(Liliana Segre) L’Internazionale giallo-nera · 3 lunedì 10 dicembre 2018 O Macron o il caos D...

7
WWW.DEMOCRATICA.COM D omare la ribellione dei gilet gialli per Emmanuel Macron è assolutamente vitale. È il cerchio di fuoco nel quale è costretto a saltare se vuole avere un futuro politico. C’è dunque grande attesa per quello che dirà stasera a reti unificate: è arrivato il momento in cui la Politica sfida l’ennesima jacquerie violenta della lunga storia francese. Ma ormai il tema non riguarda solo la Francia. Forze potenti sono al lavoro per mettere un cappello politico e “culturale” alla rivolta, e si tratta di forze di destra, dall’ideologo trumpiano (poi fatto fuori) Steve Bannon allo sfasciacarrozze dei due mondi Alessandro Di Battista ai “dioscuri” del governo italiano Salvini e Di Maio. PAGINA 2-3 SEGUE A PAGINA 3 L’Internazionale giallo-nera Da Casa Pound a Di Battista, da Salvini a Le Pen: la violenza di Parigi riunisce sovranisti di ogni colore contro Europa e democrazia O Macron o il caos L’EDITORIALE /1 Mario Lavia n. 312 lunedì 10 dicembre 2018 Sento intorno a me l’odore bestiale dell’odio verso l’altro (Liliana Segre) PAGINA 4 Nuova indagine sui conti della Lega Indagato il tesoriere LEGA C hiara Saraceno, su la Repubblica di oggi, scrive una riflessione molto bella sulla necessità che l’educazione al rispetto, non solo delle regole, ma di sé e degli altri, sia trasversale ai processi formativi e non affidata a una materia specifica. Dice molto chiaramente, dunque, che la proposta di legge depositata dalla Lega che prevede l’introduzione dell’ora di educazione civica non è sufficiente. SEGUE A PAGINA 6 Scuola, perché investire sulla Costituzione L’EDITORIALE /2 Simona Malpezzi “N on lasciatemi solo”, geme controllando a stento le lacrime in commissione Bilancio il deputato Dall’Osso il 3 dicembre, Giornata Mondiale delle Persone con Disabilità. Il suo emendamento a favore delle persone con disabilità era appena stato bocciato dal Governo e lui, che nel Movimento aveva creduto, si sente tradito nel profondo. SEGUE A PAGINA 6 Cosa ci dice il caso Dall’Osso L’EDITORIALE /3 Laura Coccia

Transcript of (Liliana Segre) L’Internazionale giallo-nera · 3 lunedì 10 dicembre 2018 O Macron o il caos D...

WWW.DEMOCRATICA.COM

Domare la ribellione dei gilet gialli per Emmanuel Macron è assolutamente vitale. È il cerchio di fuoco nel quale è costretto a

saltare se vuole avere un futuro politico. C’è dunque grande attesa per quello che dirà stasera a reti unificate: è arrivato il momento in cui la Politica sfida l’ennesima jacquerie violenta della lunga storia francese. Ma ormai il tema non riguarda solo la Francia. Forze potenti sono al lavoro per mettere un cappello politico e “culturale” alla rivolta, e si tratta di forze di destra, dall’ideologo trumpiano (poi fatto fuori) Steve Bannon allo sfasciacarrozze dei due mondi Alessandro Di Battista ai “dioscuri” del governo italiano Salvini e Di Maio.PAGINA 2-3 SEGUE A PAGINA 3

L’Internazionale giallo-nera

Da Casa Pound a Di Battista, da Salvini a Le Pen: la violenza di Parigi riunisce sovranisti di ogni colore contro Europa e democrazia

“O Macron o il caos

L’EDITORIALE /1

Mario Lavia

n. 312lunedì

10 dicembre2018

Sento intorno a me l’odore bestiale dell’odio verso l’altro(Liliana Segre)

PAGINA 4

Nuova indagine sui conti della Lega Indagato il tesoriere

LEGA

Chiara Saraceno, su la Repubblica di oggi, scrive una riflessione molto bella sulla necessità che l’educazione al rispetto, non solo delle regole, ma

di sé e degli altri, sia trasversale ai processi formativi e non affidata a una materia specifica. Dice molto chiaramente, dunque, che la proposta di legge depositata dalla Lega che prevede l’introduzione dell’ora di educazione civica non è sufficiente. SEGUE A PAGINA 6

“Scuola, perché investire sulla Costituzione

L’EDITORIALE /2

Simona Malpezzi

“Non lasciatemi solo”, geme controllando a stento le lacrime in commissione Bilancio il deputato Dall’Osso

il 3 dicembre, Giornata Mondiale delle Persone con Disabilità. Il suo emendamento a favore delle persone con disabilità era appena stato bocciato dal Governo e lui, che nel Movimento aveva creduto, si sente tradito nel profondo.

