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AUGUSTO GUARINO Istituto Universitario Orientale di Napoli L'imminente catastrofe: distruzione, disfacimento, destrutturazione nella narrativa messicana di fine millennio 1. Premessa: esperienze efenomeni "terminali" nella recente narrativa messicana Con la presente relazione mi limiterò a gettare uno sguardo su una serie di opere narrative messicane degli ultimi anni, apparse grosso modo tra il 1985 e il 1997, cercando di rispondere a una domanda, e cioè se l'approssi- marsi del nuovo millennio venga percepito e rappresentato in questi testi in maniera neutra o al contrario come un evento epocale caricato di connotazio- ni simboliche. Naturalmente l'ampiezza e la complessità del panorama lettera- rio messicano, sia pure limitato a un solo genere e a poco più di un decennio, sottrarranno a questa breve rassegna ogni velleità di completezza. Un gran nu- mero di romanzi e di racconti del Messico contemporaneo, d'altronde, non reca tracce significative di una particolare sensibilità all'avvicinarsi del ventu- nesimo secolo l . D'altro canto vale anche la pena di sgombrare preliminar- mente il campo da un possibile equivoco: nessun testo tra quelli esaminati commette l'ingenuità di assumere direttamente la scadenza del millennio come appuntamento decisivo, come un confine che una volta varcato possa portare - fosse anche solo simbolicamente - il Messico o l'intera umanità in una nuova era. Al contrario, la disinvolta collocazione delle vicende narrate in un futuro più o meno prossimo e verosimile, oppure in un passato recente sa- 1 Per motivi esclusivamente materiali, e con la consapevolezza di rinunciare a una parte cospicua del panorama letterario preso in esame, ho inoltre scelto di escludere dal discorso quei romanzi in cui l'attenzione per le dinamiche storiche del presente e del futuro si esprime me- diante una rappresentazione del passato del Messico. Cfr. Seymour Mentón, La nueva novela histórica de la América Latina, 1979-1992, México, Fondo de Cultura Económica, 1993, in cui vengono tra l'altro considerati alcuni testi di Fernando del Paso, Hornero Aridjis, Carlos Fuentes.

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AUGUSTO GUARINOIstituto Universitario Orientale di Napoli

L'imminente catastrofe: distruzione, disfacimento,destrutturazione nella narrativa messicana di fine millennio

1. Premessa: esperienze e fenomeni "terminali" nella recente narrativa messicana

Con la presente relazione mi limiterò a gettare uno sguardo su una seriedi opere narrative messicane degli ultimi anni, apparse grosso modo tra il1985 e il 1997, cercando di rispondere a una domanda, e cioè se l'approssi-marsi del nuovo millennio venga percepito e rappresentato in questi testi inmaniera neutra o al contrario come un evento epocale caricato di connotazio-ni simboliche. Naturalmente l'ampiezza e la complessità del panorama lettera-rio messicano, sia pure limitato a un solo genere e a poco più di un decennio,sottrarranno a questa breve rassegna ogni velleità di completezza. Un gran nu-mero di romanzi e di racconti del Messico contemporaneo, d'altronde, nonreca tracce significative di una particolare sensibilità all'avvicinarsi del ventu-nesimo secolol. D'altro canto vale anche la pena di sgombrare preliminar-mente il campo da un possibile equivoco: nessun testo tra quelli esaminaticommette l'ingenuità di assumere direttamente la scadenza del millenniocome appuntamento decisivo, come un confine che una volta varcato possaportare - fosse anche solo simbolicamente - il Messico o l'intera umanità inuna nuova era. Al contrario, la disinvolta collocazione delle vicende narrate inun futuro più o meno prossimo e verosimile, oppure in un passato recente sa-

1 Per motivi esclusivamente materiali, e con la consapevolezza di rinunciare a una partecospicua del panorama letterario preso in esame, ho inoltre scelto di escludere dal discorso queiromanzi in cui l'attenzione per le dinamiche storiche del presente e del futuro si esprime me-diante una rappresentazione del passato del Messico. Cfr. Seymour Mentón, La nueva novelahistórica de la América Latina, 1979-1992, México, Fondo de Cultura Económica, 1993, incui vengono tra l'altro considerati alcuni testi di Fernando del Paso, Hornero Aridjis, CarlosFuentes.

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pientemente ricostruito o volutamente trasfigurato, serve quasi sempre a sot-tolineare la profonda continuità di alcune dinamiche all'interno dell'interastoria messicana. Più che il 2000, sono piuttosto altre le date chiamate dai nar-ratori messicani a una funzione simbolica, come il 1968 del massacro di Tlate-lolco, il 1985 del terremoto che devastò la Capitale, il 1992 del Quinto Cen-tenario della Scoperta.

