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Appunti di viaggio 320

L’ideologia del vincente 27 marzo 2015

La nefasta ideologia del vincente. Goffredo Fofi, Avvenire 6 marzo 2015

È impressionante, parlando con dei giovani "normali", scoprire quanto essi amino i vincenti.

Credo sia questo il segno di un fallimento politico e pedagogico delle generazioni che ieri hanno voluto tentare di cambiare le cose in una direzione egualitaria e in nome della solidarietà con i perdenti, ed è un paradosso se si pensa che i non-vincenti sono almeno il 90 per cento degli abitanti del pianeta…

Certo, non è bello essere o pensarsi perdenti, o immaginare, se giovani, di doverlo di-ventare, è più consolante farsi illudere dai propagandisti di una società diseguale che ti racconta come anche tu potresti diventare un vincente: ricco, famoso, importante, potente come le Star dello spettacolo, della cultura, della politica, dell'economia…

Questa fantasia, stimolata e fatta circolare soprattutto tra i giovani, è tra le più nefaste delle molte propagandate dalla cultura e dal potere odierni.

In campi più difficili da districare, viene chiamata meritocrazia, e il verbo più usato per chi ce la fa o tenta di farcela è emergere.

Le parole e i verbi contano, anche se non sempre il loro significato è quello letterale: per esempio si sa fin troppo bene, nel caso di meritocrazia e di emergere, che questo sistema premia assai raramente il merito e molto più frequentemente l'appartenenza a un élite preesistente o gli individui più aggressivi, che emergere vuol dire aver sgo-mitato con più durezza e cinismo, e con il massimo disinteresse per gli altri, vedendo i simili e i vicini solo come rivali.

Personalmente, diffido da sempre dei vincenti: se non altro perché, come diceva un maestro, bisogna rifiutarsi di "gareggiare", bisogna agire senza sentirsi in concorrenza con nessuno.

In letteratura (a partire da Hemingway) e cinema la figura del perdente è stata assai presente negli anni 30, dopo la grande crisi, e nei 40 e 50 a causa della guerra e dei suoi reduci, che avevano ben compreso gli inganni della cultura dominante, del pote-re.

Poi è tornato di moda il vincente, nelle sue forme più risibili, e supereroi sono diventa-ti i divi dell'economia, della politica, della cultura, dello spettacolo.

Poveri vincenti, in verità, quando appena si scruti il loro privato, prigionieri della vani-tà, il cui successo pubblico ha spesso il risvolto amaro del fallimento privato.

Ma l'assurdità maggiore è quella di masse di giovani già in partenza perdenti, che idea-lizzano i vincenti e sognano di imitare le figure più odiose o più false.

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La droga dei vincenti, Antonio Maria Costa, 30 novembre 2005

Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine

La maggioranza dei paesi in via di sviluppo, non ha conosciuto la tragedia della droga fino quando i paesi materialmente ricchi hanno esportato all’emisfero meridionale stili di vita che includono la tossicodipendenza. Aiutiamoli quindi a uscire dalla prigione della droga nella quale li abbiamo aiutati a recludersi.

Durante le missioni visito desolati villaggi contadini che coltivano droga, m’intrattengo con comunità terapeutiche e in ospedali dove languono coloro che la droga hanno consumato, e mi soffermo in centri di detenzione per i criminali che l’hanno spacciata. Sono incontri che mi permettono di apprendere dai fratelli nelle campagne, in corsia o dietro le sbarre assai più che dalle carte d’ufficio. Da loro imparo ad apprezzare un’umanità ferita nel fisico, dolente nello spirito e priva dell’amore per la vita. Questi incontri mi permettono di costruire, un tassello dopo l’altro, il mosaico della droga nel mondo – partendo dalla prima immagine (la produzione), attraverso il mondo diaboli-co dei trafficanti che approfittano delle miserie altrui, fino all’ultima, triste scena: quella di chi vende il proprio corpo appunto alla coca e all’eroina.

A lungo termine e a livello globale, registriamo diverse tendenze positive, quando c’è impegno contro la droga, si ottengono risultati promettenti. Detto in parole povere, ogni paese ha la situazione di tossicodipendenza che merita.

