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L'incontro con Gesù - a cura di P. Attilio Fabris, C.P. www.passionisti.org - - un sito web della Famiglia Passionista 1 L’incontro con Gesù a cura di Padre Attilio Fabris, Passionista * INTRODUZIONE 1. Zaccheo: dal bisogno all’incontro dal vangelo di Luca: 19,1-10 2. L’Adultera: un incontro che rimette in cammino dal vangelo di Giovanni 8,1-11 3. Il giovane ricco: un incontro impostato male dal Vangelo di Marco: 10,17-22 4. Nicodemo: un incontro che non decolla dal vangelo di Giovanni: 3,1-21 === RIASSUMENDO PARTE PRIMA: 1-4 5. Bartimeo: ma egli gridava più forte dal Vangelo di Marco: 10,46-52 6. La peccatrice: lacrime e profumo dal Vangelo di Luca: 7,36-50 7. Maria di Betania: seduta ai piedi di Gesù dal Vangelo di Luca: 10, 38-42 8. Giovanni Battista: si’ anche più di un profeta dal Vangelo di Luca: 1,41-44 === RIASSUMENDO PARTE SECONDA: 5 - 8 9. La lavanda dei piedi: “io vi ho dato l'esempio...” dal Vangelo di Giovanni: 13, 1-17 10. I Settantadue: due a due avanti a se' dal vangelo di Luca: 10,1-20 11. Maria: avvenga di me quello che hai detto dal Vangelo di Luca: 1, 26-39 * Note Diocesi di Novara; nato nel 1958 - professione religiosa nel 1975 - ordinato nel 1984. Incarichi: predicazione esercizi spirituali, animazione gruppi di iniziazione alla fede, direzione spirituale; Direttore della Rivista Passionista Il Divin Crocifisso. Competenze: sacra scrittura; psicologia. Altri lavori di P. Attilio Fabris sono disponibili sul sito www.qumran.net (Banca Dati per la pastorale). Riferimenti: Convento dei Passionisti - via S. Paolo della Croce, 2 - 28062 Cameri (NO). Tel. 0321.518140 - Fax 0321.518599; Tel. 0321. 518099 (centro stampa) E-Mail: [email protected]

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L’incontro con Gesùa cura di Padre Attilio Fabris, Passionista *

INTRODUZIONE1. Zaccheo: dal bisogno all’incontro

dal vangelo di Luca: 19,1-102. L’Adultera: un incontro che rimette in cammino

dal vangelo di Giovanni 8,1-113. Il giovane ricco: un incontro impostato male

dal Vangelo di Marco: 10,17-224. Nicodemo: un incontro che non decolla

dal vangelo di Giovanni: 3,1-21=== RIASSUMENDO PARTE PRIMA: 1-45. Bartimeo: ma egli gridava più forte

dal Vangelo di Marco: 10,46-526. La peccatrice: lacrime e profumo

dal Vangelo di Luca: 7,36-507. Maria di Betania: seduta ai piedi di Gesù

dal Vangelo di Luca: 10, 38-428. Giovanni Battista: si’ anche più di un profeta

dal Vangelo di Luca: 1,41-44=== RIASSUMENDO PARTE SECONDA: 5 - 89. La lavanda dei piedi: “io vi ho dato l'esempio...”

dal Vangelo di Giovanni: 13, 1-1710. I Settantadue: due a due avanti a se'

dal vangelo di Luca: 10,1-2011. Maria: avvenga di me quello che hai detto

dal Vangelo di Luca: 1, 26-39

* NoteDiocesi di Novara; nato nel 1958 - professione religiosa nel 1975 - ordinato nel 1984.Incarichi: predicazione esercizi spirituali, animazione gruppi di iniziazione alla fede,direzione spirituale; Direttore della Rivista Passionista Il Divin Crocifisso.Competenze: sacra scrittura; psicologia. Altri lavori di P. Attilio Fabris sono disponibili sulsito www.qumran.net (Banca Dati per la pastorale).Riferimenti:Convento dei Passionisti - via S. Paolo della Croce, 2 - 28062 Cameri (NO).Tel. 0321.518140 - Fax 0321.518599; Tel. 0321. 518099 (centro stampa)E-Mail: [email protected]

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INTRODUZIONE

L’incontro con Gesù: una grazia fondamentale nel nostro cammino di fede.Noi seguiamo colui che amiamo e che abbiamo incontrato e che desideriamo incontrare.La grazia dei chiamati, perchè la chiamata presuppone un incontro.

Ci confronteremo con coloro che nei vangeli incontrano Gesù.Essi sono come dei paradigmi.

- che cosa li ha spinti?- come si è svolto l’incontro?- come ne sono usciti?Vedremo come ciascuno ha da raccontare una sua storia diversa dalle altre.Per ciascuno vi è un incontro particolare.

Desideriamo anche noi incontrarci con Gesù:dobbiamo porci anzitutto alcune domande alle quali invito a rispondere.

- Ho incontrato Gesù? Dove? Come? Cosa è cambiato?- Che cosa mi spinge oggi a cercare l’incontro con lui?- Cosa mi aspetto?- Dove penso possa avvenire questo incontro?

Chiederò:- la disponibilità ad incontrarlo.- il coraggio di eliminare tutto ciò che ostacola l’incontro- scegliere quelle realtà che mi facilitano l’incontro- la grazia dello Spirito del Risorto: che mi apra gli occhi per riconoscerlo.

Alcuni atteggiamenti:- l’ascolto della Parola e della vita- il silenzio contemplante- l’adorazione- la verifica

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1. ZACCHEO: DAL BISOGNO ALL’INCONTRO

Dal vangelo di Luca: 19,1-101 Entrato in Gerico, attraversava la città. 2 Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo

dei pubblicani e ricco, 3 cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva acausa della folla, poiché era piccolo di statura. 4 Allora corse avanti e, per poterlovedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là. 5 Quando giunse sul luogo,Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi acasa tua». 6 In fretta scese e lo accolse pieno di gioia. 7 Vedendo ciò, tuttimormoravano: «E' andato ad alloggiare da un peccatore!». 8 Ma Zaccheo, alzatosi,disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodatoqualcuno, restituisco quattro volte tanto». 9 Gesù gli rispose: «Oggi la salvezza èentrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo; 10 il Figlio dell'uomo infattiè venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Zaccheo, un capo dei pubblicani e un ricco. E’ un appaltatore benestante che riscuotetasse in un importante centro doganale di frontiera. Egli, secondo la mentalità correnteha tutto: potere e denaro. Può dirsi un “uomo arrivato”. Ha fatto carriera. Potrebbeaccontentarsi.

Il suo desiderio di vedere Gesù è sorprendente. Che cosa lo avrà spinto a ricercarel’incontro con lui? Solo la curiosità? Fosse solo questa anch’essa tuttavia nasconderebbesicuramente una inquietudine e una insoddisfazione. Si rendeva conto che il potere e ildenaro non gli procuravano la pienezza del vivere, la gioia e la serenità che per fortunanon si era stancato di ricercare. Zaccheo sente il desiderio di andare oltre, di nonarrestarsi, di non accontentarsi del meno. Probabilmente tante volte avrà pensato alsignificato della vita, al suo perché, al suo come...

In una parola: era insoddisfatto. Non gli bastavano più discorsi fatti e ripetuti,scontati. I discorsi fatti dai “sapienti” farisei o dagli amici ricchi e potenti...

Ma non sa neppure lui cosa cercare e dove cercare... si accorge che non basta la solaintelligenza, l’esperienza, la cultura... perché egli sta cercando la vita!

E cerca di vedere Gesù. Vuole vedere Gesù. Di lui gli saranno giunte alle orecchieparole strane e inaspettate: beati i poveri... i miti... gli afflitti... gli affamati di giustizia...Parole per lui inconsuete. Ma forse proprio per questo affascinanti, nuove, diverse. Chisarà colui che afferma queste cose? E... se fosse proprio lui quello che cerco? Un dubbio(il valore di un dubbio!).

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Nonostante tutto egli non riesce a vedere Gesù.Esistono tra lui e Gesù delle barriere:- la folla- la sua piccola statura.Quella gente che lo ossequia, che lo teme, ora è un ostacolo al suo desiderio. Fino a

quel momento non si era accorto di quanto poteva essere un impaccio al suo cammino.Il suo desiderio rischia a causa di essa di restare inappagato.

Si rende conto che non gli è possibile vedere Gesù se non staccandosi dalla folla,correndo avanti, e cercando un appiglio su cui poter aggrapparsi per ovviare alla propriastatura carente, e un sicomoro fa proprio al suo caso.

Zaccheo dunque corre avanti, sale su un sicomoro. Gli impedimenti lo hannoreso ancor più determinato. C’è in gioco la sua vita. Non gli importa ora di offrirsial ridicolo, o di preoccuparsi di quello che ... avrebbero detto di lui.

Si rende conto che egli deve creare delle condizioni perché l’incontro avvenga. Enon bisogna perder tempo perché Gesù sta passando e chissà se capiterà ancoraun’occasione come questa! Zaccheo ha trovato un modo per rendere possibilel’incontro.

Ora non deve far altro: l’iniziativa non è più in mano sua. Egli ha fatto tutto ilnecessario.

Ed ecco Gesù alza lo sguardo verso di lui. E’ l’incontro tra il desiderio diZaccheo e quello di Gesù. Oggi devo fermarmi a casa tua.

Oggi: (semeron) indica il momento della salvezza, (kairòs) che è giunto ancheper lui pubblicano e peccatore.

Devo: (dèi mee meinai) indica la volontà di Dio, alla quale Gesù si adegua peradempiere l’opera per cui è stato mandato: che nulla vada perduto!

Fermarmi: (meìnai) questo “restare” che sta ad indicare il desiderio di unaamicizia, di una comunione e relazione personale.

A casa tua: ricevere il Cristo nella propria “casa”, o “entrare nel suo Regno” stasempre ad indicare lo stesso e unico mistero di una unione vicendevole.

Da questo incontro scaturisce per Zaccheo una vita nuova: in fretta scese el’accolse con gioia.

