L’Impressionismo- Capitulo 2 Argan
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immagini sono cose, e l'artista è colui che le fabbrica. Non le inventa, le
costruisce: dà loro la forza di competere, di imporsi come più reali della realtà
stessa, perché non Dio ma l'uomo le ha fatte. Dipingere significa dare al quadro
un peso, una consistenza maggiori della cosa veduta: in breve, fare ciò che si
vede è altra cosa dall'imitare la natura. Qual è il distacco e quale il percorso tra la
cosa veduta, che subito scompare, e la stessa cosa dipinta, che resta? Null'altro
che la fattura, il lavoro manuale dell'artista (Marx avrebbe detto: forza-lavoro).
Così il lavoro dell'artista diventa il paradigma del vero lavoro umano, inteso come
presenza attiva o addirittura indistinzione dell'uomo sociale dalla realtà. L'artista
è un lavoratore che non ubbidisce all'iniziativa e non serve l'interesse di un
padrone, non sottostà alla logica meccanica delle macchine. È insomma il tipo
del lavoratore libero, che raggiunge la libertà nella prassi del lavoro stesso. Ecco
spiegato perché Courbet, che aveva idee politiche ben chiare, non ha mai messo
la sua pittura al loro servizio. Il suo assunto ideologico non condiziona la pittura
dall'esterno e non si realizza attraverso, ma nella pittura. Perciò la pittura di
Courbet è la cesura al di là della quale si apre tutta una nuova problematica, che
non consisterà più nel domandare che cosa l'artista faccia della realtà, ma che
cosa faccia nella realtà, per realtà intendendo le circostanze storiche o sociali
non meno che la realtà naturale.
CAPITOLO SECONDO - LA REALTÀ E LA COSCIENZA
L’Impressionismo Fin dal '47 Courbet aveva annunciato il suo programma: realismo integrale,
affronto diretto della realtà, indipendentemente da ogni precostituita poetica. Era
il superamento simultaneo del "classico" e del "romantico" in quanto poetiche
rivolte a mediare, condizionare, orientare il rapporto dell'artista con la realtà. Con
ciò Courbet non nega l'importanza della storia, dei grandi maestri del passato,
ma afferma che da essi non si eredita né una concezione del mondo, né un
sistema di valori, né un'idea dell'arte, ma soltanto l'esperienza dell'affrontare la
realtà ed i suoi problemi con i soli mezzi della pittura.
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Al di là della rottura con le poetiche opposte e complementari del "classico" e del
"romantico" il problema che si poneva era quello di affrontare la realtà senza il
loro sostegno, di liberare la sensazione visiva da ogni esperienza o nozione
acquisita e da ogni atteggiamento preordinato che ne potesse pregiudicare
l'immediatezza, e l'operazione pittorica da ogni regola o consuetudine tecnica
che ne potesse compromettere la resa mediante i colori.
Il movimento impressionista, che ha decisamente bruciato i ponti col passato ed
aperto la via alla ricerca artistica moderna, si è formato a Parigi tra il 1860 e il
1870: si è presentato per la prima volta al pubblico nel 1874 con una mostra di
artisti "indipendenti" nello studio del fotografo Nadar.
Difficile dire se fosse maggiore l'interesse del fotografo per quei pittori o dei pittori
per la fotografia; è certo comunque che uno dei moventi della riforma della pittura
fu il bisogno di ridefinirne l'essenza e le finalità in rapporto al nuovo strumento di
ripresa meccanica della realtà.
La definizione si fa risalire al commento ironico di un critico su un quadro di
Monet intitolato Impression, soleil levant, ma è stata adottata dagli artisti, quasi
per sfida, nelle successive mostre. Le figure emergenti del gruppo sono:
MONET, RENOIR, DEGAS, CÉZANNE, PISSARRO, SISLEY. Alla prima fase
della ricerca aveva partecipato anche un amico di Monet, J. F. BAZILLE (1841-
1870), caduto combattendo nella guerra franco-prussiana. Non faceva parte del
gruppo, di cui però era considerato un precursore, MANET: di fatto questo artista
più anziano e già noto aveva sviluppato in senso essenzialmente visivo la
tendenza realista discostandosi però dall'integralismo di Courbet e richiamando i
pittori moderni all'esperienza di maestri del passato molto lontani dal classicismo
accademico: Velázquez, Rubens, Franz Hals. Ricusa lo scontro brutale con la
realtà, proponendosi invece di liberare la percezione da ogni pregiudizio o
convenzionalità per manifestarla nella sua pienezza di atto conoscitivo. Il ritorno
a una scelta di valori, che invece Courbet escludeva, l'ha senza dubbio
allontanato dall'oltranzismo rivoluzionario (Courbet aderirà impetuosamente alla
Comune) ed avvicinato invece a letterati e poeti (fu amico di Baudelaire e poi di
Mallarmé). Dopo il '70, sempre più si è accostato all'Impressionismo eliminando il
chiaroscuro e i toni intermedi e risolvendo i rapporti tonali in rapporti cromatici.
