L'Impero del Male e i Dieci Arcangeli

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Dieci Arcangeli, cavalieri al servizio del Re di Ancient, vengono utilizzati nelle missioni più importanti per il bene del mondo. Ogni componente ha poteri stupefacenti con i quali combatte le forze del Male che da sempre tentano di soggiogare l'umanità. Quando Raphael, giovane scudiero del castello, entra a far parte della squadra, viene a conoscenza della storia dell'uomo e del motivo per cui solo gli Arcangeli possono combattere il potere del demonio. Il mondo vive un periodo di pace, ma quando gli Arcangeli vengono inviati in un lontano villaggio a nord del Regno, i progetti del Male si manifestano: ogni gradino sceso all'interno delle catacombe della cattedrale di Dristan porta con sé sangue e dolore. Quando tutto sembra finalmente finito, diviene chiaro che quel villaggio è solo il punto d'inizio di una nuova era.

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. "L'IMPERO DEL MALE E I DIECI ARCANGELI

di Marco Ghirello e Matteo La Frazia

Titolo: L'IMPERO DEL MALE E I DIECI ARCANGELI Autore: Marco Ghirello, Matteo La Frazia Genere: Fantasy Editore: Zerounoundici Edizioni Collana: Selezione Pagine: 168 Prezzo: 13,50 euro Acquista su Il Giralibro (-15%) Acquista su IBS

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MARCO GHIRELLO MATTEO LA FRAZIA

L’IMPERO DEL MALE E I DIECI ARCANGELI

(TRAILER)

www.0111edizioni.com

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www.0111edizioni.com www.ilgiralibro.com

L’IMPERO DEL MALE E I DIECI ARCANGELI 2009 Zerounoundici Edizioni

Copyright © 2009 Zerounoundici Edizioni Copyright © 2009 Marco Ghirello Copyright © 2009 Matteo La Frazia

www.imperodelmale.altervista.org ISBN 978-88-6307-196-2

In copertina: immagine Shutterstock.com

Finito di stampare nel mese di Giugno 2009 da

Digital Print Segrate - Milano

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L’Impero del Male e i Dieci Arcangeli 3

I

IL RISVEGLIO Le vicende che hanno accompagnato gli ultimi anni della mia vita, sono le stesse che hanno cambiato il corso degli eventi di questo mondo. La nuova storia dell’uomo ebbe inizio in un piccolo villaggio di contadi-ni ai confini a nord del territorio di Ancient. I sacerdoti, inviati a profes-sare la parola del Signore nella sua imponente cattedrale, fuggivano dopo pochi attimi per via di strani e spaventosi rumori, provenienti dalle va-stissime catacombe. Da lì si sprigionò il terrore. Le persone più corag-giose e fiduciose nello sperare che il loro Signore li avrebbe protetti, provarono ad esplorare quelle gallerie misteriose e non tornarono più. Alcuni studiosi del Regno giunsero nella cattedrale in sfacelo per indaga-re, ma, soprattutto, per provare a tradurre uno strano libro che si trovava su un leggio dell’altare. Non era un libro qualunque, si distingueva da tutti gli altri presenti in quella chiesa: era coperto da un rivestimento particolare, di un materiale indefinibile. L’involucro del testo, intagliato minuziosamente, era di un colore molto scuro, quasi quello del sangue. Non si conoscevano le sue origini, ma i misteri che lo circondavano in-curiosirono molto il più anziano degli studiosi, a tal punto che si convin-se a violarlo. Il ricercatore, appena aprì il libro, fu travolto dallo sgomento: scoprì che era interamente scritto nella lingua dei demoni e quando trovò la fonte di quelle scritture i suoi occhi gelarono… Il Diavolo. Chi osava leggere tali parole avrebbe scoperto il modo per risvegliarlo dal suo sonno, che durava ormai da troppo tempo. Immediatamente le porte del luogo furono sigillate e due guardie messe a sorvegliare l’entrata, in attesa che gli studiosi e gli sciamani trovassero un modo sicuro per eliminarlo. Nella notte del 21 marzo dell’anno 665, un tremendo temporale si abbat-té sul villaggio e le porte della cattedrale si spalancarono. Un acuto cigo-lio riecheggiò tra le arcate, accompagnato dalla luce di qualche saetta, annunciatrice di tuoni assordanti che avrebbero scosso la terra. Le due

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guardie erano distese al suolo, prive di vita: una figura nera, incappuccia-ta e grondante, iniziò a camminare in direzione dell’altare. I suoi passi erano pesanti e rimbombavano all’interno della navata. Solo il rumore del temporale azzittiva momentaneamente la marcia di colui il quale, po-co dopo, avrebbe aperto e letto ad alta voce il contenuto del libro. Le conseguenze di quel gesto portarono noi, Dieci Arcangeli, allo scon-tro diretto col Male incarnato. Ma andiamo in ordine e cominciamo dal principio: racconterò quello che conosco delle origini e vi presenterò l’esercito dei Dieci Arcangeli, co-sicché ogni singolo avvenimento possa essere compreso.

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II

LA GENESI Il mio nome è Raphael. Sono nato ad Hatryria e non ho conosciuto i miei genitori. Mi ha cresciuto, fino al mio decimo compleanno, un odioso, grasso e barbuto contadino. Abitavamo alla periferia di Hatryria in una baracca puzzolente e umida. Per lui ero uno schiavetto e quando doveva dare sfogo ai suoi nervosismi, mi picchiava lasciando segni indelebili sul mio esile corpo. Come scordare il proprio compleanno quando un uomo spregevole non fa che ripetere: ‹‹Sia maledetto il giorno in cui quella sgualdrina di tua madre ti mise al mondo!››. Il mio unico desiderio era sempre lo stesso: essere liberato da quella spe-cie di prigionia. Questo si realizzò il giorno seguente il mio decimo compleanno: tre soldati dell’esercito entrarono con la forza in casa e lo arrestarono con l’accusa di mancato pagamento dei tributi reali. Non li versava da oltre sei anni e il destino che lo attendeva era l’esilio. Ovvia-mente io ero al di fuori di questa storia perché solo un bambino. I soldati, dopo che mi ebbero spiegato cosa stava succedendo, mi condussero con loro, promettendo di prendersi cura di me. Mi diedero la possibilità di lavorare nelle stalle della guardia reale all’interno del castello: nonostan-te la mia età, non sarebbe stato un lavoro troppo difficoltoso. La capitale di Ancient, Hatryria, si trovava quasi al centro del territorio proprio in mezzo alla zona coltivata ed era attraversata dall’Inige. Qui, un tempo, il fiume formava un ansa, ma fu modificato in modo che, de-viandone il corso, proprio nel mezzo del suo letto venisse a crearsi una sorta di isolotto circondato dai due bracci del fiume. Proprio lì fu costrui-to il castello dove ogni Re ha vissuto e regnato. Difeso dalle acque del fiume e da due ponti levatoi, uno a nord e uno a sud, il castello era il po-sto più sicuro dell’intero Regno. Guardie facevano la ronda a tutte le ore del giorno e della notte sopra le quattro torri che si trovavano agli angoli delle mura. I cancelli, posti poco dietro ai ponti, erano protetti da portoni rinforzati spessi quanto le spalle di un uomo e così alti e pesanti che po-tevano essere mossi solo con strani argani da una squadra di dodici guar-die. Un lungo corridoio portava al complesso residenziale reale. La stan-za del Re e della Regina era situata al centro del castello, al secondo pia-

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no. Gran parte del primo piano del complesso era occupata dal salone dei ricevimenti, dove si svolgevano sontuosi banchetti, e dalle cucine, in cui ogni giorno i migliori cuochi del Regno preparavano i pasti ai reali. La zona rimanente del primo piano era occupata dal gran salone dove il Re teneva le sue riunioni riguardo la gestione del Regno. Il complesso era sviluppato su cinque piani e ospitava alloggi per gli eventuali ospiti e stanze di minore importanza. In un'altra zona del castello vi erano le re-sidenze dei servitori, delle guardie, le stalle dei cavalli e altri ambienti utilizzati dai braccianti che lavoravano al servizio di Sua Maestà. Infine nel sottosuolo vi erano le segrete, dove venivano rinchiusi i pochi delin-quenti arrestati. Qualche giorno dopo l’inizio del mio nuovo lavoro, ebbi la fortuna di conoscere Sarah, una ragazzina della mia stessa età: capelli neri brillanti, occhi da cervo e un corpicino che prometteva molto bene. Era la figlia di Re Dilvas II. Confesso che all’inizio non mi risultò molto simpatica: in-dossava sempre lunghi abiti di seta e veniva ornata di gemme preziose. Per questo mi pareva troppo…come dire…altezzosa. D’altra parte lei mi considerava un suo servo. La nostra conoscenza avvenne in un bellissi-mo giorno di primavera dell’anno seguente. In quel periodo Sarah usciva sempre a cavalcare da sola; non c’era nessun pericolo per lei, dato che non oltrepassava mai i prati attorno all’ansa del fiume che circonda il ca-stello. Quel giorno Sarah cadde da cavallo e si slogò una caviglia, nel frattempo ero stato incaricato di portare un cavallo malato nei prati co-sicché potesse vivere un momento di libertà nella speranza che si ripren-desse. Ad un certo punto udii un pianto di ragazza: la trovai non tanto lontano dal fiume, per terra, sporca di fango, che versava lacrime come una fontana. La rassicurai affermandole che sarei andato subito a cercare aiuto e lei si tranquillizzò. Tornai indietro ed entrai nel castello: trovata una guardia le raccontai l’accaduto e un esercito di dottori si precipitò in soccorso alla principessa. Qualche giorno dopo uno dei servi della famiglia reale si presentò da me con in mano un bell’abito: ‹‹Il Re mi ha ordinato di venire da te. Devi indossare quest’abito e presentarti al suo cospetto non appena sarai pron-to.›› Poco dopo mi recai a palazzo con indosso quel vestito che mi stava stret-to e mi provocava prurito. La stanza in cui si trovava il Re era enorme. Mi avvicinai al trono con timore e reverenza, mi inginocchiai e Re Dil-vas disse: ‹‹Grazie per aver soccorso mia figlia.››

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Calò il silenzio per un attimo, poi riprese: ‹‹Cosa fai ancora inginocchia-to? Alzati e torna a lavorare, ma prima passa dalla stanza della principes-sa che ti vuole ringraziare personalmente. Ti accompagnerà una delle mie guardie.››. Uscito da quella stanza dissi ad una delle due sentinelle che sorvegliava-no la porta: ‹‹Il Re vuole che uno di voi mi accompagni dalla principessa Sarah.›› Senza proferire parola la guardia che si trovava alla mia destra si incam-minò ed io la seguii. Percorso un lungo corridoio e due rampe di scale, la guardia si fermò da-vanti ad una porta e bussò. All’interno udii la vocina della principessa: ‹‹Chi è?›› La guardia annunciò: ‹‹Un ragazzo è venuto a farle visita.›› ‹‹Sì, fallo entrare.›› La guardia mi aprì la porta ed entrai. La stanza era magnifica: sulla sinistra troneggiava un letto a due piazze con una cassapanca ai suoi piedi, sulla destra c’era un’enorme casa delle bambole, le quali erano sparse un po’ dappertutto. Armadi giganti, una scrivania piena di libri e delle graziose tende colorate che coprivano la finestra completavano l’arredamento. Sarah era sdraiata nel letto, i medici le avevano ordinato di non muoversi per alcuni giorni. Mi disse con una voce leggermente timida: ‹‹Grazie…grazie per avermi aiutata.›› Risposi: ‹‹Ti serviva aiuto e quindi…››. Mi fermai lì…non sapevo più cosa dirle. Fu lei a parlare per quasi tutto il tempo che restai nella sua stanza: quel leggero filo di timidezza era spari-to in un istante. Mi raccontò molte cose: del suo cavallo, della casa delle bambole, mi raccontò persino di una volta in cui lei e suo padre avevano trovato nei boschi reali un cervo morto, divorato dalle formiche…non finiva mai di parlare! Da quel giorno trascorremmo molto tempo insieme. Al castello eravamo gli unici due ragazzini e quando non avevo cavalli da pulire, ci diverti-vamo a inventare passatempi. Iniziava a piacermi, sentivo qualcosa di diverso in me. Stavo bene quan-do ero con lei e non mi importava che fosse figlia del Re, con tutto quel-lo che ne consegue. Inutile negarlo: mi ero innamorato. Il giorno del mio quattordicesimo compleanno lei mi fece il più bel regalo che potessi de-siderare: mi si avvicinò e con occhi dolci posò le sue rosee e morbide

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labbra sulle mie. Il mio cuore si sciolse e per poco non esplose. La mia mano le accarezzò i capelli mentre le sue mi stringevano le spalle in un caldo abbraccio. Eravamo nelle scuderie e mi inginocchiai davanti a lei: ‹‹Sarah, sei tutto quello che ho. Ti amo!››. Lei sorrise dolcemente, mi prese il braccio e mi rialzò per poi sfiorarmi di nuovo con la bocca. Iniziò un periodo felice di passione e continue emozioni. Stavamo attenti a non farci notare dalla corte. Ogni pretesto era buono per fare passeggiate al fiume, così da poterci rincorrere nei prati e rotolarci nell’erba, avvinghiati. Eravamo così spesso insieme che fu impossibile non destare sospetti. All’improvviso, nella primavera dell’anno seguente, un consigliere del Re venne da me e mi disse: ‹‹Il Nostro Re ha trovato il futuro sposo per sua figlia Sarah. Ti consiglio vivamente di non avvicinarti e di non parla-re più alla futura Regina del Regno.››. In un primo momento rimasi attonito, ma col passare delle ore iniziai a sentire il mio cuore che faceva male, molto male. Ero triste e incredulo e, quando giunse la notte, preso da un’ ira incontrollabile, corsi disperato nel cuore del bosco e iniziai a colpire con i pugni un albero, senza preoc-cuparmi del male che stavo facendo alle mie mani. Ciò che mi faceva più rabbia era che sapevo che quell’amore era impossibile: uno stalliere con una principessa?! Non era possibile una storia simile ed ero cosciente di questo, ma non riuscivo a darmi pace. Mentre guardavo le mie nocche sanguinanti, udii una voce: ‹‹Attento!!!››. Mi voltai e vidi una luce accecante che stava per colpirmi in pieno volto. Alzai le braccia per proteggermi e riuscii a deviare quella sfera minac-ciosa, ma la sua forza mi spinse via: caddi all’indietro, battei la testa con-tro l’albero e persi i sensi. La mattina seguente mi trovai nel mio letto con accanto due strani indi-vidui che discutevano tra loro. Uno mi disse: ‹‹Per fortuna ti sei ripreso! Mi dispiace davvero tanto! È tutta colpa di questo maghetto da quattro soldi!›› ‹‹Ma taci Gabriel! Sei tu che ti sei spostato all’ultimo momento. Se fossi rimasto immobile ora saresti tu su quel letto!›› ‹‹Come osi dare la colpa a me! Guarda che…›› ‹‹Scusate!›› interruppi, ‹‹Mi volete spiegare chi siete e cosa mi è succes-so?!›› ‹‹Oh, sì. Perdonaci: mi chiamo Gabriel e questo è Michael il maghetto. Ieri sera ci stavamo allenando con la magia nel bosco quando lui mi ha