Non può non essere significativo, tuttavia, il fatto che in quest'ultimoscorcio di secolo una serie consistente di opere narrative messicane siano in-centrate su esperienze e fenomeni terminali, che in esse siano sempre più fre-quenti e rilevanti immagini di distruzione, di disfacimento, di agonia. "Re-cientemente solo las tragedias naturales y sociales -señaladamente el terremotode 1985 - parecen estimular a los escritores de la ciudad, como si la carroñafuera el único alimento apetecible para la prosa", scriveva Christopher Do-mínguez Michael nella sua importante antologia della narrativa messicana de-gli ultimi anni2. E di certo il riscontrare in questi testi il ricorso costante a pro-cedure di deformazione ironica o più spesso grottesca della realtà non serve aridimensionare il fenomeno, perché quasi sempre quelle che potrebbero esseremisure di distanziamento della realtà si dimostrano invece meccanismi di am-plificazione polemica o iperrealistica. Il fatto è che questa fine di secolo, forsein maniera occasionale ma non del tutto casuale, coincide in Messico con unadiffusa consapevolezza dell'imminente fine di un epoca, anzitutto la fine di unsistema politico 3, ma che coinvolge la sfera delle relazioni personali, dei con-flitti sociali, dei rapporti economici, degli assetti urbani, degli equilibri am-bientali. Si tratta di un cambiamento che minaccia di configurarsi come unacatastrofe, come una serie di sussulti di proporzioni non controllabili, ma an-cor più catastrofica appare la prosecuzione della via intrapresa dal Messico inquesto secolo, che in tutti i testi analizzati anticipa scenari di guerra, di deva-stazione, di interminabile agonia biologica e culturale. In questo senso, non è

2 Antologia de la narrativa mexicana del sigio XX, II, México, Fondo de Cultura Econó-mica, 1991, p. 520.

3 Mi sono occupato del versante più propriamente politico della rappresentazione nar-rativa del Messico contemporaneo (concretamente in tre romanzi di Juan Villoro, HéctorAguilar Camin e Carlos Montemayor), in Augusto Guarino, El laberinto de ¡apolítica: ideolo-gía y escritura en la narrativa mexicana de la primera mitad de los años 90, in Literatura y Políti-ca. Ideologia y ficción en el siglo XX (atti del convegno di Caracas, 19-22 giugno 1996), Caracas,La Casa de Bello, 1998, pp. 197-209.

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tanto rilevante in sé la constatazione nella narrativa messicana dell'ultimo de-cennio di tematiche millenaristiche e apocalittiche, ma piuttosto la loro stupe-facente modulazione in una molteplicità di tonalità, talvolta contigue e diffì-cilmente districabili, spesso compresenti nelle opere e negli autori considerati.Si tratta peraltro di tendenze almeno in parte prevedibili, in una tradizioneculturale che fonda l'identità nazionale sulla continua reinterpretazione dieventi traumatici (la Conquista europea, le guerre di indipendenza, la Rivolu-zione messicana), oltre che preannunciate in opere dei decenni immediata-mente precedenti, ad esempio di Juan Rulfo4, Salvador Elizondo5, José Emi-lio Pacheco6, Luisa Josefina Hernández7, Guillermo Samperio8 e soprattuttodi Carlos Fuentes (uno scrittore peraltro protagonista della scena letterariaanche nell'ultimo decennio).

Proverò quindi a passare in rassegna alcune di queste opere apparse negliultimi dodici anni, seguendo la tematica che in esse appare prevalente, sottoli-neando anche la forte tensione bipolare che caratterizza l'articolazione nel te-sto di ogni tema: Agonia (con le alternative Morte venus Rinascita), Guerra(vs. Pacificazione), Invasione (Assimilazione vs. Liberazione), Devastazione(Distruzione vs. Costruzione), Apocalisse (Fine vs. Inizio di una nuova era).

2. L'agonia: viaggio su un incerto confine

Una delle tendenze più evidenti della narrativa messicana degli ultimianni è una marcata insistenza nella rappresentazione della morte, che coinvol-ge naturalmente anche tutti gli altri ambiti tematici che tratteremo. Si trattasoprattutto di un costante riapparire della morte come processo, come transitodifficile, sfuggente e talvolta perfino ripercorribile a ritroso. C'è in questa serie

4 Pedro Páramo, México, Fondo de Cultura Económica, 1955.5 Farabeuf, México, Joaquín Mortiz, 1965.6 José Emilio Pacheco, Morirás lejos, México, Joaquín Mortiz, 1967. Nel romanzo di

Pacheco all'ambientazione nel Messico contemporaneo si sovrappongono immagini della di-struzione del tempio di Gerusalemme (attraverso il resoconto dello storico latino) Flavio Giu-seppe e dello sterminio degli ebrei nel XX secolo.

7 Luisa Josefina Hernández, Apocalipsis cumfiguris, Un. Veracruzana, 1982.8 Guillermo Samperio, Miedo Ambienté, La Habana, Casa de las Américas, 1977. La

raccolta di Samperio anticipa il tema del disastro ecologico, che nei testi degli anni 80-90 vienedato non più come "miedo" ma come fatto compiuto.

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di manifestazioni recenti un'evidente eredità di testi ormai classici della narra-tiva messicana sull'indefinibile realtà del morire, almeno Pedro Páramo diJuan Rulfo, Farabeuf di Salvador Elizondo, La región más transparente'3 e Lamuerte de Artemio Cruz10 di Carlos Fuentes, decisivi - questi ultimi - soprat-tutto per l'esplicita saldatura tra l'esperienza agonica e la storia recente delMessico.

