LIBRO QUADERNO 79 · 2018-12-07 · Questo volume nasce da un progetto di Cesvot e Promo P.A....

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Cesvot Edizioni

I QuaderniQuadrimestralen. 79, Giugno 2018reg. Tribunale di Firenzen. 4885 del 28/01/1999

Direttore ResponsabileCristiana Guccinelli

RedazioneCristina Galasso

spedizione in abbonamento postaleart. 2 comma 20/c legge 662/96 FI

ISSN 1828-3926

ISBN 978-88-97834-36-6

Pubblicazione Periodica delCentro Servizi Volontariato Toscana

Questo volume nasce da un progetto di Cesvot e Promo P.A. Fondazione.Gruppo di lavoro: Andrea Bertocchini, Sandra Gallerini, Annalisa Giachi, Tanya Spasari, Francesca Velani.

Il ruolo dei volontariper la valorizzazione

del patrimonio culturale

Francesca Velani e Annalisa Giachi

Tutta l’energia del volontariato

Comunicare il volontariato

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Premessa

Questo volume rappresenta l’esito di un percorso di riflessio-ne sul ruolo che il Terzo settore sta assumendo nella gestio-ne e valorizzazione del patrimonio culturale della Toscana. La Toscana è da tempo attiva su queste tematiche e attraverso la Magna Charta sul Volontariato per i Beni Culturali ha ricostruito i fabbisogni degli operatori del settore e definito alcune linee guida operative affinché le potenzialità, le risorse e le com-petenze del mondo del non profit siano messe a disposizione dell’enorme patrimonio culturale del Paese, nel rispetto delle specificità e delle caratteristiche di questo mondo.Il volume è articolato in 4 sezioni. Nel primo capitolo, gli obiet-tivi dell’indagine sono contestualizzati all’interno della recente Riforma del Terzo settore, che fornisce alle organizzazioni non profit nuovi strumenti per operare nella filiera culturale, sti-molando la collaborazione tra pubblico, privato e non profit e mettendo in campo soluzioni finanziarie innovative.Nel secondo capitolo, sono riportati i risultati della mappatura delle organizzazioni toscane che operano nel settore culturale: a partire dalla ricostruzione – originale e innovativa a livel-lo regionale – di un archivio integrato delle diverse tipologie di organizzazione (Aps, Odv, fondazioni, cooperative, etc.), si è cercato di identificare in modo preciso quelle che operano nel-la filiera dei beni culturali e che hanno rappresentato il target specifico del presente studio. Il terzo capitolo è dedicato all’analisi dei risultati dell’indagine, che forniscono una fotografia assai interessante delle caratte-ristiche degli enti coinvolti, delle attività culturali svolte, dei fabbisogni formativi e di competenza, della propensione all’in-novazione, delle reti relazionali, etc.Le riflessioni conclusive, riportate nel capitolo 4, tentano di ar-rivare a definire un modello di non profit culturale che dalla

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Toscana può essere probabilmente esteso a tutto il Paese e che si basi su approcci comuni sia sul fronte della valorizzazione del patrimonio culturale sia sul fronte della necessità di stabi-lire una sinergia tra profit e non profit e tra pubblico e privato, che sia capace di salvaguardare l’identità e la ricchezza di cia-scuno di questi mondi.

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Introduzione Per un nuovo protagonismo dei cittadini nella valorizzazione del patrimonio culturale

Monica Barni Assessora alla Cultura, Università e Ricerca della Regione Toscana

La Toscana ha una tradizione secolare nel volontariato che ri-sale, in alcune forme, al XIII secolo. Si tratta di una tradizione che ha, peraltro, caratteri propri di civismo e di riconoscimento della finalità collettiva del patrimonio artistico di cui è testimo-nianza significativa la ricchezza di opere d’arte depositatasi nel tempo, per mecenatismo, negli ospedali. Nell’800 e nel ‘900, la Toscana si distingue ancora nell’organizzazione di associa-zioni, biblioteche circolanti, università popolari, che intendono favorire l’accesso all’istruzione e alla cultura alle masse popo-lari.Nel 1966 la straordinaria partecipazione di giovani di tutto il mondo, gli angeli del fango, alla salvaguardia dei beni culturali in occasione dell’alluvione dell’Arno a Firenze, aprì un nuo-vo capitolo nella storia del volontariato per i beni culturali. La Toscana in tale occasione seppe veicolare un messaggio di uni-versalità del patrimonio, che rappresenta ancora oggi un esem-pio di vita e di impegno civico in cui trova radici e ispirazione quell’imponente movimento di volontari che si è mobilitato anche nelle più recenti catastrofi naturali che hanno colpito il nostro Paese. Forte anche di questo impegno la Regione partecipa, dunque, alla riflessione sul volontariato per il patrimonio culturale, per qualificarne la missione sulla base dell’art. 9 della Costituzione e dell’evoluzione della società, e si inserisce nel dibattito in-torno alla legge di riforma del Terzo settore (D.lgs 117/2017), promuovendo progetti sul campo e confronti sulla formazio-

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ne e informazione dei volontari, dei professionisti che con essi operano, delle istituzioni che con loro collaborano. Dal 2011, grazie alla Magna Charta del volontariato per i beni culturali, insieme a Cesvot, Promo PA Fondazione e Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana, la Regione si è impegnata per dotare il sistema di uno strumento per favorire il riconoscimento, la programmazione e l’organiz-zazione dell’attività del volontariato nei beni culturali. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio ribadisce il valore edu-cativo e civile del patrimonio culturale e chiama più soggetti, pubblici e privati, a concorrere alla sua valorizzazione: le isti-tuzioni e le associazioni che si riconoscono nella Magna Charta s’impegnano nell’affermazione di questi principi e, sulla base delle convinzioni maturate dalla comunità della cultura e della lunga pratica del Terzo settore, riconoscono nel volontariato questi valori e funzioni.In questo quadro si colloca questa ricerca che - promossa e svi-luppata da Cesvot, in collaborazione con Promo PA Fondazione – fotografa l’intero mondo del “non profit per i beni culturali” in Toscana, indagandone attività, impatto, dimensioni.L’indagine si colloca in continuità con il Primo Rapporto sul Terzo Settore in Toscana. Edito nell’aprile 2017 il Rapporto è lo specchio del dinamismo di un comparto, fondamento delle economie solidali, che tendenzialmente sfugge a modelli stati-ci poiché soggetto a trasformazioni legate ai mutevoli cambia-menti sociali, economici e culturali; trasformazioni che spin-gono verso nuovi modelli di welfare locale e rendono i soggetti del Terzo settore antenne sensibili verso i nuovi bisogni sociali e intrepidi esploratori di innovative forme di protezione e pro-mozione sociale.Lo spaccato che emerge dalla ricerca Il ruolo dei volontari per la valorizzazione del patrimonio culturale conferma, amplia e in-tegra la riflessione del Rapporto, rappresentando una realtà

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estremamente ricca e variegata che comprende, oltre alle or-ganizzazioni  di volontariato e le associazioni di promozione sociale, associazioni sportive dilettantistiche, circoli culturali,  diocesi, enti di carattere religioso, fondazioni, Pro loco: ovvero soggetti non impegnati nel settore culturale in via prioritaria, ma che esprimono una forza promotrice di base delle attività culturali, soprattutto nei piccoli centri. Un lavoro straordinario, dunque, quello di questa ricerca, che dimostra come la cultura abbia un ruolo fondamentale nello sviluppo della filiera del Terzo settore: una filiera che esprime know how e competenze multiple, accreditata e rafforzata an-che attraverso gli obiettivi della Agenda Europea della Cultura, ma che deve essere sostenuta in termini di capacità organiz-zative e di governance, accompagnata sempre di più verso per-corsi innovativi e di crescita al fine di cogliere le opportunità, anche finanziarie, che provengono dal contesto regionale, na-zionale ed europeo.

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Cultura e coesione sociale: il ruolo del Terzo settore nell’Agenda Europea della Cultura

Pier Luigi Sacco Professore ordinario di economia della cultura, Università Iulm di Milano

Il patrimonio culturale italiano, come è noto, è capillarmente diffuso sul nostro territorio, e per quanto un simile stato di cose ci renda giustamente orgogliosi, è anche importante riconosce-re che esso pone allo stesso tempo delle importanti criticità. Questo è particolarmente vero in una regione come la Tosca-na, che persino in un panorama nazionale come quello italiano spicca per una concentrazione davvero impressionante di pa-trimonio cultuale di enorme importanza storico–artistica pres-soché in ogni angolo del suo territorio. Un’indagine sul ruolo che il Terzo settore riveste nella gestione e nella valorizzazione dei beni culturali toscani è quindi di par-ticolare interesse proprio perché rappresenta una verifica im-portante le cui implicazioni vanno oltre lo specifico della realtà regionale a cui si applicano direttamente, per investire l’intero Paese.Il ruolo attivo assunto dal Terzo settore nel campo dei beni cul-turali sul territorio risponde all’indirizzo più generale dell’ap-plicazione del principio di sussidiarietà ad una varietà di temi fortemente legati alla qualità sociale, e in riferimento ai quali i modelli tradizionali di intervento pubblico hanno mostrato limiti abbastanza chiari. E tuttavia bisogna osservare che in molti casi la sussidiarietà è stata vista più come una forma di surrogazione dettata dalla necessità che come un vero e proprio cambio di paradigma, con conseguenze importanti in termini di indirizzi concreti di po-litica territoriale. In altre parole, la sussidiarietà è stata a volte interpretata come una forma conveniente di contenimento dei

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costi e di superamento delle difficoltà gestionali attraverso un affidamento che aveva come principale scopo quello di ridur-re il carico sulle risorse pubbliche piuttosto che quello di spe-rimentare una nuova forma di gestione e valorizzazione che fosse davvero capace di dare nuove energie e nuovo slancio progettuale ad un settore gravato da oggettive difficoltà. Tipico da questo punto di vista è il ricorso a formule come quel-la del ‘museo diffuso’, che al di là del suono confortante dell’e-spressione, è stato di fatto spesso interpretato come una sorta di aggregazione di fatto di un insieme di realtà culturali acco-munate soprattutto dalla loro localizzazione spaziale, affidato alle forze locali in assenza di qualunque ragionevole allocazio-ne di risorse economiche, di competenze professionali speci-fiche, e soprattutto di una visione di sviluppo strategico e di adeguati strumenti di pianificazione territoriale.Il patrimonio diffuso italiano, in effetti, richiede esattamente il contrario: un netto e importante salto di qualità progettuale, nel quale il Terzo settore sia visto non come un attore residua-le che eredita una criticità e la gestisce in modo emergenziale e volontaristico, ma come un soggetto capace di produrre in-novazione gestionale, culturale e sociale. Perché questo possa accadere, quello che occorre non è una pura e semplice delega di responsabilità da parte delle amministrazioni locali, quan-to piuttosto un percorso comune di costruzione di un progetto che permetta al terzo Settore di acquisire un ruolo sempre più attivo e propositivo, ma come risultato di un processo di svilup-po con precisi obiettivi e precise scelte di politica territoriale. Questo indirizzo è peraltro del tutto coerente con le indicazioni provenienti dalla Nuova Agenda per la Cultura recentemente pubblicata dalla Commissione Europea, che identifica nel rap-porto tra cultura e coesione sociale, e persino tra cultura e be-nessere, due linee progettuali della massima importanza che caratterizzeranno le politiche europee di settore dei prossimi

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anni. Perseguire obiettivi di qualità sociale e addirittura di be-nessere attraverso la cultura non è soltanto possibile: è di fatto la via maestra per posizionare il settore culturale il ruolo che gli compete nella costruzione di modelli di welfare avanzato all’interno di socio–economie ad alto tasso di conoscenza quali sono oggi i principali Paesi sviluppati del mondo. Questo però significa appunto iniziare a lavorare sul patrimonio culturale diffuso come un laboratorio di cittadinanza attiva, di produzio-ne di competenze e di aggregazione sociale – e questo diventa particolarmente importante in quelle ‘aree interne’ del nostro Paese nelle quali il venir meno della tenuta delle forze aggre-gative e localizzative tradizionali rischia di condurre in tempi brevi ad uno spopolamento, e soprattutto ad una fuga delle ge-nerazioni più giovani, che segnerebbe per il nostro Paese un punto di non ritorno dal punto di vista della sostenibilità socia-le del nostro modello di sviluppo.In questo quadro generale, l’esperienza toscana acquista ap-punto particolare rilievo proprio perché la Toscana è regione ‘culturale’ per eccellenza, e le buone pratiche che essa è in gra-do di produrre hanno inevitabilmente risonanza in circoli mol-to più ampi, anche al di fuori del nostro Paese. La situazione fotografata dal rapporto Cesvot ci offre un quadro dinamico e sostanzialmente vitale, ma mostra anche alcune criticità, ad esempio in termini di mancanza di competenze specifiche in aree chiave quali la progettazione europea e le tecnologie ap-plicate ai beni culturali, per fare un paio di esempi tra i più evi-denti e strategici. Occorre, come si diceva, che il Terzo settore sia messo in condizione di giocare un ruolo di leader di innova-zione e non semplicemente di forza locale, ma perché ciò acca-da è necessario non soltanto che le pubbliche amministrazioni, e la Regione in primis, ne supportino la maturazione, ma che sia il Terzo settore stesso da darsi in modo più netto e radicale tale priorità, una intenzione che al momento è nel migliore dei casi

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ancora incompiuta nella sua formulazione e soprattutto nella sua articolazione progettuale.Il patrimonio diffuso italiano ha un potenziale di innovazione di prim’ordine, ma servono idee, risorse e scelte concrete di go-verno territoriale. È un’occasione da non perdere, sia perché il nostro Paese ne ha evidentemente bisogno più che mai, sia perché l’agenda delle politiche europee non potrebbe essere più favorevole in tal senso. C’è da augurarsi che questo rappor-to possa suscitare attenzioni e raccogliere energie per costruire intorno a questi obiettivi l’attenzione e il consenso necessari a farli divenire realisticamente raggiungibili.

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Volontariato per i beni culturali: costruire, sperimentare, condividere

Elena Pianea Direttrice della Direzione Istruzione del Comune di Firenze

Lo studio che qui si presenta rappresenta un importante impe-gno di Cesvot e Promo PA Fondazione non solo nel censimen-to e nella mappatura delle diverse realtà attive nel no profit, ma anche un nuovo importante contributo a delineare punti di forza e criticità nel contesto del volontariato toscano che opera nell’ambito dei beni culturali. Si tratta di una fotografia analiti-ca che fa emergere l’impegno aperto, qualificato, paziente di un mondo che, da tempo e sotto varie forme, dialoga con le pub-bliche amministrazioni e con i titolari del patrimonio artistico che – sempre di più – chiede attenzione e cura da parte di tutti i soggetti sociali. Soggetti spesso distanti e differenti tra loro, che hanno bisogno di implementare la reciproca conoscenza e di trovare ulteriori terreni di lavoro comune, condividendo regole e modalità di azione.Emerge una rappresentazione del volontariato culturale tosca-no quale un laboratorio attivo, ricco di sperimentazioni pra-tiche che si realizzano con il concorso di tutti i protagonisti, soggetti proprietari e associazioni, professionisti della cultura e volontari.Il lavoro si configura come un esaustivo censimento della pla-tea toscana di chi opera nell’ambito dei beni culturali, restitu-isce una fotografia aggiornata e verificata puntualmente, con una definizione precisa di ambito operativo, anche alla luce della recentissima normativa di riordino del tema.Abbiamo, dunque, ora, a disposizione un archivio unico inte-grato che è stato costruito grazie all’indagine che ha messo in-sieme, con metodo assai efficace e coerente, fonti diversifica-

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te anche non solo strettamente legate ai registri ufficiali delle associazioni. Ne esce un quadro toscano ricchissimo, fatto di 9478 soggetti che operano nel terzo settore di cui 1796 lavora-no in ambito beni culturali.La ricerca lascia in eredità, inoltre, 4 data base costruiti ex novo che saranno preziosi anche per lavorare in altri contesti, con riferimento ai soggetti destinatari di finanziamenti regionali, alle associazioni diocesane, ai musei Amei e al polo museale toscano.La mappatura proposta ha indagato diversi ambiti e varie ca-ratteristiche degli enti di volontariato tra cui l’assetto organiz-zativo, aspetto molto importante non solo per avere una geo-grafia puntuale toscana, ma anche perché consente di mettere a disposizione un indice territoriale da cui potenzialmente si possono individuare interlocutori con caratteristiche precise per gli enti titolari di beni culturali e di attività di valorizzazio-ne che intendono attivare esperienze di partnership.Dall’analisi del numero dei soci iscritti e dei volontari atti-vi emerge anche un fenomeno quasi mai messo in evidenza, quello del “volontario per un giorno”, fenomeno in crescita che ci restituisce l’immagine di un paese bello, pieno di cittadini che generosamente mettono al servizio degli altri il proprio tempo libero e le proprie competenze.In seguito alla mappatura è stato individuato un gruppo cam-pione di enti per approfondire l’indagine conoscitiva che ha valutato alcune tematiche cruciali, come le attività svolte nel settore cultura e beni culturali, la dotazione del personale e i livelli di partecipazione, il sistema delle competenze e della for-mazione, i costi delle organizzazioni.La lettura dei dati emersi e rielaborati dalla ricerca restituisce un quadro molto variegato ed interessante e sollecita nume-rose riflessioni critiche, oltre a costituire una buona sollecita-zione a proseguire l’attività di indagine e di monitoraggio delle

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diverse iniziative in corso.Molto interessante, ad esempio, il dato che rileva la presen-za di una importante realtà associazionistica che non ha come finalità prevalente l’attività in ambito beni culturali, ma che, comunque, concorre a promuovere la cultura e a valorizzare i beni culturali, soprattutto nei piccoli centri, garantendo una capillarità di presidi, fondamentali in questo momento storico. Spesso sono associazioni che si occupano di sport a rappresen-tare la risposta locale al bisogno dei cittadini di trovare contesti per esprimere l’amore e il riconoscimento del proprio patrimo-nio culturale civico.Naturalmente l’indagine mette in evidenza anche una serie di limiti e criticità, sui quali è necessario porre attenzione e lavo-rare con impegno.Emerge la necessità di implementare la formazione dei volon-tari, considerando che anche gli impegni a cui vengono chia-mati i singoli sono sempre più tecnici, più specifici e specialisti-ci. I beni culturali sono un ottimo ambito in cui sperimentare forme nuove di organizzazione dell’aggiornamento dei volon-tari, condividendo iniziative con gli addetti ai lavori profes-sionisti, che hanno dimostrato sempre grande disponibilità al confronto.L’approfondimento sulla formazione restituisce un panorama a tratti anche di buon livello, diversificato, ma mostra l’assenza di una visione strategica da parte delle organizzazioni.Spesso le associazioni lavorano in una dimensione locale molto proficua per i territori su cui sono presenti, ma il loro sguardo è privo di un ampio raggio nazionale e ancor meno internazio-nale, che consentirebbe innovazione e sperimentazioni di più largo respiro.Altro tema critico risulta essere quello dell’occupazione: appa-re come un dato negativo il fatto che a fronte di una mole im-portante di ore di lavoro e di iniziative attivate, l’impegno delle

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organizzazioni toscane non genera presso le strutture occupa-zione a tempo indeterminato, tanto che, nel totale complessivo le spese per il personale dipendente incidono solo per il 14,6% e per il 6,6 % per i contratti di collaborazione. Una parte impor-tante dei fondi a disposizione è, al contrario destinata ai costi di affitto delle sedi, per le quali si spende, mediamente, il 70,2% del bilancio.L’analisi degli alti costi sostenuto dalle organizzazioni per le sedi in affitto è un tema su cui riflettere e su cui lavorare al fine di trovare modalità per incentivare la concessione di spa-zi pubblici inutilizzati a fronte di servizi civici, tenendo anche conto che il conferimento dei beni in gestione è l’ambito in cui il volontariato e pubblico e privato più risultano interagire.Un giusto ampio spazio è dato dalle autrici all’esperienza del-la Magna Charta del volontariato per i beni Culturali in Toscana, progetto pilota attivato nel 2010 in partenariato tra Mibac, Re-gione Toscana, Cesvot e Promo PA Fondazione, al fine di spe-rimentare – con un gruppo di musei locali e statali toscani – un percorso di collaborazione tra enti gestori e associazioni di volontariato presenti sul territorio, attivando una sperimenta-zione metodologica che consentisse di toccare tutte le tappe di una filiera ritenuta virtuosa: individuazione dei soggetti, stipu-la di accordo (convenzione) tra le parti, percorso di formazione condiviso, redazione e realizzazione di un progetto concertato tra tutti gli attori, monitoraggio dei risultati.L’esperienza della Magna Charta si è fondata su alcuni capisal-di ineludibili da tutti condivisi: il volontariato non sostituisce i professionisti dei beni culturali, non “completa” i servizi che i soggetti deputati a farlo non sono in grado di fare, ma collabo-ra, aiuta a migliorare il servizio al pubblico con proposte di ge-stione e valorizzazione dei beni che siano aggiuntive, migliora-tive; il volontariato deve essere protagonista di progetti definiti di valorizzazione o gestione che senza i volontari non potreb-

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bero essere realizzati; tali progetti devono essere costruiti in modo partecipato con il coinvolgimento degli addetti ai lavori e dei volontari; il progetto deve essere sostenuto con una for-mazione condivisa dai volontari e da tutti i profili professionali coinvolti; l’attività deve prevedere un riconoscimento pubblico del ruolo dei volontari e del progetto; il progetto deve essere monitorato in itinere e rendicontato alla sua conclusione.A seguito di questa pluriennale sperimentazione di condivisio-ne progettuale che ha messo in connessione professionisti dei musei locali e del Mibac con un ampio numero di associazioni di volontariato toscano, si tratta oggi di verificare sul campo la necessità di attualizzare le linee guida elaborate e di attivare un’estensione ad altri ambiti (per esempio in biblioteche ed ar-chivi, anche utilizzando la buona rete ed il dibattito innescato dal progetto MAB di ICOM). La presente ricerca rappresenta pertanto un ulteriore passo avanti, una ulteriore proposta di lavoro che si offre alla rifles-sione dell’esperienza toscana, in attesa di mettere a patrimonio comune altre attività e proposte.È forte la necessità di costruire, sperimentare, condividere metodologie di approccio, filiere di azione, mettere a reddito le comuni esperienze, fare rete, non solo a livello regionale e nazionale, ma anche con uno sguardo ed un confronto rivolto al panorama internazionale più d’avanguardia.Prospettive proficue di lavoro si individuano oltre che in at-tività che possano avvicinare al volontariato il mondo delle imprese private, migliorare l’interlocuzione con le fondazioni bancarie, attivare competenze per accedere a fondi europei, anche, e preliminarmente, nella necessità di creare occasioni per favorire il lavoro in rete tra i soggetti, scardinando il pre-giudizio che i diversi attori possano essere in competizione: al contrario, le collaborazioni e i partenariati rendono il fronte dell’associazionismo più forte e ne fanno un interlocutore più

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credibile. La rete può inoltre aiutare ad affrontare la sfida di progetti innovativi e sperimentali. Parallelamente, anche da parte degli enti pubblici e del privato deve essere favorito un nuovo approccio al no profit che consenta di considerarlo un partner strategico e non, come a volte accade, un interlocutore di seconda fila.Questo prezioso lavoro di censimento ed analisi, che restituisce un mondo ricco e variegato, che ci descrive l’attività di donne e uomini dedicati alla salvaguardia e alla conoscenza del nostro patrimonio culturale, può avere l’ambizione di proporsi all’at-tenzione nazionale al fine di attivare indagini analoghe in altri contesti, al fine di sperimentare diversamente le buone prati-che, per arrivare a formulare linee guida comuni e condivise. Un paese come l’Italia rappresenta un luogo privilegiato per at-tivare a livello capillare il volontariato nei beni culturali, non solo perché questo può dare un contributo impareggiabile alla valorizzazione, ma anche perché può alimentare tra i cittadini amore, rispetto, senso di appartenenza al bene comune.