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lanciato una sfera di energia che ho abilmente evitato. Purtroppo la sfera ha continuato la sua traiettoria e per poco non ti uccideva.›› ‹‹Ma che uccideva! Avrebbe dovuto spappolarlo in mille pezzi!›› inter-venne Michael. ‹‹Già. Non siamo ancora riusciti a capire come hai fatto a deviarla.›› ‹‹Ah sì, ora mi ricordo di quella luce.›› dissi. ‹‹Dimmi ragazzo: chi sei?›› ‹‹Sono Raphael, uno stalliere delle guardie reali.›› ‹‹E come mai eri in mezzo al bosco in piena notte?›› ‹‹Cercavo un modo di sfogarmi. Ma sono fatti miei.›› ‹‹Capisco. Ascolta Raphael: noi crediamo che tu abbia delle qualità na-scoste che potrebbero tornare utili. Altrimenti non si spiega come tu sia sopravvissuto. Vorresti seguire un addestramento per diventare guerrie-ro?›› ‹‹Come?›› ‹‹Sì, un guerriero. Sopravvivere ad una magia di tale potenza non è da tutti! Ti sto dando una grande opportunità per uscire da quelle stalle. Ti metterò alla prova per vedere se hai avuto solo fortuna…in alternativa potrai sempre arruolarti nell’esercito di Ancient.›› Rimasi a fissarlo incredulo per un attimo, poi trovai la forza per rispon-dere: ‹‹Non so nulla di guerra. Ci devo pensare.›› ‹‹Sei giovane, è normale. Riflettici e fammi sapere qual è la tua scelta.››. Uscirono dalla stanza così iniziai a riflettere: era un’opportunità da non perdere e poi la mia vita aveva bisogno di una svolta. Passarono alcuni giorni e, quando mi ripresi completamente, andai a cercare Gabriel per riferirgli che accettavo la sua proposta. Lo stesso giorno Gabriel mi spiegò in cosa consistevano i miei allena-menti: alla mattina portavo secchi d’acqua su e giù per lunghe scale e correvo per i campi del Regno con pesi attaccati alle braccia ed alle gambe. Al pomeriggio, dopo aver fatto una breve pausa, mi allenavo con le prime, semplici basi di magia. Per finire riprendevo gli allenamenti, ma con le armi, in particolare con la spada; mentre tutte le sere dovevo studiare gli incantesimi che mi erano richiesti per la pratica del giorno dopo. L’addestramento era completamente diverso da quello esercitato nelle accademie militari del Regno. Il mio maestro, che era Gabriel in persona, ben presto dovette constatare che, siccome apprendevo con facilità, po-teva aumentare i carichi di lavoro.

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Nonostante la mia formazione sembrasse quasi una tortura, trascorse ra-pidamente un anno intero. Faticai molto ma, l’obiettivo finale che mi era stato offerto, valeva la pena di quelle torture. Non immaginavo che per diventare un vero guerriero bisognasse essere molto bravi anche men-talmente. Infatti, solo dopo aver affinato le mie capacità, Gabriel mi spiegò che il mio obiettivo non era diventare un semplice soldato: dove-vo entrare nella schiera degli Arcangeli. Non sapevo bene cosa questo significasse, ma per farlo dovevo essere tra i migliori dieci combattenti del Regno. Una mattina di riposo dagli esercizi, mi addentrai nelle stradine attorno al castello. Vidi uno strano individuo che aveva dei medaglioni appesi al collo e si reggeva ad un bastone tutto intarsiato. Incuriosito decisi di se-guirlo fino a quando non entrò in una chiesa. Il luogo era buio e umido mentre le grandi colonne che reggevano il soffitto sembravano possenti e indistruttibili. L’uomo era inginocchiato davanti ad un altare sovrastato da un’enorme scultura tonda raffigurante dieci stelle con al centro una più grande. Ad un certo punto l’uomo si voltò: ‹‹Di cosa hai bisogno Ra-phael?›› ‹‹Come?›› ‹‹Ti serve qualcosa?›› ‹‹Ma come conoscete il mio nome?!›› ‹‹Questo non ha importanza. Chiedimi pure quello che stai pensando.›› Quell’uomo mi incuteva timore. Sembrava conoscesse ogni mio singolo pensiero. ‹‹Sì, ecco. Mi chiedevo cosa steste facendo. È un posto così strano que-sto.›› ‹‹Ah ah! Sì, è un posto strano per chi non conosce la storia di Leiru. Co-munque io sono lo sciamano di Hatryria e questo è uno dei tanti luoghi di culto del paese.›› ‹‹Ah, capisco.›› ‹‹No, non credo.›› mi rispose. ‹‹Sì, in effetti stavo pensando che non so nulla della sua storia.›› ‹‹Visto che hai la mattina libera potrei raccontartela, se vuoi.›› ‹‹Sì, va bene.›› ‹‹Allora mettiti comodo su quelle panche che inizio il mio racconto.›› ‹‹Il cammino dell’uomo in questo mondo è pieno di contraddizioni e di misteri. I libri che raccontano con certezza le gesta e le battaglie che por-tarono alla divisione delle terre attuali arrivano solamente a settecento

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anni fa. Di tutto quello che è avvenuto prima ci sono solo leggende, an-che se è palese che, nell’evoluzione delle conoscenze umane, mancano ancora molte tappe da spiegare.›› Quelle parole aumentarono la mia curiosità: sembrava che potessero farmi rivivere la storia. ‹‹Esistono libri segreti e di non ben definita origine, che raccontano della nascita dell’uomo come semplice animale, ma dalla spiccata capacità ra-zionale. Questo lo ha portato ad essere l’egemone della terra e a sotto-mettere tutti gli altri animali sotto il suo comando. Ingegnandosi creò il fuoco, scoprì l’agricoltura e l’allevamento. Si unì in tribù e fu succube di una delle prime arti create: quella della guerra. Ad est del mondo vi era-no migliaia di tribù il cui unico scopo di vita era l’annientamento dell’avversario. Con ferocia, l’uomo orientale cercava e distruggeva ogni simile non appartenente alla sua tribù.›› Pensai che rispetto al periodo di pace che stavamo vivendo questa storia aveva dell’incredibile. ‹‹Nel resto del mondo, intanto, l’uomo si evolveva e creava villaggi, nuovi strumenti e nuovi modi di organizzare la vita. Ma l’immane vio-lenza dell’est, attirò le forze demoniache che, fin dal principio, attende-vano addormentate e rinchiuse la nascita dell’odio e del terrore. Incontra-rono in quell’uomo l’essere eletto per portare sulla terra il dominio del Male. I demoni allora decisero di presentarsi in superficie; attirarono gli uomini e si impossessarono dei loro corpi perché questo era l’unico mo-do per poter governare il mondo. Li spinsero a spargersi per i territori seminando morte e distruzione, ma l’uomo libero si era già organizzato per affrontare questa piaga. Cavalieri di molti villaggi si unirono e per la prima volta, cooperarono per un fine comune: sconfiggere il Male. Lo scontro avvenne nella spianata al centro delle terre emerse dove scorre il fiume chiamato Inige.›› ‹‹Quindi all’incirca in questa zona?›› ‹‹Esatto ragazzo. Migliaia di cavalieri e di fanti dei villaggi liberi, co-mandati dal generale Wlaaier, si erano schierati per immolarsi affinché i demoni non prendessero tanto facilmente il controllo di quelle terre. Di fronte si trovarono centinaia di uomini primitivi, senza protezioni, solo armati di archi e spade fatte di una lega poco resistente. Sembrava uno scontro senza storia: gli uomini liberi erano meglio equipaggiati e orga-nizzati. Partirono dunque all’attacco, iniziando a pensare a come sarebbe stato il mondo senza guerre e tristezza. Sfortunatamente, non avevano calcolato un’arma che i primitivi avevano a loro disposizione, anche per-ché non potevano conoscerla. Le tribù avevano il dono demoniaco di u-

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sare la loro forza spiritica, concentrarla e scagliarla contro i nemici. Que-sta forza venne in seguito chiamata magia nera a causa del suo scopo as-sassino.›› “Quindi la magia è stata creata per uno scopo malvagio.” pensai. ‹‹I primi drappelli di uomini liberi scagliati contro le forze dei demoni furono spazzati via da onde magiche e trucidati da sfere di fuoco. Pochi primitivi caddero a terra, ma vennero riportati in vita per l’ultima volta dai Negromanti, uomini capaci di catalizzare la propria forza magica per entrare negli inferi e riportare sulla terra le anime dei dannati. La situa-zione si era dunque ribaltata. Due terzi delle truppe libere caddero sul campo di battaglia mentre le altre si ritirarono all’interno delle foreste del nord per cercare di riorganizzarsi. Gli eserciti furono presi dal panico di fronte a quella nuova forza a loro sconosciuta e iniziarono a disperarsi, pensando all’ordine che il mondo avrebbe presto preso. L’uomo sarebbe stato schiavo dei demoni e costretto ad ogni tipo di sofferenza; quella che era una terra perfetta per creare una civiltà potente e libera, si stava per trasformare in un incubo senza fine. Un fatto imprevedibile però atten-deva le sorti dell’umanità.›› ‹‹Non potevo immaginare che la nostra storia fosse così intricata.›› ‹‹Aspetta di sentire il resto, Raphael. Nella notte tra il terzo e il quarto giorno di battaglia, dopo che gli umani decisero di utilizzare l’imprevedibilità delle foreste per tendere agguati alle forze del Male, la situazione cambiò in modo determinante. Uno dei comandanti delle forze libere fu avvicinato e catturato da un gruppo di dannati che voleva, così, abbattere definitivamente gli animi delle truppe avversarie. Commisero allora il più grande degli errori. Il comandante Leiru era uno dei più va-lorosi combattenti della terra, ma non solo: durante i suoi addestramenti, aveva avuto a che fare con anziani sciamani e vecchie sensitive che era-no i capi spirituali di quelle esigue tribù ancora poco sviluppate del nord del mondo. In quelle esperienze riuscì ad imparare strane arti che solo quei personaggi sconosciuti conoscevano. Entrando in contatto con lo spirito positivo dentro di sé, Leiru poteva trasformare quello stesso spiri-to in un prodigio. Fu in grado di curare il corpo e l’animo delle persone. Era entrato in contatto con quella che poi fu chiamata magia bianca, in eterno contrasto con quella nera. Quella sera i dieci dannati avevano ini-ziato a torturare il comandante con ogni sorta di arnese in loro possesso. “Credete che il mondo si arrenderà ai vostri voleri? L’uomo non permet-terà al Male di governare! Né ora né mai!!!” giurò Leiru e ormai in preda ai dolori più atroci svenne; in quello stesso istante una luce si sprigionò dal suo corpo e investì i posseduti. La forza benefica dello spirito di Lei-

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ru liberò quei dieci uomini dalle forze del Male e li trasformò in guerrieri formidabili, al servizio della parte della terra che combatteva i demoni. Lo spirito del comandante si divise dunque in dieci parti e si legò ai cuori dei guerrieri liberati. Questi avevano acquisito i poteri di Leiru, ma ave-vano anche mantenuto una parte di quelli demoniaci; erano diventati im-battibili. Da quel momento li chiamarono i Dieci Arcangeli.›› Udite tali parole pensai al nome dell’esercito di cui dovevo entrare a far parte: appunto i Dieci Arcangeli. ‹‹I guerrieri corsero subito contro il nemico circondati da auree lucenti che illuminavano la notte. I soldati del mondo libero guardavano incre-duli verso quei personaggi che poco dopo sarebbero stati divinizzati e, mossi da un vigore prima assopito, si spinsero anche loro all’attacco de-gli assedianti. Un esercito riscoperto si scontrò contro i demoni e, grazie ai dieci guerrieri liberati, la vittoria del Bene sul Male fu schiacciante. L’uomo libero aveva ripreso possesso della terra, pronto a ripopolarla e a continuare l’iter evolutivo che solo la specie umana era in grado di com-piere. I dieci guerrieri scomparvero nella notte: i soldati li videro librarsi in volo verso le stelle che sovrastavano le foreste; ebbero poi tutti una visione che fece intendere all’uomo la strada da intraprendere. Il corpo di Leiru, avvolto da raggi di luce, ascendeva, sorridente, insieme a quelli dei guerrieri. Gli sciamani delle tribù del nord iniziarono ad avere visioni riguardo quello che era successo in quella sacra notte. “È successo davvero! Il Signore degli eserciti ci ha liberati! Il Male è sta-to annientato!” annunciarono alle genti. Da quel giorno cominciarono a raccontare e, grazie ai loro poteri, a mostrare, attraverso il pensiero, il miracolo. Leiru divenne il liberatore; divenne colui che ha sconfitto il Male solo con la forza del suo spirito; divenne il Signore degli uomini.›› Detto questo lo sciamano si alzò e entrò in una stanza lì affianco. Tornò con in mano qualcosa. ‹‹I fatti, a partire dalla fuga nelle foreste del nord, sono raccontati in due libri trovati più di seicento anni fa dentro alcune grotte a nord-est della terra. Non si conosce la provenienza anche se si pensa siano stati proprio gli sciamani a scrivere le gesta del Signore; la lingua, infatti, è quella di altri libri, questa volta di magia, scoperti in quel periodo e in quelle stes-se zone.››. Mi mostrò i testi che aveva in mano e sulla prima pagina di uno di essi vi era scritto:

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“Questo incredibile racconto narra le gesta del comandante Leiru del mondo libero, che attraverso il suo potere spiritico diffuso nei Dieci In-vincibili Guerrieri Redenti, distrusse il Male che dilagava sulla terra.”. Lo sciamano riprese, indicando la scultura sopra di noi: ‹‹Gli uomini credono a tutto ciò e venerano la figura di Leiru, Signore degli Eserciti, convinti che la propria libertà esista grazie al suo sacrificio. Gli antenati di noi sciamani ed i sacerdoti hanno fondato comunità e chiese su tutta la terra, per permettere all’uomo di venerarlo. Molte copie di questi scritti ritenuti sacri riempiono tuttora i nostri luoghi di preghiera. I ritrovamenti furono di così grande importanza che, dopo secoli di evoluzione, una volta che fu necessario scandire la durata della vita, dividendola in se-zioni misurabili, l’uomo decise di considerare l’anno delle scoperte a nord-est del mondo come quello zero, quello della vera nascita dell’uomo in quanto essere razionale liberato dalla schiavitù demoniaca. Nei secoli successivi l’uomo si concentrò nella ricerca della tranquillità e dello sviluppo, memore di cosa volesse significare fare la guerra e porta-re la morte. Scoprì mano a mano le tecnologie che permisero di condurre una vita più agiata: dall’utilizzo degli animali in agricoltura all’alternanza di messi durante uno stesso anno. Tutte queste scoperte andavano però di pari passo con quelle in campo militare.›› ‹‹Secondo me le azioni malvagie dell’uomo non sono sempre opera del demonio.›› ‹‹Pensi bene, infatti soltanto nel 295 una nuova guerra devastava la vita umana. In quel periodo la terra era stata divisa in piccolissime aree tutte sotto controllo di Re, autoproclamatisi tali nelle loro zone d’influenza soltanto in base al potere economico acquisito. In alcuni di questi crebbe il desiderio di allargare il proprio dominio su più vasti territori. Iniziaro-no così venticinque anni di guerra che rivoluzionarono l’intero sistema dei reami. Tutto iniziò ancora ad est, dove alcuni Re si allearono con l’intento di conquistare più reami possibili, così da accrescere la loro ric-chezza. Quella terra del male non era dunque stata bonificata totalmente. Si spinsero ad ovest dove costrinsero la popolazione del più grande rea-me, quello di Re Frinl, ad emigrare, fuggire dalla patria ormai in fiamme e sbarcare sull’Isola del Deserto dove con immense difficoltà poté creare un nuovo stato, lontano dalle minacce continentali. Conquistarono anche la parte settentrionale del mondo dove pochi Re difesero i propri territori lasciando che le forze orientali si impadronissero di tutte le ricchezze. Solo uno, il più poderoso e potente, uno dei discendenti della famiglia di Leiru, resistette con il suo esercito portandolo quasi alla vittoria su

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quell’armata ormai senza freni. Non si conobbe il motivo della sua resa, il suo stesso popolo non credeva a quello che stava succedendo: sull’orlo della più grande vittoria, dopo quella sui demoni, il loro reame fu in-ghiottito dai regni dell’est senza essere stato sconfitto sul campo di bat-taglia. Ora rimaneva solo il regno di Desius I costruito sul corso centrale del fiume Inige. Essendo l’unico rimasto, tutti coloro che erano contrari al governo dei nuovi regnanti confluirono nel regno centrale, preparan-dosi all’ultimo tentativo di porre fine a quella inutile strage. In poco tempo l’impero fu letteralmente invaso da combattenti alleati, pronti a difendere quell’ultimo baluardo libero. Sotto il comando di Desius, le forze di tutto il mondo si unirono per respingere gli aggressori e riusci-rono nel loro intento. Il fronte che spingeva dal regno Centrale, assieme a tutte le lotte intestine ai regni conquistati, fu la causa del crollo della mi-naccia dell’est. Gli aggressori furono trucidati insieme alle loro truppe, mentre tutto il mondo si trovava ora riunito sotto un unico Re: Desius del regno centrale.›› ‹‹Quindi divenne l’imperatore del mondo intero?›› ‹‹Non proprio: accortosi immediatamente dell’enorme potere conquista-to, ma anche dell’immensità del territorio da controllare, Desius decise che fosse più opportuno dividere il mondo in territori e lasciare la loro amministrazione alle popolazioni locali. La lotta contro i conquistatori e questa decisione fondamentale fecero sì che Desius sia ricordato come il migliore Re di tutti i tempi. Purtroppo morì nel 322 e non riuscì a vedere i frutti del suo lavoro. Lasciò la pesante eredità di questa decisione a suo figlio ventenne Desius II, che stabilì i confini tuttora vigenti e riuscì a gestire la situazione dell’est del mondo, da sempre fucina di battaglie e di aggressioni. Creò dunque un regno isolato grazie all’utilizzo della ca-tena dei monti Kranger, che fanno da barriera naturale, e al mare che lo isola ad est. Il regno centrale fu rinominato Ancient per decisione testa-mentaria di Desius I. Questa, ragazzo, è la storia del nostro popolo, an-che se raccontata in breve.›› ‹‹Incredibile! Quindi il male ha tentato più volte di conquistare il regno degli uomini.›› ‹‹Purtroppo è così. E probabilmente non smetterà mai di farlo.›› ‹‹Ti ringrazio per avermi fatto conoscere queste importanti vicende.›› ‹‹Tu sei un giovane ed è importante che dal passato tu possa attingere ciò che può aiutarti. Torna quando vuoi, Raphael.››. Feci un cenno di saluto con la testa e uscii dalla chiesa deciso a tornare al castello. Andai poi da Gabriel per chiedergli ulteriori spiegazioni sugli Arcangeli. Lui mi spiegò tutto e questo è ciò che conosco.

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III

LA NASCITA DEGLI ARCANGELI Una guerra combattuta all’oscuro della maggior parte del popolo del mondo, fu quella mossa dai regni di Ancient, Quaqmarsh e dell’Isola del Deserto, contro un gruppo di banditi che usava la vastità del mare come difesa. Questi, conosciuti come i Pirati del Male, gente di mare di tutti i reami, avevano iniziato ad attaccare ogni nave commerciale che transita-va tra i tre regni: Quaqmarsh decise di far scortare ogni sua spedizione da una flotta di navi militari, capaci di far paura a qualsiasi avversario. La vera questione sorse quando alcune navi, che furono mandate in aiu-to, si ammutinarono e passarono dalla parte dei Pirati. All’inizio non era chiaro come tutto questo potesse succedere, ma in seguito divenne espli-cito il loro intento. Quando la flotta dei Pirati raggiunse le venti navi, i tre regni decisero che era il momento di fare sul serio. Conoscendo la ca-pacità militare di Ancient, Quaqmarsh e il Regno dell’Isola del Deserto chiesero a Re Dilvas II, appena salito al trono, di formare un esercito ca-pace di sconfiggere questa piaga. Intanto le scorribande piratesche conti-nuavano e i comandanti decisero di rendere chiari i loro intenti in modo da poter attirare altri adepti, utili al loro fine. In un passaggio furtivo vi-cino alle coste, i Pirati pagarono molte persone, per viaggiare per il con-tinente e diffondere la notizia della loro intenzione di iniziare una tre-menda guerra, colma di violenza. Volevano attirare sulla terra i Signori delle tenebre, come era successo all’alba dei tempi. Queste persone cer-carono di portare a termine la loro missione, ma furono trucidate dall’esercito di Ancient prima ancora che potessero partire. Ora il tre-mendo scopo era chiaro e Dilvas II, capì che un semplice manipolo di uomini non bastava: se le forze del Male avessero risposto a quella chiamata, una nuova guerra del Bene contro il Male avrebbe avuto inizio e solo soldati valorosi e capaci, potevano essere all’altezza dello scontro. Decise allora di emettere un bando, in cui si richiedeva ai più valorosi combattenti del Regno di recarsi ad Hatryria, dove una commissione composta da anziani generali e dal Re in persona, avrebbe deciso chi sa-rebbe stato in grado di prendere parte a questa importante missione. In pochi giorni, centinaia di combattenti arrivarono nella capitale.

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Anche Gabriel decise di partecipare: era un modo per verificare il livello della sua preparazione militare. Era infatti stato cresciuto da un generale dell’esercito reale, uno dei più validi di Ancient, ma non era lui suo pa-dre naturale. Lo trovò quand’era ancora in fasce e lo crebbe come un fi-glio. Questa persona non aveva una famiglia, ma dimostrò di conoscere il vero significato delle parole “amore e sacrificio” nei confronti del suo nuovo figlio e del suo Regno. Fin da subito tutti notarono che in quel bambino era racchiuso qualcosa di fantastico. In ogni arte in cui si ci-mentava i risultati che otteneva erano sempre i migliori. In brevissimo tempo apprese le tecniche della lotta corpo a corpo, con armi e senza e i segreti della magia nera. Osservò le tattiche di guerra mentre suo padre spiegava al proprio esercito come ci si doveva muovere sul campo di bat-taglia per affrontare gli attacchi nemici. Per molta parte della sua giovi-nezza si dedicò completamente agli studi pratici e teorici, seguito costan-temente dall’occhio vigile del padre. A soli dodici anni partecipò alla sua prima battaglia e già si poté notare quale grande soldato sarebbe divenu-to col passare del tempo. La svolta della sua vita avvenne all’incirca un anno dopo, quando prese parte alla sua seconda missione. Affiancava sempre il suo insegnante il quale spiegò con insistenza al prediletto che un generale di rispetto deve infondere coraggio e fiducia ai propri uomi-ni. Un modo per farlo è posizionarsi sempre nelle prime file, perché un vero comandante deve essere il primo ad iniziare la battaglia e l’ultimo a terminarla. Anche in quell’occasione il generale diede il via. Sembrava andasse tutto per il meglio, ma due avversari fecero cadere a terra Ga-briel. Uno dei due stava per calare la propria arma sul corpo del ragazzo, ma suo padre se ne accorse e trafisse appena in tempo il nemico. Non riuscì però a reagire anche contro il secondo avversario che lo colpì mor-talmente. Gabriel a sua volta uccise quel soldato e subito si inginocchiò piangente ignorando la battaglia che era ormai quasi al termine. Mi ripor-tò le esatte parole che si scambiarono in quell’ultima occasione: ‹‹Non morire! Ti prego!›› iniziò a dire lui con le lacrime che gli rigavano le guance, ‹‹Tu sei sempre stato come un padre per me! Non mi abbando-nare! Ho ancora bisogno della tua guida!›› ‹‹Caro mio ragazzo.›› disse il generale con un sorriso forzato mentre dal-la sua bocca fuoriusciva un rivolo di sangue, ‹‹Presto sarai un ottimo soldato e, ricordandomi, diverrai il più valoroso comandante a guida del più forte esercito del mondo intero.›› ‹‹Ma come? Non ce la farò da solo!›› ‹‹Se crederai in te stesso troverai la strada per raggiungere i tuoi obietti-vi.››

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‹‹Resta! Non voglio perderti!›› ‹‹Continua a ricordarmi, sarò sempre con te.›› la voce si fece più flebile: quelle furono le sue ultime parole, dopodiché spirò. Tornarono alle proprie case da vincitori, eppure, quella volta, nessuno aveva voglia di festeggiare. L’allora Re di Ancient, Dilvas I, diede degna sepoltura al corpo di quel grande combattente. Sicuramente fu il periodo peggiore per Gabriel, ma non si disperò per la perdita di suo padre, non-ché maestro: riprese ad allenarsi e studiare ancora più di quanto facesse prima e diventava sempre più forte ed inarrestabile. Scelse il suo equi-paggiamento: un’armatura bianca, uno spadone ed uno stallone bianco come cavalcatura. Quando si presentò ai generali fu subito inserito nella schiera dei possibi-li condottieri: il suo corpo possente ma equilibrato e il suo sguardo deci-so, colpirono immediatamente la commissione. Il Re, che obbligatoria-mente partecipava alla scelta, diede il benvenuto al ragazzo: ‹‹Bene, il tuo nome è Gabriel, vero? Sei pronto a mostrare a me e a questi generali le tue potenzialità?›› Gabriel era però distratto e si stava guardando attorno: il cortile del ca-stello di Hatryria, dove la commissione riceveva i combattenti, aveva qualcosa di strano. Era tutto recintato e, sul lato destro, aveva tre gran-dissimi portoni bloccati con dei tronchi di pino e con due guardie ciascu-no a controllarne l’apertura. Sulla sinistra, invece vi erano recinzioni rin-forzate con delle sbarre di ferro che dividevano il campo di battaglia dal-le tribune dove era posto un tavolo per i generali: sembrava un’enorme gabbia di prigionia. La cosa più inquietante, era però la presenza di gros-se chiazze di sangue sul terreno e sui tre grossi portoni misteriosi che al-cuni servi si affrettavano inutilmente a pulire. ‹‹Allora Gabriel! Sei per caso sordo?›› insistette il Re. ‹‹No Mio Sire, perdonatemi. Sono pronto.›› ‹‹Bene. Aprite i portoni allora!››. Appena le guardie li spostarono con fatica, i servi si mossero dietro al tavolo dei generali, mentre una schiera di soldati si posizionò a difesa del Re. Dalle porte uscirono dieci o forse più bestie feroci, catturate nelle zone più impenetrabili del mondo e portate lì per testare le capacità dei possibili comandanti. Gabriel non si aspettava una prova del genere e mentre l’orda animale si avvicinava, lui sguainò la spada e iniziò a pen-sare a quale tecnica utilizzare. ‹‹È incredibile. Sembra impassibile davanti al pericolo.›› disse uno dei generali.

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‹‹Gli altri a questo punto, avevano già iniziato a urlare per farsi coraggio e a lanciare incantesimi a caso contro ogni cosa si muovesse.›› ribadì il Re. Gabriel invece pensava e mentre la prima bestia si trovava ormai di fron-te a lui, decise clamorosamente di ritirare nella fodera dietro la schiena lo spadone, chiuse gli occhi, allargò le braccia ed urlò con voce possente: ‹‹Sfere di fuoco!››. Immediatamente, dal suo corpo si sprigionarono decine di sfere incande-scenti che andarono a colpire con incredibile precisione ogni singolo a-nimale. Pochi istanti dopo, non rimasero che mucchi di polvere sul terre-no. ‹‹Impressionante, mai visto nulla di simile. E tra l’altro è anche giovane. Sire, credo che abbiamo trovato ciò che cercavamo.›› ‹‹Lo credo anch’io mio caro generale. Bene giovane Gabriel, hai fatto un ottimo lavoro.›› e, rivolgendosi alle guardie ordinò, ‹‹Ritiratevi, ormai non c’è più pericolo.››. Le guardie obbedirono e così i generali poterono controllare lo stato fisi-co del candidato. ‹‹Ottimo Gabriel, vedo che non dai segni di stanchezza. È una cosa buo-na. E mi potresti spiegare perché hai scelto la magia elementale, più pre-cisamente del fuoco, per affrontare i tuoi avversari?›› chiese uno dei giu-dici. ‹‹Certo generale. Ho scelto la magia del fuoco poiché, tra le sedici bestie che mi stavano attaccando, solo due provenivano dal Regno del Deserto e quindi solo quelle avevano possibilità di resistere ad un attacco di fuo-co. Ma data la giovane età di quei due animali non potevano comunque nulla contro il mio attacco.››. ‹‹Stupefacente Gabriel, a dir poco stupefacente.›› esclamò il Re entusia-sta. ‹‹A me invece sembra strano il tuo atteggiamento.›› interruppe uno dei generali più anziani, ‹‹Le tue capacità con la spada devono essere ancora testate visto che forse, data la tua inferiorità con quell’arma, vedendo tanti avversari hai preferito la strada più facile della magia elementale.›› ‹‹Oh Kiorin, ti prego, lascia stare questo ragazzo. Ha fatto vedere grandi cose.›› disse irritato il Re. ‹‹Lasciate, mio Sire, che il giovine si difenda da solo. Prego Gabriel, giu-stifica le tue azioni.›› ‹‹Mio generale, è vero. All’inizio ero intenzionato ad usare la mia spada, ma dato il numero dei mostri ho rinunciato.›› ‹‹Non avevo dubbi. Avete sentito Sire?››