Ci sono ovviamente immagini di morte in tutti i testi considerati, ma al-cuni sembrano ritornarvi in modo ossessivo o esclusivo. Ad esempio nel sur-reale racconto di Gerardo Deniz, Necroforia, contenuto nella sua raccolta Ale-brijes (1992)n, in cui il giovane e poverissimo Fulgencio, improvvisamentemorto "de asco", viene portato in metropolitana dalla vedova e dai suoi amicialla stazione di Mictlan, nel luogo in cui gli aztechi individuavano la dimorasotterranea dei defunti. Durante il tragitto, significativamente, Fulgenciochiede improvvisamente ai suoi accompagnatori: "-¿Adónde vamos?" 12.

Questa angosciosa incertezza del morire, simbolo della dolorosa incertez-za della società messicana, ritorna anche nei romanzi più "politici" tra quellipresi in esame, A imagen y semejanza di Guillermo Fárber (1992), La leyendade los soles, di Hornero Aridjis (1993), El dedo de Oro, di Guillermo Sheridan(1996)13. È ad esempio significativo che i tre romanzi citati, ambientati neiprimi decenni del secolo XXI, si aprano con l'agonia o la morte di uno dei ver-tici dello stato (presidente o capo della polizia), soprattutto considerando chedue di essi sono anteriori all'omicidio del candidato del PRI alla presidenzaLuis Donaldo Colosio avvenuto nel 1994, di cui possono quindi apparire unavisionaria ma comunque inquietante prefigurazione. In particolare, nei testi diAridjis e di Sheridan, il capo della polizia Carlos Tezcatlipoca e il presidentedel Messico Fierro Ferráez, sono esseri capaci di morire e di ritornare in vita,

9 México, Fondo de Cultura Económica, 1958.10 México, Fondo de Cultura Económica, 1962.11 Gerardo Deniz, AUbrijes, México, Ediciones del Equilibrista, 1992.12 È una domanda che percorre un po' tutta la raccolta di Deniz, in cui si registra la pre-

senza di esseri indefinibili (appunto gli Alebrijes del titolo) e soprattutto si avverte l'incomben-za di eventi inquietanti e catastrofici. Si veda ad esempio il racconto 6:17' A.M. Homenaje alrealismo socialista, in cui l'incontro di una coppia di amanti si svolge sullo sfondo di un'esplo-sione nucleare.

13 Cfr. Guillermo Fárber, A imagen y semejanza, México, Siglo XX editores, 1992; Ho-rnero Aridjis, La leyenda de los soles, México, Fondo de Cultura Económica, 1993; GuillermoSheridan, El dedo de Oro, México, Alfaguara, 1996.

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anche perché non si sa più quanto in essi ci sia di umano e quanto di sovran-naturale (nel caso del generale) o di artificiale (nel caso del quasi androide Fer-ráez). Il protagonista del romanzo di Aridjis, ambientato nel Messico del2027, è un'incarnazione grottescamente deformata della divinità precolom-biana di cui porta il nome14, di cui svolge il ruolo in una sorta di ciclo trans-storico. Il presidente del Messico nel 2029, Fierro Ferráez, è invece una figuraipertrofica di quasi duecento chili e di oltre 130 anni, tenuto in vita dai fre-quenti trapianti e innesti di organi sintetici, simbolo fin troppo evidente delcarattere ormai artificiale e innaturale del potere. La morte, la degradazione, ildisfacimento sono comunque in tutti questi romanzi realtà presenti e oscena-mente esibite anche nell'agire quotidiano dei protagonisti.

3. La guerra silenziosa: disfacimento del sistema politico e accettazione della

violenza

II tema dell'agonia sfuma fatalmente in quello della degradazione del si-stema politico e della vita sociale, della morte di quel mito della modernità cheè stata la Rivoluzione messicana15. La tendenza più frequente, anche in testidalle modalità più realistiche e maggiormente ancorati alla rappresentazionedel presente o alla ricostruzione di un passato immediato - ad esempio deimovimenti operai e contadini degli anni 50 e 60, o di quelli studenteschi deidecenni successivi - è quella di identificare nella dialettica politica e sociale de-gli ultimi decenni un vero e proprio stato di guerra, un conflitto non dichiara-to ma che investe con terribile potenza distruttiva ogni tentativo di cambia-mento democratico. Ovviamente in testi di scrittura creativa sarebbe ingenuoricercare una raffigurazione diretta delle dinamiche socio-politiche, anche inopere che si richiamano esplicitamente a eventi della storia recente. Va però ri-levata nei romanzi e nei racconti messicani degli ultimi anni una volontà dirappresentare, fin dai titoli, la storia recente del paese in termini di Morte{Morir en el Golfo, di Héctor Aguilar Camín, raffigurazione delle lotte sindaca-

14 Tezcatlipoca, "specchio fumante", istigatore di guerre e di discordie, era signore del-l'inverno, dei freddi del nord e della morte, degli schiavi e dei loro padroni.

