Libro don Elio Seconda Parte - InternEtica · 2010-03-09 · 3 I NEOCATECUMENALI E L ’ ENCICLICA...

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1 IL CRISTIANO FEDELE Foglio Settimanale della Parrocchia Beata Vergine Maria del Monte Carmelo in Loreto Aprutino (PE) Direttore Editoriale: Ampelio Marighetto - Direttore Responsabile: Camillo D’Angelo - Autor.Trib. di Pescara n.14/01 “ECCLESIA DE EUCHARISTIA” E DOTTRINA NEOCATECUMENALE Sped. in abb. postale art. 2 comma 20/c Legge 662/96. Autor. POSTE ITALIANE - S.p.a. - PE SUPPLEMENTO N. 5

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IL CRISTIANO FEDELEFoglio Settimanale della Parrocchia Beata Vergine Maria del Monte Carmelo in Loreto Aprutino (PE)

Direttore Editoriale: Ampelio Marighetto - Direttore Responsabile: Camillo D’Angelo - Autor.Trib. di Pescara n.14/01

“ECCLESIA DE EUCHARISTIA”E DOTTRINA NEOCATECUMENALE

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SUPPLEMENTO N. 5

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I NEOCATECUMENALI E L’ENCICLICA“ECCLESIA DE EUCHARISTIA”

Tutti abbiamo atteso con ansia e accolto con gioia la Lettera Enciclica“Ecclesia de Eucaristia”, che il Papa ha inviato a tutta la Chiesa ed orafinalmente è uscita anche l’istruzione “Redemptionis Sacramentum” daLui fortemente voluta.

Dopo il Concilio Vaticano II molti, purtroppo, si sono improvvisatimaestri di fede e hanno diffuso errori e abusi d’ogni genere. Inspiegabil-mente i pastori non hanno saputo (o voluto) ricordare e insegnare ai lo-ro fedeli la verità sul mistero centrale della nostra fede.

Proprio in questo grande sbandamento (non solo dei fedeli ma anchedei sacerdoti) il Papa ha riaffermato in questa Enciclica, con chiarezza,semplicità e determinazione, la fede immutata della Chiesa verso questoMistero che è troppo grande perché qualcuno possa permettersi di trat-tarlo con arbitrio personale senza rispettarne il carattere sacro e la di-mensione universale. Finalmente il 17 aprile 2003 i fedeli cristiani hannointeso risuonare forte e chiara la voce di Colui che Gesù ha scelto comeSuo Vicario nella guida della Chiesa.

Sono rimasto sorpreso che dei NC all’uscita l’Enciclica abbiano detto:“Adesso siamo nei guai! Cosa facciamo”? “(Il presbitero) m’ha detto cheavrebbe telefonato a Roma” (a Kiko s’intende).

Preoccupa il fatto che dei cristiani si sentano in imbarazzo dinanzi al-le parole del Papa che rievoca, con tanta forza e chiarezza, la nostra fedein Gesù eucaristia.

Finalmente il pronunciamento del Papa mette fine a tanti equivoci, a-busi ed errori affermatisi in questi anni postconciliari. I NC in particola-re, negli ultimi trent’anni, nel segreto delle loro riunioni notturne, hannosempre celebrato secondo le disposizioni del loro capo e fondatore (KikoArgüello) che avvalendosi di due concessioni della Congregazione per ilCulto Divino (Actio Pastoralis nn. 6-11) di poter ricevere la Comunionesotto le due specie e di spostare “ad experimentum” il rito della pace a do-po la preghiera dei fedeli, ha modificato al punto tale la celebrazione eu-caristica da snaturarla.

Infatti:

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Kiko fa celebrare l’Eucaristia

• in sale comuni, utilizzando untavolo; se in chiesa, fa spostare ibanchi; mai usa l’altare.

• Non fa recitare il Gloria, il Cre-do, l’Agnello di Dio...

• Sostituisce il Salmo con cantisuoi, anche se non corrispondo-no alla Liturgia del giorno.

• Fa fare lunghe monizioni chequasi sostituiscono l’omelia.

• Non fa dire l’ “Orate fratres” per-ché riassume le preghiere me-dievali della Messa individuale,penitenziale, sacrificale.

• Non li fa inginocchiare alla Con-sacrazione, né davanti al Santis-simo Sacramento.

• Li fa ricevere la Comunionestando seduti, e dalle mani d’unlaico (anche i presbiteri)!

• Stabilisce che i frammenti sianosconsacrati dall’Ostiario e butta-ti nella spazzatura.

• Non fa fare il sacro silenzio do-po la Comunione ma fa cantaree ballare (danza biblica).

• Fa celebrare l’Eucaristia a portechiuse, “perché coloro che ven-gono allontanati da noi sonotroppo deboli per parteciparvi”;sempre il sabato notte e mai laDomenica!

• Non accetta la Dottrina dellaChiesa sulla presenza reale nellespecie eucaristiche (elucubrazio-ni teologiche).

Ma la Chiesa fa celebrare

• in Basiliche, Cattedrali, Chiese...;con altari e tabernacoli, per farcomprendere il Mistero.

• Glorifica Dio e riafferma la fede.• Considera il Salmo parte inte-

grante e direttamente connessocon la Liturgia della Parola.

• Prepara con cura interventi dispiegazione e di esortazioneperché siano chiari e sobri.

• Offre ciò che serve per il sacrifi-cio e l’accompagna con l’offertadi se stessa riconoscendo la suatotale dipendenza da Dio.

• Fa inginocchiare i fedeli alla con-sacrazione (eccetto che vi sianoragionevoli motivi contrari).

• Fa accostare all’altare per riceve-re dal sacerdote il Corpo di Cri-sto in fraterna processione

• Il sacerdote raccoglie i frammen-ti; poi purifica la patena, la pissi-de e asterge il calice.

• Fa un tempo conveniente di “sa-cro silenzio” o esegue un cantodi lode o un salmo

• Ogni divisione per la Chiesa è incontrasto con l’Eucaristia che ce-lebra: essa deve far comunioneed educare alla comunione. Par-tecipare alla Messa domenicale èun obbligo!

• La ripresentazione sacramen-tale del sacrificio di Cristo im-plica una sua specialissimapresenza “reale” in corpo san-gue e anima...

• L’EUCARISTIA COME FONTE E APICE DELLA VITA CRISTIANA;• PRESENZA REALE DI GESU’ NELL’EUCARISTIA;• L’EUCARISTIA COME VERO SACRIFICIO;• CONDIZIONI PER UNA COMUNIONE INVISIBILE E VISIBILE;• EUCARISTIA E LITURGIA;• EUCARISTIA E TEOLOGIA.

Abbreviazioni usate nel corso del testo:

NC = Neocatecumenali;CNC = Cammino neocatecumenale;EE = Lettera Enciclica “Ecclesia de Eucharistia”;CCC = Catechismo della Chiesa Cattolica;OR = Orientamenti alle équipes dei catechisti per la fase di conver-

sione (1973);1SCR = Orientamenti alle équipes dei catechisti per la convivenza del-

la rinnovazione del primo scrutino battesimale (1986);2SCR = Orientamenti alle équipes dei catechisti per il secondo scrutino

battesimale (1977);SH = Orientamenti alle équipes dei catechisti per lo Shema (1974);ST = Statuta Neocatechumenale iter;DS = Denzinger-Schönmetzer – Enchiridion Symbolorum definitio-

num et declarationum de rebus fidei et morum.

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Ci troviamo di fronte a due modi totalmente diversi di intenderel’essenza dell’Eucaristia. Si fa fatica a credere che siano tutti e due cat-tolici. Di fronte a queste macroscopiche difformità viene da chiedersise, nel celebrare la Santa Messa, i ‘presbiteri’ NC abbiano intenzionedi fare ciò che fa la Chiesa o ciò che ordina Kiko. Certo non potrannoadeguarsi alle disposizioni della Chiesa perché altrimenti crollerebbeil mito del profeta Kiko che avrebbe ricevuto l’ordine dallo stesso Ge-sù: “Va, e cambia la Messa!”.

Dietro minaccia di soppressione Kiko ha già accettato di inserire ne-gli Statuti• che la Messa sarà aperta anche agli altri fedeli (Neocatechumenale

iter Statuta 13,3);• che i NC verranno adeguatamente istruiti al culto eucaristico fuori

della Messa, all’adorazione notturna, alla recita del Santo Rosario ealle altre pratiche di pietà della tradizione cattolica (ivi, 14,4).

Con ciò sconfessa quanto ha predicato per oltre trent’anni e cioè che ilculto eucaristico aveva senso solo durante la Messa e non fuori dellasua celebrazione: “Tutti i valori di adorazione e contemplazione, chenon sono alieni alla celebrazione del banchetto, sono stati tirati fuoridalla celebrazione come cose marginali. L’Adorazione al Santissimo,per esempio” (OR, p. 330). “L’Adorazione e la contemplazione sonospecifiche della Pasqua, ma dentro la celebrazione, non come cosestaccate” (OR, p. 331).

Sarà sufficiente l’accettazione dello Statuto da parte di Kiko per to-gliere dalla testa dei suoi seguaci quegli insegnamenti e quelle dispo-sizioni che ha loro impartito per tanti anni e con tanta autorevolezza?

Egli ha ‘corretto’ le Catechesi citando gli articoli del CCC corrispon-denti agli argomenti trattati, ma senza ritrattare le sue affermazioni(ben diverse da quanto si afferma nel CCC). Come sperare che venga-no spiegati gli articoli del CCC e non siano riproposti ancora gli inse-gnamenti errati delle sue catechesi? Da più parti ho avuto notizia chenessuno considera e spiega queste aggiunte (perché contrastano con leaffermazioni di Kiko, rimaste pressoché inalterate).

Per meglio comprendere le difformità tra gli insegnamenti del Papae le catechesi di Kiko riporto e metto a confronto una piccola antolo-gia di brani tratti dall’Enciclica papale Ecclesia de Eucharistia e dalle ca-techesi di Kiko, prendendo in considerazione in particolare:

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“Cosa sarà questo cammino cate-cumenale? UNO SVILUPPAREQUESTO BATTESIMO, un cam-mino in cui si potrà irrigare questoseme ricevuto e dove la Chiesa vigesterà, perché l’embrione dell’uo-mo nuovo che avete ricevuto nel vo-

stro battesimo cresca in voi fino afarsi realtà” (OR, p. 33).

“Questo catecumenato lo facciamo inpiccole comunità che ci aiutino a vede-re la nostra realtà profonda di peccato ein cui possiamo andare rivivendo il no-stro battesimo per tappe” (OR, p. 75).

Queste tappe sono a loro volta suddivise in altre tappe intermedie,che durano anni. In questo modo, soltanto dopo venti anni (sempre chenon ci siano state ripetizioni) si giunge alla tappa conclusiva, detta della“Elezione’’, che, come le altre, dura tre o quattro anni e che, a sua volta,è divisa in tre tappe! Al termine dell’Elezione c’è lo ‘Scrutinio finale’ e i‘promossi’ rinnoveranno il Battesimo (se possibile al fiume Giordano);indosseranno una veste bianca (alba) che metteranno nei cinquantagiorni successivi alla Pasqua partecipando alle loro liturgie (anche neglianni successivi), e andranno in pellegrinaggio ai luoghi santi (compresaMadrid dove trovasi la casa natale di Kiko).Nelle catechesi del Cammino si fa largo uso di simboli e di immagini, di-pinte da Kiko e moltiplicate in tutti i modi. Così avviene per quella del-la Madonna col Bambino (Kiko) in braccio; per la Trinità di Rublev; perla Sacra Famiglia, ecc. Tutto l’itinerario per raggiungere le varie tappedel CNC è contrassegnato dalla la figura del “Tripode”, simbolo della Pa-rola di Dio, della Liturgia e della Comunità (Neocatecumenale!) (OR, p.33). Ovunque, nelle sale di riunione, nelle immaginette, nel frontespiziodegli Statuti hanno sempre davanti agli occhi la scritta: DIO E’: PARO-LA–LITURGIA–COMUNITA’. L’affermazione è chiaramente falsa e misorprende perché certo Dio è: ‘Comunità d’amore’ del Padre, del Figlio edello Spirito Santo; Dio s’è fatto ‘Parola’, ma non può essere ‘Liturgia’,perché la Liturgia è il culto che noi diamo a Dio. Perché mai questa falsa asserzione se non per inculcare che la Co-munità, della quale fanno parte, è divina, come divina è la Liturgiache vi celebrano e la Parola che annunciano?Questa impostazione catechetica comporta che durante il periodo del“Cammino”, tutta la catechesi impartita ai membri delle comunità, e lapreparazione ai sacramenti (specie quelli dell’Eucaristia e della Peniten-za) divengano “mezzi per giungere alla comprensione del Battesimo edegli impegni che esso comporta”; diventando “apice della vita cristia-na”; sostituendosi al vero “vertice” che è l’Eucaristia.

Kiko e Carmen a questa dottrina della Chiesa, così bene esposta dalPapa, oppongono l’insegnamento delle loro catechesi che presentanocome apice e fonte della vita cristiana il sacramento del Battesimo.

EUCARISTIA FONTE ED APICEDELLA VITA CRISTIANA

Il Santo Padre inizia l’Enciclica con un inno di fede nel Mistero del-l’Eucaristia, ripetendo l’affermazione plurisecolare della Teologiacattolica secondo la quale: “il sacrificio eucaristico è fonte ed apice ditutta la vita cristiana” (EE 1).

La frase è tratta dalla Costituzione Conciliare del Vaticano II, LumenGentium ed accolta nel Catechismo della Chiesa Cattolica: l’Eucaristia è«fonte e apice di tutta la vita cristiana».

«Tutti i sacramenti,... i ministeriecclesiastici e le opere di apostolato,sono strettamente uniti alla sacraEucaristia e ad essa sono ordinati.Infatti, nella Santissima Eucaristia èracchiuso tutto il bene spirituale del-la Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostraPasqua» (CCC, 1324).

«La comunione della vita divina el’unità del popolo di Dio, su cui sifonda la Chiesa, sono adeguatamenteespresse e mirabilmente prodotte dal-l’Eucaristia. In essa abbiamo il cul-mi-ne sia dell’azione con cui Diosantifica il mondo in Cristo, sia delculto che gli uomini rendono a Cristoe per lui al Padre nello SpiritoSanto» (CCC, 1325).

“La Chiesa vive del Cristo eucari-stico, da Lui è nutrita, da Lui è illu-minata. L’Eucaristia è mistero di fede,e insieme «mistero di luce»” (EE 6).

“Dal mistero pasquale nasce laChiesa. Proprio per questo l’Eucari-stia, che del mistero pasquale è il sa-cramento per eccellenza, si pone alcentro della vita ecclesiale” (EE 3).

“Non posso lasciar passare questoGiovedì Santo 2003 senza sostare da-vanti al «volto eucaristico» di Cristo,additando con nuova forza alla Chie-sa la centralità dell’Eucaristia. Di es-sa la Chiesa vive. Di questo «pane vi-vo» si nutre. Come non sentire il bi-sogno di esortare tutti a farne semprerinnovata esperienza?” (EE 7).“Il Concilio Vaticano II ha ricordatoche la Celebrazione eucaristica è alcentro del processo di crescita dellaChiesa” (EE 21).“Così l’Eucaristia si pone come fontee insieme come culmine di tutta l’e-vangelizzazione…” (EE 22).

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cato” (CCC 1420, 1422ss, 1442),senza la quale non si può accede-re legittimamente alla Santa Co-munione); ma quello di metterel’aspirante NC “in Cammino ver-so il futuro” (OR, p. 167).

Per Kiko deve “far sentire allagente che si sente perdonata conquel rito, e si sente in pace” (OR,p. 177).

Queste affermazioni rivelanoun programma con finalità psi-cologica, opposta a quella so-prannaturale che ci propone laChiesa cattolica con la sua dot-trina sui sacramenti.

E, proprio perché a Kiko interes-sa solo questo aspetto, parlandodei sacramenti egli insiste sulla va-lenza dei segni sacramentali che (asuo giudizio) devono essere moltoconsistenti, visibili e tangibili.