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‹‹Semplicemente perché,›› interruppe ancora Gabriel, ‹‹Credo che per i servi sia più facile spazzare mucchi di polvere che togliere macchie di sangue!››. Alla battuta di Gabriel, seguirono grasse risate da parte della commissio-ne e un accenno di applauso da parte dei servi. In pochi istanti, il nostro capo si era assicurato il posto nella spedizione, il consenso del Re e quel-lo di tutta la servitù. ‹‹Per non avere dubbi Gabriel, io direi che potresti completare la sfida affrontando un altro branco di belve, questa volta corpo a corpo. Accet-ti?›› ‹‹Accetto!›› ribadì Gabriel sicuro di sé, ‹‹A condizione che se dovessi superare anche questa prova, sarò io a comandare e a scegliere i compo-nenti dell’esercito, qualsiasi missione debba portare a termine.›› Il Re sembrò dubbioso: ‹‹Accetto, ma dovrai dare il massimo. È lodevole la tua sfrontatezza.››. Ad un suo cenno si riaprì un solo portone da cui uscirono cinque belve. Gabriel le uccise tutte con un unico movimento lineare, potente e morta-le. Evitò troppi schizzi di sangue e ridusse al minimo le pozze. Ora non c’erano più dubbi: sarebbe stato lui il capo dell’esercito speciale. Quello stesso giorno il Re lo investì della carica di Comandante dell’Esercito dei Tre Regni: ‹‹Ora, caro Gabriel, sta a te scegliere chi farà parte di questa missione. Ormai fai parte delle schiere reali fin dalla gio-vane età e per questo mi fido di te, ma sappi che dovrete sconfiggere un avversario molto pericoloso.››. Il Re spiegò a Gabriel la situazione nei mari del mondo e qual’era l’obiettivo dei Pirati. ‹‹Quindi questi Pirati hanno intenzione di richiamare il Male sulla terra?! Mi sembra strano che un piccolo gruppo di uomini possa fare così tan-to.›› ‹‹Il fatto è che i ribelli, forse, sono in possesso di qualcosa che potrebbe aiutarli.›› ‹‹Di cosa si tratta?›› ‹‹Non lo so di preciso, dicono uno strano libro. Ma sembra siano solo delle farneticazioni degli sciamani. Non c’è nulla di sicuro ma meglio non rischiare. Ora continueremo le prove con altri guerrieri e tu sceglie-rai chi farà parte delle tue schiere. Hai già pensato a quanti te ne servo-no? Cento? Duecento?›› ‹‹Poco tempo fa ho avuto l’occasione di leggere la storia di Leiru: ebbe-ne mio Sire sembra che stia succedendo di nuovo. Allora me ne bastano nove. Nove persone capaci di usare ogni tipo di abilità per annientare il nemico; nove persone che a testa, in una sola volta, possono uccidere

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mille volte il numero dei nemici che un singolo soldato può uccidere in tutta la sua vita. Formeremo un gruppo imbattibile e, in onore di Leiru e dei dieci liberati, ci chiameremo gli Arcangeli.››. La sua tenacia e la sua decisione impressionarono tutti; sembrava facesse il comandante da tutta la vita e che la nuova missione fosse una semplice sessione di allenamento. ‹‹Direi, miei generali, di iniziare subito a chiamare gli altri combattenti che stanno aspettando fuori, cosicché il nostro comandante possa sceglie-re il prima possibile. Gabriel hai la nostra piena fiducia; sembri deciso quanto basta per fermare questa piaga e siamo sicuri della tua vittoria. Ora scegli accuratamente e corri a distruggere i nemici!›› ‹‹Mio Sire mi dispiace interrompere questa bella scenetta.›› si intromise Kiorin, ‹‹Parlo a nome mio e di un gruppo di altri generali, che non osa-no prendere la parola: abbiamo una richiesta da fare.›› ‹‹Sentiamo.›› ‹‹Sarebbe un grosso errore mandare allo sbaraglio dieci soldati proba-bilmente con poca esperienza militare, contro venti, anzi ormai trenta navi di pirati; Ancient sarebbe certamente sconfitta, Mio Sire.›› ‹‹E vediamo, tu cosa proponi?›› ‹‹Propongo che almeno sei dei dieci uomini della spedizione siano altret-tanti comandanti di truppe di Ancient. Sapete bene, Maestà, che sono preparatissimi alla guerra, grazie all’addestramento della migliore acca-demia di questo mondo, quella di Hatryria.›› ‹‹Kiorin, questa tua presunzione davanti alle decisioni del tuo Re mi fa pensare che mio padre si sia sbagliato quando ti ha…›› ‹‹Va bene,›› Gabriel interruppe il Re molto irritato, ‹‹Sceglierò gli altri tre combattenti, ma i vostri comandanti dovranno stupirmi, altrimenti continuerò con la scelta di uomini esterni all’esercito.›› ‹‹Gabriel, non sei obbligato a scendere a patti con quel vecchio stolto. Sei sicuro che la missione non mancherà di nulla nonostante questa deci-sione?›› ‹‹Mio Sire, non c’è da preoccuparsi. Credetemi, va bene ugualmente.››. Finita la discussione Gabriel chiese subito di fare entrare i primi combat-tenti così da iniziare a scegliere i tre esterni. Nel frattempo il Re aveva inviato degli emissari per richiamare alcuni comandanti che erano di stanza in altre parti del regno, cosicché potessero essere posti al giudizio di Gabriel.

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IV

I PRIMI SELEZIONATI

‹‹Ecco il primo, comandante.›› disse un soldato porgendo una pergamena con la descrizione del milite, ‹‹Quando ci darete il segnale apriremo le porte per fare uscire le bestie.›› ‹‹No grazie. Non ce ne sarà bisogno. Voi e la servitù potete andar via; credo che il Re sarà così gentile da concedervi un po’ di riposo. Che ne dite Sire?›› ‹‹Tu sai trattare con la gente Gabriel. Andate pure a riposarvi. Sembra che qui non abbiamo più bisogno di voi.›› Quasi tutti i servi e i soldati abbandonarono la zona non nascondendo la loro felicità. ‹‹Come hai intenzione di esaminare i combattenti?›› ‹‹Mi sfideranno Sire. E colui il quale si avvicinerà di più alla vittoria, fa-rà immediatamente parte della spedizione. Ovviamente do per scontato che nessuno riesca a sconfiggermi.››. Intanto il combattente si era avvicinato al tavolo. Era magro, senza mu-scoli e sembrava anche impaurito dalla sua stessa ombra. ‹‹Ehm…bene, benvenuto soldato. Questo è il comandante della spedi-zione che ora…›› ‹‹Il prossimo.›› ‹‹Come Gabriel?›› ‹‹Mandate il prossimo per favore: potrei procurare ferite inguaribili con solo un mio soffio a questo soldato. Il prossimo.››. Il soldato si volse e tornò senza dire una parola verso l’entrata. Ne scartò altri ventisette fino a quando riuscì a selezionare i tre più po-tenti. ‹‹Benvenuta Raziel.››. Raziel, era nata e cresciuta in una tribù tranquilla e pacifica nelle foreste del Regno di Quaqmarsh. La vita degli abitanti procedeva felice tra stra-ne case sugli alberi in mezzo alla foresta; ma un giorno arrivò a disturba-re la quiete l’esercito inviato da Wrastlon Re di Quaqmarsh con lo scopo di annientare queste popolazioni ritenute un pericolo per il regno. La sua

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famiglia e tutte le persone che conosceva furono uccise. Solo lei, che al-lora era una bambina di poco più di cinque anni, fu risparmiata dall’esercito imperiale il quale, dopo aver compiuto la missione di ster-minio, stava per tornare nella propria città. A poche ore dall’uscita dalla foresta, questo stesso esercito fu attaccato a sorpresa da un’altra tribù più agguerrita rispetto alla precedente e, in breve, nessun soldato restò in vi-ta. Nascondendosi accuratamente scampò anche al nuovo pericolo e, non sapendo più cosa fare e dove andare si recò terrorizzata verso la più vici-na città. Là fu accolta come una comunissima orfana. Odiava quel borgo e quel regno che le aveva strappato la propria famiglia e appena fu abba-stanza grande, colse l’opportunità di viaggiare con alcuni mercanti: pro-prio da loro imparò ad utilizzare armi a lunga gettata come archi e bale-stre. Tra i vari ed incessanti spostamenti della sua nuova compagnia finì ad Hatryria e, vedendo che in questa città avrebbe avuto modo di allenar-si con costanza nella sua arte, decise di fermarsi. Inizialmente si procu-rava lo stretto necessario per sopravvivere partecipando a gare di tiro con l’arco ed alcune volte anche con la balestra. All’inizio veniva sbeffeggia-ta perché, essendo una dama, nessuno credeva nelle sue potenzialità, ma appena scoccava le prime frecce le risa del pubblico si trasformavano in silenzio di stupore. Il suo abito era composto da un vestito di pelle di cervo o un animale simile. Aveva costruito il suo arco lei stessa, con molta calma e pazienza, dal legno di un albero secolare delle sue terre natali. Ne era molto affezionata e non se ne separava mai. ‹‹Sei sicura di voler partecipare al duello? Non è certo un posto adatto ad una donna giovane.›› puntualizzò il Re. ‹‹Certo che voglio partecipare! Sono venuta qui proprio per questo!›› ri-spose quasi stizzita. ‹‹Vedo che possiedi un arco.›› notò Gabriel. ‹‹Esatto. Sono un’arciere e credo di saper usare molto bene quest’arma.›› ‹‹Utilizziamo due arti completamente diverse e fare un duello non credo sia una cosa saggia.›› riprese Gabriel, ‹‹In ogni caso credo che una per-sona in grado di usare ottimamente un’arma da lancio possa essere molto utile.›› poi rivolgendosi a Re Dilvas continuò: ‹‹Scusate Sire: possiamo metterla alla prova con qualche lancio?›› ‹‹Certo! Servo! Fai portare subito un bersaglio!›› ‹‹Come desiderate.›› rispose il servo interpellato. Poco più tardi la stessa persona si presentò con un classico bersaglio per arcieri e lo posizionò all’estremità opposta a quella in cui stava Raziel. ‹‹Bene ragazza.›› riprese il Re, ‹‹Adesso mostraci le tue capacità.››

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Raziel afferrò una freccia, la caricò, prese la mira, ma con meraviglia di tutti non scoccò e ritrasse il dardo nella faretra. ‹‹Mi dispiace, ma un obiettivo simile è troppo semplice. Se è possibile gradirei che mi venisse portato un secondo bersaglio uguale a quello, da posizionare a fianco.›› ‹‹Non conosco le tue intenzioni, ma acconsentirò alla richiesta.›› rispose Dilvas, ‹‹Presto servo: porta un secondo bersaglio.››. Il servo ubbidì immediatamente portandolo e piazzandolo. ‹‹Così va bene?›› chiese il Re. ‹‹Va benissimo.›› fu la risposta che ottenne. Questa volta Raziel estrasse due frecce e le caricò entrambe nell’arco po-sizionato orizzontalmente. ‹‹Riesco a colpire l’occhio di una persona che dista a più di due campi da me. Questo lancio è facilissimo.››. Appena terminata la frase, scoccò entrambe le frecce e ciascuna centrò perfettamente gli obiettivi. ‹‹Sbalorditivo!›› esclamò il Re. ‹‹Col vostro permesso Re Dilvas, vorrei che un simile arciere possa prendere parte alla squadra.›› pronunciò Gabriel, ‹‹Anche perché tutti i combattenti si sono presentati con armi da corpo a corpo ed almeno uno che sappia usare armi a lunga gettata sarebbe indispensabile.›› ‹‹Effettivamente il tuo ragionamento è valido.›› riprese il Re, ‹‹Allora la ragazza può essere una dei Dieci Arcangeli.›› ‹‹Il prossimo che ha risposto al nostro annuncio si chiama Hesediel. Pre-go, puoi entrare a combattere.››. Hesediel era un uomo di statura superiore alla media: grossissimo, tal-mente muscoloso che un suo braccio era quasi il doppio di una gamba normale. Per gli spostamenti usava un cavallo marrone con qualche sfu-matura bianca: povero animale, cosa doveva sopportare! Non indossava nessuna armatura, viaggiava sempre a dorso nudo, tranne che in inverno. Vestiva dei calzoncini di pelle che raccontava fosse di un rinoceronte che aveva strozzato con la sola forza delle sue braccia. Non so quanto questo fosse vero. Hesediel non era nato nel regno di Ancient ma nel regno dell’ovest, più comunemente chiamato “Isola del Deserto”. Fin da piccolo si allenava nei sollevamenti di pesi e nel combattimento corpo a corpo. Era diventato davvero bravo, tanto che suo padre decise di farlo partecipare ad alcuni combattimenti organizzati da lui stesso: chi

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avesse sconfitto suo figlio avrebbe vinto una grande somma di denaro. Per partecipare, ovviamente, bisognava pagare una quota che non sareb-be, in nessun caso, stata restituita. In questo modo la famiglia di Hesediel poteva sopravvivere sfruttando la forza e l’abilità del figlio; ma lui non si sentiva usato anzi, gli piaceva davvero tanto combattere e fare felici i suoi genitori. Un giorno, dopo aver sconfitto i migliori combattenti di quasi tutto il Regno dell’Isola del Deserto, Hesediel decise di abbandonare quella terra sterile per trasferirsi con la sua famiglia ad Ancient. Durante il viaggio però, appena dopo lo sbarco ad Arbias, la madre fu colta da un malore e pochi giorni dopo si spense tra le sue braccia. Quel giorno cambiò la sua vita, tanto da decidere di scappare da Arbias per dirigersi verso Hatryria, dove con suo padre avrebbe organizzato altri scontri e si sarebbe arric-chito ancor di più. Giunto nella capitale del Regno di Ancient rimase e-stasiato dallo splendore della città e iniziò da subito a frequentare le lo-cande più rinomate e costose del Regno. Proprio dopo una sera passata in un’osteria con suo padre, la sua vita subì un altro sconvolgimento: men-tre passeggiava per le vie della periferia un uomo malconcio si avvicinò chiedendo se i due avessero qualche spicciolo da dargli. Il padre di He-sediel tirò fuori il gruzzolo mosso da compassione: ‹‹C’è chi non può permettersi quello che possiamo avere noi. Una moneta magari lo può aiutare.›› disse guardando il figlio. Mentre posava la moneta nella mano del povero, venne assalito alle spal-le da una donna, evidentemente complice del primo. I suoi occhi si spa-lancarono e una lama di spadino gli spuntò dal petto dopo essere entrata dalla schiena, mentre un rivolo di sangue usciva dalla sua bocca. Hese-diel fu scioccato da ciò che era accaduto e non comprese subito cosa fos-se realmente successo; ma quando la donna afferrò con avidità il sacchet-to delle monete, l’omone la prese per il collo, non controllando più la sua forza e la sua ira. Le gambe della donna dondolarono in aria per qualche minuto fino a quando smisero di agitarsi, indicando il sopraggiungere della morte. Hesediel rimase tutto il tempo a fissare, in quella posizione, il corpo senza vita del padre; quando la donna smise di divincolarsi la gettò sulla strada con disprezzo, mentre in fondo alla via il complice sta-va cercando un luogo per nascondersi. ‹‹Padre mio! Come posso vivere anche senza di te?›› disse inginocchiato di fianco al corpo. Quando si alzò, dopo alcuni minuti di veglia, prese con facilità in braccio il cadavere del padre, cercando un posto dove poterlo seppellire. Dopo quella serata di strazio, Hesediel passò giorni e giorni a vagare per la ca-

