Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

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Universit`a degli Studi di Torino CORSO DI LAUREA IN MATEMATICA A. A. 2001/2002 - 2002/2003 CORSO DI ANALISI FUNZIONALE Hisao Fujita Yashima 0

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CORSO DI LAUREA IN MATEMATICA Hisao Fujita Yashima A. A. 2001/2002 - 2002/2003 Universit`a degli Studi di Torino 0 H. Fujita Yashima Torino, ottobre 2002 1 SPAZI DI BANACH E SPAZI DI HILBERT § 1.1. – Spazi vettoriali, spazi vettoriali normati, spazi di Banach. 2

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Universita degli Studi di Torino

CORSO DI LAUREA IN MATEMATICA

A. A. 2001/2002 - 2002/2003

CORSO DI

ANALISI FUNZIONALE

Hisao Fujita Yashima

0

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PREMESSE

La maggior parte di queste dispense corrisponde alle lezioni del corso di AnalisiFunzionale da me tenuto nel secondo semestre dell’anno accademico 2001/02. Alcuneprecisazioni e osservazioni sono state aggiunte posteriormente.

Lo scopo delle presenti dispense e di offrire agli studenti interessati una presen-tazione sufficientemente concisa e nello stesso tempo sufficientemente autoconsistentedi una parte di Analisi Funzionale. Ovviamente ci sono non pochi manuali di AnalisiFunzionale certamente validi (come se ne vedono alcuni nella bibliografia) e percio chivolesse studiare l’Analisi Funzionale puo farlo consultando direttamente questi libri.Tuttavia per seguire un percorso di studio, certo, non esauriente ma abbastanza consis-tente, potrebbe essere utile avere una presentazione non enciclopedica ma abbastanzaautoconsistente come questa.

Gli argomenti trattati nelle presenti dispense, partendo dai teoremi fondamentalidi Analisi Funzionale, riguardano principalmente la teoria degli operatori lineari e poiproseguono verso la teoria spettrale. Gli argomenti scelti non coprono tutte le tematichedi Analisi Funzionale. Non sono trattati ne elementi di analisi non lineare ne metodidello studio di equazioni alle derivate parziali. Pur consapevole della parzialita dellascelta di argomenti, spero che qualcuno possa trovare l’utilita delle presenti dispense.

Desidero ringraziare l’assiduo frequentatore del mio corso, Dott. Marco Sebastiani.Senza la sua attiva partecipazione alle discussioni non sarebbe stato possibile portare atermine la redazione di queste dispense.

Torino, ottobre 2002

H. Fujita Yashima

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CAPITOLO PRIMO

SPAZI DI BANACH E SPAZI DI HILBERT

In questo capitolo ricordiamo la definizione degli spazi di Banach e degli spazi diHilbert e riportiamo le loro proprieta fondamentali ben note. Siccome le osservazionicitate nelle sezioni § 1.1 e § 1.2 sono prorieta ben note, viene riportata la dimostrazionesolo per alcuni proprieta; per le altre affermazioni la dimostrazione si possono trovarenei manuali di Analisi Funzionale quali [Kolfo], [Smi], [Tre], [Tri], [Yo], ecc...

§ 1.1. – Spazi vettoriali, spazi vettoriali normati, spazi di Banach.

DEFINIZIONE 1.1. Si dice spazio vettoriale (o spazio lineare) sul campo K uninsieme X munito di due leggi di composizione:I) legge interna detta addizione + : X ×X → X che verifica le seguenti condizioni:a) x1 + x2 = x2 + x1 qualunque siano x1, x2 ∈ X ,b) (x1 + x2) + x3 = x1 + (x2 + x3) qualunque siano x1, x2, x3 ∈ X ,c) in X esiste un elemento 0 tale che per qualsiasi x ∈ X si ha 0 + x = x,d) per ogni elemento x di X esiste uno e uno solo elemento −x tale che si abbiax+ (−x) = 0,

II) legge esterna detta moltiplicazione · : K×X → X che verifica le seguenti condizioni(d’ora in poi omettiamo il simbolo “·” quando non ci sono equivoci):e) (c1 + c2)x = c1x+ c2x qualunque siano x ∈ X e c1, c2 ∈ K,f) c(x1 + x2) = cx1 + cx2 qualunque siano x1, x2 ∈ X e c ∈ K,g) (c1c2)x = c1(c2x) qualunque siano x ∈ X e c1, c2 ∈ K,h) 1 · x = x qualunque sia x ∈ X .

Gli elementi di X si dicono vettori, mentre gli elementi di K si dicono scalari. Unospazio vettoriale X si dice cemplesso se K = C; invece si dice reale se K = R.

ESEMPIO 1.1. L’insieme di tutti i polinomi e uno spazio lineare (sia nel campocomplesso C che nel campo reale R).

Siccome, una volta stabilite le proprieta degli spazi vettoriali complessi, si possonodedurne facilmente quelle degli spazi vettoriali reali, nel seguito consideraiamo princi-palmente gli spazi vettoriali complessi.

DEFINIZIONE 1.2. Uno spazio vettoriale X si dice normato, se ad ogni suoelemento x si puo far corrispondere un numero reale ‖x‖ = ‖x‖X (che si dice norma dix) e se questa corrispondenza gode delle seguenti proprieta:a) ‖cx‖ = |c| ‖x‖ per quasiasi numero complesso c e qualsiasi x ∈ X ,b) ‖x1 + x2‖ ≤ ‖x1‖+ ‖x2‖ per qualsiasi x1, x2 ∈ X ,

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c) ‖x‖ ≥ 0 ∀x ∈ X e ‖x‖ = 0 se e solo se x = 0.OSSERVAZIONE 1.1. Sia X uno spazio vettoriale normato. Posto dist(x, y) =

‖x − y‖X , (X, dist(·, ·)) e uno spazio metrico, cioe la funzione dist(x, y) = ‖x − y‖Xverifica gli assiomi della distanza:a) dist(x, y) = dist(y, x) per qualsiasi x, y ∈ X ,b) dist(x, y) ≤ dist(z, x) + dist(z, y) per qualsiasi x, y, z ∈ X ,c) dist(x, y) ≥ 0 ∀x, y ∈ X e dist(x, y) = 0 se e solo se x = y.

DIMOSTRAZIONE. Si ha infatti

dist(x, y) = ‖x− y‖X = | − 1| ‖y − x‖X = dist(y, x),

cioe si ha la a). La condizione b) segue dalla condizione b) della definizione 1.2, sosti-tuendovi x1 = x − z, x2 = −(y − z). La condizione c) segue dalla condizione c) delladefinizione 1.2.

DEFINIZIONE 1.3. Uno spazio vettoriale normato si dice completo, se per qualsiasisuccessione di Cauchy di suoi elementi esiste un suo elemento che e il limite di essa.

DEFINIZIONE 1.4. Uno spazio vettoriale normato completo si dice spazio diBanach.

ESEMPIO 1.2. L’insieme C([a, b]) di tutte le funzioni definite e continue su unintervallo chiuso [a, b] munito della norma

‖u‖ = supa≤t≤b

|u(t)|

e uno spazio di Banach. Anche l’insieme di tutte le funzioni continue e limitate su Rmunito della norma

‖u‖ = supt∈R

|u(t)|

e uno spazio di Banach.

ESEMPIO 1.3. Sia Ω un aperto di Rn con frontiera regolare. Indichiamo conCk,α(Ω) (k ∈ IN, α ∈ ]0, 1]) l’insieme delle funzioni u ∈ Ck(Ω) tali che

supx,y∈Ω,x=y

|Dβu(x)−Dβu(y)||x− y|α <∞, |β| = k

per

Dβ =∂|β|

∂β1x1 · · ·∂βnxn , |β| =n∑i=1

βi.

L’insieme Ck,α(Ω) munito della norma

‖u‖Ck,α(Ω) = ‖u‖Ck(Ω) + supx,y∈Ω,x=y,|β|=k

|Dβu(x)−Dβu(y)||x− y|α

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si dice spazio di Holder. Lo spazio di Holder Ck,α(Ω) e uno spazio di Banach.

ESEMPIO 1.4. Sia Ω un aperto di Rn con frontiera regolare. Indichiamo conLp(Ω) (1 ≤ p < +∞) l’insieme delle funzioni misurabili definite su Ω a valori in C taliche ∫

Ω

|u(x)|pdx <∞.

L’insieme Lp(Ω) e uno spazio vettoriale. Lo spazio vettoriale Lp(Ω) munito della norma

‖u‖Lp(Ω) =( ∫

Ω

|u(x)|pdx) 1p

e uno spazio di Banach.

ESEMPIO 1.5. Sia Ω un aperto di Rn con frontiera regolare. Indichiamo conL∞(Ω) l’insieme delle funzioni misurabili definite su Ω a valori in C tali che

ess supx∈Ω

|u(x)| <∞.

E facile constatare che l’insieme L∞(Ω) e uno spazio vettoriale. L’insieme L∞(Ω) munitodella norma

‖u‖L∞(Ω) = ess supx∈Ω

|u(x)|

risulta essere uno spazio di Banach.

DEFINIZIONE 1.5. Uno spazio di Banach si dice separabile, se in esso esiste uninsieme numerabile ovunque denso.

ESEMPIO 1.6. Lo spazio di Banach Lp(Ω) (1 ≤ p < ∞) e separbile, mentre lospazio di Banach L∞(Ω) non e separabile.

DEFINIZIONE 1.6. Sia X uno spazio vettoriale. Un sottoinsieme Y di X si dicevarieta lineare, se, qualunque siano y, z ∈ Y e qualunque siano λ, µ ∈ C, si ha

λy + µz ∈ Y.

DEFINIZIONE 1.7. Sia X uno spazio vettoriale normato. Una varieta linearechiusa Y di X si dice sottospazio o (sottospazio chiuso).

NOTA. Alcuni autori usano la terminologia sottospazio per indicare la “varieta li-neare” definita nella definizione 1.6 mentre chiamano sottospazio chiuso il “sottospazio”definito nella definizione 1.7. Per evitare equivoci, quando c’e rischio di equivoco, scri-veremo sottospazio chiuso per indicare un sottospazio definito nella definizione 1.7.

ESEMPIO 1.7. L’insieme Ck([a, b]) (k ∈ Z, k ≥ 1) di tutte le funzioni continuein [a, b] con le derivate di ordine ≤ k continue in ]a, b[ e una varieta lineare dello spaziodi Banach C([a, b]), ma non e sottospazio chiuso di C([a, b]). Infatti si puo costruirefacilmente una successione uk∞k=1 tale che uk ∈ Ck([a, b]), che uk converga in C([a, b])e che limk→∞ uk ∈ Ck([a, b]).

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ESEMPIO 1.8. L’insieme C0([a, b]) delle funzioni u appartenenti a C([a, b]) taliche u(a) = u(b) = 0 e un sottospazio chiuso dello spazio di Banach C([a, b]).

§ 1.2. – Spazi di Hilbert.

DEFINIZIONE 1.8. Sia H uno spazio lineare. Un’applicazione 〈·, ·〉 che ad ognicoppia (x, y) ∈ H×H associa un numero complesso, che indichiamo con 〈x, y〉H, si diceprodotto scalare, se vengono verificate le seguenti relazioni:a) 〈x, y〉H = 〈x, y〉H,b) 〈x+ y, z〉H = 〈x, z〉H + 〈y, z〉H ,c) 〈cx, y〉H = c〈x, y〉H,d) 〈x, x〉H ≥ 0, 〈x, x〉H = 0 se e solo se x = 0per qualsiasi x, y, z ∈ H e qualsiasi numero complesso c.

NOTAZIONE Quando non ci sono equivoci, a volte si indica il prodotto scalare〈x, y〉H semplicemente con 〈x, y〉 al posto di 〈x, y〉H.

OSSERVAZIONE 1.2. Per un prodotto scalare vale la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz (di Bunyakovskij)

(1.1) |〈x, y〉H|2 ≤ 〈x, x〉H〈y, y〉H ∀x, y ∈ H.

OSSERVAZIONE 1.3. Sia H uno spazio vettoriale munito del prodotto scalare〈x, y〉H (x, y ∈ H). Posto ‖x‖H =

√〈x, x〉H, l’applicazione ‖ · ‖H : H → R+ verifica lerelazioni a), b), c) della definizione 1.2.

PROPOSIZIONE 1.1. Sia H uno spazio vettoriale munito del prodotto scalare〈x, y〉H e della norma ‖x‖H =

√〈x, x〉H. Se xn → x e yn → y per n → ∞, allora siha 〈xn, yn〉H → 〈x, y〉H. Cioe, l’applicazione 〈·, ·〉H da H × H in C e continua (nellatopologia definita dalla norma ‖x‖H =

√〈x, x〉H).DIMOSTRAZIONE. Visto che si ha

〈xn, yn〉H − 〈x, y〉H = 〈xn − x, yn〉H + 〈x, yn − y〉H ,

per la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz si ottiene

|〈xn, yn〉H − 〈x, y〉H | ≤ |〈xn − x, yn〉H |+ |〈x, yn − y〉H | ≤≤ ‖xn − x‖H ‖yn‖H + ‖x‖H ‖yn − y‖H .

Poiche ‖yn‖H e uniformemente limitata e che per ipotesi si ha ‖xn − x‖H → 0 e ‖yn −y‖H → 0, ne segue la tesi.

E importante ricordare che per il prodotto scalare vale l’uguaglianza del parallelo-gramma. Piu precisamente, si ha la

PROPOSIZIONE 1.2. Sia H uno spazio vettoriale munito del prodotto scalare〈x, y〉H (x, y ∈ H). Allora si ha

(1.2) ‖x+ y‖2H + ‖x− y‖2H = 2(‖x‖2H + ‖y‖2H).

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DIMOSTRAZIONE. Infatti (scrivendo semplicemente ‖ · ‖ e 〈·, ·〉) si ha

‖x+ y‖2 + ‖x− y‖2 = 〈x+ y, x+ y〉+ 〈x− y, x− y〉 =

= 〈x, x〉+ 〈x, y〉+ 〈y, x〉+ 〈y, y〉+ 〈x, x〉 − 〈x, y〉 − 〈y, x〉+ 〈y, y〉 = 2(‖x‖2 + ‖y‖2).

DEFINIZIONE 1.9. Uno spazio di Banach H munito del prodotto scalare 〈x, y〉He della norma ‖x‖H =

√〈x, x〉H si dice spazio di Hilbert.

Ci sono molti esempi di spazio di Hilbert che vengono presi in considerazione nellostudio di matematica. Qui ci limitiamo a ricordarne due esempi.

ESEMPIO 1.9. L’insieme di successioni di numeri complessi

l2 =x = xj∞j=1, xj ∈ C

∣∣ ∞∑j=1

|xj |2 <∞

munito del prodotto scalare

〈x, y〉l2 =∞∑j=1

xjyj

e della norma

‖x‖l2 =√〈x, x〉l2 =

( ∞∑j=1

|xj |2)1/2

e uno spazio di Hilbert.

ESEMPIO 1.10. Sia Ω un aperto di Rn. L’insieme

L2(Ω) =u : Ω→ C misurabili

∣∣ ∫Ω

|u(x)|2dx <∞munito del prodotto scalare

〈u, v〉L(Ω) =∫

Ω

u(x)v(x)dx

e della norma ‖u‖L2(Ω) =√〈u, u〉L2(Ω) e uno spazio di HIlbert.

DEFINIZIONE 1.10. Due elementi x e y di uno spazio di Hilbert H si diconoortogonali se 〈x, y〉H = 0. Un insieme Γ di elementi di H si dice sistema ortonormale,se

‖x‖H = 1 ∀x ∈ Γ 〈x, y〉H = 0 ∀x, y ∈ Γ, x = y.

DEFINIZIONE 1.11. Un sistema ortonormale Γ di uno spazio di Hilbert H sidice base ortonormale, se l’insieme delle combinazioni lineari di elementi di Γ e ovunquedenso in H.

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ESEMPIO 1.11. L’insieme eikxk∈Z e una base ortonormale dello spazio di HilbertL2( ]0, 2π[ ).

OSSERVAZIONE 1.5. Ogni spazio di Hilbert separabile di dimensione infinita eisomorfo a l2.

OSSERVAZIONE 1.6. Uno spazio di Hilbert H e separabile se e solo se esiste unabase ortonormale numerabile di H.

DEFINIZIONE 1.12. Sia Γ = e1, e2, · · · una base ortonormale di uno spazio diHilbert separabileH. Sia f un elemento diH. I numeri complessi fk = 〈f, ek〉H si diconocoefficienti di Fourier dell’elemento f rispetto alla base ortonormale Γ = e1, e2, · · ·.

E da notare che, nel caso dello spazio di Hilbert H = L2( ]0, 2π[ ) e della baseortonormale Γ = eikxk∈Z, i coefficienti di Fourier

fk = 〈f, e−ikx〉H =∫ 2π

0

f(x)e−ikxdx

sono i coefficienti di Fourier nel senso classico, mentre la seria

∑k∈Z

fkeikx

e evidentemente la serie di Fourier nel senso classico.

OSSERVAZIONE 1.7. Sia Γ = e1, e2, · · · una base ortonormale di uno spazio diHilbert separabile H. Sia f un elemento di H. Allora, posto fk = 〈f, ek〉H , si ha

f =∞∑k=1

fkek, ‖f‖2 =∞∑k=1

‖fk‖2.

(Quest’ultima uguaglianza viene detta uguaglianza di Parseval (o di Parseval-Steklov).

OSSERVAZIONE 1.8. Sia Γ = e1, e2, · · · una base ortonormale di uno spazio diHilbert separabile H. Siano f e g due elementi di H. Si ha allora

〈f, g〉 =∞∑k=1

fkgk,

ove fk e gk sono i coefficienti di Fourier fk = 〈f, ek〉H , gk = 〈g, ek〉H .

§ 1.3. – Sottospazi e proiezioni in spazi di Hilbert.

La definizione dell’ortogonalita puo essere generalizzata anche tra gli insiemi, inparticolare tra i sottospazi di spazi di Hilbert.

DEFINIZIONE 1.13. Sia H uno spazio di Hilbert. Sia M un sottoinsieme di H.Un elemento x di H si dice ortogonale ad M , se 〈x, y〉H = 0 per ogni y ∈M .

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Siano M ed N due sottoinsiemi di H. Gli insiemi M ed N si dicono ortogonali(l’uno all’altro), se vale

〈x, y〉H = 0 ∀(x, y) ∈M ×N.

DEFINIZIONE 1.14. Sia H uno spazio di Hilbert; sia M un sottoinsieme di H.L’insieme degli elementi di H ortogonali ad M si dice il complemantare ortogonale diM e si indica con M⊥. Cioe si pone

(1.3) M⊥ = x ∈ H | 〈x, y〉H = 0 ∀y ∈M.

OSSERVAZIONE 1.9. Sia H uno spazio di Hilbert; sia M un sottoinsieme di H.Il complemantare ortogonale M⊥ di M e un sottospazio chiuso di H. Inoltre, se 0 ∈M ,allora si ha

(1.4) M ∩M⊥ = 0.

DIMOSTRAZIONE. Siano x e y due elementi di M⊥. Allora, qualunque sianoz ∈M e λ, µ ∈ C si ha

〈z, λx+ µy〉H = 〈z, λx〉H + 〈z, µy〉H = λ〈Hz, x〉H + µ〈z, y〉H = 0.

Cio significa che λx+ µy ∈M⊥. Ne segue che M⊥ e una varieta lineare.Ora consideriamo una successione di Cauchy xkk∈N ⊂M⊥ e poniamo

x = limk→∞

xk.

Allora qualunque sia z ∈M , si ha

〈z, x〉H = limk→∞

〈z, xk〉H = 0.

Cioe, M⊥ e chiuso.Resta da dimostrare la (1.4). E chiaro che, se 0 ∈M , allora 0 ∈M ∩M⊥. D’altra

parte, se x ∈ M ∩M⊥, allora per l’ortogonalita si ha 〈x, x〉H = 0, il che implica chex = 0. La tesi e dimostrata.

OSSERVAZIONE 1.10. Siano M ed N sottoinsiemi di uno spazio di Hilbert H.Valgono allora le relazioni

(1.5) N ⊂M ⇒M⊥ ⊂ N⊥,

(1.6) (M )⊥ =M⊥,

(1.7) M ⊂ (M⊥)⊥,

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(1.8) ((M⊥)⊥)⊥ =M⊥,

ove M indica la chiusura di M nella topologia di H.

DIMOSTRAZIONE. Le relazioni N ⊂M e x ∈ M⊥ implicano che, qualunque siaz ∈ N , si ha z ∈M e quindi 〈z, x〉H = 0, il che significa che M⊥ ⊂ N⊥, ovvero la (1.5)e verificata.

Essendo M ⊂ M , la (1.5) implica che (M )⊥ ⊂ M⊥. Consideriamo x ∈ M⊥ ez ∈ M . Esiste allora una successione zkk∈N tale che zk ∈ M per ogni k ∈ N e chezk → z in H per k →∞. Si ha dunque

〈z, x〉H = limk→∞

〈zk, x〉H = 0

e quindi per l’arbitrarieta di z ∈ M si ha x ∈ (M)⊥. Ne segue la (1.6).Per la definizione di M⊥ si ha

y ∈M ⇒ 〈y, x〉H = 0 ∀x ∈M⊥;

quest’ultima relazione significa, per la definizione di (M⊥)⊥, che y ∈ (M⊥)⊥, cioe everificata la (1.7).

Infine, dalla (1.7) segue, in virtu della (1.5), che ((M⊥)⊥)⊥ ⊂ M⊥. D’altra parte,applicando la (1.7) all’insieme M⊥, si ha M⊥ ⊂ ((M⊥)⊥)⊥. Ne segue la (1.8).

Ora definiamo la distanza da un punto ad un insieme nello spazio di Hilbert.

DEFINIZIONE 1.15. Sia H uno spazio di Hilbert. Siano M un sottoinsieme di He x un elemento di H. Si definisce la distanza #(x,M) = dist(x,M) da x ad M per

(1.9) #(x,M) = dist(x,M) = infy∈M

‖x− y‖.

Nel resto di questo capitolo, per rendere piu concise le formule, faremo uso della no-tazione #(x,M) come distanza da x ad M .

LEMMA 1.1. Se x ∈M , allora si ha #(x,M) = 0. Se x ∈M e se M e un insiemechiuso, allora si ha #(x,M) > 0.

DIMOSTRAZIONE. Se x ∈M , allora per y = x si ha ‖x− y‖H = 0; ne segue che#(x,M) = 0.

Ora consideriamo un insieme chiusoM e un punto x ∈M . Supponiamo per assurdoche #(x,M) = 0. Allora per la definizione della distanza #(x,M) esisterebbe per ognin ∈ N\0 un elemento yn di M tale che ‖x− yn‖H ≤ 1

n. Cio implica che yn → x per

n → ∞. M essendo chiuso per ipotesi, cio implicherebbe che x appartenesse ad M , ilche contradice l’ipotesi x ∈M . Cioe si ha #(x,M) > 0, come volevamo dimostrare.

TEOREMA 1.1. Sia H uno spazio di Hilbert. Sia M un sottoinsieme chiuso econvesso di H: sia x un elemento di H non appartenente ad M . Allora esiste ed eunico l’elemento y di M tale che

#(x,M) = ‖x− y‖H .

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DIMOSTRAZIONE. In virtu del lemma 1.1 si ha #(x,M) > 0. Per la definizionedella distanza, esiste per ogni n ∈ N\0 un elemento yn di M tale che

#(x,M) ≤ ‖x− yn‖H ≤ #(x,M) +1n.

Ora dimostriamo che yn∞n=1 e una successione di Cauchy. Infatti, in virtu dell’u-guaglianza del parallelogramma (1.2) si ha

2‖x− yn‖2H + 2‖x− ym‖2H = ‖yn − ym‖2H + ‖2x− (yn + ym)‖2H .

Osserviamo che, M essendo convesso, si ha

yn + ym2

∈M.

Ne segue che

‖2x− (yn + ym)‖2H = 4‖x−yn + ym2

‖2H ≥ 4#(x,M)2.

D’altra parte, per l’ipotesi su yn si ha

‖x− yn‖2H ≤ (#(x,M) +

1n

)2, ‖x− ym‖2H ≤ (

#(x,M) +1m

)2.

Ne segue che

‖yn − ym‖2H = 2‖x− yn‖2H + 2‖x− ym‖2H − ‖2x− (yn + ym)‖2H ≤

≤ 2(#(x,M) + 1n

)2 + 2(#(x,M) +

1m

)2 − 4#(x,M)2 =

=4#(x,M)

n+4#(x,M)

m+

2n2+

2m2

≤ 8#(x,M)2 + 4min(n,m)

.

Poiche 8(x,M)2+4min(n,m) → 0 per n,m→∞, yn∞n=1 e una successione di Cauchy.

Essendo M un insieme chiuso per ipotesi, la successione yn∞n=1 converge ad unelemento y appartenente ad M . Passando al limite nella disuguaglianza

#(x,M) ≤ ‖x− yn‖H ≤ #(x,M) +1n,

si ha‖x− y‖H = #(x,M).

Resta da dimostrare l’unicita di tale elemento y. Per questo supponiamo che perun y∗ ∈M valga l’uguaglianza

‖x− y∗‖H = #(x,M).

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In virtu dell’uguaglianza del parallelogramma (1.2) si ha

4#(x,M)2 = 2‖x− y‖2H + 2‖x− y∗‖2H = ‖y − y∗‖2H + 4‖x−y + y∗

2‖2H .

Essendo y+y∗

2 ∈M per la convessita di M , si ha

‖x− y + y∗

2‖2H ≥ #(x,M)2.

Ne segue4#(x,M)2 ≥ ‖y − y∗‖2H + 4#(x,M)2,

il che implica che ‖y − y∗‖ = 0, ovvero y = y∗, come volevamo dimostrare.

Poiche un sottospazio chiuso di uno spazio di Hilbert e convesso, dal teorema segueil seguente corollario.

COROLLARIO. Sia H uno spazio di Hilbert; sia L un sottospazio chiuso di H;sia x ∈ H. Allora esiste ed e unico l’elemento y di L tale che

‖x− y‖H = #(x, L).

Ora dimostriamo il seguente teorema.

TEOREMA 1.2. Sia H uno spazio di Hilbert; sia L un sottospazio di H; siax ∈ H. Se y ∈ L e se ‖x− y‖H = #(x, L), allora x− y e ortogonale a L, cioe si ha

〈x− y, z〉H = 0 ∀z ∈ L.

DIMOSTRAZIONE. Sia z ∈ L, z = 0. Allora per ogni λ ∈ C si ha y − λz ∈ L.Ne segue

‖x− (y − λz)‖H ≥ #(x, L) = ‖x− y‖H ,

ovvero〈x− y + λz, x− y + λz〉H ≥ 〈x− y, x− y〉H ,

o ancoraλ〈z, x− y〉H + λ 〈x− y, z〉H + λλ ‖z‖2H ≥ 0.

Poiche questa disugualianza deve verificarsi per qualsiasi λ ∈ C, deve valere anche perla particolare scelta

λ = −〈x− y, z〉H‖z‖2H

.

Sostituendo questa espressione di λ nella disuguaglianza precedente, si ottiene

−|〈x− y, z〉H |2‖z‖2H

≥ 0.

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Perche valga questa disuguaglianza bisogna che si abbia

〈x− y, z〉H = 0,

come volevamo dimostrare.

TEOREMA 1.3. Sia H uno spazio di Hilbert; sia L un sottospazio di H. Siax ∈ H. Allora esistono uno e uno solo u ∈ L e uno e uno solo v ∈ L⊥ tali che

x = u+ v.

DIMOSTRAZIONE. L’esistenza di u ∈ L e di v ∈ L⊥ tali che x = u+ v segue dalteorema precedente.

Ora supponiamo che ci siano u, u∗ ∈ L e v, v∗ ∈ L⊥ tali che x = u + v = u∗ + v∗.Si ha allora

0 = 〈x− x, x− x〉H = 〈u− u∗ + v − v∗, u− u∗ + v − v∗〉H =

= ‖u− u∗‖2H + ‖v − v∗‖2H + 〈u− u∗, v − v∗〉H + 〈v − v∗, u− u∗〉H .

Poiche u, u∗ ∈ L, si ha u−u∗ ∈ L; analogamente essendo v, v∗ ∈ L⊥, si ha v−v∗ ∈ L⊥.Ne segue che

〈u− u∗, v − v∗〉H = 〈v − v∗, u− u∗〉H = 0.Pertanto si ha

0 = ‖u− u∗‖2H + ‖v − v∗‖2H .

Cio implica che u = u∗ e v = v∗. Cioe e dimostrata l’unicita di u ∈ L e di v ∈ L⊥ taliche x = u+ v.

OSSERVAZIONE 1.11. Sia H uno spazio di Hilbert; sia L un sottospazio di H.Sia x ∈ H. Se x = u+ v, u ∈ L, v ∈ L⊥, allora si ha

‖x‖2H = ‖u‖2H + ‖v‖2H .

DIMOSTRAZIONE. Si ha

‖x‖2H = 〈x, x〉H = 〈u+ v, u+ v〉H = ‖u‖2H + ‖v‖2H + 〈u, v〉H + 〈v, u〉H .

Ma essendo u ∈ L e v ∈ L⊥, si ha

〈u, v〉H = 〈v, u〉H = 0.

Ne segue la tesi.

DEFINIZIONE 1.16. Sia H uno spazio di Hilbert e sia L un sottospazio chiuso diH. Sia x ∈ H. L’elemento y ∈ L tale che

‖x− y‖H = #(x, L)

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Page 14: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

si dice proiezione ortogonale (o proiezione) di x su L e si indica con

y = PLx.

Come vedremo piu avanti (Capitolo VII), avremo l’occasione di esaminare le propri-eta dell’applicazione che a x ∈ H associa l’elemento y = PLx. In questo contesto, chia-meremo proiezione ortogonale (o proiezione), piuttosto che l’elemento stesso y = PLx,l’applicazione PL che a x ∈ H associa l’elemento y = PLx.

OSSERVAZIONE 1.12. Sia H uno spazio di Hilbert e sia L un sottospazio chiusodi H. Se PL e la proiezione ortogonale definita nella definizione 1.16, cioe applicazionePL che a x ∈ H associa l’elemento y = PLx, allora, posto

PL(H) = y ∈ H | ∃x ∈ H tale che y = PLx ,

si haPL(H) = L.

DIMOSTRAZIONE. Se y ∈ L, allora si ha #(y, L) = ‖y − y‖H = 0 e quindi si hay = PLy ∈ PL(H).

D’altra parte, per la definizione 1.16, qualunque sia x ∈ H, PLx e un elemento diL, cioe PL(H) ⊂ L. Ne segue la tesi.

Possiamo ora introdurre anche la nozione di decomposizione ortogonale di uno spaziodi Hilbert.

DEFINIZIONE 1.17. Sia H uno spazio di Hilbert e siano L e K due sottospazichiusi di H tali che L ⊥ K. L’insieme degli elementi x ∈ H che hanno la forma x = y+zcon y ∈ L, z ∈ K si dice la somma diretta di L e di K e si indica con L⊕K.

E chiaro che se K = L⊥, allora si ha la relazione

H = L⊕K,

che viene chiamata decomposizione ortogonale di H.

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Page 15: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

CAPITOLO SECONDO

OPERATORI LINEARI :

DEFINIZIONE E PROPRIETA FONDAMENTARI

§ 2.1. – Definizione dell’operatore lineare.

Consideriamo per esempio due spazi di Banach X1 e X2. Un’applicazione A chead ogni elemento x di un sottoinsieme D di X1 associa un elemento A(x) di X2 si diraoperatore e il sottoinsieme D di X1 si dira il dominio dell’operatore A e si indichera conD(A).

In generale, per operatore da uno spazio di Banach in uno spazio di Banach non siintende necessariamente un operatore lineare. Gli operatori lineari tuttavia hanno ruolifondamentali nello studio di Analisi Funzionale. Percio in questo capitolo, richiamiamole loro proprieta fondamentali. In questo capiotolo, a meno di una precisazione espli-cita del contrario, per spazio vettoriale o spazio di Banach si intende spazio vettorialecomplesso o spazio di Banach complesso.

Ricordiamo innanzitutto la definizione dell’operatore lineare.

DEFINIZIONE 2.1. Siano X e Y due spazi vettoriali. Sia D(A) un sottoinsiemedi X . Un’applicazione A : D(A) → Y si dice operatore lineare, se D(A) e una varietalineare di X e se

(2.1) A(µx1 + λx2) = µA(x1) + λA(x2)

per qualsiasi numeri complessi µ, λ e qualsiasi elementi x1, x2 di D(A).Quando si tratta di un operatore lineare, d’ora in poi scriviamo semplicemente Ax

al posto di A(x). Invece se si tratta di un operatore non necessariamente lineare, siscriverera sempre A(x).

Dalla definizione segue immediatamente che si ha

(2.2) A0 = 0, A(−x) = −Ax ∀x ∈ D(A).

Infatti basta porre x1 = x2 = x, µ = 1 e λ = −1 nella (2.1).Inoltre l’insieme dei valori di A sara una varieta lineare in Y .

OSSERVAZIONE 2.1. L’insieme dei valori di un operatore lineare costituisce unavarieta lineare.

DIMOSTRAZIONE. Sia A un operatore lineare da D(A) ⊂ X in Y . Siano y1

e y2 due elementi di Y appartenenti all’insieme dei valori dell’operatore A. Alloraesistono almeno due elementi x1 e x2 appartenenti a D(A) tali che y1 = Ax1, y2 = Ax2.Consideriamo due numeri complessi arbitrari λ e µ. Allora in virtu della (2.1) si ha

λy1 + µy2 = λAx1 + µAx2 = A(λx1 + µx2).

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Page 16: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Poiche D(A) e per definizione una varieta lineare, le relaioni x1 ∈ D(A) e x2 ∈ D(A)implicano che

λx1 + µx2 ∈ D(A).Cio significa che λy1 + µy2 e l’immagine per A di un elemento di D(A). E dimostratoche l’insieme dei valori di un operatore lineare costituisce una varieta lineare.

L’esempio elementare e nello stesso tempo fondamentale di operatore lineare e lamatrice. Infatti, come e ben noto dall’Algebra Lineare, le matrici si possono identificarecon le applicazioni lineari da Cm in Cn (o da uno spazio euclideo in un altro se i suoielementi sono reali e se limitiamo le sue azioni a Rm). Piu precisamente, considerandoil caso di una matrice con elementi complessi, vale la

PROPOSIZIONE 2.1. Ogni matrice di tipo n×m con elementi complessi definisceun operatore lineare da Cm in Cn. Invece ogni operatore lineare da Cm in Cn vienerappresentato da una matrice di tipo n×m.

Per la dimostrazione, si vedano i manuali di Algebra Lineare (si ricordi inoltre chegli spazi Cn (n ∈ N) sono banalmente spazi vettoriali).

Ora definiamo la norma di un operatore lineare.

DEFINIZIONE 2.2. Siano X e Y due spazi vettoriali normati. Sia A un o-peratore lineare definito su D(A) ⊂ X a valori in Y . Allora si definisce la norma‖A‖ = ‖A‖L(D(A),Y ) dell’operatore A per

(2.2) ‖A‖ = ‖A‖L(D(A),Y ) = sup‖x‖X=1,x∈D(A)

‖Ax‖Y = supx∈D(A),x=0

‖Ax‖Y‖x‖X .

In generale non e detto che un operatore lineare A abbia la norma ‖A‖ finita. Siagli operatori lineari che hanno la norma finita sia quelli che non hanno norma finita(quindi si puo dire che hanno la norma infinita) avranno ruoli importanti nello studiodi Analisi Funzionale.

§ 2.2. – Operatori lineari limitati.

Come abbiamo fatto notare, ci sono operatori lineari aventi la norma finita e quelliaventi la norma infinita. Innanzitutto ricordiamo delle proprieta basilari degli operatorilineari che hanno la norma finita.

Definiamo l’operatore lineare limitato.

DEFINIZIONE 2.3. Siano X e Y due spazi vettoriali normati. Sia A un operatorelineare definito su D(A) ⊂ X a valori in Y . L’operatore A si dice limitato, se risulta

‖A‖ = supx∈D(A),‖x‖X=1

‖Ax‖Y = supx∈D(A),x=0

‖Ax‖Y‖x‖X <∞.

OSSERVAZIONE 2.2. Siano X e Y due spazi vettoriali normati. Sia A un opera-tore lineare definito su D(A) ⊂ X a valori in Y . Se X e di dimensione finita, allora Ae un operatore limitato.

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Page 17: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

DIMOSTRAZIONE. Poiche D(A) e contenuto in X , si ha

dimA(D(A)) ≤ dimD(A) ≤ dimX <∞.

Percio, scegliendo in modo opportuno una base di D(A) e una base di A(D(A)), l’o-peratore lineare A puo essere rappresentato da una matrice A di tipo (m × n) conm = dimD(A) e n = dimA(D(A)). Come e ben noto, la norma di A come operatorelineare e finita.

ESEMPIO 2.1. Consideriamo lo spazio lp con 1 ≤ p <∞ definito per

lp =z = zk∞k=1, zk ∈ C (k ∈ N\0) ∣∣ ∞∑

k=1

|zk|p <∞,

‖z‖lp =( ∞∑k=1

|zk|p)1/p

.

Si constata facilmente che lp con 1 ≤ p < ∞ sono spazi di Banach e, come abbiamovisto nell’esempio 1.9, lp con p = 2 risulta essere uno spazio di Hilbert.

Consideriamo l’applicazione Sn (n = 1, 2, · · ·) che a zk∞k=1 associa ζ = S(z) =ζk∞k=1 con ζk = 0 per k ≤ n e ζk = zk−n per k ≥ n+1. E facile verificare che Sn e unoperatore lineare in lp e che si ha ‖Sn‖ = 1 per ogni n ≥ 1 e per ogni p ∈ [1,∞[.

L’osservazione qui sopra riportata puo essere estesa anche a

l∞ =z = zk∞k=1, zk ∈ C (k ∈ N\0) ∣∣ sup

k∈N\0|zk| <∞

,

‖z‖l∞ = supk∈N\0

|zk|.

Una delle proprieta piu importanti degli operatori lineari limitati e la sua continui-ta.

Ricordiamo innnanzitutto la definizione generale della continuita. Un’applicazionef da uno spazio topologico E in uno spazio topologico F si dice continua al puntox0 ∈ E, se per ogni intorno V di f(x0) (nella topologia di F ) esiste un intorno U di x0

(nella topologia di E) tale che

f(x) ∈ V ∀x ∈ U.

(Per la definizione di un’applicazione della continuita nel quadro della topologia gene-rale, si veda per esempio [Sch], Chap. IV.)

Un’applicazione f dallo spazio topologico E nello spazio topologico F si dice con-tinua in E, se f e continua in ogni punto di E.

Siccome la topologia degli spazi in cui consideriamo i nostri operatori viene definitadalla metrica ovvero dalla distanza, che e definita dalla norma, risulta che un operatore(non necessariamente lineare) da un sottoinsieme D(A) di uno spazio vettoriale normato

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Page 18: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

X in uno spazio vettoriale normato Y e continua ad un punto x0 ∈ D(A) se e solo seper ogni successione xn∞n=1 convergente a x0 in X risulta che

A(xn)→ A(x0) in Y per n→∞.

PROPOSIZIONE 2.2. Sia A un operatore lineare definito su uno spazio vettorialenormato X a valori in uno spazio vettoriale normato Y . Se A e continuo all’origine 0di X, allora A e continuo in tutti i punti di X.

DIMOSTRAZIONE. Sia x0 ∈ X . Consideriamo una successione xn∞n=1 conver-gente a x0 in X . Posto zn = xn − x0, si ha zn ∈ X , zn → 0 per n→∞ in X . Dunque,tenuto conto della linearita di A e dell’ipotesi della continuita di A al punto 0 si ha

Axn − Ax0 = A(xn − x0) = Azn → A0 = 0 per n→∞.

In virtu dell’arbitrarieta della successione xn∞n=1, la relazione Axn → Ax0 sopradimostrata implica la continuita di A al punto x0 ∈ X .

Ora siamo in grado di dimostrare il seguente teorema, che lega la continuita allalimitatezza dell’operatore lineare.

TEOREMA 2.1. Siano X e Y due spazi vettoriali normati. Sia A un operatorelineare da D(A) = X in Y . L’operatore lineare A e continuo se e solo se e limitato.

DIMOSTRAZIONE. Per dimostrare la neccessita della condizione di limitatezza,supponiamo che A non sia limitato. Allora in virtu della definizione dell’operatorelimitato per un operatore non limitato A vale la relazione

sup‖x‖X=1,x∈X

‖Ax‖Y =∞.

Percio per ciascun n ∈ N\0 esiste almeno un elemento xn di X tale che

‖xn‖X = 1, ‖Axn‖Y ≥ n.

Poniamox′n =

1nxn.

Si ha allora‖x′

n‖X =1n, ‖Ax′

n‖Y ≥ 1.Ne segue che

x′n → 0 in X per n→∞,

mentre Ax′n non puo convergere a 0 = A0 in Y . Cioe A non e continuo. Ovvero, la

limitatezza e una condizione necessaria per la continuita di A.Per dimostrare la sufficienza della condizione di limitatezza per la continuita, ora

supponiamo che A sia limitato. Allora esiste una costante positiva C tale che

‖Ax‖Y ≤ C‖x‖X ∀x ∈ X.

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Page 19: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Se xn∞n=1 e una successione convergente a 0 (cioe xn → 0 per n→∞), allora si ha

‖Axn‖Y ≤ c‖xn‖X → 0 per n→∞,

ovveroAxn → 0 in Y per n→∞.

Pertanto, in virtu della proposizione 2.2, l’operatore lineare A e continuo, come volevamodimostrare.

OSSERVAZIONE 2.3. Sia X uno spazio vettoriale normato. Sia Y uno spazio diBanach. Sia A un operatore lineare limitato definito su D(A) ⊂ X a valori in Y . SeD(A) e denso in X, allora esiste un operatore lineare limitato A definito su X a valoriin Y tale che

A∣∣D(A)

= A.

DIMOSTRAZIONE. Consideriamo un punto generico x0 di X . Per l’ipotesi didensita, esiste una successione xn∞n=1 tale che xn ∈ D(A) per ogni n ∈ N\0 e chexn converga a x0 in X per n→∞. L’operatore A essendo limitato, esiste una costanteC tale che

‖Ax‖Y ≤ C‖x‖X ∀x ∈ X.

Di conseguenza si ha

‖Axn − Axm‖Y = ‖A(xn − xm)‖Y ≤ C‖xn − xm‖X ,

cioe An∞n=1 costituisce una successione di Cauchy in Y e quindi esiste y0 = Y tale cheAxn converga a y0 in Y . Poniamo

Ax0 = y0.

Si constata facilmente che Ax0 non dipende dalla scelta della successione approssimantexn∞n=1 di x0, il che ci permette di definire un’applicazione A su tutto X . Dalla suacostruzione si deducono facilmente la sua linearita e la sua limitatezza.

ESEMPIO 2.2. Consideriamo lo spazio l∞ delle successioni z = (zj)∞j=1 limitate(cioe ‖z‖l∞ = supj≥1 |zj | < ∞ e un operatore lineare A in l∞, cioe operatore definitosu l∞ a valori in l∞, che al vettore z = (zj)∞j=1 associa ζ = Az = (ζj)∞j=1 con

ζj =∞∑k=1

ajkzk.

Se

supj∈N\0

∞∑k=1

|ajk| <∞,

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Page 20: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

allora, come si constata facilmente, A e limitato e quindi continuo. Inoltre la norma‖A‖ di A risulta essere

‖A‖ = supj∈N\0

∞∑k=1

|ajk|.

Infatti se consideriamo la famiglia z(i)∞i=1 di vettori z(i) con

z(i) = (z(i)j )

∞j=1, z

(i)j =

aij|aij| ,

allora si ha

(Az(i))i =∞∑j=1

aijz(i)j =

∞∑j=1

aijaij|aij | =

∞∑j=1

|aij|.

Ne segue che

‖A‖ = supj∈N\0

∞∑k=1

|ajk|.

ESEMPIO 2.3. Consideriamo un operatore lineare A in lp con 1 < p < ∞, cioeoperatore definito su lp a valori in lp, che al vettore z = (zj)∞j=1 associa ζ = Az = (ζj)∞j=1

con

ζj =∞∑k=1

ajkzk.

Se∞∑j=1

( ∞∑k=1

|ajk|q)p/q

<∞

con q = pp−1 (cioe

1p +

1q = 1), allora A e limitato e quindi continuo.

Infatti si ha

‖Az‖plp =∞∑j=1

∣∣∣ ∞∑k=1

ajkzk

∣∣∣p ≤ ∞∑j=1

( ∞∑k=1

|ajk| |zk|)p

≤∞∑j=1

(( ∞∑k=1

|ajk|q)1/q( ∞∑

k=1

|zk|p)1/p)p

≤∞∑j=1

( ∞∑k=1

|ajk|q)p/q( ∞∑

k=1

|zk|p).

§ 2.3. – Spazio degli operatori lineari limitati.

Siano X e Y due spazi vettoriali normati. Indichiamo con L(X, Y ) l’insieme deglioperatori lineari limitati ovvero continui da X in Y . Questo simbole L(·, ·) l’abbiamogia citato nella definizione 2.2 senza darne spiegazione. Ora che abbiamo specificatol’insieme L(X, Y ), ne vediamo proprieta fondamentali.

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Page 21: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

OSSERVAZIONE 2.4. L’insieme L(X, Y ) degli operatori lineari limitati da unospazio vettoriale normato X in uno spazio vettoriale normato Y , munito dell’addizione“+” definita per la relazione

(A+B)x = Ax+Bx (A,B ∈ L(X, Y ), x ∈ X),

della moltiplicazione con uno scalare definita per la relazione

(λA)x = λAx (A ∈ L(X, Y ), λ ∈ C, x ∈ X

e della norma ‖ · ‖ = ‖ · ‖L(X,Y ) definita per la relazione

‖A‖ = ‖A‖L(X,Y ) = sup‖x‖X=1,x∈X

‖Ax‖Y ,

e uno spazio vettoriale normato.

DIMOSTRAZIONE. Siano A,B ∈ L(X, Y ), µ, λ ∈ C. Si ha allora

sup‖x‖X=1

‖(λA+ µB)x‖Y = sup‖x‖X=1

‖λAx+ µBx‖Y ≤

≤ |λ|‖A‖+ |µ|‖B‖ <∞.

Cio implica cheλA+ µB ∈ L(X, Y ),

ovvero L(X, Y ) e uno spazio vettoriale. Inoltre si constata facilmente la norma ‖ · ‖sopra definita verifica gli assiomi della norma. Pertanto L(X, Y ) e uno spazio vettorialenormato.

PROPOSIZIONE 2.3. Siano X e Y due spazi vettoriali normati. Sia An∞n=1 unasuccessione di operatori lineari appartenenti a L(X, Y ). An converge ad un A ∈ L(X, Y )per n→∞ nel senso della norma ‖·‖L(X,Y ) (cioe ‖An−A‖L(X,Y ) tende a 0 per n→∞),se e solo se Anx converge a Ax uniformemente nell’insieme

Γ1 = x ∈ X | ‖x‖X ≤ 1.

DIMOSTRAZIONE. Supponiamo anzitutto che An converga ad A nel senso dellanorma ‖ · ‖L(X,Y ). Poiche per x ∈ Γ1 si ha

‖Anx− Ax‖Y = ‖(An − A)x‖Y ≤

‖An −A‖L(X,Y )‖x‖X ≤ ‖An − A‖L(X,Y ),

per ogni ε > 0 esiste un numero nε tale che

‖Anx− Ax‖Y ≤ ε ∀n ≥ nε, ∀x ∈ Γ1.

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Page 22: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Ora, per dimostrare l’implicazione inversa, supponiamo che per ogni ε > 0 esistaun numero n′

ε tale che

‖Anx− Ax‖Y ≤ ε

2∀n ≥ n′

ε, ∀x ∈ Γ1.

Allora si hasup

‖x‖X≤1

‖Anx− Ax‖Y ≤ ε

2< ε ∀n ≥ n′

ε.

Per la definizione della norma di operatori lineari si ha

‖An −A‖L(X,Y ) < ε ∀n ≥ n′ε.

Cio significa che An converge ad A nel senso della norma ‖ · ‖L(X,Y ).

Come si puo verificare immediatamente, da questa proposizione segue il

COROLLARIO. Siano X e Y due spazi vettoriali normati. Sia M un sottoinsiemelimitato di X. Se An converge ad un A ∈ L(X, Y ) per n → ∞ nel senso della norma‖ · ‖L(X,Y ), allora Anx converge a Ax per n→∞ uniformemente rispetto a x ∈M .

Nel caso in cui lo spazio di arrivo e completo, lo e sara anche lo spazio L(X, Y ).Cioe si ha il

TEOREMA 2.2. Lo spazio L(X, Y ) degli operatori lineari limitati da uno spaziovettoriale normato X in uno spazio di Banach Y e uno spazio di Banach.

DIMOSTRAZIONE. Sia An∞n=1 una successione di Cauchy nel senso della norma‖ · ‖L(X,Y ). Sia x un elemento generico di X . Poiche si ha

‖Anx− Amx‖Y = ‖(An − Am)x‖Y ≤ ‖An −Am‖L(X,Y )‖x‖X ,

e chiaro che Anx∞n=1 costituisce una successione di Cauchy nello spazio di Banach Y .Quindi esiste un y ∈ Y tale che

Anx→ y in Y per n→∞.

Siccome x e un elemento generico, si puo dire che per ogni x ∈ X Anx∞n=1 costituisceuna successione di Cauchy in Y e si puo definire l’applicazione A definita su tutto X avalori in Y per la relazione

Ax = y = limn→∞Anx.

Ora mostriamo che A e un operatore lineare limitato da X in Y . Infatti per lalinearita di An si ha

An(λx1 + µx2) = λAnx1 + µAnx2 ∀x1, x2 ∈ X, ∀λ, µ ∈ C.

Si ha inoltreAnx1 → Ax1, Anx2 → Ax2, per n→∞;

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Page 23: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

ne segue che

A(λx1 + µx2) = limn→∞An(λx1 + µx2) = λAx1 + µAx2.

D’altra parte, An∞n=1 essendo una successione di Cauchy rispetto alla norma‖ · ‖L(X,Y ), esiste una costante positiva C tale che ‖An‖L(X,Y ) ≤ C. Si ha quindi

‖Anx‖Y ≤ C‖x‖X ∀n ∈ N\0, ∀x ∈ X.

Poiche Ax = limn→∞ Anx, ne segue che

‖Ax‖Y ≤ C‖x‖X ∀x ∈ X,

il che implica evidentemente‖A‖L(X,Y ) ≤ C.

Ne segue che A ∈ L(X, Y ). Il teorema e dimostrato.

La nozione di convergenza di operatori lineari non e unica. Si definisce infatti anchela nozione di convergenza forte.

DEFINIZIONE 2.4. Siano X e Y due spazi vettoriali noramti. Sia An∞n=1

una successione di operatori lineari appartenenti a L(X, Y ). Si dice che An convergefortemente ad un A ∈ L(X, Y ), se per ogni x ∈ X fissato si ha

‖Anx−Ax‖Y → 0 per n→∞.

OSSERVAZIONE 2.5. Se An converge ad A ∈ L(X, Y ) nel senso della norma‖ · ‖L(X,Y ), allora An converge fortemente ad A.

DIMOSTRAZIONE. Segue immediatamente dalla disuguaglianza

‖Anx− Ax‖Y ≤ ‖Anx− Ax‖L(X,Y )‖x‖X .

E da notare che, anche se An converge fortemente ad A, cio non implica che An

converga as A nel senso della norma ‖ · ‖L(X,Y ), come viene illustrato dal seguenteesempio.

ESEMPIO 2.4. Sia Tn l’operatore lineare da l2 in se stesso definito dalla relazione

Tnz = ζ [n] (z = (zj)∞j=1 ∈ l2)

con

ζ = (ζ [n]j )

∞j=1, ζ

[n]j = 0 per j = 1, · · · , n, ζ

[n]j = zj per j ≥ n+ 1.

Se z ∈ l2 fissato, allora si ha

‖Tnz − 0‖2l2 = ‖Tnz‖2l2 =∞∑

j=n+1

|zj |2 → 0 per n→∞.

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Page 24: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Quindi Tn converge fortemente a 0 (cioe all’operatore che ad ogni z ∈ l2 associal’elemento 0 = (0, 0, · · ·) di l2).

Invece e chiaro che si ha

‖Tn − 0‖L(X,Y ) = 1 ∀n ∈ N\0.

Percio Tn non converge a 0 nel senso della norma ‖ · ‖L(X,Y ).

Un caso particolare degli spazi L(X, Y ) e quello in cui X = Y . In tal caso intro-duciamo la notazione abbreviata

(2.3) L(X) = L(X,X).

Si osserva immediatamente che, se A e B appartengono a L(X), allora si puodefinire l’operatore AB per la relazione

(AB)x = A(Bx)

e l’operatore AB cosı definito appartiene anch’esso a L(X).Infatti si ha

(AB)(λx1 + µx2) = A(B(λx1 + µx2)) = A(λBx1 + µBx2) =

= (λA(Bx1) + µA(Bx2)) = λ(AB)x1 + µ(AB)x2,

‖(AB)x‖X = ‖A(Bx)‖X ≤ ‖A‖L(X)‖B‖L(X)‖x‖X .

Cio implica che AB ∈ L(X).E chiaro che l’operatore identita I, che a x ∈ X associa lo stesso elemento x, funge

da elemento neutro per la moltiplicazione. Cioe per ogni A ∈ L(X) si ha

IA = AI = A.