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Alla prima mostra nello studio del fotografo Nadar altre ne seguirono: 1877,
1878, 1880, 1881, 1882, 1886, sempre suscitando scandalizzate reazioni nella
critica ufficiale e nel pubblico benpensante. I soli critici che capirono l'importanza
del movimento furono Duret e Duranty nonché, non senza riserve, lo scrittore
Emile Zola, amico di Cézanne. Nessun comune interesse ideologico o politico
collegava tra loro i giovani "rivoluzionari" dell'arte: Pissarro era di sinistra, Degas
conservatore, altri indifferenti.
Non avevano un programma preciso. Nelle discussioni al caffè Guerbois si erano
però trovati d'accordo su alcuni punti: 1) l'avversione per l'arte accademica dei
Salons ufficiali; 2) l'orientamento realista; 3) il disinteresse totale per il soggetto;
la preferenza per il paesaggio e la natura morta; 4) il rifiuto delle consuetudini di
atelier nel disporre e illuminare i modelli, nel principiare col disegnare al tratto per
poi passare al chiaroscuro e al colore; 5) il lavoro en plein-air, lo studio delle
ombre colorate e dei rapporti tra colori complementari. Circa quest'ultimo punto è
certo il riferimento alla teoria ottica di Chevreul sui contrasti simultanei: un
deliberato tentativo di fondare la pittura sulle leggi scientifiche della visione si
avrà soltanto nel 1886 con il Neo-impressionismo di SEURAT e SIGNAC.
Anche prima della mostra del '74 i moventi e gli interessi dei vari componenti del
gruppo non sono identici. Monet, Renoir, Sisley, Pissarro compiono uno studio
diretto, sperimentale sul vero: lavorando di preferenza sulle rive della Senna, si
propongono di rendere nel modo più immediato con tecnica rapida e senza
ritocchi, l'impressione luminosa e la trasparenza dell'atmosfera e dell'acqua con
pure note cromatiche, indipendentemente da ogni graduazione chiaroscurale ed
evitando di adoperare il nero per rendere scuri i colori in ombra. Occupandosi
esclusivamente della sensazione visiva, rifuggono dalla "poeticità" del motivo,
dall'emozione e dalla commozione romantiche. Cézanne e Degas, invece,
considerano lo studio storico non meno importante che quello della natura:
Cézanne, specialmente, dedica molto tempo a studiare al Louvre, facendo
schizzi e copie interpretative, le opere dei grandi maestri.
È persuaso che, per mettere in chiaro la sostanza della operazione pittorica, si
debba riesaminare la sua storia; ma poiché anche Monet e gli altri mirano allo
stesso scopo attraverso la verifica delle possibilità tecniche attuali, i due processi
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convergono ad un medesimo fine: dimostrare che l'esperienza della realtà che si
compie con la pittura è una esperienza piena e legittima, che non può essere
sostituita con esperienze altrimenti compiute. La tecnica pittorica è dunque una
tecnica di conoscenzache non può essere esclusa dal sistema culturale del
mondo moderno, eminentemente scientifico. Non sostengono che, in un'epoca
scientifica, l'arte debba fingersi scientifica: si chiedono quali possano essere il
carattere e la funzione dell'arte in un'epoca scientifica, e come debba
trasformarsi la tecnica dell'arte per essere una tecnica rigorosa come la tecnica
industriale che dipende dalla scienza. In questo senso si può dimostrare che la
ricerca impressionista è, in pittura, il parallelo della ricerca strutturale degli
ingegneri nel campo della costruzione. E non soltanto la polemica degli
impressionisti contro gli accademici è simile a quella dei costruttori contro gli
architetti-decoratori, ma vi sono chiare analogie tra lo spazio pittorico degli
impressionisti e lo spazio costruttivo della nuova architettura in ferro.
Nell'uno e nell'altro caso, infatti, non si parte da una precostituita concezione
dello spazio: lo spazio si determina nell'opera dal rapporto dei suoi elementi
costitutivi.
La fotografia Il problema del rapporto tra le tecniche artistiche e le nuove tecniche industriali si
concreta, specialmente per la pittura, nel problema del diverso significato e
valore delle immagini prodotte dall'arte e di quelle prodotte dalla fotografia. La
sua invenzione (1839), il rapido progresso tecnico che riduce i tempi di posa e
permette di raggiungere la massima precisione, i tentativi di fotografia "artistica",
le prime applicazioni del mezzo alla registrazione di movimenti (fotografia
stroboscopica, cinematografia), ma soprattutto la produzione industriale degli
apparecchi ed i grandi mutamenti che l'impiego generalizzato della fotografia
determinano nella psicologia della visione hanno avuto, nella seconda metà del
secolo scorso, una profonda influenza sull'orientamento della pittura e sullo
sviluppo delle correnti artistiche, collegate con l'Impressionismo.
Col diffondersi della fotografia molte prestazioni sociali passano dal pittore al
fotografo (ritratti, vedute di città e di paese, reportage, illustrazioni ecc.). La crisi