SEGUE A PAGINA 6

“Cosa ci dice il caso Dall’Osso

L’EDITORIALE /3

Laura Coccia

2 lunedì 10 dicembre 2018

C’è posto per tutti al gran bazar della propaganda

Ed ora tutti ad infilarsi il gilet giallo. Sovranisti di tutto il mon-do, unitevi. Venghino, populisti, venghino. Tutti a banchettare al gran bazar della protesta mes-sa in scena a Parigi, ancora una

volta al centro del mondo della rivolta. Ma se una volta erano gli ideali a spingere chi scendeva in piazza, oggi è la propaganda. In molti hanno hanno scritto che lo scontro non è più tra destra e sinistra, ma tra popolo ed élite. E’ senz’altro vero, almeno in base alla rappresentazione scenica che si è deciso di dare alla politica negli ultimi anni. Da una parte chi, pur tra mille difficoltà e altrettanti errori, prova a governare fenomeni econo-mici e sociali che definire inediti è un eufe-mismo, dall’altra chi cavalca le difficoltà, la rabbia delle persone, le conseguenze in al-cuni casi devastanti di quei fenomeni.

I gilet gialli sono, per certi versi, la cosa più strana e indefinita che sia mai scesa nel-le piazze francesi e non solo. Una protesta partita per il rincaro del prezzo del petrolio - pensato da un debolissimo Macron per com-battere la piaga del riscaldamento globale e dell’inquinamento atmosferico che sta ucci-dendo le nostre società - e diventata un frasta-gliato movimento che ha come unico obietti-vo distruggere l’esistente, rovesciare l’ordine precostituito. Ognuno a modo suo. Ce n’è per tutti. Per gli estremisti di destra di Casapound, convinti dalle rivendicazioni di uscita dall’Ue e di lotta all’immigrazione, agli estremisti di sinistra di Potere al Popolo, irresistibilmente attratti dall’impostazione barricadera. E poi per i No Tav, che ovunque ci sia da pronuncia-re un No ci sono, e personaggi in cerca d’auto-re come Diego Fusaro o l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, alla disperata ricerca di uno spazietto politico da occupare.

E poi ci sono i grandi dominatori della pro-paganda nazionale e mondiale. C’è Alessandro Di Battista, pronto a rientrare nell’agone dopo

il suo semestre sabbatico in giro per l’America Latina, che dà fiato alle trombe, infilando nel-lo stesso calderone tutti i piatti forti del qua-lunquismo di protesta, dalla globalizzazione alle guerre d’invasione, dal partito unico del cemento all’impero dei Benetton. Un elenco di frasi fatte per nascondere il vuoto cosmico di idee e proposte. C’è Matteo Salvini, che con-danna le violenze, ma si accoda alle proteste, pronto a cancellare il provvedimento appro-vato in Commissione dalla sua maggioranza, che prevedeva una ecotassa per le auto inqui-nanti, sia mai che perda qualche voto per una causa giusta. C’è Di Maio, che come uno stu-dente in difficoltà, copia da quello che ritiene più bravo di lui. C’è Beppe Grillo, che non vuo-le perdersi la scena.

Oltre i confini italiani, c’è una vera e propria Internazionale della propaganda giallo-ne-ra che si è messa in movimento. Si parte dal

gran teorico della rivoluzione sovranista, Ste-ve Bannon, emigrato dagli Stati Uniti in cerca di fortuna in Europa. Parlando a Bruxelles a un evento della destra europea, l’8 dicembre, ha detto che “siamo davanti ad un conflitto su base globale” e “i gilet gialli sono lo stesso tipo di persone che hanno eletto Donald Trump

presidente degli Stati Uniti e che hanno votato per la Brexit. Vogliono avere il controllo dei propri Paesi”. Sarà per questo che le prote-sta sono scoppiate a Parigi e non a Londra. E’ vero, la capitale francese e quella britannica hanno una storia diversa da questo punto di vista, ma i sudditi di Sua Maestà stanno già testando sulla propria pelle, con il disastro Brexit, come possa trasformarsi la protesta quando deve fare i conti con la realtà.