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Capitolo 1 Gestione e valorizzazione dei beni culturali in Toscana: il ruolo del non profit

1.1 La riforma del Terzo settore e le opportunità per la filiera dei beni culturali

Con l’entrata in vigore, il 3 agosto 2017, del D.lgs 117/2017, an-che l’Italia si è dotata di un Codice del Terzo settore che preve-de il riordino del variegato mondo delle imprese “non profit”, regolamentato fino ad oggi da un sistema di norme frammen-tate ed eterogenee. La riforma raggruppa in un’unica denomi-nazione, 7 tipologie di quelli che saranno definiti Ets – Enti del Terzo settore: organizzazioni di volontariato (Odv); associazio-ni di promozione sociale (Aps); imprese sociali, reti associative; società di mutuo soccorso; fondazioni, enti di carattere privato senza scopo di lucro diversi dalle società.Gli Ets saranno obbligati, per definirsi tali, all’iscrizione al Re-gistro unico nazionale del Terzo settore, che sostituirà i diversi elenchi oggi esistenti e semplificherà la normativa. Il Registro avrà sede presso il Ministero delle Politiche sociali, ma sarà gestito e aggiornato a livello regionale. Sarà infine costituito il  Consiglio Nazionale del Terzo settore, nuovo organismo di una trentina di componenti (senza alcun compenso) che sarà tra l’altro l’organo consultivo per l’armonizzazione legislativa dell’intera materia.La riforma dettaglia anche in un unico articolo (art. 5) le “atti-vità di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lu-cro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale” che “in via esclusiva o principale” sono esercitati dagli enti del Terzo settore e che comprendono le attività consuete del non profit (dalla sa-nità all’assistenza, dall’istruzione all’ambiente) ma anche:

– “interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio” (punto f);

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– “organizzazione e gestione di attività culturali, artisti-che o ricreative di particolare interesse sociale”, incluse attività, anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato…” (punto i);

– “organizzazione e gestione di attività turistiche di inte-resse sociale, culturale o religioso” (punto k);

– “riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità” organizzata (punto z).

Come si vede, per la prima volta la gestione e valorizzazione dei beni culturali entra a pieno titolo tra le attività ordinarie del non profit, pur nel rispetto delle finalità civiche, solidaristi-che e di utilità sociale che contraddistinguono questi enti e se-condo opportunità e limiti previsti dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.l. 42/2002).Sul tema vale la pena segnalare anche due ulteriori aspetti in-teressanti della riforma:

– l’art. 71 stabilisce che “beni culturali immobili di proprie-tà dello Stato, delle regioni, degli enti locali e degli altri enti pubblici, per l’uso dei quali attualmente non è corrisposto al-cun canone e che richiedono interventi di restauro, possono essere dati in concessione a enti del Terzo settore, che svol-gono le attività indicate all’articolo 5, comma 1, lettere f), i), k), o z) con pagamento di un canone agevolato, determinato dalle amministrazioni interessate, ai fini della riqualificazio-ne e riconversione dei medesimi beni tramite interventi di recupero,restauro, ristrutturazione a spese del concessio-nario, anche con l’introduzione di nuove destinazioni d’u-so finalizzate allo svolgimento delle attività indicate…”, una norma che recepisce il passaggio culturale tra il restauro e la rigenerazione degli immobili pubblici a fini sociali e culturali.

– L’art. 17 stabilisce invece che “il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, le regioni, gli enti locali e gli

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altri enti pubblici possono attivare forme speciali di parte-nariato con enti del Terzo settore che svolgono le attività in-dicate all’articolo 5, comma 1, lettere f), i), k) o z), individua-ti attraverso le procedure semplificate di cui all’articolo 151, comma 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, dirette alla prestazione di attività di valorizzazione di beni culturali immobili di appartenenza pubblica”, che invece mira a sem-plificare il rapporto tra enti pubblici, non profit e privati incentivando ad esempio i contratti di sponsorizzazione e strumenti di affidamento semplificati..

La riforma affronta anche il tema del finanziamento degli Ets, che, come si vedrà, rappresenta uno snodo cruciale anche alla luce dei risultati della presente indagine. La riforma stabilisce che gli enti del non profit potranno accedere ad una serie di esenzioni e vantaggi economici grazie, ad esempio, ad incenti-vi fiscali maggiorati (per le associazioni, per i donatori e per gli investitori nelle imprese sociali), alle risorse del nuovo Fondo progetti innovativi, e al lancio dei Social bonus (art. 81) e dei Titoli di solidarietà (art. 77). Si tratta di novità importanti soprat-tutto per il settore dei beni culturali, che introducono nuovi strumenti finalizzati ad incentivare il ruolo del privato nel fi-nanziamento di interventi sui beni culturali.In questo contesto di grande cambiamento e di riforma com-plessiva del Terzo settore, si inserisce la riflessione oggetto del-la presente ricerca, che rappresenta un primo tentativo di foto-grafare il mondo del “non profit per i beni culturali” in Toscana, realtà regionale tra le più avanzate sia sul fronte dei processi di valorizzazione dei beni culturali, sia rispetto alla presenza di un mondo di enti vivaci e dinamici.

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1.2 Beni culturali e mondo non profit in Toscana: dalla Magna Charta del Volontariato alla mappatura del non profit culturale

Il non profit toscano che opera nel variegato mondo della ge-stione e valorizzazione della cultura e dei beni culturali è una realtà importante e diffusa sul territorio regionale, ma non sufficientemente conosciuta in termini di attività, impatto, di-mensioni. Per far fronte a questo deficit conoscitivo, Cesvot ha da tem-po avviato un percorso di analisi e di approfondimento coin-volgendo tutti gli attori che a livello regionale si occupano di gestione e valorizzazione dei beni culturali. Uno dei progetti più significativi ha riguardato la Magna Charta del volontariato per i beni Culturali in Toscana, progetto realizzato nel 2010 da Cesvot, Promo PA Fondazione, Regione Toscana e Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana, fi-nalizzato a coinvolgere il mondo del volontariato regionale in una prima riflessione condivisa sul settore dei beni culturali. Attraverso un percorso partecipato che ha coinvolto 120 tra enti e strutture museali e un gruppo di lavoro multidisciplina-re, sono stati definiti un documento guida e una convenzione operativa utili a definire un percorso per il riconoscimento, la programmazione e l’organizzazione dell’attività del volontaria-to nell’ambito del patrimonio culturale statale e locale. La Ma-gna Charta consente, infatti, di definire le modalità di affianca-mento dei volontari; supporta l’ente–museo nella definizione dei compiti che i volontari possono assumere nella struttura; facilita il loro coinvolgimento; identifica una serie di strumenti e materiali adottabili per migliorare il rapporto e la prestazione museo/associazione di volontariato; supporta entrambe le par-ti nell’individuare i contenuti dei percorsi formativi.Il percorso della Magna Charta, che ha avuto il merito di coin-volgere per la prima volta tutti gli attori del volontariato per i

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beni culturali attorno ad un progetto strategico condiviso, ha lasciato aperte due questioni:

– la riflessione sul ruolo delle associazioni di promozione sociale (Aps), che, se risultano sufficientemente mappate attraverso il Registro Regionale della Regione Toscana, non sono quasi per niente monitorate relativamente al tipo di attività culturale, pur rappresentando la tipologia di Ente numericamente prevalente in Regione;

– la mappatura di una molteplicità di organizzazioni non profit non riconducibili né alle Odv né alle Aps, che ope-rano, con forme giuridiche molto variegate, a livello loca-le, e che vanno a comporre una realtà di associazionismo comunale multiforme e diffusa ma anche scarsamente conosciuta e studiata nelle sue dinamiche e caratteristi-che.

In questo contesto, Cesvot, rinnovando la collaborazione con Promo PA Fondazione, ha deciso di realizzare un’indagine sul Terzo settore che opera in Toscana nel comparto dei beni cul-turali, con l’obiettivo di produrre una fotografia quanto più completa e dettagliata delle diverse realtà esistenti e avviare così un percorso che possa portare ad un censimento degli Ets attivi nel settore, nella configurazione giuridica che la riforma introduce. 1.3 Gli obiettivi dell’indagineAlla luce delle premesse sopra riportate, l’indagine si è posta i seguenti obiettivi strategici:

– mappare le organizzazioni non profit che si occupano di beni culturali in Toscana, ricostruendone le caratteristi-che anagrafiche e il tipo di attività svolta nel settore della cultura e dei beni culturali;

– realizzare un’indagine di campo sulle caratteristiche, le peculiarità e l’impatto delle attività svolte da tali enti;

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– diffondere, attraverso questa prima mappatura analitica, una conoscenza adeguata del mondo dell’associazioni-smo per i beni culturali in Toscana;

– promuovere una riflessione trasversale sulle problema-tiche inerenti il settore fornendo input utili al legislato-re per meglio impostare le politiche di supporto a questo comparto.

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Capitolo 2 Verso la mappatura del terzo settore operante nella filiera dei beni culturali in Toscana

2.1 Gli obiettivi della mappatura, la metodologia e i risultati attesi

Come anticipato, l’obiettivo dell’indagine è stato quello di cen-sire le istituzioni non profit operanti nel settore dei beni cul-turali e di analizzarne l’operato e le caratteristiche peculiari. Questo obiettivo è stato perseguito a partire da una fotografia preliminare del Terzo settore, del quale gli enti del non profit culturale rappresentano un sottoinsieme specifico.Il processo di indagine si è articolato nei seguenti step, descritti in dettaglio nei paragrafi successivi:

1. definizione del campo di indagine;2. ricognizione e acquisizione degli albi, registri ed archivi

esistenti;3. costruzione di un archivio unico integrato;4. realizzazione di un’indagine Cawi (questionario on line)

per l’individuazione delle organizzazioni oggetto dell’in-dagine (cioè quelle operanti nel settore culturale) e per la verifica delle informazioni anagrafiche più rilevanti;

5. costruzione del database degli enti operanti nei beni cul-turali;

6. realizzazione di un’indagine Cati (intervista telefonica) su un campione di 300 enti;

7. elaborazione e analisi dei dati.

2.2. Il campo di indagineDelimitare l’universo del Terzo settore e individuare al suo in-terno quello specifico che opera – a vario titolo – nella filiera dei beni culturali è operazione non semplice, che deve tenere conto sia della natura e/o forma giuridica dell’Ente sia delle at-

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tività specifiche svolte dall’organizzazione.Sul primo punto è intervenuto finalmente il recente Codice di riordino (D.lgs. 117/2017) che, all’art. 4 comma 1, ha definito e delimitato il campo del Terzo settore ricomprendendovi come già ricordato: “le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccor-so, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristi-che e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore”.Il Registro Unico Nazionale diventa un requisito sostanziale per definirsi Ets e ciò consente di mettere ordine fra i molti tentativi di intercettare quell’insieme di unità che per il loro carattere di informalità, incerto profilo giuridico e/o organiz-zativo (assenza organigramma, sede, etc.) sfuggivano ad ogni tentativo di individuazione. Le esperienze antecedenti alla re-cente istituzione del “Registro Unico” sono state diverse e si-gnificative.Fra queste non si può non richiamare il Censimento permanen-te delle istituzioni non profit dell’Istat che, basandosi sull’inte-grazione dei dati di fonte amministrativa, mira a produrre, con cadenza almeno biennale, le informazioni statistiche storica-mente fornite dai censimenti tradizionali1. Tale censimento è arricchito ulteriormente da una rilevazione campionaria sul-

1 Le fonti del censimento sono il Registro statistico delle istituzioni non profit e le rilevazioni campionarie di settore. Il Registro statistico delle istituzioni non profit fornisce annualmente i dati di carattere strutturale del settore.

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le istituzioni non profit (l’ultima nel marzo 2017), necessaria a completare il quadro informativo delle caratteristiche delle istituzioni stesse. Su scala regionale, e dunque limitatamente al nostro specifico ambito di interesse territoriale, sono state utilizzate le infor-mazioni contenute nel:

– Registro della Regione Toscana, dedicato a comparti qua-li quello delle associazioni di promozione sociale, del vo-lontariato e delle cooperative sociali assumendoli come base di partenza da completare a seguito delle successive ricerche mirate;

– data base del Cesvot, che contiene l’elenco di tutte le or-ganizzazioni di volontariato iscritte al Registro regionale e di quelle aderenti all’Ente, comprese quelle che operano nel settore dei beni culturali.

Delimitato il campo degli Ets, è stato necessario definire un elenco puntuale delle attività che rientrano nel settore dei beni culturali. Ai fini della ricerca si è partiti dalla classificazione Istat utilizzata per il Censimento del non profit2:

1. Gestione di biblioteche, centri di documentazione e ar-chivi

2. Gestione/sorveglianza di musei, monumenti, siti archeo-logici o paesaggistici

3. Realizzazione di spettacoli teatrali, musicali, corali, cine-matografici

4. Realizzazione di visite guidate5. Organizzazione di esposizioni e/o mostre6. Organizzazione di corsi tematici7. Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio cul-

turale (usi, costumi, tradizioni, dialetti).

2 Cfr. https://indata.istat.it/censnp/

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In merito alla voce 7 “Tutela, valorizzazione e promozione del pa-trimonio culturale”, è importante precisare che essa mette insie-me il concetto di “tutela” del bene culturale con quello di “valo-rizzazione”, aree di intervento distinte e che dovrebbero essere mantenute tali. Dal punto di vista delle competenze legislative, le due azioni fanno capo a diversi poteri, la prima in maniera esclusiva allo Stato, la seconda alle Regioni. Un’ulteriore de-marcazione di questo confine è stata tracciata dalla Sentenza della Corte Costituzionale 28 marzo 2003, n. 94 che sembra porre il discrimine tra i concetti di “tutela” e “valorizzazione” nell’interesse pubblico perseguito e nelle situazioni soggettive. Quindi, le norme di “tutela” sono quelle tese a salvaguardare il valore culturale del bene, delimitando la sfera soggettiva dei destinatari, mentre le norme di “valorizzazione” sono quelle che esplicitano il valore culturale del bene attraverso la possi-bilità della sua fruizione.In altre parole, “tutela” è l’attività di-retta a riconoscere, conservare e proteggere i beni culturali e ambientali; “valorizzazione” è l’attività diretta a migliorare le condizioni di conoscenza e conservazione dei beni culturali e ambientali ed incrementarne la fruizione.Tenuto conto di questa precisazione, ai fini della presente in-dagine, sono state ritenute appartenenti al comparto dei beni culturali tutti gli enti del Terzo settore che svolgono le attività, anche di tipo non prevalente, nelle sette categorie elencate, di cui le prime due sono riconducibili al macro–comparto della “gestione” dei beni culturali e le cinque rimanenti a quello della “valorizzazione”3.

3 Il Codice dei beni culturali e del paesaggio chiarisce il significato di valoriz-zazione, gestione e tutela. Nello specifico, all’art. 6, comma 1: “La valorizzazione consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizza-zione e fruizione pubblica del patrimonio stesso. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale”.

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2.3. L’identificazione e la raccolta degli archivi di riferimento

2.3.1. Gli albi del Terzo settorePer la costruzione dell’archivio alla base dell’indagine si è par-titi, quale elemento portante di ogni ricognizione, dagli albi re-gionali della Regione Toscana. Si tratta in particolare dei tre albi del Terzo settore4, la cui tenuta è affidata ai comuni capo-luogo e, per la provincia di Firenze, alla Città Metropolitana, in quanto subentrata alla rispettiva Provincia a partire dal 1° gennaio 2016, con le leggi regionali n. 22/15 e n. 21/2016. Per quanto condividano un set comune minimo di informazioni, in molti casi tali “gestori” hanno personalizzato la rilevazione richiedendo dati aggiuntivi di loro specifico interesse o utilità.Ancor più disomogenee sono le modalità attraverso le quali gli enti gestori rendono accessibili e/o disponibili i propri archivi sui siti web istituzionali e che vanno dai file scaricabili in for-mati diversi, alla consultazione riservata ai soggetti abilitati, ai semplici riferimenti e rimandi all’ufficio competente. Di quanto raccolto dagli enti Locali per l’alimentazione dei tre Albi, solo un set molto ristretto di informazioni di carattere anagrafico5 confluisce infatti nei “Registri” che la Regione Toscana rende disponibile in forma ufficiale sul proprio sito web.

4 Cfr. legge regionale 9 dicembre 2002, n. 42: Disciplina delle Associazioni di promozione sociale. Modifica all’articolo 9 della Legge regionale 3 ottobre 1997, n.72 (Organizzazione e promozione di un sistema di diritti di cittadinanza e di pari opportunità: riordino dei servizi socio–assistenziali e socio–sanitari integrati); Legge regionale 26 aprile 1993, n. 28: Norme relative ai rapporti delle organizza-zioni di volontariato con la Regione, gli Enti locali e gli altri Enti pubblici – Istitu-zione del registro regionale delle organizzazioni del volontariato; Legge regionale 24 novembre 1997, n. 87: Disciplina dei rapporti tra le cooperative sociali e gli enti pubblici che operano nell’ambito regionale.5 Si tratta in particolare della denominazione, della localizzazione, dei recapiti (indirizzo e telefono), del settore di attività primaria e secondaria e degli estremi di iscrizione.

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Si tratta in particolare del Registro Regionale delle Associazio-ni di Promozione Sociale (Legge 383/2000 e Legge Regionale 42/2002), dell’Albo Regionale delle Cooperative Sociali (Legge 381/1991 e Legge Regionale 87/1997) e del Registro Regionale delle Organizzazioni di volontariato, aggiornato al 20/12/2016.A tali archivi se ne sono aggiunti altri, frutto dell’unione e col-lezione dei diversi archivi “provinciali”, scaricati dai siti dei Co-muni o acquisiti per utile verifica e recupero delle eventuali informazioni aggiuntive.

2.3.2 Archivi, database ed elenchi ad integrazioneDopo la raccolta degli archivi ufficiali si è proceduto ad una ricognizione ad ampio raggio degli archivi ed elenchi informa-li disponibili sul web o ricostruibili con un’attività di scouting dedicata, con la finalità di individuare ulteriori organizzazio-ni operanti nella filiera della cultura ma non ricomprese negli Albi ufficiali. Le direttrici di questa ricognizione sono state di due tipi:

– archivi gestionali o amministrativi già strutturati, come, ad esempio, le organizzazioni di vario tipo iscritte fra i beneficiari della cessione del “5 per mille”, resi disponibili in elenchi per provincia da parte dell’Agenzia delle En-trate; l’elenco delle Pro Loco dell’Unione Nazionale, l’e-lenco delle Istituzioni culturali di rilievo regionale di cui alla Tabella regionale 2013–2017 (Legge regionale n. 21 del 2010);

– elenchi ricostruiti attraverso fonte indiretta, come i par-tecipanti a bandi e gli affidatari della gestione di beni cul-turali rintracciabili da documenti reperiti on line, oppure enti richiamati a vario titolo nei siti di potenziali altri at-tori del settore (es. istituzioni religiose, musei, diocesi). In alcuni casi la ricerca è stata supportata da contatti tele-fonici diretti alle organizzazioni per verifica dell’effettiva

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appartenenza all’insieme di interesse.Si sono in questo modo raccolti elenchi e database, anche cre-ati ad hoc, di contenuto informativo variabile a seconda della specificità dell’origine e la cui fusione con gli albi ufficiali di partenza ha dato luogo, attraverso le procedure oltre descritte, ad un archivio unico integrato.