15 Cfr. per alcuni spunti suggestivi il breve intervento di Margo Glanz, Fin del milenio,fin de la Revolución Mexicana, in "INTI - Revista de Literatura Ispanica", n. 42, otoño 1995,pp. 80-86.

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li nella zona petrolifera di Veracruz)16 o di Guerra {Guerra en el Paraíso, diCarlos Montemayor17, racconto delle imprese e dell'uccisione del leader guer-rillero Lucio Cabanas nello stato di Guerrero nel periodo 1971-1974; La guer-ra de Galio, di Aguilar Camín, trasfigurazione letteraria del caso del quotidia-no Excelsior18).

Forse un generico confine può essere tracciato tra opere più "realistiche"in cui, come negli ultimi tre romanzi citati o ad esempio in Arráncame la vida,di Angeles Mastretta19, la morte di uno dei protagonisti viene narrata in toniepici e di alta partecipazione emotiva, in quanto simbolo della fine di una spe-ranza radicata nella storia, e altri romanzi che si collocano deliberatamente (espesso provocatoriamente) in una prospettiva astratta e trans-storica, in cui sida per scontato il processo di disfacimento che coinvolge il Messico. In questiultimi, ad esempio nei romanzi di Fárber, Aridjis, Sheridan già citati, la trasfi-gurazione grottesca operata dalla scrittura tende piuttosto a sottolineare, collo-candola in un futuro che somiglia già molto all'oggi, l'irrimediabile confusio-ne tra la vita e la morte, tra l'organico e l'inorganico, tra il naturale e l'artificia-le (ad esempio in tutti gli scenari futuri viene data per scontata una catastrofeecologica), tra il reale e il virtuale. In questi romanzi, ambientati nei primi de-cenni del nuovo secolo, la violenza derivante dalla repressione statale e dallastessa vita nelle metropoli viene vissuta come un fenomeno naturale, tragicosemmai per l'autore implicito e il suo lettore ideale ma del tutto normale per iprotagonisti della finzione.

In realtà tra questi due gruppi di romanzi c'è una sorta di contiguità e dicomplementarità: la deformazione esperpéntica (e non uso a caso questo termi-ne valle-inclaniano) è in realtà una ribellione dello scrittore contro la pretesa"normalizzazione" della violenza praticata qui ed ora da ampi settori del pote-re messicano. Di questa difesa della violenza, in quanto elemento costante enecessario della storia del Messico, c'è significativamente ampia traccia (in ter-

16 Héctor Aguilar Camín, Morir en el Golfo, México, Ediciones Océano, 1985.17 México, Diana, 1991.18 Héctor Aguilar Camín, La guerra de Galio, México, Alfaguara, 1991. Il cosiddetto

"caso Excelsior", il cui direttore e fondatore, Julio Scherer, in seguito a pressioni politiche fuespulso nel 1976 dal giornale con i suoi collaboratori, era già stato narrato da Vicente Leñeronel suo romanzo-cronaca Los periodistas (México, Joaquín Mortiz, 1978).

19 Angeles Mastretta, Arráncame la vida, México, Ediciones Oceano, 1986.

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mini di denuncia) nei romanzi di Aguilar Camin, Montemayor, Mastretta20.In altri termini, la recente narrativa messicana - con modalità maggiormenterealistiche o attraverso la lente deformante di procedimenti espressionistici -manifesta una reazione contro quei settori della cultura e del potere messicaniche individuano nella "catastrofe" della vita nazionale una realtà inevitabile eperfino giustificabile21.

4. L'invasione: il dominio dell'alieno

Un nucleo tematico contiguo a quelli della agonia e del disfacimento èquello della invasione, che si distingue per la messa a fuoco della problematicae per la sua centralità nella storia del Messico e nella sua memoria collettiva.Non solo infatti il Messico ha costruito progressivamente la propria identità inseguito a una serie di invasioni di popoli stranieri -l'insediamento degli aztechinell'Anáhuac, la conquista degli spagnoli, l'irruzione degli eserciti di Napoleo-ne III, la soggezione militare e politica agli Stati Uniti - , ma ognuna di questefasi ha portato con sé una concezione apocalittica della storia che continua adavere una sua influenza nella cultura messicana: la teoria dei "Soli" azteca, ilmillenarismo cristiano, l'ideologia imperiale europea, l'utopia democraticastatunitense. Nei romanzi recenti che ritornano su questo tema la realtà del-l'invasione, anche quando è proiettata nel futuro, ritorna con il doppio segnoche l'ha caratterizzata nella storia del Messico, con il potere seduttivo esercita-to sulla cultura "invasa" dalle proposte dell'alieno, sotto le quali si annida lasua volontà di dominio.

20 Cito, come esempio, la lettura data da uno dei protagonisti del romanzo di AguilarCamin, tra l'altro ricalcato su di un personaggio reale, al fenomeno della guerrilla e della suaspietata repressione governativa: "Hablamos de la doma sangrienta y centralizadora que haconstituido el país desde principios del siglo XDÍ. Antes, quizá: desde la conquista y la evange-lización españolas [...] México debe pagar su cuota de violencia para domar su propia barbariey abrirse una efectiva posibilidad de civilización, de historia realizada. Es la guerra de la historiadel mundo. Nuestra guerra", Héctor Aguilar Camín, La guerra de Galio, cit., p. 197-98.