Fretta: è il kairòs, momento irripetibile, che non si deve lasciar sfuggire.Gioia: ha scoperto finalmente la realtà che può riempire la sua vita.Ha finalmente toccato con mano la salvezza: è entrata proprio in casa sua.

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Ormai non è più quello di prima. Come segno di conversione egli si impegna aridonare il quadruplo, egli sceglie dunque il di più. Non gli basta più accontentarsidel meno.

Gesù è divenuto il punto di riferimento della sua vita.

CONFRONTANDOMI

Il tempo che il Signore mi dona è una grande ricchezza di cui a volte non ne hocoscienza. Il tempo è il luogo della decisione e dell’incontro, è il tempo concessomi perla conversione.

Corro sempre il rischio di impostare la vita in modo errato, su falsi binari “morti”:Dove trovare la certezza della buona impostazione della mia vita?

Ho sperimentato momenti di vuoto, insoddisfazione, che forse mi hanno fatto paura?Ho scoperto in questo un mondo di sentimenti, di attese, possibilità che in qualche modomi oltrepassa? Perché mi accade questo? Che senso ha?

Ho preso coscienza che tante risposte che finora mi sono dato non sono piùsufficienti? Potrei forse essere tentato di arrestarmi, ormai deluso, e non cercare piùnulla, tanto... tutto è vanità

Ma se questa inquietudine rimane mi chiedo allora se, come Zaccheo, io debbaandare ancora oltre ciò che finora ho vissuto, visto, conosciuto, sperimentato, al fine dicomprendere di più, di conoscere il mistero di quell’uomo, di approfondire quella chepotrei definire la mia inquietudine.

Una cosa è sicura: se resto tra la folla e se pretendo di poter “vedere” con la piccolastatura che ancor oggi mi ritrovo, sono certo che non arriverò a nulla, sarò solotrascinato.

Voglio riuscire a vedere sempre più da vicino quell’uomo che ha detto di sé. Io sonola via, la verità e la vita. Voglio fare questo incontro.

C’è tutta una storia che mi testimonia come tante vite sono state trasformatedall’incontro con Gesù: che quest’incontro può essere decisivo, significativo, alternativoa tante vite vissute al di sotto delle loro possibilità.

Quest’incontro è però ostacolato da tante cose, come per Zaccheo...Un certo modo di gestire la mia vita segnato da cultura, moda, lettura della storia e

della realtà che ho assorbito dal mondo senza accorgermi...

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Mi riesce così difficile fare silenzio e chiarezza dentro di me: nel mio interno siagitano una marea di pensieri, desideri, bisogni, a volte così contrastanti...

C’è parecchia folla, ovvero confusione in me...E poi perché rischiare di cambiare? Perché rischiare di restare solo?

Correre avanti,salire su un sicomoro.Cosa significa questo per me in questo momento preciso?Non significa forse il sottrarmi al rischio che questo momento di grazia, questa

possibilità, passi inutilmente accanto a me?Devo correre avanti, appostarmi per rendere possibile l’incontro. Lui rispetta

moltissimo la mia libertà: se non vede il mio desiderio di incontrarlo passa oltre: nesoffrirebbe troppo ma passerebbe oltre, lasciandomi così come sono.

Un sicomoro. Uno strumento che fa’ proprio al caso e che mi ritrovo a portata dimano e raggiungere il mio scopo... innalzarmi per poterlo vedere...

Devo far di tutto per identificare il mio sicomoro: la natura? il silenzio? unamico? una Chiesa? la comunità? la preghiera? i sacramenti? o altro ancora...

Con una certezza però: che la mia determinazione sarà la via per questo incontro.

DI CONSEGUENZA

Il correre avanti e il salire sul sicomoro permettono a Zaccheo di mettersi insintonia con lo sguardo di Gesù. Questo era quello di cui Zaccheo aveva bisogno,perché c’era folla e perché era piccolo di statura.

1. Mi propongo di identificare con chiarezza la “folla” che crea confusionedentro di me e mi ostacola nell’incontro con Gesù che solo può far rinascere in mela vita.

2. Mi propongo di identificare il “sicomoro” di cui ho bisogno. E diincominciare ad organizzare un programma di vita perché la folla non mi risucchi etrascini lontano dal passaggio del Signore e il sicomoro sia realmente unostrumento al quale ricorrere con costanza perché al mio sguardo fisso su Gesùpossa corrispondere il suo invito a scendere e a entrare nella mia vita.

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2. L’Adultera: un incontro che rimette in cammino

Dal vangelo di Giovanni 8,1-111 Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. 2 Ma all'alba si recò di nuovo nel

tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. 3 Allora gliscribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, 4

gli dicono: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. 5 Ora Mosè,nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». 6

Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù,chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. 7 E siccome insistevano nell'interrogarlo,alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra controdi lei». 8 E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. 9 Ma quelli, udito ciò, se ne andaronouno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.

Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. 10 Alzatosi allora Gesù le disse:«Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». 11 Ed essa rispose: «Nessuno,Signore». E Gesù le disse: «Neanch'io ti condanno; va’ e d'ora in poi non peccare più».

Siamo a Gerusalemme, nel tempio. Gesù è ormai conosciuto. Sono molti quelli che loincontrano.

C’è anche una donna, che probabilmente non l’ha mai visto. O se l’ha vistocertamente non è stato per lei un incontro determinante. Non si era resa conto, alcontrario di Zaccheo, di quanto poteva essere importante. In lei non era maturato nessundesiderio.

Una donna che continuava a “cercare” ma su strade diverse, lontano dallo sguardo diGesù.

Questa donna vive una sua storia fatta di bisogni e di attese. Non gli basta quello cheha. Una storia forse che non ha neppure scelto né voluto. Una cosa comunque è certa:non ha trovato quello che cercava all’interno di un legame familiare e nell’intimità diuno sposo. Non è riuscita a saziare la sua sete di amore ricevuto e dato.

Ha sì cercato un incontro. Solo umano. Fatto di sotterfugi. Si accontenta. Si lasciacadere di una ricerca di soddisfazione che forse sa’ già si rivelerà un’altra voltadeludente. Un incontro che non cambierà la sua vita, non la colmerà nella sua sete diamore.

Ma accade l’imprevisto. è un fatto drammatico. Ancora una volta essa prendecoscienza di essere fatta solo strumento, e forse per l’ultima volta! Strumento di un

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uomo che ha approfittato di lei per poi abbandonarla senza cercare di difenderla...Strumento anche nelle mani di coloro che vogliono usarla per scopi che neppure leilontanamente immagina....

E’ vittima di una violenza, che le toglie l’intimità, l’identità, la dignità... Scoprel’amarezza e il disgusto per essersi accontentata degli uomini...

Questa donna incontra Gesù. Certamente un incontro drammatico. E’ sola, posta alcentro degli sguardi perfidi e perversi dei suoi accusatori: certi nei loro sotterfugimeschini di agire anche secondo la Legge di Dio (cf Dt 22,22ss). Sente i sassi batterenelle loro mani pronti per essere scagliati contro di lei. L’angoscia e la confusione laassalgono.

Gesù non si fa’ immediatamente incontrare da lei. E’ chino a terra a testa bassa.Annoiato. Amareggiato. Silenzioso. Sofferente. Alla fine dietro le loro insistenze, unosguardo, un sussulto di infinita tenerezza per questa donna. Deve liberarla dalla manodegli assassini.

Sente di doverla riconsegnare a se stessa.Non potrà avvenire un incontro con lui se non nella dignità, nella libertà, nel

desiderio di incontrarlo. Quella donna se avesse potuto sarebbe scappata ovunque.Certamente non avrebbe mai voluto trovarsi lì.

Con una frase terribile Gesù la isola, la libera. Si riabbassa a terra e scrive: i nomi deipeccatori sono scritti nella polvere (cf Gr 17,13). Tutti se ne vanno. Sono ormai soli,finalmente, lui e la donna. La donna lo guarda in modo interrogativo. “Relicti sunt duo,misera et misericordia” (Agostino)

Si rende conto di essere stata salvata da lui: ma perché? Si rasserena. Una domanda:Nessuno ti ha condannata? una domanda evasiva, scontata. Un ponte gettato tra Lui elei.

Finalmente vi può essere l’incontro che riconsegna la donna a se stessa rimettendolain cammino nella sua dignità.

Una sola parola: le dice di cercare ancora ma oltre ciò che aveva cercato fino a quelmomento. Un invito a non continuare a sbagliare il bersaglio nella sua ricerca di vita edi amore.

CONFRONTANDOMI

Non deve essere difficile il confrontarmi con questo incontro tra Gesù e l’adultera.

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Anche noi alle nostre domande rispondiamo guardandoci attorno per dare loro unsenso, nel desiderio di trovare un qualche cosa o qualcuno che le soddisfi.

Spesso queste risposte le ho cercate solo nell’umano.: nei miei sentimenti, nella miaintelligenza, nella cultura, nell’evasione, in qualche gruppo, in qualche persona, nel miosuccesso.

Quante volte ho trovato delusioni cocenti? Nessuna di queste risposte mi hariconsegnato veramente a me stesso nella pienezza della vita e di un cammino.

Forse mi sono reso conto qualche volta di essermi consegnato a qualcuno o qualcosae di essere stato usato come strumento.

Sorge in me la necessità di ancorare sempre più me stesso ai valori in cui credo e chedevono sorreggere la mia vita: quali sono (affettivamente e idealmente e liberamente)?.

Mi si prospetta la possibilità di un incontro che mi riapra il cammino in una maggiorelibertà. Ma questo incontro non può avvenire se continuo a lasciarmi condizionare,strumentalizzare da qualsiasivoglia cosa o persona o gruppo o un lato appariscente dime stesso... che mi trascina fuori di me.

Gli occhi di Gesù mi incontreranno per rimettermi continuamente in cammino soloquando mi coglieranno libero, autonomo, consapevole. Nei suoi occhi posso trovare lamia libertà, la mia autonomia, la mia capacità di accettarmi così come sono, senzatrovarmi costretto a vendermi per trovare me stesso.

DI CONSEGUENZA

1. E’ necessario che io faccia chiarezza dentro di me: che mi interroghi sulla miaautonomia, sulla mia libertà interiore. Questo per rendermi conto di chi sta decidendodella mia vita. Posso dire di appartenermi?

