Libere di votare. La Resistenza delle donne e le lotte per il suffragio

Daniel Degli Esposti - Istituto Storico di Modena

LIBERE DI VOTARE Le donne della Resistenza e le lotte per il suffragio

«Mimma»: Irma Bandiera


Le «tre guerre» del 1943-1945 risalgono l’Italia insieme alla linea del fronte.


Nell’estate del 1944 la Resistenza emiliana si intensifica.

Gli Alleati avanzano in Toscana e i successi partigiani sull’Appennino modenese creano una zona libera intorno a Montefiorino.


A Bologna i gappisti della città, le brigate della montagna e le formazioni della pianura infliggono duri colpi ai tedeschi e ai fascisti.


Le forze di occupazione organizzano rastrellamenti e tentano di soffocare la Resistenza con operazioni di controguerriglia.


I partigiani comprendono che le sorti della guerra volgono a loro favore, ma vivono in una clandestinità rischiosa: le staffette si espongono continuamente ai pericoli di arresto e tortura.


Irma Bandiera è una donna molto legata alla famiglia e al fidanzato. I suoi atteggiamenti ricordano le pose e i comportamenti delle ragazze o delle signore borghesi, ma…


… la guerra di Mussolini le toglie l’amore e l’occupazione tedesca la sconvolge. A ventotto anni Irma esce di casa, ma non forma una famiglia tradizionale: si lega alla lotta della Settima GAP, la formazione partigiana che opera in città.


Irma diventa Mimma e comincia a trasmettere i messaggi della lotta, ma la vita della staffetta non le basta: condivide con i compagni le preoccupazioni degli attacchi e i bisogni della clandestinità.Fino all’arresto.Il 7 agosto 1944.



Il 14 agosto 1944 i fascisti uccidono Irma Bandiera vicino al Meloncello.

Il corpo di Mimma rivela le torture degli interrogatori e le sevizie dei carcerieri.

La RSI non accettava che le donne diventassero esempi di «ribellione».


Mimma diventa subito un simbolo della Resistenza.

I compagni la esaltano come martire e la trasformano nel modello della donna partigiana e combattente.

Il suo mito vive ancora oggi nella memoria e nelle opere d’arte.


Nell’immediato dopoguerra la città di Bologna commissiona allo scultore Luciano Minguzzi un monumento che incarni lo spirito della Resistenza cittadina.


L’artista raffigura due partigiani e sorprende la scena culturale perché inserisce una ragazza e le fa indossare armi e cartucce.

«Balella»: Gabriella Degli Esposti



All’ alba del 14 dicembre 1944 la Compagnia Scorta Divisionale e la 5° Batteria del III reggimento d’artiglieria della 16° Divisione SS e gli uomini del presidio tedesco di Castelfranco Emilia sfruttano l’aiuto dei fascisti per rastrellare una settantina di persone nei territori del paese e delle sue frazioni: gli ostaggi vengono condotti nell’ammasso canapa di Castelfranco.


Il 17 dicembre 1944 gli ostaggi vengono fucilati lungo il greto del Panaro nel territorio di San Cesario.


Negli anni Novanta l’ammasso canapa è stato abbattuto per lasciare spazio al Centro Commerciale COOP «Le Magnolie».

Il partigiano, sindacalista e cavaliere del lavoro Gildo Guerzoni costruisce un monumento per preservare la memoria della strage nazista e delle delazioni fasciste.


Gabriella Degli Esposti ha ispirato in vari modi i sostenitori dell’antifascismo e della Resistenza.

La sua figura di staffetta, organizzatrice e madre si è prestata per l’elaborazione di un mito.


I Comuni di Castelfranco Emilia e Crespellano la ricordano in diversi luoghi simbolici o legati alla convivenza civile.

«Anty»: Irma Marchiani



Irma Marchiani vive da protagonista le fasi più calde della Resistenza sull’Appennino modenese. Commissario politico di un battaglione partigiano, nell’estate del 1944 sfugge all’arresto e il 5 novembre partecipa alla battaglia di Benedello.


Anty viene catturata intorno alla metà del novembre 1944 mentre cerca di oltrepassare la Linea Gotica.

Finisce di nuovo nel carcere di Sestola ed è destinata alla condanna a morte.

Il 26 novembre 1944 viene fucilata a Pavullo nel Frignano.

«Kira»: Gina Borellini


All’alba del 19 marzo 1945, lungo il perimetro della Piazza d’Armi, un plotone d’esecuzione fascista uccide il marito di Gina, Antichiano Martini, insieme a Sergio Bergonzini e Osvaldo Morselli.


Il 12 aprile 1945 i fascisti feriscono gravemente Gina a una gamba. I medici la salvano, ma le devono amputare l’arto.



Gina diventa un simbolo della Resistenza ed è sempre in prima linea nelle battaglie per i diritti delle donne e dei lavoratori.

I primi voti delle donne:per una nuova Italia?


Dagli scioperi per vivere…


all’ora della scelta…


al diritto di contare…


a una lotta sempre più consapevole


«Perché è la gente che fa la storia…»

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