Il problema della droga, ha circa un secolo e mezzo di storia. In questo vasto arco di tempo, per alcuni versi il danno si è molto attenuato, per altri si è aggravato, per altri ancora è rimasto immutato e serio. In ogni caso, la politica e l’impegno sono stati de-terminanti. Durante il primo mezzo secolo (1860-1910), la droga fu un fenomeno so-prattutto in estremo oriente imposto dalle potenze coloniali. Fu una tragedia spaven-tosa concernente diverse decine di milioni di oppiomani ed eroinomani. Non c’è da sorprendersi se proprio alla fine di quest’epoca risale il primo accordo internazionale per il controllo della droga (Shangai). Da allora, e non dimentichiamolo mai, il mondo ha fatto passi giganteschi, riducendo massicciamente sia l’oppio-dipendenza (oggi è 1/5 allora), che le relative coltivazioni (oggi sono 1/10 quelle di allora).

Nel mezzo secolo successivo, tra le due guerre mondiali che di per se crearono tra l’altro spaventosi problemi di tossicodipendenza, la droga divenne soprattutto un pro-blema dei paesi ricchi, coinvolgendo diverse centinaia di migliaia di persone. Fu soltan-to nel mezzo secolo successivo, che la dimensione internazionale della droga fu sanci-ta. Negli anni più vicini a noi, la concertazione internazionale si è rafforzata, con: aiuto ai contadini di coltivazioni illecite; terapia e recupero dei tossicodipendenti; assistenza per gli effetti collaterale alla droga, (HIV e AIDS); lotta intensa a spaccio di droga e re-lativa criminalità (riciclaggio del denaro).

Ritengo che potremo raggiungere risultati più significativi se, e solamente se, conti-nueremo a lavorare insieme a livello di paese, a livello globale. Soprattutto invito le autorità a perseverare nella prevenzione e nel recupero dei tossicodipendenti, al fine

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di rendere la riduzione odierna delle coltivazioni sostenibile e duratura.

I dati parlano chiaro. A differenza degli Stati Uniti (dove il calo tra i giovani, è stato for-te: -4,5% dal 2002), in Europa l’abuso di cocaina è aumentato negli ultimi anni. Nell’Unione ci sono oggi circa 3 milioni di coca-dipendenti recenti, e circa 1.5 di coca-dipendenti correnti (ultimo mese). In paesi quali il Regno Unito e la Spagna, la tossico-dipendenza si è stabilizzata. In paesi a tasso medio (Italia, Olanda e Danimarca) il pro-blema si è accentuato, ma è ancora limitato. Altrove il problema è rimane modesto. In effetti, recente sensazionalismo di stampa -- basato su casi balordi di tossicodipenden-za, che fanno scandalo ma non fanno testo -- pubblicizza, ma non sostanzia l’ipotesi (assai diffusa, specie in Italia) che i nostri paesi siano intrappolati in un’emergenza co-caina. La minaccia è severa, ma lavorando insieme possiamo disinnescare la bomba.

Abbiamo notato una diminuzione dell’uso di ecstasy, frutto di un cambiamento della percezione tra i giovani. Non più la sostanza non problematica, ma una droga dai gravi effetti su salute e comportamento. Il calo dell’abuso di ecstasy è contemporaneo all’aumento della cocaina. Siamo ancora nella fase iniziale del problema: non sorpren-de quindi che, erroneamente, si ritenga la cocaina una sostanza psico-attiva non dan-nosa alla salute, divertente, che aumenta le prestazioni fisiche ed è compatibile con la vita quotidiana. In contrasto, l’eroina è in calo sui mercati perché oggi considerata droga da perdenti; le droghe sintetiche sono anche in calo, percepite ora come so-stanze pericolose; la cocaina viene invece presentata da cantanti, banchieri, impren-ditori e modelle, come droga dei vincenti. Se si permette che questa tipologia, sensa-zionalista e ipocrita, affondi le radici nella nostra società, le conseguenze saranno se-rie. L’aumento della domanda di cocaina in Europa impensierisce, soprattutto perché le coltivazioni di foglia di coca sono diminuite del 30% negli ultimi cinque anni. Il caso della Colombia, maggiore produttore di cocaina al mondo, è significativo: dal 2000 ad oggi la coltivazione è stata dimezzata. È troppo presto per dire se il leggero aumento delle coltivazioni in Peru e Bolivia nel 2004 rappresenti una nuova fase di espansione, oppure se sia frutto delle serie difficoltà politiche nei due paesi. Sappiamo che, in tut-to il mondo, malgoverno è ragione principale delle attività illegali. Dopo decenni di violenza e criminalità, la diminuzione delle coltivazioni di coca nella regione Andina si-gnificherà per le popolazioni locali un futuro di dignità.