2. Come migliorare questo tipo di verifica soprattutto nei momenti di preghiera:sento di dover riprendere l’uso di onesti esami di coscienza, domandandomi quali realtàpermetto che si frappongano tra me e i valori per i quali ho deciso di vivere. (Consideroin quale misura la mia preghiera e la mia lectio diventano occasione di verifica concretadella mia vita)

3. L’accostarmi al sacramento della riconciliazione-penitenza come unappuntamento che Gesù mi offre per riconsegnarmi continuamente a me stesso erimettermi in cammino. (Cerco di considerare il mio rapporto con questo sacramento).

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3. IL GIOVANE RICCO: UN INCONTRO IMPOSTATO MALE

Dal Vangelo di Marco: 10,17-2217 Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi inginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare peravere la vita eterna?». 18 Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno èbuono, se non Dio solo. 19 Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, noncommettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare,onora il padre e la madre». 20 Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla miagiovinezza». 21 Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca:va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni eseguimi». 22 Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poichéaveva molti beni.

Si resta sorpresi e amareggiati al termine di questo brano evangelico. L’inizio sembravainfatti molto promettente... una corsa, un desiderio, un atteggiamento di umiltà, parolepiene di stima e, è il caso di dirlo, così... stranamente “azzeccate” e deferenti.Poi un breve dialogo. Il clima immediatamente si raffredda. Un velo di tristezza cala sututta la scena.Perché è successo? Perché molto probabilmente questo incontro è stato impostato male:ovvero, mancano alcune condizioni che sono essenziali.

Innanzitutto c’è una domanda: Che cosa devo fare? Sono io che faccio la domanda e mipongo al centro. In qualche modo voglio essere io il protagonista di ciò che staavvenendo. Sono io che cerco di collocare Gesù all’interno della mia esperienza, deimiei desideri e delle mie aspettative...Gesù rispetta la libertà di questo giovane ricco, accetta ovvero la sua logica. Cerca inogni modo di mettersi in sintonia con lui: in effetti nessuna situazione gli rendeimpossibile di farsi compagno di viaggio.Di fronte alla domanda Gesù rimanda il giovane a ciò che ha già sperimentato e che gliappartiene: l’osservanza dei comandamenti.La risposta è istantanea: è ciò che ha sempre fatto! Ma allora sono queste cose chedanno la vita eterna? Sono questi i valori essenziali che darebbero senso alla vita? Nesei così sicuro? Attenzione: Sono io che faccio le domande, con un senso di sufficienzache mi fa’ sorprendere della risposta così “semplicistica” di Gesù...

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Ora tocca a Gesù rispondere. Una risposta che è avvolta dall’amore: lo fissa, lo fa’sentire al centro della sua attenzione (emblépsas: guardare dentro). Vuole porre lapremessa per andare oltre: questa premessa è l’amore (egàpesen).Ora è lui a prendere l’iniziativa trasformando radicalmente la scena: lo invitachiaramente alla sequela, al possesso unico del regno, lasciando ormai dietro di sé ciòche era solo premessa ad una pienezza di vita.Ecco se vuole veramente ciò che chiede non gli resta che lasciare tutto e seguire Gesù,fidandosi di lui. Dare in elemosina fidando che avrebbe trovato un tesoro in cielo (Lc12,33-34).Il giovane rimane sorpreso, sconcertato. Non è troppo? Non aveva nessuna intenzione difare un salto del genere. Credeva che il discorso si fermasse soltanto alla sua esperienza.Perché deve rinunciare a tutto? Non è proprio possibile trovare un accordo, uncompromesso che permetta di avere tutto senza lasciare niente? In fin dei conti ciò cheGesù sta domandando non è paradossale: la ricchezza non è forse segno dellabenedizione di Dio?

L’abbraccio di Gesù è troppo stretto. E’ troppo esigente. E il giovane si divincola: èarrivato alla soglia di una nuova tappa della sua vita ma non ha il coraggio di varcarla.Non si fida.Se ne va afflitto, rattristato (lett. “corrugando la fronte”). In fondo non gli può bastarequella religiosità che già possiede? Ma poi probabilmente abbandonerà anche questareligiosità, oppure farà di tutto per coniugarla con il suo stile di vita, ponendola tra letante cose che già possiede.Ma in fondo, resterà per sempre triste.

CONFRONTANDOMI

Che il mio incontro con Gesù nasca dalle mie domande, dal mio desiderio di dare unsenso pieno alla mia vita non è affatto negativo. Ma non è abbastanza decisivo.Conduce infatti fino alla soglia, in cui avverto lo sguardo di Gesù e il suo invito chericonosce la bontà del cammino che si è fatto per arrivare a lui.

Ma cosa occorre perché l’incontro si attui in pienezza? Occorre cambiare prospettiva.Ovvero devo lasciare l’iniziativa a Gesù.Il salto di qualità avviene quando si supera la voglia di protagonismo e di quel senso disufficienza che finora mi ha permesso di andare a Lui, ma che da solo non mi permettedi andare con lui. Dopo che l’ho dichiarato ”maestro”, “buono” bisogna che mi lascifissare da lui, lasciarmi amare da lui.

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La mia vita non può essere solo domanda, essa deve trasformarsi in risposta .

D’altra parte: a me appartiene il passato e il presente. Se sono sempre io ad impostare ildialogo partendo da ciò che desidero, sento, ritengo giusto finirò sempre e solo pergirare su me stesso, aggrovigliandomi sempre maggiormente nella ricerca di risposte osoluzioni che non potranno mai venire da me stesso.Devo con ciò avere il coraggio di affidare il mio futuro alle mani di Dio. Lasciarmiprendere per mano da Gesù senza rimpianti e senza farmi trattenere da tutti i legami chemi vorrebbero trattenere.. . questo mi permette di aprirmi alla novità del futuro.

Si tratta di divenire disponibile a lasciarmi fare, tirare fuori da me stesso, plasmare,rispondendo con docilità all’azione generatrice e piena di amore di Gesù è ciò che, daparte mia, può aprirmi all’esperienza concreta della sequela.E’ importante che mi chieda se esiste in me questa disponibilità. Se il mio modo divivere l’esperienza religiosa si sta trasformando in autentica esperienza di speranza eabbandono...

DI CONSEGUENZA

1. E’ necessario che io approfondisca sempre più il senso della sequela di Cristo.2. L’invito di Gesù a seguirlo: che cosa significa per me concretamente? Comediventa programma di vita? In che cosa quotidianamente esso prende forma econsistenza?3. Voglio approfondire che cosa ancora mi può trattenere dal pormi completamentenelle mani di Dio: quali sono le ricchezze che mi legano?

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4: NICODEMO: UN INCONTRO CHE NON DECOLLA

Dal vangelo di Giovanni: 3,1-211 C'era tra i farisei un uomo chiamato Nicodèmo, un capo dei Giudei. 2 Egli andòda Gesù, di notte, e gli disse: «Rabbì, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio;nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui». 3 Gli rispose Gesù:«In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno diDio». 4 Gli disse Nicodèmo: «Come può un uomo nascere quando è vecchio? Puòforse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». 5 Glirispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito,non può entrare nel regno di Dio. 6 Quel che è nato dalla carne è carne e quel cheè nato dallo Spirito è Spirito. 7 Non ti meravigliare se t'ho detto: dovete rinasceredall'alto. 8 Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene edove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito». 9 Replicò Nicodèmo: «Come puòaccadere questo?». 10 Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro in Israele e non sai questecose? 11 In verità, in verità ti dico, noi parliamo di quel che sappiamo etestimoniamo quel che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostratestimonianza. 12 Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederetese vi parlerò di cose del cielo? 13 Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché ilFiglio dell'uomo che è disceso dal cielo. 14 E come Mosè innalzò il serpente neldeserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, 15 perché chiunque credein lui abbia la vita eterna». 16 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perchéchiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. 17 Dio non ha mandato ilFiglio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo dilui. 18 Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato,perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. 19 E il giudizio èquesto: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre allaluce, perché le loro opere erano malvagie. 20 Chiunque infatti fa il male, odia laluce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. 21 Ma chi opera laverità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fattein Dio.

L’incontro con Nicodemo ha molti aspetti che ricordano l’incontro con il giovane ricco.Anche qui l’iniziativa parte da Nicodemo desideroso di interrogare Gesù, per capire,comprendere di più.Nicodemo è un fariseo, uno dei capi, uno stretto osservante della Legge. Probabilmenteun membro del sinedrio. Dunque un “maestro d’Israele”. Egli è colpito non tanto

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dall’insegnamento di Gesù, quanto dai “segni” che gli compie che lo spingono a porsidegli interrogativi su Gesù, che lo discostano dalla linea ufficiale adottata da quella delsuo partito fatta di rifiuto e di ostruzionismo. Come tutti gli altri è sicuramentecondizionato da una concezione terrena e politica del Messia.

Egli va da Gesù di notte. Un particolare che rivela molto dell’atteggiamento, delcarattere e delle preoccupazioni di Nicodemo.Noi sappiamo come Giovanni usa molto la simbologia del contrasto: luce-tenebre,giorno-notte, spirito-carne... per sottolineare alcuni elementi non solo psicologici maanche spirituali. Ad es. Giuda quando decide di tradire di Gesù esce dal cenacolo: “Edera notte”. Anche nel prologo al suo vangelo troviamo espressamente la lotta tra letenebre e la luce che è da esse rifiutata. Vi potrebbe essere tuttavia un rimando al fattoche la notte era considerata dai rabbini il tempo più opportuno per dedicarsi allo studiodella Thoràh.

In fin dei conti si vuole dire che Nicodemo non ha fatto ancora nessuna scelta. Non si èposto dinanzi ad un’alternativa. Egli vuole anzitutto capire. Vuole vedere se è possibileconciliare un dialogo con Gesù pur non compromettendosi e sbilanciandosipubblicamente. Non si mai...: “Rabbi, sappiamo che...”. ben diverso fu l’atteggiamentodi Zaccheo.Nicodemo è ancora troppo preoccupato di sé, è soprattutto attento alle sue domande:vuole avere prima delle certezze. Si avvicina sì, ma di notte...