Tab.1 – Elenco degli archivi utilizzati per l’indagine

Archivio Origine e modalità di acquisizione

Registro Regionale Associazioni di Pro-mozione Sociale

Regione Toscana: Registro formato .pdf con set informativo ridottowww.regione.toscana.it/–/banca–dati–delle–associazioni–di–promozione–socialeCesvot: Archivio in formato .xls 

Registro Regionale delle Associazioni di Volontariato

Regione Toscana:Registro formato.pdf con set informativo ridottowww.regione.toscana.it/–/banca–dati–delle–organizzazioni–di–volontariatoCesvot: Archivio in formato .xls 

Registro Regionale Cooperative Sociali

Regione Toscana:Registro formato.pdf con set informativo ridottowww.regione.toscana.it/–/banca–dati–delle–cooperative–sociali Cesvot: archivio esteso formato .xls

Archivio “5 per mille”

Agenzia delle Entrate: elenco iscritti beneficiari “5 per mille” relativo a enti del volontariato e associazioni diilettantistiche sportive in Toscana per l’an-no finanziario 2016www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/Nsilib/Nsi/Documentazione/Archivio+5permille/

Odv culturaleCesvot: Archivio delle Organizzazioni di Volontariato che svolgono attività culturale sia come attività prevalente sia come attività secondariaArchivio in formato .xls 

Pro LocoUnpli (Unione Nazionale Pro Loco d’Italia): Elenco Pro Loco sezione Toscanawww.unplitoscana.it/PROLOCO/proloco.html

Destinatari finan-ziamenti da bandi Regione Toscana

Data Base realizzato ex novo per la ricerca da Promo PA Fondazione: elenco dei soggetti destinatari di finanziamenti regionali a valere sui bandi per il settore culturale ricostruito da elenco Bandi Regione Toscana www.regione.toscana.it/enti–e–associazioni/bandi/bandi–per–la–cultura

Associazioni diocesane

Data Base realizzato ex novo per la ricerca da Promo PA Fondazione, attra-verso l’analisi dei siti delle diocesi toscane; – telefonate dirette alle diocesi per accedere all’archivio delle associazioni

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Musei AmeiData Base realizzato ex novo per la ricerca da Promo PA Fondazione:data base realizzato attraverso l’analisi dei siti dei Musei Ecclesiastici italiani disponibile all’indirizzo: www.amei.biz/ricercaMusei

Polo museale toscano

Data Base realizzato ex novo per la ricerca da Promo PA Fondazione: data aase costruito a partire dall’elenco dei Luoghi della Cultura del Polo muse-ale toscano (DPCM 171/2014) disponibile all’indirizzo:www.polomusealetoscana.beniculturali.it/index.php?it/146/istituti–e–luoghi–della–cultura

Associazioni culturali

Regione Toscana: elenco delle Istituzioni culturali di rilievo regionale (Tabella regionale 2013–2017 – Legge regionale n. 21 del 2010) – www.regione.toscana.it/enti–e–associazioni/cultura/istituzioni–culturali

2.4 La costruzione dell’archivio integrato degli enti non profit

Una volta acquisiti gli archivi di base ed effettuate su di essi alcune operazioni di semplice “pulizia dei dati” (omogeneizza-zione ed ottimizzazione dei formati, riclassificazione delle in-formazioni, correzione degli errori e verifica delle eventuali duplicazioni), si è proceduto ad impostare il “data base integrato” nel quale far confluire tutte le informazioni relative alle istitu-zioni ed organizzazioni ricomprese in almeno uno dei suddetti archivi6. Per la costruzione di tale archivio si è proceduto a:

– ricomprendere tutte le unità/enti presenti in almeno un elenco/archivio elementare;

– definire una gerarchia che rispecchiasse un ordine di af-fidabilità delle informazioni e dunque ponendo al primo posto i tre Registri Regionali di Aps, Odv e Coop. sociali;

– tenere traccia degli archivi elementari in modo da po-ter “filtrare” le informazioni sugli archivi di provenienza all’interno dell’archivio integrato;

– costruire un “tracciato record” con tutte le informazioni,

6 L’archivio integrato è stato quindi costruito partendo dal registro delle associa-zioni di promozione e a questo aggiungendo successivamente le associazioni pre-senti in altri archivi aggiungendo eventuali ulteriori informazioni rese disponibili dall’elenco di volta in volta aggiunto.

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necessario a caratterizzare le associazioni e da conside-rare come “somma” dei tracciati elementari.

La fusione delle informazioni tra i diversi archivi è stata rea-lizzata utilizzando come chiave primaria di riconoscimento il codice fiscale. Laddove non disponibile, l’Ente è stato ricercato tramite la denominazione e le sue possibili diverse formulazio-ni.

2.5. La survey on line (Cawi) Dopo aver costruito l’archivio integrato, la successiva fase di lavoro ha coinvolto direttamente le organizzazioni, alle quali è stata somministrata la richiesta, inoltrata in forma di invito e–mail, a compilare un questionario on line utilizzando la tecnica nota come Cawi (Computer Assisted Web Interview). L’indagi-ne, non prevista nel progetto originario di ricerca e svolta nel mese di maggio 2017, è stata introdotta con due obiettivi:

– definire meglio il campo di indagine, chiedendo agli enti di specificare il proprio ambito di attività indicando nello specifico le azioni svolte nel settore dei beni culturali;

– verificare, confermare o integrare le informazioni ana-grafiche già raccolte.

Stante l’ovvio limite di dover circoscrivere l’invito a parteci-pare a questa “indagine rapida” alle sole organizzazioni per le quali si disponeva di indirizzo e–mail, l’inoltro è stato precedu-to da una attività di puntuale recupero delle e–mail mancanti tramite ricerca su web e, per quelle già catalogate come attive nel settore cultura, tramite contatto telefonico.La Cawi ha coinvolto 6.815 enti, il 71,7% del totale censi-to (9.495). A fronte di tali inviti, reiterati più volte a distanza di alcuni giorni grazie ai cosiddetti “recall”, sono stati raccol-ti 559 questionari, per un tasso di partecipazione pari dunque all’8,2%: un valore da considerare medio–alto rispetto ai nor-mali standard delle indagini Cawi.

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Oltre a raccogliere preziose informazioni di tipo anagrafico, l’indagine Cawi ha anche fornito alcuni risultati di interesse statistico. Fra i 559 soggetti interpellati, il 31% – ossia 173 realtà – ha, infatti, dichiarato di operare nel campo dei beni culturali.

Fig.1 – Indagine Cawi: enti attivi nel campo dei beni culturali, percentuale sul totale

Nelle tabelle che seguono è riportata la ripartizione di dettaglio delle associazioni del settore per forma, ambito di attività e tipo di bene. Si tratta di una fotografia ovviamente parziale sulla quale non merita soffermarsi in quanto sarà meglio messa a fuoco ed approfondita attraverso lo strumento della successiva indagine di campo con tecnica Cati.

Tab.2 – Organizzazioni che operano nei beni culturali come attività primaria o secondaria per tipo di associazione

percentuale sul totale Opera nei beni culturali Non opera nei beni culturali  Prevalente Secondaria Totale

Associazione di promozione sociale 18,1 13,9 31,9 68,1

Associazione di volontariato 15,2 8,2 23,4 76,6

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Cooperativa sociale 3,7 11,1 14,8 85,2

Altro 48,0 18,0 66,0 34,0

Totale complessivo 18,8 11,6 30,4 69,6

Tab.3 – Organizzazioni che operano nei beni culturali per tipo di attività e tipo di bene (possibile risposta multipla)

percentuale sul totale MuseiBiblioteche e Archivi

Palazzi storici

Aree archeolog.

Altro bene

Gestione del bene 37,5 51,8 30,4 8,9 25,0

Servizi ai visitatori 47,1 36,8 36,8 14,7 17,6

Altre attività 24,8 28,2 25,6 14,5 16,2

Totale complessivo 30,0 30,0 24,7 14,1 16,5

2.6. Il consolidamento dell’archivio unico integrato delle associazioni toscane del Terzo settore

Le attività descritte nel precedente paragrafo hanno condotto al completamento della prima fase, quella della costruzione del database unico, o “integrato”, delle associazioni del Terzo set-tore. L’archivio è risultato essere composto da 9.495 “record7” e articolato in un tracciato comprendente 92 “campi”, ovvero in-formazioni provenienti da uno o più fonti elementari, elencate nella tabella del paragrafo 2.3.1 e alle quali aggiungere l’inda-gine Cawi.

Tab. 4 – Organizzazioni censite per tipologia

Tipo di associazione numeropercentuale sul totale

Associazione di promozione sociale (Aps) 2.949,00 31,0

7 Per record si intende un oggetto o una struttura di dati eterogenei fatta da dati compositi, contenente cioè un insieme di campi o elementi, ciascuno dei quali identificato da un nome univoco e da un tipo di dato.

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Cooperative sociali 857,00 9,0

Organizzazione di volontariato (Odv) 3.967,00 41,1

Altro tipo 1.722,00 19,0

Totale complessivo 9.495,00 100,0

2.7. La costruzione del database degli enti operanti nel settore dei beni culturali

A valle del percorso di analisi e preparazione degli archivi so-pra descritto, è stato possibile arrivare alla definizione della “popolazione obiettivo”, ovvero dell’universo di interesse della ricerca, comprendente quegli enti che, fra quelli censiti nell’ar-chivio integrato, sono stati individuati come appartenenti al settore dei beni culturali. Tale archivio, oggetto dell’indagine Cati, si compone di 1.796 enti, ripartiti per Provincia e macrotipologia, secondo il pro-spetto che segue.

Tab. 5 – La popolazione obiettivo

Il passaggio dai 9.495 enti dell’archivio iniziale ai 1.796 enti che hanno costituito la popolazione obiettivo è stato il risultato di una serie di operazioni di “pulizia” degli archivi che hanno por-

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tato a:– identificare soltanto gli enti interessanti ai fini dell’inda-

gine, ovvero quelli operanti nel settore dei beni culturali;– selezionare gli enti dotati di indirizzo mail, indispensabi-

le per l’avvio dell’indagine Cawi;– eliminare gli eventuali doppioni.

2.8. L’indagine telefonica con tecnica CatiLa survey finale si è basata sulla somministrazione telefonica (tecnica Cati: Computer Assisted Telefonic Interview) di un que-stionario articolato in domande a risposta chiusa e aperta, ad un campione programmato di 300 enti.Il questionario si compone di sette sezioni:

1. dati anagrafici: verifica ed estensione di quelli già dispo-nibili per l’organizzazione intervistata;

2. descrizione delle attività svolte nel settore cultura e beni culturali e indicazione delle fonti di finanziamento;

3. elementi organizzativi (dotazione del personale, parteci-pazione e altro);

4. competenze e formazione;5. gestione economica (ricavi e costi);6. progettualità (modalità di acquisizione dei progetti);7. opinioni: criticità e opportunità del settore.

Le interviste telefoniche sono state affidate a personale spe-cializzato e con esperienza nel settore delle indagini rivolte al Terzo settore. L’organizzazione della rilevazione ha garantito il pieno rispetto dei requisiti di qualità delle rilevazioni statisti-che indicati da Istat, ivi compreso il rispetto delle norme sulla tutela della privacy. In molti casi l’intervista si è svolta previo appuntamento anche in modo da assicurare il massimo coin-volgimento diretto dei presidenti o dei direttori delle organiz-zazioni in luogo di loro delegati. La rilevazione ha avuto luogo nel periodo compreso fra il 6 e il 29 giugno 2017.

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2.8.1 Il piano di campionamentoIndividuata la popolazione obiettivo, costituita dalle organiz-zazioni che presentavano attività prevalente o secondaria nell’ambito dei beni culturali, sono state assunte quali variabili di stratificazione la localizzazione della sede (Provincia) e il tipo di organizzazione. Fissando la numerosità campionaria in 300 unità, il campione è descritto nel prospetto che segue.

Tab. 6 – Il campione programmato

Per la selezione delle unità campionarie si è scelto di ricom-prendere di diritto tutte le organizzazioni (tranne una, esclu-sa a seguito di verifica sull’effettiva appartenenza al settore) che hanno partecipato all’indagine Cawi e che, dai risultati di quest’ultima, sono risultate in possesso dei requisiti per esse-re incluse nel campione (ovvero operare nel campo dei beni culturali). La numerosità e distribuzione di tale sottoinsieme è riportata di seguito.

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Tab. 7 – Il sottoinsieme Cawi delle unità campionarie

Le unità rimanenti (1.796–169=1.627) della popolazione obiet-tivo sono state estratte con procedimento casuale semplice, in modo da raggiungere il numero complessivo programmato per ciascuno strato. Si è così arrivati ad un campione di 303 unità8, distribuite fra unità cosidette “titolari” dell’insieme Cawi (“ti-tolari Cawi”) e le altre “titolari”, secondo quanto riportato nel prospetto finale che segue.

8 Il campone effettivo è risultato di 303 unità (e non di 300 come quello pro-gramnato) poiché le unità campionarie derivanti dalla Cawi per le province di Pistoia e Siena sono risultate superiori di 3 unità a quelle assegnate al relativo strato.

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Tab. 8 – Distribuzione delle unità del campione e delle unità di riserva per provincia

Tab. 9 – Distribuzione delle unità del campione e delle unità di riserva per tipo di organizzazione

Nel complesso sono stati raccolti 302 questionari (rispetto ai 303 preventivati, un’organizzazione è stata esclusa dalle elabo-razioni non avendo superato una verifica ex–post dei requisiti di appartenenza al settore di interesse). Tale numerosità corri-sponde ad una quota di campionamento pari al 16,8% e ad un margine di errore campionario contenuto nel 5,1% con un in-tervallo di confidenza del 95%, indici che assicurano entrambi una buona affidabilità statistica dei risultati.

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Tab.10 – Il Campione effettivo

  Aps Odv Altri enti Totale complessivo

AREZZO 20 10 4 34

FIRENZE 43 24 6 73

GROSSETO 11 4 5 20

LIVORNO 8 6 3 17

LUCCA 12 16 3 31

MASSA 9 9 2 20

PISA 31 10 2 43

PISTOIA 7 8 3 18

PRATO 11 7 2 20

SIENA 12 6 8 26

Totale complessivo 164 100 38 302

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Capitolo 3 I risultati dell’indagine: il punto di vista degli enti

3.1. Le caratteristiche degli enti coinvolti Come si è visto nel cap. 2, il lavoro di ricerca è partito da una mappatura di 9.495 enti, che, a vario titolo, si occupano di non profit in Toscana, per poi individuare al loro interno le 1.796 organizzazioni che operano o intervengono nella filiera dei beni culturali e delle attività ad essi connesse. Di queste, 302 unità hanno compilato il questionario.È attraverso la loro lettura ed analisi che nei capitoli successi-vi vengono ricostruite sia le caratteristiche “anagrafiche” sia le caratteristiche di natura tecnica, organizzativa ed economica degli enti e organizzazioni attive nel settore, anche distinguen-do le due macro–attività in ambito culturale: quella di gestione e quella di valorizzazione.

3.1.1 La tipologia delle organizzazioni coinvolteDal punto di vista della forma giuridica, l’indagine ha intercet-tato 286 associazioni, 11 fondazioni, 4 enti di diritto ecclesiasti-co, una cooperativa sociale. Dal punto di vista della “qualifica giuridica”, il 54% dei soggetti contattati sono Associazioni di promozione sociale (Aps), il 33% sono Organizzazioni di volon-tariato (Odv) e il 13% restante rientra nella voce “altri enti”, che comprende diverse tipologie di organizzazioni, quali fondazio-ni, enti di diritto ecclesiastico, cooperative sociali, etc.

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Fig. 2 – Qualifica giuridica degli enti coinvolti, percentuale sul totale

La voce “Altri enti” ingloba un mondo poco indagato fino ad oggi, molto eterogeneo, ma allo stesso tempo, come si vedrà più avanti, assai interessante sia dal punto di vista degli asset-ti organizzativi e gestionali sia per le attività culturali svolte. Rientrano in questa categoria le associazioni sportive dilet-tantistiche, circoli, alcune diocesi ed enti di carattere religioso, Imprese sociali, fondazioni e, naturalmente, le Pro Loco: orga-nizzazioni, quindi, in larga prevalenza non impegnate nel set-tore culturale in via prioritaria ma che rappresentano realtà in grado di esprimere una forza promotrice di base delle attività culturali, soprattutto nei piccoli centri, ed alle quali va dunque riconosciuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della filiera sul territorio.Le organizzazioni oggetto di indagine sono relativamente gio-vani: il 30% circa sono nate tra il 2000 e il 2009, in concomi-tanza o a seguito della costituzione legislativa delle Aps. Il 26% nasce invece negli anni ’90 e un restante 18% tra 1970 e 1989. Si tratta dunque di strutture ormai consolidate nel tempo, forma-te da personale piuttosto qualificato (come si vedrà in seguito) che risulta “attratto” dal settore dei beni culturali e interessato

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ad operare sui temi della salvaguardia e della valorizzazione del patrimonio del nostro Paese.

Fig. 3 – Periodo di fondazione delle organizzazioni rispondenti, percentuale sul totale

La quasi totalità (94,7%) delle organizzazioni risulta essere iscritta ad albi o registri regionali: questa assoluta maggioran-za di adesioni è motivata dalle agevolazioni che premiano gli iscritti ai registri nazionali1e regionali, di carattere prevalente-mente fiscale ma anche burocratico–amministrativo.

Fig. 4 – Iscrizione agli albi regionali, percentuale sul totale

1 www.lavoro.gov.it/temi–e–priorita/Terzo–settore–e–responsabilita–sociale–imprese/focus–on/Associazionismo–sociale/Pagine/Registro–nazionale–delle–associazioni–di–promozione–sociale.aspx

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È proprio in ambito territoriale locale che si inserisce l’attivi-tà principale delle organizzazioni toscane: circa la metà opera all’interno dei confini del proprio Comune (26,8%) o nella Pro-vincia di riferimento (25,5%), orientando la propria attività alle esigenze e alle richieste del target locale. Una percentuale non trascurabile di enti si esprime invece su un raggio di azione nazionale (12,9%) ed internazionale (9,6%)2.

Fig.5 – Ambito territoriale d’azione degli enti coinvolti, percentuale sul totale

Le Odv e le organizzazioni impegnate nella gestione sono quel-le più orientate verso l’attività internazionale.

2 Fra queste ultime rientrano altri enti quali musei, circoli, fondazioni, associa-zioni, istituti culturali, centri di ricerca, conservatori e teatri: in questo caso, la risposta può essere stata intesa come provenienza degli utenti o visitatori.

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Tab.11 – Ambito territoriale d’azione degli enti coinvolti, per forma giurridica e tipo di attività svolta, percentuale sul totale

Totale Aps OdvAltri enti

Gestione Valorizzazione Entrambe

Zona/ quartiere 0,3 0,0 0,0 2,6 0,0 0,0 0,5

Comunale 26,8 25,6 21,0 47,4 33,3 31,5 24,3

Intercomunale 7,9 10,4 5,0 5,3 14,8 8,2 6,9

Provinciale 25,5 25,6 27,0 21,1 18,5 31,5 24,3

Interprovinciale 1,7 1,8 2,0 0,0 0,0 0,0 2,5

Regionale 15,2 14,6 18,0 10,5 14,8 9,6 17,3

Nazionale 12,9 13,4 15,0 5,3 3,7 12,3 14,4

Internazionale 9,6 8,5 12,0 7,9 14,8 6,8 9,9

Totale complessivo 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

3.2. Le attività culturali svolte: gestione e valorizzazionePer l’analisi delle attività culturali svolte dalle varie organiz-zazioni, è stata adottata, come già ricordato, la classificazione Istat usata per il Censimento del non profit, che ripartisce le atti-vità culturali in 7 tipologie:

1. Gestione di biblioteche, centri di documentazione e ar-chivi;

2. Gestione/sorveglianza di musei, monumenti, siti archeo-logici o paesaggistici;

3. Realizzazione di spettacoli teatrali, musicali, corali, cine-matografici;

4. Realizzazione di visite guidate;5. Organizzazione di esposizioni e/o mostre;6. Organizzazione di corsi tematici;7. Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio cul-

turale (usi, costumi, tradizioni, dialetti).Ai fini della presente ricerca, le prime due voci sono state in-serite nella macroattività relativa alla “gestione” dei beni e le

50

rimanenti in quella della “valorizzazione”. Questi due aggregati sono di seguito analizzati in modo distinto, data la specificità di ognuno di essi.Considerata l’ovvia possibilità che l’organizzazione sia im-pegnata su entrambi i fronti, dall’indagine risulta che tre su quattro (75,8%) di quelle interpellate si occupa di gestione beni culturali e nove su dieci (91,1%) di valorizzazione, nell’ampia accezione che si considera in questo studio.