Primo, voglio richiamare l’attenzione dei paesi ricchi e degli enti di sviluppo al dramma dei campesinos delle Ande. La solidarietà internazionale deve poter permettere a un numero sempre maggiore di essi di scegliere il seme onesto per la semina, uscendo dall’illegalità della coca.

Secondo, se le brutte abitudini delle società ricche di indulgere al consumo di cocaina persistono, sarà assai difficile per i campesinos delle Ande passare a nuove forme di vi-ta, legittime e legali. Quindi, la prevenzione e la terapia non aiutano solo i nostri tossi-co-dipendenti: aiutano anche i più poveri tra i poveri.

Terzo, nonostante il calo della produzione, i sequestri di cocaina sono aumentati negli ultimi anni in Europa, mentre sono diminuiti negli Stati Uniti. Nell’Unione dobbiamo

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essere particolarmente vigili: i cartelli colombiani, sbattuti fuori dal mercato america-no dalla mafia messicana, si sono riorientati verso l’Europa. A livello mondiale il con-sumo di cocaina è rimasto stabile dalla fine degli anni novanta. Parliamo di 13 o 14 mi-lioni di persone (0.3% della popolazione mondiale) che usano cocaina saltuariamente (nell’anno), e circa 6 milioni di cocainomani cronici (mensile).

La prevenzione efficace deve essere basata su postulati scientifici e affrontare le circo-stanze che portano alla tossicodipendenza. Occorre limitare i fattori di rischio e soste-nere i fattori di protezione. Occorre altresì fornire ai giovani informazioni chiare sui ri-schi della tossicodipendenza, rafforzando stili di vita sani e in particolare:

Primo, l’importanza della prevenzione universale, basata sull’apprezzamento del ri-schio droga. In Italia, l’uso della cannabis tra coloro che hanno una maggiore percezio-ne del rischio è circa dell’11% nella fascia 14-24 anni. La percentuale d’abuso sale al 53% per coloro che sono inconsapevoli del rischio droga. E questo divario si applica a tutte le sostanze. Altrettanto importante è la prevenzione mirata (selettiva) volta alla tutela dei soggetti più a rischio (i giovani), a partire dall’età precoce col supporto da offrire alla prima linea di protezione contro la droga: la famiglia.

Secondo, ridurre la domanda di droga non è fattibile senza un sistema di controllo. Compassione per i tossicodipendenti non significa tollerare l’abuso di droga. In diversi paesi abbiamo registrato l’entrata in vigore di misure per verificare l’assunzione di droga sul lavoro, specie per industrie e servizi critici per la sicurezza di utenti e lavora-tori. Nel mondo sono anche in aumento i test anti-droga per chi guida, poiché i dati confermano che la droga è fattore di incidenti stradali.

Nello stato del Maryland (Stati Uniti) è stato accertato che un terzo (31%) dei guidatori coinvolti in incidenti stradali mortali aveva fatto uso di alcool (solo, o con droga), e ol-tre la metà (55%) solo uso di droga. Nell’area di Milano, nel 2003 il 39% dei morti per incidenti stradali aveva livelli di alcool oltre i limiti, e il 29% aveva assunto droga, per lo più cocaina. Oltre la metà (51%) delle morti sono state attribuite a poli-assunzione droga + alcol.

Terzo, occorre non solo aumentare la copertura, ma anche migliorare la qualità dei servizi di prevenzione anti-droga. Occorre offrire ai tossicodipendenti servizi speciali-stici con competenze e modalità cliniche scientificamente riconosciute. L’entusiasmo dei volontari non basta. Da qui la necessità della formazione di professionisti dei servi-zi per la tossicodipendenza e non l’abbandono di operatori e volontari. E il problema della tossicodipendenza non è risolvibile senza che ci sia una partecipazione e un im-pegno sociale ampi.

Certamente ci sono alcuni elementi che emergono chiaramente dall’esperienza degli ultimi anni. L’impegno politico non solo conta, ma paga. I successi raggiunti nella ridu-zione dell’abuso di droga non avvengono per caso. I risultati dipendono dalla mobilita-zione sociale e politica, dipendono dal chiaro e netto rifiuto della droga e soprattutto dalla compassione per coloro che ne abusano. Stiamo lentamente vincendo la lotta contro il tabacco: perché perdere quella contro la droga?