D’altra parte, se si haAB = BA = I,

allora B si dice l’operatore inverso di A e si indica con A−1.

ESEMPIO 2.5. Consideriamo X = L2(R). L’operatore F che definisce la trasfor-mata di Fourier

(Fu)(τ) =1√2π

∫ ∞

−∞u(t)e−itτdt

appartiene a L(X).Invece l’operatore F−1 che definisce la trasformata inversa di Fourier

(F−1u)(t) =1√2π

∫ ∞

−∞u(τ)eitτdτ

e l’operatore inverso di F . Si ha infatti

F−1F = FF−1 = I.

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Page 25: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

ESEMPIO 2.6. Sia X uno spazio di Banach. Sia A ∈ L(X) con ‖A‖L(X) < 1.Allora l’operatore I − A ammette il suo inverso (I − A)−1 ∈ L(X) e si ha

(I − A)−1 =∞∑k=0

Ak,

ove per∑∞

k=0 Ak si intende limn→∞

∑nk=0 A

k.Infatti, posto Sn =

∑nk=0 A

k, per m < n si ha

‖Sn − Sm‖ =∥∥∥ n∑k=m+1

Ak∥∥∥ ≤ n∑

k=m+1

‖Ak‖ ≤n∑

k=m+1

‖A‖k.

Poiche per ipotesi ‖A‖ < 1, si ha

‖Sn − Sm‖ ≤n∑

k=m+1

‖A‖k → 0 per n,m→∞.

Cioe la successione Sn∞n=1 e una successione di Cauchy. Poiche X e per ipotesi unospazio di Banach e quindi in virtu del teorema 2.2 anche L(X) e uno spazio di Banach.Pertanto esiste il limite

S = limn→∞Sn = lim

n→∞

n∑k=0

Ak.

Consideriamo

Sn(I − A)x =n∑

k=0

(Ak −Ak+1)x = x−An+1x

per un elemento generico x ∈ X . Poiche ‖An+1‖ ≤ ‖A‖n+1 → 0 per n → ∞, ne segueche

Sn(I − A)x→ x per n→∞,

ovveroSn(I − A)→ I per n→∞.

Si puo dimostrare in modo analogo che

(I − A)Sn → I per n→∞.

Poiche Sn → S per n→∞, si ha S(I − A) = (I − A)S = I, cioe si ha

(I − A)−1 =∞∑k=0

Ak.

E da ricordare che la moltiplicazione in L(X) e associativa e distributiva rispettoall’addizione, cioe si ha

(AB)C = A(BC), (A+B)C = AC +BC, C(A+B) = CA+ CB.

Ma essa in generale non e commutativa, cioe non si ha necessariamente AB = BA.

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Page 26: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

CAPITOLO TERZO

FUNZIONALI LINEARI

§ 3.1. – Generalita di funzionali lineari.

Per funzionale si intende un’applicazione che ad ogni elemento di uno spazio vet-toriale X o di una parte di X associa uno scalare. Piu precisamente, se X e uno spaziovettoriale complesso, allora un funzionale avra valori complessi; invece, se X e unospazio vettoriale reale, allora un funzionale avra valori reali.

Per funzionale non si intende necessariamente un funzionale lineare. Infatti inmolti problemi di Analisi Funzionale e sue applicazioni si incontrano spesso funzionalinon lineari. Nel presente capitolo, tuttavia, prendiamo in esame solo i funzionali lineari.Infatti i funzionali lineari hanno ruoli particolari nei fondamenti di Analisi Funzionale.

Per lo studio dei funzionali lineari spesso ci e comodo, se non necessario, trattareseparatamente il caso degli scalari complessi e il caso degli scalari reali. Percio nelpresente capitolo specifichiamo spesso se si tratta di un funzionale definito su uno spaziovettoriale complesso o un funzionale definito su uno spazio vettoriale reale.

Precisiamo innanzitutto la nozione generale di funzionale lineare.

DEFINIZIONE 3.1. Sia X uno spazio vettoriale complesso. Sia D(f) una varietalineare di X . L’applicazione f da D(f) in C si dice funzionale lineare, se vengonoverificate le relazioni

f(λx1 + µx2) = λf(x1) + µf(x2) ∀x1, x2 ∈ X, ∀λ, µ ∈ C.

DEFINIZIONE 3.1.bis. Sia X uno spazio vettoriale reale. Sia D(f) una varietalineare di X . L’applicazione f da D(f) in R si dice funzionale lineare, se vengonoverificate le relazioni

f(λx1 + µx2) = λf(x1) + µf(x2) ∀x1, x2 ∈ X, ∀λ, µ ∈ R.

Quando si tratta dei funzionali lineari su uno spazio vettoriale complesso, a dif-ferenza dello spazio L(X, Y ) degli operatori lineari limtati che abbiamo introdotto nella§ 2.3 del capitolo precedente, muniamo l’insieme dei funzionali lineari limitati definitisu uno spazio vettoriale complesso della legge di addizione definita per

(3.1) (f + g)(x) = f(x) + g(x)

e della moltiplicazione per uno scalare definita per

(3.2) (λf)(x) = λf(x).

Piu precisamente si definisce

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DEFINIZIONE 3.2. SiaX uno spazio vettoriale normato complesso. Un funzionalelineare f si dice limitato, se esiste una costante finita C tale che valga la disuguaglianza|f(x)| ≤ C‖x‖X per ogni x ∈ D(f). L’insieme dei funzionali lineari limitati definitisu X munito dell’addizione definita dalla (3.1) e della moltiplicazione per uno scalaredefinita dalla (3.2) si dice spazio duale di X e si indica con X ′ (o con X∗).

Si osserva che l’addizione definita dalla (3.1) coincide con l’addizione nello spazioL(X, Y ) degli operatori lineari limitati, mentre la moltiplicazione per uno scalare definitadalla (3.2) differenzia da quella definita nello spazio L(X, Y ) per il fatto che nel secondomembro della (3.2) compare il fattore λ, il coniugato di λ, anziche λ stesso. E chiaroche tale differenza scompare quando si tratta di uno spazio vettoriale reale X e i suoifunzionali lineari. Percio lo spazio duale di uno spazio vettoriale reale si definisce siacome il caso reale della definizione 3.2 sia come lo spazio di operatori lineari L(X, Y ) conY = R. Piu precisamente, lo spazio duale di uno spazio vettoriale puo essere definitoper la

DEFINIZIONE 3.2.bis. Sia X uno spazio vettoriale normato reale. Un funzionalelineare f si dice limitato, se esiste una costante finita C tale che valga la disuguaglianza|f(x)| ≤ C‖x‖X per ogni x ∈ D(f). L’insieme dei funzionali lineari limitati definiti suX munito dell’addizione e della moltiplicazione per uno scalare definite dalle relazioni

(f + g)(x) = f(x) + g(x) ∀x ∈ X, (λf)(x) = λf(x) ∀x ∈ X, ∀λ ∈ R

si dice spazio duale di X e si indica con X ′ (o con X∗).

Oppure lo spazio dualeX ′ dello spazio vettoriale realeX si definisce per la relazione

(3.3) X ′ = L(X,R).

Per rendere piu chiari i rapporti tra i funzionali lineari su uno spazio vettorialecomplesso e quelli definiti su uno spazio vettoriale reale, consideriamo uno spazio vet-toriale complesso X . Lo spazio X e dunque munito delle due operazioni: addizione,cioe

x1, x2 ∈ X ⇒ x1 + x2 ∈ X,

e moltiplicazione per un numero complesso, cioe

x ∈ X, λ ∈ C ⇒ λx ∈ X.

A questo spazio X associamo lo spazio vettoriale reale XR avente gli stessi elementi diX ma di cui la legge di moltiplicazione per uno scalare e definita solo per gli scalarireali, cioe

x ∈ XR, λ ∈ R ⇒ λx ∈ XR,

mentre la legge di addizione tra gli elementi di XR e uguale a quella per X , cioe

x1, x2 ∈ XR ⇒ x1 + x2 ∈ XR.

Poiche lo spazio XR cosı definito e uno spazio vettoriale reale, si possono definire ifunzionali lineari su XR a valori reali e quindi il suo spazio duale (XR)′. Tra i funzionali

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lineari su X e quelli su XR e quindi tra lo spazio duale X ′ di X e quello (XR)′ di XR

vale la seguente relazione.

OSSERVAZIONE 3.1. Se f ∈ X ′ e se ϕ(x) = Re f(x) per x ∈ X, allora si haϕ ∈ (XR)′.

Viceversa, se ϕ ∈ (XR)′ e se f(x) = ϕ(x)− iϕ(ix), allora si ha f ∈ X ′.

DIMOSTRAZIONE. Supponiamo anzitutto che f ∈ X ′ e poniamo

ϕ(x) = Re f(x).

Allora, qualunque siano x1, x2 ∈ X , λ, µ ∈ R, si ha

ϕ(λx1 + µx2) = Re f(λx1 + µx2) = Reλf(x1) +Reµf(x2) =

= λRe f(x1) + µRe f(x2) = λϕ(x1) + µϕ(x2).

Inoltre esiste una costante C > 0 tale che

|f(x)| ≤ C‖x‖X ∀x ∈ X ;

ne segue|ϕ(x)| = |Re f(x)| ≤ |f(x)| ≤ C‖x‖X .

Pertanto si ha ϕ ∈ (XR)′.Invece supponiamo ora che ϕ ∈ (XR)′ e poniamo

f(x) = ϕ(x)− iϕ(ix).

Allora qualunque siano

x1, x2 ∈ X, α+ iβ, γ + iδ ∈ C (α, β, γ, δ ∈ R),

si haf((α+ iβ)x1 + (γ + iδ)x2) =

= ϕ((α+ iβ)x1 + (γ + iδ)x2)− iϕ(i(α+ iβ)x1 + i(γ + iδ)x2) =

= αϕ(x1) + βϕ(ix1) + γϕ(x2) + δϕ(ix2)− iαϕ(ix1) + iβϕ(x1) + iγϕ(ix2) + iδϕ(x2) =

= α(ϕ(x1)− iϕ(ix1))+ iβ(ϕ(x1)− iϕ(ix1))+γ(ϕ(x2)− iϕ(ix2))+ iδ(ϕ(x2)− iϕ(x2)) =

= (α+ iβ)f(x1) + (γ + iδ)f(x2),

ossia f e un’applicazione lineare da X in C (con gli scalari complessi).Inoltre, essendo ϕ ∈ (XR)′ per ipotesi, esiste una costante C > 0 tale che

|ϕ(x)| ≤ C‖x‖X ∀x ∈ X.

Ne segue che

|f(x)| = |ϕ(x)− iϕ(ix)| ≤ |ϕ(x)|+ |ϕ(ix)| ≤ 2C‖x‖X ,

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ovvero f e limitato.La tesi e dimostrata.

§ 3.2. – Teorema di Hahn-Banach.

In questa sezione esaminiamo il teorema di Hahn-Banach e sue conseguenze. Inquesto contesto le affermazioni che valgono per gli spazi vettoriali reali non valgono onon trovano necessariamente affermzaione analoga per gli spazi vettoriali complessi.

Dimostriamo il teorema noto come teorema di Hahn-Banach negli spazi vettorialireali.

TEOREMA 3.1. Sia X uno spazio vettoriale reale. Sia p una funzione definita suX a valori reali soddisfacente alle seguenti condizioni:i) si ha p(x+ y) ≤ p(x) + p(y) per ogni x, y ∈ X,ii) si ha p(αx) = αp(x) per ogni α ≥ 0 e x ∈ X.Se f e un funzionale lineare definito su una varieta lineare D(f) di X a valori reali ese si ha

(3.4) f(x) ≤ p(x) ∀x ∈ D(f),

allora esiste un funzionale lineare F definito su X a valori reali tale che

(3.5) F (x) = f(x) ∀x ∈ D(f), F (x) ≤ p(x) ∀x ∈ X.

DIMOSTRAZIONE. Consideriamo la classeM delle estensioni (g,D(g)) di f taliche i) g sia un funzionale lineare definito su D(g) a valori reali, ii) D(f) ⊂ D(g) ⊂ X ,iii) g = f su D(f), iv) g(x) ≤ p(x) per ogni x ∈ D(g).

Supponiamo che un certo (g,D(g)) appartenga aM e che D(g) = X . Allora esisteun x1 ∈ X\D(g). Cerchiamo ora di estendere g sulla varieta lineare Γ1 generata daD(g) e x1 (cioe Γ1 e l’insieme degli elementi x di X aventi la forma x = x0 + αx1 conx0 ∈ D(g) e α ∈ R). Come estensione di g da definire su Γ1 proponiamo il funzionale

g1(x0 + αx1) = g(x0) + cα,

ove c e una costante da determinare. Si osserva che, comunque sia la costante realec, grazie alla definizione di M, a cui appartiene (g,D(g)), g1(x) risulta essere lineare.Inoltre si ha g1(x) = g(x) = f(x) per ogni x ∈ D(f), cioe la restrizione di g1 a D(f)coincide con f . Resta dunque da stabilire la relazione

g(x0) + cα ≤ p(x0 + αx1) ∀x0 ∈ D(g), ∀α ∈ R.

Poiche g(x0) ≤ p(x0) per ipotesi, questa disuguaglianza vale per α = 0. Se invece α > 0,allora la disuguaglianza si riduce a

c ≤ p(x0 + αx1)− g(x0)α

= p(x0

α+ x1)− g(

x0

α).

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D’altra parte, se α < 0, allora essa si riduce a

c ≥ p(x0 + αx1)− g(x0)α

= g(−x0

α)− p(−x0

α− x1).

Cio significa che, se la costante c verifica la relazione

supy∈D(g)

(g(y)− p(y − x1)) ≤ c ≤ infy∈D(g)

(p(y + x1)− g(y)),

allora vale la disuguaglianza

g(x0) + cα ≤ p(x0 + αx1) ∀x0 ∈ D(g), ∀α ∈ R.

Ora esaminiamo l’esistenza o meno di un numero c che soddisfi alla relazione

supy∈D(g)

(g(y)− p(y − x1)) ≤ c ≤ infy∈D(g)

(p(y + x1)− g(y)).

Siano y, y′ due elementi arbitrari di D(g). Allora si ha

g(y) + g(y′) = g(y + y′) ≤ p(y + y′) = p(y − x1 + y′ + x1) ≤ p(y − x1) + p(y′ + x1);

ne segueg(y)− p(y − x1) ≤ p(y′ + x1)− g(y′).

Cio ci permette di scegliere una costante c che verifichi la relazione

g1(x0 + αx1) = g(x0) + cα ≤ p(x0 + αx1) ∀x0 ∈ D(g), ∀α ∈ R,

il che significa che il funzionale

g1(x0 + αx1) = g(x0) + cα

e il suo dominio di definizione D(g1) = Γ1 costituiscono un elemento di M, cioe(g1,D(g1)) ∈M.

Per concludere la dimostrazione ricorriamo al lemma di Zorn. Per poter appli-carlo al nostro insiemeM, a cui appartengono (g,D(g)), definiamo l’ordine “≤” per larelazione

(g1,D(g1)) ≤ (g2,D(g2)) ⇐⇒ D(g1) ⊂ D(g2) e g1(x) = g2(x) ∀x ∈ D(g1).

Sia N un sottoinsieme totalemente ordinato diM. Sia

Γ∗ = ∪(g,D(g))∈ND(g)

e si definisca su Γ∗ il funzionale g∗ per la relazione

g∗(x) = gι(x) per x ∈ D(gι), (gι,D(gι)) ∈ N .

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Dimostriamo che (g∗,D(g∗)) = (g∗,Γ∗) ∈ N . Infatti dalla definizione segue im-mediatamente che g∗(x) = f(x) per ogni x ∈ D(f) e che g∗(x) ≤ p(x) per ognix ∈ D(g∗) = Γ∗. D’altra parte, se x, y ∈ Γ∗ e α, β ∈ R, allora esistono gι e gκ taliche

x ∈ D(gι), y ∈ D(gκ)e, in virtu dell’ipotesi dell’ordine totale, si ha D(gι) ⊂ D(gκ) o D(gκ) ⊂ D(gι). Postoλ = κ nel primo e λ = ι nel secondo caso, si ha

x, y ∈ D(gλ), αx+ βy ∈ D(gλ)

e quindi

g∗(αx+ βy) = gλ(αx+ βy) = αgλ(x) + βgλ(y) = αg∗(x) + βg∗(y).

Cioe g∗ e lineare. Pertanto (g∗,D(g∗)) = (g∗,Γ∗) ∈ N .Secondo il lemma di Zorn, che citiamo qui sotto, esiste un elemento massimale,

cioe un elemento (gm,D(gm)) ∈ M tale che, se (gm,D(gm)) ≤ (g1,D(g1)), allora valganecessariamente (gm,D(gm)) = (g1,D(g1)).

Supponiamo per assurdo che D(gm) = X . Allora esisterebbe un x1 ∈ X\D(gm). Al-lora, secondo la medesima procedura che abbiamo visto all’inizione della dimostrazione,si puo costruire (g1,D(g1)) con

D(g1) = x ∈ X | x = x0 + αx1, x0 ∈ D(gm), α ∈ R.

Poiche D(gm) ⊂ D(g1) e D(gm) = D(g1), si ha

(gm,D(gm)) ≤ (g1,D(g1)), (gm,D(gm)) = (g1,D(g1)),

contrariamente alla definizione dell’elemento massimale.

Ricordiamo il lemma di Zorn, che abbiamo utilizzato qui sopra.

LEMMA 3.1 (DI ZORN). Sia M un insieme non vuoto ordinato (parzialmente)per la relazione “≤”. Se tutti i sottoinsiemi totalmente ordinati (cioe N ⊂ M, x1, x2

∈ N ⇒ x1 ≤ x2 o x2 ≤ x1) ammettono un magiorante (cioe esiste un elemento y ∈Mtale che x ≤ y per ogni x ∈ N ), allora M ammette almeno un elemento massimale(cioe esiste un x ∈M tale che, se x ≤ x, allora si ha necessariamente x = x).

Per la dimostrazione si veda per esempio [DuSch], Teorema I.2.7.

Il teorema 3.1 e stato enunciato e dimostrato in una versione generale, in cui lospazio X sia uno spazio vettoriale. Ma se X e uno spazio vettoriale normato separabile,allora non e necessario ricorrere al lemma di Zorn.

Infatti, se X e uno spazio vettoriale normato separabile, allora esiste un insiemenumerabile Ξ = xj∞j=1 denso in X\D(f). La procedura illustrata all’inizione delladimostrazione del teorema 3.1 ci permette di costruire successivamente (gj,D(gj)) inmodo che D(gj) sia generato da D(f), x1, · · ·, xj e quindi un funzionale g definito suΓ = ∪∞

j=1D(gj) tale che g(x) = gj(x) per ogni x ∈ D(gj). E evidente che Γ e una varietalineare densa di X . Ricordando che un funzionale sullo spazio vettoriale noramato reale

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e anche un operatore lineare, dall’osservazione 2.3 si deduce che esiste un prolungamentocontinuo di g su X , il che dimostra la tesi del teorema di Hahn-Banach.

Ora esaminiamo la versione del teorema di Hahn-Banach per i funzionali linearisu uno spazio vettoriale normato. Il caso reale (cioe caso in cui si tratta di uno spaziovettoriale normato reale e di funzionali lineari reali) non e altro che una conseguenzaimmediata del teorema 3.1.

TEOREMA 3.2. Sia X uno spazio vettoriale normato reale. Sia Y una varietalineare di X. Sia f un funzionale lineare limitato definito su Y = D(f). Allora esisteun funzionale lineare limitato f definito su X tale che

f(x) = f(x) ∀x ∈ Y, ‖f‖ = sup‖x‖X≤1,x∈X

|f(x)| = ‖f‖ = sup‖x‖X≤1,x∈Y

|f(x)|.

DIMOSTRAZIONE. Posto

p(x) = ‖f‖‖x‖X per x ∈ X,

e facile constatare che la funzione p(x) definita su X verifica alle condizioni i) e ii) delteorema 3.1. Pertanto esiste un funzionale lineare f definito su X tale che f(x) ≤ p(x)per ogni x ∈ X e che f(x) = f(x) per ogni x ∈ Y . Da quest’ultima relazione segue che‖f‖ ≤ ‖f‖. D’altra parte, dalla relazione f(x) ≤ p(x) per ogni x ∈ X e dalla definizionedi p segue che

f(x) ≤ p(x) = ‖f‖‖x‖X , −f(x) ≤ p(−x) = ‖f‖‖x‖X ,

ovvero |f(x)| ≤ ‖f‖‖x‖X . Pertanto si ha ‖f‖ ≤ ‖f‖ e quindi, giunto alla disuguaglianzagia’ dimostrata, si ha ‖f‖ = ‖f‖, come volevamo dimostrare.

Per il caso complesso vale il seguente teorema.

TEOREMA 3.3. Sia X uno spazio vettoriale normato complesso. Sia Y unavarieta lineare complessa di X. Sia f un funzionale lineare limitato definito su Y =D(f). Allora esiste un funzionale lineare limitato f definito su X tale che

f(x) = f(x) ∀x ∈ Y, ‖f‖ = sup‖x‖X≤1,x∈X

|f(x)| = ‖f‖ = sup‖x‖X≤1,x∈Y

|f(x)|.

DIMOSTRAZIONE. Poniamo

f1(x) = Re f(x), f2(x) = Imf(x),

cosicche si haf(x) = f1(x) + if2(x).

Ma, grazie alla linearita di f , questa relazione puo essere scritta in modo seguente:

f(x) = f1(x)− if1(ix).

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Infatti per la linearita di f si ha f(ix) = if(x), ovvero −if(ix) = f(x). Ne seuge cheImf(x) = −Re f(ix), cioe f2(x) = −f1(ix).

La funzione f1 cosı definita risulta essere funzionale lineare reale quando si con-sidera Y come varieta lineare reale (cioe munita solo della moltiplicazione con numerireali). Infatti dalla definizione segue che per ogni coppia di elementi y1, y2 di Y e perogni coppia di numeri reali α, β, si ha

f1(αy1 + βy2) = Re f(αy1 + βy2) = Re (αf(y1) + βf(y2)) = αf1(y1) + βf1(y2).

Analogamente si puo ottenere anche

f2(αy1 + βy2) = αf2(y1) + βf2(y2).

Poiche f1 e un funzionale lineare limitato reale su Y (munito della moltiplicazionecon scalari reali), in virtu del teorema 3.2 esiste un suo prolungamento f1 su X . Cioessendo, poniamo

f(x) = f1(x)− if1(ix).

Ora dimostriamo che f1 cosı definito e lineare rispetto allo spazio vettoriale normatocomplesso X (cioe munito della moltiplicazione per scalari complessi). Infatti per lacostruzione e ovvio che f(x1+x2) = f(x1)+ f(x2) per ogni coppia x1, x2 di X . D’altraparte per x ∈ X e per α, β ∈ R si ha

f((α+ iβ)x) = f1(αx) + f1(iβx)− if1(iαx)− if1(−βx) =

= α[f1(x)− if1(ix)] + β[f1(ix) + if1(x)] = αf(x) + iβf (x) = (α+ iβ)f (x).

E chiaro che si ha f(x) = f(x) per ogni x ∈ Y . Ora consideriamo x ∈ X e poniamor = |f(x)|. Allora esiste un ϑ ∈ R tale che f(x) = reiϑ e si ha

|f(x)| = r = Re (e−iϑf(x)) = Re f(e−iϑx) = f1(e−iϑx) ≤ ‖f1‖ ‖x‖X

e quindi‖f‖ = ‖f1‖ = ‖f1‖ ≤ ‖f‖,

ove la relazione ‖f1‖ = ‖f1‖ e dovuta al teorema 3.2. D’altra parte, f essendo unprolungamento di f , si ha ‖f‖ ≤ ‖f‖. Ne segue che ‖f‖ = ‖f‖.

Una delle conseguenze piu importanti del teorema di Hahn-Banach e la seguente.

PROPOSIZIONE 3.1. Sia X uno spazio vettoriale normato. Sia Y una varietalineare di X. Se x1 e un elemento di X non appartenente alla chiusura di Y , alloraesiste un funzionale lineare limitato f definito su X tale che

f(y) = 0 ∀y ∈ Y, f(x1) = dist(x1, Y ), ‖f‖ = 1.

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DIMOSTRAZIONE. Si ricorda innanzitutto che la non appartenenza di x1 allachiusura di Y implica che la distanza tra x1 e Y e strettamente positiva. Poniamo

Γ1 = x = y + αx1 | y ∈ Y, α ∈ C .

Si definisca l’applicazione g da Γ1 in C data dalla relazione

g(y + αx1) = αdist(x1, Y ) (y ∈ Y, α ∈ C).

Si constata immediatamente che Γ1 e una varieta lineare di X e l’applicazione g cosıdefinita e un funzionale lineare limitato.

Osserviamo che la norma di g e uguale a 1. Infatti per la definizione della distanzatra x1 e Y , per ogni y ∈ Y e per ogni α ∈ C, α = 0, si ha

dist(x1, Y ) ≤∥∥x1 − −y

α

∥∥X.

Ne segue che

|g(y + αx1)| = |αdist(x1, Y )| ≤ |α| ∥∥x1 − −y

α

∥∥X= ‖αx1 + y‖X ;

cio significa che ‖g‖ ≤ 1.D’altra parte, per la definizione di dist(x1, Y ), per ogni ε > 0 esiste un yε ∈ Y tale

che‖x1 − yε‖X ≤ (1 + ε) dist(x1, Y ).

Ne segue che

g(x1 − yε) = dist(x1, Y ) ≥ 11 + ε

‖x1 − yε‖Xe quindi

‖g‖ ≥ 11 + ε

.

Per l’arbitrarieta di ε > 0, si deduce che ‖g‖ ≥ 1.Dalle due disuguaglianza segue l’uguaglianza ‖g‖ = 1.Cio essendo, in virtu del teorema 3.3, esiste un funzionale lineare f che prolunghi

g su X e tale che ‖f‖ = ‖g‖ = 1. Il funzionale lineare f essendo prolungamento di g, siha evidentemente

f(x) = 0 ∀x ∈ Y, f(x1) = dist(x1, Y ),

come volevamo dimostrare.

Nell’enunciato della prposizione 3.1 si poteva affermare l’esistenza di un funzionalelineare limitato f tale che

f(y) = 0 ∀y ∈ Y, f(x1) = 1, ‖f‖ = 1dist(x1, Y )

.

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Page 35: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

E chiaro che dall’esistenza di questo funzionale segue l’esistenza del funzionale indicatonella proposizione 3.1 e viceversa.

COROLLARIO. Sia X uno spazio vettoriale normato. Se x1 ∈ X\0, alloraesiste un funzionale lineare limitato f tale che

‖f‖ = 1, f(x1) = ‖x1‖X .

DIMOSTRAZIONE. Segue immediatamente dalla proposizione 3.1 applicata alcaso in cui Y = 0.

PROPOSIZIONE 3.2. Sia X uno spazio di Banach. Una varieta lineare Y none densa in X se e solo se esiste un funzionale lineare limitato f tale che f ≡ 0 e chef(y) = 0 per ogni y ∈ Y .

DIMOSTRAZIONE. Supponiamo innanzitutto che Y = X . Allora esiste x1 ∈ Xtale che dist(x1, X) > 0. In virtu della proposizione 3.1 esiste un funzionale linearelimitato f definito su X e tale che

f(y) = 0 ∀y ∈ Y, f(x1) = dist(x1, Y ).

Cioe e dimostrata l’esistenza di un funzionale lineare limitato f tale che f ≡ 0 e chef(y) = 0 per ogni y ∈ Y .

D’altra parte, se Y = X , allora, qualunque sia un funzionale lineare limitato fsoddisfacente alla condizione f(y) = 0 per ogni y ∈ Y , si ha

f(x) = 0 ∀x ∈ X.

Infatti Y essendo densa in X , per x ∈ X esiste una successione xn∞n=1 tale che xn ∈ Yper ogni n ∈ N\0 e che ‖xn − x‖X → 0 per n → ∞. Poiche ‖f‖ < ∞ per ipotesi, siha

|f(x)| = |f(x)− f(xn)| ≤ ‖f‖ ‖xn − x‖X → 0 per n→∞.

Cioe f(x) = 0.La proposizione e dimostrata.

§ 3.3. – Spazio duale e convergenza debole.

Nella definizione 3.2 abbiamo introdotto lo spazio duale X ′ di uno spazio vettorialenormato complesso X ed analogamente, nella definizione 3.2.bis, lo spazio duale X ′ diuno spazio vettoriale normato reale X . Abbiamo inoltre osservato che lo spazio dualeX ′ di uno spazio vettoriale normato reale X coincide con L(X,R), mentre, se X e unospazio vettoriale normato complesso, lo spazio duale X ′ differisce da L(X,C) per lamoltiplicazione per uno scalare, che nel caso complesso risulta

(λf)(x) = λf(x).

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Il teorema di Hahn-Banach ci permette di caratterizzare l’elemento nullo di unospazio vettoriale normato mediante lo spazio duale. Infatti si ha la

PROPOSIZIONE 3.3. Sia X uno spazio vettoriale normato (complesso o reale).Sia x ∈ X. Se vale f(x) = 0 per ogni f ∈ X ′ (X ′ e lo spazio duale di X), allora si hax = 0.

DIMOSTRAZIONE. Se x = 0, allora dal corollario della proposizione 3.1 segueche esiste un f ∈ X ′ tale che

f(x) = ‖x‖X , ‖f‖ = 1.

Ne segue la tesi.

Mediante la nozione di spazio duale definizamo la convergenza debole.

DEFINIZIONE 3.3. Sia X uno spazio vettoriale normato (complesso o reale).Siano x0 ∈ X , xn ∈ X ∀n ∈ N\0. Si dice che xn converge debolmente a x0, se perogni f ∈ X ′ si ha

f(xn)→ f(x0) per n→∞.

Per evitare eventuali equivoci, diremo che xn converge fortemente a x0 se xn con-verge a x0 in norma, cioe se ‖xn − x‖X → 0 per n→∞.

E chiaro che la convergenza forte implica la convergenza debole. Infatti, se xnconverge a x0 fortemente, allora, qualunque sia f ∈ X ′, si ha

|f(xn)− f(x0)| ≤ ‖f‖ ‖xn − x0‖X → 0 per n→∞.

Cioe xn converge debolmente a x0.Visto che e definita la norma ‖f‖ = sup‖x‖X≤1 |f(x)| per f ∈ X ′, si definisce la

convergenza in norma in X ′.

DEFINIZIONE 3.4. Sia X uno spazio vettoriale normato (complesso o reale).Siano f0 ∈ X ′, fn ∈ X ′ ∀n ∈ N\0. Si dice che fn converge a f0 in norma (ofortemente) in X ′, se si ha

‖fn − f0‖ → 0 per n→∞.

Si osserva che lo spazio duale X ′, sia nel caso reale sia nel caso complesso, risultaessere uno spazio di Banach. Piu precisamente

OSSERVAZIONE 3.2. Sia X uno spazio vettoriale normato (complesso o reale).Lo spazio duale X ′ di X e uno spazio di Banach (rispetto alla topologia definita dallanorma ‖f‖ = sup‖x‖X≤1 |f(x)|).

DIMOSTRAZIONE. Se X e uno spazio vettoriale normato reale, allora la tesi e uncaso particolare del teorema 2.2 (cioe caso in cui Y = R). Se X e uno spazio vettorialenormato complesso, allora si dimostra in modo analogo alla dimostrazione del teorema2.2.

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Page 37: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Come nello spazio vettoriale normato X , anche nello spazio duale X ′ si puo definirela convergenza debole, che, per distinguerla da quella nello spazioX , diremo convergenzadebole-∗.

DEFINIZIONE 3.5. Sia X uno spazio vettoriale normato (complesso o reale).Siano f0 ∈ X ′, fn ∈ X ′ ∀n ∈ N\0. Si dice che fn converge a f0 debolmente-∗, se siha

fn(x)→ f0(x) per n→∞ ∀x ∈ X.

§ 3.4. – Teorema di rappresentazione di Riesz.

Il teorema di rappresentazione di Riesz e senza dubbio uno dei teoremi fondamentalidi Analisi Funzionale. Dovuto a F. Riesz, esso fornisce l’epressione esplicita di unfunzionale lineare limitato in uno spazio di Hilbert e in vari spazi funzionali che sonospazi di Banach.

In questa sede esaminiamo attentamente la sua versione in uno spazio di Hilbert,mentre ci limitiamo a citarne gli enunciati concernenti vari spazi di Banach rimandan-done la dimostrazione alla letteratura sugli argomenti.

Per gli spazi di Hilbert si ha il

TEOREMA 3.4. Sia H uno spazio di Hilbert (complesso o reale). Sia f unfunzionale lineare limitato definito su tutto lo spazio H. Allora esiste uno e uno soloelemento y ∈ H tale che

(3.6) f(x) = 〈x, y〉 ∀x ∈ H,

ove 〈·, ·〉 e il prodotto scalare dello spazio di Hilbert H, e si ha ‖f‖ = ‖y‖H.DIMOSTRAZIONE. Consideriamo l’insieme Γ di tutti gli elementi z ∈ H tali

che f(z) = 0. L’insieme Γ costituisce un sottospazio chiuso di H. Infatti, se z1 e z2

appartengono a Γ, allora per la linearita di f , qualunque siano α, β ∈ C (o R se H euno spazio di Hilbert reale), si ha

f(αz1 + βz2) = αf(z1) + βf(z2) = 0,

il che significa che Γ e una varieta lineare di H. Inoltre, se zn convergono a z in H e sezn appartengono a Γ per tutti i n ∈ N\0, si ha

f(z) = limn→∞ f(zn) = 0,

ovvero z appartiene anch’esso a Γ.Se Γ = H, allora f = 0. Si vede facilmente che in questo caso l’unico elemento

y = 0 ∈ H verifica la relazione (3.6). Cioe in questo caso l’enunciato del teorema everificato.

Supponiamo dunque che Γ = H. Allora scelto un elemento z1 ∈ H\Γ, in virtu dellemma 1.1 si ha dist(z1,Γ) > 0; pertanto in virtu del teorema 1.2 esiste z0 ∈ Γ tale che

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Page 38: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

dist(z1,Γ) = ‖z1 − z0‖H e, posto y1 = z1 − z0, si ha y1 ⊥ Γ. Poiche z1 ∈ H\Γ, per ladefinizione di Γ si ha f(z1) = 0. Poniamo dunque α = f(z1). Si ha allora

f(y1) = f(z1)− f(z0) = α = 0.

Ora consideriamo un elemento generico x ∈ H. Allora l’elemento x− f(x)α

y1 appar-tiene a Γ. Infatti si ha

f(x− f(x)α

y1) = f(x)− f(x)α

f(y1) = f(x)− f(x) = 0.

Poiche y1 ⊥ Γ, si ha anche

0 = 〈x− f(x)α

y1, y1〉 = 〈x, y1〉 − f(x)α

‖y1‖2H .

Ne segue che

f(x) = 〈x, αy1

‖y1‖2H〉.

Dunque, posto

y =αy1

‖y1‖2H,

si ha f(x) = 〈x, y〉. Vista l’arbitrarieta di x, questa uguaglianza vale per ogni x ∈ H.Per dimostrare l’unicita di tale y, supponiamo che due elementi y e y′ verifichino

la (3.6). Si ha allora

〈x, y − y′〉 = 〈x, y〉 − 〈x, y′〉 = f(x)− f(x) = 0

per ogni x ∈ H. In particolare questa uguaglianza vale anche per x = y − y′. Si haallora

‖y − y′‖2H = 〈y − y′, y − y′〉 = 0.Per gli assiomi della norma si ha ‖x‖H = 0 se e solo se x = 0. Quindi si ha y − y′ = 0,ovvero y = y′, il che dimostra l’unicita di y.

Infine dimostriamo che ‖f‖ = ‖y‖H . Si ha infatti per la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz

|f(x)| = |〈x, y〉| ≤ ‖x‖H‖y‖H .

Cio significa, per la definizione della norma del funzionale lineare f , che ‖f‖ ≤ ‖y‖H .D’altra parte, considerando f(y), si ha

‖y‖2H = 〈y, y〉 = f(y) ≤ ‖f‖ ‖y‖H .

Ne segue che ‖y‖H ≤ ‖f‖. L’uguaglianza ‖f‖ = ‖y‖H e dimostrata.Il teorema di Riesz ci permette di stabilire una stretta relazione tra uno spazio di

Hilbert e il suo duale.

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Page 39: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

OSSERVAZIONE 3.3. Tra uno spazio di Hilbert (complesso o reale) H e il suoduale H ′ esiste una corrispondenza biunivoca che conserva la norma e che e “semili-neare” nel senso che

f1 ↔ y1, f1 ↔ y1 ⇒ αf1 + βf2 ↔ αy1 + βy2.

DIMOSTRAZIONE. Il teorema di Riesz fa corrispondere ad ogni funzionale linearelimitato un unico elemento di H. D’altra parte, se y ∈ H, allora e chiaro che il prodottoscalare 〈x, y〉 definisce un funzionale lineare limitato f avente la medesima norma.

E chiaro che nel caso di uno spazio di Hilbert reale H, la “semilinearita dellacorrispondenza qui sopra indicata si riduce alla “linearita”, in quanto α = α, β = β.

In virtu del teorema di Riesz lo sapzio duale H ′ di uno spazio di Hilbert H si puoidentificare con il medesimo spazio di Hilbert H, a meno della “semilinearita” di questacorrispondenza biunivoca.

Come accennavamo sopra, il teorema di rappresentazione di Riesz vale anche in altrispazi di Banach, che non sono spazi di Hilbert. In questi teoremi il funzionale lineareviene rappresentato mediante l’integrale di Lebesgue o l’integrale di Lebesgue-Stieltjes.Per illustrare un’idea generale, iniziamo con un’osservazione abbastanza elementare.

OSSERVAZIONE 3.4. Sia lp lo spazio di Banach di successioni z = (zk)∞k=1 dinumeri complessi, munito della norma

‖z‖lp =( ∞∑k=1

|zk|p)1/p

.

Sia f un funzionale lineare limitato definito su lp. Allora esiste una e una sola succes-sione y = (yk)∞k=1 di numeri complessi tale che

f(z) =∞∑k=1

yk zk ∀z ∈ lp

e si ha

‖f‖ = ‖y‖lq =( ∞∑k=1

|yk|q)1/q

, q =p

p− 1 .

Viceversa, ogni successione y = (yk)∞k=1 di numeri complessi appartenente allospazio lq (q = p

p−1) definisce il funzionale lineare limitato f su lp, funzionale che a

z = (zk)∞k=1 ∈ lp associa

f(z) =∞∑k=1

yk zk

(e ha la norma ‖f‖ = ‖y‖lq).DIMOSTRAZIONE. Sia f un funzionale lineare limitato definito su lp. Conside-

riamo gli elementi ζ(n) (n = 1, 2, · · ·) di lp aventi la forma

ζ(n) = (ζ(n)k )∞k=1, ζ(n)

n = 1, ζ(n)k = 0 per k = n.

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Page 40: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Poniamo yk = f(ζ(k)). Allora per ogni n ∈ N\0 si ha banalmente

f(ζ(n)) =∞∑k=1

yk ζ(n)k = yn.

Poiche ogni z = (zk)∞k=1 ∈ lp puo essere scritto come somma

z =∞∑k=1

zkζ(k),

per la linearita di f si ha

f(z) =∞∑k=1

zkf(ζ(k)) =∞∑k=1

yk zk.

Ora consideriamo gli elementi η(n) di lp aventi la forma

η(n) = (η(n)k )∞k=1, η

(n)k = yk|yk|q−2 per k ≤ n, η

(n)k = 0 per k > n

(con la convenzione 0|0|q−2 = 0 anche nel caso q ≤ 2). Si ha

f(η(n)) =n∑

k=1

yk yk|yk|q−2 =n∑

k=1

|yk|q.

D’altra parte, poiche (q − 1)p = q, si ha

|f(η(n))| ≤ ‖f‖ ‖η(n)‖lp = ‖f‖( n∑k=1

|yk|(q−1)p)1/p

= ‖f‖( n∑k=1

|yk|q)1/p

.

Ne segue che ( n∑k=1

|yk|q)1− 1

p

=( n∑k=1

|yk|q) 1q ≤ ‖f‖.

Passando al limite per n → ∞ nell’ultima disuguaglianza e ponendo y = (yk)∞k=1, siottiene

‖y‖lq ≤ ‖f‖.D’altra parte, ricordando che ogni z = (zk)∞k=1 ∈ lp puo essere scritto come somma

z =∞∑k=1

zkζ(k)

e che quindi si ha

f(z) =∞∑k=1

zkf(ζ(k)) =∞∑k=1

yk zk,

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Page 41: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

si considera la disuguaglianza

|f(z)| =∣∣∣ ∞∑k=1

yk zk

∣∣∣ ≤ ( ∞∑k=1

|yk|q)1/q( ∞∑

k=1

|zk|p)1/p

.

Per la definizione della norma di un funzionale lineare, questa disuguaglianza implicache ‖f‖ ≤ ‖y‖lp . Ricordando la disuguaglianza ottenuta precedentemente, si ha quindi‖f‖ = ‖y‖lp .

Ora dimostriamo la seconda parte dell’osservazione. Consideriamo dunque unasuccessione di numeri complessi y = (yk)∞k=1 ∈ lq. Dalla disuguaglianza qui sopraricordata ∣∣∣ ∞∑

k=1

yk zk

∣∣∣ ≤ ( ∞∑k=1

|yk|q)1/q( ∞∑

k=1

|zk|p)1/p

segue che y definisce un funzionale lineare limitato f su lp per la relazione

f(z) =∞∑k=1

yk zk per z = (zk)∞k=1 ∈ lp.

L’uguaglianza ‖f‖ = ‖y‖lp si dimostra in modo analogo a quanto abbiamo illustratosopra.

PROPOSIZIONE 3.4. Sia Ω un sottoinsieme aperto di Rn. Siano p, q > 1 tali che1p +

1q = 1. Allora per ogni funzionale lineare limitato f definito su Lp(Ω) esiste una e

una sola funzione v appartenente a Lq(Ω) tale che

f(u) =∫

Ω

v(x)u(x)dx ∀u ∈ Lp(Ω)

e si ha ‖f‖ = ‖v‖Lq .Viceversa, ogni funzione v(x) appartenente allo spazio Lq(Ω) definisce il funzionale

lineare limitato f su Lp(Ω) data dalla relazione

f(u) =∫

Ω

v(x)u(x)dx per u ∈ Lp(Ω).

Per la dimostrazione si vedano per esempio [Alt], Satz 4.14 (pp.109–110), [KA-I],Th. VI.2.1 (pp.255–256).

PROPOSIZIONE 3.5. Ogni funzionale lineare limitato f definito su C([0, 1]) puoessere espresso per l’integrale di Stieltjes

f(u) =∫ 1

0

u(t)dα(t),

ove α(·) e una funzione a variazione limitata.

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Page 42: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Viceversa ogni funzione a variazione limitata α(·) definisce il funzionale linearelimitato f su C([0, 1]) data dalla relazione

f(u) =∫ 1

0

u(t)dα(t).

Per la dimostrazione si veda per esempio [KA-I], Th. VI.3.2 (pp.261–262); [LuSo],pp.160–161.

La proposizione 3.4 ci permette di identificare lo spazio Lq(Ω) con (Lp(Ω))′ perp, q > 1, 1

q +1p = 1. Poiche la relazione tra p e q e simmetrica, anche Lp(Ω) puo essere

identificato con (Lq(Ω))′. Cioe Lp(Ω) e Lq(Ω) con p, q > 1, 1q +

1p = 1 sono reciproca-

mente spazi duali l’uno per l’altro ed in particolare sono spazi riflessivi, godendo dellarelazione

((Lp(Ω))′)′ = Lp(Ω).

§ 3.5. – Spazi riflessivi.

Ricordiamo brevenmente la definizione degli spazi di Banach riflessivi.

DEFINIZIONE 3.6. Sia X uno spazio di Banach, sia X ′ il suo duale munito dellanorma ‖f‖ = supx∈X,‖x‖X≤1 |f(x)| e sia X ′′ il duale di X ′ munito della norma ‖ξ‖ =supf∈X′,‖f‖≤1 |ξ(f)|. Si dice iniezione canonica l’applicazione J che a x ∈ X associa unfunzionale lineare definito su X ′ associando a f ∈ X ′ il numero J(x)(f) = f(x).

E chiaro che l’iniezione canonica J e lineare e si ha

‖J(x)‖ = supf∈X′,‖f‖≤1

|J(x)(f)| = supf∈X′,‖f‖≤1

|f(x)| = ‖x‖X .

OSSERVAZIONE 3.5. Sia X uno spazio di Banach, sia X ′′ lo spazio duale delduale di X e sia J l’iniezione canonica da X in X ′′. Allora si ha J(X) ⊂ X ′′.

DIMOSTRAZIONE. Per ogni x ∈ X si puo definire J(x) ∈ X ′′ con l’iniezionecanonica definita nella definizione 3.6. Cio significa che J(X) ⊂ X ′′.

DEFINIZIONE 3.7. Sia X uno spazio di Banach, sia X ′′ lo spazio duale del dualedi X e sia J l’iniezione canonica da X in X ′′. Lo spazio di Banach X si dice riflessivo,se si ha J(X) = X ′′

OSSERVAZIONE 3.6. Ogni spazio di Hilbert e riflessivo.

DIMOSTRAZIONE. Segue immediatamente dall’osservazione 3.3 (che e una con-seguenza immediata del teorema di rappresentazione di Riesz).

D’altra parte per gli spazi Lp(Ω), come abbiamo accennato sopra, vale il seguentefatto.

OSSERVAZIONE 3.7. Lo spazio Lp(Ω) per 1 < p <∞ e riflessivo.

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Page 43: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

DIMOSTRAZIONE. Segue dalla proposizione 3.4.

Va ricordato che gli spazi L1(Ω) e L∞(Ω) non sono riflessivi.Rinviamo gli approfondimenti sugli spazi Lp(Ω) alla letteratura sull’argomento

quali [Bre], [Yo].Invece ricordaiamo le seugenti proprieta degli spazi di Banach riflessivi.

PROPOSIZIONE 3.6. Sia X uno spazio di Banach riflessivo. Allora ogni sot-tospazio chiuso di X e uno spazio di Banach riflessivo.

DIMOSTRAZIONE. Poiche in virtu dell’osservazione 3.5 si ha J(Y ) ⊂ Y ′′, restada disostrare solo che Y ′′ ⊂ J(Y ).

Sia ξ ∈ Y ′′. Definiamo allora x′′ ∈ X ′′ = J(X) per la relazione

x′′(f) = ξ(f∣∣Y), f ∈ X ′.

Poiche per il teorema 3.3 per ogni h ∈ Y ′ esiste un f ∈ X ′ tale che f∣∣Y= h, questa

definizione di x′′ definisce un’applicazione biunivoca che a ξ ∈ Y ′′ associa uno e un solox′′ ∈ X ′′ = J(X).

D’altra parte, si osserva che, se f∣∣Y= 0, allora x′′(f) = f(J(x′′)) = 0. Se fosse

J(x′′) ∈ Y , allora in virtu della proposizione 3.1 esisterebbe un funzionale g ∈ X ′

tale che g∣∣Y= 0 e g(J(x′′)) = dist (J(x′′), Y ) = 0, il che non e possibile. Pertanto

J(x′′) ∈ Y .Ricordando la definizione dell’inizione canonica e della corrispondenza binuvoca tra

x′′ e ξ, si ha J(x′′) = J(ξ) ∈ Y . Ne segue la tesi.

PROPOSIZIONE 3.7. Sia X uno spazio di Banach. Se il suo duale X ′ e separabile,lo e anche X.

DIMOSTRAZIONE. Consideriamo un insieme fnn∈N\0 di elementi di X ′ chee denso in X ′. Scegliamo per ciascun fn un elemento xn di X tale che

|fn(xn)| ≥ 12‖fn‖X′ , ‖xn‖X = 1

e indichiamo con Y il sottospazio chiuso generato da xnn∈N\0 di X (cioe il piupiccolo sottospazio chiuso diX contenente tutte le combinazioni lineari di xnn∈N\0).

Consideriamo un funzionale g ∈ X ′ tale che g(y) = 0 per ogni y ∈ Y . Per ciascunn ∈ N\0 si ha

‖g − fn‖X′ ≥ |g(xn)− fn(xn)| = |fn(xn)| ≥ 12‖fn‖X′ ≥ 1

2(‖g‖X′ − ‖g − fn‖X′);

ne segue che 3‖g−fn‖X′ ≥ ‖g‖X′ . Poiche questa disuguaglianza vale per ogni n ∈ N\0e che fnn∈N\0 e denso in X ′, si ha

‖g‖X′ ≤ infn∈N\0

3‖g − fn‖X′ = 0.

SeX\Y = ∅, allora in virtu del corollario della proposizione 3.1 esisterebbe un funzionaleg ∈ X ′ tale che ‖g‖X′ = 1 e che g(y) = 0 per ogni y ∈ Y , il che non e possibile in virtudella disuguaglianza qui sopra dimostrata.

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Page 44: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

CAPITOLO QUARTO

OPERATORI LINEARI IN SPAZI DI BANACH

In questo capitolo ricordiamo alcuni teoremi fondamentali concernenti gli operatorilineari in spazi di Banach.

§ 4.1. – Teorema di Banach-Steinhaus.

Iniziamo questo capitolo col teorema di Banach-Steinhaus sul principio del limiteuniforme.

TEOREMA 4.1. Siano X e Y due spazi di Banach. Sia Aιι∈I ⊂ L(X, Y ). Sel’insieme Aιxι∈I e limitato per ogni x ∈ X fissato, allora anche ‖Aι‖ι∈I e limitato.

Primo di darne la dimostrazione, proviamo i seguenti due lemmi.

LEMMA 4.1. Indichiamo con B(x, r) la palla aperta di centro x e di raggio r inX, cioe

B(x, r) = y ∈ X | ‖y − x‖X < r .Se rn > 0 ∀n ∈ N\0 con rn → 0 per n → ∞ e se B(xn+1, rn+1) ⊂ B(xn, rn)∀n ∈ N\0, allora esiste uno e uno solo x ∈ X tale che x ∈ ∩n∈N\0B(xn, rn).

DIMOSTRAZIONE. Si osserva che tutti gli elementi xk con k ≥ n appartengonoa B(xn, rn). Cio implica che ‖xk − xn‖X ≤ rn per ogni k ≥ n. Ne segue che xn∞n=1

costituisce una successione di Cauchy in X . Poiche X e completo, esiste un x ∈ Xtale che limn→∞ xn = x. Inoltre dalla relazione xk∞k=n ⊂ B(xn, rn) segue che x ∈B(xn, rn), ossia x ∈ ∩n∈N\0B(xn, rn).

D’altra parte, se x′ ∈ ∩n∈N\0B(xn, rn), allora si ha

‖x′ − x‖X ≤ ‖x′ − xn‖X + ‖xn − x‖X ≤ 2rn → 0 per n→∞,

il che significa che x′ = x.

LEMMA 4.2. Sia Aιι∈I ⊂ L(X, Y ). Se esistono una palla B(x0, r) in X e unacostante (finita) c tali che ‖Aιx‖Y ≤ c per ogni ι ∈ I e per ogni x ∈ B(x0, r), allora‖Aι‖ι∈I e limitato.

DIMOSTRAZIONE. Consideriamo un x ∈ X diverso da 0. E evidnete che sia ha

x0 +r

‖x‖X x ∈ B(x0, r).

Di conseguenza si ha

c ≥ ∥∥Aι

(x0 +

r

‖x‖X x)∥∥

Y=

∥∥Aιx0 +r

‖x‖XAιx∥∥Y≥ r

‖x‖X ‖Aιx‖Y − c.

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Page 45: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Ne segue che ‖Aιx‖Y ≤ 2cr ‖x‖X e quindi ‖Aι‖ ≤ 2c

r .

Ora dimostriamo il teorema 4.1.

DIMOSTRAZIONE DEL TEOREMA 4.1. Supponiamo per assurdo che il teoremasia falso. Allora in virtu del lemma 4.2 ‖Aιx‖Y non puo essere limitato in alcuna pallachiusa B(x, r). Ne prendiamo una, che indichiamo con B(x0, r0). Poiche ‖Aιx‖Y nonpuo essere limitato in B(x0,

r02 ), esistono x1 ∈ B(x0,

r02 ) e un ι1 tali che ‖Aι1x1‖Y > 1.

Ma Aι1 essendo limitato e quindi continuo, esiste una palla chiusa B(x1, r1) contenuta inB(x0, r0) e tale che ‖Aι1x‖Y > 1 per ogni x ∈ B(x1, r1). Poiche ‖Aιx‖Y non puo esserelimitato nanche in B(x1, r1), in modo analogo si possono trovare un x2 ∈ B(x1,

r12 )

e ι2 tali che ‖Aι2x2‖Y > 2 e quindi esiste una palla chiusa B(x2, r2) contenuta inB(x1, r1) e tale che ‖Aι2x‖Y > 2 per ogni x ∈ B(x2, r2). Ripetendo questa procedurasi puo costruire per ogni k ∈ N una palla chiusa B(xk, rk) contenuta in B(xk−1, rk−1)e tale che ‖Aιkx‖Y > k per ogni x ∈ B(xk, rk). Dalla costruzione di queste palle echiro che si ha B(xk+1, rk+1) ⊂ B(xk, rk). Pertanto per il lemma 4.1 esiste un puntox ∈ ∩n∈N\0B(xn, rn). Inoltre dalla costruzione di B(xk, rk) segue che ‖Aιkx‖Y > k.Cio significherebbe che ‖Aι‖ non e limitato, il che contradice all’ipotesi. Ne segue latesi del teorema.