In un certo senso Gesù lo aggredisce. Gesù comprende che il dialogo con Nicodemo èpossibile solo nella misura in cui egli si lascerà scalfire le sue certezze teologiche.Ancora una volta Gesù non rifiuta un incontro ambiguo: è venuto per tutti perché tuttisiano salvi.Usa gli stessi strumenti di Nicodemo: lo invita a guardare, a vedere: se non riesce avedere in quello che dice e fa la “diversità” con quella ha visto e sentito dai profeti chelo hanno preceduto non c’è niente da fare. Occorre rinascere: questa è la condizione perentrare nel Regno che egli sta aspettando. E questa nuova nascita avviene solo nella fedein lui: “chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio” (1 Gv 5,1).

Gesù vuole aprirgli lo sguardo su una realtà nuova, a lui che è immerso talmente neiproblemi teologici da divenire incapace di scoprire il regno nella vita che gli sta intorno.La vita non si identifica con l’osservanza delle leggi, che per l’ebreo potevano rigenerarel’uomo, ma con la Sapienza divina che scruta in profondità la “verità” di ogni cosa.Occorre lo Spirito che è vita e che apre a risposte nuove, sconosciute, imprevedibili: lapienezza consiste nel vivere non solo come Dio vuole ma nel vivere la stessa vita di Dio.

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Nicodemo viene strappato alle sue sicurezze farisaiche per essere rimandatoall’esperienza dell’Esodo: la rinascita nello Spirito scaturisce dal costato di Cristoinnalzato sulla croce. Gesù gli domanda di lasciare le tenebre e di “venire alla luce” (v21).

Ma il dialogo non decolla: “Come può accadere ciò?”. Che risonanza avranno avuto inlui le parole di Gesù?Ritroveremo Nicodemo al momento della sepoltura di Gesù, accanto a Giusepped’Arimatea. Lo immaginiamo turbato, ancora perplesso. Non riesce a fare il passo: nonsarà né discepolo né apostolo.Gesù non ha insistito. Ha rispettato, con il pianto nel cuore, la sua libertà.Nicodemo è tornato a cercare, lui “maestro”, altrove: probabilmente ancora nelle leggiche sono precetti di uomini.

CONFRONTANDOMI

Sono messo dinanzi ad una verità: la realizzazione della mia vita non dipende anzituttodai miei sforzi ma dalla mia docilità all’ascolto della Parola viva che mi trasforma.Si tratta di fare lo sforzo per rendersi disponibili all’azione rigenerante dello Spirito diGesù.

Gesù mi sta chiedendo, e in un certo senso costringendo, ad andare con la mia fede aduna profondità ancora più grande, che va al di là delle mie possibilità. A nonaccontentarmi del già visto, sentito, vissuto: egli mi vuole aprire alla novità: “Ecco iofaccio nuove tutte le cose”. E’ la vita stessa che nel suo evolversi mi chiede questadocilità e apertura in avanti: in fin dei conti essa si spiega solo con una chiamata; e soloin una mia risposta di adesione totale essa può svolgersi, svilupparsi in tutta la suapienezza. Io sarò quello che Dio mi farà se mi lascerò fare da lui. E solo così vivrò almassimo tutte le mie potenzialità e possibilità: ciò significa accogliere l’invito a“rinascere” continuamente e nuovamente e dall’alto.In altre parole si tratta di percorrere una strada che mi consenta di piegare me stesso,tutto ciò che in me di intelligenza, affettività, volontà, si oppone alla novità di Dio.

Se avviene ciò si apre dinanzi a me una spazio straordinario: l’apertura alla verità di Dioe alla sua vita che riempie di senso e mi apre al dono.Come non pregare il salmo 138: Signore tu mi scruti e mi conosci...”?.

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L’episodio di Nicodemo mi fa comprendere come sia solo Dio colui che fa rinascere ecrescere con il dono dello Spirito donatomi dal Figlio.

DI CONSEGUENZA

Mi pongo dinanzi allo Spirito che mi abita e nel quale sono stato rigenerato. Lo Spiritodi vita che mi apre alla sorgente del vero, del buono e del bello.

1. Essere docili alla sua azione: lasciare che il vasaio crei un’opera d’arte dalla cretacon le sue mani: cosa comporta questa docilità, dove si concretizza?

2: Lo Spirito è novità di vita: guardo al mio vissuto. Posso dire di essere aperto aquesta novità. Capace di accogliere ciò che mi viene offerto come dono di Dio per lamia crescita anche se questo comporta un distacco e un cambiamento.

3. Prendere coscienza del dono dello Spirito fattomi nel battesimo, nellaconfermazione, (nell’ordinazione). Come ricomprendere la mia iniziazione cristiana?Quali strumenti utilizzare per giungere a questo scopo?

5. Vivere un’etica battesimale: cosa comporta? Provo a dare una definizione e una seriedi caratteristiche in ordine di importanza.

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RIASSUMENDO

PARTE PRIMA: 1-4

Il mistero profondo del mio essere e della mia vocazione va oltre il mio esistere.

Questa certezza appare ancor più evidente quando nel mio esistere avverto una certainquietudine, un velo di insoddisfazione, una mancanza di qualcosa che non riesco adefinire... In questi momenti posso aprirmi alla considerazione che la verità di me stessomi trascendo, non la possiedo io, non ne ho la pienezza, che questa verità in qualchemodo sia altro da me... Ma dove precisamente?

Chi mi dirà qual è il mio nome profondo, da dove vengo, dove sto andando, chesenso ha ciò che sto vivendo? Quale sia il centro di gravitazione della mia vita? Ilcardine su cui impostare questa esistenza che mi sono trovato tra le mani?

Nel passato forse ho tentato di dare diverse risposte: la scienza, la psicologia, lapolitica, la letteratura, la filosofia... Ma ho avvertito il loro limite: non possono offrirmiquella verità ultima su di me che mi apre al futuro. Esse tuttalpiù mi hanno offerto delleipotesi.

Anche nel cammino vocazionale intrapreso sembra talvolta o forse spesso uncammino che sa’ di stantio, di gesti e parole ormai ripetute meccanicamente. Ha persoprofondità. Un cammino certo intrapreso con entusiasmo, con la certezza di averintravisto qualcuno o qualcosa per cui valeva la spesa impegnare la vita. Ma poi...l’entusiasmo è passato, la vita si è presentata nella sua noiosa banalità, si è cessato forseanche di cercare. Avverto in me ancora il desiderio di un incontro vero, autentico, realecon il Signore? Oppure ormai mi sono ripiegato, allontanato, smaliziato, arrabbiato,annoiato?

Sento continuamente ripetermi: “Io sono la via, io sono la verità, io sono la vita”.Non “io sono una..via, una..” il che mi potrebbe far dire: “Mal che vada...”

No. Riconosco che questo è un incontro decisivo, importante.

Certo posso aver fatto finora dei tentativi maldestri: dettati dal bisogno (Zaccheo),dalla situazione (L’adultera), dal desiderio di apparire (il giovane ricco); dal bisogno diricevere conferme (Nicodemo)... Purtuttavia che devo riconoscere c’è stata unachiamata, e non posso far finta di niente.

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Questo incontro ha dato inizio ad un cammino di sequela... più o meno riuscito,considerato definitivo e decisivo...

Ma ancora mi trovo a gridare senza paura la mia cecità, la mia impotenza. La miaincapacità di realizzare un autentico incontro con Lui.

E allora mi avvicino a Gesù senza arroganza, sufficienza o pretese...Riconosco la mia situazione di peccato, fragilità, superficialità, paura... tutte realtà

che sono da Lui capite, accolte, perdonate...

Griderò e piangerò sino a quando non mi saranno date le condizioni per un incontroche divenga decisivo, trasformante, reale, pieno...

(E’ ciò che rifletteremo in questa seconda parte, in cui incontreremo in una dinamicacrescente: il cieco di Gerico, la peccatrice, Maria di betania, Giovanni battista).

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5. BARTIMEO: MA EGLI GRIDAVA PIU' FORTE

Dal Vangelo di Marco: 10,46-5246 E giunsero a Gerico. E mentre partiva da Gerico insieme ai discepoli ea molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada amendicare. 47 Costui, al sentire che c'era Gesù Nazareno, cominciò agridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». 48 Molti losgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: «Figlio di Davide,abbi pietà di me!». 49 Allora Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». E chiamarono il ciecodicendogli: «Coraggio! Alzati, ti chiama!». 50 Egli, gettato via ilmantello, balzò in piedi e venne da Gesù. 51 Allora Gesù gli disse: «Chevuoi che io ti faccia?». E il cieco a lui: «Rabbunì, che io riabbia lavista!». 52 E Gesù gli disse: «Và, la tua fede ti ha salvato». E subitoriacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.

Bartimeo non poteva correre, né poteva salire su un sicomoro... ma non per questoegli è escluso da un incontro decisivo, proprio a Gerico la città di Zaccheo.

Umanamente Bartimeo è un fallito. Ha abbandonato ogni illusione... La vita nongli ha riservato granché, anzi in un certo senso lo ha tradito riducendolo all’impotenza,rispetto a quei valori che tutti ritengono indispensabili per vivere un’esistenza terrena.Egli non possiede né potere, né denaro. E’ nessuno... un povero “barbone” e per giuntacieco.E’ costretto a mendicare la sua stessa sopravvivenza. Dipende da tutti.

Purtuttavia in Bartimeo c’è una luce. Egli ha conservato una gran voglia di vivere.La disavventura non lo ha ripiegato su di sé... nonostante nessuno possa dargli quellavista con cui potersi muovere nella luce e nella libertà.

Seduto sul marciapiede della strada principale sente i discorsi della gente. Hasentito parlare anche di Gesù e dei suoi miracoli... Egli si sente animato da un grandecoraggio, vuole gridargli con tutto il suo fiato la sua cecità. Gesù sta infatti lasciandoGerico diretto verso la città santa della sua passione.