Per questo nella “Penitenziale”,tra i molti atti prescritti nel ritoNC, si insiste in particolare sul-l’abbraccio di pace che i parteci-panti si danno al termine della ce-rimonia. Quest’atto è molto im-portante perché quello è “il segnodel perdono che il peccatore ha rice-vuto” (OR, p. 191) dice Kiko; mada chi riceve il perdono: da Dio odal fratello? Anche l’assoluzionesembra che non conti:

“La forza di questa celebrazione èche si chiama la gente a conversione,anche se non si confessa nessuno par-

ticolarmente. Perché stiamo vivendoun tempo misto in cui la penitenza èabbastanza riscoperta... L’assolu-zione e il perdono possono venirepiù tardi” (OR, p. 195).

I NC concludono il rito dellaPenitenziale con “una festa” per-ché l’allegria non può esprimersiindividualmente! Perciò nellaComunità si fa “l’agape”, la fe-sta, come espressione dell’averricevuto il perdono dei peccati(OR, p. 192).

Ma se nessuno si confessa parti-colarmente, questa penitenzialefatta dai NC è solo una cerimoniaesortativa per “chiamare” a con-versione; non è un sacramento!

Se non si confessano i peccaticome atti personali, l’assoluzionenon ha alcun valore, e la parteci-pazione dei sacerdoti, in cotta estola, diventa una sceneggiata.

Viene allora da chiederci se iNC celebrino un sacramento del-la Chiesa cattolica o facciano unaseduta di psicologia di gruppo.

Kiko arriva a queste conclusioniperché egli parte dalla convinzio-ne (errata) che il Sacramento è for-mato da due elementi: il segno el’efficacia del segno (OR, p. 326).

Perciò Kiko insiste moltissimosulla visibilità (concretezza sen-sibile) dei segni stessi, perché af-ferma “da essi non si può prescin-dere affinché la grazia si realizzi”(OR, p. 327).

Nel CNC il Battesimo, da fondamento, da punto di partenza diven-ta il fine della conversione e quindi l’apice della vita cristiana.

Negli Statuti si dice che il CNC è sottomesso alla Chiesa (ST, 7,2), main realtà il suo percorso non corrisponde a quello da lei tracciato nel-la sua Liturgia. Il percorso NC, scrive ancora il P. Falsini (l.c.) “è uncammino a ritroso, perché il Battesimo che è l’atto da cui inizia il Cammi-no, diventa il momento culminante, finale, dello stesso”.

La Chiesa ha sempre considera-to il Battesimo “fondamento di tut-ta la vita cristiana, il vestibolo di in-gresso alla vita nello Spirito, e la por-ta che apre l’accesso agli altri sacra-menti” (CCC 1213). Secondo l’in-segnamento della Chiesa non sipuò parlare del sacramento dellaRiconciliazione o Penitenza, semanca nel soggetto quella “vitasoprannaturale” che si riceve colBattesimo e che si perde con ilpeccato (CCC, 1420-1425ss); né diEucaristia (nella quale riceviamoCristo Gesù fatto ‘pane di vita e-terna’) (CCC, 1406) per raggiun-gere la perfezione di quella vita,

se questa non è già posseduta dachi si accosta al Sacramento.

Come non risuscita chi ancoranon è nato, così non si dà il cibo(che serve ad alimentare la vita) acolui che questa vita ha perdutodiventando un cadavere (CCC,1391s e 1416).

P. Falsini scrive: “Tutto il CNCsi riassume nell’impegno personale,nella prospettiva catechetico-antro-pologica entro la piccola comunità,dimenticando il progressivo agiredella grazia divina, di cui l’elezioneè il segno più evidente” (Vita Pa-storale, 11/02, ‘Il CNC non è ini-ziazione’).

Parlare di Penitenza e di Eucari-stia come mezzi per riscoprire ilBattesimo, significa non aver capitoche cos’è il Battesimo, ma soprat-tutto non voler far conoscere ai fe-deli (già battezzati) ciò che è avve-nuto in loro nel Battesimo quandosono stati introdotti nella storia del-la salvezza, iniziando una vita nuo-va. Allora sono divenuti figli di Dio(adottivi); aggregati alla Chiesa,Corpo mistico di Cristo; partecipidella Pasqua del Signore Gesù.

Di questa splendida dimensione

positiva frutto del Battesimo (chequasi tutti i membri delle CNChanno ricevuto) non si parla.

Per la Chiesa la Confessione è pur“un mezzo di santificazione personale”(CCC 1468, 1496).

Secondo il Papa la Penitenza oRiconciliazione è “la via obbligataper accedere alla piena partecipazioneal Sacrificio eucaristico” (EE 37).

Nel CNC non ha più lo scopospecifico per cui è stata istituita daGesù Cristo (far riacquistare “lagrazia santificante perduta con il pec-

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ta per i nemici” (1SCR, pp. 67-68).“Durante il precatecumentato non

ti abbiamo detto che tu dovevi farequalcosa di più che ascoltare la paro-la; fare i temi, niente di più. Perchéquello che stiamo facendo è gestarticosì che dai un passo ora, un altro do-po, come un bambino piccolo che nonsa camminare. Però non ti inviteremoa fare nessun passo senza farlo con te,senza darti la grazia sufficiente per-ché tu possa farlo” (SH, p. 23).

“Allora dicevo, durante tutta laprima tappa (che è quella che statevivendo ora) la cosa più importante,la più profonda è questa: camminareverso questa conoscenza, verso que-sta discesa. E’ l’aiutarci a spogliarcidi questo uomo vecchio.

Per lo meno, se non a spogliarci, ailluminare l’uomo vecchio. Vi vo-glio dire una cosa: questo spogliarsidell’uomo vecchio, ai nostri giorni,è una novità nella Chiesa. E’ uncambiamento quasi copernicano,perché noi non siamo abituati a‘spogliarci’ ma a rivestirci di opere,di rosari, di sacrifici, ecc. di questecose che facciamo sempre per esseremigliori.

Per questo ci sarà sempre il perico-lo di qualche fratello che viene in co-munità cercando di essere migliore,per vedere se, approfittando della Pa-rola di Dio, impara ad esseremigliore. Ossia, siccome noi nonpiacciamo a noi stessi, perché vedia-mo che abbiamo dei difetti, veniamo avedere se ci aggiustiamo. Facciamo

un pò ciò che Gesù dice nel Vangelo:cuciamo toppe nuove sul vestito vec-chio. “Vediamo un pò se mi fanno unrammedino qui, perché nel problemasesso io vado molto male”. “Io conmia moglie in casa mi arrabbio mol-to, vediamo se mi fanno un rammen-do perché mi arrabbi di meno”, ecc.Questo è tutto quello che con i ‘cur-sillos’ con gli esercizi spirituali, ocon quello che volete... abbiamo sem-pre fatto.

Questo dello ‘spogliarsi dell’uomovecchio’ è completamente rivoluzio-nario. Molti di voi che siete qui, lotrovate molto difficile da capire, per-ché è nuovo. In che consiste questo?Che tu faccia questo cammino per-ché abbandoni dentro nell’acqua,perché tu lasci nella tomba di GesùCristo, l’uomo vecchio; ciò che dob-biamo fare è illuminare l’uomo vec-chio, è scoprire quest’uomo vecchio.Perché questo uomo vecchio non èsolamente questo difetto che hai eche ti disturba. L’uomo vecchio èqualcosa di molto più profondo. I di-fettucci sono le macchie di olio chesalgono sulla superficie dell’acqua eche dimostrano che sotto c’è un ca-davere in putrefazione. E’ inutileche tu, quando vedi nell’acqua lechiazze di olio, vi ponga nel deter-gente e faccia scomparire le macchie,perché, dopo 5 giorni, ritornerannoad apparire e così successivamente.C’è un morto là sotto e se non an-diamo alla radice, se non togliamo ilmorto, è tutto inutile.

La Chiesa non si è mai preoccupata in modo prioritario della quan-tità o della visibilità dei segni.

I pani azzimi, che a cominciare dal sec. XI divennero esclusivi per lacelebrazione eucaristica, erano molto piccoli, a forma di un soldo, conun contrassegno o un emblema di Cristo.

Quante volte le specie sacramen-tali sono state ridotte al minimo erese quasi invisibili per non esserescoperti dai persecutori, come nelcaso recentissimo del CardinalePham Dinh Tung Paul Joseph che,durante i 13 anni di prigionia sottoil regime comunista del Vietnam, èriuscito a celebrare l’Eucaristia u-sando come materia del Sacramen-to alcune briciole di pane, nascostein un pacchetto di sigarette e met-tendo nel palmo della mano (di-ventato calice vivente) tre gocce divino a cui aggiungeva una gocciad’acqua! Forse che per Kiko quelleMesse non sono valide solo perché

manca la visibilità del segno?Giovanni Paolo II ricorda la ne-

cessità del Sacramento della ri-conciliazione, come mezzo per ri-tornare nello stato di grazia, ne-cessaria per la piena partecipazio-ne all’Eucaristia (EE 36).

Egli richiama implicitamentetutta la dottrina della Chiesa sulSacramento della Penitenza, e lenorme stabilite dal Magistero del-la Chiesa nel corso dei secoli suquesto sacramento; norme e prin-cipi che il Papa aveva già richia-mato nell’esortazione apostolica“Reconciliatio et Poenitentia” del 2dicembre 1984.

Nel CNC si scava nelle coscienze per far toccare con mano la propriafragilità. A conferma riportiamo alcune frasi delle catechesi ricordate.

“Durante questo tempo nessuno siè messo a confronto con la vostra vi-ta. Ma adesso cominceremo a parlareproprio di essa. Adesso cominciamo amettere in questione la nostra pro-pria vita e a soppesare la nostra realtàumana. Adesso cominciamo a rivede-re un po’ la nostra vita, il nostro la-voro, la nostra famiglia e i nostri af-fetti: la nostra moglie, il nostro mari-to, i nostri figli, la nostra fidanzata.Cominciamo a rivedere un po’ le no-

stre ricchezze, la nostra relazione conil denaro. Perché essere cristiano è u-na realtà integrale che prende tutta lapersona. Vi stiamo per invitare amettere al centro della vostra vitaDio. Questo sarà l’asse principale diquesta convivenza” (1SCR, p. 8)

“Questo è la iniziazione cristiana:insegnarvi a vivere da cristiani passo apasso. Ora vi diremo come si deve fareil primo passettino. Poi il secondo, ecc.Fino a... far il grande passo: dare la vi-

Ai figli di genitori NC, a norma del loro Statuto (art. 11,2), dopo i 13anni viene imposto di entrare nel ‘Cammino’ e di percorrerne tutte letappe per arrivare (se tutto va bene) dopo venti anni, a rinnovare lepromesse del battesimo.

A che serve la partecipazione ai sacramenti della Comunione e del-la Confessione per tanti anni? Perché dare il Battesimo ai bambini contanta solennità nella Veglia pasquale? Cosa opera in loro quando lo ri-cevono? È solo un ‘teatrino’ (come si esprime Kiko nelle sue cateche-si) senza alcuna vera trasformazione interiore, o si cerca solo di incre-mentare il numero degli aderenti al CNC?

All’articolo 5 dello Statuto si dice che il “Cammino” serve anche aichierici e ai religiosi, per ravvivare il dono del Battesimo. Per costorovale quanto diceva San Paolo al suo prediletto Timoteo quando l’esor-tava a ravvivare in sé, non il dono del Battesimo ma quello del sacer-dozio-episcopato, ricevuto con l’imposizione delle sue mani (2Tm 1,6).

Perché mai un sacerdote, per ritrovare lo stimolo a vivere la gioiadella sua consacrazione al Signore, dovrebbe riandare continuamenteal giorno del suo Battesimo e non già a quello della sua ordinazionesacerdotale? Una simile proposta non poteva venire che da un laico(come è Kiko) che non ha mai sperimentato che significhi diventaresacerdote ed essere ministri del Corpo e Sangue di Cristo, ammini-stratori del suo perdono alle anime.

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I Battisteri antichi ci ricordanoche per i primi cristiani il sacra-mento del Battesimo non era l’a-pice e il culmine della vita cristia-na, ma la condizione indispensa-bile per “entrare” nella chiesa eper poter partecipare all’Eucari-stia (vero culmine della vita cri-stiana) alla quale ancora non po-tevano partecipare i catecumeni.

La Chiesa ha un itinerario cheguida i cristianidal Battistero porta all’altare!

Kiko invece, propone un itine-rario inverso chedall’Eucaristia porta al Battesimo!

Questo è il ‘suo’ Cammino chenon è però quello della Chiesacattolica!

Il Cammino neocatecumenale, diconseguenza non è per essere migliori,ma per essere peggiori. Che significaquesto essere peggiore? Vivendo in unregime di piccola comunità, scoprirela nostra realtà di fede, vogliamo sco-prire la nostra realtà di fede, la nostrastatura di fede. E ci troviamo con gen-te totalmente alienata. Che cosa fare-mo allora perché la gente possa scopri-re la sua realtà? Ponendola in una si-tuazione in cui non possa portare piùalcuna maschera.” (SH, pp. 85-86).

“C’è sempre un sentimentale cheincomincia a dire: “Qui non esiste a-more”. Per carità, fratelli, vediamoun pò ciò se capiamo quello che è ilCammino catecumenale.

Nessuno sta dicendo che nella comu-nità ci dev’essere amore. Ci sarà tuttoil contrario. Qui si sta tentando di de-nunciare le persone. Denudarle signi-fica denunciare la loro realtà di uomi-ni di peccato. Tu sei un peccatore, edallora perché ti scandalizzi se ti arrab-bi con l’altro? Perché non ti accettipeccatore? Perché dici di accettartipeccatore con la testa, ma nel fondonon ti accetti affatto peccatore. Perché

sei venuto qui perché ti cambino, per-ché ti mettano un rammendo. Sei ve-nuto qui per essere migliore. Perché atutti noi piace essere migliori per do-minare così gli altri” (SH, p.88).

Il Papa ci tiene a dirci: “Come ho scritto nella lettera apo-

stolica “Novo millennio ineunte”,non si tratta di inventare un “nuovoprogramma”. Il programma c’è già!È quello di sempre, raccolto dal Van-gelo e dalla viva Tradizione. Esso siincentra in ultima analisi, in Cristostesso da conoscere, amare, imitare,per vivere in Lui la vita trinitaria, etrasformare con lui la storia, fino alsuo compi-mento nella Gerusalemmeceleste” (EE 60).

Kiko invece afferma che la spi-ritualità che la Chiesa ha perse-guito per secoli non è biblica eperciò non ha alcun valore:

“Questa è la nostra spiritualità,che non è già quella di essere in gra-zia di Dio e quando questa si perde,ritornarvi per mezzo della confessio-ne. Questa non è la spiritualità bibli-ca” (1SCR, p. 118).

Kiko afferma che coloro che nella Chiesa si sono adoperati per far vi-vere (o tornare a vivere) in grazia di Dio i battezzati (i Cursillos de Cri-stianidad, gli esercizi spirituali di S. Ignazio, l’Opus Dei, l’AzioneCattolica ecc.) hanno fatto un lavoro inutile che Gesù ha condannatocon le sue parole. Da questo naufragio totale si salvano soltanto, conla loro spiritualità, i NC e il loro “Cammino”.

Come conseguire la finalità del Cammino di ricondurre i lontani al-la fede, quando non si sa in che consista e si utilizzano mezzi che so-no in contrasto con la fede stessa?

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ne professione di fede, 30 giugno1968, 25; AAS 60, 1968, 442-443:«Ogni spiegazione teologica, che ten-ti di penetrare in qualche modo questomistero, per essere in accordo con lafede cattolica deve mantenere fermoche nella realtà obiettiva, indipenden-temente dal nostro spirito, il pane e ilvino han cessato di esistere dopo laconsacrazione, sicché da quel momen-to sono il corpo e il sangue adorabilidel Signore Gesù ad essere realmentedinanzi a noi sotto le specie sacra-mentali del pane e del vino» (EE, 15).