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pitale, senza sapere che fare della propria vita, quando un pomeriggio, una pergamena affissa in una bacheca attirò la sua attenzione: l’esercito reale aveva bisogno dei più bravi guerrieri del Regno. Il grosso omone si presentò più in forma che mai, deciso a mostrare tutta la sua potenza. ‹‹Ehi!›› esclamò stupito Gabriel, ‹‹Sei enorme! Come ti chiami?›› ‹‹Hesediel, signore.›› ‹‹Bene Hesediel, vedo che non porti né armature né armi, cosa usi?›› ‹‹Le mie braccia, signore. Riesco a spezzare l’osso del collo ad una per-sona senza difficoltà.›› ‹‹Si vede: sei molto muscoloso, però devi usare un’arma se vuoi provare a sconfiggermi.›› poi rivolgendosi a Re Dilvas continuò: ‹‹Scusate sire: nell’armeria del castello vi è, per caso, un’ascia? Penso che sia la più a-datta per Hesediel.›› ‹‹Mi sembra che ci sia un’ascia a doppia lama, che però nessuno è mai riuscito ad usare.›› ‹‹Col vostro permesso, vorrei che i servi rimasti qui la portassero, per farla provare ad Hesediel.››. Il Re fece un cenno di consenso e disse ai servi: ‹‹Avete sentito?! Anda-te!››. Nel tempo d’attesa, Gabriel fece domande al suo nuovo sfidante: ‹‹Da dove arrivi? Non mi sembri nativo di Hatryria.›› ‹‹No, signore, sono nato sull’Isola del Regno del Deserto.›› ‹‹E cosa ti ha spinto a presentarti qui?›› ‹‹I miei genitori sono morti e sono rimasto solo, ho letto la pergamena ed ho pensato che dovrei riuscire a prendere parte al vostro esercito.›› ‹‹Ah. Mi dispiace per i tuoi genitori. Comunque cosa ti fa credere che riuscirai ad entrare nel nostro esercito?›› ‹‹Non esiste persona capace di battermi in potenza.››. Poco dopo i servi tornarono trainando un carretto con appoggiata sopra l’arma. ‹‹Bene Hesediel, ora combatterai contro di me usando quest’ascia, ma stai attento sembra molto pesante.›› Gabriel si avvicinò al carretto e sol-levò l’impugnatura. ‹‹Dannazione!››. A fatica riuscì a trascinare l’ascia fuori dal carretto e le due estremità caddero a terra. ‹‹Forza ragazzo: vieni e prendi questa.››

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‹‹Sì, signore.›› rispose Hesediel recandosi da Gabriel ed impugnando con entrambe le mani l’arma. Dopo un primo momento di difficoltà, l’omone riuscì a sollevare l’ascia e poi disse: ‹‹Quando iniziamo a combattere?›› ‹‹Iniziamo adesso.›› rispose Gabriel e immediatamente l’avversario partì a sorpresa, sferrando un possente colpo che mancò il suo obiettivo e si schiantò a terra con un boato. Prontamente Gabriel estrasse la spada. ‹‹Devo farti i miei complimenti: sei più forte di quanto pensassi.›› riprese Gabriel, ‹‹Riesci ad usare quell’ascia nonostante il suo peso.››. Hesediel però non era interessato a rispondere, bensì a combattere. Sca-gliò un altro colpo a Gabriel che tentò di neutralizzarlo con la sua spada. Ciò nonostante, poco poteva contro la forza bruta del suo avversario e la sua lama venne spinta a terra. Hesediel sembrava implacabile e continuò ad attaccare, ma era decisamente più lento di Gabriel, il quale riusciva sempre a schivare i suoi colpi. I due avversari si spostarono nei pressi della palizzata che divideva il poco, selezionato pubblico, dai guerrieri. Un colpo portentoso di Hesediel ne distrusse una parte. Gabriel approfit-tò dell’attacco fallito per ferire, con la lama della sua spada, la mano de-stra dell’avversario. Hesediel perse il controllo dell’ascia che cadde a ter-ra. ‹‹Ahia!›› esclamò dal dolore e subito dopo iniziò a lambire con la lingua la ferita che gli bruciava. ‹‹Sei troppo lento.›› disse Gabriel, ‹‹Devi allenarti molto se vuoi ottenere un controllo perfetto di quell’arma. In ogni caso, ho notato che hai molte potenzialità ancora nascoste ed io voglio darti la possibilità di usufruirne. Entrerai in questo nuovo esercito, ma dovrai allenarti duramente perché le battaglie che intraprenderemo saranno molto più cruenti rispetto a questo semplice duello.›› ‹‹Quindi sono stato ammesso?!›› ‹‹Sei un tipo perspicace. Hai superato la prova. Adesso accomodati pure, ti spiegheranno di quale progetto farai parte.›› ‹‹Grazie, signore.››. ‹‹Gabriel, dobbiamo proseguire o vuoi riposarti?›› chiese il Re. ‹‹Non preoccupatevi Sire, non sono stanco: possiamo proseguire.›› ‹‹Come desideri. Il prossimo combattente…›› ‹‹Scusate se vi interrompo nuovamente!›› s’intromise Gabriel, ‹‹Sono già stati selezionati due dei tre guerrieri e ne manca solo uno. Col vostro permesso vorrei chiedere ad una persona se sarebbe interessata a parteci-pare a questa iniziativa.›› ‹‹Dimmi pure Gabriel: di chi si tratta?››

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‹‹Di sicuro si ricorderà dello stregone di nome Michael. Desidererei che fosse condotto qui.›› Michael era un maestro delle arti oscure e bravissimo a maneggiare la spada. Indossava una lucente armatura nera e cavalcava uno splendido stallone dello stesso colore. Come già detto, praticava molto bene le arti oscure: la magia nera e quella dei negromanti. Il fatto che utilizzasse an-che la magia dei negromanti lo sapevano in pochi perché era una magia proibita: è considerata la magia della resurrezione. Quest’arte usa i corpi dei defunti, la cui anima è all’inferno, e li resuscita come soldati al segui-to di colui che li invoca. Naturalmente i corpi riprendono vita nello stato di decomposizione in cui si trovano. Con la magia nera si possono creare anche fantasmi, creature di pietra mediamente forti e di lava quasi imbat-tibili: questi esseri sono conosciuti con il nome di Golem. Oltre a ciò permette il teletrasporto, molto utile in situazioni di pericolo, la telecinesi che sposta oggetti con l’uso del pensiero e numerosi altri sortilegi. I drammi di Michael iniziarono all’età di dieci anni, quando suo padre, cavaliere di basso rango di un paese a est del regno, trovò e portò a casa una strana spada. Elsa grossa fatta con un materiale simile al ferro, leg-gera, con una lunga lama, talmente sottile che si poteva pensare di riusci-re a spezzarla con due dita. Andò a posarla in cima ad uno scaffale, ma poco tempo dopo fu trovato morto. Si pensò ad un incidente, che non a-vesse appoggiato bene l’arma la quale scivolò cadendo tra il collo e la spalla destra del povero uomo. Fu una grave perdita: era l’unica persona che manteneva economicamen-te la moglie e il figliolo. Michael iniziò a frequentare compagnie malfa-mate che lo portarono, in breve tempo, a praticare le arti oscure. La tragedia della morte del padre era stata frutto della casualità? All’inizio si pensava di sì, ma tempo dopo, Michael scoprì che quella spada era la leggendaria “Spada Mistica”. Attorno a quest’arma erano sorte numerose leggende, una delle quali racconta che sia stata forgiata dalla pietra sopra la quale cadde il sangue del Male. Questo diede particolare resistenza a lei e grande potere a chi fosse riuscito a maneggiarla. A dare adito alla leggenda vi sono alcune venature sulla lama che non si spiega come si siano create. Essa è un’arma nefasta che causò la morte di tutti i suoi possessori precedenti. Michael non ha mai voluto rivelare a Gabriel il segreto di come era riu-scito a scoprirlo.

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Da quel momento custodì gelosamente e rabbiosamente quella spada, conosceva i suoi segreti ed avendo timore del suo potere e non osò mai adoperarla, nemmeno per gioco. Prima di entrare nella squadra dei Dieci Arcangeli era già diventato un professionista della magia nera: praticava tutto ciò che è demoniaco ed imparò molto bene anche la lingua del Male. Era senza dubbio uno dei migliori nel suo campo, ma era malvisto dagli altri maghi a causa dell’utilizzo che faceva della magia: lui era diverso, non la usava con malvagità. Proprio per questo quattro stregoni decisero di punire quello che loro ritenevano fosse un tradimento. Pochi giorni prima dell’attacco, Michael riuscì a perfezionare ed imprimere su una pergamena una vec-chia magia, scomparsa ormai da molti anni. Non ne conosceva bene il potere, ma di sicuro era qualcosa di terribile. Nei giorni seguenti, durante un’escursione nella foresta dei monti Kranger, venne assalito dai quattro stregoni. Quando costoro gli furono abbastanza vicini, tolse il cordonci-no che teneva chiusa la pergamena appesa alla cintola e la lesse a gran voce. Una forza spaventosa si abbatté su ogni essere vivente che era nel-le vicinanze, compreso lui. Per sua fortuna, questa antichissima magia da lui ritrovata, ha un effetto concentrico e più si allontana dalla sorgente più diventa devastante. Quindi trovandosi al centro, Michael subì meno danni. Purtroppo la mattina seguente fu fatto prigioniero da una truppa di soldati, i quali, probabilmente, erano stati avvisati da alcuni contadini spaventati. Credevano fosse scoppiato uno dei numerosi scontri che av-venivano tra Ancient e il Regno confinante e chiesero di andare a con-trollare cosa fosse successo. Arrivando, i soldati trovarono un piccolo cratere con dentro i quattro stregoni morti ed al centro Michael privo di conoscenza, ma ancora vivo. I soldati riconobbero in lui uno degli stre-goni più ricercati del Regno e lo condussero ad Hatryria dove poteva es-sere processato. Appena giunti al castello lo misero subito in prigione, promettendogli una condanna severa. Nei giorni successivi però la visita di un uomo attirato dalla sua fama i-niziò a cambiargli la vita: ‹‹E così tu saresti il grande Michael, il mago oscuro. È un piacere conoscerti.›› ‹‹E tu chi sei?›› ‹‹Io sono Gabriel, un soldato di Ancient. Mi chiedevo come mai fossi ancora qui dentro, ormai sono trascorsi molti giorni dal tuo arresto.›› ‹‹Sto aspettando la condanna, non credo ci metteranno tanto.›› ‹‹Finiscila di prendermi in giro. So bene che potresti uscire in qualsiasi istante, sempre che quello che si dice su di te sia vero.›› Michael cominciò a frugare tra i suoi oggetti.

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‹‹Prendi!›› ‹‹Cosa sono?›› ‹‹Le chiavi, le ho prese alla guardia. Ero tentato di usarle. Ridagliele, ma digli che gli sono cadute.›› ‹‹Telecinesi?›› ‹‹Già, proprio quella magia.›› ‹‹Una delle più elementari, direi.›› obiettò Gabriel che fece per uscire dalle segrete, ‹‹Non mi convinci, buona prigionia.››. Girò l’angolo e ini-ziò a salire le scale. Arrivato all’ultimo gradino, vicino alla cancellata di sicurezza, si sentì una mano stringergli la spalla: ‹‹Comunque amico, non scappo perché solo i colpevoli fuggono. Quella sulla magia demoniaca è una legge vecchia di seicento anni e io non ne ho mai fatto un utilizzo malvagio.›› Gabriel trasalì a sentire le parole di Michael sussurrategli all’orecchio e in quell’istante capì con chi aveva a che fare. ‹‹Se potessi fare qualcosa lo farei subito ed insieme potremmo formare una coppia imbattibile.›› rispose. Il Re obbiettò: ‹‹Gabriel, questo non posso farlo! È un prigioniero! Co-nosce la magia proibita! È un pericolo per tutti!››. ‹‹Scusatemi Sire se vi contraddico ma dalla reputazione che ha, uno po-tente come lui, non impiegherebbe più di qualche istante ad uscire dai vostri sorvegliatissimi sotterranei, sterminando tutte le sentinelle. Ho a-vuto occasione di parlargli e non è una persona malvagia. Senza contare che con lui, questo esercito, acquisirebbe una potenza devastante.›› ‹‹Se è così potente allora perché non è già fuggito?!›› ‹‹Perché è stato arrestato per una legge in vigore da secoli e non si sente colpevole di nessun reato. Secondo lui, chi non è colpevole non tenta di evadere. Vi prego Sire: portatelo qui, se succedesse qualcosa d’inaspettato me ne assumerò totalmente le responsabilità.›› ‹‹Va bene Gabriel, voglio mostrarti che hai la mia piena fiducia.›› e ri-volgendosi ad un servo continuò: ‹‹Ordina alle guardie di scortare il pri-gioniero qui.›› Il servo obbedì e dopo un po’ tornò col prigioniero, scortato da una deci-na di guardie. ‹‹Benvenuto Michael.›› salutò sorridendo Gabriel. ‹‹Che sorpresa! Qualcuno mi vuole spiegare perché sono qui?›› ‹‹Ti voglio offrire una possibilità che non potrai rifiutare.›› ‹‹Di cosa si tratta?››