Non si nasconde, non rinuncia di gridare ripiegandosi su di sé, né si lascia zittiredalla rassegnazione... Grida...”Figlio di Davide”: un titolo messianico col quale

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Bartimeo vuole riconoscere in Gesù l’atteso che può donargli la luce. “Rabbunì”: miosignore, “Abbi pietà di me”: domanda attenzione, compassione, solidarietà.Interiormente anche lui fissa lo sguardo su Gesù.

Ed ecco di nuovo una folla. Terribile nella sua ondata fanatica. Cercano di farlotacere. Quella folla cerca di frapporsi tra il suo grido e Gesù...Non disturbare... Accontentati della tua elemosina... Rassegnati e non darci fastidio...

Bartimeo non si lascia intimidire né scoraggiare. Anzi grida più forte ancora lestesse parole. Non sente il bisogno di aggiungerne altre... Gesù sentirà pure il suo gridodi bisogno rivolto a lui... il suo grido giunge al Signore (cfr i salmi). Gesù lo ha sentito.Finalmente...

Ora si instaura una sottile complicità tra lui e la stessa folla. Ad alcuni Gesù dicedi chiamarlo, di farlo avvicinare, di sorreggere la sua fatica nell’avvicinarsi: “Coraggio -gli dicono - alzati ti chiama!”. devono averglielo detto con una certe qual premura se luiaddirittura “lascia il mantello” per correre da Gesù...All’interno di quella folla si delinea un gruppo diverso, una comunità nuova, che si offrecome mediazione tra Bartimeo e Gesù... E’ la Chiesa nascente che appare già nella suamissione?

Il miracolo avviene. La fiducia di Bartimeo è stata premiata. Egli è ridato alla vitapiena. Gli si apre la prospettiva della sequela: Bartimeo non lascerà più la luce ritrovata.Ormai sente che l’unica cosa importante è seguire Gesù, diventare suo discepolo: loseguiva Una sequela che va verso il Calvario.

CONFRONTANDOMI

Come Bartimeo devo prendere consapevolezza della mia cecità. Esiste una mia cecitàcongenita, acquisita. Essa è determinata dai miei limiti di creatura, destinata al Creatorema incapace di arrivarci da sola. Una cecità data da una precisa cultura, da una serie diabitudini, dall’educazione ricevuta.Dipendo da tante persone e da tante cose. E faccio l’esperienza del mendicare: mendicoaffetto, comprensione, amicizia, riconoscenza... mendico consigli, compagnia,giustizia... Ma, mi accorgo, non è mai abbastanza...

Cerco una mia capacità di vedere, con una luce che sia mia: voglio discernere, scegliere,essere verità a me stesso... Sì voglio stare in compagnia degli altri, ma non certamentedietro agli altri (magari vorrei stare davanti!)...

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Voglio essere me stesso. Non vorrei assomigliare a chi mi ha preceduto mendicandoesperienza, saggezza, consigli. Vorrei andare subito alla sorgente.Da tempo qualcuno mi sta dicendo: Alzati ti chiama! E magari qualche volta ha dovutoaggiungere: Coraggio!Mi domando cosa voglia dire per me “gettare via il mantello”. Forse il lasciar perdere,l’abbandonare tutti quei puntelli di una vita passata nella cecità.. se non altro essi finorami hanno riparato dal freddo e dalla nudità, trovando in essi un po’ di calore etranquillità...

Che cosa significherà per me la prontezza nell’alzarmi da una posizione di abbandono erassegnazione al bordo della strada?

Grido al Signore il bisogno di vedere. Ma sarà una fiducia e un’attesa coraggiosa,solitaria quella che metterà il Signore nella condizione di ridonarmi la luce e dimantenermi nella sua luce.Non si diventa tali se non si vivono questi passaggi, non si segue Gesù accettando il suomodo di vedere innestato nei nostri cuori...Lampada ai miei passi è la tua parola...

DI CONSEGUENZA

Diventa indispensabile un programma di vita che scaturisca dalla sequela di Gesù. Nondevo permettere che nessuno e nulla possa frapporsi tra me e Gesù.

1. E’ con Gesù che voglio impostare gli orizzonti e gli argini della mia vita. Per arrivarea ciò con la guida spirituale, con l’aiuto della regola e della comunità desideroapprofondire i contenuti della mia sequela. Il cammino di fede mio e della comunità èchiamato a divenire autentico cammino di vita portando la Luce della Parola all’internodi tutta la riflessione sull’uomo, sulla società, sulla Chiesa.

2 In particolare ritengo importante le varie mediazioni come una fedeltà alla regola e almagistero: anzitutto la conoscenza con i documenti più importanti. Più attenzione ancheal magistero dei superiori diretti o maggiori: è in questa obbedienza che il Signore mi dàun appuntamento decisivo per cambiare la mia vita. Di che tipo è il mio assenso eobbedienza a queste mediazioni che lo Spirito mi offre per incontrarmi con il Signore ?

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6. LA PECCATRICE: LACRIME E PROFUMO...

Dal Vangelo di Luca: 7,36-5036 Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e simise a tavola. 37 Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, saputo che sitrovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato; 38 efermatasi dietro si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli dilacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olioprofumato. 39 A quella vista il fariseo che l'aveva invitato pensò tra sé. «Se costui fosse unprofeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice».40 Gesù allora gli disse: «Simone, ho una cosa da dirti». Ed egli: «Maestro, dìpure». 41 «Un creditore aveva due debitori: l'uno gli doveva cinquecento denari,l'altro cinquanta. 42 Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due.Chi dunque di loro lo amerà di più?». 43 Simone rispose: «Suppongo quello a cui hacondonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». 44 E volgendosi verso ladonna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu nonm'hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li haasciugati con i suoi capelli. 45 Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quandosono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. 46 Tu non mi hai cosparso il capo diolio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. 47 Per questo ti dico: lesono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui siperdona poco, ama poco». 48 Poi disse a lei: «Ti sono perdonati i tuoi peccati». 49

Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è quest'uomo che perdonaanche i peccati?». 50 Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ inpace!».

Questo incontro ha come protagonista una donna: una peccatrice. Ci viene presentatacon dettagli caratteristici: lacrime, capelli, baci, profumi...Gesù sa e conosce, accoglie. Non si sente a disagio.

Colpisce quel pianto, quelle lacrime. Si tratta di un’esperienza caratteristica edimportante disseminata in tutto il vangelo: il pianto amaro di Pietro la notte dellapassione, il pianto della vedova che vede morire il suo unico figlio, il pianto di Gesù suGerusalemme, il pianto di Marta e il pianto di Gesù davanti alla tomba di Lazzaro...Nel discorso della montagna Gesù annunzia: Beati coloro che piangono... s. Paolo esortai cristiani: Piangete con quelli che sono nel pianto...

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Quando si parla di pianto si parla di quel mondo misterioso che sono le nostre emozionipiù profonde. Anche la gioia più profonda si esprime nel pianto! Il pianto sgorga da unaforte provocazione esterna che scuote, modifica, provoca profondamente.

E’ Gesù che provoca le lacrime di quella peccatrice. Ciò che era dalla donna vissuto“senza pianto” ora diventa una dolorosa coscienza di peccato. La sua abitudine a vivereuna vita dissoluta, al di sotto delle possibilità offerte dall’amore ora è scossa eprovocata... alla donna si apre improvvisamente la possibilità di un nuovo modo divivere...Le sue lacrime esprimono, senza vergogna, la sua riconoscenza verso Gesù. Per la suaparola che gli ha aperto nuove prospettive di vita.

E’ Gesù che rivela la donna a se stessa. Le lacrime parlano di una resa, di una presa dicoscienza. La donna ora può vedere realmente la strada imboccata dalla sua vita.Gesù ha colto in lei un travaglio più profondo di quanto essa stessa potesse sospettare.

Ella è ai piedi di Gesù. Si sente compresa e perdonata. Ella è finalmente “beata”...testimonia la gioia delle beatitudini. E’ il pianto che si apre alla speranza. La certezzache domani non sarà lo stesso giorno di ieri. Tra quel passato e un futuro nuovo ci sonoquei piedi. Piedi del Verbo venuto incontro all’umanità per portare una parola disalvezza. “Come sono belli i piedi di chi reca buoni annunzi... piedi che annunziano lapace...” (Is).

Ben diverso l’atteggiamento duro, incapace di cogliere il mistero del profondosentimento della donna, del fariseo Simone. La sua mente è attraversata da pensierimaligni e verso Gesù e verso la donna. Egli è scandalizzato dalla misericordia di Gesù.Gesù ripercorre ogni gesto della donna interpretandolo nella sua profondità: sono gestiche rivelano un grande amore.

La donna ha amato e ama la vita. La sua dignità. Non ha mai smesso di amare anchequando si è consegnata a storie senza amore... ora ha trovato finalmente un perché, unaragione, un futuro al suo bisogno di amore e di vita...

Dal suo passato porta sì ancora quei lunghi capelli, quella bocca e quel profumo chefaceva parte del mestiere... Ma ora che quelle lacrime hanno inaugurato. Mette tutta sestessa e ciò che ha in un servizio nuovo.

Su di sé sente quelle parola di liberazione e di pace. Parola che troncano un passato: “Tisono rimessi i tuoi peccati”. Gli si apre una storia nuova.

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CONFRONTANDOMI

Il pianto rivela la nostra vulnerabilità di fronte a ciò che avviene fuori di noi e in noi.Il pianto di questa donna dice il suo essere “segnata” dall’amore... la donna che èaccoglienza, dono, attenzione piange spesso perché è più disposta a lasciarsi coinvolgereda ciò che accade nella vita.Ma il pianto può essere anche sterile. Segno di impotenza, scoraggiamento ripiegamentonon appartenente all’ordine dell’amore. Il pianto, quello vero, scaturisce sempredall’amore.

Questa donna desidera incontrare Gesù, e trova in Gesù colui che la accoglie. Ella puòfinalmente apparire quella che è, senza vergogna o rispetto umano: il suo pianto è dolcee amaro nello stesso tempo.

L’incontro con Gesù mi costringe a misurarmi con la sua verità perché io possamisurarmi con la mia e possa così fermarmi, valutare, discernere...Mi costringe a domandarmi quale vita e quale amore sta nascendo dalla mia fede... qualecoerenza nella mia sequela...