Il teorema 4.1 ha varie conseguenze. Ne ricordiamo alcune.

PROPOSIZIONE 4.1. Siano X e Y due spazi di Banach. Sia An∞n=1 ⊂ L(X, Y )e sia A ∈ L(X, Y ). Perche Anx converga ad Ax per n→∞ per ogni x ∈ X, e necessarioe sufficiente che

i) ‖An‖∞n=1 e limitato,ii) Anx → Ax per n → ∞ per ogni x appartenente ad una varieta lineare densa

di X.

DIMOSTRAZIONE. Infatti, se per ogni x ∈ X si ha Anx→ Ax per n→∞, cioeper ogni x ∈ X vale

‖Anx−Ax‖Y → 0 per n→∞,

tenuto conto che una successione convergente e limitata, per il teorema 4.1 ‖An‖∞n=1

e limitato. Inoltre la condizione ii) e banalmente verificata in quanto X stesso e unavarieta lineare di X .

Ora supponiamo le condizioni i) e ii). Indichiamo con Y la varieta lineare su cuiAnx converge ad Ax per n→∞. Consideriamo x ∈ X\Y . Poiche Y e per ipotesi densain X , per ε > 0 esiste un y ∈ Y tale che ‖y − x‖X < ε. Posto M1 = supn∈N\0 ‖An‖,M = max(M1, ‖A‖), si ha

‖Anx− Ax‖Y = ‖An(x− y) + (Any −Ay) + A(y − x)‖Y ≤

≤ ‖An‖ ‖x− y‖X + ‖Any − Ay‖Y + ‖A‖ ‖y − x‖X ≤ 2Mε+ ‖Any − Ay‖Y .Poiche Anx converge a Ax, esiste un nε tale che ‖Any −Ay‖Y ≤ ε per n ≥ nε. Quindisi ha per n ≥ nε

‖Anx− Ax‖Y ≤ (2M + 1)ε.

Cio significa che Anx converge ad Ax per ogni x ∈ X , come volevamo dimostrare.

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Page 46: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

PROPOSIZIONE 4.2. Siano X e Y due spazi di Banach. Sia An∞n=1 ⊂ L(X, Y )e sia A un’applicazione da X in Y . Se Anx converge ad Ax per n→∞ per ogni x ∈ X,allora si ha A ∈ L(X, Y ) e

‖A‖ ≤ lim infn→∞ ‖An‖.

DIMOSTRAZIONE. E facile constatare che A e lineare. Inoltre, poiche una suc-cessione convergente e limitata, in virtu del teorema 4.1 si ha supn∈N\0 ‖An‖ < ∞.Pertanto si ha

‖Ax‖Y = limn→∞ ‖An‖Y ≤ lim inf

n→∞ ‖An‖ ‖x‖X ,

il che implica che ‖A‖ ≤ lim infn→∞ ‖An‖.

§ 4.2. – Insieme di prima categoria e insieme di seconda categoria.

Per dimostrare altre proprieta fondamentali degli operatori lineari negli spazi diBanach, abbiamo bisogno di introdurre la nozione di insieme di prima categoria e diinsieme di seconda categoria di Baire.

DEFINIZIONE 4.1. Sia X uno spazio metrico completo. Un insieme M ⊂ X sidice insieme di prima categoria, se puo essere rappresentato dall’unione di una famigliaal piu numerabile di insiemi Ek tali che ogni palla B(x, r) di X contenga un’altra pallaB(x′, r′) tale che B(x′, r′) ∩ Ek sia vuoto. Un insieme M ′ che non e insieme di primacategoria si dice insieme di seconda categoria.

Si ha la

PROPOSIZIONE 4.3. Ogni spazio metrico completo e un insieme di secondacategoria.

DIMOSTRAZIONE. Sia X uno spazio metrico completo. Supponiamo per assurdoche X sia un insieme di prima categoria, cioe

X = ∪∞k=1Ek,

ove Ek siano insiemi tali che ogni palla B(x, r) diX contenga un’altra palla B(x′, r′) taleche B(x′, r′)∩Ek sia vuoto. Consideriamo una pallaB(x1, 1). Per ipotesi su Ek, B(x0, 1)deve contenere un’altra palla B(x1, 2r1) (quindi r1 ≤ 1

2) tale che B(x1, 2r1) ∩ E1 sia

vuoto. Ora consideriamo la palla B(x1, r1), che evidentemente non contiene alcun puntodi E1. In modo analogo anche la palla B(x1, r1) deve contenere a sua volta un’altrapalla B(x2, 2r2) (quindi r2 ≤ r1

2tale che B(x2, 2r2) ∩ E2 sia vuoto. Evidentemente la

palla B(x2, r2) non contiene alcun punto di E2. Ripetendo questa procedura, otteniamouna catena di palle B(xk, rk) (k = 1, 2, · · ·) tale che B(xk+1, rk+1) ⊂ B(xk, rk) per ognik ∈ N\0, che rk ≤ 2−k e che B(xk+1, rk+1) non contenga alcun punto di Ek+1. Percioin virtu del lemma 4.1 (che vale anche per gli spazi metrici completi in generale) esisteuno e uno solo x ∈ X tale che x ∈ ∩k∈N\0B(xk, rk) e x non appartiene a nessunodegli Ek, cioe x ∈ ∪∞

k=1Ek, il che contradice l’ipotesi. Percio la tesi e dimostrata.

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Page 47: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Nella dimostrazione della proposizione 4.3, la palla B(x0, 1) viene scelta in modoarbitrario, cioe al posto di B(x0, 1) potevamo scegliere qualsiasi palla B(y, r). Per-cio si puo affermare anche che, se Ek sono insiemi di prima categoria, allora la lorounione ∪∞

k=1Ek non posiede punti interni, o equivalentemente, l’intersezione di tutti icomplementari Ek

C di Ek e (ovunque) denso in X .Una delle conseguenze della proposizione 4.3 e la seguente.

LEMMA 4.3. Siano X e Y due spazi di Banach. Sia A un operatore lineare da Xin Y . Posto

Xn = x ∈ X | ‖Ax‖Y ≤ n‖x‖X ,si ha X = ∪∞

n=1Xn e almeno uno degli Xn e ovunque denso in X.

DIMOSTRAZIONE. L’elemento 0 di X appartiene a tutti gli Xn. D’altra parteogni x ∈ X , x = 0, appartiene Xn con un n tale che ‖Ax‖Y

‖x‖X < n. Ne segue immedita-mente che X = ∪∞

n=1Xn.Cio essendo, in virtu della proposizione 4.3 almeno uno degli Xn ammette una palla

B(x0, r0) tale che Xn sia denso in B(x0, r0). Consideriamo una palla chiusa B(x1, r1)contenuta nella palla aperta B(x0, r0) e con x1 ∈ Xn.

Ora consideriamo un elemento x qualsiasi avente la norma ‖x‖X = r1. Si haallora ‖(x+ x1)− x1‖X = ‖x‖X = r1. Cio significa che x+ x1 appartiene a B(x1, r1).Poiche Xn e denso in B(x0, r0) e quindi denso anche in B(x1, r1), si puo costruire unasuccessione ξk∞k=1 tale che ξk ∈ Xn ∩B(x1, r1) per ogni k ∈ N\0 e che ξk → x+ x1

per k →∞. E chiaro che si puo scegliere ξk in modo tale che ‖ξk − x1‖X ≥ r12 . Allora,

posto xk = ξk − x1, si ha

‖Axk‖Y = ‖Aξk − Ax1‖Y ≤ ‖Aξk‖Y + ‖Ax1‖Y ≤ n(‖ξk‖X + ‖x1‖X).

D’altra parte si ha

‖ξk‖X ≤ ‖ξk − x1‖X + ‖x1‖X ≤ r1 + ‖x1‖X .

Ne segue che

‖Axk‖Y ≤ n(r1 + 2‖x1‖X) ≤ 2n(r1 + 2‖x1‖X)r1

‖xk‖X .

Sia ν un numero naturale tale che 2n(r1+2‖x1‖X)r1

< ν. Allora si ha ‖Axk‖Y ≤ν‖xk‖X . Cio significa che xk ∈ Xν per ogni k ∈ N\0.

Ora consideriamo un x ∈ X qualsiasi diverso da 0. Sia x = r1x/‖x‖X . Si haevidentemente ‖x‖X = r1. Percio, secondo quanto abbiamo visto sopra, esiste unasuccessione xk∞k=1 tale che xk ∈ Xν per ogni k ∈ N\0 e che xk → x per n → ∞.Pertanto, posto xk =

‖x‖Xr1

xk, si ha xk → x e

‖Axk‖Y = ‖x‖Xr1

‖Axk‖Y ≤ ‖x‖Xr1

ν‖xk‖X = ν‖xk‖X .

Cio significa che xk ∈ Xν per ogni k ∈ N\0. Ne segue che Xν e (ovunque) denso inX .

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Page 48: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

§ 4.3. – Operatori inversi.

Nel capitolo secondo abbiamo gia introdotto gli operatori inversi. Nella presentesezione approfondiamo alcuni loro aspetti.

DEFINIZIONE 4.2. Siano X e Y due spazi di Banach e sia A un operatore difinitosuX a valori in Y . L’operatore B definito su A(X) a valori inX si dice operatore inversoa sinistra se vale la relazione

B(A(x)) = x ∀x ∈ X.

L’operatore C definito su A(X) a valori in X si dice operatore inverso a destra se valela relazione

A(C(y)) = y ∀y ∈ A(X).

Se l’operatore G e l’operatore inverso a sinistra e a destra di un operatore A, cioe seG(A(x)) = x per ogni x ∈ X e se A(G(y)) = y per ogni y ∈ A(X), allora diremo che Ge l’operatore inverso di A e indichiamo con A−1 = G.

Useremo la stessa terminologia anche nel caso in cui D(A) e un sottoinsieme di X ,sostituendo D(A) al posto di X nella definizione.

La nozione di operatore inverso puo essere applicata anche agli opertori non lineari.Infatti l’equazione operazionale

A(x) = y

ammette una e una sola soluzione x se l’operatore A ammette l’operatore inverso A−1

e si ha x = A−1(y), anche se A non e lineare.Qualora esista l’operatore inverso A−1, si ha (A−1)−1 = A, come segue immedia-

tamente dalla definizione. Inoltre e chiaro che l’operatore inverso A−1 dell’operatoreA esiste se e solo se A e un’applicazione iniettiva e A−1 deve essere un’applicazionebiiettiva dall’imagine di A sul dominio di A.

Nel caso in cui l’operatore A e lineare, anche l’operatore inverso A−1 risulta lineare.Infatti, siano x1, x2 ∈ X , y1, y2 ∈ Y tali che A−1y1 = x1, A−1y2 = x2. Allora si hay1 = AA−1y1 = Ax1 e y2 = AA−1y2 = Ax2. Ne segue che

A−1(y1 + y2) = A−1(Ax1 + Ax2) = A−1A(x1 + x2) = x1 + x2 = A−1y1 +A−1y2.

In modo analogo si puo verificare che A−1(λy) = λA−1y. Cioe A−1 e lineare.Anche per gli operatori lineari limitati, il problema della limitatezza e quindi della

continuita dell’operatore inverso e piu delicato. Ma nel caso in cui si conosca la disu-guaglianza ‖Ax‖Y ≥ m‖x‖X con m > 0, e facile dimostrare la limitatezza (e quindi lacontinuita) dell’operatore inverso oltre alla sua esistenza, come si vede nella seguenteosservazione.

OSSERVAZIONE 4.1. Siano X e Y due spazi vettoriali normati e sia A unoperatore lineare da X su Y . Se vale

(4.1) ‖Ax‖Y ≥ m‖x‖X ∀x ∈ X (m > 0),

allora esiste l’operatore inverso A−1 ed esso e un operatore lineare limitato da Y su X.

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Page 49: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

DIMOSTRAZIONE. Se Ax1 = y = Ax2, allora si ha A(x1 − x2) = 0. Allora dalla(4.1) segue che

0 = ‖A(x1 − x2)‖Y ≥ m‖x1 − x2‖X ,

ossia ‖x1 − x2‖X = 0. Quindi A e iniettivo. Poiche A e suriettivo per ipotesi, esso ebiiettivo da X su Y e quindi esiste l’operatore inverso A−1 da Y su X .

Inoltre si ha‖A−1y‖X ≤ 1

m‖AA−1y‖Y = 1

m‖y‖Y ,

il che significa che A−1 e limitato.

Ora dimostriamo il teorema principale: teorema di omeomorfismo di Banach.

TEOREMA 4.2. Siano X e Y due spazi di Banach. Se A e un operatore linearelimitato e biiettivo da X su Y , allora esiste l’operatore inverso A−1 ed e lineare elimitato.

DIMOSTRAZIONE. L’esistenza e la linearita di A−1 sono ovvie. Resta da di-mostrare che e limitato.

In virtu del lemma 4.3, lo spazio Y puo essere rappresentato nella forma

Y = ∪∞k=1Yk, Yk = y ∈ Y | ‖A−1y‖X ≤ k‖y‖Y

e uno degli insiemi Yk e ovunque denso in Y . Supponiamo, per fissare le idee, che Ynsia ovunque denso in Y .

Consideriamo un elemento y ∈ Y , y = 0, e poniamo r = ‖y‖Y . Si constatafacilmente che esiste un elemento y1 ∈ Yn tale che ‖y − y1‖Y < r

2 e che ‖y1‖Y ≤ r.Poi cerchiamo un elemento y2 ∈ Yn tale che ‖(y − y1)− y2‖Y < r

22 e che ‖y1‖Y ≤ r2.

Ripetendo questa procedura, si costruisce una successione yk∞k=1 tale che yk ∈ Yn eche

‖y − (y1 + · · ·+ yk)‖Y <r

2k, ‖yk‖Y ≤ r

2k−1.

Si ha evidentemente y = limk→∞∑k

j=1 yj. Poniamo xk = A−1yk. Allora si ha ‖xk‖X ≤n‖y‖Y ≤ nr

2k−1 . Pertanto, posto sk =∑k

j=1 xj , la successione sk∞k=1 e una successionedi Cauchy in X . Poiche X e completo, essa converge ad un elemento x ∈ X . Quindi siha x =

∑∞k=1 xk. Ne segue che

Ax = A(limk→∞

k∑j=1

xj

)= lim

k→∞

k∑j=1

Axj = limk→∞

k∑j=1

yj = y.

Cio implica che

‖A−1y‖X = ‖x‖X = limk→∞

∥∥∥ k∑j=1

xj

∥∥∥X≤ lim

k→∞

k∑j=1

‖xj‖X ≤

≤∞∑j=1

nr

2j−1= 2nr = 2n‖y‖Y .

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Page 50: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Questa disuguaglianza dimostra che A−1 e limitato.

§ 4.4. – Teorema del grafico chiuso e teorema dell’applicazione aperta.

I teoremi di questa sezione seguono dal teorema di omeomorfismo di Banach (teo-rema 4.2). Ma si possono dimostrarli indipendentemente e in tal caso il teorema diomeomorfismo di Banach ne diventerra un corollario, come viene illustrato in alcunilibri quali [Bre].

Siano X e Y due spazi di Banach e sia f un’applicazione da D(f) ⊂ X in Y .L’insieme (x, f(x)) ∈ X×Y | x ∈ D(f) si dice il grafico dell’applicazione f e si indicacon Gr(f); si ha quindi

Gr(f) = (x, f(x)) ∈ X × Y | x ∈ D(f) .

La nozione di grafico puo essere considerata per qualsiasi applicazione e quindianche per quelle non lineari. Ma in questa sede ci limitiamo alle considerazioni circa ilgrafico di un operatore lineare.

Se A e un operatore lineare, allora il suo grafico Gr(A) risulta essere una varietalineare nello spazio di Banach X × Y . Infatti, se (x1, Ax1) e (x2, Ax2) appartengono aGr(A), cioe x1 e x2 appartengono al dominio D(A) di A, allora, qualunque siano λ, µ∈ C, anche λx1+µx2 appartiene a D(A) e il suo immagine A(λx1+µx2) e ben definitaed e uguale a λAx1 + µAx2; cio significa che (λx1 + µx2, λAx1 + µx2) appartiene aGr(A).

Se A e un operatore lineare limitato e quindi continuo, allora l’insieme Gr(A) echiuso nello spazio X × Y . Infatti, se una successione (xn, Axn)∞n=1 (che e evidente-mente contenuto in Gr(A)) converge ad un punto (x0, y0) nello spazio X × Y , allora siha in particolare xn → x0 in X e Axn → y0 in Y per n→∞. Ma poiche A e continuo, siha Axn → Ax0, da cui segue y0 = Ax0. Cio significa che l’elemento (x0, y0) = (x0, Ax0)appartiene a Gr(A). Cioe Gr(A) e chiuso.

La reciproca di questa osservazione e noto come il teorema del grafico chiuso.

TEOREMA 4.3. Siano X e Y due spazi di Banach e sia A un operatore lineareda X in Y . Se il grafico di A e chiuso, allora A e limitato.

DIMOSTRAZIONE. Poiche il grafico Gr(A) e lineare e, per ipotesi, chiuso, loconsideriamo come uno spazio di Banach. Consideriamo l’operatore P1 definito suGr(A) dalla relazione P1(x,Ax) = x, cioe proiezione da Gr(A) su X , e lineare, limitatoe biiettivo. Pertanto in virtu del teorema 4.2 esiste l’opeartore inverso P1

−1 da X suGr(A) ed e limitato.

D’altra parte, e evidente che l’operatore P2 che a (x,Ax) associa l’elemento Ax diY , cioe proiezione da Gr(A) su Y , e un operatore lineare limitato. Pertanto l’operatorecomposto P2 P1

−1 anch’esso e limitato. Poiche l’operatore A e uguale a P2 P1−1, si

deduce che A e limitato.

Poiche nella dimostrazione del teorema 4.3 il fatto che il grafico Gr(A), che e chiuso,puo esserre considerato come uno spazio di Banach permette di dimostrare la tesi, anchenel caso in cui l’operatore lineare A sia definito su un sottospazio chiuso diX , si dimostrala limitatezza di A.

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Page 51: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Con la nozione di grafico chiuso si definiscono gli operatore lineare chiuso.

DEFINIZIONE 4.3. Sia A un operatore lineare da uno spazio di Banach X in unospazio di Banach Y . L’operatore A si dice chiuso, se il suo grafico e chiuso.

Quindi se l’operatore lineare A e chiuso, se xn ∈ D(A) per ogni n ∈ N\0, sexn → x0 in X e se Axn → y0 in Y , allora si ha x0 ∈ D(A) e Ax0 = y0.

Come abbiamo osservato sopra, un operatore lineare chiuso definito su un sot-tospazio (chiuso) di X e limitato. Invece per gli operatori lineari definiti su una varietalineare non necessariamente chiusa, la chiusura del grafico puo darci ulteriori infor-mazioni sulla limitatezza o meno dell’operatore. Va ricordato che anche se il grafico echiuso il dominio D(A) puo non essere chiuso e quindi A puo non essere limitato.

Citiamo un esempio di operatore lineare chiuso che non e limitato. ConsideriamoX = Y = C([0, 1]) e l’operatore A = d

dt. L’operatore A non e iniettivo, ma e chiuso.

Infatti se un → u0 in C([0, 1]) e se ddtun → v0 in C([0, 1]), allora si vede facilmente che

ddtu0 = v0.Un’altra conseguenza del teorema di omeomorfismo di Banach e il teorema dell’ap-

plicazione aperta.

DEFINZIONE 4.4. Un’applicazione f da uno spazio topologico X in uno spaziotopologico Y si dice aperta, se l’immagine per f di ogni aperto di X e aperto in Y .

TEOREMA 4.4. Tutti gli operatori lineari limitati e suriettivo da uno spazio diBanach X su uno spazio di Banach Y sono applicazioni aperte.

DIMOSTRAZIONE. Sia N = x ∈ X |Ax = 0 . L’operatore A essendo limitatoe quindi continuo, N e un sottospazio chiuso di X . Lo spazio quoziente X/N munitodella norma

‖x‖X/N = infx∈x

‖x‖X

e uno spazio di Banach. Si definisce l’operatore lineare A da X/N in Y per la relazione

A x = Ax = A(x+ u), x ∈ x, u ∈ N.

E ovvio che A e un operatore lineare. Inoltre A e continuo; infatti se xn → x0 in X/N ,allora esistono xn (n = 1, 2, · · ·) e x0 tali che xn → x0 in X . Poiche A e continuo peripotesi, cio implica che Axn → Ax0 in Y .

E chiaro che, poiche A e un’applicazione da X su Y , A e un’appliazione da X/N

su Y . Inoltre in virtu della definizone di N , A e biiettivo. Pertanto per il teoremadi omeomorfismo di Banach esiste l’operatore inverso A−1 che e un operatore linearelimitato da Y su X/N .

Consideriamo un insieme aperto G di X . La sua immagine G ⊂ X/N per l’omeo-morfismo canonico da X su X/N e anch’essa un insieme aperto di X/N . Poiche A−1 elimitato e quindi continuo, la controimmagine Γ = (A−1)−1(G) di G e anch’essa aperta.Ma come si puo constatare facilmente per la definizione di A, si ha (A−1)−1(G) = A(G),il che significa che A e un operatore lineare aperto.

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Page 52: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

CAPITOLO QUINTO

OPERATORI COMPATTI

§ 5.1. – Insiemi compatti.

Innanzitutto ricordiamo la definizione e le proprieta fondamentali degli insiemicompatti.

DEFINIZIONE 5.1. Sia X uno spazio separato e sia K un sottoinsieme di X .L’insieme K si dice compatto, se da ogni ricoprimento aperto di K si puo estrarre unsottoricoprimento finito di K.

Si ricordi che per spazio separato o spazio di Hausdorff si intende uno spazio topo-logico tale che, se x1 e x2 sono due punti distinti di questo spazio topologico, alloraesistano un intorno V1 di x1 e un intorno V2 di x2 tali che V1 ∩ V2 = ∅. Invece per rico-primento aperto diK si intende una famiglia Aιι∈I (non necessarriamente numerabile)di insiemi aperti Aι tale che

K ⊂ ∪ι∈IAι.

Naturalmente un ricoprimento finito di K e una famiglia finita AkNk=1 di insiemi Ak

tale cheK ⊂ ∪Nk=1Ak

(ove N e un numero naturale).Ricordiamo alcune proprieta fondamentali degli insiemi compatti.

OSSERVAZIONE 5.1. Sia X uno spazio separato. Se un sottoinsieme K di X ecompatto, allora K e un insieme chiuso.

DIMOSTRAZIONE. Sia z ∈ X\K. Poiche X e uno spazio separato, per ognix ∈ K esistono un insieme aperto Ax contenente x e un insieme aperto Bx contenentez tali che Ax ∩Bx = ∅. E chiaro che Axx∈K costituisce un ricoprimento aperto di K.Pertanto per la definizione dell’insieme compatto, esiste un sottoricoprimento AxkNk=1

di K (N e un numero naturale). Posto

Γ = ∩Nk=1Bxk ,

l’insieme Γ e aperto e contiene z, ove Bxk e l’insieme aperto contenente z tale cheBxk ∩ Axk = ∅. Inoltre si ha evidentemente Γ ∩ K = ∅. Cio significa che X\K e uninsieme aperto, ossia K e un insieme chiuso.

OSSERVAZIONE 5.2. Sia X uno spazio separato. Ogni insieme chiuso contenutoin un insieme compatto e compatto.

DIMOSTRAZIONE. Sia K un insieme compatto di X . Sia M un insieme chiusocontenuto in K. Sia Aιι∈I un ricoprimento aperto di M . Poiche M e chiuso, X\Me un insieme aperto. Percio Aιι∈I ∪ X\M e un ricoprimento aperto di K. Poiche

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Page 53: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

K e compatto per ipotesi, esiste un sottoricoprimento finito di K, che ha la formaAιkNk=1 ∪X\M oppure AιkNk=1. Visto che (X\M) ∩M = ∅, in ogni caso AιkNk=1

ricopre M . Cio significa che M e compatto.

Negli spazi metrici la compattezza nel senso della definizione 5.1 e la compatezzasequenziale risultano equavalenti (si veda il teorema 5.1). Siccome in spazi metriciconcreti sovente risulta piu facile provare la compattezza sequenziale, piu avanti useremoquesta caratterizzazione per definire un insieme compatto. E dunque molto importanteil teorema, che dimostriamo basandoci sui lemmi 5.1 e 5.2.

LEMMA 5.1 Sia X una spazio metrico e sia K un sottoinsieme di X. Supponiamoche da ogni successione xk∞k=1 di elementi xk di K si puo estrarre una sottosuccessionexkj∞j=1 ⊂ xk∞k=1 tale che xkj converga ad un elemento x appartenente a K perj →∞. Sia Aιι∈I un ricoprimento aperto di K. Allora esiste un numero ε > 0 taleche

∀x ∈ K ∃ ι ∈ I tale che B(x, ε) ⊂ Aι,

ove B(x, ε) = y ∈ X | dist (x, y) < ε .DIMOSTRAZIONE. Supponiamo per assurdo che per ogni ε > 0 esista un x ∈ K

tale cheB(x, ε) ∩AC

ι = ∅ ∀ι ∈ I.

In particolare per ogni n ∈ N\0 possiamo scegliere un xn ∈ K tale che

B(xn,1n) ∩ AC

ι = ∅ ∀ι ∈ I.

D’altra parte, la successione xn∞n=1 e contenuta in K e quindi per ipotesi deve esiste-re una sottosuccessione xnk∞k=1 che converge ad un elemento x0 appartenente a K.Poiche Aιι∈I e un ricoprimento aperto di K e che x0 appartiene a K, esiste un ι0 ∈ Itale che x0 ∈ Aι0 . Visto che Aι0 e un insieme aperto e che X e uno spazio metrico,esiste un numero ε0 > 0 tale che

B(x0, ε0) ⊂ Aι0 .

Siccome xnk converge a x0, esiste un numero k0 tale che

dist (xnk , x0) <ε0

2∀k > k0.

Pertanto per ogni nk > max (nk0 ,2ε0) si ha

B(xnk ,1nk) ⊂ B(x0, ε0) ⊂ Aι0 ,

il che contradice alla scelta di xn sopra descritta. Pertanto e dimostrata la tesi dellemma.

LEMMA 5.2. Sia X una spazio metrico e sia K un sottoinsieme di X. Supponiamoche da ogni successione xk∞k=1 di elementi xk di K si puo estrarre una sottosuccessione

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Page 54: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

xkj∞j=1 ⊂ xk∞k=1 tale che xkj converga ad un elemento x appartenente a K perj → ∞. Allora, qualunque sia ε > 0, si puo ricoprire K con un numero finito di palleB(x, ε) di raggio ε.

DIMOSTRAZIONE. Sia ε > 0. Scegliamo un elemento x1 ∈ K. Se K none contenuto interamente in B(x1, ε), allora scegliamo un elemento x2 ∈ K\B(x1, ε).Ripetendo un’analoga procedura, seK non e contenuto in ∪nk=1B(xk, ε), allora scegliamoun elemento xn+1 ∈ K\∪nk=1B(xk, ε). Supponiamo che tale procedura possa continuareinfinitamente e che quindi esista una successione xn∞n=1 tale che

xn+1 ∈ K\ ∪nk=1 B(xk, ε) ∀n ∈ N.

Per l’ipotesi del lemma deve esistere una sottosuccessione xnk∞k=1 della successionexn∞n=1 tale che

xnk → x0 ∈ K per k →∞.

Essendo X uno spazio metrico esiste un numero k0 tale che

xnk ∈ B(x0,ε

3) ∀k ≥ k0.

Consideriamo due numeri naturali k1, k2 tali che k0 ≤ k1 < k2. Si ha allora

dist (xnk1 , xnk2 ) ≤ dist (xnk1 , x0) + dist (x0, xnk2 ) ≤ 2ε

3< ε,

il che contradice all’ipotesi sui xn sopra citata, secondo cui si ha

xnk2 ∈ K\ ∪nk2−1

j=1 B(xj , ε),

e quindi dist ((xnk1 , xnk2 ) ≥ ε. Cio significa che esiste un n0 tale che

K ⊂ ∪n0j=1B(xj, ε).

Il lemma e dimostrato.

Ora dimostriamo l’equivalenza della compattezza definita nella definizione 5.1 e lacompattezza sequenziale.

TEOREMA 5.1. Sia X una spazio metrico. Un sottoinsieme K di X e compattose e solo se da ogni successione xk∞k=1 di elementi xk di K si puo estrarre una sotto-successione xkj∞j=1 ⊂ xk∞k=1 tale che xkj converga ad un elemento x appartenentea K per j →∞.

DIMOSTRAZIONE. Dimostriamo innanzitutto che, se K e compatto secondo ladefinizione 5.1, allora da ogni successione xk∞k=1 di elementi xk diK si puo estrarre unasottosuccessione xkj∞j=1 ⊂ xk∞k=1 tale che xkj converga ad un elemento x apparte-nente a K per j → ∞. Per questo supponiamo per assurdo che esista una successionexk∞k=1 di elementi di K tale che non esista una sottosuccessione convergente ad unx ∈ K. Allora per ogni x ∈ K esiste un un numero positivo εx tale che l’insieme

Nx = k ∈ N\0 | xk ∈ B(x, εx) ∩K

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Page 55: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

sia infinito, ove B(x, εx) = y ∈ X | dist (x, y) < εx , mentre xk sono gli elementidella successione xk∞k=1. Infatti se non fosse cosı per un x ∈ K, esisterebbe unasottosuccessione convergente a x. D’altra parte e chiaro che la famiglia B(x, εx)x∈Kconstituisce un ricoprimento aperto di K. Poiche il fatto che l’insieme Nx e finito perogni x ∈ K implica che non esiste un ricoprimento finito della successione xk∞k=1 equindi tanto meno esiste un ricoprimento finito di K. Cio contradice all’ipotesi dellacompatezza di K. Pertanto ogni successione xk∞k=1 di elementi di K deve contenereuna sottosuccessione convergente ad un elemento x appartenente a K.

Ora dimostriamo che, se da ogni successione xk∞k=1 di elementi xk di K si puoestrarre una sottosuccessione xkj∞j=1 ⊂ xk∞k=1 tale che xkj converga ad un elementox appartenente a K per j → ∞, allora K e compatto nel senso della definizione 5.1.Infatti se Aιι∈I e un ricoprimento aperto di K, allora in virtu del lemma 5.1 esisteun ε > 0 tale che per ogni B(x, ε) con x ∈ K esiste un ι ∈ I tale che B(x, ε) ⊂ Aι. Maper il lemma 5.2 esiste un numero finito di elementi xk (k = 1, · · · , N) tali che

K ⊂ ∪Nk=1B(xk, ε).

Ma poiche, come abbiamo visto sopra, per ogni xk esiste un ιk ∈ I tale che B(xk, ε) ⊂Aιk si ha

K ⊂ ∪Nk=1B(xk, ε) ⊂ ∪Nk=1Aιk ,

il che significa che K e compatto nel senso della definizione 5.1.

Ricordiamo la definizione degli insiemi relativamente compatti e quelli precompatti.

DEFINIZIONE 5.2. Sia X uno spazio separato. Un sottinsieme A di X si dicerelativamente compatto, se la sua chiusura A e compatta.

DEFINIZIONE 5.3. Sia X uno spazio metrico. Un sottoinsieme A di X si diceprecompatto, se per ogni ε > 0 esiste un insieme finito Γε di elementi di A tale che perogni x ∈ A esista un y ∈ Γε tale che dist (x, y) < ε.

OSSERVAZIONE 5.3. Sia X uno spazio separato. Un insieme contenuto in uninsieme compatto e relativamente compatto.

DIMOSTRAZIONE. Sia K un insieme compatto. Sia L un insieme contenuto inK. Poiche in virtu dell’osservazione 5.1 K e chiuso, si ha L ⊂ K. Dunque in virtudell’osservazione 5.2 L e compatto. Ne segue che L e relativamente compatto.

Tra gli insiemi relativamente compatti e quelli precompatti valgono le seguentirelazioni.

TEOREMA 5.2. Sia X uno spazio metrico. Gli insiemi relativamente compatti diX sono precompatti.

DIMOSTRAZIONE. Sia A un insieme relativamente compatto di X e sia ε > 0. Echiaro che la famiglia B(x, ε2 )x∈A costituisce un ricoprimento aperto di A. Poiche A

e compatto per ipotesi, esiste un sottoricoprimento finito B(xk, ε2)Nk=1 di A. Quindiper ogni x ∈ A esiste un xk tale che dist (x, xk) ≤ ε

2 < ε, il che significa che A eprecompatto.

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TEOREMA 5.2.bis. Sia X uno spazio metrico completo. Un sottoinsieme A di Xe relativamente compatto, se e solo se A e precompatto.

DIMOSTRAZIONE. Sia A un insieme precompatto di X . Se A e infito, allora ebanalmente compatto e quindi anche relativamente compatto. Supponiamo che A siainfinito. Sia Γ un sottinsieme infinito di A. Essendo A precompatto per ipotesi, perogni n ∈ N\0 esiste un insieme finito x(n)

j Nnj=1 tale che per ogni y ∈ Γ esista unx

(n)j tale che dist (y, x(n)

j ) ≤ 1n . Per n = 1 esiste un x

(1)j tale che B(x(1)

j , 1) contenga unnumero infinito di elementi di Γ. Poniamo

Γ1 = B(x(1)j , 1) ∩ Γ.

Poiche Γ1 e un insieme infinito, esiste un x(2)j tale che B(x(2)

j , 12) contenga un numero

infinito di elementi di Γ1. Poniamo

Γ2 = B(x(2)j ,

12) ∩ Γ1.

Ripetendo tale procedura, possiamo costruire Γn per ogni n ∈ N\0 in maniera taleche Γn sia infinito e che Γn+1 ⊂ Γn. Si osserva che, se y e y′ appartengono a Γn allorasi ha dist (y, y′) ≤ 2

n . Dunque scegliendo yn da Γn, si ottiene una successione di Cauchyyn∞n=1. Poiche X e completo per ipotesi, yn converge ad un y ∈ A per n → ∞.Pertanto per il teorema 5.1 A e compatto, ossia A e relativamente compatto.

L’implicazione reciproca e gia stata dimostrata nel teorema 5.2.E dimostrato il teorema.

Prima di introdurre gli operatori compatti, ricordiamo il seguente teorema.

TEOREMA 5.3. Siano X ed Y due spazi metrici. Sia f un’applicazione da unsottoinsieme Γ di X in Y . Se K ⊂ Γ e un insieme compatto di X e se f e continua suK, allora f(K) e un insieme compatto di Y .

DIMOSTRAZIONE. Sia yk∞k=1 una successione di elementi di f(K). Esistonoallora elementi xk di K tali che yk = f(xk). Essendo K un insieme compatto, esisteuna sottosuccessione xkn∞n=1 della successione xk∞k=1 tale che xkn converge ad unx0 ∈ K. Per la continuita di f si ha

ykn = f(xkn)→ f(x0) ∈ f(K).

Cio significa che f(K) e compatto in Y .

§ 5.2. – Definizione degli operatori compatti.

Gli operatori, non necessariamente lineari, che manda un insieme limitato in uninsieme relativamente compatto, trova grande utilita anche per lo studio delle equazionialle derivate parziali e l’analisi non lineare. Tuttavia in questa sede ci limitiamo aconsiderare gli operatori compatti lineari per esaminare piu attentamente le proprietadegli operatori lineari compatti e, come introdurremo nei capitoli successvi, quelle deglioperatori autoaggiunti compatti.

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Definiamo dunque gli operatori lineari compatti.

DEFINIZIONE 5.4. Siano X e Y due spazi di Banach. Un operatore lineare A daX in Y (con D(A) = X) si dice operatore lineare compatto, se per ogni insieme limitatoM di X la sua immagine A(M) per A e relativamente compatto in Y . Quando non c’erischio di equivoco, diremo semplicemente operatore compatto.

Gli operatori lineari compatti possono essere definiti anche da altre caratteriz-zazioni, come si vede nella seguente osservazione.

OSSERVAZIONE 5.4. Siano X e Y due spazi di Banach. Sia A un operatorelineare da X in Y (con D(A) = X). Allora le seguenti condizioni sono equivalenti.

i) A e un operatore compatto;

ii) A(B(0, 1)) e compatto in Y ;

iii) per ogni successione xn∞n=1 limitata in X esiste una sottosuccessione Axnk∞k=1

della successione Axn∞n=1 tale che Axnk converga ad un elemento y di Y per n→∞.

Come l’abbiamo utilizzata precedentemente, anche in questa sezione la notazioneB(x, r) indica l’insieme y ∈ X | ‖y − x‖X < r .

DIMOSTRAZIONE. Dalla definizione 5.4 e dalla definizione degli insiemi relati-vamente compatti (definizione 5.2) segue immediatamente che la i) implica la ii).

Supponiamo ora che A(B(0, 1)) sia compatto in Y e consideriamo una successionelimitata xn∞n=1 di elementi di X . Poniamo M = supn∈N\0 ‖x‖X . Posto x′

n =1

M+1xn, la successione x′

n∞n=1 risulta essere contenuta in B(0, 1). Pertanto Ax′n∞n=1

e contenuta in A(B(0, 1)), che e compatto per ipotesi. Quindi esiste una sottosuccessioneAx′

nk∞k=1 che converge ad un elemento y′ di A(B(0, 1)) ⊂ Y . Si constata facilmente

che questa relazione implica che Axnk converge a y = (M + 1)y′ ∈ Y , il che dimostrache la ii) implica la iii).

Supponiamo infine che Γ sia un insieme limitato in X . Sia yn∞n=1 una succes-sione di elementi di A(Γ). Allora esistono elementi xn di Γ tali che yn = Axn. Lasuccessione xn∞n=1 e evidentemente una successione limitata in X . Quindi, se vale lacondizione iii), allora esiste una sottosuccessione convergente Axnk∞k=1 = ynk∞k=1

della successione Axn∞n=1 = yn∞n=1, il che dimostra che la iii) implica la i).

Osserviamo la seguente proprieta elementare.

OSSERVAZIONE 5.5. Siano X e Y due spazi di Banach. Tutti gli operatorecompatti da X in Y sono operatori limitati.

DIMOSTRAZIONE. Sia A un operatore lineare compatto da X in Y . Supponiamoper assurdo che A non sia limitato, cioe per ogni n ∈ N esista un elemento xn ∈ X taleche

‖xn‖X ≤ 1, ‖Axn‖Y ≥ n.

D’altra parte, poiche A e un operatore compatto e che xn e un insieme limitato,esiste una sottosuccessione Axnk∞k=1 tale che Axnk converga ad un elemento y ∈ Y .Si ha

‖y − Axnk‖Y ≥ ‖Axnk‖Y − ‖y‖Y ≥ nk − ‖y‖Y .

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Page 58: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Questa disuguaglianza e la relazione sopra citata implicano che ‖y − Axnk‖Y tendeall’infinito, il che contradice alla convergenza di Axnk a y. La tesi e dimostrata.

Osserviamo le relazioni degli operatori compatti con la convergenza debole. Perquesto ricordiamo le seguenti proprieta della convergenza debole.

LEMMA 5.3. Sia X uno spazio di Banach. Se xn converge debolmente a x0 in Xper n→∞, allora si ha supn∈N\0 ‖xn‖X <∞.

DIMOSTRAZIONE. In virtu dell’osservazione 3.2 lo spazio duale X ′ e uno spaziodi Banach. Per ogni xn si definisce un operatore lineare Txn da X ′ in C per la relazione

Txn(f) = f(xn) ∈ C, f ∈ X ′.

Per ogni f ∈ X ′ fissato, f(xn) converge a f(x0) per n → ∞ e quindi l’insieme deivalori f(xn) = Txn(f) per n ∈ N\0 e limitato. Pertanto in virtu del teorema diBanach-Steinhaus (teorema 4.1) la norma degli operatori ‖Txn‖ e limitato uniforme-mente rispetto a n ∈ N\0, cioe si ha

supn∈N\0

‖Txn‖ <∞.

Ma per la definizione della norma degli operatori si ha

‖Txn‖ = sup‖f‖X′≤1

|Txn(f)| = sup‖f‖X′≤1

|f(xn)|.

D’altra parte, per il corollario della proposizione 3.1, esiste un funzionale f ∈ X ′ taleche ‖f‖ = 1, |f(xn)| = ‖xn‖X . Pertanto si ha

‖xn‖X ≤ sup‖f‖X′≤1

|f(xn)|.

Dalle disguaglianze sopra citate segue

supn∈N\0

‖xn‖X ≤ supn∈N\0

(sup

‖f‖X′≤1

|f(xn)|)= sup

n∈N\0‖Txn‖ <∞.

Il lemma e dimostrato.

LEMMA 5.4. Sia X uno spazio di Banach e sia xn∞n=1 una successione relativa-mente compatta in X. Se xn converge debolmente a x0, allora xn converge fortementea x0.

DIMOSTRAZIONE. Supponiamo per assurdo che la tesi sia falsa. Allora esistonoun numero ε0 > 0 e una sottosuccessione xnk∞k=1 della successione xn∞n=1 tale che‖xnk − x0‖X ≥ ε0 per ogni k ∈ N\0. Poiche la successione xn∞n=1 e relativamentecompatto, lo e anche xnk∞k=1. Pertanto si puo estrarne una sottosuccesione xnkj ∞j=1

che converge fortemente ad un elemento u ∈ X . Poiche xnkj ∞j=1 e una sottosuccessionedi xn∞n=1, anch’essa converge debolmente a x0. Pertanto per l’unicita del limite, siha u = x0 e quindi xnkj converge a x0 in norma. Cioe, ‖xnkj − x0‖X tende a 0 per

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Page 59: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

j →∞. Cio implica che per j sufficientemente grande, si ha ‖xnkj − x0‖X < ε0, il checontradice a quanto abbiamo supposto qui sopra.

Il lemma e dimostrato.

LEMMA 5.5. Siano X e Y due spazi di Banach e sia A un operatore linearelimitato da X in Y (con D(A) = X). Se xn converge debolmente a x0 in X, allora Axnconverge debolmente a Ax0 in Y .

DIMOSTRAZIONE. Sia ϕ ∈ Y ′. Poiche A e lineare e limitato, come si constatafacilmente, ϕ A definisce un funzionale su X . Poiche x0 converge debolmente a x0,(ϕ A)(xn) = ϕ(Axn) converge a (ϕ A)(x0) = ϕ(Ax0). Cio significa, per l’arbitrarietadi ϕ ∈ Y ′, che Axn converge debolmente a Ax0, come volevamo dimostrare.

Ora ricordiamo la seguente proprieta degli operatori compatti.

PROPOSIZIONE 5.1. Siano X e Y due spazi di Banach e sia A un operatorelineare compatto da X in Y . Se xn converge debolmente a x0 in X, allora Axn convergefortemente a Ax0 in Y .

DIMOSTRAZIONE. Se xn converge debolmente a x0, allora in virtu del lemma5.3 l’insieme ‖xn‖Xn∈N\0 e limitato. Percio, A essendo un operatore compatto,l’insieme Axn∞n=1 e relativamente compatto in Y .

D’altra parte, in virtu dell’osservazione 5.5 un operatore compatto e limitato; percioper il lemma 5.5 la successione Axn∞n=1 converge debolmente a Ax0 in Y .

Pertanto, ricordando che Axn∞n=1 e relativamente compatto in Y , in virtu dellemma 5.4, Axn converge fortemente a Ax0 in Y .

Dalla proprosizione 5.1 possiamo dedurre una caratterizzazione degli operatori com-patti negli spazi di Banach riflessivi. Per questo ricordiamo una proprieta importantedegli spazi di Banach riflessivi.

DEFINIZIONE 5.5. Sia X uno spazio di Banach. Un sottoinsieme G di X sidice debolmente sequenzialmente compatto, se ogni successione xn∞n=1 di elementi diG ammette una sottosuccessione xnk∞k=1 che converge dobolmente ad un elementox0 ∈ G.

Analogamente, sia X ′ lo spazio duale di uno spazio di Banach X . Un sottoinsiemeΓ di X ′ si dice debolmente-∗ sequenzialmente compatto, se ogni successione fn∞n=1 dielementi di Γ ammette una sottosuccessione fnk∞k=1 che converge dobolmente-∗ ad unelemento f0 ∈ Γ.

Si ha la

PROPOSIZIONE 5.2. Sia X uno spazio di Banach riflessivo. Allora l’insiemeB(0, 1) e debolmente sequenzialmente compatto.

DIMOSTRAZIONE. Sia xn∞n=1 una successione di elementi di B(0, 1). Indi-chiamo con Y il sottospazio chiuso generato da xn∞n=1 (cioe il piu piccolo sottospaziochiuso contenente tutte le combinazioni lineari di xn (n ∈ N\0). Poiche X e riflessivo,in virtu della proposizione 3.6, Y puo essere considerato anch’esso come uno spazio diBanach riflessivo. Inoltre, poiche Y e separabile, banalmente anche Y ′′ = J(Y ) lo e(J(·) e l’iniezione canonica di Y in Y ′′). Percio, in virtu della proposizione 3.7, ancheY ′ e separabile.

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Page 60: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Consideriamo un insieme fkk∈N\0 numerabile e denso in Y ′. Poiche per ognik fissato l’insieme fk(xn)n∈N\0 e limitato, si puo costruire una sottosuccessionex

n(1)j

∞j=1 tale che f1(xn(1)j

) converga ad un valore (complesso), che indichiamo con

f(x)1 . Dopodiche da questa sottosuccessione si puo estrarre ancora una sottosuccessionex

n(2)j

∞j=1 in modo tale che f2(xn(2)j

) converga ad un valore (complesso), che indichiamo

con f(x)2 .Ripetendo questa procedura per k = 1, 2, · · ·, otteniamo successioni x

n(k)j

∞j=1 tali

che fk′(xn

(k)j

) converga ad un valore (complesso) f (x)k′ per k′ = 1, · · · , k. Scegliendo gli

elementi diagonali, otteniamo una successione xnj∞j=1 con xnj = xn

(j)j

e si ha

fk(xnj )→ f(x)k per j →∞, ∀k ∈ N\0.

Poiche fkk∈N\0 e denso in Y ′, come si puo constatare facilmente, l’applicazioneche a fk associa il numero complesso f

(x)k definisce un funzionale ξ ∈ Y ′′ in modo che

ξ(fk) = f(x)k ∀k ∈ N\0, f(xnj )→ ξ(f) per j →∞, ∀f ∈ Y ′.

Poiche Y e riflessivo, si ha inoltre J−1Y (ξ) ∈ Y , ove JY e l’inizione canonica da Y su Y ′′

(si veda la definizione 3.6). Quindi, posto x0 = J−1Y (ξ), xnj converge debolmente a x0.

La proposizione e dimostrata.

Ora grazie alla proposizione 5.2 si possono caratterizzare gli operatori compattinegli spazi di Banach riflessivi per un altro criterio.

PROPOSIZIONE 5.3. Sia X uno spazio di Banach riflessivo e sia Y uno spazio diBanach. Un operatore lineare A da X in Y (con D(A) = X) e un operatore compatto see solo se per ogni successione xn∞n=1 debolmente convergente a x0 ∈ X la successioneAxn∞n=1 converge fortemente a Ax0 in Y .

DIMOSTRAZIONE. In virtu della proposizione 5.1, se A e un operatore compattoe se xn converge debolmente a x0, allora Axn converge fortemente a Ax0 in Y .

D’altra parte, se xnn∈N\0 e un insieme limitato diX , allora, posto x′n =

1M+1

xn(M = supn∈N\0 ‖xn‖X), si ha x′

n ∈ B(0, 1). Pertanto, X essendo riflessivo, in virtudella proposizione 5.2 esiste una sottosuccessione debolmente convergente, che indichia-mo con x′

nk∞k=1. Posto xnk = (M + 1)x′

nk, e chiaro che xnk∞k=1 costituisce una

sottosuccessione debolmente convergente di xn∞n=1. Indichiamo con x0 il limite diquesta successione debolmente convergente. Se A gode della proprieta: “per ogni suc-cessione xn∞n=1 debolmente convergente a x0 ∈ X la successione Axn∞n=1 convergefortemente a Ax0 in Y ”, allora Axnk converge fortemente a Ax0 per k → ∞; pertantoin virtu della condizione iii) dell’osservazione 5.4, A e un operatore compatto.

La proposizione e dimostrata.

§ 5.3. – Proprieta elementari di operatori compatti.

Prima di vedere esempi di operatori compatti, ricordiamo alcune proprieta elemen-tari di operatori compatti.

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Page 61: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

TEOREMA 5.4. Siano X e Y due spazi di Banach e sia An∞n=1 una successionedi operatori lineari compatti. Se An converge in norma ad un operatore lineare A, alloraanche A e un operatore compatto.

DIMOSTRAZIONE. Sia Γ un insieme limitato in X . PoniamoM = supx∈Γ ‖x‖X .Consideriamo un numero ε > 0; allora esiste un numero nε ∈ N tale che ‖Anε − A‖ <ε

2M . Ne segue che per ogni x ∈ Γ si ha

‖Anεx− Ax‖Y ≤ ‖Anε −A‖ ‖x‖X <ε

2M·M =

ε

2.

D’altra parte Anε(Γ) e relativamente compatto; quindi, in virtu del teroema 5.2 e pre-compatto, cioe per ogni η > 0 esiste un insieme finito Gη di punti di Anε(Γ) tale che

∀y ∈ Anε(Γ) ∃z ∈ Gη tale che ‖y − z‖Y < η.

Pertanto, posto η = ε2 , si ha

∀y ∈ A(Γ) ∃z ∈ Gη tale che ‖y − z‖Y < ε.

Poiche ε > 0 e stato scelto in modo arbitrario, si puo dedurne che A(Γ) e precompatto.Pertanto, per il teorema 5.2.bis, A(Γ) e relativamente compatto. Ne segue che A e unoperatore compatto.

Va ricordato che se An sono operatori lineari compatti e convergono fortemente adA, cioe Anx converge a Ax in Y per ogni x ∈ X , non e detto che A sia un operatorecompatto.

Infatti l’operatore Sn che a (xk)∞k=1 ∈ lp associa (zk)∞k=1 tale che zk = xk perk = 1, · · · , n e zk = 0 per k > n e evidentemente un operatore compatto. D’altraparte, e ovvio che, qualunque sia x = (xk)∞k=1 ∈ lp, Snx converge ad x per n → ∞,cioe Sn converge fortemente all’operatore identita I. Ma l’operatore identita I non e unoperatore compatto.

Dal teorema 5.4 si deduce la seguente proprieta.

PROPOSIZIONE 5.4. Siano X e Y due spazi di Banach. L’insieme degli operatoricompatti da X in Y costituisce un sottospazio chiuso dello spazio L(X, Y ) degli operatorilineari limitati da X in Y munito della norma di operatore.

DIMOSTRAZIONE. Infatti in virtu del teorema 5.4 l’insieme degli operatori com-patti da X in Y e chiuso.

Resta da dimostrare che esso e una varieta lineare. Siano A1 e A2 due operatorilineari compatti e siano λ e µ due numeri complessi. Definiamo l’operatore A = λA1 +µA2 e consideriamo una successione limitata xn∞n=1 di elementi di X . Poiche A1 eun operatore compatto, esiste una sottosuccessione x

n(1)k

∞k=1 tale che λA1xn(1)k

∞k=1

sia una successione di Cauchy in Y . Ma poiche anche A2 e un operatore compatto, sipuo estrarre da x

n(1)k

∞k=1 una sottosccessione xn(2)k

∞k=1 tale che µA2xn(2)k

∞k=1 siauna successione di Cauchy in Y . Allora e chiaro che Ax

n(2)k

∞k=1 e una successione diCauchy in Y . Pertanto anche A e un operatore compatto.

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Page 62: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Un’altra proprieta di operatori compatti da ricordare e la seguente.

PROPOSIZIONE 5.5. Siano X e Y due spazi di Banach e sia A un operatorelineare compatto da X in Y . Allora A(X) e separabile, cioe esiste un insieme numerabiledenso in A(X).

DIMOSTRAZIONE. Poiche A e un operatore compatto, per ogni n ∈ N l’insieme

Γn = y = Ax | ‖x‖X ≤ n

risulta essere relativamente compatto. Quindi per il teorema 5.2 l’insieme Γn e precom-patto, cioe per ogni k ∈ N\0 esiste un insieme finito En

k tale che per ogni y ∈ Γnesiste z ∈ En

k tale che ‖y− z‖Y < 1k . E chiaro che l’insieme E

n = ∪∞k=1E

nk e numerabile

e denso in Γn.Poiche si ha A(X) = ∪∞

n=1Γn, l’insieme E = ∪∞n=1E

n risulta essere numerabile edenso in A(X). La proposizione e dimostrata.

§ 5.4. – Operatori integrali.

Gli operatori integrali costituiscono una delle classe piu importanti di operatoricompatti.

Ricordiamo innanzitutto il teorema di Ascoli-Arzela, che fornisce il criterio fonda-mentale di compatezza in spazi di funzioni.

TEOREMA 5.5 (DI ASCOLI-ARZELA). Sia K un insieme compatto di Rn (mu-nito della topologia naturale). Sia C(K) lo spazio delle funzioni continue su K a valoricomplessi (o reali) con la norma

‖f‖C(K) = supx∈K

|f(x)|.