Ad assistere al sermone di Bannon, non po-teva mancare Marine Le Pen, che sta facen-do a gara, in patria, con Jean-Luc Mélenchon, per intestarsi la retorica dei gilets jaunes. Una predica la restaurazione nazionalista, l’altro una rivoluzione internazionalista: curioso che, alla fine, finiscano sempre per rivendi-care le stesse cose. Curioso ma ampiamente comprensibile, in un mondo che ha davvero abbandonato i concetti storici di destra e si-nistra, che, come un semicerchio i cui vertici tendono sempre più a sovrapporsi nelle loro estremità. In questo delirante quadretto, non poteva certo mancare Donald Trump, la con-

traddizione vivente di un miliardario abitua-to al lusso sfrenato, che parla di battaglie di popolo, riscuotendo anche grande successo. E potevano forse farsi sfuggire l’occasione gli ormai mitici hacker russi, che, secondo un’a-nalisi di New Knowledge, riportata da The Ti-mes, hanno tempestato i social con una media di 1.600 tweet al giorno sull’hashtag #giletsja-unes?

Difficile, anzi difficilissimo, trovare l’antido-to per questo virus, che ormai è stato iniettato nell’anima di milioni di persone nel mondo. Sicuramente ergersi a semidio come ha fatto Macron - indimenticabile, per mancanza di empatia, la scena di lui che redarguisce un ra-gazzino colpevole di averlo chiamato “Manù” invece che “Monsieur le President” - non ha aiutato. Ma quanto successo nell’ultimo anno in Francia, e a maggior ragione anche Italia, dimostra quanto sia labile il confine tra prova-re a governare il cambiamento e continuare a macinare consenso. Una dialettica perpetua, le cui conseguenze potrebbero essere davvero devastanti.

L’Internazionale giallo-nera

Stefano Cagelli CONDIVIDI SU

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

Sovranisti, populisti, estremisti di destra e di sinistra: la pazza corsa ad indossare il gilet giallo

3 lunedì 10 dicembre 2018

O Macron o il caos

Davanti a un movimento senza capi, senza giornali, senza sedi, senza ideologie (non era mai suc-cesso così), la République ha va-cillato. La parola al Presidente.

Il discorso di staseraMacron farà delle proposte concrete per cer-

care di separare l’anima più concreta e dialogan-te da quella insurrezionalista del movimento dei gilet. Già archiviato il problema dell’aumento del carburante (forse la principale “scemenza” - termine attribuito a un Macron insolitamente autocritico - di tutta l’azione del governo), ora si tratta di approntare misure contro il carovita e probabilment lanciare qualche idea per aumentare i salari e le pen-sioni minime. Il presidente stamane ha incontrato decine di rappre-sentanti delle parti sociali insieme a tre quarti del governo: la tratta-tiva di fatto è avviata. Dopo il discorso televisivo à la Nation di questa sera è probabile che i gilet si dividano.

Verso un maggio nero?Il ministro dell’Economia Bruno Le Maire ha detto che le rivolte

che hanno mortificato il cuore di Parigi e di tante altre città fran-cesi ha causato un danno dell’1% del Pil. Se i disordini dovessero continuare la Francia entrerebbe sul serio in difficoltà avendo già una situazione finanziaria non rosea. A chi gioverebbe un collasso economico della seconda potenza europea? Quali circoli politici e economici beneficerebbero di un crasi francese? Ecco perché c’è chi soffia sul fuoco anche oltre i confini francesi. Improvvisamente Parigi è diventata l’anello più debole della costruzione europea, e per di più alla vigilia del Big Match fra europeisti contro sovranisti del maggio prossimo, un maggio che Madame Le Pen vive come l’ora della riscossa dopo l’umiliazione inflittale da Macron alle pre-sidenziali. i fascisti francesi assaporano l’idea di un “maggio nero”, è molto dipende da come finirà questa storia dei gilet gialli.