21 Lascio aperto, per questioni di spazio, il problema di valutare quanto di questa ideo-logia fatalista non si insinui, in forme più o meno inconsapevoli, in tutti i romanzi che stiamoprendendo in esame, quanto ad esempio vi sia di cinismo o di autocompiacimento nella rap-presentazione dei mali del Messico, limitandomi a un accenno in questo senso relativo a Car-los Fuentes.

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II testo con cui comincia nell'ultimo decennio il discorso sull'invasione,quello di maggiore qualità letteraria ed impatto, è senza dubbio Cristóbal No-nato di Carlos Fuentes22, un romanzo che dall'oggi della scrittura (1986) sicolloca nel futuro immediato del 1992 del Quinto Centenario della scopertadell'America, con evidenti e dirette intenzioni polemiche23. Lo scenario deli-neato da Fuentes per il 1992 è già abbastanza catastrofico: il Partido de AcciónNacional governa il paese, con forti vincoli da parte del PRI; il debito esteroha obbligato a cedere il Golfo alle "Sette Sorelle" e lo Yucatán al Club Medi-terrané. Il nord del Messico e il sud degli USA decidono di fondersi in unnuovo stato, il Mexamerica. È significativo che una parte rilevante della criticamessicana abbia da un lato letto in chiave limitativa la rappresentazione utópi-ca proposta da Fuentes," accusato di prolungare in maniera acritica la paraboladei luoghi comuni sul paese e sul suo sistema politico24, ma riconoscendogli altempo stesso di stare seguendo una tendenza comune nella narrativa di fine se-colo. Come ha scritto Domínguez Michael: "Por primera vez en su historia li-teraria, el novelista coincide con un estado de ánimo propio de la prosa mexi-cana [...] La excentricidad apocalíptica en Cristóbal nonato es una resurrecciónde la risa menípea ante la decadencia, alarde de cinismo y profanación de losagrado que intenta golpear la integridad trágica del mundo" 25.

Segue questa linea, con un'ulteriore intensificazione dei procedimenti dideformazione parodica ma anche con qualche concessione a toni didascalici, ilromanzo di Hugo Hiriart La destrucción de todas las cosas, apparso nel 199226,

22 Carlos Fuentes, Cristóbal Nonato, México, Fondo de Cultura Económica, 1987.23 Al di là delle stesse intenzioni espresse abbastanza chiaramente nel testo, Carlos Fuen-

tes ha dichiarato significativamente: "Yo confío en que Cristóbal nonato sea leído como unexorcismo más que como una profecía", in M". Victoria Reyzábal, Mantener un lenguaje o so-cumbir al silencio. Entrevista con Carlos Fuentes, in Carlos Fuentes, Barcelona, Anthropos,1988.

24 Cfr. ad esempio il giudizio dato da Evodio Escalante: "Uno siente que Cristóbal No-nato es la gran novela que había estado esperando. Que Fuentes ha encontrado por fin el tonoy el tema adecuado a la naturaleza de su talento, un talento al mismo tiempo imaginativo y pa-ródico. Pero las cosas luego comienzan a fallar. Las situaciones se tornan inverosímiles, inclusoun tanto burdas. Decae la inventiva en el lenguaje; la estructura misma se vuelve poco convin-cente", in La intervención literaria, México, Universidad Autónoma de Zacatecas-UniversidadAutónoma de Sinaloa, 1988, p. 18.

25 Antología de la narrativa mexicana del siglo XX, II , o p . cit, p . 2 9 - 3 0 .26 H u g o Hiriar t , La destrucción de todas las cosas, México, Ediciones Era, 1992 .

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che narra dell'invasione del Messico da parte degli extraterrestri cabezones nel-l'anno 2010. Le tappe del processo di conquista appaiono ricalcate su quelledella conquista spagnola dell'impero azteco (ad esempio vengono evocati l'in-contro tra Montezuma e Cortés e l'episodio della "noche triste"), ma facendocostantemente riferimento alle dinamiche di penetrazione in Messico dell'i-deologia tecnocratica e neo-liberale di derivazione nordamericane, propostacome panacea per i mali della nazione:

"Los otros se presentaron ante nosotros nada menos que como nuestros salvado-res. La destrucción de todas las cosas se presentaba como salvación" (p. 119)

"acerca de la ciencia los legos tenemos muchas supersticiones. Una de ellas esque saber más, y poder hacer más cosas, va a hacernos automáticamente más ap-tos para vivir o más dichosos. Yo creo que los Cabezones nos probaron todos losdías, de todas las maneras posibles, que eso no es cierto. La tecnología de losOtro hacía pasar a la sociedad de un modo de lío o enredo o embrollo, a otromodo diferente de lío o enredo, también inmanejable" (pp. 209-210).