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‹‹Accetta di duellare con me, per dimostrare a tutti i presenti le tue po-tenzialità in battaglia e sarai al mio fianco, a guida di un esercito imbatti-bile.›› ‹‹Interessante, ma a cosa devo questo favore? Perché stai facendo questo per me?›› ‹‹Perché con le tue capacità, nessuno ci sconfiggerà mai e tu non tornerai nelle prigioni del castello: non sarai più un ricercato. Adesso, se accetti la mia proposta, impegnati al massimo contro di me.›› terminò Gabriel sguainando la spada. Michael estrasse a sua volta l’arma che gli era stata appena restituita, ac-cettando l’offerta. Il duello ebbe inizio. Velocissimi scambi di spada s’incrociarono, tra un primo stupore della poca gente presente ad assistere all’incontro. Le spade continuarono ad intrecciarsi fino a quando due possenti colpi si bloccarono a vicenda, con la spada di Michael in posizione quasi orizzontale. ‹‹Telecinesi!›› urlò Michael e la sua spada compì un perfetto e veloce giro intorno a quella di Gabriel, il quale abbassò la testa per schivare l’attacco a sorpresa. L’impugnatura dell’arma di Michael tornò tra le sue mani già pronte per accoglierla. Gabriel abbassò la spada ed indietreggiò, il suo avversario imitò il gesto. Lo stupore era sul volto di tutti ed au-mentò all’udire le parole di Gabriel: ‹‹Ti avevo chiesto di impegnarti al massimo! Allora: vuoi iniziare a fare sul serio?!›› ‹‹Scusami Gabriel, ma dovevo pur prendermi un primo momento per ri-scaldarmi.›› Gabriel sorrise divertito e poi continuò: ‹‹Hai ragione. Adesso sei pron-to?›› ‹‹Sì, la fase del riscaldamento è conclusa, possiamo iniziare ad impe-gnarci.›› rispose Michael, con lo stesso sorriso mostrato poco prima da Gabriel. Subito partì all’attacco: ‹‹Esplosione!›› gridò, indicando il terreno sul quale poggiavano i piedi di Gabriel. Si udì un forte boato ed una fitta nu-be di polvere si levò coprendo la zona circostante. Michael si gettò den-tro la nube da lui stesso creata a spada tratta. Dall’esterno si poteva solo udire il cozzare delle due spade che si intrecciavano fino a quando una saetta in direzione del cielo uscì dal polverone che lentamente si stava dileguando. Tornò la piena visibilità ed il duello proseguì senza soste: ‹‹Fiamme infernali!›› invocò Gabriel con la mano libera tesa contro l’avversario. Potenti lingue di fuoco si propagarono contro Michael che, a sua volta, evocò il contrattacco: ‹‹Hydra!›› un fumo nero densissimo, prese forma di un serpente che sembrava inghiottire senza problemi le

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fiamme e, allo stesso tempo, si avvicinava minaccioso contro il suo o-biettivo. Gabriel provò a contrastare l’incantesimo avversario, ma era decisamente più vigoroso e, all’ultimo istante, dovette scansarsi di lato per non essere colpito. L’Hydra di Michael si spense schiantandosi a ter-ra, creando un cratere ed un fortissimo rimbombo che riecheggiò nell’aria per diversi istanti. Il duello tornò alle spade: i due rivali si scambiarono poderosi colpi, fino a che le due lame non si annullarono a vicenda. Entrambi i duellanti, con rapidissima velocità, bloccarono le e-stremità delle loro lame a meno di un filo d’erba dalla gola dell’avversario. L’incontro si concluse senza un vincitore e non servì nemmeno una parola per convincere tutti, Re Dilvas compreso, che Mi-chael doveva assolutamente entrare in questo nuovo progetto. Nei giorni successivi arrivarono i comandanti di Ancient. Gabriel ne scelse sei tra cui due chiamati Camael e Binael. Camael era una persona normalissima, nato e cresciuto in una famiglia borghese nei pressi di Hatryria. Non aveva mai sofferto la fame anche se apparteneva ad una famiglia senza potere in campo politico ed economi-co. Essendo molto abile con ogni tipo di arma da taglio di piccole e me-die dimensioni, coltelli da lancio e spade piccole, entrò presto nell’esercito reale, dove apprese le migliori tecniche che gli competeva-no. Ha sempre indossato un’armatura di bronzo e cavalcato, senza prefe-renze, qualsiasi cavallo. All’età di ventitre anni fu promosso generale delle truppe risiedenti a Winderin. La città, confinante col regno di Qua-qmarsh, non ha mai subito grandi battaglie o invasioni nemiche perciò gli anni trascorsi furono di ordinaria quotidianità: allenamenti, simula-zioni di battaglie e catture dei pochi banditi o assassini nella zona. Solo in un’occasione Camael dovette richiamare l’intero esercito a sua disposizione: un centinaio d’invasori primitivi, probabilmente provenien-ti da Quaqmarsh, attaccarono la città, ma le forze in gioco erano impari ed in breve furono sterminati. Camael era ammirato in tutta la cittadina per gli ottimi risultati che era riuscito a portare, in particolar modo nella preparazione e nella solidità delle truppe. Pochi mesi dopo il suo ventottesimo anno di età, venne richiamato con urgenza ad Hatryria: un messaggero giunse da lui con una notifica firma-ta da Re Dilvas II, la quale ordinava di rientrare nel minor tempo possibi-le al castello della capitale. Camael sarebbe stato un candidato per un nuovo ambizioso progetto.

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Binael era un uomo semplice: il suo fisico era sterile e poco muscoloso. Indossava un’armatura grigia simile al colore di un ratto e cavalcava un normale cavallo; le sue armi erano dei coltelli da lancio. Naturalmente, per utilizzarli, ci vuole una vista eccellente ed a lui non mancava. Aveva un carattere abbastanza schivo a causa dei brutti ricordi indelebili della sua infanzia: perse suo padre quando lui era ancora in fasce e all’età di sette anni conobbe tutta la crudeltà degli uomini in un bruto senz’anima. Questa specie di selvaggio spietato doveva essere in qualche gabbia ma, per la distrazione di alcuni soldati, riuscì a fuggire e si recò dall’unica persona che conosceva: la sua sorellastra, verso cui fin da piccolo aveva sempre avuto una certa attrazione. Quell’animale era suo zio. Arrivato davanti alla porta della loro abitazione bussò in modo pesante, gridando: ‹‹Apri donna che mi stanno dando la caccia!›› La madre di Binael riconobbe subito la voce e dopo un primo momento di panico prese con forza suo figlio e lo portò in camera nascondendolo sotto il letto. Proprio in quell’istante un tonfo segnalò lo sfondamento della porta. ‹‹Figlio mio, qualsiasi cosa succeda rimani qui in silenzio e non muover-ti per nessun motivo e mi raccomando, sii sempre coraggioso.›› Una lacrima stava scendendo dallo splendido volto della giovane madre. ‹‹Promettilo!›› Gridò quasi con rabbia. Binael fece cenno di sì con la testa. Anche sul suo viso scorrevano copiose lacrime. Appena lei si alzò in piedi arrivò quella specie di barbaro e con un sorriso che non prometteva nulla di buono si avvicinò lentamente alla povera vittima: ‹‹Ciao sorellina. Ho le guardie alle calcagna: mi stanno cercando solo perché ho ucciso un im-becille, ma se starò qui fino a notte inoltrata non mi troveranno.›› ‹‹Lo sai che non ti voglio qui. Vai via! ›› supplicò piangendo la donna. ‹‹Ma perché non mi vuoi? Non ti ricordi quanti bei momenti abbiamo passato insieme quando tu eri ancora piccina? Te l’avevo promesso che sarei tornato da te per farti divertire ancora un po’, adesso svaghiamoci.›› ‹‹Ti ho detto di andare via! Vattene!›› ribatté lei. ‹‹Non ho nessuna intenzione di andarmene.›› La prese e la buttò sul letto sotto al quale c’era Binael, che sentì ogni singolo movimento. Rimase accucciato in silenzio come aveva promesso alla madre. Trascorsero momenti terrificanti, soprattutto quando, finito di consumare quell’atto di violenza, sentì un lieve lamento soffocato prove-nire dalla madre. Dopo qualche interminabile ora l’uomo uscì dalla casa e nel buio della notte sparì non facendosi mai più rivedere.

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Binael restò nascosto fino al sorgere del sole e, quando trovò il coraggio di uscire da lì sotto, uno spettacolo agghiacciante si presentò ai suoi gio-vani occhi: sua madre giaceva sul letto priva di vita, con pochi brandelli di vestiti ancora addosso, mentre sul collo erano evidenti grossi lividi. Senza dubbio era stata strangolata. Quei lunghi attimi terribili gli fecero capire che il suo futuro era di entra-re nell’esercito di Ancient in modo che, grazie alla sua esperienza, potes-se addestrare i soldati così da non far passare mai più inosservata la fuga di un prigioniero. Fece carriera velocemente diventando uno dei migliori comandanti dell’esercito. Un giorno, durante un addestramento della ca-valleria, un messo reale lo avvicinò porgendogli una pergamena: il Re richiedeva la sua presenza nella capitale, perché potesse essere scelto per la formazione di un nuovo, importante esercito.

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V

I PIRATI Ora la spedizione era finalmente pronta. Gabriel riunì il gruppo davanti al portone del castello prima di partire in direzione di Arbias, dove quat-tro navi li aspettavano per imbarcarsi verso la nuova minaccia: ‹‹Guerrie-ri, sapete già cosa ci aspetta. Dobbiamo fermare questi fanatici ed impe-dire che il Diavolo torni anche solo a pensare di governare la terra. Sia-mo il più piccolo esercito del mondo ma, ve lo assicuro, anche il più po-tente. Arrivati ad Arbias non perderemo tempo. Ci divideremo sulle quattro imbarcazioni che ci aspettano: tre Arcangeli andranno su quelle più grandi e due sulle altre. Cerchiamo di alternare chi usa la magia con chi ha le armi da lancio cosicché la potenza di attacco sia uguale e imbat-tibile. E ora ai cavalli! Andiamo a distruggere i Pirati!››. Seguì un urlo potente da parte di tutti e, saliti sulle cavalcature, si misero in marcia verso il grande porto di Ancient. Da Arbias partivano le navi che fanno gli scambi con l’Isola del Regno del Deserto. Quest’isola è quasi completamente arida, tranne intorno alla capitale che è immersa in una miracolosa oasi molto fertile e fiorente, capace sia di soddisfare i bisogni della sua scarsa popolazione residente, sia di rendere esportabili le risorse che offre. Oltre che di frutti introvabi-li nelle altre terre, questa zona è ricca di miniere. L’enorme territorio de-sertico offre oro, argento e ferro che ogni giorno squadre di minatori e-straggono e trasportano nella capitale con delle carovane. Proprio grazie al commercio, il Regno si sta arricchendo sempre più, ma a causa del clima arido, deve importare gran parte dell’acqua potabile da altre zone soprattutto da Ancient che grazie alle fonti dei monti Kranger ha riserve pressoché inesauribili. Per questo il rapporto con Ancient è molto stretto. In cambio dell’acqua il Regno continentale chiede le materie prime all’isola. Re Frinl fondò questo regno dal nulla nel 298 dopo la fuga a causa dell’espansione orientale. Grazie agli aiuti di Ancient, dopo la vit-toria di Desius, il Regno dell’Isola desertica ha potuto sopravvivere di-ventando un baluardo difensivo e un ottimo compagno di commercio.

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Dopo sei giorni di cammino, finalmente, la grande città fu in vista e, do-po uno di riposo, al mattino, gli Arcangeli poterono imbarcarsi. Gabriel aveva fatto esplicita richiesta di arruolare sulla sua nave uno sciamano, perché credeva che potesse essere utile. ‹‹I Pirati sono stati avvistati ieri, vicino alle coste nord dell’Isola del Re-gno del Deserto, ma ci sono notizie che parlano di frequenti cambiamenti di nascondigli che avvengono in modo inspiegabilmente veloce. Suggeri-rei comunque di provare a cercarli prima in quei luoghi.›› ‹‹Va bene, mi sembra ragionevole, timoniere. Facciamo rotta verso l’Isola del Deserto allora.›› I vascelli partirono sfruttando il vento che soffiava dal continente verso il mare. Le vele si gonfiarono e, poco più tardi, la costa fu una sottile stri-scia all’orizzonte. Tutto attorno c’era solo acqua. ‹‹Comandante Gabriel.›› disse Hesediel avvicinandosi al ponte di co-mando, ‹‹Spero che sia previsto un accosto con le navi nemiche. Mi sen-tirei un tantino inutile se non potessi squartarne qualcuno con la mia a-scia.›› ‹‹Ti ho scelto appunto per quello. Nonostante sia l’ultima fase, quella di ripiego, sappiamo che grazie a te, a quel punto la vittoria sarebbe certa. Sei un bestione molto potente, Hesediel.›› ‹‹Ehm… Lo prendo come un complimento comandante!››. I due si fecero una risata. Le imbarcazioni procedettero solcando le acque per altri quattro giorni. Gabriel si trovava nella stiva ma del fracasso proveniente dal ponte lo obbligò a salire. Hesediel, insieme ad alcuni marinai, stava mettendo a soqquadro l’intera nave. ‹‹Cos’è tutta questa confusione?!›› ‹‹Capitano, c’è un gatto nero che si aggira per la nave e stiamo provando a catturarlo.›› ‹‹Lasciate stare quella bestiola. È utile contro i topi che infestano questa nave.›› Un istante dopo un urlo sopra le loro teste li richiamò: ‹‹Navi in vista!›› gridò l’uomo sull’albero maestro. ‹‹Come? Di già? Presto! Tutti ai vostri posti! E voi, date il segnale di is-sare le bandiere della flotta commerciale di Ancient›› comandò Gabriel con l’intenzione così di attirare i Pirati. Immediatamente i bastimenti cambiarono i vessilli e si portarono nella posizione di difesa: si misero a semicerchio con le due navi centrali, quelle con tre Arcangeli, più avanzate rispetto a quelle ai lati.

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‹‹Comandante, avvistiamo solo dieci bastimenti che avanzano a grande velocità nonostante il vento contrario. Inoltre intravediamo le prime sco-gliere dell’Isola del Deserto.›› ‹‹Facciamo molta attenzione. Sgonfiate le vele. Lasciamo che si avvici-nino loro.››. Le grandi vele delle quattro navi iniziarono ad opporre resistenza al ven-to quasi contemporaneamente. Le alte onde che prima sbattevano contro la prua, si facevano sempre più deboli e la scia di schiuma dietro alle im-barcazioni veniva ora rimossa velocemente dal moto del mare. A prua della seconda nave di testa, Michael scrutava il comportamento dei nemici immaginando già quale potesse essere lo scenario della batta-glia. Qualcosa attirò la sua attenzione: ‹‹Comandante Binael! Mi rag-giunga, presto!›› ‹‹Eccomi Michael.›› rispose e poi, guardando esterrefatto l’orizzonte e-sclamò: ‹‹Oh Signore degli Eserciti!››. I velieri che avevano di fronte erano della flotta militare di Quaqmarsh e a gran velocità si stavano per scagliare contro le quattro degli Arcangeli. Era, però, un altro il motivo dell’esclamazione di Binael: le navi avevano preso fuoco e stavano per colpire e distruggere la flotta di Ancient. Men-tre si avvicinavano era possibile vedere a bordo i corpi dei militari di Quaqmarsh, legati gli uni agli altri che bruciavano tra fortissime urla strazianti. ‹‹Non si erano ammutinati dunque, erano stati presi in ostaggio!›› escla-mò Gabriel, ‹‹Erano stati costretti ad agire per conto dei Pirati e ora quei bastardi li stanno uccidendo in questo modo barbaro!››. Gabriel era visibilmente scosso da tanta atrocità e solo ora capiva in che modo potessero attirare l’attenzione del Diavolo sulla terra. ‹‹Comandante ci sono quasi addosso! Bisogna agire! Ora!››. Gabriel si rese conto che gli occhi di tutto l’equipaggio erano fissi su di lui. Non poteva più attendere, doveva darsi da fare immediatamente. Non aveva più tempo di dare ordini, doveva agire da solo. Si concentrò, al-lungò le braccia davanti a sé e aprì le mani. Chiuse gli occhi e sussurrò qualcosa: immediatamente un’onda alta quanto due alberi maestri, si le-vò dalla prua dell’imbarcazione di testa e in poco tempo investì le navi infuocate, spegnendo gli incendi a bordo. La massa d’acqua fu però tal-mente devastante che i vascelli, già indeboliti dal fuoco, vennero affon-dati.