Macron è soloIl presidente francese probabilmente non ha colto subito la gravi-

tà della vicenda, la profondità della protesta. Le stesse forze dell’or-

dine, nei primi tre sabati, non hanno saputo fronteggiare la situazione che è presto scappata di mano. Il mondo ha visto gli Champs-Elisées trasformarsi in una strada di Beirut, le celebri vetrine dell’avenue più famosa del pianeta si sono sbriciolate come la credibilità della poli-zia.

Solo il quarto sabato - cioè due giorni fa - le forze dell’ordine hanno in parte saputo argina-re le violenze e le distruzioni con una efficace azione preventiva grazie a una valanga di fermi e arresti. E contemporaneamente l’Eliseo, quasi minacciato fisicamente dai gilet giunti a poche centinaia di metri dal Palazzo (e di fronte c’è il ministero degli Interni...), ha ripreso in mano la sola arma a disposizione. La politica. Quasi im-bastendo una trattativa. Con una differenza di fondo rispetto a tutte le situazioni in cui il pote-re francese si è trovato in difficoltà: questa vol-

ta il Presidente è solo. Non può contare sulla solidarietà degli altri partiti e non ne ha uno suo ben radicato nella società e nella cultura francesi. Anzi, gli altri partiti più attivi, il Front National e la France insoumise di Mélénchon, sono parte della rivolta dei gilet gialli.

Eppure Emmanuel lo aveva previstoNon ancora eletto presidente, Emmanuel Macron aveva chiaro

il tipo di conflitto che presto si sarebbe aggirato in Europa e nella sua Francia. “Da tempo si è insediata una profonda stanchezza de-mocratica che non tollera più quella che per convenzione chiamia-mo ‘sistema’, ovvero l’inefficienza dell’azione pubblica, la presa in ostaggio da parte di alcuni (le famose élite-ndr) del nostro stesso destino” (in Rivoluzione, pag. 217, ed. La nave di Teseo).

E allora c’è da chiedersi se Macron non abbia sottovalutato i pro-blemi di un paese malato da tempo. Irrequieto come nei momenti peggiori. Stordito dalla demagogia lepenista e stanca di non avan-zare di un millimetro sul terreno della ricchezza, dell’efficienza, finanche della cultura. La Douce France è un ricordo lontano, la realtà è l’umore tragico delle banlieues, la paura del terrorismo, la diffidenza verso l’Altro. Macron si è illuso che bastasse il suo di-namismo riformatore per tranquillizzare il Paese. Ma finora non è stato in grado di unirlo, anzi. E la Francia sa essere terribile, quan-do mena le mani. Ma adesso l’alternativa è secca: o monsieur le Président in qualche modo ce la fa o sarà il caos. Per Parigi e per l’Europa.

Mario LaviaSegue dalla prima

CONDIVIDI SU

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

L’Internazionale giallo-nera

4 lunedì 10 dicembre 2018

La Legge di Bilancio è ancora in attesa delle misure più im-portanti. Bruxelles si aspetta un cambio di rotta per met-tere in soffitta la procedura d’infrazione. Bisogna taglia-

re 4 miliardi nel rapporto deficit-Pil. E il governo deve decidere come farlo. E poi deve spiegarlo agli italiani (compresi i propri elettori). Le promesse fatte le cono-sciamo tutti. Il reddito di cittadinanza. La

controriforma delle pensioni. La flat tax. Questo è il quadro in cui si sta svolgendo la lotta di leadership tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio.

La competizione tra i due è ora più evi-dente che mai.

Ed ecco spiegata l’irritazione malcela-ta di Di Maio sull’incontro dell’altro vi-cepremier con diverse associazioni im-prenditoriali tra cui Confindustria: “I fatti si fanno al Ministero dello Sviluppo. Tutti i ministri hanno il dovere di incon-trare le imprese. Come ha detto il pre-sidente Boccia, ora ci aspettiamo i fatti e i fatti si fanno al Mise perché è il Mise

che si occupa delle imprese”, ha risposto ai cronisti che gli chiedevano se non si sentisse “scavalcato” dal collega leghista. Salvini (che sabato ha chiesto al suo po-polo in piazza di conferirgli il mandato di trattare con Bruxelles, evidentemente al posto di Conte) sembra stia fagocitando la misura bandiera dei Cinquestelle, trasfor-mandola in un provvedimento a favore delle imprese: in pratica uno sgravio fisca-le per l’azienda che assumono.