E d'altronde, secondo il narratore della vicenda, rifugiatosi in luogo iso-lato per sfuggire alla distruzione e all'assoggettamento da parte degli alieni,l'invasione era stata preparata nei decenni precedenti da un lungo processo dierosione dei punti di riferimento sociale:

"La injusticia básica de la sociedad no se percibía porque cada uno intentaba es-capar por su cuenta y sacar partido de la situación reinante [...] Todo culminóen la evaporación de las ideas políticas, a fines de los ochenta, y la supeditaciónde todo a razones económicas. El sentimiento de tránsito social, perenne, insa-tisfecho y obseso por el dinero, se convalidaba desde arriba y se hacía, por decir-lo así, estatal, oficial" (p. 201)

Per Hiriart, come precedentemente per Fuentes, il futuro prossimo nonè che un prolungamento deformato di un presente che appare già privo di so-luzioni alternative. Ancora più disperato e senza vie d'uscita appare il Messicodei primi decenni del Duemila nel già citato romanzo di Guillermo SheridanEl dedo de Oro. Nel testo sono assenti - se non per cenni parodici - i riferi-menti al passato preispanico e coloniale che sono frequenti nel romanzo di Hi-riart, ma è invece accentuata la rappresentazione in chiave grottesca di tutte lemitologie recenti dell'identità messicana. Nel Messico dell'anno 2029 l'interoterritorio di frontiera con gli Stati uniti e la penisola dello Yucatán sono stati

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confiscati da potenze straniere per riscattare il debito estero. Il governo messi-cano, di fronte alla sottrazione di circa la metà del territorio nazionale, decidedi adattarsi alla situazione:

"Para que nadie se extrañara y funcionara el 'Típico Plan' de que no había pasa-do nada, el proyecto contemplaba que en el nuevo mapa la divisón federal seconservara igual y las capitales en los mismos sitios. Se trataba, en pocas pala-bras, de encoger el país; pero que aparte de eso quedara igualito"27

Al Messico, in questo nuovo contesto internazionale, viene affidata l'e-terna rappresentazione de "lo tipico", dei suoi supposti tratti eterni. In Sheri-dan è evidente l'ulteriore accentuazione di una prospettiva deformante, piùche iperrealistica di un grottesco deliberato e perfino compiaciuto, con ampiospazio dato ad elementi comici e scatologici, quasi che il rafforzamento deiprocedimenti parodici fosse l'unica reazione possibile a una sorta di "lessicaliz-zazione" dell'uso dell'utopia futuristica nella rappresentazione della societàmessicana .

5. / / crollo: la chance di una ricostruzione

Un altro tema decisamente ricorrente nella narrativa dell'ultimo decen-nio e caricato di forti implicazioni simboliche è quello del disfacimento deltessuto urbano, riferito soprattutto alla capitale.

"Lo decisivo en la actitud frente a la destrucción de la Ciudad de México seño-rial que conmovía a Pitol y García Ponce parece radicar en el tiempo sobre elque se escribe: de los años cinquenta en adelante se asume la transformación delpaisaje como inevitable. Es tanto el caos que más vale volver a empezar: olvidar-se de que una vez existió una tradición y suponer al desastre frente a nosotroscomo un caldo primigenio. La Historia no ha terminado: está por comezar; de

27 Guillermo Sheridan, El dedo de oro, op. cit., p. 38.28 Anche di questo vi sono tuttavia dei precedenti nella recente narrativa messicana,

come ad esempio Los relámpagos de Agosto di Jorge Ibargüengoitia (México, Joaquín Mortiz,1965), rappresentazione altrettanto grottesca e deformata di alcuni episodi della RivoluzioneMessicana.

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ahí la necesidad de un acto edénico: la invención de un nuevo lenguaje, capazde abarcar a una realidad nueva" 29.

La svolta, in senso culturale ed estetico, nella rappresentazione del disa-stro urbano di Città del Messico è stata indubbiamente rappresentata dall'e-sperienza del terremoto del 19 e 20 settembre 1985. La catastrofe naturale, ol-tre a ferire profondamente la coscienza collettiva messicana, si è presentata pa-radossalmente con l'aspetto positivo della rivelazione e della reazione, comeuna chance estrema di ricostruzione del tessuto sociale. Il primo passo dellarappresentazione letteraria di questo processo è individuabile nel libro ElenaPoniatowska, Nada, nadie, las voces del temblor00. Le otre 50 interviste raccoltedalla Poniatowska da protagonisti della tragedia, pubblicate inizialmente sulperiódico "Novedades" e sospese in seguito a pressioni politiche, mostraronoall'opinione pubblica un mosaico di immagini di una devastazione più socialeche naturale, in cui emergevano con prepotenza le responsabilità del governo edi ogni organo pubblico non solo nella determinazione del caos urbano31 masoprattutto nell'inefficienza mostrata nell'emergenza (disorganizzazione neisoccorsi, atti di sciacallaggio delle forze dell'ordine, inefficienza del sistema sa-nitario, ostacoli governativi al volontariato, rifiuto di aiuti esteri). In questosenso il sisma comincia ad assumere nelle pagine della Poniatowska una di-mensione apocalittica, in quanto "rivelazione" di realtà socialmente note marimosse (ad esempio le fabbriche clandestine portate alla luce dai crolli degliedifici), e parallelamente come scoperta di una capacità di organizzazione au-tonoma della società civile.