Questa fede della Chiesa nellapresenza reale di Gesù nel misteroeucaristico (continua il Santo Pa-dre) si è “espressa nella storia, nonsoltanto attraverso l’istanza di un inte-riore atteggiamento di devozione, maanche attraverso una serie di espressio-ni esterne, volte ad evocare e sottoli-neare la grandezza dell’evento celebra-to... progressivamente è nato anche u-

no speciale statuto di regolamentazionedella liturgia eucaristica... su questabase si è sviluppato anche un ricco pa-trimonio di arte”, per cui, “architettu-ra, scultura, pittura, musica, orientatidal pensiero cristiano, hanno trovatonell’Eucaristia direttamente o indiret-tamente, una grande ispirazione... dal-le iniziali sedi eucaristiche poste nelle‘domus’ delle famiglie cristiane si èpassati alle solenni basiliche e alle im-ponenti cattedrali del Medio Evo; allechiese grandi e piccole che hanno viavia costellato le terre raggiunte dal cri-stianesimo. Le forme degli altari e deitabernacoli si sono sviluppate... se-guendo di volta in volta non solo i mo-tivi dell’estro, ma anche i dettami di u-na precisa comprensione del Mistero...

Si può dire così che l’Eucaristia,mentre ha plasmato la Chiesa e laspiritualità, ha inciso fortementenella cultura, in ambito special-mente estetico” (EE, 49).

Per i NC non è così Queste citazioni, che ci ricordano la fede dellaChiesa nei confronti del Mistero eucaristico, ci offrono anche la base diconfronto tra ciò che dice il Papa e le affermazioni contenute nelle cate-chesi del CNC, contenute nei testi degli “Orientamenti”, che costituisco-no il “Direttorio catechetico” su cui si basa lo stesso CNC (ST. 2,2).

In queste catechesi l’argomento della “presenza reale di Gesù nellaEucaristia” è trattato in modo diffuso ma ambiguo. Le verità inse-gnate dalla Chiesa non vengono attaccate direttamente ma subdola-mente: affermando prima e negando poi la stessa cosa, in modo danon esprimere con chiarezza il proprio pensiero.

Lutero “non negò la presenza rea-le, ma soltanto la parolina filosofica“transustanziazione”.

“La Chiesa primitiva non ha avutoproblemi circa la presenza reale”, ag-

giungendo, però, che per i primi cri-stiani “la cosa più importante non stanella presenza di Gesù Cristo nel panee nel vino, perché la presenza fisica diGesù Cristo nel mondo ha uno scopo,

PRESENZA REALE DI GESU’ NELL’EUCARISTIA

Per la Chiesa la centralità e la sublimità dell’Eucaristia si fonda sulmistero della presenza reale di Gesù Cristo, sotto i segni del pane e delvino (CCC 1324, 1374).

Nell’Enciclica il Santo Padre ricorda ripetutamente la dottrina dellaChiesa, che fin dalle origini ha creduto nella presenza reale di Gesù,sotto le specie del pane e del vino, dopo la consacrazione nella Messa.(CCC 1342, 1345, 1356 e 1357). In tutta l’Enciclica quasi non c’è paginache non ricordi questa fede. Mi limito a riportare solo qualche passo.

“La ripresentazione sacramentalenella Santa Messa del sacrificio diCristo coronato dalla sua risurrezioneimplica una specialissima presenzache – per riprendere le parole di PaoloVI – «si dice ‘reale’ non per esclusio-ne, quasi che le altre non siano ‘reali’,ma per antonomasia perché è sostan-ziale, e in forza di essa Cristo, Uomo-Dio, tutto intero si fa presente». È ri-proposta così la sempre valida dottri-na del Concilio di Trento:«Con la consacrazione del pane e delvino si opera la conversione di tutta lasostanza del pane nella sostanza delCorpo di Cristo, nostro Signore, e ditutta la sostanza del vino nella so-stanza del suo Sangue. Questa con-versione in modo conveniente e appro-priato è chiamata dalla santa Chiesacattolica transustanziazione». (Decr.de SS. Eucharistia, DS 1642).

Davvero l’Eucaristia è ‘mysteriumfidei’, mistero che sovrasta i nostripensieri, e può essere accolto solo nel-la fede, come spesso ricordano le cate-chesi patristiche su questo divin Sa-cramento. «Non vedere – esorta san

Cirillo di Gerusalemme» – nel pane enel vino dei semplici e naturali ele-menti, perché il Signore ha detto e-spressamente che sono il suo corpo eil suo sangue: la fede te lo assicura,benché i sensi ti suggeriscano altro».(Catechesi mistagogiche, IV, 6, SH126, 138).

«Adoro te devote, latens Deitas»,continueremo a cantare con il Dot-tore Angelico. Di fronte a questomistero di amore, la ragione uma-na sperimenta tutta la sua finitez-za. Si comprende come, lungo i se-coli, questa verità abbia stimolatola teologia ad ardui sforzi di com-prensione.

Sono sforzi lodevoli, tanto più utili epenetranti quanto più capaci di coniu-gare l’esercizio critico del pensiero col«vissuto di fede» della Chiesa, coltospecialmente nel «carisma certo di ve-rità » del Magistero e «nell’intima in-telligenza delle cose spirituali» (Vat.II, Cost. dog. sulla divina Rivela-zione Dei Verbum, 8) che raggiun-gono soprattutto i Santi. Resta il con-fi-ne additato da Paolo VI nella Solen-

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che è il risuscitare dalla morte. Questaè la cosa importante” (OR, p. 325).

Per Carmen scopo dell’incarna-zione è stato quello di “risuscitareda morte”.

La Chiesa ha sempre insegnatoed espresso nelle sue formule di fe-de, che Gesù s’è incarnato per can-cellare il peccato dell’uomo e ri-conciliarlo con Dio, per mezzo delsuo Sacrificio in Croce (Eb 10,15).

La risurrezione di Gesù non è ilfine dell’Incarnazione. La sua ve-nuta è stata in funzione della re-denzione che Egli avrebbe opera-to a favore dell’uomo con la suaPassione e Morte.

Carmen irride gli sforzi dellaChiesa per cercare di far megliocomprendere ai fedeli il sacra-mento.

“Vi potrei mostrare discussioni teo-logiche su questo problema (quello del-

la presenza reale) che fanno ridere. Lavera teologia è un canto a Dio, è l’Eu-carestia stessa, un canto completo dilode a Dio perché si è lasciato conosce-re. Le teologie del secolo XVI non sonoaltro che elucubrazioni mentali senzauna esperienza biblica da cui sgorgal’Eucarestia. Il mistero si incentra sul-la presenza: i protestanti dicono... Cal-vino dice... La Chiesa cattolica diventaossessionata riguardo alla presenzareale, tanto che per essa è tutto presen-za reale... Queste ossessionanti elucu-brazioni mentali fatte dai teologi deltempo, erano fatte da persone senzauna esperienza biblica da cui sgorgal’Eucaristia” (OR, p. 329).

Secondo lei la Chiesa di queltempo e i suoi teologi erano deifissati perché difendevano appas-sionatamente la fede nella pre-senza reale, negata dai riformato-ri luterani.

Chi conosce la storia della Chiesa sa che la Teologia del sec. XVI an-novera tra i suoi esponenti persone di profondissima cultura e di ri-conosciuta santità di vita. Ricordiamo alcuni nomi:

S. Pietro Canisio Dottore della Chiesa (+1597); Giacomo Gretser(1626); Adamo Tanner (+1632); Stanislao Osio; Card. David du Par-ron (+ 1618); Gregorio di Valencia; S. Roberto Bellarmino, Card. eDottore della Chiesa (+1621); Dionigi Patavio (+1652); FrancescoSuarex (+1617); Pietro e Domenico de Soto; Domenico Banez(+1604); Leonardo Lessio (+1623); Giovanni de Lugo (+1660); S. Car-lo Borromeo (1538-1584); S. Francesco di Sales Dottore della Chiesa(1566-1622); S. Teresa di Gesù Dottore della Chiesa (+1582); S. Igna-zio di Lojola (1491-1556)...

Nonostante i giudizi della Carmen sulla teologia del sec. XVI, laChiesa accetta la maggior parte delle conclusioni di quei teologi, so-lennemente confermate dal Concilio di Trento.

Carmen non ha dubbi: “Oggi loSpirito Santo dopo aver permesso cheapparissero questi rivestimenti in de-terminate epoche della storia, perchéera necessario, in un certo momen-to, per esempio, fu necessario insiste-re contro i protestanti sulla presenzareale, ma una volta che questo non èpiù necessario non bisogna insisterepiù. Perché quel momento storico èpassato” (OR, pp. 333-334).

Per Carmen ed il CNC il pro-blema della “presenza reale” nonesiste più. Infatti nelle catechesidel Cammino non si spiega checosa comporti veramente l’e-spressione ‘presenza reale’, né si in-site più su questo tema.

A Carmen interessa moltissimoil valore dei segni!

Kiko ha un’attenzione particolareper i segni e per i gesti, sia nella ce-lebrazione dei sacramenti che nellealtre cerimonie del Cammino.

Ma, parlando dell’efficacia deisegni sia lui che Carmen cadonoin un grave errore dogmatico af-fermando che il sacramento non èformato (come dice la Chiesacattolica) da tre elementi: materia,forma e ministro (che abbia l’in-tenzi-one di fare ciò che fa la Chie-sa) (CCC, 1114, 1125, 1127), ma dadue elementi: “dal segno e dal-l’efficacia del segno“ (OR, p. 325).

“Un sacramento è formato da dueelementi: uno è il segno, esplicitazio-ne del mistero, e l’altro è l’efficaciadel segno che realizza quello che il

segno significa.I protestanti vollero dare talmente

tanta importanza al primo elementoche il Concilio dovette far risaltare ilsecondo. E allora è lo stesso comunica-re con il pane, o con un ostia che sem-bra di carta; è lo stesso che beva unodalla coppa o che ne bevevano tutti.

I sacramenti danno la grazia che si-gnificano; il Concilio dice la verità, maquelli che vennero dopo, per contrap-porsi a Lutero si fermarono all’efficaciadei sacramenti, trascurando il segno.E allora è lo stesso ecc.” (OR, p. 326).

Il canone diceva: “Prese il calice,fece l’azione di grazie, e lo passò ai suoidiscepoli dicendo: prendete e bevetenetutti... In realtà chi beve è il solo sacer-dote e tutti gli altri non fanno nulla.Quanto all’efficacia il sacramento sirealizza, ma non si da alcuna impor-tanza al segno. E’ importante insisteresu questo. Dei due elementi del sacra-mento noi abbiamo mantenuto l’effica-cia, che rappresenta la cosa importanteper una mente razionalista; l’essenzadelle cose. Lo abbiamo fatto senza sa-pere del valore prezioso del segno...Precisamente i segni preparano l’uomoa mettersi nella disponibilità adattaperché si realizzi il sacramento. Il panee il vino in quanto segno aiutano e pre-parano a ricevere l’azione di Dio.

La liturgia è piena di segni, per-ché da essi non si può prescinde-re affinché la grazia si realizzi.Ma dopo Trento siamo rimasti con leessenze e le efficace, misconoscendoil valore dei segni” (OR, p. 327).

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trina luterana e particolarmentequella di Zuiglio che riteneva ilpane e il vino “puri simboli delCorpo e del Sangue di Cristo”.

Forse Kiko e Carmen non arri-vano a tanto, ma il loro linguag-gio teologico è poco conforme aquello della Chiesa. Non sembraazzardato dubitare sulla loro fedenella presenza reale.

Nelle loro catechesi dicono in-fatti:

“Il pane e il vino (consacrati) nonsono fatti per essere esposti, perchévanno a male. Il pane e il vino sonofatti per essere mangiati e bevuti. Iodico sempre ai sacramentini che han-no costruito un tabernacolo immenso:se Gesù Cristo avesse voluto l’Eucari-stia per stare lì, si sarebbe fatto pre-sente in una pietra che non va a ma-le. Il pane è per il banchetto, per con-durci alla Pasqua. La presenza reale èsempre un mezzo per condurci ad unfine, che è la Pasqua. Non è un asso-luto. Gesù Cristo è presente in fun-zione del mistero Pasquale”.(OR, p. 329).

“Tutti i valori di adorazione e con-templazione, che non sono alieni allacelebrazione del banchetto, sono statitirati fuori dalla celebrazione comecose marginali. L’adorazione al San-tissimo per esempio” (OR, p. 330).

“Come una cosa separata dalla cele-brazione cominciano le famose devo-zioni eucaristiche: l’adorazione, le ge-nuflessioni durante la Messa ad ognimomento, l’elevazione... L’adorazione

e la contemplazione sono specifichedella Pasqua, ma dentro la celebrazio-ne, non come cose staccate”(OR, p. 331).

Dopo la lettura di queste affer-mazioni si può e si deve conclu-dere amaramente che:• I neocatecumenali, o almeno i

loro fondatori, non credono al-la presenza reale di Cristo sot-to le apparenze del pane e delvino consacrati, quando laMessa è terminata.

• Non credono che questa pre-senza si estenda anche ai fram-menti (le briciole) del pane,contro l’insegnamento dellaChiesa espresso nel CCC al n1377.

• Secondo le affermazioni dei re-sponsabili internazionali delCNC, quanti credono nellapresenza reale di Gesù nell’o-stia consacrata anche dopo laMessa, credono ad una falsità.

• I fedeli che si prostrano ad a-dorare le Specie sacramentaliesposte alla venerazione o cu-stodite nei tabernacoli, compi-rebbero un atto di idolatria(contro il CCC n. 1378).

Secondo Carmen e molti NC neitabernacoli dove sono custoditele Ostie consacrate nella Messanon è realmente presente GesùCristo! Così hanno pensato molticristiani accorsi per primi a sen-tirla e, istintivamente, si sono ri-bellati all’esplicita negazione.

Spiegando i gesti compiuti daGesù nell’Ultima Cena la Car-men afferma che quando Gesù hapreso il pane e lo ha dato agli a-postoli dicendo “questo è il miocorpo...” Egli non ha fatto altroche “dare al segno (del pane azzimo)

un altro nuovo significato, un nuovocontenuto: “questo pane è il mio cor-po che si consegna alla morte pervoi”. Gesù Cristo non si inventa ilsegno, che era antichissimo; dà pie-nezza al segno, un nuovo significa-to” (OR, p. 306).

Le catechesi di Carmen appaiono chiaramente opposte agli insegna-menti della Chiesa. Per lei non è il caso di insistere sulla ‘presenza reale’perché quel momento storico è passato.

Io penso invece che non solo non sia passato ma sia di grande at-tualità per tutti i sacerdoti cattolici.

La Chiesa crede che dopo le parole di Gesù -ripetute dal sacerdote almomento della consacrazione- il pane e il vino hanno cessato d’esserepane e vino, perché sono diventati realmente e sostanzialmente Corpo eSangue di Cristo, rimanendo del pane e del vino solo nelle “apparenze”.

Il Concilio di Trento ha ritenuto il termine “transustanziazione” co-me il più conveniente ed appropriato per esprimere questo evento(CCC n. 1376), anche se basato su una certa teoria filosofica.

La dottrina della trasformazione o conversione di tutta la sostanzadel pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo è dogma di fede(DS 884). Chi la nega è eretico!

Il Santo Padre lo ricorda nella sua Enciclica al n. 15, riportando il de-creto “De Eucharistia” del Concilio di Trento (D.S. 1642) e lo ribadisce:“Nell’umile segno del pane e del vino, transustanziati nel suo Corpoe nel suo Sangue, Cristo cammina con noi quale nostra forza e nostroviatico, ci rende per tutti testimoni di speranza” (EE, 62).

Ma Carmen afferma -seguendo la teoria dei teologi del catechismoolandese- che Gesù con le sue parole ha dato “soltanto un nuovo si-gnificato” al pane e al vino per cui, dopo la consacrazione, non sareb-bero, ma soltanto “significherebbero” una cosa nuova!

Peccato che tanti NC non riesca-no ad accettare il termine “transu-stanziazione” che piace tanto alPapa ma non a Kiko e a Carmenche pur affermano di accettare la

Dottrina del Vat. II e di volerlaportare attraverso il Camminonelle parrocchie di tutto il mondo(OR, p. 86; ST, 1,2: 7,2; 11,4).