Un sottoinsieme Γ di C(K) e relativamente compatto in C(K) se e solo se le finzioniappartenenti a Γ sono uniformemente limitate ed equicontinue, cioe esiste un numeroM <∞ tale che

|f(x)| ≤M ∀x ∈ K, ∀f ∈ Γe, per ogni ε > 0, esiste un numero δ(ε) > 0 tale che

|f(x)− f(y)| < ε ∀(x, y) ∈ K ×K tale che |x− y| < δ(ε), ∀f ∈ Γ.

Il teorema e ben noto e percio ne rimandiamo la dimostrazione ai manuali di AnalisiFunzionale.

La versione del teorema di Ascoli-Arzela in Lp(Ω) e la seguente.

TEOREMA 5.6 (DI M. RIESZ-FRECHET-KOLMOGOROV). Siano Ω e ω due in-siemi aperti di Rn tali che ω sia compatto e che ω ⊂ Ω. Sia τh l’operatore di traslazione

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Page 63: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

h ∈ Rn, cioe operatore dato dalla relazione (τhf)(x) = f(x+h). Sia Γ un sottoinsiemedi Lp(Ω) con 1 ≤ p <∞. Se per ogni ε > 0 esiste un δ(ε) ∈ ]0, dist (ω,ΩC)[ tale che

‖τhf − f‖Lp(ω) < ε ∀h ∈ Rn con |h| < δ(ε), ∀f ∈ Γ,

allora Γ∣∣ω= f ∣∣

ω

∣∣ f ∈ Γ e relativamente compatto in Lp(ω).

Per la dimostrazione si veda [Bre], pp. 72-74.

Consideriamo una funzione k(x, y) (per il momento solo misurabile) definita suΩ× Ω a valori complessi (o reali), ove Ω e un aperto limitato di Rn. Per una funzionemisurabile f(x) definita su Ω si definisce l’operatore integrale A per la relazione

(5.1) (Af)(x) =∫

Ω

k(x, y)f(y)dy,

per cui gli spazi funzionali a cui appartengono k(·, ·), f(·) e (Af)(·) saranno precisati inseguito.

Consideriamo in primo luogo la classe di funzioni continue. Piu precisamente,indichiamo con C(Ω) e C(Ω×Ω) la classe di funzioni continue su Ω e quella di funzionicontinue su Ω× Ω munite delle norme

‖f‖C(Ω) = supx∈Ω

|f(x)|, ‖k‖C(Ω×Ω) = sup(x,y)∈Ω×Ω

|k(x, y)|.

Allora vale la seguente affermazione.

OSSERVAZIONE 5.6. Sia Ω un insieme aperto e limitato di Rn. Se k(·, ·) ap-partiene a C(Ω × Ω), allora l’operatore A definito dalla (5.1) e un operatore linearecompatto da C(Ω) in C(Ω).

DIMOSTRAZIONE. Sia Γ un sottoinsieme limitato di C(Ω) (cioe esiste un numeroM tale che, se f ∈ Γ, allora si ha ‖f‖C(Ω) ≤M).

Poiche k(x, y) e continua in Ω× Ω, e ivi limitata. Pertanto dalla (5.1) segue che

|(Af)(x)| ≤ ‖k‖C(Ω×Ω)‖f‖C(Ω)|Ω| <∞,

ove |Ω| indica la misura di Lebesgue di Ω.Se x1 e x2 sono due punti di Ω, vale generalmente la disuguaglianza

|(Af)(x1)− (Af)(x2)| ≤ supy∈Ω

|k(x1, y)− k(x2, y)| ‖f‖C(Ω)|Ω|.

Poiche k(x, y) e continua in Ω × Ω, e ivi uniformemente continua; pertanto, per ogniε > 0 esiste un δ(ε) > 0 tale che valga la disuguaglianza

|k(x1, y)− k(x2, y)| < ε,

purche |x1 − x2| < δ(ε). Ne segue che per x1, x2 ∈ Ω tali che |x1 − x2| < δ(ε) si ha

|(Af)(x1)− (Af)(x2)| ≤ ε‖f‖C(Ω)|Ω|.

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Page 64: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Questa disguaglianza dimostra che le funzioni appartenenti a A(Γ) = ϕ = Af | f ∈ Γsono equicontinue.

Dimostrate la limitatezza uniforme e l’equicontinuita delle funzioni appartenenti aA(Γ), dal teorema di Ascoli-Arzela (teorema 5.5) segue la relativa compatezza di A(Γ).Cioe A e un operatore compatto.

OSSERVAZIONE 5.7. Sia Ω un insieme aperto e limitato di Rn. Se k(·, ·) ap-partiene a L2(Ω × Ω), allora l’operatore A definito dalla (5.1) e un operatore linearecompatto da L2(Ω) in L2(Ω).

Per dimostrare questa affermazione, cominciamo col caso in cui k(·, ·) appartengaa C(Ω× Ω). Proviamo dunque il seguente lemma.

LEMMA 5.6. Sia Ω un insieme aperto e limitato di Rn. Se k(·, ·) appartiene aC(Ω × Ω), allora l’operatore A definito dalla (5.1) e un operatore lineare compatto daL2(Ω) in L2(Ω).

DIMOSTRAZIONE. Sia Γ un sottoinsieme limitato di L2(Ω). Poniamo

M = supf∈Γ

‖f‖L2(Ω).

Si osserva innanzitutto che si ha

|(Af)(x)| =∣∣∣ ∫

Ω

k(x, y)f(y)dy∣∣∣≤ (∫

Ω

|k(x, y)|2dy)1/2

‖f(y)‖L(Ω).

Cioe, le funzioni appartenenti a A(Γ) sono equilimitate in quanto per ogni f ∈ Γ e perogni x ∈ Ω si ha

|(Af)(x)| ≤M(∫

Ω

|k(x, y)|2dy)1/2

<∞.

D’altra parte, se x1 e x2 sono due punti di Ω, allora si ha

|(Af)(x1)− (Af)(x2)| ≤∫

Ω

|k(x1, y)− k(x2, y)| |f(y)|dy ≤

≤(∫

Ω

|k(x1, y)− k(x2, y)|2dy)1/2

‖f‖L2(Ω).

Poiche k(x, y) e continua in Ω × Ω, e ivi uniformemente continua; pertanto, per ogniε > 0 esiste un δ(ε) > 0 tale che valga la disuguaglianza

|k(x1, y)− k(x2, y)| < ε,

purche |x1 − x2| < δ(ε). Ne segue che per x1, x2 ∈ Ω tali che |x1 − x2| < δ(ε) si ha

|(Af)(x1)− (Af)(x2)| ≤ εM |Ω| ∀f ∈ Γ,

il che significa che le funzioni appartenenti a A(Γ) = ϕ = Af | f ∈ Γ sono equicon-tinue.

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Page 65: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Dimostrate la limitatezza uniforme e l’equicontinuita delle funzioni appartenenti aA(Γ), dal teorema di Ascoli-Arzela (teorema 5.5) segue la relativa compatezza di A(Γ).Cioe A e un operatore compatto da L2(Ω) in L2(Ω).

Dimostrato il lemma, passiamo alla

DIMOSTRAZIONE DELL’OSSERVAZIONE 5.7. Poiche k(·, ·) ∈ L2(Ω × Ω),esiste una successione kn(·, ·)∞n=1 di funzioni appartenenti a C(Ω×Ω) tali che kn(·, ·)converga a k(·, ·) nella norma di L2(Ω×Ω) per n→∞.

Indichiamo con An l’opeartore integrale definito dalla (5.1) con la sostituzione dikn(·, ·) al posto di k(·, ·). Si ha allora per f ∈ L2(Ω)

‖Anf − Af‖2L2(Ω) =∫

Ω

∣∣∣ ∫Ω

(kn(x, y)− k(x, y))f(y)dy∣∣∣2dx ≤

≤∫

Ω

(∫Ω

|kn(x, y)− k(x, y)|2dy)( ∫

Ω

|f(y)|2dy)dx = ‖kn − k‖2L2(Ω×Ω)‖f‖2L2(Ω).

Ne segue che

‖An − A‖ ≤ ‖kn − k‖L2(Ω×Ω) →∞ per n→∞,

cioe che An converge in norma ad A per n → ∞. Poiche, in virtu del lemma 5.6 An

sono operatori compatti, ne segue grazie al teorema 5.4 che anche A e un operatorecompatto, come volevamo dimostrare.

§ 5.5. – Immersioni compatte.

Quando gli elementi di uno spazio di Banach X sono contenuti in (o piu precisa-mente possono essere considerati anche come elementi di) un altro spazio di BanachY avente una norma diversa, puo succedere che l’iniezione canonica, cioe applicazionebiunivoca J(·) che, a x ∈ X , associa l’elemento J(x) identificabile con x ma consider-ato come elemento di Y risulti essere un operatore compatto da X in Y . In tal casol’iniezione canonica J(·) da X in Y si dira immersione compatta.

Per esempio, consideriamo X = lp. Se Y = l(µ)p e lo spazio delle successioni dinumeri complessi z = (zk)∞k=1 munito della norma

‖z‖l(µ)p =( ∞∑k=1

µk|zk|p)1/p

con µk > 0 per ogni k ∈ N\0 e µk → 0 per k → ∞, allora l’iniezione canonicaJ : lp → l(µ)p risulta essere un’immersione compatta.

Uno degli esempi piu importanti di immersioni compatte e quella dovuta alla disu-guaglianza di Sobolev, detta comunemente immersione di Sobolev.

Ricordiamo la definizione degli spazi di Sobolev. Siano p ∈ [1,∞],m ∈ N e sia Ω uninsieme aperto di classe Cm, cioe tale che la sua frontiera ∂Ω sia rappresentabile tramiteuna funzione di classe Cm. Indichiamo con Wm

p (Ω) l’insieme delle funzioni definite suΩ tali che

Dβf ∈ Lp(Ω) ∀β, |β| ≤ m.

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Page 66: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

L’insieme Wmp (Ω) munito della norma

‖f‖Wmp (Ω) =

( ∑|β|≤m

‖Dβf‖pLp)1/p se p <∞,

o‖f‖Wm∞(Ω) = sup

|β|≤m‖Dβf‖L∞ nel caso p =∞,

si dice spazio di Sobolev. Quando il dominio Ω e limitato (e quindi relativamente com-patto), tra gli spazi di Sobolev si verifica eventuale immersione compatta. La seguenteaffermazione riassume risultati essenziali circa l’immersione di Sobolev che risulta esserecompatta.

TEOREMA 5.7. Sia Ω un insieme aperto e limitato di Rn di classe C1.i) Se p < n, allora si ha W 1

p (Ω) ⊂ Lq(Ω) per 1 ≤ q < npn−p ;

ii) Se p = n, allora si ha W 1p (Ω) ⊂ Lq(Ω) per 1 ≤ q < ∞;

iii) Se p > n, allora si ha W 1p (Ω) ⊂ C(Ω);

in tutti i casi l’iniezione canonica da W 1p (Ω) in Lp(Ω) (nei casi i) e ii)) o in C(Ω) (nel

caso iii)) e un operatore compatto.

NOTA. Nel caso p < n, si ha anche W 1p (Ω) ⊂ Lp

∗(Ω) con p∗ = np

n−p ; l’immersionee continua ma non e compatta.

Per la dimostrazione del teorema 5.7 ed eventuali approfondimenti di questa teoria,si consulti l’ampia letteratura sull’argomento, tra cui [Bre], [Ad], [Maz] ecc...

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Page 67: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

CAPITOLO SESTO

OPERATORI AGGIUNTI E OPERATORI AUTOAGGIUNTI

In questo capitolo introduciamo innanzitutto l’operatore aggiunto di un opera-tore lineare in uno spazio di Banach. Esaminiamo anche la teoria di Fredholm per leequazioni in spazi di Banach con un operatore compatto e il suo aggiunto. Questa teo-ria fu sviluppata originariamente da Fredholm per le equazioni integrali e poi estesa daRiesz e Schauder in un quadro astratto di spazi di Banach e di operatori in spazi diBanach. D’altra parte, uno spazio di Hilbert puo essere identificato con il suo duale, ilche ci permette di definire gli operatori autoaggiunti. Nel presente capitolo ci limitiamoa ricordare le proprieta fondamentali degli operatori autoaggiunti, rinviando a capitolisuccessivi lo sviluppo della teoria riguardante gli operatori autoaggiunti negli spazi diHilbert.

§ 6.1. – Operatori aggiunti.

Siano X e Y due spazi di Banach e sia A un operatore lineare limitato da X inY (con D(A) = X). Se x ∈ X e f ∈ Y ′, allora per la loro definizione e ben definitof(Ax) ∈ C. Introduciamo la notazione

〈Ax, f〉 = f(Ax),

che risulta utile, essendo conforme con la notazione del prodotto scalare negli spazi diHilbert quando ivi viene considerato un funzionale lineare limitato, che per il teorema dirappresentazione di Riesz viene rappresentato da un prodotto scalare con un elementodello stesso spazio di Hilbert.

Fissato f ∈ Y ′ a titolo provvisorio, consideriamo f(Ax) = 〈Ax, f〉 come funzionedi x ∈ X . Indichiamo questa funzione di x ∈ X con

ϕ(x) = f(Ax) = 〈Ax, f〉.

Si possono constatare facilmente le seguenti proprieta della funzione ϕ(x):i) D(ϕ) = X , cioe ϕ(x) e definita per tutti gli elementi x di X ;ii) ϕ(·) e lineare, infatti se x1, x2 ∈ X e se λ, µ ∈ C, allora si ha

ϕ(λx1 + µx2) = f(A(λx1 + µx2)) = λf(Ax1) + µf(Ax2) = λϕ(x1) + µϕ(x2);

iii) ϕ(·) e limitato, infatti si ha

|ϕ(x)| = |f(Ax)| ≤ ‖f‖Y ′‖Ax‖Y ≤ ‖f‖Y ′‖A‖ ‖x‖X .

Queste tre proprieta ci permettono di considerare ϕ come funzionale lineare definito suX , cioe ϕ ∈ X ′.

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Page 68: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

In questo modo ad ogni f ∈ Y ′ si puo fare corrispondere ϕ ∈ X ′ per la relazione

ϕ(x) = f(Ax) ∀x ∈ X ;

ovvero, visto che f ∈ Y ′ e ϕ ∈ X ′, questa relazione definisce un’applicazione A∗ da Y ′

in X ′

ϕ = A∗f.

Utilizzando la notazione 〈x, ϕ〉 = ϕ(x), questa corrispondenza viene espressa dalla re-lazione

(6.1) 〈Ax, f〉 = 〈x,A∗f〉 ∀x ∈ X ∀f ∈ Y ′.

Verifichiamo la linearita e la limitatezza dell’applicazione A∗ da Y ′ in X ′.Consideriamo f1, f2 ∈ Y ′ e λ, µ ∈ C. Allora, ricordando la relazione (λg)(x) =

λ g(x) per g ∈ X ′ e x ∈ X (si veda la definizione 3.2), si ha

〈x,A∗(λf1 + µf2)〉 = 〈Ax, λf1 + µf2〉 = 〈Ax, λf1〉+ 〈Ax, µf2〉 =

= λ〈Ax, f1〉+ µ〈Ax, f2〉 = λ〈x,A∗f1〉+ µ〈x,A∗f2〉 == 〈x, λA∗f1〉+ 〈x, µA∗f2〉 = 〈x, λA∗f1 + µA∗f2〉,

ossiaA∗(λf1 + µf2) = λA∗f1 + µA∗f2.

Cio significa che A∗ e lineare.D’altra parte, la relazione iii) qui sopra osservata dimostra che A∗ e limitato. Infatti

si ha‖A∗‖ = sup

‖f‖Y ′≤1

‖A∗f‖X′ = sup‖f‖Y ′≤1

sup‖x‖X≤1

|〈x,A∗f〉| =

= sup‖f‖Y ′≤1

sup‖x‖X≤1

|f(Ax)| ≤ sup‖f‖Y ′≤1

sup‖x‖X≤1

‖f‖Y ′‖A‖‖x‖X = ‖A‖.

Pertanto possiamo dire che A∗ e un operatore lineare limitato da Y ′ in X ′, cioeA∗ ∈ L(Y ′, X ′).

DEFINIZIONE 6.1. L’operatore lineare limitato A∗ da Y ′ in X ′ determinato dallarelazione (6.1) si dice l’operatore aggiunto dell’operatore A ∈ L(X, Y ).

Abbiamo visto la disuguaglianza ‖A∗‖ ≤ ‖A‖, che ci permetteva di formulare ladefinizione 6.1. Ma in realta si dimostra l’uguaglianza ‖A∗‖ = ‖A‖. Piu precisamentesi ha la

PROPOSIZIONE 6.1. Siano X e Y due spazi di Banach. Sia A un operatorelineare limitato da X in Y e sia A∗ il suo aggiunto. Allora si ha

(6.2) ‖A∗‖ = ‖A‖.

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Page 69: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

DIMOSTRAZIONE. Abbiamo visto sopra che si ha ‖A∗‖ ≤ ‖A‖. Resta dunqueda dimostrare che ‖A‖ ≤ ‖A∗‖.

Sia x ∈ X tale che Ax = 0. Per il corollario della prposizione 3.1 esiste un funzionalef ∈ Y ′ tale che ‖f‖Y ′ = 1 e che |f(Ax)| = ‖Ax‖Y . Pertanto si ha

‖Ax‖X = |f(Ax)| = |〈Ax, f〉| = |〈x,A∗f〉| ≤ ‖A∗‖‖x‖X‖f‖Y ′ = ‖A∗‖‖x‖X .

Ne segue che‖A‖ = sup

‖x‖X≤1

‖Ax‖Y ≤ sup‖x‖X≤1

‖A∗‖ ‖x‖X = ‖A∗‖,

il che, giunto alla disuguaglianza gia dimostrata ‖A∗‖ ≤ ‖A‖, prova che vale l’ugua-glianza (6.2).

ESEMPIO 6.1. Indichiamo con 〈·, ·〉 il prodotto scalare in Cn, cioe

〈x, y〉 =n∑j=1

xjyj per x = (x1, · · · , xn), y = (y1, · · · , yn) ∈ Cn.

Sia A un operatore lineare da Cn in Cm rappresentato dalla matrice A = (ajk). Postoξ = Ax, si ha ξj =

∑nk=1 ajkxk per j = 1, · · · , m. Percio si ha

〈Ax, y〉 =m∑j=1

n∑k=1

ajkxkyj =n∑k=1

m∑j=1

xk(ajkyj) = 〈x,A∗y〉

con A∗ = (a∗jk), a∗jk = akj. L’operatore lineare rappresentato dalla matrice A∗ cosı

definita e l’operatore aggiunto dell’operatore lineare A.

ESEMPIO 6.2. Sia Ω un aperto limitato di Rn e siano X = Y = L2(Ω). Siconsidera l’operatore lineare A definito dalla relazione

(Aξ)(x) =∫

Ω

k(x, y)ξ(y)dy (ξ ∈ L2(Ω)).

Se ξ, η ∈ L2(Ω), allora si ha

〈Aξ, η〉 =∫

Ω

(Aξ)(x)η(x)dx =∫

Ω

∫Ω

k(x, y)ξ(y)dy η(x)dx =

=∫

Ω

ξ(y)∫Ω

k(x, y)η(x)dx dy = 〈x,A∗y〉.

Cioe, l’operatore aggiunto A∗ dell’operatore lineare A viene dato da

(A∗η)(x) =∫

Ω

k(y, x)η(y)dy.

Dalla definizione dell’operatore aggiunto segue immediatamente la seguente re-lazione.

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Page 70: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

OSSERVAZIONE 6.1. Siano X, Y e Z tre spazi di Banach. Sia A un operatorelineare limitato da Y in Z e sia B un operatore lineare limitato da X in Y . L’operatoreaggiunto (AB)∗ dell’operatore composto AB da X in Z e (AB)∗ = B∗A∗.

DIMOSTRAZIONE. Per ogni coppia (x, f) ∈ X × Z ′ si ha

〈ABx, f〉 = 〈Bx,A∗f〉 = 〈x,B∗A∗f〉,

il che dimostra la tesi dell’osservazione.

In relazione agli operatori compatti, tra l’operatore lineare A e il suo aggiunto valela seguente relazione.

TEOREMA 6.1 (DI SCHAUDER). Siano X e Y due spazi di Banach. L’operatorelineare A da X in Y e compatto se e solo se lo e il suo aggiunto A∗.

DIMOSTRAZIONE. Supponiamo che A sia un operatore compatto e consideriamogli insiemi

BX(0, 1) = x ∈ X | ‖x‖X ≤ 1 , BY ′(0, 1) = f ∈ Y ′ | ‖f‖Y ′ ≤ 1 .

Siano fn ∈ BY ′(0, 1), n = 1, 2, · · ·. Posto ϕn(y) = 〈y, fn〉, n = 1, 2, · · ·, si ha evidente-mente

|ϕn(y)| ≤ ‖fn‖Y ′‖y‖Y ≤ ‖y‖Y .Pertanto, se G e un insieme limitato di Y , allora ϕn(y) e uniformemente limitato.Inoltre, ϕn(y) considerate come funzioni definite su G, sono equicontinue, cioe vale ladisuguaglianza

|ϕn(y1)− ϕn(y1)| = |〈y1 − y2, fn〉| ≤ ‖y1 − y2‖Y .

In particolare, A essendo un operatore compatto, A(BX(0, 1)) e compatto in Y . Percioper il teorema di Ascoli-Arzela nella versione generale sugli spazi normati (si veda peresempio [Tre], Chap. V, § 1), esiste una sottosuccessione ϕnk∞k=1 che converge uni-formemente su A(BX(0, 1)). Cio implica che la funzione ψnk(·)(x) = 〈Ax, fnk〉 definitasu BX(0, 1) converge uniformemente. Ma, poiche

〈Ax, fnk〉 = 〈x,A∗fnk〉,

la convergenza della successione di funzioni ψnk∞k=1 su BX(0, 1) implica la convergenzadi A∗fnk∞k=1 nella norma di X

′. Cioe A∗ e un operatore compatto da Y ′ in X ′.Ora supponiamo che A∗ sia un operatore compatto. Allora secondo quanto abbiamo

provato qui sopra, anche (A∗)∗ e un operatore compatto. Pertanto, posto

BX′′(0, 1) = ϕ ∈ X ′′ | ‖ϕ‖X′′ ≤ 1 ,

(A∗)∗(BX′′(0, 1)) e compatto nello spazio Y ′′. Ma grazie all’iniezione canonica J chemanda Y in Y ′′, si puo constatare facilmente che

A(BX(0, 1)) ⊂ (A∗)∗(BX′′(0, 1)).

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Page 71: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Ne segue che A(BX(0, 1)) e relativamente compatto (e anche compatto) in Y . PertantoA e un operatore compatto.

Il teorema e dimostrato.

§ 6.2. – Applicazioni degli operatori compatti e dei loro aggiunti alle equa-zioni integrali.

Come abbiamo osservato sopra (Osservazioni 5.6, 5.7, Esempio 6.2), sotto oppor-tune condizioni un operatore integrale definisce un operatore compatto e il suo aggiuntoe anch’esso un operatore integrale.

L’equazione integrale

(6.3) u(t)−∫ b

a

k(t, s)u(s)ds = f(t)

viene chiamata equazione integrale di seconda specie di Fredholm, mentre l’equazione

(6.4)∫ b

a

k(t, s)u(s)ds = f(t)

viene chiamata equazione integrale di prima specie di Fredholm. Naturalemente si pos-sono generalizzare le equazioni (6.3) e (6.4) ai casi in cui il dominio di integrale e unsottoinsieme di Rn anziche un intervallo [a, b]. In generale lo studio dell’equazione (6.4)e piu complesso di quello dell’equazione (6.3). L’equazione (6.3) puo essere studiatautilizzando le proprieta degli operatori compatti e dei loro aggiunti. In realta, comeabbiamo gia accennato, lo studio delle equazioni integrali lineari di Fredholm e an-che di Volterra fu uno dei principali motivi che condussero alla fondazione dell’AnalisiFunzionale.

Anche se storicamente la teoria si e sviluppata intorno alle equazioni integrali come(6.3) o (6.4), in questa sede generalizzando la teoria, consideriamo l’equazione in unospazio di Banach in generale.

Sia X uno spazio di Banach. Sia A un operatore compatto da X in X stesso.Consideriamo le equazioni

(6.5) x− Ax = y,

(6.6) z − Az = 0

nello spazio X . Consideriamo inoltre le equazioni

(6.7) f − A∗f = g,

(6.8) h− A∗h = 0

nello spazio duale X ′. E chiaro che l’equazione (6.3) puo essere scritta nella forma (6.5).

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Page 72: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Prima di affrontare le equazioni qui sopra elencate, citiamo il seguente lemma.

LEMMA 6.1. Sia X uno spazio di Banach e sia A un operatore compatto da Xin X stesso. Allora l’immagine (I − A)(X) di X per I − A e un sottospazio chiuso diX. Analogamente l’immagine (I −A∗)(X ′) di X ′ per I −A∗ e un sottospazio chiuso diX ′.

Ne rimandiamo la dimostrazione a [Yo], [Tre] Chap.V, § 2 (pp.236–237).La prima conclusione fondamentale della teoria di Fredholm per le equazioni (6.3)

e (6.4), espressa in un quadro piu generale di spazi di Banach, e il teorema seguente.

TEOREMA 6.2. Sia X uno spazio di Banach e sia A un operatore lineare compattoda X in X. Allora le seguenti quattro condizioni sono equivalenti:i) qualunque sia y ∈ X l’equazione (6.5) ammette almeno una soluzione;ii) l’equazione (6.6) non ammette soluzione non nulla;iii) qualunque sia g ∈ X ′ l’equazione (6.7) ammette almeno una soluzione;iv) l’equazione (6.8) non ammette soluzione non nulla.

Se viene verificata una di queste quattro condizioni, allora gli operatori I−A e I−A∗

sono continuamente invertibili, cioe esistono gli operatori inversi limitati (I − A)−1 e(I − A∗)−1.

DIMOSTRAZIONE. Innanzitutto dimostriamo l’implicazione i) ⇒ ii). Supponi-amo dunque la condizione i), che puo essere espressa per la relazione

(I − A)(X) = X.

Supponiamo per assurdo che esista una soluzione x1 = 0 dell’equazione (6.6). Poniamo

N1 = x ∈ X | x− Ax = 0 ,

che risulterebbe diverso da 0 in viertu dell’esistenza di x1 = 0 che abbiamo suppostosopra.

Consideriamo ora l’equazione (I − A)x = x1. In virtu della i) esiste almeno unasoluzione di questa equazione, che indichiamo con x2. Poiche (I − A)x2 = 0, si hax2 = 0. D’altra parte si ha

(I − A)2x = (I −A)x1 = 0.

PoniamoN2 = x ∈ X | (I − A)2x = 0 ,

che risulta strettamente piu grande di N1 in viertu dell’esistenza di x2 = 0 sopra osser-vata.

Ripetendo questa procedura, otteniamo una catena di sottospazi

Nn = x ∈ X | (I − A)nx = 0

strettamente inclusi l’uno nell’altro Nn ⊂ Nn+1, Nn+1\Nn = ∅. Poiche Nn−1 (n ≥ 2) eevidentemente chiuso, esiste un z′n ∈ Nn\Nn−1 tale che dist (z′n, Nn−1) ≡ # > 0 e quindi

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Page 73: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

per la definizione della distanza esiste un x′n−1 ∈ Nn−1 tale che ‖z′n − x′

n−1‖X ≤ 2#.

Posto zn =z′n−x′

n−1‖z′n−x′

n−1‖X , si ha ‖zn‖X = 1, dist (zn, Nn−1) ≥ 12.

Ora consideriamo la successione Azn∞n=1. Poiche A e un operatore compatto eche zn∞n=1 e un insieme limitato in X , esiste una sottosuccessione znk∞k=1 tale cheAznk∞k=1 converga in X . Ma per k′ > k poiche si ha

Aznk −Aznk′ = znk − (I − A)znk + (I −A)znk′ − znk′

e cheznk − (I − A)znk + (I −A)znk′ ∈ Nnk′−1,

si ha‖Aznk −Aznk′ ‖X ≥ 1

2;

cio contradice all’ipotesi della convergenza di Aznk∞k=1. Ne segue che non e possibileche N1 = 0, cioe si ha x− Ax = 0 se e solo se x = 0. E dimostrata la condizione ii).

Ora dimostriamo l’implicazione ii) ⇒ iii). Supponiamo dunque che x − Ax = 0se e solo se x = 0 e dimostriamo innanzitutto che esiste una costante α tale che,se (I − A)x = y, allora valga la disuguaglianza ‖x‖X ≤ α‖y‖X . Infatti se non cifosse una tale costante α, esisterebbe una successione xn∞n=1 tale che ‖xn‖X = 1e ‖(I − A)xn‖X → 0 per n → ∞. Poiche A e un operatore compatto, esiste unasottosuccessione xnk∞k=1 tale che Axnk converga ad un elemento y0 ∈ X . D’altraparte (I −A)xnk converge a 0 e quindi anche xnk converge a y0. Per la continuita di Asi ha Axnk → Ay0. Dunque per l’unicita del limite si ha Ay0 = y0; quindi per la nostraipotesi si ha y0 = 0, il che contradice all’ipotesi ‖xn‖X = 1 ∀n ∈ N\0.

Stabilita l’esistenza di una costante α, ora consideriamo un funzionale lineare g ∈X ′. Poiche per ipotesi (I − A)x1 = (I − A)x2 se e solo se x1 = x2, si puo definire unfunzionale f0 su Y = (I − A)(X) in modo tale che

〈(I − A)x, f0〉 = 〈x, g〉 ∀x ∈ X.

E facile constatare che il funzionale f0 e lineare. Inoltre come abbiamo osservato sopra,se (I −A)x = y, allora vale la disuguaglianza ‖x‖X ≤ α‖y‖X con una certa costante α.Percio si ha

|〈y, f0〉| = |〈(I −A)x, f0〉| = |〈x, g〉| ≤ ‖x‖X‖g‖X′ ≤ α‖y‖X‖g‖X′

per (I − A)x = y. Ne segue che ‖f0‖Y ′ ≤ α‖g‖X′ < ∞. Cio essendo, in virtu delteorema 3.3 esiste un f ∈ X ′ tale che f

∣∣Y= f0 e ‖f‖X′ = ‖f0‖Y ′ . Si ha dunque

〈(I − A)x, f〉 = 〈x, g〉 ∀x ∈ X.

Ne segue che (I − A∗)f = g, cioe la condizione iii) e dimostrata.L’implicazione iii) ⇒ iv) si dimostra in modo analogo alla dimostrazione dell’im-

plicazione i)⇒ ii).Per concludere il ciclo di implicazioni, supponiamo la condizione iv). Supponiamo

per assurdo che (I − A)(X) = X . Allora esisterebbe un x1 ∈ X\(I − A)(X). Poiche in

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Page 74: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

virtu del lemma 6.1 (I − A)(X) e un sottospazio chiuso, in virtu della proposizione 3.1esiste un funzionale f1 ∈ X ′ tale che 〈x1, f1〉 = dist (x1, (I − A)(X)) e che 〈x, f1〉 = 0per ogni x ∈ (I − A)(X). Cioe 〈(I − A)y, f1〉 = 0 per ogni y ∈ X , il che implica che(I − A∗)f1 = 0. Allora per la condizione iv) risulta f1 = 0 contrariamente a quantoabbiamo supposto sopra. Cioe la condizione i) e verificata.

Infine dimostriamo che gli operatori I −A e I −A∗ sono continuamente invertibili,qualora si verificasse una delle quatro condizioni sopra elencate. Naturalmente, comeabbiamo appena dimostrato, se una delle quattro condizioni viene verificata, alloratutte le quattro condizioni sono verificate. Le condizioni i) e ii) implicano che I − Ae un operatore lineare limitato e biiettivo da X su X . Pertanto in virtu del teoremadi omeomorfismo di Banach (teorema 4.2), l’operatore inverso (I − A)−1 esiste ed elimitato.

Analogamente dalle condizione iii) e iv) segue che l’operatore I − A∗ e continua-mente invertibile. Il teorema e dimostrato.

Per la dimensione del sottospazio delle eventuali soluzioni delle equazioni (6.6) e(6.8) vale il seguente teorema.

TEOREMA 6.3. Sia X uno spazio di Banach e sia A un operatore lineare com-patto da X in X. Allora le equazioni (6.6) e (6.8) hanno stesso numero di soluzionilinearmente indipendenti.

Per dimostrare il teorema 6.3, ricordiamo la seguente proporita di una varietalineare di dimensione finita in X .

PROPOSIZIONE 6.2. Sia X uno spazio di Banach. Una varieta lineare Y in Xe di dimensione finita se e solo se e localmente compatto, cioe Y ∩B(0, 1) e compatto.

DIMOSTRAZIONE. E chiaro che se Y e di dimensione finita, allora e localmentecompatto.

Ora supponiamo dunque che Y ∩ B(0, 1) sia compatto. Prendiamo un elementox1 ∈ Y ∩ B(0, 1) tale che ‖x1‖X = 1. Poniamo M1 = x ∈ X |λx1, λ ∈ C . SeY \M1 = ∅, allora prendiamo x2 ∈ Y ∩B(0, 1) tale che ‖x2‖X = 1 e che dist (x2,M1) ≥ 1

2,

il che e possibile come abbiamo visto nella dimostrazione del teorema 6.2. Ripetendotale procedura si costituiscono x1, · · · , xn, · · · in modo tale che xn ∈ Y ∩ B(0, 1), che‖xn‖X = 1 e che dist (xn+1,Mn) ≥ 1

2 , ove Mn e il sottospazio generato da x1, · · · , xn.Se Y fosse di dimensione infinita, si potrebbe continuare questa procedura e si

costituisce una successione xn∞n=1 contenuta in Y ∩B(0, 1). Ma Y ∩B(0, 1) e compattoper ipotesi e quindi esiste una sottosuccessione convergente xnk∞k=1, il che contradicealla proprieta ‖xnk − xnk′‖X ≥ 1

2 per k = k′. Cioe Y non puo essere di dimensioneinfinita.

Ora dimostriamo il teorema 6.3.

DIMOSTRAZIONE DEL TEOREMA 6.3. Poniamo

N = x ∈ X | x−Ax = 0 , M = f ∈ X ′ | f −A∗f = 0 .

Dimostriamo innanzitutto cheN eM sono di dimensione finita. Per questo consideriamoG = x ∈ X | x = Ax, ‖x‖X ≤ 1 . Si ha evidentemente G = A(G). Poiche A e un

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Page 75: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

operatore compatto, G = A(G) e relativamente compatto. Pertanto in virtu dellaproposizione 6.2, la varieta lineare N e di dimensione finita. Ragionando in modoanalogo si puo constatare che la varieta lineare M e anch’essa di dimensione finita.

Poniamo ora n = dim(N) e m = dim(M). Sia xknk=1 una base di N e sia fkmk=1

una base di M . In virtu della proposizione 3.1 esistono n funzionali γ1, · · · , γn tali che〈xk, γj〉 = δjk. D’altra parte esistono anche z1, · · · , zm ∈ X tali che 〈zj , fk〉 = δjk perj, k = 1, · · · , m. Cio e banalmente vero per m = 1. Se invece m > 1, supponiamoche esistano z1, · · · , zm−1 tali che 〈zj , fl〉 = δjl per j, l = 1, · · · , m − 1; considerando〈y(x), fm〉 con y(x) = x − ∑m−1

k=1 〈x, fk〉zk al variare di x ∈ X , si puo trovare un ymtale che 〈ym, fk〉 = 0 per k = 1, · · · , m − 1 e 〈ym, fm〉 = 0; posto zm = ym

〈ym,fm〉 , si ha〈zm, fk〉 = δmk per k = 1, · · · , m; posto invece zk = zk − 〈zk, fm〉zm, si ha 〈zj , fk〉 = δjkper j, k = 1, · · · , m, come veniva richiesto.

Supponiamo per assurdo che n < m. Consideriamo l’operatore

A = A+n∑j=1

〈·, γj〉zj ,

che, essendo la somma di due operatori compatti, e un operatore compatto.Dimostriamo che x = Ax se e solo se x = 0. Infatti se x = Ax, allora dalla

costruzione di A segue che si ha

(∗) x− Ax =n∑j=1

〈x, γj〉zj .

Applicando ad ambo i due membri della (∗) il funzionale fk, si ha

〈x− Ax, fk〉 = 〈x, (I −A∗)fk〉 = 0, 〈n∑j=1

〈x, γj〉zj , fk〉 = 〈x, γk〉,

quindi 〈x, γk〉 = 0 per k = 1, · · · , n. Pertanto dalla (∗) segue che x− Ax = 0. Percio xha la forma

x =n∑j=1

ξjxj (ξl ∈ C).

Applicando il funzionale γk ad ambo i due membri di questa uguaglianza, si ottiene〈x, γk〉 = ξk. Ma come abbiamo osservato precedentemente, si ha 〈x, γk〉 = 0 perk = 1, · · · , n. Pertanto si ha ξk = 0 per k = 1, · · · , n, ovvero x = 0. Abbiamo dimostratoche, se x−Ax = 0, allora x = 0. Cio implica, in virtu del teorema 6.2, che, se f−A∗f = 0,allora si ha f = 0.

D’altra parte, pero, osservando che

A∗ = A∗ +n∑j=1

〈zj , ·〉γj

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Page 76: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

e ricordando che fl ∈M e che 〈zj , fl〉 = δjl, per n < l ≤ m si ha

(I − A∗)fl = (I − A∗)fl −n∑j=1

〈zj , fl〉γj = 0.

Cioe se n < m, allora esiste un f tale che (I − A∗)f = 0 e f = 0, contrariamente aquanto abbiamo osservato precedentemente.

Si dimostra in maniera analoga che e impossibile avere m < n.Il teorema e dimostrato.

Per concludere la sezione sulla teoria di Fredholm, citiamo il seguente teorema.

TEOREMA 6.4. Sia X uno spazio di Banach e sia A un operatore lineare compattoda X in X. L’equazione (6.5) ammette almeno una soluzione, se e solo se per ognisoluzione h dell’equazione (6.8) vale 〈y, h〉 = 0.

DIMOSTRAZIONE. Se x ∈ X | x− Ax = 0 = 0, allora per il teorema 6.2 siha f ∈ X ′ | f −A∗f = 0 = 0. In questo caso, la tesi del teorema 6.4 e banalmenteverificata.

Ora consideriamo il caso in cui x ∈ X | x−Ax = 0 = 0. Se x0 e una soluzionedell’equazione (6.5), allora per ogni h ∈ f ∈ X ′ | f − A∗f = 0 si ha

〈y, h〉 = 〈(I − A)x0, h〉 = 〈x0, (I − A∗)h〉 = 0.

Viceversa, supponiamo che 〈y, h〉 = 0 per ogni h ∈ f ∈ X ′ | f − A∗f = 0 . Sefosse y ∈ (I − A)(X), visto che per il lemma 6.1 (I − A)(X) e chiuso, in virtu dellaproposizione 3.1 esiste un funzionale f ∈ X ′ tale che 〈y, f〉 = dist (y, (I −A)(X)) = 0 eche 〈(I − A)x, f〉 = 0 per ogni x ∈ X . Si ha allora 〈x, (I − A)∗f〉 = 0 per ogni x ∈ Xe quindi (I − A∗)f = 0. Ma per ipotesi per tale f si ha 〈y, f〉 = 0, contrariamente aquanto abbiamo visto sopra. Cio significa che y ∈ (I−A)(X), ovvero esiste almeno unasoluzione dell’equazione (6.5). Il teorema e dimostrato.

§ 6.3. – Operatori autoaggiunti.

Gli operatori autoaggiunti sono operatori aventi una proprieta particolare e, comevedremo, avranno un ruolo molto importante nelle applicazioni di Analisi Funzionale,in particolare in meccanica quantistica.

In seguito consideriamo in generale gli operatori autoaggiunti in spazi di Hilbertcomplessi. Anche negli spazi di Hilbert reali si possono definire gli operatori autoaggiuntie svilupparne una teoria; le proprieta degli operatori autoaggiunti in spazi di Hilbertreali evidentemente non coinvolgono i numeri complessi e percio possono risultare piusemplici. Tuttavia in questa sede consideriamo principalmente gli operatori autoaggiuntiin spazi di Hilbert complessi e, percio, in seguito per spazio di Hilbert si intende spaziodi Hilbert complesso, a meno di precisazione espressa del contrario.

DEFINIZIONE 6.2. Sia H uno spazio di Hilbert. Un operatore lineare A da H inH stesso si dice autoaggiunto (o hermitiano), se vale A = A∗ (quando identifichiamo H ′

con H).

75

Page 77: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Poiche gli operatori autoaggiunti conformemente alla loro definizione sono opera-tori da uno spazio di Hilbert in se stesso, in seguito diremo semplicemente “operatoreautoaggiunto in H” piuttosto che “operatore autoaggiunto da H in H”.

Conformemente alla definizione, per un operatore autoaggiunto A in H vale l’u-guaglianza

〈Ax, y〉 = 〈x,Ay〉.

ESEMPIO 6.3. L’applicazione lineare in Cn definita da una matrice quadrataA = (ajk) di ordine n e autoaggiunto se e solo se vale

ajk = akj j, k = 1, · · · , n.

La verifica e immediata dalla forma di A∗ data nell’esempio 6.1.

ESEMPIO 6.4. L’operatore integrale A definito nell’esempio 6.2, cioe definito dallarelazione

(Aξ)(x) =∫

Ω

k(x, y)ξ(y)dy (ξ ∈ L2(Ω))

e un operatore autoaggiunto in L2(Ω) se e solo se

k(x, y) = k(y, x).

Anche questo puo essere verificato immediatamente per la forma di A∗ data nell’esempio6.2.

OSSERVAZIONE 6.2. Sia H uno spazio di Hilbert e siano A e B due operatoriautoaggiunti in H. Se c1 e c2 sono due numeri reali, allora c1A + c2B e un operatoreautoaggiunto.

DIMOSTRAZIONE. Poiche c1 e c2 sono numeri reali per ipotesi, si ha infatti

〈(c1A+ c2B)x, y〉 = 〈c1Ax, y〉+ 〈c2Bx, y〉 = c1〈Ax, y〉+ c2〈Bx, y〉 =

= c1〈x,Ay〉+ c2〈x,By〉 = 〈x, c1Ay〉+ 〈x, c2By〉 = 〈x, (c1A+ c2B)y〉

Come si puo notare facilmente, per l’affermazione dell’osservazione 6.2, e essenzialela condizione che c1 e c2 sono numeri reali.

OSSERVAZIONE 6.3. Sia H uno spazio di Hilbert e siano A e B due operatoriautoaggiunti in H. L’operatore prodotto AB e autoaggiunto se e solo se A e B sicommutano, cioe AB = BA.

DIMOSTRAZIONE. Come abbiamo osservato nell’osservazione 6.1, si ha (AB)∗ =B∗A∗. Gli operatori A e B sono autoaggiunti per ipotesi e quindi (AB)∗ = B∗A∗ = BA.Pertanto, l’operatore prodotto AB e se e solo se si ha AB = (AB)∗ = BA.

OSSERVAZIONE 6.4. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore autoag-giunto in H. Allora per ogni x ∈ H si ha 〈Ax, x〉 ∈ R.

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Page 78: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

DIMOSTRAZIONE. Infatti per la definizione del prodotto scalare nello spazio diHilbert e dell’operatore autoaggiunto, si ha

〈Ax, x〉 = 〈x,Ax〉 = 〈Ax, x〉,

il che significa che 〈Ax, x〉 e un numero reale.Per la norme di un operatore autoaggiunto vale la seguente relazione.

TEOREMA 6.5. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore autoaggiunto inH. Allora si ha

(6.9) ‖A‖L(H) = sup‖x‖H≤1

|〈Ax, x〉|.

DIMOSTRAZIONE. Poiche si ha evidentemente |〈Ax, x〉| ≤ ‖A‖L(H)‖x‖2H , vale

sup‖x‖H≤1

|〈Ax, x〉| ≤ ‖A‖L(H).

D’altra parte, per dimostrare la disuguaglianza opposta, consideriamo le identita

〈A(x+ y), x+ y〉 = 〈Ax, x〉+ 2Re 〈Ax, y〉+ 〈Ay, y〉,

〈A(x− y), x− y〉 = 〈Ax, x〉 − 2Re 〈Ax, y〉+ 〈Ay, y〉,che sono ottenute grazie alla relazione

〈Ax, y〉+ 〈Ay, x〉 = 〈Ax, y〉+ 〈y, Ax〉 = 〈Ax, y〉+ 〈Ax, y〉 = 2Re 〈Ax, y〉.

Sottraendo la seconda identita da quella prima si ottiene

4Re 〈Ax, y〉 = 〈A(x+ y), x+ y〉 − 〈A(x− y), x− y〉.

Ne segue per mezzo dell’uguaglianza del parallelogramma (si veda la (1.2) della propo-sizione 1.2) che si ha

4|Re 〈Ax, y〉| ≤ |〈A(x+ y), x+ y〉|+ |〈A(x− y), x− y〉| ≤

≤ sup‖z‖H≤1

|〈Az, z〉|(‖x+ y‖2H + ‖x− y‖2H) ≤ 2 sup

‖z‖H≤1

|〈Az, z〉|(‖x‖2H + ‖y‖2H).

In particolare vale questa disuguaglianza per x ∈ X tale che Ax = 0 e y = ‖x‖H‖Ax‖HAx,

cosicche si ha

4〈Ax,‖x‖H‖Ax‖HAx〉 ≤ 2 sup

‖z‖H≤1

|〈Az, z〉|(‖x‖2H + ‖ ‖x‖H‖Ax‖HAx‖2H),

ovvero‖Ax‖H ≤ sup

‖z‖H≤1

|〈Az, z〉|‖x‖H ∀x ∈ H tale che Ax = 0.

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Page 79: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

E chiaro che questa uguaglianza e banalmente valida per x ∈ X tale che Ax = 0. Nesegue che

‖A‖L(H) ≤ sup‖x‖H≤1

|〈Ax, x〉|,

il che, giunto alla disuguaglianza opposta gia dimostrata, prova la (6.9).

Il prodotto scalare 〈Ax, x〉 ha un ruolo importante non solo per il teorema 6.5, maesso definisce anche un ordinamento parziale tra gli operatori autoaggiunti.

DEFINIZIONE 6.3. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore autoaggiuntoin H. Si scrive A ≥ 0 se vale 〈Ax, x〉 ≥ 0 per ogni x ∈ H. Siano inoltre B e C dueoperatori autoaggiunti in H. Si scrive B ≥ C se B − C ≥ 0.

Non e difficile constatare che questa relazione gode delle proprieta per essere unordinamento. Infatti si ha evideentemente A ≥ A. Se invece A ≥ B e B ≥ C, allora siha

〈(A− C)x, x〉 = 〈(A−B +B − C)x, x〉 = 〈(A−B)x, x〉+ 〈(B − C)x, x〉 ≥ 0,

il che significa che A− C ≥ 0 ovvero A ≥ C.Se A ≥ B e B ≥ A, allora per ogni x ∈ H si ha 〈Ax, x〉 ≥ 〈Bx, x〉 e 〈Bx, x〉 ≥

〈Ax, x〉, quindi 〈Ax, x〉 = 〈Bx, x〉, ovvero A = B.Inoltre si constata facilmente che, se A ≥ B e se α ∈ R, α ≥ 0, allora si ha

αA ≥ αB.

OSSERVAZIONE 6.5. Sia H uno spazio di Hilbert e siano A e B due operatoriautoaggiunti in H. Se λ e µ sono numeri reali non negativi e se A ≥ 0 e B ≥ 0, allorasi ha λA+ µB ≥ 0.

DIMOSTRAZIONE. Infatti, qualunque sia x ∈ H, si ha

〈(λA+ µB)x, x〉 = 〈λAx, x〉+ 〈µBx, x〉 = λ〈Ax, x〉+ µ〈Bx, x〉 ≥ 0,

il che significa che λA+ µB ≥ 0.OSSERVAZIONE 6.6. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore autoag-

giunto in H. Se A ≥ 0, allora ogni polinomio di A con coefficienti non negativi e ≥ 0,cioe, se A ≥ 0 e se αk ≥ 0 (k = 0, 1, · · · , n), allora si ha

P (A) =n∑

k=0

αkAk ≥ 0,

ove si e convenuto che A0 = I.

DIMOSTRAZIONE. Poiche αk ≥ 0 per ogni k, basta dimostrare che per ognik ∈ N si ha Ak ≥ 0.

Se k = 0, allora si ha banalmente A0 = I ≥ 0. Se k = 2m con m ∈ N, allora,qualunque sia x ∈ H, si ha

〈Akx, x〉 = 〈A2mx, x〉 = 〈Amx,Amx〉 ≥ 0.

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Page 80: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Se k = 2m + 1 con m ∈ N, allora, in virtu dell’ipotesi 〈Ay, y〉 ≥ 0 per ogni y ∈ H,qualunque sia x ∈ H, si ha

〈Akx, x〉 = 〈AmAAmx, x〉 = 〈A(Amx), (Am)x〉 ≥ 0.

Cio prova la tesi.

§ 6.4. – Definizione generale di operatori aggiunti ed autoaggiunti.

Nella § 6.1 abbiamo definito l’operatore aggiunto di un operatore lineare limitatoda uno spazio di Banach in uno spazio di Banach. Ora generalizziamo questa definizioneai casi in cui l’operatore lineare non e necessariamente limitato.

Cominciamo con la seguente considerazione.

LEMMA 6.2. Siano X e Y due spazi di Banach e sia A un operatore lineare, nonnecessariamente limitato, definito su D(A) ⊂ X a valori in Y . Sia f ∈ Y ′. Perchepossa esistere al piu un ϕ ∈ X ′ soddisfacente alla relazione

∗) 〈Ax, f〉 = 〈x, ϕ〉 ∀x ∈ D(A),

e necessario e sufficiente che D(A) sia denso in X.

DIMOSTRAZIONE. Supponiamo innanzitutto che D(A) sia denso in X . Se ϕ =ϕ1 e ϕ = ϕ2 soddisfano alla relazione ∗), allora evidentemente si ha

〈x, ϕ1 − ϕ2〉 = 〈Ax, f〉 − 〈Ax, f〉 = 0 ∀x ∈ D(A).

Poiche D(A) e denso in X , questa relazione implica che ϕ1 − ϕ2 = 0.D’altra parte, se D(A) = X , allora in virtu della proposizione 3.1 esiste un fun-

zionale ϕ0 ∈ X ′ non nullo tale che

〈x, ϕ0〉 = 0 ∀x ∈ D(A).

Se ϕ e un funzionale su X soddisfacente alla relazione ∗), allora si ha anche

〈Ax, f〉 = 〈x, ϕ〉 = 〈x, ϕ+ ϕ0〉 = 0 ∀x ∈ D(A)

e ϕ = ϕ+ ϕ0. Il lemma e dimostrato.

Prima di definire l’operatore aggiunto di un operatore lineare non necessariamentelimitato, ricordiamo ancora un’altra osservazione preliminare.

LEMMA 6.3. Siano X e Y due spazi di Banach e sia A un operatore lineare, nonnecessariamente limitato, definito su D(A) ⊂ X a valori in Y . Sia E il sottoinsieme diY ′ tale che

f ∈ E ⇐⇒ ∃ϕ ∈ X ′ tale che 〈Ax, f〉 = 〈x, ϕ〉 ∀x ∈ D(A).

L’insieme E e una varieta lineare di Y ′.

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Page 81: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

DIMOSTRAZIONE. Infatti se f e g appartengono a E, allora esistono ϕ e ψappartenenti a X ′ tali che

〈Ax, f〉 = 〈x, ϕ〉, 〈Ax, g〉 = 〈x, ψ〉 ∀x ∈ D(A).

Siano λ e µ due numeri complessi. Allora, qualunque sia x ∈ D(A), si ha

〈Ax, λf + µg〉 = 〈Ax, λf〉+ 〈Ax, µg〉 = λ〈Ax, f〉+ µ〈Ax, g〉 =

= λ〈x, ϕ〉+ µ〈x, ψ〉 = 〈x, λϕ〉+ 〈x, µψ〉 = 〈x, λϕ+ µψ〉,il che, visto che λϕ+ µψ ∈ X ′, significa che λf + µg appartiene a E.

Il lemma e dimostrato.

Ora siamo in grado di definire l’operatore aggiunto di un operatore lineare nonnecessariamente limitato.

DEFINIZIONE 6.4. Siano X e Y due spazi di Banach e sia A un operatore lineare(non necessariamente limitato) tale che il suo dominio di definizione D(A) sia denso inX . Sia E = D(A∗) l’insieme degli elementi f di Y ′ tali che esista un elemento ϕ di X ′

soddisfacente alla relazione

〈Ax, f〉 = 〈x, ϕ〉 ∀x ∈ D(A).

L’applicazione A∗ che ad f ∈ E = D(A∗) associa il funzionale A∗f = ϕ ∈ X ′ si dicel’operatore aggiunto di A.

Cioe l’operatore aggiunto A∗ di un operatore lineare A si definisce per la relazione

〈Ax, f〉 = 〈x,A∗f〉 ∀x ∈ D(A), A∗f ∈ X ′.

OSSERVAZIONE 6.7. L’operatore aggiunto A∗ definito nella definzione 6.4 elineare.

DIMOSTRAZIONE. Come abbiamo visto nella dimostrazione del lemma 6.3, seϕ = A∗f e ψ = A∗g (f , g ∈ Y ′, λ, µ ∈ C), allora si ha

〈Ax, λf + µg〉 = 〈x, λϕ+ µψ〉 ∀x ∈ D(A).

Cio significa che A∗(λf + µg) = λA∗f + µA∗g.

L’operatore aggiunto definito nella definizione 6.4 gode della seguente proprieta.