Se Gesù è di casa nella mia casa e io divento familiare del suo cammino vengo invitatoad imparare l’arte della verifica: egli mi offre continuamente l’occasione per crescereumanamente e spiritualmente.Dovrei imparare a accostarmi con grande umiltà a quei suoi piedi trafitti dai chiodi delmio peccato e del suo amore, a versare abbondanti lacrime capaci di scavare quel vuotoin me capace di essere riempito dalla presenza della grazia.So che Gesù considera un dono le mie lacrime perché esse sono frutto di una nuovaconsapevolezza circa la mia storia fatta così spesso di inadeguatezza, incoerenza,frammentarietà...Questo dai miei occhi sgorgano lacrime significa che sto cominciando ad amare.

DI CONSEGUENZA

* Il sacramento della riconciliazione-penitenza: è appuntamento prezioso e gioioso diincontro con Gesù.Esso mi dona una certezza basilare: Gesù è in comunione con me, sta dalla mia parte.Egli continuamente mi prende per mano quando mi fermo, devio o mi volto indietro...E’ il momento in cui scopro l’amore fedele di Dio capace di aprirmi dinanzi semprenuovi orizzonti.

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7. MARIA DI BETANIA: SEDUTA AI PIEDI DI GESÙ

Dal Vangelo di Luca: 10, 38-4238 Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, loaccolse nella sua casa. 39 Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale,sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; 40 Marta invece era tutta presadai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: «Signore, non ti curi che miasorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». 41 Ma Gesù lerispose: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, 42 ma una sola èla cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le saràtolta».

Questa volta ai piedi di Gesù c’è un’altra donna, ma senza lacrime né profumo... Anchela casa è diversa. Gesù lì vi è accolto come ospite e amico graditissimo, circondato diogni affetto e attenzione.

E’ Marta che fa gli onori di casa verso Lui e i suoi discepoli; la sorella, Maria, siaccomoda con calma, con cura ai suoi piedi. Il suoi occhi sono rivolti a Gesù, non sonorivolti a terra pieni di lacrime: il suo sguardo è aperto, attento, gioioso.A Maria è sufficiente stare ai piedi del suo Maestro: Guarda il suo Gesù e lo ama. Pendedalle sue labbra: non si lascia sfuggire una sola parola. Per lei non c’è nulla di meglio dafare!Non c’è nulla e nessuno che si frappone tra lei e Gesù...

All’improvviso la voce di sua sorella: certamente amata e rispettata. Marta sta svolgendoun servizio: ha scelto un altro modo di amare Gesù. E Gesù non l’ha disprezzata. Ungiorno risponderà alle parole di Marta con la resurrezione di Lazzaro.Certamente Gesù ama anche Marta e il suo modo di prendersi cura di lui, della suaattenzione alla sua umanità di Redentore.Maria è bruscamente distratta e richiamata da parole umane, certo vere e sincere: “Dilleche mi aiuti”.

La situazione è delicata. Non bisogna disorientare Marta: non bisogna dirle che stasbagliando. Non è vero! Ma il primo servizio è quello di Maria: un servizio che stafacendo anche alla sorella indaffarata: ella porta in quella casa la capacità intensastraordinaria e gioiosa di incontro e ascolto della Parola di Vita.

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“Marta, Marta...”: è un’espressione dolce, detta col sorriso, da parte di Gesù... Unaparola che ne significava cento altre. “Non devi agitarti per le cose, tra le cose, non deviperdere te stessa... Quello che sta facendo Maria è il primo dono che porta nella tuacasa... Ella apre la porta all’ascolto, alla luce, alla Parola...“Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori...

La disponibilità al servizio nella tua casa non può prescindere dall’essere innanzituttocomunione con Gesù, nel lasciarti amare: Maria ha scelto la parte migliore e non saràGesù a togliergliela.

Però, ora Maria: aiuta Marta!.. Va beh! Se lo dici tu...

CONFRONTANDOMI

La sequela di Gesù è innanzitutto una vita di ascolto e di preghiera.Seguimi! Dove, come, quando? Anzitutto mettendoti ai piedi di Gesù maestro.Ascoltando desideroso la sua parola, cosa ha da dirti. E’ da Gesù che ricevi via, verità evita per la tua sequela.

Gesù non mi sta chiedendo se non di lasciarmi amare da lui.

Allora che cos’è la preghiera: quale posto deve avere nella mia vita? La tua preghiera èil tuo tempo dato a Dio, necessario a Dio per farmi suo.Una preghiera fatta anzitutto di silenzio e di ascolto. Creando uno spazio vuoto dentro dime affinché la sua parola possa risuonare in me liberamente.

Ciò richiede impegno, esercizio, perseveranza e non certo improvvisazione.

Nessuno forse mi ha insegnato il silenzio. Tanti mi hanno insegnato solo parole eparole... Devo far mia l’arte di saper ascoltare, accogliere, comprendere. Forse nellastessa comunità cristiani ci si educa al “dire”, al “fare”, al “sentire”, al “pensare”...

Che dire poi di quel frastuono e continuo rumore che caratterizza questa nostra cultura,questo tempo, il mio tempo, la mia vita quotidiana. Forse ho paura del silenzio...

Si tratta di vivere la vocazione alla sequela del Signore con uno stile contemplativo. lostile di Maria di Betania.

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Il mio pregare deve divenire traduzione del mio voler essere del Signore, del voleressere “nelle cose del Padre”. Nessuno mi dovrà distrarre.

Certo si tratterà di dare una mano anche a Marta: ma quando sarà Gesù a chiedermelo.

DI CONSEGUENZA

La mia vita ha come scopo il divenire esclusiva proprietà di Dio.

1.Analizzo il mio ritmo e stile di preghiera: quali gli aspetti positivi e negativi?E’ momento privilegiato di ascolto?- a cosa mi sento invitato?

* cosa devo lasciare o modificare* cosa devo invece privilegiare o scegliere

2.Faccio sì che la mia comunità sia anzitutto una comunità di ascolto e preghiera.Come?

3.Quale il ruolo dell’eucaristia? Diviene momento privilegiato di incontro con ilSignore?

momento di ascolto e rispostamomento di intensa comunione tra me e il Signorespinta alla carità concreta?

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8. GIOVANNI BATTISTA: SI’ ANCHE Più DI UN PROFETA

Dal Vangelo di Luca: 1,41-4441 Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nelgrembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo 42 ed esclamò a gran voce:«Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43 A che debboche la madre del mio Signore venga a me? 44 Ecco, appena la voce del tuosaluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel miogrembo...».

Dal Vangelo di Matteo: 11,7-117 Mentre questi se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle:«Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? 8

Che cosa dunque siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti?Coloro che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re! 9 E allora, checosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, anche più di un profeta. 10

Egli è colui, del quale sta scritto: Ecco, io mando davanti a te il miomessaggero che preparerà la tua via davanti a te”. 11 In verità vi dico: tra inati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia ilpiù piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.

Se da lato la sequela esige uno stile di vita contemplativo, dall’altro essa richiede lo stiledeciso e sicuro della coerenza morale di cui Giovanni Battista può essere benissimol’emblema.Perché si attui la testimonianza autentica, la sequela ha bisogno di una dupliceesperienza:1.l’ascolto2.la conversione (la tensione ad una conformazione sempre più piena alla parolaascoltata).

Per Giovanni l’incontro con Gesù è avvenuto prima ancora di poterne comprendere tuttala portata. C’è un sussulto, un sobbalzo di gioia: non c’è né cecità, né lacrime, nésguardi, né parole. C’è una sintonia, una immedesimazione, un’adesione viscerale, unaintuizione...

Per Giovanni si viene a creare un incredibile senso di appartenenza: egli viene al mondoper il Messia. La sua esistenza è tesa a Colui che deve venire. La sua consapevolezza

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vocazionale avvolge la sua vita sin dall’inizio. Egli inizia la sua missione fin dal senomaterno.

Egli vivrà di quest’attesa nostalgica fino al momento del battesimo di Gesù al Giordano.Allora tutto sarà compiuto per lui: la sua vita ha svolto la sua missione. Giovanni viveper quell’ora, in cui egli potrà dire al mondo: Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che devevenire.

Gesù dirà di Giovanni che “tra i nati da donna non è sorto uno più grande di GiovanniBattista”: egli ha adempiuto e riassunto in sé tutta l’attesa per l’incontro con il Messia.

Diviene testimone di Cristo e prepara il suo incontro con l’umanità quando il suo primoincontro con lui assume la dimensione di una scelta di vita e di una scelta per tutta lavita. Giovanni si lascia toccare da lui, abbracciare, decisamente e definitivamente.

Allora ogni legame gli diventa pesante. Gli basta miele selvatico e una povera tunica dipelle. Ormai ha colto altrove il significato della mia vita... Questo incontro lo ha resoestremamente libero... Può dire senza timore la verità, senza paura di perdere niente...E’ costituito profeta poiché la sua vita fa riferimento, dipende costantemente da Dio, elui vivo per Lui.... Vive le attese di Dio e le annuncia....Per questo Giovanni è grande.

CONFRONTANDOMI

Gesù mi addita Giovanni come modello di coerenza. Egli diviene per me un modellostraordinario di coerenza alla propria vocazione di discepolo del Signore.

L’incontro con Gesù, se è vero, fa di me un profeta. La sequela di Cristo diventa cosìproposta di libertà “da” e di libertà “per”.

Libertà da tutto quanto non serve alla mia sequela. Libertà da ciò che può apparirericchezza. Libertà dalla mia carne. Dalla mia preoccupazione di riuscire e di essere alcentro. Libertà dal protagonismo...

Libertà per un’appartenenza a Cristo sempre più profonda, perché dal mio essere diCristo fiorisca in me una nuova vita di salvato e di mandato a salvare... Libero didiventare un dono e un sacrificio...

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La verifica della mia crescita spirituale sta proprio nella misura della mia appartenenza etestimonianza... se mi viene spontaneo, naturale, ricordare agli uomini la bellezza e laverità del progetto di Dio su di noi... Se trovo naturale additare Gesù come esperienzaumana pienamente realizzata... se le opere scaturiscono ovviamente dal mio ascolto econversione...