Carmen sembra far sua la dot-

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Ma se, come dicono i fondatorie responsabili internazionali, ilCNC non è un Movimento, non èun’Associazione... ma una propo-sta di fede, com’è possibile che sipermettano queste catechesi pie-ne di errori, non corrette, incon-trollate e incontrollabili?

Queste catechesi sono state ri-

petute per oltre trent’anni nelleCNC sorte nei vari continenti.

Per ottenere l’approvazione del-lo Statuto i responsabili interna-zionali del Cammino hanno do-vuto presentare i loro testi all’au-torità della Chiesa e Kiko è statoinvitato a correggerli.

Ma fino ad oggi egli s’è limitato ad aggiungere alcuni articoli delCatechismo della Chiesa Cattolica riguardanti i vari argomenti trat-tati, ma non ha modificato le sue precedenti affermazioni, quasi afar credere siano perfettamente concordanti con la dottrina cattolica.

(Questo avveniva nel 1999! Siamo ormai al 2005 e nulla è cambiato!)

Così il giorno dopo Kiko ha do-vuto intervenire.

“Anche ieri, quando parlavamo deltabernacolo, della custodia... mammamia! ma che succede? Nel tabernacolonon c’è Gesù Cristo!... Per piacere!Non è questo. La gente non capisce esi scandalizza.... Questo vuol dire for-se che siamo contrari alla presenza diGesù Cristo nel Tabernacolo? Per pia-cere! Bisogna capire perché il Conciliodice queste cose” (OR, p. 350).

Come è suo metodo, Kiko dà u-na risposta ambigua addebitandoal Concilio un linguaggio che èsolo del Cammino. Che la rispo-sta della Carmen e di Kiko nonsia stata sufficiente ad eliminareogni dubbio è dimostrato dal fat-to che, per ottenere l’approvazio-ne dello Statuto, hanno dovuto e-splicitamente stabilire all’art. 14,4che i “NC vengono inoltre gra-dualmente istruiti al culto eucari-stico fuori della Messa, all’adora-zione notturna, ecc.

Siamo lieti che per Statuto siastata eliminata dalle catechesi NCquesta eresia riconoscendo cosìquello che per anni avevano ne-gato. Accettando quell’articolo ifondatori del Cammino sconfes-sano solennemente quello che peroltre trent’anni era stato il cavallodi battaglia del loro insegnamen-to sul culto all’Eucaristia, che essiammettevano solo durante laMessa, ma non fuori dalla sua ce-

lebrazione.L’art. 14 dello Statuto rinnega in

pieno questo insegnamento, capo-volgendo tutte le catechesi delCammino relative all’Eucaristia.In esso si parla anche di “adorazio-ne notturna”. Questo particolarem’incuriosisce. Sembra che la not-te sia il tempo prediletto per farele cose migliori: adunanze, cate-chesi, celebrazioni e adorazioni‘notturne’! Non c’è dubbio: I NCsono proprio “figli della luce...elettrica!”.

Nello Statuto (14,2) si fa cennoanche ad altre pratiche di pietàdella tradizione cattolica a cui ver-ranno gradatamente istruiti i NC(dunque, finora non le conosceva-no!). Speriamo che tra le devozio-ni che verranno insegnate ci siaanche quella al Sacro Cuore di Ge-sù, da Kiko più volte irrisa in pas-sato nelle sue catechesi. (Or, p.115-139; 1SCR, p. 119; 2SCR, p. 64).

Speriamo, infine, che errori edorrori contenuti nelle catechesidel CNC, vengano completamen-te cancellati dai nuovi testi che iresponsabili internazionali do-vranno presen-tare all’autoritàdella Chiesa per ottenere l’appro-vazione del “Direttorio catechetico”non ancora approvato.

Dopo la consegna degli Statutiun NC chiese al supercatechista:“Ora cosa cambia?”. “Niente!” fula risposta. “E’ tutta teoria! In pra-tica tutto continua come prima!”.

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dono, pur prezioso fra tanti altri, macome il dono per eccellenza, perchédono di se stesso, della sua personanella sua santa umanità, nonché del-la sua opera di salvezza. Questa nonrimane confinata nel passato, giacché«tutto ciò che Cristo è, tutto ciò cheha compiuto e sofferto per tutti gliuomini, partecipa dell’eternità divinae perciò abbraccia tutti i tempi»(CCC, 1085).

Quando la Chiesa celebra l’Euca-ristia, memoriale della morte e ri-surrezione del suo Signore, questoevento centrale di salvezza è resorealmente presente e «si effettua l’o-pera della nostra redenzione». (LG,3) Questo sacrificio è talmente deci-sivo per la salvezza del genereumano che Gesù Cristo l’ha compiu-to ed è tornato al Padre soltanto do-po averci lasciato il mezzo per parte-ciparvi come se vi fossimo stati pre-senti. Ogni fedele può così prender-vi parte e attingerne i frutti inesau-ribilmente. Questa è la fede, di cui legenerazioni cristiane hanno vissutolungo i secoli. Questa fede il Magi-stero della Chiesa ha continuamenteribadito con gioiosa gratitudine perl’inestimabile dono. (Paolo VI, So-lenne professione di fede, 30 giu-gno 1968, 24: AAS 60, 442; Gio-vanni Paolo II, Lett. ap. Domini-cae Cenae, 24 febbraio 1980, 12:AAS 72 (1980), 142).

Desidero ancora una volta richia-mare questa verità, ponendomi convoi, miei carissimi fratelli e sorelle, in

adorazione davanti a questo Mistero:Mistero grande, Mistero di miseri-cordia. Che cosa Gesù poteva fare dipiù per noi? Davvero, nell’Eucari-stia, ci mostra un amore che va fino«all’estremo» (Gv 13,1), un amoreche non conosce misura” (EE,11).

“Istituendo il sacramento eucari-stico Gesù “non si limitò a dire«Questo è il mio corpo», «questo è ilmio sangue», ma aggiunse «datoper voi... versato per voi» (Lc 22,19-20). Non affermò soltanto che ciò chedava loro da mangiare e da bere era ilsuo corpo e il suo sangue, ma ne e-spresse altresì il valore sacrificale,rendendo presente in modo sacra-mentale il suo sacrificio, che si sareb-be compiuto sulla Croce alcune oredopo per la salvezza di tutti. «LaMessa è ad un tempo e inseparabil-mente il memoriale del sacrificio nelquale si perpetua il sacrificio dellaCroce e il sacro banchetto della co-munione al corpo e al sangue del Si-gnore » (CCC 1382).

La Chiesa vive continuamente delsacrificio redentore, e ad esso accedenon soltanto per mezzo di un ricor-do pieno di fede, ma anche in uncontatto attuale, poiché questo sa-crificio ritorna presente, perpetuan-dosi sacramentalmente, in ogni co-munità che lo offre per mano del mi-nistro consacrato. In questo modol’Eucaristia applica agli uominid’oggi la riconciliazione ottenuta u-na volta per tutte da Cristo per l’u-manità di ogni tempo. In effetti,

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EUCARISTIA VERO SACRIFICIO

Altro punto importantissimo circa la dottrina dell’Eucaristia trat-tato nell’Enciclica del Papa riguarda il carattere sacrificale di questosacramento.

La Chiesa ha sempre insegnato che:

1) Il sacrificio della Messa è la ri-presentazione sacramentale delsacrificio di Gesù sulla croce(Conc. di Trento e CCC. nn.1356 e 1357).

2) Il sacrifico della Messa non è so-lo sacrificio di lode e di ringra-ziamento, ma anche di espiazio-ne e di intercessione. (CCC 1358e Conc. Trento DS, 950).

3) La Messa è sacrificio in sensovero e proprio, istituito da Ge-sù la sera dell’Ultima Cena. IlConcilio di Trento ha definitoqueste verità “de fide“. Confer-mate in pieno dal Vat. II, sonoraccolte nel CCC, 1350ss, 1365,1366,1367.

Giovanni Paolo II richiama questadottrina:

“L’istituzione dell’Eucaristia infat-ti anticipava sacramentalmente gli e-venti che di lì a poco si sarebbero rea-lizzati, a partire dall’agonia del Get-semani” (EE, 3).

“Il sangue, che aveva poco primaconsegnato alla Chiesa come bevandadi salvezza nel Sacramento eucaristi-co, cominciava ad essere versato; lasua effusione si sarebbe poi compiuta

sul Golgota, divenendo lo strumentodella nostra redenzione” (EE, 3).

“«Mysterium fidei! - Mistero dellafede!». Quando il sacerdote pronunciao canta queste parole, i presenti accla-mano: «Annunziamo la tua morte, Si-gnore, proclamiamo la tua risurrezio-ne, nell’attesa della tua venuta».

In queste o simili parole la Chiesa,mentre addita il Cristo nel misterodella sua Passione, rivela anche il suoproprio mistero” (EE, 5).

“«Il Signore Gesù, nella notte incui veniva tradito» (1Cor 11,23), isti-tuì il Sacrificio eucaristico del suocorpo e del suo sangue. Le parole del-l’apostolo Paolo ci riportano alla cir-costanza drammatica in cui nacquel’Eucaristia. Essa porta indelebilmen-te inscritto l’evento della passione edella morte del Signore. Non ne è so-lo l’evocazione, ma la ripresentazionesacramentale. È il sacrificio della Cro-ce che si perpetua nei secoli. Bene e-sprimono questa verità le parole concui il popolo, nel rito latino, rispondealla proclamazione del «mistero dellafede» fatta dal sacerdote: «Annunzia-mo la tua morte, Signore!».

La Chiesa ha ricevuto l’Eucaristiada Cristo suo Signore non come un

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stanza del pane nella sostanza delCorpo di Cristo, nostro Signore, e ditutta la sostanza del vino nella so-stanza del suo Sangue. Questa con-versione in modo conveniente e ap-propriato è chiamata dalla santaChiesa cattolica transustanziazio-ne»” (Decr. de ss. Euc., 4: DS,1642; EE, 15).

“Il Sacrificio eucaristico è di per séorientato all’unione intima di noi fe-deli con Cristo attraverso la comu-nione: riceviamo Lui stesso che si èofferto per noi, il suo corpo che Egliha consegnato per noi sulla Croce, ilsuo sangue che ha «versato per mol-ti, in remissione dei peccati» (Mt26,28)” (EE, 16).

“Il Concilio Vaticano II ha ricorda-to che la Celebrazione eucaristica è alcentro del processo di crescita dellaChiesa. Infatti, dopo aver detto che«la Chiesa, ossia il regno di Cristo giàpresente in mistero, per la potenza diDio cresce visibilmente nel mondo»,(LG 3) quasi volendo rispondere alladomanda: «Come cresce?», aggiunge:«Ogni volta che il sacrificio della Cro-ce “col quale Cristo, nostro agnellopasquale, è stato immolato” (1 Cor5,7) viene celebrato sull’altare, si ef-fettua l’opera della nostra redenzione.E insieme, col sacramento del paneeucaristico, viene rappresentata e pro-dotta l’unità dei fedeli, che costitui-scono un solo corpo in Cristo» (1Cor10,17; LG 3) (EE, 21).

“L’incorporazione a Cristo, realiz-zata attraverso il Battesimo, si rinno-

va e si consolida continuamente conla partecipazione al Sacrificio eucari-stico” (EE, 22).

“Con la comunione eucaristica laChiesa è parimenti consolidata nellasua unità di corpo di Cristo. SanPaolo si riferisce a questa efficacia u-nificante della partecipazione albanchetto eucaristico quando scriveai Corinzi: «E il pane che noi spez-ziamo, non è forse comunione con ilcorpo di Cristo? Poiché c’è un solopane, noi, pur essendo molti, siamoun corpo solo: tutti infatti parteci-piamo dell’unico pane» (1 Cor10,16-17) (EE, 23).

“L’Eucaristia esprime anche questosenso dell’apostolicità. Infatti, comeinsegna il Concilio Vaticano II, «i fe-deli, in virtù del regale loro sacerdo-zio, concorrono all’oblazione dell’Eu-caristia», (LG 10) ma è il sacerdoteministeriale che «compie il Sacrificioeucaristico in persona di Cristo e looffre a Dio a nome di tutto il popolo».(LG 10) Per questo nel Messale Ro-mano è prescritto che sia unicamenteil sacerdote a recitare la preghiera eu-caristica, mentre il popolo vi si asso-cia con fede e in silenzio. (Institutiogenelaris: Editio typica termia, n.147)” (EE, 28).

“L’espressione, ripetutamente usa-ta dal Concilio Vaticano II, secondocui «il sacerdote ministeriale compieil Sacrificio eucaristico in persona diCristo», (LG 10; 28) era già ben ra-dicata nell’insegnamento pontificio.Come ho avuto modo di chiarire in

«il sacrificio di Cristo e il sacrificiodell’Eucaristia sono un unico sacri-ficio». (CCC 1367) Lo diceva effica-cemente già san Giovanni Crisosto-mo: «Noi offriamo sempre il medesi-mo Agnello, e non oggi uno e doma-ni un altro, ma sempre lo stesso. Perquesta ragione il sacrificio è sempreuno solo. [...] Anche ora noi offria-mo quella vittima, che allora fu of-ferta e che mai si consumerà».(Omelie sulla Lettera agli Ebrei,17, 3: PG 63, 131.)

La Messa rende presente il sacrifi-cio della Croce, non vi si aggiunge enon lo moltiplica (D 1743). Quelloche si ripete è la celebrazione memo-riale, l’«ostensione memoriale» (me-morialis demonstratio) (MediatorDei (20 novembre 1947: AAS 39(1947), 548) di esso, per cui l’unico edefinitivo sacrificio redentore di Cri-sto si rende sempre attuale nel tempo.La natura sacrificale del Mistero eu-caristico non può essere, pertanto, in-tesa come qualcosa a sé stante, indi-pendentemente dalla Croce o con unriferimento solo indiretto al sacrificiodel Calvario” (EE, 12).

“In forza del suo intimo rapportocon il sacrificio del Golgota, l’Euca-ristia è sacrificio in senso proprio, enon solo in senso generico, come sesi trattasse del semplice offrirsi diCristo quale cibo spirituale ai fedeli.Il dono infatti del suo amore e dellasua obbedienza fino all’estremo dellavita (Gv 10,17-18) è in primo luogoun dono al Padre suo. Certamente è

dono in favore nostro, anzi di tuttal’umanità (Mt 26,28; Mc 14,24; Lc22,20; Gv 10,15), ma dono innanzi-tutto al Padre: « sacrificio che il Pa-dre accettò, ricambiando questa to-tale donazione di suo Figlio, che sifece “obbediente fino alla morte”(Fil 2,8), con la sua paterna dona-zione, cioè col dono della nuova vitaimmortale nella risurrezione» (Re-demptor hominis 15 marzo 1979,20: AAS 71 (1979), 310)” (EE,13).

“La Pasqua di Cristo comprende,con la passione e la morte, anche lasua risurrezione. È quanto ricordal’acclamazione del popolo dopo laconsacrazione: «Proclamiamo la tuarisurrezione». In effetti, il Sacrificioeucaristico rende presente non solo ilmistero della passione e della mortedel Salvatore, ma anche il misterodella risurrezione, in cui il sacrificiotrova il suo coronamento” (EE, 14).

“La ripresentazione sacramentalenella Santa Messa del sacrificio diCristo coronato dalla sua risurrezio-ne implica una specialissima presen-za che – per riprendere le parole diPaolo VI – «si dice “reale” non peresclusione, quasi che le altre non sia-no “reali’’, ma per antonomasia per-ché è sostanziale, e in forza di essaCristo, Uomo-Dio, tutto intero si fapresente». (Mysterium fidei (3 set-tembre 1965): AAS 57 (1965), 764.)È riproposta così la sempre validadottrina del Concilio di Trento: «Conla consacrazione del pane e del vino siopera la conversione di tutta la so-

Ma Kiko e Carmen contrappongono la loro verità

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“L’Eucarestia è principalmenteun’esultazione, una risposta all’in-tervento di Dio” (OR, p. 287).