Una mossa che riporterebbe di nuovo Salvini nelle grazie del mondo impren-ditoriale che ultimamente si è molto di-staccato. Discorso diverso per i Cinque-stelle e per Di Maio, che come primo atto ha promosso il cosiddetto decreto di-gnità, considerato dal mondo produtti-vo come un attacco ai propri interessi. “Ieri c’erano poco più di dieci sigle, do-mani noi ne riuniamo oltre 30 di tutti i comparti”, ha aggiunto il ministro dello Sviluppo economico. Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, ha a sua volta spiegato alla trasmissione tv Agorà: “Sal-vini ha dato un segnale, adesso vediamo martedì se questo è un segnale di gover-no o di una parte. L’auspicio è che sia di tutto il governo. Io già è tanto che vado in due riunioni in 48 ore, ci vado per senso di responsabilità. È tanto - intendo l’im-pegno - andrò semplicemente a ripetere a Di Maio quello che ho detto a Salvini: repetita iuvant, come si dice a scuola”. Di Maio si dice disposto a lavorare a “so-luzioni di compromesso” con l’Unione Europea, ma - sottolinea - “se mi si chie-de di tradire le promesse fatte agli italia-ni hanno sbagliato persone e governo”. Insomma manca ancora la quadra e il con-flitto man mano che i tempi si stringono si fa più serrato.

Il dato oggettivo è che il governo ha rico-nosciuto l’importanza dei corpi intermedi nel rapporto tra politica e società. Lo di-mostrano anche le parole del premier Con-te, che oggi ha incontrato i sindacati: “Ci incontreremo periodicamente. Ci sarà un tavolo che aggiorneremo. Ci scusiamo per i ritardi”. E promette di incontrare le sigle che oggi non erano state invitate al tavolo. Insomma l’unico dato di fatto è che sulla manovra (e il futuro del paese) non v’è certezza.

Economia

Maddalena Carlino

Lega, nuova indagine sui conti. Indagato il tesoriere

Altro che ‘Roma ladrona’. In casa le-ghista non ci sono soltanto i 49 mi-lioni di euro impiegati in maniera fraudolenta tra il 2008 e il 2010 e ora

da restituire ai cittadini italiani. Adesso sui conti della Lega c’è una nuova indagine della procura di Bergamo che vuol veder chiaro su episodi recenti, che riguardano la gestione del segretario Matteo Salvini e del tesoriere Giu-lio Centemero.

Lo ha rivelato il quotidiano La Stampa. L’inchiesta sarebbe legata al finanziamento di 250mila euro versato dal costruttore romano Luca Parnasi all’associazione ‘Piu’ Voci’, che è stata più volte accostata alla Lega. La circo-stanza del finanziamento di Parnasi era emer-sa nell’ambito dell’inchiesta sullo stadio della

Roma per cui l’imprenditore era stato arresta-to a metà giugno. La Procura starebbe ora in-dagando sull’ipotesi di finanziamento illecito, con l’intento di ricostruire i flussi di denaro dell’associazione e di una serie di società che, scrive il quotidiano torinese, servirebbero a schermare i finanziamenti privati ottenuti dalla Lega, mettendoli al riparo da eventuali sequestri relativi al procedimento per il recu-pero dei 49 milioni di euro spariti a suo tempo dai bilanci.

“Non c’è nulla da trovare e da cercare” si è difeso Salvini, mentre su twitter il senatore Pd Dario Parrini ha rilanciato: “Salvini farebbe meglio a smetterla di comportarsi da sbombo-ne. Sui 49 milioni sono sempre più forti i so-spetti della magistratura su manovre illegali della Lega Ladrona per dribblare i sequestri. Indagato il tesoriere nazionale Centemero dalla Procura di Bergamo”.

Giovanni Belfiori

CONDIVIDI SU

CONDIVIDI SU

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

Manovra da rifare, governo e maggioranza in tiltAlla ricerca di un accordo con Bruxelles. Di Maio indispettito dal protagonismo di Salvini. L’irrilevanza di Conte e Tria

5 lunedì 10 dicembre 2018

Diritti umani, il ritorno all’anno zero dell’Italia

L’Italia assente al vertice dell’Onu per la ratifica del Global migration compact che si apre oggi a Marrake-sh, Amnesty International che accusa il nostro Paese di

stare sferrando un attacco ai diritti umani, e il presidente del Consiglio Conte che parla di principi da applicare “con coerenza rispetto alle sfide globali odierne” (qualunque cosa un’affermazione del genere voglia dire).