In una parola: se la mia vita diventa progressivamente trasparenza di Cristo. “Lui devecrescere, io diminuire”.

DI CONSEGUENZA

Due conseguenze importanti:

1. una vita nella coerenza

2. una vita a servizio della parola.

Quali le correzioni di rotta da operare?Quale il mio rapporto con le cose, con gli altri?

Quali aspetti faticano in me a diventare operativi nella traduzione morale della sequeladi Gesù?

Come sto vivendo il servizio della Parola?

Come realizzo la mia testimonianza?

A mio parere posso dire che vedendo me gli altri siano facilitati a vedere la presenzavitale di Cristo che agisce in me?

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RIASSUMENDOPARTE SECONDA: 5 - 8

Soffermandoci sulla trama di questi incontri sicuramente hai vissuto o rivissuto un altroincontro: il tuo.

Sei partito dal bisogno di un incontro che ti togliesse dall’inquietudine (Zaccheo,l’adultera...).Hai però subito sentito la tentazione di divincolarti da un abbraccio troppo stretto:vorresti continuare in qualche modo ad essere protagonista delle tue scelte e della tuavita ( il giovane ricco, Nicodemo...).

Hai però preso coscienza di dover fare i conti con la tua cecità, la tua fragilità (Bartimeo,la peccatrice...). Hai così accolto la tesi che la vita è più di una esistenza, e che il tuoesistere non diventa automaticamente vivere!Cristo ti è luce: è via, verità e vita per la tua vita!

Alla luce di questa chiamata alla vita hai accolto il dono di una chiamata. Ti rendi contodella necessità dell’ascolto della Parola e della conversione ad una coerenza di vitasempre maggiore (Maria di Betania, Giovanni Battista...).In questa linea fai esperienza di una trasformazione sempre più purificatrice: seichiamato ad essere testimone, profeta. “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vivein me”.

Il nostro itinerario potrebbe fermarsi qui. Ma se mi lasciassi veramente amare “fino allafine” cosa succederebbe...?Vogliamo andare oltre Giovanni che si ferma alle porte dell’esperienza del redentore.Quando l’esperienza di comunione con Cristo diventa piena, totale, a tempo pieno,ragione di vita... cosa accade?

Si tratta in una parola di pormi nell’atteggiamento del lasciarmi costruire, inviare,“usare”, e questo oltre l’esperienza del fidarsi e del vivere come lui ci vuole. Dal vivere“come” lui ci vuole al vivere “dove” lui ci vuole. Quali passaggi devono avvenire in mee attraverso di me?

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9: LA LAVANDA DEI PIEDI: “iO VI HO DATO L’ESEMPIO...”

Dal Vangelo di Giovanni: 13, 1-171 Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passareda questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amòsino alla fine. 2 Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore aGiuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, 3 Gesù sapendo che il Padre gliaveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, 4 si alzò datavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. 5 Poiversò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarlicon l'asciugatoio di cui si era cinto. 6 Venne dunque da Simon Pietro e questi glidisse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». 7 Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tuora non lo capisci, ma lo capirai dopo». 8 Gli disse Simon Pietro: «Non mi laveraimai i piedi!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». 9 Glidisse Simon Pietro: «Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!». 10

Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi edè tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tutti». 11 Sapeva infatti chi lo tradiva; perquesto disse: «Non tutti siete mondi». 12 Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo edisse loro: «Sapete ciò che vi ho fatto? 13 Voi mi chiamate Maestro e Signore e ditebene, perché lo sono. 14 Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostripiedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. 15 Vi ho dato infattil'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi. 16 In verità, in verità vidico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande dichi lo ha mandato. 17 Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica.

I gesti compiuti da Gesù durante l’ultima cena esprimono la pienezza di un amore senzariserve: “Li amò sino alla fine...”. Cioè fino alla perfezione, sino al compimento, oppurefino alla fine della vita, sino alla morte. Fine: telo; in greco sembra formareun’inclusione con l’ultima parola di Gesù in croce: Tutto è compiuto - tetélestai.(19,30)con la quale Gesù esprime il compimento dell’opera affidatagli dal Padre per la salvezzadel mondo.

I discepoli ormai sono i “suoi”: l’adesione ormai è sincera, seppur in mezzo a moltitentennamenti ed incertezze. Ma una cosa è certa: essi hanno lasciato tutto per seguire illoro Maestro e Signore....

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C’è una vita con lui, educata da lui con le parole e l’esempio. C’è una quotidianità conlui, uno stare insieme (“perché stessero con lui” - “Maestro dove abiti? Venite evedete!”)... Si è intuito da parte dei discepoli che egli è il Messia, tuttavia... non si èandati ancora sino alla fine....

In questo momento, in quest’ultima tappa della vita terrena di Gesù, si esige un salto diqualità: da una vita ricevuta si passa ad una vita donata. C’è da diventare come lui: labeatitudine è oltre la sequela. E’ nella conformazione : non solo servi ma amici. Nonsolo esecutori ma imitatori. Non solo con lui, ma come lui.

Gesù dona se stesso nell’ultima cena ai suoi nel segno del pane spezzato e del vinoversato. Corpo spezzato in sacrificio, sangue versato per la remissione dei peccati.Consegna se stesso ai suoi ma perché anch’essi siano consegnati al mondo. Consacrome stesso perché siano anch’essi consacrati nella verità. “Io vi ho dato l’esempioperché come ho fatto io così facciate anche voi”

Una vita così intesa assume significati così profondi che il mondo potrà solo ammirare:non capire “Sarete beati...”. Ammirando e ascoltando, solo allora, se vorrà, l’uomosperimenterà che cosa succede a fare della propria vita un dono. Allora e solo allora,nella beatitudine che ne deriva, gli uomini capiranno...Ma Gesù deve cominciare con i suoi. Da seguaci li rende comprotagonisti. “Io nel Padree voi in me...”

Il tutto è avvolto nella testimonianza di dono, di servizio. Gesù si cinge conl’asciugatoio. Il contesto è sacerdotale e questo è l’unico abito liturgico indossato daGesù. Egli compie un gesto profetico. Per sé la lavanda dei piedi era gesto abitualeall’inizio dei pasti ma non durante. Un servizio tanto umile che era demandato aglischiavi non ebrei. E’ facile immaginare lo sconcerto provocato dai discepoli.L’eucaristia scaturisce dalla diakonia e fa sgorgare la diakonia.Servi gli uni degli altri.

Popolo regale e profetico, Signori e Maestri, si diventa se l’essere popolo sacerdotalecomporta il cingersi con un grembiule per servire... “Per voi e per tutti...”Il gesto profetico di Gesù diventa autentica scuola di vita per il discepolo

Si apre un orizzonte straordinario di una vita spesa, fatta dono...E’ questa la premessa per vivere un’autentica esperienza battesimale e vocazionalepersonale e matura. In qualsiasi chiamata specifica il Signore mi abbia indirizzato,sempre occorrerà vivere questa prospettiva: quella di quel Giovedì santo

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CONFRONTANDOMI

C’è un’ultima reazione che mi appartiene. La paura di Pietro a farsi lavare i piedi dalSignore.Il vivace scambio di battute tra Gesù e Pietro esprime l’incomprensione del gestomisterioso e anche la contrarietà del primo degli apostoli per l’umiliazione del maestro.Pietro rifiutando l’umile azione di Gesù rifiutava senza averne coscienza tutta la suaopera di Messia sofferente che doveva offrire la sua vita per la salvezza del mondo (cfrMc 8,31-33: “Non sia mai...”).Pietro ha paura di lasciarsi definitivamente amare, e perciò compromettere.Ma devo lasciare fare a Gesù se voglio essere da lui trasformato a sua immagine.

Solo accogliendo in maniera docile e radicale il suo gesto d’amore per me imparo acalare la volontà di Dio nella mia vita lì dove sono anzitutto, con quelle determinatepersone, in quelle precise situazioni.

La vita di Gesù donatami nel pane e nel vino, nella lavanda dei piedi non si fermano soloa me. “Fate questo in memoria di me... Sarete Beati se lo farete anche voi gli uni aglialtri”. L’essere stato chiamato fa di me un inviato.

Una vita nell’Eucaristia. Una vita al servizio. Una vita che diventa eucaristia.La struttura celebrativa dell’eucaristia diventa la sorgente e la forma del mio itinerario:prendo coscienza della mia fragilità e del mio peccatoMi pongo in ascolto della Parola.L’offerta di me al PadreUna vita consacrata dallo Spirito in Cristo, per Cristo e con CristoUn vita inviata per farsi dono.

DI CONSEGUENZA

Si tratta di fare della mia vita un’eucaristia conformandomi a Cristo nella sua passione

La celebrazione dell’eucaristia: un punto di arrivo e di partenza

Il servizio: modalità con cui si attua, atteggiamenti che suscita, motivazioni che loincrementano. Difficoltà nel viverlo.

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10. I SETTANTADUE: DUE A DUE AVANTI A SÉ

Dal Vangelo di Luca: 10,1-201 Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due adue avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2 Diceva loro: «Lamesse è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messeperché mandi operai per la sua messe. 3 Andate: ecco io vi mando come agnelli inmezzo a lupi; 4 non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessunolungo la strada. 5 In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. 6 Sevi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritorneràsu di voi. 7 Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno,perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa. 8

Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi saràmesso dinanzi, 9 curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voiil regno di Dio. 10 Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscitesulle piazze e dite: 11 Anche la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostripiedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino. 16 Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza medisprezza colui che mi ha mandato». 17 I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: «Signore, anche i demoni sisottomettono a noi nel tuo nome». 18 Egli disse: «Io vedevo satana cadere dal cielocome la folgore. 19 Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gliscorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare. 20 Nonrallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che ivostri nomi sono scritti nei cieli».

Questi settantadue discepoli svolgono un ruolo simile a quello di Giovanni. Si pongonotra la comunità apostolica e la comunità del mondo. Esprimono la varietà dei ministeri dicui il Signore (Kyrios v. 1 il risorto) ha bisogno per realizzare la sua missione.