“Il cuore della Eucarestia è l’esul-tanza, l’allegria, la festa, una gioia im-pressionante... per essi è soprattutto laBerachà ebraica. E’ essenzialmentequesta risposta all’intervento di Dio.L’intervento di Dio provoca immedia-tamente una risposta esultante, unafesta” (OR, p. 289). “... è essenzial-mente una proclamazione, prima cheun’azione di grazie” (OR, p. 290).

“E la Chiesa primitiva che ha spe-rimentato Gesù Cristo che ha fattoper prima cosa? Scrivere? No! Laprima cosa che ha fatto è stato canta-re, celebrare l’eucaristia, esultare,proclamare la grandezza che Dio haoperato” (OR, p. 290).

“Noi abbiamo fatto dell’Eucaristiauna cosa totalmente statica, che pos-siamo manipolare: un bambin Gesùche ci mettiamo nel petto quando vo-gliamo... Invece l’Eucaristia è tutto ilcontrario perché in essa Dio passa etrascina con Sé tutta l’umanità. Per-ché questa opera che Dio ha fatto inGesù, risuscitandolo dai morti, dan-do un nuovo spirito all’umanità, sipercepisce, -non sono idee astratte-ma gli apostoli e i cristiani l’hannosperimentato e sono testimoni di que-sto” (OR, p. 291).

“La Messa è “Sacramento del pas-saggio di Gesù Cristo dalla morte allarisurrezione” (OR, p. 305).

“Per Israele questo pane riceve uncontenuto nuovo, un nuovo senso:l’uscita dall’Egitto. Gesù Cristo gli dàancora un altro nuovo significato, unnuovo contenuto al segno: questo pa-ne è il mio corpo che si consegna allamorte per voi” (OR, p. 306).

“L’Eucaristia intera è un cantoglorioso della Resurrezione di GesùCristo... è un canto glorioso della Ri-surrezione di Cristo. E’ una Pasqua,il sacramento del passaggio dallamorte alla vita” (OR, p. 308).

“Immaginate quello che fu nellaChiesa primitiva l’Eucaristia: questamanifestazione di Cristo risorto, que-sto Spirito manifestato agli uomini ecomunicato, che li fa partecipare al-l’opera di Gesù Cristo risuscitato daimorti” (OR, p. 315).

Contrariamente a quanto affer-ma S. Paolo: “ogni volta... voi an-nunziate la morte del Signore” (1Cor11,23-26) Kiko afferma che l’Euca-ristia è una proclamazione, un Ke-rigma della Risurrezione di GesùCristo dalla morte (OR, p. 308).

Ma allora, da dove sono venutenella Chiesa le idee sulla Messavero e proprio sacrificio?

Carmen afferma, contro ogni te-stimonianza biblica e storica, chequelle idee entrarono nella Chie-sa tra il IV secolo e l’VIII secolo.

Ecco cosa dice:“Abbiamo qui una data chiave: il

314 che è l’anno della conversione di

altra occasione, in persona Christi«vuol dire di più che “a nome”, op-pure “nelle veci” di Cristo. In perso-na: cioè nella specifica, sacramentaleidentificazione col sommo ed eternoSacerdote, che è l’autore e il principa-le soggetto di questo suo proprio sa-crificio, nel quale in verità non puòessere sostituito da nessuno». (Do-minicae Cenae, 24 febbraio 1980,8: AAS 72, 128-129)” (EE, 29).

“Per il carattere stesso della comu-nione ecclesiale e del rapporto che conessa ha il sacramento dell’Eucaristia,va ricordato che «il Sacrificio eucari-stico, pur celebrandosi sempre in unaparticolare comunità, non è mai cele-brazione di quella sola comunità: es-sa, infatti, ricevendo la presenza eu-caristica del Signore, riceve l’interodono della salvezza e si manifesta co-sì, pur nella sua perdurante partico-larità visibile, come immagine e verapresenza della Chiesa una, santa,cattolica ed apostolica». (Commu-nionis notio, 28 maggio 1992, 11:AAS 85 (1993), 844)” (EE, 39).

“Se la logica del «convito» ispirafamiliarità, la Chiesa non ha mai ce-duto alla tentazione di banalizzarequesta «dimestichezza» col suo Spo-so dimenticando che Egli è anche ilsuo Signore e che il «convito» restapur sempre un convito sacrificale,segnato dal sangue versato sul Gol-gota. Il Convito eucaristico è davve-ro convito «sacro», in cui la sempli-cità dei segni nasconde l’abisso dellasantità di Dio: «O Sacrum convi-

vium, in quo Christus sumitur!»”(EE, 48).

“Maria fece sua, con tutta la vitaaccanto a Cristo, e non soltanto sulCalvario, la dimensione sacrificaledell’Eucaristia” (EE, 56).

“Nel «memoriale» del Calvario èpresente tutto ciò che Cristo ha com-piuto nella sua passione e nella suamorte“ (EE, 57).

“Nell’Eucaristia la Chiesa si uni-sce pienamente a Cristo e al suo sa-crificio, facendo suo lo spirito di Ma-ria. È verità che si può approfondirerileggendo il Magnificat in prospetti-va eucaristica. L’Eucaristia, infatti,come il cantico di Maria, è innanzi-tutto lode e rendimento di grazie.Quando Maria esclama «L’animamia magnifica il Signore e il mio Spi-rito esulta in Dio mio salvatore», ellaporta in grembo Gesù. Loda il Padre«per» Gesù, ma lo loda anche «in»Gesù e «con» Gesù. È precisamentequesto il vero «atteggiamento eucari-stico»” (EE, 58).

“Il Mistero eucaristico – sacrificio,presenza, banchetto – non consenteriduzioni né strumentalizzazioni; vavissuto nella sua integrità, sia nell’evento celebrativo, sia nell’intimocolloquio con Gesù appena ricevutonella comunione, sia nel momento o-rante dell’adorazione eucaristicafuori della Messa” (EE, 61).

Come poteva il Papa presentar-ci il mistero eucaristico con paro-le più chiare di queste!

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schiavi nella Chiesa, come già fa-cevano i pagani nei loro templi.

Il cristianesimo non divenneper legge la religione ufficiale del-l’Impero. Tuttavia il paganesi-modecrebbe rapidamente per motiviinterni, e per il forte incrementodel cristianesimo.

Il fasto e la solennità che entraro-no nella Liturgia e negli edifici (lebasiliche), era logica conseguenzadella libertà conquistata, e della fe-de dei cristiani che vollero per Cri-sto, loro Dio, luoghi maestosi eculto solenne. Non sono certamen-te da condannare per questo.

L’Introito della Messa, che avevacominciato a svilupparsi fin daltempo di S. Giustino e che vedevaal centro il Vescovo circondato dalsuo presbiterio, assunse particola-re importanza tra il sec VII e il secVIII, in occasione della Messa so-lenne celebrata dal Papa della qua-le si parla negli antichi “Ordinesromani” tra il 650 e l’VIII secolo.Non era però l’imperatore che en-trava nella Basilica accompagnatoda un grande corteo, pieno di can-ti, ma il Papa che, accompagnatoda un solennissimo corteo andavadal Patriarchio Lateranense allachiesa stazionale, dove era fissatala celebrazione della Messa.

Mentre si preparava la celebra-zione della Messa e terminavanole Litanie che avevano accompa-gnato queste cerimonie e la Scho-la eseguiva dei canti. Terminati i

preparativi il Papa entrava nellaBasilica, e dopo essersi avvicinatoprocessionalmente e lentamenteall’altare, si cantava il Kyrie, do-po il quale il Papa intonava il Glo-ria e continuava la Messa.

È da quest’ingresso del Papa (enon da quello dell’imperatore)che è derivata la solennità dell’In-troito. Ma anche allora la Chiesaspiegava ai fedeli il senso dellecerimonie che si compivano nellacelebrazione dell’Eucaristica.

Così il “portare all’altare il pane eil vino” necessari per la celebra-zione della Messa era il gesto ne-cessario per presentare gli ele-menti per il sacrificio che si dove-va compiere. Il deporre questi ele-menti sull’altare parlava da sé,perché quelle cose, diventavano“res sacrae”, cioè cose sacre; e di-ventavano “sacrificium”!

Questo gesto, inizialmente com-pito senza pronunziare alcuna for-mula, in seguito fu accompagnatoda formule che mettevano in risal-to la fiducia degli offerenti in Dio.

Fin dai primi tempi l’offertorioebbe perciò un significato liturgi-co e venne considerato come l’o-blazione di tutta la Chiesa che, ac-cettando il dono, indicava la co-munione dei fedeli con la Chiesastessa e con i fratelli (Didacheé).

Ma per Carmen l’offertorio fa-ceva pensare ai cristiani venutidal paganesimo. Qualcosa di ne-gativo, perché “si offre a Dio qual-

Costantino. La Chiesa passa dall’es-sere costituita da piccole comunitàperseguitate ad essere la religione uf-ficiale dell’impero e perciò protetta.Tutto questo influisce enormementesull’evoluzione dell’Eucarestia e ditutta la liturgia perché nella Chiesaentrano masse di persone senza esse-re state catechizzate.

Si costruiscono basiliche enormicon le quali entrano nella liturgiaelementi di fasto e solennità. Da que-sto momento la luce potente dellaChiesa Primitiva si ricopre e si offu-sca caricandosi di elementi di fasto.

La purezza della liturgia primitivasi riveste di orpelli. Esaminiamo...questi elementi di fasto.

L’imperatore entra con gran solen-nità nella basilica: rito dell’entrata,l’introito. Immaginate la processioneche si organizza mentre entra tutto ilcorteo dell’imperatore. Una grandeentrata con canti. L’introito rivesteuna grande importanza.

Tenete presente che le chiese sonopiene di gente che non è ebrea e chenon ha vissuto la Pasqua di genera-zione in generazione. E’ gente cheviene dai templi pagani dove presta-va i suoi culti e, non essendo statacatechizzata, comincia a vedere nelculto cristiano le stesse cose che fa-ceva nella sua vecchia religione. O-gnuno di essi vede le cose come le hadentro, con gli occhiali che porta.Tutta questa gente non vive più laPasqua, ma i propri modi religiosi diconcepire Dio e le relazioni con Lui.

Così troviamo che entrano nella li-turgia tutta una serie di idee dellereligioni naturali: offrire cose a Dioper placarlo; sacrifici, agnelli, offer-te varie” (OR, p. 320).

Ricordiamo a Carmen che l’anno314 non è quello della conversionedi Costantino. Già prima di quelladata egli era favorevolmente pro-penso verso il cristianesimo alquale aderì totalmente e formal-mente solo nel giorno del suo Bat-tesimo, ricevuto alla vigilia dellasua morte a Nicodemia, nel 337.

L’editto di Milano del gennaio-febbraio 313 fu un “editto di tolle-ranza”, con il quale il cristianesi-mo, religione fino ad allora nonriconosciuta nell’Impero, entrò afar parte legalmente di esso, co-me tante altre confessioni religio-se riconosciute ed accettate daRoma. L’editto di Milano dettead ogni persona la piena libertàreligiosa, decretò la restituzioneai cristiani delle proprietà eccle-siastiche, precedentemente inca-merate. Di conseguenza l’Edittodi Milano accordò alla Chiesaquei diritti che fino ad allora ave-va goduto la religione pagana;cioè: l’esenzione ai chierici deiservizi pubblici; il diritto dellaChiesa di accettare legati; il rico-noscimento della festa della do-menica; il diritto di affrancare gli

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ni? Per questo gli atei dicevano: che ti-po di Dio sarà quello che riversa la suaira contro suo Figlio sulla croce?... Echi poteva rispondere?” (OR, p. 333).

La Chiesa, fin dagli inizi, hasempre ritenuto l’Eucaristia unvero e proprio sacrificio.

Lo attesta la Didaché, S. Cle-mente romano, S. Ignazio di An-tiochia, S. Giustino, Tertulliano, S.Cipriano, S. Ambrogio, S. Agosti-no, e tutte le liturgie orientali cheattestano il carattere sacrificaledella Messa, ma Kiko e Carmen(come i protestanti) non l’accetta-

no e fanno propria, invece, la teo-ria di Wiclef che nega il caratteresacrificale della Messa, ricono-scendo ad essa solo quello di unsacrificio soggettivo e spiritualedi lode, di adorazione e di ringra-ziamento, ma non di espiazione.

Lutero negò alla Messa il ca-rattere di sacrificio espiatorio.Se infatti l’uomo non è liberonel peccare (perché è satana chepecca in lui), egli non ha colpa,è irresponsabile, e pertanto nonè necessario alcun sacrificio e-spiatorio.

cosa per placarlo, sacrifici, agnelli,offerte varie” (OR, p. 320). Tuttoquesto, per lei è un fatto comple-tamente negativo, ma dimenticache uno degli elementi che entra-no nel concetto di ‘sacrificio’ è ilriconoscimento della totale di-pendenza dell’uomo da Dio e deldovere della riparazione per ipeccati commessi, con l’offerta diuna vittima adeguata. I cristianidel VI secolo avevano capito ilsenso vero del ‘sacrificio’.

Con questa Lettera Enciclica ilVicario di Cristo ci ricorda conchiarezza, ancor oggi, l’autenticoinsegnamento della Chiesa, se-condo il quale la Messa è “vero eproprio sacrificio”.

Quanti cristiani che hanno per-duto il senso del peccato e dellaloro dipendenza da Dio non av-vertono più la necessità d’un sa-crificio riparatore perché, non a-vendo fede, non capiscono la na-tura del peccato.

I promotori internazionali delCNC non credono che l’uomo sialibero nel commettere peccato epertanto negano la sua responsa-bilità e la conseguente necessitàdella riparazione.

Per negare il carattere sacrificaledella Messa, Kiko presenta la Pa-squa ignorando la centralità deltempio ed esaltando la liturgia fa-miliare nella notte di Pasqua”(OR, p. 297ss). Egli non ricordache nel Tempio di Gerusalemme,

al tempo di Gesù, si compivano isacrifici prescritti dalla Legge; cheanche Maria Santissima nel giornodella sua purificazione ha offertoil sacrificio prescritto (Lc 2,24); chealla samaritana Gesù disse che ilTempio di Gerusalemme era l’uni-co luogo dove si poteva legittima-mente adorare il Signore (Gv 4).

Kiko e Carmen dovrebbero sa-pere anche che la liturgia dellanotte pasquale iniziava nel Tem-pio dove, la vigilia di Pasqua, al-l’ora nona, si immolavano gli a-gnelli della cena pasquale a ricor-do della Pasqua istituita da Mosè(Es 12,26s; Gv 19,31ss).

Carmen afferma che sarebberostati i pagani convertiti (Secoli IV-VIII) che con la loro mentalità a-vrebbero influenzato la liturgiadella Chiesa e introdotto l’ideadel sacrificio, inteso “non comelode con Dio, attraverso la Pasquadel Signore ma nel senso pagano:

“Ciò che essi vedono nella Messa èche qualcuno si sacrifica, cioè il Cri-sto. Nell’Eucaristia vedono soltanto ilsacrifico della croce di Gesù Cristo. Ese oggi chiedeste alla gente qualcosa aquesto proposito, vi direbbe che nellaMessa vede il Calvario”(OR, p. 322).

“Forse che Dio ha bisogno del San-gue del Figlio, del suo sacrifico per pla-carsi? Ma che razza di Dio abbiamofatto? Siamo arrivati a pensare cheDio placava la sua ira nel sacrificio delsuo Figlio alla maniera degli dèi paga-

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stolo Paolo affermando che, al fine diuna degna ricezione dell’Eucaristia,«si deve premettere la confessione deipeccati, quando uno è conscio di pec-cato mortale»” (EE, 36).

“L’Eucaristia e la Penitenza sonodue sacramenti strettamente legati. Sel’Eucaristia rende presente il Sacrificioredentore della Croce perpetuandolosacramentalmente, ciò significa che daessa deriva un’esigenza continua diconversione, di risposta personale al-l’esortazione che san Paolo rivolgeva aicristiani di Corinto: «Vi supplichiamoin nome di Cristo: lasciatevi riconcilia-re con Dio» (2 Cor 5, 20). Se poi il cri-stiano ha sulla coscienza il peso di unpeccato grave, allora l’itinerario di pe-nitenza attraverso il sacramento dellaRiconciliazione diventa via obbligataper accedere alla piena partecipazioneal Sacrificio eucaristico.