Fig.6 – Macroattività dalle organizzazioni, valori percentuali, (risposta multipla)

Più in particolare, sono l’8,9% gli enti che operano in via esclu-siva nella gestione e il 24,2% in via esclusiva nella valorizza-zione, mentre ben due enti su tre (66,9%) operano su un campo più vasto che le comprende entrambe: è il caso frequente di chi gestisce un bene immobile comunque destinato alla fruizione culturale (teatri, cinema, musei) e che utilizza tali beni per atti-vità legate alla promozione o all’organizzazione di eventi.Per quanto riguarda la gestione dei musei, dei monumenti e dei siti archeologi – cfr. paragrafo 3.1 a seguire – coinvolge circa un quinto delle orgnizzazioni (20,2%), quella di biblioteche e archivi uno su sei (16,2%) e quella delle rimanenti tipologie di beni a destinazione culturale oltre la metà (61,6%).

51

Per quanto riguarda invece la valorizzazione (ricordando che anche in questo caso l’attività può dipanarsi su diversi ambiti) gli ambiti di intervento, risultano, nell’ordine, la realizzazio-ne di eventi culturali (44,4%), la formazione e organizzazio-ne di corsi tematici (35,4%), l’organizzazione di mostre (27,2%), le attività legate alla cultura, alla storia e alle tradizioni locali (25,8%), per finire con la realizzazione di visite guidate (21,2%).

Fig. 7 – Tipologia delle attività svolte dalle organizzazioni, valori percentuali, (risposta multipla)

16,2

20,2

61,6

44,4

21,2

27,2

35,4

25,8

Gestione di biblioteche, centri di documentazione e archivi

Gestione/ sorveglianza di musei, monumenti, siti archeologici o

paesaggistici

Altre gestioni (teatri, cinema, siti paesaggistici, ville, pala zzi, giardini, spazi

accessori)

Realizzazione di spettacoli teatrali, musicali, corali, cinematogra�ci

Realizzazione di visite guidate

Organizzazione di esposizioni e/o mostre

Organizzazione di corsi tematici

Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio culturale

(usi, costumi, tradizioni, dialetti)

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3.2.1. L’attività di gestioneLa normativa relativa alla gestione dei beni culturali da parte del non profit è stata di recente rinnovata e potenziata non solo con la riforma del Terzo settore ma anche con il Decreto Ministeriale del 6 ottobre 2015, con il quale il Ministero per i Beni Culturali (Mibact) ha introdotto la possibilità di procedere alla “Concessione in uso a privati di beni immobili del demanio cul-turale dello Stato”3.Il Decreto è stato motivato dall’esigenza di migliorare il ser-vizio di apertura, manutenzione e valorizzazione dei beni statali, integrando le risorse della Pubblica Amministrazione, con l’intervento di enti senza scopo di lucro. Il partenariato pubblico–privato infatti dovrebbe consentire la realizzazione degli interventi di conservazione, restauro, studio, che il con-cessionario può finanziare con varie modalità (bigliettazione, erogazioni liberali, crowdfunding, Art Bonus, etc.). Il conferi-mento del bene è chiaramente collegato alla realizzazione di un progetto di gestione dello stesso che ne assicuri la corretta conservazione, nonché l’apertura alla pubblica fruizione e la migliore valorizzazione. In questo nuovo quadro normativo, acquista particolare interesse l’approfondimento proposto da questa indagine relativamente ad alcuni aspetti specifici, come la tipologia di attività svolta, l’origine della proprietà del bene (se pubblica o privata), la durata della concessione.Dall’indagine risulta che la maggioranza dei beni concessi in gestione ad enti operanti nel territorio toscano sono teatri, ci-nema e spazi per lo spettacolo (45%).A seguire musei e collezioni per il 27,5% degli enti, parchi e giardini al 24,9%, e una quota pressoché equivalente di palazzi, ville e complessi espositivi.

3 www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2015/12/18/15A09391/sg;jsessionid=34DJZlolnzlgC8CfGtSEpw.ntc–as3–guri2b

53

Fig. 8 – Tipologia di beni concessi in gestione a enti non profit, valori percentuali (risposta multipla)

Quanto al tipo di proprietà del bene, quelli di proprietà priva-ta sono in numero largamente minoritario rispetto a quelli di proprietà pubblica, questi ultimi compresi tra il 66,1% e il 93,3 %, a seconda della tipologia di immobile. La quota di privato è più elevata nella categoria “palazzi, ville e complessi espositivi”, ma si tratta sempre di poco più di un caso su tre (33,9%).

Tab.12 – Tipologia proprietà di beni concessi in gestione a enti non profit, per forma giuridica, valori percentuali

Totale Aps Odv Altri enti

Biblioteche, centri di documentazione e archivi

Bene privato 20,5 9,1 10,0 50,0

Bene pubblico 79,5 90,9 90,0 50,0

Totale complessivo 100,0 100,0 100,0 100,0

Teatri, cinema e spazi per lo spettacolo

54

Bene privato 18,4 17,9 22,2 11,1

Bene pubblico 81,6 82,1 77,8 88,9

Totale complessivo 100,0 100,0 100,0 100,0

Musei e Collezioni

Bene privato 11,1 6,3 14,3 20,0

Bene pubblico 88,9 93,8 85,7 80,0

Totale complessivo 100,0 100,0 100,0 100,0

Siti archeologici o paesaggistici

Bene privato 10,5 16,7 7,1 0,0

Bene pubblico 89,5 83,3 92,9 100,0

Totale complessivo 100,0 100,0 100,0 100,0

Monumenti e spazi monumentali accessori

Bene privato 6,7 7,1 0,0 16,7

Bene pubblico 93,3 92,9 100,0 83,3

Totale complessivo 100,0 100,0 100,0 100,0

Palazzi, ville e complessi espositivi

Bene privato 33,9 40,0 25,0 30,0

Bene pubblico 66,1 60,0 75,0 70,0

Totale complessivo 100,0 100,0 100,0 100,0

Parchi e giardini (ricompresi osservatori astronomici)

Bene privato 8,8 6,9 15,8 0,0

Bene pubblico 91,2 93,1 84,2 100,0

Totale complessivo 100,0 100,0 100,0 100,0

Quanto alla durata, le concessioni per la gestione del bene sti-pulate con l’ente proprietario hanno in larga maggioranza una scadenza (o prevedono un rinnovo) annuale.Questo vale per tutte le tipologie di immobili, con una percen-tuale che oscilla tra l’83,3% per i monumenti e gli spazi monu-mentali accessori e il 97,7% per le biblioteche, i centri di docu-

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mentazione e gli archivi. Residuali sono pertanto le gestioni pluriennali, mentre più dif-fuse sono quelle inferiori all’anno, nei casi di gestione stagio-nale o saltuaria, tipiche di spazi culturali non permanenti o ad attività periodica.Chi si assume la gestione di un bene ne deve assicurare la cor-retta conservazione, l’apertura al pubblico e la migliore va-lorizzazione4. Dall’analisi delle attività di gestione, si evince come i servizi di base e la gestione amministrativa impegnino molto le organizzazioni, orientandole prevalentemente sull’at-tività ordinaria, comunque essenziale per garantire i servizi al cittadino e all’utente. Tra i servizi di questo tipo rientrano an-che attività mirate come la didattica e la formazione (59,4%) e l’informazione e orientamento (49,3%). Dall’analisi delle attività di gestione, si evince come i servizi di base e la gestione amministrativa impegnino molto le orga-nizzzazioni, orientandole prevalentemente sull’attività ordi-naria, comunque essenziale per garantire i servizi al cittadino e all’utente. Tra i servizi di questo tipo rientrano anche attività mirate come la didattica e la formazione (59,4%) e l’informazio-ne e orientamento (49,3%). Molte attività di gestione dipendono dalla natura e tipologia del bene e dunque coinvolgono una percentuale complessivamen-te non elevata di enti. È esplicativo il caso dei servizi museali e similari (visite guidate, accoglienza, sorveglianza) che interes-sano alcune categorie di beni (musei, monumenti, palazzi, etc.) aperti ai visitatori e per questo non interessano nel complesso che il 31,9% delle organizzazioni. La voce “Altro”, per quanto residuale, testimonia l’eterogeneità

4 Cfr. Avviso pubblico per la concessione in uso di beni immobili statali del-la Direzione Generale Musei del Mibact (pubblicato il 28/10/2016): http://musei.beniculturali.it/bandi/avviso–pubblico–per–la–concessione–in–uso–di–beni–im-mobili–statali

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delle azioni e del lavoro di questi enti che frequentemente si impegnano in attività che di fatto fanno parte della valorizza-zione, quali allestimenti temporanei, laboratori didattici, visite tematiche, eventi teatrali e musicali, attività nel settore turisti-co e nel sociale.

Fig. 10 – Tipologia di attività di gestione svolte all’interno dei beni in concessione a enti non profit, valori percentuali (risposte multiple)

3.2.2 L’attività di valorizzazioneSi è già visto, attraverso la distribuzione delle voci della classi-ficazione Istat delle attività del settore, quanto diverse e varie-gate siano quelle svolte dal mondo non profit nel vasto campo della valorizzazione del patrimonio culturale toscano. Se si ripropone l’elaborazione riferendoci ai soli enti che si oc-cupano di valorizzazione, la percentuale di quelle dedite all’or-ganizzazione di eventi e spettacoli di vario genere e tipo sfiora il 50%.

57

Fig.11 – Attività svolte dalle Organizzazioni nel campo della valorizzazione, percentuale sul totale (risposta multipla)

Segue l’organizzazione di corsi tematici (38,9%) e altre tipologie di attività non dissimili, quali esposizioni e mostre, visite gui-date, attività di restauro, rievocazioni storiche, iniziative di re-cupero delle tradizioni, iniziative artistiche e letterarrie, azioni di rilancio del territorio5.L’analisi delle domande aperte ha poi evidenziato altre voci, quali la promozione storico–paesaggistica del territorio, le commemorazioni e rievocazioni storiche, i concorsi culturali, convegni e conferenze, studi e ricerche approfondite, letture pubbliche, restauro e recupero dei beni culturali, ricerca in campo socio–culturale, presentazioni di libri, le attività legate alle biblioteche e alla gestione degli archivi storici, ecc.Molto rilevanti anche le attività di valorizzazione delle ville, dei parchi e dei giardini storici e in generale dei beni demaniali culturali che, grazie alle organizzazioni non profit, sono ogget-to di percorsi di recupero e valorizzazione6. In generale va poi

5 Il conteggio e la percentuale relativa a tale voce è peraltro frutto di una ve-rifica puntuale delle risposte liberamente fornite dalle associazioni, alcune delle quali eliminate perché non operative nel settore culturale.6 In questa direzione, va ad esempio, il bando del Mibact del 2016 che ha con-

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enfatizzata la centralità della dimensione locale e il ruolo es-senziale che il mondo non profit svolge nel rendere dinamici i sistemi culturali locali, quale elemento portante dalle risposte fornite. Può essere interessante incrociare il dato sull’attività svolta con il tipo di Ente che la esercita: si scopre infatti come l’organizzazione di eventi e spettacoli riguardi prevalentemen-te le Aps (53,7%) rispetto alle Odv, che sono più specializzate nella realizzazione di visite guidate. Nelle altre attività, la dif-ferenza appare invece più sfumata.Rispetto alla frequenza delle diverse attività nell’anno, le visi-te guidate si collocano al primo posto (32,5 in media all’anno), seguite dall’organizzazione di esposizioni ed eventi, che sono correlati soprattutto al periodo o alla durata dell’attività e che dunque hanno una bassa ricaduta statistica.

3.2.3 La Magna Charta del volontariato per i beni culturali: uno strumento da promuovere

Nell’ambito dell’analisi delle attività svolte dagli enti non profit è stata posta una domanda specifica sulla conoscenza della Ma-gna Charta dei Beni Culturali, che intende favorire, attraverso un modello d’azione e linee guida replicabili, il riconoscimen-to, la programmazione e l’organizzazione delle attività del vo-lontariato dei beni culturali ed integrare in modo corretto la sua azione con quelle delle istituzioni statali e locali. La Magna Charta stabilisce, attraverso un documento guida e una con-venzione operativa, alcuni principi di base per avviare un per-corso strutturato di collaborazione tra Musei e Organizzazioni di volontariato7.

sentito di affidare agli Enti non profit la concessione in uso di 13 beni del patri-monio culturale italiano. Ma altresì l’operazione in atto a cura dell’Agenzia del Demanio con bandi quali “Fari”, “Cammini” o “Dimore”.7 Cfr.www.cesvot.it/comunicare–il–volontariato/news–e–comunicati–stampa/la–magna–charta–del–volontariato–dei–beni–culturali–nellaccordo–tra;http://

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Si tratta di uno strumento importante, che orienta tutti gli ope-ratori sui temi della conservazione, prevenzione, manutenzio-ne e valorizzazione del patrimonio culturale, ponedo particola-re attenzione sulle competenze per la gestione e valorizzazione del patrimonio, nonché sul ruolo cruciale della progettazione degli interventi.Il dato positivo è che più di un terzo dei rispondenti (37,1%) di-chiara di conoscere la Magna Charta, a conferma del discreto successo dell’azione di sensibilizzazione e promozione che è stato portato avanti negli anni dagli attori coinvolti con le di-verse organizzazioni. Se il livello di conoscenza dello strumen-to è soddisfacente, la larga maggioranza dei rispondenti non ha mai fatto uso della Convenzione Pilota ad essa associata, che ha il compito di formalizzare la collaborazione tra Istituto culturale e organizzazione di volontariato, mostrare l’impegno assunto dall’organizzazione verso il personale di ruolo e verso i volontari e dare evidenza all’attività per implementare il vo-lontariato attivo nel settore.

Fig. 12 – Livello di conoscenza della Magna Charta dei beni culturali (valori percentuali)

Fig. 13 – (se si) Utilizzo della Convenzione pilota per regolare i rapporti tra l’Ente e il luogo della cultura di riferimento (valori percentuali)

www.regione.toscana.it/–/la–magna–charta–del–volontariato–per–i–beni–cul-turali. La Magna Charta è consultabile online al seguente link: www.promopa.it/images/documenti/magna_charta_nov2012.pdf

60

La percentuale di chi ha fatto uso della convenzione, calcolata sull’intero campione, si attesta sul 6,6%.

3.3. L’organizzazione degli enti e la dotazione del personaleDopo aver definito il posizionamento degli enti del settore ri-spetto ai due assi strategici più rilevanti – quello relativo alla “gestione” del bene culturale e quello relativo alla sua “valo-rizzazione” – si passa ora all’analisi dell’assetto organizzativo, ovvero alla loro articolazione interna, alla loro capacità gestio-nale e “manageriale” e al ruolo dei soci e dei volontari.

3.3.1. La presenza e il ruolo dei soci e dei volontariL’estrema eterogeneità del mondo degli enti del Terzo settore che operano nei beni culturali, già emersa in modo chiaro re-lativamente al tipo di attività svolta, si conferma, e in qualche modo si riflette, anche nella loro dimensione. L’analisi che se-gue analizza la dimensione degli enti sotto tre punti di vista:

1) il numero di soci iscritti, cioè coloro che hanno formal-mente aderito all’organizzazione, a prescindre dal ruolo che vi svolgono,

2) il numero di soci attivi, cioè coloro che fanno formal-mente parte dell’ente e che svolgono attività concreta al suo interno (soci volontari);

3) il numero di volontari in senso ampio, intendendo tutti coloro che svolgono attività di volontariato culturale sen-za essere legati in modo stabile ad un’associazione. Que-sto fenomeno, definito anche del “volontario per un gior-no” è in crescita e denota una tendenza degli individui a voler operare liberamente scegliendo di volta in volta l’associazione di riferimento a secondo degli interesssi e della causa specifica alla quale ci si vuole dedicare.

Come riportato nelle tabelle sottostanti, gli enti vantano in me-dia circa 150 soci iscritti; dal punto di vista delle diverse tipolo-

61

gie di enti, Aps ed Odv, ovvero i due raggruppamenti principali, più o meno si equivalgono in quanto a “soci attivi”, mentre i volontari sono più del doppio nelle Odv (39,6) rispetto alle Aps (16,2). All’opposto, relativamente al comparto di attività, gli enti che si occupano di gestione e quelle che si occupano di valoriz-zazione non si distinguono per numero di volontari, mentre il numero di soci attivi è superiore in caso di valorizzazione (24,5 contro 11,8). Il dato potrebbe essere dovuto al fatto che le attivi-tà di valorizzazione, soprattutto nelle Aps, richiedono compe-tenze specifiche in ambito culturale che sono in capo agli stessi soci. Si tratta spesso di strutture formate da soci giovani che si pongono sul mercato con i loro servizi e competenze e che tro-vano in questa area indefinita tra volontariato e committenza una possibilità di occupazione retribuita.È tuttavia l’analisi per classe dimensionale che più evidenzia gli elementi di disomogeneità del settore. Guardando agli estremi: un terzo degli enti ha meno di 10 soci attivi e un quarto degli enti ne ha più di 25; quanto ai volontari “non soci” , essi risulta-no assenti nelle Aps (dove evidentemente quasi tutti volontari sono anche soci), ma un non trascurabile 7,3% di enti dichiara più di 100 volontari, che non risultano associati ad alcun ente, a conferma della crescita del fenomeno del “volontario per un giorno”, cui si accennava sopra.

Tab. 13 – Numero di soci iscritti, numero di soci e volontari che prestano attivamente la propria attività nell’organizzazione, per forma giuridica e tipologia di attività svolta, percentuale sul totale

Totale Aps OdvAltri enti

Gestione Valorizzazione Entrambe

Numero di soci iscritti

0. nessuno 2,0 1.2 0,0 10,5 11,1 0,0 1,5

1. 1–4 3,6 3,7 0,0 13,2 7,4 2,7 3,5

2. 5–9 9,3 7,9 11,0 10,5 14,8 6,8 9,4

62

3. 10–24 21,5 29,3 16,0 2,6 18,5 26,0 20,3

4. 25–49 19,9 16,5 26,0 18,4 22,2 23,3 18,3

5. 50–99 19,2 17,7 21,0 21,1 22,2 15,1 20,3

6. 100 e oltre 24,5 23,8 26,0 23,7 3,7 26,0 26,7

Totale complessivo

100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Numero medio soci iscritti

151,9 110,2 248,1 76,3 29,6 273,7 124,2

Totale Aps OdvAltri enti

Gestione Valorizzazione Entrambe

Numero di soci che prestano attivamente la propria attività nell’organizzazione

0. nessuno 3,6 1,8 0,0 21,1 14,8 0,0 3,5

1. 1–4 10,9 11,6 9,0 13,2 11,1 15,1 9,4

2. 5–9 21,2 22,6 23,0 10,5 14,8 21,9 21,8

3. 10–24 40,7 41,5 42,0 34,2 44,4 39,7 40,6

4. 25–49 13,9 11,6 18,0 13,2 14,8 9,6 15,3

5. 50–99 5,6 7,3 3,0 5,3 0,0 4,1 6,9

6. 100 e oltre 4,0 3,7 5,0 2,6 0,0 9,6 2,5

Totale complessivo

100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Numero medio soci attivi

25,1 26,7 26,3 15,1 11,8 24,5 27,5

Totale Aps OdvAltri enti

Gestione Valorizza–

zioneEntrambe

Numero di volontari che prestano la propria attività nell’organizzazione

0. nessuno 39,7 53,7 18,0 36,8 29,6 42,5 40,1

1. 1–4 9,9 9,8 7,0 18,4 25,9 9,6 7,9

2. 5–9 8,9 5,5 14,0 10,5 7,4 9,6 8,9

3. 10–24 16,9 18,3 15,0 15,8 11,1 16,4 17,8

63

4. 25–49 11,3 4,3 25,0 5,3 18,5 9,6 10,9

5. 50–99 6,0 2,4 10,0 10,5 3,7 9,6 5,0

6. 100 e oltre 7,3 6,1 11,0 2,6 3,7 2,7 9,4

Totale complessivo

100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Numero medio volontari attivi

23,6 16,2 39,7 13,4 14,6 15,8 27,7

Se si analizza il tempo medio dedicato settimanalmente all’at-tività, si scopre che nel 20% dei casi l’impegno dei soci attivi è sporadico, tanto da non superare le quattro ore settimanali. Se il maggior impegno si colloca nelle due fasce centrali (5–9 ore al 30,8% e 10–18 ore al 17,9%), il restante 19,2% corrisponde alla quota di enti nelle quali tutti i soci attivi sono coinvolti o in un part–time o in un tempo pieno. Questa percentuale:

– sale fino al 29% nelle Odv e scende al 14% nelle Aps;– arriva al 25,9% negli enti dediti esclusivamente alla ge-

stione del bene culturale (trattandosi di attività media-mente più strutturate e continuative nel tempo) e al 20,1% negli enti che si occupano di valorizzazione.

Nel 18,2% dei casi, l’apporto medio settimanale dei volontari è superiore alle nove ore settimanali e nel 10,3% dei casi supe-riore alle 18 ore. Anche per questo indicatore si ripropone la differenziazione fra le Aps e le Odv, con le seconde fisiologi-camente più orientate ad avvalersi dell’operato dei volontari (18,0% contro 4,9% quelle i cui volontari prestano in media 18 ore ed oltre), così come accade fra gli enti dediti alla sola gestio-ne rispetto a quelli dediti alla sola valorizzazione (14,8 contro 5,5% relativamente allo stesso dato).