PROPOSIZIONE 6.3. L’operatore aggiunto definito nella definizione 6.4 e unoperatore chiuso.

DIMOSTRAZIONE. Sia fn∞n=1 una successione di elementi di D(A∗) tale chefn converga ad un f0 in Y ′. Supponiamo che A∗f converga ad un ϕ0 in X ′. Allora,qualunque sia x ∈ D(A), si ha 〈Ax, fn〉 → 〈Ax, f0〉 e 〈x,A∗fn〉 → 〈x, ϕ0〉 per n → ∞.Poiche 〈Ax, fn〉 = 〈x,A∗fn〉, per l’unicita del limite risulta che 〈Ax, f0〉 = 〈x, ϕ0〉, ilche, tenuto conto dell’arbitrarieta di x ∈ D(A), implica che ϕ0 = A∗f0. Cioe, abbiamo

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Page 82: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

dimostrato che, se (fn, A∗fn)∞n=1 e una successione di Cauchy in Y′×X ′ ed e contenuta

nel grafico di A∗, allora anche il suo limite e contenuto nel grafico di A∗.La proposizione e dimostrata.

E importante la seguente proprieta.

TEOREMA 6.6 Siano X e Y due spazi di Banach e sia A un operatore linearetale che il suo dominio di definizione D(A) sia denso in X. Il dominio di definizioneD(A∗) dell’operatore aggiunto A∗ coincide con Y ′ se e solo se l’operatore A e limitato.In tal caso anche A∗ e un operatore limitato da Y ′ in X ′ e si ha

‖A∗‖L(Y ′,X′) = ‖A‖L(X,Y ).

DIMOSTRAZIONE. Supponiamo innanzitutto che D(A∗) = Y ′. Poniamo

M = A(D(A) ∩BX(0, 1)), BX(0, 1)) = x ∈ X | ‖x‖X ≤ 1 .

Poiche per ogni f ∈ Y ′, A∗f e ben definito ed appartiene a X ′, si ha

supy∈M

|〈y, f〉| = supx∈D(A),‖x‖X≤1

|〈Ax, f〉| = supx∈D(A),‖x‖X≤1

|〈x,A∗f〉| ≤ ‖A∗f‖X′ <∞.

Pertanto, per il teorema di Banach-Steinhaus, l’insieme M considerato come sottoin-sieme di Y ′′ risulta essere limitato in Y ′′ e quindi anche in Y . Ne segue che

supx∈D(A),‖x‖X≤1

‖Ax‖Y <∞,

il che implica che l’operatore A e limitato.Viceversa, supponiamo che A sia limitato. Allora, qualunque sia f ∈ Y ′, l’insieme

〈Ax, f〉 | x ∈ D(A), ‖x‖X ≤ 1 e limitato. Poiche D(A) e denso in X per ipotesi, cioimplica che esiste un ϕ ∈ X ′ tale che

〈Ax, f〉 = 〈x, ϕ〉 ∀x ∈ D(A).

Cio significa che f ∈ D(A∗). Ne segue che D(A∗) = Y ′.Si ha inoltre

|〈x,A∗f〉| = |〈Ax, f〉| ≤ ‖A‖ ‖x‖X‖f‖Y ′

e quindi ‖A∗f‖X′ ≤ ‖A‖ ‖f‖Y ′ , ovvero ‖A∗‖ ≤ ‖A‖.D’altra parte, per ottenere la disuguaglianza ‖A‖ ≤ ‖A∗‖, consideriamo, per ogni

ε > 0, un elemento xε ∈ X tale che ‖xε‖X = 1 e che ‖Axε‖Y ≥ ‖A‖ − ε, elemento lacui esistenza e garantita dalla definizione della norma di un operatore. Per il corollariodella proposizione 3.1 esiste un funzionale fε ∈ Y ′ tale che ‖fε‖Y ′ = 1 e che 〈Axε, fε〉 =‖Axε‖Y . Pertanto si ha

‖A∗‖ ≥ ‖A∗fε‖X′ ≥ |〈xε, A∗fε〉| = |〈Axε, fε〉| = ‖Axε‖Y ≥ ‖A‖ − ε.

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Page 83: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Ne segue, in virtu dell’arbitrarieta di ε > 0, che ‖A∗‖ ≥ ‖A‖.Il teorema e dimostrato.

Generalizzata la nozione di operatore aggiunto anche per gli operatori lineari nonnecessariamente limitati, possiamo anche definire gli operatori autoaggiunti non neces-sariamente limitati.

Definiamo innanzitutto gli operatori simmetrici.

DEFINIZIONE 6.5. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore linearedefinito su una varieta lineare D(A) densa in H a valori in H. Sia A∗ l’operatoreaggiunto di A. Si dice che A e un operatore simmetrico, se D(A) ⊂ D(A∗) ⊂ H e seA∗x = Ax per ogni x ∈ D(A).

Se A e un operatore simmetrico e se D(A) = D(A∗), si dira che A e un operatoreautoaggiunto. Piu precisamente

DEFINIZIONE 6.6. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore linearedefinito su una varieta lineare D(A) densa in H a valori in H. Sia A∗ l’operatoreaggiunto di A. Si dice che A e un operatore autoaggiunto, se A = A∗ (compresa larelazione D(A) = D(A∗)).

Le proprieta degli operatori autoaggiunti in uno spazio di Hilbert saranno esaminatinel capitolo VIII.

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Page 84: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

CAPITOLO SETTIMO

OPERATORI UNITARI E PROIEZIONI ORTOGONALI

In questo capitolo esaminiamo due classi particolari di operatori: operatori unitarie proiezioni ortogonali in uno spazio di Hilbert.

In questo capitolo includiamo anche un’esposizione sulla radice quadrata di unoperatore autoaggiunto strettamente positivo.

§ 7.1. – Operatori unitari.

Definiamo innanzitutto gli operatori unitari.

DEFINIZIONE 7.1. Sia H uno spazio di Hilbert e sia U un operatore linearedefinito su H a valori in H. L’operatore U si dice unitario, se U(H) = H e se vale

(7.1) ‖Ux‖H = ‖x‖H ∀x ∈ H.

OSSERVAZIONE 7.1. Un operatore unitario in uno spazio di Hilbert e biiettivoed ammette il suo inverso, che risulta essere anch’esso un operatore unitario.

DIMOSTRAZIONE. Un operatore unitario e suriettivo per definizione.D’altra parte, sia U un operatore unitario in uno spazio di Hilbert e siano x1 e x2

due elementi di H tali che Ux1 = Ux2. Allora si ha evidentemente U(x1 − x2) = 0 equindi

‖x1 − x2‖H = ‖U(x1 − x2)‖H = 0.Ne segue che U e iniettivo e quindi biiettivo.

Essendo biiettivo, U ammette l’operatore inverso U−1. Poiche UU−1 = I e che Uverifica la relazione (7.1), per ogni x ∈ H si ha

‖x‖H = ‖UU−1x‖H = ‖U−1x‖H ,

cioe anche U−1 e un operatore untario.

PROPOSIZIONE 7.1. Sia U un operatore unitario in uno spazio di Hilbert H.Allora l’operatore aggiunto U∗ di U coincide con l’operatore inverso U−1 di U .

DIMOSTRAZIONE. Dall’uguaglianza (7.1) segue 〈Ux, Ux〉 = 〈x, x〉. Per la defi-nizione dell’operatore aggiunto si ha 〈Ux, Ux〉 = 〈x, U∗Ux〉. Poiche questo e un numeroreale (e quindi coincide col suo coniugato), si ha 〈x, U∗Ux〉 = 〈x, U∗Ux〉 = 〈U∗Ux, x〉.Pertanto si ha

〈U∗Ux, x〉 = 〈x, x〉 ∀x ∈ H,

ovvero〈(U∗U − I)x, x〉 = 0 ∀x ∈ H.

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Page 85: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Poiche U∗U − I e un operatore autoaggiunto, in virtu del teorema 6.5 si ha

‖U∗U − I‖L(H) = sup‖x‖H≤1

|〈(U∗U − I)x, x〉| = 0,

ovveroU∗U = I.

Moltiplicando i due membri di questa uguaglianza da sinistra per U e da destra perU−1, si ottiene

UU∗ = I.

Dalle due uguaglianze ottenute U∗U = I = UU∗ segue che U∗ = U−1.

Viceversa, se U∗ = U−1, allora U e un operatore unitario. Piu precisamente valela seguente affermazione.

OSSERVAZIONE 7.2. Sia U un operatore lineare limitato biiettivo in uno spaziodi Hilbert. Se il suo aggiunto U∗ coincide col suo inverso U−1, allora U e un operatoreunitario.

DIMOSTRAZIONE. Infatti, qualunque sia x ∈ H, si ha

‖Ux‖2H = 〈Ux, Ux〉 = 〈x, U∗Ux〉 = 〈x, U−1Ux〉 = 〈x, x〉 = ‖x‖2H .

DEFINIZIONE 7.2. Sia H uno spazio di Hilbert e siano A e B due operatorilineari limitati. Si dice che gli operatori A e B sono unitariamente equivalente, se esisteun operatore unitario U tale che

B = UAU−1 = UAU∗.

OSSERVAZIONE 7.3. Se A e B sono due operatori lineari limitati in uno spaziodi Hilbert H unitariamente equivalenti, allora si ha ‖A‖ = ‖B‖. Inoltre, se uno dei duee autoaggiunto, allora anche l’altro e autoaggiunto.

DIMOSTRAZIONE. Infatti si ha

‖B‖ = sup‖x‖H≤1

‖Bx‖H = sup‖x‖H≤1

√〈Bx,Bx〉 = sup

‖x‖H≤1

√〈UAU−1x, UAU−1x〉 =

= sup‖x‖H≤1

√〈AU−1x,AU−1x〉 = sup

‖Uz‖H≤1

√〈Az,Az〉 =

= sup‖z‖H≤1

√〈Az,Az〉 = sup

‖x‖H≤1

‖Az‖H = ‖A‖.

D’altra parte, se A e autoaggiunto, si ha

〈Bx, y〉 = 〈UAU−1x, y〉 = 〈AU−1x, U−1y〉 =

= 〈U−1x,AU−1y〉 = 〈x, UAU−1y〉 = 〈x,By〉,

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Page 86: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

cioe B e autoaggiunto.

ESEMPIO 7.1. Consideriamo lo spazio di Hilbert l2 e la sua base canonica ek∞k=1,ek = (ek,j)∞j=1, ek,j = djk. E chiaro che ogni operatore lineare limitato puo essererappresentato da una “matrice” infinita A = (ajk)∞j,k=1, ajk = 〈Aek, ej〉. Come abbiamoosservato nell’osservazione 7.2, se un operatore lineare U verifica la relazione U∗ = U−1

e quindi UU∗ = U∗U = I, allora U e un operatore unitario. Posto U = (ujk)∞j,k=1,ujk = 〈Uek, ej〉, gli elementi u∗

jk della matrice U∗ = (u∗

jk) hanno l’espressione

u∗jk = 〈U∗ek, ej〉 = 〈ej , U∗ek〉 = 〈Uej , ek〉 = ukj .

Percio la relazione UU∗ = U∗U = I si esprime per le uguaglianze

∞∑k=1

ujkulk = δjl,∞∑k=1

ukjukl = δjl.

Cioe una “matrice” infinita U = (ujk)∞j,k=1 che verifica queste uguaglianze rappresentaun operatore unitario.

§ 7.2. – Proiezioni ortogonali.

Nel capitolo I abbiamo introdotto la proiezione ortogonale in uno spazio di Hilbert,basandoci sulla struttura degli spazi di Hilbert espressa nei teoremi 1.2 e 1.3, che as-seriscono la seguente tesi.

Sia H uno spazio di Hilbert e sia L un sottospazio chiuso di H. Sia x ∈ H. Sey ∈ L e se ‖x− y‖H = dist(x, L), allora x− y e ortogonale a L, cioe si ha

〈x− y, z〉H = 0 ∀z ∈ L.

Inoltre la decomposizione x = u+v di x in un elemento u ∈ L e in un elemento v ∈ L⊥

e unica. Quindi, se x = u+ v, u ∈ L, v ∈ L⊥e se y ∈ L, ‖x− y‖H = dist(x, L), allora siha u = y e v = x− y.

Cosı abbiamo definito nella definizione 1.16 la proiezione ortogonale, cioe l’elementoy ∈ L tale che

‖x− y‖H = dist(x, L)si dice proiezione di x su L e si indica con

y = PLx.

Abbiamo ossservato (osservazione 1.10) anche che, se x = u + v, u ∈ L, v ∈ L⊥,allora si ha

‖x‖2H = ‖u‖2H + ‖v‖2H .

Ora consideriamo la proiezione ortogonale cosı definito come operatore lineare inuno spazio di Hilbert; infatti si osserva che una proiezione ortogonale e un operatorelineare in uno spazio di Hilbert.

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Page 87: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

OSSERVAZIONE 7.4. Sia L un sottospazio chiuso (non ridotto a 0) di unospazio di Hilbert H. La proiezione ortogonale P = PL e un operatore lineare limitatoda H in H stesso e la sua norma ‖PL‖ e uguale a 1.

DIMOSTRAZIONE. Per dimostrarne la linearita, consideriamo due elementi x1 ex2 di H. Per il teorema 1.3 ciascuno dei due elementi x1 e x2 ammette una e una soladecomposizione ortogonale

x1 = y1 + z1, x2 = y2 + z2, Px1 = y1 ∈ L, Px2 = y2 ∈ L, z1, z2 ∈ L⊥.

Se λ e µ sono due numeri cmplessi, allora si ha

λx1 + µx2 = λy1 + µy2 + λz1 + µz2 λy1 + µy2 ∈ L, λz1 + µz2 ∈ L⊥,

e quindi, sempre in virtu dell’unicita della decomposizione ortogonale, si ha

P (λx1 + µs2) = λy1 + µy2 = λPx1 + µPx2.

Per dimostrare l’uguaglianza ‖P‖ = 1, basta ricordare l’osservazione 1.10, cheimplica la relazione ‖x‖2H = ‖y‖2H + ‖z‖2H per x = y + z, y ∈ L, z ∈ L⊥, cioe

‖x‖2H = ‖Px‖2H + ‖(I − P )x‖2H .

Ne segue che ‖P‖ ≤ 1. Inoltre per x ∈ L si ha x = Px e quindi ‖x‖H = ‖Px‖H , il cheimplica che ‖P‖ ≥ 1. Pertanto si ha ‖P‖ = 1.

E altrettanto facile vedere che la proiezione ortogonale e autoaggiunto.

OSSERVAZIONE 7.5. Sia L un sottospazio chiuso di uno spazio di Hilbert H. Laproiezione ortogonale P = PL e un operatore autoaggiunto in H.

DIMOSTRAZIONE. Poiche per ogni x ∈ H si ha Px ∈ L e (I − P )x ∈ L⊥,qualunque siano x1 e x2 due elementi di H si ha

〈Px1, x2〉 = 〈Px1, Px2 + (I − P )x2〉 = 〈Px1, Px2〉+ 〈Px1, (I − P )x2〉 = 〈Px1, Px2〉 =

= 〈Px1, Px2〉+ 〈(I − P )x1, x2〉 = 〈Px1 + (I − P )x1, Px2〉 = 〈x1, Px2〉.

Si constata facilmente anche la seguente proprieta.

OSSERVAZIONE 7.5. Sia L un sottospazio chiuso di uno spazio di Hilbert H. Perla proiezione ortogonale P = PL vale la relazione P 2 = P .

DIMOSTRAZIONE. Qualunque sia x ∈ H, si ha Px ∈ L. Pertanto si ha P (Px) =Px, cioe P 2 = P .

Vale anche la proposizione reciproca.

TEOREMA 7.1. Sia H uno spazio di Hilbert e sia P un operatore lineare limitato.Se P e autoaggiunto e vale P 2 = P , allora P (H) e un sottospazio chiuso e P e laproiezione ortogonale su P (H).

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Page 88: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

DIMOSTRAZIONE. Poiche P e un operatore lineare continuo, si constata facil-mente che P (H) e un sottospazio chiuso.

Siccome P e autoaggiunto, qualunque siano x, y ∈ H, si ha

〈(I − P )x, Py〉 = 〈(P − P 2)x, y〉 = 0.

Per l’arbitrarieta di y ∈ H e quindi quella di Py ∈ P (H), l’uguaglianza sopra citataimplica che (I − P )x ∈ P (H)⊥. In virtu del teorema 1.3, la decomposizione

x = Px+ (I − P )x, Px ∈ P (H), (I − P )x ∈ P (H)⊥

e unica e Px e la proiezione ortogonale di x su P (H), come volevamo dimostrare.

Dimostrato il teorema 7.1, al posto della definizione 1.16 possiamo anche definirele proiezioni ortogonali, dicendo che le proiezioni ortogonali in uno spazio di Hilbert Hsono gli operatori lineari limitati P in H che verificano la relazione P 2 = P .

Ricordiamo ancora alcune proprieta fondamentali delle proiezioni ortogonali.

OSSERVAZIONE 7.6. Sia H uno spazio di Hilbert e siano P1 e P2 due proiezioniortogonali su sottospazi chiusi L1 e L2 di H rispettivamente. Se P1P2 = 0, allora si haP2P1 = 0.

DIMOSTRAZIONE. Infatti si ha

P2P1 = P ∗2 P

∗1 = (P1P2)∗ = 0.

OSSERVAZIONE 7.7. Sia H uno spazio di Hilbert e siano P1 e P2 due proiezioniortogonali su sottospazi chiusi L1 e L2 di H rispettivamente. Si ha P1P2 = P2P1 = 0se e solo se L1 ⊥ L2.

DIMOSTRAZIONE. Supponiamo che P2P1 = 0. Allora per x1 ∈ L1 e x2 ∈ L2 siha

〈x1, x2〉 = 〈P1x1, P2x2〉 = 〈P2P1x1, x2〉 = 0.Viceversa, se L1 ⊥ L2, allora per ogni x ∈ H si ha P1x ∈ L1 e P2x ∈ L2 e quindi

qualunque siano x1, x2 ∈ H si ha

〈P2P1x1, x2〉 = 〈P1x1, P2x2〉 = 0.

Ne segue che P1P2 = 0. In virtu dell’osservazione 7.6 si ha anche P2P1 = 0.

PROPOSIZIONE 7.2. Perche la somma P1 +P2 di due proiezioni ortogonali P1 eP2 sia una proiezione ortogonale, e necessario e sufficiente che P1P2 = 0.

DIMOSTRAZIONE. Poiche la somma di due operatori autoaggiunti e un operatoreautoaggiunto, perche P1 + P2 sia una proiezione ortogonale, e necessario e sufficienteche (P1 + P2)2 = P1 + P2. Perche valga (P1 + P2)2 = P1 + P2 e necessario e sufficienteche P1P2 + P2P1 = 0.

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Page 89: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Se P1P2 = 0, allora in virtu dell’osservazione 7.6 si ha P2P1 = 0 e quindi P1P2 +P2P1 = 0.

Viceversa, se P1P2+P2P1 = 0, allora moltiplicandolo a destra per P2 si ha P1P2+P2P1P2 = 0. Moltiplicandolo ancora a sinistra per P2 si ha 2P2P1P2 = 0 ossia P2P1P2 =0, il che assieme a P1P2 + P2P1P2 = 0 implica P1P2 = 0.

PROPOSIZIONE 7.3. Perche il prodotto P1P2 di due proiezioni ortogonali P1

e P2 in uno spazio di Hilbert sia anch’esso una proiezione ortogonale, e necessario esufficiente che P1P2 = P2P1. In tal caso si ha P1P2(H) = P1(H) ∩ P2(H).

DIMOSTRAZIONE. Se P1P2 e una proiezione ortogonale, in virtu dell’osservazione7.5, e anche autoaggiunto. Percio si ha

P1P2 = (P1P2)∗ = P ∗2 P

∗1 = P2P1.

Viceversa, se P1P2 = P2P1, allora P1P2 e autoaggiunto. Inoltre si ha

(P1P2)2 = P1P2P1P2 = P 21 P

22 = P1P2.

Pertanto in virtu del teorema 7.1 P1P2 e una proiezione ortogonale.Supponiamo ora che P1P2 = P2P1. Allora per ogni x ∈ H l’elemento P1P2x =

P2P1x appartiene sia a P1(H) sia a P2(H), cioe si ha P1P2(H) ⊂ P1(H) ∩ P2(H).D’altra parte per y ∈ P1(H) ∩ P2(H) vale P1P2y = P1y = y, cioe si ha P1(H) ∩

P2(H) ⊂ P1P2(H).La proposizione e dimostrata.

Ora esaminiamo brevemente la relazione tra due proiezioni ortogonali P1 e P2 taliche P2(H) ⊂ P1(H).

DEFINIZIONE 7.3. Sia H uno spazio di Hilbert e siano P1 e P2 due proiezioniortogonali in H. La proiezione ortogonale P2 si dice parte della proiezione ortogonaleP1, se vale P1P2 = P2.

In questa definizione la condizione P1P2 = P2 puo essere sostituita dalla relazioneP2P1 = P2. Infatti se vale P1P2 = P2 si ha

P2 = P ∗2 = (P1P2)∗ = P ∗

2 P∗1 = P2P1

e viceversa.Come si puo intuire facilmente vale la seguente caratterizzazione delle proiezioni

ortogonali che sono parte di una proiezione ortogonale.

OSSERVAZIONE 7.8. Siano P1 e P2 due proiezioni ortogonali in uno spaziodi Hilbert H. Perche P2 sia una parte di P1, e necessario e sufficiente che si abbiaP2(H) ⊂ P1(H).

DIMOSTRAZIONE. Dalla relazione P2 = P1P2 segue immediatamente che P2(H)⊂ P1(H).

D’altra parte, se P2(H) ⊂ P1(H), allora visto che P1(H)⊥ = (I − P1)(H) si haP2(H) ⊥ (I − P1)(H). Pertanto si ha

P2 = (P1 + (I − P1))P2 = P1P2 + (I − P1)P2 = P1P2.

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Page 90: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Essere una parte di una proiezione ortogonale puo essere caratterizzato anche dallaseguente proposizione.

PROPOSIZIONE 7.4. Siano P1 e P2 due proiezioni ortogonali in uno spazio diHilbert H. Perche P2 sia una parte di P1, e necessario e sufficiente che valga ‖P2x‖H ≤‖P1x‖H per ogni x ∈ H.

DIMOSTRAZIONE. Infatti se P2P1 = P2, allora si ha

‖P2x‖H = ‖P2P1x‖H ≤ ‖P2‖ ‖P1x‖H ≤ ‖P1x‖H .

D’altra parte, se vale ‖P2x‖H ≤ ‖P1x‖H per ogni x ∈ H, allora per y ∈ P2(H) siha

‖y‖H = ‖P2y‖H ≤ ‖P1y‖H .

Ma non puo essere ‖y‖H < ‖P1y‖H e percio si ha ‖y‖H = ‖P1y‖H . D’altra parte, perla proprieta della decomposizione ortogonale y = P1y + (I − P1)y si ha

‖y‖2H = ‖P1y‖2H + ‖(I − P1)y‖2H .

Ne segue che ‖(I − P1)y‖H = 0, cioe y ⊥ (I − P1)(H) ovvero y ∈ P1(H). CioeP2(H) ⊂ P1(H). Pertanto in virtu dell’osservazione 7.8 la proiezione ortogonale P2 euna parte della proiezione ortogonale P1.

Per la differenza di due proiezioni ortogonali vale la seguente proposizione.

PROPOSIZIONE 7.5. Siano P1 e P2 due proiezioni ortogonali in uno spazio diHilbert H. La differenza P1−P2 e una proiezione ortogonale se e solo se P2 e una partedi P1.

DIMOSTRAZIONE. Se P1−P2 e una proiezione ortogonale, lo e anche I−(P1−P2).Poiche questa proiezione ortogonale puo essere espresso come una somma I−(P1−P2) =(I − P1) + P2 di due proiezioni ortogonali, in virtu della proposizione 7.2, deve valere(I − P1)P2 = 0, ovvero IP2 = P2 = P1P2.

D’altra parte, se P2 = P1P2, allora si ha (I − P1)P2 = (I − P1)P1P2 = 0. Pertantoin viertu della proposizione 7.2 la somma (I − P1) + P2 e una proiezione ortogonale;pertanto lo e anche I − (I − P1 + P2) = P1 − P2.

§ 7.3. – Radice quadrata di un operatore positivo.

Nel capitolo precedente abbiamo gia introdotto la nozione di operatore autoag-giunto positivo, cioe di disuguaglianza “≥” definita tra gli operatori autoaggiunti per larelazione: A ≥ 0 se 〈Ax, x〉 ≥ 0 per ogni x e A ≥ B se A−B ≥ 0 (definizione 6.3) e neabbiamo osservato alcune proprieta (osservazioni 6.5 e 6.6).

Nella sezione precedente abbiamo considerato le proiezioni ortogonali. Esse costi-tuiscono un esempio di operatori positivi “≥ 0”.

ESEMPIO 7.2. Sia H uno spazio di Hilbert. Per ogni proiezione ortogonale P inH vale P ≥ 0.

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Page 91: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Infatti si ha〈Px, x〉 = 〈P 2x, x〉 = 〈Px, Px〉 ≥ 0.

Un altro esempio semplice di operatori positivi e il seguente.

ESEMPIO 7.3. Sia H uno spazio di Hilbert. Qualunque sia l’operatore linearelimitato A in H, si ha AA∗ ≥ 0 e A∗A ≥ 0.

Infatti si ha〈AA∗x, x〉 = 〈A∗x,A∗x〉 ≥ 0,

〈A∗Ax, x〉 = 〈x,A∗Ax〉 = 〈Ax,Ax〉 = 〈Ax,Ax〉 ≥ 0.

Per gli operatori strettamente positivi, cioe operatori autoaggiunti A ≥ 0, A = 0,vale la seguente relazione.

PROPOSIZIONE 7.6. Sia H uno spazio di Hilbert e siano A e B due operatoriautoaggiunti (limitati) in H. Se A ≥ 0, B ≥ 0, AB = BA, allora si ha AB ≥ 0.

DIMOSTRAZIONE. Se A = 0 o B = 0, allora la tesi e verificata banalmente.Supponiamo dunque che A = 0 e B = 0. Poniamo allora

A1 =A

‖A‖ , A2 = A1 −A21, · · · , An+1 = An − A2

n, · · · .

Mostriamo innanzitutto che per ogni n ∈ N\0 vale la relazione I ≥ An ≥ 0.Infatti e evidente che per n = 1 si ha I ≥ A1 ≥ 0. Supponiamo dunque che valga

la relazione I ≥ An ≥ 0 per n. Allora si ha

〈A2n(I − An)x, x〉 = 〈(I −An)Anx,Anx〉 ≥ 0

e quindi A2n(I − An) ≥ 0. Analogamente si ha

〈An(I −An)2x, x〉 = 〈An(I − An)x, (I −An)x〉 ≥ 0ovvero An(I − An)2 ≥ 0. Pertanto in viru dell’osservazione 6.5 si ha

A2n(I − An) + An(I − An)2 ≥ 0

e di conseguenza

An+1 = An −A2n = An − 2A2

n +A3n + A2

n − A3n = A2

n(I −An) + An(I − An)2 ≥ 0.

Inoltre dalle relazioni I −An ≥ 0 e A2n ≥ 0 segue che

I −An+1 = I −An +A2n ≥ 0.

Abbiamo dunque mostrato che I ≥ An+1 ≥ 0.Si ha d’altra parte

A1 = A21 + A2 = A2

1 + A22 + A3 = · · · =

n∑k=1

A2k + An+1

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Page 92: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

ovvero∑n

k=1 A2k = A1 − An+1. Poiche come abbiamo visto sopra An+1 ≥ 0, si ha

A1 −An+1 =∑n

k=1 A2k ≤ A1. Cio implica che

n∑k=1

‖Ak‖2H =n∑k=1

〈Akx,Akx〉 = 〈n∑

k=1

A2kx, x〉 ≤ 〈A1x, x〉

e quindi si ha ‖Anx‖H → 0 per n→∞, il che ci permette di ottenere

( n∑k=1

A2k

)x = A1x−An+1x→ A1x per n→∞.

Poiche l’operatore B comuta evidentemente con Ak per ogni k, si ha

〈ABx, x〉 = ‖A‖〈A1Bx, x〉 = ‖A‖ limn→∞

n∑k=1

〈A2kBx, x〉 = ‖A‖ lim

n→∞

n∑k=1

〈BAkx,Akx〉 ≥ 0,

come volevamo dimostrare.

Per costruire la radice quadrata di un operatore A ≥ 0, cominciamo con il seguentelemma.

LEMMA 7.1. Sia H uno spazio di Hilbert e siano B e An (n = 1, 2, · · ·) operatoriautoaggiunti (limitati) in H tali che commutino tra di loro e che A1 ≤ A2 ≤ · · · ≤ An ≤· · · ≤ B. Allora la successione An∞n=1 converge ad un operatore autoaggiunto A taleche A ≤ B.

DIMOSTRAZIONE. Posto Cn = B − An, risulta che Cn ≥ 0 per ogni n e che Cn

(n = 1, 2, · · ·) commutano tra di loro. Inoltre si ha Cm ≥ Cn per m ≤ n. Ne segue cheper m ≤ n si ha

(Cm − Cn)Cm ≥ 0, Cn(Cm − Cn) ≥ 0e quindi per ogni x ∈ H

〈C2mx, x〉 ≥ 〈CmCnx, x〉 ≥ 〈C2

nx, x〉.

Pertanto per ogni x ∈ H fissato la successione di numeri reali 〈C2nx, x〉∞n=1 converge ad

un limite ed anche 〈CmCnx, x〉 converge allo stesso limite per n,m→∞. Di conseguenzaper x ∈ H fissato si ha

‖Cmx− Cnx‖2H = 〈(Cm − Cn)2x, x〉 = 〈C2mx, x〉 − 2〈CmCnx, x〉+ 〈C2

nx, x〉 → 0

per n→∞. Cio significa che la successione Cnx∞n=1 di elementi di H converge in H.Quindi anche Anx = Bx−Cnx converge in H. Poniamo dunque Ax = limn→∞ Anx. Siconstata facilmente che A cosı definito e un operatore autoaggiunto e che si ha A ≤ B.

Ora dimostriamo l’esistenza e l’unicita della radice quadrata di un operatore au-toaggiunto A ≥ 0.

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Page 93: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

TEOREMA 7.2. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore autoaggiunto(limitato) in H tale che A ≥ 0. Allora esiste uno e un solo operatore autoaggiuntoB ≥ 0 tale che B2 = A e che B commuti con tutti gli operatori che commutano con A.

DIMOSTRAZIONE. Supponiamo che 0 ≤ A ≤ I, il che non e restrittivo: se‖A‖ > 1, allora si puo cercare la sua radice quadrata B mediante la radice quadrata diA1 = A

‖A‖ .Poniamo

B0 = 0, Bn+1 = Bn +12(A−B2

n), n = 0, 1, · · · .

E chiaro che gli operatori Bn sono autoaggiunti e commutano con tutti gli operatori checommutano con A. In particolare, si ha BnBm = BmBn.

Si ha

I −Bn+1 =12I −Bn +

12I − 1

2A+

12B2n =

12(I −Bn)2 +

12(I −A).

L’ultimo membro essendo la somma di due operatori autoaggiunti ≥ 0, risulta cheI −Bn+1 ≥ 0 ovvero Bn+1 ≤ I.

D’altra parte, si ha

Bn+1 −Bn = Bn −Bn−1 +12(B2

n −B2n−1) =

12[(I −Bn) + (I −Bn−1)](Bn −Bn−1),

da cui per induzione si ottiene la relazione Bn+1 −Bn ≥ 0 ossia Bn ≤ Bn+1.Si ha dunque 0 = B0 ≤ B1 ≤ · · · ≤ Bn ≤ · · · ≤ I. Pertanto in virtu del lemma 7.1

Bn converge ad un operatore autoaggiunto B tale che 0 ≤ B ≤ I.Poiche B = limn→∞ Bn e che Bn+1 = Bn + 1

2(A−B2

n), si ha B = B + 12(A−B2)

ovvero A = B2. Poiche per ipotesi A = 0, si ha B = 0. La commutativita di B contutti gli operatori che commutano con A risulta dalla stessa proprieta dei Bn.

Ora supponiamo che anche B sia un operatore autoaggiunto tale che B ≥ 0, B2 =A e che B commuti con tutti gli operatori che commutano con A. Si ha allora, inparticolare, BB = BB. Sia x ∈ H e si ponga y = (B − B)x. Allora si ha

〈By, y〉+ 〈By, y〉 = 〈(B + B)y, y〉 = 〈(B + B)(B − B)x, y〉 == 〈(B2 − B2)x, y〉 = 〈(A− A)x, y〉 = 0.

Poiche B ≥ 0 e B ≥ 0, questa uguaglianza implica che 〈By, y〉 = 0 e 〈By, y〉 = 0. Comeabbiamo visto sopra, anche per B e B esistono operatori autoaggiunti C ≥ 0 e C ≥ 0tali che C2 = B e C2 = B. Il prodotto 〈By, y〉 si puo dunque scrivere

0 = 〈By, y〉 = 〈C2y, y〉 = 〈Cy, Cy〉;quindi si ha Cy = 0, il che implica By = C(Cy) = 0. Analogamente risulta che By = 0.

Cio essendo, si ha

‖Bx− Bx‖2H = 〈(B − B)2x, x〉 = 〈(B − B)y, x〉 = 0.Di conseguenza si ha Bx = Bx per ogni x ∈ H, cioe B = B, come volevamo dimostrare.

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Page 94: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

CAPITOLO OTTAVO

ELEMENTI DELLA TEORIA SPETTRALE

§ 8.1. – Risolvente, valori regolari, autovalori, spettro.

Sia X uno spazio di Banach e sia A un operatore da X in X stesso. Consideriamol’equazione

(8.1) (A− λI)x = y,

ove λ e un numero complesso, mentre I e l’operatore identita. Nello studio dell’equazione(8.1) sovente viene considerata anche l’equazione omogenea

(8.2) (A− λI)x = 0,

che viene chiamata equazione omogenea associata all’equazione (8.1).E evidente che x = 0 e una soluzione dell’equazione (8.2). La soluzione x = 0

dell’equazione (8.2) si dice soluzione triviale.Ora definiamo il risolvente.

DEFINIZIONE 8.1. Sia X uno spazio di Banach e sia A un operatore da X in Xstesso. Se esiste l’operatore inverso (A− λI)−1 dell’operatore A− λI, questo operatoreinverso si dice operatore risolvente o piu semplicemente risolvente dell’equazione (8.1)o dell’operatore A e si denota con

(8.3) Rλ = (A− λI)−1.

I valori di λ ∈ C per cui esiste il risolvente Rλ dell’equazione (8.1) si dicono valoriregolari per l’equazione (8.1) o per l’operatore A.

E chiaro che se esiste il risolvente Rλ = (A − λI)−1, allora, qualunque sia y ∈ X ,l’equazione (8.1) ammette una e una sola soluzione x = Rλy, in particolare l’equazione(8.2) ammette soltanto la soluzione triviale x = 0.

In alcune circostanti semplici si possono trovare abbastanza facilmente dei valoriregolari, come viene illustrato nella seguente osservazione.

OSSERVAZIONE 8.1. Sia X uno spazio di Banach e sia A un operatore linearelimitato da X in X stesso. Se vale 1

|λ|‖A‖ < 1, allora λ e un valore regolare.

DIMOSTRAZIONE. Per la comodita dell’esposizione al posto dell’operatore A−λIconsideriamo l’operatore I − 1

λA. E chiaro che esiste l’operatore inverso (A− λI)−1 see solo se esiste l’operatore inverso (I − 1

λA)−1.

Consideriamo la somma

Sn =n∑

k=0

( 1λA

)k.

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Page 95: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Poiche per ipotesi vale la disuguaglianza ‖ 1λA‖ = 1

|λ|‖A‖ < 1, si vede facilmente che Sncostituiscono una successione di Cauchy e quindi Sn converge ad un operatore S, chepossiamo esprimere formalmente come serie

S =∞∑k=0

( 1λA

)k = limn→∞

n∑k=0

( 1λA

)k = limn→∞Sn.

Si ha inoltre

S(I − 1λA) = lim

n→∞

n∑k=0

( 1λA

)k(I − 1λA) = lim

n→∞(I − ( 1

λA

)n+1) = I.

Analogamente si puo verificare che

(I − 1

λA

)S = I.

Cio dimostra che l’operatore S cosı costruito e l’operatore inverso di I − 1λA. Quindi λ

risulta essere un valore regolare.

Inoltre vale la seguente affermazione.

OSSERVAZIONE 8.2. Sia X uno spazio di Banach e sia A un operatore linearelimitato da X in X stesso. Se λ e un valore regolare dell’equazione (8.1) e se µ e unnumero complesso tale che |µ| < 1

‖(A−λI)−1‖ , allora anche λ + µ e un valore regolaredell’equazione (8.1).

DIMOSTRAZIONE. Infatti si ha

A− (λ+ µ)I = (A− λI)(I − µ(A− λI)−1).

Si osserva che ‖µ(A − λI)−1‖ = |µ| ‖(A − λI)−1‖ < 1. Pertanto come abbiamo vistonella dimostrazione dell’osservazione precedente, esiste l’operatore inverso

(I − µ(A− λI)−1)−1 =∞∑k=0

(µ(A− λI)−1)k

dell’operatore I − µ(A− λI)−1. Di conseguenza esiste l’operatore inverso

(A− (λ+ µ)I)−1 = [(A− λI)(I − µ(A− λI)−1)]−1 = (I − µ(A− λI)−1)−1(A− λI)−1.

Cioe λ+ µ e un valore regolare dell’equazione (8.1).

Ora definiamo gli autovalori e gli autovettori di un operatore lineare. Ovviamentequando si tratta di uno spazio Cn e di una matrice quadrata di ordine n, questa nozionecoincide con la nozione di autovalori e di autovettori per la matrice.

DEFINIZIONE 8.2. Sia X uno spazio di Banach e sia A un operatore lineare da Xin X stesso. I valori di λ ∈ C tali che l’equazione omogenea (8.2) ammetta soluzioni non

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Page 96: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

triviali si dicono autovalori dell’equazione (8.2) o dell’operatore A. Se λ e un autovalore,le soluzioni non triviali dell’equazione (8.2) si dicono autovettori dell’equazione (8.2) odell’operatore A associati al vaolre λ.

Se λ e un autovalore dell’operatore A e se l’equazione (8.1) con un certo y ∈ Xal secondo membro ammette una soluzione, allora la soluzione non e unica. Infatti, λessendo un valore proprio, esiste una soluzione non triviale x1 dell’equazione (8.2). Sex0 e una soluzione dell’equazione (8.1), allora si ha

(A− λI)(x0 + x1) = (A− λI)x0 + (A− λI)x1 = y + 0 = y.

Cioe anche x0 + x1, che e diverso da x0, e soluzione dell’equazione (8.1).Per gli operatori lineari in uno spazio di Banach di dimensione infinita, la nozione

di spettro, come vedremo piu avanti, risultera particolarmente utile.

DEFINIZIONE 8.3. Sia X uno spazio di Banach e sia A un operatore lineare daX in X stesso. L’insieme dei valori di λ ∈ C che non sono valori regolari dell’equazione(8.1) si dice spettro dell’operatore A.

OSSERVAZIONE 8.3. Sia X uno spazio di Banch. Lo spettro di un operatorelineare limitato A da X in X stesso e un insieme chiuso di C.

DIMOSTRAZIONE. Infatti se λ0 e un valore regolare, allora in virtu dell’osser-vazione 8.2 tutti i valori λ tali che |λ − λ0| < 1

‖(A−λ0I)−1‖ sono valori regolari. Cioel’insieme dei valori regolari e un insieme aperto di C. Ne segue che lo spettro di A e uninsieme chiuso di C.

§ 8.2. – Proprieta fondamentali dello spettro di un operatore autoaggiunto.

Nella sezione precedente abbiamo introdotto la nozione di valore regolare e quella dispettro per un operatore lineare in uno spazio di Banach in generale. I valori regolari e lospettro di un operatore autoaggiunto in uno spazio di Hilbert godono di varie proprietaparticolari come vedremo in seguito.

In questa sezione consideriamo gli operatori autoaggiunti limitati e, per non ap-pensatire l’esposizione, scriviamo semplicemente “operatore autoaggiunto” al posto di“operatore autoaggiunto limitato”. Le proprieta provate non di rado si possono es-tendere anche agli operatori autoaggiunti non limitati con dovute limitatzioni. Ce neoccuperemo piu avanti.

Ricordiamo innanzitutto che gli autovalori e gli autovettori di un operatore autoag-giunto possiedono delle seguenti caratteristiche fondamentali.

TEOREMA 8.1. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore autoaggiunto inH. Allora gli autovalori di A sono numeri reali. Inoltre se λ e µ sono due autovaloridistinti (cioe λ = µ) di A e se x1 e x2 sono autovettori associati rispettivamente a λ ea µ, allora si ha 〈x1, x2〉 = 0.

DIMOSTRAZIONE. Sia λ un autovalore di A. Allora esiste un autovettore x = 0associato a λ e si ha Ax = λx. Facendo il prodotto scalare dei due membri di questauguaglianza con x si ha

〈Ax, x〉 = 〈λx, x〉 = λ〈x, x〉.

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Page 97: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Poiche per un operatore autoaggiunto A il prodotto scalare 〈Ax, x〉 e un numero reale (siveda l’osservazione 6.4) e che 〈x, x〉 e evidentemente un numero reale, dall’uguaglianzaqui sopra riportata segue che anche λ e un numero reale.

Dimostriamo la seconda parte del teorema. Siano λ e µ due autovalori distinti diA e siano x1 e x2 due autovettori associati rispettivamente a λ e a µ. Poiche valgonoAx1 = λx1 e Ax2 = µx2 con λ, µ ∈ R e che A e un operatore autoaggiunto, si ha

λ〈x1, x2〉 = 〈λx1, x2〉 = 〈Ax1, x2〉 = 〈x1, Ax2〉 = 〈x1, µx2〉 = µ〈x1, x2〉.

Poiche λ = µ per ipotesi, la validita di questa uguaglianza implica che 〈x1, x2〉 = 0.Per i valori regolari vale la seguente caratterizzazione.

TEOREMA 8.2. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore autoaggiuntoin H. Un numero complesso λ e un valore regolare per l’operatore A se e solo se esisteuna costante c > 0 tale che

(8.4) ‖(A− λI)x‖H ≥ c‖x‖H ∀x ∈ H.

DIMOSTRAZIONE. Supponiamo che λ sia un valore regolare. Allora esiste ilrisolvente Rλ = (A − λI)−1 dell’operatore A. Poiche allora si ha banalmente x =Rλ(A− λI)x, vale la disuguaglianza

‖x‖H = ‖Rλ(A− λI)x‖H ≤ ‖Rλ‖ ‖(A− λI)x‖H

per ogni x ∈ H. Posto c = 1‖Rλ‖ , si ottiene la (8.4).

Ora supponiamo che esista una costante c > 0 tale che valga la (8.4) e consideriamola varieta lineare L = (A − λI)(H). Se (A − λI)x1 = (A − λI)x2, allora in virtu della(8.4) si ha

‖x1 − x2‖H ≤ c‖(A− λI)(x1 − x2)‖H = 0;cioe l’applicazione (A− λI) : H → L e iniettiva.

Mostriamo ora che L e denso in H. Infatti se non lo fosse, esisterebbe un elementox0 ∈ H tale che x0 = 0 e che 〈x0, y〉 = 0 per ogni y ∈ L, ovvero

〈x0, Ax− λx〉 = 〈Ax0 − λx0, x〉 = 0 ∀x ∈ H,

il che significa che Ax0 − λx0 = 0. Dunque λ risulterebbe essere un autovalore dell’o-peratore autoaggiunto A e quindi dovrebbe essere un numero reale λ = λ; ma cioimplicherebbe

‖x0‖H ≤ ‖(A− λI)x0‖H = ‖Ax0 − λx0‖H = 0,contrariamente a quanto abbiamo supposto. Di conseguenza L e denso in H.

La varieta lineare L e anche chiuso in H. Infatti se yn = (A − λI)xn ∈ L e seyn → y0 in H per n→∞, allora si ha

‖xn − xm‖H ≤ c‖(A− λI)(xn − xm)‖H = c‖yn − ym‖H → 0 per n,m→∞.

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Page 98: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Cioe xn∞n=1 risulta essere una successione di Cauchy e quindi converge ad un elementox0 ∈ H. Poiche A− λI e ovviamente un operatore limitato, si ha

(A− λI)x0 = limn→∞(A− λI)xn = lim

n→∞ yn = y0,

il che dimostra che L e chiusa.La densita e la chiusura di L in H implica ovviamente che L = H. Di conseguenza,

in virtu del teorema di omeomorfismo di Banach (teorema 4.2), esiste l’operatore inversoRλ = (A−λI)−1 dell’operatore A−λI, che e biiettivo da H su L = H. Infine si constatache, in virtu della disuguaglianza (8.4), si ha per Rλy = x

‖Rλy‖H = ‖x‖H ≤ 1c‖(A− λI)x‖H = 1

c‖y‖H ;

cioe Rλ e un operatore limitato.Il teorema e dimostrato.

COROLLARIO. Un numero λ appartiene allo spettro di un operatore autoaggiuntoA se e solo se esiste una successione xn∞n=1 tal che

‖xn‖H = 1 ∀n ∈ N\0, ‖Axn − λxn‖H → 0 per n→∞.

DIMOSTRAZIONE. Segue immediatamente dal teorema.

TEOREMA 8.3. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore autoaggiunto inH. I numeri complessi λ = α+ iβ con β = 0 sono valori regolari per l’operatore A.

DIMOSTRAZIONE. Infatti, se y = Ax− λx, allora si ha

〈y, x〉 = 〈Ax, x〉 − λ〈x, x〉, 〈x, y〉 = 〈y, x〉 = 〈x,Ax〉 − λ〈x, x〉.Ne segue che

〈x, y〉 − 〈y, x〉 = (λ− λ)〈x, x〉 = 2iβ‖x‖2Hovvero

2|β| ‖x‖2H = |〈x, y〉 − 〈y, x〉| ≤ |〈x, y〉|+ |〈y, x〉| ≤ 2‖y‖H‖x‖H .

Da questa disuguaglianza si trae

‖y‖H ≥ |β| ‖x‖Hossia

‖Ax− λx‖H ≥ |β| ‖x‖H con |β| > 0.Pertanto in virtu del teorema 8.2 il numero complesso λ e un valore regolare perl’opearatore A.

TEOREMA 8.4. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore autoaggiunto inH. Lo spettro di A e contenuto nell’intervallo [m,M ] della retta reale, ove

m = inf‖x‖H=1

〈Ax, x〉, M = sup‖x‖H=1

〈Ax, x〉.

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Page 99: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Inoltre m ed M appartengono allo spettro di A.

DIMOSTRAZIONE. In virtu del teorema 8.3 lo spettro di A e contenuto in R.Consideriamo un numero λ =M + ε con ε > 0. Si ha

〈(A− λI)x, x〉 = 〈Ax, x〉 − 〈λx, x〉 ≤ (M − λ)〈x, x〉 = −ε‖x‖2H .

Ne segue cheε‖x‖2H ≤ |〈(A− λI)x, x〉| ≤ ‖(A− λI)x‖H‖x‖H

e quindi ‖(A − λI)x‖H ≥ ε‖x‖H per ogni x ∈ H. Pertanto in virtu del teorema 8.2, ilnumero λ e un valore regolare.

In maniera analoga si puo mostrare che λ′ = m− ε con ε > 0 e un valore regolare.Si puo dunque concludere che lo spettro di A e contenuto nell’intervallo [m,M ].

Proviamo ora che M appartiene allo spettro.Consideriamo il caso in cui 0 ≤ m ≤ M . In tal caso si ha M = ‖A‖ (si veda il

teorema 6.5). Allora esiste una successione xn∞n=1 di elementi di H tali che ‖xn‖H = 1e che 〈Axn, xn〉 ≥M − 1

n . Ricordando allora che ‖Axn‖H ≤ ‖A‖ =M , si ha

‖Axn−Mxn‖2H = ‖Axn‖2H−2M〈Axn, xn〉+M2‖xn‖2H ≤M2−2M(M− 1n)+M2 =

2Mn

ovvero

‖Axn −Mxn‖H ≤ (2Mn

)1/2 → 0 per n→∞.

Pertanto, in virtu del corollario del teorema 8.2, il numero M appartiene allo spettro.Nel caso generale in cui non si abbia necessariamente 0 ≤ m ≤ M , consideriamo

l’operatore A1 = A−mI al posto di A. Si ha evidentemente

inf‖x‖H=1

〈A1x, x〉 = inf‖x‖H=1

〈Ax, x〉 −m = 0, sup‖x‖H≤1

〈A1x, x〉 =M −m.

Quindi, applicando cio che abbiamo dimostrato sopra, risulta che M − m appartieneallo spettro dell’operatore A1. Ma, poiche A1−(λ−m)I = A−mI−(λ−m)I = A−λI,se λ−m e un valore regolare di A1, allora λ e un valore regolare di A. Percio se M −mappartiene allo spettro di A1, allora M appartiene allo spettro di A. Cioe qualunquesia il segno di m, il numero M appartiene allo spettro di A.

In una maniera analoga, si puo dimostrare che m appartiene allo spettro di A.Il teorema e dimostrato.

COROLLARIO. Lo spettro di un operatore autoaggiunto in uno spazio di Hilbertnon e vuoto.

DIMOSTRAZIONE. Dalla seconda parte del teorema segue che allo spettro di unoperatore autoaggiunto A appartiene almeno m edM , che sono certamente ben definiti.

§ 8.3. – Operatori simmetrici e operatori autoaggiunti non limitati.

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Page 100: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Gia nel capitolo VI (definizioni 6.5 e 6.6) abbiamo definito gli operatori simmetrici egli operatori autoaggiunti non necessariamente limitati. Nella presente sezione esamini-amo le loro proprieta. Per questa indagine svolge un ruolo importante la nozione dioperatore chiuso (cioe operatore lineare il cui grafico e chiuso).

Si osserva la seguente relazione, che segue immediatamente dalla proprieta dell’o-peratore aggiunto gia esaminata nel capitolo VI.

OSSERVAZIONE 8.4. Sia H uno spazio di Hilbert. Ogni operatore autoaggiuntoin H (non necessariamente limitato) e un operatore chiuso.

DIMOSTRAZIONE. Sia A un operatore autoaggiunto in H. Poiche A = A∗ e chein virtu della proposizione 6.3 A∗ e un operatore chiuso, lo e anche A.

Per un’indagine piu generale abbiamo bisogno di conoscere le proprieta degli ope-ratori chiusi in generale. Se un operatore lineare A in uno spazio di Hilbert H e definitosull’intero spazio H e se il suo grafico e chiuso, allora in virtu del teorema del graficochiuso (teorema 4.3) A e un operatore limitato. Ma un operatore lineare chiuso non enecessariamente limitato; esso e caratterizzato dal seguente criterio.

PROPOSIZIONE 8.1. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore lineare(non necessariamente limitato) in H. L’operatore A e un operatore chiuso se e solo seil suo dominio di definizione D(A) costituisce uno spazio di Hilbert quando e munito delprodotto scalare

〈x, y〉D(A) = 〈x, y〉H + 〈Ax,Ay〉H.

DIMOSTRAZIONE. Si ricorda che D(A) e una varieta lineare e si osserva chel’applicazione 〈·, ·〉D(A) da D(A)×D(A) in C sopra introdotta verifica gli assiomi delladefinizione del prodotto scalare (si veda la definizione 1.8). Percio la dimostrazione delteorema si riduce a dimostrare che D(A) e completo rispetto alla norma ‖ · ‖D(A) =√〈·, ·〉D(A) se e solo se A e un operatore chiuso.

Supponiamo innanzitutto che A sia un operatore chiuso. Sia xn∞n=1 una succes-sione di elementi di D(A), che e una successione di Cauchy rispetto alla topologia datadalla norma ‖·‖D(A). In virtu della definizione del prodotto scalare

√〈·, ·〉D(A), ne segueche esistono x0 e y0 di H tali che

xn → x0, Axn → y0 in H.

Poiche il grafico di A e chiuso, si ha x0 ∈ D(A) e y0 = Ax0. Cioe D(A) e completorispetto alla topologia data dalla norma ‖ · ‖D(A) =

√〈·, ·〉D(A).Ora supponiamo che D(A) sia completo rispetto alla topologia data dalla norma

‖ · ‖D(A) =√〈·, ·〉D(A) e consideriamo una successione xn∞n=1 di elementi di D(A) tale

chexn → x0, Axn → y0 in H.

Cio implica che xn converge a x0 nella topologia data dalla norma ‖·‖D(A) =√〈·, ·〉D(A).

Poiche per ipotesi D(A) e completo rispetto a questa topologia, si ha x0 ∈ D(A) eAx0 = y0. Cio significa che il grafico di A e chiuso.

Dopo aver caratterizzato gli operatori chiusi, introduciamo gli operatori chiudibili.

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Page 101: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

DEFINZIONE 8.4. Sia H uno spazio di Hilbert. L’operatore lineare A si dicechiudibile, se esiste un operatore chiuso B tale che D(A) ⊂ D(B) e B|D(A) = A.

PROPOSIZIONE 8.2. Sia H uno spazio di Hilbert. Se A e un operatore linearechiudibile, allora esiste uno e un solo operatore chiuso A tale che D(A) ⊂ D(A) eA|D(A) = A e che, se B e un operatore chiuso e verifica le relazioni D(A) ⊂ D(B) eB|D(A) = A, allora si abbia D(A) ⊂ D(B) e B|D(A) = A.