Il giudizio sullo stato di grazia, ov-viamente, spetta soltanto all’interes-sato, trattandosi di una valutazione dicoscienza. Nei casi però di un compor-tamento esterno gravemente, manife-stamente e stabilmente contrario allanorma morale, la Chiesa, nella sua cu-ra pastorale del buon ordine comuni-tario e per il rispetto del Sacramento,non può non sentirsi chiamata in cau-sa. A questa situazione di manifestaindisposizione morale fa riferimentola norma del Codice di Diritto Cano-nico sulla non ammissione alla comu-

nione eucaristica di quanti «ostinata-mente perseverano in peccato gravemanifesto»” (EE, 37).

“La comunione ecclesiale, comeho già ricordato, è anche visibile, e siesprime nei vincoli elencati dallo stes-so Concilio allorché insegna: «Sonopienamente incorporati nella societàdella Chiesa quelli che, avendo lo Spi-rito di Cristo, accettano integra la suastruttura e tutti i mezzi di salvezza inessa istituiti, e nel suo organismo visi-bile sono uniti con Cristo – che la diri-ge mediante il Sommo Pontefice e i Ve-scovi – dai vincoli della professione difede, dei Sacramenti, del governo ec-clesiastico e della comunione».

L’Eucaristia, essendo la supremamanifestazione sacramentale della co-munione nella Chiesa, esige di esserecelebrata in un contesto di integritàdei legami anche esterni di comunione.In modo speciale, poiché essa è «comela consumazione della vita spirituale eil fine di tutti i Sacramenti», richiedeche siano reali i vincoli della comunio-ne nei Sacramenti, particolarmentenel Battesimo e nell’Ordine sacerdota-le. Non è possibile dare la comunionealla persona che non sia battezzata oche rifiuti l’integra verità di fede sulMistero eucaristico. Cristo è la verità erende testimonianza alla verità (Gv14,6; 18,37); il Sacramento del suocorpo e del suo sangue non consentefinzioni” (EE, 38) .

Dalle parole del S. Padre appare chiaro che l’Eucaristia è il “culminedi tutti i sacramenti nel portare a perfezione la comunione con Dio Pa-dre, mediante l’identificazione col Figlio unigenito per opera dello

CONDIZIONI PER UNA COMUNIONEINVISIBILE E VISIBILE

Il Santo Padre ci ricorda che non basta fare la Comunione! Perchépossa essere lecita e fruttuosa, essa deve essere ‘comunione auten-tica’: invisibile e visibile!

“La celebrazione dell’Eucaristia,però, non può essere il punto di avviodella comunione, che presuppone comeesistente, per consolidarla e portarla aperfezione. Il Sacramento esprime talevincolo di comunione sia nella dimen-sione invisibile che, in Cristo, per l’a-zione dello Spirito Santo, ci lega al Pa-dre e tra noi, sia nella dimensione visi-bile implicante la comunione nella dot-trina degli Apostoli, nei Sacramenti enell’ordine gerarchico. L’intimo rap-porto esistente tra gli elementi invisi-bili e gli elementi visibili della comu-nione ecclesiale è costitutivo dellaChiesa come sacramento di salvezza.Solo in questo contesto si ha la legitti-ma celebrazione dell’Eucaristia e la ve-ra partecipazione ad essa. Perciò risul-ta un’esigenza intrinseca all’Eucari-stia che essa sia celebrata nella comu-nione, e concretamente nell’integritàdei suoi vincoli” (EE, 35).

“La comunione invisibile,...suppone la vita di grazia, per mezzodella quale si è resi «partecipi della na-tura divina» (2 Pt 1,4), e la praticadelle virtù della fede, della speranza edella carità. Solo così infatti si ha veracomunione con il Padre, il Figlio e loSpirito Santo. Non basta la fede, maoccorre perseverare nella grazia santi-

ficante e nella carità, rimanendo in se-no alla Chiesa col «corpo» e col «cuo-re»; occorre cioè, per dirla con le paro-le di san Paolo, « la fede che opera permezzo della carità» (Gal 5,6).

L’integrità dei vincoli invisibili è unpreciso dovere morale del cristiano chevuole partecipare pienamente all’Eu-caristia comunicando al corpo e al san-gue di Cristo. A questo dovere lo ri-chiama lo stesso Apostolo con l’ammo-nizione: «Ciascuno, pertanto, esaminise stesso e poi mangi di questo pane ebeva di questo calice» (1 Cor 11,28).S. G. Crisostomo... esortava i fedeli:«Anch’io alzo la voce, supplico, pregoe scongiuro di non accostarci a questasacra Mensa con una coscienza mac-chiata e corrotta. Un tale accostamen-to, infatti, non potrà mai chiamarsi co-munione, anche se tocchiamo millevolte il corpo del Signore, ma condan-na, tormento e aumento di castighi».

In questa linea giustamente il CCCstabilisce: «Chi è consapevole di avercommesso un peccato grave, deve rice-vere il sacramento della Riconciliazio-ne prima di accedere alla comunione».Desidero quindi ribadire che vige e vi-gerà sempre nella Chiesa la norma concui il Concilio di Trento ha concretiz-zato la severa ammonizione dell’apo-

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tanto una cosa: venire ad ascoltare laParola di Dio una volta alla settimanae celebrare l’Eucaristia. Ognuno hacontinuato a fare ciò che voleva: quel-lo che era dell’Azione Cattolica hacontinuato ad esserlo, quello che eradella Messa quotidiana continua, ecc.In questa convivenza di scrutinio ab-biamo incominciato con le ricchezzedel lavoro, le ricchezze affettive, le ric-chezze del denaro. Quali relazioni ab-biamo con il lavoro, con gli affetti, conil denaro” (SH, p. 96).

Neppure la Confessione serve. «La confessione, che nel corso della

storia della Chiesa, si è trasformata inun mezzo di santificazione personale,in qualche cosa di privato, che ha ac-quistato un senso magico, in cui la as-soluzione, di per se sola è sufficiente aperdonare i peccati... che dura fino ai

nostri giorni.” A che serve più? “SEUN UOMO E’ STATO RISUSCITA-TO DALLA MORTE, VUOL DIRECHE IL PECCATO E’ STATO PER-DONATO. … Gesù Cristo è venutoa soffrire perché tu non soffra, è venu-to a morire perché tu non muoia: Luisì che muore, tu no; in modo che ti siregala gratuitamente la vita”(OR, p. 143, 144 e 222).

“Tu darai gloria a Dio se credi cheDio può fare di te, che sei un peccato-re, lussurioso, egoista, attaccato aldenaro, un figlio di Dio che ami comeGesù Cristo. Tu credi questo? Questolo farà Dio non tu. PER QUESTO ILCRISTIANESIMO E’ UNA BUO-NA NOTIZIA PER I POVERI E IDISGRAZIATI. Il cristianesimo nonesige nulla da nessuno, regala tutto”(OR, pp. 122-123).

Queste espressioni sono un insulto alla nostra fede.Molti si domandano come sia possibile conciliare il contenuto di que-

ste catechesi, col primo articolo dello Statuto del CNC, da poco appro-vato, nel quale si ripete che il “Cammino NC è riconosciuto come un i-tinerario di formazione cattolica, valida per la società e per i tempi o-dierni” (ST, 1,1).

Appare chiaro che tra l’insegnamento della Chiesa, ripetuto dal Papanell’Enciclica Ecclesia de Eucharistia e l’insegnamento contenuto nelle ca-techesi del CNC c’è un abisso incolmabile, una contraddizione totale,tale da motivare numerose segnalazioni contrarie a ‘questo’ Cammino.

Quelli che per noi sono errori, per i NC sono logiche conclusioni.La spiritualità del cristiano è vivere in Grazia di Dio (Gv 10,10); ri-

tornarvi con la Confessione, qualora uno la perda; nutrirla con l’Eu-caristia e difenderla contro tutto ciò che può minacciarla.

Come possono i teologi avvallare col loro silenzio queste eresieed i ‘presbiteri’ che partecipano alle catechesi

permettere che si proclamino queste assurdità?

Spirito Santo” (n. 34). Ma per giungere a questa identificazione è in-dispensabile essere in comunione con la Chiesa accentandone la dot-trina, i sacramenti e l’Ordine gerarchico; come pure è indispensabilela pratica della fede, della speranza e della carità, la perseveranza nel-la grazia santificante: cioè “la fede che opera per mezzo della carità“(nn. 35-36). Perciò chi è consapevole di aver commesso un peccatograve, prima di accedere alla comunione deve ricevere il sacramentodella Riconciliazione (n. 36). E se anche il giudizio sullo stato di gra-zia spetta soltanto all’interessato, nei casi di comportamento esternogravemente, manifestamente e stabilmente contrario alla norma mo-rale della Chiesa, la norma del Diritto canonico stabilisce la non am-missibilità alla comunione di quanti ostinatamente perseverano inpeccato grave manifesto (n. 37-38).

Kiko e Carmen a queste disposizioni della Chiesa ricordate dal Pa-pa nella sua Enciclica, contrappongono i loro insegnamenti che sonodi segno totalmente opposto. Eccone alcuni.

“Perché c’è un tipo di cristianesimo-io stesso vi ho appartenuto- in cui unosi crede cristiano convertito, un SanLuigi Gonzaga per sempre. E alloraviene quell’atteggiamento: “prima mo-rire che peccare”... E cose di questo tipoche non sono capite nel loro giusto sen-so. E’ un tipo di cristianesimo in cui ciòche é fondamentale è essere in grazia diDio, in senso statico, e cercare di nonperdere questa grazia, di perseverare.La grazia si intende come una cosa, chenon si sa molto bene cosa sia, ma che èqualche cosa che si ha dentro e che bi-sogna morire con essa per non perderlamai. Poi ho capito che vivere in graziaè vivere nella gratuità di Dio che ti staperdonando con il suo amore, e crederein questo perdono e in questo amore co-stante di Dio” (OR, p. 190).

“Il cristianesimo non esige nulla danessuno, regala tutto” (OR, p. 222).

“Questo è cammino catecumenale,

in cui dobbiamo dimostrare la nostrafede con le opere. Ma quali opere?Quelle di Vita Eterna. Per questo e inquesto tempo non vi si è chiesto nul-la più che celebrare la Parola di Dio ela Eucaristia” (1SCR, p. 67).

“Questa è la nostra spiritualità, chenon è già quella di essere in grazia diDio e quando questa si perde, ritor-narvi per mezzo della confessione”(1SCR, p. 118).

“Durante il periodo del precatecu-menato noi non siamo entrati nellavostra vita. Qui può venire un ateo oqualsiasi altro. Durante questo temponoi non abbiamo detto nulla circa ilsesso, il lavoro... uno ha un’amica, unaltro ruba, un altro uccise o lasciò diuccidere...nulla! Non ci siamo messiper niente nella vostra vita. E a Romac’è di tutto! C’è una magnifica prolife-razione di tutto ciò che volete, duran-te questo tempo! Abbiamo chiesto sol-

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sulla Croce, e facendosi nutrimentodi tutti i fedeli? Se la logica del «con-vito» ispira familiarità, la Chiesa nonha mai ceduto alla tentazione di ba-nalizzare questa «dimestichezza» colsuo Sposo dimenticando che Egli èanche il suo Signore e che il «convi-to» resta pur sempre un convito sa-crificale, segnato dal sangue versatosul Golgota. Il Convito eucaristico èdavvero convito «sacro», in cui lasemplicità dei segni nasconde l’abissodella santità di Dio: «O Sacrum con-vivium, in quo Christus sumitur!».Il pane che è spezzato sui nostri alta-ri, offerto alla nostra condizione diviandanti in cammino sulle stradedel mondo, è «panis angelorum», pa-ne degli angeli, al quale non ci si puòaccostare che con l’umiltà del centu-rione del Vangelo: «Signore, non so-no degno che tu entri sotto il mio tet-to» (Mt 8,8; Lc 7,6)(EE, 48).

“Sull’onda di questo elevato sensodel mistero, si comprende come la fe-de della Chiesa nel Mistero eucaristi-

co si sia espressa nella storia non soloattraverso l’istanza di un interiore at-teggiamento di devozione, ma ancheattraverso una serie di espressioniesterne, volte ad evocare e sottolinea-re la grandezza dell’evento celebrato.

Nasce da questo il percorso che hacondotto, progressivamente, a delinea-re uno speciale statuto di regolamenta-zione della liturgia eucaristica, nel ri-spetto delle varie tradizioni ecclesialilegittimamente costituite” (EE, 49).

“Occorre purtroppo lamentare che,soprattutto a partire dagli anni dellariforma liturgica post-conciliare, perun malinteso senso di creatività e diadattamento, non sono mancati abusi,che sono stati motivo di sofferenza permolti. Una certa reazione al «formali-smo» ha portato qualcuno, specie in al-cune regioni, a ritenere non obbligantile «forme» scelte dalla grande tradizio-ne liturgica della Chiesa e dal suo Ma-gistero e a introdurre innovazioni nonautorizzate e spesso del tutto sconve-nienti” (EE, 52).

L’art. 22 della S.C. dice che: “regolare la sacra Liturgia compete u-nicamente all’autorità della Chiesa, la quale risiede nella Sede Aposto-lica e, a norma di diritto, nel Vescovo... Di conseguenza nessun altro, as-solutamente, anche se sacerdote, osi, di sua iniziativa, aggiungere,togliere mutare alcunché in materia liturgica”.

Da ricordare inoltre che con notificazione della Congregazione per ilCulto Divino sulla celebrazione nei gruppi del CNC (Oss. Rom. 24 di-cembre 1988), la Congregazione consente che tra gli adattamenti pre-visti dall’Istruzione “Actio pastoralis” (nn. 6-11) i gruppi del menzio-nato “cammino” possano ricevere la comunione sotto le due specie,sempre con pane azzimo, e spostare “ad experimentum” il rito della pa-ce dopo la preghiera universale. Ma nell’utilizzare questo privilegio sideve sempre osservare la norma e l’Istruzione sull’ampliamento della

EUCARISTIA E LITURGIA

Nel quinto capitolo dedicato al decoro della celebrazione eucaristi-ca, il Santo Padre si augura vengano dissipate quelle “ombre di dot-trine e pratiche non accettabili” entrate nelle liturgie. Cioè : • L’abbandono, in alcuni luoghi, del culto di adorazione eucaristica; • La svalorizzazione del sacrificio della Messa, considerata solo un

incontro conviviale fraterno; • La messa in ombra della sacramentalità dell’Eucaristia ridotta a so-

la efficienza dell’annunzio;• Il non pieno riconoscimento della necessità del sacerdozio ministeriale.

Il Papa ricordando quanto avvenne alla cena di Betania ed i prepa-rativi per l’Ultima Cena scrive:

“Il racconto continua, nei Vangelisinottici, con l’incarico dato da Gesùai discepoli per l’accurata preparazio-ne della «grande sala» necessaria perconsumare la cena pasquale (Mc14,15; Lc 22,12), e con la narrazionedell’istituzione dell’Eucaristia. La-sciando almeno in parte intravedere ilquadro dei riti ebraici della cena pa-squale fino al canto dell’Hallel (Mt26,30; Mc 14,26), il racconto offre inmaniera concisa quanto solenne, purnelle varianti delle diverse tradizioni,le parole dette da Cristo sul pane e sulvino, da Lui assunti quali concreteespressioni del suo corpo donato e delsuo sangue versato. Tutti questi parti-colari sono ricordati dagli Evangelistialla luce di una prassi di «frazione delpane» ormai consolidata nella Chiesaprimitiva. Ma certo, fin dalla storiavissuta di Gesù, l’evento del GiovedìSanto porta visibilmente i tratti di u-na «sensibilità» liturgica, modulatasulla tradizione antico-testamentaria

e pronta a rimodularsi nella celebra-zione cristiana in sintonia col nuovocontenuto della Pasqua” (EE, 47).