Il terremoto del 1985 si propone dunque nella letteratura messicana conla bipolarità che è rilevabile anche negli altri nuclei tematici, come rivelazionedi una catastrofe da tempo latente, e al tempo stesso come speranza nella fine

29 Alvaro Enrique, Nueva visita a la región mas transparente, in "Insula", nov. 1997, pp.22-24.

30 Elena Poniatowska, Nada, nadie, las voces del temblor, México, Era, 198831 "No había planos de los edificios, mucho menos de las calles cerradas al tránsito; nin-

gún delegado ofreció un mapa de su delegación señalando cuáles eran los inmuebles derruidos;nunca se anunció a qué zona debía acudirse. Por este caos, esta falta de indicaciones, explica-bles durante las primeras 72 horas pero imperdonables después, mucha gente que pudo haber-se rescatado quedó bajo los escombros", Elena Poniatowska, Nada, nadie, las voces del temblor,op. cit, p. 79.

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di un'era e come annuncio di una nuova fase32. Alla prima prospettiva sembraascriversi il romanzo di Juan García Ponce Pasado presente (1993)33, in cuicompie una sorta di ricognizione della città distrutta dal terremoto, rilevandoinfine:

"Comprobé que el terremoto, a juzgar por las ruinas que todavía permanecen,destruyó mi ciudad, sin que se haya hecho nada necesario para borrar sus hue-llas, aunque, aun sin él, la ciudad ya no es la misma" (p. 10)M.

Un esempio opposto è rappresentato invece dal recente Materia dispuestadi Juan Villoro (1996), un vasto romanzo di formazione, interamente sorrettodalla opposizione distruzione/costruzione, in cui appare riflesso sul protagonistaun ampio spettro della storia del Messico contemporaneo35. Le tappe fonda-mentali della vita di Mauricio, il giovane protagonista, sono scandite da eventisismici, stadi di un discorso narrativo sulla costruzione materiale e ideale dellarealtà, che culmina nell'esperienza del terremoto del 1985, con cui si concludeil romanzo. Dopo una giornata febbrile di partecipazione ai soccorsi, Mauri-cio comprende di essere finalmente riuscito a dare un senso più ampio al suodisagio individuale, e che per lui il terremoto è l'occasione per legare ad un de-stino collettivo la sua ansia di costruzione di un'identità. Il romanzo si chiudeappunto con un'eloquente dichiarazione di speranza nel futuro:

"Amanecía en la calle, amanecían de nuevo, se acercaban al borde de las cosas, alo que empieza a ser distinto, futuro, definitivamente real" (p. 311).

32 Come segnale della persistenza nella coscienza collettiva del terremoto, cfr. il volumecollettivo Volver a nacer, memorial del '85 (selección, edición, prólogo y apéndice de DanielCazés, México, La Jornada Ediciones, 1995), che raccoglie testi di 114 lettori del quotidiano"La Jornada" sulla loro esperienza del terremoto a dieci anni di distanza, alcuni dei quali di altapartecipazione emotiva e talvolta anche di una certa qualità letteraria.

33 Juan García Ponce Pasado presente, México, Fondo de Cultura Económica, 1993.34 Un esempio rilevante in tal senso è costuito anche dal racconto di Fabio Morabito,

Oficio de temblor, compreso nella sua raccolta La lenta furia (México, Vuelta, 1989), in cui ilterremoto — come entità personificata — percorre la città scegliendo le sue vittime.

35 Juan Villoro, Materia dispuesta, México, Alfaguara, 1996.

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6. L'alternativa apocalittica: la fede nella distruzione

Se in alcuni scrittori appare una sofferta valutazione -anche in positivo -del potere di destrutturazione della catastrofe, in altri, come Carmen Boullosa,è riscontrabile un'accettazione ancor più ambivalente del carattere creativodella distruzione, elemento ad esempio fondante dello stesso atto di scrittura:

"Pensar que caracteriza al hombre la destrucción gratuita, la destrucción cornonorma y juez, como vehículo de expresión y afecto y de repudio, como expre-sión de alegría o enojo, como lenguaje, no me parece fuera de tono con el airede nuestro fin de siglo. La destrucción en todas sus formas, no sólo acompañan-te de la violencia, parienta de la guerra, sino compañera de la vida cotidiana, so-breviviente vigorosa en las eras de paz y en la vida doméstica, sin restarle impor-tancia, por supuesto, a su presencia en la violencia y la guerra.La literatura es un espejo complejo y de tres dimensiones materiales de este in-stinto de destrucción"36.