È questa l’immagine restituita dall’Italia, la patria di una delle Costituzioni più avanzate al mondo, nel giorno del 70° anniversario del-la Dichiarazione dei Diritti umani.

Prima un po’ di storia: il 10 dicembre del 1948, dopo la fine di uno dei conflitti più san-guinosi che il mondo abbia attraversato, l’As-semblea Generale della Nazioni Unite, allora formata da 58 Stati, adottò la Dichiarazione universale, diventata da allora parte vinco-lante del diritto internazionale oltre che costi-tuire la base della Carta dei Diritti fondamen-tali dell’Unione europea, a sua volta parte integrante della Costituzione dell’Ue.

Un codice di un’importanza cruciale, che ha messo nero su bianco, per la prima vol-ta nella storia, i diritti universali (cioè validi in ogni epoca e luogo) dell’essere umano: da quelli individuali a quelli sulle libertà di pen-siero, opinione e fede religiosa. Norme frutto di conquiste sociali e civili costate molti sacri-fici che hanno costituito, nel mondo occiden-tale, la base di una convivenza pacifica che

resiste tutt’ora, ma che un mondo dominato da rabbia e paura sembra mettere in discus-sione.

I dati, con qualche luce e molte ombre, sul-lo stato dei diritti umani nel mondo, sono sta-ti forniti dal rapporto annuale di Amnesty In-ternational, e quello sull’Italia in particolare è un vero e proprio j’accuse.

“Il nuovo governo– si legge nel Rapporto - si è subito distinto per una gestione repressiva del fenomeno migratorio. Le autorità hanno ostacolato e continuano a ostacolare lo sbar-co di centinaia di persone salvate in mare, in-fliggendo loro ulteriori sofferenze e minando il funzionamento complessivo del sistema di ricerca e salvataggio marittimo”.

E a proposito del dl sicurezza, per Amnesty contiene misure “che erodono gravemente i diritti umani e avranno l’effetto di fare au-mentare il numero di persone in stato di irre-golarità presenti in Italia”.

Altro fenomeno additato dall’associazio-

ne, i cui riferimenti appaiono più che chiari, “il massiccio ricorso da parte di alcuni candidati e partiti politici a ste-reotipi e linguaggio razzista e xenofobo per veicolare senti-menti populisti”.

Del resto è la stessa Amnesty a denunciare un au-mento dell’intolle-ranza in Europa e in Asia, “in un con-testo di progressivo

restringimento degli spazi di libertà per la so-cietà civile”.

Un dato confermato dall’allarmante ricer-ca dell’Agenzia dell’Ue per i diritti fondamen-tali (Fra) resa nota oggi e condotta fra maggio e giugno in 12 Paesi Ue, secondo la quale circa il 90% degli intervistati ritiene che l’antisemi-tismo stia crescendo nel loro Paese.

Un dato che sale anche in Italia e arriva all’81% (+14% rispetto al 2012). Una notizia che fa il paio, in un accostamento che mette i brividi, con quella del furto e la rimozione, a Roma, di venti “pietre d’inciampo”, le targhe della memoria a forma di sanpietrino dedica-te alle vittime della Shoah. Per Adachiara Zevi, presidente dell’Associazione culturale Arte e Memoria “un attacco inaudito di fascismo e antisemitismo. Purtroppo un governo come quello che abbiamo, che aizza all’odio per il diverso, legittima questi atti”. Tra le iniziati-vein programma oggi, lafiaccolata a Roma, al Colosseo.

Diritti

Carla Attianese CONDIVIDI SU

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

L’allarme di Amnesty International nel 70° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo

Da Angola ed Etiopia arrivano “segnali di speranza”, mentre nelle Americhe preoccupa l’ascesa di leader “ostili ai diritti umani” come il brasiliano Jair Bolsonaro. In Asia Orientale vi sono stati passi avanti sui diritti Lgbti, mentre in quella sudorientale la situazione è peggiorata. Sono queste alcune delle conclusioni contenute in ‘Rights Today’ (pubblicato in Italia col titolo ‘La situazione dei diritti umani nel mondo. Il 2018 e le prospettive per il 2019’ da Infinito Edizioni), un’analisi riguardante sette regioni (Africa, Americhe, Asia orientale, Europa e Asia centrale, Medio Oriente e Africa del Nord, Asia meridionale e Asia sudorientale) presentata oggi in occasione del 70° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani.Per Amnesty protagoniste del 2018 sono state le donne. “Le attiviste di ogni parte del mondo – si legge nel rapporto - sono state in prima linea nella battaglia per i diritti umani nel 2018, anno in cui l’azione di leader che si definiscono “duri” ha messo in pericolo libertà e diritti con politiche misogine, xenofobe e omofobe”.