“Come la donna dell’unzione diBetania, la Chiesa non ha temuto di«sprecare», investendo il meglio dellesue risorse per esprimere il suo stu-pore adorante di fronte al dono in-commensurabile dell’Eucaristia. Nonmeno dei primi discepoli incaricati dipredisporre la «grande sala», essa si èsentita spinta lungo i secoli e nell’av-vicendarsi delle culture a celebrarel’Eucaristia in un contesto degno dicosì grande Mistero. Sull’onda delleparole e dei gesti di Gesù, sviluppan-do l’eredità rituale del giudaismo, ènata la liturgia cristiana. E in effetti,che cosa mai potrebbe bastare, per e-sprimere in modo adeguato l’acco-glienza del dono che lo Sposo divinocontinuamente fa di sé alla Chiesa-Sposa, mettendo alla portata dellesingole generazioni di credenti il Sa-crificio offerto una volta per tutte

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crato fino al termine della distri-buzione del medesimo a tutti i par-tecipanti. A queste nuove norme s’èadeguato anche l’eminentissimocelebrante, Card. Camillo Ruini!L’istruzione generale della Congre-gazione del culto divino e della di-sciplina dei sacramenti, dice: “il Ve-scovo diocesano, primo dispensatoredei misteri di Dio, è anche ‘il modera-tore, il promotore e il custode di tutta lavita liturgica... per cui tutte le celebra-zioni solenni da Lui fatte’ devono esse-re di esempio a tutta la diocesi” (art.,22). L’uso del pane distribuito sullamano inevitabilmente comporta laformazione e la dispersione (purinvolontaria) di frammenti eucari-stici che possono cadere sugli abitio per terra. Per ovviare a questaprofanazione, prima di raccogliere

e gettare i frammenti nella spazza-tura, i NC fanno fare ad un ‘Ostia-rio’ la preghiera di sconsacrazione.Questo è avvenuto più volte nellaBasilica Cattedrale di Roma, dovesono stati raccolti i frammenti ca-scati e lasciati per terra dopo le ce-lebrazioni dei NC. Nonostante cheil fatto sia stato ampiamente dimo-strato ai dirigenti del Vicariato diRoma con testimonianze e foto, lacosa s’è ripetuta altre volte anche il28 ottobre 2004, alla presenza delCardinal Ruini, senza che alcuno viabbia posto rimedio. Ma il Papa ri-corda a tutti che la presenza di Ge-sù nelle specie consacrate perdurafintanto che sussistono le speciedel pane e del vino: come ha inse-gnato il Concilio di Trento e tuttorainsegna il CCC al n. 1377 (EE, 25).

Qualche teologo ritiene che i sacerdoti formati nei seminari del Cam-mino (i “Redemptoris Mater”), non abbiano una delle condizioni indi-spensabili perché si renda realmente e sacramentalmente presente Ge-sù nella santa Eucaristia. Sembra non abbiano l’intenzione di fare ciòche fa la Chiesa: cioè di rinnovare (rendendolo presente) il sacrificiodel Calvario! Certo che se i NC credono che il pane e il vino nella Mes-sa cambiano solo di significato e non vengono transustanziati, allora siale briciole che i pezzi di pane usati nella loro messa possono essere but-tati con tranquillità, perché i loro presbiteri non avendo l’intenzione dirinnovare il Sacrificio di Cristo sulla croce, con le parole della consacra-zione NON TRASFORMANO NIENTE.

Le disposizioni dei “Praenotan-da” esigono un sacro silenzio do-po la Comunione (n. 121), in mo-do che ognuno possa ringraziareil Signore per il dono ricevuto, mai NC riempiono quel tempo di

canti assordanti, per concluderela celebrazione della Messa con u-na specie di danza (OR, p. 330),perché il ringraziamento non sideve fare!

“Il salmo responsoriale e graduale è

facoltà di amministrare la santa Comunione sotto le due specie, ema-nata dalla S. Congregazione per il Culto divino il 29 giungo 1970, cheal numero 3 dice che “l’Ordinario può concedere la suddetta facoltà,“evitando le occasioni, in cui si abbia un numero rilevante di comunicandi.Gli stessi gruppi, ai quali viene concessa questa facoltà, siano ben circoscrit-ti, ordinati ed omogenei”.

I Neocatecumenali solitamente celebrano l’Eucaristia in sale comu-ni (pur disponendo di Chiese), utilizzano come altare un semplice ta-volo (anche quando celebrano in cattedrale con la disponibilità del-l’altare consacrato). Ciò accade perché per i NC la celebrazione euca-ristica è un semplice convito, non un vero e proprio sacrificio

“Il sacerdozio nel cristianesi-mo non esiste; gli altari non esisto-no. Per questo l’unico altare del mon-do tra tutte le religioni che ha tova-glie è il cristiano, perché non è un al-tare, è una mensa. Anche noi abbia-mo fatta della mescolanza con la reli-giosità naturale altari di pietra mo-numentali, anche se poi gli metteva-mo le tovagliette. Un altare non puòavere tovaglie perché l’altare è per fa-re sacrifici di capre e di vacche”(1SCR, p. 54). Più chiaro di così!

Nelle celebrazioni liturgiche iNC seguono i riti fissati dai loro“liturgisti”, senza tener in alcunconto quanto stabilito dal Vat. II edal Diritto Canonico, dall’unicaautorità che solo nella Chiesa puòdare disposizioni sul modo di am-ministrare i sacramenti (SC 22).

Aboliscono il Gloria e il Credo(OR, p. 328).

Le monizioni che si possono pre-mettere alle letture, invece di esse-re “brevi, semplici, fedeli al testo, pre-parate con cura, riviste dal sacerdotecelebrante, che in forza della sua ordi-

nazione sacerdotale ha il compito ma-gisteriale di annunziare e spiegare laParola di Dio” (“Praenotanda”), sonotalmente lunghe, prolisse, da to-gliere volutamente il tempo al cele-brante di fare la sua omelia, perchégià anticipata dai vari lettori.

Le disposizioni liturgiche riporta-te dal Messale Romano prevedonoalcuni atteggiamenti comuni delcorpo che tutti i partecipanti al ritosono invitati a prendere, come se-gno dell’unione dell’assemblea.Ma i NC non le osservano. Anchese stanno nei banchi che permette-rebbero di inginocchiarsi senza dif-ficoltà, i NC non si inginocchianomai alla consacrazione (come stabi-liscono le rubriche del Messale), nédavanti al SS. Sacramento, e fannola santa Comunione stando seduti.

Così han fatto nella Basilica di S.Giovanni in Laterano, celebrandola Messa di ringraziamento perl’approvazione dei loro Statuti.Circa 5 mila persone si sono comu-nicate stando sedute al loro postotenendo fra le mani il pane consa-

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attraverso la partecipazione eucaristi-ca, il giorno del Signore diventa ancheil giorno della Chiesa, che può svolge-re così in modo efficace il suo ruolo disacramento di unità» (EE 41).

“L’Eucaristia crea comunione ed e-duca alla comunione. San Paolo scrive-va ai fedeli di Corinto mostrando quan-

to le loro divisioni, che si manifestava-no nelle assemblee eucaristiche, fosseroin contrasto con quello che celebrava-no, la Cena del Signore. Conseguente-mente l’Apostolo li invitava a rifletteresulla vera realtà dell’Eucaristia, perfarli ritornare allo spirito di comunionefraterna (1 Cor 11,17-34)” (EE 40).

Per Kiko Le affermazioni del Papa contano poco.I NC celebrano l’Eucaristia il sabato notte.

«Questa notte celebreremo l’Euca-ristia, questa notte, sabato perché ilsabato è molto più segno. Il sabato hamolto più senso festivo, la domenicala festa è già finita. Per noi la dome-nica comincia il sabato sera fino a do-menica sera”.

“La Chiesa ha posto l’Eucarestia ilsabato sera perché è molto più segno.Il sabato ha molto più senso festivo,la domenica la festa è già finita”(OR, p. 335).

“Noi celebreremo l’Eucarestia del-la domenica il sabato notte, in unagrande festa. Così celebrerete sem-pre l’Eucarestia durante il catecu-menato” (OR, p. 335 bis).

Anche lo Statuto del CNC nonsi discosta da queste premesse.

“I NC celebrano l’Eucaristia nellapiccola comunità, sull’esempio diCristo, che nella moltiplicazione deipani fece sedere gli uomini in gruppidi cinquanta (Lc 9,14; ST, 13,2).

“In considerazioni di specifiche esi-genze formative e pastorali, tenendoconto del bene di singoli o di gruppi...

la piccola CNC, con l’autorizzazionedel Vescovo diocesano, celebra l’Euca-ristia domenicale, aperta anche ad altrifedeli dopo i primi vespri” (ST, 13,3).

Non è la CNC che partecipa allaMessa domenicale in Parrocchia,ma la Parrocchia, gli altri fedeli cheavranno la concessione di parteci-pare alla Messa celebrata da unpiccolo gruppo. I NC continuano acelebrare le Messe domenicali il sa-bato a notte, teoricamente aperte atutti ma, in pratica, riservate soloai membri del Cammino. Proprioqueste Messe separate costitui-scono un elemento di divisionedalla comunità parrocchiale. An-che quando i NC partecipano allaMessa celebrata in Parrocchia si di-stinguono da coloro che essi chia-mano “i cristiani della domenica” oc-cupando posti riservati, non ingi-nocchiandosi, ecc.

Riteniamo che sia molto difficileche i NC accettino l’insegnamentodel Papa sul significato della do-menica “Dies Domini”, giorno del

parte integrante della Liturgia dellaParola... per cui “ogni testo salmodicoè direttamente connesso con la relati-va lettura” (“Praenotanda” n. 36).“Tuttavia, per facilitare la risposta delpopolo si possono ripetere alcuni testicomuni di ritornelli e di salmi, per di-versi tempi dell’anno o per diverse ca-tegorie di santi, al posto di quelle cor-rispondenti alle letture” (ivi).

Nei “Praenotanda” si dice “che ilsalmo responsoriale ha grande impor-tanza, liturgica e pastorale. E’ la rispo-sta dei fedeli alla Parola che Dio ha lo-ro rivolto. E il canto del salmo o del ri-tor-nello è il modo per approfondire il

senso spirituale del salmo e favorirne lameditazione” (nn. 19, 20 e 21). Mapoiché, come dice lo Statuto (art13) le celebrazioni sono preparate“quando è possibile” sotto la guidadel presbitero, da un gruppo dellaCNC che propone le “brevi monizio-ni alle letture, sceglie i canti...”, acca-de ordinariamente che nei respon-sori scelti dai laici, non c’è alcunarelazione tra la lettura e il salmo. Aipartecipanti alla celebrazione delleCNC interessa eseguire i canti diKiko, anche se non corrispondonoalla liturgia del giorno. Per loroquesti canti sono “Parola di Dio”!

Importanza e finalità della Messa domenicale

Il Papa dice “Per il carattere stessodella comunione ecclesiale e del rap-porto che con essa ha il sacramentodell’Eucaristia, va ricordato che «il Sa-crificio eucaristico, pur celebrandosisempre in una particolare comunità,non è mai celebrazione di quella solacomunità: essa, infatti, ricevendo lapresenza eucaristica del Signore, rice-ve l’intero dono della salvezza e si ma-nifesta così, pur nella sua perduranteparticolarità visibile, come immagine evera presenza della Chiesa una, santa,cattolica ed apostolica». Deriva da ciòche una comunità veramente eucari-stica non può ripiegarsi su se stessa,quasi fosse autosufficiente, ma devemantenersi in sintonia con ogni altracomunità cattolica” (EE, 39).

“Questa peculiare efficacia nel pro-muovere la comunione, che è propria

dell’Eucaristia, è uno dei motivi del-l’importanza della Messa domenicale.Su di essa e sulle altre ragioni che larendono fondamentale per la vita dellaChiesa e dei singoli fedeli mi sono sof-fermato nella Lettera apostolica circala santificazione della domenica DiesDomini, ricordando, tra l’altro, che peri fedeli partecipare alla Messa è un ob-bligo, a meno che non abbiano un im-pedimento grave… Più recentemente,nella Lettera apostolica Novo millen-nio ineunte, nel tracciare il camminopastorale della Chiesa all’inizio del ter-zo millennio, ho voluto dare parti-colare rilievo all’Eucaristia dome-nicale, sottolineandone l’efficaciacreativa di comunione:

«Essa –scrivevo– è il luogo privile-giato dove la comunione è costante-mente annunciata e coltivata. Proprio

EUCARISTIA E TEOLOGIAIl Santo Padre parlando nell’Enciclica del Mistero Eucaristico, ri-

corda che questo Mistero ha suscitato nell’intera storia della Chiesa“un grande e grato stupore”. Perché nell’evento pasquale e nell’Euca-ristia che lo attualizza nei secoli, c’è una “capienza” davvero enor-me, nella quale l’intera storia è contenuta, come destinataria dellagrazia della redenzione. “Questo stupore deve invadere sempre la Chie-sa raccolta nella Celebrazione eucaristica” (n. 5). Ora il S. Padre inten-de ridestarlo nelle anime, per esortarle tutte a farne sempre rinno-vata esperienza (n. 6).

Ecco la “premurosa attenzione” riservata in passato, dalla Chiesa almistero eucaristico.

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Signore. Com’è loro abitudine essiseguono solo gli insegnamenti delfondatore, e fanno solo quello cheKiko stabilisce per loro.

“La domenica ha un significato spe-ciale perché la celebrazione è una festache introduce al riposo; è l’entrata nel-l’eternità, nel riposo eterno. Tutto que-sto un ebreo lo capisce molto bene. Esiccome i sacramenti non sono cose cheuno si inventa, ma sono realtà, biso-gna stare in riposo e in quiete fisica co-

me segno. Per l’ebreo non c’è distin-zione tra anima e corpo e non si conce-pisce una Pasqua trascorsa lavorandoo come se fosse un giorno qualsiasi:l’uomo costituisce un’unità completa epartecipa ad un riposo completo. L’es-senza della Pasqua è il riposo eternoche inaugura, la festa, il riposo. Poichéi cristiani sono nati nello stesso am-biente, la domenica per essi è riposo.Non si concepisce un’eucaristia fuoridel riposo, al lavoro” (OR, p. 317).

Per i cristiani ‘il giorno del Signore’ è il primo della settimana, giornodella risurrezione di Gesù. In questo giorno trasferiscono tutti gli atti diculto che gli ebrei collegavano al sabato. Ma se gli ebrei ricordavano ilriposo di Dio al settimo giorno, i cristiani ricordano l’ottavo giorno, ladomenica, in cui Gesù è entrato nel riposo divino con la sua risurrezio-ne. Questo mistero celebravano i cristiani; e che ancor oggi celebrano ilgiorno dopo il sabato, diventato così il ‘Giorno del Signore’.

Pare che i NC si siano fermati al tempo di Mosè o, forse, al giornodel ‘Sabato del villaggio’.

Per loro la festa è il sabato notte. La domenica è il giorno del riposo.

“L’Eucaristia, presenza salvifica diGesù nella comunità dei fedeli e suonutrimento spirituale, è quanto di piùprezioso la Chiesa possa avere nel suocammino nella storia. Si spiega così lapremurosa attenzione che essa ha sem-pre riservato al Mistero eucaristico,un’attenzione che emerge... nell’operadei Concili e dei Sommi Pontefici. Co-me non ammirare le esposizioni dottri-nali dei Decreti sulla Santissima Euca-ristia e sul Sacrosanto Sacrificio dellaMessa promulgati dal Concilio diTrento? Quelle pagine hanno guidatonei secoli successivi sia la teologia sia lacatechesi e tuttora sono punto di riferi-mento dogmatico per il continuo rin-novamento e per la crescita del Popolodi Dio nella fede e nell’amore all’Euca-ristia. In tempi più vicini a noi, tre En-cicliche sono da menzionare: l’Encicli-ca Mirae Caritatis di Leone XIII (28maggio 1902), l’Enciclica MediatorDei di Pio XII (20 novembre 1947) el’Enciclica Mysterium Fidei di PaoloVI (3 settembre 1965).” (EE 9).