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Gabriel guardò ciò che aveva fatto e chinò il capo: forse qualche mari-naio di Quaqmarsh poteva ancora essere salvato, ma in quel modo aveva condannato tutti ad una morte certa. ‹‹Chiedo perdono, probabilmente potevamo salvarli.›› disse dispiaciuto Gabriel. ‹‹Invece ti dobbiamo ringraziare.›› esclamò Hesediel, ‹‹Hai visto in che situazione erano? Sarebbe stato impossibile trovare qualcuno ancora vi-vo. E se anche ci fosse stato non sarebbe comunque sopravvissuto alle ustioni. Gli hai evitato inutili dolori.››. Dopo queste parole Gabriel si riprese, ricominciando finalmente a mo-strare le sembianze del grande condottiero di cui tutti avevano sentito parlare. ‹‹Ora mio comandante andiamo a scovare quegli animali!›› ‹‹Subito Hesediel. Marinai, tirate le funi delle vele! Riprendiamo la ri-cerca e distruggiamoli uno ad uno!›› Dopo un sorriso che sostituiva migliaia di inutili parole, erano già tutti pronti per riprendere la navigazione. ‹‹Comandante Gabriel, continuando per questa rotta ci avvicineremo a quei golfi. Mi sembra impossibile che le navi di Quaqmarsh si siano date fuoco da sole, per cui ritengo probabile che i Pirati si siano nascosti da quelle parti.›› ‹‹Fai onore alla marina di Ancient timoniere. Credo che tu abbia ragione, per cui procediamo spediti, ma con cautela. Dobbiamo fargliela paga-re.››. Le onde ricominciarono a sbattere contro le prue e una goccia di acqua di mare cadde sul viso di Camael, mentre guardava i relitti che galleggiava-no. Si asciugò col suo guanto e guardando la goccia vide il riflesso di una figura alle sue spalle: era Sitael, l’altro comandante di Ancient che insieme a lui governava la terza nave. Era un uomo alto, con lunghi ca-pelli biondi e occhi chiarissimi. Aveva sempre il sorriso sulle labbra e non amava scambiare molte parole; bastava un suo sguardo per comuni-care. Quella volta però si era avvicinato a Camael, stringendo a sé una medaglietta con raffigurata una stella al centro e dieci più piccole attor-no, come a formare un cerchio. Stava farfugliando qualcosa, quando Camael si girò verso di lui con sguardo interrogativo. ‹‹Sì, sto pregando. Lo faccio sempre prima di una battaglia. Tu non credi in Leiru?›› ‹‹Non è il tipo di domanda che ci si aspetta in momenti del genere. Co-munque se devo essere sincero no. Non ci sono prove di quella guerra e

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potrebbe averla inventata qualche sciamano con molta fantasia. Lo stesso scopo di questa battaglia non mi è chiaro. La violenza è ovunque, anche nei piccoli villaggi di campagna. È nella natura umana e una guerra non può che aumentare questa propensione; ma il mio Re mi ha fatto chiama-re e a lui solo, e non a qualche essere celestiale, obbedisco.›› ‹‹Non starò qui a farti delle lezioni sull’artefice della salvezza degli uo-mini, non è il caso e neanche il momento, ma sono convinto che anche tu, molto presto, ti ricrederai.››. Detto questo sorrise, si voltò e riprese a capo chino i suoi pensieri spiri-tuali. Camael fece fatica a staccare il suo sguardo scettico dal corpo del compagno, ma alzando gli occhi, guardando in direzione di Ancient vide il cielo diventare nuvoloso e scuro. Anche Sitael alzò il viso: ‹‹Ecco. Fi-nalmente ci siamo.››. ‹‹Comandante! Una flotta sta uscendo da quella gola! Saranno almeno quindici navi!›› ‹‹Sono sicuramente loro.›› disse Gabriel, ‹‹Pronti all’attacco!››. I vascelli dei Pirati puntarono verso la flotta di Ancient; solo un’imbarcazione, la più grossa, rimase più indietro all’entrata della gola. Sulla terra ferma si vedevano delle fiamme e sembrava che i filibustieri avessero distrutto una piccola roccaforte del Regno dell’Isola del Deser-to. Poco più avanti la roccia del promontorio assumeva una forma asso-migliante ad un volto umano. ‹‹Michael, quando sei pronto scagliamo tutto lo spirito magico che ab-biamo in corpo contro le navi più piccole. Poi ci occuperemo di quella più grande.›› gridò Gabriel verso l’altra nave. I due guerrieri si concentrarono e in poco tempo delle sfere si sprigiona-rono dai loro corpi. Quelle di Michael erano nere mentre quelle di Ga-briel sembravano di fuoco. Le sfere sfrecciarono verso gli obiettivi mira-ti, ma la distanza era troppo grande e caddero in acqua prima di raggiun-gere i nemici. ‹‹Maledizione!›› ‹‹Gabriel, dobbiamo avvicinarci. Nel frattempo recuperiamo energia.››. I Pirati avevano però preparato il contrattacco. Sulle larghe prue si posi-zionarono centinaia di arcieri, pronti, appena la distanza lo avesse per-messo, ad attaccare gli Arcangeli. L’imbarcazione rimasta indietro, nel frattempo si era posizionata sul lato e uno strano alone nero la stava cir-condando. Dal cielo iniziarono a cadere sfere simili a quelle che aveva lanciato Michael, ma molto più grandi e a questo punto era certo che provenissero da quel vascello. Una colpì in pieno la nave su cui si trova-va Raziel che in poco tempo venne affondata.

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‹‹No!›› gridò Gabriel guardando il veliero affondare. Su quello che restava della poppa vide qualcosa muoversi. Era Raziel, l’unica sopravvissuta a quell’attacco: l’altro comandante era stato in-ghiottito dalle acque. Una fune la raggiunse tempestivamente, mentre ormai il cielo era totalmente ricoperto da nubi. Gabriel aveva gli occhi carichi di odio. Guardò Michael e vide che era pronto: la distanza era ora quella giusta. I due attaccarono di nuovo e questa volta centrarono il bersaglio. Una ad una le navi vennero colpite ed in poco tempo non ne rimase nessuna a galla. L’oscurità attorno a quella principale era però aumentata e un nuo-vo attacco dal cielo si scagliò contro gli Arcangeli. Le imbarcazioni non vennero colpite in questa occasione, ma le onde che vennero alzate dall’attacco sbatterono contro i bastimenti facendoli oscillare pericolo-samente. Un capitano venne sbalzato fuori bordo insieme a tre marinai. Questi caddero in acqua e sprofondarono, mentre il povero comandante si scontrò contro un asse di legno di un relitto che aveva una parte aguz-za esposta. Il rumore del suo corpo che veniva trapassato dal legno e le sue urla furono coperte da un potente tuono mentre gli sguardi increduli dei marinai rimasti a bordo si fissarono su quel luogo di morte. Nel frattempo le tre navi erano ormai una di fronte all’altra. Uno stormo di frecce partì dal veliero nemico e sterminò gran parte dell’equipaggio comandato da Binael, compreso il soldato di Ancient preso alla sprovvi-sta dall’attacco. Binael, resosi conto insieme a Michael di essere rimasti in pochi, consigliò di spostarsi sulla nave di Gabriel così da unire gli at-tacchi. ‹‹Ci stanno trucidando! Bisogna fare qualcosa!›› ‹‹Lo so Michael. Ma io non ho più forze. Sembra che la nube attorno a quell’uomo sulla nave risucchi la nostra energia.›› Un bucaniere era infatti posto a prua con le braccia aperte ed il viso ri-volto verso il cielo. Pareva avesse qualcosa infilzato all’altezza del cuo-re. ‹‹È vero, mi sento debole anche io. Siamo spacciati. Solo Raziel sta cer-cando di attaccare e noi siamo inutili.›› ‹‹Uomini ottusi!›› gridò Sitael, ‹‹ Abbiate fede!››. Subito dopo si voltò verso i suoi compagni e sorrise. Con la magia del teletrasporto si spostò di fronte all’uomo su cui era concentrata la nube nera mentre si sentì un tonfo sul ponte della nave di Gabriel. Lo sciama-no era sdraiato, in preda a delle convulsioni. Alcuni marinai si avvicina-rono per prestargli soccorso: ‹‹Quel sorriso! Quello sguardo! È la nostra salvezza!›› gridò lo sciamano.

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Sitael venne assalito dall’equipaggio pirata e poco dopo un immenso ba-gliore rischiarò il cielo. Le nubi erano scomparse e il sole tornò a splendere. Il vascello pirata galleggiava ancora davanti ai sopravvissuti, ma non vi era più nessuno a bordo. ‹‹Cosa è successo? Dov’è Sitael?›› ‹‹Non so. Proviamo a salire a bordo.›› Gabriel, Michael, Hesediel, Raziel, Camael e Binael salirono sul veliero divenuto fantasma. Non vi era nessuno e l’incubo sembrava davvero fini-to. ‹‹Che peccato, proprio non c’è nessuno! Neanche uno sguattero.›› disse rammaricato Hesediel. Intanto un oggetto luccicante sul ponte di prua attirò l’attenzione di tutti. Era la medaglietta di Sitael e la stella al centro brillava. ‹‹Chissà che fine ha fatto.›› ‹‹Forse era a conoscenza di qualche magia distruttiva e l’ha usata sacrifi-candosi.›› ‹‹Io non ho mai visto niente del genere.›› disse Gabriel, ‹‹Nemmeno letto sui libri.›› ‹‹È un mistero. Dico solo che conviene rimanga tra noi, racconteremo qualcos’altro al Re. Non ci crederebbe mai.›› suggerì Raziel. ‹‹Hai ragione›› disse Camael, ‹‹Ora vi prego. Torniamo a casa. Mi sento strano e ho solo voglia di riposarmi.›› L’unica nave superstite fece rotta verso Arbias, con a bordo sei Arcange-li tesorieri di un immenso segreto che avrebbe cambiato la loro vita per sempre. Dopo dodici giorni di viaggio arrivarono di mattino ad Hatryria dove, nel gran salone del castello, li attendeva l’intera corte ansiosa di conoscere i fatti. ‹‹Sia lodato il grande Dio degli Eserciti! Oh Gabriel sono davvero felice di vedervi sani e salvi! Su, ditemi, cosa è successo?›› ‹‹Mio Sire, quello che avevo promesso è stato mantenuto: i Pirati sono stati vinti e il Male dovrà leccarsi le ferite dopo questa pesante sconfit-ta.›› ‹‹È incredibile. Quattro navi con dieci combattenti a bordo hanno scon-fitto una piaga che sembrava ormai inarrestabile. Ma vedo che siete solo in sei. È caduto qualcuno?››

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‹‹Sì, mio Re. Purtroppo quattro valorosi comandanti di Ancient hanno perso la vita nel corso della difficile battaglia. Il loro nome dovrà essere ricordato.›› Kyorin fece una smorfia di dolore. ‹‹Dannazione! Erano tra i migliori. Farò in modo che venga reso omag-gio a questi soldati fedeli. Ma ora seguitemi. Vi aspetta un grande pranzo nella sala dei ricevimenti. Lì mi racconterete ogni singolo particolare.›› I sei si lanciarono uno sguardo di intesa. Avrebbe parlato solo Gabriel, cosicché la versione sarebbe stata una, annullando i rischi di incoerenza che temevano sorgessero. La sala dei ricevimenti era illuminata dai grandi candelabri opere dei mi-gliori fabbri della capitale. Le tavolate erano stracolme di ogni vivanda immaginabile: maiali interi attiravano l’occhio perché posti su vassoi d’argento scintillante mentre anatre, fagiani, polli e tacchini erano stati imbottiti con un miscuglio di pane e spezie. Una cernia gigante era al centro di ogni tavolo, circondata da verdure a fette ricoperte dalla famosa salsa Inige, fatta di una speciale alga che cresce nel fiume che rende il cibo molto piccante. Ogni tipo di vino era a disposizione dei commensa-li: brocche stracolme di bianco e rosso attendevano di essere svuotate dai convitati. Appena si sedettero cominciò l’andirivieni dei servi che portavano rifor-nimenti di bevande e di cibarie. ‹‹Vedo che la crudeltà della battaglia non ti ha tolto l’appetito Hese-diel!›› ‹‹Può solo averlo aumentato mio Sire!›› rispose scherzosamente. ‹‹Allora Arcangeli. È ora che raccontiate a me e ai generali qui convenuti le vostre memorabili gesta! Chi inizia?›› ‹‹Penso di poter parlare io a nome di tutti, Sire.›› intervenne prontamente Gabriel. ‹‹Davvero straordinario. Sitael è sempre stato uno dei migliori coman-danti e sapere che fino all’ultimo ha combattuto per il suo Regno lo ren-de un vero eroe. Certo, contro quelle frecce non poteva fare molto, ma l’aver sterminato gran parte di quei traditori ci ha salvato. E quanto a voi, non smetterò mai di ringraziarvi.››. Fu questo il commento del Re dopo che Gabriel ebbe finito di raccontare la sua menzogna che manteneva però intatta l’eroicità di Sitael.