DIMOSTRAZIONE. E chiaro che puo esistere al piu un operatore chiuso A cheabbia la proprieta sopra indicata.

Consideriamo un operatore chiuso B tale che D(A) ⊂ D(B) e B|D(A) = A. In virtudella proposizione 8.1 D(B) e uno spazio di Hilbert rispetto alla norma

‖ · ‖D(B) =√〈·, ·〉D(B), 〈x, y〉D(B) = 〈x, y〉H + 〈Bx,By〉H.

Poiche B|D(A) = A, D(A) e una varieta lineare nello spazio di Hilbert D(B) (munitodella norma ‖ · ‖D(B)). Indichiamo con D = D(A) la chiusura di D(A) rispetto allatopologia data dalla norma ‖ · ‖D(B). D e dunque un sottospazio chiuso nello spaziodi Hilbert D(B). Poniamo A = B|D; allora si puo scrivere anche D(A) = D. In Dla norma ‖ · ‖D(B) puo essere espressa anche come ‖ · ‖D(A) data dal prodotto scalare

〈x, y〉D(A) = 〈x, y〉H + 〈Ax,Ay〉H . Cio implica che D(A) = D = D(A) e uno spazio diHilbert rispetto alla norma ‖·‖D(A). Pertanto, in virtu della proposizione 8.1, l’operatorelineare A e un operatore chiuso. Inoltre si ha evidentemente D(A) ⊂ D(A) e A|D(A) = A.

Ora consideriamo un operatore chiuso C arbitrariamente scelto e tale che D(A) ⊂D(C) e C|D(A) = A. Sia x ∈ D(A). Poiche D(A) e denso in D(A) nella topologia diquest’ultimo definita sopra, esiste una successione xn∞n=1 di elementi di D(A) tale chesi abbia

xn → x, Axn → Ax per n→∞.

Ma poiche C|D(A) = A, si ha Cxn = Axn → Ax, il che, visto che C e un operatorechiuso, implica che vale Cx = Ax. Ne segue che D(A) ⊂ D(C) e C|D(A) = A.

La proposizione e dimostrata.

La proposizione 8.2 ci permette di definire l’estensione chiusa minimale A di unoperatore lineare chiudibile A.

DEFINIZIONE 8.5. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore linearechiudibile. Un operatore chiuso A si dice estensione chiusa minimale di A, se si haD(A) ⊂ D(A) e A|D(A) = A e se, qualunque sia l’operatore chiuso B soddisfacente allerelazioni D(A) ⊂ D(B) e B|D(A) = A, si ha D(A) ⊂ D(B) e B|D(A) = A.

Come abbiamo dimostrato nella proposizione 6.3, se A e un operatore lineare taleche D(A) sia denso in H, allora l’operatore aggiunto A∗ e un operatore chiuso. Se Ae inoltre chiudibile, il suo aggiunto coincide con l’aggiunto della sua estensione chiusaminimale.

PROPOSIZIONE 8.3. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore lineare taleche D(A) sia denso in H (a valori in H). Se A e chiudibile, allora l’operatore aggiunto

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Page 102: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

A∗ di A coincide con l’operatore aggiunto (A)∗ dell’estensione chiusa minimale A diA.

DIMOSTRAZIONE. Sia A un operatore chiudibile e sia A la sua estensione chiusaminimale.

Supponiamo che y ∈ D((A)∗). Allora si ha

〈Ax, y〉 = 〈Ax, y〉 = 〈x, (A)∗y〉 ∀x ∈ D(A).

Poiche (A)∗ ∈ H ′ = H, la relazione qui sopra riportata implica, in virtu della definizionedell’operatore aggiunto (definizione 6.4), che y ∈ D(A∗) e A∗y = (A)∗y.

D’altra parte, consideriamo un elemento y0 ∈ D(A∗). Poiche D(A) = D(A)(chiusura rispetto a ‖ · ‖D(A), si veda la dimostrazione della proposizione 8.2), perogni x ∈ D(A) esiste una successione xn∞n=1 di elementi di D(A) tale che xn → x,Axn → Ax per n→∞. Poiche per ogni n vale 〈Axn, y0〉 = 〈xn, A∗y0〉, facendo passareal limite per n → ∞ in questa uguaglianza si ha 〈Ax, y0〉 = 〈x,A∗y0〉. Ne segue chey0 ∈ D((A)∗) e (A)∗y0 = A∗y0.

Dalle due considerazioni segue che

D((A)∗) = D(A∗), A∗y = (A)∗y ∀y ∈ D((A)∗) = D(A∗),

cioe A∗ e (A)∗ coincidono.

Gli operatori simmetrici definiti nella definizione 6.5 hanno le seguenti proprieta.

PROPOSIZIONE 8.4. Sia H uno spazio di Hilbert. Se A e un operatore simmetricoin H, allora A e chiudibile e la sua estensione chiusa minimale A e anch’essa unoperatore simmetrico.

DIMOSTRAZIONE Sia A un operatore simmetrico. Si ha allora

D(A) ⊂ D(A∗), A∗∣∣D(A)

= A.

D’altra parte in virtu della proposizione 8.3 l’operatore aggiunto A∗ e un operatorechiuso. Pertanto l’operatore A e chiudibile.

Ora consideriamo due elementi x e y di D(A). Poiche D(A) e denso in D(A)munito della topologia data da ‖ · ‖D(A) (si veda la dimostrazione della proposizione8.2), esistono due successioni xn∞n=1 e yn∞n=1 tali che

xn, yn ∈ D(A), xn → x, Axn → Ax, yn → y, Ayn → Ay per n→∞.

Essendo A un operatore simmetrico, si ha 〈Axn, yn〉 = 〈xn, Ayn〉. Facendo tendere nall’infinito in questa uguaglianza, si ottiene 〈Ax, y〉 = 〈x,Ay〉, il che significa che A eun operatore simmetrico.

PROPOSIZIONE 8.5. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore linearetale che D(A) sia denso in H (a valori in H). L’operatore A e un operatore simmetricose e solo se 〈Ax, x〉 ∈ R per ogni x ∈ D(A).

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Page 103: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

DIMOSTRAZIONE. Supponiamo che A sia un operatore simmetrico. Allora perogni x ∈ D(A) si ha 〈Ax, x〉 = 〈x,Ax〉 = 〈Ax, x〉; pertanto si ha 〈Ax, x〉 ∈ R.

Viceversa, ora supponiamo che 〈Ax, x〉 ∈ R per ogni x ∈ D(A). Consideriamo dueelementi generici y e z di D(A). Si ha allora

〈A(y + z), y + z〉 = 〈Ay, y〉+ 〈Ay, z〉+ 〈Az, y〉+ 〈Az, z〉.

In virtu dell’ipotesi, ne segue che

Im 〈Ay, z〉 = −Im 〈Az, y〉 = Im〈y, Az〉.

D’altra parte si ha

〈A(iy + z), iy + z〉 = 〈Aiy, iy〉+ i〈Ay, z〉 − i〈Az, y〉+ 〈Az, z〉

e quindiRe 〈Ay, z〉 = Re 〈Az, y〉 = Re〈y, Az〉.

Dalle due uguaglianze segue che 〈Ay, z〉 = 〈y, Az〉, il che dimostra che A e unoperatore simmetrico.

OSSERVAZIONE 8.5. Sia H uno spazio di Hilbert e siano A e B due operatoresimmetrici in H. Se D(A) ⊂ D(B) e B|D(A) = A, allora D(B) ⊂ D(A∗) e A∗|D(B) = B.

DIMOSTRAZIONE. Poiche B e un operatore simmetrico, si ha D(B) ⊂ D(B∗) eB∗|D(B) = B. Inoltre se y ∈ D(B∗), allora qualunque sia x ∈ D(A) si ha

〈Ax, y〉 = 〈Bx, y〉 = 〈x,B∗y〉, B∗y ∈ H ′ = H.

Pertanto per la definizione dell’operatore aggiunto (definizione 6.4) si ha y ∈ D(A∗),A∗y = B∗y. Ne segue la tesi.

Ora esaminiamo le relazioni tra gli operatori simmetrici e gli operatori autoaggiunti.E chiaro che, se A e un operatore simmetrico e se D(A) = H, allora A = A∗ e

quindi in virtu del teorema del grafico chiuso (teorema 4.3) A e limitato, cioe A e unoperatore autoaggiunto limitato.

Una condizione sufficiente perche un operatore simmetrico sia autoaggiunto e laseguente.

PROPOSIZIONE 8.6. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore simmetricoin H. Se esiste un numero complesso λ tale che

(A− λI)(D(A)) = (A− λI)(D(A)) = H,

allora A e un operatore autoaggiunto.

DIMOSTRAZIONE. Poiche A e un operatore simmetrico, si ha D(A) ⊂ D(A∗) eA∗|D(A) = A.

D’altra parte, se y ∈ D(A∗), allora per ogni x ∈ D(A) si ha

〈(A− λI)x, y〉 = 〈Ax, y〉 − λ〈x, y〉 = 〈x,A∗y〉 − 〈x, λ y〉 = 〈x, (A∗ − λI)y〉.

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Page 104: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Poiche (A − λI)(D(A)) = H, esiste un elemento z ∈ D(A) tale che (A∗ − λI)y =(A− λI)z. Sostituendo questa espressione nell’uguaglianza precedente, si ha

〈(A− λI)x, y〉 = 〈x, (A∗ − λI)y〉 = 〈x, (A− λI)z〉 = 〈(A− λI)x, z〉.

Poiche (A − λI)(D(A)) = H, per ogni u ∈ H esiste x ∈ D(A) tale che u = (A − λI)x.Pertanto dall’uguaglianza sopra riportata segue che 〈u, y〉 = 〈u, z〉 per ogni u ∈ H, ilche implica che y = z ∈ D(A). Cio, tenuto conto della relazione D(A) ⊂ D(A∗) giaosservata all’inizio, dimostra che D(A∗) = D(A) e quindi A = A∗. .

Per gli operatori simmetrici vale anche la seguente relazione.

PROPOSIZIONE 8.7. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore simmetricoin H. Allora si ha per λ ∈ C

(8.5) H = (A− λI)(D(A))⊕N (A∗ − λI),

(8.6) ‖Ax− λx‖H ≥ |Imλ| ‖x‖H ∀x ∈ D(A),

oveN (A∗ − λI) = x ∈ H | (A∗ − λI)x = 0 .

DIMOSTRAZIONE. Sia y ∈ N (A∗ − λI). Allora per ogni x ∈ D(A) si ha

〈Ax− λx, y〉 = 〈x,A∗y − λy〉 = 0.

Ne segue che(A− λI)(D(A)) ⊥ N (A∗ − λI).

D’altra parte, sia y1 ∈ ( (A− λI)(D(A)) )⊥. Allora per ogni x ∈ D(A) si ha 〈Ax−λx, y1〉 = 0, il che significa che y1 ∈ D((A− λI)∗) e che A∗y1 − λy1 = (A− λI)∗y1 = 0.Cioe y1 ∈ N (A∗ − λI), il che dimostra la (8.5).

Per dimostrare la (8.6), consideriamo un elemento generico x di D(A). Si ha allora

‖Ax− λx‖2H = 〈Ax− λx,Ax− λx〉 = ‖Ax‖2H − 〈Ax, λx〉 − 〈λx,Ax〉+ |λ|2‖x‖2H =

= ‖Ax‖2H + |Reλ|2‖x‖2H − 2Reλ〈Ax, x〉+ |Imλ|2‖x‖2H .

Poiche2|Reλ| |〈Ax, x〉| ≤ 2|Reλ| ‖Ax‖H ‖x‖H ≤ ‖Ax‖2H + |Reλ|2‖x‖2H ,

dall’uguaglianza sopra riportata si deduce che ‖Ax − λx‖2H ≥ |Imλ|2‖x‖2H , ovvero la(8.6).

Si ha dunque la seguente caratterizzazione degli operatori autoaggiunti.

TEOREMA 8.5. Sia H uno spazio di Hilbert. Un operatore simmetrico A in H eautoaggiunto se e solo se per ogni λ ∈ C\R (cioe Imλ = 0) si ha (A−λI)(D(A)) = H.

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Page 105: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

DIMOSTRAZIONE. Se per ogni λ ∈ C\R si ha (A−λI)(D(A)) = H, in particolaresi ha (A − λI)(D(A)) = (A − λI)(D(A)) = H per λ ∈ C\R; pertanto in virtu dellaproposizione 8.6, A e un operatore autoaggiunto.

Per dimostrare la reciproca, supponiamo che A sia un operatore autoaggiunto.Siano λ ∈ C\R e y ∈ N (A∗ − λI). Allora, visto che 〈Ay, y〉 ∈ R, si ha

Imλ‖y‖2H = Im〈λy, y〉 = Im〈A∗y, y〉 = Im〈Ay, y〉 = 0,

il che implica che y = 0, ovvero tenuto conto dell’arbitrarieta di y ∈ N (A∗ − λI), si haN (A∗ − λI) = 0. Pertanto, in virtu della (8.5) si ha H = (A− λI)(D(A)).

Poiche A = A∗, sostituendo λ al posto di λ, lo stesso ragionamento ci da ancheN (A− λI) = N (A∗ − λI) = 0. Percio si puo definire l’operatore inverso (A− λI)−1

con D((A−λI)−1) = (A−λI)(D(A)). Se si ha Ax−λx = y, allora si ha x = (A−λI)−1y.In virtu della (8.6) si ha

‖(A− λI)−1y‖H = ‖x‖H ≤ 1|Imλ|‖Ax− λx‖H = 1

|Imλ|‖y‖H .

Ora consideriamo un generico elemento y di H. Esiste allora una successioneyn∞n=1 di elementi di (A − λI)(D(A)) tale che yn converga a y in H per n → ∞.Poniamo xn = (A− λI)−1yn. Allora dalla disuguaglianza sopra stabilita segue che

‖xn − xm‖H ≤ 1|Imλ|‖yn − ym‖H ,

‖Axn−Axm‖H = ‖(A−λI)(xn−xm)+λ(xn−xm)‖H ≤ ‖yn−ym‖H+ |λ||Imλ|‖yn−ym‖H .

Cioe le coppie (xn, Axn) costituiscono una successione di Cauchy nello sopazio prodottoH ×H. Poiche A e un operatore autoaggiunto e quindi e un operatore chiuso (si vedal’osservazione 8.4), anche il limite x = limn→∞ xn, z = limn→∞ Axn appartiene algrafico di A, cioe x ∈ D(A) e

Ax = z = limn→∞Axn = lim

n→∞[(Axn − λxn) + λxn] = limn→∞ yn + λ lim

n→∞xn = y + λx,

cioe si ha (A−λI)x = y. Si ha quindi y ∈ (A−λI)(D(A)). Tenuto conto dell’arbitrarietadi y ∈ H, si ha

H = (A− λI)(D(A)),come volevamo dimostrare.

§ 8.4. – Spettro di un operatore autoaggiunto non limitato.

Nella sezione 8.1 abbiamo definito il risolvente, i valori regolari, gli autovalori e lospettro di un operatore lineare limitato in uno spazio di Banach. Ora estendiamo questedefinizioni agli operatori lineari non necessariamente limitati. Poiche l’interesse princi-pale di tale generealizzazione sta nello studio dello spettro di un operatore autoaggiunto

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Page 106: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

non limitato, in questa sezione consideriamo gli operatori lineari non necessariamentelimitati in uno spazio di Hilbert.

Siccome in questa sezione consideriamo degli operatori lineari non limitati, in par-ticolare operatori autoaggiunti, che sono definiti su una varieta lineare di uno spazio diHilbert H, non coincidenti con H, anche per gli operatori inversi ammettiamo anchequelli che sono definiti solo sull’insieme dei valori dell’operatore di partenza.

Introduciamo dunque la seguente definizione.

DEFINIZIONE 8.6. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore linearedefinito su una varieta lineare D(A) densa in H a valori in H. Un numero complesso λsi dice valore regolare per l’operatore A, se esiste l’operatore inverso Rλ = (A − λI)−1

appartenente a L(H).L’insieme dei numeri complessi che non sono valori regolari per l’operatore A si

dice lo spettro dell’operatore A, che indichiamo con σ(A).Se esiste un elemento non nullo x ∈ H tale che Ax = λx, allora il numero complesso

λ si dice autovalore e l’elemento non nullo x si dice autovettore associato all’autovaloreλ.

Perche λ sia un valore regolare, si chiede che l’operatore inverso (A−λI)−1 non soloesista ma anche appartenga a L(H), cioe sia un operatore lineare limitato definito su H.Ma come abbiamo accennato sopra, ammettiamo anche l’operatore inverso (A− λI)−1

definito su D((A − λI)−1) = (A − λI)(D(A)), che in generale non coincide con H.Tuttavia quando diciamo che esiste l’operatore inverso (A−λI)−1, intendiamo che essosia definito su D((A − λI)−1) = (A − λI)(D(A)). Percio la condizione necessaria esufficiente per l’esistenza dell’operatore inverso e che l’operatore A− λI sia biiettivo daD(A) su D((A−λI)−1) = (A−λI)(D(A)). La suriettivita segue immediatamente dalladefinizione di D((A−λI)−1) = (A−λI)(D(A)). Pertanto l’operatore inverso (A−λI)−1

(definito su D((A− λI)−1) = (A− λI)(D(A))) esiste se e solo se λ non e autovalore diA.

Percio possiamo decomporre lo spettro σ(A) in due insiemi

σ0 = λ ∈ C | λ e un autovalore di A ,

σ1 = λ ∈ C | esiste (A− λI)−1 ma non appartiene a L(H) ,cosicche si ha

σ(A) = σ0 ∪ σ1, σ0 ∩ σ1 = ∅.Come nel caso degli operatori autoaggiunti limitati, gli autovalori di un operatore

autoaggiunto non limitato risultano essere numeri reali. Inoltre dalla proposizione 8.7si deduce la seguente caratterizzazione degli operatori autoaggiunti.

OSSERVAZIONE 8.6. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore autoag-giunto in H. Se λ ∈ C e un autovalore di A, allora λ ∈ R.

DIMOSTRAZIONE. Sia λ un autovalore di A. Allora esiste un elemento nonnullo x tale che Ax = λx. Ne segue che 〈Ax, x〉 = λ〈x, x〉. L’operatore A essendoautoaggiunto, si ha (analogamente alla dimostrazione dell’osservazione 6.4) 〈Ax, x〉 =〈x,Ax〉 = 〈Ax, x〉, cioe 〈Ax, x〉 ∈ R. Poiche si ha evidentemente 〈x, x〉 ∈ R, ne segueche λ ∈ R.

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Page 107: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Per i numeri complessi non reali vale la seguente affermazione.

OSSERVAZIONE 8.7. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore autoag-giunto in H. Ogni numero complesso λ tale che Imλ = 0 e un valore regolare di A esi ha

(8.7) ‖(A− λI)−1‖ ≤ 1|Imλ| .

DIMOSTRAZIONE. In virtu dell’osservazione 8.6 i numeri complessi λ tali cheImλ = 0 non possono essere autovalori di A. Pertanto A − λI e biiettivo da D(A)su (A − λI)(D(A)) e quindi esiste l’operatore inverso (A − λI)−1 definito su D((A −λI)−1) = (A− λI)(D(A)). Ma, A essendo autoaggiunto, in virtu del teorema 8.5 si ha(A− λI)(D(A)) = H.

D’altra parte in virtu della (8.6) della proposizione 8.7, per ogni coppia (x, y) taleche (A− λI)x = y si ha

‖(A− λI)−1y‖H = ‖x‖H ≤ 1|Imλ|‖Ax− λx‖H = 1

|Imλ|‖y‖H .

Ne segue la (8.7). Percio (A− λI)−1 ∈ L(H). La tesi e dimostrata.OSSERVAZIONE 8.8. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore autoag-

giunto in H. Sia λ ∈ C. Se esiste l’operatore inverso (A− λI)−1 allora, anche se essonon appartiene a L(H), (A− λI)(D(A)) e denso in H.

DIMOSTRAZIONE. Supponiamo per assurdo che (A− λI)(D(A)) non sia densoin H. Allora esisterebbe un elemento y = 0 ortogonale a (A− λI)(D(A)). Dunquedovrebbe valere

〈(A− λI)x, y〉 = 0 ∀x ∈ D(A),il che implica che (A∗ − λI)y e ben definito ed e uguale a 0; quindi si ha y ∈ D(A∗) =D(A) e Ay = A∗y = λy. Ne segue

λ =〈Ay, y〉‖y‖2H

∈ R

e di conseguenza (A−λI)y = 0, il che contradice all’ipotesi dell’esistenza dell’operatoreinverso (A− λI)−1. Pertanto l’insieme (A− λI)(D(A)) e denso in H.

OSSERVAZIONE 8.9. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore autoag-giunto in H. Un numero complesso λ e un autovalore di A, se e solo se (A−λI)(D(A))non e denso in H.

DIMOSTRAZIONE. In virtu dell’osservazione 8.8, se (A−λI)(D(A)) non e densoin H, allora λ e un autovalore.

Viceversa, se λ e un autovalore di A, allora in virtu dell’osservazione 8.6 λ e unnumero reale. Percio, ricordando che A e autoaggiunto, si ha A∗−λI = A−λI e quindiN (A− λI) = ∅.

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Page 108: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

D’altra parte in virtu della (8.5) (proposizione 8.7) si ha

H = (A− λI)(D(A))⊕N (A∗ − λI).

Ne segue che (A− λI)(D(A)) non e denso in H.

Ricapitolando quanto abbiamo osservato, possiamo riassumere la caratterizzazionedegli insiemi σ(A), σ0 e σ1 in modo seguente.i) σ(A) ⊂ R,ii) λ ∈ σ0 ⇐⇒ (A− λI)(D(A)) = H,iii) λ ∈ σ1 ⇐⇒ (A− λI)(D(A)) = H, (A− λI)(D(A)) = H.

Infatti la i) segue immediatamente dall’osservazione 8.7, mentre la ii) e stata sta-bilita nell’osservazione 8.9. Se vale (A− λI)(D(A)) = H, in virtu dell’osservazione 8.8λ non puo essere autovalore; inoltre se (A − λI)(D(A)) = H, allora λ non puo esserevalore regolare e pertanto λ appartiene a σ1. Invece se λ ∈ σ1, cioe (A−λI)−1 esiste manon appartiene a L(H), allora in virtu dell’osservazione 8.8 si ha (A− λI)(D(A)) = H.Se valesse (A − λI)(D(A)) = H, allora tenuto conto che (A − λI)−1 e anch’esso unoperatore autoaggiunto, in virtu del teorema 6.6 (A − λI)−1 risulterebbe limitato equindi appartenerebbe a L(H) e di conseguenza λ sarebbe un valore regolare. Pertantose λ ∈ σ1, allora (A− λI)(D(A)) = H. Ovvero vale la iii).

Per approfondire lo studio sulla struttura dello spettro, e utile introdurre le succes-sioni di Weyl.

DEFINIZIONE 8.7. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore linearedefinito su una varieta lineare D(A) densa in H a valori in H. Sia λ ∈ C. Unasuccessione xn∞n=1 di elementi di D(A) si dice successione di Weyl per il punto λ (eper l’operatore A), se l’insieme xn∞n=1 e limitato e non relativamente compatto e sevale

(8.8) limn→∞(Axn − λxn) = 0.

E chiaro che se xn → 0, allora la (8.8) viene verificata banalmente ma xn∞n=1 nonpuo essere successione di Weyl, in quanto e relativamente compatto.

La nozione di successione di Weyl sovente trova la sua utilita nello studio di oper-atori autoaggiunti. Infatti vale la seguente affermazione.

PROPOSIZIONE 8.8. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore autoag-giunto in H. Se esiste l’operatore inverso (A−λI)−1 ma non appartiene a L(H), alloraesiste una successione di Weyl per il punto λ.

DIMOSTRAZIONE. Consideriamo una successione yn∞n=1 di elementi di D((A−λI)−1) = (A− λI)(D(A)) tale che

yn → y, (A− λI)−1yn → x in H per n→∞.

Poniamo xn = (A− λI)−1yn. Allora si ha

xn ∈ D(A), xn → x, Axn − λxn → y in H per n→∞.

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Page 109: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Ne segue cheAxn → λx+ y in H per n→∞.

Poiche A e un operatore autoaggiunto, e un operatore chiuso (si veda l’osservazione8.4). Percio le convergenze xn → x e Axn → λx + y sopra stabilite ci permettono didedurne x ∈ D(A) e Ax = λx+ y. Ne segue che

y ∈ D((A− λI)−1) = (A− λI)(D(A)), (A− λI)−1y = x.

Cio dimostra che l’operatore (A− λI)−1 e un operatore chiuso.Ora supponiamo per assurdo che esista una costante c tale che

‖(A− λI)−1y‖H ≤ c‖y‖H ∀ ∈ D((A− λI)−1) = (A− λI)(D(A)).

Poiche D((A − λI)−1) e denso in H, per ogni elemento z ∈ H esiste una successioneyn∞n=1 di elementi di D((A − λI)−1) tale che yn → z in H per n → ∞. Percio si haevidentemente ‖yn−ym‖H → 0 per n,m→∞. Allora la disuguaglianza sopra suppostaimplica che

‖(A− λI)−1yn − (A− λI)−1ym‖H → 0 per n,m→∞.

Cioe (A−λI)−1yn∞n=1 costituisce una successione di Cauchy inH e percio deve esistereil suo limite, che indichiamo con x. Poiche come abbiamo visto sopra (A − λI)−1

e un operatore chiuso, le relazioni yn → z e (A − λI)−1yn → x implicano che z ∈D((A−λI)−1) e (A−λI)−1z = x. Cioe ogni elemento z ∈ H appartiene a D((A−λI)−1),cioe D((A − λI)−1) = H. Inoltre se valesse la disuguaglianza ‖(A − λI)−1y‖H ≤c‖y‖H per ogni y ∈ D((A − λI)−1) = H come abbiamo supposto, allora (A − λI)−1

sarebbe un operatore lineare limitato definito su H, il che contradice all’ipotesi dellanostra proposizione. Pertanto non esiste costante c tale che valga la disuguaglianza‖(A− λI)−1y‖H ≤ c‖y‖H per ogni y ∈ D((A− λI)−1).

Di conseguenza esiste una successione yn∞n=1 di elementi di D((A − λI)−1) =(A− λI)(D(A)) tale che

‖(A− λI)−1yn‖H > n‖yn‖H , yn = 0, n = 1, 2, · · · .

Poniamo

xn =(A− λI)−1yn

‖(A− λI)−1yn‖H .

E chiaro che xn∞n=1 e un insieme limitato di elementi di D(A). Inoltre si ha

‖Axn − λxn‖H = ‖yn‖H‖(A− λI)−1yn‖H → 0 per n→∞.

Dimostriamo che xn∞n=1 non e relativamente compatto. Infatti, se lo fosse, es-isterebbe una sottosuccessione convergente xnk∞k=1; indichiamo con x0 il suo limite.Poiche ‖xnk‖H = 1 per ogni k, dovrebbe risultare ‖x0‖H = 1. Inoltre varrebbe

Axnk = (Axnk − λxnk) + λxnk → λx0 per k →∞.

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Page 110: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Poiche A e un operatore chiuso (si veda l’osservazione 8.4), risulterebbe che Ax0 =λx0 con ‖x0‖H = 1, il che contradice all’ipotesi dell’esistenza dell’operatore inverso(A − λI)−1. Cioe xn∞n=1 sopra costruita e una successione di Weyl per il punto λ,come volevamo dimostrare.

DEFINIZIONE 8.8. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore lineare in H.Sia λ un autovalore di A. La dimensione della varieta lineare degli autovettori associatiall’autovalore λ si dice la molteplicita dell’autovalore λ.

Poniamo inoltre

(8.9) σ0 = λ ∈ C | λ e un autovalore con molteplicita finita ,

(8.10) σ1 = λ ∈ C | esiste una successione di Weyl per il punto λ .

Rispetto agli insiemi σ0 precedentemente introdotto, e chiaro che σ0 qui sopra definito epiu ristretto, cioe si ha σ0 ⊂ σ0. L’insieme σ0\σ0 e ovviamente costituito dagli autovaloricon molteplicita infinita. E da osservare che σ0\σ0 ⊂ σ1. Infatti se λ e un autovalorecon molteplicita infinita, allora esistono xn, (n = 1, 2, · · ·), tali che 〈xn, xm〉 = 0 pern = m e Axn = λxn per ogni n. Si vede facilmente che xn∞n=1 non e un insiemerelativamente compatto, ma si ha Axn − λxn = 0 per n = 1, 2, · · · e quindi xn∞n=1 euna successione di Weyl.

Si dimostra che lo spettro σ(A) di un operatore autoaggiunto A si scompone in σ0

che e lo spettro puntuale e σ1 che e lo spettro continuo. Si ha il

TEOREMA 8.6. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore autoaggiunto inH. Allora si ha

(8.11) σ(A) = σ0 ∪ σ1 ⊂ R,

(8.12) λ, µ ∈ σ0, λ = µ, Ax = λx, Ay = µy ⇒ 〈x, y〉 = 0.

DIMOSTRAZIONE. Se λ ∈ σ(A), allora λ e un autovalore (λ ∈ σ0) o esistel’operatore inverso (A−λI)−1 che non appartiene a L(H) (λ ∈ σ1). Se λ e un autovalorecon molteplicita finita, allora λ appartiene a σ0. Se λ e un autovalore con molteplicitainfinita, allora, come abbiamo osservato sopra, esiste una successione di Weyl per ilpunto λ e quindi si ha λ ∈ σ1. Se λ ∈ σ1, allora in virtu della proposizione 8.8 esisteuna successione di Weyl per il punto λ e percio si ha λ ∈ σ1. Precio, visto che larelazione σ(A) ⊂ R e gia provata precedentemente, la (8.11) e dimostrata.

La (8.12) si dimostra in maniera del tutto analoga alla dimostrazione del teorema8.1. Cioe dalla relazione

λ〈x, y〉 = 〈λx, y〉 = 〈Ax, y〉 = 〈x,Ay〉 = 〈x, µy〉 = µ〈x, y〉

con λ = µ segue 〈x, y〉 = 0.

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Page 111: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Nella caratterizzazione (8.11) va precisato che non e detto che σ0 ∩ σ1 = ∅. Per ilmomento ci contentiamo del teorema 8.6 rimandando la caratterizzazione dell’insiemeσ0 ∩ σ1 ad un ulteriore approfondimento (si veda per esempio [Trie] Lemma 18.3, Satz18.2).

§ 8.5. – Operatori autoaggiunti compatti.

Gli operatori autoaggiunti compatti godono di proprieta particolarmente interes-santi. I punti fondamentali ne sono raccolti nel seguente teorema.

TEOREMA 8.6. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore autoaggiuntocompatto. Allora lo spetro di A e composto da un numero finito o infinito numerabiledi numeri reali contenuti nell’intervallo [m,M ], ove

m = inf‖x‖H=1

〈Ax, x〉, M = sup‖x‖H=1

〈Ax, x〉.

Tutti i numeri λ dello spettro diversi da 0 sono autovalori con molteplicita finita. Se lospettro e composto da un numero infinito numerabile di numeri reali, allora 0 e l’unicopunto di accumulazione dello spettro.

DIMOSTRAZIONE. Nel teorema 8.4 abbiamo gia dimostrato che σ(A) ⊂ [m,M ].Supponiamo che λ ∈ σ(A) e che λ = 0. Allora in virtu del corollario del teorema

8.2 esiste una successione xn∞n=1 di elementi di H tale che

‖xn‖H = 1 ∀n ∈ N\0, ‖Axn − λxn‖H → 0 per n→∞.

Poiche A e un operatore compatto, Axn costituisce un insieme relativamente compattoin H. Scegliamone dunque una sottosuccessione convergente Axnk∞k=1 e indichiamocon z il suo limite, cioe

z = limk→∞

Axnk .

Poiche Axnk − λxnk → 0 per k →∞, dalla relazione

λxnk = Axnk − (Axnk − λxnk)

segue che limk→∞ λxnk = z. Percio, se poniamo x = 1λz, allora si ha limk→∞ xnk = x.

Si ha ovviamente ‖x‖H = limk→∞ ‖xnk‖H = 1. Poiche A e un operatore limitato, si ha

z = limk→∞

Axnk = A limk→∞

xnk = Ax.

Ne segue che x = 1λ z =

1λAx, ovvero Ax− λx = 0, cioe λ e un autovalore.

Ora e sufficiente dimostrare che, qualunque sia ε > 0, ci sono solo un numero finitodi autovalori λi tali che |λi| ≥ ε e che tutti questi autovalori λi hanno molteplicita finita.

Infatti, se cio non fosse verificato, esisterebbe una successione xn∞n=1 di autovet-tori associati ad uno degli autovalori λi con |λi| ≥ ε > 0 soddisfacente alla condizione

‖xn‖H = 1 ∀n ∈ N\0, 〈xn, xm〉 = 0 per n = m.

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Page 112: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Allora si avrebbe

‖Axn −Axm‖2H = ‖λinxn − λimxm‖2H = |λin |2‖xn‖2H + |λim |2‖xm‖2H = 2ε2 > 0,

cioe l’insieme Axn∞n=1 non sarebbe relativamente compatto contrariamente all’ipotesosecondo cui A sia un operatore compatto.

OSSERVAZIONE 8.10. Ogni operatore autoaggiunto compatto possiede almeno unautovalore.

DIMOSTRAZIONE. In virtu del teorema 8.4 i due numeri m ed M definiti nell’e-nunciato dei teoremi 8.4 e 8.6 appartengono allo spettro di A. Se m = 0 oM = 0, allorain virtu del teorema 8.6 quello diverso da 0 tra m e M e un autovalore di A. Se invecem =M = 0, allora dal teorema 6.5 segue che ‖A‖ = 0, il che implica banalmente che 0e un autovalore di A.

E dunque vero che ogni operatore autoaggiunto compatto possiede almeno un au-tovalore. Ma cio non esclude che ci siano operatori autoaggiunti non compatti che nonabbiano autovalori. Infatti il seguente esempio ci illustra tale eventualita.

ESEMPIO 8.1. Sia H = L2(0, 1) e sia A l’operatore lineare definito dalla relazione

Ax = tx(t) per 0 ≤ t ≤ 1.

Come si constata facilmente, A e un operatore autoaggiunto. Si vede altrettantofacilmente che

inf‖x‖L2(0,1)=1

〈Ax, x〉 = inf‖x‖L2(0,1)=1

∫ 1

0

t|x(t)|2dt = 0,

sup‖x‖L2(0,1)=1

〈Ax, x〉 = sup‖x‖L2(0,1)=1

∫ 1

0

t|x(t)|2dt = 1.

Quindi in virtu del teorema 8.4 lo spettro di A e contenuto nell’intervallo [0, 1].Prendiamo in esame un numero λ ∈ [0, 1]. Consideriamo la famiglia di funzioni

xε(t) ∈ L2(0, 1), ε ∈]0, 12[ definite, se 0 ≤ λ ≤ 1

2, da

xε(t) =

1√εper t ∈ [λ, λ+ ε]

0 altrimenti

e, se 12 < λ ≤ 1, da

xε(t) =

1√εper t ∈ [λ− ε, λ]

0 altrimenti.

Si ha allor, nel caso 0 ≤ λ ≤ 12 ,

‖xε‖2L2(0,1) =∫ 1

0

|xε(t)|2dt =∫ λ+ε

λ

1εdt = 1,

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Page 113: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

‖(A− λI)xε‖2L1(0,1) =∫ 1

0

[txε(t)− λxε(t)]2dt =

=∫ λ+ε

λ

[(t− λ)

1√ε

]2

dt =1ε

∫ λ+ε

λ

(t− λ)2dt =ε2

3.

Anche nel caso 12 < λ ≤ 1, come si constata facilmente, si ha

‖xε‖2L2(0,1) = 1, ‖(A− λI)xε‖2L1(0,1) =ε2

3.

Quindi per ogni λ ∈ [0, 1] si ha‖(A− λI)xε‖2L1(0,1) → 0 per ε→ 0.

Percio in virtu del corollario del teorema 8.2, λ appartiene allo spettro di A.Ma λ non puo essere autovalore di A. Infatti, λ (∈ [0, 1]) fosse un autovalore di A,

allora esisterebbe un x ∈ L2(0, 1) tale che x = 0 (nel senso di L2(0, 1)) e che Ax−λx = 0,cioe tx(t)λx(t) = 0 (sempre nel senso di L2(0, 1)). Quest’ultima uguaglianza implicache x(t) = 0 quasi ovunque in [0, 1] e quindi ‖x‖L2(0,1), contrariamente all’ipotesi x = 0in H = L2(0, 1). Pertanto λ non puo essere autovalore.

Il teorema 8.6 da una caratterizzazione della struttura dello spettro degli operatoriautoaggiunti compatti. Viceversa il seguente teorema mostra che la struttura dellospettro caratterizza gli operatori autoaggiunti compatti.

TEOREMA 8.7. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatore autoaggiuntolimitato. Se 0 e l’unico punto del suo spettro ad avere una successione di Weyl, alloraA e un operatore compatto.

DIMOSTRAZIONE. Se λ1 appartiene allo spettro e se non esiste una successionedi Weyl per il punto λ1, allora in virtu della proposizione 8.8 non esiste l’operatoreinverso (A−λ1I)−1, cioe λ1 e un autovalore di A. Inoltre l’inesistenza di successione diWeyl per il punto λ1 esclude l’eventualita che l’autovalore λ1 possieda una molteplicitainfinita (si veda la considerazione che segue la definizione 8.8). Percio λ1 deve essere unautovalore di A con molteplicita finita. Cioe, sotto l’ipotesi del teorema tutti i valoridello spettro, eccetto 0, sono autovalori con molteplicita finita.

Cio essendo, se lo spettro contiene solo un numero finito di punti e quindi soloun numero finito di autovalori con molteplicita finita diversi da 0, allora il sottospazio(chiuso) generato dagli autovettori di tutti gli autovalori, che indichiamo con N , e didimesione finita. Poniamo B = A|N⊥ . E chiaro che anche B e un operatore autoag-giunto nello spazio di Hilbert N⊥ ed eventuali punti dello spettro di B sono anche puntidello spettro di A. Ma per la costruzione dello spazio di Hilbert N⊥ e di B, e chiaro chelo spettro di B e ridotto a 0. Cio, assieme ai teoremi 6.5 e 8.4, implica che ‖B‖ = 0,cioe B = 0. Percio A(H) = N ; poiche N e di dimensione finita, A risulta essere unoperatore compatto.

Suppniamo dunque che lo spettro sia composto da un numero infinito numerabiledi punti.

Dimostriamo che non esiste punto di accumulazione dello spettro diverso da 0. Perquesto supponiamo per assurdo che λ0 = 0 sia un punto di accumulazione dello spettro.

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Page 114: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Esisterebbe allora una successione λk∞k=1 tale che λk → λ0, λk = λk′ per k = k′,λk = 0 per ogni k ∈ N\0. Poiche λk sono autovalori e che due autovalori associatia due autovettori diversi sono ortogonali (si veda il teorema 8.1), esiste un sistemaortogonale xk∞k=1 tale che ‖xk‖H = 1 e che Axk − λkxk = 0. Si ha dunque

‖Axk − λxk‖H = ‖(λk − λ)xk‖H = |λk − λ| → 0 per k →∞.

Cioe xk∞k=1 e una successione di Weyl per il punto λ, il che contradice all’ipotesiche solo il punto 0 possiede una successione di Weyl. Quindi 0 e l’unico punto diaccumulazione dello spettro.

Dimostrato cio, riordiniamo i punti dello spettro secondo la grandezze di | 1λ|, cosı

che otteiamo una successione λn∞n=1 tale che

|λn| ≥ |λn+1|, |λn| → 0 per n→∞.

Poiche ciascun λn e un autovalore con molteplicita finita mn, per ogni λn esistono mn

autovettori xnk , k = 1, · · · , mn, associati a λn tali che 〈xnk , xnk′ 〉 = 0 per k = k′ e‖xnk‖H = 1. E evidente che xnkmn

k=1 costituisce una base ortonormale del sottospaziochiuso di dimensione finita

Nn = N (A− λnI) = x ∈ H |Ax− λnx = 0 .

In virtu del teorema 8.1 si ha Nn ⊥ Nn′ per n = n′. Percio, definendo

N = ∪∞n=1Nn,

si ottiene un sottospazio separabile del quale l’insieme

xnk |n = 1, 2, · · · ; k = 1, · · · , mn

costituisce una base ortonormale. Percio ogni elemento x di N puo essere espresso da

x =∞∑n=1

mn∑k=1

〈x, xnk〉xnk

(si veda l’osservazione 1.7). Inoltre, cio dimostra che per ogni x ∈ N si ha

Ax =∞∑n=1

mn∑k=1

〈x, xnk〉Axnk =∞∑n=1

mn∑k=1

〈x, xnk〉λnxnk ∈ N .

Osserviamo che A(N⊥) ⊂ N⊥. Infatti se y ∈ N⊥ e x ∈ N , allora Ax ∈ N e quindisi ha 〈Ay, x〉 = 〈y, Ax〉 = 0. Ne segue che Ay ⊥ N , ovvero A(N⊥) ⊂ N⊥.

Ora indichiamo con N[1,N ] il sottospazio chiuso generato dagli autovettori degliautovalori λ1, · · · , λN , cioe

N[1,N ] = ∪Nn=1Nn.

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Page 115: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

In modo analogo a quanto abbiamo osservato, si constata facilmente che

A(N[1,N ]) ⊂ N[1,N ], A(N[1,N ]⊥) ⊂ N[1,N ]

⊥,

il che ci permette di considerare la restrizione di A su N[1,N ]⊥, che indichiamo con

Bn = A|N[1,N]⊥ , come operatore autoaggiunto nello spazio di Hilbert N[1,N ]

⊥.Si osserva che lo spettro di BN e λN+1, λN+2, · · · ∪ 0. Infatti ogni valore

regolare e un valore regolare della restrizione di A su un sottospazio chiuso H ′ di Hpurche valga A(H ′) ⊂ H ′. Inoltre, in virtu della proposizione 8.7 applicata a BN (conD(BN) = N[1,N ]

⊥ e B∗N = BN ), per ogni λn, n = 1, · · · , N , si ha

(A− λnI)(N[1,N ]⊥) = N[1,N ]

e A−λnI e iniettivo in N[1,N ]⊥. Cio significa che esiste (A−λnI)−1 definito su N[1,N ]

e che quindi λ1, · · ·, λN sono valori regolari. Pertanto lo spettro di BN e contenuto inλN+1, λN+2, · · ·∪0. Non e difficile constatare che λN+1, λN+2, · · · e 0 appartengonoallo spettro di BN .

Cio essendo, in virtu dei teoremi 6.5 e 8.4 si ha ‖BN‖ = |λN+1|.Poiche evidentemente A|N⊥ = BN |N⊥ e che ‖A|N⊥‖ = ‖BN |N⊥‖ ≤ ‖BN‖, si ha

‖A|N⊥‖ ≤ |λN | per N = 1, 2, · · ·. Poiche |λN | → 0 per N →∞, si ha ‖A|N⊥‖ = 0. Ciodimostra che A|N⊥ = 0 ovvero Ay = 0 per ogni y ∈ N⊥.

Consideriamo ora una successione limitata xp∞p=1. Non e restrittivo supporre che‖xp‖H ≤ 1 per ogni p. per ogni N ∈ N\0, consideriamo la decomposizione ortogonaledi xp in N[1,N ] e N[1,N ]

⊥, cioe

xp = yp,N + zp,N , yp,N ∈ N[1,N ], zp,N ∈ N[1,N ]⊥.

Si ha alloraAxp = Ayp,N +Azp,N = Ayp,N +BNzp,N .

Per N = 1, poiche N[1,N ] = N1 e di dimensione finita, si puo estrare una sottosuc-cessione xp1∞p1=1 di xp∞p=1 tale che Ayp1,1∞p1=1 converga. Se abbiamo la suc-cessione xpN∞pN=1, possiamo estrarne una sottosuccessione xpN+1∞pN+1=1 tale cheAypN+1,N+1∞pN+1=1 converga in N[1,N+1]. In questo modo possiamo costruire unafamiglia di sottosuccessioni xpN ∞pN=1 tale che xpN+1∞pN+1=1 ⊂ xpN∞pN=1 e cheAypN ,N∞pN=1 converga in N[1,N ].

D’altra parte si ha

‖AzPN ,N‖H = ‖BNzpN ,N‖H ≤ ‖BN‖ ‖zpN ,N‖H ≤ |λN+1| ‖xpN‖H = |λN+1| → 0

per N →∞.Ne segue, per la nota procedura diagonale, che esiste una successione xNN ∞N=1 taleche AxNN ∞N=1 sia convergente. Pertanto risulta che A e un operatore compatto.

114

Page 116: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

CAPITOLO NONO

DECOMPOSIZIONE SPETTRALE

DI UN OPERATORE AUTOAGGIUNTO

In questo capitolo ci occupiamo di decomposizioni spettrali di operatori autoag-giunti in uno spazio di Hilbert.

§ 9.1. – Famiglia spettrale di proiezioni ortogonali.

Nel capitolo VII abbiamo esaminato le proiezioni ortogonali in uno spazio di Hilbert.Ricordiamo che un operatore lineare limitato P e una proiezione ortogonale se e solo seP 2 = P e P = P ∗ (si vedano l’osservazione 7.5 e il teorema 7.1).

DEFINIZIONE 9.1. Una famiglia Eλλ∈R di proiezioni ortogonali in uno spaziodi Hilbert H si dice famiglia spettrale, se valgono le seguenti condizioni

(9.1) limλ→−∞

Eλx = 0 ∀x ∈ H, limλ→+∞

Eλx = x ∀x ∈ H,

(9.2) limλ→µ−

Eλx = Eµx ∀x ∈ H, ∀µ ∈ R,

(9.3) EλEµ = EµEλ = Emin(λ,µ).

Ricordiamo che, poiche Eλ e una proiezione ortogonale in H, la sua immagineEλ(H) e un sottospazio chiuso ed Eλ e proiezion ortognale su Eλ(H) (si veda il teorema7.1). Cioe, posto

(9.4) Hλ = x ∈ H |Eλx = x ,

si ha

(9.5) Eλ(H) = Hλ.

Prima di esaminare le propieta della famiglia di proiezioni ortogonali, introduciamola notazione H1 &H2.

DEFINIZIONE 9.2. Siano H1 e H2 due sottospazi chiusi di uno spazio di HilbertH tali che H2 ⊂ H1. Il complementare ortogonale di H2 rispetto a H1 si indica conH1 &H2. Cioe

H1 &H2 = x ∈ H1 | x ⊥ H2 .

Ora vediamo alcune proprieta basilari della famiglia spettrale.

115

Page 117: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

LEMMA 9.1. Sia Eλλ∈R una famiglia spettrale di proiezioni ortogonali in H.Se λ ≤ µ, allora si ha

(9.6) Hλ ⊂ Hµ.

Se λ < µ, allora Eµ − Eλ e una proiezione ortogonale e si ha

(9.7) (Eµ −Eλ)(H) = Hµ &Hλ.

Si ha inoltre

(9.8) ∪λ∈R Hλ = H.

DIMOSTRAZIONE. Consideriamo due numeri reali µ e λ tali che λ ≤ µ. Sex ∈ Hλ, allora per la (9.4) si ha Eλx = x. Pertanto in virtu della (9.3) si ha

Eµx = EµEλx = Eλx = x,

il che significa che x ∈ Hµ ossia Hλ ⊂ Hµ.Ora supponiamo che λ < µ. Allora, sempre in virtu della (9.3), si ha

(Eµ −Eλ)2 = E2µ − EµEλ −EλEµ + E2

λ = Eµ −Eλ.

Inoltre e evidente che si ha

(Eµ −Eλ)∗ = E∗µ − E∗

λ = Eµ −Eλ.

Ne segue che Eµ − Eλ e una proiezione ortogonale in H.Ora osserviamo che

(Eµ − Eλ)Eλ = Eλ(Eµ −Eλ) = Eλ − Eλ = 0,

il che implica che (Eµ−Eλ)(H) e ortogonale a Eλ(H) (si vede l’osservazione 7.7). Poichesi ha

Eλ(H) = Hλ, Eµ(H) = Hµ, Hλ ⊂ Hµ, Eµ = (Eµ − Eλ) +Eλ,

e che come abbiamo visto sopra (Eµ−Eλ)(H) e ortogonale a Eλ(H), ne segue la (9.7).Infine, dalla (9.5) segue che, qualunque sia x ∈ H e qualunque sia λ ∈ R, si

ha Eλx ∈ Hλ. Poiche in virtu della (9.1) ogni x ∈ H puo essere approssimato daxλ = Eλx ∈ Hλ, risulta che ∪λ∈R Hλ e denso in H. Ne segue la (9.8).

LEMMA 9.2. Sia Eλλ∈R una famiglia spettrale di proiezioni ortogonali in H.Allora per ogni x ∈ H e ogni µ ∈ R esiste il limite limλ→µ+ Eλx, che indichiamo con

(9.9) Eµ+x = limλ→µ+

Eλx.

116

Page 118: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

L’operatore Eµ+x cosı definito e una proiezione ortogonale in H. Posto Eµ+(H) = Hµ+,

per ν ≤ µ < λ, si ha

(9.10) Hν ⊂ Hµ+ ⊂ Hλ

ed inoltre Eµ+ − Eν e Eλ −Eµ+ sono proiezioni ortogonali in H e si ha

(9.11) (Eµ+ − Eν)(H) = Hµ+ &Hν , (Eλ − Eµ+)(H) = Hλ &Hµ+.

DIMOSTRAZIONE. Consideriamo una successione λn∞n=1 di numeri reali taliche

λ1 > λ2 > · · · > λn > λn+1 > · · · , limn→∞ λn = µ.

In virtu del lemma 9.1, Eλn−Eλn+1 (n = 1, 2 · · ·) sono proiezioni ortogonali inH tali che(Eλn−Eλn+1)(H) = Hλn&Hλn+1 siano ortogonali l’uno all’altro. Percio per m,n ∈ N,1 ≤ m < n e per x ∈ H si ha

‖Eλmx−Eλnx‖2H =∥∥∥ n−1∑j=m

(Eλj −Eλj+1)x∥∥∥2

H=

n−1∑j=m

‖(Eλj − Eλj+1)x‖2H .

Poiche qualunque sia la coppia (m,n) ∈ N2 con 1 ≤ m < n si ha

‖Eλmx−Eλnx‖2H ≤ ‖x‖2H ,

si ha in particolare per m = 1 e per n→∞∞∑j=1

‖(Eλj − Eλj+1)x‖2H ≤ ‖x‖2H .

Ne segue che, fissato x ∈ H, per ogni ε > 0 esiste n(ε) tale che

‖Eλmx−Eλnx‖2H ≤ ε per n > m ≥ n(ε).

Cio significa che, per ogni x ∈ H, Eλnx∞n=1 costituisce una successione di Cauchy.Ora dimostriamo che il limite della successione Eλnx∞n=1 non dipende dalla scelta

di una successione decrescente λn∞n=1 convergente a µ.Infatti se λn∞n=1 e λ′

n∞n=1 sono due successioni decrescenti di numeri reali con-vergenti a µ (per fissare l’idea supponiamo che λ1 ≥ λ′

1), allora per ogni n ∈ N\0esistono due numeri naturali non nulli M(n) e N(n) tali che

λM(n) ≥ λn ≥ λN (n), λM(n) ≥ λ′n ≥ λN (n)

e cheM(n), N(n)→∞ per n→∞.

117

Page 119: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Allora si ha

(Eλn − Eλ′n)EλN(n) = EλN(n) − EλN(n) = 0, (Eλn − Eλ′

n)EλM(n) = Eλn −Eλ′

n

e quindi

‖Eλnx−Eλ′nx‖2H = ‖(Eλn − Eλ′

n)(EλM(n) − EλN(n))x‖2H ≤ ‖EλM(n)x− EλN(n)x‖2H .

Percio per ogni ε > 0 esiste un n(ε) tale che

‖Eλnx− Eλ′nx‖2H ≤ ‖EλM(n)x− EλN(n)x‖2H ≤ ε

per ogni n ≥ n(ε). Ne segue l’indipendenza del limite dalla scelta di una successionedecrescente λn∞n=1 convergente a µ. Dunque, conformemente al fatto che, qualunquesia la successsione di numeri reali λn∞n=1 tali che

λ1 > λ2 > · · · > λn > λn+1 > · · · , limn→∞ λn = µ,

si haEµ+ x = lim

n→∞Eλnx,

possiamo definire

(9.9) Eµ+x = limλ→µ+

Eλx,

E chiaro che Eµ+ cosı definito e un operatore lineare in H. Inoltre dalla relazione

‖Eµ+x‖H = limn→∞ ‖Eλnx‖H ≤ ‖x‖H

segue che l’operatore lineare Eµ+ e anche limitato.Ora dimostriamo che Eµ+ e una proiezione ortogonale in H. Infatti se x e y sono

due elementi di H, allora si ha

〈Eµ+ x, y〉H = limλ→µ+

〈Eλx, y〉H = limλ→µ+

〈x, Eλy〉H = 〈x, Eµ+ y〉H ,

il che significa che Eµ+ e un operatore autoaggiunto. D’altra parte, per λ > µ si ha

Eµ+ x = lim→µ+

Ex = lim→µ+

EλEx = EλEµ+ x.