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Tab. 14 – Ore settimanali di lavoro prestate in media dai soci e dai volontari, per qualifica giuridica e tipologia di attività svolta, percentuale sul totale

Ore settimanali prestate in media dai soci

Totale Aps OdvAltri enti

Gestione Valorizzazione Entrambe

0. meno di un’ora 11,6 9,8 12,0 18,4 3,7 19,2 9,9

1. 1–2 11,3 13,4 9,0 7,9 3,7 13,7 11,4

2. 3–4 5,6 2,4 12,0 2,6 3,7 4,1 6,4

2. 5–9 30,8 39,0 23,0 15,8 29,6 30,1 31,2

3. 10–18 17,9 19,5 15,0 18,4 18,5 12,3 19,8

5. 19–36 7,9 6,7 12,0 2,6 7,4 9,6 7,4

6. 36 e oltre 11,3 7,3 17,0 13,2 18,5 11,0 10,4

Non hanno soci attivi

3,6 1,8 0,0 21,1 14,8 0,0 3,5

Totale complessivo 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Ore settimanali prestate in media dai volontari

Totale APS ODVAltri enti

Gestione Valorizzazione Entrambe

0. meno di un’ora 17,9 14,6 22,0 21,1 18,5 20,5 16,8

1. 1–2 8,3 6,7 11,0 7,9 3,7 11,0 7,9

2. 3–4 3,0 2,4 5,0 0,0 7,4 2,7 2,5

2. 5–9 12,9 9,8 17,0 15,8 11,1 13,7 12,9

3. 10–18 7,9 7,9 9,0 5,3 14,8 4,1 8,4

5. 19–36 3,6 1,2 8,0 2,6 3,7 2,7 4,0

6. 36 e oltre 6,6 3,7 10,0 10,5 11,1 2,7 7,4

Non hanno volon-tari attivi

39,7 53,7 18,0 36,8 29,6 42,5 40,1

Totale complessivo 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

65

3.3.2. La presenza e il ruolo dei dipendenti e dei collaboratori L’impegno dei soci all’interno delle organizzazioni, conferma-to dai dati sulle ore di lavoro settimanali dedicate alla propria organizzazione trova un riscontro nei dati sul personale con-trattualizzato, ovvero dipendenti e collaboratori. L’analisi è in questo caso condizionata, e semplificata, dal fatto che la grande maggioranza delle organizzazione intervistate ha dichiarato di non averne, e questo sia per i dipendenti a tempo indetermina-to (86,1%) o determinato (93,4%) sia per i collaboratori a termi-ne o occasionali (83,1%). Circa il 12% degli intervistati dichiara di avere da 0 a 9 dipendenti a tempo indeterminato e appena l’1% circa supera i 10 dipendenti. Ancora più bassa la percen-tuale dei dipendenti a tempo determinato, che riguarda solo il 6,6% degli enti, mentre più frequente il ricorso ai collaboratori, che avviene nel 17% dei casi.

Tab. 15 – Presenza di dipendenti e collaboratori all’interno delle organizzazioni, per qualifica giuridica e tipologia di attività svolta, percentuale sul totale

Totale Aps OdvAltri enti

Gestione Valorizzazione Entrambe

Dipendenti a tempo indeterminato

0. nessuno 86,1 90,2 89,0 60,5 70,4 89,0 87,1

1. 1 4,0 3,7 2,0 10,5 7,4 4,1 3,5

2. 2 2,6 0,0 4,0 10,5 7,4 2,7 2,0

3. 3 2,0 2,4 1,0 2,6 3,7 1,4 2,0

4. 4–5 2,0 0,0 2,0 10,5 0,0 0,0 3,0

5. 6–9 1,3 1,8 1,0 0,0 7,4 1,4 0,5

6. 10 e oltre 2,0 1,8 1,0 5,3 3,7 1,4 2,0

Totale complessivo

100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Totale Aps OdvAltri enti

Gestione Valorizzazione Entrambe

66

Dipendenti a tempo determinato

0. nessuno 93,4 95,7 95,0 78,9 88,9 94,5 93,6

1. 1 2,3 1,2 3,0 5,3 3,7 1,4 2,5

2. 2 1,7 0,6 1,0 7,9 0,0 1,4 2,0

3. 3 1,3 0,6 1,0 5,3 3,7 1,4 1,0

5. 6–9 0,3 0,6 0,0 0,0 3,7 0,0 0,0

6. 10 e oltre 1,0 1,2 0,0 2,6 0,0 1,4 1,0

Totale complessivo

100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Totale Aps OdvAltri enti

Gestione Valorizzazione Entrambe

Collaboratori

0. nessuno 83,1 85,4 88,0 60,5 81,5 93,2 79,7

1. 1 3,3 2,4 2,0 10,5 7,4 1,4 3,5

2. 2 4,0 1,8 6,0 7,9 0,0 2,7 5,0

3. 3 2,6 2,4 2,0 5,3 3,7 2,7 2,5

4. 4–5 3,0 3,0 2,0 5,3 3,7 0,0 4,0

5. 6–9 1,7 2,4 0,0 2,6 0,0 0,0 2,5

6. 10 e oltre 2,3 2,4 0,0 7,9 3,7 0,0 3,0

Totale complessivo

100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

La segmentazione dei dati tra le diverse tipologie di organizza-zioni evidenzia un modello organizzativo piuttosto simile tra Aps e Odv e una differenza piuttosto marcata nel caso delle al-tre organizzazioni (Fondazioni, Pro Loco, Consorzi). In queste ultime, la presenza in organico sia di personale dipendente a tempo indeterminato che di collaboratori arriva al 39,5%, men-tre quello a tempo determinato si ferma al 21%. Si è, dunque, in questo caso, in presenza di strutture organizzate in modo simile alle imprese profit.

67

Qualche differenza emerge anche relativamente al tipo di atti-vità. Gli enti che operano nel campo della gestione conferma-no un maggior bisogno di personale stabile retribuito e, non a caso, il 18,5% di quelle che vi si dedicano in via esclusiva ha da 1 a 3 dipendenti a tempo indeterminato e un altro 11% ha oltre 6 dipendenti. Gli enti che svolgono solo attività di valorizzazione operano, invece, sulla base di progetti specifici e si appoggiano soprattutto a collaboratori occasionali, che tuttavia riguardano meno del 10% degli intervistati.

3.3.3. Il ruolo dei volontari del servizio civileIl Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo ha accreditato oltre 300 strutture tra le quali musei, biblioteche, archivi come sedi di svolgimento del Servizio Civile Nazionale, che, come noto, è stato istituito con la legge 64 del 2001 e offre un’opportunità di crescita, personale e professionale, attraver-so l’impegno attivo nei settori sociali, dell’ambiente, della cul-tura e dell’educazione per i giovani di età compresa tra i 18 e 28 anni8. In base a questa legge, il 27 novembre 2014 è stato firmato tra il Mibact, il Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Mi-nistero del Lavoro e delle Politiche Sociali un Accordo di pro-gramma  per la realizzazione di progetti di servizio civile na-zionale per l’impiego di 2.000 volontari per lo svolgimento di attività di supporto alla tutela, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale di musei, archivi e biblioteche.La Toscana si avvale quindi per il 2017 di 65 giovani da im-piegare nei suoi enti culturali come volontari. Ad usufruire del servizio sono le biblioteche nazionali e statali, gli archivi

8 Cfr. www.servizsiocivile.gov.it

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di stato, musei e gallerie, giardini e ville, che possono disporre in questo modo di personale competente e della possibilità di garantire servizi. Al di là di questa legge di rilievo nazionale, i volontari del ser-vizio civile sono impegnati da ormai molti anni a livello locale in attività legate alla gestione e valorizzazione dei beni cultu-rali, tanto da rappresentare una risorsa molto importante, sia per l’impatto organizzativo, poiché spesso i volontari consen-tono di risolvere le carenze di organico presenti nelle strutture culturali, sia per le competenze che si generano grazie a questa esperienza formativa, di elevata qualità, poiché questi giovani sono spesso chiamati a gestire progetti complessi e innovativi.Fra le organizzazioni intervistate sono ancora poche (13,6%) quelle che dichiarano di impiegare volontari del servizio civile. Il fenomeno è tuttavia in crescita, soprattutto per la voce “Altri enti”, per un 34% complessivo), ma comincia ad essere rilevan-te anche nelle Odv (17%).

Tab. 16 – Presenza di volontari del servizio civile nell’ultimo triennio, per qualifica giuridica e tipologia di attività svolta, percentuale sul totale

Totale Aps OdvAltri enti

Gestione Valorizzazione Entrambe

Si 13,6 6,7 17,0 34,2 14,8 11,0 14,4

No 86,4 93,3 83,0 65,8 85,2 89,0 85,6

Totale complessivo

100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

3.4. Formazione e competenze sui beni culturaliFra gli obiettivi dell’indagine rientra anche quello di verificare i fabbisogni di professionalità e di formazione specifici nel set-tore della gestione e valorizzazione dei beni culturali, con tre finalità specifiche:

– mettere a fuoco i fabbisogni effettivi delle organizzazioni

69

non profit;– comprendere quali set di competenze sono necessari ad

attuare interventi di gestione e valorizzazione, in un’ot-tica di sostenibilità economica, marketing territoriale e fruizione;

– individuare linee guida operative ed ipotesi di azione a sostegno della qualificazione del mondo del non profit che opera nel settore.

3.4.1. Competenze e professionalità per la gestione delle attività culturali

Il tema cruciale delle competenze e delle professionalità neces-sarie alla gestione e valorizzazione dei beni culturali nelle or-ganizzazioni non profit, punto notale già nella Magna Charta, è stato analizzato da un doppio punto di vista. In primo luogo, ai referenti contattati è stato chiesto di valutare la presenza all’interno delle proprie organizzazioni di professionalità con qualifiche specifiche in ambito culturale; successivamente sono state indagate in modo approfondito le diverse tipologie di competenze, valutando i livelli di adeguatezza degli enti e i fabbisogni specifici.Professionalità con qualifiche specifiche attinenti al settore culturale (es. storici d’arte, guide turistiche, etc.) sono presenti, secondo i risultati dell’indagine, nel 60% delle organizzazioni. Ciò avviene in misura più frequente nelle Odv (66,0%) rispetto alle Aps ed ad altri enti (entrambi intorno al 57%), così come in quelle che operano nella gestione (59,3%) rispetto a quelle che si occupano di valorizzazione (45,2%).

70

Tab. 17 – Presenza di professionalità di particolare qualifica (es. storici d’arte, guide turistiche etc.), per qualifica giuridica e tipologia di attività svolta, percentuale sul totale (risposta multipla)

Totale Aps OdvAltri enti

Gestione Valorizzazione Entrambe

Si, fra i volontari e soci attivi

56,3 55,5 63,0 42,1 40,7 43,8 62,9

Si, fra i dipendenti o altri retribuiti

7,9 7,9 4,0 18,4 18,5 2,7 8,4

Totale si 60,3 57,3 66,0 57,9 59,3 45,2 65,8

No 39,7 42,7 34,0 42,1 40,7 54,8 34,2

Totale complessivo 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Focalizzandoci sulle competenze, sono stati analizzati e quindi messi a confronto due elementi complementari:

– il livello di strategicità delle diverse tipologie di compe-tenze, ovvero quanto le singole competenze sono ritenu-te rilevanti per i soggetti coinvolti;

– il livello di adeguatezza delle diverse tipologie di compe-tenze, ovvero quanto i soggetti coinvolti ritengono ade-guata l’organizzazione rispetto a tali competenze.

Sulle competenze, le organizzazioni interpellate sono state chiamate a dare un giudizio in una scala di valutazione da 1 (per niente strategiche) a 5 (completamente strategiche). Tale valutazione è stata poi riportata su una scala di punteggi da 0–10 in modo da calcolare un indice sintetico che, come me-dia delle indicazioni raccolte, potesse esprimere un “voto” com-plessivo.Partendo dai livelli di strategicità, le competenze giudicate più rilevanti sono state nell’ordine: la conoscenza dei territori e delle dinamiche locali (8,9), le capacità organizzative interne (8,6) e le competenze in materia di comunicazione (8,3). Molto

71

rilevanti anche le competenze tecniche in materia di beni cul-turali (8,2), le capacità di project management (8,0), le conoscen-ze giuridico–normative (7,7). Si nota negli enti coinvolti una grande consapevolezza circa la necessità di rafforzare skills (competenze) fino ad oggi poco presenti nel mondo del non pro-fit ma che sono destinate a diventare sempre più rilevanti per la gestione dei beni culturali. Colpisce, in particolare, il dato sulle conoscenze territoriali, che rinvia alla necessità per que-ste organizzazioni di consolidare il legame con i territori, quale elemento essenziale per una loro corretta valorizzazione.Sono considerate meno rilevanti la capacità di progettazione europea (6,6) e l’utilizzo delle tecnologie (6,0) probabilmente perché ritenute più lontane dalle modalità di operare di queste realtà e meno connesse alle esigenze quotidiane.

Fig. 14 – Livello di strategicità delle competenze in materia culturale, indice di sintesi scala 0–10

Rispetto alle tre aree tematiche evidenziate come le più stra-tegiche (territorio, organizzazione e comunicazione), gli inter-

72

vistati ritengono di avere una buona preparazione, poiché le valutazioni riguardo all’adeguatezza di tali competenze riman-gono molto alte (superiori ad 8), mentre le difficoltà maggiori sono evidenziate rispetto ai temi della progettazione europea (4,2) in ambito culturale e rispetto all’uso delle tecnologie (5,5) che, come visto, sono tuttavia riconosciute come relativamente meno strategiche.Timidamente “sufficienti” anche le valutazioni di adeguatezza sulle tematiche economico–manageriali (6,2), che invece sono destinate a diventare sempre più importati per la gestione del non profit, soprattutto nel caso di gestione di beni culturali complessi, dove l’efficienza e l’efficacia del management è sem-pre più rilevante.

Fig.15 – Livello di adeguatezza delle competenze in materia culturale, indice di sintesi scala 0–10

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Il confronto tra livello percepito di strategicità ed adeguatez-za è realizzato utilizzando un indicatore ad hoc che va sotto il nome di “efficiency gap” e che restituisce (in termini percentua-li) per ciascun “item”, una misura della distanza (gap) da colma-re per ottenere l’ottimo, combinando efficacemente le compe-tenze che gli enti ritengono importante possedere e quelle che effettivamente si possiedono all’interno delle organizzazioni. Nello specifico, il valore dell’indice è restituito dalla formula:

Efficiency gap = (10–adeguatezza) x strategicitàMaggiore è la percentuale restituita dall’efficiency gap, maggio-re è la distanza tra obiettivo atteso e realtà effettiva e dunque maggiore è la necessità di intervenire per superare le criticità esistenti.Questa analisi, pesando l’adeguatezza con la strategicità dei di-versi fattori, consente di evidenziare i punti di forza e di de-bolezza dei soggetti coinvolti, rispetto alla necessità di dotarsi di un patrimonio di conoscenze, metodologie, competenze che sono oggi indispensabili per una efficace gestione e valorizza-zione dei beni culturali.Ritenute le meno strategiche, probabilmente in quanto prati-camente assenti nella dotazione delle professionalità interne, sono le competenze relative alla progettazione europea, ad evi-denziare la lacuna più ampia. Questa è oggi indispensabile da colmare per poter accedere a finanziamenti aggiuntivi e anche per essere inseriti in reti internazionali di co–progettazione e delle tecnologie applicate ai beni culturali, dove servono inve-stimenti rilevanti che non possono essere realizzati autonoma-mente da questa tipologia di organizzazioni.Altri ambiti sui quali sono evidenziate carenze importanti sono, nell’ordine, le competenze manageriali ed economiche (27,0%), le competenze tecniche sul settore (23,7%), quelle pro-gettuali (23,4%) e quelle giuridiche (23,1%) fino a quelle di co-municazione (22,7%). La conoscenza dei territori e la capacità

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organizzative sono entrambe al di sotto del 20%.

Fig.16 – Efficiency gap (10–adeguatezza)*strategicità, scala 0–100

In sintesi, le organizzazioni si presentano ben strutturate dal punto di vista della conoscenza dei territori, della capacità or-ganizzativa e anche sul fronte della comunicazione. Lavoran-do spesso nella dimensione locale, sono riuscite nel tempo a creare reti relazionali, a supportare le esperienze esistenti, a lavorare sull’attuazione dei progetti, promuovendo la collabo-razione tra istituzioni e questo è senza dubbio un patrimonio da valorizzare e salvaguardare.D’altra parte, vi è la consapevolezza della necessità di dotarsi di strumenti più adeguati ad affrontare le complessità che il set-tore culturale richiede: è infatti indubbio che l’integrazione di competenze diverse sia un elemento strategico per la gestione evoluta dei beni culturali, che richiederà sempre di più figure professionali multidisciplinari, in grado di unire tre tipologie di competenze: quelle tecnico–professionali, burocratico–ammi-nistrative e comunicative–relazionali.

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Il concetto di “filiera dei beni culturali” richiama proprio alla necessità di una gestione con competenze multiple anche da parte delle organizzazioni oggetto dell’indagine.Non a caso gli stessi Cesvot e Promo PA Fondazione, attraver-so la Magna Charta, promuovono un percorso per il riconosci-mento delle competenze di chi opera nel mondo del non profit per i beni culturali, in modo che le competenze dei volontari siano il punto di partenza per una migliore ripartizione delle funzioni e dei ruoli e per la valorizzazione effettiva del grande contributo che viene fornito dagli enti9.

3.4.2. Percorsi formativi Strettamente collegato alle competenze è lo strumento della formazione. Su questo aspetto, attraverso l’indagine, si è cerca-to di comprendere come si svolga l’inserimento del volontario all’interno dell’organizzazione e secondo quali percorsi forma-tivi.Poco più della metà (51,7%) degli enti contattati, prevede un percorso di inserimento al primo ingresso. Tale percentuale si compone di un 7,6% che contempla un percorso strutturato e organizzato, un 25,5% che prevede un corso di formazione e un 24,2% che prevede un affiancamento (iniziative che in piccola misura sono risultate coesistere).La percentuale di chi prevede un percorso di inserimento sale nel caso delle Odv (61,0% contro 43,3 delle Aps e 50,0 delle “al-tre tipologie” di enti).

9 Cfr. Magna Charta del volontariato per i beni culturali.

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Fig.17 – Presenza di un percorso di inserimento/ guida al volontario al primo ingresso, valori percentuali (risposta multipla)?

Non molto diversi i risultati per quanto concerne la formazio-ne continua: una maggiore diffusione di iniziative di forma-zione continua si riscontra nelle Odv (62,0%) rispetto alle Aps (39,0%) e nell’ambito della gestione dei beni (44,4%) piuttosto che in quello della valorizzazione (37,0%).Nei casi in cui è erogata, la formazione è organizzata all’inter-no dell’ente in poco più di un terzo dei casi (36,3%) ed è invece affidata all’esterno in una percentuale di poco inferiore (32,9%).

Fig. 18 – Possibilità per i volontari e i soci attivi di usufruire di percorsi di formazione continua in materia di gestione dei beni culturali, valori percentuali

Quella che si delinea è dunque la fotografia di una realtà an-cora poco strutturata sui temi della formazione, nella quale la qualificazione del personale è affidata all’iniziativa personale del singolo e non ad un sistema organico ed organizzato, volto a trasferire le competenze di filiera di cui si è parlato nel capi-tolo precedente.

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3.5. La struttura finanziaria: ricavi e costiIl finanziamento delle aziende non profit è, come noto, un ele-mento fondamentale per la gestione di queste organizzazioni, tanto più se operano nel settore dei beni culturali. Se si analiz-zano le voci di entrata, occorre innanzitutto fare una distinzio-ne fra i ricavi derivanti dall’erogazione dei servizi culturali e le donazioni e quote associative o contributive.Come emerge dai risultati dell’indagine, il ricorso all’autofi-nanziamento rimane il tratto distintivo di questa tipologia di organizzazioni che, nel 78% dei casi, riconosce nei contributi dei soci e nelle quote associative una delle principali fonti di entrata. Continua ad essere rilevante anche il ruolo del pubblico, che viene incluso fra le principali risorse dalla metà esatta degli intervistati. Si tratta di risorse nazionali, regionali o comunali che, come noto, sono destinate a decrescere e che dipendono dalle disponibilità frammentate e discontinue dei bilanci pub-blici, spesso al di fuori di vere e proprie valutazioni di efficacia e di efficienza. In questo aggregato, così come nella voce “fi-nanziamento progetti”, che da solo vale il 20,5%, vi è ricom-preso anche il corrispettivo di convenzioni con il committente pubblico per l’erogazione di servizi di carattere socio–culturale di vario genere. Fra i “progetti” rientrano inoltre quelli sovven-zionati a seguito di bandi e come tali da ricomprendere nella sfera delle risorse pubbliche. A fianco di queste forme di ricavo più tradizionali, vi sono quelle derivanti dalle attività di promo–commercializzazione, un insieme che comprende, ad esempio, i ricavi derivanti dal-la bigliettazione e gli altri diversi introiti derivanti dai servizi erogati ma anche dai servizi culturali e dalle attività di promo-zione, particolarmente rilevanti per le imprese sociali, le coo-perative, etc. In questo caso, si genera una stretta corrispon-denza tra i ricavi derivanti dai servizi erogati e la copertura

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dei costi che si sono affrontati per erogare tali servizi, per cui occorre che l’ente si organizzi per un utilizzo economico delle risorse nell’ottica di soddisfare al meglio gli utenti (visitatori, turisti, cittadini, etc.). Nell’insieme, le attività di commercializzazione risultano fra quelle più rilevanti di entrata, con una o più delle sue compo-nenti (le prime tre del grafico sotto riportato), nel significativo 30,5% dei casi.