“La ripresentazione sacramentalenella Santa Messa del sacrificio di Cri-sto coronato dalla sua risurrezione im-plica una specialissima presenza che–per riprendere le parole di Paolo VI–«si dice “reale” non per esclusione,quasi che le altre non siano ‘reali’, maper antonomasia perché è sostanziale, ein forza di essa Cristo, Uomo-Dio, tut-to intero si fa presente». È ripropostacosì la sempre valida dottrina del Con-cilio di Trento: «Con la consacrazionedel pane e del vino si opera la conver-sione di tutta la sostanza del pane nel-la sostanza del Corpo di Cristo, nostroSignore, e di tutta la sostanza del vinonella sostanza del suo Sangue. Questaconversione in modo conveniente e ap-propriato è chiamata dalla santa Chie-sa cattolica transustanziazione».

Davvero l’Eucaristia è mysteriumfidei, mistero che sovrasta i nostri pen-sieri, e può essere accolto solo nella fe-de, come spesso ricordano le catechesipatristiche su questo divin Sacramen-to. «Non vedere –esorta san Cirillo di

Nella CONVIVENZA DI INIZIO CORSO a Porto S. Giorgio 23-26settembre 2004 Kiko afferma: <<Adesso cominciamo la battaglia liturgica,la Commissione per la Liturgia ha fatto una commissione composta da duedel Cammino, due della Congregazione e due consultori.

Il 5 novembre cominciano a lavorare. Che succederà? Già sappiamo quel-lo che succederà: se possono ci toglieranno tutto, perché chi siamo noi percambiare la liturgia? Dicono: “Adesso scopriamo cose mostruose, si fa per-fino un’“anafora” sul latte e sul miele…”… Ad ogni modo se ci tolgono laliturgia, molto bene. Santa umiltà di Cristo. Non ci difenderemo, obbedi-remo in tutto. Ci cacciano via? Benissimo. Dobbiamo andare alle messedella domenica? Benissimo. Santa umiltà di Cristo, chi ti potrà trovare?...Se ci rifiutano significherà la loro salvezza>>.

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teologie razionali che tentano di inter-pretare quello che non si sa che cosasia. Immaginate il macello di teologieche tentano di interpretare in manierarazionale l’eucaristia senza conoscerela fonte. In questa epoca razionalistanella quale la ragione è Dio, in questomodo occidentale, i segni e i sacra-menti perdono valore in favore dellaspiegazioni razionali. Oramai non sicapisce più il valore del segno dei sa-cramenti”.

“In quell’epoca non importava né ladomenica, né la festa, né l’assemblea,né altre cose. Quello che interessava e-rano molte messe. Tant’è vero che inRussia si scandalizzavano per il fattoche in occidente si potessero dire tantemesse giornaliere. Per loro era un sa-crilegio enorme. Esistevano preti chia-mati in Spagna “altareros”, perché sidedicavano solo a dire messe, il mag-gior numero possibile. Questi secolisono i più decadenti per quanto ri-guarda la liturgia. Si giunge ad unasuperstizione completa. Si dicevanopersino messe affinché morisse un cer-to vescovo, per qualsiasi soperchieria.Quelli che attaccano la Chiesa, se co-noscessero i sacramentari di questi se-coli lo potrebbero fare con più forza,perché è questo il grado di superstizio-ne a cui si arrivava” (OR, p. 324).

“Quando non si capisce quello cheè il sacramento, a causa della svaloriz-zazione enorme dei segni come sacra-menti, e quando non si capisce quelloche è il memoriale, si comincia a ra-zionalizzare, a voler dare spiegazioni

del mistero che c’è dentro. Precisa-mente perché, il mistero trascende lasua unica spiegazione, c’è il sacra-mento. Il sacramento parla più dei ra-gionamenti. Ma a quel tempo poichénon si capisce ciò che è il sacramento,si cerca di dare spiegazioni filosofichedel mistero. E così cominciano i dibat-titi su: “Come è presente?”. Luteronon negò mai la presenza reale, negòsolo la parolina “transustanziazione”che è una parola filosofica che vuolespiegare il mistero” (OR, p. 325).

“E’ quando non si capisce più or-mai questa presenza della Pasqua, diquesto sacramento che si vuole spie-gare filosoficamente, che si comincia-no i dibattiti su come è presente, congli occhi o senza gli occhi, fisicamen-te ecc. Tutte queste spiegazioni parto-no da un punto falso, consistente nelvoler spiegare razionalmente qualco-sa di diverso. Perciò checché gli olan-desi ora si inventino cose come latransfinalizzazione, o altro, il risul-tato è lo stesso: sono tutte filosofieche non portano a nulla.

Non si tratta di spiegare con la ra-gione i sacramenti, perché il sacramen-to è dato precisamente da Dio comememoriale perché il mistero è superioree trascende la ragione. Altrimenti Dioci avrebbe dato una filosofia per spie-garci quello che è Lui” (OR, p. 326).

“Dicevo che la Chiesa primitivanon ha mai problemi sulla presenzareale. Se a San Pietro fosse stato chie-sto se Gesù Cristo sia presente nel-l’Eucarestia, si sarebbe meravigliato,

Gerusalemme– nel pane e nel vino deisemplici e naturali elementi, perché ilSignore ha detto espressamente che so-no il suo corpo e il suo sangue: la fedete lo assicura, benché i sensi ti sugge-riscano altro» (Cat. Myst. IV, 6).

«Adoro te devote, latens Deitas»,continueremo a cantare con il Dotto-re Angelico. Di fronte a questo miste-ro di amore, la ragione umana speri-menta tutta la sua finitezza. Si com-prende come, lungo i secoli, questaverità abbia stimolato la teologia adardui sforzi di comprensione.

Sono sforzi lodevoli, tanto più utili epenetranti quanto più capaci di coniu-gare l’esercizio critico del pensiero col«vissuto di fede» della Chiesa, colto

specialmente nel «carisma certo di ve-rità» del Magistero e «nell’intima in-telligenza delle cose spirituali» cheraggiungono soprattutto i Santi. Re-sta il confine additato da Paolo VI:«Ogni spiegazione teologica, che tentidi penetrare in qualche modo questomistero, per essere in accordo con la fe-de cattolica deve mantenere fermo chenella realtà obiettiva, indipendente-mente dal nostro spirito, il pane e il vi-no han cessato di esistere dopo la con-sacrazione, sicché da quel momento so-no il corpo e il sangue adorabili del Si-gnore Gesù ad essere realmente dinan-zi a noi sotto le specie sacramentali delpane e del vino».” (EE 15).

Kiko e Carmen a questi sentimenti di ammirazione del Papa per ilConcilio di Trento e per gli sforzi dei teologi (che chiama lodevoli, utilie penetranti) oppongono il loro totale rifiuto fino ad arrivare alla deri-sione, perché ritengono che il Concilio di Trento sia stato la principa-le causa del blocco della Liturgia.

“…Per la Chiesa primitiva la teolo-gia era un “Canto”, un sovrabbonda-re dello Spirito, una illuminazione. E’orribile quando incaselliamo il cri-stianesimo in teologie che non servo-no ad altro che al nostro compiaci-mento intellettuale, ad alimentare edaumentare la nostra vanità e a domi-nare gli altri con le nostre conoscenze.Ci fu qualcuno che intuì questo peri-colo: Francesco d’Assisi che evitò o-gni tipo di teologia intellettuale. Noici gonfiamo come un vapore quandovediamo un librone che ci spiega laTrinità così e cosà e crediamo di sa-

perne più di tutti” (OR, p. 250). “Nel medio evo si mettono a discu-

tere del sacrificio, in fondo discutonodi cose che non esistevano nell’eucare-stia primitiva. Perché sacrificio nellareligione è “sacrum facere”, fare il sa-cro, mettersi a contatto con la divinitàtramite sacrifici cruenti. In questosenso non c’è sacrificio nell’eucare-stia: l’Eucaristia è sacrificio in un al-tro senso, perché nell’eucarestia c’è si,la morte, ma c’è anche la resurrezionedalla morte” (OR, p. 322).

“Poiché si è oramai perduto di vistala fonte dell’Eucarestia, nascono le

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non bisogna giudicare, ma perso-nalmente egli presume di conosce-re coloro che possono partecipare

alle loro celebrazioni e coloro chenon possono parteciparvi, perchéli giudica “troppo deboli”!

Si potrebbe continuare, ma forse non è il caso. Col desiderio di approfondire l’autentica Dottrina della Chiesa, molti

cristiani sono stati attratti dalla proposta del CNC ed hanno partecipa-to alle loro catechesi. Ascoltandole avranno, certo, avuto forti dubbi sul-la loro ortodossia ma sono stati sempre tranquillizzati dai catechisti chesi presentavano come inviati dai Vescovi, Pastori legittimi della Chiesa.

Ora però, dopo questa Lettera Enciclica, ogni dubbio è chiarito. In risposta al desiderio del Papa che la sua Lettera possa contribui-

re a “dissipare le ombre di dottrine e le pratiche inaccettabili, affinché l’Eu-caristia continui a risplendere in tutto il fulgore del suo mistero” ho fattoquesto lavoro di confronto. Spero che sia servito a smascherare questiinsegnamenti eretici e in contrasto con la Dottrina della Chiesa, chesono stati dati e che, con l’avvallo di tanti Vescovi, ancora purtroppovengono impartiti come “un itinerario di formazione cattolica, valida perla società e per i tempi odierni”. Quando il 30 agosto 1990 il Papa firmòla Lettera in cui era contenuto questo apprezzamento, non conoscevaancora il contenuto di queste catechesi che solo nel 1996 (in seguito al-le nostre segnalazioni) pretese Gli fossero consegnate.

Credo di aver portato argomenti sufficienti per riflettere.L’ ‘itinerario’ è valido, ma non certo questi contenuti ed alcuni meto-

di che vengono proposti dai responsabili internazionali del Cammino.Gesù Eucaristia ci unisca tutti attorno a Lui e ci faccia vivere la ve-

ra fede, con amore sincero, rispettandoci come membra dello stessoSuo Corpo. Apriamo il nostro animo alla speranza nella contempla-zione della mèta, verso la quale il cuore aspira, assetato com’è digioia e di pace.

“Il Signore mi ha formato attraver-so una storia. Io non ho studiato teo-logia, non ho imparato nelle univer-sità...” (“SCR, p. 145).

Pur non essendo sacerdote, e-gli fissa i canti che si devono e-seguire nelle celebrazioni, i gestiche i presbiteri devono compierenell’amministrare i sacramenti.Quando i Vescovi sono invitati apartecipare alle loro cerimoniedevono adeguarsi alle loro di-sposizioni. È sempre Kiko chestabilisce le preghiere da dire

senza che nessuna di quelle for-mule sia mai stata approvata daun Vescovo o da un suo delega-to, come prescrive la Chiesa.

Lui stabilisce la celebrazionedell’Eucaristia domenicale «aporte chiuse», nonostante lo Statu-to imponga il contrario, “non per-ché sospettiamo che ci sia un lato de-bole dei nostri misteri, ma perchéquelli che vengono allontanati danoi sono troppo deboli per parteci-parvi” (2SCR, p. 97).

Kiko dice continuamente che

perché lui non si pone il problema.Per lui Cristo è una realtà viventeche fa Pasqua e trascina la Chiesa.Non è questione di briciole o cose diquesto tipo; San Pietro si sarebbescandalizzato molto più del fatto chenon c’e l’assemblea o che uno solo be-ve dal calice. E’ questione di sacra-mento, di assemblea.

Ma immaginate che, ora, con i pro-blemi della filosofia cominci ad esser-ci una ossessione sul fatto se Cristo èpresente nel pane e nel vino e come.Vi potrei mostrare discussioni teolo-

giche su questo problema che fannoridere. La vera teologia è un canto aDio, è l’Eucarestia stessa, un cantocompleto di lode a Dio perché si è la-sciato conoscere. Le teologie del seco-lo XVI non sono altro che elucubra-zioni mentali senza una esperienzabiblica da cui sgorga l’Eucarestia. Ilmistero si incentra sulla presenza: iprotestanti dicono... Calvino dice...La Chiesa cattolica diventa ossessio-nata riguardo alla presenza reale,tanto che per essa è tutto presenzareale” (OR, p. 329).

Forse questi atteggiamenti sono dovuti al fatto che Kiko non ha unaadeguata preparazione culturale in questo campo, come lui stessoconfessa: “Non siamo uomini di dottrina” (OR, p. 104); “Ma chi sono co-storo che non hanno cultura né studi teologici, che non abbiano studiato inalcun seminario, che siamo senza titoli e avvalli” (1SCR, p. 20).

Nonostante queste affermazioni Kiko continua a sfornare insegnamen-ti con tono magisteriale, dogmatico e impositivo. I catechisti del Cammi-no le recepiscono a tal punto da rifiutare qualsiasi spiegazione dottrinaleche non corrisponda al pensiero del loro fondatore.

“Buon pastore, vero pane,o Gesù, pietà di noi:nutrici e difendici,portaci ai beni eterninella terra dei viventi.

Tu che tutto sai e puoi,che ci nutri sulla terra,conduci i tuoi fratellialla tavola del cielonella gioia dei tuoi santi”.

Kiko afferma:

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Gesù ci ha lasciato il Suo Vangelo, l’e-sempio dei santi e la Chiesa che ci guidaora per mezzo del Papa Benedetto XVI,dei Vescovi e dei sacerdoti. Seguiamolinon solo quando chiedono libertà e giu-stizia per i popoli oppressi o pane per gliaffamati, ma anche, e soprattutto quandosi occupano dei nostri problemi morali edottrinali. La Verità non si adatta allemode o alle correnti di pensiero. Non di-ciamo che sono progressisti o tradiziona-listi. Non facciamoci la nostra viuzza e la nostra chiesuola, dove papa,vescovo e prete, siamo noi. Così facendo usciamo dalla Via di Gesù; cifabbrichiamo la nostra via, con le nostre verità.

Che succederà ora al CNC. Molti hanno pronosticato che il problemasi sarebbe risorto con il nuovo Papa e così sarà!

Sua Santità, Benedetto XVI sa tutto su di loro: sa che sono la rovina dimolte famiglie; sa che tra loro molti devono ricorrere a cure psichiatri-che e che qualcuno è arrivato al suicidio; sa che Kiko, ripetutamente in-vitato (almeno sei volte!) dalla Congregazione per la Dottrina della Fedea dare spiegazioni e a correggere i suoi errori dottrinali, non ha mai ri-sposto. Le stanze delle varie Congregazioni competenti sono piene disegnalazioni e di documentazioni. Ora il Papa sa tutto e può tutto.

Questo mio lavoro di segnalazione (che spero sia l’ultimo) non ha certolo scopo di illuminare il Papa, ma i sacerdoti in cura d’anime e i religiosiche devono sapere ciò che si è fatto e insegnato nel cammino neocatecu-menale. Sarebbe ingenuo pensare che tante persone animate da retta in-tenzione e certe d’essere la vera Chiesa, dopo avere seguito per decennicon entusiasmo e massima fiducia gli insegnamenti d’una guida carisma-tica (quale è Kiko Argüello), d’un colpo si svuotino la testa ed il cuore perla semplice notifica d’una disposizione giuridica. Prepariamoci con pa-zienza e amore a ricucire gli strappi della rete di Pietro, accogliendo nuo-vamente quanti vogliano rientrare, senza farli sentire in colpa per avere in-consapevolmente abbandonata la Vera Chiesa e ancor più per il distaccoda quella che finora hanno creduto fosse la vera Chiesa. Le ferite si fannoin un momento; le piaghe si sanano lentamente.

Ringrazio Dio e la Beata Vergine per quanti, prendendo in seria consi-derazione le mie segnalazioni, hanno potuto illuminare coloro che inge-nuamente si sono affidati a questa proposta ingannevole. Un caro saluto atutti e un grazie per la collaborazione. In seguito, chi lo desiderasse, potràleggermi sul sito che spero di allestire al più presto: www.donelio.it