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Il pranzo era ormai terminato. Dopo parecchi brindisi agli Arcangeli era stato permesso il pomeriggio di riposo, ma alla sera avrebbero dovuto ritrovarsi nel gran salone, per decidere del futuro del piccolo esercito. Gabriel era steso sul suo letto, nella stanza messagli a disposizione dal Re, a riposare ed a riflettere su ciò che sarebbe stato degli Arcangeli. Pensava al sorriso di Sitael e a quella strana magia distruttiva, sempre che di magia si fosse trattato. Ad un certo punto qualcuno bussò alla por-ta: ‹‹Chi è?›› ‹‹Sono Michael, posso?›› ‹‹Entra pure.›› Il mago fece pochi passi all’interno della stanza. ‹‹Vorrei ringraziarti per…insomma…per avermi fatto entrare in questo ordine e per aver ridato uno scopo alla mia vita.›› ‹‹Non devi ringraziarmi di nulla, sei il più forte tra noi. Dopo di me ov-viamente.›› rispose Gabriel sorridendo. ‹‹Cosa pensi che voglia comunicarci il Re? Serviremo ancora?›› udendo tali parole il volto di Gabriel tornò serio. ‹‹Non lo so. Penso che qualcuno ci tema all’interno di questo castello, ma al Re serviamo perché siamo pochi e buoni. Ma è inutile parlarne ora. Aspettiamo stasera.›› ‹‹Hai ragione. Buon riposo allora. A più tardi.›› ‹‹A dopo, Michael.›› Quella sera si ritrovarono tutti sulle scale che portavano al gran salone. Il Re li aveva fatti chiamare. La tensione era chiara sui volti: questo eserci-to era l’avventura più appassionante della vita di ognuno e per molti si-gnificava una nuova strada da percorrere dopo i grandi dolori della vita. Non poteva essere tutto finito. Salirono lentamente i gradini senza parla-re. Le porte del salone cigolarono nell’aprirsi e ad attenderli c’era il soli-to tavolo d’ebano intarsiato, al centro della stanza. ‹‹Accomodatevi.›› disse il Re. Gli Arcangeli si sedettero in attesa che iniziasse a parlare, decidendo del loro futuro. ‹‹Dunque.›› cominciò, ‹‹I Tre Regni che hanno commissionato questa battaglia saranno sicuramente entusiasti dei vostri risultati e promettono gloria infinita per le vostre gesta. Ma questo esercito è stato creato per una rara occasione, il ritorno del Male. Passerà molto tempo prima che si riorganizzi e per questo non penso che voi siate utili.›› ‹‹Mio Sire vi prego, non sapete cosa vuol dire per…››

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‹‹Tuttavia Gabriel.›› interruppe il Re, ‹‹Questo Regno non può fare a meno di voi. Siete un’unione di persone formidabili, con grandi attitudini e poteri. Inoltre siete pochi: ci vorrebbe un esercito al completo per riu-scire a pareggiare la vostra forza. Per cui ho deciso che rimarrete in ser-vizio e tu sarai a capo di questo squadrone; esso avrà uno statuto speciale a proteggerlo, in modo che siate liberi di utilizzare tutti i mezzi che pos-sedete per difendere Ancient ed il Bene in generale.›› I volti degli Arcangeli si rasserenarono. ‹‹Re Dilvas, tutti noi siamo entusiasti di questa notizia e non vediamo l’ora di poterci migliorare condividendo le varie tecniche così da poten-ziarci ancora. Vorrei, se mi è permesso volere, che si ristabilisse il nume-ro iniziale degli Arcangeli facendo delle selezioni con più calma e sere-nità. Possiamo diventare davvero micidiali.›› disse Gabriel raggiante per la notizia. ‹‹Farete tutto ciò che ritenete utile al miglioramento dello squadrone. Ora siete al mio servizio personale: vi chiamerò quando avrò bisogno di voi e questo sarà un segnale di pericolo per tutto il Regno. Inoltre nomino te, Gabriel, mio consigliere supremo della guerra. Non ho più bisogno di quella ciurma di vecchi tonti. I generali hanno onorato il loro Regno, ma è ora di cambiare.›› ‹‹Servirò Ancient con tutte le mie forze.›› rispose, come la situazione imponeva. ‹‹Bene! Ora andate pure. Ma devo sempre sapere dove vi trovate, in mo-do che, in caso di necessità, si possa ricomporre lo squadrone in poco tempo. Gabriel, procederai con le selezioni come ti è più comodo. Voglio solo che mi presenti i nuovi membri. Buona notte Arcangeli.››. Dopo qualche giorno iniziarono gli allenamenti che, in genere, erano momenti di condivisione. Ognuno aveva poco da imparare nella propria arte, ma le conoscenze dovevano essere messe in comune, cosicché il gruppo potesse apprendere le tecniche base di ogni disciplina. Gabriel decise di non mettersi fretta per la scelta dei nuovi membri, voleva capire di cosa avesse bisogno il nuovo gruppo. Così, ad un anno dalla fine della guerra contro i Pirati, entrò a far parte degli Arcangeli Uriel, mentre due anni dopo il Re impose l’entrata dell’eroico Metatron. Gli Arcangeli erano dunque otto. Pochi mesi dopo l’arrivo di Metatron, Michael mi colpì con la sua sfera magica. Da questo punto in poi la storia degli Arcangeli l’ho vissuta in prima persona. I miei allenamenti proseguirono e imparai molte cose dai grandi

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guerrieri che componevano il gruppo. Incontrai Haniel che fu subito in-tegrata data la sua straordinaria potenza magica. Dopo cinque anni di studi e di preparazione fisica, il 2 Aprile del 665 venne il mio momento: dovevo dimostrare finalmente le mie capacità in battaglia.

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VI

LA LEGGENDA DEL DIAVOLO …l’uomo non era altro che un animale, ma intelligente e scaltro, prima che il Male facesse la sua comparsa in queste terre, circondate dai monti e affacciate sul mare. Riusciva a procurarsi il cibo con tecniche inge-gnose, ma non capiva ancora lo scopo della sua esistenza. Bastò una pietra appuntita sul terreno, una goccia di sangue che usciva dalla pian-ta di un piede. Una ferita, un taglio nella pelle. … …sottomessi ormai tutti gli altri animali, gli uomini capirono subito qua-li fossero i nuovi, grandi nemici: i propri simili. Iniziarono dunque a uc-cidersi nelle maniere più spietate tentando di conquistare una tenda o anche solo sfidandosi per il controllo di una famiglia. … …tutto il sangue sparso in queste terre penetrò nel terreno fino a giun-gere nelle profondità dove riposavano sin dall’inizio dei tempi i Tre Re del Male… Qui si accumulò fino a diventare un mare di strazio e dolore: tutto questo indicò al Primo Re che era il momento di portare il proprio dominio in superficie, per poter liberare i fratelli e compiere finalmente l’ultimo atto. … …aveva…di un essere umano con cui fondere…per essere invincibile. … … gli umani prescelti erano affascinati dalle arti che il Re aveva inse-gnato loro e iniziarono subito ad adoperarle, eseguendo i suoi ordini, portando la morte sulla terra. Fuoco e fiamme uscivano dai... … i caduti delle prime battaglie erano stati visti rimettersi in piedi, pron-ti a morire ancora. … …il Re decise allora di espandere oltre i monti il proprio potere, in cer-ca del suo stesso sangue, ma uno stolto, inutile uomo si ribellò. … …l’artiglio del Re cadde su una grossa pietra e da esso iniziò a cola-re…che venne assorbito, quasi bevuto dalla roccia. … …tornato nelle profondità attendendo un nuovo, più potente segnale di terrore e morte, il Re si sentì come richiamato dalla sua parte mancante e quando essa entrò in contatto con… … finalmente unito all’uomo, spinse il minuto esercito in ogni luogo alla ricerca e alla conquista… …ormai rinchiusi come conigli in gabbia, gli uomini sprovveduti stava-no per soccombere quando il potere della…

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…i dieci cavalieri dal chiarore lucente sconfissero l’esercito demoniaco, ma l’artiglio venne ritrovato e portato nelle terre oltre i mon … ‹‹Raphael!!!››…

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VII

LA PRIMA MISSIONE …‹‹Raphael!!! Che stai facendo? Farai tardi! E poi ti avevo sconsigliato di leggere quei libri!›› ‹‹Ma Gabriel noi siamo Arcangeli, possiamo fare ciò che vogliamo e per di più questo libro è pure rovinato, ha moltissime parti mancanti. E poi perché non dovrei leggerlo?!›› ‹‹Perché sono libri dalle misteriose origini e non sappiamo ancora bene a che cosa si riferiscono; comunque non permetterti di rispondere ancora con quel tono al tuo maestro! E preparati, che tra poco partiamo. Non vorrai farti trovare subito impreparato alla tua prima missione?!›› ‹‹No, certamente no! Vado subito a prepararmi.››. Lasciai la vecchia biblioteca del castello per recarmi nelle mie stanze. Estrassi dalla cassapanca la mia nuova armatura color grigio argento, re-alizzata su misura per me, l’elmo anch’esso color grigio argento ed un paio di guanti di pelle. Infine tirai fuori la spada che mi fu regalata da Michael. Me la diede all’inizio degli allenamenti con Gabriel dicendomi che, se fossi riuscito a domarla, sarebbe stata un’ottima arma e avrei po-tuto dimostrare davvero quanto valessi. Infatti quella era la famosa Spa-da Mistica. Ero preoccupato dalla potenza nascosta di questa spada e dai misteri che la circondavano. Michael mi raccontò cosa aveva scoperto e il perché avesse deciso di cedermela: a lui non serviva e, soprattutto, ri-teneva fosse in qualche modo colpevole della morte di suo padre, quindi non voleva più averne a che fare. Quella fu la prima volta che utilizzai la spada in un combattimento. Ogni giorno dedicavo un po’ del mio tempo per ripulirla e quasi anche coccolarla. Rimanevo incantato a guardare quelle strane venature che la ricoprivano dall’elsa fino alla punta. Pensa-vo che la mia prima missione sarebbe stato il momento ideale per verifi-care se la nuova arma mi era fedele; dovevo sapere se la Spada Mistica mi aveva accettato come suo unico padrone. Armato e pronto per il combattimento, abbandonai le mie stanze per re-carmi alla sala riunioni. Alcune guardie sorvegliavano sempre le più im-

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portanti ali del castello quindi, arrivato davanti alla porta della sala, ne trovai una che me l’aprì in modo servizievole. Era un immenso salone con al centro un enorme tavolo rettangolare. Su tutte e quattro le pareti erano presenti quadri raffiguranti membri della famiglia reale, mentre le finestre erano ricoperte da lunghe tende bian-che. Mancavo solo io, ma la sorte volle che tutti stavano parlando con tutti, come fanno le anziane signore del Regno quando si trovano per strada. Di conseguenza il mio ritardo passò inosservato. Che fortuna, altrimenti chi lo avrebbe più controllato Gabriel! Poco dopo il mio arrivo, proprio lui azzittì tutti: ‹‹Basta! Silenzio! Il Re ci deve parlare della missione che intraprenderemo.›› e con un mezzo in-chino eseguito con la testa, accompagnato da un gesto a mano aperta in-dicante il Re, continuò a parlare: ‹‹Prego, a voi la parola.›› Il nostro Sovrano iniziò: ‹‹Ad est, ai piedi dei monti Kranger, si trova la cittadina di Varij. Essa sorveglia il Regno di Pedreryo, Re dei Barbari, che si sviluppa a partire dall’altro versante dei monti. Negli ultimi anni gli attacchi a cittadine di Ancient sono aumentati e la zona è molto calda. Alcuni di quei barbari attaccano perché rivendicano il loro territorio. In-fatti durante il Regno di Meluvium III nel 587, Ancient attaccò le zone montuose che erano occupate da gruppi di barbari nomadi. In pratica quelle terre non erano amministrate da nessuno, quindi il Re decise che era meglio portarle sotto il controllo di Ancient con la forza. In quelle zone erano presenti copiose sorgenti che rendevano il territorio monta-gnoso un’area fertile. Quell’acqua era destinata anche agli scambi con l’Isola del Deserto e quindi attorno alle fonti si sviluppava gran parte dell’economia di Ancient. Meluvium però sterminò tutte le famiglie e fece inseguire anche i fuggitivi, ma qualcuno si salvò e raccontò dell’eccidio alle altre tribù che da quel momento si unirono e tuttora con-tinuano a sferrare odiosi attacchi contro le roccaforti di Ancient. In que-sto momento è l’unica zona in cui abbiamo l’esercito in allerta continua, ma fino ad oggi, gli attacchi non hanno mai messo in difficoltà le nostre imponenti schiere. Entro pochi giorni riusciranno ad occupare la città di Varij, che al momento è carente di truppe. Si aspettano al più presto rin-forzi. Per noi, quella zona, è molto importante per gli scambi commercia-li, ma ancor di più per la sua posizione geografica, da dove possiamo controllare i movimenti nemici. Inoltre, quella razza di selvaggi, ha ini-ziato anche ad uccidere i civili. Pensavo ci volesse poco per annientarli, invece sono più resistenti e preparati di quanto avessi immaginato. Ci stanno mettendo in difficoltà.››.

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Ci fu un momento di silenzio e dopo il Re continuò con un tono adirato; sembrava stesse dando a noi la colpa di quanto stava accadendo: ‹‹Quel che rimane dell’esercito presente in città è già al corrente del vostro arri-vo. Voi dovreste aver già capito qual’è il vostro compito, quindi non oc-corre sprecare altre parole. Partirete immediatamente. Non voglio nessun superstite!››. Uscimmo dal salone, eccitati dalle parole del Re. Haniel ed io ci attar-dammo e, in quel momento, udimmo chiaramente il sovrano chiamare Gabriel. Appena il nostro comandante gli si avvicinò parlarono: ‹‹Sai bene che sarebbe un disastro se la Lancia del Destino finisse in mani sbagliate.›› ‹‹Sì, ne sono consapevole. Non accadrà.››. Gabriel si inchinò e ci raggiunse. Noi iniziammo a guardarlo con sguardo interrogativo, quindi ci chiese: ‹‹Non avrete mica origliato?›› ma i nostri sguardi rispondevano da soli, ‹‹Tranquilli non è un segreto. A battaglia conclusa lo saprete.››. Andammo velocemente nelle scuderie, dove i nostri cavalli erano stati caricati con tutto il necessario che ci serviva per trascorrere le notti lon-tano dalle nostre stanze, compreso del cibo per la sera. Appena tutti era-no pronti partimmo a piedi con le redini dei cavalli tra le mani. Usciti dalle scuderie passammo dal centro della piazza del castello. Poco più avanti a noi il grande cancello, fatto con pesantissime travi di legno, iniziò ad aprirsi con forti e fastidiosi rumori provocati dai cardini arrug-giniti. Stavamo per passare tra le case dei tanti abitanti, come è usanza fare dai guerrieri prima di una battaglia. Guardando indietro si poteva scorgere la maestosità di Hatryria. Contadini e nobili del Regno erano accorsi in questa zona di pace, sicurezza e prosperità, espandendo il territorio del paese e trasformandolo nella zona dove vive il maggior numero di per-sone di tutto il Regno. Viali alberati e strade sempre in ordine la contrad-distinguevano. Qui si trovavano i migliori fabbri, i migliori orefici e le locande più famose dove si poteva gustare il vino più buono. Tutto que-sto attraeva numerosi viandanti che rendevano ancora più attiva questa zona. Nuovi quartieri sorgevano e nuove case venivano costruite; ospita-vano sia grandi mercanti e banchieri, sia i braccianti che lavoravano in città. In quegli anni, nonostante il momento storico pacifico, era stata av-viata la costruzione di enormi mura a difesa della capitale. Le fondamen-ta delle barriere erano state gettate molto distanti dalle ultime case in co-struzione, così da permettere una maggiore espansione alla città. ... ... ... FINE TRAILER