Fig.19 – Fonti di entrata/ricavo prevalenti (indicativamente superiori al 10 per cento) dell’Ente nell’ultimo triennio, valori percentuali, risposta multipla

Una attenzione particolare deve essere dedicata al ruolo dei privati nel finanziamento del non profit culturale, segnalato come fonte di entrata rilevante da un quinto degli intervistati (22,2%). Iniziative di soggetti profit che vogliono finanziare o diventare partner attivi di iniziative culturali non profit sono sempre più numerose e rappresentano una grande innovazio-ne nel settore, per due ordini di ragioni:

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– in primo luogo, perché il capitale di rischio di un priva-to impone maggiore attenzione e capacità di gestione (da parte di chi lo riceve) rispetto a quello pubblico;

– in secondo luogo, perché il non profit spesso difetta di capitali da investire in progetti culturali innovativi e può farlo solo con il contributo del mondo privato.

Questa voce di ricavo sta assumendo una consistenza signi-ficativa, anche per il frequente ricorso da parte degli enti a strumenti innovativi per attrarre risorse, come, ad esempio, il crowdfunding, oppure la creazione di sistemi di sostegno alle startup creative e culturali, che dal punto di vista giuridico pos-sono assumere comunque la connotazione di non profit o di strutture miste profit e non profit. Anche dal punto di vista degli strumenti di incentivazione fi-scali e finanziari qualcosa si sta muovendo in Italia, a partire dall’introduzione del cosiddetto Art Bonus (decreto–legge  31 maggio 2014, n. 83, convertito con modificazioni nella legge 29 luglio 2014, n. 106.), dove i privati sono stati motivati ad inve-stire in progetti culturali anche di organizzazioni non profit, a fronte di una significativa detassazione.Nella consueta analisi sulla differenziazione del dato rispetto al tipo ed alla sfera di attività dell’ente, si evidenzia una mag-gior vocazione delle Aps e delle organizzazioni della gestione verso il finanziamento tramite gli introiti derivanti dai servizi; di contro Odv e enti della valorizzazione per i contributi dei soci. Le associazioni di promozione sociale e quelle dell’ambito della valorizzazione sono, invece, insieme, le più capaci di at-trarre risorse private quali finanziamenti di progetti.

80

Tab.18 – Fonti di entrata/ricavo prevalenti (indicativamente superiori al 10 per cento) dell’Ente nell’ultimo triennio, per qualifica giuridica e tipologia di attività svolta, valori percentuali (risposta multipla)

Totale Aps OdvAltri enti

GestioneValoriz-zazione

Entrambe

Ricavi derivanti dai biglietti e dagli accessi

15,9 17,1 10,0 26,3 25,9 6,8 17,8

Ricavi derivanti dai servizi erogati

17,5 20,1 11,0 23,7 14,8 9,6 20,8

Ricavi derivanti da attività di promozione e valorizzazione del bene

6,3 4,9 7,0 10,5 3,7 4,1 7,4

Ricavi da altre attività 7,6 5,5 5,0 23,7 7,4 5,5 8,4

Finanziamenti/contri-buti pubblici

50,0 46,3 54,0 55,3 51,9 43,8 52,0

Finanziamenti/contri-buti privati, compresi sponsor

22,2 23,2 18,0 28,9 18,5 28,8 20,3

Autofinanziamento (contributo soci)

75,8 75,0 83,0 60,5 63,0 80,8 75,7

Donazioni di cittadini e imprese, lasciti, offerte

23,8 17,7 30,0 34,2 25,9 19,2 25,2

Finanziamento progetti 20,5 22,0 17,0 23,7 11,1 20,5 21,8

Altre fonti di entrata 1,0 0,0 2,0 2,6 0,0 0,0 1,5

Passando alla voce dei costi, le fonti di uscita che più incidono sui bilanci risultano invece essere soprattutto quelle relative alle spese fisse di gestione (in primis l’affitto della sede), segna-late dal 70% dei rispondenti e, a seguire, quelle relative agli acquisti, di beni come di servizi, necessari per lo svolgimento dell’attività (61,6%).Il 26% degli enti segnala la voce relativa ai rimborsi spese per i volontari e soltanto il 14% le spese per il personale dipendente: questo, se da un lato conferma costi per il personale piuttosto limitati, dall’altro evidenzia che queste organizzazioni fanno

81

tutt’ora fatica a generare nuova occupazione.

Fig. 19 – Fonti di entrata/ricavo prevalenti (indicativamente superiori al 10 per cento) dell’Ente nell’ultimo triennio, valori percentuali (risposta multipla)

3.6 La rete degli stakeholder: partner, committenti e finanziatori

L’analisi della rete dei partner e degli stakeholder che ruota at-torno all’attività del non profit toscano operante nel settore dei beni culturali offre indicazioni interessanti sulla capacità di tali enti di costruire reti relazionali stabili coinvolgendo anche tipologie di soggetti non consueti.Gli enti pubblici restano gli intervistati principali delle orga-nizzazioni e, in particolare, i Comuni sono indicati come tali da quasi i tre quarti degli interlocutori, seguiti dalle Regioni, le Province e Città Metropolitane. La centralità della dimensione locale è confermata dalla relazione privilegiata con i proprie-tari dei beni culturali gestiti e dalla “dipendenza” economico–finanziaria che rende questo mondo ancora fortemente legato

82

all’interlocutore pubblico.La seconda categoria di stakeholder (28,5% delle organizzazioni) comprende le università, i centri di ricerca e le scuole, soggetti tipicamente destinatari dei servizi erogati ma, sempre di più, anche partner per lo sviluppo di progetti culturali avanzati. Ancora piuttosto bassa (appena il 14%) la percentuale di colo-ro che hanno nelle imprese private un partner/finanziatore, a conferma del grande lavoro di “sinergia” che deve essere anco-ra compiuto per rendere meno distanti questi due mondi, la cui interazione sta diventando sempre più strategica in prospetti-va futura.Continuano a mantenere un proprio ruolo, come fonte di fi-nanziamento, le banche (11,3%) e le fondazioni bancarie (14,2%) soggetti, quest’ultimi che gestiscono budget assai rilevanti e spesso in prima fila nel sostegno allo sviluppo culturale. Im-portanti per un buon 10%, anche le istituzioni ecclesiastiche, molte delle quali quotidianamente interagiscono con le altre organizzazioni, seppur ancora in modo frammentato e al di fuori di relazioni organizzate e strutturate.

83

Fig. 20 – I principali stakeholder e committenti/ finanziatori con i quali si interfacciano le Organizzazioni nella gestione delle attività culturali, valori percentuali (risposta multipla)

3.7. Le modalità di acquisizione dei progettiL’analisi delle modalità attraverso le quali le organizzazioni non profit acquisiscono incarichi conferma la centralità della relazione con i soggetti pubblici: per il 50% dei intervistati la Convenzione con il pubblico è il principale strumento per l’ac-quisizione degli incarichi, mentre il 29% segnala le gare pubbli-che, il 15,6% gli accordi con soggetti privati e soltanto l’8,3% la partecipazione a bandi di enti o istituzioni private.

84

Fig. 21 – Modalità di acquisizione nell’ultimo triennio degli incarichi per lo svolgimento di attività relative al settore cultura e beni culturali, valori percentuali (risposta multipla)

Non esistono differenze rilevanti tra le diverse tipologie di ente e di attività svolta, anche se nel caso della gestione del bene culturale la convenzione è uno strumento molto più utilizzato che non per la valorizzazione.Situazione opposta nel caso degli accordi con i privati, che ri-sultano inesistenti nel caso di sola gestione e invece piuttosto diffusi nel caso delle organizzazioni che operano esclusiva-mente nel campo della valorizzazione.

Tab. 19 – Modalità di acquisizione nell’ultimo triennio degli incarichi per lo svolgimento di attività relative al settore cultura e beni culturali, per qualifica giuridica e tipologia di attività svolta, valori percentuali (risposta multipla)

Totale Aps OdvAltri enti

Gestione Valorizzazione Entrambe

Attraverso la parte-cipazione a bandi e gare pubbliche

29,1 32,3 24,0 28,9 29,6 24,7 30,7

85

Attraverso la parte-cipazione a bandi e gare privati (Fonda-zioni, Centri Servizi, Concorsi di idee, Istituzioni Culturali private, ecc.)

8,3 11,0 5,0 5,3 3,7 5,5 9,9

Attraverso accordi/ convenzioni con soggetti pubblici

49,7 54,3 41,0 52,6 55,6 35,6 54,0

Attraverso accordi/ convenzioni con soggetti privati e/o istituzioni religiose

15,6 15,9 13,0 21,1 0,0 13,7 18,3

Altre modalità 1,7 1,2 3,0 0,0 0,0 4,1 1,0

Nel caso specifico di Convenzione, essa nasce prevalentemen-te su iniziativa dell’Ente pubblico (nel 64% dei casi), e, nei casi restanti, come risultato di un’azione condivisa tra questa e il soggetto pubblico.La propensione a lavorare in partenariato tra enti risulta es-sere ancora piuttosto limitata e riguarda soltanto il 17,5% delle organizzazioni per quanto concerne le reti con enti similari e solo il 3% delle organizzazioni per quanto riguarda le reti con i soggetti privati.

Tab. 20 – Modalità di acquisizione degli incarichi rispetto alla capacità di fare rete tra soggetti, per qualifica giuridica e tipologia di attività svolta, valori percentuali (risposta multipla)

Totale Aps OdvAltri enti

Gestione Valorizzazione Entrambe

Come Ente singolo 91,1 89,6 89,6 93,0 92,1 89,6 96,3

In rete con altre orga-nizzazioni non profit

17,5 20,1 20,1 11,0 23,7 20,1 7,4

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In rete con i soggetti privati

3,3 4,9 1,0 2,6 3,7 6,8 2,0

Si tratta di un tema chiave per lo sviluppo delle organizzazioni non profit nel settore dei beni culturali: poiché le convenzioni con gli enti pubblici sono uno strumento destinato a ridimen-sionarsi per la riduzione delle risorse pubbliche ma anche per le diverse modalità di affidamento dei progetti culturali (che prevedono il ricorso a procedure di gara aperte), il non profit culturale dovrà sempre di più “cercare alleanze strategiche in grado di apportare risorse e competenze nuove.La gestione e la valorizzazione dei beni culturali, d’altra parte, necessiterà di strutture organizzative qualificate e competenze multidisciplinari che si possono acquisire solo attraverso la co-struzione di reti e partenariati consolidati, con cui affrontare anche gare sempre più complesse e articolate.

3.8. La propensione all’innovazioneLa sfida dell’innovazione ha caratterizzazioni e facce diver-se per il mondo del non profit e per quello dei beni culturali. L’innovazione è, come noto, uno strumento indispensabile per promuovere la conoscenza, la fruizione e la tutela del patrimo-nio culturale italiano ed è un potente alleato sia per rendere più accessibili i luoghi della cultura a tutti i cittadini, sia per tu-telare in modo più efficace il patrimonio culturale italiano. Ov-viamente, quando si parla di innovazione, il riferimento non è solo all’innovazione tecnologica, che rimane fondamentale, ma anche a quella organizzativa e gestionale, finalizzata a rin-novare le relazioni tra soggetti, ad implementare lo sviluppo di reti collaborative, ad individuare nuovi approcci organizzativi. Ed è in questo ambito che il mondo del non profit può dare un contributo importante, pur scontrandosi con difficoltà enormi dovute alla carenza di risorse economiche ed umane, che spes-

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so impediscono alle organizzazioni di “uscire dalla quotidiani-tà” per sviluppare progetti a valore aggiunto.L’analisi conferma la complessità del tema: interrogate sulle ti-pologie di progetti di tipo innovativo portati a termine nel corso dell’ultimo triennio, la maggior parte degli enti (58,3%) segna-la che le proprie energie progettuali sono investite nell’ambito della didattica, sia per bambini che per adulti. Segue un nume-ro rilevante di progetti dedicati alla partecipazione culturale ed alla cittadinanza attiva (36,1%) o che riguardano il dialogo cul-turale ed interculturale (26,2%). Molto meno diffuse sono altre tipologie di progetti, come quelli relativi alle nuove tecnologie digitali, all’accessibilità, alle smart cities o all’efficientamento energetico.Analizzando nel dettaglio i dati, si nota come le Aps siano più coinvolte in iniziative riguardanti la didattica, l’accessibilità e il dialogo culturale, mentre le altre tipologie di enti enfatizzano in misura maggiore il proprio coinvolgimento sulle tematiche dell’efficientamento, della partecipazione e della cittadinanza attiva, dell’accessibilità.Leggendo la propensione all’innovazione in base al binomio gestione/valorizzazione, si nota come le organizzazioni che si occupano di gestione siano più propense allo sviluppo di pro-getti innovativi. Sui temi, ad esempio, della Cultura 4.0, cioè dell’applicazione delle nuove tecnologie ai beni culturali, han-no svolto progetti l’11% delle organizzazioni dedite alla gestio-ne dei beni, contro il 2,7% di quelle che invece si occupano solo di valorizzazione. Similarmente, hanno progetti innovativi sull’accessibilità il 18,5% degli enti che gestiscono i beni cultu-rali, a fronte di un 6,8% delle organizzazioni impegnate solo nella valorizzazione.

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Tab. 21 – Progetti innovativi svolti nell’ultimo triennio in materia di valorizzazione, per forma giuridica e tipo di attività, valori percentuali (risposta mutlipla)

Totale Aps OdvAltri enti

GestioneValorizza-

zioneEntrambe

Progetti di partecipazio-ne culturale e cittadinan-za attiva

36,1 35,4 35,0 42,1 37,0 31,5 37,6

Progetti didattici per bambini e adulti

58,3 62,8 54,0 50,0 44,4 54,8 61,4

Progetti sull’impiego delle nuove tecnologie di industria 4.0 (digitaliz-zazione, comunicazione digitale, internet of things cloud computing, big data, ecc..)

4,6 4,3 4,0 7,9 11,1 2,7 4,5

Progetti in materia di accessibilità culturale e per l’ampliamento dei pubblici

11,6 14,6 7,0 10,5 18,5 6,8 12,4

Progetti in materia di dialogo culturale e interculturale

26,2 29,9 23,0 18,4 14,8 23,3 28,7

Progetti in materia di smart city culturale e smarttourism

1,7 1,2 2,0 2,6 3,7 1,4 1,5

Progetti in materia di ef-ficientamento energetico sul patrimonio storico culturale

1,0 0,6 0,0 5,3 3,7 0,0 1,0

Altre tipologie di progetti 13,2 12,8 14,0 13,2 7,4 19,2 11,9

3.9. Criticità e opportunità nella gestione valorizzazione dei beni culturali

Nella parte finale dell’indagine gli intervistati sono stati invi-tati ad esprimersi sulle criticità e le opportunità connesse alla propria organizzazione. Le criticità più rilevanti nella gestione e valorizzazione di beni culturali all’interno della propria orga-

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nizzazione risultano essere:1. la difficoltà ad intercettare opportunità di finanziamento

tramite il canale dei bandi pubblici e privati;2. problematiche legate alla lentezza e alla burocratizzazione

dei processi decisionali interni;3. la dotazione insufficiente di personale volontario;4. la sostenibilità complessiva in termini di costi di gestione

Come si vede, gli interlocutori sintetizzano con efficacia le maggiori problematiche che riguardano il mondo del non pro-fit toscano operante nel settore dei beni culturali, problemati-che che sono principalmente di tipo organizzativo–gestionale ed economico–finanzario e che richiamano alla necessità di in-tervenire su due priorità:

– L’assetto gestionale complessivo delle organizzazioni, che richiede una strutturazione interna più efficace e snella. Colpisce infatti il dato sulla “lentezza decisionale” e sulla “burocratizzazione” delle strutture, che in genere viene attributo alle strutture pubbliche e che in questo caso invece viene considerato un punto di debolezza an-che di alcune non profit;

– La questione della sostenibilità economico–finanziaria che, come precedentemente detto, richiede un “salto di modello”, cioè il passaggio ad un sistema che si interfac-cia:• con il mondo pubblico, attraverso il meccanismo più

aperto e ricco di opportunità dei bandi e degli appalti a livello locale, nazionale e sovranazionale;

• con il mondo privato, attraverso modalità nuove di co–progettazione che rendano il non profit meno di-pendente dal soggetto pubblico e al tempo stesso più capace di difendere le proprie specificità.

Gli interlocutori sottolineano gli elevati costi legati alla gestio-

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ne dei beni culturali, così come alla loro valorizzazione e vedo-no nella mancanza di personale, di competenze e di risorse le criticità maggiori da affrontare.

Fig. 22 – Le criticità più rilevanti nelle attività di gestione e valorizzazione dei beni culturali, valori percentuali (risposta multipla)

Costi ele

Scarsonelle de

Scarse o

Eccessiv

Person

evati di gestione sostenibilità

o coinvolgimento ecisioni strategich

opportunità di finpubblic

va rigidità burocra

ale volontario ins

Mancanza di co

ed erogazione deà complessiva

del proprietario he e nella program

nanziamento tramci e privati

atica e lentezza d

sufficiente

mpetenze

ei servizi e

del bene mmazione

mite bandi

decisionale

Altro

16,6

14,2

20,9

32,8

29,5

9

59,6

49,7

Dal punto di vista della tipologia di ente, le Aps segnalano la presenza di criticità in misura maggiore rispetto alle Odv, so-prattutto per quanto attiene all’eccessiva rigidità burocratica e alla lentezza.Quanto all’ambito, gli enti della gestione rilevano livelli di diffi-coltà significativamente superiori a quelle della valorizzazione, soprattutto nel caso del reperimento del personale volontario e dei costi di attività.

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Tab. 22 – Le criticità più rilevanti per il proprio ente di appartenenza nelle attività di gestione e valorizzazione dei beni culturali, per qualifica giuridica e tipologia di attività svolta, valori percentuali (risposta multipla)

Totale Aps OdvAltri enti

Gestione Valorizzazione Entrambe

Personale volontario insufficiente

32,8 33,5 29,0 39,5 55,6 37,0 28,2

Mancanza di competenze

16,6 22,0 11,0 7,9 25,9 20,5 13,9

Costi elevati di ge-stione ed erogazione dei servizi e sosteni-bilità complessiva

29,5 34,8 19,0 34,2 44,4 17,8 31,7

Scarso coinvolgi-mento del pro-prietario del bene nelle decisioni strategiche e nella programmazione

14,2 20,7 8,0 2,6 14,8 17,8 12,9

Scarse opportunità di finanziamento tra-mite bandi pubblici e privati

59,6 62,8 54,0 60,5 37,0 56,2 63,9

Eccessiva rigidità bu-rocratica e lentezza decisionale

49,7 64,6 35,0 23,7 44,4 43,8 52,5

Altre criticità 20,9 18,3 26,0 18,4 22,2 20,5 20,8

Sempre restando sul tema delle “criticità” è interessante entra-re nel merito dei giudizi più qualitativi espressi liberamente e che vanno a comporre la voce “Altre criticità” (rispetto agli item proposti dal questionario). Segnalazioni sono pervenute da cir-ca una sessantina di organizzazioni. Si riporta di seguito una sintesi delle principali valutazioni:

– difficoltà a seguire normative sulla sicurezza sul lavoro per l’allestimento dei concerti;

– difficoltà ad acquisire competenze in materie giuridico fi-

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scale;– difficoltà a fare rete specie nei progetti europei;– incertezza sui contributi istituzionali, difficoltà nel pro-

grammare, contrazione dei finanziamento;– scarsissimo interesse e partecipazione attiva di enti pub-

blici (Comune, Provincia, Regione, Stato);– mancanza di spazio e di tempo da dedicare;– difficoltà di coinvolgere i soci nell’attività della gestione;– scarso coinvolgimento dei cittadini;– problemi logistici e organizzativi;– scarsa partecipazione all’attività associativa da parte dei

giovani;– mancanza di comunicazione con gli enti pubblici;

Il rapporto con gli enti pubblici, proprietari dei beni da gestire e valorizzare, e la questione della sostenibilità sono al centro anche dell’analisi delle prospettive e degli interventi per una migliore gestione del patrimonio culturale: passando infat-ti dalle criticità alle opportunità, l’aspetto più importante che viene segnalato dagli interlocutori riguarda la necessità di fare rete con gli enti pubblici, sia nella gestione dei servizi (per il 49%), che nella valorizzazione dei beni (per il 52%). Ben 136 organizzazioni (il 45% di quelle intervistate) richiamano poi il tema del finanziamento delle organizzazioni e della necessità di una nuova partnership tra profit e non profit.

93

Fig. 23 – Le opportunità più rilevanti per il proprio ente di appartenenza nelle attività di gestione e valorizzazione dei beni culturali, valori percentuali (risposta multipla)

Un chance rilevante, anche se richiamato solo dal 12% del cam-pione, è offerta dalle tecnologie per la valorizzazione dei beni culturali. Se è vero che la natura e le caratteristiche degli enti contattate rende difficile portare avanti investimenti su pro-getti innovativi e costosi di ricerca e sviluppo, è anche vero che le tecnologie stanno trasformando radicalmente le modalità di fruizione del patrimonio artistico aprendo enormi spazi di azione, soprattutto rispetto ad alcune categorie di beni, come le strutture museali, ma anche il patrimonio archeologico e cul-turale.Pur non riuscendo, in modo autonomo, a sviluppare progetti di tipo tecnologico, il non profit può svolgere un ruolo deter-minante:

– nel sensibilizzare gli interlocutori pubblici sulla necessi-

94

tà di investire in tecnologie innovative di gestione e va-lorizzazione, aprendosi a tutte le opportunità legate alla “Cultura 4.0”, che vede il settore culturale investito delle stesse dinamiche che stanno investendo la manifattura e la “Fabbrica Intelligente”;

– nell’avviare percorsi formativi dedicati alle tematiche tecnologiche, al fine di rendere gli stessi volontari con-sapevoli dei cambiamenti in atto e dunque in grado di svolgere le loro attività con maggiore consapevolezza.