Cioe si ha Eµ+ = EλEµ+ . Ne segue che

E2µ+x = lim

λ→µ+EλEµ+ x = Eµ+ x,

ovvero E2µ+ = Eµ+ . Pertanto Eµ+ e una proiezione ortogonale in H.

118

Page 120: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Ora consideriamo un numero reale ν ≤ µ. Sia x ∈ Hν . Per la (9.9) si ha

Eµ+x = lim→µ+

Ex.

D’altra parte, per la (9.6) si ha x ∈ Hν ⊂ H e quindi si ha Ex = x. Pertanto si ha

Eµ+x = lim→µ+

Ex = x,

il che significa che x ∈ Hµ+, ovvero Hν ⊂ Hµ+

.D’altra parte si ha

(Eµ+ − Eν)Eνx = lim→µ+

(EEν −Eν)x = (Eν −Eν)x = 0.

In modo analogo si vede facilmente che

Eν(Eµ+ − Eµ+)x = 0.

Cio essendo, in manaiera analoga alla dimostrazione del lemma 9.1, si dimostra cheEµ+ − Eν e una proiezione ortogonale in H e che si ha (Eµ+ − Eν)(H) = Hµ+ &Hν .

Anche per λ > µ in maniera analoga si dimostra che Hµ+ ⊂ Hλ, che Eλ − Eµ+ euna proiezione ortogonale in H e che si ha (Eλ − Eµ+)(H) = Hλ &Hµ+

.

§ 9.2. – Integrali di Stieltjes.

Come vedremo in seguito, la decomposizione spettrale di un operatore autoaggiuntoin uno spazio di Hilbert viene espressa tramite l’integrale di Stieltjes esteso ad uno spaziodi Hilbert. Percio ricordiamo in questa sezione gli integrali di Stieltjes.

LEMMA 9.3. Sia h(λ) una funzione definita su R, crescente e continua a sinistra.Sia ϕ(λ) una funzione continua definita sull’intervallo limitato [a, b] a valori complessi.Sia Σ(a, b) l’insieme delle suddivisioni dell’intervallo [a, b]. Per ogni σ ∈ Σ(a, b) aventei punti di suddivisioni a = a0 < a1 < · · · < aNσ−1 < aNσ = b, poniamo

d(σ) = maxk=1,···,Nσ

(ak − ak−1).

Allora esiste il limite

limd(σ)→0

Nσ−1∑k=0

ϕ(λk)(h(ak+1)− h(ak)),

ove λk ∈ [ak, ak+1[. Inoltre si ha

(9.12)∣∣∣ limd(σ)→0

Nσ−1∑k=0

ϕ(λk)(h(ak+1)− h(ak))∣∣∣ ≤ sup

a≤λ≤b|ϕ(λ)| (h(b)− h(a)).

119

Page 121: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

DIMOSTRAZIONE. Poiche ϕ(λ) e continua in [a, b], e ivi uniformemente continua.Percio, dato ε > 0, esiste δ = δ(ε) > 0 tale che si abbia |ϕ(λ1) − ϕ(λ2)| < ε per ognicoppia (λ1, λ2) ∈ [a, b]2 tale che |λ1 − λ2| < ε.

Consideriamo ora due suddivisioni σ1, σ2 ∈ Σ(a, b) tali che d(σi) < δ, i = 1, 2.Definiamo la suddivisone σ0 il cui insieme di suddivisione sia l’unione degli inisiemi dipunti di suddivisione di σ1 e di quello di σ2. E ovvio che σ0 e piu fine sia di σ1 sia diσ2 e si ha d(σ0) ≤ min(d(σ1), d(σ2)) < δ.

Indichiamo con ai,k (i = 0, 1, 2, k = 0, 1, · · · , Nσi) i punti di suddivisione di σ0, σ1,σ2 rispettivamente. Sia inoltre λi,k ∈ [ai,k, ai,k+1[ (i = 0, 1, 2, k = 0, 1, · · · , Nσi). Conla notazione qui introdotta, si considera

∣∣∣Nσ1−1∑k=0

ϕ(λ1,k)(h(a1,k+1)− h(a1,k))−Nσ2−1∑k=0

ϕ(λ2,k)(h(a2,k+1)− h(a2,k))∣∣∣ ≤

≤∣∣∣Nσ1−1∑

k=0

ϕ(λ1,k)(h(a1,k+1)− h(a1,k))−Nσ0−1∑k=0

ϕ(λ0,k)(h(a0,k+1)− h(a0,k))∣∣∣+

+∣∣∣Nσ2−1∑

k=0

ϕ(λ2,k)(h(a2,k+1)− h(a2,k))−Nσ0−1∑k=0

ϕ(λ0,k)(h(a0,k+1)− h(a0,k))∣∣∣ =

=∣∣∣Nσ0−1∑

k=0

(ϕ(λ1,j1(k))− ϕ(λ0,k))(h(a0,k+1)− h(a0,k))∣∣∣+

+∣∣∣Nσ0−1∑

k=0

(ϕ(λ2,j2(k))− ϕ(λ0,k))(h(a0,k+1)− h(a0,k))∣∣∣,

ove ji(k) e definito dalla relazione [a0,k, a0,k+1[⊂ [ai,ji(k), ai,ji(k)+1[ (non e difficile con-statare che questa relazione determina univocamente ji(k)). Poiche si ha evidentemente|λi,ji(k) − λi,k| < δ (i = 1, 2), si ha

|ϕ(λi,ji(k))− ϕ(λ0,k)| < ε.

Pertanto si ha

∣∣∣Nσ1−1∑k=0

ϕ(λ1,k)(h(a1,k+1)− h(a1,k))−Nσ2−1∑k=0

ϕ(λ2,k)(h(a2,k+1)− h(a2,k))∣∣∣ ≤

≤ 2ε∣∣∣Nσ0−1∑

k=0

(h(a0,k+1)− h(a0,k))∣∣∣ ≤ 2ε(h(b)− h(a)).

La relazione sopra osservata implica che, se d(σ)→ 0, allora la somma

Nσ−1∑k=0

ϕ(λk)(h(ak+1)− h(ak))

120

Page 122: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

converge ad un valore.Quanto allla disuguaglianza (9.12), si osserva che, qualunque sia la suddivisione

σ ∈ Σ(a, b), si ha

h(b)− h(a) =Nσ−1∑k=0

(h(ak+1)− h(ak)) =Nσ−1∑k=0

|h(ak+1)− h(ak)|,

il che implica evidentemente la (9.12), come volevamo dimostrare.

Dimostrato il lemma 9.3, definiamo l’integrale di Stieltjes nell’intervallo limitato[a, b[.

DEFINIZIONE 9.3. Siano h(λ) e ϕ(λ) come nel lemma 9.3. Definiamo alloral’integrale di Stieltjes per la funzione continua ϕ(λ) in un intervallo limitato semiaperto[a, b[

(9.13)∫

[a,b[

ϕ(λ)dh(λ) = limd(σ)→0

Nσ−1∑k=0

ϕ(λk)(h(ak+1)− h(ak)),

ove λk ∈ [ak, ak+1[ come nel lemma 9.3.

LEMMA 9.4. Sia h(λ) una funzione definita su R, crescente e continua a sinistra.Sia ϕ(λ) una funzione limitata e continua definita sull’intervallo limitato aperto ]a, b[ avalori complessi. Allora esiste il limite

limε1→0+,ε2→0+

∫[a+ε1,b−ε2[

ϕ(λ)dh(λ),

ove∫[a,b[

ϕ(λ)dh(λ) e l’integrale di Stieltjes definito nella (9.11).

DIMOSTRAZIONE. Consideriamo due successioni di numeri reali

ak∞k=1, bk∞k=1

tali cheb1 > a1 > a2 > · · · > ak > ak+1 > · · · , lim

k→∞ak = a,

a1 < b1 < b2 < · · · < bk < bk+1 < · · · , limk→∞

bk = b.

In virtu del lemma 9.3 e della definizione 9.3, per ogni k ∈ N\0 e ben definitol’integrale di Stieltjes

∫[ak,bk[

ϕ(λ)dh(λ). Inoltre, ricordando la definizione di questo

integrale come il limite di∑Nσ−1

j=0 ϕ(λj)(h(a(k)j+1) − h(a(k)

j )) (ak = a(k)1 < a

(k)2 < · · · <

a(k)Nσ−1 < a

(k)Nσ= bk) esaminato nel lemma 9.3, si constata che

∫[ak,bk[

ϕ(λ)dh(λ) =

121

Page 123: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

=∫

[a1,b1[

ϕ(λ)dh(λ) +k−1∑j=1

∫[aj+1,aj [

ϕ(λ)dh(λ) +k−1∑j=1

∫[bj ,bj+1[

ϕ(λ)dh(λ).

Poiche la funzione h(λ) e crescente e continua a sinistra, posto

h(a+) = limλ→a+

h(λ),

si ha

h(a1)− h(a+) =∞∑j=1

|h(aj)− h(aj+1)| <∞,

h(b)− h(b1) =∞∑j=1

|h(bj+1)− h(bj)| <∞.

Pertanto, tenuto conto della (9.12) e (9.13), si ha

∞∑j=1

∣∣∣ ∫[aj+1,aj [

ϕ(λ)dh(λ)∣∣∣ ≤ ∞∑

j=1

supλ∈[aj+1,aj [

|ϕ(λ)| (h(aj)− h(aj+1)) ≤

≤ supλ∈]a,a1[

|ϕ(λ)| (h(a1)− h(a+)) <∞.

Questa disuguaglianza implica che per ogni ε > 0 esiste un κ = κ(ε) tale che perκ ≤ k < m si abbia

m−1∑j=k

∣∣∣ ∫[aj+1,aj [

ϕ(λ)dh(λ)∣∣∣ < ε

2.

Ne segue che per κ ≤ k < m si ha

∣∣∣ ∫[am,ak[

ϕ(λ)dh(λ)∣∣∣ = ∣∣∣m−1∑

j=k

∫[aj+1,aj [

ϕ(λ)dh(λ)∣∣∣ ≤

≤m−1∑j=k

∣∣∣ ∫[aj+1,aj [

ϕ(λ)dh(λ)∣∣∣ < ε

2.

Analogamente per ε > 0 esiste un κ′ = κ′(ε) tale che per κ′ ≤ k < m si abbia

∣∣∣ ∫[bk,bm[

ϕ(λ)dh(λ)∣∣∣ < ε

2.

Pertanto per max(κ, κ′) ≤ k < m si ha

∣∣∣ ∫[am,bm[

ϕ(λ)dh(λ)−∫

[ak,bk[

ϕ(λ)dh(λ)∣∣∣ ≤

122

Page 124: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

≤∣∣∣ ∫

[am,ak[

ϕ(λ)dh(λ)∣∣∣+ ∣∣∣ ∫

[bk,bm[

ϕ(λ)dh(λ)∣∣∣ < ε.

Ne segue che ∫[ak,bk[

ϕ(λ)dh(λ)∞

k=1

costituisce una successione di Cauchy. Cioe esiste il limite

limk→∞

∫[ak,bk[

ϕ(λ)dh(λ).

Come si constata facilmente, il ragionamento qui sopra riporato ci permette diprovare che il limite limk→∞

∫[ak,bk[

ϕ(λ)dh(λ) non dipende dalla scelta di due succes-sioni di numeri reali ak∞k=1 e bk∞k=1 tali che

b1 > a1 > a2 > · · · > ak > ak+1 > · · · , limk→∞

ak = a,

a1 < b1 < b2 < · · · < bk < bk+1 < · · · , limk→∞

bk = b.

Pertanto possiamo definire il limite in questione come

limε1→0+,ε2→0+

∫[a+ε1,b−ε2[

ϕ(λ)dh(λ),

come volevamo dimostrare.

Il lemma 9.4 ci permette di definire l’integrale di Stieltjes nell’intervallo limitatoaperto ]a, b[.

DEFINIZIONE 9.4. Siano h(λ) e ϕ(λ) come nel lemma 9.4. Allora si definiscel’integrale di Stieltjes per la funzione continua ϕ(λ) in un intervallo limitato aperto ]a, b[

(9.14)∫

]a,b[

ϕ(λ)dh(λ) = limε1→0+,ε2→0+

∫[a+ε1,b−ε2[

ϕ(λ)dh(λ).

Definito l’integrale di Stieltjes in un intervallo aperto in cui la funzione integrandae continua, non e difficile definire l’integrale di Stieltjes di una funzione continua a trattiin un intervallo limitato.

DEFINIZIONE 9.5. Sia h(λ) una funzione definita su R, crescente e continua asinistra. Sia ϕ(λ) una funzione definita in un intervallo limitato ]a, b[ (o [a, b[ o ]a, b] o[a, b]) a valori complessi, limitata e continua a tratti avente un numero finito di puntidi discontinuita a1, · · · , an. Allora, ponendo a0 = a, an+1 = b, si definiscono

(9.15)∫

]a,b[

ϕ(λ)dh(λ) =n∑

k=0

∫]ak,ak+1[

ϕ(λ)dh(λ) +n∑

k=1

ϕ(ak)(h(a+k )− h(ak)),

123

Page 125: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

(9.16)∫

[a,b[

ϕ(λ)dh(λ) =∫

]a,b[

ϕ(λ)dh(λ) + ϕ(a)(h(a+)− h(a)),

(9.17)∫

]a,b]

ϕ(λ)dh(λ) =∫

]a,b[

ϕ(λ)dh(λ) + ϕ(b)(h(b+)− h(b)),

(9.18)∫

[a,b]

ϕ(λ)dh(λ) =∫

]a,b[

ϕ(λ)dh(λ) + ϕ(a)(h(a+)− h(a)) + ϕ(b)(h(b+)− h(b)).

Ricordando la dimostrazione del lemma 9.3, non e difficile constatare che, se ϕ(λ)e continua al punto λ = a, allora la definizione formale (9.16) coincide con la definizione(9.13).

Dal modo in cui vengono definiti gli integrali (9.15)–(9.18) risulta chiaro che comel’integrale di Riemann o quello di Lebesgue gli integrali di Stieltjes (9.15)–(9.18) sonoanch’essi operazioni lineari.

Definiti gli integrali di Stieltjes in intervalli limitati, ora si puo generalizzare ladefinizione dell’integrale su tutta la retta reale. Infatti si ha

LEMMA 9.5. Sia h(λ) una funzione definita su R, crescente e continua a sinistra.Sia ϕ(λ) una funzione definita su R a valori complessi, localmente limitata e continua atratti senza punto di accumulazione dell’insieme di punti di discontinuita. Supponiamoche per ogni ε > 0 esista un numero M =M(ε) tale che per M ≤ A < B si abbia

(9.19)∫

]−B,−A[

|ϕ(λ)|dh(λ) +∫

]A,B[

|ϕ(λ)|dh(λ) < ε.

Allora esistono i limiti

limA→+∞,B→+∞

∫]−A,B[

|ϕ(λ)|dh(λ), limA→+∞,B→+∞

∫]−A,B[

ϕ(λ)dh(λ).

Inoltre si ha∣∣∣ limA→+∞,B→+∞

∫]−A,B[

ϕ(λ)dh(λ)∣∣∣ ≤ lim

A→+∞,B→+∞

∫]−A,B[

|ϕ(λ)|dh(λ).

DIMOSTRAZIONE. Siano Ak∞k=1, Bk∞k=1 due successione di numeri positivitali che Ak < Ak+1, Bk < Bk+1 per ogni k ∈ N\0 e che limk→∞ Ak = limk→∞ Bk =∞. E allora chiaro che le condizioni sulla funzione ϕ ci permettono di definire l’integrale∫

]−Ak,Bk[|ϕ(λ)|dh(λ),

∫]−Ak,Bk[

ϕ(λ)dh(λ).

E altrettanto chiaro che la condizione (9.19) ci permette di passare al limite per k →∞nella successione di questi integrali.

124

Page 126: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

La condizione (9.19) ci permette inoltre di dimostrare senza difficolta che il limitecosı ottenuto non dipende dalla scelta di due successioni di numeri positivi Ak∞k=1,Bk∞k=1 tali che Ak < Ak+1, Bk < Bk+1 per ogni k ∈ N\0 e che limk→∞ Ak =limk→∞ Bk =∞. Ne segue l’esistenza dei limiti indicati nell’enunciato del lemma.

Infine, in modo analogo alla (9.12), si vede facilmente che vale la disuguaglianzariportata nell’enunciato del lemma.

Grazie al lemma 9.5, definiamo l’integrale di Stieltjes sulla retta reale.

DEFINIZIONE 9.6. Sia h(λ) una funzione definita su R, crescente e continua asinistra. Sia ϕ(λ) una funzione definita su R a valori complessi, localmente limitata econtinua a tratti senza punto di accumulazione dell’insieme di punti di discontinuita.Supponiamo che per ogni ε > 0 esista un numero M = M(ε) tale che per M ≤ A < Bsi abbia la (9.19). Allora si definiscono i integrali

(9.20)∫ ∞

−∞ϕ(λ)dh(λ) = lim

A→+∞,B→+∞

∫]−A,B[

ϕ(λ)dh(λ),

(9.21)∫ ∞

−∞|ϕ(λ)|dh(λ) = lim

A→+∞,B→+∞

∫]−A,B[

|ϕ(λ)|dh(λ).

Inoltre dalla disuguaglianza del lemma 9.5 e dalle definizioni segue immediatamentela seguente disuguaglianza.

(9.22)∣∣∣ ∫ ∞

−∞ϕ(λ)dh(λ)

∣∣∣ ≤ ∫ ∞

−∞|ϕ(λ)|dh(λ).

§ 9.3. – Integrali di Stieltjes rispetto ad una famiglia spettrale.

Nella sezione precedente abbiamo ricordato gli integrali di Stieltjes a valori comp-lessi. Nella presente sezione, definiamo integrali a valori in uno spazio di Hilbert rispettoad una famiglia spettrale (applicata ad un elemento dello spazio di Hilbert), utilizzandoidee analoghe a quelle illustrate nella sezione precedente per gli integrali di Stieltjes avalori complessi.

Cominciamo con la seguente osservazione.

OSSERVAZIONE 9.1. Sia Eλλ∈R una famiglia spettrale in uno spazio di HilbertH e sia x ∈ H. La funzione h(λ) = ‖Eλx‖2H e crescente e continua a sinistra.

DIMOSTRAZIONE. Consideriamo une numeri reali λ e µ tali che λ ≤ µ. PoicheEλ e una proiezione ortogonale e quindi si ha ‖Eλ‖L(H) = 1, in virtu della (9.3) si ha

h(λ) = ‖Eλx‖2H = ‖EλEµx‖2H ≤ ‖Eµx‖2H = h(µ).

Cioe la funzione h(λ) e crescente.

125

Page 127: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Inoltre dalla (9.2) segue immediatamente che

limλ→µ+

h(λ) = limλ→µ+

‖Eλx‖2H = ‖Eµx‖2H = h(µ).

Cioe la funzione h(λ) e continua a sinistra.

Ora, utilizzando idee analoghe a quelle della sezione precedente, definiamo gli inte-grali di Stieltjes rispetto a Eλx.

PROPOSIZIONE 9.1. Sia Eλλ∈R una famiglia spettrale in uno spazio di HilbertH e sia x ∈ H. Sia ϕ(λ) una funzione continua definita sull’intervallo limitato [a, b] avalori complessi. Sia Σ(a, b) l’insieme delle suddivisioni dell’intervallo [a, b]. Per ogniσ ∈ Σ(a, b) avente i punti di suddivisioni a = a0 < a1 < · · · < aNσ−1 < aNσ = b,poniamo

d(σ) = maxk=1,···,Nσ

(ak − ak−1).

Allora esiste il limite

limd(σ)→0

Nσ−1∑k=0

ϕ(λk)(Eak+1x− Eakx),

ove λk ∈ [ak, ak+1[. Inoltre si ha

(9.23)∥∥∥ limd(σ)→0

Nσ−1∑k=0

ϕ(λk)(Eak+1x− Eakx)∥∥∥2

H=

∫[a,b[

|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H ,

ove∫[a,b[

|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H e definito per il lemma 9.3 e la definizione 9.3.

DIMOSTRAZIONE. Come nel lemma 9.3, ϕ(λ), essendo continua in [a, b], e iviuniformemente continua. Percio, dato ε > 0, esiste δ = δ(ε) > 0 tale che si abbia|ϕ(λ1)− ϕ(λ2)| < ε per ogni coppia (λ1, λ2) ∈ [a, b]2 tale che |λ1 − λ2| < ε.

Sempre come nel lemma 9.3, consideriamo ora due suddivisioni σ1, σ2 ∈ Σ(a, b) taliche d(σi) < δ, i = 1, 2 e sia σ0 una suddivisione piu fine sia di σ1 sia di σ2; si ha dunqued(σ0) ≤ min(d(σ1), d(σ2)) < δ.

Siano ai,k (i = 0, 1, 2, k = 0, 1, · · · , Nσi) i punti di suddivisione di σ0, σ1, σ2

rispettivamente e siano λi,k ∈ [ai,k, ai,k+1[ (i = 0, 1, 2, k = 0, 1, · · · , Nσi). In modoanalogo al lemma 9.3, si ha

∥∥∥Nσ1−1∑k=0

ϕ(λ1,k)(Ea1,k+1x− Ea1,kx)−Nσ2−1∑k=0

ϕ(λ2,k)(Ea2,k+1x−Ea2,kx)∥∥∥2

H≤

≤ 2∥∥∥Nσ0−1∑

k=0

(ϕ(λ1,j1(k))− ϕ(λ0,k))(Ea0,k+1x− Ea0,kx)∥∥∥2

H+

+2∥∥∥Nσ0−1∑

k=0

(ϕ(λ2,j2(k))− ϕ(λ0,k))(Ea0,k+1x−Ea0,kx)∥∥∥2

H,

126

Page 128: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

ove ji(k) e tale che [a0,k, a0,k+1[ ⊂ [ai,ji(k), ai,ji(k)+1[. Poiche Ea0,k+1 − Ea0,k sonoproiezioni ortogonali l’una all’altra, utilizzando la disuguaglianza

|ϕ(λi,ji(k))− ϕ(λ0,k)| < ε

(i = 1, 2), valida grazie alla relazione |λi,ji(k) − λi,k| < δ, si ottiene

∥∥∥Nσ0−1∑k=0

(ϕ(λi,j1(k))− ϕ(λ0,k))(Ea0,k+1x− Ea0,kx)∥∥∥2

H≤

≤Nσ0−1∑k=0

|ϕ(λ1,j1(k))− ϕ(λ0,k)|2‖(Ea0,k+1 −Ea0,k)x‖2H ≤

≤ ε2

Nσ0−1∑k=0

‖(Ea0,k+1 −Ea0,k)x‖2H = ε2‖(Eb −Ea)x‖2H ≤ ε2‖x‖2H .

Ne segue che, per d(σ)→ 0,

Nσ−1∑k=0

ϕ(λk)(Eak+1x− Eakx)

tende ad un limite.Ora consideriamo una suddivisione σ ∈ Σ(a, b), di cui indichiamo i punti di suddi-

visione con a = a0 < a1 < · · · < aNσ−1 < aNσ = b. Ricordiamo che per la definizione9.2 si ha

Hak+1 = Hak ⊕ (Hak+1 &Hak).

D’altra parte per la (9.5) e la (9.7), per ogni y ∈ Hak+1 si ha

‖y‖2H = ‖Eak+1y‖2H = ‖Eaky‖2H + ‖(Eak+1 −Eak)y‖2H .

Sostituendovi y = Eak+1x e tenendo conto della relazione (9.3) si ha

‖Eak+1x‖2H = ‖EakEak+1x‖2H + ‖(Eak+1 − Eak)Eak+1x‖2H =

= ‖Eakx‖2H + ‖(Eak+1 −Eak)x‖2H ,

ossia‖(Eak+1 − Eak)x‖2H = ‖Eak+1x‖2H − ‖Eakx‖2H .

Pertanto, ricordando che Eak+1 − Eak sono ortogonali l’una all’altra e che h(λ) =‖Eλx‖2H e una funzione crescente e continua a sinistra (l’osservazione 9.1), si ha

∥∥∥ limd(σ)→0

Nσ−1∑k=0

ϕ(λk)(Eak+1 − Eak)x∥∥∥2

H= lim

d(σ)→0

∥∥∥Nσ−1∑k=0

ϕ(λk)(Eak+1 −Eak)x∥∥∥2

H=

127

Page 129: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

= limd(σ)→0

Nσ−1∑k=0

|ϕ(λk)|2‖(Eak+1 − Eak)x‖2 =

= limd(σ)→0

Nσ−1∑k=0

|ϕ(λk)|2(‖Eak+1‖2H − ‖Eakx‖2H) =∫

[a,b[

|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H ,

ove l’ultimo integrale e quello di Stieltjes definito nella definizione 9.3 (se veda anche illemma 9.3). E dimostrata l’uguaglianza (9.23).

Ora possiamo definire l’integrale rispetto ad una famiglia spettrale nell’intervallodi continuita della funzione integrnda.

DEFINIZIONE 9.7. Sia Eλλ∈R una famiglia spettrale in uno spazio di HilbertH e sia x ∈ H. Sia ϕ(λ) una funzione continua definita sull’intervallo limitato [a, b] avalori complessi. Sia Σ(a, b) l’insieme delle suddivisioni dell’intervallo [a, b]. Allora sidefinisce

(9.24)∫

[a,b[

ϕ(λ)dEλx = limd(σ)→0

Nσ−1∑k=0

ϕ(λk)(Eak+1x− Eakx),

ove σ ∈ Σ(a, b) con d(σ) = maxk=1,···,Nσ(ak − ak−1), mentre λk ∈ [ak, ak+1[.

OSSERVAZIONE 9.2. Sia Eλλ∈R una famiglia spettrale in uno spazio di HilbertH e sia x ∈ H. Sia ϕ(λ) una funzione continua definita sull’intervallo limitato [a, b] avalori complessi. Allora si ha

(9.25)∫

[a,b[

ϕ(λ)dEλx ∈ Hb &Ha.

DIMOSTRAZIONE. Applicando ambedue i membri della (9.24) l’operatore Eb −Ea, si ha

(Eb − Ea)∫

[a,b[

ϕ(λ)dEλx = (Eb −Ea) limd(σ)→0

Nσ−1∑k=0

ϕ(λk)(Eak+1x−Eakx) =

= limd(σ)→0

Nσ−1∑k=0

ϕ(λk)(Eb −Ea)(Eak+1x− Eakx).

Poiche in virtu della (9.3) si ha EbEak+1 = Eak+1 , EbEak = Eak , EaEak+1 = Ea =EaEak , si ha

limd(σ)→0

Nσ−1∑k=0

ϕ(λk)(Eb − Ea)(Eak+1x−Eakx) =

= limd(σ)→0

Nσ−1∑k=0

ϕ(λk)(Eak+1x−Eakx) =∫

[a,b[

ϕ(λ)dEλx,

128

Page 130: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

il che dimostra che∫[a,b[

ϕ(λ)dEλx ∈ (Eb − Ea)(H) = Hb &Ha.

OSSERVAZIONE 9.3. Sia Eλλ∈R una famiglia spettrale in uno spazio di HilbertH e sia x ∈ H. Sia ϕ(λ) una funzione continua definita sull’intervallo limitato [a, b] avalori complessi. Sia inoltre c ∈]a, b[. Allora si ha

(9.26)∫

[a,b[

ϕ(λ)dEλx =∫

[a,c[

ϕ(λ)dEλx+∫

[c,b[

ϕ(λ)dEλx.

DIMOSTRAZIONE. E chiaro che nel secondo membro della (9.24) si puo consid-erare una particolare successione di suddivisioni σm∞m=1, purche valga d(σm)→ 0 perm → ∞. Consideriamo dunque una particolare successione di suddivisioni σm∞m=1

tale che valga d(σm) → 0 per m → ∞ e che per ogni m, σm contenga c come uno deipunti di suddivisione. Allora i punti di suddivisione di σm minori o uguali a c costituis-cono una suddivisione di [a, c], che indichiamo con σ

(1)m , mentre quelli maggiori o uguali

a c costituiscono una suddivisione di [c, b], che indichiamo con σ(2)m . Si ha ovviamente

Nσm−1∑k=0

ϕ(λk)(Eak+1x−Eakx) =

=

Nσ(1)m

−1∑k=0

ϕ(λk)(Eak+1x− Eakx) +

Nσ(2)m

−1∑k=0

ϕ(λk)(Eak+1x− Eakx).

Poiche valgono banalmente d(σ(1)m ) → 0 e d(σ(2)

m ) → 0 per k → ∞, in virtu dellaproposizione 9.1 e della definizione 9.7 si ha

limm→∞

Nσ(1)m

−1∑k=0

ϕ(λk)(Eak+1x− Eakx) =∫

[a,c[

ϕ(λ)dEλx,

limm→∞

Nσ(2)m

−1∑k=0

ϕ(λk)(Eak+1x− Eakx) =∫

[c,b[

ϕ(λ)dEλx.

Pertanto, tenuto conto anche della (9.24), ne segue la (9.26).

Ora dimostriamo una proposizione che corrisponde al lemma 9.4 ed estende ladefinizione dell’integrale rispetto ad una famiglia spettrale ad un intervallo aperto incui la funzione integranda e continua.

PROPOSIZIONE 9.2. Sia Eλλ∈R una famiglia spettrale in uno spazio di HilbertH e sia x ∈ H. Sia ϕ(λ) una funzione limitata e continua definita sull’intervallolimitato aperto ]a, b[ a valori complessi. Allora esiste il limite

limε1→0+,ε2→0+

∫[a+ε1,b−ε2[

ϕ(λ)dEλx,

129

Page 131: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

ove∫[a,b[

ϕ(λ)dEλx e l’integrale di Stieltjes definito nella (9.24).

DIMOSTRAZIONE. Come nella dimostrazione del lemma 9.4, consideriamo duesuccessioni di numeri reali

ak∞k=1, bk∞k=1

tali cheb1 > a1 > a2 > · · · > ak > ak+1 > · · · , lim

k→∞ak = a,

a1 < b1 < b2 < · · · < bk < bk+1 < · · · , limk→∞

bk = b.

In virtu della proposizione 9.1 e della definizione 9.7, per ogni k ∈ N\0 e bendefinito l’integrale

∫[ak,bk[

ϕ(λ)dEλx. Inoltre, ricordando la definizione di questo inte-

grale come il limite di∑Nσ−1

j=0 ϕ(λj)(Ea(k)j+1

x−Ea(k)j

x) (ak = a(k)1 < a

(k)2 < · · · < a

(k)Nσ−1 <

a(k)Nσ= bk) esaminato nella proposizione 9.1, si constata che

∫[ak,bk[

ϕ(λ)dEλx =

=∫

[a1,b1[

ϕ(λ)dEλx+k−1∑j=1

∫[aj+1,aj [

ϕ(λ)dEλx+k−1∑j=1

∫[bj ,bj+1[

ϕ(λ)dEλx

e quindi per k,m si ha ∫[am,bm[

ϕ(λ)dEλx−∫

[ak,bk[

ϕ(λ)dEλx =

=m−1∑j=k

∫[aj+1,aj [

ϕ(λ)dEλx+m−1∑j=k

∫[bj ,bj+1[

ϕ(λ)dEλx.

Poiche in virtu dell’osservazione 9.2∫[aj+1,aj [

ϕ(λ)dEλx appartengono a Haj & Haj+1

e quindi sono ortogonali tra di loro, tenuto conto anche della (9.23) (si veda anche la(9.24)) si ha

∥∥∥m−1∑j=k

∫[aj+1,aj [

ϕ(λ)dEλx∥∥∥2

H=

m−1∑j=k

∥∥∥ ∫[aj+1,aj [

ϕ(λ)dEλx∥∥∥2

H=

=m−1∑j=k

∫[aj+1,aj [

|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H .

Ricordando la definizione 9.3 (si veda anche il lemma 9.3), si accorge facilmente che

∫[aj+1,aj [

|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H ≤ supaj+1≤λ<aj

|ϕ(λ)|2∫

[aj+1,aj [

d‖Eλx‖2H .

130

Page 132: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Inoltre dalla stessa definizione 9.3 si puo dedurre facilmente che∫[aj+1,aj [

d‖Eλx‖2H = ‖Eajx‖2H − ‖Eaj+1x‖2H .

Pertanto si ha

m−1∑j=k

∫[aj+1,aj [

|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H ≤ supa<λ<b

|ϕ(λ)|2(‖Eakx‖2H − ‖Eamx‖2H).

In particolare, se k = 1 e se m→∞, si ha

limm→∞

m−1∑j=1

∥∥∥ ∫[aj+1,aj [

ϕ(λ)dEλx∥∥∥2

H≤ sup

a<λ<b|ϕ(λ)|2(‖Ea1x‖2H − ‖Eax‖2H).

Percio per ogni ε > 0 esiste un κ = κ(ε) tale che per κ ≤ k < m si abbia

∥∥∥ m∑j=k

∫[aj+1,aj [

ϕ(λ)dEλx∥∥∥ = m∑

j=k

∫[aj+1,aj [

ϕ(λ)dEλx∥∥∥ <

ε

2.

Analogamente per ε > 0 esiste un κ′ = κ′(ε) tale che per κ′ ≤ k < m si abbia

∥∥∥ m∑j=k

∫[bj ,bj+1[

ϕ(λ)dEλx∥∥∥ <

ε

2.

Pertanto per max(κ, κ′) ≤ k < m si ha

∥∥∥ ∫[am,bm[

ϕ(λ)dEλx−∫

[ak,bk[

ϕ(λ)dEλx‖2H < ε.

Ne segue che ∫[ak,bk[

ϕ(λ)dEλ

k=1

costituisce una successione di Cauchy. Cioe esiste il limite

limk→∞

∫[ak,bk[

ϕ(λ)dEλ.

Per dimostrare che il limite cosı ottenuto non dipende dalla successione ak∞k=1 ebk∞k=1, consideriamo innanzitutto due successioni ak∞k=1 e a′k∞k=1 tali che

b1 > a1 > a2 > · · · > ak > ak+1 > · · · , limk→∞

ak = a,

b1 > a′1 > a′2 > · · · > a′k > a′k+1 > · · · , limk→∞

a′k = a.

131

Page 133: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Supponiamo che a1 ≥ a′1. In modo analogo alla dimostrazione del lemma 9.2, ad ognik ∈ N\0 associamo due numeri naturali non nulli M(k) e N(k) tali che

aM(k) ≥ ak ≥ aN (k), aM(k) ≥ a′k ≥ aN (k)

e cheM(k), N(k)→∞ per k →∞.

Allora, in virtu dell’osservazione 9.3, si ha, nel caso in cui ak < a′k,∥∥∥ ∫[ak,b1[

ϕ(λ)dEλx−∫

[a′k,b1[

ϕ(λ)dEλx∥∥∥2

H=

∥∥∥ ∫[ak,a

′k[

ϕ(λ)dEλx∥∥∥2

H=

=∫

[ak,a′k[

|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H ≤∫

[aN(k),aM(k)[

|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H .

E evidente che anche nel caso in cui a′k ≤ ak, si ottiene un’analoga disuguaglianza. Cioche avevamo dimostrato sopra e la relazione M(k), N(k) → ∞ per k → ∞ implicanoche quest’ultimo integrale tende a 0 per k →∞.

E chiaro che anche per due successioni bk∞k=1 e b′k∞k=1 crescenti e convergenti ab si ottiene un’analoga relazione, il che dimostra che il limite

limk→∞

∫[ak,bk[

ϕ(λ)dEλ.

ottenuto precedentemente non dipende dalle successioni ak∞k=1 e bk∞k=1. Pertantosi puo definire il limite

limε1→0+,ε2→0+

∫[a+ε1,b−ε2[

ϕ(λ)dEλx,

come volevamo dimostrare.

Dimostrata la proposizione 9.2, definiamo l’integrale rispetto ad una famiglia spet-trale in un intervallo aperto in cui la funzione integranda e continua.

DEFINIZIONE 9.8. Sia Eλλ∈R una famiglia spettrale in uno spazio di HilbertH e sia x ∈ H. Sia ϕ(λ) una funzione limitata e continua definita sull’intervallo limitatoaperto ]a, b[ a valori complessi. Allora si definisce

(9.27)∫

]a,b[

ϕ(λ)dEλx = limε1→0+,ε2→0+

∫[a+ε1,b−ε2[

ϕ(λ)dEλx.

Per l’integrale definito nella (9.27) vale la seguente proprieta.

OSSERVAZIONE 9.4. Sia Eλλ∈R una famiglia spettrale in uno spazio di HilbertH e sia x ∈ H. Sia ϕ(λ) una funzione limitata e continua definita sull’intervallo limitatoaperto ]a, b[ a valori complessi. Allora si ha

(9.28)∥∥∥ ∫

]a,b[

ϕ(λ)dEλx∥∥∥2

H=

∫]a,b[

|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H .

132

Page 134: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

DIMOSTRAZIONE. Consideriamo due successioni di numeri reali

ak∞k=1, bk∞k=1

tali cheb1 > a1 > a2 > · · · > ak > ak+1 > · · · , lim

k→∞ak = a,

a1 < b1 < b2 < · · · < bk < bk+1 < · · · , limk→∞

bk = b.

Ricordiamo inoltre che dalle (9.23) e (9.24) segue

∥∥∥ ∫[ak,bk[

ϕ(λ)dEλx∥∥∥2

H=

∫[ak,bk[

|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H .

In virtu della proposizione 9.2, si ha

limk→∞

∫[ak,bk[

ϕ(λ)dEλx =∫

]a,b[

ϕ(λ)dEλx in H,

il che implica evidentemente che

limk→∞

∥∥∥∫[ak,bk[

ϕ(λ)dEλx∥∥∥2

H=

∥∥∥ ∫]a,b[

ϕ(λ)dEλx∥∥∥2

H.

D’altra parte, poiche h(λ) = ‖Eλx‖2H risulta essere una funzione crescente e con-tinua (si veda l’osservazione 9.1), per il lemma 9.4 e la definizione 9.4, si ha

limk→∞

∫[ak,bk[

|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H =∥∥∥ ∫

]a,b[

|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H .

Ne segue la (9.28).

Ora siamo in grado di definire, in modo analogo alla definizione 9.5, l’integralerispetto ad una famiglia spettrale in un intervallo limitato qualsiasi di una funzionelimitata e continua a tratti.

DEFINIZIONE 9.9. Sia Eλλ∈R una famiglia spettrale in uno spazio di HilbertHe sia x ∈ H. Sia ϕ(λ) una funzione definita sull’intervallo limitato aperto ]a, b[ a valoricomplessi, limitata e continua a tratti con un numero finito di punti di discontinuitaa1, · · · , an. Allora, ponendo a0 = a, an+1 = b, si definiscono

(9.29)∫

]a,b[

ϕ(λ)dEλx =n∑

k=0

∫]ak,ak+1[

ϕ(λ)dEλx+n∑

k=1

ϕ(ak)(Ea+kx− Eakx),

(9.30)∫

[a,b[

ϕ(λ)dEλx =∫

]a,b[

ϕ(λ)dEλx+ ϕ(a)(Ea+x−Eax),

133

Page 135: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

(9.31)∫

]a,b]

ϕ(λ)dEλx =∫

]a,b[

ϕ(λ)dEλx+ ϕ(b)(Eb+x−Ebx),

(9.32)∫

[a,b]

ϕ(λ)dEλx =∫

]a,b[

ϕ(λ)dEλx+ ϕ(a)(Ea+x− Eax) + ϕ(b)(Eb+x−Ebx),

ove Ea+ ecc... sono le proiezioni ortogonali definite nel lemma 9.2.

OSSERVAZIONE 9.5. Sia Eλλ∈R una famiglia spettrale in uno spazio di HilbertH e sia x ∈ H. Sia ϕ(λ) una funzione definita sull’intervallo limitato aperto ]a, b[ a val-ori complessi, limitata e continua a tratti con un numero finito di punti di discontinuitaa1, · · · , an. Allora, ponendo a0 = a, an+1 = b, si ha

(9.33)∫

]ak,ak+1[

ϕ(λ)dEλx ∈ Hak+1 &Ha+k , ϕ(ak)(Ea+

kx− Eakx) ∈ Ha+

k &Hak ,

(9.34)∥∥∥ ∫

]a,b[

ϕ(λ)dEλx∥∥∥2

H=

∫]a,b[

|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H .

Valgono le analoghe relazioni relative agli integrali su [a, b[, ]a, b] e [a, b] definiti nelle(9.30), (9.31) e (9.32) rispettivamente.

DIMOSTRAZIONE. Le relazioni della (9.33) seguono immediatamente dalla pro-posizione 9.2, dalla definizione 9.8 e dalle relazioni (9.9), (9.11).

Provata la (9.33), si osserva che∫]ak,ak+1[

ϕ(λ)dEλx, ϕ(ak)(Ea+kx − Eakx) sono

ortogonali tra di loro. Di conseguenza, dalla definizione (9.29) segue che

∥∥∥ ∫]a,b[

ϕ(λ)dEλx∥∥∥2

H=

=∥∥∥ n∑k=0

∫]ak,ak+1[

ϕ(λ)dEλx+n∑k=1

ϕ(ak)(Ea+kx− Eakx)

∥∥∥2

H=

=n∑k=0

∥∥∥ ∫]ak,ak+1[

ϕ(λ)dEλx∥∥∥2

H+

n∑k=1

∥∥∥ϕ(ak)(Ea+kx− Eakx)

∥∥∥2

H=

=n∑

k=0

∫]ak,ak+1[

|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H +n∑

k=1

|ϕ(ak)|2‖(Ea+k−Eak)x‖2H .

Pertanto in virtu della (9.15) e dell’osservazione 9.1 si ottiene la (9.34).Le relazioni analoghe per gli integrali definiti su [a, b[, ]a, b] e [a, b] si dimostrano in

modo del tutto analogo.

Ora per estendere la definizione (9.29) dell’integrale su un intervallo limitato aquella su tutta la retta reale, osserviamo la seguente proprieta.

134

Page 136: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

PROPOSIZIONE 9.3. Sia Eλλ∈R una famiglia spettrale in uno spazio di HilbertH e sia x ∈ H. Sia ϕ(λ) una funzione definita su R a valori complessi, localmentelimitata e continua a tratti senza punto di accumulazione dell’insieme di punti di dis-continuita. Allora esiste il limite

limA→+∞,B→+∞

∫]−A,B[

ϕ(λ)dEλx

se e solo se si ha

(9.35)∫ ∞

−∞|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H <∞.

Inoltre si ha

(9.36)∥∥∥ limA→+∞,B→+∞

∫]−A,B[

ϕ(λ)dEλx∥∥∥2

H=

∫ ∞

−∞|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H <∞.

DIMOSTRAZIONE. Consideriamo due successione di numeri positivi Ak∞k=1 eBk∞k=1 tali che Ak < Ak+1, Bk < Bk+1 per ogni k ∈ N\0 e che limk→∞ Ak =limk→∞ Bk =∞. Perche esista il limite

limk→∞

∫]−Ak,Bk[

ϕ(λ)dEλx,

e necessario e sufficiente che per ogni ε > 0 esista un κ = κ(ε) tale che si abbia

∥∥∥ ∫]−Ak,Bk[

ϕ(λ)dEλx−∫

]−Am,Bm[

ϕ(λ)dEλx∥∥∥2

H< ε2

per ogni k,m ≥ κ.In virtu della definizione 9.9 e dell’osservazione 9.5 si ha per m < k

∥∥∥ ∫]−Ak,Bk[

ϕ(λ)dEλx−∫

]−Am,Bm[

ϕ(λ)dEλx∥∥∥2

H=

=∥∥∥ ∫

]−Ak,−Am]

ϕ(λ)dEλx∥∥∥2

H+

∥∥∥ ∫[Bm,Bk[

ϕ(λ)dEλx∥∥∥2

H=

=∫

]−Ak,−Am]

|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H +∫

[Bm,Bk[

|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H .

E chiaro che per ogni ε > 0 esista un κ = κ(ε) tale che la somma di questi ultimiintegrali sia minore di ε2 per κ ≤ m < k, se e solo se vale la (9.35). Poiche le duesuccessione di numeri positivi Ak∞k=1 e Bk∞k=1 qui sopra considerate sono generali,l’esistenza del limite per k → ∞ con queste successioni implica l’esistenza del limiteriportato nell’enunciato della proposizione.

La (9.36) segue immediatamente dall’osservazione 9.5.

135

Page 137: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Finalmente possiamo definire l’integrale rispetto ad una famiglia spettrale di unafunzione continua a tratti su R.

DEFINIZIONE 9.10. Sia Eλλ∈R una famiglia spettrale in uno spazio di HilbertH e sia x ∈ H. Sia ϕ(λ) una funzione definita su R a valori complessi, localmentelimitata e continua a tratti senza punto di accumulazione dell’insieme di punti di dis-continuita. Supponiamo che valga la (9.35). Allora si definisce l’integrale

(9.37)∫ ∞

−∞ϕ(λ)dEλx = lim

A→+∞,B→+∞

∫]−A,B[

ϕ(λ)dEλx.

OSSERVAZIONE 9.6. Se valgono le condizioni della definizione 9.10, si ha

(9.38)∥∥∥ ∫ ∞

−∞ϕ(λ)dEλx

∥∥∥2

H=

∫ ∞

−∞|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H .

DIMOSTRAZIONE. Segue immediatamente dalle (9.36) e (9.37).

§ 9.4. – Operatori spettrali.

Ora utilizzando l’integrale definito nella definizione 9.10, definiamo gli operatorispettrali. Per questo, osserviamo innanzitutto la seguente proprieta dell’integrale ri-spetto ad una famiglia spettrale.

PROPOSIZIONE 9.4. Sia Eλλ∈R una famiglia spettrale in uno spazio di HilbertH. Sia ϕ(λ) una funzione definita su R a valori complessi, localmente limitata e con-tinua a tratti senza punto di accumulazione dell’insieme di punti di discontinuita. Alloral’insieme

M =x ∈ H

∣∣ ∫ ∞

−∞|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H <∞

e una varieta lineare densa in H.

DIMOSTRAZIONE. Siano x ed y due elementi di M e siano c1 e c2 due numericomplessi. Per la proposizione 9.1 e per la definizione 9.7, in un intervallo [a, b] in cuila funzione ϕ(λ) e continua si ha, utilizzando le notazioni della proposizione 9.1 e delladefinizione 9.7,

∫[a,b[

ϕ(λ)dEλ(c1x+ c2y) = limd(σ)→0

Nσ−1∑k=0

ϕ(λk)(Eak+1(c1x+ c2y)− Eak(c1x+ c2y)) =

= c1 limd(σ)→0

Nσ−1∑k=0

ϕ(λk)(Eak+1x−Eakx) + c2 limd(σ)→0

Nσ−1∑k=0

ϕ(λk)(Eak+1y − Eaky) =

= c1

∫[a,b[

ϕ(λ)dEλx+ c2

∫[a,b[

ϕ(λ)dEλy.

136

Page 138: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

D’altra parte si ha banalmente

ϕ(am)(Ea+m(c1x+ c2y)− Eam(c1x+ c2y)) =

= c1ϕ(am)(Ea+mx− Eamx) + c2ϕ(am)(Ea+

my − Eamy).

Pertanto in virtu della definizione 9.9 si ha∫]−A,B[

ϕ(λ)dEλ(c1x+ c2y) = c1

∫]−A,B[

ϕ(λ)dEλx+ c2

∫]−A,B[

ϕ(λ)dEλy

per ogni intervallo limitato ]− A,B[. Si ha dunque

∫]−A,B[

|ϕ(λ)|2d‖Eλ(c1x+ c2y)‖2H =∥∥∥ ∫

]−A,B[

ϕ(λ)dEλ(c1x+ c2y)∥∥∥2

H=

=∥∥∥c1 ∫

]−A,B[

ϕ(λ)dEλx+ c2

∫]−A,B[

ϕ(λ)dEλy∥∥∥2

H≤

≤ 2|c1|2∫

]−A,B[

|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H + 2c2∫

]−A,B[

|ϕ(λ)|2d‖Eλy‖2H .

Quindi passando al limite per −A→ −∞ e B →∞, si ottiene∫ ∞

−∞|ϕ(λ)|2d‖Eλ(c1x+ c2y)‖2H ≤

≤ 2|c1|2∫ ∞

−∞|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H + 2c2

∫ ∞

−∞|ϕ(λ)|2d‖Eλy‖2H ,

il che dimostra che se x ed y appartengono all’insiemeM , allora anche c1x+ c2y appar-tiene ad M , ovvero l’insieme M e una varieta lineare di H.

Per dimostrare la densita di M in H, consideriamo un elemento arbitrario x di H.Siano −∞ < α < β <∞. Allora in virtu della (9.3) si ha

Eλ(Eβ −Eα)x = Eλx− Eλx = 0 per λ ≤ α,

Eλ(Eβ −Eα)x = Eλx−Eαx per α ≤ λ ≤ β,

Eλ(Eβ − Eα)x = Eβx− Eαx per λ ≥ β.

Ne segue che la funzione h(λ) = ‖Eλ(Eβ − Eα)x‖2H e costante in ] −∞, α] ∪ [β,+∞[.Pertanto si ha∫ ∞

−∞|ϕ(λ)|2d‖Eλ(Eβ − Eα)x‖2H =

∫[α,β[

|ϕ(λ)|2d‖Eλ(Eβ − Eα)x‖2H <∞.

Cioe(Eβ − Eα)x ∈M.

137

Page 139: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

D’altra parte dalla (9.1) segue che

limα→−∞,β→∞

(Eβ − Eα)x = x.

E dimostrato che M e denso in H.

Ora definiamo un operatore lineare mediante l’integrale spettrale.

DEFINIZIONE 9.11. Sia Eλλ∈R una famiglia spettrale in uno spazio di HilbertH. Sia ϕ(λ) una funzione definita suR a valori complessi, localmente limitata e continuaa tratti senza punto di accumulazione dell’insieme di punti di discontinuita. Allora sidefinisce l’operatore lineare A per la relazione

(9.39) Ax =∫ ∞

−∞ϕ(λ)dEλx

sulla varieta lineare densa

(9.40) D(A) = x ∈ H

∣∣ ∫ ∞

−∞|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H <∞

.

OSSERVAZIONE 9.7. Sia Eλλ∈R una famiglia spettrale in uno spazio di HilbertH. Sia ϕ(λ) una funzione definita su R a valori complessi, localmente limitata e con-tinua a tratti senza punto di accumulazione dell’insieme di punti di discontinuita. Alloral’operatore lineare A definito nella definizione 9.11 commuta con Eµ per ogni µ ∈ R.

DIMOSTRAZIONE. Si ricorda che in virtu della (9.3), qualunque siano µ, λ ∈ R,si ha EµEλ = EλEµ. Da questa relazione e dalle definizioni 9.7, 9.8, 9.9, 9.10 e 9.11 sideduce che

EµAx = AEµx ∀x ∈ H,

cioe A commuta con Eµ.

Per esaminare le proprieta dell’operatore A cosı definito, introduciamo la seguentenotazione.

DEFINIZIONE 9.12. Sia Eλλ∈R una famiglia spettrale in uno spazio di HilbertH. Sia ϕ(λ) una funzione definita suR a valori complessi, localmente limitata e continuaa tratti senza punto di accumulazione dell’insieme di punti di discontinuita. Siano x ey due elementi di H. Allora si definisce

(9.41)∫ ∞

−∞ϕ(λ)d〈Eλx, y〉H =

∫ ∞

−∞ϕ(λ)d

∥∥Eλx+ y

2

∥∥2

H−

∫ ∞

−∞ϕ(λ)d

∥∥Eλx− y

2

∥∥2

H+

+i∫ ∞

−∞ϕ(λ)d

∥∥Eλx+ iy

2

∥∥2

H− i

∫ ∞

−∞ϕ(λ)d

∥∥Eλx− iy

2

∥∥2

H.

La notazione (9.41) e motivata dalla relazione seguente. Ciosi ha

〈Eλx, y〉H = 〈Eλx,Eλy〉H =⟨Eλ

x+ y

2, Eλ

x+ y

2⟩H− ⟨

Eλx− y

2, Eλ

x+ y

2⟩H+

138

Page 140: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

+i⟨Eλ

x+ iy

2, Eλ

x+ y

2⟩H− i

⟨Eλ

x− iy

2, Eλ

x+ y

2⟩H=

=∥∥Eλ

x+ y

2

∥∥2

H− ∥∥Eλ

x− y

2

∥∥2

H+ i

∥∥Eλx+ iy

2

∥∥2

H− i

∥∥Eλx− iy

2

∥∥2

H.

L’operatore spettrale A definito nella definizione 9.11 gode delle seguenti proprieta.

PROPOSIZIONE 9.5. Sia Eλλ∈R una famiglia spettrale in uno spazio di HilbertH. Sia ϕ(λ) una funzione definita su R a valori complessi, localmente limitata e con-tinua a tratti senza punto di accumulazione dell’insieme di punti di discontinuita. SiaA l’operatore definito nella (9.39). Allora per x ∈ D(A) e y ∈ H si ha

(9.42) 〈Ax, y〉H =∫ ∞

−∞ϕ(λ)d〈Eλx, y〉H ,

ove l’integrale del secondo membro e definito come nella (9.41). Inoltre si ha

(9.43) D(A∗) = D(A), A∗y =∫ ∞

−∞ϕ(λ)dEλy per y ∈ D(A∗).

DIMOSTRAZIONE. Poiche, se ϕ(λ) e una funzione definita su R a valori com-plessi, localmente limitata e continua a tratti senza punto di accumulazione dell’insiemedi punti di discontinuita, allora evidentemente lo e anche ϕ(λ) e che si ha banalmente|ϕ(λ) = |ϕ(λ)|, si puo definire l’operatore B per la relazione

(9.44) By =∫ ∞

−∞ϕ(λ)dEλy

con

(9.45) D(B) = x ∈ H

∣∣ ∫ ∞

−∞|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H <∞

= D(A).