La situazione nel mondo

6 lunedì 10 dicembre 2018

Scuola, perché investire su Cittadinanza e Costituzione

La proposta di legge depositata dalla Lega che prevede l’introduzione dell’ora di educazione civica non è suf-ficiente a dare ai ragazzi gli strumenti necessari per imparare le regole della convivenza civile, dal rispetto degli altri all’impegno per il bene comune e, più in generale, per affrontare la complessità dei nostri gior-

ni. Descrive, inoltre, il paradosso di una proposta che è il frutto di un’iniziativa di chi, da mesi, pratica una sistematica aggressione ai principi della convivenza comune e alle regole dello stare insieme, segnalando il rischio che tali insegnamenti -nella mente dei propo-nenti- potrebbero valere solo per alcuni, in una società sempre più arrabbiata ed escludente. Oggi è fondamentale porre al centro della discussione il tema del rafforzamento delle competenze di cittadinanza dei nostri studenti e la necessità di una conoscenza più approfondita delle istituzioni che riavvicini i giovani alla responsabilità pubblica, ai diritti e ai doveri di ogni cittadino, alle regole della comunità in cui vivono ma l’introduzione dell’ora obbligatoria di educazione civica non è la risposta a questa esigenza.Parlo da prof e non da legislatore. Parlo da chi ha vissuto la scuola ogni giorno e condivide il sentimento di urgenza rispetto al tema del rafforzamento delle competenze di cittadinanza. Per questo, ho depositato una proposta di legge al Senato per introdurre la valorizzazione dei percorsi di Cittadinanza e Costituzione -che già Ministra Valeria Fedeli, firmataria insieme a me della proposta, aveva cominciato a fare- e che raccoglie anche parte delle idee elaborate in questi mesi dai Millenials che hanno voluto porre l’accento sulla questione lavorandoci con grande passione. Non si tratta di aggiungere un’ora in più perché siamo convinte che le competenze di cittadinanza siano trasversali e non possano essere maturate da uno studente solo grazie alla tradizionale lezione in classe affidata a un

unico insegnante per un’unica ora settimanale. Ci sono nelle nostre scuole molte buone pratiche che funzionano dove i responsabili della formazione dei ragazzi non sono solo i docenti di diritto o di storia e filosofia, ma lo sono tutti gli insegnanti che contribuiscono ad attivare percorsi disciplinari trasversali o interventi didattici non curricolari. Abbiamo guardato alle numerosissime esperienze didattiche che vengono spesso adottate con successo dai consigli di classe o perseguite con tutti gli strumenti previsti dall’autonomia scolastica, anche in collaborazione con altre istituzioni e con il territorio e siamo partite da lì. Oggi, Cittadinanza e Costituzione non è presente come una disciplina a sé stante, ma le sue attività e insegnamenti coinvolgono in modo trasversale tutti gli ambiti disciplinari: la conseguenza è che in ogni grado e ordine mancano dei chiari risultati di apprendimento da realizzare. La proposta di legge che abbiamo depositato mantiene la trasversalità dei percorsi ma rafforza al contempo questo insegnamento, introducendo il voto espresso dal consiglio di classe, cioè una valutazione specifica ma trasversale dei risultati di apprendimento.La lezione tradizionale, basata su contenuti e in un curricolo scolastico tra i più complessi e articolati del panorama europeo, non è lo strumento migliore per favorire l’acquisizione di competenze complesse. Crediamo, invece, che servano investimenti per rinnovare l’organizzazione scolastica, puntando con sempre maggiore convinzione sull’autonomia, e sugli ambienti di apprendimento dal punto di vista strutturale e della relazione con il territorio. L’autonomia è la chiave per accendere il motore delle nostre scuole che devono essere messe nelle condizioni di realizzarla attraverso strumenti finanziari adeguati, formazione continua dei docenti, potenziamento dell’organico dell’autonomia, la flessibilità concessa dalla Buona Scuola e una relazione costante con le altre agenzie formative.La risposta ai problemi di oggi non è da cercare nel passato e nella tradizione ma nel futuro, nell’innovazione, nella rete e nella condivisione dei processi.