Tutto questo richiama ancora una volta alla questione centrale della formazione e delle competenze, evidenziata dal 18% degli interlocutori contattati. L’indagine ha messo in evidenza una certa carenza nella formazione dei soci e dei volontari, che qui viene ribadita con forza, soprattutto tenendo conto che spesso è il mondo del non profit che tiene vivi e funzionanti i luoghi della cultura. Si segnalano infine, anche in questo caso, alcune libere proposte di intervento:

– agire sulle tempistiche di contributo per consentire lo svolgimento delle attività associative;

– avere una capacità comunicativa più elevata per mettere a conoscenza le persone del cinema che sta morendo;

– migliorare la comunicazione tra enti pubblici e organiz-zazioni non profit;

– svolgere attività di divulgazione attraverso le scuole e fare degli stage;

– migliorare l’accesso alle risorse finanziate tramite bandi attraverso una semplificazione delle procedure tenendo conto della specificità dell’ente;

– possibilità di mettere in rete le iniziative in modo da far conoscere le attività;

– avere un maggiore coordinamento delle attività;– porre maggiore attenzione nell’assegnazione dei fondi

andando a verificare il loro dispendio.

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Capitolo 4 Riflessioni conclusive

4.1 Il non profit culturale: un mondo eterogeneo e in grande fermento

L’indagine effettuata ha permesso di fotografare la situazio-ne del mondo del volontariato per i beni culturali in Toscana, composto da una moltitiudine di soggetti, che se ne occupano a vario titolo e in varia misura. Ciò ha consentito di comporre un unico database composto dai soggetti iscritti a diverse ti-polgie di registri, quali quelli regionali, quelli dell’agenzia delle entrate, di lavori di censimento precedenti (ricerche condotte da Promo PA Fondazione, ad esempio, su musei Amei, associa-zioni delle diocesi, associazioni del settore di riferimento). All’interno dell’archivio integrato così costituito, è stato poi possibile, grazie all’indagine Cawi, definirne la distinzione per tipologie, quindi Aps–Associazioni di promozione sociale, Odv–Organizzazioni di volontariato, Altro. È proprio su quest’ulti-mo sottoinsieme “Altro”, sebbene comprenda una minoranza in termini numerici dei soggetti coinvolti nell’indagine, che si è resa necessaria un’ulteriore riflessione, perché esplicativo dell’estrema eterogeneità del settore. Risulta evidente, infatti, come ad occuparsi di beni culturali possano essere anche sog-getti appartenenti a mondi diversi e che quindi non nascono come enti dedicati al settore, quali, ad esempio, associazioni sportive dilettantistiche, enti ecclesiastici, Pro loco, etc. che si occupano parimenti di gestione di beni di rilevanza culturale e della valorizzazione del patrimonio culturale, materiale e im-materiale. Il dato conferma la sensibilità e l’impegno comune nel campo di interesse. Ma quali sono le caratteristiche dell’organizzazione media? Nella tabella sottostante il tentativo è quello di fare un identikit dell’organizzazione non profit culturale operante in Toscana.

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Tab. 23 – Il profilo medio dell’ente non profit

Aps Odv Altri enti

Data di fondazione dell’ ente

Tra 2000 e 2009 Tra 2000 e 2009 Tra 1990 e 1999

Ambito territoriale di intervento

comunale e provinciale

provincialeComunale e intercomunale

Attività prevalente di gestione

Attività di informa-zione, formazione, orientamento per:– Palazzi,ville e com-plessi espositivi–Teatri, cinema, spazi per lo spettacolo–Musei, monumenti, siti archeologici o paesaggistici

Attività di informa-zione, formazione, orientamento per:–Teatri, cinema, spazi per lo spettacolo– Palazzi, ville e com-plessi espositivi–Musei, monumenti, siti archeologici o paesaggistici

Servizi di base (aper-tura, chiusura, pulizia) e servizi museali (bigliettazione, sorve-glianza) per:–Biblioteche, centri di documentazione e archivi – Musei, monumenti, siti archeologici o paesaggistici–– Palazzi, ville e com-plessi espositivi

Attività prevalente di valorizzazione

Realizzazione eventi DidatticaOrganizzazione di esposizioni e/o mostre

Numero medio di soci attivi

25–49 25–49 10–24

Principali competenze

Conoscenze territorialiOrganizzazioneCompetenze sui beni culturali Comunicazione

Conoscenze territorialiOrganizzazioneCompetenze sui beni culturaliComunicazione

Conoscenze territorialiOrganizzazioneCompetenze sui beni culturaliComunicazione

Formazione ai volontari

Tramite l’ente di appartenenza

Tramite la libera ini-ziativa dei volontari

Tramite strutture esterne

Fonti di ricavo

– Autofinanziamento (contributo soci) – Finanziamenti/ contributi pubblici

– Autofinanziamento (contributo soci) – Finanziamenti/ contributi pubblici

– Autofinanziamento (contributo soci) – Finanziamenti/ contributi pubblici– Progetti/bandi

Ambiti di innovazione

Progetti didattici per bambini e adulti

Progetti didattici per bambini e adulti

Progetti didattici per bambini e adulti

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Ciò che emerge dalla tabella è un profilo di ente che:– risulta attivo per lo più da un ventennio, quindi ha una

struttura consolidata e stabile sul territorio;– opera in un contesto territoriale prevalentemente loca-

le, di livello comunale o provinciale, e trova sui territori la sua maggiore forza, che deriva dalla capacità di farsi interprete dei bisogni degli attori in ambito culturale;

– svolge normalmente attività sia di gestione che di valo-rizzazione del bene culturale: sul fronte della gestione, l’ente garantisce servizi talvolta essenziali, quali l’aper-tura al pubblico delle strutture e la loro manutenzione, mentre sul fronte della valorizzazione prevalgono le ini-ziative legate agli eventi “spot”, come la promozione del patrimonio immateriale, degli usi e costumi e delle tradi-zioni locali, dove si registra grande dinamicità e fermen-to;

– ha una dimensione media o medio grande, con circa 25 soci iscritti e 23 soci attivi, anche se è in crescita il nume-ro di volontari che non vogliono legarsi a nessuna orga-nizzazione, ma svolgere il proprio servizio in modo auto-nomo, senza associarsi ad una struttura di riferimento;

– non ha dipendenti, anche se nelle organizzazioni diver-se dalle Aps e Odv comincia a diffondersi una struttura simile alle imprese profit con la presenza di collaboratori formati a tempo determinato o indeterminato;

– si finanzia prevalentemente grazie al contributo dei soci e all’intervento pubblico, ma, anche in questo caso, la struttura dei costi e dei ricavi tende ad cambiare negli enti diversi dalle Aps e Odv, dove è più diffusa la pratica della raccolta fondi, della ricerca di sponsor e dove so-prattutto appare più strutturata la collaborazione con il privato per il finanziamento di progetti culturali;

– ha competenze solide in materia di conoscenza del ter-

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ritorio, gestione dell’ente, comunicazione e dispone di professionalità con conoscenze tecniche e di contenuto sui beni culturali, mentre manifesta un gap formativo importante rispetto ad alcune tematiche più strategiche, come la progettazione europea, le tecnologie sui beni culturali, la riqualificazione del patrimonio storico. Tut-to questo si traduce in una generale scarsa propensione all’innovazione, al di fuori di progetti orientati alla didat-tica per i beni culturali, che invece sono diffusi e di buona qualità.

4.2 Competenze e qualificazione: siamo sulla buona strada…

Dal punto di vista delle competenze, i dati confermano una realtà variegata e in grande trasformazione, dove tuttavia sembra chiara la consapevolezza che per gestire e sviluppare attività culturali sempre più complesse (dal punto di vista eco-nomico, gestionale e scientifico) occorrono competenze sempre più elevate e specifiche.Sotto questo aspetto, gli enti coinvolti presentano una prepa-razione ritenuta soddisfacente su alcuni ambiti di attività rite-nuti rilevanti (territorio, organizzazione e comunicazione) e ri-spetto ai quali le valutazioni fornite dai rispondenti sono molto alte (superiori ad 8). Risultano invece ampiamente sottovalu-tate le tematiche relative alla progettazione europea in ambito culturale e all’uso delle tecnologie: rispetto a questi settori gli enti non solo si sentono poco preparati ma non ne valutano a pieno neanche le potenzialità, come dimostrano le basse valu-tazioni circa i livelli di strategicità e di adeguatezza.È al contrario indubbio che la dimensione internazionale, così come l’attenzione alle tecnologie siano oggi indispensabili, an-che per il non profit, per poter accedere a finanziamenti ag-giuntivi ed essere inseriti in reti più ampie di co–progettazione.

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È d’altra parte evidente che progetti complessi di questo tipo non possono essere realizzati autonomamente da questa tipo-logia di organizzazioni, per cui occorre ragionare in termini di partnership e apertura al privato e ad altre tipologie di orga-nizzazioni. È interessante notare che il 65,8% degli enti impegnati sia in attività di gestione che di valorizzazione presentino personale qualificato, a conferma che quanto più l’attività è articolata su diversi fronti, tanto più l’organizzazione tende ad arricchirsi di competenze e professionalità.

4.3 Professionalizzazione e tutela dell’identità del non profit: un equilibrio non semplice

L’acquisizione di competenze specifiche è dunque una strada quasi obbligata per il Terzo settore, che può anche offrire op-portunità occupazionali rilevanti per i giovani. In questo senso, l’esperienza del Servizio Civile è indice di un cambio di passo che il Paese sta facendo e di un’apertura verso forme innova-tive di collaborazione pubblico–privato basate sui principi di sussidiarietà orizzontale.Un altro ambito nel quale gli enti possono in futuro cominciare ad operare è sul tema dell’Alternanza Scuola–Lavoro, dove la collaborazione con le scuole, le istituzioni locali e le imprese può dar vita a progetti rilevanti pienamente coerenti con l’i-dentità e la mission del non profit.In questo percorso non semplice la formazione può essere la parola chiave.L’indagine mette in evidenza che solo in poco più della metà degli enti si prevede un percorso di inserimento al primo in-gresso, ma solo nel 7,6% dei casi tale percorso è strutturato. L’impressione è che la qualificazione del personale sia affidata all’iniziativa personale del singolo socio/volontario e non ad un sistema organizzato, volto a trasferire vere e proprie com-

100

petenze di filiera. La realtà italiana del non profit sotto questo aspetto appare in ritardo rispetto ad altri Paesi europei (come la Gran Bretagna o la Francia) dove è ad esempio diffusa la pre-senza, all’interno dei musei, degli archivi e delle diverse isti-tuzioni culturali, di un referente/tutor responsabile dei rap-porti con i volontari, che possa consentire il loro inserimento all’interno della struttura e che sia un punto di riferimento per l’organizzazione del lavoro e l’attribuzione delle responsabili-tà. Questa figura sovrintende alla formazione dei volontari, so-prattutto “on the job”, e crea le condizioni per l’instaurazione di un miglior rapporto collaborativo con il personale dipendente.L’input che proviene dall’indagine è quello di investire il ma-nagement dell’ente del compito di organizzare percorsi forma-tivi strutturati che partano da una vera e propria analisi dei fabbisogni strategici in materia culturale per arrivare alla de-finizione di piani formativi annuali in grado di consolidare un patrimonio stabile di professionalità. Si tratta di un obiettivo da perseguire con forza per due ragioni:

– una di carattere etico–morale, poiché ai volontari non si può chiedere di svolgere ruoli che non competono al vo-lontariato, ma occorrono politiche attive da parte delle pubbliche amministrazioni che favoriscano la qualifica-zione del volontariato come occasione di formazione e crescita professionale;

– una di carattere tecnico, poiché come si è visto la gestio-ne e valorizzazione dei beni culturali non può essere im-provvisata e tutti coloro che a vario titolo sono coinvolti sono chiamati a farlo con le competenze più adeguate.

4.4 Relazioni, reti e partenariati: meno pubblico, più privato

L’indagine fotografa un mondo ancora legato a relazioni di tipo tradizionale nel quale il non profit è erogatore di  servizi  cul-

101

turali finanziati quasi esclusivamente dal settore pubblico ma all’interno del quale stanno emergendo segnali interessanti di un cambio di prospettiva, legati alla possibilità di interagire in modo più costruttivo con portatori di competenze, progettuali-tà e risorse di tipo e natura diversa. Gli enti pubblici restano gli interlocutori principali delle or-ganizzazioni e, in particolare, i Comuni sono indicati come gli unici referenti da quasi i tre quarti degli interlocutori, seguiti dalle Regioni, le province e città metropolitane. Il rapporto con il soggetto pubblico, pur continuando ad essere molto forte, è tuttavia condizionato non solo dalla crescente riduzione delle risorse, ma anche da tempi di affidamento di breve medio ter-mine (le concessioni sono quasi sempre annuali) che impedi-scono di sviluppare una programmazione pluriennale, avviare attività sistematiche di raccolta fondi e investire risorse in at-tività innovative.D’altra parte, è indubbio che si sta sviluppando un processo di graduale “riallaccio” tra il mondo dell’impresa e quello del Terzo settore. Il periodo di erogazione a getto di finanziamenti pubblici ha modificato lo storico legame tra impresa e associa-zionismo, un patto sociale che oggi, per le ragioni note, ha ri-trovato le sue ragioni sia sociali, sia economiche, intercettando modelli differenti da quelli del secolo scorso, che rappresen-tano il banco di prova dell’innovazione socio–culturale, in ri-sposta al cambiamento dei costumi, al multiculturalismo, alla diversa distribuizione delle risorse.

4.5 La propensione all’innovazione: la sfida della Cultura 4.0

Perché le tematiche come le smart city culturali, l’efficienta-mento del patrimonio culturale immobiliare, la progettazione europea, le tecnologie applicate al patrimonio culturale sono ancora pressoché sconosciute tra le organizzazioni non profit?

102

Le ragioni sono riconducibili a 4 aspetti: 1) la difficoltà degli enti di uscire dalla “quotodianita” del loro operato per concen-trarsi su progetti di frontiera sicuramente complessi da gestire; 2) la mancanza di orizzonti operativi e gestionali di lungo pe-riodo (come si è visto le concessioni durano circa 1 anno), che rende difficile fare investimenti in iniziative complesse; 3) la difficoltà ad intercettare i canali finanziari che sempre di più investono nell’innovazione, come i fondi europei; 4) l’impossi-bilità di affidare a personale volontario ruoli e compiti che for-se dovrebbero essere svolti da personale tecnico esperto, non sempre presente in queste strutture.Tutto questo rimanda ad un tema noto ma forse ancora oggi ir-risolto. Pensare che il mondo non profit possa e debba svolgere, nel settore culturale come in altri settori, compiti tecnici speci-fici, affidandosi esclusivamente alla buona volontà, alla passio-ne e all’impegno dei volontari e di singoli gruppi di cittadini si conferma essere un’illusione nel lungo periodo, laddove invece appare auspicabile, in una logica di vera sussidiarietà orizzon-tale, supportare le organizzazioni ad andare verso un’acquisi-zione di competenze che sia coerente con l’identità e il ruolo del non profit e che passa indubbiamente dalla possibilità di stabilire sinergie con il privato e con altre tipologie di soggetti che sul mercato si occupano di patrimonio culturale.

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Appendici

1. Questionario Cawi

1. Conferma la denominazione e la natura dell’Ente di Terzo settore come riportata nell’invito alla compilazione di questo questionario? (se no, modificare i campi precompilati sotto-stanti)

a. Denominazione____________b. Tipo

i. Associazione di promozione socialeii. Cooperativa socialeiii. Associazione di volontariatoiv. Altro (specificare)_________

2. La sua organizzazione opera nel settore dei beni cultura-li_____ si/no

Se 1 = si,

2.1. Rispetto allo statuto dell’ organizzazione, l’attività relativa ai beni culturali è un attività prevalente o secondaria?

a. Prevalente b. Secondaria

2.2. Di quali beni culturali vi occupate (risposta multipla)

Tipo di bene Numero (campo obbligatorio) nome/i del bene/beni (campo non obbligatorio)

Musei

Biblioteche e archivi

104

Palazzi storici o di interesse artistico

Aree archeologiche

Altro (specificare)

2.3. Che tipo di attività svolgete? (risposta multipla)a. Gestione del bene b. Servizi ai visitatori (Bigliettazione, visite guidate, didatti-

ca, ecc.)c. Altro (specificare)______________________________

2.4. Può indicare il suo ruolo all’interno dell’ented. Presidentee. Amministratore/direttoref. Altro (specificare ______________________________)

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2. Questionario Cati

1. Anagrafica (obbligatoria in linea con gli standard Istat)1.1. Indirizzo mail dell’associazione (precompilato – da

confermare o inserire ex novo se non esatto né con-fermato)_____

1.2. Denominazione (precompilato)___1.3. Codice fiscale (precompilato – da confermare o in-

serire ex novo se non esatto né confermato) ______1.4. Indicare Sede (precompilato – da confermare o in-

serire ex novo se non esatto né confermato) ______– Legale (via, numero civico, cap, comune, prov.)

_______________– Operativa (se diversa dalla legale)

_______________– Fiscale (se diversa dalla legale)

__________________1.5. Forma giuridica

– Associazione – Fondazione– Comitato– Cooperativa sociale– Ente ecclesiastico

1.6. Qualifica giuridica– Organizzazione di volontariato

– Associazione di promozione sociale

– Associazione sportiva dilettantistica

– Pro–loco

– Circolo

– Associazione di categoria

– Organizzazione non governativa

106

– Impresa sociale

– Fondazione ex–bancaria

– Diocesi

– Parrocchia

– Caritas

– Ente di altra confessione religiosa

1.7. Data costituzione ___gg/mm/aaaa1.8. Iscrizione registri/albi regionali ____si/no 1.9. Ambito territoriale

– Internazionale

– Nazionale

– Regionale

– Interprovinciale

– Provinciale

– Intercomunale

– Comunale

– Zona/quartiere

1.10. In quale settore prevalente opera il suo Ente? – Cultura, sport e ricreazione

A. Attività culturali e artistiche

B. Attività sportive

C. Attività ricreative e di socializzazione

– Istruzione e ricerca– Sanità– Assistenza sociale e protezione civile– Ambiente– Sviluppo economico e coesione sociale

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– Tutela dei diritti– Filantropia e promozione del volontariato– Cooperazione e solidarietà internazionale– Religione

1.11. Se 1.10 diverso da A. – La cultura, intesa come ge-stione e valorizzazione dei beni culturali, è un set-tore di cui vi occupate? SI/NO______

S E 1.11= no, esce

1.12. Se 1.10= A o 1.11=SI Quali attività specifiche svolge il suo Ente?

– 1 Gestione di biblioteche, centri di documentazione e archivi

– 2 Gestione/sorveglianza di musei, monumenti, siti archeologici o paesaggistici

– 3 Realizzazione di spettacoli teatrali, musicali, corali, cinematografici

– 4 Realizzazione di visite guidate

– 5 Organizzazione di esposizioni e/o mostre

– 6 Organizzazione di corsi tematici

– 7 Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio culturale (usi, costumi, tradizioni, dialetti)

1.13. Conosce la Magna Charta del Volontariato per i Beni Culturali? Sì /NO

1.14. Se sì, utilizzate la convenzione pilota per regolare i rapporti tra il suo ente e il luogo della cultura di riferimento? Sì /NO

2. Attività svolte nel settore cultura e beni culturali e fon-ti di finanziamento

Attività di gestione (se 1.12= 1 o 2)

108

2.1. Con quale frequenza svolgete le seguenti attività di gestione?

Annuale Pluriennale Altro (specificare)

Biblioteche, centri di documentazione e archivi

Teatri, cinema e spazi per lo spettacolo

Musei e collezioni

Siti archeologici o paesaggistici

Monumenti e spazi monumentali accessori

Palazzi, ville e complessi espositivi

Parchi e giardini

2.1. BIS. Può indicarci se si tratta di beni pubblici o pri-vati?

Bene pubblico Bene privato

Biblioteche, centri di documentazione e archivi

Teatri, cinema e spazi per lo spettacolo

Musei e collezioni

Siti archeologici o paesaggistici

Monumenti e spazi monumentali accessori

Palazzi, ville e complessi espositivi

Parchi e giardini

2.2. Può indicare il nome dei beni gestiti dal suo Ente?________________________________________

109

2.3. Nel caso del suo Ente di appartenenza, quali attivi-tà specifiche comprende la gestione?

– Servizi di base (apertura, chiusura, pulizia) – Gestione amministrativa – Servizi museali ai visitatori: (bigliettazione, sorve-

glianza, accoglienza, visite guidate)– Attività di informazione e orientamento – Attività educative e formative– Attività di manutenzione e tutela del bene (es. ar-

chiviazione, restauro, scavo, ricerca)– Attività di digitalizzazione– Altro (specificare _________________)

2.4 Descrivere liberamente l’attività: ______________

Attività di valorizzazione (se 1.12= da 3 a 8)

2.5. Con quale frequenza svolgete le seguenti attività di valorizzazione?

Numero di volte in media all’anno)

Organizzazione di esposizioni e/o mostre

Realizzazione di spettacoli teatrali, musicali, corali, cinematografici

Visite guidate

Organizzazione di corsi tematici

Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio cultu-rale (usi, costumi, tradizioni, dialetti)

3. Dotazione del personale e partecipazione

3.1. Ad oggi, il suo Ente quanti soci ha?– numero di soci iscritti alla sua organizzazione:

__________

110

– numero di soci che prestano attivamente la pro-pria attività nell’organizzazione __

– numero di volontari che prestano la propria attivi-tà nell’organizzazione_____

3.2 Ad oggi, il suo Ente quanti lavoratori retribuiti ha? _____

– Dipendenti a tempo indeterminato _____– Dipendenti a tempo determinato– Collaboratori ____

3.3. Può quantificare il monte ore medio settimanale prestato?

(indicare il numero di soci o volontari per ciascuna clas-se di impegno orario)

1–2 ore 3–9 ore 10–19 ore 20–30 ore Oltre 30 ore

Numero Soci attivi

Numero Volontari

3.4. Nell’ultimo triennio avete avuto volontari di ser-vizio civile?

SI NO

3.5 Nella sua organizzazione sono presenti professio-nalità di particolare qualifica (es. storici d’arte, gui-de turistiche etc.)? (risposta multipla)

– 1. Si, fra i volontari e i soci attivi– 2. Si, fra i dipendenti o altri retribuiti – 3. no

111

4. Competenze e formazione

Competenze

4.1. In riferimento ai volontari che operano nel settore dei beni culturali, in una scala da 1 a 5 quale direb-be sia il livello di strategicità delle seguenti compe-tenze e il livello di adeguatezza della sua organiz-zazione rispetto a ciascuna di esse?