Ora consideriamo x ∈ Hβ & Hα e y ∈ Hδ & Hγ (α < β, γ < δ). Poniamoκ = min(α, γ) e µ = max(β, δ). Poiche si ha (Eβ − Eα)x = x, si ha

Ax =∫ ∞

−∞ϕ(λ)dEλx =

∫ ∞

−∞ϕ(λ)dEλ(Eβ −Eα)x =

=∫

[κ,µ[

ϕ(λ)d(Eλ − Eα)x =∫

[κ,µ[

ϕ(λ)dEλx = limd(σ)→0

Nσ−1∑k=0

ϕ(λk)(Eak+1x−Eakx),

ove σ, d(σ), λk e ak sono come nella definizione 9.7. Ne segue che

(9.46) 〈Ax, y〉H = 〈 limd(σ)→0

Nσ−1∑k=0

ϕ(λk)(Eak+1x− Eakx), y〉H =

139

Page 141: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

= limd(σ)→0

Nσ−1∑k=0

〈ϕ(λk)(Eak+1x−Eakx), y〉H =

= limd(σ)→0

Nσ−1∑k=0

〈x, ϕ(λk)(Eak+1y −Eaky)〉H =

=⟨x, lim

d(σ)→0

Nσ−1∑k=0

ϕ(λk)(Eak+1y − Eaky)⟩H=

⟨x,

∫[κ,µ[

ϕ(λ)dEλy⟩H.

Ne segue che

〈Ax, y〉H =⟨x,

∫ ∞

−∞ϕ(λ)dEλy

⟩H,

ovvero per x ∈ Hβ &Hα e y ∈ Hδ &Hγ vale

(9.47) 〈Ax, y〉H = 〈x,By〉H .

Pertanto per x ∈ D(A) e y ∈ D(B) = D(A) vale

(9.48) 〈A(Eβ −Eα)x, (Eδ −Eγ)y〉H = 〈(Eβ − Eα)x,B(Eδ − Eγ)y〉H .

Osserviamo che in virtu della (9.1) si ha

limα→−∞,β→∞

(Eβ − Eα)x = x, limγ→−∞,δ→∞

(Eδ − Eγ)x = x;

si ha inoltrelim

α→−∞,β→∞‖Ax−A(Eβ − Eα)x‖2H =

= limα→−∞,β→∞

(∫]−∞,α[

|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H +∫

[β,∞[

|ϕ(λ)|2d‖Eλx‖2H)= 0

ed analogamentelim

γ→−∞,δ→∞‖By −B(Eδ − Eγ)y‖2H = 0,

il che ci permette di passare al limite nella (9.48) per α → −∞, β → ∞, γ → −∞,δ → ∞, cosicche si ottiene la (9.47) per x ∈ D(A) e y ∈ D(B) = D(A). Ne segue cheD(B) ⊂ D(A∗) e che A∗∣∣

D(B)= B.

Per dimostrare che B = A∗, resta solo da verificare che D(A∗) ⊂ D(B). Per questo,consideriamo un y ∈ D(A∗) e poniamo

z =∫

[α,β[

ϕ(λ)dEλy.

Poiche (Eβ − Eβ)z = z, in virtu dell’osservazione 9.7 si ha

〈Az, y〉H = 〈A(Eβ − Eα)z, y〉H = 〈Az, (Eβ − Eα)y〉H .

140

Page 142: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Poiche z, (Eβ − Eα)y ∈ D(A) = D(B), applicando la (9.47) e la (9.44), si ha

〈Az, (Eβ − Eα)y〉H = 〈z, B(Eβ − Eα)y〉H =

=⟨z,

∫ ∞

−∞ϕ(λ)dEλ(Eβ −Eα)y

⟩H=

⟨z,

∫[α,β[

dEλy⟩H= 〈z, z〉H .

Cioe si ottiene ∫[α,β[

|ϕ(λ)|2d‖Eλy‖2H = 〈z, z〉H = 〈Az, y〉H = 〈z, A∗y〉.

Ne segue che∫ ∞

−∞ϕ(λ)|2d‖Eλy‖2H = lim

α→−∞,β→∞

∫[α,β[

ϕ(λ)|2d‖Eλy‖2H ≤ ‖A∗y‖2H

e quindi si ha y ∈ D(B). Dimostrata anche la relazione D(A∗) ⊂ D(B), si ha A∗ = B,ossia vale la (9.43).

D’altra parte, ricordando l’osservazione alla definizione 9.12, non e difficile dedurredal primo e dal terzo membro della (9.46) che per x ∈ Hβ &Hα e y ∈ Hδ &Hγ si ha

〈Ax, y〉H = limd(σ)→0

Nσ−1∑k=0

〈ϕ(λk)(Eak+1x− Eakx), y〉H =

= limd(σ)→0

Nσ−1∑k=0

ϕ(λk)(〈Eak+1x, y〉H − 〈Eakx, y〉H) =

=∫

[κ,µ[

ϕ(λ)d〈Eλx, y〉H =∫ ∞

−∞ϕ(λ)d〈Eλx, y〉H ,

il che dimostra che per x ∈ Hβ &Hα e y ∈ Hδ &Hγ l’uguaglianza (9.42) vale.Poiche per x ∈ D(A) e y ∈ H si ha

limκ→−∞,µ→∞A(Eµ − Eκ)x = lim

κ→−∞,µ→∞(Eµ − Eκ)Ax = Ax,

limκ→−∞,µ→∞(Eµ −Eκ)y = y,

si ha ∫ ∞

−∞ϕ(λ)d〈Eλx, y〉H = lim

κ→−∞,µ→∞

∫[κ,µ[

ϕ(λ)d〈Eλx, y〉H =

= limκ→−∞,µ→∞〈A(Eµ − Eκ)x, (Eµ −Eκ)y〉H = 〈Ax, y〉H.

La (9.42) e dimostrata, il che completa la dimostrazione della proposizione.

OSSERVAZIONE 9.8. L’operatore A definito nella definizione 9.11 e un operatorechiuso.

141

Page 143: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

DIMOSTRAZIONE. Sia B l’operatore definito nella (9.44). Da quanto abbiamoosservato nella dimostrazione della proposizione 9.5, si deduce facilmente che B∗ = A.In virtu della proposizione 6.3 l’operatore aggiunto e un operatore chiuso e quindi lo eanche A = B∗.

PROPOSIZIONE 9.6. Sia Eλλ∈R una famiglia spettrale in uno spazio di HilbertH. Siano ϕ(λ) e ψ(λ) due funzioni definite su R a valori complessi, localmente limitatee continue a tratti senza punto di accumulazione dell’insieme di punti di discontinuita.Siano Aϕ, Aψ, Aϕψ gli operatori definiti come nella (9.39) rispettivamente con funzioneintegranda ϕ(λ), ψ(λ) e ϕ(λ)ψ(λ). Allora si ha

(9.49) Aϕψ = AϕAψ = AψAϕ,

ove B indica l’estensione chiusa minimale di un operatore lineare B definita nelladefinizione 8.5.

DIMOSTRAZIONE. Poniamo

Γ = ∪α,β∈R,α<βHβ &Hα.

Se x ∈ Γ, allora esistono α e β tali che α < β e che x ∈ Hβ &Hα; inoltre x appartienea D(Aϕ), D(Aψ) e D(Aϕψ). Piu precisamente si ha

Aψx =∫ ∞

−∞ψ(λ)dEλx =

∫[α,β[

ψ(λ)dEλx ∈ Hβ &Hα

e quindi si ha ancheAϕAψx ∈ Hβ &Hα.

Consideriamo x, y ∈ Hβ &Hα. In virtu della proposizione 9.5 si ha

〈AϕAψx, y〉H = 〈Aψx,A∗ϕy〉H = 〈Aψx,Aϕy〉H =

⟨ ∫[α,β[

ψ(λ)dEλx,

∫[α,β[

ϕ(λ)dEλy⟩H.

Poiche〈Ebx− Eax,Eby − Eay〉H = 〈Ebx− Eax, y〉H ,

〈Ea+x− Eax,Ea+y − Eay〉H = 〈Ea+x− Eax, y〉H ,

〈Ebx− Eax,Edy −Ecy〉H = 0 per [a, b[∩[c, d[= ∅,〈Ea+x−Eax,Edy −Ecy〉H = 0 per a ∈ [c, d[, ecc...,

ricordando le definizioni 9.7, 9.8 e 9.9 con cui si definiscono gli integrali∫[α,β[

ψ(λ)dEλx

e∫[α,β[

ϕ(λ)dEλx, si ottiene che

⟨ ∫[α,β[

ψ(λ)dEλx,

∫[α,β[

ϕ(λ)dEλy⟩H=

⟨ ∫[α,β[

ϕ(λ)ψ(λ)dEλx, y⟩H= 〈Aϕψx, y〉H .

142

Page 144: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Cioe abbiamo ottenuto

〈AϕAψx, y〉H = 〈Aϕψx, y〉H ∀x, y ∈ Γ.

Poiche Γ e denso in H (si veda la (9.1)), risulta che

AϕAψx = Aϕψx = AψAϕx ∀x ∈ Γ.

Poiche in virtu dell’osservazione 9.8, l’operatore Aϕψ e un operatore chiuso, in virtudella proposizione 8.1, lo spazio D(Aϕψ) munito del prodotto scalare

〈x, y〉D(Aϕψ) = 〈x, y〉H + 〈Aϕψx,Aϕψy〉H

e della norma ‖x‖D(Aϕψ) =√〈x, x〉D(Aϕψ) e uno spazio di Hilbert. D’altra parte si

constata facilmente che Γ e chiuso in D(Aϕψ) rispetto alla norma ‖ · ‖D(Aϕψ). Pertantola relazione AϕAψ|Γ = Aϕψ|Γ si estende a

AϕAψ|D(Aϕψ) = Aϕψ|D(Aϕψ),

ovveroAϕψ = AϕAψ

ed analogamenteAϕψ = AψAϕ.

La proposizione e dimostrata.

OSSERVAZIONE 9.9 Sia Eλλ∈R una famiglia spettrale in uno spazio di HilbertH. Sia ϕ(λ) una funzione definita su R a valori reali, localmente limitate e continuea tratti senza punto di accumulazione dell’insieme di punti di discontinuita. Alloral’operatore Aϕ definito da

Aϕx =∫ ∞

−∞ϕ(λ)dEλx (x ∈ D(Aϕ))

e un operatore autoaggiunto.

DIMOSTRAZIONE. Segue immediatamente dalla proposizione 9.5 (si veda la(9.43)).

Un caso particolare dell’osservazione 9.9 e l’operatore A definito da

(9.50) Ax =∫ ∞

−∞λdEλx (x ∈ D(A)).

Se indichiamo con ϕ(A) l’operatore Aϕ considerato nella proposizione 9.6, cioe

ϕ(A)x = Aϕx =∫ ∞

−∞ϕ(λ)dEλx (x ∈ D(Aϕ))

143

Page 145: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

ed analogamente per ψ(A) = Aψ, (ϕψ)(A) = Aϕψ, allora la relazione (9.49) puo essereespressa nella forma

ϕ(A)ψ(A) = ψ(A)ϕ(A) = (ϕψ)(A).

D’altra parte, se ϕ(λ) = λ2, utilizzando la stessa notazione si ha

A2 = ϕ(A).

Infatti per la proposizione 9.6 si ha D(A2) ⊂ D(ϕ(A)). Consideriamo

x ∈ D(ϕ(A)) = x ∈ H |∫ ∞

−∞λ4d‖Eλx‖2H <∞.

Poiche valgono le relazioni

Eλνk(Eak+1x−Eakx) = νk(Eak+1∧λx−Eak∧λx),

Eλak(Ea+kx−Eakx) = ak(Ea+

k∧λx− Eak∧λx)

(con la convenzione a+k ∧λ = ak(= λ) se λ = ak), ricordando la definizione dell’integrale

Ax =∫ ∞−∞ νdEνx si ha

EλAx = Eλ

∫ ∞

−∞νdEνx =

∫ λ

−∞νdEνx,

‖EλAx‖2H − ‖EµAx‖2H = ‖EλAx− EµAx‖2H =∥∥∥∫

[µ,λ[

νdEνx∥∥∥2

H,

ecc...; pertanto si ha∫ ∞

−∞λ2d‖EλAx‖2H =

∫ ∞

−∞λ2λ2d‖Eλx‖2H <∞,

il che significa che Ax ∈ D(A) ovvero x ∈ D(A2). Cioe si ha D(A2) = D(ϕ(A)) e quindiA2 = ϕ(A).

Una volta stabilita l’uguaglianza A2 = ϕ(A), per induzione si ottiene facilmenteche per ϕ(λ) = λn vale

Anx = ϕ(A)x =∫ ∞

−∞λndEλx x ∈ D(An).

Ricordiamo la classificazione in σ0 e σ1 dello spettro di un operatore autoaggiuntoA

(8.9) σ0 = λ ∈ C | λ e un autovalore con molteplicita finita ,

(8.10) σ1 = λ ∈ C | esiste una successione di Weyl per il punto λ .

144

Page 146: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

I valori appartenenti allo spettro dell’operatore autoaggiunto A definito da

(9.50) Ax =∫ ∞

−∞λdEλx

con una famiglia spettrale Eλλ∈R possono essere classificati in σ0 o σ1 secondo ilseguente criterio.

PROPOSIZIONE 9.7. Sia Eλλ∈R una famiglia spettrale in uno spazio di HilbertH e sia A l’operatore autoaggiunto definito da

(9.50) Ax =∫ ∞

−∞λdEλx, D(A) = x ∈ H |

∫ ∞

−∞|λ|2d‖Eλx‖2H <∞.

a) Un punto µ appartiene a σ0 se e solo se

0 < dim(Hµ+ &Hµ) <∞.

b) Un punto ν appartiene a σ1 se e solo se per ogni ε > 0 si ha

dim(Hν+ε &Hν−ε) =∞.

Per la dimostrazione, si veda [Tri].

§ 9.5. – Decomposizione spettrale di un operatore autoaggiunto limitato.

Ora si propone di dimostrare che per ogni operatore autoaggiunto A in uno spaziodi Hilbert H esiste una e una sola famiglia spettrale Eλλ∈R tale che si abbia

Ax =∫ ∞

−∞λdEλx, D(A) = x ∈ H |

∫ ∞

−∞|λ|2d‖Eλx‖2H <∞.

Ci occupiamo innanzitutto degli opeartori autoaggiunti limitati.

LEMMA 9.6. Sia H uno spazio di Hilbert e siano A e B due operatori autoaggiuntilimitati tali che AB = BA, A2 = B2. Sia P la proiezione ortogonale sul sottospaziochiuso x ∈ H | (A−B)x = 0. Allora per ogni operatore limitato C tale che (A−B)C =C(A−B) si ha CP = PC. Inoltre si ha

A = (2P − I)B, Px = x ∀x ∈ x ∈ H |Ax = 0 .

DIMOSTRAZIONE. Sia C un operatore lineare limitato tale che (A − B)C =C(A −B) e sia y ∈ H tale che Ay −By = 0. Allora si ha (A− B)Cy = C(A− B)y =0. D’altra parte per la definizione di P si ha (A − B)Px = 0. Percio applicandol’uguaglianza precedente a y = Px si ha (A − B)CPx = C(A − B)Px = 0. Quindi di

145

Page 147: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

nuovo per la definizione di P si ha PCPx = CPx, ovvero per l’arbitrarieta di x ∈ H,si ha PCP = CP .

D’altra parte, poiche A e B sono per ipotesi operatori autoaggiunti, lo e ancheA−B. Ne segue che

C∗(A−B) = ((A−B)C)∗ = (C(A−B))∗ = (A−B)C∗.Cio implica in maniera del tutto analoga a quanto abbiamo osservato sopra che PC∗P =C∗P , da cui segue PCP = PC. Unendo le due uguaglianza ottenute, si ha CP =PCP = PC. E dunque dimostrato che per ogni operatore limitato C tale che (A −B)C = C(A−B) si ha CP = PC.

Ora consideriamo un x ∈ H tale che Ax = 0. Si ha allora‖Bx‖2H = 〈Bx,Bx〉H = 〈B2x, x〉H = 〈A2x, x〉H = 0,

ovvero Bx = 0. Ne segue che Ax−Bx = 0 e quindi per la definizione di P si ha Px = x.Infine, consideriamo un generico x ∈ H. Si ha

0 = (A2 −B2)x = (A−B)(A+B)x.Allora per la definizione di P si ha P (A+B)x = (A+B)x, ovvero, per l’arbitrarieta dix, si ha P (A+B) = A+B.

D’altra parte poiche P commuta con gli operatori che commutano con A − B equindi commuta anche con lo stesso A − B, tenuto conte della definizione di P si haP (A−B)x = (A−B)Px = 0, ovvero, per l’arbitrarieta di x, si ha P (A−B) = 0.

Ne segue cheP (A+B)− P (A−B) = A+B

ovveroA = P (A+B)− P (A−B)−B = 2PB −B = (2P − I)B.

Il lemma e dimostrato.

LEMMA 9.7. Sia H uno spazio di Hilbert e sia A un operatori autoaggiuntolimitato. Allora esiste una proiezione ortogonale E+ tale

〈AE+x, x〉H ≥ 0, 〈A(I − E+)x, x〉H ≤ 0 ∀x ∈ H.

Se Ax = 0, allora si ha E+x = x. La proiezione E+ commuta con tutti gli operatorilineari limitati che commutano con A.

DIMOSTRAZIONE. Si ha evidentemente 〈A2x, x〉H = ‖Ax‖2H ≥ 0. Pertanto invirtu del teorema 7.2 esiste ed e unico l’operatore autoaggiunto B tale che A2 = B2,〈Bx, x〉H ≥ 0 ∀x ∈ H, e che B commuti con tutti gli operatori lineari limitati checommutano con A. Consideriamo la proiezione P definito nel lemma 9.6, che indichi-amo con E+ = P . Allora in virtu del lemma 9.6 E+ commuta con tutti gli operatorilineari limitati con commutano con A. Poiche B commuta con lo stesso A, le proiezioniortogonali E+ e I − E+ commutano con B. Inoltre E+ e I − E+ essendo proiezioniortogonali, si ha

〈E+x, x〉H ≥ 0, 〈(I − E+)x, x〉H ≥ 0 ∀x ∈ H.

Pertanto in virtu della proposizione 7.6 si ha

〈BE+x, x〉H ≥ 0, 〈B(I −E+)x, x〉H ≥ 0 ∀x ∈ H.

146

Page 148: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

D’altra parte, in virtu del lemma 9.6, l’operatore A ha la forma A = (2E+ − I)B.Quindi applicandolo ad E+ e ad I − E+ si ha

AE+ = (2E+ − I)BE+ = BE+,

A(I − E+) = (2E+ − I)B(I −E+) = 2E+B(I − E+)−B(I − E+) =

= 2B(E+ −E+)−B(I −E+) = −B(I − E+).

Pertanto, ricordando la positivita di BE+ e di B(I − E+) sopra osservata, si ha

〈AE+x, x〉H = 〈BE+x, x〉H ≥ 0 ∀x ∈ H,

〈A(I − E+)x, x〉H = −〈B(I − E+)x, x〉H ≤ 0 ∀x ∈ H.

Infine dal lemma 9.6 segue che, se Ax = 0, allora si ha E+x = x.Il lemma e dimostrato.

Ora dimostriamo il teorema della decomposizione spettrale per gli operatori au-toaggiunti limitati.

TEOREMA 9.1. Per ogni operatore autoaggiunto limitato A esiste una famigliaspettrale Eλλ∈R tale che

Ax =∫ ∞

−∞λdEλx ∀x ∈ H.

DIMOSTRAZIONE. Poiche A e un operatore autoaggiunto limitato, lo e ancheAλ = A − λI per qualsiasi λ ∈ R. Indichiamo con E+(λ) la proiezione ortogonalecorrispondente ad Aλ = A− λI definita nel lemma 9.7 e poniamo

Eλ = I −E+(λ).

E chiaro che Eλ e una proiezione ortogonale. Inoltre in virtu del lemma 9.7, Eλ commutacon tutti gli operatori lineari limitati che commutano con A. In particolare si ha

EλEµ = EµEλ

per ogni coppia di numeri reali λ e µ.Supponiamo che λ < µ e poniamo

P = Eλ(I −Eµ) = EλE+(µ) = (I − E+(λ))E+(µ).

In virtu del lemma 9.7 si ha

(9.51) 〈AλEλx, x〉H = 〈Aλ(I − E+(λ))x, x〉H ≤ 0,

(9.52) 〈Aµ(I −Eµ)x, x〉H = 〈AµE+(µ)x, x〉H ≥ 0.

147

Page 149: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Si ha inoltreEλP = EλEλ(I − Eµ) = Eλ(I − Eµ) = P,

(I − Eµ)P = (I − Eµ)Eλ(I − Eµ) = Eλ(I − Eµ)2 = Eλ(I −Eµ) = P.

Sia x ∈ H e sia y = Px. Allora dalle (9.51)–(9.52) e dalle uguaglianze qui sopraosservate segue che

〈Aλy, y〉H = 〈AλPx, y〉H = 〈AλEλPx, y〉H = 〈AλEλy, y〉H ≤ 0,

〈Aµy, y〉H = 〈AµPx, y〉H = 〈Aµ(I −Eµ)Px, y〉H = 〈Aµ(I −Eµ)y, y〉H ≥ 0.Ne segue

(µ−λ)‖y‖2H = 〈(µ−λ)y, y〉H = 〈(A−λI−(A−µI))y, y〉H = 〈Aλy, y〉H−〈Aµy, y〉H ≤ 0.

Poiche µ − λ > 0 e che y = Px, la relazione qui sopra ottenuta implica che P = 0,ovvero P = Eλ − EλEµ = 0.

E dimostrata la relazione

(9.3) EλEµ = EµEλ = Emin(λ,µ).

Per dimostrare la relazione (9.2) della definizione 9.1, osserviamo innanzitutto chese

λ1 < λ2 < · · · < λn < λn+1 < · · · , limn→∞ λn = µ,allora esiste una proiezione Eµ− tale che

limn→∞ Eλnx = Eµ−x ∀x ∈ H.Infatti, in virtu della (9.3) qui sopra dimostrata, per k < m < n le proiezioni Eλm−Eλk

e Eλn −Eλm risultatno ortogonali. Pertanto in maniera analoga alla dimostrazione dellemma 9.2, dato x ∈ H si ha

∞∑n=1

‖(Eλn+1 −Eλn)x‖2H ≤ ‖x‖2H , ‖Eλnx− Eλmx‖2H → 0 per n,m→∞;

quindi esiste limn→∞ Eλnx, che indichiamo con Eµ−x.Si puo vedere in modo analogo alla dimostrazione del lemma 9.2 che l’operatore

Eµ− cosı definito non dipende da una particolare scelta di una successione crescenteλn∞n=1 convergente a µ, cioe

limλ→µ− Eλx = Eµ−x ∀x ∈ H,e che Eµ− e una proiezione ortogonale.

Ora per dimostrare che Eµ− = Eµ, consideriamo un λ < µ. Allora dalle (9.51)–(9.52) e dalla (9.3) qui sopra provata segue che

〈A(Eµ − Eλ)x, x〉H − µ〈(Eµ − Eλx, x〉H =

= 〈Aµ(Eµ − Eλ)x, x〉H = 〈AµEµ(Eµ − Eλ)x, x〉H == 〈(Eµ − Eλ)AµEµ(Eµ − Eλ)x, x〉H = 〈AµEµ(Eµ − Eλ)x, (Eµ −Eλ)x〉H ≤ 0,

148

Page 150: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

〈A(Eµ − Eλ)x, x〉H − λ〈(Eµ − Eλ)x, x〉H == 〈Aλ(Eµ − Eλ)x, x〉H = 〈Aλ(I − Eλ)(Eµ − Eλ)x, x〉H =

= 〈(Eµ−Eλ)Aλ(I−Eλ)(Eµ−Eλ)x, x〉H = 〈Aλ(I−Eλ)(Eµ−Eλ)x, (Eµ−Eλ)x〉H ≥ 0.Cioe si ha

(9.53) λ〈(Eµ −Eλ)x, x〉H ≤ 〈A(Eµ −Eλ)x, x〉H ≤ µ〈(Eµ −Eλ)x, x〉H .

Considerando il limite per λ→ µ− in questa disuguaglianza, si ottiene

µ〈(Eµ − Eµ−)x, x〉H ≤ 〈A(Eµ − Eµ−)x, x〉H ≤ µ〈(Eµ − Eµ−)x, x〉H ,

ovvero〈Aµ(Eµ −Eµ−)x, x〉H = 0.

Consideriamo z ∈ Hµ &Hµ−. Poiche Aµ commuta con Eλ e quindi con Eµ− e con

Eµ − Eµ− , si ha

Aµz = Aµ(Eµ −Eµ−)z = (Eµ − Eµ−)Aµz ∈ Hµ &Hµ−.

Cioe Aµ risulta essere un operatore autoaggiunto limitato nello spazio di Hilbert Hµ &Hµ−

. Ma come abbiamo visto sopra, si ha

〈Aµ(Eµ − Eµ−)x, x〉H = 0 ∀x ∈ H

e quindi〈Aµz, z〉H = 0 ∀z ∈ Hµ &Hµ−

,

il che significa che Aµ = 0 in Hµ & Hµ−. Poiche E+(µ) e la proiezione ortogonale

definita nel lemma 9.7 in corrispondenza all’operatore autoaggiunto Aµ, in virtu dellemma 9.7 dalla relazione Aµz = 0 segue che E+(µ)z = z. Pertanto, ricordando ladefinizione Eµ = I − E+(µ), si ha

z = E+(µ)z = z −Eµz,

ovvero Eµz = 0. D’altra parte, poiche z ∈ Hµ &Hµ− ⊂ Hµ, si ha Eµz = z. Pertantoda queste due uguaglianze segue z = Eµz = 0, ovvero Hµ = Hµ−

e quindi Eµ = Eµ− .E dimostrata la relazione

(9.2) limλ→µ−

Eλx = Eµx ∀x ∈ H, ∀µ ∈ R.

Per dimostrare che la famiglia di proiezioni ortogonali Eλλ∈R qui sopra deinitaverifica la condizione (9.1), consideriamo un λ < −‖A‖L(H). Sia x ∈ H e sia z = Eλx.Dalla (9.51) segue

〈Az, z〉H = 〈Aλz, z〉H + λ‖z‖2H = 〈AλEλz, z〉H + λ‖z‖2H ≤ λ‖z‖2H < −‖A‖L(H)‖z‖2H ,

149

Page 151: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

ovvero |〈Az, z〉H | > ‖A‖L(H)‖z‖2H , il che implica che Eλx = z = 0per ogni x ∈ H.In modo analogo si puo vedere facilmente che se λ > ‖A‖L(H) allora si ha (I −

Eλ)x = 0 per ogni x ∈ H. Pertanto si ha

(9.1) limλ→−∞

Eλx = 0 ∀x ∈ H, limλ→+∞

Eλx = x ∀x ∈ H.

Dimostrate le condizioni (9.1)–(9.3), si puo concludere che la famiglia di proiezioniortogonali Eλλ∈R qui sopra deinita e una famiglia spettrale nel senso della definzione9.1.

Essendo dimostrato che Eλλ∈R e una famiglia spettrale, definiamo per la re-lazione (9.50) l’operatore spettrale, che indichiamo con A per distinguerlo dall’operatoredato A, cioe

Ax =∫ ∞

−∞λdEλx.

Poiche Eλ e costante per λ < −‖A‖L(H) e per λ > ‖A‖L(H), e chiaro che D(A) = H =D(A). Inoltre per l’osservazione 9.9 A e un operatore autoaggiunto.

Ricordando la proposizione 9.5 (e la definizione 9.12), per λ < µ e per x ∈ H si ha

(Eµ − Eλ)Ax = (Eµ −Eλ)∫ ∞

−∞νdEνx =

∫[λ,µ[

νdEνx,

〈A(Eµ − Eλ)x, x〉H = 〈(Eµ − Eλ)Ax, x〉H =∫

[λ,µ[

νd‖Eνx‖2H .

Ricordando la definizione dell’integrale di Stieltjes, dalla monotonia della funzioneϕ(ν) = ν e dalla relazione

‖Eν2x−Eν1x‖2H = ‖Eν2x‖2H − ‖Eν1x‖2H (ν1 < ν2)

si deduce che

λ〈(Eµ − Eλ)x, x〉H ≤∫

[λ,µ[

νd‖Eνx‖2H ≤ µ〈(Eµ − Eλ)x, x〉H .

Ne segue che

λ〈(Eµ −Eλ)x, x〉H ≤ 〈A(Eµ − Eλ)x, x〉H ≤ µ〈(Eµ − Eλ)x, x〉H .

Da questa relazione e dalla relazione (9.53) segue

(9.54) −(µ−λ)〈(Eµ−Eλ)x, x〉H ≤ 〈(A−A)(Eµ−Eλ)x, x〉H ≤ (µ−λ)〈(Eµ−Eλ)x, x〉H .

Ora, posto Λ0 = −‖A‖L(H)−1 e Λ1 = ‖A‖L(H)+1, consideriamo una suddivisioneσ dell’intervallo [Λ0,Λ1]

Λ0 = λ0 < λ1 < · · · < λj < λj+1 < · · · < λNσ−1 < λNσ = Λ1.

150

Page 152: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Poiche si haNσ−1∑j=0

(Eλj+1 −Eλj ) = EΛ1 −EΛ0 = I,

sostituendo λ = λj e µ = λj+1 nella (9.54), si ha

∣∣〈(A− A)x, x〉H∣∣ ≤ d(σ)‖x‖2H,

ove d(σ) = maxj=0,1,···,Nσ−1(λj+1−λj). Pertanto, considerando suddivisioni σ in modotale che d(σ) tenda a 0, si ottiene 〈(A− A)x, x〉H = 0, ovvero

A = A,

come volevamo dimostrare.

§ 9.6. – Decomposizione spettrale di un operatore autoaggiunto in generale.

Per poter definire per ogni operatore autoaggiunto non necessariamente limitatouna famiglia spettrale per cui l’operatore spettrale con ϕ(λ) = λ coincida con l’operatoreautoaggiunto dato, iniziamo co il seguente lemma.

LEMMA 9.8. Supponiamo che H sia la somma diretta di una successione di spazidi Hilbert Hn per n = 1, 2, · · ·, cioe H =

∑∞n=1⊕Hn. Supponiamo che per ciscun n An

sia un operatore autoaggiunto limitato in Hn. Allora esiste un operatore autoaggiuntoA in H tale che A|Hn = An e si ha

D(A) = x ∈ H

∣∣ ∞∑n=1

‖AnPnx‖2H <∞, Ax =

∞∑n=1

AnPnx,

ove Pn e la proiezione ortogonale da H su Hn. Inoltre, l’operatore A avente questaproprieta e unico.

Poiche si ha evidentemente∑N

n=1⊕Hn e contenuto nell’insieme D(A) qui sopradefinito e che ∪∞

N=1

∑Nn=1⊕Hn e denso in H, l’insieme D(A) e denso in H.

Sia x ∈ H. Poiche AnPnx ∈ Hn, si ha

∥∥∥ N∑n=M

AnPnx∥∥∥2

H=

N∑n=M

‖AnPnx‖2H (M < N).

Ne segue che, se∑∞

n=1 ‖AnPnx‖2H < ∞, allora la successione ∑Nn=1 AnPnx∞N=1 con-

verge in H e quindi si puo definire l’operatore A per la relazione Ax =∑∞

n=1 AnPnxcon

D(A) = x ∈ H

∣∣ ∞∑n=1

‖AnPnx‖2H <∞.

151

Page 153: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Poiche An sono operatori autoaggiunti in Hn, per x, y ∈ D(A) si ha

〈Ax, y〉H = 〈∞∑n=1

AnPnx, y〉H = limN→∞

〈N∑n=1

AnPnx, y〉H =

limN→∞

N∑n=1

〈AnPnx, y〉H = limN→∞

N∑n=1

〈AnPnx, Pny〉H = limN→∞

N∑n=1

〈Pnx,AnPny〉H =

limN→∞

〈x,N∑n=1

AnPny〉H = 〈x,∞∑n=1

AnPny〉H = 〈x,Ay〉H .

Cioe l’operatore A e un operatore simmetrico (si veda la definizione 6.5).Per dimostrare che A e un operatore autoaggiunto, resta solo da dimostrare che

D(A∗) ⊂ D(A). Per questo consideriamo y ∈ D(A∗) e x ∈ Hn. Allora si ha

〈x,A∗y〉H = 〈Ax, y〉H = 〈Anx, y〉H = 〈Anx, Pny〉H = 〈x,AnPny〉H .

Ne segue che∞∑n=1

‖AnPny‖2H =∞∑n=1

‖PnA∗y‖2H = ‖A∗y‖2H <∞.

Cioe y ∈ D(A) ovvero D(A∗) ⊂ D(A).Infine dimostriamo l’unicita dell’operatore autoaggiunto A tale che A|Hn = An.

Per questo supponiamo che B sia un operatore in H tale che B|Hn = An. Sia x ∈∑Nn=1⊕Hn. Allora si ha

Bx =N∑n=1

BPnx =N∑n=1

AnPnx = Ax.

Ne segue che per ogni x ∈ D(A) si haN∑n=1

Pnx→ x per N →∞, B( N∑n=1

Pnx)=

N∑n=1

AnPnx→ Ax per N →∞

e quindi si ha D(A) ⊂ D(B) e B|D(A)= A. Inoltre B e per ipotesi un operatore

autoaggiunto. Quindi si ha

D(A) ⊂ D(B) = D(B∗) ⊂ D(A∗).

Poiche D(A) = D(A∗), risulta D(A) = D(B), ovvero A = B.

Ora siamo in grado di dimostrare il teorema della decomposizione spettrale.

TEOREMA 9.2. Per ogni operatore autoaggiunto A esiste una famiglia spettraleEλλ∈R tale che

(9.55) Ax =∫ ∞

−∞λdEλx ∀x ∈ D(A).

152

Page 154: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

DIMOSTRAZIONE. Poiche A e un operatore autoaggiunto, in virtu dell’osserva-zione 8.7 i numeri complessi i e −i sono valori regolari, cioe esistono gli operatori inversi(A− iI)−1 e (A+ iI)−1, che sono operatori limitati.

Consideriamo i seguenti due operatori

(9.56) B =12i((A− iI)−1 − (A+ iI)−1), C =

12((A− iI)−1 + (A+ iI)−1).

Dalla (8.7) segue che‖B‖D(H) ≤ 1, ‖C‖D(H) ≤ 1.

Poiche si ha

(A+ iI)(A− iI)−1 = ((A− iI) + 2iI)(A− iI)−1 = I + 2i(A− iI)−1,

per la moltiplicazione per (A+ iI)−1 a sinistra si ottiene

(A− iI)−1 − (A+ iI)−1 = 2i(A+ iI)−1(A− iI)−1.

In modo analogo si ha

(A− iI)(A+ iI)−1 = ((A+ iI)− 2iI)(A+ iI)−1 = I − 2i(A+ iI)−1,

da cui per la moltiplicazione per (A− iI)−1 a sinistra segue

(A+ iI)−1 − (A− iI)−1 = −2i(A − iI)−1(A+ iI)−1.

Dalle due uguaglianze sopra ottenute segue che

(A− iI)−1(A+ iI)−1 = (A+ iI)−1(A− iI)−1,

il che implica che B e C si commutano.Ora verifichiamo che B e un operatore autoaggiunto. Infatti per x, y ∈ H si ha

〈x, (A− iI)−1y〉H = 〈(A+ iI)(A+ iI)−1x, (A− iI)−1y〉H =

= 〈(A+ iI)−1x, (A− iI)(A− iI)−1y〉H = 〈(A+ iI)−1x, y〉H ,

ovvero ((A+ iI)−1)∗ = (A− iI)−1. Analogamente si ha ((A− iI)−1)∗ = (A+ iI)−1. Nesegue, ricordando la (9.56), che

B∗ = − 12i[((A− iI)−1)∗ − ((A+ iI)−1)∗] = − 1

2i[(A+ iI)−1 − (A− iI)−1] = B.

In modo analogo si puo verificare che anche C e un operatore autoaggiunto.Ora consideriamo

AB =12i

A(A− iI)−1 − 12i

A(A+ iI)−1 =

153

Page 155: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

=12i(A− iI + iI)(A− iI)−1 − 1

2i(A+ iI − iI)(A+ iI)−1 =

=12(A− iI)−1 +

12(A+ iI)−1 = C.

Analogamente si ha

AC =12(A− iI + iI)(A− iI)−1 +

12(A+ iI − iI)(A+ iI)−1 =

=12I − 1

2i(A− iI)−1 +

12I +

12i(A+ iI)−1 = I −B.

Ricordando la commutativita tra B e C, da quest’ultima uguaglianza segue che

B = B2 +ACB = B2 + ABC = B2 + C2.

Poiche B e C sono operatori autoaggiunti, da quest’ultima relazione segue che

0 ≤ ‖Bx‖2H+‖Cx‖2H = 〈B2x, x〉H+〈C2x, x〉H = 〈(B2+C2)x, x〉H = 〈Bx, x〉H ≤ ‖x‖2H .

Poiche B e un operatore autoaggiunto, in virtu del teorema 9.1 esiste una famigliaFλλ∈R tale che si abbia

Bx =∫

[−1,1]

λdFλx.

Consideriamo un x ∈ H tale che Fλx = x. Allora si ha

0 ≤ 〈Bx, x〉H =∫

[−1,1]

νd‖Fνx‖2H =∫

[−1,1]

νd‖FνFλx‖2H =

=∫

[−1,λ]

νd‖Fνx‖2H ≤ λ

∫[−1,λ]

d‖Fνx‖2H = λ‖Fλx‖2H = λ‖x‖2H .

Percio, se Fλx = x e se λ < 0, allora non puo essere che x = 0. Cioe Fλ = 0 per λ < 0.Poiche in virtu della continuita a sinistra (si veda la (9.2)) si ha F0 = limλ→0− Fλ, si haanche F0 = 0, cioe si ha Fλ = 0 per λ ≤ 0.

Ora verifichiamo che si ha anche F0+ = 0. Per questo supponiamo per assurdo cheesista un x ∈ H tale che F0+x = x e x = 0. Allora per ogni λ > 0 si ha Fλx = x equindi utilizzando uguaglianze sopra dimostrate si ha

‖Bx‖2H = 〈B2x, x〉H = 〈Bx, x〉 − 〈C2x, x〉H ≤ 〈Bx, x〉H =

=∫

[−1,1]

νd‖Fνx‖2H =∫

[−1,λ]

νd‖Fνx‖2H ≤ λ

∫[−1,λ]

d‖Fνx‖2H = λ‖x‖2H .

Per l’arbitrarieta di λ > 0 ne segue che Bx = 0. Allora si ha Cx = ABx = 0. Ne segue

(A− iI)−1x = (C + iB)x = 0

154

Page 156: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

e quindi per la suriettivita di (A− iI)−1 si ha x = 0, il che contradice l’ipotesi. Pertantosi ha F0+ = 0.

Dimostrato cio, si ha

(9.57) Bx =∫

]0,1]

λdFλx (x ∈ H).

Ora poniamo

F (∆1) = I − F 12, F (∆n) = F 1

n− F 1

n+1per n ≥ 2, Hn = F (∆n)(H).

E chiaro che F (∆n) sono proiezioni ortogonali e sono tra di loro ortogonali; si ha inoltre

∞∑n=1

F (∆n)x = x ∀x ∈ H, H =∞∑n=1

⊕Hn.

Ora poniamo

ϕ1(λ) =

se 12≤ λ < 2

0 se λ < 12 o λ ≥ 2 ,

ϕn(λ) = 1

λ se 1n+1 ≤ λ < 1

n

0 se λ < 1n+1 o λ ≥ 1

n

(n ≥ 2),

ϕn(B)x =∫ ∞

−∞ϕn(λ)dFλx =

∫]0,1]

ϕn(λ)dFλx =∫

[ 1n+1 ,

1n [

1λdFλx.

In virtu della proposizione 9.6 e tenendo conto anche che H = F1+ε(H) − F0(H) (siveda la dimostrazione della proposizione 9.6), dalla (9.57) e dalla definizione di ϕn(B)si trae

Bϕn(B)x =∫

]0,1]

λϕn(λ)dFλx =∫

[ 1n+1 ,

1n [

dFλx = F (∆n)x.

Ne segue che, se x ∈ Hn, allora si ha

x = F (∆n)x = Bϕn(B)x.

Poiche AB = C e definito su H si ha Bϕn(B)x ∈ D(A). Percio per x ∈ Hn si ha

x ∈ D(A), Ax = ABϕn(B)x = Cϕn(B)x.

Poiche B e C si commutano, anche ϕn(B) si commutano. Percio, ricordando la defini-zione di ϕn(B), si ha

Ax = Cϕn(B)x = ϕn(B)Cx = F (∆n)ϕn(B)Cx ∈ Hn.

Cio significa che A e un operatore autoaggiunto in Hn. Lo indichiamo con An. Inoltrepoiche sia ϕn(B) che C sono operatori limitati, lo e anche An. Pertanto in virtu delteorema 9.1 esiste una famiglia spettrale E(n)

λ λ∈R tale che Anx =∫ ∞−∞ λdE

(n)λ x per

155

Page 157: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

x ∈ Hn. Inoltre, come abbiamo visto nella dimostrazione del teorema 9.1, esistono duenumeri reali a(n) e b(n) tali che

(9.58) Anx =∫

[a(n),b(n)[

λdE(n)λ x per x ∈ Hn.

Ora, fissato λ ∈ R, applichiamo il lemma 9.8 alla successione di proiezioni ortogo-nali E(n)

λ (n = 1, 2, · · ·). Intatti, poiche E(n)λ sono banalmente operatori autoaggiunti

limitati definiti su Hn, in virtu del lemma 9.8 esiste un (e uno solo) operatore autoag-giunto Eλ in H tale che Eλ|Hn = E

(n)λ e si ha

D(Eλ) =x ∈ H

∣∣ ∞∑n=1

‖E(n)λ Pnx‖2H <∞

, Eλx =∞∑n=1

E(n)λ Pnx,

ove Pn e la proiezione ortogonale da H su Hn. Si ha inoltre

‖Eλx‖2H =∞∑n=1

‖E(n)λ Pnx‖2H ≤

∞∑n=1

‖Pnx‖2H = ‖x‖2H .

Ne segue che D(Eλ) = H e ‖Eλ‖L(H) ≤ 1.Consideriamo EλEµ con λ < µ. Si ha allora

EλEµx = Eλ

∞∑n=1

E(n)µ Pnx =

∞∑n=1

EλE(n)µ Pnx =

=∞∑n=1

E(n)λ E(n)

µ Pnx =∞∑n=1

E(n)λ Pnx = Eλx

e in modo analogo si ha EµEλx = Eλx. In particolare si ha E2λ = Eλ. Inoltre, poiche

E(n)λ

∗= E

(n)λ , si constata facilmente che E∗

λ = Eλ. Pertanto Eλ e una proiezioneortogonale da H su Hλ = Eλ(H).

Per dimostrare che la famiglia di prooiezioni ortogonali Eλλ∈R cosı definita ver-ifica la relazione (9.2), consideriamo per λ < µ e per x ∈ H la relazione

‖Eλx− Eµx‖2H =N∑n=1

‖E(n)λ Pnx−E(n)

µ Pnx‖2H +∞∑

n=N+1

‖E(n)λ Pnx−E(n)

µ Pnx‖2H ≤

≤N∑n=1

‖E(n)λ Pnx− E(n)

µ Pnx‖2H +∞∑

n=N+1

‖Pnx‖2H .

Fissato x ∈ H e dato ε > 0, esiste N = N(ε) tale che∑∞

n=N+1 ‖Pnx‖2H < ε2. D’altra

parte, per ogni n, si ha limλ→µ− E(n)λ x = E

(n)µ x; percio esiste λ0 = λ0(ε) < µ tale che

N∑n=1

‖E(n)λ Pnx− E(n)

µ Pnx‖2H <ε

2∀λ ∈ [λ0, µ[.

156

Page 158: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Ne segue chelim

λ→µ−‖Eλx−Eµx‖2H = 0,

cioe la condizione (9.2) e verificata.Utilizzando analoghe relazioni si vede che per ogni x ∈ H fissato si ha

‖Eλx‖2H =N∑n=1

‖E(n)λ Pnx‖2H +

∞∑n=N+1

‖E(n)λ Pnx‖2H ≤

N∑n=1

‖E(n)λ Pnx‖2H +

∞∑n=N+1

‖Pnx‖2H .

Percio per ogni ε > 0 esiste N = N(ε) tale che∑∞

n=N+1 ‖Pnx‖2H < ε e quindi perλ < mina(n)|n = 1, · · · , N (ove a(n) e il numero che compare nella (9.58)) si ha‖Eλx‖2H < ε.

In modo analogo, dalla relazione

‖x−Eλx‖2H ≤N∑n=1

‖Pnx− E(n)λ Pnx‖2H +

∞∑n=N+1

‖Pnx‖2H

si deduce che, dato ε > 0, esiste λ0 tale che ‖x− Eλx‖2H < ε per ogni λ ≥ λ0. Cioe lafamiglia Eλλ∈R verifica anche la condizione (9.1).

Poiche abbiamo gia visto sopra che la condizione (9.3) e verificata, Eλλ∈R risultaessere una famiglia spettrale e pertanto si puo definire l’operatore A per la relazione

Ax =∫ ∞

−∞λdEλx, D(A) = x ∈ H |

∫ ∞

−∞λ2d‖Eλx‖2H <∞.

Ora dimostriamo che A = A. Sia x ∈ Hn. Allora si ha Eλx = E(n)λ x; pertanto si

ha ∫ ∞

−∞λ2d‖Eλx‖2H =

∫ ∞

−∞λ2d‖E(n)

λ x‖2H =∫

[a(n),b(n)[

λ2d‖E(n)λ x‖2H <∞

e quindi Hn ⊂ D(A). E inoltre evidente che si ha per x ∈ Hn

Ax =∫ ∞

−∞λdEλx =

∫ ∞

−∞λdE

(n)λ x = Anx,

ovvero A|Hn = An.Cio essendo, dall’unicita di A dimostrata nel lemma 9.8 segue che A = A.

Si puo anche dimostrare che la decomposizione spettrale (9.55) e unica (si veda peresempio [Tri], Satz 20.3).

La decomposizione spettrale (9.55) serve a risolvere per esempio l’equazione diSchrodinger. Infatti, se A e un operatore autoaggiunto in uno spazio di HilbertH, allora,come abbiamo dimostrato nel teorema 9.2, esiste una (e una sola) famiglia spettraleEλλ∈R tale che valga

(9.55) Ax =∫ ∞

−∞λdEλx ∀x ∈ D(A).

157

Page 159: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

Ora consideriamo l’equazione differenziale a valori in H

x′(t) = iAx(t), x(0) = x0 ∈ D(A).

Per risolvere l’equazione (9.59), definiamo l’operatore eitA per la relazione

eitAy =∫ ∞

−∞eitλdEλy.

In virtu dell’osservazione 9.6, si ha

‖eitAy‖2H =∫ ∞

−∞|eitλ|2d‖Eλy‖2H =

∫ ∞

−∞d‖Eλy‖2H = ‖y‖2H

e quindi si ha tra l’altro D(eitA) = H.Inoltre dalla proposizione 9.6 (caso in cui eitAe−itA = eitAe−itA) segue che

eitAe−itA = e−itAeitA = I.Quindi eitA e un operatore unitario.

Dalla proposizione 9.6 segue anche che

AeitAy = eitAAy =∫ ∞

−∞λeitλdEλy (y ∈ D(A).

Cio essendo, postox(t) = eitAx0,

derivando formalmente la funzione x(t) = eitAx0 rispetto a t si ha

x′(t) =d

dteitAx0 =

d

dt

∫ ∞

−∞eitλdEλx0 =

∫ ∞

−∞iλeitλdEλx0 = iAeitAx0 = iAx(t).

Cioe x(t) = eitAx0 risolve, almeno formalmente, l’equazione (9.59).

158

Page 160: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

BIBLIOGRAFIA

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[DuSch] N. Dunford, J. T. Schwarz: Linear operators, I, II. Interscience, New York, 1958.[KA-I,II] L. Kantrovitch, G. Akilov: Analyse fonctionnelle, I, II. Mir, Mosca, 1981.[KolFo] A. N. Kolmogorov, S. V. Fomin: Elementi di teoria delle funzioni e di analisi

funzionale. Mir, Mosca, 1970.[LuSo] L. A. Lusternik, V. I. Sobolev: Precis d’analyse fonctionnelle. Mir, Mosca, 1989.[Maz] V. G. Maz’ja: Prostranstva S. L. Soboleva. Izd. Univ., Leningrad, 1985. (varie

traduzioni)[ReSi] M. Reed, B. Simon: Methods of mofern mathematical physics. Acad. Press, New

York, 1972.[RiNa] F. Riesz, B. Sz.-Nagy: Lecons d’analyse fonctionnelle. Gauthier-Villars, Paris -

Akademiai Kiado, Budapest, 1955.[Rud] W. Rudin: Functional analysis. Mac Graw Hill, 1973.[Sch] L. Schwartz: Topologie generale et analyse fonctionnelle. Hermann, Paris, 1970.[Smi] W. I. Smirnow (V. I. Smirnov): Lehrgang der hoheren Mathematik, Teil V. Deut-

scher Verlag der Wissenschaften, Berlin, 1962, 1991. (edizione originale in russo:Fizmatgiz, 1959).

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[Tri] H. Triebel: Hohere Analysis. Deutscher Verlag der Wissenschaften, Berlin, 1972,Verlag Harri Deutsch, Thun, 1980.

[Yo] K. Yosida: Functional analysis. Springer, Heidelbegrg, 1965.

159

Page 161: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

INDICE

PREMESSE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

CAPITOLO I – SPAZI DI BANACH E SPAZI DI HILBERT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2§ 1.1. – Spazi vettoriali, spazi vettoriali normati, spazi di Banach . . . . . . . . . . . . . 2§ 1.2. – Spazi di Hilbert . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5§ 1.3. – Sottospazi e proiezioni in spazi di Hilbert . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

CAPITOLO II – OPERATORI LINEARI: DEFINIZIONE E PROPRIETA FONDA-MENTALI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

§ 2.1. – Definizione dell’operatore lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14§ 2.2. – Operatori lineari limitati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15§ 2.3. – Spazio degli operatori lineari limitati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

CAPITOLO III – FUNZIONALI LINEARI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25§ 3.1. – Generalita di funzionali lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25§ 3.2. – Teorema di Hahn-Banach . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28§ 3.3. – Spazio duale e convergenza duale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34§ 3.4. – Teorema di rappresentazione di Riesz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36§ 3.5. – Spazi riflessivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41

CAPITOLO IV – OPERATORI LINEARI IN SPAZI DI BANACH . . . . . . . . . . . . . . 43§ 4.1. – Teorema di Banach-Steinhaus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43§ 4.2. – Insieme di prima categoria e insieme di seconda categoria . . . . . . . . . . . 45§ 4.3. – Operatori inversi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47§ 4.4. – Teorema del grafico chiuso e teorema dell’applicazione aperta . . . . . . . 49

CAPITOLO V – OPERATORI COMPATTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51§ 5.1. – Insiemi compatti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51§ 5.2. – Definizione degli operatori compatti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55§ 5.3. – Proprieta elementari di operatori compatti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59§ 5.4. – Operatori integrali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61§ 5.5. – Immersioni compatte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64

CAPITOLO VI – OPERATORI AGGIUNTI E OPERATORI AUTOAGGIUNTI 66§ 6.1. – Operatori aggiunti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66

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Page 162: Libro - Corso di Analisi Funzionale - Matematica

§ 6.2. – Applicazioni degli operatori compatti e dei loro aggiunti alle equazioniintegrali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70

§ 6.3. – Operatori autoaggiunti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75§ 6.4. – Definizione generale di operatori aggiunti ed autoaggiunti . . . . . . . . . . . 79

CAPITOLO VII – OPERATORI UNITARI E PROIEZIONI ORTOGONALI . . . . 83§ 7.1. – Operatori unitari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83§ 7.2. – Proiezioni ortogonali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85§ 7.3. – Radice quadrata di un operatore positivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89

CAPITOLO VIII – ELEMENTI DELLA TEORIA SPETTRALE . . . . . . . . . . . . . . . 93§ 8.1. – Risolvente, valori regolari, autovalori, spettro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93§ 8.2. – Proprieta fondamentali dello spettro di un operatore autoaggiunto . . 95§ 8.3. – Operatori simmetrici e operatori autoaggiunti non limitati . . . . . . . . . . 98§ 8.4. – Spettro di un operatore autoaggiunto non limitato . . . . . . . . . . . . . . . . . 104§ 8.5. – Operatori autoaggiunti compatti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 110

CAPITOLO IX – DECOMPOSIZIONE SPETTRALE DI UN OPERATORE AUTO-AGGIUNTO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115

§ 9.1. – Famiglia spettrale di proiezioni ortogonali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115§ 9.2. – Integrali di Stieltjes . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119§ 9.3. – Integrali di Stieltjes rispetto ad una famiglia spettrale . . . . . . . . . . . . . 125§ 9.4. – Operatori spettrali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 136§ 9.5. – Decomposizione spettrale di un operatore autoaggiunto limitato . . . . 145§ 9.6. – Decomposizione spettrale di un operatore autoaggiunto in generale . 151

BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 159

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