La stessa Carmen Boullosa nel suo recentissimo Cielos de la tierra07 nelfare interagire piani narrativi appartenenti al mondo indigeno dei primi annidella Conquista, al Messico contemporaneo e a una società futura, se da unlato rileva la dolorosa condizione di sopravvissuti dei protagonisti delle dueprime epoche (rispettivamente, alla violenza della conquista e alla degradazio-ne della vita sociale) sottolinea nel contempo l'intrinseca disumanizzazionedell'utopia futura di una società priva di conflitti, in cui sull'altare di un'ideo-logia pacifìcatoria viene perfino interdetto l'uso della parola. La distruttivitàinsita nel conflitto è quindi per Carmen Boullosa parte necessaria dell'esisten-za umana, dell'interazione tra gli individui e tra gruppi sociali. In questa con-cezione ciclica del divenire umano sembra proporsi un elemento già propria-mente apocalittico, nel senso individuato da Lois Parkinson Zamora nella nar-rativa latinoamericana di una letteratura non solo impegnata a rappresentarela catastrofe ma anche a interpretarla, con speranza più che con timore, in unciclo meta-storico:

"Una determinada obra literaria puede subrayar uno u otro lado del mito, pero

36 Carmen Boullosa, La destrucción en la escritura, in "INTI. Revista de Literatura Ispà-nica", n. 42 México fin de siglo, 1995, pp. 215-220.

37 Carmen Boullosa, Cielos de la tierra, México, Alfaguara, 1997.

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al desaparecer la tensión entre el optimismo y el pesimismo, no tenemos litera-tura apocalíptica, sino fantasía. De ahí mi distinción entre meras visiones pesi-mistas de condenación, a las que suele aplicarse erróneamente el término deapocalipsis, y la historia mas compleja del propio mito. La literatura apocalípti-ca trata de nuestra relación humana con las formas cambiantes de la realidadtemporal, y no de simplificaciones estáticas"38.

Una manifestazione narrativa più decisamente apocalittica è riscontrabilenel già citato La leyenda de los soles di Hornero Aridjis39, che peraltro compen-dia da solo tutte le tendenze passate in rassegna. Nell'allucinata Città del Mes-sico del 2027 immaginata da Aridjis, infatti, la compresenza di vita e di morte,la violenza dello Stato e tra i cittadini, la devastazione urbana ed ecologica, lescosse sismiche ricorrenti, la subordinazione a potenze straniere, la vanificazio-ne di qualsiasi procedura democratica, sono tutte realtà ineludibili e accettate.I protagonisti del romanzo di Aridjis vivono però, oltre che nella loro realtàcontingente, un'esistenza mitica, modellata sui cicli epocali aztechi40, parteci-pando alla fase finale di una lotta tra forze contrapposte per l'avvento del "Se-sto Sole". Alla fine del romanzo apprendiamo che, grazie a una fortuita coinci-denza di eventi, avrà vinto la divinità benefica, la "diosa azul, que vive en el It-zac Cíhuatl":

"Bernarda y Juan dejaron atrás las calles destruidas, salieron a la carretera a To-

38 Lois Parkinson Zamora, Narrar el apocalipsis. La visión histórica en la literatura esta-dounidense y latinoamericana contemporánea, México, Fondo de Cultura Económica, 1994, p.25. Cfr. anche p. 26: "Tampoco, según mi definición, son apocalípticas las obras de ficciónque no abarcan conscientemente las implicaciones de los fines y los finales: las obras literariasapocalípticas enfocan la naturaleza misma de la finalidad — histórica y narrativa — mucho másesplicita y categóricamente que la mayoría de los relatos".

39 Una componente apocalittica è peraltro individuabile quasi in tutti i testi di HorneroAridjis, sia che si svolgano in un passato medievale o coloniale, sia che immaginino scenari fu-turi. Cfr. Espectáculo del año dos mil, México, Joaquín Mortiz, 1981; El gran teatro del fin delmundo, México, Joaquín Mortiz, 1989 (primera ed. de las dos obras reunidas, México, FCE,1994); Viday tiempos de Juan Cabezón de Castilla, México, Siglo XXI, 1985; El último Adán,México, Joaquín Mortiz, 1986; El señor délos últimos días. Visiones del año mil, México, Alfa-guara, 1994.

40 Va ricordato che La leyenda de los soles è il titolo attribuito a un'opera náhuatl in ca-ratteri latini, probabilmente scritta nel secolo XVI da due collaboratori di Bernardino de Saha-gún, che espone appunto le concezioni cosmologiche degli aztechi.

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luca, camino al estado de Michoacán. Al cabo de un rato, perdieron de vista laciudad de México. Llegaron a un cerro. En la punta, sobre un tunal, vieron la fi-gura azul de una mujer que tenía los brazos extendidos hacia el sol, como si qui-siera tomar de él el calor y el esplendor de la mañana. En su mano se posaba unpájaro dorado de plumas luminosas.

Era el primer día del Sexto Sol"41

L'avvento benigno del Sesto Sole è probabilmente per Aridjis il segno diuna speranza di inversione della tendenza negativa che sembra caratterizzare ilMessico contemporaneo. Il disastro, in Aridjis come in altri autori esaminati,reca in sé il germe di una prospettiva alternativa. Si ha l'impressione che permolti scrittori messicani degli ultimi anni la catastrofe sia - con un ritorno alsuo senso etimologico {katá "giù", stréphó "io volto" - una delle poche formedi rivoluzione ancora immaginabili.

41 Hornero Aridjis, La leyenda de los soles, op. cit., p. 198.

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