Competenze Strategicità Adeguatezza

Competenze tecniche in materia di beni culturali, sotto il profilo storico e di contenuto

Capacità di gestione di progetti (project management)

Conoscenza delle norme e della loro applicazione

Conoscenze dei territori locali

Conoscenze economiche e manageriali

Capacità organizzative

Capacità di progettazione europea in ambito culturale

Competenze in materia di tecnologie applicate ai beni culturali

Competenze in materia di comunicazione

Formazione

4.2. È previsto un percorso di inserimento / guida al volontario al primo ingresso: (risposta multipla)

– si, viene svolta un’attività di orientamento struttu-rato

– si, viene svolto un corso formativo “di ingresso”– si, viene svolta un’attività di affiancamento/tuto-

raggio– no

112

4.3. I volontari e i soci attivi fruiscono percorsi di for-mazione continua in materia di gestione dei beni culturali? (risposta multipla)

– Per niente– SI, tramite l’Ente di appartenenza– Si, tramite strutture esterne– Si, i volontari e i soci si organizzano in modo auto-

nomo

5. Ricavi e costi

5. Può indicarmi quali sono state le fonti di entrata/ricavo prevalenti del suo Ente nell’ultimo trien-nio? (Codifica a posteriori)

– Ricavi derivanti dai biglietti e dagli accessi– Ricavi derivanti dai servizi erogati– Ricavi derivanti da attività di promozione e valo-

rizzazione del bene – Ricavi da altre attività– Finanziamenti/contributi pubblici– Finanziamenti/contributi privati– Autofinanziamento (contributo soci) – Donazioni di cittadini e imprese, lasciti, offerte– Finanziamento progetti

5.2. Può indicarmi quali sono state le fonti di uscita prevalenti del suo Ente nell’ultimo triennio? (Codi-fica a posteriori)

– spese per il personale dipendente– spese per i lavoratori con contratto di collabora-

zione– rimborsi spese ai volontari/associati– acquisti di beni e servizi

113

– sussidi, contributi ed erogazioni a terzi– trasferimenti a strutture inferiori/superiori – spese affitti sede, manutenzione sede, utenza, assi-

curazioni, cancelleria’– altre spese

5.3. Quali sono i principali stakeholder con i quali do-vete interfacciarvi nella gestione delle attività cul-turali? (Codifica a posteriori)

– Comune– Provincia o città metropolitana – Unione di comuni o comunità montana– Regione– altro Ente pubblico (es.Prefettura, Tribunale)– scuole, centri di formazione professionale,

Università– strutture ecclesiali– altre organizzazioni no profit – fondazioni bancarie– fondazioni private– partiti, sindacati– imprese, – banche

6. Modalità di acquisizione dei progetti

6.1. Con quale modalità avete acquisito nell’ultimo triennio l’incarico/gli incarichi per lo svolgimento di attività relative al settore cultura e beni cultu-rali? (possibile risposta multipla)

– 1. Attraverso la partecipazione a bandi e gare pub-bliche

– 2. Attraverso la partecipazione a bandi e gare pri-

114

vati (Fondazioni, Centri Servizi, Concorsi di idee, Istituzioni Culturali private, etc…)

– 3. Attraverso accordi/convenzioni con soggetti pubblici

– 4. Attraverso accordi/convenzioni con soggetti privati e/o istituzioni religiose

– 5. Altro (specificare)__________________

6.2. L’incarico/gli incarichi sono stato acquisiti: (possi-bile risposta multipla)

– 1.Come Ente singolo– 2.In rete con altre organizzazioni non profit– 3.In rete con soggetti privati

6.3. Se 6.2=2 o 3 Nell’ambito dell’incarico/incarichi svolgete: (possibile risposta multipla)

– il servizio principale – i servizi di tipo accessorio

6.4. Quali sono i vostri principali committenti/finan-ziatori? (codifica a posteriori)

– Comune– Provincia o città metropolitana – Unione di comuni o comunità montana– Regione– altro Ente pubblico (es.Prefettura, Tribunale)– scuole, centri di formazione professionale,

Università– strutture ecclesiali– altre organizzazioni no profit – fondazioni bancarie– fondazioni private– partiti, sindacati

115

– imprese– banche

Se partecipato ad appalti / affidamenti pubblici

6.5. Se 6.1=1 o 2 Con quale procedura di affidamento avete ottenuto gli incarichi negli ultimi 3 anni nel settore della gestione dei beni culturali? (possibile risposta multipla)

– Attraverso affidamenti diretti senza gara– Attraverso procedure di gara

6.6. Se 6.1=3 o 4 La convenzione è nata su un’iniziativa/progettazione: (possibile risposta multipla)

– Dell’Ente pubblico– Dell’organizzazione– Come co–progettazione tra Ente pubblico e orga-

nizzazione o profit

6.7 In materia di valorizzazione avete svolto nell’ulti-mo triennio i seguenti progetti innovativi? (rispo-sta multipla)

– Progetti di partecipazione culturale e cittadinanza attiva

– Progetti didattici per bambini e adulti– Progetti sull’impiego delle nuove tecnologie di in-

dustria 4.0 (digitalizzazione, comunicazione digi-tale, internet of things, cloud computing, big data, ecc.)

– Progetti in materia di accessibilità culturale e per l’ampliamento dei pubblici

– Progetti in materia di dialogo culturale e intercul-turale

116

– Progetti in materia di smart city culturale e smart tourism

– Progetti in materia di efficientamento energetico sul patrimonio storico culturale

7. CRITICITA’ E OPPORTUNITA’

7.1. Guardando al suo Ente di appartenenza, quali sono le criticità più rilevanti nelle attività di gestione e valorizzazione dei beni culturali (indicare le prime 3 criticità)

– Personale volontario insufficiente– Mancanza di competenze– Costi elevati di gestione ed erogazione dei servizi e

sostenibilità complessiva– Scarso coinvolgimento del proprietario del bene

nelle decisioni strategiche e nella programmazione– Scarse opportunità di finanziamento tramite ban-

di pubblici e privati – Eccessiva rigidità burocratica e lentezza decisiona-

le– Altro (specificare)________________________

7.2. Guardando al suo Ente di appartenenza, cosa do-vrebbe essere fatto a suo avviso per favorire una migliore gestione e valorizzazione dei beni cultu-rali (indicare le prime 3 priorità)

– Intervenire sulla formazione e sul consolidamento delle competenze

– Operare sul piano organizzativo e gestionale per un rafforzamento in senso manageriale dell’Ente

– Poter disporre di un numero maggiore di persona-

117

le dipendente– Poter disporre di un numero maggiore di volontari– Rafforzare la collaborazione tra enti e organizza-

zioni per la gestione dei servizi– Rafforzare la collaborazione tra enti e organizza-

zioni per una migliore valorizzazione dei beni– Investire in tecnologie innovative per la valorizza-

zione dei beni – Rafforzare la sostenibilità economica degli enti non

profit attraverso nuove modalità di ricerca fondi e nuove forme di coinvolgimento pubblico–privato

– Altro (specificare)________________________

119

Indice

Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p . 5

Introduzione Monica Barni Per un nuovo protagonismo dei cittadini nella valorizzazione del patrimonio culturale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 7

Pier Luigi Sacco Cultura e coesione sociale: il ruolo del Terzo settorenell’Agenda Europea della Cultura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 10

Elena Pianea Volontariato per i beni culturali:costruire, sperimentare, condividere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 14

Capitolo 1 Gestione e valorizzazione dei beni culturali in Toscana:il ruolo del non profit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 21 1 .1 La riforma del Terzo settore e le opportunità per la filiera dei beni culturali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 21 1 .2 Beni culturali e mondo non profit in Toscana: dalla Magna Charta del Volontariato alla mappatura del non profit culturale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 24 1 .3 Gli obiettivi dell’indagine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 25

Capitolo 2 Verso la mappatura del terzo settore operante

Monica Barni Pier Luigi SaccoElena Pianea

120

nella filiera dei beni culturali in Toscana . . . . . . . . . . . . . . . . » 27 2 .1 Gli obiettivi della mappatura, la metodologia e i risultati attesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 27 2 .2 . Il campo di indagine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 27 2 .3 . L’identificazione e la raccolta degli archivi di riferimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 31 2 .3 .1 . Gli albi del Terzo settore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 31 2 .3 .2 Archivi, database ed elenchi ad integrazione » 32 2 .4 La costruzione dell’archivio integrato degli enti non profit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 34 2 .5 . La survey on line (Cawi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 35 2 .6 . Il consolidamento dell’archivio unico integrato delle associazioni toscane del Terzo settore . . . . . . » 37 2 .7 . La costruzione del database degli enti operanti nel settore dei beni culturali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 38 2 .8 . L’indagine telefonica con tecnica Cati . . . . . . . . . . . . » 39 2 .8 .1 Il piano di campionamento . . . . . . . . . . . . . . . . » 40

Capitolo 3 I risultati dell’indagine: il punto di vista degli enti . . . . . . . » 45 3 .1 . Le caratteristiche degli enti coinvolti . . . . . . . . . . . . » 45 3 .1 .1 La tipologia delle organizzazioni coinvolte . . » 45 3 .2 . Le attività culturali svolte: gestione e valorizzazione 49 3 .2 .1 . L’attività di gestione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 52 3 .2 .2 L’attività di valorizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . » 56 3 .2 .3 La Magna Charta del volontariato per i beni culturali: uno strumento da promuovere . . . » 58 3 .3 . L’organizzazione degli enti e la dotazione del personale 60 3 .3 .1 . La presenza e il ruolo dei soci e dei volontari » 60 3 .3 .2 . La presenza e il ruolo dei dipendenti e dei collaboratori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 65 3 .3 .3 . Il ruolo dei volontari del servizio civile . . . . . » 67

121

3 .4 . Formazione e competenze sui beni culturali . . . . . . » 68 3 .4 .1 . Competenze e professionalità per la gestione delle attività culturali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 69 3 .4 .2 . Percorsi formativi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 75 3 .5 . La struttura finanziaria: ricavi e costi . . . . . . . . . . . . » 77 3 .6 La rete degli stakeholder: partner, committenti e finanziatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 81 3 .7 . Le modalità di acquisizione dei progetti . . . . . . . . . . » 83 3 .8 . La propensione all’innovazione . . . . . . . . . . . . . . . . . » 86 3 .9 . Criticità e opportunità nella gestione valorizzazione dei beni culturali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 88

Capitolo 4 Riflessioni conclusive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 95

4 .1 Il non profit culturale: un mondo eterogeneo e in grande fermento . . . . . . » 95 4 .2 Competenze e qualificazione: siamo sulla buona strada . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 98 4 .3 Professionalizzazione e tutela dell’identità del non profit: un equilibrio non semplice . . . . . . . . . . . » 99 4 .4 Relazioni, reti e partenariati: meno pubblico, più privato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 100 4 .5 La propensione all’innovazione: la sfida della Cultura 4 .0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 101

Appendici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 103

123

1Lo stato di attuazione del D.M. 21/11/91 e successive modificheRelazione assemblea del seminario

2Volontari e politiche sociali: la Legge regionale 72/97Atti del Convegno

3Gli strumenti della programmazione nella raccolta del sangue e del plasmaCristiana Guccinelli, Regina Podestà

4Terzo settore, Europa e nuova legislazione italiana sulle OnlusCristiana Guccinelli, Regina Podestà

5Privacy e volontariatoRegina Podestà

6La comunicazione per il volontariatoAndrea Volterrani

7Identità e bisogni del volontariato in ToscanaAndrea Salvini

8Le domande e i dubbi delle organizzazioni di volontariatoGisella Seghettini

9La popolazione anziana: servizi e bisogni. La realtà aretinaRoberto Barbieri, Marco La Mastra

10Raccolta normativa commentata. Leggi fiscali e volontariatoStefano Ragghianti

11Oltre il disagio. Identità territoriale e condizione giovanile in ValderaGiovanni Bechelloni, Felicita Gabellieri

12Dare credito all’economia sociale. Strumenti del credito per i soggetti non profitAtti del convegno

13Volontariato e Beni CulturaliAtti Conferenza Regionale

14I centri di documentazione in area sociale, sanitaria e sociosanitaria: storia, identità, caratteristiche, prospettive di sviluppoC entro Nazionale del volontariato, Fondazione Istituto Andrea Devoto

15L’uso responsabile del denaro. Le organizzazioni pubbliche e private nella promozione dell’economia civile in toscanaAtti del convegno

16Raccolta normativa commentata. Leggi fiscali e volontariatoStefano Ragghianti

17Le domande e i dubbi delle organizzazioni di volontariatoStefano Ragghianti, Gisella Seghettini

“I Quaderni” del Cesvot

124

18Accessibilità dell’informazione. Abbattere le barriere fisiche e virtuali nelle biblioteche e nei centri di documentazioneFrancesca Giovagnoli

19Servizi alla persona e volontariato nell’Europa sociale in costruzioneMauro Pellegrino

20Le dichiarazioni fiscali degli Enti non ProfitStefano Ragghianti

21Le buone prassi di bilancio sociale nel volontariatoMaurizio Catalano

22Raccolta fondi per le Associazioni di Volontariato. Criteri ed opportunitàSabrina Lemmetti

23Le opportunità “finanziare e reali” per le associazioni di volontariato toscaneRiccardo Bemi

24Il cittadino e l’Amministrazione di sostegno. Un nuovo diritto per i malati di mente (e non solo)Gemma Brandi

25Viaggio nella sostenibilità locale: concetti, metodi, progetti realizzati in ToscanaMarina Marengo

26Raccolta normativa commentata. Leggi fiscali e volontariatoStefano Ragghianti

27Le trasformazioni del volontariato in Toscana. 2° rapporto di indagineAndrea Salvini, Dania Cordaz

28La tutela dei minori: esperienza e ricercaFondazione Il Forteto onlus - Nicola Casanova, Luigi Goffredi

29Raccontare il volontariatoAndrea Volterrani

30Cose da ragazzi. Percorso innovativo di Peer EducationLuca Napoli, Evelina Marallo

31L’arcobaleno della partecipazione. Immigrati e associazionismo in ToscanaEttore Recchi

32Non ti scordar di te. Catalogo dei fondi documentari del volontariato toscanoBarbara Anglani

33Buone prassi di fund raising nel volontariato toscanoSabrina Lemmetti

34Il bilancio sociale delle organizzazioni di volontariatoLuca Bagnoli

35Le responsabilità degli organi amministrativi delle associazioni di volontariatoStefano Ragghianti, Rachele Settesoldi

125

36Storie minori - Percorsi di accoglienza e di esclusione dei minori stranieri non accompagnatiMonia Giovannetti

37Ultime notizie! La rappresentazione del volontariato nella stampa toscanaCarlo Sorrentino

38Contributi e finanziamenti per le associazioni di volontariatoGuida praticaRiccardo Bemi

39Le domande e i dubbi delle associazioni di volontariatoRiccardo Bemi, Stefano Ragghianti

40Cittadinanze sospese. Per una sociologia del welfare multiculturale in ToscanaCarlo Colloca

41Un mondo in classe. Multietnicità e socialità nelle scuole medie toscaneEttore Recchi, Emiliana Baldoni, Letizia Mencarini

42Altre visioni. Le donne non vedenti in ToscanaAndrea Salvini

43La valutazione di impatto sociale dei progetti del volontariato toscanoAndrea Bilotti, Lorenzo Nasi, Paola Tola, Andrea Volterrani

44Le donazioni al volontariato.

Agevolazioni fiscali per i cittadini e le impreseSabrina Lemmetti, Riccardo Bemi

45Una promessa mantenuta.Volontariato servizi pubblici, cittadinanza in ToscanaRiccardo Guidi (2 voll.)

46Atlante del volontariato della protezione civile in ToscanaRiccardo Pensa

47La mediazione linguistico-culturale. Stato dell'arte e potenzialitàValentina Albertini, Giulia Capitani

48Contributi e finanziamenti per le assocciazioni di volontariato.Aggiornamento 2009Riccardo Bemi

49Volontariato e formazione a distanzaGiorgio Sordelli

50Il volontariato. Immagini, percezioni e stereotipiLaura Solito, Carlo Sorrentino

51Le competenze del volontariato.Un modello di analisi dei fabbisogni formativiDaniele Baggiani

52Le nuove dipendenze.Analisi e pratiche di interventoValentina Albertini, Francesca Gori

53Atlante sociale sulla tratta.Interventi e servizi in Toscana

126

Marta Bonetti, Arianna Mencaroni, Francesca Nicodemi

54L'accoglienza dei volontari nelTerzo Settore.Tecniche di comunicazionee suggerimenti praticiStefano Martello, Sergio Zicari

55Il lavoro nelle associazioni di volontariatoa cura di Sabrina Lemmetti

56La comunicazione al centro.Un’indagine sulla rete dei Centri di Servizio per il Volontariatoa cura di Gaia Peruzzi

57Anziani e non autosufficienza.Ruolo e servizi del volontariato in Toscanaa cura di Simona Carboni, Elena Elia, Paola Tola

58Il valore del volontariato.Indicatori per una valutazione extraeconomica del donoAlessio Ceccherelli, Angela Spinelli, Paola Tola, Andrea Volterrani

59Città e migranti in Toscana.L’impegno del volontariato e dei governi locali per i diritti di cittadinanzaCarlo Colloca, Stella Milanie Andrea Pirni

60Il volontariato inatteso.Nuove identità nella solidarietà organizzata in Toscanaa cura di Andrea Salvinie Luca Corchia

61Disabilità e ”dopo di noi”Strumenti ed esperienzea cura di Francesca Biondi Dal Montee Elena Vivaldi

62Le domande e i dubbi delle associazioni di volontariatoa cura di Riccardo Bemi

63Fund raising per il volontariatoa cura di Sabrina Lemmetti

64Volontariato senza frontiere Solidarietà internazionale e cooperazione allo sviluppo in Toscana a cura di Fabio Berti, Lorenzo Nasi

65Volontariato e invecchiamento attivoa cura di Elena Innocenti,Tiziano Vecchiato

66Crisi economica e vulnerabilità sociale.Il punto di vista del volontariatoa cura di Simona Carboni

67Giovani al potereAttivismo giovanile e partecipazione organizzata in tempo di crisiRiccardo Guidi

68Volontariato e advocacy in ToscanaTerritorio, diritti e cittadinanzaLuca Raffini, Andrea Pirni,Carlo Colloca

69L’innovazione in agricoltura socialeProgettazione e strumenti di lavoro per le associazioni

127

a cura di Francesco Di Iacovo,Roberta Moruzzo

70Volontariato e politica: verso una nuova alleanza?a cura di Rossana Caselli

71Formare e formarsi nel volontariatoFrancesca Romana Busnelli,Angelo Salvi

72Tra Profit e Non ProfitLe regole per una alleanza efficacea cura di Stefano Martello, Sergio Zicari

73Oltre la crisiIdentità e bisogni del volontariato in ToscanaAndrea Salvini, Irene Psaroudakis

74Disabilità e lavoroIl ruolo del volontariato nell’integrazione lavorativa delle persone disabiliDaniela Mesini, Claudio Castegnaro, Nicola Orlando

75Volontariato e welfare rurale Uno studio per progettare nuovi serviziFabio Berti, Andrea Bilotti e Lorenzo Nasi

76La valorizzazione del volontariato seniorStefano Martello, Sergio Zicari

77Capire il cambiamentoGiovani e partecipazioneAndrea Salvini, Irene Psaroudakis

78La gestione della crisi negli enti del terzo settoreDinamiche ricorrenti e possibili soluzioniStefano Martello

Stampato in Italiada La Grafica Pisana - Bientina (Pisa)

Novembre 2018