Essi sono per così dire la premessa di una comunità, una Chiesa, tutta ministeriale chetroverà pieno sviluppo nelle seguenti comunità apostoliche. La loro missione preludealla missione ministeriale di tutta la Chiesa, destinata a tutte le genti (72 popoli secondoGn 10 vers. LXX)Essi condividono la missione di Gesù, si sono consegnati a lui e lui si è consegnato aloro perché chi vede loro veda lui e chi ascolta loro ascolti lui. Sono la missione dellaChiesa concretizzata nella vita, nella storia, negli incontri di ogni giorno.

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Questi discepolo hanno ricevuto da Gesù precise indicazioni. Essi devono renderepossibile l’incontro tra lui e l’umanità. Ciò sarà reso possibile dalla testimonianzad’amore che essi sapranno offrire al mondo; per questo sono mandati a due a due: “Daquesto sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri”.

“Andate...”: il comando categorico di Gesù indica la serietà dell’impegno missionario.

Gesù imprime in loro la stessa passione e urgenza (non salutate nessuno) per il regnoindicando che il primo modo di viverla è desiderare che altri la condividano.Essi sono indifesi, poveri, deboli, (“agnelli in mezzo ai lupi”) ma totalmente concentratisulla consapevolezza dell’importanza e dell’urgenza di quello che Gesù ordina. Egli limanda all’interno della quotidianità, della ferialità perché è lì, in quella esperienzaumana, che Gesù vuol far giungere l’evangelo del regno. La casa, l’intimità, la ferialità...L’evangelo è destinato a diventare casa, città, stile di vita, guarigione, storia di genteconcreta. I discepoli faranno in modo che chi li ascolta senta che sta ascoltando ilSignore, che chi li disprezza sta disprezzando il Signore; il loro annuncio non appartienea loro perché non è solo umano, sociologico, laico... Esso viene da Dio, ed è destinato adirrompere nella storia per trasformarla in Regno di Dio.

I discepoli ritornano con gioia ed essa è condivisa da Gesù stesso (vv 18-19). La loromissione è riuscita. Ma Gesù avverte: questa gioia, la vostra passione e il vostro zelo,non devono derivare dal fatto che i demoni si sottomettono.... Verranno infatti giorni incui essi sperimenteranno la delusione, l’insuccesso, l’amarezza e la persecuzione: sehanno perseguitato me perseguiteranno anche voi. La loro gioia deve fondarsi suun’altra realtà: il fatto che essi stanno dando la vita per il servizio del regno e che questomerita loro che i loro nomi siano scritti nei cieli: “Siamo solo servi inutili, abbiamo fattoquello che dovevamo fare”.... “Vieni servo buono e fedele entra nella gioia del tuopadrone”. Il cercare altro è pericoloso e sempre insufficiente.

CONFRONTANDOMI

Con la Chiesa, come Chiesa, sono costruttore di un regno che in germe è già presente tranoi ma non ancora pienamente manifestato e realizzato.

La missione dei settantadue dice l’amore per la Chiesa, per essere Chiesa, perconsegnarmi alla Chiesa e alla missione che Gesù le ha affidato.

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Ma devo preoccuparmi sempre di far un passo in più. Da un sentirmi partecipa della vitadella Chiesa al sentirmi partecipe alla vita del mondo mettendomi sempre dal punto divista della Chiesa, palpitando con essa la sua missione per l’uomo frutto dello Spirito divita.

Si tratta di:

Amare la Chiesa. Come Madre che mi ha generato alla vita della fede. Amare anche lesue rughe, e le sue stanchezze, contraddizioni. Amarla anzitutto.

Amare la storia come la Chiesa la ama. Con la sua passione, il suo dramma. L’esseretutta di Dio pur mescolandosi in mezzo agli uomini.

Amare la missione della Chiesa, consegnandomi sempre più ad essa. Ciò significaconsegnarmi a Cristo stesso. E’ una vita donata, feconda, preziosa.

Il mondo non capirà, ma vedendo la nostra testimonianza si innamorerà di ciò che è oltredi noi. Innamorandosi vorrà sperimentare. Sperimentando comprenderà.

DI CONSEGUENZA

Voglio collocare la mia piccola storia nella storia della Chiesa. Una Chiesa concretafatta di volti precisi con le loro bellezze e i loro limiti.

Voglio amare la Chiesa: imparando a guardare e amare il mondo attraverso i suoi occhi.

Voglio amare la Chiesa e le chiese che fanno Chiesa. La mia comunità, la miaparrocchia...

Prendo coscienza del mio essere consacrato alla missione.

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11. MARIA: AVVENGA DI ME QUELLO CHE HAI DETTO

Dal Vangelo di Luca: 1, 26-3926 Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea,chiamata Nazaret, 27 a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa diDavide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28 Entrando da lei,disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». 29 A queste parole ellarimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. 30 L'angelo ledisse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31 Eccoconcepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32 Sarà grande echiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre33 e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». 34 Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». 35 Lerispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombrala potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figliodi Dio. 36 Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito unfiglio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: 37 nulla èimpossibile a Dio ». 38 Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore,avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei.

Un villaggio sperduto della Palestina. La sua vita si svolgeva senza grandiavvenimenti. Non è mai nominato nella Scrittura dell’AT.

Una povera ragazza, Myriam, fidanzata ad un povero operaio.Ella è parte viva di un popolo in attesa.Che cosa c’è nel cuore di Maria che renderà possibile l’incontro decisivo e unico?

Ella non ha certamente nessun titolo di cui avvalersi per essere la “prescelta”.Appartiene alla schiera degli anawim. Ma sicuramente in lei c’è la certezza di unapromessa e di una benedizione che non tarderà a realizzarsi... La certezza di Dio cheama l’umanità... la certezza che non si dovrà attendere un’altra storia per realizzare ilregno di Dio.

Dio ama questa storia, con tutte le sue contraddizioni e le sue possibilità.

Maria è essenzialmente la donna dell’attesa. Una donna estremamente libera. Capacedi solitudine e di silenzio. E’ semplice e pura. Vive nella trasparenza di Dio. E’ lakecharitomene: colei che è avvolta totalmente del favore divino.

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E vergine: e questo esprime la sua totale povertà e disponibilità. E’ su questo che Dioopera sempre le sue meraviglie.

Il suo incontro è dolcissimo, pervaso di timore m anche di stupore, meraviglia e lode.C’è una parola che media. Un saluto. Una rivelazione: a Dio piace la sua attesa, il suo

silenzio, la sua docilità. E’ bella al cospetto di Dio. Chiamata a essere madre delFiglio.Gesù il salavtore. “Giioisci poiché sei colmata di grazia, il Signore è con te”

Kaire: è la gioia messianica, Dio viene in mezzo al suo popolo.

E’ la potenza dello Spirito che agirà in lei. La nube luminosa della presenzaprovvidente di JHWH in mezzo al suo popolo la avvolgerà. La consacrerà ad una storiache trascende anche lei. Maria è chiamata ad essere prezioso strumento, servaindispensabile perché il disegno di amore di Dio per l’umanità possa compiersi comeDio lo ha voluto, pensato e desiderato da tutta l’eternità.

La risposta di Maria è semplice, essenziale: Eccomi, sono la serva del Signore.Disponibile al disegno di Dio. Mette tutta la sua vita e il suo futuro nelle mani di Dio.

Eccomi.

La sua vita non sarà più la stessa. Essa sarà riverita a Gesù, vivrà per Gesù. La sua èuna fede incrollabile. La sua presenza così vicina al figlio perché materna nonoffuscherà mai la presenza del redentore. Ella tuttavia per la sua vicinanza a lui saprà“piegare” l’attenzione del Figlio alle ragioni dell’uomo. Ella saprà mettere la sua vita tragli uomini e Dio come è perché ha saputo metterla tra Dio e gli uomini.

Maria quindi non è uno strumento passivo, ma uno strumento quantomai attivo inquanto estremamente docile.

Alla fine sarà chiamata ancora a dire di sì ad un ultimo parto: Donna ecco tuo Figlio.Un parto doloroso sotto la croce. Le ultime parole di Gesù sulla croce sono per lei e pernoi. Sono per me. Maria mi è Madre, modello, punto di riferimento indispensabile nelmio cammino e il mio incontro con il Signore.

CONFRONTANDOMI

Mi fermo a contemplare il “sì” di Maria: è bello, pieno e vero, semplice, sereno,radicale, serio. Maria è donna vera. E’ sposa vera. E’ madre vera.

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Eppure nessuno come lei conosce la profondità e la verità di quell’espressione checonosco di “speciale consacrazione”.

E’ donna estremamente libera, perché povera. Non ha avuto niente, non ha possedutoniente e nessuno. E’ stata posseduta solo da Dio, a lui solo è appartenuta.

Quale fecondità scaturisce dalla sua verginità. Quale maternità nella sua castità.

Ella diviene modello dell’essere Chiesa, del divenire Chiesa, dell’amare la Chiesa:Dira': “Fate quello che vi dirà...”. Stavano presso la croce... Erano riuniti nel

Cenacolo...

Maria poi scompare. La sua missione si è compiuta

Imparo a guardare e contemplare Maria per capire a quali condizioni la mia storiadiventerà certamente come Dio la vuole, dove Dio la vuole.

E’ nello stile di Maria che si consuma ogni possibilità per me, di diventare proprietàdefinitva e totale del mio Dio e messo a servizio dei miei fratelli: Eccomi, Signore. Sifaccia di me quello che vuoi da me e per me.

DI CONSEGUENZA

E’ tempo che maturi una forte esperienza di amore e di attaccamento filiale allaVergine Maria. Il mio cammino cristiano e di discepolo non può fare a meno dellapresenza della Madre di Dio e mia.

Rileggo attentamente le litanie che la Chiesa ha attribuito a Maria. Da esse il miocammino di discepolo trarrà elementi concreti.

Con Maria sono certo che fare la volontà di Dio diventerà per me cosa naturale,nonostante ciò mi richieda di compiere scelte di per sé difficili e talvolta dolorose.

Sia Maria a fare di me persona capace di generare Cristo al mondo.