo un attimo la concentrazione dei solidi nel fango di riciclo (Cr); i

suoi valori dipenderanno:

•dalla sedimentabilità del fango

• dalle caratteristiche intrinseche del fango (che dipendono a loro

volta dalle sostanze organiche di origine, dal suo grado di

mineralizzazione, ecc.)

• dalla concentrazione del fango all’uscita della vasca di aerazione

(Ca)

• dall’efficienza del sedimentatore secondario.

Depurazione delle acque 170 Impianti a fanghi attivi

I valori comunemente usati per la concentrazione dei solidi nel fango di riciclo (Cr)

sono compresi fra

8 e 12 kg/m3.

8 <= Cr <= 12

Riportando su un grafico la relazione esistente fra la concentrazione dei solidi nella

miscela aerata e il rapporto di riciclo per vari valori della concentrazione del fango

di riciclo (equazione 12.37) si ottiene l’andamento mostrato in figura 12.10

Figura 12.10 – Relazione fra Ca e R per valori diversi di Cr.

L’espressione (12.37) è molto importante perché mostra, tra le altre cose, che la

portata di ricircolo è dello stesso ordine di grandezza della portata di ingresso (per

Depurazione delle acque 171 Impianti a fanghi attivi

esempio per valori molto realistici di Ca=5kg/m3 e di Cr=10kg/m3 abbiamo

proprio Qr=Q).

Il sistema di ricircolo quindi va dimensionato con molta cura tenendo conto che

deve essere possibile regolare questa portata in un ampio intervallo, tale da

permettere un efficace controllo della concentrazione nella miscela aerata (vedi

Figura 12.10).

Infine facciamo notare che l’assunzione fatta in precedenza di trascurare Qs

rispetto a Qr è senz’altro valida dal momento appunto che Qr≈Q.

12.5.5 - La concentrazione del fango nella miscela aerata (Ca)

La concentrazione del fango nella miscela aerata (Ca) è una grandezza

indipendente che, insieme al carico del fango (FC), viene fissata dal progettista.

Diventa invece una grandezza dipendente quando vengono fissati i valori limite del

tempo di detenzione o il valore del fattore di carico volumetrico (FCV), vedi

equazione 12.31

Il valore della concentrazione del fango dipende dalle caratteristiche delle acque

trattate e dal tipo di impianto a fanghi attivi scelto (aerazione prolungata, basso

carico, ecc. ecc.) e può essere fatto variare controllando la portata del fango di

riciclo (Qr) o quella del fango di supero (Qs).

Il valore iniziale di (Ca), che al momento della messa in funzione dell’impianto,

coincide con la concentrazione dei solidi sospesi delle acque in ingresso

(generalmente fra 0,2 e 0,6 kg/m3), aumenta progressivamente a causa dello

sviluppo di nuovi microrganismi e del ricircolo dei fanghi dalla fase di

sedimentazione a quella di aerazione. L’impianto comincia ad avere un buon

rendimento depurativo quando la concentrazione arriva a 1 ÷ 1,5 kg/m3. A regime

il valore della concentrazione dei fanghi nella miscela aerata è compreso fra 2,5 e

6,0 kg/m3 con valori medi ottimali di 4,0-5,0 kg/m3. I valori che si possono

raggiungere dipendono, una volta fissato il rapporto di riciclo, dalla

concentrazione dei fanghi ottenuti nella successiva fase di sedimentazione.

Anche se è possibile raggiungere concentrazioni del fango fino a 12 kg/m3 e più,

simili valori comportano spesso difficoltà aggiuntive sia nel processo di aerazione Depurazione delle acque 172 Impianti a fanghi attivi

che nella fase di sedimentazione con conseguente necessità di

sovradimensionamento degli impianti per evitare la fuoriuscita dei fanghi insieme

alle acque chiarificate.

12.5.6 - L’indice del volume del fango (SVI)

Il valore della portata del riciclo (Qr), e di conseguenza quello del rapporto di

riciclo (R), e della concentrazione dei solidi nel fango di riciclo (Cr), non è un

parametro variabile a piacere dal momento che all’aumentare di (Qr) le variazione

della concentrazione del fango all’interno della vasca di aerazione diventano

sempre meno rilevanti (vedi grafico di Figura 12.10) mentre il sedimentatore

dovrebbe avere grandi dimensioni perché la quantità di fango riciclata

diventerebbe eccessiva.

La concentrazione dei solidi nel fango di riciclo (Cr) può essere convenientemente

determinata mettendola in relazione con un parametro sperimentale chiamato

indice del volume del fango

(SVI = Sludge Volume Index), di più facile misurazione, e che può fornire utili

indicazioni sulla sedimentabilità del fango stesso.

L’indice del volume del fango si ottiene sperimentalmente nel modo seguente:

• si pone una certa quantità di liquami, in arrivo al sedimentatore, in un cono di

Imhoff e si lascia decantare per 30 minuti. Si legge quindi il volume del fango

ottenuto.

• si preleva il fango ottenuto nel cono Imhoff, si secca completamente e si pesa.

Il valore dell’indice del fango si ottiene dividendo il volume del fango per la massa

del contenuto di solidi:

(12.38)

La formula 12.38 mostra che l’unità di misura dell’indice del volume del fango è

l’inverso di una densità e quindi si può risalire alla concentrazione della sostanza

solida nei fanghi di riciclo con la formula:

(12.39)Depurazione delle acque 173 Impianti a fanghi attivi

oppure:

e anche (12.40)

Per questa ragione Cr è spesso chiamato anche indice di densità del fango e

indicato con la sigla (CSVI).

Fanghi con bassi valori di SVI sono dotati di una buona sedimentabilità,

consentono elevate concentrazioni dei solidi nel fango di ricircolo e di conseguenza

necessitano di volumi di impianto minori.

Buoni valori di SVI sono compresi fra 40 e 100 ml/g. Valori maggiori, ad esempio

200 ml/g indicano invece la presenza di fanghi con scarse proprietà di

sedimentazione.

L’SVI di un fango dipende principalmente dalle sue caratteristiche intrinseche

(dalla sua composizione in termini di microrganismi che lo costituiscono) e quindi,

in ultima analisi, dal fattore di carico organico (FC).

Per operare nella maniera migliore conviene costruire impianti nei quali sia

possibile regolare con facilità il rapporto di ricircolo e quindi il valore del carico del

fango (FC) e quindi quello dell’indice del volume del fango (SVI) in modo da

formare fanghi che sedimentano più facilmente e in maniera completa.

A questo proposito riportiamo il diagramma di B. VEDRY nel suo “L’Analyse

ecologique des boues activees” dove è evidente che i tipi e la varietà della

microfauna di un fango attivo dipende principalmente dal fattore di carico

organico.

Depurazione delle acque 174 Impianti a fanghi attivi