Commenti

Simona MalpezziSegue dalla prima

La sua delusione è netta e palpabile dalle sue lacrime che non riescono a scendere.Venerdì, dalle pagine de “Il Giornale”, l’onorevole Dall’Osso annuncia il suo passaggio in Forza Italia sostenendo che il Movimento 5 Stelle umilia i disabili.Leggendo la sua intervista mi sono venute in mente

tutte le battaglie che ho condotto in aula la scorsa legislatura, quando ero parlamentare, difendendo i diritti delle persone con disabilità e denunciando ciò che avveniva a Bagheria, Civitavecchia, Roma, subendo insulti e attacchi sul web anche da esponenti dello stesso Movimento, in modo simile a ciò che sta avvenendo in queste ore all’onorevole che ha lasciato i pentastellati. Eppure non ricordo indignazione, prese di distanze e posizioni o cambio di partito in segno di solidarietà con le famiglie e le persone con disabilitá da parte del deputato Dall’Osso. Ma si sa che spesso per comprendere bisogna toccare con mano, un po’come San Tommaso.Come sempre avviene in queste occasioni chi contrasta una decisione qualunque del Movimento 5 Stelle viene esposto alla gogna del web e lasciato alla mercé dei manganellatori della rete che attaccano a testa bassa, a casaccio, spesso con le stesse frasi andando a colpire anche la disabilitá del singolo. Del resto

l’obbiettivo è fare male, lasciare il segno, ma il dolore passa, i lividi, anche quelli virtuali possono passare ma bisogna mettere in campo le giuste contromisure ed io in questi anni ho escogitato le mie, tutte le volte che mi sono servite.Durante la discussione della legge di Bilancio, nel dicembre 2015, ad esempio, ho denunciato in aula l’ennesima ipocrisia dei pentastellati ricordando la battaglia per l’inclusione scolastica che stavo conducendo a Bagheria. Il video di quell’intervento in piena notte ha fatto il giro del web, generando lo stesso infernale meccanismo. Mi arrivarono insulti di ogni tipo, a centinaia, dopo qualche ora disinstallai le app dei social dal cellulare per qualche giorno, per non avere neanche la tentazione di leggere qualcosa e le installai di nuovo dopo alcuni giorni, quando la tempesta era passata. Le proprie idee non possono mai essere ostaggio del pensiero degli altri. In quella occasione e in tutte le mie battaglie per i diritti delle persone con disabilitá, anche nelle città amministrate dal MoVimento 5 Stelle, non ho mai avuto l’appoggio, neanche informale, neanche in amicizia, di nessuno degli esponenti dei 5 Stelle.Mi fa piacere che dopo anni e dopo aver subìto la bocciatura dei propri emendamenti l’onorevole Dall’Osso abbia compreso ciò che a parole, evidentemente, non ero riuscita a spiegare bene e che lui nell’intervista riassume in: “il Movimento 5 Stelle umilia i disabili”. Chiunque abbia la volontà di lottare per i diritti delle persone con disabilitá è benvenuto, a prescindere dagli schieramenti politici.

Laura CocciaSegue dalla prima

Caro Dall’Osso, sui disabilihai sbagliato anche tu

CONDIVIDI SU

CONDIVIDI SU

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

LEGGI SU DEMOCRATICA.COM

7 lunedì 10 dicembre 2018

In redazioneCarla Attianese, Patrizio Bagazzini,Giovanni Belfiori, Stefano Cagelli,Maddalena Carlino, Roberto Corvesi, Francesco Gerace, Stefano Minnucci, Agnese Rapicetta

[email protected]

PD Bob

Società editrice:Democratica srl Via Sant’Andrea delle Fratte 16 - 00187 Roma

www.democratica.comwww.partitodemocratico.it

Per ricevereDemocratica: scrivi su Whatsapp a 348 640 9037oppure vai sul messenger Facebookall’indirizzom.me/partitodemocratico.it

DirettoreAndrea RomanoVicedirettoreMario Lavia

TwitterInstagramSocial

Face

bo

ok